Amico del Popolo

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N. 25 del 27 Giugno 2010 Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net Anno 55 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento Bonamorone: ricordando Hardcastler 2 di Paolo Cilona 3 Caritas Catania: la web tv fatta dai senza fissa dimora di Consuelo Valenza CULTURA CITTÁ La fede è annuncio Da lunedì 21 giugno nelle case degli agrigentini e non solo, è arrivata una “nuova Tv”, o meglio Teleradio 98, che nasce ad Agrigento nel 1980 e che dal 1996 fino al mese di maggio 2010, per l’accordo con Telepace-Verona e l’Arci- diocesi di Agrigento, ha legato il suo marchio a quello di Te- lepace, cambia nome e mar- chio: AgrigentoTv appunto. Secondo un comunicato diffuso nei giorni scorsi “Agri- gentoTv - alla quale faccia- mo gli auguri di buon lavoro - assolverà al bisogno di una informazione reale e sarà an- che intrattenimento con una programmazione innovativa ed energica”. Con la nascita di Agrigen- toTv l’esperienza di Telepace ad Agrigento cessa, mi au- guro momentaneamente, in attesa di un ripensamento intraecclesiale, tenendo conto del fatto che Telepace Verona e l’Arcidiocesi di Agrigento hanno creduto nel progetto e investito anche economica- mente, attraverso il “tozzo di pane” raccolto tra la gente e investito per questa precisa causa, per far si che il segnale dei ripetitori coprisse l’intero territorio della provincia ed arcidiocesi di Agrigento. Certamente l’esperienza di Telepace ha segnato un modo nuovo, un modo diverso, di fare informazione nel nostro territorio, non solo per l’an- nuncio della Parola di Dio e del magistero della Chiesa o per i momenti di preghiera scanditi durante la giornata, che restano lo specifico del servizio che Telepace-Agri- gento ha reso, ma anche per il punto di vista sulla realtà, per lo stile e il linguaggio e so- prattutto per l’attenzione alla persona umana in tutte le si- tuazioni della vita. Il punto è questo: la nostra Chiesa e le nostre comunità spesso non sembra che abbia- no ancora accettato di fare i conti debitamente con la cultura massmediale che è il crocevia della cultura del no- stro tempo.Crocevia significa che qualsiasi messaggio oggi passa di lì. È questa l’idea chiave che necessita un nostro ripensamento. I mass media non sono l´oggetto di una branca della pastorale, ma un ambiente: l´ambiente nel quale prende forma la società dell´informazione, che vive comunicando incessantemen- te. Il sangue di questa società sono parole, immagini, suoni, dati: a pomparlo nelle sue vene è un bisogno, primor- diale e tecnologico insieme, di comunicare. La fede è annuncio. E come si annuncia se non si conosce la lingua che parlano tutti? Si annaspa, piuttosto, in un acquario dove l´acqua è sem- pre meno limpida e impedisce di capire cosa accade “fuori”; si fatica a recuperare stima in se stessi; si stenta a mettere a fuoco i fondamentali che per- durano. Si resta fuori dalla cultura. E questo per un cri- stiano è fatale. Carmelo Petrone Porto Empedocle: convegno su sviluppo e legalità 4 di U.S. PROVINCIA 6 Cianciana: iniziato l’iter per la causa di canonizzazione p. Re di V.M. VITA ECCLESIALE SCIACCA Riunione dei sindaci pro precari AGRIGENTO Il Genio Civile approva il progetto della rete idrica Anche se si dovrà at- tendere il 30 giugno, quando la commissione regionale dei lavori pubbli- ci dovrà dare il proprio parere sulla realizzazione della nuova rete idrica agrigentina, il progetto incassa un latro importate “si” da parte del Genio Civile di Agrigento. Salvatore Pezzino a pag. 2 Continuano le manifestazioni di protesta da par- te dei sindaci della provicnia di Agrigento a difesa dei lavoratori precari e contro la manovra finanzia- ria nazionale la cui imposizione dei tagli non per- metterà il rinnovo dei contratti di questi lavoratori. a pag. 4 CULTURA Presentata l’opera omnia di Maria Alajmo È segno di speranza e di conforto, è segno di vita e messaggio di bene, per tutti, senza di- stinzione. Le braccia spalancate del Crocifisso sono pronte ad accogliere tutti. Esporre la croce nelle scuole e nei luoghi pubblici fa bene a tutti. Fa bene alla nostra identità e, nello stesso tempo, fa bene al dialogo, qui in Europa. La presidenza della Cei è tornata sulla que- stione dell’esposizione di simboli religiosi cristia- ni nell’imminenza della decisone della Corte eu- ropea dei diritti umani. (per il testo vai su www. chiesacattolica.it) Il documento della Cei parte e arriva dal va- lore della libertà religiosa, giustamente negando che possa essere messa in discussione dall’espo- sizione dei crocifissi, che anzi la dovrebbe garan- tire. Si tratta di un testo breve ed estremamente rispettoso, che sottolinea il principio di sussidia- rietà, la valorizzazione cioè e il rispetto delle di- verse realtà nazionali, delle “tradizioni millenarie di ciascun popolo e di ciascuna nazione”. L’assise di Strasburgo deve decidere in secon- da istanza e si tratta di una questione rilevante, ben oltre il caso specifico oggetto di ricorso. Investe infatti il tema cruciale, troppe volte eluso dal dibattito politico e culturale continen- tale, del rapporto delle istanze europee, in que- sto caso il Consiglio d’Europa, dei singoli Stati e poi in concreto dei diversi popoli, con la propria identità e con il proprio futuro. Vogliamo un av- venire spoglio e falsamente asettico, in cui tutti siano soli con se stessi, oppure vogliamo conti- nuare liberamente ad esprimere “una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale”? Qualcuno crede davvero oggi, qui, nella nostra realtà iper-garantista dal punto di vista formale, ma spesso vuota di significato, che la presenza di simboli religiosi e in partico- lare della croce, si possa tradurre in una imposi- zione, che abbia valore di esclusione? Il passaggio è delicato ed è tempo di respon- sabilità e insieme di coraggio e di lungimiranza. Con tutta probabilità il vuoto (anche) di simboli religiosi, invece che far crescere tolleranza, ri- spetto, pluralismo, rischia di alimentare una per- cezione di solitudine, di vuoto, di assenza di rife- rimenti e dunque in prospettiva di conflittualità e violenza. Sono le aporìe della secolarizzazione, che in positivo richiede da tutti gli attori sociali un di più di spinta e di deposito di significato. Ecco allora che il crocifisso ritorna. Attenzione: non è il segno di un passato che si ostina a restare aggrappato alle magnifiche sorti e progressive di un presente inevitabilmen- te moderno. È invece un riferimento per poter guardare avanti, progettare, costruire, avendo presente solidi riferimenti. È questo l’esercizio morale e culturale che in Europa è sempre più urgente, cui il Papa ha dato il nome di “questione educativa”. Il crocifisso, ribadiscono i vescovi, rappresen- ta “un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà”. Per poter parlare francamente di nuovi orizzonti di sviluppo civile. Le braccia spalancate Sabato 19 giugno pres- so la Sala convegni del nostro settimanale è stato pre- sentato il volume che raccoglie tutti gli scritti della prof. ssa Maria Alajmo, “Maria Alajmo e la sua vera grandezza” a cura del comm. Alfonso Lorgio. a pag. 3 Verso la giornata sacerdotale diocesana Una pubblicità dei mesi scorsi cosi reci- tava alla fine: «Non è importante dove si va ma come si raggiunge la meta»; il principio del “come” è alla base di un sano costrutto di relazioni e proget- tualità. Forse, fatti i dovuti distinguo, lo si può applicare an- che all’ncontro che i sacerdoti ed i diaconi della diocesi hanno vissuto negli ultimi mesi prima a livello zonale e poi, lo scorso 14 giugno in modo assembleare in Seminario. L’idea iniziale era quella di offrire al Vescovo qual- che orientamento da applicare in occasione dei trasferimenti resi sempre più necessari non solo dalle scadenze canoniche ma an- che dalla riduzione numerica del clero e da configurazioni urbani- stiche che richiedono una mag- giore attenzione alle periferie. Cammin facendo ci si è accorti che l’argomento si portava dietro alcune evidenti considerazioni ecclesiali perché qualsiasi servizio e la necessaria mobilità va intesa inevitabilmente dentro una cor- nice sponsale che fa vedere nella diocesi la realtà viva da amare in modo incondizionato senza anteporre interessi personali per quanto legittimi. E insieme alla visione di Chiesa ed a quale pre- sbiterio è chiamato a servirla in modo fedele, il dibattito ha fatto emergere anche come vivere le relazioni che si intrecciano nel- la vita di ogni presbitero: quelle con il Vescovo che mantiene il suo carisma di Padre, quelle con la comunità che va aiutata a cre- scere e rispettata nella sua storia, quelle, infine con i diversi presbi- teri chiamati a vivere nella comu- nione il servizio. Dai diversi e ricchi confronti è maturato un documento che ha provato a fare sintesi dei contri- buti di tutti e del comune sentire. Il consiglio presbiterale lo ha di- scusso nella seduta del 17 giugno e adesso ci si prepara ad offrirlo, idealmente, alla Vergine del Soc- corso all’interno di una giornata sacerdotale che si vivrà a Sciacca il prossimo 28 giugno. Baldo Reina continua a pag.6 SCIACCA Chiesa Madonna del Soccorso SIMBOLI RELIGIOSI La dichiarazione Cei su crocifisso e Corte di Strasburgo foto:www.pabaac.beniculturali.it I forum del settimanale Da questa settimana, vogliamo offrire ai nostri letto- ri una nuova rubrica o meglio, vogliamo affrontare in modo tematico un argomento che interessa la nostra realtà sociale incontrando un ospite al quale i giornalisti della nostra redazione, rivolgeranno domande attinenti al ruolo ed alla veste da lui ricoperta nell’ambito di suo interesse. Questa settimana ospite del nostro forum Piera Graceffa, imprenditrice e vice presi- dente di Confindustria Agrigento. a pag. 5

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edizione del 27 giugno 2010

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N. 25 del 27 Giugno 2010Esce il Venerdì - Euro 1,00 - www.lamicodelpopolo.net

Anno 55

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

Bonamorone: ricordando Hardcastler

2di Paolo Cilona 3

Caritas Catania: la web tv fatta dai

senza fissa dimora

di Consuelo Valenza

CulturaCittÁLa fede è annuncio

Da lunedì 21 giugno nelle case degli agrigentini e non solo, è arrivata una “nuova Tv”, o meglio Teleradio 98, che nasce ad Agrigento nel 1980 e che dal 1996 fino al mese di maggio 2010, per l’accordo con Telepace-Verona e l’Arci-diocesi di Agrigento, ha legato il suo marchio a quello di Te-lepace, cambia nome e mar-chio: AgrigentoTv appunto.

Secondo un comunicato diffuso nei giorni scorsi “Agri-gentoTv - alla quale faccia-mo gli auguri di buon lavoro - assolverà al bisogno di una informazione reale e sarà an-che intrattenimento con una programmazione innovativa ed energica”.

Con la nascita di Agrigen-toTv l’esperienza di Telepace ad Agrigento cessa, mi au-guro momentaneamente, in attesa di un ripensamento intraecclesiale, tenendo conto del fatto che Telepace Verona e l’Arcidiocesi di Agrigento hanno creduto nel progetto e investito anche economica-mente, attraverso il “tozzo di pane” raccolto tra la gente e investito per questa precisa causa, per far si che il segnale dei ripetitori coprisse l’intero territorio della provincia ed arcidiocesi di Agrigento.

Certamente l’esperienza di Telepace ha segnato un modo nuovo, un modo diverso, di fare informazione nel nostro territorio, non solo per l’an-nuncio della Parola di Dio e del magistero della Chiesa o per i momenti di preghiera scanditi durante la giornata, che restano lo specifico del servizio che Telepace-Agri-gento ha reso, ma anche per il punto di vista sulla realtà, per lo stile e il linguaggio e so-prattutto per l’attenzione alla persona umana in tutte le si-tuazioni della vita.

Il punto è questo: la nostra Chiesa e le nostre comunità spesso non sembra che abbia-no ancora accettato di fare i conti debitamente con la cultura massmediale che è il crocevia della cultura del no-stro tempo.Crocevia significa che qualsiasi messaggio oggi passa di lì. È questa l’idea chiave che necessita un nostro ripensamento. I mass media non sono l´oggetto di una branca della pastorale, ma un ambiente: l´ambiente nel quale prende forma la società dell´informazione, che vive comunicando incessantemen-te. Il sangue di questa società sono parole, immagini, suoni, dati: a pomparlo nelle sue vene è un bisogno, primor-diale e tecnologico insieme, di comunicare.

La fede è annuncio. E come si annuncia se non si conosce la lingua che parlano tutti?

Si annaspa, piuttosto, in un acquario dove l´acqua è sem-pre meno limpida e impedisce di capire cosa accade “fuori”; si fatica a recuperare stima in se stessi; si stenta a mettere a fuoco i fondamentali che per-durano. Si resta fuori dalla cultura. E questo per un cri-stiano è fatale.

Carmelo Petrone

Porto Empedocle:convegno su sviluppo

e legalità

4di U.S.

provinCia

6

Cianciana: iniziato l’iter per la causa di

canonizzazione p. Re

di V.M.

vita eCClesiale

◆ sciaccaRiunione dei sindaci pro precari

◆ agRigento

il genio civile approva il progetto della rete idricaAnche se

si dovrà at-tendere il 30 giugno, quando la commissione regionale dei lavori pubbli-ci dovrà dare il proprio parere sulla realizzazione della nuova rete idrica agrigentina, il progetto incassa un latro importate “si” da parte del Genio Civile di Agrigento.

Salvatore Pezzino a pag. 2

Continuano le manifestazioni di protesta da par-te dei sindaci della provicnia di Agrigento a difesa dei lavoratori precari e contro la manovra finanzia-ria nazionale la cui imposizione dei tagli non per-metterà il rinnovo dei contratti di questi lavoratori.

a pag. 4

◆ cultuRaPresentata l’opera omnia di Maria alajmo

È segno di speranza e di conforto, è segno di vita e messaggio di bene, per tutti, senza di-

stinzione. Le braccia spalancate del Crocifisso sono pronte ad accogliere tutti. Esporre la croce nelle scuole e nei luoghi pubblici fa bene a tutti. Fa bene alla nostra identità e, nello stesso tempo, fa bene al dialogo, qui in Europa.

La presidenza della Cei è tornata sulla que-stione dell’esposizione di simboli religiosi cristia-ni nell’imminenza della decisone della Corte eu-ropea dei diritti umani. (per il testo vai su www.chiesacattolica.it)

Il documento della Cei parte e arriva dal va-lore della libertà religiosa, giustamente negando che possa essere messa in discussione dall’espo-sizione dei crocifissi, che anzi la dovrebbe garan-tire.

Si tratta di un testo breve ed estremamente rispettoso, che sottolinea il principio di sussidia-rietà, la valorizzazione cioè e il rispetto delle di-verse realtà nazionali, delle “tradizioni millenarie di ciascun popolo e di ciascuna nazione”.

L’assise di Strasburgo deve decidere in secon-da istanza e si tratta di una questione rilevante, ben oltre il caso specifico oggetto di ricorso.

Investe infatti il tema cruciale, troppe volte eluso dal dibattito politico e culturale continen-tale, del rapporto delle istanze europee, in que-sto caso il Consiglio d’Europa, dei singoli Stati e poi in concreto dei diversi popoli, con la propria identità e con il proprio futuro. Vogliamo un av-venire spoglio e falsamente asettico, in cui tutti siano soli con se stessi, oppure vogliamo conti-nuare liberamente ad esprimere “una tradizione che tutti conoscono e riconoscono nel suo alto valore spirituale”? Qualcuno crede davvero oggi, qui, nella nostra realtà iper-garantista dal punto di vista formale, ma spesso vuota di significato, che la presenza di simboli religiosi e in partico-

lare della croce, si possa tradurre in una imposi-zione, che abbia valore di esclusione?

Il passaggio è delicato ed è tempo di respon-sabilità e insieme di coraggio e di lungimiranza. Con tutta probabilità il vuoto (anche) di simboli religiosi, invece che far crescere tolleranza, ri-spetto, pluralismo, rischia di alimentare una per-cezione di solitudine, di vuoto, di assenza di rife-rimenti e dunque in prospettiva di conflittualità e violenza. Sono le aporìe della secolarizzazione, che in positivo richiede da tutti gli attori sociali un di più di spinta e di deposito di significato.

Ecco allora che il crocifisso ritorna. Attenzione: non è il segno di un passato che

si ostina a restare aggrappato alle magnifiche sorti e progressive di un presente inevitabilmen-te moderno. È invece un riferimento per poter guardare avanti, progettare, costruire, avendo presente solidi riferimenti.

È questo l’esercizio morale e culturale che in Europa è sempre più urgente, cui il Papa ha dato il nome di “questione educativa”.

Il crocifisso, ribadiscono i vescovi, rappresen-ta “un’identità aperta al dialogo con ogni uomo di buona volontà”. Per poter parlare francamente di nuovi orizzonti di sviluppo civile.

le braccia spalancate

Sabato 19 giugno pres-so la Sala c o n v e g n i del nostro settimanale è stato pre-sentato il volume che raccoglie tutti gli scritti della prof.ssa Maria Alajmo, “Maria Alajmo e la sua vera grandezza” a cura del comm. Alfonso Lorgio.

a pag. 3

verso la giornata sacerdotale diocesana

Una pubblicità dei mesi scorsi cosi reci-tava alla fine: «Non è importante dove si va ma come si raggiunge la meta»; il principio del “come” è alla base di un sano costrutto di relazioni e proget-tualità. Forse, fatti i dovuti distinguo, lo si può applicare an-che all’ncontro che i sacerdoti ed i diaconi della diocesi hanno vissuto negli ultimi mesi prima a livello zonale e poi, lo scorso 14 giugno in modo assembleare in Seminario. L’idea iniziale era quella di offrire al Vescovo qual-che orientamento da applicare in occasione dei trasferimenti resi sempre più necessari non solo dalle scadenze canoniche ma an-che dalla riduzione numerica del clero e da configurazioni urbani-stiche che richiedono una mag-giore attenzione alle periferie. Cammin facendo ci si è accorti che l’argomento si portava dietro alcune evidenti considerazioni ecclesiali perché qualsiasi servizio e la necessaria mobilità va intesa inevitabilmente dentro una cor-nice sponsale che fa vedere nella diocesi la realtà viva da amare in modo incondizionato senza anteporre interessi personali per quanto legittimi. E insieme alla

visione di Chiesa ed a quale pre-sbiterio è chiamato a servirla in modo fedele, il dibattito ha fatto emergere anche come vivere le relazioni che si intrecciano nel-la vita di ogni presbitero: quelle con il Vescovo che mantiene il suo carisma di Padre, quelle con la comunità che va aiutata a cre-scere e rispettata nella sua storia, quelle, infine con i diversi presbi-teri chiamati a vivere nella comu-nione il servizio.

Dai diversi e ricchi confronti è maturato un documento che ha provato a fare sintesi dei contri-buti di tutti e del comune sentire. Il consiglio presbiterale lo ha di-scusso nella seduta del 17 giugno e adesso ci si prepara ad offrirlo, idealmente, alla Vergine del Soc-corso all’interno di una giornata sacerdotale che si vivrà a Sciacca il prossimo 28 giugno.

Baldo Reinacontinua a pag.6

sCiaCCa Chiesa Madonna del Soccorso

simboli religiosi La dichiarazione Cei su crocifisso e Corte di Strasburgo

foto:www.pabaac.beniculturali.it

I forum del settimanaleDa questa settimana, vogliamo offrire ai nostri letto-

ri una nuova rubrica o meglio, vogliamo affrontare in modo tematico un argomento che interessa la nostra realtà sociale incontrando un ospite al quale i giornalisti della nostra redazione, rivolgeranno domande attinenti al ruolo ed alla veste da lui ricoperta nell’ambito di suo interesse.

Questa settimana ospite del nostro forum Piera Graceffa, imprenditrice e vice presi-dente di Confindustria Agrigento. a pag. 5

� L’Amico del Popolo27 Giugno 2010Città

Il Genio Civile di Agrigento ha espresso pa-rere favorevole all’approvazione del progetto

per la ristrutturazione globale e l’ottimizzazione delle rete idrica di Agrigento, che sarà esamina-to il prossimo 30 giugno, dalla commissione re-gionale Lavori Pubblici, recentemente rinnovata dall’assessore alle Infrastrutture Luigi Gentile e presieduta dal dirigente regionale Vincenzo Fal-gares.

«Siamo sulla buona strada - ha detto Zambu-to - per la soluzione definitiva della sete agrigen-tina. All’architetto Rino La Mendola ed al suo staff tecnico il “grazie” sentito mio e di tutti gli agrigentini. Il capo del Genio civile ha mantenu-to gli impegni assunti nel corso dei vari incontri che abbiamo avuto in quest’ultimo mese e, sen-za perdere un minuto di tempo, ha istruito l’im-portante progetto di rifacimento della rete idrica cittadina. Siamo certi che il 30 giugno la com-missione regionale dei lavori pubblici approverà in via definitiva, sulla base della relazione dell’ar-chitetto La Mendola, il progetto. Io comunque - ha concluso il primo cittadino - il 30 giugno sarò a Palermo per sottolineare con la mia presenza l’importanza e l’urgenza che riveste tale decisio-ne per la città dei Templi».

Anche il vicepresidente della Regione con de-lega all’Economia, Michele Cimino, ha espres-

so il suo compiacimento per il parere positivo espresso dal Genio civile di Agrigento sulla ri-strutturazione ed ottimizzazione della rete idri-ca della città di Agrigento.

«Finalmente - ha dichiarato Cimino - una ri-sposta concreta in favore della città di Agrigento che, per il suo rilancio socio-economico, ha biso-gno di una nuova rete idrica automatizzata che, mettendo a sistema tutte le fonti di adduzione esterne ed ottimizzando la rete di distribuzione interna, sarà in grado di garantire un adeguato servizio idrico ai cittadini, agli imprenditori ed agli operatori turistici».

Il relatore, in seno alla commissione che si riunirà il 30 giugno, sarà il capo del Genio Civile di Agrigento, arch. Rino La Mendola, il quale ha già inviato, all’assessorato regionale Infrastruttu-re, la propria relazione di istruttoria.

«Ho proposto - ha affermato La Mendo-la - l’approvazione del progetto, redatto dalla Società Delta Ingegneria srl, appositamente incaricata da Girgenti Acque, con alcune modi-fiche tecnico-economiche, che hanno peraltro prodotto una riduzione degli investimenti ne-cessari per l’esecuzione dei lavori, raggiungen-do ugualmente gli obiettivi già individuati. In particolare, l’importo complessivo del progetto, che si inquadra nell’ambito del “QSN 2007-

2013”, ammonta a poco meno di 35 milioni di euro (€. 34.712.295, ridotto in istruttoria a €. 33.543.000) e sarà realizzato con fondi del CIPE.

«Da troppo tempo, ha aggiunto La Mendo-la, la città di Agrigento soffre di una grave crisi idrica, dovuta princi-palmente allo stato de-ficitario della rete di di-

stribuzione, che nonostante i recenti interventi di potenziamento degli acquedotti esterni e delle fonti di approvvigionamento, come il dissalatore di Porto Empedocle, non consente una regolare ed adeguata distribuzione idrica. Il Piano d’Am-bito per il comune di Agrigento stima una per-dita totale di acqua dalle condutture pari al 62%; attraverso la realizzazione dei lavori tali perdite saranno drasticamente ridotte, in conformità al Piano d’azione degli obiettivi di servizio del Quadro Strategico Nazionale 2007-2013».

Il progetto prevede sinteticamente: l’ottimiz-zazione del sistema esterno di adduzione e la riorganizzazione del sistema interno di distri-buzione; la creazione delle necessarie intercon-nessioni tra i vari serbatoi di zona, in modo da veicolare in tempo reale i flussi idrici in esubero nelle zone in cui si registrano carenze idriche; il rifacimento delle reti di distribuzione in cattivo stato di funzionalità; l’integrazione della rete a servizio di aree scarsamente servite; il rifacimen-to del sistema degli allacci alle utenze private e la creazione di un sistema di telecontrollo, al fine di acquisire i dati in tempo reale per una imme-diata risposta alle continue variazioni di flusso in arrivo alla città ed in distribuzione al suo in-terno, nonché per l’acquisizione, in tempo reale, dei dati di portata e di pressione, necessari per i bilanci idrici e per il controllo delle perdite.

Salvatore Pezzino

In Breve rete idrica� Il parere del Genio Civile

a� breve la nuova rete idrica?

la Settimana di Eugenio Cairone

A proposito di giovani

Come agrigentini, abbiamo il diritto di sperare? Dal Forum presso la nostra redazione, ospite Piera Graceffo,

è emerso che la provincia di Agrigento non solo ha il diritto alla speranza ma che molto si sta facendo per far dimenticare un tri-ste passato.

Il riferimento è alle connivenze e al coraggio di denunciare. Ci si avvia, insomma, verso un radicale cambiamento anche

dei comportamenti degli imprenditori che non intendono più subire certe pressioni e preferiscono affidarsi alla tutela della leg-ge.

La rappresentante di Confindustria agrigentina, ha risposto alle domande con la massima chiarezza anche quando inevita-bilmente, si è parlato di precariato e di cultura della sicurezza.

Ma è stato inevitabile anche un cenno alla triste condizione dei

nostri giovani costretti ad emigrare con una laurea o un diploma in tasca.

Triste davvero anche il solo parlarne. Sappiamo quante storie di ragazzi che hanno lasciato la terra

d’origine dove mai avrebbero potuto trovare un lavoro adeguato e dignitoso.

Storie di giovani presi in giro da decenni di promesse. E in questa terra fatta di sogni traditi, ci ritroviamo con mi-

gliaia di altri ex giovani, cosidetti precari, che inseguono un’oc-cupazione stabile che i loro padrini politici hanno promesso pur sapendo di non potere mantenere la promessa.

A proposito di giovani professionisti emigrati, il quotidiano La Sicilia in un fondo a firma di Giuseppe Di Fazio riporta la di-chiarazione del presidente della Fondazione per la Sussidiaretà Giorgio Vittadini. “Il problema .- ha detto Vittadini – non è che uno studente siciliano abbia bisogno di andare a formarsi in altri atenei italiani o stranieri, il problema è se può tornare”.

Online l’albo pretoriopa�la�zzO Sa�n dOmenicO Aggiormanenti telematici

ex collegio filippini conferita cittadinanza onoraria

Mercoledì 23 nell’ex Collegio dei Filippini, il sindaco Marco Zambuto ha conferito la citta-dinanza onoraria al colonnello Rodolfo Passaro, comandante provinciale dei carabinieri di Agri-gento dal 2005 al 2007 e, successivamente, capo centro della Direzione investigativa antimafia di Palermo. L’onorificenza arriva nel momento in cui l’ufficiale è in partenza per il Sud America, dove sarà addetto militare presso l’Ambasciata d’Italia a Caracas.

palazzo di giustizia processo consulenze al comune

Nessun abuso d’ufficio. É questa la sentenza emes-sa dai giudici della prima sezione penale del tribuna-le di Agrigento che hanno deciso l’assoluzione per l’ex sindaco Aldo Piazza e i tre esperti Pippo Flora, Crocetta Maida e Calogero Lo Giudice. Piazza era accusato per alcune consulenze indicate dispendiose per le casse comunali. Si è comunque provato che le consulenze affidate dall’ex sindaco erano legittime. Per il solo capo di imputazione relativo alla nomina di Flora, Piazza è stato prosciolto per prescrizione.

politica Hamel segretario provinciale idV

Alla presenza di quasi 150 aderenti ad Italia dei Valori con un solo astenuto e nessun voto contrario, Nello Hamel è stato eletto e proclamato nuovo se-gretario provinciale del partito ad Agrigento.

festeggiamenti san calogero zambuto scrive a d’orsi

Nell’avvicinarsi del periodo tradizionalmente de-dicato ai festeggiamenti in onore del compatrono della città San Calogero, il sindaco di Agrigento, nei giorni scorsi, ha invitato il presidente della Provincia a partecipare alle spese che tali manifestazioni com-portano.

punta bianca interpellanza su smilitarizzazione

É stata discussa giovedì 24 giugno, nell’aula di Montecitorio, l’interpellanza urgente presentata dall’on. Vincenzo Fontana al ministro della Difesa e al ministro del Turismo, sulla smilitarizzazione di Punta Bianca. Un rappresentante del Governo ha ri-sposto all’on. Fontana dopo che questi ha illustrato il suo atto ispettivo.

giardino kolymbetra il pane del santo nero

In pieno periodo di raccolta del grano il Giar-dino della Kolymbetra, sarà teatro de “Il Pane del Santo Nero”, manifestazione legata all’antica tradi-zione siciliana della mietitura del grano e della be-nedizione dei pani votivi in occasione della festa di San Calogero, il cosiddetto “Santo Nero”, nato a Cartagine tra il V e il VI secolo d. C. e molto vene-rato ad Agrigento.

sale

scende la via atenea

Continuano a ritmo lumacoso i lavori di sistemazione della via Atenea, il salotto buono della città dei Templi. Un pomeriggio mi sono trovata a percorrerla con mio cugino ingegnere, impegnato nella costruzione di nuove gallerie sulla SA-RC, (ma anche lo zio Peppe muratore con espe-rienza mi avrebbe fatto la stessa osservazione), il quale mi faceva notare la posa, non certo da esperti con la quale vengono collocati i pezzetti di porfido. Va bene che faccia-mo i lavori in economia ma almeno facciamoli bene!

la piazza “stazione”

Quanto tempo è passato dal dono che è stato fatto alla città consegnandoci questa bella ed accogliente (?) piazza, ma trascorsi un paio di anni cominciano e vedersi le note stonate, prima fra tutte le pen-siline per chi è in attesa del bus di linea cittadino, un box informazioni per il turista, uno spazio con un po’ di ombra per non morire arrostiti sotto i 40° del sole estivo, una migliore distribuzione dei cestini per i rifiuti e la sistemazione di un numero appropriato di pan-chine. Sembra tanto ma in realtà è davvero poco.

ricordando HardcastlecimiterO bOna�mOrOne 27 giugno

Da 26 anni, un gruppo di agri-gentini rinnova un atto di omag-gio e di gratitudine nei riguardi di un grande benefattore, il capitano inglese Alexander Hardcastle, che visse nella nostra città dal 1921 al 1933.

Gli amici del capitano (La Fo-reste, Alaimo, Cilona, Lo Bue, Sa-vatteri, Passarello, Gelardi,) ogni anno per l’anniversario della sua morte (27 giugno 1933) si danno appuntamento al cimitero di “Bo-namorone” per deporre una co-rona di fiori sulla tomba. Si tratta di un atto di amore nei confronti di una persona che diede tanto al nostro territorio ed in particolare alla millenaria Valle dei Templi.

Per tutto il periodo del suo sog-giorno in Agrigento si prodigò con impegno a sostenere finan-ziariamente diverse campagne di scavi. Nel biennio 1922-1923 portò a termine l’innalzamento delle sette colonne del tempio di Ercole.

Nel 1925 finanziò gli scavi at-torno alla chiesa di San Biagio mettendo in luce il basamento a graticola ed il muro di sostegno del tempio di Demetra e Persefo-ne insieme al ritrovamento di tre altari circolari, uno dei quali con-

teneva un “bothros” pieno di o f f e r t e per le divinità ctonie e busti fit-tili fram-mentari di Deme-tra.

Nel 1926, in collaborazione con la Società Archeologica “Magna Grecia”, acquistò i terreni che si estendono dal tempio di Giove alla Kolymbetra, promuovendo, sotto la guida di Pirro Marconi, scavi e ricerche dell’intera zona, che portarono alla luce il Santua-rio arcaico delle Divinità Ctonie. Su suggerimento dello stesso ar-cheologo Marconi acquistò l’area sulla quale si sviluppava il tempio di Vulcano.

Fu senza dubbio alcuno uno dei mecenati più sensibili e generosi, e forse il più romantico al punto di avere richiesto la concessione, che gli venne accordata, di uno spazio al cimitero di Bonamorone quale luogo per la sua residenza eterna.

Paolo Cilona

Nella pagina iniziale del sito ufficiale internet del comune www.comune.agrigento.it è stato inserito un nuovo ed aggiornato collegamento denominato “Albo pretorio – bacheca virtuale – pubblicazione atti amministrativi” dove vengono pubblicati tutti gli atti prodotti ai fini di un’ulteriore trasparenza dell’attività dell’ente con lo scopo di avvicinare i citta-dini alla civica amministrazione.

I documenti ivi pubblicati, in conformità a quanto previsto da un’apposita legge regionale, attualmente non comportano il soddisfacimento della previsio-ne della pubblicità prevista dalla legge che avverrà, a decorrere dal prossimo anno, come indicato dalla legge nazionale n. 69 del 18 giugno 2009, tuttavia ne costitui-scono un’anticipazione.

In particolare sono pubblicati: le deliberazioni della Giunta e del Consiglio, le determinazioni del Sindaco e dei dirigenti, nonché i bandi, gli avvisi e gli esiti relativi alle gare, nonché gli avvisi relativi ai concorsi, anche provenienti da altre amministrazioni.

«Tale iniziativa – commenta il

sindaco Zambuto – dopo quella della certificazione on line, che abbiamo avviato il mese scorso, vuole essere un ulteriore momen-to di modernizzazione e di digi-talizzazione della pubblica am-ministrazione. Nell’albo pretorio on line è possibile visionare tutti gli atti in pubblicazione e preci-samente. É uno strumento elet-tronico complementare all’albo pretorio presso il quale vengono affissi tutti gli atti dell’Ammini-strazione comunale in forma car-tacea, che dal prossimo anno an-drà definitivamente in pensione. Anche in questo settore l’Ammi-nistrazione comunale è, pertanto, all’avanguardia, per continuare a coltivare un più trasparente rap-porto con i cittadini».

LdP

Ha voluto porgere il suo saluto all’arcivescovo, mons. Francesco Montenegro, l’ex attrice Claudia Koll presente in città per un ciclo di conferenze-incontri e per partecipare alla serata conclusiva della XX edizione del premio Mimosa d’Oro or-ganizzato dal centro artistico culturale editoriale “Renato Guttuso”.

Cultura �L’Amico del Popolo27 Giugno 2010

Maria Alajmo: l’opera omniasiciliAnitÁ Il martire Gerlando ReAgrigento� Sala Convegni de L’Amico del Popolo

Perchè tanto silenzio, sin dall’inizio?

Nun eramu, no, carni vattiata,/ma frattaglia vin-nuta a li patruna./Nudda pietà vinìa dimustrata/e si nun si murìa, era furtuna./Li lacrimi agliuttiva lu carusu,/sulu ammucciuni, pi nun dari all’occhiu,/e si cadiva ‘n terra, era cunfusu/sintennusi diri: “Su-siti, pidocchiu”./Scaluna a cintinaia avìa acchiana-ri,/a brancicuni, cu lu saccu ‘ncoddu.

Mi si chiede: “Ma, come mai, in tanti anni, si è parlato così poco del martire Gerlando?”

Per capire, andiamo ai fatti e alle circostanze di 60 anni fa. 9 Luglio 1945, Santuario – Eremo di Santa Rosalia in Santo Stefano di Quisquina. Il Vescovo di Agrigen-to, mons. G. B. Peruzzo, dopo una breve passeg-giata nel bosco, assieme al sac. Graceffa, si ferma per riposare alquanto su una pietra. Trascorre appena qualche minuto, che – a brevissima distanza – si ode lo scoppio di un fucile da guerra che gli sconvolge la testa. Si alza di scatto per rendersi conto, ma il Gra-ceffa gli grida: “Si butti a terra!” Inutile precauzione, un secondo sparo gli trapassa un polmone, mentre altri colpi lo raggiungono all’avambraccio.

L’attentato impressionò non solo l’intera diocesi e la Sicilia, ma echeggiò per tutta l’Italia, facendo com-prendere che le forze oscure volevano e sapevano agire per dominare la situazione sociopolitica, senza riguardo per nessuno.

Dopo quell’attentato (che poteva essere mortale, se nottetempo non fossero arrivati i soccorsi da Agrigen-to e, specialmente, quel mago della chirurgia, il prof. Borsellino, che, con mezzi fortunosi, attuò una trasfu-sione di sangue ed estrasse la pallottola), molte certez-ze e sicurezze terrene dovettero crollare nella mente del Vescovo, e non solo. Si rese conto che la sua vita restava in pericolo – tanto vero che, tra i suoi intimi, si pensò di farlo trasferire in zone più tranquille. Solo il suo carattere pugnace lo convinse a rimanere. Ma bisognava convincersi che lo scontro politico tra i due schieramenti maggiori: D.C. – P.C.I., non era battaglia di idee, proposte e programmi, per il bene comune, ma guerra feroce, animata da odii, spirito di vendetta e avidità della vita e dei beni altrui, anche tra la gente più umile e le categorie più diseredate.

La propaganda e l’indottrinamento politico tra la classe operaia da parte delle cellule comuniste, inizia-ti immediatamente dopo lo sbarco degli Americani, erano stati così massicci e capillari, da convincere il proletariato che la rivoluzione bolscevica era alle por-te, e nessuno sarebbe rimasto vivo tra gli oppositori. Già non potevano esserci dubbi: le categorie sociali da eliminare erano indicate dall’inno ufficiale, “L’In-ternazionale”: “Avanti popolo, alla riscossa, bandiera rossa trionferà; abbasso i Preti, che fan la spia, la regia guardia, la borghesia”. Nei nostri paesini, tutto veniva letto, classificato ed indicato in chiave politica, e quin-di oggetto di odio e di vendetta, se fosse stato possibile. Si arrivava ad intimidire i membri della famiglia dirim-pettaia, con insulti e minacce, sol perché militanti nel partito avversario; si dava la baia a chi si recava in chie-sa; si rompevano i fidanzamenti, addirittura nottetem-po si scagliavano bombe a mano (residuati di guerra) dietro le porte, o si sparavano colpi di fucile.

E se i comunisti erano feroci, oltrechè illusi e sconsi-derati nel condurre la lotta, non erano certo da lodare gli aderenti e attivisti della Democrazia Cristiana, che si definivano: “partito della Chiesa”, e consideravano gli operai, specie i braccianti, i contadini e gli zolfatai, come nemici di Dio e massa dannata sicuramente al-l’Inferno, perché scomunicati. Dall’attentato al Vesco-vo Peruzzo all’eroica morte del martire Gerlando Re, passarono solo quattro anni, i più turbinosi e incande-scenti durante i quali, proprio per realizzare il cosid-detto trionfo del 18 aprile 1948, le forze e le iniziative del Bene e del Male si aggrovigliarono talmente, da non comprendere più se esistesse una distinzione tra il vero bene e il vero male per il popolo minuto.

I più saggi, capaci e compresi di dover edificare il Regno di Dio operando dai tetti in su, capirono che il Potere economico era finito saldamente in mano alle forze oscure della massoneria e della mafia. Sulla base di queste riflessioni, non pochi ci siamo convinti che anche il martirio e le splendide virtù umane e sopran-naturali della personalità del martire don Gerlando Re, sono stati sottaciuti e certamente non evidenziati come si sarebbe potuto e dovuto (anche da parte del-l’autorità ecclesiale), nell’intento di evitare risonanze ritenute inopportune.

Ma, ormai, è giunto il tempo opportuno: il martire Gerlando, che aveva conosciuto le paure della crudele fatica nella miniera di zolfo, e per otto anni è stato poi apostolo tra i suoi ex compagni di lavoro, deve essere presentato con le iniziative pedagogico didattiche più adeguate come modello di comportamento.

Piresse

cAtAniA Un’iniziativa della Caritas diocesana

La web tv fatta dai senza fissa dimora

È stato presentato sabato, 19 giu-gno presso la Sala convegni del

nostro settimanale l’opera omnia degli scritti della prof.ssa Alajmo dal titolo “Maria Alajmo e la sua vera grandezza”, testo nel quale sono stati racchiusi tutti gli scrit-ti che, il curatore, comm. Alfonso Lorgio è riuscito a rintracciare ed in alcuni casi recuperare dall’oblio del tempo. Una figura quella della prof.ssa Alajmo che è stata delinea-ta agli invitati alla presentazione dal direttore del nostro settimanale il quale ha evidenziato come la prof.ssa avesse vissuto nella pienezza gli insegnamenti e le linee giuda che

trasmetteva ai suoi alunni e disce-poli. Donna provvista di un’ottima ars oratoria, ferma e rigida nei suoi principi ma tenera con le allieve che incontrava nei cenacoli organizzati in casa sua.

Il prof. Lauretta ha invece sot-tolineato il grande ruolo di critica letteraria della prof.ssa Alajmo re-lativamente alle opere pirandelliane delle quali, ha affermato Lauretta ha intrapreso studi precorrendo i tempi giungendo a quella conclu-sione a cui addiverrà la critica con-temporanea molti decenni dopo.

Il comm. Lorgio ha invece pre-sentato agli astanti la struttura

dell’opera sottolinean-do quanto riuscito a recuperare e quanto invece è stato diffici-le potere pubblicare anche a causa delle mancate autorizzazio-ni alla pubblicazione. Dunque un’opera che rende lustro ad un personaggio che ha reso grande la cultura e la società agrigentina negli anni in cui visse, con scritti di impareggiabile critica ed arguzia sempre alla luce però del Vangelo ed è proprio in questo che

sta la “vera grandezza” della Alajmo avere vissuto sempre alla luce del Vangelo.

Marilisa Della Monica

appunti Presso il Museo Archeo-

logico san Nicola ad Agri-gento è allestita la mostra “Dal clic alla transcodifica-zione” personale del mae-stro Maurizio De Simone.

Si terrà lunedì 28 giu-gno alle ore 19.00 presso la tomba di Luigi Pirandello la cerimonia commemorativa della nascita dello scrittore premio Nobel con un cor-teo a cui seguirà la deposi-zione di “Corona di alloro bronzea” ed accensione del “Tripode della memoria”.

Sarà presentato sabato 26 giugno alle ore 18.30 presso il b&b Locanda di terra in via Crispi ad Agrigento il libro dei giornalisti Sanfi-lippo e Scialoja “A Lampe-dusa”.

Il pittore e scultore lica-tese Gino Leto espone nel chiostro san Francesco di Licata. La personale si inti-tola “I colori di Licata” ed è a cura di Nuccio Mula. Fino al 27 giugno dalle ore 18.00 alle ore 23.00.

Ancora visibile la mo-stra “Astrazionesiciliana 1945/1968” alle Fabbriche chiaramontane di piazza san Francesco ad Agrigent. In esposizione la produzio-ne artistica siciliana in un periodo di grandi migra-zioni culturali.

girgenti: le chiese, i conventi, i monasteridistruzioni e trasformazioni a cura di Nino Sciangula

La Chiesa di San MichelePer la conoscenza della storia della chie-

sa e del quartiere di S. Michele fondamen-tali sono gli studi del compianto Alessan-dro Giuliana Alajmo pubblicati da vari giornali, tra cui L’ Amico del Popolo (vedi Chiese di Agrigento sulla frana del 9 ot-tobre 1966). In un atto del Notar Alberto Salamone da Girgenti del 23 gennaio, IX indizione, 1296, viene citato il borgo di S. Michele, vicino al monastero di S. Spirito e “confinante da parte di oriente colle mura-glie della città”. L’edificazione della chiesa, dunque, deve farsi risalire al XIII secolo, se non prima. Ricostruita nel Cinquecento, è stata demolita nel 1966, essendo stata gra-vemente danneggiata dalla frana. Al suo posto è stato realizzato un campetto di cal-cio. La chiesa di S. Michele (nella foto

cinta dallo steccato prima della demoli-zione), dopo la Cattedrale, fu la più antica parrocchia Agrigento (1557). Essa venne impreziosita nel Settecento con delle tele di Fra’ Felice da Sambuca e nell’Ottocento con delle sculture lignee dell’agrigentino Calogero Cardella.

Fra’ Felice eseguì un S. Michele Arcan-gelo, le Anime Purganti, Gesù Buon Pa-store, la Buona Pastorella, la Deposizione (C. Carità, Pittori Agrigentini tra Seicento e Settecento, p.97, Licata 1991). Gli oli su tela del grande pittore, dopo la demoli-zione della chiesa, sono stati trasferiti alla Batiola (S. Maria del Soccorso), che ha sostituito la chiesa di S. Michele nelle sue funzioni di parrocchia. Calogero Cardella scolpì Sant’Agnese, S. Caterina da Siena, il Sacro Cuore di Gesù con S. Margherita Maria Alacoque dello stesso periodo.

Nella chiesa c’era anche una statua di S. Michele Arcangelo di artista sconosciuto.

Li ho visti uno per uno. Tutti i video raccontano con immagini possenti stralci di verità che ci camminano accanto. Sono come uno sguardo acceso su verità che noi probabilmente non sapremmo raccontare allo stesso modo. Sono frammenti catturati e fissati per non dimenticare. Sono documentari, testimonian-ze, cronache; sono video che si possono guardare su www.telestrada.it.

Cosa è Telestrada? “Telestrada è - come si legge sul sito - la prima web tv di strada italiana con una reda-zione composta da senza fissa dimora, operatori e volontari. La web tv di strada vuole rappresentare una voce indipendente e che completa il lavoro dei mass media. Telestrada dà voce ai protagonisti della strada, persone che vivono quotidianamente il disagio di non avere una casa, che sono ospiti dei dormitori e delle mense per i poveri della Caritas.

Saranno loro in persona a raccontarsi e a racconta-re le storie dei loro compagni di viaggio”. Si scorgono dietro le telecamere mani più autentiche e occhi più sinceri, che soli riescono a dire e raccontare quello che

noi non vediamo, quello che noi, pur vedendo, non sap-piamo raccontare.

A g g i u n g o n o dalla redazione: “La strada siamo noi e non abbiamo affatto bisogno di alcuna mediazio-ne di gente che vuole dare in pasto al pubblico il “caso umano” senza nessun rispetto della nostra dignità e della nostra opinione”.

In conclusione, “Telestrada è la voce vera di gente vera che la strada la vive ogni giorno (...) un’importan-te opportunità per gli esclusi e gli emarginati. Un gior-nale può dare voce a storie sconosciute, gettare una luce su vite che altrimenti rimarrebbero nell’ombra, e contribuire a modificare i luoghi comuni tramite cui le persone comuni considerano gli emarginati”.

Consuelo Maria Valenza

f. sAnfiliPPo� - A. sciAlo�jA Infinito Edizioni € 13,00

A LampedusaArriva nelle librerie “A Lampe-

dusa” il libro di Fabio Sanfilippo e Alice Scialoja sugli affari, malaffa-ri, rivolta e sconfitta dell’isola che voleva diventare la porta d’Euro-pa. Il volume, di Infinito edizioni, entra nelle viscere della realtà di Lampedusa, estremo sud d’Italia e meta agognata dalle migliaia di migranti che intraprendono rischiosi “viaggi della speranza” lungo le rotte del Mediterraneo. Una terra di mammane, di scar-se scuole e troppe case, bella e sfregiata dall’abusivismo edilizio; isola dalle mille contraddizioni dove anche l’immigrazione può diventare guadagno. Spesso dai contorni loschi.

Il libro sarà presentato sabato

26 giugno alle ore 18.30 ad Agri-gento presso il b&b “Locanda di Terra” in via Crispi nel corso di un incontro cui interverranno, con gli autori, anche il direttore della Caritas diocesana di Agri-gento Valerio Landri, la direttri-ce della riserva naturale “Isola di Lampedusa” Giusy Nicolini e il presidente di Legambiente Sicilia Mimmo Fontana.

Nel volume Fabio Sanfilippo e Alice Scialoja raccontano l’isola più discussa del Mediterraneo conducendo un’appassionante inchiesta giornalistica e dando voce a chi di questa terra ha con-tribuito a tracciare la cronaca sa-liente di questi ultimi anni: dalla senatrice leghista Angela Mara-

vent ano , vicesinda-co di Lam-pedusa e Linosa, ai r a p p r e -s e n t a n t i delle orga-nizzazioni che hanno o p e r a t o sul posto, tra cui Msf, Unhcr, Legambiente. Dal viceparroco tanzanese ai tanti Mourad che vengono dal Marocco o da altri Paesi africani. Dal prefetto Mario Morcone ad Adelina l’ostetrica che a Lampedusa ha fatto nasce-re tutti. O quasi.

LdP

� L’Amico del Popolo27 Giugno 2010Provincia

Brevi provincia

Unità per il precariatosciacca Palazzo di città

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Mi sono iscritto ad un sito che consente lo sca-ricamento di infoprodotti. Credevo che l’iscri-zione riguardasse solo la newsletter, quindi la possibilità di ricevere aggiornamenti sui prodot-ti scaricabili. Invece mi arrivano continue email che mi sollecitano a pagare la somma di 96 euro come corrispettivo dell’iscrizione. Come devo comportarmi? (A.N., Agrigento)

Il primo accorgimento da raccomandare, nel caso di siti che offrano la possibilità di scaricare infopro-dotti, musica o film, è di verificare che ciò avvenga legalmente, vale a dire che si tratti di infoprodotti gratuiti o scaricabili grazie ad una convenzione con coloro che ne detengono i diritti di utilizzazione economica. Detto questo, si segnala che questo fe-nomeno è stato molto lamentato negli ultimi tempi: molte persone, al semplice inserimento del proprio nome e del proprio indirizzo e-mail, cominciano a ricevere email che sollecitano il pagamento. Il for-nitore del servizio afferma che l’utente ha concluso

un contratto di servizio per un abbonamento (di 12 o di 24 mesi) a pagamento, da effettuarsi anti-cipatamente. E se il consumatore dichiara di voler recedere dal contratto, gli si risponde che è decorso il termine di dieci giorni entro i quali la legge con-sente il recesso. In realtà, però, la normativa vigente in materia di contratti a distanza (ed in particolare il Codice del Consumo) obbliga la ditta ad inviare idonea informativa per iscritto al consumatore per renderlo edotto dei dati dell’imprenditore, degli estremi del contratto ed, in particolare, dei termi-ni e modalità per l’esercizio del diritto di recesso. Inoltre, per recedere dal contratto basta inviare una raccomandata con ricevuta di ritorno alla sede lega-le della società, che dovrebbe essere ricavabile co-munque dal sito. Il termine legale di dieci giorni si riferisce alla situazione in cui il professionista abbia adempiuto agli obblighi informativi previsti dalla legge, ma se questo non è avvenuto, il termine resta sempre “aperto”.

trasporti i viaggi sulla paolo Veronese

Sarabbero una ventina i feriti, anche se di lieve entità, tra i passeggeri della “Paolo Veronese”, il tra-ghetto della Siremar che copre la tratta Porto Empe-docle-Lampedusa. Le cattive condizioni del mare, infatti, avrebbero “sballottato” i passeggeri, oltre a far ribaltare dei mezzi trasportati all’interno della stiva del traghetto.

licata la marijuana cresce tra le zucchine

Circa 350 piante di marijuana sono state seque-strate in piano San Vincenzo dai poliziotti della Sezione Anticrimine del Commissariato di Licata. Confuse tra le coltivazioni, i poliziotti hanno trova-to ben tre serre lunghe circa cento metri contenenti piante in piena fioritura, alte più di un metro.

incontri con l’autorearagona Palazzo Naselli

Due manifestazioni, una ad Agrigento davanti la Prefettura, l’altra a Roma nel-

la sede centrale del Governo per far sentire la voce dei sindaci, dei sindacati, dei lavora-tori contro le norme in finanziaria che non tengono conto della specificità della Sicilia e non fanno gli interessi dell’isola. É quanto ha deciso il “Comitato permanente di azione e di lotta” dei sindaci della provincia di Agrigento, riunitosi nei giorni scorsi presso l’aula consilia-re del comune di Sciacca.

L’incontro, così come richiesto dal sindaco Bono, è stato convocato dal sindaco di Agri-gento Marco Zambuto, promotore della prima riunione del Comitato svoltasi ad Agrigento lo scorso 7 giugno per chiedere prioritariamente al governo nazionale l’immediata modifica del decreto legge n. 78 del 31/05/2010 nella parte relativa ai lavoratori precari ed al patto di sta-bilità degli Enti Locali.

Presenti all’incontro di Sciacca sindaci, as-sessori e rappresentanti di diversi comuni del-la provincia di Agrigento.

Nel corso dell’incontro, si è analizzata la situazione alla luce anche delle ultime novità provenienti da Roma e da Palermo. Al termi-ne dei numerosi interventi e di un ampio e ar-ticolato dibattito, il Comitato ha deciso di dare vita subito a iniziative forti e unitarie con tutti i rappresentanti istituzionali degli Enti Locali. La prima iniziativa è stata programmata en-tro il mese di giugno ad Agrigento, davanti la Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo, mentre la seconda dovrebbe realizzarsi entro la prima decade del mese di luglio, a Roma. Le date saranno ufficializzate nei prossimi giorni.

Il sindaco di Sciacca, Bono, nel dare il ben-venuto ai presenti, si è augurato che si trovino al più presto le “soluzioni concrete” richieste dai sindaci e dai lavoratori.

«Dico un no forte e convinto al provvedi-mento del governo nazio-nale – ha detto il sindaco Vito Bono. Non possono da Roma scaricare il peso della finanziaria sui sin-daci, non tenendo conto dei grandi sacrifici che quotidianamente affron-tiamo. Debbono metterci

nelle condizioni di operare, di dare risposte ai nostri cittadini e di chiudere una volta per tut-te la pagina dei precari».

Il sindaco Marco Zambuto ha invocato l’unione non solo dei sindaci della provincia di Agrigento ma di tutta l’isola.

«Il problema – ha detto Zambuto – è di tut-ta la terra di Sicilia. Noi sindaci siamo l’estrema trincea del territorio e ogni giorno verifichia-mo lo stato di disperazione della nostra gen-te. Dobbiamo avere la capacità di una grande mobilitazione. È una battaglia non di una sola categoria ma di tutti. Se non capiamo questo, rischiamo di perdere. Tutti assieme dobbiamo intraprendere un’iniziativa forte chiamando a raccolta istituzioni, famiglie, sindacati e lavo-ratori prima che scada il tempo».

LdP

Si è concluso, nella tarda sera-ta di venerdì 18 giugno, il primo dei quattro appuntamenti dal titolo “Incontri con l’autore”, or-ganizzati dal Comune di Arago-na e dalla presidenza del consi-glio della Provincia regionale di Agrigento.

Sulla terrazza del Palazzo Na-selli, Luigi Galluzzo, il giornali-sta e conduttore del Tg Studio Aperto in onda su Italia1, ha conversato con Egidio Terrana, rac-contando il suo esordio come critico teatrale per il giornale “La Voce” di Aragona, i suoi trascorsi a Teleacras ed il suo ingresso a Mediaset. Ma l’amichevole conversazione che Gal-luzzo ha realizzato con Terrana, au-tore del programma che ha segnato il suo esordio sul piccolo schermo, ha anche svelato l’amore di Galluz-zo per il teatro e fatto assaporare al pubblico presente la lettura di alcu-ni suoi scritti inediti, come la piece teatrale “Un bellissimo novembre”, scritta con il collega giornalista Gae-

tano Sa-vatteri . O v v i a -mente la

libertà di stampa, la legge sulle inter-cettazioni e il giornalismo televisivo oggi, sono stati i temi più caldi della serata.

Galluzzo si è prestato senza re-ticenze a un confronto critico, co-struttivo e propositivo, confermando spessore personale e professionale.

Al giornalista televisivo, a fine serata, è stato assegnata la secon-da edizione del Premio Principe di Aragona per essersi distinto a livello nazionale per le sue capacità profes-sionali.

I prossimi appuntamenti di “In-contri con l’autore 2010” sono previ-sti per le serate dell’8 e 9 Luglio, con i giornalisti Sardo e Savatteri.

V.I.porto empedocle Auditorium san Gerlando

convegno su sviluppo e legalitàIl territorio, della città marinara, grazie al

lavoro che l’amministrazione comunale sta facendo consentendo di declinare in manie-ra corretta il concetto di responsabilità so-ciale di impresa, si appresta a vivere nuove iniziative che potranno costituire il veicolo attraverso cui superare gli errori del passato solo se imprese e pubblica amministrazione riusciranno a coinvolgere fattivamente, in questo processo, anche il territorio. Que-sta, ad oggi, è la strategia che consente di non originare nuove “cattedrali nel deser-to” o meglio di non riempire di “deserto le cattedrali” creando iniziative di sviluppo in sintonia con i temi declinati nel concetto di responsabilità sociale.

Sono queste, sostanzialmente, le conclu-sioni del convegno su Sviluppo e Legalità volto a promuovere l’applicazione delle Li-nee Guida Ocse inerenti la responsabilità sociale di impresa, alla luce dei significativi investimenti programmati nel territorio empedoclino, taluni dei quali di valore per il Sistema Paese, che ha visto relazionare nell’Auditorium san Gerlando alcuni dei principali rappresentanti di società multi-nazionali nel campo dell’energia che hanno programmato investimenti nel territorio empedoclino.

Si è trattato di un evento informativo – formativo organizzato e promosso dal Co-mune di Porto Empedocle e dalla C. Borgo-meo & Co in collaborazione con il Ministero per lo Sviluppo Economico – Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione D.G. per la politica industriale e la competitività.

Il programma dei lavori, dopo i saluti del sindaco di Porto Empedocle, Calogero Firet-to e di Joseph Mifsud, presidente del Polo Universitario di Agrigento, ha registrato l’in-tervento, sul tema della responsabilità socia-le nelle linee guida Ocse, di Ludovica Agrò del Ministero per lo Sviluppo Economico e dell’esperto Giuseppe Avallone, partner di C. Borgomeo & Co cui hanno fatto segui-to le relazioni su “Il ruolo delle imprese” di Giuseppe Luzzio, amministratore delegato “Enel - Nuove Energie” e di Salvatore Mon-cada, presidente della “Moncada Energy”.

Le conclusioni sono state affidate a Carlo Borgomeo, presidente C. Borgomeo & Co agenzia che da tempo sta attenzionando a livello nazionale per conto del ministero il “caso” Porto Empedocle definendolo esem-pio di buona amministrazione premessa in-dispensabile, da parte delle grandi aziende, per poter investire sul futuro del territorio.

U.S.

Nozze

ribera Palazzo di città

a rischio 142 precariDa soli hanno riempito total-

mente la grande sala convegni del palazzo comunale quando hanno chiesto ed ottenuto di incontrare il sindaco Carmelo Pace e gli amministratori della cosa pubblica per conoscere il loro futuro occupazionale.

Stiamo parlando di 142 lavo-ratori, di un 80 unità, ex arti-colo 23, con contratto a tempo determinato, e 62 lavoratori, ex lavoratori socialmente utili, con contratti a scadenza annuale, i quali temono parecchio per il loro posto di lavoro, in quanto è venuta meno la deroga al pat-to di stabilità per la copertura finanziaria degli stipendi, per cui oggi bisognerebbe entrare nel capitolo delle spese corren-ti, con spese che i comuni non possono assolutamente soste-nere.

L’assemblea dei precari è sta-ta molto affollata e ha visto la presenza del sindaco Carmelo Pace, degli assessori comunali Antonio Sgrò e Giuseppe Cor-tese, del consigliere provinciale Pellegrino Quartararo, del de-putato nazionale Giuseppe Ru-volo e della segretaria provin-ciale degli EE.LL. Cgil Lorella Cappellupo, nonché tutti i lavo-ratori riberesi in servizio presso gli Enti Locali.

Per la problematica della pre-

carietà del loro posto di lavo-ro, gli operatori, oggi occupati presso il comune, hanno chie-sto agli amministratori di fare i passi dovuti non solo presso la Regione Siciliana, ma anche presso il governo nazionale.

Oggi gli 80 ex articolisti, con i contratti che andranno a sca-dere tra il 2011 e il 2013, sono pagati per l’80% dalla Regione Siciliana e per il 20% dai comu-ni, mentre i 62 lavoratori, con contratto in scadenza a fine anno, di cui 27 con il fondo na-zionale e 35 con la circolare 331 della Regione Siciliana, sono a carico del bilancio statale e di quello regionale. Un prossimo incontro è in programma per fine settimana.

Enzo Minio

Ribera: Raccolta firme pro ospedale É iniziata, davanti all’ospedale, la raccolta di firme

per una petizione popolare a salvaguardia della strut-tura ospedaliera che ha subìto un drastico ridimen-sionamento con la riforma sanitaria regionale. Un grup-po di giovani, in una sola giornata ha raccolto circa 800 firme di operatori e utenti del nosocomio alcuni venuti dai comuni vicini. Il punto di raccolta rimarrà “in azione” ancora per di-versi giorni, con l’obiettivo, non difficile, di raccogliere almeno 5 mila firme non solo tra i riberesi, ma tra gli utenti dei paesi del distretto sanitario riberese. L’invito è stato rivolto con manifesti, con volantinaggio e con annunci attraverso le tv e le radio private del territo-rio.

Gli organizzatori della petizione popolare hanno sensibilizzato l’intero consiglio comunale e la giunta municipale al fine di adottare quelle iniziative atte alla salvaguardia del nosocomio. Il sindaco Pace è stato uno dei primi a firmare. Nicola Ciccarello, con una lettera indirizzata al neo sindaco, ha chiesto “di orga-nizzare un consiglio comunale straordinario all’aper-to, proprio davanti all’ospedale, per creare una mobili-tazione senza colore politico o di bandiera”. (E.M.)

Giorno 18 giugno presso la Chiesa S. Agostino di Naro hanno coronato il loro sogno d’amore

Sara Carlino e

Dario Miraglia

Alla neo coppia gli auguri

della redazione

5 L’Amico del Popolo27 Giugno 2010Società

«Più trasparenza nelle stanze del comando»

forum� In redazione Piera Graceffa, vice presidente di Confindustria

Da questa settimana, voglia-mo offrire ai nostri lettori

una nuova rubrica o meglio, vogliamo affrontare in modo tematico un argomento che in-teressa la nostra realtà sociale incontrando un ospite al quale quattro giornalisti della nostra redazione, Eugenio Cairone, Pao-lo Cilona, Marilisa Della Moni-ca, Salvatore Pezzino, coordinati dal direttore, Carmelo Petrone, rivolgeranno domande attinenti al ruolo ed alla veste da lui rico-perta nell’ambito di suo interesse.

Questa settimana ospite del nostro forum Piera Graceffa, im-prenditrice e vice presidente di Confindustria Agrigento.

Quanti sono gli iscritti a

Confindustria Agrigento e qual è il ruolo di questa asso-ciazione?

Confindustria è un’associa-zione datoriale che raccoglie ed identifica una parte di società, nel nostro caso gli imprenditori, che si associano perché acco-munati da interessi economici. Queste esigenze e le richieste delle aziende, che rappresentano il tessuto economico reale italia-no, si trasformano in strategie e programmazione economica del Paese. Agrigento è una provincia abbastanza piccola e “povera”, in tutto siamo 370/380 iscritti rap-presentativi di diversi comparti: edilizia, alberghiero-turistico, meccanico-chimico, agroali-mentare e dei servizi.

Qual è il comparto più nu-meroso?

Fino a qualche anno fa il setto-re più ampio era quello dell’edi-lizia. L’economia portante, in Si-cilia era data dai lavori pubblici, ma con la crisi, da qualche anno, il settore dei lavori pubblici è im-

ploso con la conseguente chiu-sura di molte aziende. Se prima questo gruppo aveva una forte valenza in Confindustria oggi a causa della regressione econo-mica e la conseguente chiusu-ra delle aziende sopradette si è aperta la possibilità ad una serie di aziende (quasi 100 nell’ultimo anno) di avvicinanrsi alla realtà di Confindustria diversificando molto lo spaccato economico della nostra provincia. Lo scopo di Confindustria è quello di stare tutti insieme per poter far valere le ragioni del libero mercato e della libera attività d’impresa, che purtroppo da noi nel sud non è “ben vista” dal mondo politico, paradossalmente non rappresen-

ta una forte arma per lo sviluppo ma un temi-bile concorrente che potrebbe intralciare la strada al sottosviluppo creato dalla “politica del bisogno” e del po-sto fisso ben attecchita nella nostra provincia. Solo un dato per essere chiari: il PIL prodotto dall’impiego nella pub-blica ammnistrazio-ne rappresenta il 32% del bilancio regionale contro il 9% espresso dall’industria manufat-turiera.

Qual è lo stato delle aziende nel processo di legalità intrapreso oggi?

In questo periodo le aziende hanno fatto un grosso passo avanti, se

prima era tollerata la conniven-za con il malaffare oggi i nostri associati hanno il dovere di de-nunciare e collaborare con lo Stato e le Forze dell’ordine. Da quattro anni a questa parte, è nata l’esigenza prioritaria da par-te di Confindustria di definire e mettere dei paletti ben precisi perché l’unico confronto per le nostre aziende possa essere con il mercato e la concorrenza tra le aziende sia leale e ad armi pari. Ecco quindi che ci siamo impo-sti, come associati, un codice etico e chi vuole stare all’interno della nostra associazione deve rispettarlo.

A quali settori appartene-vano le dieci aziende da voi espulse ultimamente e che tipo di imprenditoria è quella agrigentina, è basata su rischio personale o su finanziamento pubblico?

Sono più di dieci, ma per ovvie ragioni non posso dettagliare, ma le confermo che appartengono a diversi settori produttivi. Relati-

vamente alla tipologia impren-ditoriale l’indirizzo che abbiamo dato è quello di sospendere il fondo perduto, perché questi tipi di finanziamenti non hanno fatto altro che alterare il mercato, contribuendo alla creazione falsa ricchezza e di strutture che non hanno lasciato nulla di stabile sul territorio originando cattedrali nel deserto fuori dalle logiche di mercato reale e concorrenziale.

Nonostante l’adozione del codice etico, non si ha la sen-sazione che vengano rispettati i criteri che vengono indicati dalla dottrina sociale della Chiesa che vedono l’uomo al primo posto.

Anche questo è un processo culturale che stiamo portando avanti. Il nostro tessuto sociale è complesso, difficile, generato da 60 anni di atteggiamenti e tradizioni discutibili. Così come è difficile il processo di crescita economico lo è anche quello dal punto di vista sociale e culturale. Siamo noi per primi, all’interno della nostra associazione a spin-gere affinchè tra i nostri impren-ditori possa esserci un processo di crescita che passa dalla sicu-rezza sul lavoro, al rispetto delle regole e delle leggi con continui seminari e aggiornamenti.

L’emigrazione dei giova-ni nel nostro territorio è una realtà sempre più viva e pre-sente, come Confindustria avete dei progetti su cui pun-tare per evitare questo esodo giovanile?

L’unico progetto possibile è di politica economica da po-tere suggerire al governo della regione, perché se lo Stato fa il proprio dovere, se si creano delle condizioni di contesto tali da favorire lo sviluppo so-ciale e dell’impresa allora si che potremmo dare una speranza ai ragazzi ma fin quando pre-dichiamo bene e razzoliamo male…Confindustria può dire quali sono gli sbocchi sui quali investire ma poi la poli-tica deve fare il suo dovere ed essere attenta ai bisogni del territorio uscendo dagli sche-mi dell’assistenzialismo ed investendo su una program-mazione che crei ricchezza e sviluppo economico reale; fa-cendo un passo indietro dove è necessario farlo e creando le condizioni e le infrastrutture per la crescita socio economi-ca della nostra regione .

Nel nostro territorio qual è la situazione dell’accesso al credito ed il ruolo degli isti-tuti bancari?

La crisi che abbiamo e stia-

mo vi-vendo è una crisi che è nata dal mal-costume e dall’avidità della finanza. La bolla speculativa, la cartolariz-zazione dei crediti hanno creato uno squilibrio che non è stato riassorbito dagli stessi operatori finanziari che lo hanno creato ma lo hanno riversato sull’economia reale, provocando la più grande crisi economica mondiale del dopoguerra. Le battaglie porta-te avanti dall’Associazione sono state fin dall’inizio di vicinanza alle imprese attraverso i consorzi fidi che sono scesi in campo ga-rantendo le scoperture bancarie insieme agli imprenditori e con-testando alcuni atteggiamenti di isituti di credito più interessanti a risanare i propri bi-lanci pieni di titolo tossici, che a vaglia-re con attenzione, coscienza e senza spersonalizzazione del contesto in cui operano le richieste degli imprenditori alle prese con una crisi di liquidità fortissima che ha messo in ginocchio molte aziende. Un

altra battaglia di Confindustria Agrigento è stata quella contro la burocrazia. Perchè la temete più della mafia?

Perchè la burocrazia è mafia bianca, è quella che si trova da-vanti un imprenditore quando gli viene bloccato un procedi-mento amministrativo fermando così investimenti e pianificazioni finanziarie che non possono essere soffocati da mille vincoli spesso obsoleti. Quando si chie-de alla Pubblica Amministra-zione di sottoscrivere protocolli elettronici per essere informati direttamente degli avanzamenti dei progetti presentati viene ri-

sposto che non è una cosa fatti-bile, questo perchè si toglierebbe dalle mani del funzionario un potere enorme. Come è possibile che uno stesso burocrate ricopra 10 incarichi quando tecnica-mente non riesce a provvedere bene neanche ad uno? Perchè tutto deve passare dalle mani di un funzionario e tutto deve es-sere legato al politico di turno. Questa è mafia o no?

Se dovesse chiedere un mi-racolo a san Calogero quale sarebbe?

Rispondo con una provoca-zione: un esodo biblico.

LdP

� L’Amico del Popolo27 Giugno 2010Vita Ecclesiale

Il 18 giugno, la comunità eccle-siale e civile di Cianciana ha

ricordato il 61° anniversario del-l’eroico sacrificio di don Gerlan-do Re (Cianciana 1916/1949).

Nel pomeriggio con l’intro-duzione, da parte dell’emerito arcivescovo di Agrigento mons. Carmelo Ferrraro ha avuto inizio, sul luogo del martirio, la commemorazione. L’arcive-scovo Ferraro, nell’introdurre la Preghiera dei fedeli, ha ricordato che 61 anni fa, in quel luogo «un gesto “sconsiderato” – imprevi-

sto, imprevedibile, improvviso ha suscitato un “gesto d’amore e di salvezza” – tenero, forte e co-raggioso».

Sul luogo dove si è consumata la storia terrena delle quattro vit-time e nella quale il Signore Cro-cifisso “ha continuato a salvare ed a manifestarsi nel ministero sacerdotale”, si è pregato il Si-gnore della Vita per le vittime di quel 18 giugno del 1949: Salva-tore Carubia, Raimondo Lucia, don Gerlando Re e Giuseppe Ciaravella (uccisore e vittima).

Dal luogo del martirio, arcive-scovo e fedeli, in corteo, si sono av-viati verso la Chie-sa Madre. Nella chiesa parrocchia-le, dedicata alla SS. Trinità, il coordi-natore della Pia Associazione, prof. Vincenzo Montal-bano, ha proposto una riflessione sulla funzione teologico-spirituale e giuridico-

ecclesiale delle “canoniz-zazioni” come espressione della santità della Chiesa, stimolo per i fedeli e segno di comunione e di unità tra la Chiesa trionfante e la Chiesa pellegrinante.

Subito dopo, i fedeli hanno partecipato alla concelebrazione Eucari-stica presieduta da mons. Ferraro.

Dopo l’Eucarestia, sa-cerdoti e fedeli, accom-pagnati dal coro parroc-chiale, che ha intonato il solenne Inno “Al martire Gerlando”, si sono portati al sarcofago dove riposano i resti mortali di don Ger-lando, traslati dal cimitero alla Chiesa Madre, in oc-casione del 50° anniversa-rio della morte. Alle ore 22 i giovani del movimen-to “Yeshua” della parroc-chia Matrice, hanno por-tato in scena il musical “Il Risorto” di Daniele Ricci.

Il movimento giovanile (circa quaranta unità) sot-to la regia del giovane don Salvatore Lucio Fiore e dei suoi collaboratori, hanno intrattenuto il numeroso pubblico con un coinvol-gente viaggio musicale nella memoria dell’evento fondamentale della fede

cristiana, ricordato e rivisitato in modo vibrante e commovente.

Nel pomeriggio del 19 giugno si è aperta la 1a fase diocesana verso il processo di canonizza-zione del sacerdote don Ger-lando Re. L’iter ha avuto inizio con la nomina del postulatore da parte dell’attore della causa (Pia Associazione); l’attore, con-vinto della santità, del martirio e dell’efficacia dell’intercessione del candidato presso il Signore ha nominato Postulatore S. E. mons. Vincenzo Bertolone SdP – Vescovo di Cassano all’Jonio – già postulatore per la Causa di Canonizzazione del Beato P. Giacomo Cusmano di Palermo e del Beato P. Francesco Spoto di Raffadali della Congregazio-ne “Boccone del Povero” e delle Cause di beatificazione della Serva di Dio Sr. Vincenzina Cu-smano e del Servo di Dio Fran-cesco Paolo Gravina.

Il Postulatore è stato presen-tato alla comunità dal vicario generale dell’arcidiocesi mons. Melchiorre Vutera. L’arcivescovo di Agrigento mons. Francesco Montenegro, precedentemente, aveva espresso parere favorevole all’iniziativa di nomina del Po-stulatore.

La giornata si è conclusa con l’Eucarestia presieduta da mons. Vincenzo Bertolone, e con la Preghiera per la glorificazione di don Gerlando.

V.M.

cianciana 61° anniversario dell’eroico sacrificio di don Gerlando Re

Don Re: iniziato l’iter per la causa di canonizzazione

iRc La testimonianza di un’insegnante

Grazie ragazzi

PaPua nuova Guinea Intervista a don Taffari

nuovamente Fidei Donum

Vanimo, per raggiungerla occorrono 21 ore di volo. Una volta at-terrati, ci si trova in Oceania, precisamente in Papua Nuova Gui-nea. Questa città è situata nella regione di Momasa ed è capoluogo

di Sepik Ovest una delle 20 provin-ce in cui è suddivisa la Papua. Il suo territorio conta poco meno di 10.000 abitanti e tra questi si trova, per la seconda volta, don Saverio Taffari, presbitero fidei donum del-la nostra arcidiocesi. Già missiona-rio in Tanzania, nella parrocchia di Ismani, nella diocesi di Iringa dal 1972 al 1980, è stato per la prima volta in Papua dal 1997 al 2003 per farvi ritorno nel settembre del 2009. La Chiesa di Vanimo (provincia ec-clesiastica di Madang), che lo conta tra i suoi servitori, è giovanissima,

se consideriamo che venne eretta Prefettura Apostolica il 13 settem-bre 1963 e fu elevata a Diocesi, da papa Paolo VI, il 15 novembre 1966. Vescovo di questa giovane Chiesa è padre Cesare Bonivento, dei missionari del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere).

Ho raggiunto don Saverio per fargli sentire la nostra vicinanza e gratitudine, a 40 anni dalla sua ordinazione sacerdotale, e ne ho approfittato per chiedergli notizie.

Da settembre scorso ha fatto ritorno in Papua, il re-impatto con questo lembo di creazione avrà suscitato nuove emozioni, quali le sue impressioni?

Anzitutto “Grazie” per questa intervista che mi fa sentire la no-stra amata arcidiocesi vicina non solo a me, ma anche alla Chiesa sorella di Vanimo. L’impressione principale è quella di serenità per essere di nuovo laddove sentivo di dover essere.

Quali novità, qualora ci fossero rispetto alla sua preceden-te esperienza, ha potuto registrare nella situazione ecclesiale? Immaginiamo questa realtà ecclesiale missionaria come dina-mica e in continua crescita, ce ne può dare una descrizione?

Ho trovato la Legione di Maria che opera molto bene nel far con-vertire e santificare le tantissime coppie che vivono in concubinato. Ho trovato un bel gruppo di “Giovani Singoli per Cristo”, impegnati a vivere la castità e la carità per prepararsi bene al matrimonio. Ho trovato gruppi di Volontariato Vincenziano e di Donne Cattoliche che ogni giorno procurano il pranzo agli ammalati dell’Ospedale generale di Vanimo. Ho trovato più ragazzi nel Seminario Minore San Giovanni M. Vianney ma anche meno giovani nelle chiese.

Anche a Vanimo avete vissuto l’anno sacerdotale appena con-cluso, questo è coinciso con il 40° della sua ordinazione presbi-terale (29 maggio 1970), quali iniziative sono state approntate?

Nell’Anno Sacerdotale, noi sacerdoti ci siamo incontrati ogni ve-nerdì per un’ora di adorazione; ogni giorno dopo la S. Messa. Ab-biamo avuto anche una settimana di formazione permanente e la conclusione dell’Anno Sacerdotale è venuta a farla, il Nunzio Apo-stolico Arcivescovo Francesco M. Padilla (dei padri filippini). Tutti i gruppi delle Donne Cattoliche hanno organizzato una solenne S. Messa per il mio 40° seguita da un rinfresco e dall’offerta di regali al festeggiato.

Com’è il presbiterio locale? A che punto si è con l’indigeniz-zazione del clero?

Abbiamo un solo sacerdote diocesano, frutto del nostro Semina-rio Maggiore San Carlo Borromeo; tutti gli altri siamo preti e reli-giosi stranieri eccetto il rettore del seminario maggiore che è papua-no. Tutti bravi sacerdoti che collaborano con zelo ed entusiasmo il vescovo P. Cesare. Ci sono molte difficoltà per avere preti indigeni. In 10 anni di vita del Seminario maggiore e 15 del minore, abbiamo avuto solo un prete indigeno. Secondo me la causa è alla radice: le famiglie iniziano il loro cammino con il concubinato e così fanno i loro figli e nipoti; i seminaristi vengono da tali famiglie. Da parte mia – in linea con le direttive del P. Vescovo - sto puntando sugli adolescenti ed i giovani, scrivendo dei libretti di poche pagine a for-ma di lettera per loro, per far scoprire la dolce Signoria di Gesù nel-la loro vita e nella vita delle famiglie che dovranno formare. Anche per debellare quella falsa dottrina da loro ricevuta. I gruppi delle Donne Cattoliche (di cui sono assistente) sono impegnate nella dif-fusione di questi libretti consegnandoli a mano ai genitori perché li leggano ai e con i loro figli. Ma ho chiesto alle Donne di fare a tale scopo un’ora di adorazione settimanale nelle parrocchie e villaggi.

Come è strutturata la sua giornata di missionario “fidei do-num”? Quali gli incarichi pastorali ricoperti attualmente?

Come quella di tutti gli altri. Mi alzo alle 5,30. Alle 6 sono in chie-sa per le Lodi e la S. Messa con le due comunità di suore che abita-no nel territorio del Centro Pastorale Diocesano. Dopo la colazione inizio il lavoro di studio o di lezioni (condivise con le suore) se c’è in atto un corso di formazione e di aggiornamento per i ministeri laicali. Oppure, insegno Liturgia e Mariologia nel seminario mag-giore. Alle 11,30 mi connetto con Internet per la posta elettronica usando un modem esterno simile a un USB, perché dove sono io manca la linea telefonica. Nel pomeriggio, dopo pranzo e penni-chella, faccio un’ora di preghiera in chiesa, anche per completare le ore del breviario. Poi studio e leggo qualche giornale ritardato. In alcuni pomeriggi mi dedico alla direzione spirituale di alcuni semi-naristi maggiori o ad ascoltare le confessioni dei seminaristi minori o le richieste di consiglio spirituale-pastorale dei corsisti. Cena alle 18,30. Alle 19,00 la recita del Rosario e la lettura spirituale. Quan-do i parroci della costa hanno bisogno mi chiamano la domenica e nelle solennità per la celebrazione di una o due Messe. Nelle solen-nità e grandi incontri faccio da cerimoniere.

Mi fermo con le domande, nell’attesa di contattare nuovamente don Saverio e la Chiesa di Vanimo. Questo vuole essere un modo, uno fra i tanti beninteso, perché la comunione tra fratelli e sorelle e fra le Chiese sia non solo effettiva ma anche affettiva.

Alfonso Cacciatore

licata Chiesa Sant’Angelo

elevata a santuarioIn occasione della festa di

Sant’Angelo, patrono di Licata, celebratasi lo scorso 5 maggio la chiesa patronale è stata elevata a santuario diocesano dall’Arcive-scovo di Agrigento, mons. Fran-cesco Montenegro.

Con il titolo di santuario è sta-to confermato e ratificato quanto per voce di popolo veniva defini-ta la chiesa di Sant’Angelo, visto che sia i Carmelitani nei tempi che erano a Licata e sia i vari fe-deli lo chiamavano tale, mentre già il precedente Arcivescovo di Agrigento mons. Carmelo Ferra-ro aveva in mente di ufficializzare questo titolo. Purtroppo si dovet-tero aspettare alcuni anni, poichè la chiesa rimase chiusa per diversi anni.

Con l’elevazione a santuario si è data conferma al continuo flusso di pellegrinaggi che, sin da quan-do si è fatta pubblica venerazione delle reliquie del santo martire, si sono registrati in chiesa, e per i fatti miracolosi che avvenivano invocando e pregando il patrono di Licata.

Attraverso la concessione del titolo di Santuario si deve adesso

con maggiore impegno sollecitare il culto di Sant’Angelo e promuo-vere le opere tipiche di un santua-rio, ossia essere un punto di rife-rimento per il culto, per le opere di carità, un centro di spiritualità, per garantire sempre accoglienza ai fedeli e ai pellegrini, disponi-bilità per la riconciliazione, la solennità e la dignità delle varie celebrazioni e per la cultura.

Il santuario diventa così luo-go e punto di riferimento di una comunità che prega, invoca e mantiene vivo il culto al suo santo patrono, nella fede e nella devo-zione da portare sempre avanti e nel trasmetterla anche alle nuove generazioni.

Pierangelo Timoneri

Il programma è sempli-ce: dopo gli arrivi si vivrà un momento di preghiera in chiesa Madre (intorno alle 10); poi si visiteran-no alcuni dei tanti mo-numenti della città ed, infine, si celebrerà l’Eu-carestia durante la quale il presbiterio consegnerà al Vescovo il documento frutto del lavoro corale degli ultimi mesi. Il pran-zo concluderà la giornata.

Probabilmente nes-suno pensava a questo ‘piccolo’ frutto dell’anno sacerdotale; lentamente si è mosso dal basso, è cresciuto con la pioggia delle parole di tanti con-fratelli e con il soffio del-

lo Spirito che, a volte, si muove in modo inatteso. A noi, ai tanti sacerdoti e diaconi di questa Chiesa, la capacità di raccogliere questo frutto che è no-stro perché ognuno ha dato il suo contributo ma che ci supera perché non è difficile leggervi dentro un frammento di divina volontà e di collocarlo ge-nerosamente sulla mensa dell’uomo di questo tem-po e delle nostre comu-nità. Non sappiamo dove tutto questo ci porterà ma, anche qui, è impor-tante il “come” ognuno deciderà di arrivare alla meta.

Baldo Reina

Continua dalla prima

A conclusione dell’anno scolastico mi è sembrato doveroso ringraziare i ragazzi dell’I.T.G e dell’I.P.I.A. di Licata, per l’at-tiva partecipazione mostrata durante il percorso fatto insieme nell’ora di religio-ne. Utilizzando le vostre parole, voglio ripercorrere i momenti di maggiore va-lore formativo che hanno caratterizzato il nostro tragitto e approfittare allo stes-so tempo per porgervi il mio più intimo “grazie” in merito all’importante ruolo di protagonisti che avete avuto nel mio ac-crescimento professionale.

Questo insegnamento mi ha permesso di riflettere sul comportamento che ho con la mia famiglia; di capire che essere un buon cristiano significa avere rispet-to per tutti. (V. Cavaleri); la possibilità di dibattere su temi gravosi quali la fame nel mondo, la violenza sulle donne, la

legalità e la libertà, sul giusto modo di confrontarci con tali problematiche, ha rappresentato l’occasione per libe-rare la nostra coscienza di giovani cattolici. (A. Lo Brutto); La mancanza di fiducia sull’istituzione della chiesa, la cui credibilità è oscurata dalle infamie della cronaca, è stata smentita proprio dall’insegnamento ricevuto nell’ora di religione, che ha soddisfatto i miei interrogativi, confer-mando che dietro la cattiva apparenza di alcuni c’è l’amo-re e la dedizione di molti. (G. Petrucci ).

Queste sono alcune parole con cui avete reso giustizia ad un tema ultimamente molto dibattuto, quello dell’ora di religione nella scuola, ma ancora di più con la vostra sincerità avete restituito onore a noi tutti insegnanti di religione che giornalmente, con devozione, dedichiamo a voi e a noi stessi, l’impegno per edificare le basi di una società umana migliore. Grazie a tutti i miei ragazzi.

Lorella Nobile

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Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo27 Giugno 2010

a cura di Gino FaragoneXIII Domenica del Tempo Ordinario

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«Sei Tu,

Signore,

l’unico bene»

la Parola

Il brano del vangelo odierno (Lc 9,51-62) inizia con un’espressione che segna una svolta decisiva nel progetto reda-zionale del terzo vangelo: “Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”. Un cammino de-scritto nell’arco di ben 10 capitoli che non intende solo rappresentare un sem-plice trasferimento spaziale, ma propor-re un itinerario teologico e spirituale. Egli lascia la regione della Galilea e si av-via verso Gerusalemme attraversando la regione della Samaria. In realtà il cam-mino andrà oltre Gerusalemme, perché avrà come sua meta finale l’ascensione, il ritorno al Padre. L’itineranza è la for-ma più volte sottolineata da Luca per esprimere uno stile di annuncio evan-gelico a cui devono richiamarsi anche i futuri discepoli. L’evangelista ricorre ad immagini del Primo Testamento per descrivere la decisione ferma e risoluta di Gesù. Egli, come già avevano fatto gli

antichi profeti Isaia, Geremia, Ezechie-le, di fronte alle difficoltà della missione, affronta con estrema decisione la via dell’obbedienza per compiere fino in fondo la volontà del Padre.

Ai discepoli è affidato l’incarico di preparare l’accoglienza. Ma i Samaritani non lo vogliono ricevere. All’inizio del suo ministero, Gesù era stato respinto dai suoi compaesani, ora è rifiutato dai Samaritani, preludio dell’esito tragico del viaggio. I due discepoli, Giacomo e Giovanni, quelli che erano alla ricerca dei primi posti, non sono nella con-dizione di comprendere il mistero del Messia rifiutato. Vorrebbero mostrare il loro zelo e la loro adesione a Gesù, come nel passato aveva fatto il profeta Elia, invocando un castigo esemplare dal cielo: “Vuoi che diciamo che scen-da dal cielo un fuoco e li consumi?”. Vorrebbero usare il potere di Dio per il proprio vantaggio, strumentalizzare il

fuoco del giudizio per la difesa dei pro-pri interessi. Gesù non condivide que-sto atteggiamento dei discepoli e li rim-provera. La logica del vangelo è l’amore, il perdono e non il castigo. Gesù non porta il fuoco per distruggere i nemici, ma il fuoco dell’amore che perdona. Il vangelo dimostrerà sempre il suo valore non ricorrendo a strumenti di potere. Diversamente innalzeremo roghi per bruciare quanti non accolgono lo Spi-rito del Cristo. Faremmo bene a tene-re presente questo episodio ed evitare di esigere leggi speciali per l’annuncio del vangelo. La sua vera forza consiste nell’impotenza che mostra Colui che si consegna alla morte solo per amore. Dobbiamo convertirci dal fuoco d’Elia, imparare che a noi è affidato il compito dell’annuncio della misericordia del Si-gnore. Il rifiuto non blocca Colui che si fa “Samaritano” e va in un altro villaggio per incontrare i Samaritani, gli esclusi,

gli ultimi per annunciare l’anno di mi-sericordia del Signore. Sorprendente-mente Giovanni assieme a Pietro ritor-nerà in Samaria per invocare sugli stessi Samaritani il fuoco dello Spirito di Dio, quello che il Padre con gioia concede e che i discepoli devono chiedere anche per i nemici (Cfr At 8,15-17).

Nella seconda parte del brano, si par-la della sequela di Gesù. Per essere suoi discepoli, occorre una scelta radicale e coraggiosa, un “sì” assoluto e totale. Si deve essere disposti a rinunciare ad ogni possesso, a liberarsi dai legami umani, essere totalmente liberi, a tagliare net-to con il passato senza ripensamenti e lentezze e affrontare il rischio della novità evangelica. Non si è chiamati a dare un consenso a delle dottrine, ma ad accettare una persona e seguirlo nel cammino verso Gerusalemme per dare con lui la nostra vita per la salvezza del-l’umanità.

I ragazzi dell’Oratorio

trapani� Migramed Forum

Le Caritas del sud a confronto

Ex allievi salesianiGli Exallievi don Bosco, guidati dal presidente dell’Unione, Mario Li Causi e dal salesiano don Angelo Calabrò, dele-gato dell’Unione, hanno celebrato la chiusura dell’anno sociale con una giornata di spiritualità intensamente vissuta tra Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto.A differenza degli anni precedenti, quest’anno gli Exallievi don Bosco hanno voluto condividere la gioia dello stare insieme come famiglia salesiana nell’amore per don Bosco con le Suore Salesiane e le Exallieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Presso il Santuario di Tindari, dedicato alla Madonna Nera, posto su un promontorio, a stra-piombo sul mare, il gruppo agrigentino ha partecipato alla Celebrazione Eucaristica presieduta dal salesiano don Gianni Mazzali, nuovo Ispettore dei Salesiani di Sicilia e concelebrata da don Angelo Calabrò.

Chiesa Madre di SciaccaSi è concluso mercoledì, una tre-giorni che la Parrocchia Matrice ha dedicato alla preparazione del Grest 2010. Ottanta giovani si sono incontrati dal mattino al tardo pomeriggio presso l’Oasi San Barnaba in Via Marco Polo, per trattare temi di formazione spirituale e pedagogica e definire laboratori, bans, giochi e iniziative varie. Il Grest vero e proprio, destinato ai bambini e ragazzi dai sette ai tredici anni, sarà inaugurato domenica 27 giugno in Piazza Duomo, per proseguire fino all’11 luglio nella Scuola S. Agostino del secondo circolo didattico.

In D

ioce

si

agesCi� Zona Concordia

seminario di studicon i�nvitalia

Auto impiego, lavoro autonomo, micro impresa, franchising e piano d’impresa sono state le tematiche trattate durante il se-minario organizzato dalla Zona Concordia dell’A.G.E.S.C.I. in collaborazione con Invitalia (Agenzia Nazionale per l’Attrazio-ne degli Investimenti e lo Sviluppo d’ Impresa SpA) svoltosi ad Agrigento.

Il relatore Massimo Calzoni, esponente della sede nazionale di Invitalia, nella sua relazione, ha approfondito il contenuto del Decreto Legislativo 185/2000 - Autoimpiego, cui obiettivi sono quelli di favorire l’inserimento nel mondo del lavoro di soggetti privi di occupazione, qualificare il profilo di competenze profes-sionali dei soggetti beneficiari e diffondere e promuovere la cul-tura d’impresa, attraverso il sostegno finanziario statale e servizi di accompagnamento di natura tecnica e gestionale alle nuove realtà d’impresa giovanile.

Questo importante strumento legislativo ha fatto finora regi-strare oltre 285 mila domande per la creazione di nuove imprese e ha creato occupazione per oltre 150 mila posti di lavoro (nuovi imprenditori); il 90% delle iniziative finanziate risulta localizzato nel Mezzogiorno e il 50% è rappresentato da imprenditoria fem-minile.

Il seminario si inserisce nel percorso intrapreso dall’AGESCI Zona Concordia volto ad affrontare i nodi problematici e le sfi-de del mondo del lavoro per quanto riguarda la disoccupazione giovanile.

Questo impegno dell’AGESCI Zona Concordia per diffondere una nuova concezione del lavoro tramite la filiera della forma-zione è in piena sinergia con le linee guida del Progetto Policoro, al quale la stessa AGESCI ed Invitalia aderiscono, che è il proget-to organico con il quale la Chiesa Italiana tenta di dare una ri-sposta concreta al problema della disoccupazione nel Sud Italia.

Al seminario di sabato dell’AGESCI/Invitalia era presente an-che l’Animatore di Comunità del Progetto Policoro per la Dioce-si di Agrigento Calogero Lugo.

C.S.

Uomini e donne in fuga dall’Africa sub-sahariana che mostrano sui tele-

fonini, a riprova delle loro sofferenze, foto degli amici morti durante le traversate nel deserto, costretti ad abbandonarli lì, senza sepoltura. Donne che raccontano storie di abusi, di gravidanze difficili da accettare perché frutto di violenze da parte delle forze dell’ordine o all’interno della propria comu-nità. Migranti africani, iracheni o armeni, che trovano, anche nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, scarsi o inesistenti diritti dovuti alla situazione di irregolarità, e un diffuso inasprimento delle leggi nei loro confronti.

È il quadro che emerge ascoltando le testi-monianze degli operatori delle Caritas della sponda Sud del Mediterraneo (Turchia, Libia, Tunisia, Algeria, Malta, Marocco, Libano), intervenuti al “Migramed Forum”, tenutosi dal 16 al 18 giugno a Valderice (Trapani), per iniziativa di Caritas italiana e della delegazione regionale delle Caritas della Sicilia. Insieme a Caritas Internatio-nalis e Caritas Europa hanno anche lanciato un appello perché “lo spazio mediterraneo sia luogo d’incontro, per la promozione di pratiche di dialogo e di scambio tra i popoli, strumento di arricchimento reciproco sui versanti culturale e spirituale, oltre che eco-nomico e sociale” e ribadito l’impegno a tu-tela dei cittadini migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta, anche in vista della Giornata mondiale del rifugiato che è celebrata il 20 giugno.

Le Caritas, ispirate dall’enciclica Caritas in veritate si sono impegnate, in particolare, a “monitorare l’andamento dei flussi migrato-ri nell’area del Mediterraneo relativamente a cittadini immigrati, richiedenti asilo, rifu-giati e vittime della tratta; scambiarsi infor-mazioni circa la loro situazione nei singoli Paesi; promuovere momenti di confronto

con le istituzioni loca-li, nazionali e interna-zionali per rafforzare, nell’interesse di tutti, la collaborazione sul fronte della mobilità umana; promuovere azioni congiunte per sensibilizzare la società civile sui temi delle mi-grazioni e i fenomeni connessi; contribuire a promuovere una cul-tura del rispetto e della tutela dei diritti umani, con particolare riferi-mento ai migranti, richiedenti asilo, rifugiati e vittime della tratta”.

Padre Alan Arcebeche, direttore di Ca-ritas Libia, racconta di aver assistito 7.500 migranti in ambito sanitario, dando acco-glienza e altre forme di aiuto nella chiesa S.Francesco di Tripoli. Ottengono, inoltre, dalle autorità, permessi speciali per orga-nizzare preghiere cristiane in 8 carceri libi-che, coinvolgendo gruppi di circa 250 per-sone. Inoltre, prosegue, hanno potuto dare sepoltura cristiana a 35 migranti, cosa non facile “perché a Tripoli non ci sono cimiteri cristiani. Dobbiamo andare in un villaggio a 350 km: grazie alla comunità italiana è di nuovo utilizzabile il cimitero”. Padre Arce-beche cita alcuni dati: “Più di 60 barconi, con una media di 25/30 persone che paga-no dai 600 ai 1.200 dollari a testa, sono par-titi dal febbraio 2008 da Zuwarah, Tripoli e Bengasi”.

Situazione “molto rischiosa” anche in Al-geria, dove è stata approvata di recente “una legge che prevede l’arresto fino a 6 mesi per i migranti senza documenti e per chi li aiuta ad entrare o uscire dal Paese, algerini com-presi”, spiega padre Cesare Baldi, direttore di

Caritas Algeria. Si prefigura per gli operato-ri, “il rischio di un reato di solidarietà”, men-tre “parecchie migliaia di migranti dal Mali e dal Niger vengono intercettati e respinti”. Anche in Turchia è quasi impossibile avere il riconoscimento dello status di rifugiato ma vi sono più di 20.000 profughi irregolari, tra cui 10.000 iracheni e moltissimi armeni.

In Marocco, invece, diventato negli ul-timi anni anche Paese di immigrazione, “i migranti vengono tollerati”, precisa Pieter Van Aken, di Caritas Marocco, anche se il governo “non è in grado di dare lo status di rifugiato. I migranti non hanno la carta di residenza, né l’accesso ai servizi sociali e sa-nitari”. In Tunisia, aggiunge Namil Baek, di Caritas Tunisia, “le autorità sono molto più pazienti, anche se per gli irregolari è difficile trovare lavoro o anche solo prendere la pa-tente. Noi assistiamo soprattutto gli ex stu-denti africani, che hanno finito i soldi delle borse di studio e diventano irregolari, e le famiglie algerine povere”.

Tutti gli operatori hanno sottolineano la necessità di dare priorità all’assistenza alle donne, la maggior parte vittima di abusi e violenze sessuali, e ai bambini.

a cura di Patrizia Caiffa

Centro di�oCesano mi�ssi�onari�o San Leone

Concluso il ciclo “abbracciamo il mondo”Domenica 20 giugno, si è

svolto a San Leone, il Meeting Missionario di Fraternità, or-ganizzato dal Centro Missio-nario Diocesano a conclusione del programma di formazione e animazione missionaria “Ab-bracciamo il mondo”.

La giornata è stata “animata” dal prof. Agostino Rigon, diret-tore della scuola di animazione missionaria della diocesi di Pa-dova ed autore del libro edito dalla EMI – Abbracciamo il mondo.

In mattinata il prof. Rigon ha trattato due temi molto at-tesi: in un’Italia mutata quale animazione missionaria oggi e l’identikit dell’animatore mis-sionario. Subito dopo è stato

proiettato un breve filmato tratto dall’omonimo libro dal titolo “Il piantatore di Alberi”. Grande è stata l’emozione e l’interesse che ha destato nei partecipanti la storia vera da cui è tratto il filmato.

Anche la pausa pranzo è sta-to un momento molto sugge-stivo in quanto le realtà missio-narie presenti - la Delegazione di Ismani, gli Amici del Sorriso che operano in una missione indiana, la Famiglia Com-boniana, le Pontificie Opere Missionarie, il Movimento Giovanile Missionario - hanno preparato piatti tipici di tutti e cinque i continenti. Oltre ad allestire, all’interno dell’audiu-torum della Chiesa all’aperto di

San Leone, una ricca mostra missionaria.

Alla giornata hanno preso parte un cen-tinaio di ope-ratori pastorali provenienti da tutta la diocesi che, nelle pro-prie comunità di appartenen-za, si spendono per permeare tutta l’azione pastorale di un respiro missionario.

Prima della S. Messa con-clusiva della giornata, celebrata insieme alla comunità parroc-chiale di San Leone e presie-duta dal parroco don Baldo

Reina, don Luigi Mazzocchio, direttore del Centro Missiona-rio Diocesano, ha sollecitato tutti i partecipanti a istituire nelle proprie comunità, il SAM – Servizio di Animazione Mis-sionaria.

Giovanni Russo

� L’Amico del Popolo27 Giugno 2010Attualità

Nel Parlamento italiano si sta aprendo la strada una proposta di legge bipartisan che punta a rendere obbligatorio per i nuo-vi papà un congedo dal lavoro di quattro giorni, mantenendo la stessa retribuzione.

Sicuramente chiedere agli uomini di rimanere quattro giorni a casa ad aiutare le loro compagne durante il momento iniziale della maternità è una goccia nel mare della redistri-buzione dei carichi di cura tra i generi, che nel nostro Paese sono ancora gestiti in maniera costante e continuativa dalle donne, come dimostrano si-stematicamente le rilevazioni Istat sulla distribuzione dei tempi di vita.

Allo stesso tempo, attra-verso questa piccola goccia, si potrebbe lanciare un segnale importante che aiuti a mettere in luce in primo luogo l’impor-tanza non solo del sostegno af-fettivo ed emotivo maschile nei confronti della sua partner in un momento delicato della sua vita, ma anche la possibilità di prendersi carico di compiti do-mestici che altrimenti proprio in quei primi giorni ricadreb-bero sulla mamma. In secondo luogo quattro giorni di “pater-nità” getterebbero un granel-lo di sabbia nel meccanismo

culturale che vede nell’uomo il “vero” lavoratore in famiglia. Uno stereotipo del mondo del lavoro che finisce per impri-gionare anche i ruoli maschi-li, come si verifica quando un uomo oggi chiede il congedo parentale, rinunciando al 70% della sua retribuzione, per ri-manere a casa per un massimo di 5 mesi nei primi tre anni del figlio. Quel lavoratore che vuole essere anche un padre corresponsabile degli impe-gni familiari è visto come un assenteista che si gode un pe-riodo di vacanza in più. Que-sto meccanismo, di cui quello appena descritto è soltanto un piccolo effetto, finisce poi per schiacciare la divisione dei compiti all’interno della fami-glia, dove diventa automatico che siano le donne a sacrificare la loro carriera professionale.

Quattro giorni, allora, non cambieranno molto i carichi familiari, né permetteranno di ripartire in modo più equo le possibilità nel mercato del la-voro.

Saranno, però, uno spiraglio se apriranno la strada a una politica più ampia di conci-liazione tra famiglia e lavoro, nella quale i due ambiti per-sonali non siano considerati in competizione l’uno con l’altro.

In futuro, per favorire la geni-torialità, sarebbe opportuno favorire proposte che innal-zino il contributo economico dei congedi parentali, in modo da promuovere un maggior impegno dei padri nella cura dei figli. Quest’iniziativa in Italia potrebbe risultare estre-mamente efficace in quanto risponderebbe a più esigenze: in primo luogo la sua fruizio-ne sarebbe economicamente meno gravosa per le famiglie, perché i padri, richiedendo il congedo, rinuncerebbero a una parte inferiore di reddito rispetto a quanto rinuncia-no ora. Di conseguenza, e in

secondo luogo, l’aumento sa-rebbe, indirettamente, un in-coraggiamento a usufruire di questa possibilità per i padri, che percepiscono in Italia un reddito da lavoro maggiore ri-spetto alle loro mogli.

Occuparsi di politiche per la genitorialità non interessa so-lamente la questione delle pari opportunità. Misurandosi con le esigenze dei nuclei familiari il lavoro farebbe alcuni passi verso la strada della sua uma-nizzazione, perché dovrebbe essere capace di rispettare i tempi della vita ed i ritmi quo-tidiani delle persone.

Andrea Casavecchia

diario multimedi@le«Giovani: quale futuro oltre tunnel e viadotti?»

Caro diario,giorni fa un ragazzo, sul viadotto Akragas, meglio

conosciuto come viadotto Morandi, ormai funerea “location” di tragedie del genere, ha lasciato la sua “mountain bike”, il suo zainetto, la sua vita; ed anche una lettera di impressionante sensibilità e lucidità, che, pur provando indicibile sdegno nel vederla sbat-tuta fra le pagine di alcuni siti a caccia di “scoop” e senza rendersi conto (o, peggio, fregandosene), pub-blicandola come se niente fosse, del reale pericolo di un “effetto emulazione” fra quei lettori, giovani e non, emotivamente più a rischio, ho comunque archiviato fra i miei documenti privati come contrassegno d’un enorme disagio per lui divenuto, ahimé, del tutto in-sostenibile.

Una tragedia come tante e troppe altre, che fa ri-flettere e chiedere “perché?”, ma, purtroppo, soltanto “dopo”.

Per caso, nei giorni precedenti, e sempre riguardo al disagio dei giovani, avevo ripreso, come in altre puntate di questa rubrica, la pagina curata dal grande filosofo Umberto Galimberti su “D – La Repubblica delle Donne”, che qui riassumo poiché molti temi li ho ritrovati poi, purtroppo, in quella lettera sconvol-gente. “Ho 33 anni, mamma di una bimba di quasi due. Ma la mia preoccupazione oggi è per i giovani. Una categoria tenuta ‘fuori dai giochi’, una risorsa preziosa della società lasciata senza voce, ignorata da una generazione adulta egoista e autoreferenziale come la nostra attuale. I giovani oggi sono catalogati sotto inutili quanto insensate categorie (Generazione MTV, Y, Next), inscatolati in luoghi comuni e cliché vuoti, presi in giro e sbeffeggiati con epiteti come il ‘bamboccione’ di ministeriale memoria. L’unico valore reale che gli è riconosciuto è quello di esse-re una precisa entità da sfruttare per il mercato, un appetibile target economico. Una società che non ama i suoi giovani è una società che non ama il fu-turo. Che senso ha vivere in una società dominata da logiche aziendali del tipo ‘siamo tutti utili e nessuno indispensabile’? Una spietata logica utilitaristica in-forma ogni aspetto della nostra esistenza. L’avidità, la legge economica di mercato sembrano oggi le uni-che forze capaci di muovere il mondo. Io mi chiedo: davvero dobbiamo sottostare a tutto questo? Dove sta scritto? Perché? Siamo davvero i nuovi schiavi dell’era contemporanea? In una condizione di acce-camento morale e politico come quella attuale vale ancora l’antico mito della caverna del caro Platone a descrivere il nostro stato: quello di ignari spettatori (e oggi mai metafora potrebbe essere più calzante di fronte allo sconfinato potere ipnotico e distorsivo del mezzo televisivo) che guardano ombre scorrere sulla parete scambiandole per la Verità/Realtà. Un nodo mi attanaglia la gola quando guardo gli occhi di mia figlia e mi chiedo che futuro le stiamo consegnando”. Risposta di Galimberti: “(…) Lei mette giustamente in correlazione l’egemonia della legge economica del mercato con la sottrazione del futuro ai giovani… La loro sfiducia, la loro vita più notturna che diur-na, l’alcol e la droga, assunti più per anestetizzarsi che per divertirsi, sono sintomi di una crisi non tan-to ‘esistenziale’ quanto ‘culturale’, da riferirsi al fatto che la nostra cultura conosce come unico generato-re simbolico di tutti i valori esclusivamente il dena-ro, da conseguire con ogni mezzo, ivi compreso lo sfruttamento del lavoro dei giovani, che non hanno alcun potere contrattuale se non quello del ‘prendere o lasciare’. ‘L’uomo va trattato sempre come un fine e mai come un mezzo’, diceva Kant nel formulare il principio fondamentale della sua morale. Ma chi non è ‘mezzo di profitto’, sia che si tratti dell’immigrato o di uno qualunque di noi che lavora in una fabbrica o in un ufficio a qualsiasi condizione gli venga imposta, non ha diritto di cittadinanza... Oggi i giovani vivo-no erodendo la ricchezza dei padri, ma non avranno ricchezza da far erodere ai loro figli, che saranno la prima generazione veramente senza futuro”.

Nuccio Mula

Chiuso il 23 Giugno ore 12.00

Diritto o abuso?IntercettazIonI tra diritto di cronaca e tutela della privacy

“Il mistero del processo”. È un piccolo ma interessante libello di Salvatore Satta (uno dei nostri padri giuristi), da cui cito: “Ma il proces-so? Ha il processo uno scopo? Non si dica, per carità, che lo scopo è l’attuazione della legge, o la difesa del diritto soggettivo, o la punizione

del reo, e nemmeno la giustizia o la ricerca della verità: se ciò fosse vero sarebbe assolu-tamente incomprensibile la sentenza ingiusta, e la stessa forza del giudicato, che copre, assai più che la terra, gli errori dei giudici”.

Parole certo sconfortanti, e alle quali si po-trebbe ribattere che compito del processo è quanto meno il tentativo della ricerca della verità. Esse mettono ben in evidenza, tuttavia, un fatto vero, ossia che la giustizia umana (di cui è capace l’uomo) è la giustizia processuale, quella risultante dal processo e dalle forme e regole in cui esso si sostanzia.

Ora, se già è difficile rendere (e ricevere) una

giustizia, la più giusta possibile, con gli stru-menti umani che abbiamo, si immagini quale abisso di ingiustizia celi il fatto di prescindere addirittura dalle regole del processo e di sen-tenziare senza e prima di esso.

La nostra società pare si sia abituata a questa preventiva condanna mediatica (la cosiddetta gogna) legittimata di so-lito con il diritto di essere informati.Non è un caso che nel dibattito sor-to intorno al disegno di legge gover-nativo sulle intercettazioni (attual-mente all’esame della Commissione della Camera), volto a limitarne l’uso e l’abuso, si mettano in contrapposi-zione e si cerchi il bilanciamento tra l’art. 15 e l’art. 21 della Costituzione, ossia tra il diritto alla privacy e quel-lo alla libertà di informazione e di stampa.

In realtà, si ritiene che la questione sia ancora più importante e riguardi non solo la tutela della riservatezza delle persone, quanto il principio di presunzione di innocenza sancito nell’art. 27 della Costituzione: “L’im-putato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”.

Ora, il meccanismo delle intercet-tazioni (che sono un mezzo di prova “aperto”, ossia non circoscritto al fat-to specifico, coinvolgendo altre per-sone, oltre l’indagato, ed episodi di vita personale e comunque non ri-guardanti l’indagine), unite alla loro diffusione mass-mediatica incon-trollata e incontrollabile (nonostante le regole ed i divieti che già ci sono), porta al risultato contrario all’ordi-namento di una sentenza già scritta per colui che finisce intercettato sui

giornali. Alla fine, non si riesce più a distingue-re cosa sia pubblicato come dato certo oppure ancora da appurare, cosa sia reato oppure no-tizia piccante, chi sia effettivamente coinvolto nell’“affaire” o chi vi compaia solo perché in-tercettato insieme al responsabile; non si rie-sce più a distinguere cosa sia estratto da una intercettazione, o da una dichiarazione resa in giudizio, oppure cosa sia da riferirsi alla rico-struzione del giornalista o da ciò che si sente dire in giro, magari dai soliti ben informati.

Negare ciò significa, credo, negare buona parte dell’ultima storia politica del Paese.

Dall’altra parte, si evidenzia che il problema

non si risolve limitando le intercettazioni, es-sendovi già il Codice che prevede una serie di garanzie a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni e delle pubblicazioni; inoltre il rimedio potrebbe rendere più difficile l’accer-tamento dei reati.

Sotto il primo aspetto, però, pare eviden-te che le garanzie esistenti non funzionano, e non penso ci si possa affidare all’autodisciplina dei giornalisti, come proposto da De Bortoli nella sua risposta ad Ostellino (“Corriere della Sera” del 23 maggio). Sotto il secondo aspet-to, occorrerebbe ben bilanciare i due interessi (esigenza di verità e presunzione di innocenza) tenendo conto che non tutti i mezzi istruttori appaiono sempre e comunque anche leciti.

Non so se l’attuale disegno di legge sulle intercettazione costituisca il miglior bilancia-mento possibile tra i diversi interessi coinvolti (a parte il fatto che deve ancora essere valutato nella sua stesura definitiva ed è già stato ogget-to di modifiche significative, come permettere l’estratto per riassunto delle intercettazioni, o allungare il periodo di assunzione). Mi pare però che la proposta cerchi di far fronte e di superare un problema vero ed esistente.

Ho letto (“La Stampa” del 17 giugno) che si vorrebbe approvare la legge ad uso e consumo della cricca, per coprire le proprie malefatte. Ecco un altro esempio di condanna a prescin-dere. L’intercettato è già colpevole e la limita-zione delle intercettazioni serve a fargli fare ciò che vuole in modo indisturbato.

Certo, l’attuale classe politica non sta facen-do molto per impedire che la si pensi così. Ma ritengo che debbano sempre prevalere le con-quiste democratiche dello Stato di diritto, se-condo il quale i processi si fanno solo in Tribu-nale e il diritto di cronaca non può coincidere con il suo abuso.

Stefano Spinelligiurista

Quattro giorni per i papà?famIglIa e lavoro Un’iniziativa che risponde a più esigenze