L'Amico del popolo

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N. 2 del 18 Gennaio 2009 Esce il Venerdì - Euro 1,00 Anno 54 C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento 6 La seconda tappa dell’anno dell’ascolto Pennelli a mare: lontana la soluzione 2 di LdP TV e temi etici: informazione a confronto 5 4 Terme di Sciacca: realtà stagnante di Filippo Cardinale di Marco Doldi di Valerio Landri VITA ECCLESIALE SOCIETÁ PROVINCIA CITTA’ Insieme si può! Il tema dell’unità al centro del tradizionale incontro e del discorso del Papa agli ammi- nistratori della regione Lazio, tenutosi il 12 gennaio u.s. mi offre lo spunto per questo edi- toriale. Unità da intendere in due convergenti piani: quello del- l’unità di intenti per fronteggia- re e risolvere la crisi e dell’unità di ispirazione tra principi, va- lori, identità e concrete misure e scelte di politiche pubbliche. Non sta forse qui la chiave per ritrovare uno slancio ade- guato ai tanti problemi che si affollano anche nella nostra realtà territoriale? Il Papa è esplicito nel richia- mare questa duplice nota di unità e merita di richiamare integralmente il suo passaggio: “concorde deve essere la volon- tà di reagire, superando le di- visioni e concertando strategie che, se da una parte affrontano le emergenze di oggi, dall’altra mirano a disegnare un organico progetto strategico per gli anni futuri, ispirato a quei principi e valori, che fanno parte del pa- trimonio ideale dell’Italia”. Unità, tra cittadini e ammi- nistratori, tra amministratori e rappresentanti eletti democra- ticamente a Palermo e Roma. Unità per quale intento? Per il bene di tutti e non di porzioni sparute. Si può, anzi si deve, si deve se si vuole sbrogliare la matassa, costruire sinergie positive tra tutte le istituzioni per offrire risposte alle crescenti necessità della gente. E il da fare c’è, ed è molto. L’elenco lo conosciamo a me- moria perchè lo scioriniamo ad ogni occasione, per ogni conve- gno, in ogni intervista… è im- mutato da 40 anni. Il tempo della crisi – conti- nua Benedetto XVI - è proprio quello dell’investimento sul fu- turo. Ma proprio per questo è anche quello del cambiamento, in particolare dei modelli di successo e di riuscita sociale, delle “impostazioni di vita”, dice il Papa, richiamando a ridurre individualismo e difesa di interessi di parte, guardando invece ai più deboli, formando al rispetto delle norme, all’as- sunzione ciascuno delle proprie responsabilità. E’ un percorso arduo, cui però si può guardare, come fa il Papa, con misurata fiducia: è il percorso di una nuova unità di intenti, tra i diversi soggetti e tra il piano delle politiche e quello dei valori, che può rap- presentare oggi per tutti una prima, concreta indicazione di rotta. Carmelo Petrone La prematura fioritura dei mandorli, che annuncia nella Valle dei Templi il ritorno del- la primavera, è l’unica certezza che contrassegna ogni anno la Sagra del Mandorlo in Fiore. É la natura che si presenta puntuale all’appuntamento mentre la macchina organizza- tiva della manifestazione, non sempre, prepara con adeguato anticipo il programma in modo da comuni- carne i det- tagli a chi vuole prenotare una visita ad Agrigento nella prima settimana di febbraio. Eppu- re, in questi giorni, Agrigento centro geografico e storico del mediterraneo, diventa anche il fulcro della concordia e della cultura dei popoli e riesce ad irradiare un messaggio che su- pera ogni barriera ideologica o razziale. Salvatore Pezzino continua a pag.4 SAGRA DEL MANDORLO Ogni anno una certezza: i mandorli in fiore Lo scorso fine settimana, il presidente della Re- gione Sicilia, Raffaele Lombardo è stato in visita ufficiale nella città di Agrigento. Potremmo rac- contarvi dettagliatamente i suoi spostamenti, gli incontri avuti con le varie istituzioni politiche della città e della provincia, ma ormai, i mezzi di infor- mazione quotidiana avranno già scritto e parlato tanto sui vari incontri. Quello che noi vogliamo invece riportarvi sono alcune delle dichiarazione che il governatore ha rilasciato su temi che riguardano il nostro terri- torio. Dichiarazioni da non dimenticare e mettere nella “nostra agenda” di cittadini per richiamarli alla memoria dei nostri amministratori che han- no accolto il Presidente Lombardo ma soprattutto alla memoria dei tre assessori regionali, Gentile, Cimino e Di Mauro, «i tre quarti della giunta re- gionale», che hanno ac- compagnato Lombardo e che come ha lui stesso detto hanno cinque anni di tempo per dimostrare l’amore che provano per il loro territorio e quello che saranno in grado di fare e dare a questa terra. Sulla crisi idrica che attanaglia l’agrigentino, il presidente Lombardo dichiara che questa «non potrà essere superata au- mentando semplicemen- te la quantità di acqua a disposizione dei cittadini, ma attraverso una con- creta opera di razionalizzazione delle risorse. Il problema dell’acqua non è da paese civile; essa è una priorità senza la quale non c’è agricoltura, non c’è turismo e non c’è civiltà». Infrastrutture: l’aeroporto? solo se ci sarà l’intervento dei pri- vati, per non aggravare ulteriormente i bilanci pubblici; garanzie, (ma la certezza solo ad opera realizzata, n.d.r) per il potenziamento delle sta- tali che collegano Agrigento con a Palermo e Caltanissetta. Favorevole al rigassificatore se questo «è ecocompatibile, non danneggia, non offende e fornisce vantaggi al territorio, nel senso che si fanno le opere di compen- sazione e ci pagano. C’è da parte di Enel la disponibilità a trattare e se i vantaggi ci sono, non c’è motivo di dire no». LdP VISITA DEL PRESIDENTE continua a pag 5 Appunti da ricordare “San Paolo migrante apostolo delle genti. Non più stranieri né ospiti ma della fami- glia di Dio” è il tema della Giornata delle Mi- grazioni (o meglio gior- nata mondiale del migrante e del rifugiato) che si celebra domenica 18 gennaio. Le parole della seconda parte del titolo, tratta da una lettera di san Paolo, rischiano di sembrare irreali a fronte di un diffuso atteggiamento di chiusu- ra. Stranieri e anche ospiti sgraditi vengono spesso considerati gli immigrati. Per contrastare i pregiudizi e ristabilire gli esatti termini della questione conviene prendere in mano il “Dossier Caritas/Migrantes” e riflette- re. La Fondazione Migrantes, insieme alla Caritas, cura da 18 anni il “Dossier Statistico Immigrazione” per aiutare i cittadini a inquadrare in ma- niera equilibrata gli immigra- ti, specialmente in questa fase di crisi, che è una pessima consigliera, e di fronte a un fenomeno che sta crescendo e continuerà a crescere in mi- sura notevole per temperare i danni del nostro andamento demografico. Gli immigrati sono trop- pi solo per chi non li può sopportare per avversione preconcetta. Tra il 2005 e il 2020, secondo le previsioni dell’Istat, nella nostra popo- lazione i giovani tra i 18 e i 44 anni diminuiranno di 4,5 milioni: facendo la media, di una perdita di 300 mila l’anno e sussiste il bisogno di rimpiazzarli per soddisfare le esigenze del sistema produttivo. La popolazione anziana è un quinto del totale, le cure mediche sono sempre più impegnative, le pensioni sono costose: come mantenere senza l’apporto degli immigrati, che assicurano 5 miliardi di euro l’anno come contributi previdenziali? Non senza ragione, per questo e per altri motivi, essi sono stati definitivi una risorsa. Gli immigrati costano troppo solo per chi non vuole riflet- tere sui dati reali. L’ultimo “Dossier” è entrato nel merito della questione e ha ipotizzato che al massimo, in termini di servizi sociali, sfiorano senza neppure raggiungere il livello di 1 miliardo di euro, mentre il loro gettito fiscale è dell’ordine di 4 miliardi di euro l’anno. Le tasse servono per pagare i servizi e loro pagano quattro volte di più di quello che costano. Gli immigrati sono un aggravio per i nostri uffici : quando si dice questo non si tiene conto della macchinosità giuridico-am- ministrativa che riguarda le loro pratiche. È faticoso (e anche co- stoso) ottenere la pratica di soggiorno, come lo è anche ottenere la residenza, o il ricongiungimento familiare, o il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, o la cittadinanza. Il “Dossier” ha stimato che tra gli immigrati residenti e quelli soggiornanti vi sia una differenza di circa mezzo milione di persone proprio a cau- MIGRAZIONI Appuntamento In occasione della Giornata del Migrante la Caritas Diocesana ha organizzato, per domenica 18 Gennaio, la “FiaccolatadellaFraternità”. L’inizio è previsto alle le ore 17.00 presso la “Mensa della Solidarietà” dove ci sarà l’accensione del fuoco e da dove, dopo alcune testimonianze dei migranti presenti in Diocesi, partirà la fiaccolata per la chiesa di San Domenico, dove è prevista la conclusione alla presenza dell’Arcivescovo. L’immagine e la realtà foto Tornatore Errata Corrige Lo scorso numero è stato com- messo un errore di datazione in prima pagina la data 11 Gennaio 2008 leggasi 11 Gennaio 2009

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L'amico del Popolo edizione del 18 gennaio 2009

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N. 2 del 18 Gennaio 2009Esce il Venerdì - Euro 1,00

Anno 54

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

C.da San Benedetto - tel. 0922 405901 Zona Industriale - Agrigento

6

La seconda tappa dell’anno dell’ascolto

Pennelli a mare: lontana

la soluzione

2di LdP

TV e temi etici: informazione a

confronto

54

Terme di Sciacca:realtà stagnante

di Filippo Cardinale di Marco Doldi di Valerio Landri

Vita ecclesialesocietÁProVinciacitta’Insieme si può!

Il tema dell’unità al centro del tradizionale incontro e del discorso del Papa agli ammi-nistratori della regione Lazio, tenutosi il 12 gennaio u.s. mi offre lo spunto per questo edi-toriale.

Unità da intendere in due convergenti piani: quello del-l’unità di intenti per fronteggia-re e risolvere la crisi e dell’unità di ispirazione tra principi, va-lori, identità e concrete misure e scelte di politiche pubbliche.

Non sta forse qui la chiave per ritrovare uno slancio ade-guato ai tanti problemi che si affollano anche nella nostra realtà territoriale?

Il Papa è esplicito nel richia-mare questa duplice nota di unità e merita di richiamare integralmente il suo passaggio: “concorde deve essere la volon-tà di reagire, superando le di-visioni e concertando strategie che, se da una parte affrontano le emergenze di oggi, dall’altra mirano a disegnare un organico progetto strategico per gli anni futuri, ispirato a quei principi e valori, che fanno parte del pa-trimonio ideale dell’Italia”.

Unità, tra cittadini e ammi-nistratori, tra amministratori e rappresentanti eletti democra-ticamente a Palermo e Roma. Unità per quale intento? Per il bene di tutti e non di porzioni sparute.

Si può, anzi si deve, si deve se si vuole sbrogliare la matassa, costruire sinergie positive tra tutte le istituzioni per offrire risposte alle crescenti necessità della gente.

E il da fare c’è, ed è molto. L’elenco lo conosciamo a me-moria perchè lo scioriniamo ad ogni occasione, per ogni conve-gno, in ogni intervista… è im-mutato da 40 anni.

Il tempo della crisi – conti-nua Benedetto XVI - è proprio quello dell’investimento sul fu-turo. Ma proprio per questo è anche quello del cambiamento, in particolare dei modelli di successo e di riuscita sociale, delle “impostazioni di vita”, dice il Papa, richiamando a ridurre individualismo e difesa di interessi di parte, guardando invece ai più deboli, formando al rispetto delle norme, all’as-sunzione ciascuno delle proprie responsabilità.

E’ un percorso arduo, cui però si può guardare, come fa il Papa, con misurata fiducia: è il percorso di una nuova unità di intenti, tra i diversi soggetti e tra il piano delle politiche e quello dei valori, che può rap-presentare oggi per tutti una prima, concreta indicazione di rotta.

Carmelo Petrone

La prematura fioritura dei mandorli, che annuncia nella Valle dei Templi il ritorno del-la primavera, è l’unica certezza che contrassegna ogni anno la Sagra del Mandorlo in Fiore.

É la natura che si presenta puntuale all’appuntamento mentre la macchina organizza-tiva della manifestazione, non sempre, prepara con adeguato anticipo il programma in modo

da comuni-carne i det-tagli a chi vuole prenotare una visita ad Agrigento nella prima settimana di febbraio. Eppu-re, in questi giorni, Agrigento centro geografico e storico del mediterraneo, diventa anche il fulcro della concordia e della cultura dei popoli e riesce ad irradiare un messaggio che su-pera ogni barriera ideologica o

razziale. Salvatore Pezzino

continua a pag.4

◆ Sagra del Mandorlo

ogni anno una certezza: i mandorli in fiore

Lo scorso fine settimana, il presidente della Re-gione Sicilia, Raffaele Lombardo è stato in visita ufficiale nella città di Agrigento. Potremmo rac-contarvi dettagliatamente i suoi spostamenti, gli incontri avuti con le varie istituzioni politiche della città e della provincia, ma ormai, i mezzi di infor-mazione quotidiana avranno già scritto e parlato tanto sui vari incontri.

Quello che noi vogliamo invece riportarvi sono alcune delle dichiarazione che il governatore ha rilasciato su temi che riguardano il nostro terri-torio. Dichiarazioni da non dimenticare e mettere nella “nostra agenda” di cittadini per richiamarli alla memoria dei nostri amministratori che han-no accolto il Presidente Lombardo ma soprattutto alla memoria dei tre assessori regionali, Gentile, Cimino e Di Mauro, «i tre quarti della giunta re-gionale», che hanno ac-compagnato Lombardo e che come ha lui stesso detto hanno cinque anni di tempo per dimostrare l’amore che provano per il loro territorio e quello che saranno in grado di fare e dare a questa terra.

Sulla crisi idrica che attanaglia l’agrigentino, il presidente Lombardo dichiara che questa «non potrà essere superata au-mentando semplicemen-te la quantità di acqua a disposizione dei cittadini, ma attraverso una con-

creta opera di razionalizzazione delle risorse. Il problema dell’acqua non è da paese civile; essa è una priorità senza la quale non c’è agricoltura, non c’è turismo e non c’è civiltà». Infrastrutture: l’aeroporto? solo se ci sarà l’intervento dei pri-vati, per non aggravare ulteriormente i bilanci pubblici; garanzie, (ma la certezza solo ad opera realizzata, n.d.r) per il potenziamento delle sta-tali che collegano Agrigento con a Palermo e Caltanissetta. Favorevole al rigassificatore se questo «è ecocompatibile, non danneggia, non offende e fornisce vantaggi al territorio, nel senso che si fanno le opere di compen-sazione e ci pagano. C’è da parte di Enel la disponibilità a trattare e se i vantaggi ci sono, non c’è motivo di dire no».

LdP

Visita del Presidente

continua a pag 5

appunti da ricordare

“San Paolo migrante apostolo delle genti. Non più stranieri

né ospiti ma della f a m i -

glia di D i o ” è il tema

d e l l a Giornata delle Mi-

grazioni (o meglio gior-

nata mondiale del migrante e

del rifugiato) che si celebra domenica 18

gennaio. Le parole della seconda parte del titolo, tratta

da una lettera di san Paolo, rischiano di sembrare irreali a fronte di un diffuso atteggiamento di chiusu-ra. Stranieri e anche ospiti sgraditi vengono spesso considerati gli immigrati. Per contrastare i pregiudizi e ristabilire gli esatti termini della questione conviene prendere in mano il “Dossier Caritas/Migrantes” e riflette-re. La Fondazione Migrantes, insieme alla Caritas, cura da 18 anni il “Dossier Statistico Immigrazione” per aiutare i cittadini a inquadrare in ma-niera equilibrata gli immigra-ti, specialmente in questa fase di crisi, che è una pessima consigliera, e di fronte a un fenomeno che sta crescendo e continuerà a crescere in mi-sura notevole per temperare i danni del nostro andamento demografico.

Gli immigrati sono trop-pi solo per chi non li può sopportare per avversione preconcetta. Tra il 2005 e il 2020, secondo le previsioni dell’Istat, nella nostra popo-lazione i giovani tra i 18 e i 44 anni diminuiranno di 4,5 milioni: facendo la media, di una perdita di 300 mila l’anno e sussiste il bisogno di rimpiazzarli per soddisfare le esigenze del sistema produttivo. La popolazione anziana è un quinto del totale, le cure mediche sono sempre più impegnative, le pensioni sono costose: come mantenere senza l’apporto degli immigrati, che assicurano 5 miliardi di euro l’anno come contributi previdenziali? Non senza ragione, per questo e per altri motivi, essi sono stati definitivi una risorsa.

Gli immigrati costano troppo solo per chi non vuole riflet-tere sui dati reali. L’ultimo “Dossier” è entrato nel merito della questione e ha ipotizzato che al massimo, in termini di servizi sociali, sfiorano senza neppure raggiungere il livello di 1 miliardo di euro, mentre il loro gettito fiscale è dell’ordine di 4 miliardi di euro l’anno. Le tasse servono per pagare i servizi e loro pagano quattro volte di più di quello che costano.

Gli immigrati sono un aggravio per i nostri uffici: quando si dice questo non si tiene conto della macchinosità giuridico-am-ministrativa che riguarda le loro pratiche. È faticoso (e anche co-stoso) ottenere la pratica di soggiorno, come lo è anche ottenere la residenza, o il ricongiungimento familiare, o il riconoscimento dei titoli conseguiti all’estero, o la cittadinanza. Il “Dossier” ha stimato che tra gli immigrati residenti e quelli soggiornanti vi sia una differenza di circa mezzo milione di persone proprio a cau-

MiGraZioni

AppuntamentoIn occasione della Giornata del Migrante la Caritas Diocesana ha organizzato, per domenica 18 Gennaio, la “Fiaccolata della Fraternità”. L’inizio è previsto alle le ore 17.00 presso la “Mensa della Solidarietà” dove ci sarà l’accensione del fuoco e da dove, dopo alcune testimonianze dei migranti presenti in Diocesi, partirà la fiaccolata per la chiesa di San Domenico, dove è prevista la conclusione alla presenza dell’Arcivescovo.

l’immagine e la realtà

foto Tornatore

Errata CorrigeLo scorso numero è stato com-

messo un errore di datazione in prima pagina la data 11 Gennaio

2008 leggasi 11 Gennaio 2009

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� L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009Città

Quanto erano belli i tetti di Agrigento! La panoramica dei tetti, custodita con amore nella casa dei Redentoristi, a chi la contempla eleva l’animo, ma trasmette anche tri-stezza per il clima violento, in cui si è vissuto nei decenni passati, cosiddetti di democrazia, che da noi, forse, non è mai esistita e che ha portato alla costruzione dei famosi “tolli”. Vi è un luogo in città che i cittadini non conoscono, eppure è uno squarcio di cielo, che fa spaziare lo sguar-do sino all’Etna, quando il cielo è sereno e limpido. Da questo posto chi contempla il panorama verso nord non si lascia prendere delle cose brutte fatte dall’uomo, ma si lascia estasiare dall’orografia ondulata, che ti porta al monte Cammarata, al pizzo di S. Onofrio di Sutera e alle Madonie sfumate. E se poi ti volti verso sud ti appare la Valle dei Templi con i suoi colori vari e suoi resti antichi: Giunone, Concordia, Dioscuri… ti sembra di averli sot-to i tuoi piedi. E poi il mare azzurro, infinito… Se ti volti ancora verso ponente ecco la Rupe Atenea, ormai tutta invasa da tetti e da terrazzi, che scendono sino a ricon-giungersi con la città più antica. Qual è questo posto della

tua città? “Lu Casteddu Vecchio”, il Castello arabo, una costruzione dell’ultimo secolo del primo millennio, di cui oggi sono rimaste poche vestigia e che, se non si rimedia, va verso la cancellazione. Lo costruirono gli Arabi per vigilare dall’alto sulla città, che loro avevano voluto stabi-lire sulla collina. Quando, nel 1088, i Normanni, guidati da Ruggero, conquistarono la città, decisero, tra l’altro, di restaurare il Castello, che era stato danneggiato nel lungo conflitto con i musulmani. Per lungo tempo qui vi si ac-quartierarono le truppe dei vari conquistatori della città, francesi, spagnoli, savoiardi, per essere alla fine utilizzato come carcere.

Per l’incuria, un bel giorno, rovinò il tetto, e, gli ammi-nistratori di allora, pensarono, con poca spesa, di trasfor-mare il Castello, grazie alle mura perimetrali molto am-pie, in serbatoio per raccogliere le acque di Rakalmari e del Voltano per usi idrici, cosa che ancora persiste.

Trasformato il castello in serbatoio d’acqua, fu creato un calpestio a terra battuta, che forma un grande terraz-zo, che oggi è nello stato di totale abbandono. È terra di

nessuno. Vi sono i cancelli, ma restano sempre spalancati. Però il vero pericolo proviene dai serbatoi che, spesse volte, fan-no letteralmente acqua.

E se un giorno si aprisse una falla in que-sti serbatorio? Cosa accadrebbe nella via Giardinello o nella via Duomo? Di piccole falle, negli ultimi cento anni se ne sono re-gistrate diverse, tutte documentate nelle cronache dei redentoristi.

Giuseppe Russo

quartieri La Farmacia arriva al quadrivio

I residenti del quadrivio Spinasanta final-mente hanno la loro farmacia. Dopo l’ap-provazione lo scorso 20 ottobre, del nuovo Piano delle farmacie per la città il quartiere Spinasanta, infatti, è stato inserito nell’aria di Giardina Gallotti, e in questo modo, mante-nendo il dispensario farmaceutico nella fra-zione di Giardina, la farmacia è stata spostata nella nuova sede. Non si tratta infatti di una nuova farmacia, ma solo di una sede diversa, mantenendo così a 14 il numero delle farma-cie cittadine.

paLazzo di cittÁ i debiti per l’acqua

Il Comune di Agrigento deve pagare a Si-ciliacque circa 3 milioni e mezzo di euro per la fornitura di acqua potabile, ma il Comune pagherà il suo debito gradualmente. L’intesa raggiunta dal sindaco Zambuto con i vertici di Siciliacque prevede l’immediato versamento di 250 mila euro e poi ogni mese, per due anni, il pagamento di una rata di 170 mila euro.

associazionismo Fidapa

In un clima di grande fratellanza e solidarietà,ha avuto luogo, presso l’AIAS, il consueto incontro tra la FIDAPA agrigentina e i ragazzi del centro di riabilitazione la cui presidente è la socia Stefania Buongiorno. La S. Messa è stata officiata dall’ Arcivescovo di Agrigento Mons. Francesco Montenegro. La cerimonia si è conclusa con l’offerta da parte della FIDAPA di alcuni libri, che andranno ad arricchire la biblioteca del Centro, e con i saluti della Presidente, Piera Lo Vullo, che ha voluto illustrare al nuovo Arcivescovo, i fini e gli scopi della FIDAPA.

In Breve

la Settimana di Eugenio Cairone

Lontani da una soluzionePenneLLi a San Leone Ne parliamo con il Sindaco Marzo Zamuto

Città allo sbando ?Torniamo, dopo la pausa natalizia, e cosa troviamo? Una città in mano ai balordi. Agrigento, cambia volto, nel senso che veste i panni di città controllata da uno sparuto numero di delinquenti che prendono di mira donne sole, scippandole anche con violen-za. Signor Questore, a lei è affidata la speranza dei cittadini onesti che vogliono vivere senza la paura di incappare in qualcuno di questi giovani delinquenti. E’chiaro che Agrigento, non può finire cosi facilmente preda dei balordi.

Solo le auto danno fastidio?Giro di vite contro gli automobilisti agrigentini presi di mira dai vigili urbani.Noi siamo dell’avviso che in questa città chi sbaglia deve pagare. Ma non devono essere, però, soltanto gli automobilisti a pagare il

conto al Comune. C’è gente che se ne infischia dei divieti e delle ordinanze del sindaco e fa i propri comodi portando, ad esempio, a spasso i propri cani, sporcando “regolarmente” il suolo pubbli-co senza rischiare nulla e chi getta la spazzatura a tutte le ore infi-schiandosene del decoro.Anche in questo, senza rischiare alcuna sanzione. Semplicemente perché i vigili non ci sono.Ecco allora che ci sarebbe da multare tanta altra gente prima ancora di accanirsi contro gli automobilisti agrigentini, sebbene qualche volta la combinino davvero grossa. Ma impiegare i vigili solo per le multe alle auto è senza dubbio uno spreco di energie. Non ci vengano a dire, poi, che il Comando è a corto di uomini e che i servizi di prevenzione come quello che riguarda chi getta i rifiuti fuori orario, non si possono, purtroppo, espletare. Gestendo cosi le risorse umane, certo che è impossibile.A questo punto, un intervento risolutore dell’assessore Franco Ia-cono, sarebbe più che opportuno.

Terrazza panoramica sulla cittàCenTro SToriCo Il Castello Arabo

L’argomento di primo piano del momento è quello riferito ai

pennelli di San Leone. Ad incuriosire e indignare l’opi-

nione pubblica è la decisione as-sunta dai responsabili di sostituire le condotte a mare senza collegarli al depuratore, a fronte di annunci e proclami di fine estate scorsa che davano per scontata l’immediata soluzione della problematica.

Di pennelli a mare siamo stati i primi ad occuparcene ed a mettere sotto il naso dell’Amministrazione e del Consiglio comunale le ragioni politiche dell’inquinamento della costa. Non sapevano o facevano finta di non conoscere la contrad-dizione tra il Prg e il Parf, sorta con la bocciatura da parte del pre-cedente Consiglio comunale della variante proposta dall’ex sindaco, Aldo Piazza. Hanno bocciato senza minimamente preoccuparsi che, al Villaggio Peruzzo o altrove, il de-puratore doveva essere previsto. Scoperto l’arcano, i politici agrigen-tini hanno buttato acqua sul fuoco promettendo, in tempi brevi, di correggere gli strumenti urbanistici e di dare alla città un mare pulito prima della prossima estate.

Ovviamente si è trattato, come di solito, di promesse vuote e dopo le prime esternazioni il problema è stato accantonato. C’è addirittura chi sostiene che ad occuparsi del-la problematica debba essere l’Ato idrico, come se la società d’ambito oltre a gestire il servizio avesse una

sorta di strana competenza sugli strumenti di organizzazione urba-nistica della città. Ne abbiamo par-lato con il sindaco.

«I pennelli – ci dice Marco Zam-buto – saranno sostituiti a breve. Avranno una lunghezza di tre chilometri e delle griglie di acciaio capaci di trattenere i solidi. Le vec-chie strutture non arrivano a 300 metri dal bagnasciuga e sono stati la causa del triste fenomeno che si è verificato l’estate scorsa. Non è la soluzione ottimale. Dovrebbero essere collegati al depuratore ed a monte è necessario agire modi-ficando il Parf, ma, tra il ripetersi dell’elevato tasso di inquinamento e il trasporto in condotta a tre chi-lometri dalla spiaggia, assumendo-mi le mie responsabilità ho scelto la seconda valutazione».

Rischieremmo di buttare l’acqua sporca con il bambino se dovessi-mo sostenere che il responsabile della mancata risoluzione è Zam-buto che è il capo dell’amministra-zione comunale e non il podestà. E da sindaco è tenuto ad operare secondo le indicazioni politiche del Consiglio comunale. Doveva e deve, il civico consesso, individua-re il sito del depuratore, in man-canza del quale, Marco Zambuto, che non può inventarselo, decide di adottare il male minore con la semplice sostituzione dei pennelli a mare.

«Prometto – conclude il primo cittadino – di stimolare il dibattito

nella maggioranza e nella mino-ranza. Il Consiglio comunale saprà, certamente, trovare la soluzione e insieme collaboreremo per fare del nostro mare un altro vanto del territorio. L’attuale è una buon ri-

medio, ma non è l’ottimale, ci offre, comunque, maggiore tempo per fare le scelte opportune, piuttosto di quelle dettate dalla fretta e dal-l’emergenza».

Franco Pullara

Nel corso della notte del 20 dicembre 1966 la città di Agrigento fu interessata da forti rumori, provenienti dal passag-gio di grossi camion, trattori, caterpillar. Dentro i mezzi di trasporto numerosi operai, carpentieri, manovali. Una gran-de manifestazione con l’obiettivo di co-stringere il Comune di Agrigento a rila-sciare le autorizzazioni per la riapertura dei cantieri posti sotto sequestro dopo gli eventi franosi del 19 luglio dello stesso anno.

Dal giorno dopo gli eventi franosi fu un susseguirsi di atti amministrativi da parte del Comune, del Genio Civile e del-la Soprintendenza alle antichità. Provve-dimenti drastici finalizzati ad individuare i responsabili del sacco di Agrigento. Nel-le more degli sviluppi anche giudiziari la popolazione cominciava però a risentire

del blocco dei cantieri. La città per lunghi e lunghi anni aveva trovato nell’edilizia sel-vaggia e caotica la maggiore risorsa di svi-luppo economico e sociale. Approfittando del malessere fu deciso da parte di un co-mitato di costruttori ed appaltatori, la pro-clamazione di uno sciopero generale.

Si trattò di uno sciopero di rabbia e di avversità per uscire dalle sacche del dopo frana. Va detto che subito dopo la prote-sta lo Stato e la Regione con prontezza ed estrema urgenza finanziarono importanti opere pubbliche per la città

Dallo sciopero scaturì una presa di co-scienza dello Stato e della Regione a favore di una città duramente colpita dal dopo frana. Purtroppo, non sempre, la nostra città ha la forza di reagire contro i suoi ata-vici problemi di sviluppo( acqua, aeropor-to, infrastrutture, viabilità, spiagge, verde,

ecc.) mediante il ricorso a manifestazioni che risultino al pari di quella del 20 di-cembre 1966, dove la mag-gioranza degli scioperanti democraticamente (anche se non mancarono atti da condannare) portò all’atten-zione del Paese il dramma della disoccupazione, sca-turita da una condizione di sottosviluppo politico che aveva dissacrato il territorio urbano

Paolo Cilona

Nuova classifica de Il Sole24 oreNuova classifica de Il Sole24ore, quo-

tidiano italiano di economia e non solo. Classifica questa che si aggiunge a quella della fine del 2008 sulla qualità della vita nelle provincie italiane che, ogni anno, fa discutere, solleva polemiche ma poco ri-flettere chi dovrebbe farlo. Lunedì 12 gen-naio sulle colonne

rosa del giornale è stata pubblicata “Gover-nace poll 2008”, amministratori sotto esame. Raffaele Lombardo, governatore della nostra regione, eletto nel 2008, è al primo posto del-la classifica dei presidenti di regione; Eugenio D’Orsi, si piazza al sesto posto nella classifica dei presidenti di Provincia e Marco Zambuto al 42 posto della classifica dei sindaci, pari-merito con altri 9 sindaci. Analizzando le tre clessifiche, il governatore Lombrado, ciome sottolinea lo stesso 24Ore, si trova ancora nel bel mezzo di quell’ef-fetto “luna di miele” tipico di chi governa ed amministra da poco.

Eugenio D’orsi e Marco Zambuto, invece, già meno sconosciuti ai propri amministrati, vedono scendere le loro percentuali di gra-dimento. D’Orsi, perde lo 0,9% (confronto tra percentuale elettorale, 67,9 contro il 67,0 attuale) Zambuto che partiva da un consen-so del 62,9% nel giorno della sua elezione è sceso al 60,0% nel governace poll del 2007 fino a giungere al 55,0% di quest’anno.

il riciclaggio dei rifiuti umidi

Cinquemila compostiere sono state acquistate dall’Ato Gesa 2 e saranno distribuite alle famiglie che possiedono un’abitazione con giardino alla scopo di smaltire in proprio tutti i rifiuti umidi. L’obbiettivo è quello di alleggerire il peso del confe-rimento e dello smaltimen-to complessivo dei rifiuti, risparmiare sulla bolletta ed aiutare l’ambiente.

il gazebo di piazza sinatra

Era il maggio del 2008 quando, per la prima volta, parlammo del gazebo che, nel giro di pochi giorni fece la sua comparsa in Piazza Sinatra. L’assessore Biondi aveva promesso, dopo le tante polemiche sollevate da questa costruzione, il trasferimento dello stesso, sul lato opposto della piaz-za, ma ancora oggi, sono trascorsi otto mesi, rimane lì in bella mostra. Che fare?

scende

sale

foto catalogo mostra Arena vedi pag 3

Lo sciopero del 20 dicembre 1966

Page 3: L'Amico del popolo

Cultura �L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009

Questa settimana vi proponia-mo una novità editoriale rivolta ai più piccoli.

La casa editrice Elledici ha, in-fatti pensato proprio a loro realiz-zando un sussidio rivolto esclusi-vamente alla catechesi biblica dei bambini. Una simpatica valigetta di cartone, contenente: quattro libretti illustrati di storie bibliche (La storia di Noè - Segui Mosè - Seguiamo la stella - Segui Gesù); per ogni libretto, un poster da completare con gli adesivi acclusi; quattro pennarelli che serviranno per colorare i poster. Il cofanet-to è rivolto ai bambini ed ai loro genitori, ma è un valido aiuto ai

catechisti ed agli educatori che devono spiegare la Bibbia ai più piccoli. Un modo divertente per iniziare a conoscere le basi della nostra fede, con l’aiuto di stru-menti ludici che permettono ai bambini di apprendere e cono-scere senza troppa difficoltà. Un valido aiuto per i catechisti che attraverso la formula ludica riu-sciranno ad attirare l’attenzione dei loro bambini con più facilità.

Paolo e la comunità di Tessalonica (I)

Dopo aver dedicato alcuni contributi ai passaggi salienti della vita e del ministero di S.Paolo iniziamo a metterci in ascolto del messaggio che l’Apostolo indiriz-za alle comunità da lui stesso fondate durante i viaggi missionari. L’intento dell’anno paolino è soprattutto quello di conoscere in modo più approfondito il pensie-ro e la riflessione di Paolo, primo teologo dell’era cristia-na; attraverso la conoscenza delle lettere ci proponiamo di offrire ai nostri lettori le coordinate fondamentali del-la teologia paolina mentre ci permettiamo di suggerire la lettura integrale di ogni singolo testo con ‘intelligenza spirituale’ per crescere nella comprensione e nella fede.

Seguendo un ordine cronologico iniziamo col pre-sentare la prima lettera ai Tessalonicesi, primo scritto paolino, primo scritto della collezione del Nuovo Testa-mento. Per ricostruire la presenza di Paolo a Tessalonica (attuale Salonicco) possiamo attingere al testo di At 17. Nei primi versetti del capitolo ci vengono dette le cose fondamentali del ministero di Paolo nella comunità gre-ca; egli vi giunge all’inizio del 50 d.C. durante il secondo viaggio missionario. Si intrattiene in quella comunità poche settimane e a causa della persecuzione dei giu-dei è costretto a scappare notte tempo. Da Tessalonica Paolo si sposta ad Atene e poi a Corinto. Da qui manda i suoi collaboratori nella città dove era stato preceden-temente per avere notizie sulle sorti della comunità. Le notizie dei collaboratori portano Paolo a cimentarsi, per la prima volta, con il genere letterario epistolare. Siamo a metà dell’anno 50 e la missiva che Paolo fa partire da Corinto costituisce la prima testimonianza scritta del corpo letterario che poi darà vita al Nuovo Testamen-to. Ma quali sono i contenuti dello scritto? La comunità di Tessalonica aveva aderito con entusiasmo alla Buona Novella mostrando interesse alla Novità entrata nella storia. Ma la prematura partenza dell’Apostolo ave-va gettato scompiglio nel giovane gruppo di credenti: troppo poco il tempo dedicato da Paolo alla formazione cristiana. Per di più, coloro che avevano perseguitato Paolo, subito dopo la sua partenza non avevano esitato a scagliarsi contro il ‘ramo giovane’ dei convertiti al Na-zareno Crocifisso. Una comunità debole e perseguitata, bisognosa di incoraggiamento e desiderosa di colmare vuoti su tematiche importanti come la risurrezione dei morti o la venuta ultima del Signore. Da questa precisa situazione vitale nasce la lettera. Uno scritto breve (solo cinque capitoli) ma estremamente intenso per comuni-cazione teologica. In questo primo contributo presen-tiamo a grandi linee la lettera, rimandando al prossimo contributo qualche necessario approfondimento. Il tono che Paolo mantiene per tutto lo scritto è quello positivo del ‘ringraziamento’ (termine che torna all’inizio dei pri-mi tre capitoli) teso a rassicurare. L’apostolo aiuta la co-munità a comprendere la propria storia: i tessalonicesi sono stati scelti da Dio e dalla sua fedeltà sono sostenu-ti. Nelle prove la comunità è chiamata a fondarsi teolo-gicamente (‘alla Chiesa di Dio che è in Tessalonica) ed a sperimentale l’amore di Dio che mentre sceglie ama e, certamente, non abbandona. Al presente i tessalonicesi sono invitati a scoprire e a realizzare pienamente la vo-lontà di Dio, cioè la santità, intesa come risposta fedele a Dio che chiama. Al futuro, la fedeltà di Dio corrispo-sta nella santificazione, non può che preparare la gloria eterna. In questo modo la vicenda della comunità si apre al nuovo di Dio rivelatosi in Gesù Cristo e guarda oltre le prove e i difficili tornanti della persecuzione.

Agrigento come Tessalonica! Verrebbe da dire. An-che la nostra vicenda ecclesiale, e non solo, si presenta irta di sfide e di difficoltà. Saper leggere dentro una sto-ria precisa le impronte di Dio è la chiave ermeneutica più efficace. Ci auguriamo che il tempo di ascolto sia ben valorizzato per comprendere l’agire di Dio e per realizzarne gioiosamente la volontà.

Un anno con Paoloa cura di Baldo ReinaL’Arciprete

e lo scrittore

RAcALmuto� consegnato alla fondazione uno scritto di Padre Puma su Sciascia

Dopo quattro anni, il mano-scritto dell’arciprete di Ra-

calmuto su Leonardo Sciascia, è stato consegnato alla Fondazione omonima. A ritirare il prezioso documento è stato il sindaco di Racalmuto, Salvatore Petrotto, il quale, ha avuto parole di elogio sia nei confronti del defunto ar-ciprete sia di Leonardo Sciascia, del quale, quest’anno, ricorre il ventesimo anniversario della scomparsa.

La consegna del manoscritto è avvenuta nel primo anniversa-rio della morte di don Alfonso Puma, momento in cui la comu-nità ecclesiale di Racalmuto si è riunita nella Chiesa Madre per partecipare ad una solenne cele-

brazione eucaristica presieduta dal nuovo arciprete, Martornana che, durante l’omelia, ha esaltato l’apostolato profuso in questi lun-ghi decenni di servizio pastorale da Padre Puma.

Nel manoscritto su Leonardo Sciascia padre Puma riferisce annotazioni, aneddoti, conside-razioni che possono aiutare la ri-cerca letteraria sullo scrittore ra-calmutese. Viene fuori un profilo nuovo dello scrittore, vengono ri-portati episodi di vita quotidiana, di incontri in Chiesa Madre o in contrada Noce o in casa dell’Ar-ciprete.

Problematico il rapporto Scia-scia e giudici. A ricordarlo è lo stesso arciprete: «Egli voleva che il giudice fosse sicuro di non sbagliare, senza forma di dubbio, come il sacerdote è sicuro, senza forma di dubbio, che nelle parole della consacrazione della Messa il pane realmente si trasforma in Corpo di Gesù. Voleva la certez-za di non sbagliare in una senten-za, perché si giudicava non una cosa, ma una persona, un’esisten-za umana».

Il manoscritto dei ricordi su Sciascia, in questi anni, è stato conservato da Enzo Di Natali, di-rettore della Rivista di letteratura e teologia, Oltre il muro; nel 2003

recandosi a Racalmuto aveva chiesto all’arciprete Puma di scri-vere le sue memorie su Leonardo Sciascia da poter poi pubblicare nella rivista da lui diretta. Dopo quasi un anno l’arciprete scrisse i suoi ricordi su venti fogli che portano la sua firma con data di consegna.Nella prospettiva del tempo futuro, questo lavoro ri-sulta di pregevole lavoro artistico e di testimonianza.In questi anni, Di Natali ha conservato con mol-

ta cura le venti pagine di padre Puma, nutrendo sempre l’idea che, posto ideale per la loro con-servazione fosse la Fondazione Sciascia. Durante la cerimonia di consegna del manoscritto alla Fondazione Sciascia, del quale il prof. Nino Agnello ne ha illustra-to il contenuto, è stato proiettato un documentario su mons. Al-fonso Puma, realizzato da Salva-tore Picone.

V.L.

appunti Visitabile fino al 18 gen-

naio presso la Biblioteca Comunale Franco La Roc-ca, in piazza Aldo Moro di Agrigento, la mostra foto-grafica “Foto Arena - Agri-gento tra gli anni cinquanta e settanta negli scatti di Giuseppe Arena”.

Visitabile fino al 31 gen-naio presso il Palazzo Arci-vescovile di Agrigento, con ingresso dalla Curia Arcive-scovile la mostra didattica “La cattedrale di Agrigento per conoscere, per ammira-re, per contemplare”.

Presso le Fabbriche Chia-ramontane di Agrigento è ancora possibile visitare la mostra omaggio ad Andrea Carisi. Nelle opere esposte il Carisi esprime la sua ri-conoscenza nei confronti del mondo in celluloide, capace di ispirarlo in tante occasioni.

Fino a domenica 25, pres-so la libreria Magic Book, in via Celauro ad Agrigento, sarà possibile visitare la mo-stra di pittura di Francesco Zito, di Montevago. I qua-dri dell’artista definito da Gianbecchina “pittore della luce”, potrà essere visitata dalla 9 alle 13 e dalle 17 alle 20, ingresso gratuito.

Auto�Ri vARi Editrice Elledici

Pronto Bibbia

Novi

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dito

riali

E’ stato presentato mercoledì 14 gennaio, presso la Libreria San Paolo di Agrigento, il volume di Anna Li Vigni e Francesco Paolo Campione Sacre conversazioni. Immagini dell’Annunciazione nei musei siciliani, pubblicato dalle

Edizioni di passaggio (Palermo). La manifestazione, promossa dall’Azione Cattolica Italiana, Arcidiocesi di Agrigento, e dal-l’ANISA, Associazione Nazio-nale Insegnanti Storia dell’Arte, Sezione interprovinciale di Cani-cattì (Agrigento e Caltanissetta), ha visto la partecipazione (oltre agli autori del saggio), del prof. Giuseppe Ingaglio, consulente Ufficio Diocesano Beni Culturali, della prof.ssa Maria Antonietta Spadaro, vicepresidente naziona-le ANISA, nonché dell’Arcivesco-vo di Agrigento mons. Francesco Montenegro. Il volume (illu-strazioni a colori, pag. 178, euro 17,00), della collana Repertori, dedicata a percorsi tematici di storia dell’arte siciliana, indaga il tema dell’Annunciazione, l’incon-tro (di cui si narra nel Vangelo di Luca) tra la Vergine e l’arcangelo Gabriele. Il tema rappresenta uno

dei soggetti centrali nella storia dell’arte italiana ed europea, so-prattutto a partire dai secoli del Medio Evo e fino a tutto il Manie-rismo e si pone al centro di terri-tori quali l’iconografia, la teologia e la semiotica.

Nel saggio di Francesco Paolo Campione ed Anna Li Vigni il tema diventa criterio per sele-zionare una serie di opere d’arte visibili nei musei della Regione. Ne scaturisce un suggestivo per-corso che si snoda dall’arte bizan-tina fino agli stucchi del Serpotta, dai capolavori di Pietro Novelli fino alla contemporaneità (Gino Morici, Michele Canzoneri), e attraverso cui possono essere ri-considerati i vari momenti della storia dell’arte locale, nonché le profonde problematiche culturali sottese al dialogo ‘senza parole’ tra le due figure.

LdP

mAnifestAzio�ne promosa dall’ACI e dall’ANISA

immagini dell’Annunciazione nei musei siciliani

E’ stato pubblicato il catalogo della mostra fotografica “Foto Arena - Agrigento tra gli anni cinquanta e settanta negli scatti di Giuseppe Arena” a cura del Centro Studi Pasolini di Agrigento.

Recuperare la memoria di una città è un’operazione complessa che può attuarsi attraverso diversi canali che attingono alla stori, all’archietettura, all’arte, alla politica. Recuperarla per una città che in pochi decenni ha subi-to una trasformazione sociale ed urbanistica radicale diventa anche un’operazione fortemente culturale.

L’ avere avuto a disposizione il fondo di Giuseppe Arena, uno dei fotografi che ha operato intensamente in città per quasi quaranta anni, esercitando oltre alla tradizionale attività di fotostudio, anche quella di fo-toreporter giornalistico, è stata un’opportunità rara ed avvincente per ripercorrere le tappe di questo muta-mento.

Il patrimonio fotografico consta di diverse migliaia di immagini su negativo e stampa realizzate agli inizi della

sua attività di fotogra-fo, intorno alla metà degli anni Quaranta, per proseguire fino al 1984, anno della sua scomparsa. La maggior parte di esse riguarda invece la vita e l’immagine della cit-tà, ragione per la qua-le questo materiale assume una rilevanza documentaria non indifferente. Giuseppe Arena ci ha consegnato inedite rappresenta-zioni della città, scorci trascurati o scomparsi, sguardi anacronistici, momenti di vita collettiva dimenticati, colti sia nell’ambito della sua attività professionalle sia nelle sue passeggiate solitarie da reporter senza mai scadere alla tentazione di un nostalgico passato.

dal catalogo della Mostra

AgRigento� tra gli anni cinquanta e settanta

Foto Arena

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� L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009Provincia

L’amministrazione comunale, gui-data dal sindaco Silvio Cuffaro, alla luce degli ultimi avvenimenti di cro-naca (in alcuni con esito tragico), verificatisi a Raffadali e in tutta la pro-vincia, che hanno visto coinvolti gio-vani in incidenti stradali, a causa delle non ottimali condizioni psico-fisiche dei guidatori, di concerto con i co-mandi dei Vigili Urbani e della locale stazione dei Carabinieri, ha varato il cosiddetto “Progetto Sicurezza”.

Il sindaco ha deciso di intrapren-dere questa iniziativa allo scopo di tentare di combattere il fenomeno della diffusione di alcool e droga tra i giovani.

Dopo un incontro con i vertici del-le forze dell’ordine locali si è deciso di far svolgere, agli agenti di pubblica sicurezza, dei servizi congiunti allo scopo di effettuare dei controlli su tutto il territorio comunale, mediante il narcotest e il test dell’etilometro.

Il comune ha già provveduto ad ac-quistare la strumentazione necessaria che sarà messa a disposizione delle forze dell’ordine che, già a partire dal prossimo week-end, effettueranno dei controlli sulle strade, specie nelle ore notturne.

«Scopo della nostra iniziativa - ha dichiarato il sindaco Cuffaro - non è repressivo ma, al contrario, di pre-venzione. Il progetto sicurezza, oltre ai controlli, prevede l’avvio di una campagna di sensibilizzazione e in-formazione, nei confronti dei giovani, che faccia capire loro l’importanza e il valore della vita umana e soprattutto come un atto di “sconsideratezza” di chi, si mette alla guida in condizioni non ottimali, metta a rischio non solo la propria vita ma anche quella degli altri”.

porto empedocle convegno sulla famiglia

Si è svolto presso i locali del M.A.S.C.I. un convegno sulla Famiglia, nato con l’intento di aprire un confron-to tra genitori e figli adolescenti, e quindi “un cammi-no di crescita comune”. Il convegno è stato presentato dall’Ass. Centro Sociale “G. La Pira” ONLUS, che ope-rando sul territorio, ha provato a dare delle risposte ai ragazzi e ai genitori presenti, grazie all’aiuto di esperti. Sono intervenuti: lo psicologo, don Giuseppe Matraxia, il quale ha saputo ben coniugare il suo ministero con il ruolo di cui è specialista, l’assistente sociale Fiore Mary, la quale, per il suo lavoro, vive ogni giorno queste pro-blematiche, e il vice commissario dott. Miliziano Ca-logero, il quale è chiamato molto spesso ad intervenire per risolvere situazioni del tutto delicate. Il Convegno è stato organizzato con il Patrocinio del Comune di Porto Empedocle.

ribera arriva il commissario per la rete idrica

L’Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque di Paler-mo ha notificato al Comune il decreto di nomina di un commissario ad acta - nella persona dell’ing. Marco Bonvissuto - che avrà il compito di porre in essere tutti gli atti necessari per il trasferimento della rete idrica, de-gli impianti di sollevamento e dei serbatoi comunali del-la cittadina al gestore dei servizi idrici. Nella nota viene ricordato che sia il Consorzio d’Ambito di Agrigento e la stessa Arra avevano diffidato l’ente locale riberese a provvedere alla consegna degli impianti entro la data del 20 dicembre scorso.

licata discarica negata

Il Comune di Licata non ha pagato i 700 mila euro che doveva alla ditta Catanzaro, gestore della discarica che ha così vietato l’ingresso dei camion. E da alcuni giorni è stato sospeso il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, proprio perchè gli autocompattatori non possono andare a svuotare il loro contenuto presso la discarica di Siculiana. Da oggi la raccolta dei rifiuti è ferma e così rimarrà fino a quando non verrà saldato il debito del Comune. A questa nota dolonte si aggiunge quella del personale della Dedalo che, se non riceverà lo stipendio, incrocierà le braccia a tempo indeterminato.

aragona Sospeso il pagamento terza rata tarSU

É stato sospeso il pagamento della terza rata della Tarsu, la tassa sui rifiuti solidi urbani. La decisione an-nunciata, lo scorso settembre, dopo le trattative avviate dall’Amministrazione Tedesco con l’Ato Gesa Ag2 vol-te a garantire l’abbattimento dei costi del servizio e la conseguente rimodulazione della terza rata, trova piena conferma nella dichiarazione congiunta dei due Enti, i quali, in attesa che vengano ridefiniti i nuovi importi, invitano i cittadini a sospendere il pagamento per il sal-do del canone del 2008.

lampedUSa Visita del ministro dell’interno

«Se il 2008 è stato l’anno record di arrivi, il 2009 sarà di certo l’anno della fine dell’emergenza sbarchi di clan-destini a Lampedusa». Ad assicurarlo, durante la visita istituzionale, sulla più grande delle isole Pelagie, è stato il ministro degli Interni, Roberto Maroni. «Entro gennaio - ha spiegato Maroni, - entrerà in vigore l’accordo con la Libia che prevede il pattugliamento congiunto delle coste del paese di Gheddafi. In questo modo si conclu-derà il fenomeno degli sbarchi prima della stagione tu-ristica e Lampedusa tornerà ad essere conosciuta come una delle più belle isole del Mediterraneo e non come la porta di ingresso dei clandestini in Europa». Roberto Maroni ha anche annunciato che, alla fine di maggio, proprio a Lampedusa, si svolgerà la riunione dei mini-stri dell’Interno e della Giustizia del G8.

Brevi provincia

La realtà rimane stagnanteLo scorso 9 gennaio il Con-

siglio di Amministrazione della nuova società termale, sotto la forma giuridica di società per azioni, Terme di Sciacca, ha con-cluso il suo mandato triennale.

Al di là dei risultati concreti, in verità scarsi se si pensa che il nuovo assetto societario avrebbe dovuto consentire il rilancio delle due realtà termali siciliane, quella di Sciacca e di Acireale, un dato rimane incontrovertibile: la classe politica è più attenta ai litigi inter-ni ed a collocare tasselli in quel mosaico irrinunciabile del potere che si esplica in varie poltrone di sottogoverno, poltrone ben retri-buite naturalmente con i soldi dei contribuenti.

Dopo tre anni dalla costituzio-ne della Terme di Sciacca Spa, e l’emanazione di tre leggi regionali, la prima risalente al 1999, oggi è necessario approvare una nuova legge che rimuova tutti i pasticci contenuti nelle precedenti, frutto della insufficienza e superficialità non solo della classe politica, ma anche di quella burocrazia che è il vero cancro che uccide lo svi-luppo della nostra terra.

«Non è possibile far disperdere risorse importanti come quelle delle due realtà termali siciliane», ha dichiarato il presidente della Regione nella sua visita ad Agri-

gento. E nel pensiero di Lom-bardo c’è il commissariamento e l’azzeramento degli attuali assetti societari di Sciacca e Acireale. Non rimane altro che sperare nella determinatezza del presi-dente della Regione le cui parole, però, sembrano la replica delle enunciazioni proclamate da di-versi assessori regionali che negli anni hanno ricevuto la delega del Turismo: Francesco Cascio, Fa-bio Granata, Dore Misuraca, Titti Bufardeci.

Stesse parole, stesse promes-se di rilancio del termalismo. La realtà rimane, però, sempre ed eternamente stagnante ed il qua-dro drammatico in cui versano le dure realtà termali siciliane dà conferma di un lungo ed inter-minabile processo di privatiz-zazione che, partito nel lontano 1999, ancora oggi non è chiuso. Anzi, sembra arenato in maglie burocratiche e tecnicismi che di fatto non consentono di giungere all’ultimo anello della filiera della privatizzazione. Tanto è vero che, nonostante ben tre leggi emanate dal Parlamento siciliano, la que-stione è in stallo ed è necessario emanare un’ulteriore legge.

E da parecchi mesi, ormai, si parla di un disegno di legge, di iniziativa governativa, pronto. Ma il Ddl è diventato la presa di

terra ove sca-ricare le forti tensioni al-l’interno della maggioranza che governa la Regione. Insomma, le terme rappre-sentano una risorsa della Sicilia, ma non si riesce a trovare il bandolo della matassa per tirarle fuori da un groviglio talmente fitto da portarle al de-grado sempre più marcato ogni giorno che passa. Che sulla vicen-da interna pesi l’accertamento, in corso di infrazione, delle norme sulla libera concorrenza da par-te della Commissione Europea non ci sono dubbi. Ma se su questo punto poche sono ormai le perplessità, rimane inspiegabile come mai ancora, nonostante le enunciazioni anche da parte del presidente della Regione, non si trovi la ri-sposta immediata per porre fine alla lunga agonia delle terme. Né si capisce come all’enunciazione di pochi mesi fa da parte dell’asses-sore al Turismo, Titti Bu-fardeci, di un azzaramento

dei Cda delle società termali e l’imminente bando per l’ingresso del socio privato non siano segui-ti fatti concreti. Ecco perché i sac-censi non credono più al rilancio delle terme e ogni enunciazione, per loro, appare ormai come la replica delle precedenti.

Filippo Cardinale

sciacca � �Terme: �tra �promesse �e �fatti �concreti

Rubrica a cura dell’Avv. Adele Falcetta

L’ANGOLO DEL CONSUMATORE

Devo proporre un ricorso avverso una contravvenzione stradale. Non so se sia puiù conveniente rivolgermi al Pre-fetto o al Giudice di Pace. (T.I., Agrigento).

I due tipi di ricorsi (al Prefetto o al Giudice di Pace) presenta-no, entrambi, vantaggi e svantaggi, che andranno valutati in re-lazione alle specifiche esigenze del ricorrente. Il ricorso al Prefet-to ha il vantaggio della semplicità e della rapidità: il Prefetto deve pronunziarsi entro 180 giorni se il ricorso è inoltrato tramite la polizia, ed entro 210 giorni se lo stesso è stato presentato diret-tamente in Prefettura. La notifica della decisione deve arrivare al ricorrente entro 150 giorni dalla medesima. Quindi, decorso rispettivamente il termine complessivo di 230 o di 260 giorni, se non gli perviene la decisione del Prefetto, il cittadino non è più tenuto a pagare la multa. Un altro vantaggio è che questo ricor-so offre una chance in più: infatti, se viene respinto,

è sempre possibile ricorrere al Giudice di Pace. D’altra parte, i casi di accoglimento sono in numero inferiore rispetto all’altra tipologia di ricorso; e, in caso di esito negativo, l’importo della multa diventerà almeno il doppio rispetto a quello originario. Il ricorso al Giudice di pace può comportare tempi più lunghi, per-ché si instaura una vera e propria causa; all’udienza il ricorrente deve essere presente (il che può non convenire se quest’ultimo risiede in località diversa). In caso di esito negativo, è possibile soltanto proporre appello al Tribunale, con ulteriore dilatazio-ne dei tempi di definizione. I vantaggi consistono nel fatto che, spesso, ci sono buone probabilità che il ricorrente ottenga ragio-ne; ed in ogni caso, il Giudice può ridurre l’importo della multa. Inoltre, anche in caso di esito negativo, il Giudice ha la facoltà di aumentare l’importo della multa o di lasciarlo inalterato; quindi vi sono buone possibilità che tale importo non aumenti.

Per ulteriori chiarimenti o per informazioni rivolgersi a:Avv. Adele Falcetta, via S. Francesco n. 15 - 92100 Agrigentoe-mail: [email protected] - tel./fax 0922 556222 - Cell. 338 3971821

continua dalla prima

Anche quest’anno, a seguito dell’impegno del presidente del-la Regione Siciliana, che ha assicurato la copertura finanziaria, nei primi giorni di febbraio sarà celebrata la Sagra del Mandor-lo in Fiore numero 64, con il Festival Internazionale del Folklo-re, giunto alla 54a edizione. Nel clima di incertezza che ha pre-ceduto la decisione dell’on. Raffaele Lombardo, per fortuna c’è stato chi ha lavorato, nonostante i segnali poco incoraggianti, per preparare la kermesse, confidando nel senso di responsabi-lità di chi poteva salvare la manifestazione. Un contesto che non è nuovo per la Sagra e che purtroppo incide non poco sul ritorno che il prestigioso evento potrebbe offrire al territorio. In altre oc-casioni si è posto il dilemma se celebrare o no la festa e tranne in particolari situazioni di forza maggiore l’amore per la Sagra ha avuto sempre il sopravvento e la soluzione di continui-tà è stata evitata. Anche quest’anno qualcuno aveva imma-ginato di osservare un turno di riposo e di pensare diretta-mente all’edizione del 2010. In verità, nulla impedisce, e anzi sarebbe un vero salto di qualità per gli organizzatori, che già da oggi si cominciasse a progettare la sessantacinquesima edizione. Un’edi-zione che, prima di promuovere il consueto messaggio di pace tra tutti i popoli, sia in grado di fare registrare un clima di concordia, prima a livello locale, tra quegli Enti che possono contribuire alla sua migliore riuscita. Un’edizione che sia in grado di coinvolgere tutti i soggetti che operano nel territorio e principalmente quel-li privati, che dalla manifestazione attendono significativi risultati economici. Un’edizione che sia in grado di rispettare le tradizioni e che eviti di difendere quelle che sono soltanto cattive abitudini. Un’edizione che sia in grado di rendere orgogliosi gli agrigentini e che rappresenti una allettante vetrina per mettere in mostra le pecu-liarità del sito dove si svolge. Un’edizione che sia in grado di segnare un periodo di tregua nel quale vengono bandite tutte le polemiche interessate, pretestuose e dannose all’immagine della città. Un’edi-zione in grado di essere capace di veicolare Agrigento come un centro culturale e turistico in grado di conquistarsi una posizione di spicco tra le più interessanti mete del Mediterraneo.

Salvatore Pezzino

“Progetto sicurezza”

Licata �

Su iniziativa dell’Associazione Centro 3P – Coop S. Daniele Comboni, presieduta da padre Gaspare Di Vincenzo, è stata inaugurata e bene-detta, a Licata la Casa Accoglienza per minori immigrati “La Rete”.

La struttura, che sorge in via Nigra, nel quar-tiere Oltremonte, ospita tredici giovani immigra-ti. La stessa è stata acquistata con i soldi ricevuti dalla Prefettura per l’accoglienza del 2005/2006, grazie all’accordo, a suo tempo sottoscritto, con l’ex Prefetto, Bruno Pizzuto.«Oltre l’iscrizione dei minori a scuola – ha spiegato padre Gaspare in occasione del suo intervento di saluto alle autori-tà e presentazione del progetto dall’“Accoglienza

al riscatto e alla liberazione” – per l’alfabetizza-zione ed il conseguimento di un titolo di studio, considerato che ci sono dei ragazzi che non sono mai andati a scuola, abbiamo dato inizio a dei corsi, di 20 ore settimanali, di avviamento al lavo-ro nella filiera agro-alimentare per i ragazzi e spe-riamo di avviare quanto prima dei corsi di taglio e cucito e di cucina per le ragazze, in modo che si dia loro una certa sicurezza e una speranza di trovare lavoro al compimento della maggiore età”. a proposito di solidarietà e di aiuto ai più deboli, va ricordato che sempre su iniziativa del Centro 3P, Licata ospita anche una delle tantissime sedi italiane ed estere della Comunità Incontro fon-

data da don Piero Gelmini, mentre, a livello cittadino, sempre grazie ad una siner-gia del Comune con la Pre-fettura di Agrigento, la città è ha organizzato anche una sede destinata alla primissi-ma accoglienza dei migranti irregolari che sbarcano sulle nostre coste alla ricerca di quella dignità di persona che viene loro nelle terre d’origi-ne a causa di tutta una serie di fattori negativi.

inaugurata la casa per minori immigrati

raffadaLi �

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Società �L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009

Lettera aperta all’Ass.Russo

Due tra-smissio-

ni sulla stessa persona: Elua-na Englaro; due modi diversi di fare informazio-ne e, quindi, di formare la coscienza. Sa-bato sera su RAI 3 Fabio

Fazio intervista Beppino Englaro. Lo fa timidamente senza contraddittorio, offrendo solo un supporto alla tesi di fondo; alla fine uno scrosciante applau-so corona la testimonianza.

Quale è la tesi? La vita è libertà! Nes-suno può impedire questo esercizio. Per questo l’Italia sarebbe un Paese in-civile, perché non si permette ancora ad una sentenza, passata in giudicato, di essere applicata. La sentenza è quella di morte per Eluana.

Ecco, allora, che alla luce della tesi di fondo si piega tutto: l’alimentazione e l’idratazione sarebbero forzate e, quin-di, sarebbero un presidio terapeutico. Compito dei giudici è quello di garan-tire a ciascuno di porre fine alla propria esistenza, senza discriminazioni. Sì, perché sarebbe una discriminazione il fatto che una persona sana può to-gliersi la vita, mentre una in stato ve-getativo persistente non può farlo. Si

parla di Eluana, che oggi ha 38 anni, al passato: chi era, cosa diceva da più gio-vane, etc. È evidente che chi ha seguito la trasmissione senza senso critico si è convinto che, ormai, Eluana non c’è più, che la vita è degna di essere vissuta solo se in salute, che la libertà è il diritto fondamentale.

Un po’ più tardi, è andata in onda su SAT 2000 una trasmissione dal titolo “Eluana: la parola, la storia, le speran-ze”. Tutto altro clima. La vicenda è stata presentata nella sua oggettività scien-tifica: hanno parlato primari, medici, infermieri, volontari per spiegare e rac-contare. Spiegare che Eluana non subi-sce alcuna violenza, in quanto il sondi-no la alimenta con cibi normali e non con medicine! Non c’è alcuna spina da staccare, perché non è attaccata a nes-suna macchina. Raccontare che ha una sua vita: dorme e si sveglia; è visitata, è aiutata nelle cose di cui ha bisogno, è seguita nei movimenti; nelle belle gior-nate è accompagnata in giardino. Le tante persone che le stanno vicino non sono arrabbiate, sono contente di pren-dersi cura di lei e non pensano mini-mamente di porre fine alla sua esisten-za. Sanno benissimo che, procurarle la morte, comporterebbe farla morire di sete e di fame. Quale è la tesi di questo secondo programma? Che la vita è re-sponsabilità. Vivere, cioè, è prendersi cura dell’altro con tutti i mezzi umani, oggi a disposizione. La responsabilità

si estende alle tante e ai tanti “Eluana”: che ne sarà di loro se in Italia si giungesse all’eutanasia? Divie-ne, la responsabilità, coscienza critica nei confronti di una sen-tenza, l’unica, che si espressa, dopo tante di segno opposte, a favore della morte di Eluana. A queste persone occorre dare voce. Preoccu-pa, al contrario, come l’informazione dominante trascuri queste voci e faccia parlare sempre gli stessi. Non è un se-gnale positivo, perché, oltre ad andare contro il dovere dell’oggettività nell’in-formazione, crea un’opinione pubblica favorevole alla cultura di morte.

Ai media cattolici è chiesto oggi uno sforzo notevolissimo per dare un’infor-mazione contro corrente. Forse si pre-para uno scenario nuovo di intervento. Negli anni addietro, si guardava con fiducia tutti i mezzi di informazione, a motivo della capacità di raggiungere la gente; si cercava di essere presenti lì come credenti. In questo momento, bisogna registrare una sorta di censura attraverso i media del pensiero di ispi-razione cristiana. Sì, i mezzi di comu-nicazione possono davvero “censurare”, cioè escludere dall’informazione, chi vede le cose in modo diverso. Allora,

chi su temi eti-ci oggi fonda-mentali, non si ritrova in quello che giornali e te-levisioni dicono, può attingere con fiducia all’infor-mazione catto-lica. È di qualità, perché – si è visto sabato – presenta dati oggettivi e dà voce a tanti. Oc-corre investire, ancora di più, sul-l’informazione, di modo che le tele-visioni siano ac-cessibili il più possibile, i giornali diffusi capillarmente e i siti internet aggiornati un tempo reale. I media cattolici posso-no creare tra le persone una rete, che si costituisce come vera e propria cultura

della vita, alternativa a quella di morte. Sicuramente, in questa rete si troveran-no a casa anche quelle persone che non professano la fede cristiana, ma hanno a cuore la sorte dell’uomo.

Marco Doldi

TV E E TEMI ETICI L’informazione di Sat2000 e quella della Rai

Eluana c’è ancora

Il Movimento per la Vita ed i Cen-tro di Aiuto alla Vita della Provincia di Agrigento, manifestano il loro dissenso per la sorte che si intende riservare a

Eluana Englaro. Non ci è dato sapere se, nelle sue attuali condizioni, sia cosciente e fino a che punto. Eluana, però, per vivere non ha bisogno di alcuna cura, non è attaccata a nessuna macchina e non subisce alcun accanimento terapeutico. Soltanto ha bisogno di essere alimentata attraverso un sondino. Una sentenza della Corte di Cas-sazione ha autorizzato, in questi giorni, la sospensione della nutrizione e dell’idratazione della giovane. Auspi-chiamo che al più presto il Governo Italiano possa varare una legge che stabilisca i limiti del potere della Magistra-tura e salvaguardi la dignità della vita umana.

Cosa rappresenta, in fin dei conti, la disputa sul gas tra Russia e Ucraina, che tie-ne in sospeso l’intera Europa e che costringe alcuni paesi dell’est a chiudere le scuole per il freddo o a immagina-re di riaprire vecchie centrali nucleari dismesse per au-mentare la capacità energeti-ca nazionale? Si tratta ancora

una volta della prova che la “globalizzazione” è un dato reale, che ha a che fare con la geopolitica, con le dinami-che mondiali dell’economia, della demografia o della cul-tura, ma che al contempo ri-cade sulla vita quotidiana di ciascuno di noi. Nelle steppe russe si estrae il combusti-bile, fra le incolte distese ucraine transitano i gasdotti, e nelle nostre case - Mosca e Kiev permettendo - possia-mo accendere i termosifoni oppure far bollire l’acqua per la pasta. In mezzo, però, ci sono la dipendenza ener-getica dell’Ue, le relazioni internazionali, gli interessi dei giganti che pompano e vendono l’”oro blu”.

Se in politica estera l’Unio-ne europea sta ancora cer-cando una propria strategia (Gaza ne è una dimostrazio-ne), sul versante della politi-ca energetica l’Europa è an-cora più lontana da una linea unitaria ed efficace. E anche i grandi progetti annunciati tempo fa dalla Commissione Barroso e da vari summit a

Bruxelles restano, per il mo-mento, sulla carta.

In realtà l’Europa occiden-tale e centro-orientale con-suma tanta, troppa energia e non ha maturato - anche in considerazione di oggettive carenze naturali - una pro-pria strategia produttiva e commerciale che la renda il meno possibile dipendente dalla Russia, dall’Algeria, dai paesi arabi e da altre fonti di approvvigionamento “oltre frontiera”. Questo è il primo punto che emerge in questi giorni e che, superata la nuo-va emergenza, andrà posto in cima all’agenda dei Venti-sette. Una seconda certezza che si evidenzia dall’ultima disputa che vede protago-

nista la Russia di Putin e di Medvedev, è che il grande paese euroasiatico non può essere considerato un part-ner pienamente affidabile, né sul piano politico né su quello militare e neppure dal lato economico. La Russia, che pure ha ragioni plausibili nella vertenza con l’Ucrai-na, ha troppe cause aperte e altre maturano a ogni pie’ sospinto. Così gioca a poker con le repubbliche baltiche per vecchie ruggini legate alla storia e all’eredità co-munista; attua un braccio di ferro con Polonia e Repub-blica ceca per via dei missili americani; protegge il regi-me di Minsk a scapito della libertà dei bielorussi; invade la Georgia per difendere regioni che invocano l’indi-pendenza; litiga costante-mente con le repubbliche ex sovietiche dell’Asia cen-trale; tiene la Cecenia sotto tiro… E gli esempi potreb-bero continuare.

Si può immaginare che le motivazioni di tanti conten-ziosi risiedano negli interessi e nei “giochi” internazionali. Ma parimenti andrebbero considerate le condizioni “interne” della democrazia russa.

Perché se un paese, anzi un grande paese, non accetta pienamente in casa propria le regole della disputa demo-cratica, è poi tentato di agire sulla scena mondiale come un battitore libero, allergico a quelle regole di convivenza internazionale più che mai necessarie nell’era globale. È un problema, questo, che ri-guarda molti Stati. E la Rus-sia non fa eccezione.

Dietro la disputa del Gas

continua dalla primadi questi ritardi burocratici. Proporre un’ulteriore

tassa di 50 euro sarebbe un premio all’inefficienza, mentre bisogna arrivare a semplificare leggi e dispo-sizioni applicative.

Sono di pregiudizio al livello occupazionale, specialmente in questo periodo di crisi: chi dice così non si rende conto che in molti settori (assistenza familiare, edilizia, agricoltura, servizi di pulizia) la ve-nuta meno degli immigrati sarebbe un grave proble-ma, anche nella fase attuale che senz’altro sta peggio-rando il quadro ma non è destinata a durare in eterno. Inoltre, è da tempo che gli immigrati creano essi stessi lavoro e, al ritmo di 20.000 nuove aziende l’anno nel-l’ultimo quinquennio, sono arrivati ad avere 165.000 imprenditori, il che equivale, tenendo conto anche dei soci e dei dipendenti e di altre figure occupate, a una movimentazione occupazionale di circa mezzo mi-lione di persone. Così come hanno preso da noi, ora stanno restituendo.

Non vogliono integrarsi e ci stanno invadendo

dal punto di vista religioso. Tenuto conto che metà degli immigrati sono cristiani (anche se non tutti cat-tolici), ne conseguirebbe che noi paradossalmente ci sentiamo invasi da fratelli nella fede. La paura di fron-te a un terzo di musulmani tra i 4 milioni di immigrati non si vince con l’avversione e la mancanza di rispet-to, bensì con un maggior radicamento nel Vangelo di Cristo. Quanto alla indisponibilità a integrarsi degli immigrati a integrarsi tutte le ricerche dicono il con-trario: sono come noi, vogliono vivere con noi, si vo-gliono far apprezzare da noi. Non costruiamo la loro immagine sulla base dei reati commessi da alcune loro frange, così come noi non vogliamo essere equipara-ti ai delinquenti e ai mafiosi. E allora? Lo slogan della Giornata delle Migrazioni ci ricorda che possiamo considerarli fratelli, aiutandoli a inserirsi nella nostra società, apprezzandoli per il bene che fanno e preve-nendo eventuali comportamenti devianti: come se fossero italiani, come membri della famiglia di Dio.

Franco Pittau

GAs

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Luciano Siortino, nostro lettore di Sciacca

È cronaca recente - a volte anche nera -, sentire che il Servizio sani-tario nazionale, in regime di con-venzionamento pubblico o privato, non risponda alle aspettative dei cittadini. È cronaca recente sen-tire di lunghe liste d’attesa presso i nosocomi della nostra provincia; di qualità scadente dei servizi erogati; di carenze di personale sanitario (medico e infermieristico); di servi-zi ambulatoriali depennati per in-sufficienti fondi spesa; di faraonici emolumenti erogati a manager di Aziende Ospedaliere; della diffi-coltà del privato convenzionato a supplire alle carenze del pubblico per «baget spesa» assegnati dalla regione superati; servizi di preven-zione di patologie tumorali o l’ac-compagnamento di pazienti con identiche patologie presso struttu-re convenzionate attrezzate svolti da associazioni di volontariato (vedi LILT Lega Italiana per la lotta al tumore).

Qui mi fermo perché l’elenco dei disagi e delle difficoltà dei poveri cittadini, figli di nessuno, sarebbe

tanto lungo da includere l’intera lettera.

Ciò posto, devo confessarle con orgoglio le mie radici: io sono figlio di contadini e il mestiere di mio padre mi ha insegnato che la po-tatura dell’albero è necessaria per-ché produca più frutto e di qualità migliore, tuttavia ritengo che vi sia anche una tempistica nell’azione della potatura.

Chi riveste un ruolo di guida, controllo e indirizzo, e lei lo è, in quanto responsabile della sanità in Sicilia sa dove sono i tralci che non portano frutto, sa dove sono gli sprechi (manager che non solo non hanno tagliato le spese del 10%, ma addirittura hanno incrementato il debito di circa € 300.000.000; i viag-gi della speranza nel corso del 2008 sono aumentati rispetto al 2007).

Vorrei segnalarle qualche crite-rio sia nel settore privato che nel pubblico:

1. Qualità nei servizi sanitari, sia pubblico che privato convenziona-to;

2. Incentivare investimenti in apparecchiature per il privato, che, me ne renderà ragione, sono cor-relati alla qualità del servizio, ta-gliando quelli con apparecchiature

datate;3. Controlli a tappeto sulle mo-

dalità in cui le strutture convenzio-nate erogano il servizio (personale specializzato);

4. Accesso degli esterni ai servizi offerti dai nosocomi

5. Infine vorrei ricordarle che tutti i tralci di qualunque provincia della nostra terra, sono legati alla medesima vite e che pertanto non possono esserci figli di serie A e fi-gli di serie Z.

Finisco questa mia ricordandole che purtroppo nella foga di pulizia e di taglio abbiamo buttato anche il bambino che avevamo portato dentro la bacinella. Enorme è stato il danno alle famiglie già disagiate perché non arrivano alla terza set-timana, qui e in provincia di Agri-gento alla seconda, che necessita-vano di indagini specialistiche, o servizi di accompagnamento pres-so il capoluogo per il trattamento di patologie oncologiche.

L’aspetto drammaticamente co-mico di quanto sopra è che, pur-troppo - dobbiamo ammetterlo - mentre nel resto d’Italia si parla di sanità di serie A da noi si parla di sanità per gli amici, per gli amici degli amici e per chi ha soldi.

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� L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009Vita Ecclesiale

Crescono ogni giorno sempre di più i rapporti sociali e religiosi tra i riberesi e la nutrita colonia di immigrati provenienti soprattutto dai Paesi dell’ ex Est Europeo.

Nei giorni scorsi, per le festività nata-lizie, si è puntato sul dialogo ecumenico tra cattolici e rumeni appartenenti al rito ortodosso.

L’incontro si è svolto presso la chiesa di San Francesco d’Assisi dove il parroco, don Antonio Nuara, ha messo a disposi-zione la chiesa e i locali della parrocchia per permettere ai rumeni di poter celebra-re il loro Natale con un prete arrivato ap-positamente da Palermo. Jonel Barbarasa, rumeno, titolare di una parrocchia nel ca-

poluogo siciliano, ha celebrato messa nella chiesa di San Francesco alla presenza di un nutrito gruppo di giovani connazionali, di alcune famiglie che vivono per lavoro a Ri-bera dove si stanno integrando nel tessuto sociale, economico ed anche religioso. É stata una funzione religiosa molto intensa che è stata celebrata in buona parte in lin-gua rumena, con diversi passaggi, soprat-tutto nell’omelia, anche in italiano.

É il secondo anno che padre Jonel Bar-barasa celebra la funzione religiosa natali-zia a Ribera per i suoi connazionali. Viene pure due volte al mese per le funzioni reli-giose e anche per i sacramenti del battesi-mo e della comunione.

Un altro prete palermitano sem-pre di rito ortodosso si reca pe-riodicamente a Canicattì dove c’è un’altra nutrita colonia di rumeni.

«É un modo per agevolare l’in-

tegrazione sociale e religiosa – ci dice don Antonio Nuara dopo avere accolto la de-legazione nella canonica – noi mettiamo a disposizione la nostra chiesa e siamo disponibili a venire incontro alle necessità, di qualsiasi tipo, della comunità rumena che, a Ribera, è molto numerosa e che in-vitiamo a frequentare la nostra parrocchia per far crescere il centro di aggregazione e per migliorare il dialogo ecumenico, già in fase avanzata”».

Enzo Minio

Un natale memorabile La guerra (1939 – 45), era scoppiata, e tutto faceva pre-

vedere che, in quegli anni terribili, la rigida Regola del Semi-nario, quasi da monastero benedettino, avrebbe dovuto subìre una qualche flessione.

Il necessario, scarseggiava per tutti. Si era ormai alla sopravvivenza. Riuscire ad assicurare il “pane quotidiano” per una comunità di oltre duecento persone, il Rettore F. Jacolino, si rendeva conto che diveniva ogni giorno sempre più diffici-le. Se si voleva che il Seminario continuasse a restare aperto e proseguire la scuola, bisognava che non solo le famiglie dei Seminaristi, ma l’intera comunità diocesana, prendesse seria-mente coscienza di dovere aiutare in tutti i modi per non far soffrire la fame agli alunni.

Fu così che, quell’anno (1940), alla vigilia di Natale, il Ret-tore – adunati i Seminaristi – esortò tutti a cercare un qual-che mezzo che permettesse di raggiungere il proprio paese e trascorrervi alcuni giorni, con l’impegno imprenscindibile di tornare con la retta mensile ed altri beni di consumo.

Trascorrere qualche giorno in famiglia, durante le va-canze di Natale, nessuno se lo sarebbe sognato. Quelli dei paesi più vicini, si diedero freneticamente da fare per trovare un carretto, mentre i più intraprendenti si avviarono a piedi sapendo di poter coprire la distanza con qualche ora di cam-mino e arrivare prima di notte. Il problema più difficile era per i lontani (Menfi, Sciacca, Montevago…). Miracolosamente, in-fatti, quelli della zona orientale della montagna (Santo Stefano, Raffadali, Cianciana…), erano riusciti a reperire un camion.

Ecco il racconto che l’intraprendente Don Filippo Maria Buonanno, allora quattordicenne, fa del suo avventuroso viag-gio in quella notte straordinaria: “Supplicai quelli di Raffadali di concedermi un passaggio fino al loro paese. Pensavo, infatti, di poter proseguire a piedi fino al mio Sant’Angelo Muxaro.

“Il desiderio e la possibilità di potere riabbracciare i miei genitori e i miei fratelli entro la mezzanotte, e ricrearmi lo spi-rito al suono delle campane a festa in quella Notte beata, mi avevano messo un vero fuoco dentro.

“Fidavo nella dimestichezza che avevo con le scorciatoie e i sentieri percorsi tante volte a dorso di mulo o in carretto. Sceso dal camion a Raffadali (avrebbe proseguito sulla nazionale fino a Bivona), deciso e felice, mi avviai verso Sant’Elisabetta per poi continuare verso il mio paese attraverso i sentieri conosciuti. La gioia di poter fare una “sorpresa” non solo a Papà, Mamma, fratelli e sorelle, ma anche al mio cane Pirro, che, rivedendomi dopo tanti mesi, sarebbe impazzito dalla gioia – l’avevo alleva-to io e avevo scelto quel nome in onore del re che aveva affron-tato la prepotenza dell’esercito romano -, mi rendeva euforico.

“I circa dieci chilometri di strada per Sant’Elisabetta, li ave-vo percorsi quasi di carriera. Bisognava ora percorrerne altri venti per arrivare a casa. Il sole era già tramontato, giorni pri-ma la pioggia era caduta abbondante, ora non si temeva piog-gia, ma il freddo pungeva non poco. Mi avvolsi nel mantelletto e via. Mi sentivo ancora le gambe energiche, ma, nell’avviarmi per la mulattiera, mi resi conto che non sarei arrivato prima di mezzanotte. Non intendevo, tuttavia, né desistere (non avevo altra scelta), nè scoraggiarmi, anche se le scarpe spesso affonda-vano nella mota e le pozzanghere, non previste, si permettevano di schizzarmi l’acqua fino in faccia senza risparmiare le falde della tunica rendendola più pesante. E non era il solo fastidio: da qualche casupola, i cani mi venivano incontro abbaiando furiosamente e, sinceramente, mi facevano paura. Sperare nel soccorso di qualche passante, in quella notte, sarebbe stato un vero miracolo. Decisi allora, per maggiore sicurezza, di lasciare i sentieri e percorrere lo stradale. Per farmi coraggio, mi descri-vevo la gioia dei miei, sorpresi nel vedermi così all’improvviso; richiamavo alla mente gli ultimi scherzi con i miei compagni; infine, il miglior rimedio per ingannare la stanchezza, ritenni fosse quello di sentirmi in compagnia di Maria e Giuseppe che, faticosamente, si dirigevano verso Betlemme. Presi a cantic-chiare la Novena di Natale, la conoscevo tutta in latino: “Re-gem venturum Dominum, venite adoremus (venite, adoriamo il Re e Signore che sta per venire)”. Il canto, spesso, mi moriva in gola o diventava traballante al ritmo delle mie gambe ormai malferme.

“La stanchezza cominciava a dominarmi. Comprendevo che di strada ce ne era ancora parecchia. Sarei arrivato en-tro mezzanotte? Che ora era? Non si pensi che potessi avere un orologio. A quel tempo, era un genere di lusso per pochi. Guardavo anche qualche stella, ma non avevo la scienza dei Re Magi. Cominciai a fermarmi sempre più spesso per prendere fiato. Le gambe erano tutte un formicolìo. Oh Dio! E se dovessi svenire? Allontanai quel brutto pensiero quasi con rabbia.

“Per grazia del Bambino che stava nascendo, non svenni, e sono sicuro che anche Sua Madre mi coprì col Suo Manto per scaldarmi e darmi forza.

“Arrivai, finalmente. Mi buttai addosso alla porta di casa e, con le residue forze, mi diedi a bussare e chiamare. Nes-suno rispondeva. Solo il cane, il mio Pirro, prese ad abbaiare con forza, tanto da svegliare, provvidenzialmente, il vecchio Turi che abitava accanto. Affacciandosi, mi grida: “Chi è là?”. Implorai: “Dove sono i miei?”. “Sono in chiesa, per la Messa di Mezzanotte”.

Mi avviai e, dopo pochi passi, vidi che mi venivano incontro. Mia madre corse ad abbracciarmi piangendo, anche per il mi-sero stato in cui mi vedeva ridotto. Tralascio il resto. Non ebbi voglia di mangiare, non di parlare né di spiegare nulla. Avevo bisogno solo di dormire e andare tra gli Angeli a cantare”.

Anni verdi in Seminarioa cura di Stefano PirreraCon il nuovo anno inizia

anche la seconda tappa dell’Anno pastorale 2008/2009 che, su iniziativa dell’Arcive-scovo, Mons. Francesco Mon-tenegro, la Chiesa agrigentina ha voluto dedicare interamen-te all’Ascolto.

Conclusa la prima tappa con le Assemblee parrocchiali, nelle quali le realtà parrocchia-li hanno fatto il punto della situazione pastorale venuta fuori da mesi di confronto e di attenta verifica, si avvia adesso un cammino che terminerà, nel prossimo mese di marzo, con l’Assemblea Foraniale.

«Si tratta di mettere insieme - dichiara il Vicario Genera-le, mons. Salvatore Muratore - le riflessioni sui documenti parrocchiali, di leggerli con lo sguardo e il cuore di chi vuole scrutare, dentro le pieghe del raccontarsi delle comunità, quali sono i segnali che Dio sta suscitando per dare un volto nuovo alla nostra Chiesa ed un

impulso dinamico all’evange-lizzazione».

Il lavoro da svolgere è an-cora tanto. Raccolti i docu-menti di sintesi elaborati dai Consigli Pastorali Parrocchiali e approvati dalle Assemblee Parrocchiali, i Vicari Foranei e il Dipartimento Pastorale Diocesano dovranno adesso dare l’avvio al discernimento comunitario nella forania, con-vocando un gruppo di lavoro composto dai presbiteri, i dia-coni e due laici per parrocchia dell’intera forania. Compito di questo gruppo di lavoro sarà quello di tentare una lettura comunitaria dei documenti presentati dalle parrocchie e provare a sollecitare una rispo-sta comunitaria alla seconda domanda sul discernimento proposta dalla diocesi, al fine di elaborarne una sintesi che sarà presentata in seno all’As-semblea Foraniale di marzo.

«La domanda proposta come traccia per la riflessio-

ne di questa seconda tap-pa dell’Anno de l l ’A s co l to - dichiara don Mimmo Zam-bito, Vicario per la Pasto-rale – è molto stimolante: ci si chiede di guardare alla nostra realtà ecclesiale con uno sguardo che sia atten-to ai segni dei tempi, per scorgere la reale presenza di Dio nella nostra storia e fondare il futuro della nostra Chiesa su una rinnovata speranza. La pista di riflessio-ne proposta ci chiede anche di vagliare i segnali preoccupanti che meritano attenzione e che richiedono l’individuazione di nuove piste per un più ef-ficace annuncio del Vangelo. Sarà certamente un’occasione

di grazia: la Chiesa è il segno che vi è una sola umanità. Dio continua a condurre il suo po-polo, anche attraverso i segni dei tempi. Fermandoci a leg-gere i segni con i quali Dio si fa presente nella nostra storia, riusciremo a guardare con se-renità e obiettività al cammi-no compiuto per definire con nuovo slancio i prossimi passi della Chiesa agrigentina».

Valerio Landri

Laboratori di comunioneanno deLL’ascoLto Al via la seconda tappa del cammino diocesano

dedicazione della chiesa Madre

RIBeRa Rapporti sociali e religiosi con la comunità rumena

In dialogo ecumenico

SOP

Nelle scuole per operatori pastorali saranno presenti i vicari episcopali di settore, per accompagnare il mini-stero proprio del vicariato Foraneo. Due schede offriranno la proposta dei relativi contenuti.I primi appun-tamenti per questio mese di gennaio sono i seguenti:- Montevago, lunedì 19, padre Kolbe, ore 18.45;- Agrigento, lunedì 19, B.M.V. della Divina Provvidenza, ore 18.45;- Cammarata, lunedì 19, S. Maria, ore 18.45;- Alessandria della Rocca, martedì 20, P. Passionisti, ore 18.45;- Licata, martedì 20, Chiesa Madre,ore 18.45;- Lampedusa, martedì 20, Chiesa Madre, ore 18.45;- Palma di Montechiaro, mercoledì 21, Collegine, ore 18.45;- Ribera, mercoledì 21, Chiesa del Rosario, ore 18.45;- Canicattì, mercoledì 21, Vocazioniste, ore 18.45;- Racalmuto, mercoledì 21, Centro p. Arrigo, ore 18.45;- Campobello di Licata, giovedì 22, Ist. Anna Bella, ore 18.45;- Porto Empedocle, giovedì 22, Chiesa del Carmine, ore 18.45;- Sciacca, venerdì 23 gennaio Chiesa Madre, ore 18.45.

Ritiro SpiritualeVenerdì 23 gennaio alle ore 10.00 presso il Seminario Arcivescovile di Agrigento si terrà il consueto ritiro spirituale zonale rivolto ai diaconi ed ai presbiteri.

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ioce

si

s.eLIsaBetta

Nella solennità di Santo Stefano, patrono di Santa Elisabetta, Sua Ec-cellenza Mons. Francesco Montene-gro, Arcivescovo di Agrigento, ha pre-sieduto la Liturgia Eucaristica e il Rito della dedicazione della Chiesa Madre, con la consacrazione del nuovo altare, dopo la conclusione dei lavori di re-stauro, durati alcuni anni, operati per il ripristino della solidità della struttu-ra portante.

L’evento, di portata storica per la piccola comunità sabettese, ha rap-presentato un momento forte di ele-vazione spirituale e comunione.

Ricostruire la propria Chiesa ha assunto, nel tempo, un valore partico-larmente significativo: il gesto d’amo-re dei fedeli verso le solide radici della fede cristiana, che ha spinto i nostri padri alla costruzione dell’edificio ec-clesiastico, è sfociato in un desiderio profondo di unità che si esprime in un rinnovato entusiasmo, in momenti di

gioia e di condivisione e in una ine-sauribile voglia di autentica concreta fraternità.

Raccogliersi intorno al proprio Ve-scovo e a Don Calogero, stringere con cordialità e simpatia le loro mani, gioire insieme è stato il modo più semplice, ma autenticamente senti-to di esprimere da parte di ognuno il proprio grazie: grazie per la presenza, grazie per la guida solerte e attenta, ma, soprattutto grazie per il sostegno insostituibile che da pulsione vitale a un ritrovato rinnovamento interiore e comunitario.

Daniela Maspero

É stato presentato sabato 3 gennaio presso la sala parrocchiale della Chiesa Madre di S. Stefano Quisqui-na il libro di preghiere “Insieme per lodare il Signore”. La presentazione è stata impreziosita dagli interventi di due stefanesi eccellenti: il prof. Salvatore Ferlita, critico letterario; don Angelo Chillura, Parroco della Basilica Immacolata di Agrigento.

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Vita Ecclesiale �L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009

a cura di Gino FaragoneII Domenica del Tempo OrdinarioFedeltà alla ricerca

«Ecco,

Signore,

io vengo per

fare la tua

volontà»

la Parola

“Gesù si voltò e, osservan-do che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?» Gli risposero: «Rabbì, dove di-mori?» Disse loro: «Venite e vedrete»”( Gv 1,38-39)

Giovanni il Battista si av-via alla conclusione della sua missione, davanti alla luce vera lui rientra nell’ombra e presenta ai suoi discepoli Gesù come l’Agnello di Dio. Certo ha faticato non poco per riconoscerlo, mischiato tra la folla dei peccatori e ov-viamente non aveva previsto di incontrarlo in mezzo ai pe-nitenti che affollavano la riva del Giordano dove egli ammi-nistrava il battesimo. La scena che segue è davvero una bella lezione di psicologia. Gesù ac-cortosi di essere seguito inter-roga i due: «Che cosa cerca-te?». Una domanda che rivela

il profondo rispetto che Gesù ha nei confronti della nostra umanità. Noi siamo uomini alla ricerca di risposte ai pro-blemi seri della vita. Il dialogo inizia a partire dalla richiesta dei due discepoli, dalla loro ricerca e dunque dai loro bi-sogni. Sono le prime parole di Gesù che incontriamo nel quarto vangelo e lo stesso at-teggiamento ritroveremo a conclusione dello stesso van-gelo nell’incontro che Gesù risorto avrà con Maria Mad-dalena alla ricerca di un cada-vere (20,15). L’iniziativa parte da Gesù, ma è importante per l’uomo cogliere il momento favorevole in cui egli passa. Cercare ovunque e sempre. E’ un insegnamento preciso che l’evangelista vuole trasmetter-ci: l’invito a cercare sempre, a non fermarci davanti alle pri-

me difficoltà, a chiedere infor-mazioni a chi lo ha già incon-trato. Assetati di verità che ci sfuggono, non possiamo bloc-carci in una contemplazione statica, ma dobbiamo metter-ci in cammino in una conti-nua ricerca. Riconosciamo al vangelo di Giovanni una forte accentuazione contemplativa, ma vogliamo ricordare anche che la vera contemplazione, come già insegnavano i saggi maestri medioevali, non è una fuga dalla storia, ma un gesto di amore verso la realtà. La contemplazione è ricerca ap-passionata della vita. I perso-naggi del vangelo di Giovanni, da Andrea a Nicodemo, alla Samaritana sono fortemente caratterizzati come cercatori di Dio. Ogni vocazione regi-stra nel suo conto una ricerca di Dio, preceduta da un suo

profondo sguardo. Occorre dunque cercare Dio, seguir-lo, fermarsi con lui nella sua casa per imparare a conoscer-lo meglio. Progressivamente sapremo riconoscerlo come rabbì, poi come l’agnello di Dio e infine come il Messia, il Cristo salvatore.

Dobbiamo però registrare anche una ricerca ambigua, come quella della folla, che dopo la moltiplicazione dei pani rincorre Gesù per farlo re e quell’altra ricerca confusa della notte del Getsemani di chi è andato per catturarlo.

La ricerca e successiva-mente la sequela devono fare i conti con il facile entusia-smo, con i momenti carichi di emotività e con l’insicurezza e la paura per il futuro. La pagi-na del vangelo ci propone la vocazione di Andrea, ma vuo-

le anche sintetizzare il profilo del vero discepolo, che è colui che cerca, accoglie la testimo-nianza del Battista, va, vede, sta e diventa testimone del maestro. L’incontro autentico con Gesù trasforma davvero radicalmente la vita di An-drea, che si reca subito dal suo fratello Simone per dirgli: Abbiamo trovato il Messia e lo conduce da Gesù. La chia-mata genera chiamata. L’en-tusiasmo di Andrea convince Simone ad andare e «Gesù fissando lo sguardo su di lui disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa, che significa Pietro”». Nella prima scena è il Battista ad indicare Gesù, nella secon-da è un chiamato, un discepo-lo che diventa testimone e fa propaganda presso il fratello Simone.

Terra sanTa Il patriarca emerito di Gerusalemme, Michel Sabbah sulla guerra a Gaza

non si uccidono le idee Agenda dell’Arcivescovo

Venerdì 16 Gennaio

17.00 Agrigento - Palazzo Vescovile Presiede il Consiglio Pastorale Diocesano

18.30 Agrigento - Biblioteca Lucchesiana Partecipa all’incontro promosso dal Lions con la Protezione Civile Provinciale e Regionale

Sabato 17 Gennaio

18.30 Agrigento - Hotel Akrabello Partecipa ad un incontro di solidarietà promosso dal Movimento Cristiani Lavoratori

domenica 18 Gennaio

09.00 Agrigento - Palazzo Vescovile Partecipa al Consiglio Diocesano dell’Azione Cattolica Diocesana

16.00 Canicattì - Palazzetto dello Sport Interviene al raduno diocesano del Rinnovmento nello Spirito

20.00 Agrigento - Chiesa San Domenico Conclude la Fiaccolata della Fraternità promossa da Caritas Diocesana in occasione della Giornata del Migrante e del Rifugiato

Lunedì 20 Gennaio

10.00 Casteltermini - Scuola De Cosmi Incontra gli alunni in occasione della

La scena è sempre la stessa, i pellegrini che

si avvicinano alla piazza del-la Mangiatoia per entrare nella basilica della Natività e frotte di venditori, giovani e vecchi, che si affannano ad andare loro incontro per

piazzare la merce, collane, bracciali, kefiah e cartoline. Nei pressi della ‘Porta dell’umiltà’, alta solo 1 metro e 20 che li costringe ad abbassar-si per entrare, i pellegrini sono attesi da alcuni fotografi che li spingono in un angolo per una inattesa ‘foto di gruppo’. Gaza sembra lontana, ma poi a guardare bene, le inferriate della atti-gua Casa Nova palace, hotel gestito dai france-scani della Custodia di Terra Santa, sono tutte piene di cartelli inneggianti alla fine della guerra nella Striscia e alla libertà per i palestinesi. Al momento il conflitto, scoppiato il 27 dicem-bre contro Hamas con l’operazione israeliana “Piombo fuso”, non sembra influire molto sul flusso dei pellegrinaggi, che anche per il 2009, si annuncia in aumento, dopo un 2008 da record. In questa atmosfera incontriamo, a Betlemme, il patriarca emerito, Michel Sabbah. L’intenzione era quella di parlare del rinascente movimento di pellegrini, con le sue benefiche conseguenze per la popolazione palestinese e soprattutto per i cristiani, sempre più propensi ad emigrare per rifarsi una vita migliore. Ma Gaza non è così lontana come sembra…

Niente di nuovo. “Anche questa volta la vio-lenza porterà a un nulla di fatto. I missili conti-nueranno a cadere e Israele non avrà la sicu-rezza che cerca. Un’idea non si combatte o si persegue con la violenza”, afferma convinto Sabbah che di guerre a Gaza e in tutta la re-gione ne ha viste diverse in 20 anni alla guida del Patriarcato, lui il primo palestinese a esse-re stato nominato patriarca latino di Gerusa-lemme. “Ciò che sta accadendo nella Striscia non è nuovo. Più volte, e sempre con lo stesso scopo, e cioè distruggere Hamas e ottenere si-curezza, Israele è penetrato a Gaza ma senza nessun risultato. I missili sono tornati a cadere su Israele anche dopo il ritiro dell’esercito con la stella di David. In questo caso l’attacco è di più vaste dimensioni, con centinaia di morti e migliaia di feriti, ma anche stavolta sarà inutile poiché una idea non si combatte con le armi”.

Il fallimento dell’occupazione. La strate-gia di Israele è tutta da bocciare per il patriar-ca emerito che nei tanti suoi discorsi, omelie e documenti, ha sempre puntato l’indice contro l’occupazione israeliana, senza tuttavia di-sconoscere mai il diritto alla sicurezza dello Stato ebraico. Sabbah puntualizza: “potranno uccidere tutti i capi di Hamas ma altri ne sor-geranno. Israele ha diritto alla sicurezza ma dimentica che anche il popolo palestinese ha diritto alla sua. Anzi ne viene privato proprio da Israele e per questo ci sono delle reazioni. L’occupazione dei territori palestinesi può essere permanente, andare avanti ancora per

lungo tempo, ma il popolo palesti-nese non pazien-terà. I palestinesi hanno provato le vie della pace: sono due anni che l’Autorità palestinese parla di pace e di ne-goziati, malgra-do ciò i soldati israeliani entrano nelle città pale-stinesi uccidono e fanno prigio-nieri”. Tra le cau-se della presente situazione Sab-bah indica proprio l’occupazione israeliana: “non sappiamo quali strade seguire per porre fine a questa occupazione. Non si riesce con la via della pace benché meno con quella della violenza. La grande questione che si pone ad Israele è: ‘vuole la pace o no?’, ‘vuole riconosce-re l’indipendenza del popolo palestinese, o no?”. Per Sabbah “Israele riconoscendo il popolo pa-lestinese ne riconoscerà anche lo Stato. E sarà proprio quest’ultimo a garantire la sicurezza di Israele. Senza Stato palestinese non ci sarà mai sicurezza né per i palestinesi né per Israele”.

Basta con le parole. Con l’attacco a Gaza “c’è stato un risorgente odio verso Israele nel mondo arabo e anche in parte di quello Occidentale. Chi guarirà questi cuori? La via della violenza scelta

dagli Israeliani li allontana dal loro scopo, quello della sicurezza. Vedremo, fra poche settimane, tutto tornerà come prima… Molti puntano su Obama. Non so. Sono 60 anni che viviamo in questa situazione, sembra una malattia incura-bile. Basta con visite, parole e dichiarazioni, ci vogliono fatti concreti. La Comunità internazio-nale prenda la crisi mediorientale più seriamen-te. Se vuole può mettere fine a questa tragedia altrimenti continueremo a vivere questa trage-dia. Avremo tempi di guerra e oasi di pace ma i due popoli saranno sempre in opposizione. Il permanere di tale situazione distruggerà israe-liani e palestinesi”.

A cura di Daniele Rocchi Inviato Sir a Betlemme

CaTToliCi e poliTiCa a 100 dalla nascita del Partito Popolare

Fondato il 19 gen-naio 1919, il 90° anni-versario della nascita del Partito Popolare Italiano, suggerisce elementi di riflessio-ne su una vicenda di lungo periodo, una storia ricca di inse-

gnamenti e suggestioni. La proposta politica di don Luigi Sturzo, a conclusione della prima guer-ra mondiale, rappresenta un elemento cruciale di cambiamento e di rinnovamento della vita politi-ca italiana. Per la prima volta la “moderna” forma partito viene proposta fuori dall’area delle oppo-sizioni socialista e repubblicana, coinvolge settori importanti dell’opinione pubblica moderata e della classe dirigente. Per la prima volta viene affermato un programma francamente democratico e rifor-mista, per la prima volta i cattolici assumono una iniziativa “sistemica”, dopo decenni di intransigen-tismo e di non expedit, cui aveva fatto seguito una breve stagione di accordo con la galassia liberale in

funzione anti-socialista. Il Ppi ottiene un significativo successo, ma è og-

getto dell’ostracismo del vecchio aggregato mag-gioritario liberale, che si trova alle prese con un nuovo, agguerrito concorrente al centro del siste-ma politico. Di qui la radicale incomprensione tra Giolitti e Sturzo, i reciproci “veti”, che, a fronte della deriva massimalista del partito socialista in seguito alle seduzioni rivoluzionarie provenienti dall’Unio-ne Sovietica, indebolisce il campo liberal-demco-ratico e lo rende vulnerabile all’iniziativa fascista. Giolitti, alle elezioni anticipate del 1921, preferisce allearsi con il piccolo movimento fascista, per ridi-mensionare il Ppi e le “pretese” del suo leader, un piccolo prete che neppure sedeva in parlamento. Questa “scommessa” si rivelerà suicida. Entrato in Parlamento, Mussolini del Parlamento si impos-sesserà, instaurando nell’arco di un paio d’anni, un regime dittatoriale. Sturzo sarà costretto all’esilio e l’ultimo segretario del PPI, Alcide De Gasperi, incarcerato per qualche tempo, durante il venten-nio sarà un esule di fatto, come impiegato presso la Biblioteca Vaticana. Intanto, con i Patti Latera-

nensi, la Chiesa istituzionalizza la convivenza con il regime, salvaguardando spazi preziosi di libertà, all’interno dei quali si prepara la nuova classe po-litica dell’Italia democratica: qui c’è il filo che lega De Gasperi ad Andreotti, il cui 90° compleanno in-treccia l’anniversario del Ppi, o a Fanfani, di cui si è di recente celebrato il centenario della nascita.

Al di là della vicenda del sistema politico italia-no il popolarismo sturziano è un passaggio fonda-mentale per superare l’antica rottura tra la Chiesa e lo Stato moderno. Sturzo mette in evidenza la laicità, non come contrapposizione, ma come distinzione di ambiti tra Stato e società civile: lai-cità non significa subordinazione allo stato delle comunità religiose e degli altri “corpi intermedi”, ma riconoscimento da parte dello Stato della loro funzione e del loro ruolo. Lo Stato come struttura istituzionale deve essere neutrale, ma interpretan-do la neutralità come posizione di aiuto e di ser-vizio alle varie realtà presenti nella società civile: una lezione di pluralismo e di democrazia sempre fondamentale.

Francesco Bonini

la laicità di sturzo

Page 8: L'Amico del popolo

� L’Amico del Popolo18 Gennaio 2009

«Dalla crisi può e deve uscire un Italia mi-gliore, più forte, più giusta, più efficiente».

Questa la sintesi del messaggio di fine anno del presidente della Repubblica, Gior-gio Napolitano, agli italiani.

Parole sentite che lanciano l’invito, a tutte le istituzioni ed ai leader politici, a collabo-rare “in un confronto aperto e costruttivo”, mirato a fronteggiare la crisi ed apportare adeguate riforme strutturali al sistema.

Solo superando una “logica di scontro sempre più sterile” sarà possibile tramutare le difficoltà del periodo in “un’occasione per risolvere problemi annosi e colmare le di-sparità sociali”.

Nei 14 minuti del suo discorso, Napoli-tano si è detto partecipe della forte preoc-cupazione degli italiani per gli effetti della crisi dei mercati ribadendo però che, come avvenuto in passato nel Dopoguerra o con-tro il terrorismo, l’unione di tutte le forze e la valorizzazione delle energie in campo, potrà portare alla nascita di un Paese nuovo, più equo e solidale. Le misure da adottare, infat-

ti, dovranno essere indirizzate al riequilibrio delle disparità sociali ed all’aiuto dei soggetti più deboli perché, come affermato dal capo dello Stato: «in Italia sono troppe le famiglie e le persone che stanno male e bisogna evi-tare che siano di più e stiano peggio».

Il disagio economico interessa ormai sem-pre più soggetti e, cosa impensabile qualche anno fa, coinvolge anche il ricco nord. Un nord che, come il sud, muove la sua econo-mia anche grazie al lavoro dei tanti precari del privato (soggetti questi senza paracadute e diversi dai cugini del pubblico); che chiude aziende e mette in cassa integrazione i suoi operai; che blocca la produzione non aven-do commesse da evadere. Un Italia, quella che si profila, unita nella crisi. Un Paese, dunque, che arranca e soffre. Acquista così maggior peso il messaggio del presidente della Repubblica Napolitano. Nessun orpel-lo per abbellire la dura realtà che si prospetta agli italiani nei prossimi mesi, ma solo parole sentite e speranzose.

Che il 2009 sia veramente l’anno delle ri-

forme epocali? Ce lo auguriamo. Ci auguriamo che da questa crisi l’Italia

possa imparare tanto ed intraprendere, fi-nalmente, un cammino serio verso una so-cietà più solidale e vivibile; una società le cui parole fondanti siano: equità, giustizia, pari opportunità e meritocrazia.

Aanna Chiara Della Monica

messaggio di napolitano per il nuovo anno

Con animo fiducioso

Il campionato di calcio di Eccellenza, girone A, 2008/09 non è stato fin qui par-ticolarmente benevolo con le squadre agri-gentine che, fatta eccezione per il Licata, hanno quasi sempre sofferto. Particolar-mente impegnativo il percorso dell’Akra-gas, che naviaga al terzultimo posto della classifica a rischio retrocessione. Nella gara giocata domenica scorsa all’Esseneto di Agrigento, con la capolista Splendor Villa-bate, si è vista la più bella Akragas di questo campionato. La squadra di casa che non si scoraggia nemmeno quando la capolista si porta in vantaggio. Alessandro Di Caro e Gioacchino Sferrazza portano gli opportu-ni correttivi che permettono a Mazzarella di pareggiare dieci minuti più tardi. Torna al successo il Ribera, che ottiene un grande successo casalingo contro il forte Agroeri-cino, 3-1, prove positive per il Gattopardo e per il Kamarat, che pareggiano rispetti-vamente con Campobello e Carini.

Nel campionato di Promozione, girone A, l’atteso incontro tra il Raffadali e la San-cataldese, si è concluso con uno sterile 0 0, che se da una parte avvantaggia i nisseni, per il Raffadali equivale ad una sconfitta, in quanto i sette punti che dividono le due squadre difficilmente potranno essere col-

mati dagli uomini di Gaetano Longo. Fa-vorevole la giornata per le agrigentini, che fa registrare le vittorie del Cianciana, Cam-pobello, Sciacca e Canicattì, mentre il Pro

Favara ed il Racalmuto subiscono sconfitte senza attenuanti con Il Castellammare ed il Marsala.

Salvatore Sciascia

Panorama Calcistico

RisUltati e ClassiFiCa CalCio dilettantistiCo

ECCELLENZA GIR. A ECCELLENZA A PROMOZIONE GIR.A

RIBERA - AGROERICINO 3-1MAZARA - FAVARA 2-1BAGHERIA - FOLGORE 2-0CAMPOBELLO - GATT.PALMA 2-2CARINI - KAMARAT 0-0LICATA - MARSALA 0-0MONREALE - PARMONVAL 2-1AKRAGAS - VILLABATE 1-1

P P

Mazara 1946 37 Sancataldese 41S. Villabate 36 Marsala 41Licata 35 Alcamo 39Agroericino 34 Valderice 35Bagheria 31 Raffadali 34Marsala A.S.D. 28 Canicattì 29Kamarat 25 Campobello 27Parmonval 24 Castellammare 26

PROMOZIONE GIR. AALCAMO - BUSETO 3-0PETR.MARSALA - CANICATTI’* 1-2PRO_FAVARA - CASTELLAMMARE* 0-1CIANCIANA - FAVIGNANA 1-0MARSALA_1912 - RACALMUTO 4-0RAFFADALI - SANCATALDESE 0-0FULGATORE - SCIACCA 1-2CAMPOBELLO - VALDERICE 2-1

Ribera 24 Cianciana 24Gattopardo 22 Favignana 23Campobello 19 Racalmuto 18Carini 19 Sciacca 17Folgore S. 18 Buseto 17Akragas 16 Fulgatore 16Favara 13 Pro Favara 11A. Monreale 11 Petrosino 3

Felici di essere diversi

L’Amico del PopoloSettimanale Cattolico Agrigentino

Campagna abbonamenti 2009

diario multimedi@le«Come rovinare un figlio

in dieci mosse»Caro diario,è possibile “rovinare” un figlio? Per quanto provoca-

toria possa apparire la domanda, esiste una sola ed uni-ca risposta: sì. E la ragione è semplice. La serenità di un figlio e la sua capacità di interagire in modo corretto in una società dipendono, in gran parte, dall’educazione ri-cevuta durante tutto il percorso della sua crescita. Certo, essere educatori non è semplice; e, del resto, non esistono regole prestabilite e verità inconfutabili cui attenersi per garantire il benessere ad un figlio.

Ma è pur vero che, più spesso di quel che pensiamo, gli errori educativi risiedono proprio in quegli atteggiamen-ti che, presuntuosamente, riteniamo più giusti, più ade-guati al “suo bene” e sicuramente tutt’altro che “rovinosi”. Per fortuna, ad aiutare noi genitori nel difficile compito educativo c’è anche la proposta “alternativa”, chiara ed il-luminante, d’un Autore da sempre vicino ai giovani e alle loro problematiche. Parliamo di Don Antonio Mazzi, sa-cerdote dell’Opera Don Calabria, da sempre impegnato (e lo sappiamo benissimo: da anni è presente sui media con i suoi inimitabili interventi in affabulante “mix” d’in-telligenza, esperienza e ragionevole provocazione civile) nel recupero dei tossicodipendenti ed, in genere, partico-larmente attento alle tematiche familiari ed educative.

Ne è una riprova il suo libro dal titolo Come rovina-re un figlio in dieci mosse (San Paolo Edizioni, 2005, 10 euro, un ennesimo successo editoriale con diverse edizio-ni) che, come nello stile dell’Autore, cioè in chiave ironica ed accattivante, percorre tutte le fasi tipiche di un’educa-zione rischiosa per il benessere di un bambino.

In sostanza, cari genitori, scrive Don Mazzi, se volete rovinare un figlio, ovvero crescere un fannullone, un ipo-crita, un opportunista, uno sbandato, un bullo, un tossi-co, un delinquente, ed in buona sostanza un generico “fal-lito” a vostra immagine e somiglianza (mi balena il titolo di un vecchio libro di cui non ricordo più l’Autore e che non riesco a trovare: l’avevo acquistato poiché mi aveva colpito già dal titolo: “Come allevare un padrone”), vizia-telo, accontentatevi del 6-, dispensate carezze di seconda mano, fatevi vedere depressi, siate latitanti, lavatevene le mani, scordatevi le buone maniere, mettete la famiglia dopo il lavoro, iperproteggetelo, incollatelo di fronte alla tv, lasciate che si annoi, imbottitelo di merendine, dategli il nome di una moto, scusatelo sempre, dovunque e co-munque; poi, quando sarà grande e non potrete fare più niente per rimediare, potrete sempre svegliarvi per met-tere le mani avanti e dire che questa generazione di gio-vani è tutta bacata (ipocriti), che avete fatto tutto il possi-bile (bugiardi) e che voi non c’entrate affatto (vigliacchi).

Questo prezioso volume, caro diario, è, quindi, il vero e proprio manuale del perfetto genitore svampito, lontano, assente e appiattito sul mondo del consumo; e non manca davvero nulla, in esso, per indurre anche a quell’autocriti-ca che, tuttavia, viene stimolata in modo mai demagogico né, tantomeno, noioso.

Il libro, infatti, scorre in modo fluido, persino diverten-te, nei suoi passaggi ironici, nelle sue vignette e nei “co-mandamenti” dal tono moderno e più vicino alla realtà attuale di quanto lo siano davvero i genitori; ma non si limita ad elencare (e a rinfacciarci) tutte le tecniche per rovinare un figlio. La seconda parte è dedicata, infatti, ad altrettanti consigli per crescere un bambino come si deve. “Sempre che interessi a qualcuno”, ironizza l’Autore: poi-ché “fare un figlio è facile, bello, alla moda; educare un figlio è difficile, poco bello, per niente alla moda”.

Ma, di sicuro, è pur sempre un dovere. Don Antonio, anche stavolta, ce lo ricorda con sapienza ed “humour”: a noi far uscire dalle pagine i suoi saggi consigli e metterli subito in pratica nella vita. Con i figli e con tutti.

Nuccio Mula

Quando un Hambuger fa la differenzaDue uomini seduti ad

un tavolo di un fast food mentre mangiano un

panino; uno dei due si alza con in mano una banconota e si avvicina alla cassa. Scene di vita ordinaria, comune a tutti noi mortali, ma che proprio per la loro normalità diven-tano straordinarie se il protagonista è Ba-rack Obama, l’uomo che a giorni diventerà ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti d’America. Tutti i media italiani hanno ripreso la sensazionale notizia. Pochi, se non nessuno, si è soffermato sullo stupore e la meraviglia che una tale notizia avrebbe po-tuto suscitare in noi italiani.

“Un politico che paga e di tasca propria!? : è questo l’interrogativo che, credo, ognuno di noi si sarà posto. Perché il nostro modo tutto italiano di fare e vivere la politica è ben diverso. Da noi i politici sono “la ca-sta”; hanno dei privilegi e come tale devono “amministrarli” e preservarli. Perché da noi fare politica è spesso un mestiere e non una vocazione. Certo non bisogna generalizzare; ci saranno pure le eccezioni. Ma la politica, quella vera e seria non può essere fatta di ec-cezioni; deve sempre e comunque garantire l’interesse comune e non del singolo. Com’è lontano il sogno americano ed il giorno in cui, anche noi, avremo la voglia ed il corag-gio di cambiare gridando: “yes, we can”!? Un hamburger, almeno per il momento, ha fatto la differenza con i nostrani spaghetti.(CDM)

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