Ambientarsi 1|2011

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trimestrale d'informazione ambientale edito dalla divisione editoriale del gruppo adl: adl publishing srl

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AMBIENTARSITrimestrale d’Informazione Ambientale

Anno II Numero 1 Marzo 2011 - www.ambientarsi.netIscrizione al tribunale di Roma N. 95/2010 del 16/03/2010

ISSN 2039-1137

Direttore ResponsabileAlessandra Lombardi

Direttore editorialeAmodio Di LuccioCapo redattoreSergio Ferraris

EditoreADL Publishing Srl

Art directorAlessandra PidòProgetto grafi co

ADL Group SrlStampa

Grafi che San Benedetto SrlContatti

Via R. R. Garibaldi, 11900144 Roma

T. +39 06 92918060 F. +39 0692911651

email: [email protected]: Roberto Ballarotto, Claudia Bettiol, Pietro Cambi,

Giuseppina Crisci, Alessandro Drago, Carla Gentili, Giuseppe Langella,

Simone Malacrida, Alessandro Ribaldi, Alessandra Tomeo, Alessandra Tosato,

Luca Vecchiato

Per abbonarsi L’abbonamento a 4 numeri ha un costo di Euro 20,00

Modalità di pagamento- Bonifico bancario intestato a ADL Publishing Srl IBAN: IT 58 W 05308 03202 0000 00000 391- Assegno non trasferibile intestato a ADL Publishing Srl da inviare presso ADL Group Srl ufficio abbonamenti Ambientarsi Via Cesario Console, 3 80132 Napoli

ContattiT. +39 06 92918060 - F. +39 06 9291 [email protected]

RubricheFLASH NEWS di Alessandra Tomeo 8

L’OPINIONE di Amodio Di Luccio 11

APPUNTAMENTI a cura della redazione 60

NEWS DALL’EUROPA di Carla Gentili 62

NEWS AZIENDE di Alessandra Lombardi 64

IL RECENSORE di Carla Gentili 66

Autostrade per verde 12di Andrea Rizzi Soluzioni

Stop per decreto 14di Andrea Barbabella Rinnovabili

A tutto gas 18di Simone Malacrida Metano

Cogenero ergo sum 22di Giuseppe Langella Tecnologie

La sfida rinnovabile 25diAlessandro Drago Europa

L’efficienza energetica è “femmina” 28diClaudia BettiolLife style

Un’opportunità solare 30di Alessandra Lombardi Formazione

L’insostenibile pesantezza dell’atomo 35- Atomo sul Sol Levante di Domenico Coiante 36- Senza è meglio di Edo Ronchi 38- Il costo dell’atomo di Giuseppe Onufrio 42

Per un recupero bioclimatico 46di Giuseppina Crisci Bioedilizia

Guardare a Sud 50di Simone Malacrida Geopolitica

Il nuovo lavoro è eco 54di Luca Vecchiato, Simone Padoan Green Economy

Una rete di vento 58di Andrea Marchisio Eolico

Sommario

Le opinioni contenute negli articoli di Ambientarsi sono da ascriversi ai singoli autori e non rappresentano

necessariamente la linea della Redazione.

© CopyrightTutti i diritti di riproduzione o di traduzione

degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti, disegni e fotografie sono di proprietà

dell’editore. È vietata la riproduzione anche parziale degli articoli salvo espressa autorizzazione scritta

dell’editore. I contenuti pubblicitari sono riportati senza responsabilità, a puro titolo informativo.

GARANZIA DI RISERVATEZZAL’editore garantisce il rispetto del principio di riservatezza

nel trattamento dei dati forniti dagli abbonati.Ai sensi degli artt. 7,8,9 Dlgs 196/2003 gli interessati possono

in ogni momento esercitare i loro diritti rivolgendosi a: ADL Publishing Srl all’indirizzo e-mail

[email protected] su carta ecologica senza contenuto di cloro

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energetici nell’edilizia pubblica e privata e alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

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Segreteria Organizzativa: ADL Group S.r.l. Via Merliani, 133 - 80129 Napoli Tel. 0813723198 Fax 0812209329

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L’editorialedi Sergio Ferraris

www.ambientarsi.net 5

Prospettive cercasiLa mancanza di pianificazione energetica produrrà danni all’industria italiana.

È stato un marzo terribile per l’energia quello del 2011. A Fukushima è stato inferto un colpo, forse non mortale,

ma serissimo al nucleare che ha dimostrato la propria fragilità rispetto ai contesti territoriali, in

Libia si sta compiendo un altro capitolo della guer-ra di liberazione della sponda sud del Mediterraneo

con risvolti imprevedibili sui mercati dei fossili, e in Italia si sta assistendo all’ultimo capitolo dell’attacco

alle rinnovabili con il decreto Romani che ha di fatto affossato il fotovoltaico. L’Italia sotto a questo profilo

risente particolarmente, oltre a essere protagonista dello stop alle rinnovabili, delle questioni relative al nuclea-re e ai fossili soprattutto perché è assente una qualsiasi politica energetica degna di questo nome. È un fatto, comunque la si pensi, che lo stop alle rinnovabili, al nucleare unito a una non gestione delle dinamiche di mercato legate ai fossili, denotino l’assenza asso-luta di una qualsiasi politica energetica, come se per questo Paese l’energia fosse un diritto divino. Ma non è così. Nucleare o non nucleare, rinno-vabili o non rinnovabili la pianificazione ener-getica di un paese oggi è più che mai necessa-ria, se si vuole mettersi al riparo dagli eventi e dalle dinamiche, spesso negative, del mondo energetico. Viviamo in periodo caratteriz-zato da un’estrema volatilità dei prezzi dei fossili che sono in balia di andamenti che nulla hanno a che fare con il loro conte-sto industriale, il mercato, e sottolineo il mercato, a livello mondiale boccia l’atomo, visto che annaspa persino la sostituzione della potenza nucleare obsoleta, le rinnovabili allo stato attuale non possono, per motivi

di scala, soddisfare immediatamente fette importanti di consumi energetici e il nostro paese si permette in questo quadro di vivere alla giornata come se il prezzo del barile stesse ancora a venti dollari. Questa realtà è sancita da una ricorrenza che nessuno cita. Quest’an-no, infatti, cade il ventennale dell’ultima Conferenza nazionale dell’energia che si tenne a Roma nel 1991, quando i primi telefoni cellulari pesavano un paio di chili, i computer usavano floppy disk delle dimensioni di un IPad e il web non esisteva. Da allora la discussio-ne sull’energia in Italia è stata affidata alle aziende ener-getiche, passando attraverso alla semi-privatizzazione del soggetto più importante e investendo poco sulle infrastrutture energetiche, ciò che sta facendo Terna è meritorio, ma non è sufficiente, e soprattutto senza fissare dei target nazionali precisi e credibili per i con-sumi energetici, lo sviluppo di nuove fonti e la riduzio-ne dell’utilizzo delle fonti fossili, solo per citare alcuni aspetti cruciali della questione. Prova ne è la vicenda del target del fotovoltaico che sarebbe, il condizionale è d’obbligo, stato raggiunto con nove anni d’anticipo, oppure l’obbiettivo veramente modesto sulla riduzione delle emissioni al 2020 che farà dell’Italia il fanalino di coda nelle tecnologie per l’efficienza. Si tratta d’obietti-vi fissati al 2020, ma decisi guardando all’oggi senza al-cuna visione strategica sull’energia, decisi da una classe politica e da, per la verità, molti comparti industriali, che ha una prospettiva che non va, se va bene, oltre il periodo di una legislatura, mentre altri paesi europei già fissano target al 2030 e al 2050 decisamente più ambiziosi, consci del fatto che produrranno sviluppo industriale e tecnologie in settori cruciali, come quello dell’efficienza e della produzione energetica. Mentre a noi, se continuiamo su questa strada, rimarrà solo un ruolo: quello degli importatori. Forse.

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Chi siamo

Marzo 20116

Alessandra LombardiDirettore responsabile, biologa, giornali-sta dal 1995. Ha lavorato con Greenpea-

ce, Legambiente, ministero dell’Ambiente, Cobat, Federparchi. Lavora con Ansa Eco-energia.

Sergio FerrarisCapo redattore, giornalista scientifico-ambientale, direttore responsabile “Qua-

lEnergia” e di “QualEnergia.it” responsa-bile della sezione energia di “La Nuova Ecologia”.

Amodio Di LuccioImprenditore, direttore editoriale di Ambientarsi, presidente di Unione Im-

prese Solari, brand manager del marchio Energy Professional Network.

Alessandro DragoSociologo con Master in Diritto Am-bientale. Project manager nella Pro-

grammazione Comunitaria per l’inclu-sione sociale, l’urbanistica, l’ambiente e la soste-nibilità energetica.

Carla GentiliEsperta nel settore dei programmi di fi-nanziamento comunitari e delle attività

internazionali con particolare attenzione alle tematiche dello Sviluppo Sostenibile.

Simone MalacridaIngegnere, scrittore, Vice Presidente dell’As-sociazione Italiana per la Ricerca. Si occupa

di progettazione e stime di investimento di impianti industriali ed energetici.

Andrea BarbabellaAndrea Barbabella, laureato in Scienze ambientali, è attualmente responsabile del

settore Energia della Fondazione per lo svi-luppo sostenibile. Esperto di strategie e strumenti per la sostenibilità locali, imprese e organizzazioni non go-vernative.

Luca VecchiatoIngegnere chimico a Padova. Ha lavorato per AgipPetroli, ENI, Ekipo.

Domenico CoianteFisico, ex dirigente Enea, consulente e autore di testi sulle fonti rinnovabili.

Di recente ha collaborato con il Diparti-mento di Fisica della Sapienza.

Giuseppe LangellaRicercatore, Professore aggregato di “Si-stemi per l’Energia e l’Ambiente” presso

la Facoltà di Ingegneria dell‘Università “Federico II” di Napoli.

Claudia BettiolScrittrice e pensatrice nel settore del rap-porto fra uomo ed energia e delle nuove

tecnologie consulente strategico per im-prese e pubbliche amministrazioni.

Giuseppina CrisciArchitetto, dottore di ricerca in Tecnolo-gia dell’Architettura, docente a contratto.

E’ autrice di pubblicazioni scientifiche su la Bioarchitettura e la Progettazione Ambientale.

Edo Ronchi Presidente Fondazione Sviluppo Sostenibile. Ex ministro Ambiente e parlamentare attual-

mente è docente di sostenibilità e gestione del territorio all’Università La Sapienza di Roma.

Simone PadoanImprenditore veneto specializzato nel setto-re IT e nella businness innovation. E’ l’ide-

atore di www.cons4.it, portale specializzato nel work placement. Vive e lavora a Venezia.

Giuseppe OnufrioFisico, è stato ricercatore in campo energe-tico e ambientale per enti e istituti italiani e

stranieri, componente del CdA dell’Agenzia per la protezione dell’ambiente. Attualmente è diret-tore di Greenpeace.

Andrea RizziDottore forestale lavora con il Dip. TESAF dell’Università di Padova sui temi della pia-

nificazione e gestione territoriale in ambiente planiziale e montano. Consulente nell’ambito di RETE NATURA 2000 collabora con Veneto Agricoltura.

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Flashnews dal mondo a cura di Alessandra Tomeo

Marzo 20118

Genova la fa smart. La mobilitàGenova vuole diventare una delle prime smart city italiane ed europee con il contri-buto di istituzioni, amministrazioni locali e imprese. Ericsson, Abb e Comune di Ge-nova hanno firmato un protocollo di intesa per elaborare un progetto di smart mobi-lity. Il Comune opererà come ente guida e coordinatore del progetto e si avvarrà della collaborazione di soggetti privati esterni, appartenenti al mondo della ricerca, per il raggiungimento di obiettivi sia nell’ambito del Piano Strategico per le Energie Tecnolo-giche, che prevede la creazione di 30 Smart Cities da selezionare entro il 2020, sia in altri contesti. Le città campioni dell’effi-cienza energetica intraprenderanno un per-corso per ridurre al minimo l’impatto delle emissioni, attraverso la realizzazione e l’in-tegrazione di reti elettriche, sistemi edilizi e modelli di trasporto intelligenti. Nel pro-getto, Ericsson sarà partner di riferimento e opererà a sostegno e in coordinamento

Per la Cgil niente nucleare «La nostra scelta di contrastare il piano del Governo per riportare il nucleare in Italia è antecedente alla tragedia in corso in Giappo-ne ed è conseguente ad un giudizio di meri-to sul piano stesso - afferma Fabrizio Solari, segretario confederale della Cgil - . Ciò che sta avvenendo introduce un ulteriore elemen-to di riflessione che riguarda il mondo inte-ro. Diversi Governi europei hanno corretta-mente avviato una fase di approfondimento delle tematiche legate all’utilizzo dell’energia atomica nella produzione energetica, ritenia-mo che anche il Governo italiano dovrebbe fare altrettanto. Si tratta, quindi, di avviare un serio ripensamento». «Ora più che mai oc-corre riflettere sul futuro modello energetico del Paese - dice ancora Solari - certamente

con il Comune per il raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’iniziativa Genova Smart City. Il Progetto Genova Smart City si prefigge il raggiungimento e, in certi casi, il superamento degli obiettivi del Protocol-lo di Kyoto. Questi ultimi prevedono la di-minuzione del 20% delle emissioni di CO2, l’aumento del 120% dell’efficienza energe-tica e l’incremento del 20% delle fonti di energia rinnovabili all’interno del mix ener-getico. «La forte partecipazione a questa se-conda parte del processo, che richiede un impegno concreto attraverso il pagamento delle quote associative - dichiara il sinda-co di Genova, Marta Vincenzi - è, da una parte, un’altra conferma che il percorso da noi avviato ci lascia pensare di avere buone chance di conseguire i finanziamenti euro-pei previsti e dall’altra che abbiamo aperto una strada per la creatività, l’esperienza, le competenze, la ricerca, la tecnologia che renderanno Genova, comunque, la prima Smart City italiana».

ribadendo la scelta dello sviluppo delle ener-gie rinnovabili, del risparmio e dell’efficienza energetica e per questo confermiamo la nostra opposizione al Decreto Legislativo del Gover-no approvato il 3 marzo scorso che modifica unilateralmente gli incentivi economici per lo sviluppo delle rinnovabili ma, al tempo stesso, occorre misurarsi con uno scenario che assicuri l’energia necessaria allo sviluppo del Paese che, con ogni evidenza, non può essere basato sulla tecnologia nucleare oggi disponibile».«Occorre rimettere mano alla revisione del Piano Energetico Nazionale - conclude Sola-ri - mobilitando tutte le risorse intellettuali e tecnologiche allo scopo di assicurare, nel ri-spetto delle compatibilità ambientale e della sostenibilità economica, il fabbisogno energe-tico del Paese».

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www.ambientarsi.net

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decennio (+49%). «Questi dati - sottolinea Legam-biente - rappresentano un esempio chiarissimo di come l’Italia possa attiva-re un’industria nazionale dell’efficienza energetica». Uno dei motivi addot-ti dall’associazione am-bientalista è il ruolo della misura delle detrazioni fiscali del 55% sulla ri-strutturazione energetica nell’edilizia, con le quali, nel periodo 2007-2009, sono stati attivati complessivamente 590 mila interventi, con un investimento tutto privato, sottolinea Le-gambiente, di 7,9 miliardi di euro.

Caldaie efficienti È partita la sperimentazione di una caldaia che fa a meno di combustibili fossili e, quindi, non inquina. Si tratta di un primo prototipo fun-zionante di questa nuova generazione di caldaie di media taglia e ad alta efficienza che è stato installato in un comprensorio scolastico di Por-denone. Lo ha annunciato il parco scientifico Area Science Park di Trieste affermando che: «si tratta di un vero salto tecnologico nel settore e di un’innovazione in corso di brevetto, da cui presto nascerà in Area Science Park, in collabo-razione con Stp, uno spin-off imprenditoriale». La nuova caldaia, spiega Area Science Park: «è una pompa di calore ad alta temperatura (PdC Ht) in grado di produrre acqua calda superiore ai 75°C, capace di sostituire le attuali caldaie da riscaldamento senza la necessità di rifare completamente l’impianto. La sperimentazione in corso sta registrando risultati molto positivi, con rendimenti addirittura superiori alle atte-se: 115 kW di potenza effettiva, sensibilmente superiore ai 100 kW preventivati». Molti i van-taggi identificati dai ricercatori di Area Scien-

Calo fossile Per quanto riguarda i consumi energetici in Italia continua la riduzione dei consumi delle materie prime, che passano da 191 mi-lioni di tonnellata equivalente di petrolio (Tep) a circa 180 milioni (-5,8%). Lo rileva Legambiente con il rapporto Ambiente Ita-lia 2011, elaborato ogni anno dall’istituto di ricerche Ambiente Italia e presentato oggi a Roma. A decrescere è la produzione energe-tica da fonti non rinnovabili: cala la produ-zione di petrolio di circa 5 milioni di Tep (-5,3% del totale), di gas naturale (-5,6%) e di combustibili solidi (carbone), anche se in modo meno marcato. In controtendenza, la produzione da fonti rinnovabili che, tra il 2008 e il 2009, sale di +2,3 milioni di Tep (13,5%) confermando il trend dell’ultimo

ce Park per la nuova caldaia, vantaggi sia eco-nomici che gestionali oltre che ecologici. «Sul lato energetico, infatti, spiegano i ricercatori, è rinnovabile almeno il 70% dell’energia neces-saria a generare il calore, con zero emissioni in loco, drastica riduzione dell’inquinamento nel-le città e conseguente sensibile miglioramento del microclima urbano». «Il nostro ruolo di parco scientifico - sottolinea il presidente di Area Science Park, Giancarlo Michellone - è quello di scoprire chi ha idee geniali e aiutarlo a realizzarle. È questo il caso di Stp, giovane società che ha inventato la pompa di calore ad alta temperatura, che promette di rivoluziona-re il mercato delle caldaie da riscaldamento nei prossimi anni. Siamo riusciti a bruciare i tempi di ingegnerizzazione, - aggiunge Michellone, realizzando il primo prototipo funzionante grazie a una ditta leader come Rhoss. I test sono un successo pieno». La pompa di calore ad alta temperatura rientra nel piano di Area per la produzione e l’uso efficiente dell’energia Ener-plan, cofinanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.

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L’opinionedi Amodio di Luccio

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L’affare è rinnovabilenon basta. L’analisi costi-benefici condotta da Althe-sys mostra un beneficio netto per l’Italia compreso tra 24,3 e 32,3 miliardi di euro. E, ancora, se a ciò aggiungessimo il giro d’affari dell’efficienza energe-tica che per il 2010 è stato stimato a 11,1 miliardi di euro ecco che potremmo arrivare allo 0,7-0,8 del Pil. Tutto ciò senza mettere sul piatto della bilancia la riduzione della CO2, i benefici socio-economici, specialmente sul fronte occupazionale e quelli am-bientali che gli strumenti della finanza classica fan-no ancora oggi molta fatica a quantificare, almeno in Italia. Si tratta di un quadro che, se inserito in un contesto di crisi economica come quello odierno e se si riferisse al settore dall’auto, farebbe gridare al miracolo e che invece, poiché riguarda le rinnovabili e l’efficienza, si vuole a tutti i costi smontare. L’unica spiegazione plausibile a delle scelte così suicide, come quelle d’affossare rinnovabili ed efficienza si chiama concorrenza. Concorrenza tra fonti fossili e nucleari, contrapposte a rinnovabili ed efficienza, sia a causa della sovrapposizione di mercato, sia per l’assoluta incompatibilità tra di loro dovuta alla scarsissima governance politica che, anziché governare la transi-zione, compie “piccole” operazioni di breve periodo e cabotaggio, inseguendo il potentato energetico più influente al momento. Solo così ci si può spiegare l’innamoramento prima per il “carbone pulito”, poi per il “nucleare sicuro” del nostro Paese, con poche differenze tra destra e sinistra, a dire il vero. Inna-moramento che ha sempre messo in discussione, no-nostante i volumi importanti, gli investimenti sulle rinnovabili e sull’efficienza.

P roviamo a ragionare sulle rinno-vabili, solo ed esclusivamente in termini economici, tralasciando

per una volta le questioni ambientali o etiche. Che il settore sia in crescita in ogni angolo del Pianeta è fuor di dubbio visto che anche nelle nazioni che non hanno piani d’incentivazione specifici si registrano aumenti a due ci-fre, l’interesse da parte degli investitori internazionali è a 360 gradi e riguarda persino la ricerca applicata i cui risultati, se va bene, si vedono dopo cinque-dieci anni. In questo quadro è illuminante il caso dell’Italia che, partita in ritardo su tutte le rinnovabili, ora viene indicata dal New York Times come «un esempio da se-guire». E il quadro finanziario è migliorato di mese in mese, fino al Decreto Romani che, mentre scriviamo, ha frenato violente-mente le rinnovabili. Nel 2009 l’Università Bocconi ha fissato gli investimenti in fonti rinnovabili dal 2010 al 2020 alla ragguarde-vole cifra di 42 miliardi di euro, cifra che po-trebbe essere ampiamente superata se si pro-seguisse su un trend come quello del 2010. Dal Rapporto Irex sulle energie rinnovabili che Althesys ha redatto in occasione della “Sustainable energy week” si evince che l’anno

scorso gli investimenti in rinnovabili han-no raggiunto la cifra di 12,3 miliardi di

euro in sole 203 operazioni mappate: lo 0,4% del Pil. Se si considera il

fatto che nel 2010 il Pil italiano è aumentato dell’1% appare chiaro che il 40% della sua crescita è dovuta alle fonti rinnovabili. E

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Marzo 201112

Soluzioni

Le fasce forestali di mitigazione lungo gli assi autostradali possono contribuire alla protezione ambientale

di Andrea Rizzi

La mitigazione degli impatti delle grandi infrastrutture costituisce materia di gran-de interesse e comprende soluzioni che si

prestano alle diverse condizioni socio-ambientali delle aree coinvolte da tali intereventi. In parti-colare nel territorio del Veneto, in cui le infra-strutture attraversano matrici agricole frammiste ad aree ad alta densità residenziale e produttiva. Nel contesto agricolo da anni Veneto Agricoltu-ra, Azienda Regionale per i settori Agricolo, Fo-restale e Agro-Alimentare, sostiene la diffusione, presso le aziende agricole, di modelli agrofore-stali che rispondano alle emergenti necessità di riqualificazione ambientale e soddisfino l’esigen-ze di una moderna agricoltura. Offrendo un con-tributo alla concretizzazione del Passante Verde,

Autostrade per verde

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www.ambientarsi.net 13

Veneto Agricoltura ha realizzato nel 2008 fasce di vegetazione arborea e arbustiva a prevalente sviluppo lineare (bande boscate dimostrative) presso la propria Azienda “Diana” di Treviso che è attraversata dal Passante di Mestre. Esse preve-dono una gestione con tecniche forestali ma ri-entrano nel ciclo produttivo dell’azienda agrico-la. Gli impianti rappresentano il frutto dell’espe-rienza maturata nell’ambito della forestazione di pianura. Vogliono costituire un esempio di come possano produrre numerosi benefici ambientali a fronte di un limitato ingombro e di costi con-tenuti. Con la realizzazione delle bande boscate dimostrative presso l’Azienda “Diana” si vuole mostrare alle aziende agricole, a enti e a pubbli-che amministrazioni l’efficacia che queste aree hanno nella mitigazione del Passante di Mestre e per le altre infrastrutture previste in ambito re-gionale.

Obiettivi ambiziosiSono stati progettati quattro modelli di banda boscata che hanno come obiettivo principale la mitigazione ambientale e la produzione di bio-massa legnosa a scopi energetici senza tralasciare aspetti ecologici, naturalistici e paesaggistici. I modelli mirano a conservare meccanismi di red-dito per l’imprenditore agricolo e mantenere ca-ratteri che garantiscono benefici ambientali nel contesto rurale in cui si inseriscono.Per quantificare il ruolo delle bande boscate nel-la mitigazione degli agenti inquinanti Veneto Agricoltura si è avvalsa del dipartimento TESAF dell’Università di Padova e dell’Osservatorio Aria dell’ARPAV. Le analisi dell’Università di Pado-

va mirano a verificare sia la presenza di alcuni inquinanti di origine veicolare sia l’efficacia del loro contenimento da parte delle bande boscate realizzate. Perciò ha definito gli inquinanti che maggiormente sono associati al traffico stradale e la scelta delle specie bioindicatrici e bioaccumu-latrici. L’Osservatorio Aria dell’ARPAV intende, inoltre, analizzare in modo dinamico, l’effetto di abbattimento degli inquinanti atmosferici, sia gassosi che particellari, operata dalle fasce vege-tate durante le diverse fasi di accrescimento.Nella banda boscata sono stati impiegate giova-ni piantine coltivate e prodotti presso il Centro per la Biodiversità Vegetale e il Fuori Foresta di Veneto Agricoltura (Montecchio P.no - Vicenza). La scelta di utilizzare alberi ed arbusti di f lo-ra con provenienza locale nasce dalla consape-volezza che un’adeguata qualità genetica delle piantine, oltre a rispettare i dettami di legge, im-pedisce irreversibili fenomeni di inquinamento genetico e garantisce un buon adattamento alle condizioni ambientali offrendo maggiori garan-zie sulla buona riuscita dell’impianto. Oltre agli aspetti produttivi, le fasce boscate possiedono una funzionalità ecologica fungendo potenzial-mente da corridoio per specie vegetali ed anima-li. La presenza di aree a buona naturalità, come piccole zone umide, legate ad elementi arborei lineari (come le bande boscate) che fungono da connessione, rappresentano importanti compo-nenti del paesaggio. In quest’ottica è stata, quin-di, effettuata una piccola pozza e un sistema di microdossi e microrilievi attorno allo scavo con l’obiettivo di migliorare la struttura ecologica del sistema rurale e agroforestale.

Contesto paesistico della fascia boscata polifunzionale (primavera 2010).

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Marzo 201114

Le ragioni dietro al Decreto che ferma le rinnovabili sono da cercarsi nella maturità delle nuovi fonti

STOP PER DECRETOdi Andrea Barbabella,

responsabile energia della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile

Le ultime settimane sono state segnate da un’attenzione crescente del mondo dell’in-formazione, non solo quella di settore, per

le sorti del Decreto legislativo di recepimento del-la Direttiva europea sulla promozione delle fonti rinnovabili (2009/28/CE).Il 7 marzo il Presidente della Repubblica Gior-gio Napolitano ha, infine, firmato il documento predisposto per delega dagli uffici del ministro Romani e approvato dal Consiglio dei Ministri la settimana precedente. Il testo circolato, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, è stato fortemente criticato dagli operatori del settore, che accusano il Governo di voler affossare uno dei settori economici più dinamici e promettenti del

Rinnovabili

Paese. Su questa vicenda, tutt’altro che chiusa, si è scritto moltissimo e, certamente, si continuerà a farlo nelle prossime settimane. Di seguito mi li-mito a sottoporre all’attenzione del lettore quattro aspetti, che mi paiono centrali in questa storia e, forse, non ancora sufficientemente approfonditi. Un primo elemento che ha colpito la mia atten-zione riguarda la scarsa propensione mostrata da analisti e addetti del settore a fornire una valu-tazione complessiva del suddetto Decreto. Le contestazioni e, di conseguenza, l’attenzione dei media si sono concentrate principalmente sul set-tore della produzione elettrica da fonti rinnovabili e, all’interno di questo, sul fotovoltaico in modo particolare. In un certo senso a ragione, visto che

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risultano essere proprio questi i settori maggior-mente penalizzati dal Decreto. Volutamente non mi addentro nella analisi dei tanti elementi osta-tivi contenuti nel testo, per i quali non posso che rimandare alle proposte di modifica che le stesse associazioni di categoria hanno presentato con-giuntamente, se non a quelle - ignorate - contenu-te nei pareri forniti da Camera e Senato.Ampliando l’analisi, anche oltre il settore elettrico, il testo propone alcune misure che, se ben attuate, avrebbero certamente effetti positivi. Tra queste ve ne sono alcune di carattere generale, come la semplificazione delle procedure, lo sviluppo delle reti (elettriche, del gas e di teleriscaldamento/te-leraffrescamento) o le norme sanzionatorie per gli illeciti, a cominciare dalle false dichiarazioni. Al-tre proposte riguardano, invece, più nello specifi-co, la promozione delle fonti rinnovabili termiche e dei biocarburanti prevedendo, ad esempio, l’isti-tuzione di nuove forme di incentivazione e la crea-zione di fondi di finanziamento ad hoc. Qualcuno potrebbe giudicare ragionevole questa sovraespo-sizione del settore elettrico nel dibattito pubblico essendo quello che, attualmente, contribuisce di più alla produzione nazionale da fonti energetiche rinnovabili. Tuttavia, in prospettiva 2020, non si può non notare come i maggiori ritardi, peraltro comuni a tutti gli altri Paesi europei, si debba-no registrare proprio nei settori meno contestati e maggiormente favoriti dal Decreto. Secondo il Piano d’azione nazionale del luglio 2010, rispetto al dato 2005, il consumo nazionale di elettricità da fonti rinnovabili dovrebbe quasi raddoppiare (+75% per l’esattezza) mentre, nello stesso lasso di tempo, il consumo di calore dovrebbe aumenta-re di oltre 5 volte mentre quello di biocarburanti addirittura di 14 volte. Secondo questo scenario al 2020 la produzione di elettricità da fonti rinno-vabili contribuirebbe per meno del 40% al target nazionale complessivo. Lungi da me, ovviamente, l’idea di giustificare in questo modo l’operato del Governo sul fronte delle rinnovabili elettriche: tuttavia evidenziare questa asimmetria tra i di-versi settori di utilizzo delle rinnovabili (elettri-cità, calore e trasporti), oltre che necessario per ricostruire un quadro d’insieme, mi consente di introdurre il punto successivo.

Dinamiche flessibiliConnesso a questo primo aspetto, infatti, è il se-condo spunto di rif lessione che propongo e che ri-guarda il rapporto tra le varie forme e tecnologie di produzione energetica rinnovabile: la necessità di

dotarsi di un sistema di pianificazione rif lessivo. Ciò significa che, anche tenendo fermo l’obietti-vo generale, il processo di pianificazione non può che essere dinamico e f lessibile, così da potersi progressivamente adattare ad una realtà che cam-bia continuamente anche in modo imprevedibile. Si tratta di un principio ben noto nell’ambito del dibattito sui metodi e gli strumenti di governance e che ha dato vita, tra l’altro, a processi oramai diffusi in tutti i Paesi europei a cominciare dalla Valutazione ambientale strategica. Nel dibattito in corso si è più volte avuta la sensa-zione che il Governo tentasse di giustificare i vinco-li posti al fotovoltaico richiamando il target degli 8 mila MW previsto al 2020 dal Piano d’azione na-zionale. Naturalmente, come hanno fatto osservare i più, si tratta di un valore minimo da conseguire e non di un tetto da non superare. Ma oltre a questo, non sono state portate tesi a sostegno del caratte-re riflessivo del Piano per il quale, alla luce della crescita imprevista del fotovoltaico in Italia negli ultimissimi anni, si imporrebbe quanto meno di ri-vedere la ripartizione originale dei target settoriali. Tanto più che il target italiano appare, oggi, larga-mente sottostimato se confrontato ai 52 mila MW tedeschi, per non parlare della previsione del Gse secondo la quale, entro il 2011, potrebbero essere installati e funzionanti oltre 7 mila MW di impian-ti fotovoltaici. A questo si somma il fatto che, dai pochi dati disponibili, la produzione da rinnovabili per calore e trasporti sembrerebbe già al di sotto del percorso previsto dal suddetto Piano: ciò consiglie-rebbe di rivedere gli equilibri aumentando le pro-spettive dell’elettrico e sfruttando, non limitando, il salto commerciale compiuto dal fotovoltaico.

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Il tema della ulteriore crescita del fotovoltaico, an-che rivedendo al rialzo il target 2020, introduce al terzo aspetto di questa vicenda che andrebbe ap-profondito: la questione dei costi. È indubitabile, infatti, che quella fotovoltaica sia, ad oggi, tra le tecnologie più costose per la produzione di ener-gia elettrica. D’altro canto è anche quella con le maggiori potenzialità di sviluppo, con una curva di apprendimento molto favorevole che, secondo alcuni studi, potrebbe portare addirittura alla grid parity anche prima del 2020 non richiedendo più alcun incentivo. Ci dovrebbe essere accordo sul fatto che la pianificazione energetica non può vi-vere sulla congiuntura ma deve, necessariamente, essere inserita all’interno di una visione di medio e lungo periodo. In questo contesto, specie alla luce dei recenti accadimenti del nord-Africa, ri-nunciare a tale tecnologia non sembra essere la più lungimirante delle scelte strategiche. In tutto ciò si è assistito a quello che qualcuno ha chiamato balletto delle cifre volto a dimostrare l’assoluta antieconomicità del fotovoltaico e delle rinnova-bili in generale addirittura attribuendo a queste la responsabilità del maggior costo dell’energia elettrica in Italia. Oltre al fatto che il peso degli incentivi delle rinnovabili in Italia sulla bolletta familiare arriverà al 2020 a non più di qualche euro al mese, viene da chiedersi come mai Paesi che hanno ben altri livelli di produzione elettri-

ca da rinnovabili e volumi di incentivi presentino prezzi dell’elettricità decisamente inferiori a quelli italiani. Ma il punto è probabilmente un altro: ciò che davvero manca nel dibattito è una valutazione dei costi - di tutti i costi - che il Paese si trovereb-be a dover sopportare a seguito della rinuncia ad investire in questo settore.

Paura della maturitàE siamo giunti così all’ultimo punto che mi limito qui ad accennare introducendolo sotto forma di domanda: come mai il nostro Paese compie questa scelta proprio ora nel momento in cui le rinno-vabili diventano una realtà concreta, mainstream come dicono alcuni analisti? Basta guardare ai dati sugli investimenti mondiali in questo settore che, secondo Bloomberg, raggiungono quasi i 250 miliardi di dollari nel 2010 con l’Europa e gli Usa che installano oramai più potenza rinnovabile che fossile. L’impressione è che, alla base del tentativo di frenare la corsa delle rinnovabili e, in modo particolare, di quelle elettriche come abbiamo vi-sto all’inizio, ci sia la paura per il raggiungimento da parte di queste tecnologie di un buon grado di maturità, che le rende competitive almeno in una strategia di mercato con orizzonte di medio periodo. Quello che, in un mercato perfetto sa-rebbe un vantaggio assoluto, diventa viceversa un ostacolo importante all’interno di un sistema caratterizzato da un processo di liberalizzazione incompiuto. A partire dal 2007 la produzione na-zionale da termoelettrico è in calo mentre cresce quella da fonti rinnovabili. Nell’ipotesi che, per il settore elettrico, si raggiungano gli obiettivi pre-visti per le fonti rinnovabili secondo gli scenari attuali, il termoelettrico potrà al più recuperare la produzione persa negli ultimissimi anni. Anni in cui si sono continuate a costruire nuove centrali a gas e a carbone, continuando ad ampliare un par-co termoelettrico già oggi sovradimensionato in relazione alla domanda. Nel Decreto legislativo, oggetto di tante discussioni, si sono riversate pro-babilmente le tensioni generate dall’ipotesi di una transizione del settore della produzione elettrica verso un nuovo assetto, maggiormente orientato alla sostenibilità. Il tema vero, che dovremmo af-frontare con maggiore impegno, è quello di come un Paese, con una scarsa condivisione del proprio futuro, possa affrontare, senza esserne travolto, un cambiamento della portata di quello imposto dalla green economy. Cambiamento che, sia ben chiaro, avverrà con o senza il protagonismo dell’Italia.

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Il trimestrale d’Informazione Ambientale

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MetanoIl gas naturale si avvia a essere un attore determinante della scena energetica

IIl gas naturale è il combustibile fossile che è de-stinato, secondo le attuali previsioni, a diventa-re, nei prossimi anni, la prima fonte energetica

per l’umanità, superando la quota percentuale del petrolio a livello mondiale. Negli ultimi 35 anni, la percentuale del gas naturale sull’energia primaria è salita dal 16% al 24%, mentre le attuali percentuali europee e italiane si attestano rispettivamente al 26% e al 36% e il citato sorpasso sull’oro nero potrebbe già avvenire entro il 2015. Il gas naturale risulta una fonte primaria nei settori industriali, del terziario e residenziale con quote che variano dal 31%, a livello mondiale, al 38% a livello europeo e, addirittura, al 45% a livello italiano. Anche per quanto riguar-

da la produzione di energia elettrica globalmente la percentuale è cresciuta dal 12% del 1973 al 17% at-tuale con l’Europa che si attesta al 21% e l’Italia ad un esorbitante 52%. Da questi dati si evince come l’Europa e, in particolare l’Italia, stia scegliendo una strada “a tutto gas” e questo non può non avere delle conseguenze sociali, ambientali, industriali e geopo-litiche di rilievo. Innanzitutto, conviene compren-dere il perché si stia andando verso un’era del gas, mettendo di fatto fine all’era del petrolio (l’oro nero rimarrà predominante solo per i trasporti).Il gas naturale ha un potere calorifico maggiore ri-spetto al petrolio e al carbone e sono state implemen-tate tecnologie ad alta efficienza per lo sfruttamento

di Simone Malacrida

A tutto gas

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di centrali elettriche a gas, come i cicli combinati, la cogenerazione e il teleriscaldamento. Inoltre, gli impianti che utilizzano il gas naturale per produrre energia, sono quelli che necessitano di un minore investimento iniziale in proporzione alla potenza in-stallata e sono realizzabili in tempi minori rispetto agli impianti che sfruttano altre risorse energetiche. Infine, il gas naturale è il combustibile fossile che produce meno emissioni di anidride carbonica per unità di energia prodotta, non contiene pressoché ceneri e metalli pesanti ed ha il notevole vantaggio di essere un combustibile facilmente utilizzabile con elevati rendimenti sia per taglie domestiche di ri-dotta potenza sia per quelle tipiche degli impianti industriali. La percentuale italiana, dovuta all’ener-gia proveniente dal gas naturale, è così elevata per la progressiva sostituzione, negli ultimi venti anni, di vecchie centrali elettriche a carbone o a petrolio con centrali a gas e per la concomitante conversione degli impianti di riscaldamento domestico e indu-striale da fonti petrolifere al metano.

Poli distantiSe si analizzano i consumi e la produzione di gas naturale, è evidente come vi sia una differenza tra Stati produttori e Stati consumatori e della distanza fisica tra di essi. Proprio per questo si è sviluppata una filiera del trasporto di gas allo stesso modo di quella presente per il petrolio. E, come per il petro-lio, vi sono sostanzialmente due modi per trasporta-re il gas dai Paesi produttori a quelli consumatori: o via terra, tramite apposite infrastrutture (i gasdotti), o via nave tramite le metaniere, il corrispettivo delle molto famose (e, a volta, famigerate) petroliere. In natura però vi è una differenza essenziale tra petrolio e metano: il primo si presenta allo stato liquido, il secondo allo stato gassoso. Come si sa, un gas può essere compresso, mentre un liquido no. Questa dif-ferenza comporta delle conseguenze enormi ed una filiera del tutto particolare quando si parla di tra-sporto del gas naturale. A differenza degli oleodotti, i gasdotti sono dotati di stazioni di compressione, poste lungo il tragitto di percorrenza. Difatti, è pro-prio la maggiore pressione a permettere un utilizzo più rilevante dell’infrastruttura, trasportando più gas naturale nello stesso arco di tempo. Per il gas, l’unità equivalente dei barili di petrolio è il metro cubo e, quindi, l’utilizzo del gasdotto è dato da quanti metri cubi all’anno si riescono a tra-sportare. In gergo tecnico, si usa l’acronimo, derivato dall’inglese, di BCMA che equivale a “miliardi di metri cubi all’anno”. Un gasdotto che garantisce un

buon approvvigionamento e che è economicamen-te redditizio, ha una capacità di circa 20 BCMA. L’obiettivo degli attuali gasdotti è quello di abbattere i costi di trasporto e di messa in opera dell’infra-struttura, compatibilmente con la sicurezza del tra-sferimento, principalmente aumentando la pressione di esercizio fino a 20 MPa. A sua volta, da questo aumento di pressione consegue una miglioria delle classi di tubazioni e un aumento dei costi unitari proprio di questo materiale che rappresenta una si-gnificativa fetta dell’investimento iniziale. Accanto a queste differenze rispetto agli oleodotti, vi sono de-gli aspetti comuni dovuti proprio al principio di col-legare direttamente e via terra, il Paese consumatore a quello produttore. In primo luogo, l’elevato costo dell’investimento iniziale, il lungo tempo di proget-tazione, posa e messa in servizio, classificano questi progetti come ad alto impatto economico-strategico e con alta complessità.

Legami fataliL’opinione pubblica, inoltre, si sta accorgendo in questi anni che il collegamento diretto impone an-che un rapporto speciale di partnership con il Paese produttore (nel caso italiano, la Russia e l’Algeria) e dei problemi di approvvigionamento e di sicurezza energetica quando vi siano delle tensioni con gli Sta-ti posti lungo il tragitto dei gasdotti, come nel caso tra Russia ed Ucraina negli inverni del 2005 e del 2008. Proprio per questi motivi, quasi tutti gli Stati dell’Unione Europea stanno valutando anche l’altra possibilità del trasporto del gas naturale, utilizzando le navi. Come nel caso del trasporto via terra, vi sono delle differenze notevoli tra la filiera del petrolio e quella del gas naturale. Il metano può essere lique-fatto, permettendo il trasporto di grandi quantità di gas in una singola nave, poiché si riduce il volume occupato dal gas liquefatto di un fattore notevole (1 a 23) rispetto allo stato naturale. La filiera del tra-sporto via nave del gas inizia con un impianto di liquefazione nel Paese produttore, prosegue con il caricamento del gas liquefatto sulle metaniere e fini-sce con gli impianti di rigassificazione posti nei Paesi consumatori.Dal punto di vista della fattibilità economica, tutta questa filiera deve confrontarsi con quella dei ga-sdotti precedentemente esposta, considerando anche che un rigassificatore ha una capacità media di 12-16 BCMA. Un ulteriore problema del trasporto via nave è dato dal fatto che il metano liquefatto è a temperature estremamente basse (-196 °C) generan-do, quindi, un costo aggiuntivo dato dai materiali

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adatti alla criogenia, presenti in tutte le fasi della filiera, dal terminale di liquefazione alla metaniera fino alla rigassificazione finale. Il vantaggio evidente di queste nuove infrastrutture è dato dalla possibilità di svincolarsi da singoli Paesi produttori, con ovvi benefici di approvvigionamento e di potere contrat-tuale sul prezzo e, soprattutto, senza l’interferenza di Stati “terzi”. Non stupisce, quindi, come i terminali di rigassificazione siano visti come impianti strategi-ci e di interesse nazionale e continentale, potendo es-sere usati anche come “polmone” di riserva nel caso di taglio alle forniture provenienti dai gasdotti. In Italia e in Europa, si stanno perseguendo entrambe le strade per l’approvvigionamento di gas naturale. Accanto ai gasdotti “storici” provenienti da Libia, Algeria e Russia, sono in costruzione due nuove in-frastrutture, entrambe di notevoli capacità (oltre i 25 BCMA): una nel nord Europa, detta North Stream, per connettere direttamente la Russia alla Germania e da qui il resto del continente e, l’altra, detta South Stream, che collega, passando sotto il Mar Nero, la Russia alla Grecia e da qui all’Italia.

Gas a domicilioDal lato dei rigassificatori, ogni Stato europeo si sta dotando di uno o più impianti in base al proprio fab-bisogno nazionale. In Spagna, Portogallo, Polonia, Germania, Francia, Olanda, Croazia sono in costru-zione, o già funzionanti, uno o più impianti di rigas-

sificazione mentre, in Italia, accanto al già esistente rigassificatore “Adriatic LNG”, posto al largo della costa adriatica nei pressi di Rovigo, sono allo studio altri due impianti da scegliersi in varie località, tra cui Trieste, Brindisi e Porto Empedocle. Rivestono, invece, un’importanza marginale il terminale offsho-re che si sta costruendo presso Livorno per la scarsa capacità (meno di 4 BCMA) e l’ormai storico termi-nale di Panigaglia, costruito negli anni Settanta, che ci collocava, allora, all’avanguardia della tecnologia del settore. La percentuale così elevata di utilizzo del gas naturale in Italia (senza il quale, è bene ri-cordarlo, rimarremmo in poco tempo sia al buio sia al freddo) imporrebbe una strategia decisionista in questo settore. Invece stiamo, purtroppo, assistendo al solito “balletto” di ritardi che tanto caratterizzano le opere pubbliche e le infrastrutture strategiche na-zionali. Considerando che ci vogliono quattro anni dal momento dell’avvio del progetto a quando un ri-gassificatore entra in funzione, stiamo perdendo del tempo prezioso, durante il quale siamo costretti a fare buon viso a cattivo gioco verso Paesi produttori che minacciano di tagliarci le forniture e stiamo per-dendo un treno importantissimo come quello legato alla rete unica europea per la distribuzione del gas. Il rischio è che, tra qualche anno, compreremo gas da altri Stati europei che si sono dotati di terminali di rigassificazione e, quind, la nostra politica energetica dipenderà comunque da importazioni straniere.D’altra parte, il rimandare queste opere danneggia anche l’indotto delle aziende italiane che, in questo settore, hanno parecchie punte di eccellenza. A li-vello europeo, vi sono poche società di ingegneria e di costruzione (non più di una decina) sia di gasdot-ti sia di terminali di rigassificazione ed almeno tre (Saipem, Tecnimont, Techint) sono italiane, oltre ad avere, sul nostro territorio, parecchie sedi ope-rative delle altre aziende europee interessate. Inol-tre, moltissimi componenti di queste infrastrutture, dalle tubazioni così vitali per i gasdotti, alle opere marine necessarie per l’attracco delle metaniere, portano il marchio del “made in Italy”. Il passaggio di consegne tra petrolio e gas naturale come prima fonte energetica mondiale sta, dunque, per avvenire e, come è giusto, la società e l’industria si stanno attrezzando per fare fronte a questo nuovo scenario, privilegiando a volte la filiera del trasporto a terra e, altre volte, quella effettuata via mare. Come princi-pali consumatori al mondo di questa risorsa energe-tica, l’Unione Europea non può trovarsi imprepa-rata di fronte a questo cambiamento. Facciamo in modo che non lo sia nemmeno l’Italia.

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Sulla cogenerazione ad alto rendimento cambiano le regole

COGENERO ERGO SUMdi Giuseppe Langella

Il concetto di cogenerazione è ormai noto non solo agli addetti ai lavori: essa è la produzione combi-nata di elettricità e calore ottenuta mediante un

unico impianto, utilizzando, quindi, una singola fonte di energia. Talvolta tale concetto si estende all’ulteriore e sempre contemporanea produzione di energia frigori-fera, con� gurando i cosiddetti sistemi di trigenerazio-ne: in tali impianti le frigorie vengono prodotte a spese delle calorie recuperate dal motore primo, mediante l’utilizzo di macchine ad assorbimento. La produzione contemporanea di più forme di energia comporta, in genere, un minore consumo di combustibile se para-gonata alla produzione separata delle stesse quantità di energia, ad opera di impianti diversi. L’attuale normativa però, per de� nire tali sistemi “virtuosi”, richiede qualche cosa in più della semplice produzione contemporanea, introducendo il concetto di “cogenerazione ad alto rendimento”. Tale requisito non è posseduto da tutti gli impianti di cogenerazio-ne: per sapere se un tale impianto è ad alto rendimen-to, bene� ciando quindi di tutti i vantaggi previsti, si è fatto riferimento, � no al 31 dicembre 2010, alla deli-bera 42/02 dell’Aeeg (Autorità per l’energia elettrica e

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il gas) che ha recepito il decreto legislativo 79/1999.A partire dal 1° gennaio 2011, le modalità di calco-lo contenute nella delibera 42/02 sono state modi� -cate secondo quanto previsto dalla direttiva europea 2004/8/CE, recepita dal dlgs 20/2007.

Alto rendimento ieri Il decreto 79/1999 ha introdotto la prima de� nizione di cogenerazione ad alto rendimento: “Cogenerazione è la produzione combinata di energia elettrica e calore alle condizioni de� nite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, che garantiscano un signi� cativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate”. Il decreto prevedeva, inoltre, alcuni importanti vantaggi per l’elettricità pro-dotta da impianti di cogenerazione, tra cui:• la priorità di dispacciamento dell’energia immessa

in rete (subito dopo le rinnovabili);• l’esonero dall’obbligo di acquisto dei Certifi cati

Verdi.Con la delibera 42/02, l’Aeeg ha speci� cato tutti i cri-teri che devono essere soddisfatti a� nché un impianto possa dirsi cogenerativo, ai sensi del decreto 79/1999.Due erano le condizioni da rispettare:

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• la cogenerazione deve assicurare un “significativo risparmio di energia primaria rispetto alle produ-zioni separate delle stesse quantità di energia elet-trica e termica”. Il risparmio di energia primaria era espresso dall’Ire (Indice risparmio energetico) che doveva essere diverso da zero. Il calcolo dell’Ire av-veniva applicando una formula complessa, in cui si applica un parametro di riferimento variabile in funzione della taglia e del combustibile utilizzato. Il parametro di riferimento variabile rappresentava un sensibile miglioramento della normativa, rispetto alla versione ancora precedente, dove lo Ien (Indice energetico) valutava la bontà dell’impianto rispetto ad un unico valore di efficienza di riferimento non considerando che, all’aumentare della taglia, l’effi-cienza di un impianto aumenta di per sé;

• la cogenerazione deve soddisfare un determinato valore di “limite termico”. L’impianto cioè deve avere un buon recupero del calore, che sappiamo essere il vero valore aggiunto della cogenerazione.

Maggiori dettagli tecnici e procedurali sono dispo-nibili sul sito del Gse, dove è possibile consultare la “Guida al riconoscimento della cogenerazione”.

Alto rendimento oggiTutto ciò che è previsto dalla delibera 42/02 è stato va-lido fino a 31 dicembre 2010. Fino a questa data, veniva considerata come “cogenerazione ad alto rendimento” quella rispondente alla definizione del dlgs 79/1999 e ai requisiti previsti dalla delibera 42/02.Ma dal 1° gennaio 2011 le cose sono formalmente cam-biate. A partire da quella data l’Italia deve applicare la direttiva 2004/8/CE, che costituisce il nuovo riferimen-to europeo in materia di cogenerazione e che il nostro Paese ha già in parte recepito con il dlgs 20/2007 anche se, ad oggi, manca ancora il decreto attuativo che deve definire nel dettaglio le nuove metodologie per calcola-re i nuovi parametri introdotto dalla direttiva europea.Concettualmente, la direttiva europea non modifica granché rispetto a quanto oggi previsto in Italia. Il parametro dell’Ire, applicato secondo l’attuale norma-tiva, corrisponde al Pes (Primary energy saving) intro-dotto con la direttiva europea. Affinché un impianto possa dirsi cogenerativo “ad alto rendimento” dovrà avere un Pes di almeno il 10%. Il risparmio di ener-gia primaria o Pes è calcolato come segue (direttiva 2004/8/CE 11 febbraio 2004):

Pes = [1- 1/(CHP H η / REF H η + CHP E η / REF E η)] x 100%

Dove: CHP H η è il rendimento termico della pro-

duzione di calore utile mediante cogenerazione, riferito al combustibile di alimentazione usato per cogenerare sia calore che elettricità. (Il calore utile è il calore pro-dotto in un processo di cogenerazione per soddisfare una domanda economicamente giustificabile di calore o di raffreddamento, cioè una domanda non superio-re al fabbisogno di calore o di raffreddamento e che sarebbe altrimenti soddisfatta a condizioni di mercato mediante processi di generazione di energia diversi dal-la cogenerazione). REF H η è il valore di rendimento di riferimento per la produzione separata di calore.CHP E η è il rendimento relativo alla produzione di energia elettrica mediante cogenerazione, sempre riferi-to al combustibile utilizzato per produrre sia calore che elettricità. REF E η è il valore di rendimento di riferi-mento per la produzione separata di elettricità. Le prin-cipali novità introdotte dalla normativa europea riguar-dano, quindi, i parametri di riferimento su cui viene calcolato il risparmio di energia primaria. Se la delibera 42/02 definisce il parametro di riferimento, in funzio-ne sia della potenza dell’impianto che del combustibile utilizzato, la direttiva europea al contrario non diffe-renzia per taglia ma solo per combustibile e per anno di entrata in esercizio dell’impianto. Ciò significa che impianti, che fino a ieri erano considerati cogenerativi (godendo quindi di tutti i vantaggi previsti), potrebbe-ro non esserlo più a partire dal 1 gennaio 2011.

Scambio sul posto e ritiro dedicatoAttualmente mancano le modalità tecniche e operati-ve per l’applicazione dei nuovi meccanismi di calcolo previsti dalla direttiva europea. Ma risultano già ope-rative le principali novità introdotte dal dlgs. 20/2007 di recepimento, tra cui:• semplificazioni per la connessione alla rete degli

impianti di cogenerazione, secondo quanto stabili-to con la delibera Aeeg ARG/elt 99/08 (Testo inte-grato delle connessioni attive (TICA)). Ai fini della connessione, gli impianti di cogenerazione godono di tutti i vantaggi già assicurati agli impianti che producono energia da fonti rinnovabili;

• possibilità di accedere al regime di Ritiro dedica-to dell’energia elettrica, secondo le modalità sem-plificate stabilite con la delibera Aeeg 280/07. In realtà il Ritiro dedicato era già accessibile per gli impianti di cogenerazione. Il decreto 20/2007 non fa altro che esplicitare questa possibilità (vedi “Il Ritiro dedicato” nei Riferimenti);

• in alternativa al Ritiro dedicato, gli impianti di co-generazione, di potenza fino a 200 kW, possono accedere al regime di Scambio sul posto, introdot-to con la delibera Aeeg 74/08.

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Europa

Il prossimo decennio sarà cruciale per le rinnovabili

di Alessandro Drago

31.01.2011 “Energia Rinnovabile: progredire verso l’obiettivo del 2020”, viene ribadita la necessità di tenere il passo monitorando gli sforzi protesi verso il raggiungimento degli obiettivi del pacchetto. Più in dettaglio la comunicazione presenta i progressi nell’Ue sull’aumento dell’impiego della quota del-le energie rinnovabili sull’utilizzo energetico tota-le verso il target fissato al 20% nel 2020, facendo emergere un leggero ritardo che, comunque, lascia sperare che tali obiettivi siano ancora alla portata. Per ottenere ciò però la Ce sottolinea che tutti gli Stati membri debbano aumentare sostanzialmente il finanziamento alle energie rinnovabili con un inve-stimento di capitale annuale che deve raddoppiare rapidamente fino a 70 miliardi di euro. La novità sta nel fatto che buona parte di questi fondi dovrebbero provenire dal settore privato e cioè sia dal mondo dell’impresa che dalle famiglie.

Lo scopo che ci si era posti nel lontano 2008 a Bruxelles con l’approvazione da parte del Consiglio Europeo del pacchetto clima ed

energia e che, tuttora, risulta essere il riferimento per i prossimi obiettivi in materia di sostenibilità ener-getica è quello del 20-20-20, cioè di riuscire, entro il 2020, ad utilizzare nel vecchio continente il 20% di energia pulita, raggiungere un’efficienza energe-tica pari al 20% e ridurre i gas serra in atmosfera del 20%. In realtà in Europa ci credono ancora se è vero che, con l’ultima comunicazione della Com-missione Europea in materia (COM (2011) 31 del

La sfida rinnovabile

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La comunicazione si conclude con una richiesta esplicita da parte della Ce nei confronti degli Sta-ti Membri a non “riformare” i sistemi di finanzia-mento nazionali alle rinnovabili al fine di mantenere un clima stabile per gli investimenti e, soprattutto, di evitare qualsiasi modifica retroattiva che possa scoraggiare le iniziative private nel settore. Se da una parte si chiede agli Stati membri di mantene-re condizioni generali favorevoli agli investimenti (semplificazione amministrativa, completamento ed efficentamento della rete elettrica e continuità a sistemi chiari di incentivazione) dall’altra si propo-ne a questi di promuovere meccanismi finanziari a partecipazione pubblico privata che siano in grado di attrarre capitali e di aumentare il consenso locale sui progetti in materia di FER. In effetti il partena-riato pubblico-privato dà garanzie alle imprese circa lo snellimento amministrativo delle pratiche neces-sarie all’avvio di un progetto e assicura che il settore pubblico coinvolto si impegnerà a fare accettare so-cialmente le singole iniziative in cui si è impegnato direttamente a livello economico. L’ente locale può, infatti, partecipare all’investimento nel progetto con una quota finanziaria in cambio di energia elettrica a basso costo o attraverso dei margini di profitto.

Progetti assortitiQuesti strumenti sono particolarmente utili per i progetti di piccola e media dimensione che fanno fatica a reggersi sulle proprie gambe senza finanzia-menti pubblici continui e che, quindi, presentano una maggiore vulnerabilità sul mercato. I grandi progetti nel settore delle rinnovabili (campi eolici, grandi impianti di fotovoltaico a terra e di geoter-mia) sono, in genere, finanziati da imprese multi-nazionali o da aziende ex-monopoli statali che pos-sono godere delle economie di scala e diversificare

i propri investimenti tanto da potersi garantire un discreto margine. Va aggiunto, inoltre, che que-ste compagnie che investono in grandi progetti in questo settore sensibile a livello ambientale godano sovente della possibilità di creare partenariati con associazioni ambientaliste riconosciute a livello na-zionale e internazionale che aiutano a rendere ac-cettabili i progetti da parte della popolazione. Le stesse multinazionali hanno potenti uffici di co-municazione in grado di sponsorizzare i progetti in maniera positiva. Tutto questo invece raramente accade per le piccole e medie imprese che, finora, sono riuscite a ritagliarsi una fetta di mercato im-portante nel nostro Paese specie nel settore del fo-tovoltaico e del solare termico grazie agli incentivi pubblici del conto energia e dello sgravio del 55% dei costi sull’investimento iniziale. Andandosi a ri-durre il finanziamento pubblico saranno proprio i piccoli e medi progetti realizzati da questi attori che incorreranno maggiori difficoltà sul mercato.È soprattutto a loro che la pubblica amministrazione europea (in primis le regioni e i comuni) dovranno pensare per scongiurare una moria di imprese che tradirebbe gli intenti della strategia europea per la sostenibilità energetica che vede nella creazione di impiego legato alle rinnovabili e all’efficienza ener-getica un volano imprescindibile per lo sviluppo so-stenibile. La sfida è appena iniziata anche perché in questi giorni stiamo assistendo, ad esempio in Italia, all’assestamento dei primi colpi inferti dall’attuale governo agli schemi di finanziamento all’energia prodotta da sistemi fotovoltaici. Il settore pubblico in Europa è, quindi, chiamato a dare il meglio di sé per scongiurare il peggio, a partire dalle Regioni che dovranno pensare una governance in grado di miglio-rare gli investimenti in questo settore con adeguate politiche di indirizzo.

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INFORMAZIONEPUBBLICITARIA

Corso “Tecnico del Fotovoltaico” e Corso “Riqualificatore Energetico”, Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell’Università “Federico II” di Napoli.Due azioni formative di grande successo promosse da Energy Professional Network, la grande rete dei Professionisti dell’energia - marchio del Gruppo ADL - con la collaborazione didattico-scientifica di autorevoli partner Istituzionali: il Centro di Ateneo “Sof.TEL” dell’Università “Federico II” di Napoli per il corso Tecnico del Fotovoltaico e l’INBAR, sezione provinciale di Napoli, l’Istituto Nazionale di BioArchitettura, per Riqualificatore Energetico.

I percorsi di alta formazione, articolati prevalentemente in lezioni monosettimanali tenute di sabato presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, sono rivolti a tecnici, Liberi Professionisti – Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti – che si vogliono specializzare nel comparto delle energie rinnovabili.

Entrambe le azioni formative si avvalgono di molte autorevoli Istituzioni, in particolare le ultime edizioni, partite lo scorso 30 aprile, godono del patrocinio di due prestigiosi Ordini Professionali della Campania: il Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Caserta e il Collegio Provinciale Geometri e Geometri Laureati di Avellino.

In particolare, il Corso Tecnico del Fotovoltaico, giunto alla sua X edizione è un percorso formativo più che consolidato che mira a realizzare delle figure professionali a 360°, dei veri e propri esperti

del settore fotovoltaico, mentre Riqualificatore Energetico, forte del successo della sua prima edizione, tende a formare un nuovo profilo professionale, estremamente versatile e strategico nella riconversione del parco immobiliare esistente. Uno specialista in grado di operare nelle più disparate condizioni, sia in ambito civile che industriale. Al termine di ciascun percorso è prevista l’assegnazione di un attestato di partecipazione e - previo superamento di una verifica finale - di un certificato di competenza, entrambi sottoposti alla supervisione universitaria, a cui è affidata la direzione scientifica. I certificati di competenza, inoltre, consentono di entrare a far parte di Energy Professional Network, la grande rete dei Professionisti dell’energia, senza sostenere alcun altra prova.

Segretaria OrganizzativaADL Group Srl

T. + 39 081 3723198 - 081 22 09 329F. + 39 081 22 09 329

[email protected]

In Campania si punta sull’energia rinnovabile

Attivi due percorsi di alta formazione per i futuri professionisti del settore energetico

Formazione

tenute di sabato presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, sono rivolti a tecnici, Liberi Professionisti – Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti – che si vogliono specializzare nel comparto delle energie rinnovabili.

Entrambe le azioni formative si avvalgono di molte autorevoli Istituzioni, in particolare le ultime edizioni, partite lo scorso 30 aprile, godono del patrocinio di due prestigiosi Ordini Professionali della Campania: il Consiglio dell’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della provincia di Caserta e il Collegio Provinciale Geometri e Geometri Laureati di Avellino

In particolare, il Corso Tecnico del Fotovoltaico, giunto alla sua X edizionerealizzare delle figure professionali a 360°, dei veri e propri esperti

del settore fotovoltaico, mentre Riqualificatore Energetico, forte del successo della sua prima edizione, tende a formare un nuovo profilo professionale, estremamente versatile e strategico nella riconversione del parco immobiliare

Presso la Facoltà d’Ingegneria dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”

– Tecnici– Ingegneri– Architetti– Geometri– Periti

che si vogliono specializzare nel comparto delle energie rinnovabili

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Life styleIl benessere psicologico derivato dalle rinnovabili domestiche è importante

Chiunque abbia lavorato nel settore delle costruzioni conosce benissimo le dina-miche dei processi decisionali. Potremo

condurre un esperimento psicologico analizzan-do i costi preventivati e quelli a consuntivo di una riqualificazione di una casa. Eventualmen-te potremo anche condurre un’esperienza diret-ta “sul campo” intervistando i proprietari ed il progettista. Ma tutto questo risulterebbe inutile perché è universalmente noto che la forbice fra

i costi iniziali e quelli finali è dovuta alla scelta delle maioliche e di tutte le altre finiture che non sono indispensabili per vivere ma che migliorano il benessere della famiglia che abiterà la casa. E chi è che è responsabile di queste scelte? La rispo-sta è banale: le donne. E qualche volta i ragazzi. E lo dico da donna e da ingegnere che ha lavorato in questo settore. Non è una critica ma un’analisi della realtà. Il fine ultimo di una casa è la protezione e il be-

di Claudia Bettiol

L’efficienza energetica è “femmina”

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nessere di chi vi abita. E il benessere non è dato solo dalla capacità di resistere a scosse di terre-moto o alle intemperie. Le donne sanno perfet-tamente come gestire una famiglia e come creare il senso di identità ed è per questo che, una volta inserite nel processo decisionale, si occupano di scelte “collaterali”. Se in una riqualificazione vo-gliamo accelerare l’interesse verso aspetti energe-tici, quindi, dobbiamo riuscire a collegare l’ener-gia con l’identità di una casa e di una famiglia. Con questa prospettiva cambiano tutte le questio-ni riguardo alla mimetizzazione o all’integrazione energetica. Nascondere la visibilità di un impianto fotovoltaico, ad esempio, significa perdere l’inte-resse da parte di alcuni membri della famiglia che lo reputano solo un impianto tecnico.

Orgoglio rinnovabileMa un impianto che produce energia rinnovabile (sia acqua calda che energia elettrica) è qualcosa di più di una caldaia. E se mai verrebbe di asso-ciare la propria identità a una caldaia, le interviste condotte a persone che hanno installato un im-pianto rinnovabile sul proprio tetto dimostrano il contrario. Le persone sono orgogliose della pro-pria scelta e la collegano alla “percezione del sé”. Cambiano i motivi per cui essere orgogliosi ma non l’atteggiamento psicologico finale. Per questo motivo, se si vogliono diffondere i piccoli impian-ti di produzione di energia rinnovabile, si deve agire sulla leva psicologica della stima. Un tale impianto, quindi, deve essere visibile ma “bello”. Deve avere un valore estetico riconoscibile. Solo a questo punto il prezzo non diventerà più un fat-tore discriminante. Anzi, un mercato “maturo” è composto di una vasta gamma di prodotti diffe-renziati da vari aspetti in grado di soddisfare le personali esigenze di ognuno di noi.È tempo di cambiare prospettiva e di assecon-dare la psicologia delle persone se si vuole che le energie rinnovabili siano diffuse. In questo modo dobbiamo poi far capire a chi governa che gli im-pianti di piccola taglia non sono solo questioni energetiche ma opportunità industriali. In questo caso appare evidente come il punto focale non è più “il produttore” ma “il consumatore” rappre-sentato principalmente da nuclei familiari. Un consumatore che si evolve in “prosumer” e che può avere vantaggi economici dalla gestione del suo piccolo sistema energetico domestico. Ma an-che un consumatore smart e high-tech perché, spo-stando l’attenzione dalla produzione al consumo,

l’interesse è la organizzazione dell’intero sistema digitale-energetico degli individui. L’efficienza non è la sostituzione di una tecnologia, ma la gestione dei micro sistemi individuali. L’energia può entrare come parte dello stile di vita digitale dei giovani e delle famiglie e il suo controllo può diventare una azione quotidiana “naturale”, così come è “natura-le” collegarsi sui social network o nel web.Ovviamente occorrerà imparare a gestire una complessità domestica fatta di impianti di pro-duzione energetica, apparecchiature capaci di dialogare fra loro, sistemi di recupero energetico, sistemi di accumulo (magari su ruote come quel-li rappresentati da un’auto elettrica) e abitudini dei figli e degli altri componenti della famiglia.In questo scenario si comprende come l’approc-cio alla efficienza energetica è diverso e comple-mentare al precedente. La prospettiva non è più quella lineare maschile ma quella femminile più attenta alle relazioni umane. La gestione di si-stemi complessi, in cui convivono componenti tecnologiche e comportamenti umani, è proprio quello che le donne fanno ogni giorno all’inter-no delle famiglie. Per quanto riguarda i ragazzi, il loro ruolo è paradossalmente quello di edu-care i loro genitori. Le nuove generazioni, che in antropologia sono chiamate “nativi digitali”, sono più esperte nella gestione di sistemi digita-li e nell’interazione con la tecnologia e, spesso, esercitano quella che potremo chiamare come una operazione di “mentoring inverso” nei con-fronti dei loro genitori. Chiunque di noi ha fi-gli ha sperimentato questa nostra dipendenza da loro nell’avvicinarsi alle novità della tecnologia digitale. In conclusione, qualsiasi programma di cambiamento nella produzione o nella gestione dei sistemi energetici deve essere condiviso dalle donne che devono poter dare il loro contributo dalla loro prospettiva. Strategie e programmi de-vono essere analizzati dalle due prospettive yin e yang se si vuole che siano poi accettati dal pub-blico. Quello che è interessante, comunque, è che la Cina ha capito questo passaggio concettuale e la sua politica industriale è indirizzata verso produzioni di prodotti tecnologici e impianti di piccola taglia Quelli che possono essere venduti nei centri commerciali direttamente alle famiglie e che non hanno la mediazione di esperti e tecni-ci. La Cina, proprio per la sua cultura filosofica e per il ruolo che Confucio attribuisce alle fami-glie, è capace di armonizzare una visione lineare maschile con una circolare femminile.

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Formazione

Il fotovoltaico offre opportunità sia sul fronte occupazionale sia per il sistema Paese

di Alessandra Lombardi

settore fotovoltaico resta legata alle caratteristiche geografiche del territorio in cui viene sfruttata: la capacità fotovoltaica nella cosiddetta “fascia del sole” - quella compresa tra il trentacinquesimo pa-rallelo a nord e a sud - nel 2020 potrà raggiungere i 250 GW, per sfondare quota 1.000 nel 2030. Al momento però in queste aree, caratterizzate da un altissimo irradiamento solare, è presente solo il 9% del fotovoltaico, fatto ancora più grave se si conside-ra che, proprio in queste zone, vive circa il 75% del-la popolazione mondiale, con il 40% del consumo elettrico. I prezzi dei sistemi, inoltre, dovrebbero, secondo le previsioni presentate dall’Epia, scendere in modo sensibile (circa il 66% nel 2030 rispetto a quelli attuali) nella già menzionata fascia del sole. Viste queste premesse non è difficile pensare che il comparto delle rinnovabili dà e darà sempre

Nel 2020 il 12% della domanda di ener-gia elettrica in Europa verrà soddisfatta dal fotovoltaico. Secondo un rapporto

dell’Epia (European Photovoltaic Industry Asso-ciation), presentato a Cancun, infatti, la capacità installata grazie al fotovoltaico raggiungerà tra 9 anni i 390GW permettendo un risparmio annuo di 220 milioni di tonnellate di CO2. La forza del

Un’opportunità solare

Classe ottava edizione corso fotovoltaico università Federico II

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più lavoro “pulito” soprattutto alle nuove gene-razioni. I dati che emergono dal rapporto Solar Energy Report, realizzato dall’Energy & Strategy Group della School of Management del Politecni-co di Milano, dimostrano come in particolare il fotovoltaico sia ormai una realtà importante per il nostro Paese, non solo dal punto di vista econo-mico ed energetico in quanto, come evidenzia il rapporto, il comparto dà lavoro ormai ai 18.500 addetti (oltre 50.000 unità con l’indotto).Oltre 800 operatori attivi sul mercato italiano censiti con un incremento della crescita del 13 per cento con il risultato che in Italia, l’anno scorso, sono stati installati 2.100 MW con una crescita del 192% rispetto al 2009. Ma il dato potrebbe schiz-zare a oltre 6 GW (+740%) se risulteranno entrati effettivamente in esercizio, entro il 30 giugno, gli impianti fotovoltaici beneficiati dalla legge ‘Salva Alcoa’. Con questi numeri il volume d’affari del 2010 oscilla tra i 7,6 miliardi di euro, considerando gli impianti fv entrati in esercizio entro fine dicem-bre e 21,5 miliardi se si sommano anche gli impian-ti ‘Salva Alcoa’, con una crescita rispettivamente del 162% e del 700% rispetto al 2009.

Crescita solareLa quota di margine delle imprese italiane supera orma il 42%, soldi che restano nel nostro Paese in netta crescita rispetto a due anni fa quando questo dato raggiungeva a stento il 28%. Le nostre azien-de trovano spazio anche all’estero, soprattutto nell’area mediterranea, in Paesi come Israele, rite-nuti molto promettenti. D’altra parte secondo uno studio di Energy [R]evolution è possibile ridurre le emissioni di CO2 e garantire allo stesso tempo la crescita economica, sostituendo i combustibili fossili con efficienza energetica e rinnovabili. Se-condo lo studio, entro il 2030, è possibile crea-re dodici milioni di posti di lavoro, di cui otto e mezzo soltanto nel settore delle fonti rinnovabili. Allo stato attuale, i posti di lavoro in energie rin-novabili sono soltanto 2,4 milioni a fronte di 8,7 del settore energetico a livello mondiale. Attuan-do Energy [R]evolution, invece, si creerebbero 3,2 milioni di nuovi green job nel settore dell’energia, il 33 per cento in più di quelli attuali. Il merca-to globale per le tecnologie rinnovabili, entro il 2030, passerà dagli attuali 100 miliardi di dollari l’anno a più di 600 miliardi di dollari.Basta guardare alla Germania dove quasi 102 mi-liardi di chilowattora sono stati prodotti nel 2010 da fonti rinnovabili, per una quota del 17% sull’of-

ferta totale di energia elettrica. Le rinnovabili, ad oggi, coprono l’11% dei consumi finali totali (dati ministero del’Ambiente). Innanzitutto la Germa-nia ha una produzione di energia elettrica di 603 TWh (nel 2010), quasi il doppio dell’Italia e, poi, l’obiettivo per le rinnovabili al 2010 è stato netta-mente superato: era infatti del 12,5%. Ora il tar-get 2020 del 40% di produzione di energia elettri-ca da rinnovabili sembra veramente alla portata, soprattutto se l’effetto Fukushima farà accelerare al Governo i piani di sviluppo nelle energie pulite. Molti osservatori ritengono che un aumento di 12 TWh per anno sia molto realistico.Eolico e solare fotovoltaico hanno, infatti, contribu-ito per oltre il 30% della fornitura, una produzione sempre più prossima al contributo del nucleare che in Germania è stato di 133 TWh. Gli investimenti annuali in fonti rinnovabili in terra tedesca hanno superato molto bene la crisi: si stima, infatti, un giro d’affari di 26 miliardi di euro, circa un 25% in più rispetto al 2009. Anche l’occupazione nel settore è cresciuta (+8%) con 370mila addetti, più del doppio di quanti erano nel 2004 (160.500). Ed è per questo motivo che molte scuole e università in Italia stanno organizzando corsi di formazione sui sistemi fotovoltaici, per poter così garantire un futuro lavorativo ai più giovani in un momento drammatico per i livelli di disoccupazione, soprat-tutto al Sud, con la speranza che il governo decida di rivedere in questi giorni lo sciagurato decreto sui contributi alle fonti rinnovabili.In particolare ci teniamo a segnalare un primo corso sui sistemi fotovoltaici tenuto dal gruppo ADL presso un istituto superiore campano, preci-samente l’ITI Augusto Righi di Napoli, un corso nato per fornire un’opportunità e per vincere una sfida. Grazie alla ferma volontà della dirigente scolastica, ingegner Vittoria Rinaldi, si è riusciti a portare in porto alcuni buoni risultati. L’opportu-nità consisteva nel fornire agli studenti di ultimo anno di istituto tecnico un corredo di conoscenze immediatamente spendibili sul mondo del lavo-ro, partendo da quelle già acquisite a scuola ed ampliandole sino a giungere alla comprensione tecnica e professionale dei sistemi fotovoltaici. La trasformazione energetica coinvolta, da energia solare radiante ad energia elettrica, è troppo poco approfondita nelle diverse materie tecniche, eppu-re essa rappresenta una fonte energetica in ascesa e sarebbe il caso che le migliori menti del nostro Paese si concentrassero su quei processi per tenta-re di ottimizzarne le prestazioni.

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Un corso per il fotovoltaico in un istituto tecnico per nuove opportunità d’inserimento.

anche l’utilizzo di giovani professori universitari ha au-mentato il grado di attenzione e fruibilità del corso.A giudicare dai risultati ottenuti, devo dire che entram-be le complessità sono state brillantemente superate, tanto da individuare un percorso formativo esportabi-le in tutti gli istituti tecnici italiani. Considero buona pratica completare la preparazione del perito tecnico, quale che sia la sua estrazione professionale, con ma-terie extra-curricolari che allarghino i suoi orizzonti e siano di interesse strategico per il paese. L’esempio del fotovoltaico è quanto mai indicato.La sfida futura potrebbe essere quella di adattare questo tipo di corsi ai licei scientifico e classico, puntando sem-pre più sugli aspetti formativi di base e trascurando le parti più tecniche ed operative. Questa idea potrà senza dubbio alcuno fornire una prima pietra per la riedifica-zione della scuola italiana, la cui urgenza è quanto mai sentita in questi difficili momenti che il nostro paese attraversa.Chiudo con una considerazione relativa alla mia città di Napoli. Essa vive un momento non felice della sua gloriosa storia, ma, ne sono profondamente convinto, il nuovo rinascimento napoletano o passa per la ripresa e la riqualificazione della scuola, alla quale da un decen-nio dedico gran parte delle mie energie in qualità di re-sponsabile del Centro di Ateneo per l’Orientamento, la Formazione e la Teledidattica [SOFTel], o non ci sarà, indipendentemente dalla classe politica che governerà le sorti della città.

Si è concluso nei giorni scorsi il primo corso sui sistemi fotovoltaici tenuto dal gruppo ADL pres-so un istituto superiore campano, precisamente

l’ITIS Augusto Righi, sito al viale Kennedy in Napo-li. La ferma volontà della dirigente scolastica, ingegner Vittoria Rinaldi, e le diverse professionalità messe in campo hanno consentito di portare in porto alcuni buoni risultati.Questo corso, tuttavia, era nato per fornire un’opportu-nità e per vincere una sfida.L’opportunità consisteva nel fornire agli studenti di ulti-mo anno di istituto tecnico un corredo di conoscenze immediatamente spendibili sul mondo del lavoro, par-tendo da quelle già acquisite a scuole ed ampliandole sino a giungere alla comprensione tecnica e professio-nale dei sistemi fotovoltaici. La trasformazione energe-tica coinvolta, da energia solare radiante ad energia elet-trica, è troppo spesso trascurata dai curricoli scolastici, ovvero troppo poco approfondita nelle diverse materie tecniche. Eppure essa rappresenta una fonte energetica in ascesa e sarebbe il caso che le migliori energie intel-lettuali del nostro paese si concentrassero su quei pro-cessi per tentare di ottimizzarne le prestazioni.La sfida era presentare ad un pubblico non universitario concetti che erano stati mesi a punto per laureati. Ciò implicava evidentemente una riduzione della mole di conoscenze da passare agli studenti, ma i tagli andava-no fatti senza sacrificare le conoscenze di base necessa-rie allo sviluppo organico della materia. Probabilmente

Fotovoltaico a scuola

Prof. Ing. Luigi Verolino, Ordinario di Elettrotecnica Generale, Università Federico II di Napoli

Luigi Verolino è il direttore del Centro di Ateneo per l’Orientamento, la Formazione e la Teledidattica S.O.F.Tel dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Da oltre dieci anni è Professore Ordinario del Dipartimento di In-gegneria Elettrica della Facoltà di Ingegneria dello stesso Ateneo. Fino al 1991 ha svolto attività di ricerca presso il CERN di Ginevra sull’impiego di nuove strutture, i risuona-tori aperti, per accelerare e focalizzare fasci di particelle. È autore di diverse pubblicazioni internazionali e di alcuni libri di testo per la scuola e l’università.

Contatti: Prof. Luigi VerolinoDipartimento di Ingegneria Elettrica

Via Claudio 21 [80125] [email protected]

Formazione

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La formazione professionale diventa una leva di sviluppo socioeconomico e sostenibile

Il Sole SuI banchIdi alessandra lombardi

Formazione

Dalla laurea in ingegneria alla responsabili-tà di un istituto tecnico. Ci può spiegare come è successo?Potrei dire per caso. Appena laureata in Ingegneria Meccanica in meno dei 5 anni accademici (4 anni e una sessione) fui assunta in azienda, arrivando in pochi anni all’ottavo livello del contratto metalmec-canico, ma poi capii che per andare oltre occorreva ben altro per cui decisi di lasciare e rimettermi in gioco come libero professionista. Intanto fui spinta ad addentrarmi nel mondo della scuola e man mano mi sono lasciata entusiasmare, proponendomi per nuove sfide fino al raggiungimento della dirigenza. Ho vissuto e vivo tuttora la scuola come parte inte-grante del mondo del lavoro, creando continui con-tatti con le aziende ed Enti Istituzionali, nell’ottica del continuo aggiornamento professionale, non sol-tanto degli allievi, ma anche dei docenti. In qualità di Consigliere dell’Ordine degli Ingegneri di Napoli ho curato la commissione Istruzione alla quale par-tecipano esponenti del mondo della scuola, dell’Uni-versità e del mondo del lavoro

Perché ha deciso di investire nella formazio-ne sulle rinnovabili per gli studenti del suo istituto?Nell’ottica dell’aggiornamento dei percorsi forma-

La formazione nel settore delle energie rinnova-bili rappresenta un’occasione di lavoro altamente specializzato per il futuro dei giovani. A Napoli

l’Istituto Tecnico Industriale Statale A. Righi offre ai propri studenti questa opportunità. Ce ne parla Vittoria Rinaldi, laureata in Ingegneria Meccanica all’Universi-tà degli Studi di Napoli Federico II che dirige l’ITIS A. Righi nel quale si è svolta questa iniziativa.

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gruppo ADL, aziende del settore delle energie rinnovabili e ordini professionali. Sono stati svolti dapprima dei seminari informativi e di presenta-zione del corso, ai quali si è riscontrata una note-vole aff luenza anche di esponenti del mondo del lavoro e degli ordini professionali. Il Collegio dei Periti Industriali ha conferito il patrocinio all’ini-ziativa contribuendo alla pubblicizzazione dello stesso.

Che livello di partecipazione ha ottenuto?Un livello altissimo sia come allievi interni dell’istituto frequentanti il V anno, sia come al-lievi esterni, tipo ex diplomati dell’istituto o di altre amministrazioni, nonché liberi professionisti operanti nel campo dell’impiantistica elettrica – elettronica.

Che tipo di riconoscimento otterranno gli alunni?Un attestato comprovante le competenze acquisite nel settore del fotovoltaico

Quali sono le possibilità di lavoro concreto in questo settore alla fine del corso? Le aziende presso le quali saranno svolte le atti-vità di stage inseriranno nei loro data base i cur-ricula degli allievi, manifestando altresì interesse nel caso si presentino opportunità d’inserimento in azienda. Possibilità di lavoro riguardano anche incarichi professionali sia da parte di pubbliche amministrazioni che da parte di privati, nonché inserimento lavorativo presso prestigiose ed im-portanti istituzioni di settore.

tivi in rispondenza con le esigenze del mondo del lavoro, in linea con la riforma degli Istituti Tec-nici, è nata l’esigenza di integrare il curricolo con moduli specialistici inerenti le energie rinnovabili. Nell’istituto è attivo l’indirizzo di Fisica Ambienta-le Sanitaria Europea che, con la riforma dei tecnici, confluirà nei due indirizzi Chimica e biotecnologie ambientali - Meccanica, meccatronica ed energia, i quali prevedono nei loro piani di studio la tematica delle energie alternative e rinnovabili.

È la prima volta che organizza questo tipo di corsi di specializzazione?Nell’ambito della Formazione Integrata Superiore (IFTS) ho curato la progettazione di figure profes-sionali maggiormente richieste dal mondo del lavo-ro, in partenariato con il Politecnico di Napoli, le aziende di settore, ordini professionali, enti locali, agenzie di formazione, Unione Industriali. In par-ticolare con l’Ordine degli Ingegneri della Provin-cia di Napoli, è stato progettato e realizzato il cor-so di specializzazione in acustica ambientale, teso alla formazione di un tecnico abilitato secondo la delibera Regionale. Credo molto nella sinergia tra scuola, università, aziende; è stato riscontrato che anche gli allievi risultano molto motivati, nel mo-mento in cui vengono a contatto con realtà esterne che possano dare un contributo concreto al percor-so curriculare

Quali soggetti avete coinvolto per questo corso di orientamento al mercato delle rin-novabili?L’Università degli studi di Napoli Federico II, il

UN NETwORk PER L’ENERGIA

Energy Professional Network nasce su iniziativa di un gruppo di professionisti legati da una comune passione per le fonti energetiche rinnovabili, convinti che la condivisione delle esperienze e l’integrazione delle competenze possano costituire la chiave di volta per af-frontare un settore giovane e dinamico, poco conosciuto e, soprattutto, poco strutturato per contrastare la disinformazione dilagante a tutti i livelli.Un bacino di competenze, di esperienze e di soggetti dotati di background eterogenei pos-sono senz’altro contribuire a migliorare il complessivo livello qualitativo dell’offerta, offrire spunti e riflessioni all’intera comunità tecnica e scientifica, incrementare le opportunità, fornire supporto alle istituzioni nella definizione dei processi legislativi. L’Energy Professio-nal Network vuole essere un contenitore di professionisti e professionalità di riferimento per l’intera filiera delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, un nodo di interscambio tra istituzioni, operatori economici e fruitori.L’Energy Professional Network sarà promosso quale strumento di certificazione della pro-fessionalità energetica presso le imprese e gli enti pubblici per far sì che gli appartenenti a questa rete possano essere riconosciuti come soggetti in grado di offrire le più qualificate risposte alle necessità dei committenti. L’accesso è libero e gratuito; tuttavia, è necessario essere in possesso di titoli e/o esperienze che ne certificano le competenze e le capacità di operare all’interno della filiera.

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L’INSOSTENIBILE PESANTEZZA DELL’ATOMO

Crisi nucleare

Atomo sul Sol Levante

Senza è meglio

Il costo dell’atomo

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Sollecitato a scrivere qualcosa di chiaro su-gli incidenti nucleari giapponesi mi è sorta spontanea una domanda: “Che cosa è av-

venuto?” Per i reattori di Fukushima la risposta è Loca: Loss of Coolant Accident, cioè incidente per perdita di f luido refrigerante. Il Rapporto Ra-smussen sulla sicurezza dei reattori della II gene-razione assegna a questo incidente la probabilità più bassa, cioè 1 caso su 10.000 per anno e per reattore. Vale a dire, su 400 reattori in funzione per 25 anni, un incidente di questo tipo accade quasi sicuramente mentre l’Enel, in una sua stima successiva, fatta per il caso specifico del reattore Pwr di Trino Vercellese, ha calcolato una probabi-lità ancora più bassa, pari a 1 caso su 1 milione.La dinamica è la seguente. Una volta arrestato il funzionamento del reattore occorre smaltire il calore residuo prodotto dagli elementi di combu-stibile per la radioattività residua. Se per qualche motivo viene a mancare il liquido di raffredda-mento del nocciolo il calore si accumula, il liqui-do evapora e gli elementi di combustibile (che devono sempre essere immersi in acqua) possono trovarsi all’asciutto. A questo punto, la tempera-tura degli elementi scoperti sale esponenzialmen-te fino al valore di 1.200 °C quando essi iniziano a fondere a partire dalla guaina di acciaio che racchiude il combustibile. L’acqua, presente sia in forma liquida che in forma di vapore, sottopo-sta a queste alte temperature, si decompone nei suoi elementi, idrogeno e ossigeno. L’idrogeno, che è un gas leggerissimo, sale immediatamente verso l’alto e si va ad accumulare sulla cupola del serbatoio di contenimento del reattore, da dove viene fatto def luire verso l’edificio di conteni-mento secondario, il cui tetto è l’unica parte non costruita in cemento armato. La bolla d’idroge-no che si forma sotto questo tetto viene sgonfiata

cercando di far def luire il gas verso l’esterno.La probabilità che si formi la miscela esplosiva tra idrogeno ed ossigeno è altissima e basta una qualsiasi fonte d’innesco perché si abbia l’esplo-sione. A questo punto il tetto dell’edificio secon-dario salta in aria e tutto quello che esso contiene finisce nell’atmosfera. È evidente che l’idrogeno e l’ossigeno prodotti nella fusione degli elemen-ti di combustibile portano con sé anche gli ele-menti radioattivi sia gassosi sia in polveri sottili che si liberano dalla rottura della guaina. Sia che l’idrogeno venga fatto def luire “pacificamente” nell’atmosfera sia che esso esploda violentemente, l’incidente immette dosi più o meno consistenti di radioattività pericolosa per la salute dell’ecosi-stema e dell’uomo.Paolo Loizzo, grande esperto mondiale di reat-tori nucleari, descrive così la sequenza del Loca: “La doccia interna d’emergenza spegne il reattore e lo refrigera. Il vapore che continua ad uscire dal

Atomo sul Sol Levantedi Domenico Coiante

La sequenza degli incidenti nucleari in Giappone pone seri interrogativi

Crisi nucleare

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tubo tranciato (prima che si chiudano le apposite valvole) viene refrigerato e condensato dai grandi ventilatori e dalle docce sulle pareti dell’edificio di contenimento. Il danno è grave, ma riguarda solo l’impianto, che potrà essere rimesso in funzione dopo un certo numero di anni di riparazioni e di decontaminazione. Nasce contemporaneamen-te la prima questione: e se contemporaneamente manca l’energia elettrica? Si ripete l’analisi e si dimostra che, per raffreddare il contenitore, ba-stano tre ventilatori e le due docce alimentati dai diesel d’emergenza. Nasce la seconda questione: e se i diesel non partono? E se si sviluppano grandi quantità d’idrogeno che poi esplodono nell’edifi-cio del reattore? È chiaro che il gioco può conti-nuare a lungo. A furia di guasti successivi si arriva alla fusione completa del nocciolo”.

Sequenze imprevisteEbbene sembra quasi di leggere la cronaca di quello che è accaduto nei due reattori di Fuku-shima. Il terremoto ha prodotto il blocco auto-matico improvviso di sicurezza di tutti i reattori, evento detto di transiente brusco. A determinare la sequenza maledetta è stato l’intervento succes-sivo dell’onda di maremoto che ha fatto spegnere i diesel d’emergenza.In queste ore concitate, i nostri rappresentanti governativi non mancano di intervenire su tutti i mezzi d’informazione per rassicurare gli italiani circa la bontà della scelta fatta. L’argomento fon-damentale è che i reattori in predicato sono molto più sicuri di quelli giapponesi e che il verificarsi di una tale sequenza di eventi sfavorevoli, terremoto di grado 9 e tsunami, non è possibile in Italia. Anche per i giapponesi, che pure sono abituati ai terremoti, non si riteneva possibile un terremoto di grado 9 e uno tsumami così violento.Anche il fatto che il nucleare è più economico è un falso, come dimostrano le numerose stime indi-pendenti effettuate recentemente (rapporto MIT 2003, 2009). Anche senza mettere in conto i costi di chiusura, che vengono caricati sui contribuenti, il costo del kWh si aggira intorno ai 0,07-0,08 € ed è, quindi, più caro di quello da carbone, gas e olio. Ricordo che il prezzo unico PUN pagato ai produttori dal GSE, che rif lette pertanto il costo attuale dell’energia, è intorno ai 0,06 €/kWh.Altro argomento avanzato il fatto che “siamo accerchiati da almeno 13 reattori al di là delle alpi che potrebbero inviarci le radiazioni in caso d’incidente”. Si riconosce implicitamente il grave

rischio per i reattori presenti al di là delle alpi e si propone di combattere tale rischio aggiun-gendone un altro più grave perché più vicino, costruendo anche in Italia i reattori nucleari! È roba da matti o mi sfugge qualcosa? Basta consi-derare la diffusione delle radiazioni in funzione della distanza dalla sorgente. In assenza di venti la concentrazione dei prodotti radioattivi, emessi in aria da una sorgente, diminuisce approssima-tivamente con il quadrato della distanza. Quindi un conto è avere una centrale a 100 km di di-stanza ed un altro è averla vicino casa. Perché i giapponesi stanno facendo sgombrare la gente per un raggio di 20 km se non per gli effetti di questa legge? In presenza di venti il quadro può cambiare notevolmente perché gli effetti diffusi-vi possono essere aumentati o diminuiti a secon-da della direzione del vento (vedi Chernobyl).Inoltre l’Italia si trova in una posizione geologica particolare rispetto agli altri Paesi europei. Come il Giappone siamo soggetti a frequenti terremoti visto che il nostro territorio si trova attraversato da almeno due o tre grandi faglie ed altre minori. Tutte sono attive perché sotto di noi si scontra-no alcune zolle tettoniche che producono i nostri terremoti. Nel resto d’Europa la situazione è ben diversa. In alcuni Paesi non sanno neppure cosa sia un terremoto (Svezia, Norvegia, Inghilterra, Germania, ecc).Non voglio dire che questo dato di fatto ci debba impedire di fare il nucleare: il Giappone insegna. Però, occorre avere ben chiaro il rischio ben mag-giore a cui si va incontro e ai conseguenti costi economici e sociali: il Giappone insegna ancora.“Forse il nucleare ce lo ha ordinato il dottore?” A cui segue: “Ci sono altre soluzioni?”

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I l nucleare è una tecnologia rischiosa che non ha risolto il problema della gestione dei rifiu-ti radioattivi. In Italia, dopo 24 anni dalla

chiusura del nucleare, non è ancora stato realiz-zato il sito di stoccaggio. L’analisi storica (degli incidenti conosciuti e studiati), l’analisi di ope-rabilità (della identificazione dei possibili eventi incidentali per errori, malfunzionamenti, atten-tati terroristici, ecc.), quella delle possibili con-seguenze di tali eventi incidentali, continuano a far classificare i reattori nucleari, compresi quelli di terza generazione, quali impianti a rischio di incidente rilevante. I progressi fatti in materia di sicurezza dei nuovi reattori non sono suffi-cienti: anche per questi, infatti, restano obbli-gatori, proprio perché impianti a rischio, i piani di emergenza, interna e esterna. I radionuclidi, formati durante l’esercizio delle centrali, che po-trebbero giungere all’ambiente esterno a seguito di rilasci di piccole quantità di prodotti di fissio-

ne, di rilasci in caso d’incidente, anche di piccola entità, di rilasci dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività, nonché di rifiuti ad alta attività e a lunga vita costituiti da combustibile esausto e/o dal materiale derivante dal ritrattamento del com-bustibile irraggiato, continuano a costituire ele-menti di potenziali impatti negativi per la salute e per l’ambiente, sia per gli effetti deterministici (che si manifestano a dosi relativamente elevate), sia gli effetti stocastici o probabilistici (tipici delle esposizioni alle basse dosi). È dal 1987, anno di chiusura del nucleare in Italia, che si discute di un sito per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi. Sono intervenute norme di legge, decreti, commissioni, sono state prese decisioni, poi ritirate. Nuove pro-poste sono ora in istruttoria, ma il sito per lo stoc-caggio di tali rifiuti ancora non c’è. Il nucleare produce rifiuti pericolosi, radioattivi e fortemente tossici, che non esistono in natura, parte dei quali restano tali per molte migliaia di anni (il tempo di dimezzamento della radioattività del plutonio è di 24 mila anni) e che non sappiamo come smaltire. Possiamo solo custodirli in qualche posto, mentre continuano a produrre radioattività e calore per migliaia di anni, lasciando il problema in eredità alle future generazioni. Territorio inadattoL’Italia è un Paese europeo, la sua rete elettrica è integrata con quella europea. Ragionamenti pu-ramente nazionali sul mix delle fonti elettriche sono solo il frutto di vecchie visioni, non aggior-nate alla nuova realtà europea. Ciascun territorio europeo deve puntare su uno sviluppo armoniz-zato con gli altri territori, valorizzando le proprie specificità e qualità, anche in campo energetico. Il territorio Italiano è densamente popolato, con una vasta porzione montuosa, con vaste aree a

Senza è megliodi Edo Ronchi

L’Italia può fare a meno del nucleare nonostante ciò che affermano i nuclearisti

Crisi nucleare

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rischio sismico, con 6.600 comuni, circa 80%, esposti al rischio idrogeologico, di alluvioni o frane. Il territorio italiano, per condizioni cli-matiche e geografiche, dispone del patrimonio naturale più ricco d’Europa, con vaste porzio-ni tutelate perché siti di importanza comunita-ria, zone di protezione speciale europea, parchi e aree naturali protette: il territorio soggetto a protezione naturalistica è oltre il 19%. L’Italia ospita il patrimonio storico, artistico, culturale e archeologico più importante del mondo: un patrimonio importante per tutta l’Europa. Per tutte queste ragioni l’Italia è il Paese europeo meno adatto ad ospitare centrali nucleari. Non è per caso che, anche prima del referendum, di nucleare in Italia se n’era fatto ben poco: mentre in Francia c’erano già 58 reattori funzionanti, in Italia il nucleare era del tutto marginale, con una sola centrale funzionante, a Caorso, due vecchie e piccole centrali avviate a chiusura, a Latina e a Trino, e una sola nuova centrale in costruzio-ne, a Montalto di Castro. E non è nemmeno un caso che i cittadini che vivono sul territorio, che gli enti locali e le regioni, più vicine al territorio, siano così diffusamente e ampiamente contrari al nucleare .È proprio questo peculiare contesto territoriale dell’Italia che rende sostanzialmente impraticabile una scelta di ritorno al nucleare in Italia, per giunta imposta al Paese da un governo e da una ristretta e temporanea maggioranza par-lamentare. Anche se questa forzatura riuscisse a far aprire un cantiere per avviare la costruzione di un reattore nucleare, si tratterebbe di una scelta precaria, destinata ad essere, prima o poi, rimessa in discussione, lasciando solo una coda di costi a

carico della collettività. Ricordo che da 23 anni, anche se le centrali nucleari non hanno prodot-to più nemmeno un chilowattora, continuiamo a pagare centinaia di milioni all’anno: ancora 285 milioni per oneri nucleari nelle bollette del 2010.

Meno gas serra senza atomoL’Italia è in grado di realizzare i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni di gas di serra senza il nucleare, con il risparmio energetico, con lo svi-luppo delle rinnovabili e, in futuro, con la cat-tura e il sequestro della CO2. Le emissioni di gas serra in Italia sono diminuite da 516,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti nel 1990 a cir-ca 485,8 milioni di tonnellate nel 2010, con un calo di circa il 6%, sostanzialmente in linea con il nostro obiettivo fissato dal Protocollo di Kyo-to (-6,5% come media del periodo 2008-2012). Attuando la direttiva europea, vincolante, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e l’obietti-vo europeo di risparmio energetico, andremmo oltre l’obiettivo di ridurre le nostre emissioni del 20% entro il 2020, senza alcun bisogno di centrali nucleari. L’Italia è ben posizionata, sia per la ricerca sia per le prime realizzazioni spe-rimentali, nelle tecniche di cattura e sequestro dell’anidride carbonica. È molto più interessante per l’Italia sviluppare questa tecnologia, anche in vista di suoi possibili sviluppi internazionali. Per il nucleare sono in corso diversi progetti di ri-cerca per tecnologie più sicure e con una minore produzione e una minore pericolosità dei rifiu-ti: è utile partecipare a queste ricerche, anche se sono prevedibili possibili esiti significativi solo fra qualche decennio.

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Non necessarioL’Italia può fare a meno delle centrali nucleari per soddisfare il proprio fabbisogno di elettrici-tà. Tenendo conto della crescita dell’elettricità prodotta con fonti rinnovabili che nel 2020 su-pererà il 30% del nostro consumo e della cresci-ta più lenta della domanda di elettricità, visto il consistente programma di costruzione di nuove centrali, soprattutto a gas, andiamo già verso un eccesso di potenza elettrica installata, anche sen-za il nucleare. Nel 2008 con una potenza di cen-trali termoelettriche tradizionali pari a 76.000 MW sono stati prodotti 255 TWh, nel 2010 la produzione termoelettrica è scesa a 222 Twh; ma la potenza elettrica installata, programmata prima della crisi del 2008-2009, e prima della crescita delle rinnovabili, continua a crescere. Abbiamo,infatti, 5.232 MW di nuove centrali termoelettriche in costruzione, altri 1.198 MW già autorizzati, ulteriori 4.750 MW in fase finale di autorizzazione e altri 10.428 MW in fase ini-ziale di autorizzazione (Fonte: MSE, 2009). An-che tenendo conto di un po’ di dismissioni, an-che senza nuove centrali nucleari, abbiamo già un eccesso di potenza installata. Occorrerà, quindi, rinunciare alla costruzione di alcune delle nuove centrali termoelettriche già progettate e in fase di autorizzazione e mettere in conto che una parte dei nuovi impianti è destinato a funzionare con un numero di ore non ottimale. L’Italia importa elettricità, ma non per una carenza di capacità produttiva: nel 2009, anno in cui la richiesta di elettricità in rete è calata del 5,7%, quando le

nostre centrali termoelettriche, sottoutilizzate, hanno ridotto la produzione del 14,2% rispetto al 2008, le importazioni di elettricità sono inve-ce aumentate dell’8,4% (fonte .Terna 2009) per-ché il costo dell’elettricità in Italia, nonostante la crisi, è rimasto elevato. L’elevato costo dell’elet-tricità in Italia dipende da diverse cause che non hanno nulla a che vedere col nucleare: da trop-pi oneri che vanno in bolletta (ben 7: il bonus elettrico, le agevolazioni per le isole minori, le agevolazioni per le ferrovie, quelle per la ricer-ca, gli oneri del vecchio nucleare, quelli per le fonti assimilate e quelli per le fonti rinnovabili), dall’IVA su questi oneri, dal prelievo fiscale, dal cattivo funzionamento del mercato elettrico, dai costi generati dalle carenze, dalle strozzature e dalle perdite di rete. Bolletta non caraLa scelta nucleare renderebbe l’elettricità in Italia ancora più cara? La Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha realizzato una ricerca comparativa, pubblicata su Gazzetta Ambiente n.5 /2010, ana-lizzando 7 studi, realizzati dopo il 2008 in Euro-pa e negli USA, sui costi dell’elettricità prodotta con nuove centrali nucleari, con nuove centrali a gas e a carbone. Si tratta di studi realizzati da istituzioni pubbliche o da qualificati enti terzi, non direttamente interessati a costruire centra-li elettriche, più precisamente: dall’Ufficio del Budget del Congresso degli USA, dalla Com-missione Europea, dalla Camera dei Lords, dal DOE dell’Amministrazione USA, dall’EPRI di

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Palo Alto, dal MIT e da Moody’s. Il costo medio attualizzato dell’energia elettrica prodotta dalle nuove centrali nucleari nei 7 studi citati risul-ta pari a 72,8 Euro/MWh, simile al valore del range della NEA (agenzia per l’energia nucleare) dell’OCSE, calcolato con un costo del capitale pari al 10% (il minimo per investimenti rischiosi come questi, con rientri differiti di molti anni). Dalla medesima analisi comparata risulta che il costo medio di produzione dell’elettricità delle nuove centrali a gas è di 61 Euro/MWh, il 16% in meno di quello delle nuove centrali nucleari, mentre il costo medio di produzione dell’elet-tricità delle nuove centrali a carbone è di 57,5 Euro/MWh, il 21% in meno di quello delle nuo-ve centrali nucleari. Sui singoli valori e sui meto-di di calcolo si può discutere, ma un dato è certo: tutti questi studi, valutano l’elettricità prodot-ta con nuove centrali nucleari come più costosa di quella prodotta con nuove centrali a gas o a carbone. Il che tradotto in altre parole significa che puntare sulle nuove centrali nucleari signifi-ca puntare su una elettricità non più economica, ma più cara. A novembre 2010, il DOE, il Di-partimento dell’Energia del Governo degli Stati Uniti, ha pubblicato un aggiornamento della sti-ma dei costi dell’elettricità prodotta dalle nuove centrali che entreranno in esercizio nel 2020: per il nucleare il costo, maggiore e più svantaggioso delle stime precedenti utilizzate nella nostra va-lutazione comparativa, sarebbe di 14,37 centesi-mi di dollaro al KWh, per il carbone sarebbe di 12,49, per il gas 8,05.

Futuro a gasCon l’utilizzo del gas non convenzionale le riserve mondiali di gas sono raddoppiate e il suo prezzo è in calo. Il gas sarà, in futuro, ampiamente di-sponibile, prodotto in numerose aree, e più con-veniente del nucleare per produrre elettricità. Si tratta in sostanza di un gas naturale contenuto in formazioni geologiche meno permeabili rispetto a quelle convenzionali, che richiedono particolari tecniche di estrazione. Il gas non convenzionale comprende tre principali tipologie: lo shale gas, che deriva da rocce scistose, per lo più argille; il coal bed methane, ossia metano da strati carbo-niferi; il tight gas, da formazioni arenacee. Nel 2009 negli USA la produzione di gas non conven-zionale ha superato quella del gas convenzionale. L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha recente-mente confermato una stima della disponibilità mondiale del gas non convenzionale almeno pari a quella del gas convenzionale. Una crescita cosi tumultuosa della disponibilità di gas, raddoppia-ta in soli tre anni, cambia significativamente gli scenari mondiali dell’energia. La distribuzione di questa risorsa ridisegna,b inoltre, la mappa geopolitica dell’energia, a favore del Nord Ame-rica che, insieme alla Cina, all’India e al Nord Africa, hanno le maggiori riserve. Negli USA l’impatto sui mercati spot del gas non convenzio-nale è stato impressionante: i prezzi del gas sono crollati, da 13 a circa 5 dollari per MBtu. Ne-gli ultimi due anni si è assistito ad un fenomeno inedito, anche se non ancora generalizzato: il di-saccoppiamento del prezzo del gas da quello del petrolio. Importanti gruppi industriali di tutto il mondo si stanno muovendo: in Europa colossi come Exxon, Total, ma anche le italiane ENI e Sorgenia, stanno avviando numerosi progetti. E, anche se in Europa la disponibilità di questo gas non convenzionale è inferiore di quella ameri-cana, il raddoppio delle riserve mondiali di gas, la possibilità, fortemente cresciuta, di ricorrere a diverse aree di approvvigionamento, sicuro e di lungo termine, prezzi tendenzialmente in calo, produrranno un aumento del peso del gas non solo nel sistema energetico degli Stati Uniti, ma anche in quello dell’Europa. Sarebbe incompren-sibile che proprio l’Italia, che ha puntato sul gas per produrre una parte rilevante dell’elettricità, puntasse proprio ora sul nucleare, riducendo l’uso del gas: una fonte, a minori emissioni di CO2, che è diventata più abbondante, più sicura e meno costosa.

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L e ultime stime del Dipartimento per l’ener-gia statunitense (Doe) sui costi industriali dell’elettricità da impianti nuovi in linea al

2020, in quel Paese hanno confermato la tendenza generale alla crescita dei costi, rispetto alle stime presentate negli anni precedenti e meritano qual-che commento. Delle fonti considerate (nucleare, carbone, gas ed eolico), i costi attesi per il nuclea-re rimangono tra quelli più alti e superano quelli l’eolico (non accadeva da qualche anno), oltre che carbone e gas. Le stime, presentate dall’Energy Information Adminstration del Doe, vengono fornite in millesimi di dollaro 2008 e suddivise in costi di capitale, funzionamento e manutenzione, combustibile e costi di trasmissione (vedi tabel-la). Le valutazioni si riferiscono alle tecnologie già commerciali allo stato dell’arte.Come si vede, per i nuovi impianti in linea al 2020, la stima dell’amministrazione USA vede il nucleare come la fonte più costosa, come già in stime precedenti. La differenza in questa tabel-la, basata sull’aggiornamento dei costi di capitale presentato dal Doe a novembre 2010, riguarda il margine rispetto alle altre fonti. Infatti, per il nu-

cleare, il Doe ha assunto un costo di capitale di 5.339 $/kW un aumento di quasi il 37% rispetto alla valutazione di pochi mesi prima. Anche per eolico e carbone i costi sono stati rivisti al rialzo – ma in proporzione minore - e il risultato è che l’elettricità da nucleare risulta più costosa del 27% rispetto a quella dell’eolico e del 75% rispetto al gas naturale.Come si vede dalla tabella, per il nucleare (come

Il costo dell’atomodi Giuseppe Onufrio, direttore Greenpeace Italia

Costo e sicurezza. Il nucleare ha due talloni d’Achille

Crisi nucleare

Costi attuali dell’elettricità da varie fonti al 2020 in centesimi di dollaro del 2008 per kWh

Fonti Capitale Funzionamento Combustibile Trasmissione Totale e manutenzione alla rete

Gas Ciclo 2,16 0,16 5,37 0,36 8,05

Comb

Eolico 9,87 0,89 0,00 0,56 11,32

Carbone 9,64 0,53 1,96 0,36 12,49

Nucleare 11,91 1,17 0,99 0,30 14,37

Fonte: EIA_DOE 2010, ricalcolo in base all’aggiornamento di novembre 2010

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per l’eolico) la componente principale del co-sto industriale dell’elettricità è dovuta al costo dell’impianto. Secondo Enel-Edf un reattore EPR dovrebbe costare 4,5 miliardi di euro (non i 3-3,5 dichiarati nel 2008). Ma le cose non stanno esat-tamente in questo modo. Infatti, il piano finan-ziario approvato dal Doe per la concessione dei fondi di garanzia alle banche per il primo EPR da costruire negli USA a Calvert Cliff nel Maryland – fondi poi rifiutati dall’azienda americana Con-stellation – era di 9,6 miliardi di dollari (di cui 7,5 coperti da garanzie statali). Se noi oggi avessimo le stesse condizioni degli USA e si firmasse un contratto per la costruzio-ne del primo EPR, la previsione di spesa si aggi-rerebbe sui 7 miliardi di euro (equivalenti ai 9,6 miliardi di dollari alla base del progetto accettato dal Doe). È vero che, nelle stime del Doe, gli impianti di ge-nerazione III in linea al 2020 costeranno di meno (5.340 dollari/kW e non i 6.000 del progetto Constellation), cosa che rif lette ottimisticamen-te l’idea che siano più tecnologie e più progetti a essere promossi (con un abbattimento della previ-sione dei costi rispetto al primo reattore).

Evoluzione nel mondoDal 1990 il numero dei reattori chiusi ha comin-ciato a essere dello stesso ordine e per alcuni anni maggiore, rispetto a quello dei nuovi reattori in linea. La situazione di crisi del nucleare a livel-lo globale è rappresentata dal fatto che nei Paesi a economia di mercato ci siano solo due cantie-

ri aperti (uno in Francia e uno in Finlandia) e che, nei prossimi anni, dovrebbero esser chiusi una novantina di reattori per raggiunti limiti d’età. Per sostituirli bisognerebbe mettere in li-nea, nel mondo, un reattore ogni 20 giorni, cosa evidentemente impossibile. Per questa ragione l’industria nucleare ovunque ha cerca di otte-nere l’estensione delle licenze di esercizio, cer-cando di prolungare la vita utile a 50-60 anni di reattori progettati per funzionare 30-40 anni. L’incidente di Fukushima ha messo radicalmente in discussione questa strategia, come si vede nel caso della situazione tedesca. L’unica spinta alla costruzione di nuovi impianti può venire da quei Paesi che puntano al nucleare per motivi stra-tegico militari: se qualche bomba si può fare in laboratorio, un arsenale richiede uomini, mezzi e tecnologie disponibili solo in Paesi che hanno sviluppato anche la tecnologia civile. Il nucleare in sostanza è un’eredità degli anni passati e il referendum del 1987 in Italia aveva cancellato un solo reattore di una certa dimen-sione (Caorso) - che aveva avuto diversi problemi di funzionamento già nei pochi anni di vita - e due reattori BWR in costruzione a Montalto, tutti della stessa filiera di quelli di Fukushima. Questo era il nucleare in Italia al 1987, partito dal farao-nico piano energetico di Donat Cattin di 20.000 MW della metà degli anni ’70. Già all’epoca quel piano risultò assai poco credibile (si passò a 8.000 MW e poi nel 1987 erano solo 2.000 i MW in co-struzione). Il piano nucleare di Berlusconi di fare 13.000 MW, pari a 4 EPR e 6 reattori AP-1000,

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appare ancora più fuori dalla realtà, considerando le enormi difficoltà dell’industria nucleare nei Pa-esi dove è più forte.

Costo della bollettaCom’è noto, la struttura dei costi della bolletta in Italia dipende solo per una quota parte dal costo di produzione industriale. Per gli utenti residen-ziali, l’incidenza del valore dell’Itec (indice che ri-f lette il prezzo dell’elettricità alla Borsa elettrica) è per il 31%. Per quanto riguarda i consumatori industriali il quadro è ovviamente diverso. Ma cosa è accaduto per la costruzione del primo EPR in Finlandia? Come ha ricordato De Falco al seminario, il progetto finlandese nasce con un accordo con i grandi consumatori di elettricità – raggruppati nel consorzio Elfi, che ha una forma di organizzazione non profit – che si impegnavano a acquistare a prezzo di costo l’elettricità prodotta dal reattore. Dunque l’esempio finlandese è di una operazione che nasce fuori dal mercato elettrico. Il costo di costruzione dell’EPR fu inizialmente pro-posto a 2,5 miliardi di euro, l’accordo fu chiuso a 3,2 prevedendo 4 anni per la costruzione del reat-tore. Oggi i costi sono sopra i 6 miliardi di euro e l’azienda elettrica TVO, acquirente dell’EPR, ha chiamato in causa il costruttore francese Areva per 2,4 mld di euro di costi aggiuntivi. Areva da parte sua ha fatto causa a TVO per 1 miliardo di euro attribuendo una parte dei ritardi all’azienda elettrica finlandese. È assai difficile.

Prospettive energetiche Gli scenari per il settore elettrico a medio periodo sono stati analizzati da Ronchi in un suo docu-

mento. Va sottolineato come un primo tema di una strate-gia energetica debba riguarda-re lo sviluppo dell’efficienza negli usi finali che il governo Berlusconi ha sostanzialmen-te fermato. Il recente rapporto di Confindustria mostra gli effetti energetici, economici, industriali e occupazionali di una politica di efficienza. L’obiettivo di aumentare del 20% l’efficienza rappresen-ta, per il comparto elettrico, una quota dell’ordine dei 80 TWh all’anno, quantità che è ampiamente possibile rispar-

miare a costi inferiori a quelli attuali di produzio-ne, come dimostra il rapporto commissionato al Politecnico di Milano da Greenpeace.A più lungo termine una strategia che punti al 100% su fonti rinnovabili ed efficienza è possibi-le, come dimostrato da diverse analisi sia di fonte industriale che istituzionale, oltre che dagli sce-nari elaborati da Greenpeace e altre associazioni. Uno scenario di questo tipo richiede una forte integrazione delle reti elettriche a livello europeo e una loro ristrutturazione (smart grid per la ge-nerazione distribuita e super grid per il trasporto a lunga distanza) collegando le grandi produzioni eoliche del Nord Europa alle produzioni da sola-re dell’Europa del Sud e del Nord Africa. Questa rivoluzione energetica (2030-2050) mira a modi-ficare sostanzialmente la struttura attuale della composizione del mercato elettrico, integrando le rinnovabili f luttuanti su larga scala e facendo a meno di nucleare e carbone. Una analisi dell’evo-luzione a scala europea della rete elettrica è stata elaborata dal rapporto commissionato da Green-peace, “Battle of the grids”.posto a 2,5 miliardi di euro, l’accordo fu chiuso a

3,2 prevedendo 4 anni per la costruzione del reat-tore. Oggi i costi sono sopra i 6 miliardi di euro e l’azienda elettrica TVO, acquirente dell’EPR, ha chiamato in causa il costruttore francese Areva per 2,4 mld di euro di costi aggiuntivi. Areva da parte sua ha fatto causa a TVO per 1 miliardo di euro attribuendo una parte dei ritardi all’azienda

Gli scenari per il settore elettrico a medio periodo sono stati analizzati da Ronchi in un suo docu-

peace, “Battle of the grids”.

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terrafuturabuone pratiche di vita, di governo e d’impresaverso un futuro equo e sostenibile

firenze - fortezza da basso20/22 maggio 2011

VIII edizione ingresso libero

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Bioedilizia

Sul recupero energetico nell’esistente si gioca una delle partite fondamentali dell’efficientamento energetico del Paese

di Giuseppina Crisci

energeticamente inefficienti sono riconducibili al facile approvvigionamento di combustibile fossile e al suo costo limitato (almeno fino a pochi anni fa) ma, negli ultimi anni, con l’acquisizione di una co-scienza ecologica e con la maggiore consapevolezza dei problemi ambientali conseguenti alle emissioni di gas-serra, è stato modificato il concetto stesso di edificio. In questo processo di cambiamento hanno avuto notevole influenza anche le nuove normative europee e nazionali così l’edificio, da semplice “co-struzione”, diventa l’obiettivo di una “costruzione energeticamente autosufficiente”. Attualmente, la riqualificazione energetica degli edifici esistenti co-stituisce una sfida e rappresenta uno degli obiettivi principali fissati dall’Agenda 21 per contribuire in modo significativo alla riduzione delle emissioni inquinanti. Gli interventi, che in genere vengono attuati per

Il patrimonio edilizio esistente, nella quasi to-talità dei casi, presenta forti deficit prestazio-nali per quanto riguarda l’efficienza energetica.

Il consumo di energia necessario per la fruizione degli edifici risulta elevato sia a causa delle disper-sioni dell’involucro edilizio sia a causa dell’ineffi-cienza dell’impianto di climatizzazione. I motivi per i quali, fino a oggi, sono stati progettati edifici

Per un recupero bioclimatico

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migliorare le prestazioni energetiche delle costru-zioni, sono improntati sull’ammodernamento del sistema impiantistico o sull’ottimizzazione dell’iso-lamento dell’involucro esterno; ma la visione ecolo-gista porta a considerare l’organismo edilizio come un unicum con il contesto, che interagisce con le condizioni al contorno e conduce ad un approccio progettuale che pone la bioclimatica come una del-le strategie vincenti per l’efficienze energetica. Que-sta convinzione induce ad affrontare la conoscenza dell’esistente ponendo un’attenzione particolare alla complessa interrelazione di fattori climatici del contesto di riferimento con l’edificio e contribuisce a definire le strategie primarie per realizzare con-dizioni di benessere dell’abitare, nel rispetto degli ecosistemi preesistenti nell’ambiente, coniugando l’obiettivo dell’efficienza energetica con quello del risparmio nell’uso delle risorse naturali disponibili. L’elaborazione di informazioni e conoscenze crea l’idea di un progetto di recupero ‘dinamico’ in cui il raggiungimento della qualità viene affidato alla tecnologia così che l’approfondita conoscenza delle risorse naturali, specifiche del luogo e delle dinami-che interne ai loro processi, costituisce elemento es-senziale per procedere ad una corretta progettazio-ne attraverso tecnologie bioclimatiche appropriate. In passato, il rapporto fra edificio e clima ha costi-tuito l’aspetto che principalmente ha condizionato l’architettura sia a scala urbana che a scala edilizia. I fattori come sole, vento, pressione, umidità, tem-peratura, hanno influenzato le attività economiche, le abitudini e la cultura delle popolazioni ed hanno contribuito alla definizione di un’arte del costruire con caratteri linguistici e tipologici specifici, con soluzioni costruttive ingegnose, spesso significative dal punto di vista estetico e simbolico. In effetti, l’architettura spontanea tradizionale si è sempre di-stinta per appropriatezza costruttiva ed ambientale. In ogni epoca e luogo si sono, infatti, concepite le costruzioni in relazione agli elementi naturali e fi-nalizzate a sfruttare tutto ciò che di positivo tali elementi potessero fornire agli abitanti.Via via, con l’affermarsi di nuovi stili e tendenze, sono andate perse o trascurate le sapienze tradizio-nali riguardanti l’interazione tra elementi naturali primari e l’architettura e, solo negli ultimi anni, ri-considerando queste interazioni come fondamentali per la definizione del progetto, stiamo faticosamen-te cercando di recuperare. Per questi motivi, l’edili-zia che mostra di essere maggiormente “energivora” è quella prodotta, tra gli anni ’60 e ’80, sotto l’esi-genza di soddisfare velocemente e con pochi mezzi

economici la forte richiesta di abitazioni realizzata con prodotti e processi costruttivi di bassa qualità, prevalentemente composta dall’edilizia residenzia-le pubblica e che, oggi, costituisce la periferia delle grandi città. Edifici progettati con un atteggiamen-to indifferente a fattori, come i caratteri ambientali del contesto, concepiti come scatole chiuse, estranee al tessuto circostante, sigillate. Un patrimonio che oggi si trova in una condizione di urgente necessità di riqualificazione non solo energetica ma anche da un punto di vista tecnologico e funzionale. È utile perseguire strategie di intervento capaci di realizzare nuove condizioni di benessere all’interno degli edi-fici, coniugando l’obiettivo del risparmio energeti-co con quello della “qualità globale”. Ciò è possibile adottando proprio un approccio di tipo bioclimati-co con il quale, agendo prevalentemente sull’invo-lucro degli edifici in modo da regolare e controllare i flussi di aria, di luce e di energia, conduce, allo stesso tempo, ad un ripristino dei deficit tecnologici producendo una rielaborazione estetico-funzionale della facciata edilizia, restituendo dignità e qualità al costruito.

Criteri metodologiciLa scelta delle strategie e delle soluzioni progettua-li bioclimatiche è fortemente legata alla specificità del clima in cui si opera. I climi freddi richiedono prevalentemente l’applicazione di strategie di difesa dal freddo attraverso il controllo delle dispersioni termiche e di captazione ed accumulo dell’ener-gia solare. Per i climi caldi, invece, le strategie più appropriate sono quelle di raffrescamento passivo, basate sull’incentivazione e il potenziamento della ventilazione naturale e sulla protezione dell’involu-

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cro dalla radiazione solare, mediante schermature (controllo solare). Per la scelta di soluzioni tecniche appropriate è necessario procedere ad un’attenta analisi sia dell’edificio che del contesto. In biocli-matica, l’edificio presenta elementi che influenzano la prestazione energetica dell’intero organismo: ad esempio, la forma, le tecnologie di involucro e l’or-ganizzazione degli ambienti confinati. I dati da ri-levare al contesto sono relativi all’orientamento, ai fattori climatici, alla morfologia del suolo, al suolo, alla presenza di vegetazione e acqua e, in contesti urbanizzati, ai volumi che circondano l’edificio e ai materiali che li rivestono. Nello specifico, ai va-lori dimensionali e al valore dell’albedo e delle ra-diazioni assorbite dai singoli materiali. Dall’analisi vengono individuate risorse e processi ad esse col-legate che, nella fase progettuale, a secondo degli obiettivi definiti, possono essere valorizzati, indotti o contrastati.Uno dei primi esempi di recupero bioclimatico è stato realizzato a Monaco nel 1983, dove il prof. Peter Krusche ha elaborato un progetto per il recu-pero del condominio di Parisestrasse n10, nel quar-tiere di Haidhausen. L’intervento ha interessato un fabbricato residenziale del 1898, composto da 7 appartamenti con tre camere e servizi comuni sul pianerottolo, organizzati secondo i criteri dell’ar-chitettura ottocentesca che predispone la zona gior-no orientata verso la strada principale e le camere da letto e i servizi rivolte verso il cortile, con un esposizione nord-sud. La tecnologia di costruzione

è tradizionale con murature portanti in mattoni e strutture orizzontali in legno. L’edificio è sottopo-sto a vincoli, per cui è necessario conservare tutti gli elementi esterni del prospetto principale nel loro stato originario. L’obiettivo principale di questo in-tervento è rappresentato da un risparmio energeti-co pari al 60% nonché la riduzione del consumo di acqua potabile e dei rifiuti. Le strategie biocli-matiche utilizzate hanno previsto: la risistemazione dell’organizzazione funzionale interna degli appar-tamenti, secondo un’asse sud-nord, con il cambio di destinazioni d’uso in relazione all’orientamento; l’introduzione di sistemi solari passivi per utilizzare gli apporti solari invernali, realizzati attraverso la costruzione di una vetrata che racchiude i balconi verso il cortile formando delle serre e di un giardi-no di inverno nel vano scala; la realizzazione di una protezione dell’involucro edilizio dalla radiazione solare nel periodo estivo, con sistemi di controllo che riducono gli apporti solari attraverso le super-fici trasparenti, realizzati con filtri verdi rampican-ti a foglia caduca. Le serre realizzate sui balconi, attraverso la captazione e l’accumulo di energia solare, danno un notevole apporto alla prestazio-ne energetica dell’edificio. Esse fungono da volano termico e riescono ad accumulare calore fino a 50° centigradi, la protezione estiva realizzata con essen-ze rampicanti funge da brise-soleil “naturale”. La struttura è stata realizzata con vetro semplice affin-ché si ottenesse un elemento climatico che favorisca rapidamente gli scambi termici.

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Il sistema serraIl sistema serra rappresenta una delle soluzioni più adattabili al nostro clima, in quanto il note-vole apporto che produce al rendimento energe-tico dell’edificio può rendere minimo il ricorso a supporti impiantistici. Esso è costituito da uno spazio chiuso da una o più pareti trasparenti, in genere vetrate, contiguo all’edificio e comuni-cante con gli ambienti interni. La copertura può essere vetrata o opaca, a seconda delle esigenze e delle caratteristiche del clima, le superfici vetrate possono essere dotate di ante apribili, sistemi di protezione solare e sistemi di isolamento a secon-da delle esigenze. Per ottimizzare il potenziale di riscaldamento di una serra solare occorre con-siderare due aspetti importanti: l’orientamento e l’inclinazione dei vetri, entrambi elementi in grado di massimizzare il guadagno termico. Ge-neralmente, un orientamento a sud, o comunque compreso entro 30° est-ovest verso sud, permette una captazione di circa il 90% dell’energia solare massima potenziale. L’orientamento ottimale di-penderà dai fattori specifici del sito, che possono determinare dove sarà posizionata una serra so-lare, e dalle caratteristiche del paesaggio locale, quali alberi, colline o altri edifici che possono ombreggiare la serra solare durante alcune ore del giorno. L’inclinazione dei vetri della serra solare è l’elemento più importante che inf luenza l’ap-porto del calore solare e, quindi, le prestazioni del sistema. La condizione ottimale si ha quan-do le vetrate sono perpendicolari ai raggi solari, quindi, concettualmente varia in funzione della posizione del sole durante il giorno e le stagioni. L’angolo ottimale per la captazione della luce so-lare nel periodo invernale dipenderà dal clima, dalla latitudine e dalla quantità di guadagno so-lare desiderato. L’angolo massimo per il riscalda-mento invernale è di circa 10°-15° superiore alla latitudine del sito. La difficoltà di realizzare l’an-golazione ottimale fa sì che si individui, come opzione migliore per una serra solare, il vetro verticale per la maggior parte del territorio ita-liano. Le vetrature verticali captano quasi tutto il calore che potrebbe captare un vetro inclinato, senza particolari svantaggi. Una parete verticale può sopportare una superficie maggiore di vetro in rapporto alla parte necessaria per la struttura e, inoltre, è anche più facile metterlo in ombra durante la fase estiva. Infatti, una sporgenza del tetto ben progettata è capace di portare ombra sulla parete sud della serra durante l’estate, men-

tre d’inverno consente il passaggio dei raggi so-lari e l’accumulo termico.I lati della serra solare, quelli esposti ad est ed ovest, dovrebbero essere realizzati con una mu-ratura ad alta inerzia, in particolar modo quella ad ovest, per proteggersi d’estate e limitare le di-spersioni termiche notturne: la luce del sole en-tra da ovest nelle ore pomeridiane e avere delle vetrate così orientate potrebbe comportare un guadagno solare indesiderato nella fase estiva. Se è necessario utilizzare delle vetrate sui lati della serra solare, è preferibile posizionarle ad est, dove la luce solare entra nelle prime ore della giornata ed è meno probabile che si verifichino apporti solari non voluti d’estate. Negli ultimi anni, la legislazione italiana favorisce la realizzazione di serre solari. Infatti, esse non vengono più consi-derate volume addizionale, ma vengono assimila-te a locali tecnici, tuttavia per essere considerate tali devono soddisfare una serie di requisiti che variano da Comune a Comune. Generalmente i requisiti richiesti sono:• non deve essere riscaldata dall’impianto di

climatizzazione;• deve essere disposta nei fronti da sud-est a

sud-ovest;• la superficie vetrata deve essere prevalente.

Alcune amministrazioni richiedono che il rapporto tra superficie vetrata e superficie to-tale (pareti e copertura) sia almeno il 70%, altre esigono il 100%;

• il volume della serra non può superare il 10% del volume riscaldato dell’edificio (valore va-riabile che in alcuni casi raggiunge il 20% a seconda delle prescrizioni dei Comuni);

• la serra solare deve prevedere sistemi di scher-matura e superfici vetrate apribili per adattar-si alle stagioni più calde;

• non deve determinare un nuovo locale per la presenza continuativa delle persone (come lo-cali di abitazione, luoghi di lavoro, ecc.);

• il guadagno energetico durante la stagione inver-nale, dovuto alla presenza della serra solare, deve essere almeno del 20% rispetto alla soluzione senza serra solare (valore variabile dal 5% al 25% a seconda delle prescrizioni dei Comuni).

La realizzazione di una serra solare deve rispetta-re le norme tecniche contenute nei Regolamenti Urbanistici Comunali e deve essere accompagna-ta da una relazione tecnica che descrive il suo comportamento energetico e quantifica il guada-gno energetico generato.

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Geopolitica

La nostra percezione della realtà del Nord Africa e del Medio Oriente è troppo superficiale

di Simone Malacrida

A livello mondiale questa prima parte del 2011 si è caratterizzata per una serie di eventi che hanno colto impreparata

l’opinione pubblica, in particolar modo quella occidentale. I fatti, che tuttora popolano la cro-naca, provenienti dal Nord Africa e dal Medio Oriente, hanno provocato un’ondata di stupore, come se non vi fossero, in precedenza, segnali che facessero presagire un’evoluzione così rapida di quell’area rimasta per decenni cristallizzata in un equilibrio geopolitico del tutto insostenibile. La vera causa di questo stupore risiede non tanto in sviluppi inattesi di una particolare condizione preesistente, quanto piuttosto nella percezione errata che abbiamo noi europei ed occidentali di quelle aree, troppo spesso derubricate tramite l’uso di luoghi comuni molto semplicistici. La

Guardare a Sud

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situazione geopolitica, sociale, industriale ed energetica di molti Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente è, per molti versi, del tutto iden-tica. Vi sono tratti comuni evidenti come l’età media molto giovane, l’alta crescita demografica, un basso reddito medio che ha prodotto, negli ultimi decenni, una forte migrazione di persone verso l’Europa. Accanto a ciò, è del tutto inne-gabile che, in quei Paesi, il tasso di democrazia è molto basso, con libertà di stampa molto li-mitata, regimi dittatoriali, libertà della donna praticamente inesistente. In alcuni Stati il tasso di scolarizzazione è comunque buono, in altri vi sono ancora aspetti tribali o di clan, in altri an-cora l’aspetto religioso islamico è molto marca-to, ma il quadro generale è abbastanza comune, anche se non si possono assimilare questi Paesi in un unico panorama tout court. A livello indu-striale ed energetico, l’economia è governata ed indirizzata principalmente da un piccolo nucleo della classe dirigente che si comporta da oligo-polista interno sposando la causa politica del si-stema vigente (che sia una famiglia reale o un dittatore o un esercito al potere), mentre il Pil dipende, quasi esclusivamente, dalle risorse ener-getiche e minerarie, in particolare dal petrolio e dal gas naturale.Molte volte è stato posto in evidenza come la de-tenzione di queste ingenti risorse non genera una ricchezza distribuita ma solamente una divisione sociale marcata, con un ristretto gruppo di per-sone detentrici di capitali spropositati e con la maggioranza della popolazione a livelli di sussi-stenza primaria. Molte volte sono state segnalate come queste storture fossero del tutto in linea

con il modello energetico “concentrato” basato sulle fonti fossili e, addirittura, tramite “l’indice di democrazia” elaborato dall’Economist Intel-ligence Unit, è stata provata una correlazione in-versa tra la produzione di combustibili fossili e la democrazia interna. Se pensiamo ai casi estre-mi, il maggior consumatore di petrolio proca-pite sono gli Stati Uniti e le maggiori riserve di petrolio sono in Arabia Saudita, questi dati sono molto chiari: sembra non essere possibile la con-ciliazione tra democrazia interna e produzione sostenuta di combustibili fossili. La detenzione di risorse naturali di origine fossile garantisce ai Paesi esportatori un grande vantaggio a li-vello economico, anche se i tassi di crescita di questi Paesi sono molto spesso inferiori a quelli concernenti gli importatori di fonti fossili. Que-sto apparente paradosso si spiega proprio con la differenza di regime politico adottato. Mentre i Paesi consumatori di energia hanno per lo più carattere democratico e, dunque, la classe diri-gente ha il dovere di creare valore economico ag-giunto e distribuirlo alla popolazione, nei Paesi produttori vi sono spesso regimi dittatoriali o oligopolisti che tendono ad accentrare le gran-di disponibilità finanziarie in una percentuale molto bassa della popolazione quasi sempre affi-liata al regime di potere.

Deficit di democraziaCiò spiega sia la scarsa propensione all’innova-zione di questi Paesi (al contrario, i Paesi con-sumatori pongono al centro della propria eco-nomia l’innovazione e il ricambio industriale) sia le continue tensioni, che possono sfociare in

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guerre civili o guerre tra Stati, per accaparrar-si una consistenza rendita per alcuni decenni. In quest’ottica, l’enorme profitto concentrato dei fondi sovrani denota un problema di man-cata democrazia e distribuzione della ricchezza, oltre a generare delle tensioni geopolitiche nel momento in cui tali fondi decidono di investire grandi quantità di capitale nei Paesi importatori di energia, caratterizzati da regimi democratici e da regole di mercato, più o meno, disciplinate. L’ultimo tassello della situazione esistente, pri-ma degli eventi di questo inizio anno, è dato dal rapporto tra gli Stati occidentali e l’area medio-rientale e nordafricana. Potremmo sintetizzare, dicendo che, da almeno 30 anni, si adotta una politica di tacito assenso, proprio per la fortis-sima dipendenza energetica che abbiamo nei confronti di quell’area. In cambio di forniture di fonti fossili a costi relativamente contenuti e in cambio di progetti e commesse assegnate alle grandi industrie occidentali, abbiamo accettato questi regimi non democratici, stringendo accor-di di partnership ed aprendo il nostro mercato alle ingenti risorse finanziarie di questi Paesi.

Se, dunque, la situazione sociale, politica, eco-nomica ed energetica è quella appena esposta, quali conseguenze si avranno dai fatti che stan-no sconvolgendo quest’area? Dobbiamo subito dire che le differenze di ogni Paese determine-ranno lo scenario futuro. Ne abbiamo già avuto prova circa il caso tunisino e quello egiziano. Mentre nel primo Paese la situazione non è an-cora del tutto sotto controllo in quanto non si riesce ad instaurare un governo con l’autori-tà e il riconoscimento necessario, in Egitto si è delineato un parziale assestamento dopo le dimissioni di Mubarak, con il potere in mano all’esercito in attesa di nuove elezioni, a questo punto si spera con regole più democratiche ri-spetto a quanto avveniva in precedenza. D’al-tra parte, la situazione libica è ancora in bilico tra un proseguimento del regime dittatoriale di Gheddafi e una vittoria degli insorti. In altri Paesi, come Yemen, Bahrein, Arabia Saudita, Iran ed Algeria, le tensioni interne sono ancora nella fase embrionale di dimostrazioni di piazza e rivendicazioni contro il regime.In ogni caso, queste situazioni sono del tutto mutevoli e ancora ben lungi dall’essere stabili e durature. Si potrebbe tranquillamente assistere ad un semplice “rimpiazzo” dei regimi dittatoria-li con nuovi uomini forti così come alcuni Stati potrebbero scivolare verso una teocrazia islamica e altri verso una soluzione democratica più si-mile ai concetti occidentali. Dare, quindi, delle certezze in questo quadro pieno di incognite è ancora difficile e si rischia di rasentare la fanta-politica e la fanta-economia. Come prima conse-guenza di questa nuova fase, possiamo dire che la complessità e l’incertezza saranno maggiori e questo peggiorerà la già nostra bassa comprensio-ne di quel mondo.

Materie prime protagonistePer il breve periodo, troppo spesso visto come l’unico parametro di merito, si è visto che il prezzo delle materie prime, tra cui il petrolio, è destinato ad aumentare, non tanto per qualche fantomatico blocco alle forniture, quanto per la reazione dei mercati alle tensioni geopolitiche. In effetti, qualunque gestione del potere prendes-se il sopravvento, è difficile immaginare ad un blocco della maggiore entrata di questi Stati, se non per un periodo limitato e per ovvie ragione di ritorsione. Allo stesso modo, la situazione dei contratti stipulati ed in essere, risente delle stesse

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preoccupazioni nel breve periodo, mentre tende ad appianarsi in una fase conseguente. Le diffe-renze più marcate si potrebbero vedere nel lungo periodo, cambiando completamente lo scenario cui eravamo abituati oppure continuando nella solita riproposizione dello schema degli ultimi 30 anni. Non è dato sapere ciò che accadrà se questi nuovi equilibri politici sfoceranno in una nuo-va fase industriale ed energetica per tutta l’area interessata. Di certo, è difficile immaginare alla rinuncia o al ridimensionamento dell’importan-za del petrolio e del gas naturale, almeno nei prossimi dieci o venti anni. La grossa differenza potrebbe avvenire nel metodo di sfruttamento dei giacimenti e di gestione dei profitti e questo imporrà una rivisitazione del nostro paradigma basato su concetti ormai passati. A ben pensar-ci, anche una fonte rinnovabile come il solare, è inf luenzata da un possibile cambiamento sociale e politico del Nord Africa. Proprio in quei Paesi è stato pensato Desertec, il più grande progetto mai ideato per fornire energia elettrica dal solare e per rendere, in un futuro, indipendente l’Eu-ropa a livello energetico. La situazione politica, gli accordi e i regimi al potere potranno dare un colpo mortale a questo progetto (ad esempio se la nuova classe dirigente fosse ancora di più le-gata agli interessi petroliferi) oppure imprimere una svolta epocale se si indirizzasse l’economia

verso una maggiore distribuzione dei profitti.Quale atteggiamento avrà la classe dirigente mediorientale e nordafricana nei prossimi dieci anni rispetto alle enormi differenze sociali in-terne? Sapranno distribuire equamente il reddito senza creare concentrazioni di denaro enormi in mano a pochissimi? Sapranno scindere il legame tra fonti fossili e mancanza di democrazia? Come si approcceranno alle capitali questioni dei rap-porti con l’Occidente e con stili di vita migliori senza incorrere negli stessi errori del consumi-smo sfrenato di risorse? Queste sono le vere sfide che determineranno il panorama mondiale per-ché, ciò che accadrà su questo fronte, si riper-cuoterà anche sul nostro modo di approcciarci a quei Paesi in termini di accordi e di forniture energetiche e, più in generale, sul nostro modo di vivere ed usare le differenti forme di energia a nostra disposizione. Così come la caduta del Muro di Berlino e del blocco comunista ha stra-volto la società mondiale, il ruolo dell’Europa e le nuove strategie politiche ed industriali, anche un cambiamento radicale dell’area mediorientale e nordafricana produrrà degli eventi globali. La vera domanda è se noi, occidentali ed europei, siamo pronti a capire in modo rapido la possi-bile rivoluzione sociale in atto e a muoverci con maggiore consapevolezza ed equilibrio rispetto a quanto abbiamo fatto in precedenza.

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Sono molte le nuove fi gure professionali che interessano il settore ecologico

IL NUOVO LAVORO È ECOdi Luca Vecchiato *, Simone Padoan **

* ECO Management s.r.l., ** CEEGS s.c.a.r.l.

Parlare di mercato del lavoro nell’Italia del 2010 vuol dire parlare di corda a casa dell’impiccato. La crisi fi nanziaria del 2008

e, soprattutto, 15 anni di deindustrializzazione sel-vaggia, hanno lasciato un paesaggio di macerie. Dopo tanti anni la disoccupazione è tornata a cre-scere, i più giovani si vedono proporre posizioni di precariato sempre più spinto. Eppure basta alzare lo sguardo da questo cupo presente per accorgersi che le prospettive esistono. Economia signifi ca “legge della casa” e condivide la sua radice “Eco” con eco-logia e, senza dubbio, la crisi economica è prima di tutto crisi ecologica. E dalla crisi ecologica si esce avendo ben chiaro in mente la Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo, approvata alla conferenza

Green Economy

di Rio del 1992 e che defi nisce in 27 principi diritti e responsabilità delle nazioni nei riguardi dello svi-luppo sostenibile. Alcuni di questi principi dovreb-bero stare in ogni politica ambientale: “Lo sviluppo economico e sociale è il solo modo per assicurare all’uomo un ambiente di vita e di lavoro favorevole e per creare sulla Terra le conduzioni necessarie al miglioramento del tenore di vita”.Un mondo intero è da riprogettare e ricreare. L’im-pegno che questo richiederà sarà enorme e distri-buito a tutti i livelli: si può pensare al mondo dei prossimi decenni come a un enorme cantiere di ricostruzione del rapporto tra Uomo e Natura e, naturalmente, in un cantiere non mancano le oc-casioni lavorative.

Green Economy

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L’andamento Il triennio 2008-10 è stato un periodo chiave per l’Italia. Dinamiche demografiche e sociali si sono intrecciate alla congiuntura economica con conseguenze potenzialmente esplosive sugli anni a venire. La popolazione italiana ha ripreso a cre-scere vigorosamente dopo decenni di stasi. Per la prima volta si è sfondato il tetto dei 60 milioni di abitanti in un contesto di crescente pressione an-tropica sull’ambiente. Al tempo stesso il 2010 ha visto bruciare più di un milione di posti di lavoro rispetto al 2007 mentre il “Rapporto sul Merca-to del Lavoro 2008-2009” del Cnel punta il dito su un aumento dei tradizionali squilibri italiani, quelli tra Nord e Sud, quelli tra le classi sociali e quelli tra giovani e vecchie generazioni.Questo trend è stato comune a tutta l’Europa, anzi, in tutti i Paesi occidentali a conferma del-la globalità della congiuntura economica ma, va notato, che ha colpito più duramente i Paesi che avevano preso strade di forte sfruttamento am-bientale come, ad esempio, la Spagna, che era cre-sciuta sulle spalle di un mega boom immobiliare e che ha visto passare il suo tasso di disoccupa-zione dal 10 al 20% della popolazione attiva in meno di tre anni.Vale, inoltre, la pena di puntualizzare che se, all’inizio, la crisi ha falcidiato i posti di lavoro dell’industria manifatturiera, anche il settore dei servizi è a rischio. Non si sbaglia se si sostiene che la presente congiuntura ridefinirà l’intero mondo del lavoro. Questo trend risulta molto leggibile già negli ultimi 20 anni: l’occupazione “ad alto contenuto ambientale” è cresciuta esponenzial-mente passando dai 264 mila addetti del 1993 ai quasi 400 mila del 2010. Non solo ma l’esigenza delle aziende di fidelizzare chi lavora nel settore fa sì che gran parte di questi lavori siano a tempo indeterminato e per persone con livello d’istru-zione medio-alto.

Il settore ambienteIn questo contesto l’Italia rimane Paese a forte vocazione manifatturiera (seconda economia eu-ropea per produzione industriale dopo la Germa-nia) ed è, quindi, dal mondo produttivo che biso-gna partire. Sempre il rapporto Cnel ha riportato i risultati di un’indagine su quali sono le compe-tenze più richieste dalle aziende manifatturiere. Risultano vincenti l’affidabilità nell’esecuzione del proprio lavoro (78.3 per cento), le abilità ma-nuali (70.3 per cento), la resistenza psicofisica

(59.6 per cento), la conoscenza del funzionamen-to dell’organizzazione (54.7 per cento), il lavoro di gruppo (34.6 per cento). Sono, al contrario, poco richieste dalle imprese la capacità di risolve-re i problemi, il 24 per cento e con meno del 10 per cento attività di consulenza e cura; pianifica-zione delle attività altrui; istruire addestrare ed insegnare; eseguire calcoli.Risulta subito chiaro come “l’area della soluzione dei problemi, dell’interazione e del reciproco ap-prendimento è quella più penalizzata” ma proprio queste sono le capacità che deve possedere chi ha intenzione di lavorare nel settore dell’ecologia. L’ecologia è per definizione la “scienza del tut-to” quella che cerca di interpretare il mondo con approccio sistemico. Chi ne vuole fare il proprio campo lavorativo deve necessariamente avere un approccio multidisciplinare e articolato.Tenendo a mente questo si capisce come la prima figura professionale che il mondo aziendale sta cercando è il responsabile ambientale. È il tecnico che, in azienda, assomma a sé competenze giuri-diche sulla normativa ambientale (per esempio sui settori rifiuti, emissioni in aria, scarichi idrici, ru-more, ecc.) ma anche skill tecniche di buona spe-cializzazione e di conoscenza trasversale dei pro-cessi aziendali. È la figura che supporta la direzio-ne nella definizione delle strategie ambientali con particolare attenzione al bilancio costi-benefici. Molto spesso si occupa direttamente delle certifi-cazioni dell’organizzazione, ad esempio ISO14001 o Regolamento EMAS, tenendo anche i contatti con gli enti di controllo. Un grande atout di que-

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sti tecnici è la loro trasversalità rispetto ai settori produttivi che gli permette di reimpiegarsi anche in realtà manifatturiere molto diverse tra loro.Altro ruolo, spesso coperto dagli stessi responsa-bili ambientali, è quello del responsabile dei siste-mi di gestione ambientale (Rsga), che ha respon-sabilità diretta della certificazione dell’azienda secondo la norma ISO 14001 o secondo il Rego-lamento EMAS. La figura deve possedere requi-siti di eco-manager soprattutto per la capacità di dialogare con le diverse funzioni aziendali e di conciliare le diverse esigenze. L’Rsga sta, negli ultimi tempi, ampliando il suo campo d’azione a seguito dell’introduzione del nuovo schema di certificazione energetica, la norma EN16001. Grazie a questa norma forse, per la prima volta, verrà formalizzata in azienda una figura indiriz-zata al risparmio energetico.Poiché però il campo ambientale è sterminato, il personale dell’azienda necessita spesso di un supporto specialistico che viene fornito dai con-sulenti ambientali. Tali figure sono solitamente liberi professionisti oppure fanno capo a studi di consulenza. Hanno formazione tecnica spe-cialistica che gli permette di affrontare e risol-vere le problematiche su cui l’azienda non può avere competenze specifiche (come ad esempio pratiche autorizzative, cambi normativi, ecc.).

Un limite che questa branca della consulenza sta riscontrando è la difficoltà di attestare la prepa-razione e l’esperienza dei tecnici. Nonostante il grande lavoro fatto dagli ordini professionali e la nascita di associazioni spontanee, la consulenza è tuttora un settore brado, terra di nessuno per una minoranza di avventurieri.Ma le esigenze crescono molto rapidamente. Il boom delle energie rinnovabili ha creato un nuovo settore di impiantistica, con progettisti e installatori specializzati. Le skill richieste a chi si occupa dell’implementazione di questi sistemi sono molto più variegate di quelle necessarie al progettista tradizionale e vanno dalla conoscen-za dei meccanismi di incentivazione economica alla padronanza delle pratiche autorizzative, par-ticolarmente complesse e impegnative. Valenza fondamentale di queste figure è la capacità di la-vorare non solo per il grande impianto ma anche per la piccolissima installazione domestica (come nel caso del fotovoltaico o del riscaldamento a biomasse).Trasversale al mondo imprenditoriale e a tutti i settori della vita civile è la figura del formato-re ambientale. In lui si può riconoscere un altro dei principi fondamentali stabiliti a Rio nel ’92: “l’educazione sui problemi ambientali, svolta sia fra le giovani generazioni sia fra gli adulti, dando

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la dovuta considerazione ai meno abbienti, è essen-ziale per ampliare la base di un’opinione informa-tiva e per inculcare negli individui, nelle società e nelle collettività il senso di responsabilità per la protezione e il miglioramento dell’ambiente nella sua piena dimensione umana”. Il formatore, più ancora degli altri professionisti, deve avere quella necessaria f lessibilità mentale che permette di an-ticipare i cambiamenti e valutare le opportunità. Altra figura professionale, che si sta diffondendo anche in Italia, è quella del certificatore energe-tico. La sua importanza è decisiva nel contesto dei consumi energetici dove le abitazioni sono dei divoratori di energia. La normativa italiana, ob-bligando i venditori di abitazioni a produrre una certificazione sui consumi per climatizzazione, ha creato una fortissima spinta a questo tipo di specializzazione professionale.Risulta chiaro come l’onda delle Green Economy stia attraversando l’intero mondo lavorativo: non a caso il Wwf stima in 3,4 i milioni di posti di lavoro che verranno creati dal settore nella sola Unione europea.

Un mondo che cambiaGuardando, però, un po’ più lontano si può cer-care di intuire quali cambiamenti si preparano per il nostro mondo e, quindi, quali nuove com-petenze risulteranno necessarie. Non si citeranno qui le “indispensabili” professioni scientifiche: investire nella ricerca e nello sviluppo tecnologi-co sarà, ovviamente, fondamentale e questo cre-erà un bisogno forte di figure ultra specializzate. Saranno necessari fisici dello stato solido (per far avanzare le tecnologie del fotovoltaico), agrochi-mici (che avranno il compito di estrarre composti pregiati dalle matrici vegetali e di ottimizzare la produzione delle biomasse), studiosi e conserva-tori della biodiversità, climatologi specializzati in riscaldamento globale. Per non parlare dei tra-guardi avveniristici, come la produzione di ener-gia dalla fusione dell’idrogeno, che richiederanno competenze al limite della fantascienza.Si preferisce, però, tratteggiare qualche sviluppo professionale che, forse, sorprenderà chi ragiona solo in termini di “magnifiche sorti e progressive” dello sviluppo tecnologico: gli impatti ambienta-li, finora poco considerati nelle normali attività economiche, stanno per colpire la nostra società in maniera pesantissima e la ristrutturazione che ne conseguirà sarà anch’essa molto profonda.Un compito difficilissimo ma appassionante e vi-

tale sarà quello affidato ai riqualificatori urbani. Le città sono ormai da decenni organismi ener-givori e disfunzionali e lo saranno sempre più in futuro. Chi si occuperà di riqualificazione dovrà necessariamente “fare le nozze con i fichi secchi” per mancanza di risorse finanziarie e materia-li, cercando di conciliare il riutilizzo degli spazi abitativi e d’altro tipo con nuove necessità (mo-bilità a corto raggio, climatizzazione a zero ener-gia, ecc.). Il riqualificatore dovrà avere carisma e grandi doti di mediazione. Compito collegato a questo sarà quello dell’agronomo urbano, specia-lista nella creazione di orti urbani su giardini, aree dismesse, lotti abbandonati. I suoi precursori sono i guerrilla gardeners che, anche in Italia, comincia-no a punteggiare le città di spazi verdi strappati all’asfalto. L’agronomo avrà competenza agrono-miche specialistiche ma anche grande capacità di muoversi tra autorizzazioni e burocrazie. Sarà una figura chiave per la sua capacità di dare alle città una seppur minima indipendenza alimentare.Grande spazio avrà anche lo specialista in rispar-mio energetico, soprattutto in ambito domestico: mentre le aziende formeranno i propri tecnici spe-cializzati in risparmio sarà da colmare la lacuna di conoscenze specifiche nelle famiglie. Lo spe-cialista di risparmio potrà dare ai nuclei familiari indicazioni concrete di “buone pratiche”, investi-menti impiantistici, riutilizzo dell’acqua, ecc.Altra nuova figura sarà il riciclatore, discendente dei vecchi “stracciaroli”, ne sarà la versione high-tech. Le sue competenze tecniche nel conoscere le diverse possibilità di utilizzo e riciclaggio dei rifiuti ne faranno un personaggio chiave per le aziende. La speranza, scrivendo questo articolo, è di avere trasmesso oltre all’urgenza della ri-strutturazione in chiave ecologica anche le op-portunità lavorative che si stanno per schiudere. Occorrerà, necessariamente, rovesciare 200 anni di crescente specializzazione per ricostruire un approccio multidisciplinare e interconnesso, an-che nelle professioni a basso contenuto tecnico. Il professionista “verde” di domani sarà uno a cui piace rimboccarsi le maniche ma avendo davanti chiare mappe mentali di sostenibilità e di pace col pianeta. Piace ricordare qui una frase che Jeremy Rifkin ha pronunciato nel 2008 nel corso di una conferenza a Roma: “L’Italia è leader mondiale per creatività e idee ed è il luogo migliore per dare inizio alla terza rivoluzione industriale. An-che perché l’Italia è l’Arabia Saudita delle energie rinnovabili.”

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Eolico

L’integrazione dell’energia eolica e lo sviluppo della rete elettrica

di Andrea Marchisio, settore Eolico Aper

nor sviluppo dell’infrastruttura elettrica. In base ai dati Gse circa il 35% dell’intera potenza eolica nazionale è stata installata nelle province di Foggia, Benevento ed Avellino che, nell’anno 2009, raccoglievano quasi un centinaio di impianti per una potenza totale mag-giore di 1.600 MW. La manifestazione dei problemi di rete non risiede tanto nella penetrazione dell’ener-gia eolica nel sistema elettrico considerato nel suo complesso, quanto piuttosto negli effetti – spesso problematici – dell’interazione della potenza eolica installata con la rete di trasmissione nazionale. In condizioni di elevata ventosità e scarsa magliatura della rete elettrica, l’aumento della potenza installata non può che aggravare le difficoltà di dispacciamento in condizioni di sicurezza dell’energia prodotta da fonte eolica. Se da una parte è naturale che gli impianti che sfruttano il vento per la produzione di energia sorgano là dove le condizioni naturali favoriscono tale sfruttamen-

La fonte eolica italiana ormai non è più irrilevan-te nel parco di generazione nazionale per la pro-duzione di energia elettrica. L’imponente cresci-

ta dell’installato sul territorio italiano ha fatto emergere sempre più prepotentemente gli aspetti più critici legati allo stato della rete di trasmissione nazionale. Le aree italiane più ventose sono, infatti, poco numerose e con-centrate, con la conseguenza di raccogliere ingente pro-duzione da fonte eolica in relazione allo stato della rete nelle stesse aree. La maggioranza degli impianti è sorta nelle regioni del Sud Italia, in particolare sull’Appenni-no meridionale e nelle isole, vale a dire nelle aree di mi-

Una rete di vento

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to, dall’altra non sono altrettanto immediatamente comprensibili le cause dei problemi di dispacciamento verificati nelle stesse aree. A partire dall’anno 2008 hanno cominciato a manifestarsi diversi problemi di evacuazione dell’energia eolica e, nell’arco del 2009, la mancata produzione eolica ha raggiunto livelli tali da indurre il regolatore ad intervenire per evitare ec-cessivi danni economici agli operatori. Emerge, per-tanto, la necessità di un utilizzo più efficiente degli strumenti in mano del regolatore e del gestore della rete per l’integrazione dell’eolico nel sistema elettrico ed evitare costi su produttori e consumatori dettati da un’infrastruttura inadeguata.

Strumenti necessariServizi di rete e opere di sviluppo della rete sono, infatti, gli strumenti attraverso i quali si favorisce la capacità di dispacciamento dell’energia eolica ed il raggiungimento degli obiettivi che l’Italia si è impe-gnata a livello europeo per l’anno 2020. È, quindi, ne-cessario chiarire da quali elementi siano scaturiti tali problemi che minano di fatto gli obiettivi di policy di massimizzazione dello sfruttamento delle energie rin-novabili. A partire da questa esigenza del settore Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili) ha svolto uno studio volto ad analizzare e chiarire le cause dell’attuale stato della rete e gli effetti prodotti sulla produzione di energia da fonte eolica. Tale studio, denominato “Rete e Vento”, si sviluppa in due parti distinte e complementari con lo scopo di fornire un quadro esaustivo del problema, del quale si analizzano gli aspetti più critici legati alla mancata immissione di produzione elettrica da fonte eolica. Lo studio, pertanto, si propone di tracciare la storia della crescita della fonte eolica alla luce dell’evoluzione della regolamentazione e dei Piani di Sviluppo della rete di trasmissione nazionale approdando allo stato attuale delle cose. “Rete e Vento – La via italiana all’integra-zione dell’energia eolica nel sistema elettrico” offre, dunque, una visione d’insieme della tematica a partire da un’analisi dell’evoluzione regolatoria nell’ambito del dispacciamento dell’energia da fonti rinnovabili. Il re-golatore, partendo da una volontà di favorire la fonte eolica (con le altre fonti rinnovabili) attraverso la prio-rità di dispacciamento, ha nel tempo rivolto la propria attenzione nei confronti dell’integrazione di tale fonte al sistema elettrico attraverso la richiesta di fornitura di servizi di rete imponendo, in prima battuta, ai nuovi impianti eolici requisiti di natura tecnica. Recentemen-te tali requisiti sono stati richiesti anche agli impianti esistenti attraverso un sistema di premi/penalità per l’adeguamento ancora dall’incerta definizione.

Programmare lo sviluppoUn confronto con altre esperienze europee simili ha permesso una valutazione critica dell’approccio rego-latorio italiano. Ciò tuttavia non può essere considera-to disgiuntamente dall’evoluzione dello sviluppo della rete di trasmissione per l’eolico dell’ultimo decennio. Attraverso “Rete e Vento – Lo sviluppo della rete elet-trica italiana per la connessione e l’integrazione della fonte eolica” si svolge una puntuale analisi annuale della programmazione dello sviluppo della rete di tra-smissione nazionale e della sua effettiva realizzazione, con particolare riferimento alle opere asservite all’eo-lico. Unificando le evidenze, emerse dai due lavori, è possibile osservare la storia della crescita della fonte eolica alla luce dell’evoluzione della regolamentazio-ne e dei Piani di Sviluppo della rete di trasmissione nazionale per una maggiore comprensione dello stato attuale delle cose. Il quadro che emerge indica un de-cennio in cui il sistema elettrico italiano ha conosciu-to profonde modifiche strutturali che hanno riguar-dato tutte le componenti della filiera elettrica, dalla produzione alla trasmissione fino alla distribuzione e all’utilizzazione, nonché notevoli interventi sui diversi fronti legislativo, normativo e regolatorio. Il ritmo di crescita della potenza eolica (+ 50 % solo tra il 2007 ed il 2010) e lo sviluppo effettivo della rete nel decennio in esame hanno portato a situazioni prima definite dallo stesso gestore potenzialmente critiche, con riferimento alla possibilità di limitazioni della pro-duzione eolica per vincoli di rete e poi effettivamente verificatesi tali negli ultimi tre anni. La situazione sem-bra, inoltre, destinata a rimanere critica anche nei pros-simi anni, in base alle previsioni di sviluppo dei parchi eolici suggerite dallo stesso gestore di rete. Al fine di raggiungere l’impegnativo obiettivo di produzione di 20 TWh da fonte eolica al 2020 presentato nel Piano d’Azione per le fonti rinnovabili del Governo italiano risulta necessario, pertanto, stimolare un utilizzo più efficiente ed efficace degli strumenti in mano del rego-latore e del gestore della rete per l’integrazione dell’eo-lico nel sistema elettrico ed evitare costi su produttori e consumatori dettati da un’infrastruttura inadeguata.

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Appuntamenti

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European Solar Days 20111 – 15 maggioQuest’anno la grande iniziativa di comuni-cazione e informazione sull’energia solare “European Solar Days”, si svolgerà dal 1 al 15 maggio. Imprese, enti, organizzazioni, scuole, associazioni ambientaliste, ordini professionali, comitati locali da tutta Italia possono iscrivere il proprio evento ‘solare’. La campagna nel Bel-paese è coordinata da Ambiente Italia e da Le-gambiente che, a partire da questa edizione, sarà protagonista del comitato organizzatore. Per l’edizione 2011 è prevista la preziosa colla-borazione di associazioni del settore come GIFI e Assolterm. La campagna, inoltre, è sponsoriz-zata da ELCO.

Conference on Wind Energy and Wildlife Impacts 2 - 5 maggio 2011, Trondheim, Norvegiawww.cww2011.nina.no

Solarexpo & Greenbuilding 4 - 6 maggio 2011, Verona La dodicesima edizione della mostra - conve-gno internazionale su energie rinnovabili e ge-nerazione distribuita. Verona Solarexpo, la mo-stra - convegno internazionale sulle energie rin-novabili e sulla generazione distribuita, inizierà il 4 maggio 2011, insieme a Greenbuilding, evento dedicato all’efficienza energetica e all’architet-tura sostenibile. Quattro percorsi dedicati a te-matiche energetiche di particolare attualità per creare una sinergia tra espositore e visitatore. A questi si aggiunge il progetto speciale SOLARCH - Building solar design & technologies e le aree esterne. Accanto all’evento espositivo un ampio programma di convegni, seminari, corsi di for-mazione e appuntamenti speciali, come l’Italian PV Summit, per offrire agli operatori del settore il meglio dell’aggiornamento sui temi della nuova economia: dal solare, eolico, geotermia e bioe-nergie, alla cogenerazione e trigenerazione, ai green jobs e molto altro ancora.www.solarexpo.com

Energy Professional Awards Cerimonia di Premiazione10 maggio 2011, Roma Sala delle Colonne Camera del Senato Premiazione per le migliori tesi di laurea a livello nazionale sulla riduzione dei consumi energeti-ci nell’edilizia pubblica e privata e alla produ-zione di energia dalle fonti rinnovabili.In collaborazione con i principali Atenei italiani e con il patrocinio del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, il Ministero dello Sviluppo Economico e l’INBAR , ADL Publishing, società editoriale del marchio EPN, Energy Professional Network – la rete internazionale che raccoglie i professionisti del settore energetico - assegnerà agli autori dei tre lavori più meritevoli un premio in denaro alla presenza di personalità del mondo acca-demico, istituzionale ed imprenditoriale.www.epnawards.com, www.adiellegroup.com

WTT 2011 - Wind Turbine Technology Forum12 - 13 maggio 2011, Venezia Wind Turbine Technology Forum, il primo forum italiano per la filiera manifatturiera delle turbi-ne eoliche. Un evento unico nel suo genere nel nostro Paese, che per la prima volta darà voce al mondo della progettazione, produzione, ma-nutenzione, controllo e design delle turbine eo-liche. Nel nostro Paese, inoltre, negli ultimi anni si è sviluppata un’importante industria nazionale di produttori di turbine mini-eoliche. In questo fa-vorevole contesto, è nata l’esigenza di un evento rivolto esclusivamente alla business community composta da fornitori e produttori di turbine e dagli esperti del comparto.www.windforum.pro

E- Day S4D11 maggio 2011, Milano Il 3° E-Day S4D, Giornata delle Energie Rinnova-bili per lo Sviluppo, inserito negli European Solar Days 2011, farà parte degli oltre 800 eventi che si terranno in tutta Italia, con una previsione di ben 800.000 partecipanti. www.eusd.it

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Genera11 - 13 maggio 2011, MadridGenera è una delle manifestazioni fieristiche più importanti in Spagna nel settore delle ener-gie rinnovabili e ha registrato lo scorso anno la presenza di oltre 600 espositori e circa 23.000 vi-sitatori. L’evento è organizzato dalla Fundacion para el Conocimiento Madri+D.Per l’edizione 2011 è previsto un ricco program-ma di workshop e conferenze, uno spazio deno-minato FORO GENERA, dove vengono presenta-ti nuovi prodotti e servizi ed un’apposita area (IN-NOVATION GALLERY) dedicata alla presentazio-ne di progetti di ricerca e sviluppo che illustrano i progressi dei settori della protezione ambientale e dell’efficienza energetica. Confindustria Sici-lia/Bridgeconomies, partner della rete Enterpri-se Europe Network, promuove l’11 e il 12 maggio un evento di brokeraggio nell’ambito di Genera 2011, fiera internazionale sull’energia e l’ambien-te. Attraverso la realizzazione di incontri d’affari bilaterali pre-organizzati, i partecipanti avranno l’opportunità di trovare potenziali partner com-merciali e tecnologici e di realizzare accordi di partenariato con ricercatori, università e centri di ricerca di tutta Europa. www.ifema.es

Giornata studio “Certificazione Energetica” 13 maggio 2011, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Facoltà d’Ingegneria 8 ore a partecipazione gratuita dedicate alla Certificazione Energetica degli Edifici con l’in-tervento di alcuni tra i più esperti professionisti del settore, autorevoli partner e docenti univer-sitari. Con il patrocinio degli Ordini e dei Collegi Professionali della Campania, il Centro di Ate-neo SOF.Tel e il Gruppo ADL, attraverso Energy Professional Network - la grande Rete dei pro-fessionisti dell’Energia - promuovono un’azione formativa incentrata sugli aspetti tecnici, nor-mativi e operativi del certificato energetico de-gli edifici.www.adiellegroup.com

Terra Futura 20 - 22 maggio 2011, Firenze, Fortezza da Basso Mostra convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economi-ca e sociale promossa da Fondazione culturale Responsabilità etica Onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’economia sociale, insieme ai partner Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete e Legambiente. Al centro dell’ottava edizione di Terra Futura il tema della “cura dei beni comuni” una cura che è sempre più nelle mani dei cittadini e del-le organizzazioni.Tra le iniziative speciali proposte da Terra Futu-ra: la Borsa delle Imprese Responsabili, che farà incontrare gli attori del sistema pubblico, priva-to, non profit per favorire nuove opportunità; la nuova edizione del Premio Architettura e Soste-nibilità e terrafutura per la scuola.Terra Futura, a ingresso libero, è un evento so-stenibile grazie alle sue scelte e azioni respon-sabili.www.terrafutura.it

Green City Energy International Forum¸ 26 - 27 maggio 2011, Pisa La seconda edizione prevede la realizzazione di “Green City Energy Exhibition” una mostra in-terattiva animata da diversi laboratori didattici dedicati alle scuole e alle università, che si terrà sempre presso il Centro Espositivo San Michele degli Scalzi dal 26 maggio al 10 giugno 2011. Workshop tematici specialistici rivolti a enti na-zionali/regionali o locali, aziende, associazioni e professionisti che operano nel settore delle Utilities e dell’Innovazione Tecnologica e Am-bientale; il “Salotto della Green Energy”, mirato a presentare progetti, soluzioni e servizi rivolti ai contesti urbani, proposti dalle aziende e dai fornitori maggiormente qualificati del settore; mostra interattiva “Green City Energy Exhibi-tion”, novità 2011 dell’edizione pisana. www.greencityenergy.it

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NEWSdall’ Europa di Carla Gentili

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Il bando “Intelligent Energy Europe”

C’è tempo fi no al 12 maggio per inoltrare richie-ste di co-fi nanziamento per i fondi del bando comunitario Intelligent Energy Europe. L’obietti-vo del programma è di sostenere azioni volte a:– incoraggiare l’effi cienza energetica e l’uso

razionale delle risorse energetiche– promuovere le fonti d’energia nuove e rin-

novabili – incoraggiare la diversifi cazione energetica– promuovere l’effi cienza energetica e l’uso

di fonti d’energia nuove e rinnovabili nei tra-sporti.

Il bando supporta la realizzazione di progetti re-lativi alle seguenti aree prioritarie:

• Effi cienza energetica ed uso razionale del-le risorse energetiche – SAVE (budget 12 mi-lioni €)

• Fonti d’energia nuove e rinnovabili – ALTENER (budget 16 milioni €)

• Energia e trasporti – STEER (budget 12 mi-lioni €).

La durata massima dei progetti è di 3 anni ed il contributo concesso sarà fi no al 75% del totale dei costi ammissibili.Al fi ne di valutare l’impatto di ciascun pro-getto, saranno utilizzati i seguenti indicatori principali:– investimenti effettuati nel campo dell’ener-

gia sostenibile– produzione di energia rinnovabile– risparmio energetico– riduzione delle emissioni di gas a effetto

serra.Tutti i candidati devono essere persone giu-ridiche, pubbliche o private, aventi sede in uno dei 27 Stati membri dell’UE, in Norvegia, Islanda, Liechtenstein e in Croazia. Le doman-de devono essere presentate da un gruppo di almeno tre soggetti giuridici indipendenti, ciascuno con sede in un paese diverso.

Tutti i dettagli sono reperibili sul sito uffi ciale della Commissione Europea:

http://ec.europa.eu/energy/intelligent/call_for_proposals/index_en.htm

In questo numeroHyFLEET – CUTE Project Il progetto “HyCHAIN”

HyFLEET – CUTE Project

È uno fra i più vasti progetti europei in tema di bus a idrogeno e che si è concluso a dicembre 2009, il cui consorzio - composto da 31 partners - ha lavorato nel perseguire i seguenti obiettivi: 1. Sviluppare tecnologie di bus alimentati a idro-

geno per ridurre il consumo di carburante e di energia nell’intero sistema di trasporto

2. Sviluppare effi cienti modi per produrre idrogeno a condizione che siano rispettosi dell’ambiente

3. Analizzare e defi nire i requisiti tecnologici per creare infrastrutture di rifornimento di idro-geno

4. Informare i decision makers e i cittadini euro-pei circa i potenziali vantaggi di un sistema di trasporto basato sull’idrogeno e suggerire loro come possono contribuire a svilupparlo.

Gli interessanti documenti pubblici prodotti dal progetto sono reperibili al seguente link:

http://www.global-hydrogen-bus-platform.com

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www.ambientarsi.net

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Bando CIVITAS 2011 – MOVE

Pubblicato l’invito della Commissione Europea a presentare – entro il 12 aprile 2011 - proposte nell’ambito del tema “trasporti di superficie sostenibili” del programma “Cooperazione” del Settimo programma quadro (7PQ). Gli obiettivi del bando sono: – rendere più ecologici i trasporti di superficie;– incentivare e potenziare il trasferimento mo-

dale e decongestionare gli assi di trasporto;– garantire una mobilità urbana sostenibile

per tutti i cittadini, compresi quelli svantag-giati;

– migliorare la sicurezza e potenziare la com-petitività.

I progetti dovranno sperimentare idee inno-vative sotto diverse condizioni socio-econo-miche e ambientali, fornire un trattamento equilibrato sia del trasporto urbano che del trasporto merci e proporre soluzioni che si concentrino su ben definite applicazioni inte-grate entro i seguenti temi: - veicoli e sistemi di trasporto personali, collet-

tivi e commerciali che siano innovativi, puliti e energeticamente efficienti, considerando inoltre la loro integrazione con i sistemi di tra-sporto urbani ed extraurbani;

- utilizzo di Tecnologie e Servizi di Informazione e Comunicazione a sostegno della gestione del traffico, della guida di autoveicoli, per evitare incidenti, per fornire informazione ai viaggiatori e ai passeggeri, per pedaggi stradali e sistemi di pagamento intelligenti;

- pianificazione sostenibile del trasporto ur-bano, combinando l’uso del territorio con i sistemi innovativi di trasporto e la mobilità classica e semplice dei cittadini.

Il progetto “HyCHAIN”

HyCHAIN MINI-TRANS è un progetto inte-grato di 24 partner europei finanziato dal VI Pro-gramma Quadro dell’Unione Europea e coordi-nato da Air Liquide, leader mondiale nel settore dei gas per l’industria, la salute e l’ambiente.È uno dei principali progetti dimostrativi della Divisione Energia e Trasporti, ha avuto inizio nel 2006 e terminerà nel 2011. HyCHAIN MINI-TRANS permetterà ai cittadini di quattro regio-ni della Comunità Europea di testare una serie

di oltre 50 veicoli urbani, tra cui piccoli veicoli commerciali e minibus, sedie a rotelle, scooter e cargo-bike, tutti alimentati da celle a combusti-bile a idrogeno. Le quattro regioni partner coinvolte sono: Rhône-Alpes in Francia (Comunità dell’agglomerazione Grenoble-Alpes Métropole), Castilla y León in Spagna (città di Soria), Nord Reno-Westfalia in Germania (Comunità dell’agglomerazione Em-scher-Lippe) e la città di Modena in Italia.

http://www.hychain.org

Il budget disponibile, pari a 18 milioni di euro, sarà assegnato a “Progetti di collaborazione” di durata compresa tra i 2 e i 5 anni e “Azioni di coordinamento e sostegno” di durata tra i 2 e i 4 anni.Possono partecipare istituti di ricerca, univer-sità, industrie, PMI, potenziali utilizzatori finali, che potranno richiedere finanziamenti per:- attività di ricerca e sviluppo tecnologico; - dimostrazioni per provare che le nuove tec-

nologie possono offrire un potenziale van-taggio economico, ma che non possono essere direttamente messe in commercio;

- gestione delle attività oltre alla gestione tec-nica del singolo work package;

- dibattiti e conferenze, divulgazione, training di ricercatori e del personale coinvolto nel progetto.

Il consorzio dovrà comprendere almeno una città definita “leading city”, che sarà capofila del progetto e che attuerà la sperimentazione delle soluzioni innovative, e una “osservatrice”, detta “learning city”, con le stesse esigenze e interessata al risultato del progetto. Ogni città partecipante dovrà appartenere ad un diffe-rente stato membro o associato all’UE.I contributi comunitari copriranno una per-centuale variabile tra il 50 e il 75% dei costi per ricerca e sviluppo tecnologico; il 50% dei costi sostenuti per le attività dimostrative e il 100% di quelli relativi al Management e Coordina-mento del progetto.

La documentazione per la partecipazione al bando è disponibile sul sito:

www.cordis.europa.eu

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Newsaziende a cura di Alessandra Lombardi

Marzo 201164

Rittal – The System. Faster – better – worldwide.

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Il Centro di Ateneo SOF.Tel e il Gruppo ADL, attraverso l’Energy Professional Network, con il patrocinio degli Ordini e dei Collegi Profes-sionali della Campania, promuovono un’azione formativa incentrata sugli aspetti tecnici, nor-mativi e operativi del certificato energetico de-gli edifici che si terrà il 13 maggio all’Univer-sità degli Studi di Napoli “Federico II”, Facoltà d’Ingegneria.

L’entrata in vigore, a partire dal 2005, dei de-creti attuativi della Direttiva 2002/91/CE re-lativa al rendimento energetico in edilizia, ha segnato il passo verso un nuovo modo di conce-pire il costruire, ponendo al centro del progetto la qualità energetica dell’involucro.

Una full-immersion di grande qualità con l’intervento di alcuni tra i più esperti profes-

sionisti del settore, autorevoli partner e docenti universitari.

La partecipazione è gratuita, le iscrizioni sono a numero chiuso e aperte fino al 30 aprile 2011, su richiesta è possibile ricevere l’attestato di frequenza. Per aderire è necessario inviare la scheda di adesione sul sito:

www.adiellegroup.com

Giornata studio: certificazione energetica

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Rittal – The System. Faster – better – worldwide.

ENCLOSURES CLIMATE IT INFRASTRUCTURE SOFTWARE & SERVICESCONTROLPOWER DISTRIBUTION

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Realtà e leggende dell’eolico in Italia: questo il tema portante del Windbook, il manuale dedicato all’ener-gia del vento, ideato e realizzato da Aper GrandEoli-co, gruppo di lavoro nato nel 2010 in seno ad Aper (Associazione produttori energie da fonti rinnovabili) per iniziativa di alcune aziende del settore aderenti all’Associazione. Il Windbook, manuale semplice e operativo, si propone di raccontare “che vento tira in Italia” a chiunque voglia saperne di più non solo agli addetti ai lavori, ma anche ai comuni cittadini. Con chiarezza ed efficacia il manuale ripercorre i cosiddet-ti “falsi miti” sull’eolico, offrendo risposte esaustive a chi considera questa forma d’energia poco utile, op-pure dannosa per fauna e paesaggio, o ancora un bu-siness per speculatori o addirittura per la criminalità organizzata. Il Windbook smentisce ognuna di que-ste false credenze attraverso dati di settore, riferimenti

di carattere normativo, riportando le considerazioni di chi opera nel ramo dell’energia del vento. Non da ultimo, il volume dà voce alle opinioni degli italiani che, da un recente sondaggio condotto dall’Istituto di ricerca ISPO, sono risultati essere per l’80% favore-voli all’eolico, dato che evidenzia l’importante livello di consapevolezza del nostro Paese che, dopo soltanto Germania e Spagna, è sul podio delle Nazioni con maggiore eolico installato. La realizzazione del Win-dbook rientra in un progetto di comunicazione più ampio del gruppo di lavoro AperGranEolico finaliz-zato a diffondere informazioni corrette sull’energia del vento e a stimolare la coscienza green dei consumatori verso il raggiungimento degli obiettivi “2020” stabiliti dalla Direttiva dell’Unione Europea.

È possibile scaricare il windbook dal sito www.grandeolico.it

Aper grandeolico presenta il windbook, manuale su realtà e leggende dell’eolico in Italia

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Il Recensoredi Carla Gentili

Marzo 201166

“L a casa ecologica prefabbricata”, di recen-te pubblicazione, è un libro di architet-tura nel quale l’autrice, giovane architet-

to e dottore di ricerca, approfondisce il rapporto tra architettura ecosostenibile e prefabbricazione.È possibile coniugare i principi della bioarchitet-tura con l’industrializzazione edilizia? È questa la domanda a cui si cerca di rispondere attraverso una rassegna di prefab homes costruite su terri-torio nazionale e internazionale, di cui vengono evidenziati sia i punti di forza che quelli di de-bolezza. I progetti presi in esame sono divisi in due classificazioni: “case chiavi in mano” e “case su misura”, evidenziandone le differenze.Partendo dal presupposto che nell’attuale scena-rio mondiale di crisi energetica e riduzione delle risorse sia necessario un totale ripensamento del settore edilizio, dopo anni di pregiudizi che lega-vano le tecniche costruttive off-site (fuori opera) ai concetti di “provvisorietà” e “standardizzazio-ne”, la prefabbricazione trova nuova attenzione soprattutto in virtù della possibilità offerta al progettista di esercitare un maggior controllo su tutto il processo edilizio e sulle prestazioni dell’edificio, cradle to cradle, garantendo la qua-lità finale della costruzione.Il volume fornisce un quadro ampio e approfon-dito dello sviluppo dell’architettura prefabbrica-

La casa ecologicaprefabbricata

Autore: Sara Di Micco Casa Editrice: Maggioli Pubblicazione: Dicembre 2010 – 40,00 euro – isbn: 978-88-387-5941-3

ta dalle radici ai nostri giorni, illustra le attuali tecniche costruttive (modern method of construc-tion) e si sofferma sul problema della contestua-lizzazione ambientale di una prefab home.Elemento centrale del libro sono 15 progetti pre-sentati e dettagliati, che illustrano le possibili soluzioni costruttive in contesti e climi diffe-renziati (urbani ed extraurbani, mediterranei e continentali) e di cui sono forniti dati sulle ca-ratteristiche impiantistiche e sulle prestazioni energetiche.L’autrice vuole mettere in risalto questo tema an-cora in lento sviluppo in Italia ma che merite-rebbe una maggiore attenzione in considerazione dei numerosi vantaggi.Molteplici sono, infatti, i punti di forza attribu-ibili a questo procedimento costruttivo. Quali? Innanzitutto la sicurezza dei tempi di esecuzio-ne, estremamente contenuti; l’uso di materiali naturali ed ecocompatibili; l’alta f lessibilità di un sistema per componenti; l’elevato controllo dei processi produttivi in fabbrica con la con-seguente riduzione degli errori di produzione e montaggio; la smontabilità con la conseguente possibilità di riciclare o riutilizzare i materiali impiegati; la versatilità costruttiva.

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“I problemi non possono essere risolti usando gli stessi schemi mentali che li hanno generati”(Albert Einstein)

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Ener

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N e t w o r k

ENERGYÊ PROFESSIONALÊ NETWORKLA GRANDE RETE DEI PROFESSIONISTI DELLÕ ENERGIA

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Ò L’autorevole appartenenza al mondo della rete ener-getica mi ha consentito di collaborare con il team della prestigiosa Marriott Energy di Amburgo”.

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Ò Energy Professional Network, è il punto di partenza per una nuova concezione di libera professione. La cooperazione resta l’unica e valida strategia per la competizione globale”. Ò Energy Professional Network

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GIOVANNI LOMBARDO, ricercatore presso l’Università di Pisa. N.EPN 110

I PROTAGONISTI DELL’ENERGIA ENTRANO IN RETEIncontri, news, focus, formazione e promozione. EnergyProfessional Network mette in relazione tutti gli attori della filiera energetica

AMEDEO SIMONCELLI, ingegnere, esperto di efficienza energetica. N.EPN 40