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Linee guida per insegnanti e educatori A cura di Renato Cerbo

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Linee guida per insegnanti e educatori

A cura di Renato Cerbo

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Linee guida per insegnanti ed educatori

A cura di Renato CerboIn collaborazione con Alice Rinchi

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Gentile insegnante/educatore,

in questo opuscolo troverà alcune informazioni utili per una maggiore conoscenza sui Disturbi dello Spettro Autistico. Tali disturbi riguardano bambini e ragazzi che mostrano una serie di particolarità nelle aree relative all’interazione sociale reciproca, all’abilità di comunicare idee e sentimenti, alla capacità di stabilire relazioni con gli altri, agli aspetti sensoriali e degli interessi personali. Comprendere l’Autismo dall’interno è il primo passo se volete aiutare le persone autistiche. La conoscenza e la comprensione di questa condizione e la motivazione ad affrontarla con competenza da parte degli insegnanti ed educatori, rappresentano, infatti, i presupposti indispensabili per una reale integrazione scolastica dei bambini e dei ragazzi dello Spettro Autistico. Cercate di dimenticare l’idea che l’Autismo sia una malattia: la sua essenza sta nella concettualizzazione differente, una forma di pensiero “altra” presente in tutti gli aspetti della vita quotidiana. Quando ci proponiamo di lavorare sulla comunicazione, sulle relazioni sociali, sulle emozioni, sul tempo libero, sull’autonomia, ecc, dunque, dobbiamo “tradurre” la modalità educativa che utilizziamo solitamente con persone tipiche, adeguandola al funzionamento del cervello della persona con Autismo. L’opuscolo vuole offrire una guida pratica per riconoscere le caratteristiche principali, le problematiche più frequenti e soprattutto per identificare le strategie utili per il lavoro didattico ed educativo. Vengono infatti affrontati gli aspetti più importanti ed essenziali che un insegnante o un educatore non può ignorare, se intende occuparsi di questa complessa problematica. Infine, l’educatore potrà trovare alcuni consigli per un dialogo positivo con la famiglia e con gli operatori sanitari del bambino dello Spettro Autistico.

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Premessa .............................................................................................. pag. 6

Definizione dello Spettro Autistico ..................................................... pag. 6

La diagnosi dello Spettro Autistico ..................................................... pag. 8

Deficit persistenti della comunicazione sociale in molteplici contesti ........................................................................... pag. 10

Pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi ....... pag. 13

Le isole di abilità ................................................................................. pag. 15

Disturbi frequentemente associati ....................................................... pag. 17

Cos’è l’Autismo .................................................................................. pag. 24

Cosa non è l’Autismo .......................................................................... pag. 24

L’Autismo oggi: quale intervento? ...................................................... pag. 24

Il trattamento globale delle persone con ASD ..................................... pag. 28

Criteri di buona prassi del trattamento dei ASD ................................. pag. 31

Consigli pratici per l’inserimento degli alunni con ASD .................... pag. 32

Nella pratica: progettare un intervento ................................................ pag. 34

Modalità di valutazione ....................................................................... pag. 37

I prerequisiti generali dell’apprendimento .......................................... pag. 49

Il piano educativo individualizzato ..................................................... pag. 69

Guida pratica: il problema dell’interazione sociale edella comunicazione ............................................................................ pag. 74

Guida pratica: il problema del comportamento ................................... pag. 76

Guida pratica: il problema degli interessi ristretti e delle attività ....... pag. 78

Guida pratica: l’intervento nella scuola dell’infanzia ......................... pag. 80

L’integrazione scolastica dei bambini con ASD: una sfida ................. pag. 81

I rapporti scuola-famiglia .................................................................... pag. 83

Cosa si aspetta il genitore dalla scuola ................................................ pag. 84

Ringraziamenti .................................................................................... pag. 86

Indice

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Premessa

I disturbi dello spettro dell’autismo (DSA) sono disturbi del neurosviluppo che si manifestano precocemente, di solito nel corso dei primi tre anni di vita, con difficoltà nell’interazione sociale e nella comunicazione, associati a comportamento ripetitivo e compromissione di aree importanti della vita quali l’ambito sociale e lavorativo. Quando alcune caratteristiche nelle aree dell’interazione sociale, della comunicazione e degli interessi incidono e compromettono l’adattamento di un individuo e si accompagnano ad abilità differenti e talvolta deficitarie rispetto a quelle dei coetanei senza sintomi, viene posta generalmente una diagnosi che colloca la persona all’interno dello Spettro Autistico. A lorovolta i DSA sono spesso associati ad altri disturbi (quali, ad esempio, la disabilità intellettiva) e le sue manifestazioni cliniche possono esprimersi con modalità estremamente variabili da compromissioni lievi a gravi del grado di autonomia e di funzionamento sociale. Tutti i DSA hanno in comune anomalie “nucleari”, che conferiscono alla persona modalità di “funzionamento autistico” che lo accompagneranno per tutto il ciclo vitale. In tutte le diverse condizioni, infatti, il profilo delle caratteristiche percettive, sensoriali, attentive, cognitive e di memorizzazione presentano percorsi atipici di sviluppo attualmente definiti “neurodiversità”.La prevalenza certa del disturbo autistico è di 1 caso su 1000 nella forma grave ma, se si considera l’intero “Spettro” e quindi anche le forme più sfumate, si può arrivare fino a un caso su 100. Caratteristica comune dei bambini con DSA è la difficoltà di attenzione congiunta, sociale o condivisa, sulla quale si fonda l’abilità del bambino tipico di condividere l’attenzione e le emozioni, di esprimere intenti e di impegnarsi in interazioni sociali reciproche. I bambini che successivamente riceveranno una diagnosi all’interno dello Spettro Autistico mostrano, fin dai primi mesi di vita, una limitata

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attenzione alle persone, alla loro voce, ai loro movimenti e alle espressioni del loro viso. In particolare, si osserva una difficoltà nella cosiddetta “attenzione congiunta”, ovvero una difficoltà a prestare attenzione a ciò a cui l’interlocutore presta attenzione. Ciò determina, nel tempo, una compromissione della capacità di usare simboli condividendone il significato con le persone “tipiche”, presupposto indispensabile per la comprensione dei significati impliciti della comunicazione, espressi attraverso gesti convenzionali, parole e frasi. Inoltre, si osserva spesso una difficoltà nell’utilizzare oggetti di uso sociale e nel gioco simbolico o di finzione.

’ comunque assodato che il disturbo, pur riguardando principalmente lo sviluppo differente della capacità di interagire socialmente e di comunicare, investe in modo generalizzato e complesso molte funzioni neuropsicologiche importanti, in modo spesso molto differente da bambino a bambino. er questo motivo la prognosi è varia, in termini di sviluppo di linguaggio,

intelligenza, capacità di autonomia, tanto che ad un estremo vi sono persone che possono avere necessità di assistenza totale, ed all’estremo opposto, persone con Autismo ad alto funzionamento che potrebbero non essere mai state riconosciute come portatrici di un “disturbo” in quanto presentano solo difficoltà di socializzazione ed interessi particolari o bizzarri. A complessare la situazione intervengono anche patologie mediche a volte associate all’Autismo, quali malattie neurologiche e genetiche come l’epilessia, la sordità, la cecità ed altre condizioni causa di ritardo mentale quali la sindrome dell’ fragile. roprio per la complessità della condizione autistica, l’intervento

terapeutico nelle persone con Autismo deve essere sempre integrato e individualizzato (medico, riabilitativo, psicoeducativo, psicofarmacologico,

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psicoterapeutico, ecc.), con necessità di continue verifiche del percorso terapeutico. La scuola rappresenta uno spazio privilegiato nel progetto abilitativo educativo, in quanto permette di realizzare il programma finalizzato al miglioramento dell’interazione sociale, della comunicazione, della diversificazione degli interessi e delle attività in un contesto naturale. La diagnosi di Spettro Autistico Seppure negli anni passati siano state usate varie classificazioni nosografiche dei DSA, tuttavia, la pratica clinica ha evidenziato come la distinzione, effettuata nei diversi centri diagnostici, tra i vari disturbi fosse inconsistente e troppo discrezionale, tanto che l’A A (American s chiatric Association) ha sostenuto nel Manuale Diagnostico e

Statistico dei Disturbi Mentale (DS ) nella sua quinta edizione, che i sintomi sono cos simili da appartenere ad uno stesso continuum di disturbi con caratteristiche comuni, piuttosto che costituire entità separate. All’interno di questo continuum è necessario, peraltro, specificare i livelli di gravità, che vanno da un livello 1 in cui è necessario minimo supporto, ad un livello nel quale è richiesto un supporto sostanziale, fino a un livello in cui è richiesto un livello molto sostanziale di supporto sociosanitario. La diagnosi di DSA richiede, inoltre, di specificare la presenza o assenza di disabilità intellettuale o di alterazioni del linguaggio cos come di altre condizioni mediche o genetiche associate in modo da avere una descrizione completa della condizione individuale. DS 01 In ultima analisi, il livello di funzionamento cognitivo può presentare vari profili all’interno di due sottogruppi di funzionamento a basso funzionamento (QI 0) e ad alto funzionamento (QI 0).

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Secondo il DSM – 5 le manifestazioni fondamentali dello spettro autistico sono:

1) “deficit persistenti della comunicazione sociale in molteplici contesti”;

2) “pattern di comportamento, interessi o attività ristretti e ripetitivi”.

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eficit persistenti della comunicazione sociale in molteplici contesti L’interazione sociale si riferisce alla caratteristica, propria del genere umano, di condividere con l’altro e più in generale con i membri della comunità, emozioni, interessi, attività e stili di comportamento propri del gruppo di appartenenza. a compromissione della comunicazione sociale e dell’interazione sociale si manifesta in maniera molto differente come, ad esempio, la ricc ezza del vocabolario in alcune persone e l’esiguità di a ilità ver ali in altre. Le persone con spettro autistico, anche quelle dotate di notevoli capacità verbali, presentano sempre modalità peculiari per esprimere emozioni, desideri e pensieri quali ad esempio l’ecolalia, ossia la ripetizione finalistica di parole, espressioni o di frasi pronunciate da qualcun altro. Infatti, anche quando le abilità linguistiche formali (vocabolario, grammatica) sono adeguate, rimane costante la compromissione della comunicazione sociale reciproca con gravi difficoltà nell’avviare interazioni sociali, nella condivisione di emozioni e nella tendenza ad utilizzare le parole in maniera eccessivamente letterale. In particolare nelle interazioni sociali si riscontra una difficoltà nello stabilire e mantenere un adeguato contatto visivo ed un uso limitato o atipico dei gesti, delle espressioni facciali, dell’orientamento del corpo oltre che dell’intonazione vocale nell’eloquio. Una caratteristica molto importante e precoce è la compromissione dell’attenzione sociale, anche detta attenzione congiunta o condivisa, intesa come la capacità di dirigere e condividere con un’altra persona l’attenzione verso un oggetto o una situazione con difficoltà nell’integrare la comunicazione non verbale (contatto visivo, gesti, postura del corpo, prosodia ed espressione del viso) con la comunicazione verbale.

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La difficoltà delle persone con ad interpretare e comunicare in modo adeguato li fa apparire spesso piatti da un punto di vista affettivo o strani e bizzarri nei comportamenti (battere le mani o dondolarsi in avanti e indietro), ed assorti nel loro mondo interiore, riluttanti al rapporto con l’altro oppure passivi e disinteressati. Le caratteristiche dell’interazione sociale reciproca nelle persone con

utismo si manifestano, dunque, con a) compromissione dell’uso di comportamenti non verbali per regolare l’interazione sociale che riguarda l’uso dello sguardo diretto, del sorriso sociale e di tutte le varie espressioni facciali usate per comunicare b) compromissione dello sviluppo della relazione con i coetanei che riguarda il gioco immaginativo, l’interesse per i bambini, la risposta agli approcci di altri bambini, il gioco di gruppo con i pari o l’amicizia c) mancanza del divertimento condiviso che riguarda prestare ed attirare attenzione, offrire per condividere, cercare di condividere con altri il proprio divertimento d) mancanza di reciprocità socio emozionale cioè usare il corpo dell’altro per comunicare, difficoltà ad offrire conforto, espressioni facciali inadeguate, inappropriatezza delle risposte sociali e delle aperture sociali. La difficoltà di capire gli altri, di leggere la loro mente riconoscendone le intenzioni al di là dei comportamenti e delle parole, di condividere giochi e divertimenti, conoscenze e regole sociali, è una delle maggiori difficoltà riconosciute nell’ utismo e viene spesso definita deficit di teoria della mente . on questo termine si indica una specie di cecità sociale che pu causare forte confusione, agitazione e frustrazione nel momento in cui la persona con utismo si trova di fronte a condizioni sociali di difficile comprensione per lei. Uta rith è una studiosa che ha dimostrato, nel

, come anche gli autistici con intelligenza nella norma mostrino

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difficoltà nei compiti di teoria della mente , ovvero nel fare delle ipotesi su quello che gli altri pensano o sentono. Secondo la teoria socio-affettiva, esisterebbe nell'Autismo un'innata difficoltà, biologicamente determinata, ad interagire emozionalmente con l'altro, probabilmente legata al malfunzionamento di alcuni circuiti neuronali denominati “neuroni a specchio”. Tutto ciò, secondo una reazione a cascata, porterebbe una serie di difficoltà ad imparare a riconoscere gli stati mentali degli altri, a condividere i processi di simbolizzazione, a presentare particolarità nell’area del linguaggio e soprattutto della comunicazione. Altre teorie mettono in evidenza il profilo cognitivo del bambino con Autismo, rappresentato da una difficoltà a cogliere gli stimoli nel loro complesso, con difficoltà ad accedere dal particolare al globale e con estrema attenzione ai particolari (debolezza della Coerenza Centrale); oppure da difficoltà nell’organizzazione e nella pianificazione dei comportamenti per la risoluzione dei problemi, come ad esempio formulare mentalmente un piano di azione, programmare o inibire una risposta in modo flessibile al contesto (difficoltà nelle funzioni esecutive). Molti sintomi presenti nelle persone autistiche sarebbero espressione di tali difficoltà. Per esempio, l’impulsività potrebbe essere legata all’incapacità ad inibire le risposte inappropriate; l’iperselettività , all’incapacità di cogliere il tutto senza rimanere ancorato al particolare; la perseverazione all’incapacità di ridirezionare in maniera flessibile

l’attenzione.

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e attività ripetitive e i forti interessi assorbenti , sono forse l aspetto

pi conosciuto dell Autismo, in quanto pi visibile dal punto di vista comportamentale. proprio dall apparente isolamento, con la chiusura in se stesso ( autos ) con dedizione ad attività ripetitive e poco funzionali, osservati in bambini normali sia fisicamente che intellettivamente, che derivata la definizione di Autismo attribuita alle caratteristiche di questi bambini da anner nel .

bambini con Autismo presentano un che può riguardare diversi aspetti della realtà quali

l attenzione a stimoli provenienti dal proprio corpo (per esempio, guardarsi le mani o assumere posture bizzarre per le sensazioni che queste gli rimandano), l osservazione di particolari oggetti ed eventi (per esempio, oggetti che ruotano o particolari configurazioni percettive come la luce che filtra da una fessura) o anche pi o meno elaborate e mnemoniche (per esempio, mimare una scena di un film o sapere tutto dei dinosauri).

a diversa scelta degli interessi probabilmente legata ad una serie di fattori, quali lo stile temperamentale, particolari caratteristiche dell ambiente, l età, l eventuale presenza e la severità di un ritardo mentale associato, per cui si va da interessi semplici per parti di oggetti a interessi complessi come la conoscenza di un argomento specifico (animali, santi, ecc.). Possono essere, inoltre, presenti preoccupazioni intense o insoliteinteressi circoscritti, oppure aderenza a routine o non funzionali sia verbali che fisici, oppure manierismi motori stereotipati come strani movimenti ripetitivi con le mani e con le dita o altri movimenti stereotipati del corpo attenzione verso parti di oggetti o elementi particolari degli

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oggetti con uso ripetitivo degli stessi oppure insoliti interessi sensoriali (odori, sapori, flash di luci, ecc.). CA ATT ST C PS C C Sebbene l autismo si configuri come un disturbo descritto soprattutto nei suoi aspetti clinici e comportamentali, molte ricerche hanno chiarito negli ultimi anni i deficit neuropsicologici che determinano questo disturbo. Molte persone affette da SA mostrano difficoltà nelle abilità grosso-motorie, con una goffaggine di movimento oppure difficoltà nella deambulazione e nella postura, probabilmente per difficoltà nella propriocezione e nella consapevolezza del proprio corpo rispetto all ambiente circostante. Abbastanza frequenti sono anche le difficoltà nelle abilità fino-motorie manuali che si manifestano, ad esempio, nella difficoltà ad afferrare oggetti minuscoli, scrivere, abbottonare gli indumenti, bere da un bicchiere, oppure nelle abilità bucco-linguali con problemi nell articolazione di parole e nella masticazione. disturbi sensoriali sono considerati tra le principali aree interessate dal

disturbo, poich molto comune per le persone con spettro autistico, avere una iper ipo-sensibilità in uno o pi sensi. uesta può includere la sensibilità alla luce, ai suoni, al tatto, agli odori e al gusto e si pensa che gli stessi comportamenti problematici possano rappresentare una risposta alla stimolazione sensoriale, cos come si può ricondurre ad essa l attenzione eccessiva ad aspetti insoliti e particolari della realtà e la difficoltà a spostare facilmente l attenzione da un attività all altra nello svolgimento di un compito complesso rispetto ad un compito singolo, passando da una modalità sensoriale all altra.

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Altra caratteristica significativa delle persone con SA la tendenza a perseverare, dovuta ad una modalità di pensiero rigido e concreto che rende difficoltoso l adattamento all ambiente di vita mentre i compiti necessari al processo di adattamento richiedono abilità di spostamento dell attenzione, pianificazione, autocontrollo e flessibilità cognitiva (cosiddette funzioni esecutive), senza le quali le richieste di qualsiasi tipo appaiono confuse e isolate in quanto non inseribili facilmente in un disegno pi ampio che necessit di essere spiegato e compreso preliminarmente. a tendenza al pensiero concreto può inoltre causare (ed al tempo stesso dipendere) dalla limitazione nell abilità di astrazione a fronte di una spiccata attenzione per i dettagli, soprattutto nell elaborazione visiva e visuo-spaziale, che costituisce spesso un punto di forza delle persone con

pettro Autistico.

A fronte di difficoltà e punti di debolezza come la capacità comunicativa, la scarsa flessibilità e la difficoltà nel contatto sociale, le persone con

pettro Autistico sono spesso dotate di particolari capacità, le cosiddette , che in alcune condizioni vengono definite savant in quanto

combinano la genialità in un campo con gravi limiti in molti altri. Anche se ovviamente non tutte le persone autistiche mostrano abilità eccezionali, molte hanno potenzialità per sviluppare particolari competenze, in specifici settori quali la musica e la matematica, soprattutto se avessero l opportunità di essere esposti a stimoli specifici. anche vero che tali abilità sembrano comparire molto precocemente e non sono ancora chiari i meccanismi neuropsicologici sottostanti e quanto queste dipendano dall impegno di genitori ed insegnanti.

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La capacità di memorizzazione è stata una delle prime abilità speciali descritte e definite con i termini di memoria automatica, meccanica, concreta, abitudinaria, “memoria senza riconoscimento”, “tripudio di memoria”, in quanto straordinariamente profonda anche se spesso limitata entro i confini delle attività ripetitive e degli interessi ristretti.

Sicuramente peculiari sono anche le abilità percettive evidenziabili nel riconoscimento dei toni musicali e nella discriminazione sensoriale in generale. La spiegazione più nota di tali abilità è quella di ipotizzare un deficit in quei processi di integrazione del Sistema Nervoso Centrale, definiti Coerenza Centrale, che hanno il compito di riunire le informazioni in un insieme dotato di significato, per cui quando viene data la possibilità di scegliere tra informazione a livello globale o locale, le persone con DSA contrariamente alle persone tipiche, tendono ad indirizzare la loro attenzione sui dettagli o particolari dello stimolo piuttosto che sul loro insieme con grave difficoltà a coglierne il significato globale. Studi sulla capacità di raggruppare gli stimoli hanno, infatti, evidenziato che le persone con DSA, mostrano una tendenza al raggruppamento per prossimità piuttosto che per somiglianza, per cui sono particolarmente veloci nel comporre i puzzle associando i pezzi uno a uno, senza far riferimento all’insieme del disegno da riprodurre. Certamente le persone con DSA presentano eccezionali abilità visuospaziali, a scapito delle capacità di astrazione e di comprensione verbale, anche se le abilità descritte nel campo della matematica (calcolo di date o calcolo a mente di tipo aritmetico o di numeri primi), musicali (capacità di riprodurre sequenze complesse dopo averle ascoltate una volta sola), artistiche (scene complesse in prospettiva corretta create o riprodotte graficamente dopo una sola breve osservazione), linguistiche (iperlessia o particolare facilità di apprendimento di una lingua), non

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possono essere spiegate con le sole abilità di memorizzazione e di elaborazione selettiva dei dettagli.

n altro aspetto importante per comprendere le isole di abilità potrebbe essere la stessa difficoltà nel riconoscimento degli stati mentali, il cosiddetto deficit di teoria della mente, in quanto lo scarso interesse per le attività sociali li porta ad aver maggior tempo da impiegare nelle attività individuali. n generale si pu , quindi, affermare che la straordinaria attenzione ai

dettagli, la minore attenzione agli stimoli sociali, associata alla ripetitività dovuta alla tendenza alla sistematizzazione degli stimoli nel tentativo di ordinare e prevedere la realtà esterna, conducono le persone con DSA a modalità di funzionamento ripetitivo, in settori di loro interesse, anche perch ristretti e configurati per essere sistematizzati, categorizzati e classificati, quali ad esempio i numeri, le note, i segni grafici. Non è escluso che sia proprio la preferenza iniziale, geneticamente determinata, per stimoli o materiali a loro gradevoli, a guidare l’interesse delle persone con DSA verso attività ripetitive e ristrette, innescando emozioni positive e conseguente sviluppo di sempre maggiori abilità dovute alla progressiva memorizzazione, sistematizzazione e manipolazione degli stimoli ai quali diventano sempre più esposti. D S N N ASS C A La difficoltà nell’interazione con le persone e la difficoltà di comunicazione determinano un malfunzionamento generale e pervasivo che nell’Autismo apre la strada ad un percorso di sviluppo psicologico atipico, originale e non sociale al quale possono essere associati altri disturbi, quali

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DISTURBI DELLA REGOLAZIONE Le persone con Autismo possono presentare stati di iperattività, iperreattività, ipereccitabilità, legati alla ipersensibilità sensoriale, allo stress, alla frustrazione e ansia che con difficoltà riescono a condividere e a controllare. ossono essere possibili, nello stesso bambino, anche stati di iporeattività, passività, apatia e mancanza di iniziativa motoria, cos come l’alternanza degli stati di iper ed iporeattività. er tale motivo, sono frequenti i disturbi del ritmo sonno veglia, i disturbi

dell’alimentazione come iperfagia o selettività nella scelta del cibo, l’instabilità emotiva e dell’umore. ’ frequente una particolare reattività in senso di iperreattività o iporeattività a suoni, odori, colori, tatto, dolore, ecc.

DISTURBI DELL’EMOTIVITÀ Nel passato le teorie psicoanalitiche hanno dato molta importanza alle emozioni negative, quali l’angoscia e l’invidia odio, come causa primaria dell’Autismo, cos come al ruolo dei genitori nel favorirle. ggi sappiamo con certezza che l’Autismo è invece un disturbo neurobiologico a forte componente genetica. uttavia non bisogna tralasciare l’importanza del vissuto emotivo di questi bambini. requentemente i bambini con Autismo provano intense emozioni nella vita di tutti i giorni, nel rapporto con la realtà, che spesso è estremamente frustrante a causa del disturbo dell’interazione sociale.

mozioni, aspettative, desideri, bisogni di protezione, sicurezza, affetti, non sono differenti da quelli provati da altri bambini, anche se la difficoltà di comunicazione pu generare più spesso ansia e disturbi depressivi che finiscono per sovrapporsi alle altre difficoltà della persona.

DISTURBI COMPORTAMENTALI

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Le persone con Autismo che non riescono facilmente a comunicare i propri vissuti fisici ed emotivi, vanno spesso incontro a disturbi gravi del comportamento. Possono essere frequenti momenti di estrema agitazione, e anche comportamenti autolesionistici e aggressivi. L’aggressività verso gli altri non è una caratteristica diagnostica delle persone con Autismo, ma può essere presente nelle persone che non vengono aiutate a comunicare adeguatamente e ad apprendere abilità funzionali. I comportamenti problematici possono sostituire comunicazioni funzionali non possibili per la persona, oppure avere una funzione “autoregolatoria”. Spesso i disturbi del comportamento nascono da bisogni e desideri inespressi o malesseri fisici (sete, fame, dolore, caldo/freddo, eccessivo rumore, ecc.) che vanno riconosciuti tempestivamente dagli adulti di riferimento e risolti in modo soddisfacente, nelle persone che non sono in grado di esprimere altrimenti tali bisogni. Per questo motivo è così importante insegnare alle persone autistiche adeguate abilità comunicative. Il disturbo del comportamento può nascere anche da situazioni sociali complesse, quali la richiesta di compiti troppo difficili o comunque non in linea con le capacità e con le motivazioni intrinseche al compito stesso, ai quali il bambino si oppone fermamente. Anche la mancanza di attività gratificanti con conseguente noia e vissuto di isolamento e deprivazione sociale può determinare nel bambino comportamenti di richiesta di attenzione, espressi però con modalità inadeguate. I disturbi del comportamento rappresentano spesso la problematica che, più di altre, influisce negativamente sulla qualità della vita della famiglia.

RITARDO MENTALE L’Autismo è compatibile con un quoziente intellettivo (Q.I.) nella norma e la conoscenza del disturbo si è sviluppata proprio grazie agli studi di persone ad alto funzionamento intellettivo, alcune delle quali sono

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diventate docenti e scrittori, riuscendo a descrivere dettagliatamente la loro esperienza autistica.Peraltro, le persone con Autismo possono mostrare un’estrema difficoltà ad indirizzare l’attenzione e l’interesse verso attività che consentano un costante e proficuo percorso di apprendimento e di autonomia. Proprio per questo solo il 30% persone autistiche diagnosticate riesce a raggiungere un quoziente intellettivo nella norma (Q.I. > 70), mentre la maggior parte presenta un ritardo mentale, più o meno grave, quasi sempre secondario al deficit di interazione sociale e di comunicazione. Inoltre, una piccola parte dei casi presenta un danno neurologico primario o una malattia genetica di per sé portatrice di ritardo mentale.

DISTURBI DI APPRENDIMENTO Anche i bambini con Autismo con intelligenza nella norma, definiti ad “alto funzionamento” intellettivo, presentano spesso difficoltà di apprendimento a causa della disomogeneità dello sviluppo ed in particolare a causa delle particolarità nelle funzioni neuropsicologiche quali l’attenzione, la memoria di lavoro, la comprensione semantica e sintattica, le capacità di astrazione e di logica. Le acquisizioni scolastiche, soprattutto la comprensione del testo e la risoluzioni di problemi matematici, possono essere difficoltose anche nei bambini con quoziente intellettivo nella norma e con linguaggio verbale, mentre viceversa non è rara una buona acquisizione della letto-scrittura e del calcolo.

CARATTERISTICHE IN ETÀ EVOLUTIVA

Le cause dell’autismo sono tutt’oggi sconosciute poiché vi sono complessi rapporti eziologici tra vari fattori di rischio che non permettono

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attualmente spiegazioni lineari tipo causa-effetto. La ricerca ha dimostrato il ruolo dei (elevato tasso di ereditabilità del disturbo dello pettro Autistico con una stima che varia dal 37% al

0%, sulla base del tasso di concordanza tra i gemelli), ma anche dei (età avanzata dei genitori, basso peso alla nascita e

esposizione del feto al valproato) e delle complesse interazioni gene-ambiente. Ad oggi la prevalenza dei SA negli Stati Uniti e in altri paesi nei quali sono stati effettuati rigorosi , risulta molto più frequente di quanto si pensasse 0 anni fa e si avvicina all’ % della popolazione.Il disturbo autistico non presenta inoltre prevalenze geografiche e o etniche ma preferisce i maschi in misura di 3 o volte superiore rispetto alle femmine, ad ulteriore dimostrazione dell’importanza del ruolo della genetica. Le caratteristiche comportamentali iniziano ad essere evidenti nella prima infanzia con insolite modalità di comunicazione (sia recettiva che espressiva), sviluppo atipico dell’interazione sociale, scarsi interessi sociali, modalità di gioco stravaganti e sviluppo del linguaggio ritardato. Nel corso dello sviluppo, i comportamenti stravaganti e ripetitivi diventano più evidenti cos come gli interessi ristretti. La sintomatologia si accentua negli anni successivi, anche se pu verificarsi un miglioramento nella tarda infanzia, seguito spesso da un peggioramento durante l’adolescenza. In questo periodo possono anche verificarsi miglioramenti inaspettati, con maggiore disponibilità sociale e maggiore consapevolezza della propria situazione ma spesso persistono problemi comportamentali quali la resistenza al cambiamento, compulsioni, comportamenti sessuali inaccettabili, crisi di rabbia, aggressività e o comportamenti di autolesionismo. Un altro aspetto significativo dell’evoluzione del disturbo autistico in età adulta è la permanenza di un comportamento poco autonomo o comunque generalmente marcatamente inferiore al livello intellettivo anche tra coloro che presentano livelli cognitivi alti.

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Solo una ristretta percentuale di soggetti con Autistic riesce a raggiungere un’autonomia personale e sociale al termine dell’età evolutiva. La prognosi delle persone con SA associato a disabilità intellettiva è quasi sempre negativa in termini di autonomia personale e sociale, mentre nel caso di persone con SA senza disabilità intellettiva (circa il %), un migliore sviluppo dell’autonomia personale e sociale è possibile, anche se solo circa il 5% raggiunge un’effettiva e completa indipendenza. eneralmente si tratta di persone con linguaggio e capacità intellettive nella media associato ad ambienti di vita favorevoli ed in grado di sviluppare gli interessi e le capacità.Peraltro, è ancora aperta la discussione sul rapporto fra le caratteristiche con le quali si presenta l’Autismo nel bambino piccolo (in particolare la presenza di una regressione dello sviluppo piuttosto che l’arresto), le caratteristiche del trattamento (ad esempio precoce ed intensivo), e la loro relazione con la maggiore o minore capacità di adattamento ed autonomia in età adulta.

autonomia in età adulta.

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fattori prognostici favorevoli oltre l’assenza di disabilità intellettiva e di

compromissione del linguaggio, sono l’assenza di comorbilità fisiche e psichiche e l’aver effettuato un trattamento globale, intensivo e continuativo, volto a favorire il massimo sviluppo delle competenze compromesse dal disturbo con l’adozione precoce di metodologie specifiche per i . lteriori fattori positivi vengono considerati anche le buone competenze relazionali ed empatiche e la flessibilità cognitiva, per cui, attualmente, l’intervento si focalizza precocemente sul miglioramento delle capacità legate all’attenzione congiunta e dei comportamenti prosociali ed interattivi.

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ifficoltà di comunicare sia verbalmente che a gesti ifficoltà a leggere i sentimenti e desideri altrui ifficoltà a esternare i propri sentimenti ifficoltà di attenzione sociale o condivisa ifficoltà di riconoscimento delle espressioni facciali isturbo della regolazione degli stimoli ambientali ifficoltà di immaginazione ifficoltà nell’imitazione ifficoltà nella simbolizzazione ifficoltà nei giochi di finzione isturbo dell’intelligenza sociale isturbo degli interessi con attività ripetitive isturbo generalizzato e pervasivo isturbo con espressioni e profili molto differenti isturbo che dura tutta la vita ma con possibilità di miglioramento

locco psicologico hiusura in se stessi con mancanza di desiderio di comunicare na patologia causata dall’ansia o dagli affetti na reazione al mancato amore materno atologia da cui si guarisce dopo l’infanzia isturbo immutabile e non curabile

a domanda che ogni genitore si pone è quale intervento . a risposta a

questa domanda non è semplice, per diversi motivi legati all’organizzazione

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dei servizi, ma anche perch le particolarità di ogni persona dello pettro rendono l’argomento molto complesso. n effetti, quando si considerano sia i sintomi sia le abilità di diverse

persone, si osserva una variabilità tale da far ritenere impossibile l’identificazione di una modalità “unica” di aiuto, ovvero di un intervento che vada bene per tutte le diverse persone dello pettro. Nonostante le difficoltà, oggi c’è una piena consapevolezza che l’intervento, meglio se precoce, è necessario. Per cercare di rispondere alle richieste dei genitori, è possibile ricorrere alle evidenze cliniche, che indicano gli interventi al momento sottoposti a sperimentazioni controllate e maggiormente promettenti, come la formazione ai genitori, o arent Training, il Denver Model o l’Early Start Denver Model, l’intervento comportamentale e cognitivo e le modalità di intervento psicoeducativo ispirate al programma ( , ).

importante ricordare che gran parte delle problematiche legate all’ utismo dipende non solo dalle caratteristiche della persona, ma anche dall’inadeguatezza del sistema educativo e comunicativo nella quale la persona è inserita. Parte dell’educazione dovrà quindi essere diretta alla persona, e una parte, uguale se non maggiore, ai caregiver, ovvero a coloro che si occupano dei bambini, nonch al gruppo sociale nel quale la persona è inserita. infatti necessaria la reciprocità e l’“adattamento nei due sensi”. L’intervento psicoeducativo rappresenta la modalità di trattamento a disposizione di insegnanti, educatori, riabilitatori e genitori che ha mostrato, nei decenni, la maggiore solidità. i ispira ad alcuni solidi principi, ovvero all’individualizzazione, alla flessibilità, al coinvolgimento di tutti i caregiver e in particolare dei familiari, al rispetto della persona e della sua famiglia, all’adattamento dell’ambiente fisico e relazionale alle caratteristiche della persona, all’adozione di modalità di intervento di rete, ispirate agli approcci cognitivi e comportamentali.

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l miglioramento delle capacità di comunicazione costituisce una finalità fondamentale dell’intervento. lcune persone con utismo hanno linguaggio verbale, ovvero, parlano, mentre altre non lo fanno. Negli ultimi anni si assiste ad un aumento percentuale delle persone con utismo “parlanti”, soprattutto fra i piccoli precocemente diagnosticati e trattati. Le particolarità presenti nell’area della comunicazione, non si limitano alle difficoltà nel linguaggio verbale, ma coinvolgono tutto l’ambito comunicativo. Per questo motivo, le persone con le caratteristiche dello Spettro Autistico necessitano di aiuto per il miglioramento di tutte le componenti sociali e comunicative, a partire dalle pi semplici, come prestare attenzione all’interlocutore, per arrivare alle pi complesse, come cogliere significati impliciti durante le conversazioni. Per le persone che non comprendono o non utilizzano il linguaggio parlato, sono state adottate con successo modalità di “comunicazione aumentativa” che aiutano la persona ad anticipare e comprendere gli eventi, cos come ad esprimere preferenze e necessità, in maniera semplice e concreta, generalmente attraverso una visualizzazione dei diversi contenuti comunicativi. Le modalità aumentative sembrano essere anche un buon mezzo per favorire lo sviluppo del linguaggio verbale orale in alcuni gruppi di bambini.

n aspetto fondamentale per la buona qualità della vita delle persone con utismo e dei loro familiari, riguarda il coinvolgimento degli educatori

“naturali”, ovvero degli insegnanti e dei genitori, e la sensibilizzazione del tessuto sociale alla comprensione dell’ utismo “dall’interno”. genitori del bambino vanno aiutati a rispondere alle particolarità dell’ utismo. Sono proprio i genitori le persone che meglio possono creare il clima adatto ad una reale comprensione delle caratteristiche della persona con utismo da parte del gruppo sociale.Le basi per l’intervento psicoeducativo dovrebbero essere poste anche in ambito scolastico, a partire dalla scuola materna. L’integrazione scolastica

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non dovrebbe fermarsi al trasferimento di abilità cognitive e curricolari, comunque fondamentali per la crescita di ogni bambino, n a “collocare” semplicemente il bambino con utismo all’interno del gruppo di coetanei. La scuola dovrebbe rappresentare il primo luogo di crescita del bambino, dopo quello domestico, e occupare un posto speciale nella rete di interventi intorno al bambino stesso dovrebbe occuparsi anche di garantire all’alunno con utismo la formazione di una buona autostima e di quelle competenze che dovrebbero servirgli, una volta adulto, ad integrarsi concretamente nel tessuto sociale, come le abilità di autonomia personale e l’avviamento al lavoro.Per raggiungere questi obiettivi, come si è detto, l’intervento scolastico non potrà essere mirato solo al bambino con utismo, ma dovrà puntare a far comprendere le sue caratteristiche, ovvero a far cogliere l’ utismo “dall’interno” al gruppo sociale del bambino stesso.La possibilità di effettuare un’attività lavorativa produttiva, insieme ad una buona condizione abitativa ed alla possibilità di gestire il proprio tempo libero, è una delle condizioni da prevedere in maniera prioritaria per la maggior parte degli adulti. La maggior parte delle persone autistiche pu lavorare. L’educazione al lavoro è cos importante che le abilità di lavoro indipendente vengono incluse nei programmi ispirati agli approcci cognitivi e comportamentali fin dall’inizio della frequenza scolastica.

li approcci cognitivi e comportamentali ai disturbi dello sviluppo assumono generalmente un’ottica funzionale, ovvero un’ottica che mira all’acquisizione di abilità funzionali, “spendibili” in età adulta per la maggiore indipendenza possibile della persona. uello che appare importante, dunque, per le persone dello Spettro Autistico e per le loro famiglie, è che venga garantita una buona qualità della vita, gli stessi diritti di tutti e un rispetto speciale per loro caratteristiche, ormai non pi cos invisibili come fino ad alcuni anni fa.

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IL TRATTAMENTO GLOBALE DELLE PERSONE CON ASD

L’ utismo non è definito a caso come un disturbo “pervasivo”, in quanto compromette il funzionamento globale del soggetto, ed è presente ore su . Ne consegue perci che anche l’intervento deve essere quanto pi possibile “pervasivo”, ovvero presente in tutti i momenti della vita della persona.

La finalità del progetto terapeutico è quella di favorire l’adattamento del bambino con utismo al suo ambiente, nel modo migliore possibile in rapporto alle sue specifiche caratteristiche. n ultima analisi, si tratta di garantire una soddisfacente qualità di vita alla persona ed all’intero sistema famiglia e del sistema società. Per realizzare questo adattamento in modo ottimale, è necessario fare un doppio lavoro sia migliorare le capacità del soggetto, sia modificare le caratteristiche dell’ambiente in cui vive.

d esempio, stabilire aree dedicate, visivamente segnalate e coerenti con le varie attività permette al bambino di identificare le attività che si svolgono in quel determinato luogo. Tale accorgimento oltre a migliorare la comprensione relativa alle richieste ambientali, permette anche una maggiore prevedibilità rispetto ad esse. edi ig.

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n ulteriore accorgimento è la riduzione degli stimoli distraenti e non

pertinenti alle attività di apprendimento. hiarificare l’ambiente significa ridurre l’ansia e prevenire i problemi di

comportamento e questo garantisce una base ancora pi solida per l’apprendimento.

nche le caratteristiche sensoriali del soggetto sono da tenere in considerazione nella predisposizione dell’ambiente di lavoro. d esempio, un soggetto con ipersensibilità uditiva pu apprendere soltanto in un ambiente predisposto per ridurre al minimo quelle fonti di suono che non sono pertinenti alle attività di apprendimento.

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Fig. 1 Struttura degli ambienti Un ulteriore accorgimento è la riduzione degli stimoli distraenti e n

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ltre ad una strutturazione dello s azio le ersone con utismo traggono antaggio da una strutturazione del tem o organizzata in modo da rendere re edibile ad esem io l inizio e la ine di un atti it . olto utili a uesto ro osito sono gli sc emi della giornata e di la oro si

tratta di agende in cui una serie di oggetti otogra ie disegni o arole scritte a seconda delle abilit del soggetto ermettono di ar isualizzare al soggetto la successione rogressi a delle atti it della

giornata.

on esiste comun ue una cura de initi a er l utismo e gli unici inter enti la cui e icacia sia sostenuta dall e idenza scienti ica sono gli inter enti di ti o sicoeducati o e riabilitati o e in una certa misura alcuni inter enti di ti o armacologico.

Gli interventi devono essere condotti secondo alcuni criteri ational esearc ouncil 1

• i bambini de ono a ere accesso all inter ento in et recoce non a enasussista il orte sos etto di diagnosi di utismo • il programma do rebbe essere intensi o con un im egno di almeno oresettimanali al momento non ci sono e idenze c e indic ino c e er tutte le ersone con utismo esista la stessa soluzione.

• l’intervento deve essere basato su un programma educativo riabilitati oindi iduale c e nasce da una alutazione globale del soggetto • a partire dal profilo di punti di forza e unti deboli del soggetto neengono s ilu ate le otenzialit er com ensarne le di icolt

• le famiglie e gli insegnanti devono essere attivamente coinvoltinell e ettuazione del rogramma • gli obiettivi di intervento, pur essendo diversi per ogni soggetto de onointeressare le aree c ia e della comunicazione socializzazione e del com ortamento adatti o

• il piano educativo deve preparare il soggetto alla vita adulta, e prevedere

• il programma deve prevedere periodiche valutazioni e aggiustamenti del

• E’ necessario che gli obiet

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• l’intervento deve essere basato su un programma educativo i o

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• le famiglie e gli insegnanti devono essere attivamente coinvolti

• gli obiettivi di intervento, pur essendo diversi per ogni no el

• il piano educativo deve preparare il soggetto alla vita adulta, e prevedere rogrammi mirati alla generalizzazione e al mantenimento delle abilit

ac uisite • il programma deve prevedere periodiche valutazioni e aggiustamenti del iano educati o riabilitati o

U SS S

• l trattamento de e essere mirato e indi idualizzato sulla base del li ello di s ilu o del bambino al momento dell’elaborazione del rogramma uindi sul suo eculiare ro ilo con i suoi unti di orza e di debolezza

• L’intervento deve essere preceduto da una valutazione accurata del bambino c e indi idui il li ello di s ilu o e le com etenze emergenti nelle arie aree

• a alutazione del bambino de e utilizzare onti multi le di conoscenza osser azioni collo ui genitori uestionari ideo ecc.

• li inter enti de ono essere ortati in ogni ambito della ita del bambino se si ogliono ottenere cambiamenti stabili e generalizzati

• e igure di accudimento de ono essere coin olte atti amente nel rogramma tera eutico in uanto il loro ruolo è essenziale er romuo ere lo s ilu o sicologico.

• E’ necessario che gli obietti i del trattamento acciano ri erimento alle attuali conoscenze dello s ilu o sociale e della necessit di a rendimento in condizioni naturali e ratic e iuttosto c e sessioni di a rendimento seriali.

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• La motivazione all’interazione gli aspetti emotivi sottostanti l’intenzionalit comunicativa il coinvolgimento reciproco la condivisione con l’altro sono aspetti centrali della terapia

• L’intervento deve essere il pi precoce possibile • l trattamento deve essere globale e generalizzato a partire dalle

di icolt peculiari e ualitative dell’interazione sociale e della comunicazione verbale e non verbale del gioco simbolico dell’imitazione spontanea

• l ine ultimo del trattamento il miglioramento della ualit della vita del bambino e della sua amiglia in termini di adattamento all’ambiente e di autonomia personale e sociale

L L’ L L n considerazione delle di icolt speci ic e dei bambini e ragazzi con utismo risulta particolarmente importante x la r o ar t e la r t o t to all’interno del uale si

vanno ad attivare le esperienze del bambino x la o r a la ta t e la o t u t degli atteggiamenti delle

igure c e si rapportano al bambino x l’uso di a ro u at att t o trutturato

comun ue inseriti nell’ambito di una dimensione relazionale c e aiuti il bambino a cogliere il piacere dell’interazione

La selezione degli obiettivi individuali di apprendimento varia invece da soggetto a soggetto a seconda del pro ilo ottenuto durante la valutazione come previsto dal successivo alla legge del

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1992, avente per oggetto "Atto indirizzo e coordinamento relativo ai compiti delle Unità Sanitarie Locali in materia di alunni portatori di handicap". Specificamente in quattro diversi articoli esso considera: l'individuazione di un allievo in situazione di handicap, la Diagnosi Funzionale che ne descrive lo stato psicofisico, il Profilo Dinamico Funzionale che dovrebbe descrivere il livello di sviluppo che si prevede nell'arco di uno o due anni scolastici, il Piano Educativo Individualizzato (P.E.I.), cioè il documento che deve contenere il panorama degli interventi. E’ importante che tali documenti vengano stilati da personale esperto nella valutazione e nel trattamento degli alunni con Autismo in collaborazione con la scuola e la famiglia. Lavorare su un obiettivo troppo ambizioso per le capacità del soggetto significa sottoporlo costantemente ad una grande frustrazione. E’ quindi indispensabile determinare il livello di prestazione del soggetto, sulla base delle sue competenze in ogni singola area e collocare a quel livello le nostre aspettative e i nostri obiettivi. Inoltre, nella scelta degli obiettivi non deve mai essere persa di vista la prospettiva evolutiva: non possiamo, infatti, insegnare determinate abilità senza rispettare la gerarchia di complessità con cui tali abilità si sviluppano nello sviluppo tipico. Ad esempio, solo la presenza di abilità comunicative preverbali può sostenere l’apprendimento del linguaggio per comunicare. Infine, nella scelta degli obiettivi bisogna prevedere delle attività che mettano in grado il soggetto con Autismo di sperimentare un successo, lavorando in questo modo sulla sua autostima e sulla sua autoefficacia.

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ELLA P A I A: P E A E U I E E L’intervento educativo nell’Autismo non deve essere lasciato al caso. li obiettivi vanno scelti sulla base della valutazione, condivisi, attentamente ed esplicitamente definiti.

orta a a a uta o La valutazione La modalità di valutazione utile ad elaborare un progetto di intervento psicoeducativo è quella funzionale . In Italia sono disponibili diversi strumenti di valutazione funzionale. eneralmente vengono utilizzati nell’ambito dei servizi di neuropsichiatria infantile. Durante la somministrazione di molti test come per esempio il PEP è possibile osservare, quelle che Schopler e esibov definiscono abilità emergenti riferendosi ai compiti che i bambini con Autismo sono in grado di svolgere solo con un aiuto da parte dell’esaminatore.

ueste abilità sono un ottimo punto di partenza, perch ci permettono di lavorare sullo sviluppo di una potenzialità già presenti nel bambino in modo da collocare l’intervento all’interno di quella che gots definisce zona di sviluppo prossimale . Al termine di una buona valutazione funzionale (che deve essere effettuata insieme ad altre misure valutative e diagnostiche) la famiglia dovrà ricevere una relazione in cui vengono indicate le abilità acquisite dal bambino e le abilità emergenti o potenziali. Le abilità acquisite riguardano tutte quelle attività che il bambino è in grado di eseguire del tutto autonomamente, mentre le abilità emergenti o potenziali riguardano quelle attività che il bambino esegue con aiuto, oppure parzialmente, o che non sono ancora generalizzate, ovvero che non

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vengono eseguite con chiunque, in qualunque ambiente e in qualunque occasione. Le abilità acquisite forniranno la base per l’intervento, mentre quelle potenziali ne costituiranno gli obiettivi. Esiste anche una terza possibilità di risultato, in una valutazione funzionale, ovvero è possibile che una specifica abilità risulti non acquisita, o fallita. Le abilità non acquisite o fallite vengono tenute presenti, ai fini dell’intervento educativo, solo perché è in genere necessario costruire i prerequisiti a quelle abilità. L’osservazione informale dell’insegnante e dell’educatore è, quindi, un momento fondamentale per iniziare la programmazione educativa e didattica e per la verifica del percorso dell’insegnamento individualizzato. Una buona valutazione è, dunque, quella che fornisce indicazioni per l’intervento ed è in effetti la prima componente, in ordine temporale, della programmazione. La valutazione deve essere in grado di fornire informazioni dettagliate e obiettive (non sono consentite interpretazioni!) sulle competenze a volte molto differenti, nelle varie aree dello sviluppo dal singolo bambino. Gli scopi della valutazione sono diversi. La valutazione serve a comprendere: da dove iniziare l’intervento educativo; a cosa mirare (ovvero: quali sono gli obiettivi); come intervenire (ovvero: a quali aiuti o altre modalità di intervento è sensibile la persona) e se si sta andando nella giusta direzione (ovvero: verificare il lavoro). Sarò l’insegnante di un bambino con Autismo! Da dove comincio?

en i in o azioni ul a ino: ..parla con i suoi genitori e con i suoi insegnanti degli anni precedenti… .. chiedi ai genitori di poter leggere le relazioni che sono state fatte… .. chiedi ai genitori di parlare con chi lo segue professionalmente…

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e va il a ino (vedi ig ) prima che venga inserito nella classe mentre interagisce con persone che da tempo si occupano di lui e cerca di prevedere:

ig. osservare il bambino

.. come comunicherete .. cosa farete insieme… n base alle informazioni in tuo possesso, e a a l a iente, fisico e

relazionale: .. il pi possibile gradevole per lui .. il pi possibile adatto a lui

uando cominci ad interagire con lui, non e a lo subito di richieste, ma non lasciarlo neppure solo con se stesso.

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La valutazione deve essere in grado di definire le reali necessità, cioè i bisogni speciali educativi di ciascun bambino e ragazzo con Autismo, per attivare successivamente tutte le risorse necessarie. Elaborare un percorso didattico ed educativo individualizzato in situazioni cos complesse, comporta una grande collaborazione tra insegnanti, famiglia ed operatori sanitari. La formulazione della Diagnosi unzionale e soprattutto del rofilo Dinamico unzionale e del iano Educativo ndividualizzato come previsto dalle normative per l’integrazione scolastica degli alunni in difficoltà, comporta in questi casi un lavoro condiviso e sistematico tra scuola, famiglia e mondo sanitario.

o alit i valutazione L o e vazione in i etta

Una prima modalità di raccolta dati consiste nel parlare con chi si occupa quotidianamente della persona, ad esempio i genitori o i familiari, ma anche gli insegnanti e le altre figure educative, raccogliendo e scambiando le informazioni relative ad alcuni comportamenti. l colloquio con queste persone di riferimento, che vengono definite caregiver , ovvero coloro che si prendono cura dell’alunno, ha gli

obiettivi di ottenere informazioni preliminari sul bambino, adolescente o adulto seguito, e di conoscere quali sono gli aspetti delle abilità di autonomia che maggiormente interessano i caregiver stessi. Un ulteriore obiettivo consiste nel condividere con tali figure i risultati ottenuti e le informazioni relative alle possibilità di intervento, per creare una alleanza e massimizzare le possibilità di successo del lavoro educativo.

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Nel colloquio verranno richieste numerose informazioni, che andranno poste in relazione all’età cronologica della persona di cui si sta parlando. Questo significa che le domande riguarderanno le attività attese per l’età cronologica, e non quelle relative ad età successive (ad esempio non va chiesto ai genitori di un bambino di tre anni se sa fare acquisti da solo). Le domande andranno elaborate facendo riferimento alle categorie di autonomia di base ed integranti (alimentazione, controllo sfinterico, igiene personale, vestirsi e svestirsi, addormentamento e sonno, orientamento nell’ambiente, uso dell’orologio, uso del calendario, uso del telefono, uso del denaro, cura del luogo di vita, mobilità nella comunità, uso dei servizi, abilità prelavorative…). La persona che effettua il colloquio esplorerà ognuna delle abilità comprese nell’area delle autonomie e/o delle abilità integranti, partendo da un copione generico e approfondendo progressivamente attraverso informazioni più specifiche. Centrare la propria indagine sul “come” una attività viene svolta, aiuta chi fa il colloquio a cogliere la qualità del comportamento e ad orientare meglio sia i successivi passi valutativi sia l’attività educativa, evitando le possibili incomprensioni con i caregiver. È frequente, ad esempio, che la difficoltà a comunicare (es: la difficoltà a chiedere qualcosa o a richiedere aiuto) possa essere confusa con la capacità di fare qualcosa da soli. Ad esempio “prende l’acqua da solo quando ha sete” può essere considerata un’autonomia ma anche, se la persona non possiede alternative, una difficoltà comunicativa. Per l’intervista, si può procedere utilizzando, in maniera più o meno formale e completa, alcune tracce già esistenti, come quelle contenute in diversi strumenti in commercio. Di seguito viene suggerito l’uso di alcuni di questi strumenti tradotti in italiano. Per i bambini molto piccoli, fino a 4 anni e mezzo, può essere usata la Scala di Valutazione dell’ESDM Early Start Denver Model (Rogers, Dawson, 2010) relativamente alle domande sull’autonomia; per quanto

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riguarda la fascia d’età prescolare può essere utilizzato il test Portage, Area Autonomia, ( appella, 1 ); mentre il Questionario ai genitori del PEP , Profilo Psicoeducativo erza Edizione, Scala Autonomia Personale, (Schopler, Villa, Micheli, 200 ), può essere utilizzato per bambini fino ai sette anni circa.

no strumento dedicato specificamente a adolescenti e adulti l’AAPEP Profilo Psicoeducativo per Adolescenti e Adulti, di cui attualmente disponibile in italiano una forma “evoluta” e rivista, denominata AP ovvero “ ransitional est”, (Mesibov et al, 2010). l AP contiene due scale di intervista (ai familiari e agli operatori che lavorano con la persona) che comprendono l’area dell’autonomia personale. L’osservazione diretta non strutturata È opportuno far seguire, alla raccolta di informazioni ottenute con il colloquio, un’osservazione diretta delle abilità di autonomia della persona.

ale prima osservazione, quando viene eseguita senza test o strumenti formali, viene definita “non strutturata” ovvero “informale”. Per osservare una singola persona relativamente ad una determinata abilità, in genere necessario identificare il momento in cui essa verrà esercitata ed osservare la persona mentre compie le specifiche azioni relative all’abilità. Queste azioni verranno scritte su un diario o riportate in forma scritta con altre modalità ad esempio su apposite schede. Verrà registrato ciò che la persona fa, in che condizioni lo fa, e quali aiuti gli sono necessari. (vedi ig. )

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ig. sservazione diretta non strutturata

Per procedere con l’osservazione diretta fondamentale preparare opportunamente l’ambiente, in modo che esso offra occasione di osservare le abilità di autonomia. L’ambiente potrà essere quello naturale della persona (bambino, adolescente o adulto), come la sua abitazione o la scuola, oppure quello “artificiale” come un ambulatorio. nizialmente, necessario lasciare che la persona che si sta osservando

possa comportarsi cos come fa in genere in quella situazione, e solo successivamente apportare delle modifiche alla situazione stessa,

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fornendo gli aiuti necessari, affinch la persona si mostri maggiormente capace. l primo aiuto che viene prestato generalmente quello verbale, in quanto il meno “invasivo” e il più “naturale”, ovvero quello che viene

solitamente utilizzato in maniera spontanea dagli educatori con i bambini neurotipici. Se l’aiuto verbale non sembra efficace, ovvero, se la persona non risponde in un tempo ragionevole, si suggerisce di provare ad aiutare gestualmente.

na volta definito il livello di aiuto, sarà più chiaro il modo in cui procedere alla stesura della programmazione: si partirà dall’aiuto a cui la persona sensibile, per ridurlo gradualmente. ndividuare il livello di aiuto necessario forse la parte più complessa

della valutazione, ma anche la più importante. n questo senso, l’assessment si compie all’interno di una interazione, in cui le informazioni che si ottengono dalle proposte che vengono rivolte, modificano costantemente le richieste. Le diverse prestazioni della persona verranno poi considerate come “acquisite”, nel momento in cui la persona esegue una attività in maniera autonoma; come “potenziali” o “emergenti”, nel momento in cui ha bisogno di aiuto; “non acquisite” o “fallite” nel momento in cui, nonostante l’aiuto, l’esecuzione non riesce. l modo in cui si interagisce con la persona che si sta osservando dovrà

essere molto chiaro e codificato: bene che il bambino o l’adulto non sia anticipato dall’aiuto, e, in questa fase, che non gli venga impedito di commettere eventuali “errori”, poich occorre raccogliere informazioni anche su questi. uttavia, importante, appena scoperto un eventuale “errore”, (ad es. un errore nella sequenza: il bambino si asciuga le mani senza risciacquarle) correggerlo rapidamente, poich le persone con Autismo in genere non imparano sbagliando, ma, al contrario, possono imparare proprio l’errore, e riproporlo ogni volta che giungono ad un

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determinato punto della sequenza, mostrando una certa difficoltà aadattarsi poi ad una esecuzione differente. Per questo motivo, sarà bene, in seguito, adottare modalità di insegnamento / apprendimento cosiddette “senza errori”.

Nell’ambito degli strumenti che analizzano gli aspetti legati alla valutazione delle abilità di autonomia, è possibile fare riferimento anche alla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF – CY Versione per bambini e adolescenti) (OMS, 2007). L’ICF rappresenta la versione definitiva e approvata a livello mondiale della Classificazione Internazionale delle Menomazioni, delle Disabilità e degli Handicap (ICIDH). Non è una classificazione che riguarda soltanto le condizioni delle persone affette da particolari anomalie fisiche o mentali, ma è applicabile a qualsiasi persona che si trovi in qualunque condizione di salute, quando si presenti la necessità di valutarne lo stato a livello corporeo, personale o sociale. Si tratta, inoltre, di una vera e propria rivoluzione del concetto di disabilità, che tiene conto per la prima volta di fattori contestuali e ambientali. L’ICF, quindi, permette di codificare un’ampia gamma di informazioni relative non solo alla salute della persona, ma anche al suo funzionamento (l’insieme delle funzioni corporee, le attività e la partecipazione alle stesse) e all’eventuale presenza di disabilità (insieme delle menomazioni fisiche, limitazioni dell’attività e le restrizioni alla partecipazione). Attraverso l’uso di un linguaggio standardizzato ed universalmente condiviso, l’ICF non fornisce una diagnosi, bensì un profilo di funzionamento della persona. Rispetto alle abilità di autonomia, che riguardano lo sviluppo del bambino e dell’adolescente, nell’ICF vengono individuate numerose funzioni, nei vari

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domini. In particolare, le abilità di base sono presenti nel dominio “Cura della propria persona”, mentre le abilità integranti vengono prese in considerazione nei domini “Mobilità”, “Aree di Vita Fondamentali” e “Vita Domestica”. L’ICF non è un test di valutazione e non fornisce direttamente degli obiettivi per il trattamento, ma pu essere considerato uno strumento per un inquadramento delle abilità di autonomia, che migliora la consapevolezza degli operatori rispetto alle aree e alle “funzioni” su cui intervenire.

L’analisi del compito L’analisi del compito è di importanza fondamentale per i passi successivi della programmazione. Attraverso l’analisi del compito è possibile individuare i prerequisiti per compiere un’azione e stabilire la successione dei passi dell’intervento. Sarà possibile, inoltre, valutare in maniera molto precisa in quale componente dell’azione la persona ha bisogno di un

particolare tipo di aiuto. (vedi Fig. )

A

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Conoscere in dettaglio la prestazione della persona, per le diverse componenti del compito, serve a sapere in quale punto della sequenza sarà necessario intervenire la persona potrebbe essere in grado di eseguire una o pi componenti del compito e non essere in grado di eseguirne altre. Per fare un esempio, se si afferma che un bambino “non è in grado di togliersi la giacca”, ci si può riferire al fatto che il bambino non sa sbottonare la giacca, mentre lo stesso bambino potrebbe saper sfilare un braccio dalla manica, far scivolare la giacca dalle spalle e appenderla. Le performance possono essere codificate attraverso tre livelli di esecuzione riuscito (o acquisito) non riuscito (o non acquisito) emergente

La scelta degli obiettivi Le informazioni ottenute dalla valutazione funzionale verranno utilizzate come segue. Le abilità acquisite verranno utilizzate per

x organizzare l’ambiente e le attivitàx abbassare lo stress, migliorare la motivazione e la

collaborazionex chiarire le richiestex indurre routine di autonomia o di lavoro

Le abilità emergenti verranno utilizzate, invece, per definire gli obiettivi. Verranno pertanto trasformate in obiettivi della programmazione. Se si dispone anche di una lista di abilità non acquisite, prossime a quelle emergenti, queste, insieme alle emergenze, possono essere utilizzate per definire le attività di lavoro prerequisite alle abilità di autonomia. La modalità con cui si formulano gli obiettivi, deve essere estremamente operativa e verificabile, ovvero chiunque legga l’obiettivo deve poter comprendere a quale comportamento ci si sta riferendo.

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al momento che non è possibile lavorare su “tutto”, è necessario stabilire delle priorità nella scelta degli obiettivi a priorità di lavoro deve essere accordata agli obiettivi che presentano le seguenti caratteristiche

x appaiono maggiormente motivanti oppure sono uelli raggiungibilicon maggiore facilità, in modo che si crei un’alleanza educativa eche l’alunno abbia un senso di autoefficacia

x hanno un maggior valore ecologico e sono spendibili nell’ambientex sono uelli segnalati come maggiormente rilevanti per i genitori e

da coloro che vivono a stretto contatto con la persona

L o ga i a io e dell a bie te isogna tenere presente che ogni persona con utismo ha delle

preferenze sulla base delle sue caratteristiche sensoriali, per cui, se alcune regole possono essere considerate di valore pi generale come organizzare l’ambiente in modo da diminuire le fonti non necessarie di informazioni visive altre sono del tutto individuali ad esempio uelle che riguardano colori graditi o sgraditi e non possono essere tenute presenti per l’organizzazione di ambienti che devono essere fre uentati da pi persone dello pettro A vedi ig

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econdo onna illiams illiams, è utile, da un punto di vista acustico, isolare l’ambiente da distrazioni sonore e suoni non necessari diminuire il riverbero del suono attraverso la scelta dei materiali adeguati mentre da un punto di vista visivo, viene suggerito di evitare alta luminosità e fonti luminose non necessarie, per diminuire il sovraccarico visivo, la possibilità di tagliare fuori visivamente persone e oggetti e le possibilità di distrarsi noltre, sempre rispetto all’input visivo, è possibile tenere presenti alcuni accorgimenti per evitare l’alta luminosità utilizzare, ove possibile, luce naturale evitare lampade fluorescenti mai neon usare superfici opache usare lampade a stelo o a parete usare lampadine a bassa intensità sare lampadine colorate scegliendo il colore

ig organizzazione dell’ambiente

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in base alla persona) consente di diminuire il contrasto di colore senza compromettere la nitidezza degli oggetti. Può essere utile uniformare i colori delle pareti e dei pavimenti (ma facendo in modo che le pareti siano differenti dai pavimenti) ed usare rivestimenti uniformi, ovvero non decorati. Posizionare i mobili (di colore chiaro, diverso da pareti e pavimenti) lungo le pareti può rendere più facile l’attraversamento della stanza. Rispetto all’input tattile, diminuire i contatti fisici non necessari diminuisce lo stress provato dalla maggior parte delle persone nello Spettro rispetto alla prospettiva del contatto fisico. A questo proposito, nell’ambiente fisico bisognerebbe prevedere corridoi, vialetti e altri luoghi di passaggio sufficientemente ampi, mentre da un punto di vista relazionale bisognerebbe segnalare l’intenzione di toccare, specificando dove: il contatto non deve sorprendere o spaventare, e deve “avere senso” anche per la persona dello Spettro. A seconda dell’input che si intende privilegiare per la comunicazione, può essere utile eliminare tutti gli altri non rilevanti, ad esempio riducendo le informazioni tattili o uditive non necessarie, per focalizzare meglio l’attenzione sulle informazioni visive. Diverse persone con Autismo ad alto funzionamento raccomandano di fare uso di informazioni visualizzate. Ciò trova conferma nelle cosiddette buone prassi, fermo restando che la visualizzazione non è la panacea. È forse più utile riferirsi ad un concetto di “chiarezza” se non fosse che i neurotipici, ovvero le persone che generalmente determinano l’intervento, non hanno alcuna percezione di quanto poco possano apparire chiare le loro richieste alle persone dello Spettro. La maggior parte dei programmi per persone con Autismo presta grande attenzione all’uso e alla disposizione dello spazio. Deve essere chiaro: dove si fa cosa e a cosa serve ogni elemento ambientale. Ogni elemento

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dell’ambiente fisico deve essere: riconoscibile, segnalato e dedicato ad una specifica attività (o a più attività, ma in maniera chiara).

n ambiente specificamente organizzato per accogliere persone con Autismo deve considerare particolari esigenze, che indicano rispetto e comprensione delle necessità di coloro che dovranno frequentarlo. Rogers e Da son ( ) ricordano che anche i momenti di transizione devono essere “pensati” attraverso una buona organizzazione degli spazi aula. Come già accennato in precedenza l’apprendimento può avvenire solo in un ambiente favorevole, tanto da un punto di vista fisico quanto da un punto di vista relazionale. La calma, la disponibilità, l’allegria, il rispetto, il calore, la non invadenza, sono importanti variabili ambientali e relazionali: l’ambiente fisico “parla” delle persone che lo abitano e viceversa. Si impara meglio e prima in condizioni di gratificazione e in una “cornice” positiva. L’associazione dell’apprendimento con stimoli avversivi, ovvero soggettivamente sgradevoli, “fissa” l’esperienza, ma attiva il sistema di allarme che contrasta con lo sviluppo cognitivo e con la generalizzazione dell’apprendimento. n pratica: si raccomanda di non sgridare, punire o spaventare i bambini. li stimoli confusivi ed avversivi andrebbero evitati, tanto a livello relazionale quanto a livello fisico. cambiamenti andrebbero mostrati e “pensati” con la mente delle persone che dovranno fruirne. Per disporre una persona all’apprendimento, bisogna preparare l’apprendimento per quella specifica persona, ovvero dedicare del tempo a pensare, progettare, organizzare praticamente lo spazio ed il tempo che quella persona passerà ad apprendere. Le “condizioni” in cui avverrà l’apprendimento sono fondamentali affinch chi apprende scelga di usare quanto ha appreso nella sua esistenza.

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I prerequisiti generali all’apprendimento I prerequisiti attentivi

sistono comportamenti che risultano semplici per le persone neurotipiche quando eseguono un compito, e consistono, essenzialmente, nel prestare attenzione a ciò che stanno facendo: i cosiddetti “prerequisiti generali all’apprendimento”. ssi riguardano l’orientamento attentivo, l’attenzione sostenuta e l’attenzione congiunta. L’attenzione è una abilità indispensabile per l’acquisizione di informazioni, propedeutica quindi alla selezione e all’attuazione di una eventuale risposta. Le persone con Autismo e Sindrome di Asperger, mostrano difficoltà nell’elaborare quelle che, per le persone neurotipiche, sono ritenute informazioni essenziali o salienti. noltre, sembrano prestare minore attenzione “agli aspetti significativi o condivisi in contesti di apprendimento, vale a dire quegli aspetti non definiti in modo esplicito” ( satsanis, , it. , p. ). n effetti, le persone autistiche trovano “essenziali e salienti” particolari

differenti da quelli considerati tali dalle persone neurotipiche, e possono considerare “significativi” alcuni aspetti dell’esperienza percettiva differenti da quelli rilevanti per i neurotipici. Rispetto allo sviluppo neuro tipico, i bambini autistici tendono a non prestare attenzione congiunta, ovvero a non coordinare l’attenzione fra i partner sociali e gli stimoli ambientali. La presenza dei prerequisiti attentivi, brevemente descritti, deve essere verificata prima di iniziare un programma di intervento che preveda l’insegnamento di abilità più complesse e, nel caso in cui si osservino delle difficoltà, va cominciato un programma per lo sviluppo delle capacità attentive.

engono di seguito brevemente analizzate le componenti dell’attenzione e forniti semplici elementi per l’intervento educativo.

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Orientamento agli stimoli spontaneo su richiesta È importante che il bambino sia in grado di prestare attenzione a oggetti, sia spontaneamente sia quando è l’interlocutore a richiederlo. l bambino dovrà ad esempio essere in grado di: fissare spontaneamente gli oggetti posti davanti a lui; seguire con lo sguardo gli oggetti che si muovono a breve distanza da lui; dovrà essere in grado di guardare un oggetto su indicazione gestuale e o verbale dell’operatore (attenzione visiva); dovrà interrompere l’azione o dare segni di interessamento al verificarsi di un suono o rumore nuovo o insolito; voltarsi in direzione del luogo di provenienza di un suono, ecc (attenzione uditiva). Orientamento alle persone spontaneo su richiesta Prestare attenzione alle altre persone costituisce la base cognitiva della maggior parte dei primi apprendimenti, che sono in genere veicolati da un interlocutore. È importante che il bambino sia in grado di prestare attenzione alle persone, sia spontaneamente sia quando è l’adulto a richiederlo. Perch si dica che è presente l’orientamento spontaneo alle persone, è necessario che il bambino sia consapevole della presenza dell’adulto (ovvero: che reagisca alla sua presenza assenza), sia capace di osservarne i movimenti seguendoli con lo sguardo, di guardare le persone negli occhi spontaneamente oppure in seguito a richiesta verbale, ad es. quando l’adulto dice “guardami” (attenzione visiva). l bambino dovrà mostrare di sentire la voce dell’altro nell’ambiente a lui circostante, voltarsi quando viene chiamato per nome, interrompere l’attività quando l’adulto lo richiede (attenzione uditiva). Attenzione sostenuta

on è sufficiente saper orientare soltanto la propria attenzione, occorre anche avere la capacità di mantenere per un tempo prolungato

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l’orientamento verso un determinato stimolo. L’attenzione sostenuta, o “prolungata”, comporta la capacità di mantenere l’attenzione su un determinato stimolo, almeno per il tempo sufficiente a completare un compito.

Attenzione congiunta na caratteristica dell’attenzione, particolarmente difficile per le persone

dello pettro Autistico, riguarda l’attenzione congiunta, o condivisa. ale particolarità può essere spiegata con un diverso orientamento percettivo delle persone con Autismo. i tratta di prestare attenzione a qualcosa insieme a qualcun altro, ovvero di un potente meccanismo adattivo e di trasmissione culturale. L’attenzione congiunta può essere sollecitata esplicitamente dall’interlocutore, che indica qualcosa con il dito, e o guardandola, e o verbalizzando (es: “guarda ) oppure può essere sollecitata non esplicitamente (si immagini un gruppo di bambini che si avvicina a guardare qualcosa in conseguenza al fatto che uno o due bambini si sono avvicinati a guardarla). La risposta all’attenzione congiunta, cos come la possibilità di sollecitarla (ovvero la capacità di richiamare l’attenzione dell’interlocutore su qualcosa di proprio interesse), sono due fondamentali prerequisiti per gli apprendimenti successivi. er sollecitare attenzione congiunta in un bambino con una neurodiversità, va innanzi tutto prestata attenzione ad uno o pi stimoli a cui lui sta dando attenzione, quindi va prima compreso cosa interessante per lui, e poi utilizzato per “agganciare” il bambino.

I prerequisiti motori ltre ai prerequisiti attentivi, necessario che il bambino possieda alcuni

prerequisiti motori indispensabili per il raggiungimento di qualsiasi abilità. Questi vanno distinti in abilità fini motorie e di coordinazione, e abilità grosso motorie.

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Abilità fini-motorie e di coordinazione nell’uso delle due mani Le abilità finimotorie consistono nei movimenti finalizzati con una o con entrambe le mani, la coordinazione fra lo sguardo e i movimenti delle mani, e la coordinazione nell’uso cooperativo delle mani, come: spingere con il palmo della mano, utilizzare la presa a pinza, strofinare le mani tra loro, ecc… Abilità grosso-motorie Le abilità grosso motorie riguardano la capacità di fare movimenti con tutto il corpo, di controllare la postura, di eseguire movimenti finalizzati degli arti, come: alzarsi da una sedia, piegare il busto in avanti, alzare un piede e restare in equilibrio sull’altro, ecc… Nei bambini con un funzionamento basso, le abilità motorie possono essere meno buone di quanto ci si aspetta per l’età, ma in ogni caso migliori delle abilità comunicative e sociali. Nelle persone con Autismo ad alto funzionamento, invece, si osserva spesso una sorta di goffaggine motoria. Le maggiori difficoltà riportate in letteratura riguardano, in effetti, non la motricità in se, ma la pianificazione e l’esecuzione di atti motori complessi. L’aspetto maggiormente studiato in letteratura riguarda le cosiddette “funzioni esecutive”, di particolare importanza nell’apprendimento anche delle autonomie personali. Quando si parla di “funzioni esecutive” si fa riferimento ad un complesso insieme di processi cognitivi che ci consentono di agire in maniera organizzata e flessibile. Esse riguardano la capacità di avere un piano di azione prima di agire (pianificazione), la consapevolezza di ciò che si sta facendo (automonitoraggio), il non fare la prima cosa che ci viene in mente (inibizione), la capacità di organizzare una ricerca in base a specifici obiettivi (ricerca organizzata), l'uso della memoria a breve termine (working memory) e la capacità di spostare

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l'attenzione da un'informazione rilevante all'altra, o da una strategia all'altra (flessibilità). L'impiego delle funzioni esecutive indispensabile per la soluzione di problemi (problem solving) non solo di quelli aritmetici, o pi complicati ed astratti, ma anche in quelli sociali. n ulteriorerequisito, che coinvolge la motricità, riguarda l’imitazione motoria, ovvero la capacità di imitare i movimenti del corpo quando vengono mostrati. L’imitazione un processo durante il quale un individuo (imitatore) riproduce i comportamenti di un altro individuo (modello o dimostratore). L’imitazione un processo fondamentale per l’apprendimento e per la sopravvivenza. er le persone con Autismo, lo sviluppo delle capacità di imitazione segue un percorso particolare fin dalla pi tenera età.

I prerequisiti o iti iLe valutazioni di sviluppo mettono in luce una disomogeneità del profilo cognitivo nelle persone dello pettro Autistico, rispetto ai profili neurotipici. ale disomogeneità si manifesta con la possibilità di abilità pi sviluppate (incastri, puzzle, identificazione di particolari a livello visuopercettivo…) e di abilità meno sviluppate (cognitivo - verbali), peculiarità nelle epoche di acquisizione di alcune abilità (precoci o tardive), possibilità che alcune “fasi” dello sviluppo cognitivo non siano comparse anche se sono presenti abilità che nello sviluppo tipico compaiono pi tardi.Le particolarità sensoriali sono molto rilevanti nei racconti che le persone con Autismo verbali fanno della propria esperienza: l’esperienza che una persona con Autismo ha del mondo può essere estremamente confusa, oppure affascinante, in presenza di particolari stimoli. Numerose persone dello pettro Autistico sono molto attratte o, al contrario, dolorosamente sensibili a certi suoni, tessiture, sapori e odori altre mostrano indifferenza al freddo estremo o particolarità nelle sensazioni di dolore: alcune persone dello pettro possono non mostrare dolore in condizioni

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che verrebbero considerate estreme per persone a sviluppo tipico, ma entrare in allarme per la presenza di stimoli che possono essere percepiti da altri come minimi. onoscere a fondo le particolarità sensoriali e percettive della persona con cui si lavora davvero rilevante per la stesura di un buon programma di intervento, perch può determinarne il successo o l’insuccesso. Ad esempio la tendenza a considerare rilevanti aspetti dell’esperienza diversi da quelli sociali, si evidenzierà in seguito nella capacità di prestare attenzione ai particolari o nella tendenza a “sistematizzare”. Le persone con Autismo hanno in genere difficoltà a farsi un’idea di ciò che gli altri stanno pensando, delle loro aspettative, e del loro punto di vista. Questo, unito alla comprensione “letterale” del linguaggio, rende difficoltosa la conversazione fra persone tipiche e persone verbali dello

pettro.

I prerequisiti comunicativi e sociali econdo heo eeters, per le persone con Autismo non chiaro l’effetto

“interessante” della comunicazione, ovvero, come se la persona con Autismo non sapesse a cosa serve la comunicazione, come se non comprendesse in maniera immediata ed intuitiva qual il “potere” della comunicazione. empre heo eeters ipotizza che nell’Autismo “la comunicazione quello che la comunicazione fa ovvero che la comunicazione ha senso solo in quanto incide concretamente su ciò che avviene immediatamente dopo l’atto comunicativo. ertanto, le informazioni per le persone con Autismo dovrebbero essere: concrete, visibili e collocate “nello spazio”, invece di essere astratte, invisibili e “temporali”. L’intervento sulla comunicazione nell’Autismo partirà proprio da quelle caratteristiche che definiscono la comunicazione stessa, come l’intenzionalità, la condivisione di un codice, il valore di scambio

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dell’interazione comunicativa. Il bambino con Autismo dovrà essere aiutato a cogliere il “potere” della comunicazione, ovvero il senso dello scambio comunicativo. Perché questo avvenga, sarà necessario fare leva su quello che è generalmente un punto di forza delle persone con Autismo, ovvero: la capacità “visiva”. Le parole chiave dell’intervento per lo sviluppo della comunicazione nell’Autismo saranno dunque: scambio, chiarificazione, funzionalità. Di fondamentale importanza sarà l’intervento immediato, al momento della diagnosi, sui prerequisiti comunicativi e sociali. Nel bambino piccolo il lavoro, che dovrà essere svolto con i genitori, riguarderà l’attenzione congiunta, l’intersoggettività, l’azione congiunta, l’emozione congiunta. Come già sottolineato, le persone con Autismo, verbali e non verbali, possono intendere la comunicazione in maniera differente dalle persone tipiche. Per questo motivo, il bambino piccolo con Autismo deve poter scoprire il “potere” della comunicazione, ovvero deve comprendere che la comunicazione incide operativamente sul comportamento delle persone. Sarà necessario quindi insegnare alcune abilità comunicative di base, sia a livello espressivo, sia a livello recettivo ovvero di “comprensione”. A livello espressivo, il bambino deve poter indicare per richiedere, saper richiamare l’attenzione, saper esprimere una scelta, saper esprimere un rifiuto, saper chiedere aiuto… A livello recettivo, il bambino deve poter comprendere richieste semplici, seguire una indicazione, voltarsi quando viene chiamato, comprendere cosa si sta per fare. La “forma” comunicativa, come già detto, non sarà quella verbale per tutte le persone autistiche, ma, poiché la comunicazione verbale è la più diffusa, è bene provare ad insegnare al bambino a comprendere e ad esprimersi verbalmente. In conclusione: si tenderà a chiarificare, in genere visualizzando, nella forma a più consona all’alunno - scritte, foto, disegni, oggetti stessi posti in sequenze, ecc… - i diversi passaggi dei compiti.

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Altre abilità comunicativo sociali dovranno necessariamente far parte del curricolo di intervento educativo per ogni bambino, come la capacità di mostrare qualcosa di proprio, la capacità di dare e chiedere consolazione, e molte altre. Il lavoro sui prerequisiti comunicativi e sociali è la migliore prevenzione, in una programmazione completa che prenda in considerazione tutte le aree dell’apprendimento, per contrastare il presentarsi dei comportamenti problematici. Con i bambini in età scolare, andrà effettuato un lavoro sulle regole sociali, sul gioco sociale, sulle abilità sociali. Sarà fondamentale anche un lavoro esplicitamente mirato alla possibilità che facciano amicizia e che abbiano, nel loro futuro, relazioni affettive e sociali soddisfacenti. Numerose persone con Autismo sono in grado di avere, una volta adulte, delle relazioni di coppia, affettive e sessuali. e a ilit i autonomia

Con “autonomie di base” ci si riferisce a quei comportamenti quotidiani semplici che accompagnano sia il soddisfacimento di necessità fisiologiche, quali mangiare o evacuare, sia la cura della persona, come lavarsi e vestirsi. Le “abilità integranti” riguardano comportamenti quotidiani che consentono l’integrazione dell’individuo nel tessuto sociale e l’uso delle strutture comunitarie. Inoltre, le abilità integranti includono le capacità di tipo “prelavorativo”, ovvero un buon “comportamento di lavoro” che comprende a sua volta: la capacità di restare impegnati in un compito per il tempo necessario a portarlo a termine, selezionare il materiale, lavorare ordinatamente, evitare le interruzioni, gestire le pause, chiedere aiuto, mettere a posto ecc… Per raggiungere una condizione di indipendenza a livello sociale, è necessario anche imparare a gestire il trascorrere del tempo compreso l’utilizzo di orologio e calendario e a riconoscere il denaro e saperlo usare per gli acquisti. L’uso dell’orologio e del telefono

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vengono spesso inclusi in programmi sulle abilità di autonomia “avanzate”, come abilità “cognitive” di autonomia, in considerazione delle capacità di simbolizzazione e di organizzazione complesse che richiedono. e tecnic e i intervento engono di seguito descritte alcune tecniche di intervento di tipo

comportamentale che possono essere utili in ambito educativo. Il concatenamento Il “concatenamento”, in inglese “chaining” prevede che le azioni vengano insegnate una alla volta nella sequenza in cui naturalmente si presentano, “legando” la prima azione alla seconda, la seconda alla terza, e cos via. vedi fig. . Per seguire questo ordine ci si può aiutare con l’analisi del

compito già fatta per mettere a punto le schede di valutazione. Alla persona student si insegnerà a fare la prima parte dell’azione, poi la prima più la seconda, poi le prime due più la terza, finché non saprà portare a termine tutta l’attività “concatenamento anterogrado” .

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Si può, però, seguire anche l’ordine inverso, ovvero partire dall’ultima azione di quelle che compongono una sequenza. uesto è il modo in cui sono state insegnate a tutti noi moltissime abilità di autonomia: il “concatenamento retrogrado” è un modo molto naturale di insegnare le autonomie. Nell’utilizzo formale di questa tecnica, è particolarmente rilevante il concetto di rinforzo. Il rinforzamento che verrà trattato più avanti si riferisce al fatto che la prestazione corretta o approssimata viene fatta seguire da un evento che, essendo soggettivamente interessante, aumenta le probabilità che quella prestazione si presenti nel futuro.

x

x

x

x

Fig. 6 Concatenamento (immagini sopra al lavandino) Si può, però, seguire anche l’ordine inverso, ovvero partire dall’ultima

x

x

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’ultimanoille

ilsitata

li aiuti rela ionali li aiuti rela ionali consistono nel acilitare, con la propria presen a,

l’esecu ione dell’attivit , e ini ialmente, serviranno a rendere la persona (student) sempre pi capace, dandole la ondata sensa ione di essere in grado e ettuare l’attivit . ale tecnica degli aiuti , in inglese prompting (da prompt , che signi ica aiuto ), viene sempre seguita da

una attenua ione degli aiuti , di cui si tratter pi avanti. sistono di erenti categorie di aiuti rela ionali

x possi ile guidare l’alunno, e cio porre le proprie mani sopra lesue, standogli dietro, e argli eseguire determinati movimenti.

uesto aiuto la guida isica . (vedi ig. )

Fig. guida isica

x Si può inoltre mostrare all’alunno come si a una certa cosa, ovvero possi ile che l’educatore esegua una determinata a ione,acendo da modello . n tal caso, il modello si metter in una

posi ione visi ile ed eseguir la stessa a ione che sta chiedendoalla persona di eseguire. l modello può eseguire le a ioni prima o

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contemporaneamente allo student, e manipolare gli oggetti necessari o eseguire le a ioni sen a oggetti.

x possi ile anche indicare dove si trova un certo oggetto come ilsapone o un ottone uesto il suggerimento gestuale .

x possi ile anche dire allo studente cosa deve are, ad esempiotira su i pantaloni , o prendi il sapone . n uesto caso si sta

utili ando un suggerimento ver ale . ’o iettivo dell’intervento uello di passare da un aiuto massiccio a

pochi aiuti, in cui l’educatore de a dare dei suggerimenti di tanto in tanto

’attenua ione degli aiuti li aiuti vanno attenuati molto gradualmente necessario che la

persona senta di essere capace e di non venire lasciata sola. gni aiuto può essere attenuato in s , oppure si può prevedere il passaggio da una orma di aiuto pi orte ad un aiuto pi lieve.

li aiuti visivi siste una ulteriore modalit di aiuto che riguarda la chiare a, in un

certo ual modo la visi ilit di tutto ciò che viene comunicato dall’am iente isico e rela ionale. Se a livello visivo ualcosa può risultare poco chiaro, isogna intervenire chiari icando a livello di comprensione della persona che dovr usu ruire dell’am iente e dei materiali. li aiuti visuali ati, dun ue, consistono nel mettere a punto la situa ione in modo che sia rui ile e massimamente comprensi ile rispetto all’immediato impatto

visivo. li aiuti visivi possono essere reali ati, ad esempio x accentuando un particolare stimolo che gi presente (vedi

Fig. )

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x

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x differenziando due o più stimoli o identificando uno stimolovisivamente

x predisponendo la sequenza degli oggetti da utilizzareQuando si progetta l’uso di aiuti visivi, è bene ricordare che si dovrà lavorare per una loro possibile attenuazione ed una eventuale eliminazione, e ragionare di conseguenza. Non sempre, comunque, è possibile eliminare nel tempo qualunque tipo di aiuto visivo.

ccortezze nell’utilizzo degli aiuti Non bisogna dimenticare che quando si fa una richiesta ad una persona dello Spettro Autistico le si sta richiedendo di rispondere a due compiti: qualcosa che attiene ad un contenuto compito , e qualcosa che attiene alla relazione, ovvero a “come” la richiesta è stata fatta. Si osserva che molte persone con utismo reagiscono meglio a richieste poste in maniera indiretta e o impersonale. na modalità indiretta, spesso utilizzata con i

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ig. iuto visivo acqua fredda colore blu, acqua calda colore rosso

x differenziando due o più stimoli o identificando uno stimolo

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bambini più piccoli per fare eseguire loro un compito, può consistere nell’eseguire un’attività e poi nel lasciare i materiali a disposizione del bambino: probabilmente si verrà imitati. na modalità “impersonale” consiste invece nel rivolgere richieste letterali, senza forme di cortesia o altri “barocchismi neurotipici”, per esempio, dire: “dammi l’acqua” invece di “puoi passarmi l’acqua per cortesia ” in tono neutrale, senza sguardo diretto o insistente, ovvero evitando di caricare emotivamente tanto la richiesta quanto la sua conseguenza evitare, ad esempio: di applaudire, di esclamare “bravo ” ecc . na volta che l’alunno abbia provato ad effettuare il compito, la richiesta e le sue conseguenze diventano meno difficili da affrontare e possono essere rese gradualmente più complesse, ovvero più dirette, personali, “emotive”. Il ruolo della motivazione e l’uso dei rinforzatori Quando si comincia un intervento educativo è necessario già sapere quali sono i rinforzatori adeguati per quel bambino, o adolescente o adulto in trattamento. Si dovrà tendere a concludere l’intervento con rinforzi che siano più naturali possibili: il rinforzo più “naturale” per un bambino tipico è generalmente quello sociale, cioè la lode, il sorriso, la stretta di mano, in pratica l’espressione della nostra contentezza e del nostro orgoglio per quello che ha fatto il bambino. Questo tipo di conseguenza, quando non è sufficiente a incrementare un comportamento, cioè quando non è particolarmente interessante per la persona, va accompagnato ad altri che siano più interessanti: si ricorda che le persone con utismo possono non gradire le lodi o i feedbac sociali, oppure non comprenderne il senso, per cui, almeno inizialmente, il loro significato va reso concreto, chiaro e visibile dal loro punto di vista. In definitiva, va ricordato che, per definizione, i rinforzatori sono soggettivi. Nel caso delle persone con utismo, questo è quanto mai vero si considerino le caratteristiche della “terza area” di sintomi per cui: non

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bisogna dare per scontato che qualcosa sia interessante o meno per una particolare persona. Oltre che estremamente soggettivi, i rinforzi sono soggetti a saturazione: dopo un po’ di tempo perdono di efficacia, non sono più così importanti per la persona, e quindi un rinforzatore deve essere alternato con altri e non bisogna abusarne. Il rinforzo va erogato, ovvero “consegnato”, immediatamente dopo che la persona ha fatto qualcosa che gli educatori desiderano che faccia o che impari a fare meglio. Quando si inizia un intervento su un particolare comportamento, l’educatore non deve fare passare del tempo, neanche pochi secondi, tra l’emissione del comportamento e il suo rinforzamento. Nelle fasi iniziali di un programma, i rinforzi devono essere molto frequenti, e vengono erogati ogni volta che il bambino fa bene una parte dell’azione: in questo caso si sta seguendo un programma di “rinforzamento continuo”. Successivamente, vengono dati meno rinforzi, ovvero il bambino viene rinforzato di tanto in tanto: è questo un programma di “rinforzamento intermittente”. Quando il bambino sa ormai eseguire tutta l’attività, deve essere rinforzato solo alla fine del suo termine. E’ importante ricordare che il rinforzo non è un ricatto: può essere annunciato, ovvero previsto e anticipato cognitivamente, ma non deve diventare un “prompt” ovvero uno stimolo discriminativo per far partire l’azione. Nessun “rinforzatore” produce cambiamento se inserito in una cornice avversiva, ovvero soggettivamente sgradevole La generalizzazione La finalità di un programma psicoeducativo è quella di migliorare la qualità della vita, quindi di consentire a qualcuno di vivere meglio nell’ambiente dove vivono tutti. È possibile, fin dall’inizio di un programma, organizzare le attività in modo da favorire la generalizzazione.

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Rispetto all’apprendimento incidentale, si tratta di organizzare le occasioni di apprendimento all’interno di condizioni di vita quotidiana privilegiando le situazioni più naturali possibili e riducendo, quanto possibile, l’apprendimento in situazioni formali. Il secondo elemento che favorisce la generalizzazione è la condivisione degli obiettivi. Come già detto, oggi non è possibile elaborare un progetto di intervento senza condividere gli obiettivi con i familiari e con tutti coloro che hanno in carico il bambino. Problemi generici nell’insegnamento con bambini autistici Per quanto si possa avere elaborato una buona programmazione e anche lavorato correttamente per conseguire i risultati sperati, nel corso dell’intervento educativo sulle differenti aree dello sviluppo, possono presentarsi dei problemi. Durante il lavoro possono presentarsi generici comportamenti problematici, oppure reazioni di paura quando vengono fatte determinate proposte; oppure, ancora, l’apprendimento non avviene o avviene ma non si generalizza, o, ancora, si osservano difficoltà specifiche e difficilmente comprensibili, legate ad uno specifico comportamento o area. I comportamenti problematici Una delle condizioni più difficili da gestire per i caregiver delle persone con Autismo è rappresentata dai “comportamenti problematici”. Vengono definiti “problematici” quei comportamenti che interferiscono con l’apprendimento; che possono provocare danni alla persona che li esibisce, o agli altri, o agli oggetti; o che sono non socialmente accettabili. Per lavorare sui comportamenti problematici è necessario capirne il significato che ricoprono nella vita delle persone con una neurodiversità,

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ovvero le funzioni che essi svolgono, che possono essere classificate in due grandi gruppi. Il primo gruppo comprende tutti quei comportamenti che hanno una funzione comunicativa sono tutti quelli che avvengono in un contesto relazionale e possono essere considerati come messaggi di persone che hanno difficoltà di espressione o che non vengono comprese. Il secondo gruppo comprende tutti quei comportamenti che avvengono non necessariamente in presenza di un interlocutore stereotipie, ecolalie, autolesionismo, ritualismi e sembrano essere un bisogno, una necessità, un piacere e sono l’espressione delle particolarità sensoriali, percettive e cognitive proprie dell’Autismo. ono questi i cosiddetti comportamenti con funzione autoregolatoria.

importante sottolineare che uno stesso comportamento pu assolvere a più funzioni e non ha sempre lo stesso significato nel tempo e nei vari contesti di vita. Per definire la funzione del comportamento problematico si utilizza una modalità di valutazione denominata “analisi funzionale”. ’analisi funzionale prende in considerazione gli antecedenti temporali al comportamento, il comportamento stesso e le sue conseguenze temporali. In termini più semplici, va definito qual è il comportamento problematico, cosa è successo immediatamente prima con chi era la persona, in che situazione si trovava, a che ora ecc e cosa è successo subito dopo quali sono state le reazioni dell’interlocutore della persona che ha emesso il comportamento problematico . Il senso dell’analisi funzionale sta nella necessità di rintracciare una serie di situazioni che fanno da “semaforo verde” al comportamento problematico tecnicamente “situazioni stimolo”, o “antecendenti” , unitamente alle situazioni tecnicamente “risposte”, o “conseguenze” che lo mantengono. Usualmente, attraverso l’analisi funzionale, si coglie che esistono delle condizioni che facilitano il comportamento problematico e altre che, al contrario, non lo fanno partire

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una sorta di semaforo rosso, tecnicamente “stimoli delta” . Inoltre, si osserva che spesso il comportamento viene in genere inconsapevolmente

rinforzato dai caregiver. ’analisi funzionale suggerisce in genere dimodificare la situazione o le condizioni o contingenze in cui avviene il comportamento, e in che direzione farlo. vedi ig.

ig. chema A C ’analisi funzionale è uno strumento molto “potente” per cogliere il disagio

che pu percepire una persona in difficoltà o neurodiversa, ma anche piuttosto complesso.

e paure Un ostacolo all’acquisizione di nuove abilità pu ris edere nel forte fastidio, disagio o anche dolore che la persona prova per una specifica situazione, o per una profonda mancanza di comprensione di ci che sta succedendo. Un errore da non commettere, bench umano e comprensibile, è quello di perdere la pazienza e di provare a forzare la persona con Autismo. Contro la paura, si deve essere rassicuranti, stabili, calmi, pazienti. ermi letteralmente . ilenziosi. i dovrà programmare una “desensibilizzazione sistematica” e cioè un avvicinamento progressivo della persona allo stimolo ansiogeno in situazioni emotivamente “neutre”. i raccomanda anche di non

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A Antecedenti

B Comportamenti

C Conseguenze

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essere mai soli: in due, o in un gruppo di lavoro, si potrà essere più pazienti e più forti. Prendere decisioni se l’intervento educativo non funziona Alcuni caregiver si chiedono come si fa a capire che un programma sta funzionando e quanto tempo bisogna “insistere” con una determinata procedura prima di decidere che non sta funzionando. Per comprendere se le cose vanno bene o meno, bisogna essere allenati, in maniera pratica e non solo teorica, rispetto a due variabili: la capacità di percepire i piccoli progressi, e la capacità di cogliere i segnali di benessere o di malessere nell’interlocutore. Se non è chiaro cosa causa il problema, o come mai il programma non funziona, è possibile porsi una serie di domande, di cui le principali vengono riportate di seguito.

x È stata effettuata una valutazione iniziale? La valutazione è stata condotta in più ambiti e ascoltando più persone? È stata effettuata in modo da offrire degli spunti per l’intervento a valutazione ha chiarito a quali aiuti è sensibile la persona con Autismo?

x Gli obiettivi sono adatti al livello della persona e basati sui reali risultati della valutazione? Gli obiettivi sono stati definiti con sufficiente chiarezza? Sono condivisi da tutti i caregiver? I genitori sono stati coinvolti? I genitori possono assistere all’intervento educativo I genitori sono d’accordo con l’intervento educativo in atto? Gli obiettivi sono stati correttamente gerarchizzati?

x La persona con Autismo ha i prerequisiti per eseguire le azioni richieste? Presta sufficiente attenzione al compito? Ha le capacità motorie per eseguirlo? Vi sono dei passaggi in cui si ferma o trova particolare difficoltà? È stato fatto un lavoro

A

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preparatorio rispetto ai passaggi che pongono maggiore difficoltà? La persona conosce, comprende e ricorda la sequenza delle azioni? La modalità di organizzazione dell attività è fruibile da parte della persona? I materiali possono essere presi in autonomia?

x Vi sono delle difficoltà di interazione che non sono state considerate? Gli educatori che seguono la persona con Autismo hanno una formazione adeguata? omprendono correttamente l Autismo e il significato di ci che stanno facendo? Sono in grado di portare avanti l intervento? L educatore o gli educatori hanno degli aspetti soggettivamente sgradevoli o ansiogeni per la persona con Autismo? La loro voce è fastidiosa? Sono soggettivamente eccessivamente invadenti? Sono poco sensibili alle necessità della persona con Autismo? Sono troppo veloci o troppo lenti nelle reazioni? Gli aiuti sono stati eliminati troppo in fretta? Si stanno involontariamente rinforzando comportamenti problematici? I diversi educatori familiari compresi stanno mettendo in atto comportamenti coerenti fra loro e sicuramente non contrastanti?

x Vi sono degli ostacoli percettivi, ovvero delle situazioni soggettivamente sgradevoli per la persona con Autismo che interferiscono con l apprendimento? L ambiente in cui avviene l intervento educativo è sufficientemente chiaro, tranquillo, gradevole? Luci, colori, rumori, sono state adattate alla persona?

x Il livello di comunicazione è veramente adattato al livello della persona? È senza dubbio chiaro alla persona con Autismo cosa le si sta chiedendo? Sono stati messi a punto dei supporti individualizzati per la comunicazione?

x Le tecniche di intervento adottate sono state utilizzate correttamente? La persona mostra qualche difficoltà con i suggerimenti verbali? on l imitazione? on le indicazioni gestuali?

on la guida fisica?

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x È stata considerata la motivazione della persona con Autismo ad effettuare l attività richiesta? I rinforzatori utilizzati sono davvero efficaci e adatti a quella particolare persona? La persona con Autismo pu effettuare delle scelte? Ha la possibilità di esprimersi e in qualche modo di incidere sulla situazione? Il comportamento richiesto, nel materiale e nella situazione, è adeguato all età cronologica della persona?

x È stata prevista una procedura di generalizzazione? Gli aiuti sono stati ipotizzati in modo da poter essere attenuati gradualmente? Sono state coinvolte più persone nell intervento educativo? L intervento educativo è stato effettuato in più ambienti, con diversi materiali, e in situazioni di vita reale ?

x ell arco dell attività, si verificano comportamenti problematici? La persona viene rinforzata in seguito all emissione di comportamenti problematici? Vi sono situazioni stimolo ovvero condizioni che favoriscono l apparire del comportamento problematico? Vi sono routine che non sono note agli educatori, che non vengono rispettate, o al contrario, che sono state incluse nell attività fino a modificarne l obiettivo?

IL PIA U A IV I IVI UALI A Il compito dell insegnante e dell educatore nell Autismo, è quello di incoraggiare il bambino a sviluppare sempre nuove abilità per vivere e conoscere il mondo, per migliorare il suo rado di attivit ersonali e di arteci azione sociale , come nel caso dell approccio psicoeducativo , comunemente definito , creato trent anni fa da

ric Schopler nella arolina del ord, come organizzazione globale dei servizi per l Autismo.

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L obiettivo generale è lo sviluppo di abilità e di una migliore qualità della vita, non solo del bambino, ma anche delle persone che costituiscono il suo contesto di vita. er fare ci è necessario programmare un percorso flessibile di sviluppo

delle abilità che fornisca a questi bambini e ragazzi gli strumenti adatti a condurre una vita integrata e produttiva, assumendo un ruolo sociale all interno della comunità di appartenenza

li obiettivi, definiti sulla base delle valutazioni continue, non devono avere finalità astratte di sviluppo, ma quelle di sviluppare competenze che saranno concretamente utili all alunno nel suo ambiente e che saranno necessarie nell età adulta. Insegnare competenze al bambino autistico è un attività che si svolge secondo i criteri comuni dell insegnamento: presentazione, motivazione, aiuto, rinforzo e esercizio del compito. Le particolarità cognitive dello Spettro Autistico, per , necessitano di insegnamenti che dovranno essere, allo stesso modo, particolari ai fini dell apprendimento. ome visto, infatti, una difficoltà per le persone dello Spettro è quella di ricavare e riconoscere un significato socialmente condiviso nelle varie attività è questo significato, invece, che spesso funziona da molla per l apprendimento dei bambini con sviluppo tipico. La strutturazione dello spazio è per esempio necessaria per la definizione delle funzioni di un certo ambiente (tempo libero-riposo lavoro-apprendimento), costante nel tempo e quindi prevedibile.

fondamentale, inoltre, costruire e usare sistematicamente una modalità di gestione dei passaggi da un attività a quella successiva utilizzando le agende che possono essere organizzate con fotografie o disegni, ma

anche con oggetti tridimensionali o con scritte, a seconda delle capacità della persona.

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Le attività giornaliere dovrebbero essere alternate da interventi in aree diverse e con modalità diverse (individuali e di gruppo), prevedendo momenti di «riposo» tra un’attività e l’altra. E’ importante creare una sequenza di attività che interessi tutte le aree dello sviluppo, in modo globale e ordinato, rispettando l’ordine gerarchico degli obiettivi scelti momento per momento, in modo coerente e prevedibile per il bambino. (vedi fig. 10)

Fig. 10 Sequenza di attività Ad esempio, è importante partire sempre, non solo nei primi giorni, dall’obiettivo di creare un clima favorevole e rassicurante che favorisca e promuova un atteggiamento disteso e comunicativo del bambino per cercare di coinvolgerlo e di impegnarlo nelle attività proposte. E’ necessario pertanto assicurarsi, ad esempio, che il bambino non abbia disturbi fisici o sia infastidito da particolari stimoli sensoriali e nel caso cercare di superare in qualche modo il suo stato di disagio prima di

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promuovere qualsiasi altra attività. ttenuta l’attenzione del bambino, il passo successivo riguarda la comunicazione, che implica la capacità dell’insegnante di partire dal livello comunicativo del bambino, risultato dalla valutazione funzionale, e anche dall’osservazione giornaliera della disponibilità del bambino a comunicare in quel preciso momento. L’attenzione va rivolta, in particolare, allo sviluppo della capacità di comprensione dei messaggi non verbali e delle consegne verbali, partendo da modalità sicuramente conosciute dal bambino, quali ad esempio ordini semplici e contestuali, per arrivare progressivamente, quando possibile, alla comprensione verbale di ordini complessi non contestuali. n tal senso, è utile avvalersi di modalità alternative ed aumentative di comunicazione ( AA) come l’uso di immagini, foto ed oggetti concreti. L’attenzione va posta, inoltre, sullo sviluppo delle competenze comunicative espressive del bambino, prestando attenzione e rinforzando i pi elementari segnali di comunicazione e il linguaggio verbale funzionale non ecolalico. l bambino con Autismo ha infatti la necessità di scoprire quotidianamente

il potere della comunicazione poich troppo spesso frustrato dalla percezione di non capire gli altri, ma anche di non essere capito. Le attività inizialmente proposte devono essere semplici e di tipo pratico, quali lo sviluppo di schemi di azione su base imitativa o su comando verbale che favoriscano l’uso funzionale degli oggetti, la coordinazione grosso-motoria ed oculomanuale. E’ fondamentale ricercare non tanto la precisione del movimento ma la funzione dello stesso e la partecipazione all’attività. nfatti, partendo dalla messa in atto di attività ed azioni congiunte, si pu

ampliare sempre pi gli scambi di relazione e di comunicazione con il bambino entrando in un’attività che preveda turni e regole sociali via via pi complesse.

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ttenuta la partecipazione del bambino, in attività pratiche e semplici, si pu pensare di migliorare e sviluppare l’attenzione selettiva e sostenuta al compito, evitando che il bambino venga attratto da stimoli distraenti. Si potrà lavorare, inoltre, per migliorare le capacità di pianificazione (ordinare ad esempio in sequenza), integrare il particolare nel globale, individuare le relazioni spaziali e i concetti temporali dai pi semplici ai pi complessi. Sarà possibile lavorare nell’ambito pi prettamente cognitivo, ovvero nell’area degli apprendimenti curricolari, nella quale si cercherà di sviluppare le capacità di astrazione, a partire da attività pratiche e concrete, che potranno rivelarsi utili nella vita futura. n questo senso è necessario tenere presente che l’obiettivo a lungo termine è sempre dato dallo sviluppo di quelle abilità della vita quotidiana (abbigliamento, alimentazione, igiene personale, socializzazione, comunicazione, tolleranza e rispetto delle regole, percezione dei pericoli, uso del denaro, ecc.) che, una volta generalizzate in vari contesti, consentono realmente una migliore qualità della vita.

olto utile è l’inserimento del bambino in « i i u i» (di alunni) secondo la metodologia dell’apprendimento cooperativo, affiancando all’alunno con Autismo un tut , cioè un alunno che sia in grado di aiutarlo con regolarità e costanza, ad agire nel contesto dell’attività integrata. Sperimentare, nel contesto del gruppo, il senso di autonomia e di successo, non solo rinforzerà la partecipazione e l’attenzione all’altro, ma renderà sempre pi efficace il senso e l’immagine di s nel a t n i

etanei. L’insegnante dovrà ricordare che alcuni bambini con Autismo potranno seguire, da un punto di vista contenutistico, la programmazione della

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classe, altri no. La decisione dovrà essere presa in base alle valutazioni effettuate, all’interno della riunione del gruppo di lavoro.

A A A il problema dell’interazione sociale e della comunicazione L’intervento nell’area dell’interazione sociale e della comunicazione è centrale nei bambini e ragazzi con Autismo, sia nelle situazioni nelle quali non si è sviluppato il linguaggio verbale, sia quando è presente ma caratterizzato da particolarità tipiche dello Spettro. E’ fondamentale partire dagli interessi del bambino, per attivare l’attenzione congiunta e poter iniziare un’interazione che consenta attività imitative, routine e scambi che apriranno alla necessità di comunicare in modo spontaneo ed intenzionale. Per favorire l’interazione sociale e la comunicazione è necessario:

x adattarsi alle caratteristiche del singolo bambino (attenzione e disponibilità ad interagire, livello comunicativo, ecc.)

x evitare che il bambino sia disturbato dalla sua particolare reattività e sensibilità agli stimoli sonori, visive, olfattivi o tattili, proteggendolo dagli stessi

x partire dai suoi interessi per iniziare l’interazione x ricercare l’attenzione condivisa e l’aggancio dello sguardo x ricercare tranquillità e disponibilità reciproca x ricercare piacere nella condivisione delle attività x non rinunciare mai a divertirsi insieme al bambino x favorire scambi, turni, attività reciproche anche su base imitativa x favorire giochi di scambio, imitativi, sociali x favorire l’integrazione e la partecipazione ad attività condivise

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ei am ini non ver ali o con oco lin ua io: x comunicare partendo dalla situazione concreta x utilizzare un linguaggio semplice nel comunicare x parlare lentamente ed in modo scandito, a bassa voce, in modo

deciso x aiutare il bambino nella comprensione attraverso dimostrazioni x utilizzare canali comunicativi alternativi supporti visivi, guida

fisica, esempio dei coetanei x associare le parole a oggetti reali, immagini e fotografie x evitare domande astratte o generiche x verificare che il bambino abbia capito e eventualmente ripetere le

istruzioni x utilizzare stimoli comunicativi in maniera ridondante x dare tempo al bambino per rispondere secondo le sue capacità x non anticipare le risposte x chiudere i circoli comunicativi rinforzando la richiesta del bambino x sensibilizzare i coetanei ed aiutarli a comprendere comportamenti

atipici e poco prevedibili

ei am ini ver ali o con lin ua io svilu ato: x facilitare la comprensione delle intenzioni, delle preferenze e

delle esperienze altrui x facilitare la capacità di raccontare le proprie esperienze relative

ad eventi passati e futuri x sviluppare l’abilità di mantenere e di modificare il tema delle

conversazioni secondo la prospettiva altrui x sviluppare l’uso del linguaggio per esprimere e comprendere

sentimenti ed idee x facilitare l’uso di linguaggio per esprimere concetti astratti

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x incoraggiare l’ac uisizione di convenzioni verbali per iniziare le conversazioni, per interagire a turno e per concludere il dialogo

il problema del comportamento problemi di comportamento sono come la punta dell’iceberg dell’ utismo

e l’unico modo per affrontarli è comprendere la parte immersa nell’ac ua, uella non immediatamente visibile, cioè il significato comunicativo e

motivazionale del comportamento problematico. er comprendere il significato di un comportamento problematico è

necessario raccogliere informazioni in modo dettagliato sul comportamento stesso uando si verifica, in presenza di uali persone, ecc. e sugli eventi che lo precedono cause scatenanti e sugli eventi che lo seguono rinforzi , effettuata da personale esperto nel trattamento dei disturbi del comportamento. nfatti, soprattutto nei bambini che non hanno buone capacità

comunicative e non hanno sviluppato un linguaggio verbale funzionale, l’osservazione comportamentale seguita dall’analisi funzionale, detta anche

antecedenti, comportamenti, conseguenze permette la messa in atto di strategie cognitivo comportamentali e adeguate modifiche dell’ambiente, che consentono il superamento del comportamento problematico. com ortamenti ei am ini con utismo anno sem re un si nificato

e sono s esso mo alit comunicative ttraverso un’adeguata analisi del comportamento si riesce uasi sempre a

comprendere che i comportamenti problema sono dettati da x bisogno di stimoli piacevoli

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x bisogno di ridurre stimoli disturbanti x bisogno di attenzione sociale x rifiuto o evitamento del compito x incapacità da parte dell’ambiente a comprendere le richieste

Compreso il significato del comportamento problematico bisogna individuare modalità comportamentali alternative:

x soddisfare comunque il bisogno sottostante al comportamento, seppure espresso in modo inadeguato (ad esempio ridurre uno stimolo disturbante o viceversa fornire stimoli gratificanti, dare attenzione sociale, rendere un compito più semplice)

x trovare e favorire modalità comportamentali più adeguate sia in senso funzionale e comunicativo, sia sociale

x rinforzare i comportamenti più adeguati in tutti gli ambiti della vita del bambino in modo da generalizzare la risposta

x evitare di rinforzare in qualsiasi modo il comportamento problematico

In generale per ridurre i comportamenti problematici, è utile:

x rendere il più possibile prevedibili gli avvenimenti x fare maggiore attenzione ai cambiamenti di routine o attività x permettere al bambino di evitare certe attività non piacevoli x partire dagli interessi particolari del bambino x rinforzare il comportamento adeguato seguendo le preferenze del

bambino x permettere momenti di riposo e di scarico della tensione x assicurarsi che il bambino sia in condizioni di benessere fisico e

che non abbia dolore, fame, sonno, sete, caldo, ecc. x assicurarsi che non si stia annoiando

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x assicurarsi che non vi siano nell ambiente stimoli disturbanti per il bambino (ad esempio rumori eccessivi o particolari)

il problema degli interessi ristretti e delle attività bambini con utismo, cos come i bambini tipici, necessitano di condi ioni

ambientali ed emotive ottimali per apprendere.

sempre necessaria un accurata valutazione delle capacità cognitive e delle funzioni neuropsicologiche da parte di personale esperto, prima di qualsiasi programmazione didattica, in modo da non correre il rischio di effettuare richieste eccessive e frustranti, oppure di sottovalutare le potenzialità. parte il lavoro educativo, per favorire lo sviluppo delle autonomie personali e sociali, è importante che anche l attività didattica sia finalizzata alla acquisizione di competenze effettivamente utili e utilizzabili dal bambino nella vita futura. l programma didattico dovrà necessariamente essere coerente con il

livello di apprendimento raggiunto dal bambino e dovrà seguire la necessaria gradualità, che nelle persone con utismo pu richiedere un tempo maggiore per ottenere la generalizzazione delle competenze nei vari contesti di vita. e attività didattiche proposte non devono essere differenti da quelle

effettuate dagli altri bambini, salvo la necessità assoluta di rispettare il livello di competenze raggiunto in ciascuna area dell apprendimento.

isognerà indirizzare l intervento sulle abilità emergenti risultate dalla valutazione, riducendo gradualmente la facilitazione in modo da rendere il bambino progressivamente autonomo. er facilitare l ampliamento degli interessi del bambino, è necessario:

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x cercare di collegare le attività del bambino proprio ai suoi particolari interessi

x iniziare sempre da attività gradevoli, alla portata del bambino x terminare con attività piacevoli x proporre attività nell ambito delle reali capacità del bambino x ridurre gli stimoli che distraggono o infastidiscono x focalizzare l attenzione del bambino prima di ogni richiesta x dare tempo al bambino per elaborare l informazione ricevuta e per

fornire una risposta x dare rinforzi naturali (attenzione sociale, gratificazioni, ecc.) per

sostenere l attenzione e l interesse al compito x consentire sempre il successo dopo ogni attività anche riducendo

la complessità del compito o dando piccole facilitazioni x permettere momenti di svago e di riposo se l interesse per il

compito e l attenzione decadono x favorire attività di gruppo e di gioco sociale x strutturare le attività, gli spazi ed il tempo dedicato al bambino x partire dai punti di forza per sviluppare i punti di debolezza x utilizzare la dimostrazione piuttosto che descrivere attraverso le

parole x insegnare attraverso la facilitazione del compito anche con l aiuto

pratico e la dimostrazione piuttosto che descrivere il compito x insegnare una sola abilità alla volta x scomporre le abilità da insegnare in parti più comprensibili x descrivere le sequenze anche usando i cartelloni e le immagini x prevedere la possibilità di momenti di lavoro individuale x insegnare cosa fare per concludere un attività x aiutare il bambino a fare pratica delle competenze acquisite

generalizzando le competenze in vari luoghi e situazioni differenti

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l intervento nella scuola dell infanzia

ormai accertato che la diagnosi precoce e l intervento tempestivo e specifico sulle difficoltà tipiche dei disturbi dello Spettro Autistico determinano un cambiamento eclatante della prognosi in termini di migliore sviluppo intellettivo e linguistico e quindi in termini di maggiore sviluppo delle autonomie e di migliore qualità della vita del bambino e della famiglia. Pertanto, è importante il ruolo del pediatra di famiglia nell individuare fin dal primo anno di vita i segnali di rischio di un possibile disturbo dello Spettro Autistico, in modo da attivare subito una consulenza specialistica neuropsichiatria infantile alla quale potrà seguire la conferma diagnostica ed il conseguente invio al trattamento riabilitativo ed educativo, se possibile, prima dell ingresso del bambino nella scuola dell infanzia. uest ultima rappresenta, infatti, una grande opportunità di sviluppo delle competenze sociali e comunicative del bambino, a patto che l inserimento venga programmato non solo nei tempi ma soprattutto nelle modalità, fin dal primo giorno di scuola, in collaborazione con l quipe specialistica. Le insegnanti dovrebbero essere quindi sostenute da personale esperto nel trattamento dei bambini con disturbi della comunicazione e della socializzazione, poiché gran parte delle possibilità di sviluppo del bambino con Autismo e quindi la prognosi, in termini di acquisizione di un linguaggio funzionale, di capacità cognitive, di autonomia personale e sociale, è affidata al loro lavoro.

all’ingresso nella scuola dell’infanzia

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all’ingresso nella scuola dell’infanzia

4. Attirare l’attenzione su stimoli antici

5. Stimolare l’imitazione di azioni semplici 6. Utilizzare “spettacoli” interessanti (palloncini gonfiabili o bolle di sapone) per “catturare” l’attenzione e per stimolare il bambino a richiedere che l’altro faccia

richiedere l’aiuto dell’altro

successivamente l’attenzione del bambino su eventi, spettacoli o oggetti a cui l’adulto presta particolare intereresse

12. Inserirsi progressivamente nei giochi di finzione in cui l’oggetto è lo strumento e l’operatore dovrà essere coinvolto dal bambino stesso Tratto dalle Linee guida della SINPIA

L integrazione scolastica dei bambini con AS una sfida

ivere con i coetanei costituisce un occasione unica e irrinunciabile per comprendere meglio il mondo con le sue regole, a volte cos oscure ed illogiche per le persone con AS e per generalizzare gli apprendimenti specifici acquisiti in ambito riabilitativo nelle situazioni di vita naturali. Le esperienze di ogni giorno documentano come sia purtroppo difficile e complesso promuovere forme di integrazione scolastica, anche parziale, in bambini con diversità, come gli alunni con Autismo.

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I RAPPORTI SCUOLA-FAMIGLIA

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COSA SI ASPETTA IL GENITORE DALLA SCUOLA

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Letture consigliate

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inito di stampare nel mese di Marzo 2016

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