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Servizio Inclusione Direzione Istruzione e Formazione italiana ALUNNI CON ADHD ...istruzioni per l’uso Suggerimenti, informazioni e strategie da adottare

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Servizio Inclusione

Direzione Istruzione e Formazione italiana

ALUNNI CON ADHD

...istruzioni per l’uso

Suggerimenti, informazioni e strategie da adottare

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ALUNNI CON ADHD...istruzioni per l’uso

Suggerimenti, informazioni e strategie da adottare

A cura di: Silvia Sartori

Stampa: aprile 2019

Servizio Inclusione Direzione Istruzione e Formazione italiana

www.provincia.bz.it/scuola-italiana - Email: [email protected]

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Indice

• PREMESSA p. 1

• TESTIMONIANZA DI UNA MAMMA DI UN ALUNNO CON ADHD DOP p. 2

• CARATTERISTICHE DEI SOGGETTI CON DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE IPERATTIVITÀ p. 4

• COSA ACCADE NELLA TESTA DI UN ALUNNO CON ADHD? p. 6

• COME OSSERVARE UN COMPORTAMENTO PROBLEMA p. 7

• COSA FARE COME INSEGNANTE p. 8

• SUGGERIMENTI PRATICI DA ADOTTARE IN CLASSE p. 13

• MISSIONE COMPITI: COME SOPRAVVIVERE p. 15

• NORMATIVA SCOLASTICA RELATIVA ALL’ADHD p. 17

• BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA p. 19

Utilizzo dei termini

Si informa il gentile lettore che, nel presente fascicolo,

verranno utilizzati i seguenti termini in modo interscambiabile,

sia per indicare il genere maschile sia il genere femminile:

“bambino” - “scolaro” - “studente” - “allievo” - “alunno”

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Premessa

La scuola di oggi è chiamata sempre più a rispondere a una molteplicità di bisogni

espressi dai propri alunni. È quindi fondamentale che all’insegnante vengano forniti

strumenti utili per cogliere in tempo le varie difficoltà e per attivare tutte le risorse possibili.

Lo scopo di questa semplice guida è quello di riportare alcuni suggerimenti da utilizzare in

classe e poter reperire, facilmente e con un linguaggio accessibile, alcune informazioni in

merito agli alunni con ADHD.

Nelle classi vi è sempre una maggiore e segnalata presenza di studenti con diagnosi di

“Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività” e per questo motivo è bene che i docenti

mettano in atto degli accorgimenti didattici volti ad agevolare il percorso scolastico di

questi allievi (Nota MIUR 4089 del 5.06.2010).

É bene essere a conoscenza di cosa sapere rispetto alla problematica, come agire, ma

soprattutto, in alcune situazioni, cosa evitare di mettere in atto.

Bisogna comprendere che l'allievo non è volontariamente “disattento” o “distratto”, ma non

possiede la capacità di autoregolazione, per cui non riesce a gestire i propri

comportamenti e le proprie emozioni.

Essere l’insegnante di alunni con ADHD non è un’impresa facile, ma imparare a capire il

loro funzionamento è la chiave per instaurare un rapporto costruttivo che non sia fonte di

stress per entrambi.

Il coinvolgimento degli insegnanti è parte integrante ed essenziale di un percorso

terapeutico per il trattamento dei casi diagnosticati di ADHD (Circolare MIUR 6013

4.12.2009).

La complessità della diagnosi necessita dell’uso di strumenti appropriati che consentano di

valutare la presenza dei sintomi nei diversi contesti di vita del bambino.

Nell'individuazione degli alunni con ADHD la scuola svolge un ruolo importante, in quanto

la somministrazione di questionari funzionali alla diagnosi di tale patologia è parte

fondamentale del percorso sanitario (Circolare MIUR 0001968 1.04.2009).

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TESTIMONIANZA DI UNA MAMMA DI UN ALUNNO ADHD DOP

Ed eccomi qui a cercare di spiegarvi cosa vuol dire essere una mamma di un ragazzino full –

optional: iperattivo, impulsivo, con disturbo dell’attenzione, oppositivo e provocatorio.

La nostra storia inizia tredici anni fa: D. è il mio primo figlio. Presto inizia a gattonare e a dieci

mesi muove i primi passi. Adora l’acqua, gli piace stare in piscina, dove si dimostra audace e

temerario. Anche al parco ama correre, arrampicarsi e saltare. Sicuramente queste sue

capacità mi rendono orgogliosa: è bello vedere un bambino così vivace, curioso e

avventuroso. Più difficile diventa, invece, gestirlo negli spazi chiusi, andare al supermercato è

spesso un’impresa.

Nel frattempo, D. cresce e così anche una nuova vita dentro di me. Un mese prima dei suoi tre

anni si trova ad essere fratello maggiore.

D. è sempre stato attratto dai giochi di movimento che ha sempre affrontato con una sicurezza

a una velocità invidiabili: nettamente superiori alla norma.

Inizia a frequentare la scuola dell’infanzia a tre anni. L’inserimento lo faccio io, per potermi

dedicare a lui completamente. D. conosce già la scuola e le maestre: io sono serena. I primi

mesi passano senza grandi preoccupazioni, è un bambino vivace che preferisce giocare sul

tappeto o in palestra piuttosto che con i giochi in scatola o disegnare. Le difficoltà iniziano con

il mio rientro al lavoro e si accentuano il secondo anno: scontri con i compagni, complesse le

relazioni, fatica a rispettare il proprio turno e le regole in generale. In accordo con le insegnanti

della scuola dell’infanzia decidiamo di contattare il Servizio Psicologico e nel frattempo mi

attivo anche andando a chiedere una consulenza alla psicologa dello Sportello. Purtroppo, i

consigli che mi dà, efficaci nella maggior parte dei casi, sembrano non sortire alcun effetto su

mio figlio.

Finalmente l’incontro con il Servizio Psicologico e la dottoressa mi comunica che non si può

redigere una diagnosi perché D. è troppo piccolo e che forse l’arrivo del nuovo fratellino lo ha

destabilizzato.

Intanto arriva il momento di iscrivere D. alla scuola primaria. Contro il parere dei miei famigliari

decido di fargli frequentare un anno in più alla scuola dell’infanzia. Credo sia stato uno dei

regali migliori che potessi fargli: stare lì un anno in più non ha sicuramente cambiato le sue

difficoltà, ma si sono spezzate alcune dinamiche con certi compagni, ha scoperto la voglia di

disegnare ed è anche cresciuto un po’.

Avere un figlio ADHD vuol dire avere un cuore forte perché il rischio infarto è sempre in

agguato. Sprezzante del pericolo e poco sensibile al dolore, in questi anni ha collezionato un

numero impressionante di botte in varie parti del corpo.

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Inizialmente mi vedo costretta, per motivi di lavoro, a iscrivere mio figlio al tempo pieno della

scuola primaria. Tale scelta si rivela sbagliata (tanto è vero che successivamente optiamo per

il tempo normale). La situazione è critica: D fatica a stare tante ora a scuola, si nasconde sotto

al banco, non riesce a seguire le lezioni, si distrae e distrae i compagni. Ogni giorno le

insegnanti mi fanno un resoconto dei comportamenti inadeguati di mio figlio e andare a

prenderlo a scuola diventa un incubo. Mi arrabbio, lo sgrido e dopo l’ennesimo rimprovero a

causa di comportamenti sbagliati gli dico: “Ma non puoi comportarti come tutti gli altri?” Ancora

le sue parole di risposta mi risuonano nella testa: “Ma io ci provo ad essere bravo, ma non ci

riesco”. Sbam! Un pugno allo stomaco.

Fortunatamente in quei giorni vengono contattata dalla neuropsichiatria infantile. D. inizia il

percorso per essere valutato e dopo diversi incontri viene formulata la diagnosi di ADHD +

DOP. Piango dalla gioia perché sono sollevata, penso che da qui possiamo ripartire e perché

forse come mamma non ho sbagliato tutto.

A livello di apprendimenti D. riesce a stare al passo dei compagni: ama la matematica, è

veloce a leggere e quando riesce a stare concentrato è un alunno brillante e partecipe.

Purtroppo, il suo disturbo non gli permette di stare fermo, seduto e in silenzio: canticchia,

tamburella con le dita, si alza, gli cade l’astuccio...Il rapporto con gli altri è altalenante, ben

sopportato dalle bambine, in qualche modo affascinate dai suoi modi ribelli, poco tollerato da

un gruppetto di maschietti e ben voluto, a fasi alterne, da altri.

Più difficile il rapporto con alcuni genitori e insegnanti.

Non abbiamo mai avuto vita facile e nei diversi contesti si sono ripresentate sempre le stesse

problematiche. Spesso accade che quando provi a spiegare agli altri adulti le caratteristiche di

tuo figlio questi cambiano espressione e sembra che stiano pensando che sei la solita

mamma che vuole giustificare il figlio ad ogni costo. Allora provi con gli esempi, dici che è

impulsivo: prima parla e poi pensa. Che è come un’auto con il motore di una Ferrari, ma i freni

di una Panda.

E ogni tanto qualcuno ti capisce, anche se molte volte ancora no, perché l’ADHD non si vede,

non la riconosci da tratti somatici particolari, da ausili specifici…

In ogni caso io non mi arrendo, lo devo a me, ma soprattutto a lui.

D. adesso ha tredici anni, frequenta la seconda media, è sereno come può esserlo un

adolescente, ha un sacco di amici e ama l’hockey.

Silvia

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CARATTERISTICHE DEI SOGGETTI CON DISTURBO DA DEFICIT

D’ATTENZIONE IPERATTIVITÀ

Prima di affrontare possibili interventi a livello didattico si forniscono alcune indicazioni relative alla definizione dei criteri per individuare un alunno con ADHD. ADHD = Attention Deficit Hiperactivity Disorder = Disturbo da Deficit d’Attenzione /Iperattività.

È un disturbo dello sviluppo neuropsichico. Un alunno con Disturbo da Deficit d’Attenzione Iperattività deve mostrare dei sintomi per almeno sei mesi, con un’intensità che contrasta con il livello di sviluppo. Questi due aspetti sono contemplati nei criteri riportati DSM IV. Le problematiche si evidenziano a livello di: disattenzione – iperattività – impulsività, con frequenza variabile. Di seguito vengono riportati alcuni esempi di comportamenti. Disattenzione:

• non riesce a prestare attenzione ai particolari o commette errori di distrazione;

• ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o nei giochi;

• non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;

• non esegue le istruzioni e non porta a termine gli incarichi;

• ha difficoltà a organizzarsi nei compiti;

• evita di impegnarsi in compiti che richiedono uno sforzo prolungato nel tempo;

• è facilmente distraibile da stimoli estranei. Iperattività:

• muove con irrequietezza mani o piedi;

• fatica a stare seduto;

• gira e salta in modo eccessivo in situazioni in cui ciò è fuori luogo;

• ha difficoltà a giocare o a dedicarsi a divertimenti in modo tranquillo;

• avverte di essere “sotto-pressione”. Impulsività:

• risponde alle domande senza porre sufficiente attenzione alla risposta;

• ha difficoltà a rispettare il turno;

• interrompe gli altri durante le fasi di gioco e/o lavoro. Per capire se si ha di fronte un soggetto con ADHD bisogna osservare il contesto in cui si manifestano i sintomi. Di norma le difficoltà si evidenziano in tutti i contesti. Nel caso in cui le problematiche comportamentali compaiono, ad esempio, solo in un ambito è bene analizzare ciò che succede in quel contesto per capire quali difficoltà stia vivendo la persona. È fondamentale capire se il comportamento problematico ha conseguenze non positive sul mondo che circonda il soggetto e inoltre chiedersi se la caratteristica di iperattività contrasta con il livello di sviluppo.

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Tutti i bambini/adolescenti possono presentare, in determinate situazioni, uno o più dei comportamenti descritti, ma nell’ADHD tali comportamenti sono:

• inadeguati rispetto allo stadio di sviluppo;

• a insorgenza precoce (prima dei 7 anni);

• pervasivi: espressi in diversi contesti (casa, scuola, gioco);

• significativamente interferenti con le attività quotidiane. Per redigere una diagnosi di ADHD è molto importante che i soggetti educativi (genitori, insegnanti…) compilino gli appositi questionari forniti dalla Sanità (ad esempio Scale Conners, CBCL…). Poter ricavare informazioni da diverse persone che operano in diversi contesti è infatti molto utile.

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COSA ACCADE NELLA TESTA DI UN ALUNNO CON ADHD? L’attenzione può essere

• AUTOMATICA

• CONTROLLATA: presuppone la capacità di eliminare degli stimoli per concentrarsi sul compito.

Uno scolaro con ADHD non riesce ad esercitare l’attenzione in modo intenzionale, in quanto vorrebbe prestare attenzione a tutto. Le funzioni esecutive, cioè le competenze indispensabili per attivare, inibire o co-ordinare tutti i comportamenti finalizzati al raggiungimento di uno scopo, maturano durante l’arco evolutivo consentendo di autoregolare il comportamento in base alle richieste ambientali o le necessità personali. Le funzioni esecutive sono strettamente collegate all’attenzione. Nei soggetti con ADHD queste competenze hanno un funzionamento carente, quindi risultano deficitarie.

• Spesso il soggetto non è in grado di realizzare un dialogo interno. Non riesce a dirsi cosa fare e cosa non fare, ha difficoltà a supervisionare ciò che sta facendo e a controllarsi.

• Non sempre è supportato da una adeguata memoria di lavoro. Questo tipo di memoria permette di ricordare lo scopo di un compito, di un gioco, cosa si stia facendo in un preciso momento ecc...

• Risulta essere difficoltosa la generalizzazione degli schemi. S’impara dalla propria esperienza che certe regole valgono a livello generale. Se si è in grado di generalizzare si possono risparmiare energie. L’alunno con ADHD mostra delle difficoltà a generalizzare per questo motivo ogni volta deve ricordarsi come si affronta un determinato compito.

È FONDAMENTALE ESSERE CONSAPEVOLI DEL FATTO CHE I SOGGETTI CON ADHD NON METTONO IN ATTO DI PROPOSITO I COMPORTAMENTI NEGATIVI. Altro aspetto molto importante da tenere in considerazione è che questi scolari hanno una percezione diversa del tempo, il quale risulta essere VELOCIZZATO: tutto deve avvenire in maniera rapida altrimenti si perdono. Tre modalità operativa da non dimenticare:

• essere veloci nell’interazione con gli studenti;

• evitare di dare più comandi alla volta: comandi rapidi e di poche parole;

• gratificare immediatamente il comportamento positivo.

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COME OSSERVARE UN COMPORTAMENTO PROBLEMA Un adulto che si trova a lavorare con un soggetto con ADHD deve mettere in atto i seguenti comportamenti: osservare, capire, anticipare e gestire. Dire: “L’alunno disturba” non è una descrizione funzionale del comportamento in questione. È fondamentale descrivere il comportamento problema in maniera concreta, osservabile e misurabile. L’osservazione del comportamento problematico non deve essere generica, ma fatta con criterio. Schema ABC (Antecedent – Behavior – Consequence)

A B C

Cosa succede prima che si manifesti il comportamento problema?

Quale è il comportamento problematico? Descriverlo in maniera concreta

Cosa succede dopo che si è verificato il comportamento problema? Come reagiscono l’adulto e gli alunni presenti?

Se si riesce ad avere chiaro non solo il comportamento problema, ma anche quali siano stati l’antecedente e la conseguenza si può avere più potere sul comportamento stesso. È molto importante tenere presente un altro aspetto: IL SOGGETTO CON ADHD, come anche tutti gli altri, PIÙ CHE AGIRE, REAGISCE ALLE SITUAZIONI. Quando si manifesta il comportamento problema sarebbe molto utile capirne il MOTIVO- SCOPO. Spesso al soggetto non è chiaro il motivo per cui ha messo in atto il comportamento problematico. Solitamente i comportamenti problema hanno due scopi fondamentali:

▪ cercare di comunicare qualcosa; ▪ autoregolare un’emozione.

Attraverso un’osservazione mirata è possibile capire se sussistono dei comportamenti ricorrenti: se certe dinamiche accadono sempre con la stessa modalità è più facile agire perché si può prevedere e quindi prevenire.

IMPORTANTE: se la reazione dell’adulto al comportamento problema non porta a risultati è necessario cambiare il modo di agire. Non tutti i comportamenti dell’alunno con ADHD sono problematici allo stesso modo.

• Comportamenti lievemente negativi: nonostante siano fastidiosi non provocano danni fisici.

• Comportamenti gravemente negativi: potenzialmente dannosi per il soggetto stesso e per chi sta intorno a lui.

L’alunno con ADHD è in grado di fare qualcosa di buono, anche se spesso si tende a vedere solo gli aspetti problematici.

Affrontare tutte le problematiche contemporaneamente non porta a risultati positivi, ed è bene quindi individuare quali sono i comportamenti che si ritengono maggiormente problematici. Il genitore - insegnante che riesce a gestire un comportamento problematico è perché è stato in grado di anticipare l’emergenza. Quando ci si trova in emergenza l’unica cosa da fare e cercare di tamponare quanto sta succedendo.

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COSA FARE COME INSEGNANTE È possibile individuare 4 macro-strategie per costruire un intervento mirato e circoscritto:

▪ predisporre l’ambiente fisico; ▪ creare un ambiente prevedibile; ▪ concordare delle regole; ▪ premiare il rispetto delle regole.

Predisporre l’ambiente fisico

Non sempre è facile creare un ambiente ideale perché spesso le aule sono piccole e i banchi non si spostano facilmente, ma predisporre un ambiente fisico adeguato è la prima strategia da adottare per aiutare un alunno con ADHD. L’ideale sarebbe poter sistemare i banchi a file e non a ferro di cavallo, in quanto quest’ultimo tipo di disposizione aumenta le possibilità di distrazione.

Alcuni suggerimenti da tenere in considerazione:

▪ vedere il bambino dalla cattedra. Avere il contatto visivo è importante perché permette di anticipare eventuali situazioni problematiche;

▪ raggiungere facilmente l’alunno. L’insegnante deve essere in grado, in qualsiasi momento, di poter raggiungere l’alunno nel minor tempo possibile;

▪ posizionare lo scolaro vicino a compagni tranquilli e non in prossimità di una finestra;

▪ evitare distrattori. Nel limite del possibile sistemare l’alunno lontano da cestini e materiali di vario genere. I cartelloni sarebbe bene fossero posizionati dietro al bambino e ci fossero davanti solo quelli che riguardano l’organizzazione della giornata.

Creare ruotine prevedibili È importante creare prevedibilità con lo scopo di realizzare un ambiente che possa aiutare il soggetto a rispondersi a domande quali ad esempio: “Cosa faccio io qui? - Cosa succederà oggi? ...” Bisogna all’inizio della giornata chiarire subito quale sarà il programma e cosa ci si aspetterà dall’alunno. Per fare ciò potrebbero tornare molto utili le immagini raffiguranti le varie attività. Il soggetto con ADHD in questo modo è messo nella condizione di capire che l’energia che “sente dentro” non è negativa, ma che questa deve essere finalizzata alla realizzazione di compiti precisi. È molto importante organizzare ogni periodo della giornata e ridurre al minimo i momenti non strutturati. Esplicitare al soggetto le diverse attività della giornata e, se possibile, prevedere anche i momenti di pausa. Le lezioni dovrebbero iniziare sempre allo stesso modo, ad esempio facendo controllare i materiali necessari per svolgere la lezione (problematica spesso molto presente negli alunni con ADHD). Molto importante è riservare un momento specifico per i compiti a casa: sarebbe bene non assegnarli a fine lezione

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Altro aspetto molto utile, sempre legato al concetto di prevedibilità, è CHIARIRE LA DIFFICOLTÀ E LUNGHEZZA DEL COMPITO (ad esempio utilizzare un semaforo e/o delle frecce).

Concordare regole

È fondamentale fissare delle regole, anche se bisogna darle con criterio. Le regole devono avere un senso per tutte la classe, per questo motivo è bene chiedersi perché si sta proponendo quella regola. La regola è astratta, perciò deve essere tradotta in una serie di comportamenti concreti. Per la definizione delle regole risulta molto importante ricorre a IMMAGINI. Fornire troppe regole risulta essere scoraggiante per l’alunno con ADHD, perché non riesce a rispettarle. Quindi è bene dare poche regole ed è auspicabile formularle in maniera positiva. Ad esempio: negativa = “Non parlare senza alzare la mano” positiva = “Alza la mano prima di parlare”. Aumentare i comportamenti positivi con il rinforzo

È fondamentale rinforzare il comportamento adeguato, affinché questo si ripeta con più frequenza. Per questo motivo può essere utile creare un sistema di rinforzo a punti, che preveda l’acquisizione di punteggi o bollini al compimento del comportamento desiderato. Raggiunto un certo numero di punti il soggetto può scambiarli con un premio concordato (token economy). È possibile utilizzare questo tipo di strategia con tutta la classe.

Evitare di mettere in competizione i singoli individui, perché l’alunno con ADHD sa che in lui c’è qualcosa che non va e quindi si sentirebbe già scoraggiato in partenza. Di norma fare paragoni tra alunni non risulta essere una strategia efficace. Se, però, il paragonare ha lo scopo di fornire un modello da seguire, allora sarebbe bene mettere in atto questa strategia quando è lo scolaro con ADHD ad essere da modello. In questo modo l’insegnante fa passare il messaggio: “Anche tu ce la puoi fare, anche tu sei capace”. Molto importante è anche la formulazione del feedback, un generico “Bravo, molto bene” non aiuta il soggetto a capire quali comportamenti abbia messo in atto correttamente e non spiega all’alunno il motivo per cui lo si stia premiando. Quando il docente fornisce un feedback è bene che espliciti le azioni positive che l’alunno ha compiuto: “Ottimo lavoro, perché sei riuscito a portare a termine quanto richiesto nei tempi stabiliti e in maniera corretta” Le azioni degli insegnanti devono essere, quindi, finalizzate alla costruzione di un dialogo interno da parte dell’alunno. Se lo studente riesce a crearsi un dialogo interno, questo ha delle ripercussioni positive sulla capacità di autocontrollo – autoregolazione.

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Gratificare i comportamenti positivi anche se appena accennati È fondamentale gratificare i vari comportamenti, anche se questi sono appena accennati. Allo scopo di aumentare i comportamenti positivi sarebbe opportuno gratificare eventuali atteggiamenti anche se non contemplati da regole preventivamente stabilite. In prima istanza è bene utilizzare le gratificazioni verbali, ma se queste non dovessero essere sufficienti allora si potrebbero introdurre anche quelle collegate al sistema di rinforzo a punti. Esempio di situazione: L’alunno non riesce a stare seduto. Nel momento in cui questi rimanesse anche solo per poco tempo al proprio posto, bisognerebbe gratificarlo. Il rinforzo positivo deve essere dato anche se l’insegnante vorrebbe che lo scolaro riuscisse a stare seduto per tempi più dilatati. Se il comportamento che si vuole ottenere è complesso, allora sarebbe opportuno suddividerlo in sotto-obiettivi. È importante iniziare a piccoli passi, seguendo il PRINCIPIO DI GRADUALITÀ, cioè lavorare su un comportamento alla volta. Solo quando il comportamento desiderato è stato acquisito allora si può passare a quello successivo. Il voler risolvere contemporaneamente tutte le problematicità ha come risultato un gran dispendio di energie, ma non porta ai risultati desiderati. Se si utilizza il sistema di rinforzo a punti, si possono stabilire premi e punteggi diversi a seconda del comportamento che verrà messo in atto. IL PREMIO DEVE ESSERE REALMENTE GRATIFICANTE: per questo motivo è molto importante coinvolgere i genitori. Una strategia potrebbe essere quella di dire all’alunno: “Raggiunti cinque punti, riceverai una stellina che potrai portare a casa e i genitori ti premieranno”. Premiare i comportamenti positivi, in particolare quelli che sono adeguati al contesto classe e che permettono allo scolaro di portare avanti il compito che deve svolgere. IL COMPORTAMENTO DEVE ESSERE PREMIATO APPENA SI VERIFICA, e in base alla difficoltà del compito richiesto le diverse attività devono essere intervallate da PAUSE. A un alunno iperattivo deve essere concesso di potersi muovere, e non deve mai essere punito se fatica a stare fermo, proprio come non si punisce un bambino dislessico perché non sa leggere. VARIARE I PREMI: dopo un po’ di tempo è bene cambiare i premi perché questi perdono di efficacia. Cosa evitare di fare

È molto importante non cadere in FALSE GRATIFICAZIONI, cioè dire a parole qualcosa, ma dimostrare il contrario con l’atteggiamento non verbale. Quando si forniscono feedback è bene tenere presente che nel comunicare noi crediamo sempre di più all’aspetto non verbale piuttosto che verbale. NON RINFORZARE I COMPORTAMENTI NEGATIVI: ad esempio allontanare l’alunno dall’aula può essere vissuto come un premio e non come una punizione.

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NON PROMETTERE PREMI AFFINCHÈ IL COMPORTAMENTO NEGATIVO VENGA INTERROTTO: in questo caso si corre il rischio di insegnare allo scolaro il meccanismo del ricatto. Non dimenticare che:

▪ spesso il comportamento non corretto è una reazione a un determinato contesto piuttosto che a un’azione;

▪ è fondamentale osservare in maniera accurata con quale frequenza e in quali momenti si manifesta il comportamento problema;

▪ una volta osservato in maniera accurata il comportamento problematico, decidere come ridurlo. Se ignoralo, togliere un privilegio (costo della risposta) oppure applicare un time out.

Ignorare

Si apprendono molti comportamenti perché l’ambiente premia quando questi vengono messi in atto; se tali atteggiamenti non vengono rinforzati allora si smette di adottarli. Quando il comportamento è fastidioso, ma non è dannoso per l’alunno o per gli altri allora si può ignorare. È bene tenere presente che se a un comportamento problema a cui si è data attenzione fino a poco prima, improvvisamente viene ignorato, probabilmente, in un primo periodo, si avrà un aumento di quel comportamento problema. È fondamentale che TUTTE LE FIGURE EDUCATIVE IGNORINO QUEL DETERMINATO COMPORTAMENTO. Costo della risposta

Piuttosto che punire è meglio togliere un privilegio: è molto importante chiarire all’alunno il motivo per cui gli si toglie il privilegio. Dire “Ti tolgo questa cosa perché tu sai il motivo per cui lo faccio” non è funzionale per l’alunno. È bene sempre ricordare che non si gioca a “vincere e perdere” e quindi l’adulto non deve mostrare soddisfazione o rabbia perché sta togliendo un privilegio. Nel caso si utilizzi la token economy si toglie un gettone. IMPORTANTE: se si decide di togliere il privilegio bisogna essere FERMI e COERENTI. Se si pensa di non essere in grado di mantenere la decisione presa, allora è bene optare per una scelta differente. Time out Questa è una strategia da mettere in atto quando l’alunno manifesta un comportamento dannoso per sé e per gli altri. Bisogna stare molto attenti a non abusare di questa strategia trasformandola in una punizione. Prevede di far sedere il soggetto su di una sedia, per alcuni minuti (da 2 a 5) senza che si impegni in nessuna attività, in silenzio e senza lasciare la sedia. Se non sta tranquillo seduto e si oppone, allora si utilizza la perdita del privilegio associata al time out. È importante comunicare all’alunno il motivo per cui lo si porta a sedere sulla “sedia di raffreddamento” e tale spiegazione deve essere comunicata nuovamente alla

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fine del tempo stabilito per il time out. Nel caso in cui il soggetto non restasse seduto per il tempo stabilito allora si azzererà il timer e si ricomincerà.

La strategia del time out prevede le seguenti indicazioni: ▪ adatta agli scolari tra i 3 – 12 anni; ▪ deve essere breve; ▪ utile utilizzare un timer; ▪ comunicare il messaggio: “Questo comportamento che hai messo in atto è

inaccettabile, allora bisogna interromperlo subito”; ▪ scegliere un posto noioso e monotono; ▪ portare subito l’alunno al posto del time out; ▪ utilizzare poco tempo e poche parole per comunicare al soggetto che verrà

utilizzata la strategia del time out; ▪ evitare discussioni; ▪ usare sedia o sgabello; ▪ chiedere allo studente, alla fine del tempo, il motivo per cui ha dovuto stare seduto.

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SUGGERIMENTI PRATICI DA ADOTTARE IN CLASSE Tali suggerimenti sono da adattare a seconda dell’età anagrafica del soggetto, alla gravità e al contesto. Come richiamare l’attenzione in classe

▪ Essere un po’ attori: aggiungere mimica e teatralità alle proprie spiegazioni; ▪ porre domande interessanti: su cui si può ragionare, parlare senza svelare subito

ciò di cui si parlerà; ▪ gessi colorati: per fissare alla lavagna alcuni concetti e per prendere appunti; ▪ dose di mistero: utilizzare ad esempio borse o scatole per nascondere il concetto

principale o l’argomento della lezione; ▪ variare il tono: un tono monotono non è efficace, fa “addormentare” quelli che non

sono iperattivi e distrarre quelli che sono iperattivi; ▪ dare segnali che richiamino l’attenzione: ad es. “Aprire le orecchie”; ▪ creare aspettativa ed entusiasmo.

Come aiutare a focalizzare l’attenzione

▪ Essere sempre visibili; ▪ la voce deve poter raggiunger tutti; ▪ controllare eventuali fonti di rumore; ▪ assicurarsi che quando viene assegnato un compito questo sia

effettivamente compreso. Potrebbe essere utile chiedere al soggetto di ripetere quanto detto, senza però utilizzare la formula: “Marco ripeti, così vediamo se sei stato attento”;

▪ fare molti esempi e dimostrazioni pratiche; ▪ utilizzare supporti visivi: schemi – immagini – oggetti – parole chiave.

Aiutare a comprendere un testo

Per aiutare l’alunno con ADHD a comprendere un testo risulta utile pianificare una serie di attività preparatorie alla lettura ad esempio:

▪ analizzare le figure; ▪ leggere i box; ▪ recuperare le conoscenze legate all’argomento; ▪ fare ipotesi in merito al contenuto del testo; ▪ …

Durante la lettura è utile poi fare delle pause, con lo scopo di chiedersi come si procede con la comprensione. È bene che l’insegnante sia sempre molto preparato sulla lezione: questo permette di limitare i tempi vuoti. Altro aspetto molto importante è la definizione del tempo necessario per svolgere una determinata attività. Nel limite del possibile evitare gli imprevisti. Prediligere domande che presuppongano risposte aperte, in questo modo è più facile lasciare spazio alla discussione. Ridurre il più possibile il tempo delle spiegazioni orali.

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Utilizzare lavori in piccolo gruppo, avendo cura di assegnare a ciascun membro un ruolo preciso. Proporre attività sotto forma di gioco. QUANDO SI VERIFICA UN COMPORTAMENTO NEGATIVO RICHIAMARE IN MODO IMMEDIATO – DIRETTO E CONCRETO L’ALUNNO. Utilizzare sempre il nome dello studente per richiamare la sua attenzione. Gestire il resto della classe

Un problema che spesso emerge è quello relativo al rinforzare attraverso premi il soggetto con ADHD e non il resto della classe: “Come giustificare il fatto che un bambino venga premiato per qualcosa che gli altri invece mettono in atto in modo frequente?” È possibile, ad ogni modo, mettere in atto la token economy per tutta la classe, individuando per ciascun alunno obiettivi diversi. È FONDAMENTALE COMUNICARE AGLI ALLIEVI CHE LO SFORZO E L’IMPEGNO SONO GLI ASPETTI CHE VENGONO PREMIATI: è vero che lo studente con ADHD riesce a fare di rado ciò che gli altri fanno abbastanza spesso, ma la riuscita nel compito gli richiede un grande sforzo.

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MISSIONE COMPITI: COME SOPRAVVIVERE Svolgere i compiti presuppone la capacità di tenere in considerazione tantissime informazioni. I compiti sono una sfida molto complessa: il soggetto con ADHD presenta, spesso, una grossa difficoltà a gestire in modo adeguato il materiale. Svolgere i compiti assegnati presuppone il rispettare un impegno preso e portarlo a termine in maniera organizzata. Compito dell’adulto è sostenere lo studente e fornirgli l’aiuto necessario affinché possa diventare sempre più autonomo nel portare a termine quanto richiesto. Per autonomia si intende anche: AIUTARE L’ALUNNO A CHIEDERE AIUTO, ad essere in grado di capire quando ha bisogno del supporto di una figura adulta per svolgere quanto richiesto. É importante FOCALIZZARE L’ATTENZIONE SUI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA DELL’ALUNNO RISPETTO ALLO STUDIO. Per alcuni allievi è difficile stare seduti, per altri mantenere l’attenzione a lungo sul compito ecc…

Trucchetti e strategie DOVE: è importante che i compiti vengano svolti in un ambiente adeguato. Il posto dovrebbe essere sempre lo stesso e il soggetto deve avere, comunque, la possibilità di muoversi: “Hai il diritto di fare i compiti come vuoi, non devi per forza stare fermo o seduto, ma devi comunque imparare a regolare il tuo comportamento all’interno di una regola” (compromesso tra ciò che si aspetta l’ambiente e quello che istintivamente farebbe il soggetto) Assicurarsi che sulla scrivania/banco ci sia SOLO il materiale necessario per lo svolgimento dell’attività

COSA: sarebbe utile avere un calendario settimanale su cui riportare i compiti assegnati e attaccarlo vicino alla scrivania. COME: identificare i passi necessari per svolgere il compito. Il non sapere quanto tempo sarà necessario per completare l’attività e quante energie (difficoltà) saranno necessarie non aiuta il soggetto. Per l’alunno è importante sapere cosa fare, come realizzarlo e controllare alla fine il prodotto. Per un soggetto con deficit di autoregolazione è molto complesso restare attento, per questo motivo si potrebbero concordare con lui alcune strategie.

▪ Fare un accordo segreto con un adulto: insegnare allo studente che si può fidare dell’aiuto dell’adulto. “Chi ti aiuta nello svolgimento dei compiti farà un segnale speciale (concordato) ogni volta che stai per perdere la concentrazione”. Gli alunni con ADHD faticano a chiedere aiuto, per questo motivo potrebbe essere motivante trasmettere l’idea di “sfruttare l’adulto”.

▪ Muoversi stando fermo: esercizi fisici da svolgere stando seduto (ad es. sollevarsi

con le mani dalla sedia – premere i palmi delle mani uno contro l’altro…)

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▪ Fare un piano delle fasi: pianificare il lavoro da svolgere prevedendo anche brevi

e numerose pause. ORGANIZZAZIONE: gli studenti con ADHD, spesso, sono disorganizzati NON PER CATTIVA VOLONTÀ. È un deficit tipico di questo disturbo. É molto importante lavorare sulla MOTIVAZIONE. La preparazione dello zaino spesso risulta essere un’operazione molto complessa. Potrebbe essere utile suggerire all’allievo la seguente strategia: cartellone con elenco del materiale necessario per ogni singola materia più cartellone su cui è riportato l’orario scolastico settimanale.

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NORMATIVA SCOLASTICA RELATIVA ALL’ADHD Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) ha negli ultimi anni emanato alcune circolari relative all’inclusione scolastica degli alunni con ADHD. Ad oggi, le indicazioni più importanti per la gestione dei soggetti con ADHD in classe sono contenute nei seguenti documenti:

• Circolare del 19/04/2012, Oggetto: Piano didattico personalizzato per alunni con ADHD (Chiarimenti)

• Circolare 20/03/2012, Oggetto: Piano didattico personalizzato per alunni con ADHD

• Nota del 17/11/2010, Oggetto: Sintomatologia dell’ADHD in età prescolare. Continuità tra scuola dell’infanzia e scuola primaria

• Circolare del 15/06/2010, Oggetto: Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività.

• Circolare del 4/12/2009, Oggetto: Problematiche collegate alla presenza nelle classi di alunni affetti da sindrome ADHD.

• Circolare del 1/04/2009, Oggetto: Bambini affetti da sindrome ADHD - Sindrome da deficit di attenzione/iperattività Indicazioni Organizzative.

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BIBLIOGRAFIA - SITOGRAFIA

• Anna La Prova “ADHD Disturbo da deficit d’attenzione e Iperattività. Tutto ciò che devi sapere, fare, evitare”, edizioni For e Psy

• AA.VV. “ADHD a scuola Strategie efficaci per gli insegnanti - Le guide Erickson”, 2013, Erickson

• Materiale informativo realizzato nell’ambito del progetto Regionale «Condivisione di percorsi diagnostico-terapeutici per l’ADHD in Regione Lombardia» http://www.istruzione.lombardia.gov.it/sondrio/wpcontent/uploads/2013/11/ADHD_Guida-per-l_insegnante.pdf

Il presente manuale riassume parti liberamente tratte dal libro “ADHD Disturbo da deficit

d’Attenzione Iperattività. Tutto ciò che devi sapere, fare, evitare” di Anna La Prova edizioni

For e Psy”

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Servizio Inclusione Direzione Istruzione e Formazione italiana

www.provincia.bz.it/scuola-italiana

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