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LA STAMPA MERCOLEDÌ 15 LUGLIO 2015 . TuttoScienze . 29 dell’altruismo in natura: la se- lezione parentale, ossia il rico- noscimento inconsapevole del- la presenza dei propri geni nei parenti stretti, che sarebbe al- la base dell’accudimento della prole (e della sua degenerazio- ne nel nepotismo), e l’altruismo reciproco, una teoria che inter- preta le azioni altruistiche co- me un gioco di crediti che ci si aspetta saranno ricambiati in un secondo tempo. Wilson ammette entrambe le teorie, ma ritiene che, da so- le, queste non siano sufficienti a spiegare la diffusione di for- me importanti di altruismo: «Non penso che l’azione di una persona che fa da scudo ad amici o sconosciuti a prezzo della propria vita possa essere «G li egoisti prevalgo- no all’interno di gruppi isolati, ma i gruppi che hanno altruisti al loro interno hanno la meglio su quelli nei quali prevalgono gli egoisti. Per questo motivo gli altruisti, in una specie so- ciale come la nostra, sono te- nuti in grande considerazione. Così gli altruisti, nel corso del- l’evoluzione, hanno ottenuto molti vantaggi, tra cui l’acces- so alla riproduzione, diffon- dendo ulteriormente l’altrui- smo». Chi parla, dal suo studio nella Binghamton University dello Stato di New York, è Da- vid Sloan Wilson, uno dei più importanti sostenitori della selezione multilivello. Negli ultimi 150 anni si è molto discusso su quale fosse l’«oggetto» colpito dalla sele- zione naturale: se il gene, co- me sostenevano William Ha- milton, Richard Dawkins e al- tri teorici del «gene egoista», oppure gli organismi, i gruppi o persino le specie intere. Ma ora sembra superata la posi- zione estrema del gene (egoi- sta) come unica unità di sele- zione. In occasione del 30° an- niversario del- la pubblicazio- ne de «Il gene egoista» lo s t e s s o Dawkins ha in- fatti aggiusta- to il tiro, facen- do una parzia- le autocritica e parlando di «gene coopera- tivo», più che egoista, e di sele- zione che, quindi, si svolge su due oggetti contemporanea- mente: oltre che sul gene, an- che sull’organismo nel suo complesso. l P EVOLUZIONISMO spiegata con l’altruismo reci- proco e neppure con l’altrui- smo di parentela. È necessario usare linguaggi diversi per co- se diverse. Un unico linguaggio non è sufficiente per descrive- re la complessità del mondo». La teoria della selezione di gruppo, tuttavia, non spiega solo la nascita dell’altruismo, ma anche i conflitti sociali che esistono nella specie umana dall’inizio della storia. Nel cor- so dell’evoluzione si è passati da una guerra endemica tra tribù, formate da poche decine di persone, a conflitti sociali di ampia portata. Uno dei motivi dell’allargamento dei conflitti sta nel fatto che, nel tempo e grazie ai mezzi di comunicazio- ne, l’identità di gruppo si è estesa a nazioni composte da decine o centinaia di milioni di persone. Se la teoria della sele- zione di gruppo è vera, non possiamo che aspettarci altre guerre, che tenderanno a scomparire solo quando l’iden- tità di gruppo sarà estesa a tut- ta l’umanità. Si tratta di un processo in corso, la cui solu- zione positiva non è scontata, ma neppure impossibile. MAURILIO ORBECCHI Altruisti sì, senza esagerare Il rischio è diventare talebani Meccanismo La selezione naturale darwiniana agisce su tutti i livelli di organizza- zione della vita biologica e culturale: sui geni ma anche su popolazioni e specie Dai geni alle tribù: le ultime scoperte sulla selezione di gruppo nParlandone in generale, la medicina medie- vale non si fa rimpiangere: era un misto di pozioni orrende, ferri chirurgici arrugginiti e pratiche de- leterie sopravvissute per secoli alla loro compro- vata inutilità o dannosità. Basti pensare ai salassi da omicidio e alle sanguisughe per uso terapeuti- co. Ma non tutto era da buttare e nel volume di antica medicina anglosassone «Bald’s Lee- chbook» si possono trovare anche dei rimedi di stupefacente efficacia. LUIGI GRASSIA Uno è stato identificato dall’università di Nottin- gham, mettendo assieme le competenze degli esperti di anglistica e quelle del dipartimento di medicina. È risultato che una pomata che il Lee- chbook consigliava per curare alcune infezioni agli occhi funziona da antibiotico contro lo strafilococ- co aureo. E questo è un microrganismo responsa- bile di molte infezioni, dalla polmonite all’endocar- dite e alla setticemia. Provata sui topi, la pozione del Leechbook ha ucciso il 90% degli agenti pato- geni. La notizia è particolarmente gradita, perché lo strafilococco aureo è diventato, con il tempo, molto resistente agli antibiotici oggi disponibili. Un dubbio: il Bald’s Leechbook è a disposizione de- gli studiosi nella British Library da generazioni. Ep- pure l’efficacia di questa pomata è stata riscoperta solo adesso. Come mai? La professoressa Christina Lee, che a Nottingham studia il Medioevo, spiega che per lavorare sulla ricetta (lunga e complicata) ha dovuto fare non solo una traduzione ma anche una difficile identificazione degli ingredienti, che ricordano più gli intrugli delle streghe che le pre- scrizioni dei farmacisti. Poi la microbiologa Freya Harrison ha provato la miscela sullo strafilococco, scoprendo che l’efficacia antibiotica non viene da un singolo componente, ma da tutto l’insieme, ben progettato. «E questo - commenta la Harrison - è ancora più sorprendente». Bald’s Leechbook È un trattato di medicina del X secolo scritto in Old English e conservato alla British Library La pozione medievale con ingredienti da strega ci regala un antibiotico contro lo strafilococco aureo David Sloan Wilson, insieme con molti altri evoluzionisti, tra cui il famoso e omonimo ento- mologo Edward O. Wilson, al- largano an- cora di più questa visio- ne plurali- sta, soste- nendo che la selezione naturale darwiniana agisce su tutti i livelli di organiz- zazione della vita biologica e culturale: sui geni e sugli organi- smi, ma anche su cellule, popo- lazioni e specie. In particolare è la competizione tra gruppi di in- dividui che spiega l’altruismo, scrive Wilson nel suo «L’altrui- smo: la cultura, la genetica e il benessere degli altri», appena uscito per Bollati Boringhieri. Wilson sa bene che in un ani- male complesso come l’Homo sapiens possono essere presen- ti motivazioni differenti e che ciò che appare altruistico a li- vello di azione può invece esse- re egoistico a livello di pensiero (per esempio per ottenere la salvezza dell’anima o per fissa- re il proprio ricordo nel mondo terreno). Proprio per non in- correre in simili contestazioni, sceglie quindi di limitare il suo discorso all’altruismo come azione, che è poi l’unica forma di altruismo che davvero inte- ressa agli altri. In questo senso il massimo altruismo è quello che limita la propria probabili- tà di sopravvivenza per favori- re quella di altri. Tuttavia, sen- za arrivare a questo estremo, «esiste comunque un altruismo cooperativo piuttosto ricono- scibile e condivisibile: io mi ri- ferisco a questo - dice Wilson -. Per una persona che ha bisogno di soldi, l’importante è che que- sti arrivino. Non importa se so- no donati per salvarsi l’anima, per diventare famoso come be- nefattore o per un senso di do- vere morale». Naturalmente anche gli evo- luzionisti che non ammettono la selezione multilivello sono consapevoli della presenza di azioni altruistiche nella vita so- ciale. Esistono infatti altre due teorie per spiegare il fenomeno David Sloan Wilson Biologo RUOLO: È PROFESSORE DI SCIENZE BIOLOGICHE ALLA BINGHAMTON UNIVERSITY (USA) IL LIBRO: «L’ALTRUISMO» BOLLATI BORINGHIERI l P CHIRURGIA FABIO DI TODARO S i avvantaggiano tutti: i medici che intervengo- no con maggiore preci- sione e i pazienti che soffrono meno e guariscono più velo- cemente. L’utilizzo del robot in medicina è realtà. Nel 2013 sono stati 450mila gli interventi effet- tuati con il robot, nel mondo. E in Italia, dalla fine degli Anni 90 a oggi, quasi 60 mila sono state le operazioni con- dotte con il «Da Vinci»: di cui quasi 10 mila ne- gli ultimi 12 mesi. Come ri- cordava già nel 2012 il «New En- gland Journal of Medicine», oggi i chirurghi hanno a di- sposizione nel loro arsenale oltre 2500 procedure diffe- renti. La svolta è arrivata con la laparoscopia. Poi scoc- cò l’ora della toracoscopia, che avrebbe aperto una nuova strada d’accesso ai polmoni. L’impiego del robot è l’ultima tappa di un processo evolutivo che Gianluigi Melotti, presi- dente dell’Associazione chi- rurghi ospedalieri italiani, de- finisce «irre- versibile e non ancora com- pleto. Non so fino a che pun- to si specializ- zerà, ma que- sto strumento è il presente e il futuro della chirurgia». Il «Da Vinci» - chiamato così in omaggio a Leonardo che progettò i primi robot - è un’estensione dello specialista. L’operatore osser- va il punto di intervento attra- verso un monitor che restitui- sce l’immagine 3D e opera con i quattro bracci da una conso- le. Alle estremità c’è tutto l’oc- corrente: per incidere e sutu- rare. Nel corpo del paziente entrano attrezzi minuscoli, senza bisturi. Il robot non si stanca, au- menta il raggio d’azione del chirurgo - la mano robotica ruota di 360° -, riduce il san- guinamento e i tempi di ospe- dalizzazione. A ciò si aggiun- ge anche la possibilità di ela- borare una serie di indagini sul paziente prima dell’inter- vento stesso. Seguendo l’evo- luzione della laparoscopia, che negli Anni 80 segnò una rivoluzione, l’uso del robot ha affinato sempre di più l’ap- proccio chirurgico. I benefici, però, non sono a disposizione di tutti. L’Italia conta 77 «Da Vinci», irrego- larmente distribuiti, con To- scana e Lombardia che fungo- no da poli di attrazione. In Eu- ropa solo la Germania ne ha di più. Nel mondo a precederci sono Usa e Giappone. Con il robot - ricorda Melot- ti - «si potrebbero effettuare più del 70% degli interventi di chirurgia generale». Alcuni - dalla chirurgia addominale a quella urologica, soprattutto a carico di prostata e utero - vengono oggi effettuati quasi esclusivamente in questo mo- do. Ma la diffusione nella Peni- sola è a macchia di leopardo, se in Campania ce n’è solo uno e in Lombardia ci sono ospedali che ne hanno anche due. E il regime di monopolio in cui opera l’azienda che produce il «Da Vinci» - la Intuitive Surgi- cal - non favorisce la diffusio- ne. Il freno è quello dei costi, se il solo acquisto oggi supera i due milioni di euro e un inter- vento può valere una cifra dop- pia rispetto allo stesso effet- tuato in modo tradizionale. Solo quando scadranno i brevetti i prezzi caleranno. «Allora i robot diventeranno i chirurghi del futuro», chio- sa Melotti. Il prossimo passo - sostengono i «Davincisti» - sarà la chirurgia «a sito uni- co»: permetterà di interveni- re sugli organi dell’apparato digerente da un solo punto d’accesso. Con i robot in sala operatoria è meglio Ma allora perché sono così pochi? La fantascienza è tra noi: in Lombardia sì, in Campania no Gianluigi Melotti Chirurgo RUOLO: È PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE CHIRURGHI OSPEDALIERI ITALIANI «Da Vinci»: il robot che diventa un’estensione del chirurgo TONY KARUMBA/AFP/GETTY

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Page 1: Altruistisì,senzaesagerare Ilrischioèdiventaretalebani fileLASTAMPA MERCOLEDÌ15LUGLIO2015.Tutto Scienze.29 dell’altruismo in natura: la se-lezione parentale, ossia il rico-noscimento

LA STAMPAMERCOLEDÌ 15 LUGLIO 2015 .TuttoScienze .29

dell’altruismo in natura: la se-lezione parentale, ossia il rico-noscimento inconsapevole del-la presenza dei propri geni neiparenti stretti, che sarebbe al-la base dell’accudimento dellaprole (e della sua degenerazio-ne nel nepotismo), e l’altruismoreciproco, una teoria che inter-preta le azioni altruistiche co-me un gioco di crediti che ci siaspetta saranno ricambiati inun secondo tempo.

Wilson ammette entrambele teorie, ma ritiene che, da so-le, queste non siano sufficientia spiegare la diffusione di for-me importanti di altruismo:«Non penso che l’azione di unapersona che fa da scudo adamici o sconosciuti a prezzodella propria vita possa essere

«G li egoisti prevalgo-no all’interno digruppi isolati, ma i

gruppi che hanno altruisti alloro interno hanno la megliosu quelli nei quali prevalgonogli egoisti. Per questo motivogli altruisti, in una specie so-ciale come la nostra, sono te-nuti in grande considerazione.Così gli altruisti, nel corso del-l’evoluzione, hanno ottenutomolti vantaggi, tra cui l’acces-so alla riproduzione, diffon-dendo ulteriormente l’altrui-smo». Chi parla, dal suo studionella Binghamton Universitydello Stato di New York, è Da-vid Sloan Wilson, uno dei piùimportanti sostenitori dellaselezione multilivello.

Negli ultimi 150 anni si èmolto discusso su quale fossel’«oggetto» colpito dalla sele-zione naturale: se il gene, co-me sostenevano William Ha-milton, Richard Dawkins e al-tri teorici del «gene egoista»,oppure gli organismi, i gruppio persino le specie intere. Maora sembra superata la posi-zione estrema del gene (egoi-sta) come unica unità di sele-zione. In occasione del 30° an-niversario del-la pubblicazio-ne de «Il geneegoista» los t e s s oDawkins ha in-fatti aggiusta-to il tiro, facen-do una parzia-le autocritica eparlando di«gene coopera-tivo», più che egoista, e di sele-zione che, quindi, si svolge sudue oggetti contemporanea-mente: oltre che sul gene, an-che sull’organismo nel suocomplesso.

lP EVOLUZIONISMO

spiegata con l’altruismo reci-proco e neppure con l’altrui-smo di parentela. È necessariousare linguaggi diversi per co-se diverse. Un unico linguaggionon è sufficiente per descrive-re la complessità del mondo».

La teoria della selezione digruppo, tuttavia, non spiegasolo la nascita dell’altruismo,ma anche i conflitti sociali cheesistono nella specie umanadall’inizio della storia. Nel cor-so dell’evoluzione si è passatida una guerra endemica tratribù, formate da poche decinedi persone, a conflitti sociali diampia portata. Uno dei motividell’allargamento dei conflittista nel fatto che, nel tempo egrazie ai mezzi di comunicazio-ne, l’identità di gruppo si èestesa a nazioni composte dadecine o centinaia di milioni dipersone. Se la teoria della sele-zione di gruppo è vera, nonpossiamo che aspettarci altreguerre, che tenderanno ascomparire solo quando l’iden-tità di gruppo sarà estesa a tut-ta l’umanità. Si tratta di unprocesso in corso, la cui solu-zione positiva non è scontata,ma neppure impossibile.

MAURILIO ORBECCHI

Altruisti sì, senzaesagerareIl rischioèdiventare talebani

MeccanismoLa selezione

naturaledarwiniana

agisce su tuttii livelli di

organizza­zione della

vita biologicae culturale:

sui genima anche supopolazioni

e specie

Dai geni alle tribù: le ultime scoperte sulla selezionedi gruppo

lPlPSCIENZEnParlandone in generale, la medicina medie­vale non si fa rimpiangere: era un misto di pozioniorrende, ferri chirurgici arrugginiti e pratiche de­leterie sopravvissute per secoli alla loro compro­vata inutilità o dannosità. Basti pensare ai salassida omicidio e alle sanguisughe per uso terapeuti­co. Ma non tutto era da buttare e nel volume diantica medicina anglosassone «Bald’s Lee­chbook» si possono trovare anche dei rimedi distupefacente efficacia.

LUIGI GRASSIA Uno è stato identificato dall’università di Nottin­gham, mettendo assieme le competenze degliesperti di anglistica e quelle del dipartimento dimedicina. È risultato che una pomata che il Lee­chbook consigliava per curare alcune infezioni agliocchi funziona da antibiotico contro lo strafilococ­co aureo. E questo è un microrganismo responsa­biledimolte infezioni,dallapolmoniteall’endocar­dite e alla setticemia. Provata sui topi, la pozionedel Leechbook ha ucciso il 90% degli agenti pato­geni. La notizia è particolarmente gradita, perchélo strafilococco aureo è diventato, con il tempo,

molto resistente agli antibiotici oggi disponibili.Un dubbio: il Bald’s Leechbook è a disposizione de­gli studiosi nella British Library da generazioni. Ep­pure l’efficacia di questa pomata è stata riscopertasolo adesso. Come mai? La professoressa ChristinaLee, che a Nottingham studia il Medioevo, spiegache per lavorare sulla ricetta (lunga e complicata)ha dovuto fare non solo una traduzione ma ancheuna difficile identificazione degli ingredienti, chericordano più gli intrugli delle streghe che le pre­scrizioni dei farmacisti. Poi la microbiologa FreyaHarrison ha provato la miscela sullo strafilococco,scoprendo che l’efficacia antibiotica non viene daun singolo componente, ma da tutto l’insieme,benprogettato.«Equesto­commenta laHarrison­è ancora più sorprendente».

Bald’sLeechbookÈ un trattatodi medicinadel X secolo

scritto inOld English

e conservatoalla British

Library

La pozione medievale con ingredienti da stregaci regala un antibiotico contro lo strafilococco aureo

David Sloan Wilson, insiemecon molti altri evoluzionisti, tracui il famoso e omonimo ento-mologo Edward O. Wilson, al-

largano an-cora di piùquesta visio-ne plurali-sta, soste-nendo che las e l e z i o n en a t u r a l edarwinianaagisce sututti i livellidi organiz-

zazione della vita biologica eculturale: sui geni e sugli organi-smi, ma anche su cellule, popo-lazioni e specie. In particolare èla competizione tra gruppi di in-dividui che spiega l’altruismo,

scrive Wilson nel suo «L’altrui-smo: la cultura, la genetica e ilbenessere degli altri», appenauscito per Bollati Boringhieri.

Wilson sa bene che in un ani-male complesso come l’Homosapiens possono essere presen-ti motivazioni differenti e checiò che appare altruistico a li-vello di azione può invece esse-re egoistico a livello di pensiero(per esempio per ottenere lasalvezza dell’anima o per fissa-re il proprio ricordo nel mondoterreno). Proprio per non in-correre in simili contestazioni,sceglie quindi di limitare il suodiscorso all’altruismo comeazione, che è poi l’unica formadi altruismo che davvero inte-ressa agli altri. In questo sensoil massimo altruismo è quello

che limita la propria probabili-tà di sopravvivenza per favori-re quella di altri. Tuttavia, sen-za arrivare a questo estremo,«esiste comunque un altruismocooperativo piuttosto ricono-scibile e condivisibile: io mi ri-ferisco a questo - dice Wilson -.Per una persona che ha bisognodi soldi, l’importante è che que-sti arrivino. Non importa se so-no donati per salvarsi l’anima,per diventare famoso come be-nefattore o per un senso di do-vere morale».

Naturalmente anche gli evo-luzionisti che non ammettonola selezione multilivello sonoconsapevoli della presenza diazioni altruistiche nella vita so-ciale. Esistono infatti altre dueteorie per spiegare il fenomeno

DavidSloanWilsonBiologo

RUOLO: È PROFESSOREDI SCIENZE BIOLOGICHE

ALLA BINGHAMTON UNIVERSITY (USA)IL LIBRO: «L’ALTRUISMO»

BOLLATI BORINGHIERI

lP CHIRURGIA

FABIO DI TODARO

S i avvantaggiano tutti: imedici che intervengo-no con maggiore preci-

sione e i pazienti che soffronomeno e guariscono più velo-cemente. L’utilizzo del robotin medicina è realtà.

Nel 2013 sono stati450mila gli interventi effet-tuati con il robot, nel mondo.E in Italia, dalla fine degliAnni 90 a oggi, quasi 60 milasono state le operazioni con-dotte con il«Da Vinci»:di cui quasi10 mila ne-gli ultimi 12mesi.

Come ri-cordava giànel 2012 il«New En-gland Journal of Medicine»,oggi i chirurghi hanno a di-sposizione nel loro arsenaleoltre 2500 procedure diffe-renti. La svolta è arrivata

con la laparoscopia. Poi scoc-cò l’ora della toracoscopia, cheavrebbe aperto una nuovastrada d’accesso ai polmoni.L’impiego del robot è l’ultimatappa di un processo evolutivoche Gianluigi Melotti, presi-dente dell’Associazione chi-rurghi ospedalieri italiani, de-

finisce «irre-versibile e nonancora com-pleto. Non sofino a che pun-to si specializ-zerà, ma que-sto strumentoè il presente eil futuro della

chirurgia». Il «Da Vinci» -chiamato così in omaggio aLeonardo che progettò i primirobot - è un’estensione dellospecialista. L’operatore osser-

va il punto di intervento attra-verso un monitor che restitui-sce l’immagine 3D e opera coni quattro bracci da una conso-le. Alle estremità c’è tutto l’oc-

corrente: per incidere e sutu-rare. Nel corpo del pazienteentrano attrezzi minuscoli,senza bisturi.

Il robot non si stanca, au-

menta il raggio d’azione delchirurgo - la mano roboticaruota di 360° -, riduce il san-guinamento e i tempi di ospe-dalizzazione. A ciò si aggiun-ge anche la possibilità di ela-borare una serie di indaginisul paziente prima dell’inter-vento stesso. Seguendo l’evo-luzione della laparoscopia,che negli Anni 80 segnò unarivoluzione, l’uso del robot haaffinato sempre di più l’ap-proccio chirurgico.

I benefici, però, non sono adisposizione di tutti. L’Italiaconta 77 «Da Vinci», irrego-larmente distribuiti, con To-scana e Lombardia che fungo-no da poli di attrazione. In Eu-ropa solo la Germania ne ha dipiù. Nel mondo a precedercisono Usa e Giappone.

Con il robot - ricorda Melot-

ti - «si potrebbero effettuarepiù del 70% degli interventi dichirurgia generale». Alcuni -dalla chirurgia addominale aquella urologica, soprattutto acarico di prostata e utero -vengono oggi effettuati quasiesclusivamente in questo mo-do. Ma la diffusione nella Peni-sola è a macchia di leopardo, sein Campania ce n’è solo uno ein Lombardia ci sono ospedaliche ne hanno anche due. E ilregime di monopolio in cuiopera l’azienda che produce il«Da Vinci» - la Intuitive Surgi-cal - non favorisce la diffusio-ne. Il freno è quello dei costi, seil solo acquisto oggi supera idue milioni di euro e un inter-vento può valere una cifra dop-pia rispetto allo stesso effet-tuato in modo tradizionale.

Solo quando scadranno ibrevetti i prezzi caleranno.«Allora i robot diventerannoi chirurghi del futuro», chio-sa Melotti. Il prossimo passo- sostengono i «Davincisti» -sarà la chirurgia «a sito uni-co»: permetterà di interveni-re sugli organi dell’apparatodigerente da un solo puntod’accesso.

Con i robot insalaoperatoriaèmeglioMaalloraperchésonocosìpochi?

La fantascienza è tra noi: in Lombardia sì, inCampania no

GianluigiMelotti

ChirurgoRUOLO: È PRESIDENTE

DELL’ASSOCIAZIONE CHIRURGHIOSPEDALIERI ITALIANI

«Da Vinci»: il robot che diventa un’estensione del chirurgo

TONY KARUMBA/AFP/GETTY