Le possibili insidie delle Child Custody Disputes · Introduzione critica alla Sindrome di...

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Codice: D515200.doc Data: febbraio 2005 Roberto Giorgi Le possibili insidie delle Child Custody Disputes Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner Centro Documentazione Sindrome di Alienazione Genitoriale e patologie da separazione

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Codice: D515200.doc

Data: febbraio 2005

Roberto Giorgi

Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

Centro Documentazione Sindrome di Alienazione Genitoriale e patologie da separazione

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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Sommario Premessa 5

Le possibili insidie delle Child Custody Disputes 7 Parole chiave............................................................................................................................................................................7 Riassunto .................................................................................................................................................................................7 Separazione, divorzio e affido – Eventi complessi e multidimensionali......................................................................................7 La Sindrome di Alienazione Parentale – Definizione, caratteristiche ed effetto sui minori..........................................................8 La PAS come tema controverso .............................................................................................................................................13 Il ruolo degli esperti nel settore della PAS...............................................................................................................................14 Riflessioni conclusive..............................................................................................................................................................17 Riferimenti bibliografici............................................................................................................................................................18

Principali Opere di Richard A. Gardner.............................................................................................................................18 Altre pubblicazioni citate nel presente lavoro ....................................................................................................................19

Note sull’autore 23

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Premessa

Dichiarazione di copyright: © La proprietà intellettuale del testo di questo documento è dell’autore. La riproduzione del documento è permessa esclusivamente per uso personale. L’estrazione di parti del testo a scopo di citazione, critica o recensione è permessa, purché accompagnata dal nome dell’autore e dall’indicazione della fonte (Centro Documentazione Sindrome di Alienazione Genitoriale – www.guidoparodi.it). La riproduzione del documento o l’estrazione di parti del testo per scopi o usi diversi da quelli indicati è soggetta ad autorizzazione scritta.

Autore

Roberto Giorgi [email protected]

Titolo Le possibili insidie delle Child Custody Disputes Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

Origine

Articolo originale

Rimandi a note nel testo

I riferimenti numerici come apice nel testo [es. “E’ importante per lei parlarle da adulta3”] rimandano alle note a piè di pagina. I riferimenti alla bibliografia sono riportati nel formato: [Autore (anno)].

Revisioni

Edizione 01 – gennaio 2005 - Prima Emissione

• Adattamento Grafico del Centro Documentazione PAS

Edizione 02 – febbraio 2005 - Modifiche rispetto all’edizione precedente

• Aggiunto capitolo Note sull’autore.

• Revisione capitolo Premessa.

• Correzione di errori.

Edizione 03 – febbraio 2005 - Modifiche rispetto all’edizione precedente

• Rivisto capitolo Note sull’autore.

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

Parole chiave Affidamento minori, Divorzio, Separazione, Sindrome di Alienazione Parentale (PAS)

Riassunto Separazione e divorzio si pongono sempre più frequentemente come eventi destrutturanti per il nucleo familiare, in particolare se le questioni riguardano l’affidamento dei figli, quando presenti, di minore età. Istituzioni e professionisti del settore vengono chiamati a rispondere prontamente ai bisogni e alle esigenze di genitori non più coniugi e dei minori in questa fase articolata e assai delicata per il futuro dello stesso sistema familiare. Il presente contributo vuole esaminare le proposte operative in campo psicogiuridico elaborate dallo psichiatra infantile e forense Richard A. Gardner che ha coniato il termine ‘Sindrome di Alienazione Parentale nel 1985, ribadendo l’importanza del ‘miglior interesse del minore’ come focus primario dell’attività professionale degli esperti e la necessità di un approccio che tenga conto della complessità e della multidimensionalità degli eventi e delle dinamiche oggetto di analisi.

Separazione, divorzio e affido – Eventi complessi e multidimensionali

Separazione coniugale e divorzio costituiscono eventi sempre più frequenti nella nostra società: secondo i dati ISTAT relativi all’anno 2000, infatti, le separazioni risultano incrementate, rispetto ai periodi precedentemente considerati, del 10,9% (per un totale di 71.969 casi), mentre i divorzi appaiono aumentati in proporzione del 9,4% (pari a 37.573 casi)1. Nell’analisi delle situazioni occorre tenere presente, oltre al dato numerico, comunque significativo, sia la pluralità di fattori e di dinamiche che caratterizzano e influenzano gli eventi, sia il ‘clima’ delle coppie in questi ultimi coinvolti, sia, soprattutto, la conseguente responsabilità da parte delle Istituzioni coinvolte di ‘rispondere’ in maniera adeguata ed efficace sul piano dell’intervento.

Separazione e divorzio, come specifiche dinamiche di comunicazione e relazione, possono costituire, di fatto, una vera e propri esperienza destrutturante per il ‘sistema famiglia’ essendo frequentemente veicolate da esacerbata e pervasiva soggettività e caratterizzate dalla presenza di sentimenti, anche estremi, di amarezza, tradimento, rabbia, vendetta (Lebel e Paquette, 2000) e desiderio di distruzione dell’altro. Può risultare possibile che ciascuna delle ‘parti’ creda fermamente di “essere nel giusto” e alla lotta per una ‘causa giusta’ si aggiunge, di conseguenza, la rivendicazione dell’esclusività sui figli, quando presenti, specie se minori (Byrne, 1989 e 1991).

Quando viene richiesto agli esperti del settore di programmare ed attuare specifiche, valide ed obiettive azioni conoscitive e decisionali, questi si muovono, di frequente, attraverso percorsi spesso inagevoli e decisamente ‘rischiosi’.

I temi in questione, tuttavia, dovrebbero essere affrontati in primo luogo attraverso il riconoscimento della complessità degli stessi (Cigoli et alii, 1997), in quanto contenuti non più solo individuali o di coppia, ma multidimensionali.

• “Ciò però, non significa solo fermarsi a esaminare il ruolo avuto nella genesi delle singole conflittualità dalle problematiche socioeconomiche, culturali, transgenerazionali (e via dicendo),

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ma uscire da una lettura lineare delle causalità in atto, per leggere il fenomeno nella sua dimensione ricorsiva - vale a dire considerando come la conflittualità delle famiglie in via di separazione sia una qualità emergente non solo dalla coppia che si separa ma da tutto il sistema di relazioni in atto”.

(Capri e Giordano, 1999, p. 62).

L’enfasi sulla complessità e sulla multidimensionalità appare di fondamentale importanza in riferimento al concetto di ‘interesse del minore’, principale focus di quelle procedure definite in letteratura come ‘child custody evaluations’ ovvero gli specifici esiti di azioni ed interventi professionali finalizzati all’analisi e alla valutazione dei casi in situazioni di affido di minori.

Le ‘evaluations’ solitamente perseguono quattro obiettivi principali (Evans, 2002):

1. analizzare il caso specifico;

2. programmare interventi ad hoc (inclusa la programmazione dei periodi di affido);

3. supportare i minori nell’esperienza di rottura del legame coniugale, e non genitoriale, del proprio nucleo familiare di origine;

4. offrire informazioni sistematiche e obiettive per le decisioni dei giudici, in modo tale da realizzare il miglior interesse del minore nel singolo caso analizzato.

Nel nostro paese il concetto di ‘interesse per il minore’ viene introdotto per la prima volta con la legge 431/1967 sull’adozione speciale e ribadito con la legge 898/1970 sul divorzio, con la legge 151/1975 sul diritto di famiglia e con tutte le riforme dello diritto di famiglia del 1983 e del 1987.

• “Interesse del minore, nel caso delle separazioni, significa individuare le condizioni più utili affinché il bambino non trovi ostacolo nel suo processo di crescita, con i genitori non più coniugi, ma comunque capaci di mantenere la caratteristica genitoriale di sistema relazionale significativo. Interesse del minore significa dunque permettere al bambino di definirsi come un “individuo resiliente” (Selvini, 2000), ovvero dotato della capacità di sopravvivere e fortificarsi da un’esperienza potenzialmente traumatica. L’obiettivo della consulenza appare allora quello di fornire conoscenze specialistiche che permettano una migliore osservazione e comprensione delle dinamiche e dei bisogni espressi dal bambino e dai genitori”.

(Martorelli, Vallario e Giorgi, 2001, pp. 28-29).

La Sindrome di Alienazione Parentale – Definizione, caratteristiche ed effetto sui minori

Come evidenziato da più Autori (cfr. ad esempio Byrne, 1989 e Stahl, 1999), prima degli anni settanta il ricorso da parte dei genitori all’intervento giudiziario per l’affidamento dei propri figli risultava essere scarsamente frequente; a partire dagli anni settanta, quasi in controtendenza, si assiste sia all’incremento delle ‘dispute’ giudiziarie in tema di affido minorile sia all’escalation della conflittualità all’interno della coppia genitoriale, in particolare a partire dai primi anni ottanta, come evidenziato da dati statistici (cfr. ad esempio US Bureau of Census 1980 e 1984), da osservazioni cliniche e ricerche dell’epoca (cfr. le citazioni in Everett e Volgy, 1995).

Nello specifico, tali contributi hanno sottolineato delle significative relazioni tra l’evento ‘divorzio’ e l’insorgenza di seri problemi comportamentali e relazionali in soggetti in età evolutiva coinvolti in tali eventi (Wallerstein e Kelly, 1976), come pure l’abnorme frequenza delle cosiddette ‘false allegations’2 di abuso sessuale su minori depositate per influenzare e orientare il verdetto finale (ovvero l’outcome) delle Corti (Conway Rand, 1997a e 1997b).

Lo psichiatra infantile e forense R. A. Gardner, membro del Dipartimento di Psichiatria Infantile della Columbia University di New York City, ha pubblicato nel 1985 un articolo intitolato “Recent Trends in Divorce and Custody Litigation” in cui ha introdotto il termine

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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‘Sindrome di Alienazione Parentale’ (Parental Alienation Syndrome in Inglese e Syndrome d’Alienation Parental in Francese) per indicare una ‘risposta distintiva’ del sistema familiare nelle situazioni di separazione giudiziaria (Conway Rand, 1997a, p. 23).

La definizione che l’Autore suggerisce della ‘sindrome’ è la seguente:

• “La Sindrome di Alienazione Parentale e’ un disturbo che insorge essenzialmente nel contesto di controversie per l’affidamento dei figli. La sua principale manifestazione e’ la campagna di denigrazione da parte del bambino nei confronti di un genitore, una campagna che non ha giustificazione. Essa deriva dall’associazione tra l’indottrinamento da parte di uno dei genitori che programma (che fa il lavaggio del cervello) e il contributo personale del minore alla denigrazione dell’altro genitore”.

Il termine PAS indica pertanto una dinamica specifica all’interno del nucleo familiare in frammentazione o frammentato, all’interno della quale il figlio/minore diventa ‘allineato’ con uno dei due genitori, configurando una ‘relazione singolare’ tra il minore e uno dei due genitori, mirata deliberatamente all’esclusione dell’altro. Il genitore che attua l’indottrinamento, in genere la madre, viene definito ‘genitore alienante’ o ‘programmatore’ (alienating parent), mentre l’altro genitore, solitamente il padre, viene invece definito ‘genitore designato’ (target parent).

L’attivo contributo del minore risulta essere il criterio eziologico portante della PAS mentre l’associazione tra indottrinamento e rappresentazione verrebbe a costituire il punto di partenza del processo di alienazione; il prolungamento in senso temporale del conflitto coniugale e il livello di acrimonia raggiunto tenderebbero ad influenzare direttamente sia la manifestazione, sia il mantenimento, sia l’intensità/pervasività delle caratteristiche della sindrome (Gardner, 1985, 1990, 1998c, 2000).

Gardner ha descritto otto principali criteri principali di identificazione (Gardner, 1992, 1998a e 1998b; cfr. Tabella 1 a pagina 10). Ciascun criterio rimanda, di fatto, ad uno specifico osservabile comportamento:

• “il livello di diagnosi della PAS è basato sul comportamento del minore e non sul grado di ‘indottrinamento’ a cui potrebbe essere sottoposto lo stesso”

(cfr. Gardner, 1991a, p. 15).

Dall’insorgenza della ‘campagna di denigrazione’ su uno dei due genitori, alla presenza di deboli, superficiali o assurde motivazioni a tale comportamento, all’assenza di ambivalenza e di sensi di colpa nei minori, all’attivazione di fenomeni particolari, dal ‘pensatore indipendente’/’Indipendent Thinker’ (in cui il minore tende a riconoscere come propri i sentimenti di odio e astio in maniera quasi orgogliosa) alle ‘sceneggiature prese in prestito’/’Borrowed Scenarios’ (in cui lo stesso minore tende ad utilizzare termini o frasi o elementi di paragone del tutto estranei ad un minore della sua età).

Secondo Gardner un minore potrebbe manifestare la maggior parte di questi fattori; nei casi più gravi possono essere manifesti tutti i criteri indicati.

A queste otto principali manifestazioni della sindrome l’Autore ha successivamente affiancato altri quattro fattori (additional differential diagnostic considerations; Gardner 1998a, 1998b, 1999b, 2001a e 2001c):

1. Difficoltà di transizione nei periodi di visita presso il genitore non affidatario (Transitional difficulties at the time of Visitation);

2. Il comportamento del minore durante le visitations, durante il periodo di permanenza presso il genitore non affidatario (Behavior during visitation);

3. Il legame del minore con il genitore alienante (Bonding with alienator);

4. Il legame del minore con il genitore alienato, riferita al periodo precedente il processo di alienazione e, quindi, prima della fase di separazione giudiziale (Bonding with the alienated parent prior to the Alienation).

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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Fattore PAS Criterio di identificazione Descrizione del Comportamento corrispondente

Una ‘campagna’ di denigrazione Il minore evidenzia astio nei confronti di un genitore in maniera ossessiva. Questo comportamento denigrante del minore sembra simile ad una vera e propria litania.

Deboli, superficiali e assurde motivazioni per spiegare il comportamento di denigrazione

Il minore riporta giustificazioni irrazionali e spesso ‘comiche’ per spiegare il suo rifiuto del genitore odiato.

Mancanza di ambivalenza

Tutte le relazioni interpersonali umane, incluse quelle genitore-bambino, possono essere ‘ambivalenti’. Nella PAS il minore non evidenzia sentimenti commisti o differenziati. Il parente odiato è ‘totalmente cattivo’; il genitore alienato è ‘totalmente buono’.

Il fenomeno del “Pensatore Indipendente” [“Indipendent Thinker”]

Molti bambini affermano ‘orgogliosamente’ che i loro sentimenti di odio e di astio verso il genitore alienato dipendono da loro stessi, che sono l’esito di una loro decisione; tenderebbero inoltre a negare qualsiasi contributo del genitore alienante.

Supporto riflessivo del ‘genitore amato’ all’interno del conflitto genitoriale

Diffusamente, i minori accettano come assolutamente valide e inopinabili le asserzioni/imputazioni del ‘genitore amato’ ovvero del ‘genitore alienante’ contro il ‘genitore odiato’ ovvero quello ‘alienato’

Assenza di sentimenti di colpa Il minore evidenzia noncuranza, totale inosservanza per i sentimenti del genitore alienato.

La presenza di “sceneggiature prestate” [“Borrowed scenarios”]

La qualità dei contenuti nelle formulazioni del bambino appare sottesa ad una ‘sceneggiatura data in prestito’ [dal genitore alienante, n.d.r.]; lo stesso bambino tende ad utilizzare termini o frasi del tutto estranee ad un minore di quella età.

Estensione dei sentimenti di astio alla famiglia estesa del genitore alienato

Il minore rifiuta categoricamente anche la rete di parenti del genitore ‘odiato’, soprattutto quando questi ultimi si sono sempre presi cura dello stesso dando lui frequenti conferme e gratificazioni sul piano psicologico: zii, nonni, cugini….

Tabella 1 - Caratteristiche dei Minori con PAS - Parental Alienation Syndrome3

Il termine PAS indicherebbe quindi un quadro relazionale articolato, potenzialmente tentacolare, che tende invero ad andare oltre il contesto della relazione familiare conflittuale, estendendosi alle reti extrafamiliari, all’ambiente lavorativo, al sistema giuridico e psicosociale; in tal senso occorre distinguere un contesto ‘primario’, proprio del nucleo familiare, e un contesto ‘esteso’ della PAS (Giorgi, 2001), dove evidenziare e analizzare le possibili ripercussioni della dinamica alienante su altri sistemi di relazione attigui allo specifico contesto familiare che si trova nella situazione critica della separazione o nella fase post-divorzio (cfr. Figura 1 a pagina 11 e Figura 2 a pagina 11).

Della sindrome, altresì, vengono indicati tre principali livelli, corrispondenti alla gravità osservata sul piano del comportamento e alla risonanza del processo di alienazione: un livello lieve, un livello medio (che conterrebbe i casi più frequenti) e un livello grave (cfr. Tabella 2 a pagina 12).

Tuttavia, l’aspetto fondamentale evidenziato da R. Gardner appare relativo proprio alla descrizione degli effetti di un clima coniugale ‘rovente’ sul sottosistema filiale. Gli effetti di relazioni coniugali altamente conflittuali, infatti, possono essere intensi e devastanti (Gardner, 1985, 1992, 1999 e 2001): in primo luogo porrebbe il minore al centro di una sorta di ‘gara di lealtà’ senza possibilità di vittoria (Byrne, 1989, p. 2; cfr. anche Gardner, 1985, 1992a e 1998a), creando confusione e disorientamento in una scelta/allineamento artificiale, innaturale e coercitivo quando invece le reali intenzioni dello stesso minore potrebbero essere genuinamente rivolte verso entrambi i genitori, anche non più coniugi e in maniera indipendente dalla situazione di [esasperato] conflitto.

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Figura 1 – Il Contesto Primario della Sindrome di Alienazione Parentale PAS

Figura 2 - Il Contesto Esteso della Sindrome di Alienazione Parentale

Padre

M arito

M adre

M oglie

Figlio/Figli

Scuola, DocentiGruppo dei Pari

Famiglia di origine e reti relazionali familiari

Reti relazionali extrafamiliariAmbiente lavorativo

Sistema Giuridicoe Sistema Psicosociale

(Giudici, avvocati, CTU, periti, mediatori, ecc.)

Padre

M arito

M adre

M oglie

Figlio/Figli

Scuola, DocentiGruppo dei Pari

Famiglia di origine e reti relazionali familiari

Reti relazionali extrafamiliariAmbiente lavorativo

Sistema Giuridicoe Sistema Psicosociale

(Giudici, avvocati, CTU, periti, mediatori, ecc.)

Relazione Genitoriale

Legenda:AP: Alienating Parent / Genitore AlienanteTP: Target Parent / Genitore AlienatoCH: Child / Il bambino, il minore

Programming

False accuse o Imputazioni

Odio Astio Rifiuto

Relazione Genitoriale

Legenda:AP: Alienating Parent / Genitore AlienanteTP: Target Parent / Genitore AlienatoCH: Child / Il bambino, il minore

Programming

False accuse o Imputazioni

Odio Astio Rifiuto

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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-------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 12/24 Autore: Roberto Giorgi

Manifestazioni Principali della PAS Lieve [Mild] Medio [Moderate] Grave [Severe]

Una ‘campagna’ di denigrazione Minimo Medio Eccessiva ed

ingiustificata

Deboli, superficiali e assurde motivazioni per spiegare il comportamento di denigrazione

Minime Medie Multiple

Mancanza di ambivalenza Normale ambivalenza Nessuna ambivalenza

Nessuna ambivalenza

Il fenomeno del “Pensatore Indipendente” [“Indipendent Thinker”]

Solitamente non presente Presente Presente

Supporto riflessivo del ‘genitore amato’ all’interno del conflitto genitoriale

Minimo Presente Presente

Assenza di sentimenti di colpa Qualche sentimento Possibile assenza Totale assenza di tali sentimenti

La presenza di “sceneggiature prestate” [“borrowed scenarios”]

Minima Presente

Presente

Estensione dei sentimenti di astio alla famiglia estesa del genitore alienato

Minima Presente Rilevante, spesso

tendente al ‘fanatismo’

Manifestazioni Aggiuntive della PAS Lieve [Mild] Medio [Moderate] Grave [Severe]

Difficoltà di transizione nei periodi di visita presso il genitore non affidatario

Solitamente assenti Medio Rilevanti; le visite sono impossibili

Il comportamento del minore durante il periodo di permanenza presso il genitore non affidatario

Buono, soddisfacente Tra l’antagonismo e la provocazione

Nessuna visita; comportamento

aggressivo e ostinatamente provocatorio

Il legame del minore con il genitore alienante Forte, sano

Forte, lievemente o mediamente patologico

Fortemente patologico, spesso a

connotazione paranoide

Il legame del minore con il genitore alienato prima della fase di separazione giudiziale

Forte, sano o lievemente patologico

Forte, sano o lievemente patologico

Forte, sano o lievemente patologico

Tabella 2 - Diagnosi differenziale dei tre differenti tipi di PAS

Risulta possibile inoltre, che il minore sperimenti uno ‘spostamento’ nella valutazione della realtà [“shift in assessing reality”, Byrne, art. cit., p.4] e che tale estremizzazione tanto dei sentimenti quanto delle relazioni, in positivo verso l’uno e in negativo verso l’altro, possa attivare vere e proprie distorsioni della realtà stessa.

L’Autore ha sempre ribadito che la PAS deve essere considerata come una forma di abuso emozionale verso i minori. I minori maggiormente esposti alla PAS, sia maschi che femmine, hanno frequentemente un’età compresa tra i 7 e i 14/15 anni (Gardner 1985, 1998a e 1998b, 2001 e Waldron e Joanis, art. cit.), corrispondente al periodo in cui si registra l’incremento e/o la stabilizzazione del livello di suggestionabilità del minore stesso (Gulotta, 1998).

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Sui minori, in particolare, sono stati evidenziati effetti a breve e a lungo termine (Gulotta, art. cit.) e tra gli effetti maggiormente osservati sono stati evidenziati:

a) aggressività manifesta;

b) tendenza all’acting-out;

c) bassa autostima;

d) disturbi psicosomatici, relazionali e scolastici;

e) incremento del peso corporeo;

f) disturbi dell’identità sessuale;

g) futuro carattere manipolatorio e/o materialistico;

h) comportamenti autodistruttivi, ossessivo-compulsivi e dipendenti.

La PAS come tema controverso Nonostante il crescente numero di pubblicazioni sulla PAS, le argomentazioni di Gardner hanno suscitato non poche critiche: dalla non operatività del termine ‘sindrome’ mutuato dal campo medico, alle accuse di ‘sessismo’, dalla ristrettezza delle argomentazioni presentate alla mancanza di valide fondamenta scientifiche, alla mancanza di citazione nelle differenti edizioni del DSM o dell’ICD (cfr. Lodge, 1998 e Bruch, 2002).

Warshak in particolare evidenzia come, di fatto, professionisti sociali e membri delle corti possano essere d’accordo nel riconoscere l’impatto dei vissuti e delle relazioni spesso estremizzate nei minori in queste particolari situazioni; il principale elemento di critica per l’operato di Gardner risiede, tuttavia, proprio nell’uso del termine ‘PAS’ e nelle modalità proposte del processo di alienazione (Warshak, 2001).

Non solo: il tentativo di distruzione delle relazioni affettive fra "genitori" e "figli" da parte di uno dei due ex-coniugi appare comunque descritto in letteratura da altri Autori e Gardner è stato criticato anche per ‘non aver aggiunto nulla di nuovo’ a queste descrizioni (Johnston, 1993 e Bruch, art. cit.). La Conway Rand (1997a) riferisce di un cospicuo gruppo di pubblicazioni, articoli ed osservazioni che descrivono la situazione-tipo della sindrome PAS: prima dello stesso Gardner, ad esempio, Wallerstein e Kelly hanno affermato la presenza di un particolare fenomeno all’interno dei cambiamenti relazionali in una famiglia separata nel loro best-seller “Surviving the Breakup” del 1980, fenomeno descritto come ‘allineamento del minore con un genitore’.

Un altro esempio è costituito dalla ‘Sindrome di Medea’ descritta da Jacobs nel 1988 e da Wallerstein e Blakeslee nel 1989, caratterizzata dalla manifestazione di un bisogno, prioritario ed ossessivo, di un genitore ex-coniuge di vendicarsi dell’altro. Le Medee contemporanee tuttavia non vogliono uccidere i loro figli, ma tentano di distruggere la relazione tra l’ex-coniuge e i loro figli, convinte del fatto che non esistano differenze tra i bisogni degli adulti e quelli dei minori. Similare appare l’anomalia comportamentale descritta da Turkat con il nome di ‘Malicious Parent Syndrome’ ovvero la ‘Sindrome della Madre Malevola’ (cfr. Turkat, 1994 e 1995). In Italia, invece, si evidenzia il contributo di Giordano sul cosiddetto ‘Family Chopping’ (1998).

Appare evidente che una delle fondamentali controversie legate alla sindrome PAS risulti essere relativa al suo ‘riconoscimento’, su più livelli. L’opera di Gardner, tuttavia, costituisce un sistematico tentativo di intervento insieme legale e psicologico, sia nel senso conoscitivo/valutativo (Conway Rand, 1997a e 1997b) che in quello strettamente preventivo/riabilitativo (Lund, 1995), supportato da osservazioni cliniche e da dati empirici, dove centrale appare il ruolo del riconoscimento di dinamiche specifiche, potenzialmente disfunzionali, di un sistema familiare e della necessità di tutelare il minore rispetto l’effetto delle dinamiche stesse, attraverso la programmazione di interventi ad hoc. In differenti paesi, dagli Stati Uniti al Canada, dall’Australia alla Francia, dal Regno Unito alla

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Germania, diverse pubblicazioni e diverse sentenze sostengono la presenza di elementi riconducibili alla sindrome PAS come formulata da Gardner4.

Per quanto riguarda l’Italia, Gulotta (1998) ha evidenziato come l’accettazione della Convenzione Europea sui Diritti dei Minori del Consiglio d’Europa, che impone di fatto ai magistrati di ascoltare i minorenni, se presenti, in ciascuna procedura giudiziaria familiare, ha di fatto aperto la strada ad un nuovo modus operandi, contrariamente, ad esempio, all’articolo 12 delle Nazioni Unite che indicava la sola ‘possibilità’ al minore di ‘essere ascoltato’ (cit. in Gulotta, art. cit.). “Con le recenti novità legislative, il bambino non è più solamente oggetto della separazione e del divorzio, ma diventa soggetto attivo potendo esprimere un parere circa le cause del conflitto familiare e soprattutto sulla persona con cui preferirebbe stare. Se l'opinione del minore diventerà rilevante, il coniuge sfavorito tenderà ad attribuire la preferenza del figlio alla "programmazione" del genitore scelto “ (Gulotta, art. cit.)

Analizzare il fenomeno PAS, in realtà, significa muoversi all’interno di una situazione sottile, che può anche ‘sfuggire’ in un certo qual modo al professionista, ma quotidiana per chi lavora nell’ambito giuridico e socio-sanitario, cercando di ‘distinguere’ tra livelli in un contesto estremamente complesso e, spesso, deformante: come fare, ad esempio, a differenziare una relazione ‘creata’ (tipo la PAS) da un’alleanza spontanea tra un genitore e un figlio, che può essere caratteristica di qualunque nucleo familiare? Come supportare argomentazioni relative ad una presunta ‘programmazione’ se uno stesso stile educativo parentale può essere diretto, in situazioni ‘funzionali’, cioè ‘normative’, a influenzare il figlio o i figli, fornendo loro specifici indirizzi morali e di comportamento?

Inoltre, come evidenziato dallo stesso Gulotta:

• “la famiglia, come insieme strutturato, tende a ricostruire continuamente la realtà in ordine alle proprie esigenze: quando essa si disgrega, è stato riscontrato […] che i partner utilizzano una serie di attribuzioni di responsabilità che distorcono i dati reali al servizio della propria identità e della propria affermata correttezza o quantomeno limitazione di responsabilità in caso di eventi negativi […] la realtà che il genitore inculca nel figlio è spesso la sua reale realtà soggettiva, ricostruita per giustificare e per giustificarsi. Se questo è così comune, come distinguerlo da ciò che artatamente il genitore dice e fa per "alienare" il figlio? Dove finisce l'influenza educativa e dove inizia la programmazione? Quando ci troviamo di fronte ad una preferenza, per così dire, "naturale", e quando invece essa è condizionata? ”

(Gulotta, art. cit.).

Dobbiamo forse pensare che sia questa la sfida lanciata da Richard Gardner?

Il ruolo degli esperti nel settore della PAS Un’ulteriore attualissima questione sollevata da Gardner risulta essere relativa proprio al ruolo e alla funzione dei vari professionisti che si collocano nelle dispute per l'affidamento dei figli: giudici, avvocati, periti (evaluators), consulenti di parte, psicoterapeuti, mediatori, educatori, operatori del sociale ecc. Ciascun professionista può giocare un ruolo costruttivo in ciascun caso; gli stessi professionisti, tuttavia, possono essere a loro volta influenzati dalle ‘lotte di lealtà’ del ‘divorce impasse system’ (Ward, 1996), esito delle dinamiche della situazione, polarizzandosi con i contendenti e le loro posizioni, “dimostrando ai minori l’inadeguatezza e l’incapacità degli adulti nel loro mondo” (Waldron e Joanis, art. cit., p. 129).

Altresì, se il genitore alienante persegue lo scopo di distruggere la relazione tra il minore e l'altro genitore, potrebbe non mostrare alcun interesse a collaborare con i professionisti del campo per la risoluzione della situazione; al contrario, potrebbe attivare le proprie ‘strategie’ nel tentativo di ‘portare dalla sua parte’ o l’avvocato o il consulente o l’operatore, convincendolo della validità e della fondatezza del suo unilaterale giudizio sull'altro genitore e delle sue asserzioni; potrebbe rifiutare di partecipare a colloqui con l'altro

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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genitore o, ancora, insistere ripetutamente per essere presente durante gli incontri tra l'altro genitore ed il minore, quando concordati.

Per quanto riguarda gli esperti giuridici e i rappresentanti delle Istituzioni pubbliche, viene frequentemente auspicata dall’Autore una maggiore attenzione nella valutazione di eventi e dinamiche nei contesti familiari ‘high-conflict’ (Gardner, 1992a e 2001c); agli stessi viene suggerito di avvalersi sempre di professionisti in grado di riconoscere la presenza della sindrome o, comunque, delle principali manifestazioni della stessa, come anche di consulenti con una preparazione specifica, in particolare quando si tratta di valutare la genuinità ovvero l’induzione della preferenza di un minore verso uno ed uno solo dei due genitori ex coniugi (cfr. Gardner 1991 e 1998b, Goldwater, 1991, Gulotta, 1998): “il ruolo del tribunale, dei giudici nei casi PAS va oltre la sola decisione finale sulle modalità di affidamento” (Cartwright, 1993, p. 210).

L’Autore, in particolare, ribadisce l’importanza del ruolo dell'avvocato o del tutore del minore, in quanto ‘contatto d’inizio’ con il genitore alienante o con quello alienato e quindi con un possibile sistema familiare potenzialmente coinvolto o già coinvolto nelle dinamiche disfunzionali caratterizzanti la sindrome. Il ruolo dell’avvocato o del tutore risulta di conseguenza ‘strategico’ nel fronteggiamento di una non corrispondenza tra gli interessi espressi del genitore alienante e del minore alienato (Gulotta, art. cit.): secondo Ward e Harvey (1993), la funzione principale dell’avvocato risulta quella di effettuare una soddisfacente esplorazione iniziale del caso da analizzare, prima della messa in atto del contenzioso, mirata all’analisi delle motivazioni del cliente e del livello di realtà delle convinzioni dello stesso; per Kenneth Byrne (1989), il solicitor5 dovrebbe mantenere un ‘sano grado di scetticismo’ di fronte ad eventuali richieste di un genitore non più coniuge che afferma di voler ridurre drasticamente o eliminare del tutto le ‘visitations’ del figlio minorenne con l’ex-coniuge in una situazione post-divorzio. L’Autore opterebbe per l’assunzione di un atteggiamento il più possibile imparziale e, ove necessario, l’ascolto di tutte e due parti in causa [il potenziale cliente e l’ex-coniuge dello stesso]. Tuttavia, per la specifica connotazione ‘avversativa’ del sistema legale degli Stati Uniti, come riportato da Waldron e Joanis, l’intervento nei casi delle high-conflict families potrebbe risultare irrilevante o inefficace, confluendo di frequente in una collusione con il proprio assistito (Waldron e Joanis, art. cit.)

Anche i professionisti sociosanitari e della salute mentale dovrebbero sempre tener presente il proprio ruolo all’interno del sistema determinato dal conflitto genitoriale, come dei possibili effetti di una gestione superficiale dei singoli casi. A tal proposito Gulotta ha evidenziato che:

• “È dunque necessario che essi6 si facciano carico, anche quando ufficialmente ‘di parte’, della intera situazione familiare, considerando la disputa genitoriale non come a "somma zero", ma come opportunità per tutti per far valere i propri interessi. Se ciò rientra di diritto nel ruolo del CTU, anche i consulenti di parte dovrebbero tenere presente che l'interesse primario è quello del minore, che non può certo essere diverso da quello dei genitori seppur questi non se ne rendono talvolta conto: nel caso sospetti la presenza di una PAS, il consulente del genitore alienante dovrebbe astenersi dal supportare le sue richieste e invece aiutarlo a comprendere che, continuando a mettere il figlio contro l'altro genitore, non lo sta tutelando ma, al contrario, lo sta danneggiando psicologicamente”.

(Gulotta, art. cit.).

In questo ambito riveste un importante ruolo la ‘valutazione’, come specifico strumento di conoscenza e come abilità nell’‘andare oltre’ la sola meccanica identificazione delle manifestazioni della sindrome. La valutazione dovrebbe essere mirata all’enucleazione e alla comprensione delle motivazioni di tutti i membri del sistema familiare e della valenza della sindrome per uno specifico contesto familiare. (Major, 1999a e 1999b).

Un ruolo ancor più specifico riveste lo psicoterapeuta del minore, del figlio o dei figli. Anch’egli corre il rischio di divenire ‘parte’ del sistema che alimenta la PAS, in particolare

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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quando le uniche persone con cui effettua i colloqui sono il genitore alienante ed il figlio e quando tiene conto dell’unico parere del minore (cfr. Lamontagne, 1998). Questa situazione si osserva frequentemente e risulta essere in relazione ad una serie di comportamenti: dalla scelta del professionista da parte del genitore, all’accompagnamento del minore alla seduta o al pagamento di quest’ultima; il genitore alienante pertanto può influenzare lo psicoterapeuta in riferimento al ruolo adottato, agli obiettivi fissati dalla terapia e alle eventuali terze persone coinvolte (cfr. Gulotta, art. cit.). Lo psicoterapeuta può quindi realizzare il proprio intervento sulla base di informazioni incomplete, circostanziali o non del tutto veritiere, con il rischio conseguente di rinforzare la convinzione che il minore debba essere "soccorso" a tutti i costi dal genitore ‘cattivo’ (cfr. Lund, 1995).

Secondo Gardner è necessaria una formazione specifica per gli operatori del settore riabilitativo e terapeutico, in particolare per chi lavora [o lavorerà] con i cosiddetti ‘PAS Children’ (Gardner, 1998a, 1998b, 2000, 2001a e 2001b). L’Autore ha più volte ribadito, quasi in maniera provocatoria, di ricorrere ai cosiddetti ‘metodi alternativi’ della psicoterapia, adottando un approccio ‘autoritario’:

• “[I terapisti] dovrebbero essere abili, essere in grado di replicare [in tal modo] ad un genitore alienante: “Se i minori non verranno lasciati a casa del suo ex-coniuge alle ore 17:00 di Venerdì, riporterò quanto accaduto alla Corte e insisterò per l’attuazione delle sanzioni che le sono state già lette”.

(Gardner, 2001c, p 66).

Il terapeuta dovrebbe dunque relativizzare l’atteggiamento empatico, ricordando sempre ai genitori alienanti l’applicazione delle sanzioni per il mancato rispetto del programma, ribadendo il proprio ruolo istituzionale e la propria neutralità/inviolabilità rispetto alla rete delle dinamiche disfunzionali creata dalla situazione.

Tuttavia, se in tal senso un decreto giudiziario può di fatto ‘forzare’ un trattamento terapeutico con il minore, questa forzatura potrebbe risultare a dir poco ‘antiterapeutica’ ed incrinare la condizione di partenza del potenziale paziente. Gardner ha tentato in più occasioni di aggirare l’ostacolo sostenendo la necessità di una azione professionale graduale, un 'work through' mirato ad una ricostruzione del legame tra il bambino e il genitore alienato, in passato oggetto di amore da parte del minore stesso. Gardner infatti insiste molto su questo aspetto, ritenendo che l’approccio basato sulla ‘evolution’ della situazione potrebbe non essere efficace: “la variabile ‘tempo’ gioca a favore del genitore alienante e più il terapeuta ‘perde tempo’ con i classici, tradizionali metodi psicoterapeutici, maggiori appaiono le opportunità per il genitore alienante di indottrinare il minore [ovvero di mantenere tale indottrinamento, n.d.r.] contro il genitore-target” (Gardner, 2001, pp. 66).

Gardner in un articolo del 1999 (1999c), pubblicato sulla rivista ‘Journal of Divorce & Remarriage’, ha indicato alcune linee guida per valutare la cosiddetta ‘parental preference’ nelle separazioni giudiziarie (cfr. Tabella 3 a pagina 17), ribadendo l’importanza del criterio del legame psicologico più forte e più sano per il minore7, indipendentemente dal sesso del genitore affidatario e della ‘Parental Preference’. Quest’ultimo concetto tende ad evidenziare la necessità di un’analisi relativa ai bisogni espressi dal minore, costruendo con quest’ultimo una adeguata dimensione d’ascolto e restituendo allo stesso il carattere di agentività al proprio ruolo nelle dinamiche decisionali relative alla risoluzione del singolo caso.

In ogni caso, come sottolineava già Cartwright nel 1993, risulta necessario ampliare le conoscenze sull’argomento e valutare le esperienze di collaborazione tra i professionisti; la ricerca in questo caso costituisce lo strumento elettivo, esclusivo, in particolare gli studi longitudinali, che hanno già permesso di identificare le principali variabili collegate alla sindrome come, ad esempio, i fattori di rischio della sindrome (Darnall, 1998), il rapporto tra sesso del minore e frequenza/modalità delle visitations (Healy, Malley e Stewart 1990; Johnston, 1993), gli effetti a lungo termine del divorzio (Kelly, 1988) o gli effetti della decisione giudiziaria sul legame genitore-minore (Gardner, 2001c).

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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n. Criterio Significato

1 The Stronger, Healthier Psychological Bond Il legame psicologico più forte e più salutare (per il minore)

2 Parenting Capacity Capacità genitoriale

3 Values and Morality Valori e moralità

4 Availability Disponibilità

5 Educational Commitment Impegno educativo

6 Health Care (Physical and Mental) Prendersi cura della salute fisica e psicologica del minore

7 Appreciation of the Role of the Other Parent in the Child’s Upbringing

Valenza attribuita al ruolo dell’altro genitore nell’educazione del minore

8 Cooperation Capacità di collaborazione

9 Communication Abilità e livello di comunicazione

10 Commitment to Providing the Child with Food, Clothing and Shelter

Impegno nel provvedere all’alimentazione, al vestiario e alla protezione del minore

11 Physical Health of Each Parent Salute fisica di ciascun genitore

12 Psychological Health of Each Parent Condizione psicologica di ciascun genitore

13 Presence of Parental Surrogates in Each Parent’s Home

Presenza di surrogati genitoriali in ciascuna delle famiglie di origine

14 Appreciation of the Dangers of the Child’s Exposure to and Embroilment in the Parental Conflict

Sensibilità riconosciuta per i possibili rischi dell’esposizione o del coinvolgimento del minore nel conflitto genitoriale

15 Commitment to the Child’s Enrichment Impegno per lo sviluppo intellettivo ed emotivo del minore

16 Extended Family Involvment Importanza e coinvolgimento attivo nei rapporti con altri familiari

17 Involvment with the Child’s Friends Riconoscimento dell’importanza delle amicizie per la vita del minore

18 Pride in the Child (Realistico) Orgoglio per il proprio figlio

19 The Child’s Own Stated Preference L’affermazione di preferenza Propria del minore

20 Commitment to the Care of the Handicapped Child

Impegno/costanza nella cura di figli minori qualora disabili

Tabella 3 - I criteri delle Linee-guida della ‘Parental Preference’ secondo R. A. Gardner

Riflessioni conclusive Al di là delle argomentazioni supportive o delle critiche sull’esistenza o meno della sindrome PAS e sulla effettiva possibilità di realizzare sul piano operativo l’auspicata sinergia professionale tra esperti del diritto e professionisti del sociale e della salute mentale, l’importanza dell’opera di Richard Gardner e dei suoi successori potrebbe risiedere principalmente:

a) nel sostenere l’importanza di un approccio articolato nell’analisi delle molteplici variabili sottese alle ‘child custody disputes’, in presenza di un elevato clima di conflittualità e di scarsa o impossibile collaborazione tra gli ex-coniugi, considerando i possibili, diretti, devastanti effetti dello stesso clima sulla relazione con i figli minori, quando presenti e sul loro sviluppo emotivo-affettivo e relazionale;

b) nell’evidenziare le possibili ‘trappole’ dei vari interventi professionali, quando dovuti sia ad una conoscenza superficiale e circostanziale delle situazioni, sia ad un erroneo atteggiamento conoscitivo/valutativo, rigidamente focalizzato, ad esempio, sui cosiddetti ‘fattoidi’ (de Cataldo,

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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1997), che inducono gli addetti a perseguire obiettivi estranei rispetto al proprio mandato professionale e istituzionale;

c) nel ribadire tanto la necessità di una formazione adeguata e di un aggiornamento continuo per gli stessi professionisti, quanto l’importanza di un approccio statistico-valutativo e di ricerca per la crescita del dibattito scientifico e deontologico.

Come evidenziato da Gulotta, infatti, può risultare abbastanza semplice, se non riduttivo, assolutizzare l’apparente desiderio di un figlio minore di rimanere con un genitore quando l'altro viene considerato in maniera estrema e negativa, senza ipotizzare l’esistenza di un processo di alienazione in atto.

“Madre Teresa non ha sposato Hitler”. Questa frase, pronunciata dal giudice Kenneth Black8 in una sentenza di affido minorile evidenzia la necessità di un apposito ‘salto di livello’ in tutte le azioni professionali relative alle child custody disputes: non ci si può trovare di fronte, quindi, ad un genitore totalmente buono e ad uno totalmente cattivo, ovvero, non è seguendo questa considerazione, questo ‘fattoide’ nel senso di cui prima, che si possa realizzare il miglior interesse dei minori, che deve necessariamente costituire il focus principale di ciascun intervento psicogiuridico e di ogni decreto giudiziario, congiuntamente ad azioni specifiche mirate a supportare la relazione genitoriale, non più coniugale, nella situazione post-divorzio, come saldamente ribadito da alcuni documenti, tra i quali la Convenzione di New York del 1989, il Canada Divorce Act del 1991, o la stessa Convenzione Europea del 1995.

La necessità di tutelare il diritto alla continuità e alla stabilità dell’ambiente affettivo e relazionale per soggetti in età evolutiva risulta essere quindi un ulteriore obiettivo fondamentale dell’azione professionale e istituzionale. Gli stessi minori, infatti, hanno il pieno diritto di mantenere relazioni positive e significative con entrambi i genitori e con le rispettive famiglie di origine; in poche parole, il diritto alla bigenitorialità.

Non solo: un aspetto importante appare relativo alla prevenzione; seri effetti del clima relazionale sui soggetti minori possono essere mitigati da programmi o da iniziative di sensibilizzazione e di formazione per coppie in via di separazione o che necessitino di uno specifico supporto psicosociale nella fase post-divorzio9. Non a caso, come evidenziato da alcuni contributi, una delle armi più efficaci contro la PAS o, comunque, contro qualsiasi quadro relazionale e comportamentale in specifiche situazioni come quella descritta in questa sede risulta essere la documentation10.

In conclusione, la vera ‘sfida’ del futuro appare, al di là del verificare o meno l’esistenza della sindrome, quella di sviluppare ulteriormente la già accresciuta consapevolezza sugli effetti della conflittualità di coppia nelle situazioni di contenzioso giudiziario nell’affidamento minorile, attraverso un approccio scientifico, sistemico e specie-specifico all’interno del contesto peritale come adeguato contesto interpersonale.

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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Introduzione critica alla Sindrome di Alienazione Parentale di Richard A. Gardner

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Note sull’autore Roberto Giorgi

Psicologo, specialista in psicodiagnostica e in psicologia giuridico-forense, libero professionista. Vive e lavora in provincia di Latina.

Da dieci anni svolge attività di consulenza/counselling in istituti di istruzione secondaria superiore di Latina e provincia e della provincia di Roma.

Si è occupato di prevenzione, educazione alla salute e disagio giovanile, dispersione scolastica, orientamento scolastico e professionale, devianza giovanile e comportamenti a rischio in adolescenza, formazione, selezione, bilancio di competenze.

E’ stato consulente dei Servizi Sociali di amministrazioni comunali, docente della Scuola Medica Ospedaliera di Roma e della Regione Lazio nei corsi semestrali e biennali di Psicologia, Psichiatria e Psicopatologia Forense, ed è Perito del Tribunale di Latina Sezione Civile dal 2003.

Si occupa attualmente di interventi organizzativi e collabora con enti privati della provincia di Latina.

Ha pubblicato oltre 20 articoli di interesse scientifico di cui alcuni sulla psicologia forense e uno, specifico, sulla PAS.

Si è avvicinato al tema della PAS, sul quale ha realizzato la tesi di specializzazione al Master di Psicologia Forense del 2001 a Roma, osservando l’incremento di disturbi dell’apprendimento scolastico e relazionali in soggetti in età adolescenziale appartenenti a nuclei familiari divisi o in via di separazione. Sul tema ha anche scritto un articolo descrivendo un caso.

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Le possibili insidie delle Child Custody Disputes

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