Altrestorie_19

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) - art. 1, comma 1, D.C.B. Trento - Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perçue - ISSN 1720 - 6812 rivista periodica a cura del museo storico in trento, www.museostorico.it - [email protected] IN QUESTO NUMERO Comunicazione politica e campagne elettorali anno ottavo numero diciannove aprile 2006 L’importanza della comunicazione politica di Paolo Piffer “Il politico che sa comunicare? un seduttore” intervista a Gaspare Nevola di Paolo Piffer Sondaggio d’opinione ed elezioni, una nota storica di Rodolfo Taiani Elezioni 1900: un comizio d'au- tunno a Riva del Garda di Rodolfo Taiani “Dio ti vede, Stalin no” le elezioni del 1948 di Giuseppe Ferrandi 1956: a far comizi nel Trentino di Graziano Zappi Documenti per la storia della comunicazione politica e della propaganda elettorale negli archivi del Museo storico in Trento a cura di Lorenzo Gardumi

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L'intenso periodo elettorale dei mesi aprile-giugno 2006 ha suggerito come tema dell'ultimo numero di "AltreStorie" quello della comunicazione politica e delle campagne elettorali. Il numero offre spunti per la lettura di tale fenomeno dal punto di vista sia sociologico che storico. Nel primo caso si sono raccolte le considerazioni di un esperto di teoria della comunicazione, Gaspare Nevola, mentre nel secondo sono state proposte alcune testimonianze relative a elezioni del passato, dal 1900 al 1956. Utile quale spunto di ricerca una scheda sui materiali archivistici conservati al Museo e relativi agli argomenti tema del numero.

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Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) - art. 1, comma 1, D.C.B. Trento - Periodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132. Direttore responsabile: Sergio Benvenuti - Distribuzione gratuita - Taxe perçue - ISSN 1720 - 6812

rivista periodica a cura del museo storico in trento, www.museostor ico. i t - info@museostor ico. i t

IN QUESTO NUMEROComunicazione politica e campagne elettorali

anno ottavo numero diciannove aprile 2006

L’importanza della comunicazione politicadi Paolo Piffer

“Il politico che sa comunicare?un seduttore”intervista a Gaspare Nevola di Paolo Piffer

Sondaggio d’opinione edelezioni, una nota storicadi Rodolfo Taiani

Elezioni 1900: un comizio d'au-tunno a Riva del Gardadi Rodolfo Taiani

“Dio ti vede, Stalin no”le elezioni del 1948di Giuseppe Ferrandi

1956: a far comizi nel Trentinodi Graziano Zappi

Documenti per la storia della comunicazione politica e della propaganda elettorale negli archivi del Museo storico in Trentoa cura di Lorenzo Gardumi

La comunicazione po-litica è una "pratica" relativamente recente. Ha poco più di mezzo secolo di vita ed è negli Stati Uniti che trova la sua origine. Poi, mano

a mano, l’arrivo in Europa, e in Italia. Sempre più, nel cor-so delle campagne elettorali, ha ricoperto un ruolo consi-derato determinante, almeno nei pensieri dei partiti e delle coalizioni. Solo il fatto che la comunicazione, ed in parti-colare quella politica, abbia trovato uno spazio di inse-gnamento anche all’interno delle università fa capire che si tratta ormai di una scienza con le sue regole, le sue for-mule, uno sviluppo e un sto-ria nel corso del tempo. Un complesso da studiare, da decodificare, da interpretare. Quanto ciò corrisponda a real-tà lo si è visto anche durante le ultime consultazioni elettorali dove il ruolo, in questo caso della televisione, ha assunto toni da scontro tra schiera-menti più che un confronto sulle idee e i programmi. La battuta ad effetto, il modo di porsi nei confron-ti degli spettatori, lo sguardo in ca-mera, sono tutti atteggiamenti di sostanza, non for-mali, perché an-che da quelli, dal come mostrarsi, può dipendere una vittoria o, vicever-sa, una sconfitta. D’altronde, la tele-visione “arriva” a tutti. Spesso non è una scelta ma entra nelle case, magari in sotto-fondo, ma il suo occhio è perva-sivo. In un paese

come l’Italia che legge pochi giornali, per non parlare dei li-bri, è il mezzo di comunicazio-ne di massa di gran lunga più efficace. Non è quindi strano che anche i giornali, i perio-dici e l’editoria guardino con grande attenzione alle forme della comunicazione politica, ne abbiano fatto la base per la realizzazione di servizi, in-chieste e anche gossip eletto-rale sulla cravatta del premier o le scarpe dello sfidante. In alcuni casi potrà essere, e lo è, un po’ deprimente, ma così è. Sul lato serio dell’argomen-to, gran successo ha ottenuto, ad esempio, un saggio scritto dal linguista americano Gorge Lakoff, tradotto e pubblicato in Italia da "Fusi Orari" con la prefazione di Ferruccio de Bor-toli, direttore del Sole 24 Ore: "Non pensare all’elefante!". Lakoff è uno specialista di teo-ria del linguaggio e professore di linguistica cognitiva all’Uni-versità di Berkeley in Califor-nia. Il suo libro è un vero e proprio trattato nel quale si forniscono le basi, ai demo-cratici americani, per battere i repubblicani seguendo pre-

cise strategie comunicative. Grande spazio al best seller è stato riservato, in Italia, oltre che su tutte le maggiori testa-te, dal settimanale Internazio-nale che ha tradotto l’articolo di Matt Bai del New York Time Magazine, nel quale il giorna-lista scrive: "L’aspetto più affa-scinante dell’ipotesi di Lakoff è l’idea che, per raggiungere gli elettori, tutti i temi del di-battito politico debbano esse-re collegati tra loro all’interno di uno schema più ampio e fa-miliare. Lakoff ipotizza che gli elettori siano più sensibili alle grandi metafore che a specifi-ci argomenti, i quali attirano l’attenzione solo se rafforzano una metafora più generale". Insomma, semplicità, capa-cità di farsi capire da tutti, in modo rassicurante e coinvol-gente, al bando le cose com-plicate e difficili da spiegare. Sul terreno della storia della comunicazione politica, val la pena segnalare un altro testo, tra i tanti, del quale la stam-pa ha dato risalto. Si tratta de "La turbopolitica", scritto da Edoardo Novelli e pubblicato da Rizzoli. Quasi 300 pagine

che ricostruisco-no la storia della comun icaz ione politica in Italia dal secondo do-poguerra ad oggi, da Degasperi a Berlusconi. Sono solo due esempi che dimostrano l’attenzione rivolta a questi temi. Una dimostrazione in più di come le stra-tegie di comunica-zione, il loro evol-versi, siano ormai parte integrante e non più eludibile di qualsiasi "pro-gramma" politico.

L’importanza della comunicazione politica

di Paolo Piffer

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"Al giorno d’oggi, un po-litico che vuole comu-nicare efficacemente deve possedere alcune doti. Innanzitutto, una certa capacità sedutti-va, cioè creare un rap-porto di empatia con il proprio 'pubblico'. Poi,

offrire delle prospettive. Inol-tre, essere capace di emozio-nare. Ma c’è un altro elemento che va tenuto in considerazio-ne: l’essere in grado di toccare il tema dei valori, dell’identi-tà". Gaspare Nevola, docente di comunicazione politica alla Facoltà di sociologia dell’Uni-versità di Trento, individua in questi fattori lo spessore me-diatico del politico nell’arena comunicativa, in cui la televi-sione ha un’importanza spesso determinante, comunque fon-damentale. Quando nasce la comunicazione politica? "C’è da sempre, da quando c’è la politica. Fare politica vuol dire fare comunicazione. Piuttosto, si deve riflettere sul quando sono cambiate le forme tra-dizionali della comunicazione politica". E allora, quando? "Nel momento dell’esplosione dei mezzi di comunicazione di massa, con l’irruzione del fattore tecnologico, la radio, la tv, il cinema. Il cambiamento

parte negli Stati Uniti, negli anni trenta ma, soprattutto, quaranta. Lo sviluppo più compiuto si ha poi nel secon-do dopoguerra. Alcuni eventi simbolici ne segnano le tappe. Mi viene in mente la campa-gna elettorale americana del 1960 con il confronto televi-sivo Kennedy-Nixon". C’è rap-porto tra comunicazione poli-tica e propaganda? "Sul piano concettuale l’affinità tra i due termini è stretta. La comunica-zione politica implica comun-que il propagandare, il diffon-dere delle idee, delle opzioni a favore di un certo orientamen-to. Resta il fatto che ormai, nel nostro linguaggio corrente, il termine propaganda ha un connotato negativo, deterio-re, mentre 'comunicazione politica' ha un significato più neutro". Negli ultimi anni, in Italia, per cosa si caratteriz-za la comunicazione politica? "Direi che ricalca, in ampia misura, il percorso che è stato tracciato negli Stati Uniti, con qualche anno di differenza. E’ la televisione il mezzo potente e diffuso che cambia la logica e il comportamento degli atto-ri. E, da noi, la tv nasce negli anni cinquanta. Nei primi due decenni, non c’è una grande presenza della politica in tv.

Le campagne elettorali si fan-no ancora sul territorio, nelle piazze. Con gli anni settanta qualcosa comincia a cambia-re. Ci sono manifestazioni col-lettive molto forti che irrom-pono sulla scena mediatica ed hanno una valenza politica. Dopo, anche i partiti arrivano in tv, basti pensare alle tribu-ne elettorali e politiche. Sono però presenze ingessate per-ché il linguaggio comunicati-vo non è televisivo ma ancora letterario. E’ negli anni ottanta che ap-pare sulla scena un leader co-municativo come Craxi. Negli anni novanta altri momenti hanno un grande rilievo dal punto di vista comunicativo, ad esempio 'Mani pulite'. In-somma, la politica comincia ad adattarsi al linguaggio tele-visivo, non è più solo 'ospite'. La vera svolta, 'l’americaniz-zazione della comunicazione politica', è comunque segnata da un anno, il 1994, quando Berlusconi decide di fare poli-tica. Il mutamento è lì. Quella è la vera novità. Un lessico semplice, ma anche sempre più povero, e la presenza sce-nica del leader, il corpo, la faccia. Ciò che importa è la performance, la personalizza-zione. Adesso conta la perso-nalità, la spettacolarizzazione e l’aspetto agonistico. Que-sti fattori, compresi i colpi a sorpresa, il faccia a faccia, lo scontro tra personalità, l’infra-zione delle regole, rappresen-tano il modo ritenuto migliore per narrare l’evento politico in televisione. Tutto ciò, in Italia, è favorito da una considera-zione di fondo. Da 15 anni la democrazia italiana vive una stagione di profonda divisione e delegittimazione reciproca che rende gli interlocutori re-ciprocamente sospettosi e dif-fidenti".

“Il politico che sa comunicare?un seduttore”

Intervista a Gaspare Nevoladi Paolo Piffer

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Sondaggid’opinione edelezioni, una notastorica

di Rodolfo Taiani

I sondaggi d'opinione hanno conquistato, nel bene e nel male, un ruolo determinate nella conduzione delle cam-pagne elettorali anche in Italia. Sbandierati da-gli opposti schieramenti vengono utilizzati nel

torneo della competizione po-litica per orientare i contenuti della comunicazione, ma an-che come armi di persuasione per convincere gli indecisi a vo-tare l’uno o l’altro degli schie-ramenti. I sondaggi d'opinione costituiscono pressoché una novità se si guarda alla scena italiana, dove si sono affermati solo di recente – a partire dai primi anni novanta del seco-lo scorso –, ma la loro storia guarda a un passato ben più lontano, che riporta all'Ameri-ca degli anni venti, dove il loro uso fu da subito associato an-che alla politica.Nel 1920, 1924, 1928 e ancora nel 1932, il Literary Digest aveva "previsto" i vinci-

tori delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti grazie a dei "sondaggi d'opinione informali" generalizzati condotti per valu-tare la popolarità dei candidati politici. Si era agli albori della sondaggistica; le tecniche di rilevazione non erano ancora molto affinate e mancava una metodologia consolidata. L'er-rore rappresentava molto più di una minaccia, ma una con-creta eventualità.E fu quanto si verificò puntual-mente durante la campagna presidenziale del 1936. Il Di-gest previde con sicurezza che Alf Landon avrebbe battuto Franklin Roosevelt e ottenuto la presidenza. Gli intervistatori del Digest si erano però "di-menticati" di selezionare scru-polosamente il campione. La vittoria di Roosevelt travolse non solo le speranze di affer-mazione di Alf London ma il Digest stesso, che fu costretto dal calo di favore presso i pro-pri lettori a cessare le pubbli-cazioni l'anno successivo. Un secondo clamoroso errore nella storia della sondaggistica moderna si verificò nel 1948. Tre famosi esperti, Roper, Crossley e Gallup, giunsero alla conclusione che Thomas Dewey avrebbe sconfitto Har-ry Truman nelle presidenziali americane. In realtà, come si sa, la competizione decretò la vittoria di Truman. Questo er-rore non avrebbe però assun-to le dimensioni di un vero e proprio scandalo se un mese prima delle elezioni gli esperti, così sicuri del risultatato favo-revole a Thomas Dewey, non avessero deciso di sospendere ogni ulteriore sondaggio! Nell'uno come nell'altro caso la reazione all'errore testimo-nia tuttavia come il sondaggio d'opinione avesse conquistato largo favore ed ascolto fra la popolazione americana, situa-zione assai diversa da quella

italiana dove analoghi metodi faticarono ad affermarsi e solo di recente, come si è detto, hanno conquistato un proprio ruolo anche nella competizio-ne elettorale. Sandro Rinauro, che all'argo-mento ha dedicato un lucido volume dal titolo "Storia del sondaggio d’opinione in Italia 1936-1994: dal lungo rifiuto alla repubblica dei sondaggi, ritiene che il diverso atteggia-mento nei confronti dei son-daggi" fra Stati Uniti e Italia risieda fondamentalmente nel-la matrice ideologica alla base del concetto stesso di opinio-ne pubblica nato nell'America della Grande Depressione e del New Deal. "Se tra il 1936" e l'immediato dopoguerra lo strumento del sondaggio si è presentato in Italia con i suoi obiettivi originari e con la sua enfasi democratica, ricostruire le ragioni della sua controver-sa e lenta acclimatazione si-gnifica verificare quanto quella particolare concezione dell'opi-nione pubblica implicita nel sondaggio stesso fosse orga-nica o disorganica alla società italiana di quegli anni. Significa anche – prosegue l'au-tore – "individuare, per contra-sto, le concezioni e quindi gli strumenti alternativi di rileva-zione e di utilizzo dell'opinione pubblica che in Italia ne ha ostacolato la diffusione". "La lunga refrattarietà allo stru-mento d'Oltreoceano – sostie-ne infine Rinauro – non può assumersi automaticamente come refrattarietà alla consul-tazione dell'opinione pubblica, ma anche come predilezione per obiettivi e quindi strumen-ti di rilevazione alternativi e concorrenti a quelli impliciti ed espliciti nei sondaggi d'opi-nione". Strumenti alternativi e concorrenti sui quali si attende ancora un'analisi ed una lettu-ra storica.

Autunno del 1900: a Riva del Garda si tiene un comizio elettorale. Uno dei tanti che prece-de le elezioni politiche. Il fatto probabilmente non avrebbe lasciato alcuna traccia di sé e

si sarebbe disperso come tanti altri nel capiente fiume della storia, se un incisore tedesco, di nome Joseph Zeheren, da poco residente in Trentino, pre-sente al comizio stesso, non fosse rimasto particolarmen-te colpito da un episodio cui aveva assistito. Il nostro testi-mone, nonostante scriva in un italiano assai stentato, decide di prendere carta e penna e di inviare una lettera alla reda-zione de Il Popolo, il giornale diretto da Cesare Battisti, per denunciare un fatto a suo dire di inaudita gravità (Museo sto-rico in Trento, Archivio Battisti,

busta 35, fasc. 4, c. 30). Cosa di così terribile poteva esse-re accaduto da suscitare una così immediata e scandalizza-ta reazione? Semplice: alcuni compagni socialisti avevano offerto in quell'occasione una birra a degli elettori, avevano cercato in altre parole secon-do il suo parere di comprare il voto. L'insinuazione raccol-ta dall'incisore tedesco è che alcuni compagni avessero ad-dirittura offerto denaro, ma di questo il nostro testimone non voleva e non poteva dare ga-ranzia alcuna.Zeheren manifesta sincera sor-presa nei confronti di un simi-le comportamento. Lui che in passato aveva già partecipato ad altre campagne elettorali, non gli era mai capitato di do-ver registrare una simile sce-na. Dovunque si fosse trovato prima, "in Turchia ed Germa-nia", "queste mezzi nessuno dei compagni se avrebbe per-messo di gli fare". Con questo non voleva mettere in dubbio la buona fede dei compagni rivani. Sicuramente chi aveva agito in simile modo lo aveva fatto pensando di portare gio-vamento alla causa comune, ma in realtà, sostiene Zehe-ren, se una simile pratica si fosse diffusa, l'intero partito ne avrebbe sofferto conseguenze gravissime; il metodo della corruzione avrebbe dilagato e soprattutto compromesso l'immagine del partito, conse-gnando una potente "arma in gli mani dei nostri ennemici". Per non parlare poi dell'effetto diseducativo nei confronti de-gli elettori stessi. Costoro abi-tuati a vendere il proprio voto per una birra, non avrebbero certo esistato un domani a concederlo ad altri in cambio di un'offerta più allettante."Pagare la birra è comperare indirectamente gli voti" – scrive l'incisore tedesco – e qualsiasi partito, specie quello sociali-sta, favorevole alla trasparenza

e contro ogni corruzione, non avrebbe mai dovuto sottovalu-tare una simile evidenza.Quel denaro speso per le bir-re sarebbe stato mille volte più utile se impiegato "per la propaganda, per fare stampare dei avisi ed dei recran": in que-sto modo si sarebbe ottenuto un risultato "sicuro, onorevole ed durevole", perché "con que-ste noi educiamo una massa convicato sulla quale possia-mo contare in tutti tempo".L'incisore tedesco non rispar-mia critiche neppure al modo in cui era stata organizzata e portata avanti la campagna elettorale. "È stato fatto molto errori in questa campagna el-letorale" – scrive in tono con-vinto. Errori per la mancanza di un'or-ganizzazione capace di garan-tire riunioni periodiche fra gli aderenti, utile a migliorare la comunicazione, ma soprattut-to a "illuminare gli compagni ed gli educare alla vita politi-ca". Insomma occorreva fare in modo che il partito fosse presente il più capillarmente possibile per aiutare "gli più indiffererente lavorati" a rico-noscere il partito stesso come "il sole chi difende gli interesse del popolo".Joseph Zeheren conclude la sua lettera, dalla scrittura incerta, ma dai principi for-ti, quasi scusandosi di tanta appassionata partecipazione. Non aveva alcuna intenzione di accusare qualcuno, ma solo d'intervenire in difesa dell'idea-le nel quale si riconosceva. Aveva scritto in un certo sen-so obbligato dalla sua stessa "persuasione socialiste", "ac-ciocché nelli future elezioni" il giornale potesse ricordare ai compagni "come dovessanose tenir nel la campagna elletora-le". La conclusione è lapidaria: "se gli altri partito lo fanno non besogno che noi lo fanno an-che. Con saluto socialiste. Jo-seph Zehren incisore".

Elezioni 1900:un comizio d'au-tunno a Riva del Garda

di Rodolfo Taiani

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“Dio ti vede, Stalin no”le elezioni del 1948

di Giuseppe Ferrandi

Nella recente campa-gna elettorale per le politiche, campagna "gridata" e molto te-levisiva, è stato quasi naturale riconoscere una parentela con le ormai lontane elezioni

dell’aprile 1948. Alto tasso ideologico, riferimenti espliciti al paradigma "anticomunista": quelle lontane elezioni hanno per qualcuno rappresentato un modello di riferimento per

una rinnovata battaglia di ci-viltà. La demoli-zione/demoniz-zazione dell’av-versario politico, trasformato da competitore in nemico, ha quin-di contribuito a far riemergere lo spirito del 1948. Il 18 aprile è tornato in auge; è tornato ad es-sere argomento di riflessione e di studio. Come noto quella domenica l’Italia votò per elegge-re il Parlamento della prima legi-

slatura: vinse la Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi contro il Fronte popolare so-cial-comunista, guidato da Pietro Nenni e da Palmiro Togliatti. Alla Camera la Dc sfiorò la maggioranza assoluta (48,5) mentre le sinistre unite si fermarono al 31%. Sul-l’importanza storica di quella giornata elettorale, anche da coloro che la registrarono come una pesante sconfitta, nessuno può avere dei dubbi. La situazione era molto in bili-co. Alle elezioni precedenti del 1946, quando venne eletta l’Assemblea costituente, la Dc, primo partito, aveva incassato

il 35,2%, i socialisti il 20,7% e i comunisti al 19%. Poten-zialmente le sinistre avrebbero potuto vincere. Delicata era inoltre la situazione interna-zionale: la guerra fredda aveva interrotto il brevissimo periodo di pace seguito alla seconda guerra mondiale combattuta contro il nazi-fascismo. La società italiana venne quindi investita da una mobilitazione politica senza precedenti: si andavano affinando tecniche propagandistiche ed elettorali; erano comparsi sulla scena nuovi quotidiani direttamente coinvolti nello scontro elet-torale (si pensi al "Popolo trentino" diretto da un giovane Flaminio Piccoli); l’elettorato, maschile e femminile, si stava rapidamente educando alla democrazia rappresentativa e al suffragio universale. Nella splendida autobiografia "La ragazza del secolo scorso", Rossana Rossanda, nel 1948 giovane dirigente del partito comunista lombardo, ha rac-contato il suo primo comizio a Castelnuovo Bocca d’Adda. La scena è caratterizzata da una "grande piazza fra case basse e la chiesa in fondo, i pochi compagni intorno che suggeri-scono: 'Aspettiamo che finisca la messa così la gente si ferma a sentirti', il parroco tutto nero che esce dal sagrato scrutan-do il suo gregge, andava verso di me o a casa? A casa, anda-vano, la piazza restava rada, e i compagni mi confortavano: 'Ti ascoltano dietro le imposte, hanno paura di farsi vedere'”.E’ la tipica campagna elettora-le del "Dio ti vede, Stalin no". Il dittatore sovietico impotente di fronte all’onnipotenza divi-na. I piani della politica, della religione, dell’ideologia, dello scontro sociale che si confon-dono e si alimentano vicen-devolmente. Una campagna elettorale dalla competizione

sfrenata che è entrata, più di altre, nella storia e nella no-stra memoria pubblica. Silvio Ducati, giornalista del "Popolo trentino", in un bel pezzo di cronaca racconta una sorta di trasformazione antro-pologica e sociale che investe il trentino tipo."L’avvicinarsi del 18 aprile fa sì che molti uomini rinunciano a molte abitudini che né la sposa né la madre erano riu-scite a sradicare coi loro rim-brotti: l’indolente che riusciva a vestirsi appena in tempo per arrivare di corsa all’ultima Messa in Duomo, pungolato dalla curiosità e dall’interesse verso gli oratori che parleran-no al Sociale o alla Filarmo-nica, balza dal letto alle nove del mattino fra lo stupore dei famigliari; il tifoso di scii ri-nuncia qualche volte alla neve e al sole per ascoltare l’alata parola di qualche pezzo gros-so che viene da fuori; infine anche il signore che non si occupa di politica attirato dal richiamo dei manifesti si avvia verso le piazze o le sale dove i propagandisti dei partiti si lanciano con saettanti ironie e con il fuoco tambureggiante di un’oratoria infuocata”.Tutto ciò, racconta Ducati, raggiunge il parossismo verso mezzogiorno. Mentre le mogli e le madri guardano la pasta che scuoce, figli e mariti sta-zionano lungo il giro al Sass: ascoltano, si dividono e si appassionano, acconsentono e dissentono.La quiete torna il pomeriggio quando il popolo elettore si arrampica sul Calisio e sulla Maranza. "Qui si ritrovano tutti dimentichi delle battaglie an-timeridiane, a scrutare contro il sole la limpidezza del vino nel bicchiere e combattere pa-cifiche battaglie maneggiando come uniche armi due levigate bocce di legno".

Una mattina, io e Ettore Trentin, re-sponsabile locale di Agit-Prop, partimmo su una vecchia auto sgangherata attrez-zata di microfono ed altoparlante. Dopo molti su e giù, dopo molte curve di strade montane, dopo qual-che sosta in osteria dove Ettore, da buon alpino, trangugiava il

suo "grappino" mentre io sor-bivo il mio caffè, arrivammo sul mezzodì in un grosso borgo nel mezzo di una vallata. Sulla piazzetta non c'era nessuno. Ettore fermò l'auto, predispose il microfono, me lo porse ed esclamò: Parla!– Ma a chi parlo se non c'è nessuno? – ribattei.– Ci sono, ci sono. Stai tran-quillo. Son dietro le finestre. A quest'ora ci sono in casa le donne. Stan dietro le finestre. Non si fan vedere ma stanno ad ascoltare.Ed io cominciai: "Qui è la voce del Partito Comunista. Vi chie-diamo di votare comunista alle prossime elezioni, perché

… eccetera… eccetera…». E stavo enumerando i vari punti del programma elettora-

le regionale, quando d'un trat-to una finestra si spalancò, ed un'anziana signora vestita di scuro, sporgendosi all'esterno gridò: democrazia… democra-zia…– "Anche noi siamo per la de-mocrazia…" replicai io, mentre Ettore mi strattonava: "Guarda che quella intende la Demo-crazia Cristiana…". Altre fine-stre si spalancarono, altri volti si sporsero all'infuori, e ci fu uno strepito di voci femminili: democrazia… democrazia…Un coro… Provai ad alzare il tono della voce ma il coro raggiunse le note più alte e sommerse il mio parlare. Un clamore sempre più imperio-so, sempre più assordante. Non aveva più senso conti-nuare il comizio. La piazzetta del borgo era rimasta deserta mentre lo strepitare delle voci femminili si levava sempre più alto. Misi allora il microfono nell'astuccio, Ettore avviò il motore, e l'auto ripartì.– "Hai visto che differenza c'è fra il nostro Trentino e la tua rossa Bologna?" – commentò Ettore mentre da "buon alpino" si sorbiva in osteria un secon-

Si ripropone in queste pagine un passaggio di una memoria già pubblicata sul n. 2/2002 di Archivio trentino, rivista semestrale del Museo storico in Trento, pp. 177-181.

1956: a far comizi nel Trentino

di Graziano Zappi

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do grappino. Un'altra volta partimmo di domenica pome-riggio. Dovevamo raggiungere un paesino in cima a un mon-te. L'auto percorse nuovamen-te strade con alti e bassi e con zig zag, arrestandosi presso le osterie per il solito grappino. Poi finalmente scorgemmo su un cucuzzolo uno svettante campanile.– Dobbiamo arriva-re lassù – disse Ettore.A fatica la nostra auto sgan-gherata affrontò la salita a ser-pentina di una strada acciot-tolata.Ettore teneva inserita la prima marcia, al massimo passava in seconda, e il moto-re era sotto sforzo. Finalmente conquistammo la vetta. Accanto allo svettante campanile c'era una chiesetta.

Davanti ad essa una fila di casupole bianche si stringeva a cerniera attorno ad una piaz-zetta ovale con al centro il so-lito monumento ai caduti della guerra quattordici-diciotto con la statua del soldato dal brac-cio levato in alto ad indicare i sacri confini della patria.Davanti al monumento la sopresa. Uno stuolo di don-ne con il parroco in testa sembrava attenderci. All'im-provviso si levò il brusìo di una litania: Un…ghe…ria… Un…ghe…ria... Andate via… Andate via… Democrazia… Democrazia…Tutto in rima. Il parroco sembrava dirigere il coro. Il brusìo aumentò di vo-lume e divenne frastuono. Che potevamo fare? Ettore fece

compiere all'auto una rapida giravolta attorno al monu-mento per riprendere la strada acciottolata, che stavolta era in discesa a serpentina.Alla base del monte Ettore fermò l'auto. Un po' di riposo per il motore, due passi per noi, una sigaretta per sollie-vo. Dall'alto del cucuzzolo su cui s'ergeva lo svettante campanile arrivava verso di noi l'eco del coro rimbomban-te: Ungheria… Ungheria… Andate via… Andate via… Democrazia… Democrazia… Tutto in rima. Ed assieme al coro avvertimmo il rotolìo dei sassi che scendevano. Non c'era alcun dubbio. Ce l'avevano con noi. Ripar-timmo lestamente.

Documenti per la storia della comu-nicazione politica e della propaganda elettorale negli archivi del Museo storico in Trento

a cura di Lorenzo Gardumi

Il tema della propagan-da politica in occasione delle sfide elettorali è documentata in alcuni fondi conservati pres-so il Museo storico in Trento, secondo una ripartizione che per co-modità di esposizione potremo ripartire in tre blocchi.Prendendo in conside-razione, naturalmen-te, solo gli ultimi ses-

sant’anni di storia del nostro Paese, l’indagine non poteva che iniziare dalla nascita dello Stato repubblicano. L’archivio iconografico rac-coglie numerosi manifesti di propaganda elettorale proprio a partire dal referendum isti-tuzionale del 2 giugno 1946 quando la scelta, per il popolo italiano, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, non riguardò unicamente l’elezio-ne dei candidati all’Assemblea costituente ma prima di tutto la scelta tra mo-narchia e repub-blica. Monarchi-ci, comunisti, democrist iani o socialisti si affrontarono a suon di slogan e di differenti spinte ideali. La provincia di Trento (in quel-la di Bolzano non si votò) si dimostrò la più repubblica-na d’Italia con l’85% dei suf-fragi favorevoli.Seguì la secon-da grande sfi-da del secondo dopoguerra: le prime elezioni libere del 18 aprile 1948. I

materiali elettorali documen-tano lo scontro fra le forze del Fronte popolare – PCI e PSIUP – e le altre formazioni mode-rate, DC in testa. L'effige di Garibaldi si contrappone allo scudo crociato.Per tutti gli anni cinquanta non si conserva altro materia-le di propaganda all'infuori di una sporadica documentazio-ne raccolta da Livia Battisti ed Elsa Conci. Si deve giungere ai primi anni sessanta per incro-ciare nuovamente qualcosa di consistente.Il Centro di documentazione Mauro Rostagno – nato sul finire degli anni ottanta – cu-stodisce al riguardo alcuni si-gnificativi fondi.L’archivio della Federazione provinciale di Trento del PCI – carte Biagio Virgili, segreta-rio della Federazione – rappre-senta il più articolato comples-so di documenti. Dal 1964 al 1984, ogni sfida elettorale,

fosse amministrativa, regiona-le, politica od europea, è mi-nuziosamente registrata.Materiale informativo, mani-festi di propaganda, opuscoli ma anche semplici volantini e ciclostili rappresentano il nu-cleo fondante della comunica-zione politica.Altro materiale, di notevole in-teresse, emerge in occasione dei più importanti referendum popolari della storia repubbli-cana come quello abrogativo del 12 maggio 1974 e relativo alla legge "Fortuna-Baslini" sul divorzio, o quello sull’aborto del 1981.Le forze del “NO” e quelle del “SI” duellarono a colpi di ma-nifesti ed opuscoli.Da parte sua, la Federazione del PSI, a partire dal 1971 e fino al 1991, ci ha lasciato, anche se in quantità limitata, un interessante complesso di documenti e materiali di pro-paganda tra cui è possibile

trovare opuscoli prodotti dagli avversari – ad esempio, il Parti-to liberale. Com-pleta la serie delle formazioni politiche Demo-crazia proletaria, poi Solidarietà, tra il 1978 e il 1991. Quest’archivio, per quanto non ancora ordina-to e inventaria-to, conserva un buon numero di manifesti e volantini di pro-paganda poli-tica elettorale. Al suo interno è possibile ritrova-re informazioni anche circa i più recenti referen-dum come quel-

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lo sulla caccia e sui pesticidi del 1990.Un patrimonio inestimabile è rappresentato dall’archi-vio donato dalla rivista UCT: uomo città territorio, diretta da Sergio Bernardi.Nata da quella fucina di pas-sioni e d’impegno politico che furono gli anni sessanta e settanta, la rivista e la sua redazione hanno contribuito a raccogliere e conservare molto materiale d’interesse politico, economico e sociale prodotto in quel periodo sto-rico. Rispetto a ciò che qui interessa, i documenti con-servati partono dal 1972, anno delle elezioni politiche, e giungono fino alle elezioni del 1996, dove già, però, il materiale propagandistico perde di rilevanza per lascia-re libero campo alle rassegne stampa e ai risultati del con-fronto politico.Numerosi e singolari sono i manifestini fotografici rela-tivi alle politiche del 1972: qui, più che in altri fondi, è possibile trovare materiale di propaganda di partiti politici "minori" come il MSI, il PRI o il MPL (Movimento politico dei lavoratori).È comunque il referendum sul divorzio del 1974, con i manifesti degli opposti schie-ramenti del “SI” e del “NO”, elaborati dalle più disparate formazioni politiche, a susci-tare la maggiore curiosità.Accanto a PRI e PSDI si erge la "fantasia" comunicativa delle formazioni facenti capo alla cosiddetta "sinistra extra-parlamentare" – Lotta conti-nua, il Manifesto, Movimento degli studenti, Avanguardia operaia.Il Museo storico in Trento ha in un certo senso proseguito l'impegno di UCT continuan-do la raccolta di materiale propagandistico. Una novità

rispetto al passato è rappre-sentata dalla selezione, cat-tura e archiviazione su sup-porto ottico (compact disc) di alcuni siti internet, progettati e pubblicati dai partiti politici a fini elettorali in occasione delle più recenti sfide politi-che. Per ciò che riguarda invece il materiale cartaceo, a partire dal 1992 e fino alle ultime elezioni politiche dell’aprile 2006, numerosi sono i co-siddetti "santini", gli opuscoli o le "cartoline" diffuse fra gli elettori per posta.A livello generale, esulando dagli intenti di questa breve nota, si possono svolgere al-cune considerazioni sui con-tenuti della comunicazione politica elettorale. Visionan-do a campione i vari materia-li dagli anni quaranta in poi, ciò che emerge con evidenza è il passaggio dall’idealismo all’estetica della politica, ossia da una visione della politica permeata di ideali e valori condivisi da un gruppo ad una puramente soggettiva ed individuale.Nella prima fase l'elettore si riconosce nei contenuti espressi da un particolare simbolo, la falce e martello, lo scudo crociato o la fiamma tricolore. I rappresentanti da inviare in Parlamento sono semplicemente uno stru-mento al servizio dell'ideale; i programmi elettorali della varie forze politiche presen-tano, più o meno tutte, una proposta rivolta al futuro.Nella seconda fase i sim-boli dei partiti cedono sem-pre più spazio nel materiale propagandistico agli enormi mezzobusto dei candidati sul quale l'elettore è spinto ad esprimere, seppur inconsa-pevolmente, una valutazione più estetica che politico-ideo-logica.

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INFOMUSEO

NOVITÀ EDITORIALI DEL MUSEO STORICO IN TRENTO

Il volume propone principalmente la trascrizione del diario che Roberto Suster – trentino di nascita, irredento rifugiato nel Regno – tenne nelle drammatiche e convulse giornate che precedettero e seguirono il 25 luglio del 1943, la caduta di Mussolini e del fascismo. Gli appunti del direttore dell’agen-zia ufficiale del Regime, la "Stefani", consentono di seguire dal di dentro la grave crisi del Regime e gettano luce sia sulla personalità dell’Autore, sia degli altri protagonisti del giorna-lismo trentino – da Franco Ciarlantini ad Orazio Marcheselli, da Taulero Zulberti a Servilio Cavazzani – che egli incrociò, pressoché naturalmente, nel corso della sua vita. Direttore del quotidiano La Libertà tra il 1919 e il 1920, Roberto Suster la-vorò successivamente per Il Popolo d’Italia, il giornale fondato

e diretto da Benito Mussoli-ni, e per la "Stefani", di cui divenne direttore per quasi trentaquattro mesi dall’11 gennaio 1941 al 24 set-tembre del 1943. Arresta-to dalla Repubblica sociale italiana su ordine impartito da Mussolini in persona, al-la macchia dopo la fuga dal carcere, tornò al giornalismo – ancorché in posizione di secondo o forse terzo pia-no, come avvenne per qua-si tutti i giornalisti che era-no stati al vertice al tempo del fascismo – fino alla sua morte avvenuta nel 1966.

Il 2 maggio 2006 ha avuto luogo la cerimonia di premiazione del 35. premio ITAS della montagna. Fra i 92 volumi portati in concorso è stato segnalato dalla giuria anche il libro di Beatrice Carmellini e Sara Maino, "Arco di storie: uno sguardo ravvicinato sul tempo dei sanatori ad Arco (1945-1975)". Le edizioni del Museo storico in Trento ottengono così un nuovo ambito riconoscimento dopo il cardo d'argento ottenuto nell'edizione 2001 del medesimo premio con il volume "L'invenzione di un cosmo borghese: valori sociali e simboli culturali dell'alpinismo nei secoli XIX e XX" a cura di Claudio Ambrosi e Michael W e d e k i n d e il "Premio Cento stampa locale" conquistato nel 2003 dalla rivista

"AltreStorie".

Agli inizi degli anni cinquanta del secolo s c o r s o numerose famiglie trentine lasciarono i pro-pri paesi d'origine per raggiungere il Cile, per la precisione la provincia di Coquim-bo. Le partenze s'inserivano nel progetto di colonizzazione predisposto e seguito prima dall'Istituto di credito per il lavoro italiano all'estero (ICLE) e dalla Regione Trentino-Alto Adige e successivamente dalla Compagnia italo-cilena di colo-nizzazione agricola (CITAL). Alla base dell'intervento risiedevano gli accordi seguiti fra il presidente della repub-blica cilena Gabriel Gonzalez Videla e il primo ministro italiano Alcide De Gasperi. Al loro arrivo i coloni trentini avrebbero dovuto trovare abitazioni nuove in cui alloggiare e terra da coltivare. In realtà la situazione non si presentò così favorevole come i piani avevano fatto immaginare. Le case promesse non erano state

ancora terminate e il terreno risultava difficile da lavo-rare ignorandone composizione e resa. Lo stato delle

cose apparve subito assai difficile e non tutti riuscirono a far fronte all'emergenza,

o almeno a sostenerla il tempo sufficiente per poter cominciare a cogliere i primi frutti del gran-de investimento di risorse fisiche ed economiche richiesto. Questo in estrema sintesi il filo della vicen-da lungo il quale si snoda il volume. Un testo che volutamente ha preferito offrire anziché una ricostruzione storio-grafica, una selezione di documenti par-ticolarmente significativa. La sua lettura permette di cogliere i molteplici risvolti di

una pagina di storia poco conosciuta, dan-do il giusto riconoscimento al «sacrificio» di centinaia di persone che emigrando in Cile hanno inseguito un sogno di benessere spesso irrealizzato.

Mariaviola Grigolli, La terra Serena: l'emigrazione trentina in Cile: documenti: (1950-1974), pp. 318, euro 20,00 (Vesti del ricordo, 7).

Gianni Faustini, Per una storia d'Italia del 1943: la cronaca di Roberto Suster e altri scritti, pp. 168, euro 14,50 (Quaderni di Archivio trentino, 12).

Premio ITAS 2006: segnalato dalla giuria il volume su Arco al tempo dei sanatori.

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A più di sessant'anni dalla conclusione del conflitto mondiale e dell'occupazione na-zista il Museo storico in Trento, l'Archivio provinciale di Bolzano e l'Istituto storico bellunese della Resistenza ed età contemporanea, hanno proposto una riflessione storica sulla Zona d'operazione delle Prealpi, amministrazione militare e civile voluta da Hitler. In tre giorni di fitto convegno, che hanno registrato la partecipazione di nu-merosi e qualificati studiosi, si è così tornati a parlare di un periodo particolarmente complesso e tormentato della storia contemporanea, sul quale molto resta ancora da indagare e studiare. Sono intervenuti: Agostino Amantia, Lorenzo Baratter, Marco Borghi, Vincenzo Calì, Gustavo Corni, Marco Cuzzi, Alberto De Bernardi, Andrea Di Michele, Giuseppe Ferrandi, Alessandra Ferretti, Monica Fioravanzo, Luigi Ganapini, Lorenzo Gardumi, Josef Gelmi, Maurizio Gentilini, Pierantonio Gios, Christoph H. von Hartungen, Alberto Ianes, Stefan Lechner, Adriana Lotto, Margareth Lun, Hu-bert Mock, Giovanna Padovani, Luciana Palla, Fabrizio Rasera, Alessandro Sacco, Paola Salomon, Mirko Saltori, Karl Stuhlpfarrer, Elena Tonezzer, Armando Vadagnini, Ferruccio Vendramini, Cinzia Villani, Michael Wedekind. È già stata annunciata la pubblicazione degli atti.

La Zona d'operazioni delle Prealpi nella seconda guerra mondiale: un convegno di studio fra Trento, Bolzano e Belluno: 22-25 marzo 2006.

Prosegue l'attività del seminario permanente "Alla ricer-ca delle menti perdute". Il 10 maggio 2006 ha avuto luogo un incontro di lavoro nel corso del quale studiosi di diverse istituzioni (Associazione italiana biblioteche-Sezione Trentino-Alto Adige, Associazione nazionale archivistica italiana-Sezione regionale Trentino-Alto Adige, Azienda provinciale per i servizi sanitari, Museo storico in Trento, Soprintendenza dei beni librari e ar-chivistici della Provincia autonoma di Trento, Università di Innsbruck e Università di Trento) si sono confrontati sulle prospettive di un'indagine comparata sulle storie dei manicomi di Hall e di Pergine Valsugana. Hanno offerto il loro contributo all'incontro Roberta Arcaini, Gustavo Corni, Felice Ficco, Andrea Giorgi, Casimira Grandi, Anna Guastalla, Christian Haring, Piera Jane-selli, Renato Mazzolini, Giuseppe Pantozzi, Gian Piero Sciocchetti, Oliver Seifert, Alba Silvia, Livio Sparapani, Elena Taddei e Rodolfo Taiani.

Seminario permanente "Alla ricerca delle menti perdute": un nuovo incontro di lavoro.

La mostra sull'archivio di Gigliola Cinquetti "Una storia romantica" è stata ospitata a San Giovanni Lupatoto, in provincia di Verona, nel periodo compreso fra il 29 aprile e il 14 maggio. E’ proseguita così la collabora-zione con il comune veronese iniziata già in occasione della mostra "Alla ricerca delle menti perdute" con il coinvolgimento della locale Fondazione Carlo Zinelli e del comune stesso. La mostra ha registrato un notevole successo di pubblico, testimoniato anche dal contributo di alcuni collezionisti locali che hanno arricchito l'espo-sizione di nuovi oggetti simbolo degli anni sessanta.

Una storia romantica: la mostra sull'archivio di Gigliola Cinquetti a San Giovanni Lupatoto.

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Per ricevere la rivista o gli arretrati, fi no ad esaurimento, inoltrare richiesta al Museo storico in Trento

ALTRESTORIE - Periodico di informazione, Direttore responsabile: Sergio BenvenutiComitato di redazione: Giuseppe Ferrandi, Patrizia Marchesoni, Paolo Piffer, Rodolfo TaianiHanno collaborato a questo numero: Gaspare Nevola, Lorenzo Gardumi e Graziano ZappiPeriodico quadrimestrale registrato dal Tribunale di Trento il 9.5.2002, n. 1132 ISSN-1720-6812Progetto grafi co: Grafi comp - Pergine (TN)

Via Torre d’Augusto, 35/4138100 TRENTOTel. 0461.230482 Fax [email protected]

Il Museo storico in Trento, grazie al contributo della Provincia auto-noma di Trento e con il patrocinio del Comune di Trento, ha propo-sto fra l'8 e il 27 marzo 2006 un ciclo di conferenze dedicato alla rivisitazione degli anni settanta del secolo scorso. I quattro incon-tri previsti si sono svolti secondo il seguente programma: Giovanni Gozzini, "Globalizzazione e ine-guaglianze: una prospettiva sulla storia degli ultimi decenni del No-vecento"; Diego Giachetti, "Nessu-no ci può giudicare: gli anni della rivolta femminile"; Enrico Palandri e Alessandro Tamburini, "Rac-contiamoci: esperienze letterarie nell'Italia degli anni settanta", Giovanni Tamburino, "Da piazza Fontana alla stazione di Bologna: strategia della tensione ed ever-sione di destra".

La Biblioteca del Museo storico in Trento ha ricevuto in deposito dal-l'Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento due interessanti fondi bibliografici: l'uno del Medi-co provinciale e l'altro del Distret-to di Trento e Valle dei Laghi. Il primo è costituito da 327 volumi, mentre il secondo è formato da circa 800 volumi, di argomento giuridico, economico, finanziario, medico-legale, medico-sociale e socio-assistenziale, che coprono un arco di tempo compreso gros-somodo fra il 1920 e il 1970.

Nell'ambito della ricerca "La speranza industriale: sviluppo e modernizzazione in Valsugana: 1950-1990", promossa all'interno del "Progetto memoria per il Trentino", dalla Provincia autonoma di Trento, dal Comune di Borgo Valsugana, dal Museo storico in Trento e dal Dipartimento di economia dell'Università degli studi di Trento, si è svolto a Trento, il 17 maggio 2006, un seminario dal titolo "Sviluppo locale e programma-zione in Trentino nel secondo Novecento". Sono intevenuti Andrea Bonoldi (introduzione ai lavori), Silvio Goglio ("Politiche locali di sviluppo: luci e ombre"), Pietro Nervi ("L'esperienza della programmazione: le scelte all'origine del Piano urbanistico provinciale") e Andrea Leonardi, che ha moderato l'incontro.

La polit ica industriale in Trentino nella seconda metà del Novecento (1950-1990).

Il 31 marzo 2006 si è svolta l'as-semblea ordinaria dei soci del Museo storico in Trento. È stata l'occasione per rimarcare attra-verso la relazione di attività letta dal direttore Giuseppe Ferrandi la straordinaria mole di lavoro svol-ta dal Museo nel corso del 2005 e la necessità di dotare il Museo stesso di quegli strumenti opera-tivi indispensabili per accogliere le tante sfide aperte sul fronte dei progetti espositivi, dei rapporti con il territorio e delle nuove pro-spettive di indagine storica. Il mo-mento istituzionale è stato seguito dalla presentazione di due volumi editi dal Museo storico in Trento che raccolgono la trascrisione dei diari di Anna Menestrina. È inter-venuta con il curatore, Quinto An-tonelli, Liviana Gazzetta.

Assemblea dei soci 2006.

Anni settanta: rimozione e memoria.

Archiblioteca del Museo storico: un nuovo deposito librario.

Fondi archivistici, bibliografi ci ed iconografi ci per la storia italiana, trentina, tirolese e dell'Arco alpino nei secoli XIX e XX con particolare riferimento a: Risorgimento, prima e seconda guerra mondiale, fas-cismo, Resistenza, movimenti politici degli anni sessanta e settanta del Novecento, didattica della sto-ria, scritture autobiografi che e specifi ci temi espositivi e di ricerca sviluppati dal Museo storico in Trento.

Archivi e biblioteca del Museo storico in Trento

apertura dal lunedì al giovedì: ore 9:00-17:00, il venerdì ore 9:00-13:00

Via Tor re d ’Augus to, 35 - 38100 Trento - te l . 0461.264660 - fax 0461.237418e-mai l : museo.s to r i co@bib l io. in fo tn. i t s i to web: h t tp : / /www.museos to r i co. tn. i t

Principali servizi gratuiti: consultazioni in sede, prestito, navigazione internet, prestito inter-bibliotecario provinciale, informazione biblio-grafi ca, consulenza archivistica

Principali servizi a pagamento: riproduzioni, prestito interbibliotecario nazionale e inter-nazionale, document delivery