Altra Voce Luglio 2012

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Oblique Oblique discendenze discendenze Anno 19° n°6 - luglio - agosto 2012 Sped. abb. post. comma 20 lett.B art.2 legge 23/12/96 Fil di BN ( TAXE PERCUE ) €uro 3,00

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Altra Voce Luglio 2012

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ObliqueObliquediscendenzediscendenze

Anno 19° n°6 - luglio - agosto 2012Sped. abb. post. comma 20 lett.B art.2legge 23/12/96Fil di BN ( TAXE PERCUE )

€uro 3,00

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EDITORIALE3 ...E mica sono Pasquale io

PRIMO PIANO

4 All’osteria dell’impotenza6 Oblique discendenze8 Gli scenari della politica9 Le cinque domande di Victoria10 Bruxelles esito perverso....12 diluvia governo Montii

14 La più giovane truffa15 Libro bianco sul lavoro17 I diritti dei detenuti...18 Quando un giovane muore in

carcere20 La diossina di Montecoppe

MEDICINA E SOCIETA’

22 Un premio all’efficienza24 Telethon investe in Neuromed

CULTURA

25 Un avvocatissimo del XVII sec.....

MEMORIA STORICA

26 La negazione eretta a sistema

POLITICA

31 Marcel De Corte33 La politica si interessa a voi34 Il lavoro... a Napoli36 Pannicelli caldi38 Quale futuro per l’Europa40 Movimento 5 stelle...42 un si della Commissione ITRE

DIETA È... SALUTE

44 Sapore di sale... Hmalayano

ATTUALITÀ

45 Don Pino Puglisi47 Domeniche nel verde

SPORT

48 Un campionato europeo niente male

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Totò e Mario Castellani, tra le tante, hanno rap-presentato l’emblematica scena di un “aitantesignore”, che dopo essersi avvicinato a Totò in

una nota piazza di Roma, inizia ad ingiuriarlo e apercuoterlo a più riprese avendolo scambiato perun tale Pasquale. Castellani, che non si spiegavacosa avesse tanto da riderci sopra Totò, mentre rac-contava circa le percosse avute, improvvisamentesbottò dicendo: “ma perché non hai reagito…”. A que-sto punto Totò rispose: “e che me frega, mica so’ Pa-squale, io”. Agli italiani succede più o meno la stessacosa con cadenza quotidiana e senza nessuna spie-gazione. A partire dal governo Monti si è iniziato aparlare persino in inglese pur di non dare chiari-menti: Spending review, spread e similari, sono usaticon frequenza impressionante: ma che sarannomai? I mezzi di comunicazione ci bombardano tuttii giorni con termini il cui significato è sconosciutoalla stragrande maggioranza degli italiani. Perstrada tuttavia, la gente ne parla confidando sull’in-tuito che lascia immaginare come nella realtà lospread, per esempio, sia una cosa che valuta i nostriguai e che quando questa cosa aumenta, il massoneMonti decide che anche i nostri guai debbano au-mentare. Ed aumentano di brutto visto che come ri-sposta all’innalzamento dello spread interviene laspending review, che nella pratica del quotidianosignifica: “italiano medio, dimezza il tuo piatto dipasta, perché stai mangiando troppo”. Natural-

mente questa decisione non è certo il frutto diun’ansia del massone per lo stato di salute le-gato al nostro sovrappeso, ma una vera e pro-pria cura da cavallo (a Monti, giustamente, piacechiamarla cura “lacrime e sangue”) che, di fatto,sta ulteriormente impoverendo l’economia na-zionale a beneficio delle floride finanze dei ban-chieri, che non a caso hanno voluto proprioMonti a capo di questo governo. Secondo Unim-presa, che ha attinto alle valutazioni fatte dal-l’ABI, le aziende che nel 2012 hanno chiuso o chesono destinate a chiudere, rappresentano una sutre del totale nazionale. Nettamente in aumentorispetto ai dati dello scorso anno. Intanto giovasottolineare che in Italia sono 48.083 i dirigentipubblici super pagati, il cui stipendio medio am-

monta annualmente ad € 79.159. Naturalmente traquesti ce ne sono molte migliaia che percepisconopiù di 100.000 ed altrettanti più di 200.000 euroannui e su a salire, fino ad arrivare allo stipendiodel capo della polizia di stato, Antonio Manganelli,che percepisce la somma record di 621,253 euroannui. In Spagna il suo pari grado percepisce 71.000euro: circa nove molte meno di Manganelli, quasiun’elemosina. Eppure in Spagna sono in atto rivoltedi lavoratori e produttori, che si ribellano perchéstanchi di subire la politica vessatoria europeista. Siribellano perché hanno capito che a pagare sarannosempre loro, da oggi in poi, a meno che non si in-vertirà il senso di marcia iniziando a prevedere taglie sacrifici per i banchieri plutocrati. Si ribellano per-ché avvertono il senso dello Stato e della giustizia,lesi da inutili burocrati, come Mario Monti, in fondoanche loro marionette animate di un sistema formi-dabile composto da individui (i creatori di moneta),che hanno dimostrato bene di saper soprattuttoodiare l’umanità. La ribellione, stando così le cose,è solo un atto dovuto verso se stessi e verso chiverrà dopo di noi. Non siamo tutti Pasquale, è vero,ma tutti stiamo prendendo “dolorosi calci in bocca”e tutti pagheremo per la nostra inettitudine se nonci moviamo. Iniziamo dai parlamentari e dai gior-nalisti RAI, quelli di regime: cacciamoli fuori a calciin culo.

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L’editoriale di Domenico Longo

...E mica ...E mica sono Pasquale, iosono Pasquale, io

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Asentire i dibattiti politici in televisione, pardi sognare. Hanno ragione tutti, ognunocon il proprio schema, lo stesso, più o meno

da sempre. Non parlano per esporre le loro idee maper dimostrare la loro esistenza, possibilmente

l’uno sopraffacendo la voce dell’altro. Nessuno liascolta più, e nel frastuono le voci diventano unconfuso sfondo sonoro. Ma lo spettacolo è noto:volti contratti, mani che si agitano, gli occhi furenti,sorrisi di scherno, affermazioni apodittiche, vocisempre più concitate. Capponi da combattimento.

I nuovi allo schermo ed alla politica si vedono subito:sono quelli educati. Aspettano che qualcuno li invitia parlare. Se parlano, li sovrastano. In fondo, sonodegli intrusi sul teatrino delle vanità televisive.Non li senti più e li guardi, come spettatore annoiatodi un’antica sceneggiata. Sai che potresti dormire, manon ne hai ancora voglia, sai che domani avrai deiproblemi, più di sempre, magari, però potresti forsecapire cosa ti cucina il Governo, oppure se c’è qual-cuno che la pensa come te. E allora stai lì, con il tele-visore acceso, un po’ interessato, un po’ depresso. Unviaggiatore che a sera si ferma al ristorante dell’al-bergo ad ascoltare il chiacchiericcio dei tradizionaliavventori di quel ristorante. Di quel che dicono capi-sci poco o nulla, ma li stai a guardare. In fondo, tifanno compagnia. Ma al ristorante non si urla. Succede nelle bettole.Alla televisione sei in una bettola di quarto ordine,dove ti aspetti che gli avventori vengano alle mani.

Non importa ciòche dicono. Reci-tano una parte. Lastessa, da sempre. Berlusconi hadetto che vuole ri-presentarsi comeMinistro dell’eco-nomia di un Al-fano Presidentedel Consiglio? Fi-nalmente! Era ora!È un altro inviatodel Signore! Altroche Tremonti, oCiampi, o Revi-glio o Visco! È lui,

l’uomo della Provvidenza! Allora, tutti i rappresen-tanti a turno in televisione di quella che fu la Destra(?) illustrano polemicamente la fortuna che si sta pro-filando per il Paese con un Berlusconi Ministro del-l’economia. Peccato che non si ci sia pensato prima.

Ci è mancato, sino ad ora, fra i tanti, quest’esperi-mento arcoriano.Qual è la questione più importante del momento, lapiù cruciale: il Presidenzialismo! È proprio ciò chetutti gli Italiani si aspettano, da tempo immemora-bile, che fa parte dei loro sogni da ragazzetti. Fra unbacio ed una strusciatina ne parlavano appassionata-mente sui prati alle loro giovani innamorate. Il Paeseha bisogno d’un Presidente eletto direttamente daicittadini. Suona anche bene, come dichiarazione.Questo sì che è un punto fondamentale della nuovapolitica. Ci stiamo già lavorando, annuncia tronfio, ilgià Ministro della Difesa di Berlusconi. Allora, stiamotranquilli. Cambierà tutto. Qual è la speranza segreta degli Italiani puliti? Macerto! Che la Lega risorga! Sulla resurrezione non sischerza, ma sulla Pasqua della Lega, beh!, qualcheuovo marcio lo si può tirare. Dai sondaggi emergeche oscillano attorno al 4%. Un affare, dice Savini: vuoldire che prenderemo la Lombardia. Con il Carroccio, leasce e le seghe. La Lega è un corpo morto sul quale si calano già gliavvoltoi per fare pulizia. Ci si stupisce tanto dei con-sensi dati a Grillo, ma cosa dire di quelli dati allaLega? Merito di Bossi o protesta di chi non ne potevagià più? Lo stesso slogan di Maroni, Prima di tutto il

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All’osteria dell’impotenza

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nord, è così attraente che sembra un avviso da piscina:Farsi la doccia prima d’immergersi. In quale altro bara-tro di sciocchezze spacciate per ineludibili verità?Della Sinistra, quella che fu, che è, che non è, che nonsa cosa sia ma che pensa di esserlo, è difficile direqualcosa. Ci sono, questo è certo. Immarcescibili, ot-tusi e polemici, sempre seri e pensosamente compresidei destini del Paese che solo nelle loro mani potràrisorgere.

Difendono tutto: i diritti del cittadino, del pensionatodei lavoratori dipendenti, dei professionisti, la po-vera gente, gli immigrati e perché no, anche i parrocipiù evoluti e progressisti e quelli di campagna, per-fino Schettino. Sono i difensori civici istituzionali del-l’immobilismo. Sulla difesa sono imbattibili. A furiadi stare alle soglie del potere senza entrarvi mai, lesanno tutte: primarie, referendum, petizioni, manife-sti e feste, tanto i soldi non mancano. Ma a vedere il Bersani curvo sotto il peso di tutte que-ste difese, smagrito e ingrigito, si pensa facilmente alpovero Andreotti che diceva: il potere logora solo chinon lo ha.Nel caso della Sinistra il logorio è così evidente chegià da tempo qualcuno li pregava: diteci almeno qual-

cosa di sinistra! senza avere nessuna risposta.Adesso, di sinistro, c’è la bieca alleanza con la Destraper tenere in piedi un governo che faccia il lavorosporco che nessuno dei nostri politici ha voluto fare.Alleati nell’impotenza e nel dissenso. Di ciò che importa agli Italiani non gliene frega nientea nessuno. Privilegi dei parlamentari? E chi ne parlapiù? Elezioni? Sì certo, ma sono un rischio. Montidice che durerà fino a primavera, lasciamolo durare.

Legge elettorale?Ma non ci sono itempi! Scudoanti spread? E cheè? Tanto l’Eu-ropa è solo unmodo per pen-sionare qual-cuno chedisturba o che ètroppo cretino.La politica del ti-rare a camparebrilla nelle Festedell’Unità. Slo-gan, facce inca-rognite, qualchepugno teso,qualche prece exdemocrista e poi,musica e salsiccecon un piccoloobolo per le coo-perative rosseemiliane, stra-ziate dal terre-moto.Ci vuole un tor-rente in pienaper spazzarequesti tronfi mi-

serabili che hanno distrutto il Bel Paese. Un’esonda-zione che riporti questa genìa alla squallida, per colpaloro, realtà della gente, costretta a coniugare tasse eprezzi con salari sempre più compressi, disoccupa-zione ed incipiente miseria su di un corpo già florido.All’osteria televisiva manca quel tocco di reality cheporti la gente comune a dire quel che pensa di chi ciha governato e di chi improvvidamente ha eletto.Non bastano i sondaggi. Non annunciano la rivolu-zione. Stimolano solo i giochetti pre elettorali. Ma il Paese ha bisogno di cambiare aria, non di an-dare in vacanza ma di cambiare i politici. E’ ora didire basta e di riappropriarsi della cosa pubblica.Non è la loro. È la nostra.

Stelio W. Venceslai

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Il confine tra l’Autore dei miracoli e il miracolistapolitico comincia ad apparire, quando si legge,nel Vangelo, che Gesù agì senza indugio: Alzati

e cammina. Si fa chiaro del tutto quando si ram-menta che il miracolista prende tempo: Adesso ti az-zoppo ma un giorno organizzerò la tua felicità. Scoprire che il miracolismo è una parodia del mira-

colo non vuol dire che il miracolista sia sempre inmala fede e che proponga un futuro del tutto impos-sibile. Ad esempio, era nobile l’intenzione dichiarata dalprogenitore dei democristiani credenti nel miracolobancario di Monti, don Giuseppe Dossetti: fugare lanotte dell’egoismo, che acceca i possessori della ricchezza.Nel pio auspicio di Dossetti la buona volontà politi-cante avrebbe potuto trovare argomenti utili ad uncostruttivo dialogo tra atei e credenti. Ove gli atei mi-litanti a sinistra avessero riconosciuto l’esistenza diun rapporto tra la notte dell’egoismo e l’indebitoculto che il pensiero di Marx tributa all’economia.Purtroppo la speranza di Dossetti e dei democristianiintelligenti, era ed è alimentata da un errore - il neo-modernismo - che, prima di desiderare la correzionedell’egoismo pretende di abbattere quei principi delsenso comune, adottati dalla Chiesa cattolica per per-fezionare la filosofia classica.

È questo il punctum dolens: fa-cendo propria la suggestione deivetero modernisti, Dossetti e i suoidiscepoli hanno prestato il fiancoai pregiudizi del relativismo post-moderno. Di qui la strisciante opinione cheattribuisce la causa della cancrenaegoistica, in ultima analisi la causadel male capitalista, alla metafi-sica: la storia della corruzione filo-sofica, secondo i cattoliciintelligenti, inizia da Aristotele eattinge il vertice con San Tom-maso.Il fideismo politico dei cattolici hadunque origine da un abbaglio ac-cecante, che suggerisce l’istru-zione di un processo sommarioalla metafisica classica e cristiana.Non a caso, dietro il sipario, agisce

la vecchia teoria (formulata dal teologo liberale Har-nak e dai modernisti Loisy e Bonaiuti) sulla necessitàdi dichiarare la guerra della fede cristiana contro leverità di ragione stabilite dalla metafisica. Un progetto insensato, che contempla i nemici mor-tali della fede cristiana nell’aristotelismo e nel tomi-smo.

La fede cadrebbe sotto il dominio dell’irrazionalità e,diventando nemica della ragione, le dovrebbe attri-buire il titolo (inventato da Lutero) di prostituta diSatana. Il terreno ideale per lo sviluppo del miracolismo è co-stituito, appunto, dalla tesi riproposta da SergioQuinzio e Gianfranco Ravasi, secondo cui, primadella contaminazione con il realismo greco, le comu-nità cristiane avrebbero nutrito una fede del tutto se-parata dalla ragione ed opposta alla logica classica. Ora i segnali dell’appartenenza di Dossetti alla fedeirrazionale sono inequivocabili. Dossetti, infatti, di-chiarando l’adesione senza esternare dubbi e riserve,ad una delle tesi irrazionalistiche di Emanuel Levi-nas, dichiarò risolutamente che, per contrastarel’egoismo, non è sufficiente rifarsi al principio di so-lidarietà ma occorre “ribaltare tutta l’impostazione oc-cidentale, rimandando all’impostazione ebraica originale”.(“Sentinella quanto resta della notte?”, Edizioni La-

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Oblique discendenze

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voro, Roma, 1994”, pag. 24, dove sono citate le “Quat-tro letture talmudiche” di Emanuel Levinas). La critica alle scuole di pensiero che hanno generatol’egoismo disgregatore è preceduta e indirizzata daun attacco ai fondamenti della metafisica cristiana. Non senza fatica si può ammettere che Dossetti igno-rasse la radice heideggeriana e modernistica del pre-

sunto pensiero biblico, ma questo non diminuisce lagravita del suo errore. L’attacco dossettiano alla metafisica, infatti, non ri-sparmiava neppure il preambolo logico della moralecristiana, l’assioma “nihil volitum nisi praecognitum”,la volontà non può indirizzarsi ad un oggetto scono-sciuto.Dossetti, dopo aver citato, dal libro dell’Esodo, la ri-sposta degli ebrei a Mosé (“faremo e udiremo”) si con-torceva in un cunicolo ermeneutico senza sbocchi edaffermava solennemente il nuovo principio della lo-gica: volere prima di conoscere.Testualmente: “Essi (gli ebrei) scelsero un’adesione al

bene precedente alla scelta tra il bene e il male. Realizza-rono così un’idea di una pratica anteriore all’adesione vo-lontaria. L’atto con il quale essi accettarono la thoràprecede la conoscenza”( Op. Cit., pag. 48.). Secondo l’ispiratore del miracolismo politico, sarebbedunque possibile eseguire un comando di cuis’ignora il contenuto.

Per quanto sembri incredibile, nella (pseudo) filosofiadossettiana avviene il passaggio dalla teoria del servoarbitrio a quella del servo senza ragione. Obbedirenon perché ipse dixit ma benché ipse non dixit. Questa sarebbe la risposta biblica all’impostazioneoccidentale: il passaggio dalla ragione al delirio, edalla realtà all’incubo. Non occorre altro per penetrare nell’universo men-tale del miracolista Romano Prodi e dei suoi succes-sori, Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani,credenti in Mario Monti, miracoloso emissario dellaBanca Universale Umanitaria & Salvifica.

Piero Vassallo

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Il dibattito politico in corso in Italia e in Europanon è rivolto ai problemi del presente, alle pauree alle difficoltà attuali dei cittadini, ma agli sce-

nari possibili. In una situazione di grave disagio so-ciale creata con la decurtazione del reddito deicittadini attuata con il rapporto di cambio concor-dato per l`entrata del paese nell`Euro, e dalla di-struzione delle loro possibilitàdi lavoro e di reddito otte-nuta con l`espropriazione deiloro risparmi grazie allaspeculazione finanziaria, sipreferisce evocare scenaridrammatici di crollodell`economia nell`ipotesidi un`uscita dall`Euro e diapplicazione di propostediverse da quelle dettatedalla Commissione euro-pea. Qualunque propostacritica o alternativa al go-verno presente dell`econo-mia, della finanza e dellebanche, viene tacciata diantipolitica e di populismo.Nel frattempo stiamo assi-stendo alla devastazione dei si-stemi sociali e produttivi e deisistemi di welfare considerati un male minore. Questo genera tre tipi di risultati. Gli indignati, cioècoloro che non solo respingono al mittente la richiestadi fare sacrifici, ma che urlano la propria rabbia peraver scoperto il carattere predatorio assunto sia dalcapitalismo sia dai governi insediati a rappresentarlo.Mai come oggi è evidente il ruolo di “comitato di af-fari della borghesia predatoria” assunto dai governinazionali in Europa. Per questo gli indignati – nelleforme più organizzate come il Movimento OccupyWall Street e il Movimento Cinque Stelle e in quellipiù spontanei e decentrati presenti sui territori –hanno saputo unire alla protesta l`assunzione degliobiettivi e delle politiche che possono riorientare lenostre comunità e società a partire dai beni comuni,dal lavoro, dalle città, ecc. Questi movimenti e questepersone sono la Politica oggi.Poi abbiamo gli indifferenti, cioè gran parte delle per-sone che per le loro origini storiche nella sinistra e neimovimenti cattolici, avvertono il disagio sociale cre-scente, ma credono all`allarmismo del “peggio cheverrà” ed hanno difficoltà a riconoscere apertamente

che i predatori dominano oggi non solo nell`econo-mia ma anche nella politica, nella loro politica. Il po-tere della finanza, come quello della mafia, si èinfiltrato nelle istituzioni e nei partiti sia con la cam-pagna acquisti della Goldman Sachs sia, indiretta-

mente, favorendo la dipendenza dei partiti e delleistituzioni dal sistema finanziario nelle formedel finanziamento della politica ben noto.Questo è quanto gli indifferenti ignorano, o

fanno finta di ignorare, rendendosi complicidel presente insostenibile e del “peggio

che verrà”.Con il loro comportamentodi accettazione del menopeggio, gli indifferenti la-sciano il campo aperto agliindecenti, cioè a quelle forzeeconomiche e politiche cheelaborano, diffondono e so-stengono i veri strumentidell`antipolitica, le armi didistruzione del buon go-verno e del buon sensocreati dalla cultura della so-lidarietà durante decenni dilotte. Gli indecenti, cioè

l`antipolitica, sostengono chela politica, cioè l`esercizio del potere

da parte dei cittadini, non è utile, anzi è dannosa;per questo preferiscono governi “tecnici”. Gli inde-centi sostengono che il “bene comune” non esiste per-ché riflette troppo le preferenze politiche deicittadini; meglio è fidarsi dei mercati finanziari. Gliindecenti non amano la funzione pubblica e il buongoverno, impossibile dicono se pubblico; a questopreferiscono il privato, cioè il loro potere indisturbatoe occulto che impedisce perfino di individuarli e pu-nirli. Gli indecenti pensano che gli italiani siano ingrado di pagare per i propri e altrui misfatti, ma nondi governare, e i politici migliori e da preferire sonoi non-politici, meglio se non eletti. Gli indecenti, in-fine, sono convinti che i “mercati finanziari” sono mi-gliori dei parlamenti e dei governi e quindi piùlegittimati al governo dell`economia. Insomma, la de-mocrazia fondata sul mercato finanziario. Questa è l`antipolitica – degli indecenti e degli indif-ferenti – che spetta a tutti noi indignati di respingeree rimuovere rapidamente con tutti gli strumenti chequesti si propongono di elinare.

Bruno Amoroso

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ano Gli scenari della politica

Gli indecenti

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Victoria Grant, una bambina di 12 anni, canadese,inizia il suo discorso presso il Public BankingInstitute di Philadelphia con le seguenti 5 do-

mande:

1) Vi siete mai chiesti perché il Canada è indebitato?2) Vi siete mai chiesti perché il governo impone ai canadesicosì tante tasse?3) Vi siete mai chiesti perché i banchieri delle più grossebanche canadesi siano sempre più ricchi ed il resto di noino?4) Vi siete mai chiesti perché il nostro debito nazionale su-pera gli 800 miliardi di dollari e perchè noi spendiamo 160milioni di dollari ogni giorno a banchieri privati per soliinteressi sul debito nazionale?5) Vi siete mai chiesti il perché di questi 60 miliardi di dol-lari? Il video del suo intervento della durata di 6 minuti, visibilecliccando sul linkhttp://www.youtube.com/watch?v=6YqnUp0crHw&fea-ture=relatedè stato visto a tutt’oggi da più di un milione di persone intutto il mondo.Nel suo intervento Victoria fa riferimento ad un politicocanadese: Gerald McGeer (6 gennaio 1888 - 11 agosto1947). Costui, membro del parlamento, durante il periododella Grande Depressione del 1929/1930 si avvicinò alleteorie di John Maynard Keyness. In un suo discorso da-vanti al governo affermò che Abramo Lincoln fu assassi-nato dai banchieri che si opponevano all’introduzione deiGreenback (la moneta emessa direttamente dal governo fe-derale degli USA). Continua Victoria: “...Contribuì allafondazione della National Bank of Canada (Banca Nazio-nale Canadese, proprietà del Canada, col potere di emetteremoneta, il cui unico scopo era quello di creare e gestire ildenaro del Canada. Fu fondata nel luglio 1934 ed è di pro-prietà di tutti i canadesi. Fino agli anni ’70, grazie allaBanca del Canada, il debito nazionale canadese era ad unlivello basso e gestibile. Successivamente il governo decise

di passare all’attuale sistema bancarioche deruba la gente del Canada.”E continua: “...Prima di tutto, il governocanadese prende in prestito il denaro dabanche private. Queste banche prestanoil denaro al governo canadese gravatoda un interesse. Il governo quindi devealzare la tassazione ai canadesi annodopo anno, per pagare questi interessisul debito nazionale che continua a cre-scere… questo danneggia l’economiacanadese… ed il denaro reale finisce

nelle tasche dei banchieri privati. Inoltre, il governo dà allebanche private anche la libertà di fornire del denaro chenon esiste, sottoforma di prestiti e mutui. Quando una

banca vi fa un prestito, sotto forma di finanziamento omutuo, non vi dà del denaro reale ma preme un tasto su diun computer e produce del finto denaro, dell’aria fritta. Difatto non hanno quel denaro nei loro depositi. Attualmentele banche hanno 4 miliardi di dollari in riserva, ma hannofatto prestiti per oltre 1,5 trilioni di dollari… ogni volta cheuna banca emette un prestito, viene creato del nuovo (ine-sistente) denaro.E ancora: ”...Quello che trovo interessante è che nella Bib-bia (Matteo 21), Gesù scacciò i cambiavalute dal Tempioperché avevano messo a punto le valute per derubare lagente del denaro. I banchieri privati sono come i cambia-valute in Matteo 21 e stanno impoverendo e derubando lagente del Canada e devono essere fermati. E per finire Vic-toria spiega come dovrebbe funzionare il sistema bancario:«...In una famosa intervista il signor McGeer chiese al si-gnor Towers di spiegargli perché un governo che ha unasua banca avrebbe dovuto delegare il proprio potere ad unmonopolio privato… quando gli interessi che deve pagarelo portano alla bancarotta nazionale. Il signor Towers…omissis… rispose che… (dipendeva dalla scelta del go-verno). In altre parole: se il governo canadese ha bisognodi denaro, lo potrebbe prendere direttamente dalla Bancadel Canada, la gente pagherebbe per ripagare la Banca delCanada e questo denaro, proveniente dalle tasse, sarebbea sua volta immesso in una infrastruttura economica... enon farebbe crescere il debito ed i canadesi potrebberonuovamente prosperare con quel denaro reale e non denarogravato da debito …».Tutto ciò naturalmente non avviene solo in Canada maovunque il sistema bancario, come pure in Italia, ha usur-pato il potere statale di creare e regolare la moneta.

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Le cinque domande di Victoria

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Il vertice di Bruxelles del 28-29 giugno 2012 haportato a un accordo di reciproca convenienzanel breve termine tra capitalismo tedesco e par-

titocrazia mediterranea: le distorsioni strutturaliprovocate dall’Euro, cioè dal sistema di cambi bloc-cati tra le valute dei paesi partecipanti, che produ-cono flussi continui di capitali dai paesi deboli allaGermania (fuga nel Bund, attivi commerciali), nonsono state toccate, sicché la Germania continuerà afinanziarsi a spese di Italia e soci, che continue-ranno a demonetizzarsi; in cambio, la Germaniamette teoricamente a disposizione denari per loscudo antispread, ossia per comprare i titoli del de-bito pubblico dei paesi deboli qualora lo spreadsalga tanto da mettere in crisi nell’immediato i lorobilanci e la loro permanenza nell’Eurosistema; ciòconsente ai tedeschi di continuare lo sfruttamentodella suddetta situazione, e alle partitocrazie medi-terranee, nonché al governo Monti, di continuarela loro mala gestione della cosa e della roba pub-blica, risparmiandosi di fare i conti con i fattori pro-fondi dell’inferiorità del sistema Italia rispetto alsistema Germania: quegli sprechi, quelle mangerienella spesa pubblica per forniture e appalti gonfiati,per posti di lavoro clientelari e assistenziali – cioèper tutte quelle cose di cui vivono, in termini di votie profitti, i partiti senza il cui voto ogni governocade.Naturalmente, il suddetto accordo serve a masche-rare la realtà, è una toppa su una pezza, potrà durarepoco, uno o due anni al massimo probabilmentemeno, appunto perché è una soluzione per conti-nuare nella distorsione, nell’inefficienza. Lo spreadtra btp e Bund, nel medio termine, è insostenibileanche se scende e resta al 3%, dati i suoi effetti cumu-lativi. Analogo discorso varrebbe per gli eurobond,a cui giustamente Berlino continua ad opporsi inmodo assoluto. È possibile che quell’accordo abbiaun protocollo segreto annesso, in cui l’Italia si impe-gna a tagliare e razionalizzare la spesa pubblica comecondizione per beneficiare dello scudo antispread e

marciare verso forme diintegrazione più soste-nibili – chissà quali – eche sia in virtù di taleprotocollo, che oraMonti sta cercando di ri-durre la spesa pubblica.Ma il suo è uno sforzosterile, o una meramessa in scena, per dueprincipali ragioni.Innanzitutto, si parla di4,2 miliardi l’anno, almassimo di 9, ossia disolo lo 0,5 - 1%, quandoalmeno metà della spesaper acquisti e appaltidella pubblica ammini-

strazione è frutto di gonfiaggio, quindi si dovrebberointrodurre i costi standard e sarebbero da tagliare 85miliardi; e almeno 1/3 della spesa per pubblici dipen-denti è ingiustificata in quanto a bisogni e rendi-menti, quindi si potrebbero risparmiare altri 75miliardi. Avremmo così un risparmio di 160 miliardil’anno, un 20%. Ma quanti redditi verrebbero meno,soprattutto nel Meridione e a Roma? E quanti voti inparlamento?In secondo luogo, non si tratta solo di quanto sispende, ma di come si spende, e di chi decide ed ese-gue la spesa. Oggi, in Italia, chi propone, progetta, di-rige la spesa pubblica sono quasi solo uomini dipartito, quasi tutti privi di cultura e competenza tec-nica e di interesse per gestire bene la cosa pubblica.Essi rispondono alle segreterie locali e centrali deipartiti, e alle loro clientele, a comitati di affari e nondi rado a cupole mafiose. Lo scopo che perseguono,sostanzialmente, è arricchire se stessi e altri attra-verso la spesa pubblica. Quindi i progetti che fannoe le somme che spendono producono, e continue-ranno a produrre, scarso beneficio per il paese, scarsautilità, scarsa propulsione. Ma chi li va a sostituire?Con quali strumenti giuridici? E dove sono i tecnicipreparati ed esperti per rimpiazzarli? E se anche sipotesse sostituirli, di nuovo, quanti voti resterebberoin parlamento per il governo che lo facesse?È possibile correggere i suddetti fattori di distorsione,inefficienza e arretratezza soltanto prescindendo daipartiti e dal parlamento. Con l’imposizione di Montila democrazia – si dice – è stata sospesa; bene, è statasospesa a metà, perché l’esecutivo dipende ancoradai partiti, che pure hanno la fiducia di solo il 4%della popolazione: qualcuno (in Italia o da fuori) sideciderà mai a sospenderla per la restante parte, cosìche si possa fare il necessario lavoro, e non la solitapagliacciata? Finché si guadagna maggiormente a ti-rare avanti così, finché c’è da spolpare, è improbabile,molto improbabile che ciò si realizzi.

Marco Della Luna

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Bruxelles: esito perverso e prevedibile

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Danilo Quinto, è autore del coinvolgenteframmento autobiografico, “Da servo diPannella a figlio libero di Dio”, edito dalla

veronese Fede & Cultura. Un libro importante, delquale si scriverà quanto prima.Adesso sembra necessario anticipare la curiosa notiziediffusa da Quinto sulle allegre spese della finanzaascetica di Mario Monti. Mario Monti, infatti, ha rispo-sto prontamentealle imperiose ecostose richiestedi Marco Pan-nella: “Il governodei tecnici, deiprofessori dellaCattolica, del pre-sidente della Co-munità diSant’Egidio, deicattolici riuniti aTodi e del Presi-dente della Repub-blica ha pensato aPannella. E bene.Il decreto Mille-proroghe, appro-vato dal Consigliodei Ministri il 23

dicembre, ha previsto il rinnovo della convenzione tra il Mi-nistero dello Sviluppo Economico e il Centro di ProduzioneS.p.a., proprietario di Radio Radicale, autorizzando la spesadi sette milioni di euro per l’anno 2012, che sarà coperta dauna riduzione dell’autorizzazione di spesa degli stanzia-menti previsti nella legge del 25 febbraio 1987 n. 67, cherinnova la legge 416 sull’editoria. Meno soldi ai giornalipiù soldi a Radio Radicale. ... Sette milioni di euro, più tremilioni ottenuti a inizio dicembre, fanno dieci. Per un soloanno. Più i quattro milioni di euro che Radio Radicale in-cassa ogni anno in base alla legge sull’editoria, in quantoorgano della Lista Pannella. Quattordici milioni di euro,circa ventotto miliardi delle vecchie lire”.

Il governo del professore Mario Monti, “virtuoso” fravirgolette, chiede e impone sacrifici ai piccoli nego-zianti, agli artigiani, agli operai, ai pensionati ai pro-prietari di appartamenti ad uso di abitazione. Li chiede in nome della salvezza dell’Euro, divinitàsuprema, che regge i destini della Banca Redentrice.Sarà... Ma intanto 14.000.000 di Euro divini e salvificiescono dalle gelose casse dello Stato italiano per dare

sostegno a unente, Radio Ra-dicale, costi-tuito perdiffondere itorbidi pensieridi un vecchiotrombone, chetrova l’ascoltodi una mino-ranza costituitaper lo più dasconvolti, me-gere, mam-m a n e ,cocainomani epederasti.Monti va amessa ogni do-menica. Ma lasua religione èinquinata dalculto supersti-

zioso - iniziatico - tributato alla moneta europea. Un feticcio, l’euro, che sostituisce la ruota dentata cir-colante (ormai a vuoto) nell’emblema della repubblicafondata sul lavoro.Fiat pecunia, pereat homo. Ecco è un motto, uno slogan,che potrebbe “felicemente” riassumere l’ideologia delprofessore Monti e dei suoi inutili esperti. L’umiliazione dell’uomo e l’esaltazione della moneta:ecco è la trama dell’azione scenica concepita dalla cat-tomassoneria al governo per umiliare l’Italia cattolica. Un’azione che rappresenta feroci tagli al modestobene degli italiani e sontuose elargizioni al partito chepromuove aborto ed eutenasia, cioè squisite battagliecontro la vita italiana.

Piero Vassallo

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Fenomenologia della finanza virtuosa

Sacrifici per le plebi... e 14 milioni a radio radicale

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Ho il dovere di citare unadelle tante mie fatiche,pubblicata in volume nel

2099 e, nel 2011, piratata dall’edi-tore che, a mia insaputa, senza li-quidarmi le spettanze contrattualiper diritti d’autore per la venditadella prima edizione esauritissima,ha pubblicato la seconda, detur-pandola nella copertina e in alcuneparti.“Ezra Pound e la Repubblica SocialeItaliana” è volume, assai incalzantee documentato, di 176 in grandeformato. Dopo aver ampiamentecitato – pagg. 138-140 – la preziosaopera “La banca, la moneta e l’usura”di Bruno Tarquini, già ProcuratoreGenerale della Corte d’Appellodegli Abruzzi negli anni ’90 del XX secolo, a pagina140 ho aperto un capitolo dal titolo “Carlo Tassi, de-

putato onesto e leale” che riporto integralmente se-condo la numerazione dei paragrafi seguita nel libro.“285.6 In tanta schiuma indecorosa qualcuno si distinse.Lo cito non solo per l’amicizia che ebbi ricambiata, ma peril dovere di completare la verità negata. A pagina 3647degli Atti Parlamentari della Camera dei Deputati dellaRepubblica Italiana furono riportate due interrogazioni del22 settembre 1992 del deputato Carlo Tassi (foto in alto).285.6.1 La n. 4-05295 lamentò al governo italiano la vi-cenda della Banca Nazionale del Lavoro, sede di Atlanta,che elargì 4.500 miliardi di lire al regime irakeno di Sad-dam Hussein (questi, all’epoca, era – alla pari di tutti i go-vernanti italiani – amico fedele degli S.U.A.) senza chenessuno “in alto loco” facesse finta di conoscere operazioneed implicazioni connesse. Il deputato Tassi chiese inchiestegiudiziarie e tributarie, procedimenti penali ed indaginialla Corte dei conti. Ma il “servitor governo italico” … tac-que, uso obbedir tacendo agli interessi anti italiani. 285.6.2 La n. 4-05296 denunziò al Presidente del Consigliodei ministri e al Ministro degli esteri, del commercio conl’estero, del bilancio e programmazione economica e per gliinterventi straordinari nel Mezzogiorno, del tesoro, dellefinanze e di grazia e giustizia, per sapere chi “abbia inda-gato e sia venuto a conoscenza di chi o quali gruppi dipressione abbiano perseguito la indegna manovra specu-lativa sulla moneta italiana. Tale manovra per essere effi-cace ed efficiente deve essere stata fatta all’estero odall’estero, ove il possesso di lire – specie in ingentissimiquantitativi, dell’ordine delle migliaia di miliardi – deve

essere ed è noto o facilmente accerta-bile, se risulti che questi personaggi ogruppi, abbiano avuto o abbiano regiaitaliana, anche a mezzo di così dette fi-duciarie o simili, perché in tal caso sa-rebbe grave e penalmente sanzionato ilcomportamento di quegli operatori ita-liani o cittadini italiani che avesseroanche semplicemente collaborato o con-corso al tracollo del valore internazio-nale della nostra moneta da sfiorare eimpingere addirittura nelle norme chepuniscono l’alto tradimento; se, in me-rito, siano in atto inchieste ammini-strative, indagini di polizia giudiziariao finanziaria, procedimenti giudiziari,anche penali e se i fatti siano noti allaProcura generale presso la Corte deiconti al fine di accertare, perseguire e

reprimere tutte le responsabilità contabili, sempre conse-guenti abusi e omissioni anche dell’obbligo, addebitabili o

addebitati a funzionari pubblici siano essi di carriera ov-vero onorari, come i ministri e i sottosegretari di stato, spe-cie se muniti di delega specifica”.Silentium! Per contro, tutti i personaggi, autori dellevigliacche e deleterie operazioni, assursero agli altiscalini e scranni della democraticissima repubblicaitaliana. Carlo Tassi, alcuni anni dopo, “defunse” inun sospetto incidente automobilistico creato in auto-strada: la sua vettura fu “costretta” ad uscire di car-reggiata.La Costituzione italiana sostiene esser la Repubblica“fondata sul lavoro”! Ma quale? Quello dei malfattori“legalizzati”? Quelli che usando il potere, comunqueraggiunto, ingannano “democraticamente” i citta-dini?Quelli che Ezra Pound (foto a fianco) combatté eter-namente?Monti ebbe anche lunga carriera universitaria, oltrequella di “leader” in potenti commissioni sovranna-zionali, precluse a tutti, e strettamente riservate a“potenti legati al mondo della ricca finanza globale”.Ritenuto uomo di scienza, nel settembre 2011, pur sepreconizzato al timone della navicella italiana, mo-strò la sua sapienza nella trasmissione televisiva ita-liana “l’infedele” sulla rete La7 a proposito dellaGrecia e del suo destino, definendo quello Stato fruttofattivo della introduzione della moneta euro.Lo stesso Monti è un predicatore della vigenza “delmercato” e del ruolo fondamentale nella regolazione

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Diluvia Governo Montiterza parte

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dei rapporti umani.Certamente il precoceMonti assurse allascienza ed alla do-cenza saltando leprime classi elemen-tari e, per la qualità diappartenente al cetoborghese e facoltoso,mai ebbe possibilità di ac-certare la vera natura del“mercato”, a partire dal-l’elemento storico che logenerò. Con genitori vero-similmente spinti alla edu-cazione perbenista soloformale, fu tolta la possibilitàal nostro, da adolescente, disperimentare uno dei cardinidella sua predicazione scien-tifica. E per ciò mai siaccostò ad un veromercato, comequello cheu n a

volta la settimana si svolge in ogni centro abitato, enel quale i produttori espongono, per vendere, lemerci prodotte nel proprio fondo, o i capi di bestiameallevati nella propria stalla. Il “mercato” è solo questo!È luogo nel quale converge il contadino con la suabrava vacca da vendere, per la quale pretende, peresempio, cento lire, appena arrivato di buonora almattino. Sfilando gli avventori, il contadino si sentiràcontro offrire valori inferiori alla pretesa, e non saràportato a considerarne alcuno, essendosi prefisso diintascare le 100 lire progettate. Verso l’ora di chiu-sura, con l’appetito incipiente e la paziente vacca le-gata allo stazzo, il contadino inizia a veder sfumarela vendita dell’animale e l’incasso della somma ago-gnata. L’offerta dell’ultimo avventore, pur non lon-tana dal valore di 100, ma inferiore, viene presa inconsiderazione e, prima che questi scompaia, l’avve-duto contadino allunga la mano per suggellare ilpatto di vendita, stringendo quella corrispondentedell’acquirente. La vacca cambia di proprietario, edaltrettanto avviene per 90 lire che si infilano nel por-tafogli del nostro … eroe.Il “mercato” è solo luogo ove si compravendonomerci, alimenti, oggetti.

Ma non può essereluogo ove si com-prano uomini o si no-leggia la loroattività! Se ciò acca-desse, oggi, nel

ventunesimo se-colo, si concrete-rebbe unpauroso salto in-dietro, mortale,delle conquiste

sociali, al tempodella schiavitù di

esseri umani postiin commercio, che

fino nel 19° secolo eravigente, persino

presso la corte delponte-

fice cattolico della chiesa di Roma. Ma il “professor Monti” è saldamente ancorato alleesigenze del “mercato del lavoro”! In linea e sintoniacon gli economisti liberisti che agiscono al soldo e ser-vizio degli affaristi e dei sedicenti “imprenditori”,adusi a sfruttare l’umanità e l’uomo solo per profittoe lucro personale, ad ogni costo! Secondo le “regoledel liberismo più sfrenato”, che si sottrae agli obbli-ghi e ai vincoli moderni della socialità e del rispettodel proprio prossimo, ed alla morale eterna di cen-tralità e sovranità dell’uomo!Monti è figura che, nel ruolo di governo dello Stato,deve far solo dominare le logiche del profitto e delbilancio “attivo” ad ogni costo! Come ha dimostratoproprio il 3 gennaio 2012, malgrado, poi, a 43 giornidi distanza, il suo operato sia stato – sotto il profilogenerale e pratico – censurato e condannato da LuigiGiampaolino, Presidente della Corte dei conti delloStato nel quale il Monti ha precario ruolo – scaturitoda cooptazione tra “potenti” e per volere di nonchiare e palesi forze, e senza alcuna scelta e legittima-zione del Popolo – di capo del governo nazionale.

Antonio Pantanocontinua

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Dieci anni fa, la più giovane ed ambiziosa monetadel mondo - l’euro – si materializzò. Dodicipaesi dell’Unione Europea misero in circola-

zione la nuova unità monetaria. Nasceva in una delleprincipali città della Germania - Francoforte sul Meno -dove la Banca Centrale Europea ha il suo quartier gene-rale.Le nuove banconote e le nuove monete furono presentateai cittadini di Austria, Belgio, Germania, Irlanda, Spagna,Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Finlandia,Francia. I francesi ed i tedeschi furono particolarmente en-tusiasti nell’accogliere la nuova valuta. Rifiutarono le lorovalute nazionali in un batter d’occhio. Diversi altri paesidell’Eurozona non condivisero l’euforia dei vicini. Prefe-rirono non rinunziare alle proprie valute nazionali: la riccaSvizzera, la monarchica Danimarca e la fiera Gran Breta-gna voltarono le spalle all’euro. Ungheria, Repubblica cecae Svezia intrapresero la conversione delle loro unità mo-netarie con la nuova venuta, senza alcuna fretta. Alcunialtri paesi - ad esempio, il Latvia e la Lituania - stanno fa-cendo del loro meglio per cercare di entrare a far parte dellavaluta europea. Tuttavia, non possono permettersi l’euro acausa della crisi del 2008, che ha inferto penose conse-guenze alle loro economie.La storia dell’euro è cominciata nel 1999, quando la valutafu inserita nei pagamenti non in contanti nei paesi del-l’Unione Europea. L’unità di conto europeo, o ECU, di-venne il prototipo dell’euro. La valuta fu introdotta nel1979 come risultato dell’idea da parte dei paesi dell’UE didare vita al cosiddetto “serpente monetario”. L’obiettivoprincipale di questa idea stava nella necessità di proteggerei tassi di cambio tra i membri dell’UE. Tuttavia, la nuovavaluta dava un certo fastidio - non tutti le davano lo stessosignificato.La stabilità è il principale criterio. Come una sposa capric-ciosa, l’euro non si sposerà mai con un paese in cui il tassodi inflazione supera del 1,5% gli indicatori dei tre princi-pali paesi più stabili. L’euro dice no a quei paesi dove ildebito pubblico rappresenta più del 60% del P.I.L. e doveil deficit del bilancio pubblico supera il 3% del P.I.L.Padre delle raffigurazioni sulla valuta unica europea fu

l’austriaco Robert Kalina. L’uomo vinse ilconcorso per il miglior disegno sulle ban-conote dell’euro. Il concorso fu condottonegli anni 1997-1998. Kalina pose comepunti di riferimento sulle nuove banconotei monumenti europei. Sulla parte frontale,si possono vedere le finestre e le porte, chesimboleggiano lo spirito di apertura e dicooperazione che esiste all’interno dellaComunità Europea. I ponti sul retro dellebanconote dell’euro simboleggiano la co-municazione che esiste fra i popoli europei.

Si può inoltre notare sulla banconota una piccola mappadell’Europa. Per salvaguardare i non vedenti, le euro ban-conote differiscono nel formato, a seconda del loro valore.L’euro è considerata una delle valute più protette del

mondo. Le banconote sono stampate su fibra di cotone,mentre i numeri sui biglietti sono regolati secondo deter-minate norme matematiche.È utile ricordare che, a differenza delle banconote che

hanno un’origine europea, le monete della giovane valutahanno radici nell’Est. Il metallo per le euro monete vienefornito dalla Cina. Il Celeste Impero ha ottenuto il dirittodi rifornire la materia prima per le nuove monete a seguitodi un’offerta fatta nel 1998.Nel corso degli ultimi dieci anni, l’euro si è trasformatonella valuta unica legale in altri cinque paesi dell’UnioneEuropea. La Slovenia ha ritirato la propria valuta nazionalenel 2007. Nel 2008, l’euro è stato introdotto a Cipro eMalta. L’Estonia ha ottenuto il diritto all’euro nel 2011. Diconseguenza attualmente l’euro regna su 17 paesi del-l’Unione Europea. È inoltre in circolazione in paesi minoridell’Europa, che formalmente non partecipano in veste dimembri dell’UE. Si tratta del Vaticano, San Marino, An-dorra e Monaco, così pure come Guadalupa, Martinica,Avana francese e Reunion. Inoltre l’euro viene accettatoliberamente nell’isola portoghese di Madera e nelle Az-zorre, nel Montenegro e nell’agitato Kosovo.Simbolo dell’euro è la lettera greca “ypsilon” che, alla lucedelle tribolazioni economiche della Grecia, sembra pocoappropriato. Mentre le due linee che attraversano la metà,rappresentano simbolicamente la stabilità della valuta. Gli esperti britannici affermano che l’anno 2012 potrà tra-sformarsi nel punto di partenza per il crollo dell’Eurozona.Il crollo potrebbe innescare il declino e la morte dell’am-biziosa valuta europea. L’UE fa del suo meglio per mante-nere la stabilità della valuta. Anche se la Banca CentraleEuropea ha già sostenuto che è impossibile contenere lasvalutazione dell’euro. Per quanto ci riguarda ci appare im-possibile, invece, contenere la truffa dell’Euro messa incantiere dalla BCE ai danni dei popoli europei n.d.D.).

Ercolina Milanesi

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ano La più giovane delle truffe

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Gentile Direttore, la recente pubblicazione di un“Libro Bianco”, che racchiude in poche paginela storia di 12.000 lavoratori in servizio nelle

scuole del centro-sud con mansioni di pulizia, che a più

di 15 anni dall’ingresso in questo ente (durante i qualianni costoro sono stati soltanto oggetto di sfruttamento,vittime di squallidi compromessi politici, privati dei piùelementari diritti) stanno vivendo il momento più criticoperché si sta togliendo loro anche quel poco necessarioalla propria sopravvivenza, rappresenta testimonianza ul-teriore di come in Italia, in realtà, le cose non debbanoandare bene perché esistono volontà particolari e forti,che così vogliono.Il “Libro Bianco” vuole ripercorrere tutte le fasi lavorativedegli Ex Lsu, che nel corso del primo quinquennio di per-manenza nella Scuola (96-2001), hanno svolto mansionidi vario genere, tutte assimilabili a quelle di collaboratorescolastico, ma vuole allo stesso tempo essere una denunciacontro quelle Istituzioni che hanno ignorato o peggio an-cora violato specifiche leggi, che erano state varate a tuteladei lavoratori socialmente utili. L’anno 2001 ha segnato una tappa negativa, che ancoraoggi è motivo di un forte rammarico per questi lavoratori,

obbligati (pena l’estromissione dal progetto) a transitaredai Provveditorati Scolastici (attuali USP), alle aziende pri-vate, a seguito di un accordo truffa, detto “convenzionequadro” siglato pochi mesi prima dai sopracitati Ministeri,

dai quattro grandi Consorzi di cooperative (Ciclat-Mani-tal-Miles-Cns) e dalle OO.SS. Cgil-Cisl-Uil, accordo vo-luto e concluso, secondo noi, per favorire e legittimare unaserie di concussioni, che avrebbero poi caratterizzato neglianni successivi i rapporti tra politici-imprese-sindacati.Questo libro aggiornato, come la precedente edizione2010, dimostra, nero su bianco, tutti gli sprechi di denaropubblico che si sono verificati e che si verificano all’in-terno della Scuola dal 2001 a oggi. Lo fa con tanto di ta-belle comparative e cifre che si potevano (e si possono)risparmiare mediante l’assunzione diretta degli Ex Lsu, daparte del Ministero dell’Istruzione. Ma a quanto pare gliinteressi di pochi furbi hanno la meglio su quelli di un’in-tera nazione, se si persevera con gli sprechi. Governi giustie sensati non permetterebbero mai che un loro Dicasterocommettesse errori, anzi “orrori” simili. Per concludere, saremmo curiosi di sapere cosa ne pensail Prof. Monti, esperto di finanza internazionale, del fattoche gli Ex Lsu nel 2012 vedranno ancora ridursi il loro red-

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Libro bianco sul lavoro... negatoAccusa contro il Ministro dell’Istruzione, il Ministro del lavoro, il Mi-nistro dell’Economia e contro i Sindacati Confederali (Cgil Cisl Uil).

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dito annuo (valutato già prima al di sotto della soglia dipovertà) di circa 1.800 euro, per effetto della cassa inte-grazione. Contemporaneamente il Miur (cioè lo Stato)spende tra finanziamento appalti e cassa integrazione, 320milioni di euro; se assumesse gli Ex Lsu come personaleATA, spenderebbe invece 260 milioni, risparmiando 60 mi-lioni all’anno, ottenendo, inoltre, un servizio sicuramentemigliore. Vorremmo domandare al prof. Monti: “Se ilMiur, pur dopo aver ridotto sul lastrico 12.000 famiglie innome di un risparmio (taglio) rivelatosi fasullo dal mo-mento che aumenta il passivo di bilancio per lo Stato, nonle sembra che qualcosa non quadra in questo semplice con-teggio?”. “Se le uniche a non perdere nulla sono le impreseappaltatrici, non le viene il dubbio che al Governo vi siaqualche furbacchione che (e chissà per quale reale motivo)toglie ai poveri per lasciare invariati gli utili della casta,alla faccia della povera gente?” Facciamo appello ai politici, ai mass media, ai giornalisti,agli economisti e a chiunque possa, per amore di giustizia,far si che questa nostra denuncia non rimanga vana.Distinti saluti,

Daniele da San Nicolò a Tordino

Sig. Daniele,se non per mera provocazione, poteva risparmiarsi i quesitiposti al governo Monti per la situazione denunciata all’in-terno del “Libro Bianco” e che riguarda 12000 lavoratoriLSU. Monti a me non pare sia un esperto di economia, tan-tomeno di economia politica, ma un esperto di finanze. SeLei avesse sollevato il problema a Monti in termini di “tor-naconto bancario”, perché l’argomento magari l’avrebberichiesto, avrebbe potuto aspettarsi per certo una rispostaesaustiva con tanto di appendice per meglio dimostrare “ilruolo insostituibile” del sistema bancario. A Monti delle ri-sorse umane non interessa un bel niente, perché si direbbeche sia stato messo a capo del governo per tutelare unica-mente interessi di una casta di plutocrati internazionali, che

si appresta a prendersi il totale controllo dell’economiadegli Stati. Dalle mie parti quelli come Mario Monti lichiamano “teste di legname”. Naturalmente Monti è solol’esasperazione di una strategia che in Italia esiste già damolti anni. Premesso quanto abbiamo, dunque, non si stupisca affattoche si possano adottare “strategie economiche”, che appe-santiscono il bilancio di un solo dicastero con ulteriori 60milioni di euro all’anno e che, cosa ancora più curiosa, talistrategie, contestualmente, alleggeriscono le tasche dei la-voratori per beneficiare apparati burocratici e multinazio-nali. Tutto questo per Mario Monti è nella logica delle“sue” cose. Controllare gli Stati com’altro potrebbe avvenire se noniniziando a controllare i singoli suoi cittadini? 12mila fa-miglie, mica sono poche! 12mila capifamiglia resi più po-veri sono in realtà 12mila capifamiglia resi più vulnerabilie di conseguenza più docili. Diversamente se quei 60mi-lioni di euro annui fossero stati distribuiti a voi lavoratori,la vostra condizione sarebbe migliorata ed ancora miglioresarebbe stata se ne fossero stati ad essi aggiunti altri 60mi-lioni. Non sareste stati tanto vulnerabili ed avreste perso lavostra principale caratteristica di “assoggettati” ai massimisistemi di potere fino a diventare ad essi funzionali. Voisiete funzionali al sistema, anzi voi siete la parte fonda-mentale del sistema. C’è di più. Se la vostra condizione re-munerativa fosse stata buona, sarebbe stato migliore ancheil sistema di produzione nazionale, atteso che gli stipendilauti li avreste investiti in consumo. Al danno la beffa.Anche altri sarebbero stati meglio e quel progetto di con-trollo degli Stati di cui prima, se ne sarebbe andato afarsi… benedire. A coloro che credono che stiamo parlandodi fantapolitica, li invitiamo a riflettere su un dato: su cosacontano attualmente i governi dei singoli stati, o peggio, ariflettere su quali sono i poteri del Parlamento Europeo.Ove mai non lo sapessero, i parlamentari europei nonhanno poteri decisionali o legislativi, ma fungono da meri

burocrati passacarte. A comandare inEuropa sono le commissioni, costitui-tesi autonomamente, certo senza si-stemi elettivi. Anche nei singoli Paesidel Vecchio Continente, tuttavia, è lastessa musica. I parlamentari, comesi sa, non vengono più eletti dal po-polo ma nominati dai segretari di par-tito. Con Mario Monti, in Italia,siamo andati anche oltre visto che èstato nominato da Napolitano a capodel Governo, imposto a costui dallabanca Goldman Sax. Peggio non cipoteva capitare e attesi i disastrosi ri-sultati dell’unica partita di calcio ches’è andata a vedere e che c’è costatauna figuraccia di livello europeo, c’èda dire che porta pure parecchio iella.

Domenico Longo

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Il presidente della Repubblica Napolitano non haperso occasione di esprimere la sua opinioneanche a proposito della condizione dei detenuti

nelle carceri italiane. In un messaggio inviato alcapo del dipartimento dell’Amministrazione peni-tenziaria per il 195° anniversario della fondazionedel Corpo di Polizia addetto agli istituti di pena, ilpresidente ha parlato di momento “critico insoste-nibile” che deve essere superato “attraverso l’ado-zione di nuove e coraggiose soluzioni strutturali egestionali”. A quali soluzioni pensa Napolitano?Spero soltanto che le sue parole apparentemente si-billine e dunque aperte a diverse interpretazioni,non vengano a dare nuovo impulso al buonismoche è periodicamente dilagante in una parte dellavetusta classe dirigente italiana: quella che ancoraoffre ascolto alle lamentazioni di Marco Pannella edi altri filantropi a senso unico. Ad avviso di molti esponenti politici, mentre la nostrasocietà cerca di difendersi da una criminalità dila-gante e prepotente, le carceri nazionali sono sovraf-follate e ci si vive male; e troppo spesso come unicasoluzione si pensa ad un decreto che consenta di

svuotare la case peni-tenziarie e anche dicontinuare la deten-zione a casa propria.Insomma, di fronteall’offensiva di singolie di bande, non vienesuggerita altra propo-sta se non quella dimandare ad una sortadi arresti domiciliarimolti detenuti (inizial-mente si parla di per-sone condannate percrimini minori) inmodo che costoro pos-sano terminare como-damente un periodo didetenzione quasi do-rata.Vorremmo sapere cosane penserebbero tuttiquelli che in Italiahanno pianto per lamorte a Brindisi dellacara Melissa, se un

giorno venissero a sapere che chi ha compiuto l’or-rendo crimine (speriamo arrestato) viene spedito acasa sua invece di marcire fino alla morte in un re-gime di carcere duro. O che ne penserebbero di questiindulti mascherati tutti quelli che sono stati vittimedi “crimini minori”: persone scippate e scaraventatesul selciato; pensionati derubati e truffati; donne ebambini molestati; parenti di uomini e donne investitie uccisi da automobilisti drogati e ubriachi. Noi abbiamo un’altra proposta: si edifichino prestonuove carceri e si assuma nuovo personale qualificatoper essere impiegato al loro interno. Una vasta attivitàdi questo genere consentirebbe una vita in ambientinon sovraffollati; garantirebbe lavoro per operai edilie specializzati; impiego per poliziotti e personale ci-vile. Si rivitalizzerebbe l’indotto, si stimolerebbero iconsumi Per i criminali abituali si gettino pure lechiavi. Per favore, gli ammuffiti politici buonisti, nonstanchi dei fallimenti di tante loro proposte, pensinoalle vittime e a quanti hanno sofferto. È ora che MarcoPannella si ritiri. E che Napolitano faccia qualche con-siderazione in meno.

Carmelo Currò Troiano

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I diritti dei detenuti e quelli dei cittadiniNapolitano rifletta prima di parlare

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La notte tra sabato due giugno e domenica 3muore nel carcere di Sulmona (AQ) (nellefoto) un giovane uomo di Paduli. Si chia-

mava Nicola Grieco ed era un mio amico oltre cheun mio assistito. Nicola era un bell’uomo: fisico pre-stante, (190 cm x 82 Kg), carnagione scura, viso per-fetto, sorriso puerile, capelli neri, occhi profondi.Era stato ristretto a Benevento per sentenza passatain giudicato nel settembre 2007. Nicola si era resoresponsabile di piccoli reati (guida in stato di eb-brezza, minacce, maltrattamenti, danneggiamento,resistenza, lesioni, furti, etc.). Il suo vissuto è quellotipico dei giovani inquieti che non si rendono contoche la giustizia italiana è come un lento schiaccia-sassi. Dopo anni di apparente immobilismo ti pre-senta il conto quando ormai sei cambiato e ti sentiun altro uomo.Arrestato nel 2007, dopo circa tre anni di restrizionea Benevento, Nicola fu trasferito nel Carcere di Sul-mona definita Casa di Lavoro. Qui aveva ricevuto lanotifica di un’altra condanna a due anni e due mesidi reclusione per reati contro il patrimonio. Il giovane Nicola però nonostante le apparenze, pre-sentava gravi problemi psico-fisici. I genitori a causa

delle sue precarie condizioni di salute avevano fattodi tutto per fargli concedere una misura alternativa.Insieme ai consulenti medici e legali si sono dannatiper farlo uscire. Le lacrime e la disperazione dellamadre sono ancora vive nella mia memoria. Avevostilato una nuova relazione per tentare di sottrarlo aduna pena che mi è apparsa sempre eccessiva. Non hofatto in tempo a consegnarla all’avv. Alberto Si-meone. Al momento non si conoscono le cause dell’exitus. LaProcura dell’Aquila ha nominato come perito autop-tico l’anatomopatologo Luigi Miccolis. Mi auguro unesame attento e preciso. Ricordo che la casa di lavoro di Sulmona detiene iltriste record di morti in carcere. Nel 2009 oltre ai de-tenuti ed agli agenti di Polizia Penitenziaria anche ladirettrice d.ssa Miserere si è tolta la vita. Deve esi-stere in questa casa circondariale un’atmosfera pe-sante che porta ad un rapido burn-out operatori digiustizia e detenuti.In Italia negli ultimi dieci anni oltre mille sono stati idetenuti morti in carcere. Di questi 603 per suicidio.Si tratta di cifre inaccettabili per un paese civile.Molte sono state le condanne della Corte Europea per

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I grandi processi a Benevento

quando un giovane muore in carcere

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le condizioni disumane di vita. Attualmente sonoquasi settantamila i ristretti (i posti disponibili sonosolo 45.000). Maggiore è il numero dei ristretti più

elevato è il numero delle morti. Anche il governoMonti sembra indifferente a questa emergenza so-ciale. Eppure mi sembra criminale tagliare i fondisenza prendere provvedimenti strutturali. Andrebbemodificato il codice penale di epoca fascista in mododa evitare la restrizione anche per il furto di unamela. Il carcere ha costi immensi (oltre 400 € al giorno perdetenuto) e non è più possibile pensare che possarappresentare l’unica forma di repressione del cri-mine. Oltre la depenalizzazione di numerosi piccolireati sarebbe opportuno prevedere un corposo incre-mento degli operatori di giustizia e forme alternativedi pena (multe, comunità di recupero, istituti a bassasoglia di sicurezza, case di lavoro, etc.). Essendo con-sapevole che è possibile l’arresto di innocenti e chele detenzioni preventive ormai superano il 40% deidetenuti, penso che sia giunto il momento di iniziarea mettere mano ad un riforma della Giustizia. È ar-rivato il momento di superare l’ostracismo di unacasta di Giudici che sembra infaticabilmente impe-gnata nel mantenimento dei privilegi e dello statusquo. A questo proposito un giurista come Paolo Un-garo (“Alfredo Rocco e l’ideologia giuridica del fa-scismo”) e il giornalista Livadiotti (L’ultracasta)hanno scritto pagine di una chiarezza estrema. Bastamorire in carcere. Anche Gesù Cristo è stato arre-stato e sacrificato dalla LEX di Roma. Chiedo Giusti-zia per tutti i poveri cristi deceduti in carcere. Riposain pace Nicola. Il tuo sorriso mi accompagna ed il

tuo ricordo mi commuove.Pierluigi Vergineo

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“Caro sindaco, prima di morire devo dirlo a qual-cuno: nell’inceneritore abbiamo smaltito la roba diSeveso.” Siamo a Mantova nel 2002 e chi si con-

fidò con l’allora sindaco di Mantova, GianfrancoBurchiellaro, è un anziano ex operaio della Monte-dison. È da poco deflagrata la notizia che una ri-cerca epidemiologica ha riscontrato tra gli abitantidella zona contigua al petrolchimico di Mantovauna frequenza anomala di un tumore correlabile di-rettamente con la presenza di diossina. E dopo i mi-steri di Mantova, i segreti di Seveso. È famosa lanube del gas che esplose nel 1976 da un reattore chi-mico dell’ICMESA, diffondendo nell’ambiente cir-costante un’altissima concentrazione della piùtossica delle tossine, forse il veleno più potente maiprodotto dall’uomo e che si sprigiona tutte le volteche bruciamo plastica. Si, anche quella delle buste,quella che inguaina le riviste, quella dei tanti can-tieri edili che bruciano di tutto di più, quella cheemana un caratteristico profumo dolciastro. Si èsempre sostenuto che i resti tossici del più famosodisastro ecologico italiano, 1.600 tonnellate di ma-

teriale asportato dalla fabbrica dopo il disastro, ter-reno che, privo di 34 chili di diossina appurati dal-l’Istituto Superiore di Sanità, avrebbe potuto poiessere sversato ovunque. Come l’acqua dei depu-ratori. Ma che c’entra la diossina di Seveso con i tu-mori di Mantova e con Cerreto? Semplice,sintetizzo i fatti avvenuti all’epoca in cui Gava eraMinistro degli interni e Senatore del collegio blin-dato di Cerreto Sannita. Nel 1996 ebbi l’incarico dicollaudare il nuovo Stadio ‘Enrico Colombo’ di Se-veso, realizzato sul terreno ove era appunto l’IC-MESA. La costruzione del campo era avvenutadopo opportuna bonifica della zona. E lì, l’assessoreallo sport, leghista, mi spiegò come avevano boni-ficato l’area e dove era finita la terra zeppa di dios-sina. “All’estero”, mi disse, facendo un segno con latesta quasi ad indicare la vicinanza a me. Pensai chela battuta “all’estero, vicino a Lei” fosse la solita solfadell’extraterritorialità del Sud rispetto all’Italia, Suddivenuto da tempo la discarica dei rifiuti tossici delNord.Come Presidente della Pro Loco, allora, collegando

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La diossina di Monte Coppe?

Incenerita a Mantova

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anche tanti episodi raccontatimi da gente qualunquee riportati, dopo ben 15 anni, nel libro di PierluigiVirgineo: La Malasorte – storie del carcere”, inviai unesposto ad Enti ed Associazioni ambientaliste per co-noscere le modalità di smaltimento della diossina diSeveso: non è che con la scusa dei sondaggi AGIP erastata sepolta tra i monti di Cerreto? Ed ho pure con-tattato l’Espresso, che stava conducendo una inchie-sta sugli inquinamenti in Italia a firma del figlio diGiorgio Bocca. Solo una chiacchierata con un giorna-lista poi nulla. Fin quando non mi arrivò la soffiatadi un amico: “un libro serio, non romanzato, chiariràtutto!”. Quando scoppia il caso Mantova, infatti, giàda molti anni Paolo Rabitti si sta specializzando nellostudio e nella lotta contro le violazioni della norma-tiva ambientale. Rabitti si mette alla ricerca delletracce di quella che sarebbe una terribile connessionetra Mantova e Seveso. Paolo Rabitti non è un dilet-tante di genio, né un cacciatore di facile gloria attra-verso il sensazionalismo, le accuse buttate al ventoper infangare il politico di turno, è un «cacciatore dinefandezze» con due lauree in ingegneria e urbani-stica specializzato in reati ambientali e consulente divari magistrati che seguono le inchieste più scottanti.Dalle prime indagini sull’inquinamento dell’aria diMantova, fino alle ricerche sulla presenza di diossinanel sangue dei mantovani, passando per una com-pleta revisione di tutto quello che si sa del disastro diSeveso, Rabitti, racconta in questo libro che avrebbedovuto essere presentato proprio ai primi di giugnoa Mantova, presentazione rinviata causa terremoto,più di un decennio di ricerche. È un’inchiesta su unmistero ita-liano e il ro-manzo diformazione diun cittadinoche per difen-dere i beni co-muni lotta conle armi dellascienza, del-l’indignazionee della co-scienza civile.La sintesi? Ladiossina di Se-veso è stata in-cenerita aM a n t o v a .Come, perché,quando…chivuole appro-fondire leggail testo che do-

vrebbe essere già disponibile: Diossina - la verità na-scosta. A me basta tranquillizzare i cittadini per unadenuncia da me fatta e che finalmente ha avuto unesito caparbiamente cercato fino a…un mese fa: sullaParata cerretese la diossina di Seveso non c’è. E un ri-cercatore locale, il fisico Franco Gismondi, non ha tro-vato nemmeno tracce radioattive. Torno quindi aripetere l’invito: andiamo con fiducia sui nostri montia cercare asparagi, virni e tranquillità. E, se troviamol’imbecille di turno che scarica rifiuti, solidi o liquidiche siano, insegniamogli le buone maniere con unadenuncia dettagliata agli organi competenti. Ho piùpaura del dilagare della scarsa coscienza ambientalee dell’”ignoranza” che dei sondaggi AGIP. E hopaura soprattutto delle polveri sottili generate dallacombustione dei motori delle auto. La maggior partedelle malattie tumorali proviene da lì…non lo dicoio, lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Enoi troviamo mille scuse per ostacolare la realizza-zione di una Zona a Traffico Limitato, primo segnodi civiltà. Quanti predicatori pure per fare 100 metriusano l’auto! Non vogliamo pensare a noi...pen-siamo a figli ed ai nipoti. Indignarsi non basta, biso-gna combattere contro chi vuole calpestare il benecomune, coinvolgere tutti in questa battaglia con lacrescita della coscienza civile, educando e dandol’esempio. Una battaglia di cultura che mi vedrà sem-pre protagonista.

Lo stadio di Seveso (Varese), realizzato ove era l’ICMESA:dove è finito il terreno ricco di diossina?

Lorenzo Morone

Stadio di Seveso (Va) realizzato dove è finito il terreno alla diossina.

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Si è appena conclusa la cerimonia di posadella prima pietra della nuova ala ospeda-liera dell’IRCCS Neuromed di Pozzilli:

nuovi servizi, nuove attività di ricerca, nuovi in-vestimenti e naturalmente nuove opportunità dilavoro.L’Istituto, da oltre 30 anni sinonimo di ricerca e ser-vizi clinico-sanitari altamente qualificati nel settoredelle Neuroscienze, è al suo terzo step evolutivoall’insegna dell’avanguardia clinica e tecnologica. A firmare la pergamena, alla presenza di tantissimiintervenuti tra autorità politiche, religiose, giorna-listi, pazienti e cittadini, il Presidente e il DirettoreScientifico dell’IRCCS Neuromed, Erberto Melara-gno e Luigi Frati, il Sindaco di Pozzilli, NicandroTasso, il Presidente della Regione Molise, MicheleIorio e Giuseppina Patriciello, madrina della ceri-monia. La posa della prima pietra è stata benedettadal Vescovo della Diocesi di Isernia e Venafro, Sal-vatore Visco. Nei prossimi 18 mesi, dunque, si lavorerà alacre-mente per la realizzazione di quattro nuovi piani,su una superficie di circa 11.000 mq per un valoredi 20 milioni di euro che favorirà, oltre all’arricchi-mento dell’offerta sanitaria dell’Istituto, anche un

innalzamento qualitativoin termini di innova-zione tecnologica e di ri-cerca scientifica.L’investimento si inseri-sce infatti nel più ampiocontesto del contratto disviluppo “Hospital andHealth Services – Serviziavanzati di diagnostica eoncogenomica, presentatoal Ministero dello Svi-luppo Economico e alleRegioni Molise e Campa-nia in partenariato conaltre strutture clinichepresenti in Campania.Diversi i nuovi centri adalta specializzazione chetroveranno spazio nellanuova struttura, tra cuiun Centro per la medi-

cina del sonno, un Centro per lo studio e la curadel piede diabetico, un Centro sul coma per lo stu-dio dei disturbi cognitivi e della coscienza, un Cen-tro di diagnostica genetico-molecolare perl’esplorazione del genoma e dell’epigenoma in on-cologia, un Laboratorio di Analisi BiomeccanicaMultifattoriale. L’ampliamento della struttura consentirà l’acqui-sizione di nuove attrezzature all’avanguardia, checontribuiranno ulteriormente al lavoro d’integra-zione tra attività assistenziali e di ricerca, nonchéil recupero e l’ampliamento di attività già esistenticome, ad esempio, l’ottimizzazione degli spazi re-lativi al blocco operatorio, con la creazione di sale“ibride” innovative, e l’ampliamento delle palestredel reparto di riabilitazione con la realizzazione delLaboratorio di Analisi del Movimento “LAM” perlo studio avanzato della biomeccanica.Grande e particolare attenzione per la realizza-zione della nuova struttura, infine, è stata dedicataall’umanizzazione degli spazi tramite la realiz-zazione di ambienti ampi ed articolati, aperti allacomunicazione, che facilitano i contatti, i percorsie la permanenza, creando, in definitiva, un am-

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IRCCS Neuromed: posa della prima pietra di una nuova struttura

Un premio all’efficienza

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biente confortevole ed accogliente, rassicurante emai ostile. Non mancheranno aree attrezzate averde, che contribuiranno al benessere di pazientie familiari. Il nuovo intervento sarà, infine, dal punto di vistadei materiali utilizzati e degli impianti installati,rispettoso dei criteri ambientali e paesaggistici esi avvarrà di nuovi sistemi costruttivi in grado digarantire elevati standard in termini di isolamentoacustico, termico, di eco biocompatibilità e di an-tisismicità. Non da ultimo, la creazione del nuovo plesso cli-nico consentirà di prefigurare nuovi scenari occu-pazionali tali da garantire un aumento dei posti dilavoro in diversi settori, tra cui quello medico, pa-ramedico, assistenziale e manutentivo. La cerimonia odierna segna il raggiungimento diun nuovo ed ulteriore traguardo nel coronamentodi obiettivi, prefissi nel corso degli anni e nella ste-sura di progetti sempre più ambiziosi, che concor-rono a consolidare il ruolo dell’Istituto Neuromednella rete nazionale degli IRCCS e, soprattutto, trale infrastrutture strategiche nazionali ed europeeattive nel settore delle neuroscienze.

Cunegonda Zaza D’Aulisio

medicina e società

Viale Minieri 93 Telese Terme (bn)

per consegnetel: 0824 903227

3474910712

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In arrivo 48 mila euro da Telethon per la ricercascientifica in Molise: dopo la valutazione daparte della Commissione medico scientifica

della Fondazione, tra i progetti finanziati c’è anchequello di Ferdinando Squitieri dell’Istituto Neu-rologico Mediterraneo Neuromed di Pozzilli (IS).Salgono così a 670 mila euro i fondi totali stanziatiad oggi da Telethon nella regione.Il progetto neofinanziato riguarda una grave malattianeurodegenerativa di origine genetica, quella diHuntington, devastante non solo dal punto di vistaclinico, ma anche sociale. La malattia, infatti, inizia ingenere tra i 35 e i 45 anni con bruschi sbalzi d’umore,irritabilità, depressione, ma anche difficoltà nellaguida, nell’imparare cose nuove o nel prendere unadecisione. Inoltre si possono presentare cambiamentinella scrittura e movimenti involontari delle dita, deipiedi, del viso o del tronco, ma anche disturbi del-l’equilibrio e del coordinamento motorio con accen-tuato rischio di cadute. In Italia si stima siano circa6mila i pazienti e 18mila le persone a rischio: ognipersona affetta, infatti, ha una possibilità su due ditrasmettere il difetto genetico a ciascuno dei suoifigli, indipendentemente dal sesso. All’interno diuna famiglia la diagnosi di malattia di Huntingtonpuò quindi rappresentare una vera e propria bombaa orologeria per tutte le persone potenzialmente a ri-schio.Attualmente non esiste una cura per questa malattia,né dei biomarcatori affidabili: scopo del progetto diricerca coordinato da Ferdinando Squitieri (nellafoto) è studiare il ruolo di una particolare proteina

presente nel sistema nervoso, il TGFbeta1, i cuilivelli risultano ridotti a seguito del difetto ge-netico. In particolare, i ricercatori proverannoa capire se il dosaggio del TGFbeta 1 possa di-ventare un indicatore affidabile per valutare laprogressione e la gravità della malattia.Per maggior informazioni sulla malattia diHuntington si può consultare la sezione dedi-cata del sito di Telethonhttp://www.telethon.it/ricerca-progetti/malattie-trattate/huntington-malattia-di, dove è disponi-bile anche il cortometraggio “Il turno”(http://www.telethon.it/news-video/video/turno),realizzato da Telethon per la regia di Filippo

Soldi e con il sostegno di Rai Cinema che raccontala storia di Charles Sabine, giornalista inglese porta-tore del difetto genetico responsabile della malattiadi Huntington.Complessivamente, i progetti di ricerca sulle malattiegenetiche finanziati da Telethon sull’intero territorionazionale sono stati 44, per un totale di 11 milioni e167mila euro. Molti dei progetti finanziati sono mul-ticentrici, saranno cioè svolti in sinergia da piùgruppi distribuiti sul territorio nazionale: in totalesono 66 i laboratori coinvolti.

Cunegonda Zaza D’Aulisio

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Telethon investe nella ricerca scientifica

dell’IRCCS Neuromed

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Iveleni di un Cicerone contro unuomo ed un paese illustri, in unlibro da tutti citati e da nessuno

letto, qui - per la prima volta - presen-tato da noi e dedicato ai falsi storicidel paese e ai padri putativi della pic-cola patria locale.La seconda metà del secolo XVIIIvide la nostra zona impegnata in dibat-titi storico giuridici per un processo,durato anni, riguardante la “bonate-nenza”. Le parti erano tre: Napoli,

Aversa ed Atella (ognuna con i suoi Casali). L‘avvocatodifensore “delle terre di Sant’Arpino ed altri Casali diAtella”, avvocato Carlo Magliola, come era uso all’epoca,diede alle stampe due memorie difensive, una del 1751 eun’altra del 1755. Altrettanto fecero gli altri due avvocati;uno di parte Aversana e l’altro di parte Napoletana. I trecercavano nelle leggi, nelle consuetudini, negli usi e, piùancora, nella storia - ricavata più da libri che da archivi -le ragioni per far prevalere i diritti della propria città (o al-meno così avrebbe dovuto essere).L’avvocato di Napoli, Carlo Franchi, subito dopo la prima“difesa”, inchiodato dalle argomentazioni storico - legalidi Carlo Magliola, reagì malamente. In una seconda “di-fesa”, invece di contrastare giuridicamente gli avversari,ritenendo che dei due il più pericoloso fosse il Santarpi-nese, si diede ad una sottile falsificazione storica e ad unapuntuale distorsione dei fatti, non mancando di spargerequa e là offese alla persona dell’avvocato ed alla città diAtella.Due anni dopo (1757) Carlo Magliola pubblicava una cor-posa “continuazione della difesa della terra di Sant’Arpinoe di altri Casali di Atella contro la città di Napoli in rispostaalla seconda allegazione a pro de’ Napoletani stampata asettembre 1750 in occasione della pretesa promiscuità diterritorio “smentendo, documenti alla mano, punto perpunto, le affermazioni del Franchi e riportando norme eleggi a suffragio delle sue tesi. Senza mai scadere nelle of-fese alla persona o alla città di Napoli come aveva fatto ilpoco illustre avversario.Alle tante precedenti affermazioni del Franchi (una pertutte: “miserabile albergo di commercianti”) il Magliola ri-tenne opportuno non abbassarsi a rispondere. (Cosa chefarà, anni dopo, qualche storico di Atella).Dalle “difese” a stampa dei tre avvocati reperibili ancorain qualche biblioteca, si rileva subito la differenza di “stile”dei tre contendenti. Non considerando il difensore diAversa, le opere a stampa rilevano subito un avvocato serioe giuridicamente preparato (il Magliola per Sant’Arpino)e uno offensivo e diffamatorio (il Franchi per Napoli).

Questi infatti, in un libercolo, fortuno-samente venuto in nostro possesso (esconosciuto a tutti gli storici o sedi-centi tali di Atella e Sant’Arpino) cosìesordisce: <<...l’oggetto di questa no-stra breve scrittura altro non è se nondi restringere quanto da noi si è dettonelle nostre antecedenti dissertazioni...Contro il discioglimento della promi-scuità attese di filazione nuovamentepreteso dalla città di Aversa dopo ilcorso di sette secoli interi.

Avremmo fatto di buon grado a meno di rispondere ad uncentone pieno di iniziative, di falsità, e di menzogne scrittecon indicibile temertà ed impudenza sotto l’ignotissimonome di uno del miserabile Casale di Sant’Arpino. Bencomprendiamo, che qualche cervello torbido, inquieto, eforse laicale, per sfogare il suo mal talento abbia volutoporre in bocca di quest’uomo quanto gli è paruto e piaciuto,affinchè si rappresentassero sul palco queste nuove favoleAtellane da un vero discendente dell’antica Atella: Si fadeclamare contro tutto il rispettabile ceto del nostro Foro,in cui hanno sempre mai fiorito, e fioriscono i soggetti diprofonda erudizione.Arruolandosi ancora egli in questo stesso ceto, in cui haavuto l’onore di essere giammai, si fa dire.... Così scrive,il novello commediante Atellano...non pretendiamo noi dirispondere a questo imprudente autore di favole Atellane.Diremo solamente con San Girolamo che è lecito ad un Bi-gherajo di fingere tutto, ad un buffone di scherzare su ditutto, e ad un Atellano di parlare di tutto...>> Dato al lettoreun saggio dello stile e dell’anima, nonché delle capacitàortografiche, grammaticali e sintattiche di Carlo Franchi,facciamo notare che l’ultima “difesa” a stampa di CarloMagliola (nelle due precedenti aveva firmato Maglioli)porta la data del 25 gennaio 1757, l’ultima prima della sen-tenza. Il difensore di Napoli, di contro, dà alle stampe, inaggiunta alle precedenti difese un (inutile) <<breve ri-stretto di ragioni per la fedelissima città di Napoli controla città di Aversa, ed in risposta alla difesa del Casale diSant’Arpino>> che porta la data del 22 dicembre 1756.L’inutilità della stampa, ai fini del processo, lo si rivela allastessa affermazione iniziale del Franchi e cioè restringerequanto da noi si è detto nelle antecedenti dissertazioni. Loscopo era solo quello di stravolgere la vera storia di Atella,di far nascere altrove alcuni sui figli migliori (come Mel-lonia e Censorino) e, più di tutto, distruggere (nel sensoletterale della parola) Carlo Magliola, difensore della terradi Sant’Arpino e di altri Casali di Atella.

Iader C. Silvana

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Cultura

Un avvocatissimo del XVII sec.

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Scriveva Honoré de Balzac (foto sopra) che «Visono due storie: la storia ufficiale, menzo-gnera, che ci viene insegnata (tanto per ca-

pirci, quella scritta dai vincitori e che ci hanno fattostudiare a scuola, n.d.r.), la storia ad usum delphini,

e la storia segreta, dove si trovano le vere causedegli avvenimenti, una storia vergognosa».In particolare, sul conto di Ferdinando II di Borbone,per oltre un secolo e mezzo, la storiografia dei vinci-tori si è accanita non facendo altro che denigrarlo, in-ventando calunnie su calunnie; e la sistematicademonizzazione della dinastia dei Borbone di Napolisi è intrecciata – non proprio per caso – con la deni-grazione dell’intero popolo meridionale (dei poveri“terroni!”), attraverso le tantissime menzogne confe-zionate ad arte negli ambienti massonici, italiani edeuropei. È necessario, a questo punto, capire conchiarezza che cosa esattamente accadde più di un se-colo e mezzo fa.Cominciamo col dire che la Vera Storia del Risorgi-mento non è quella che ci hanno fatto studiare ascuola. Infatti, a seguito dell’unificazione politico-ter-ritoriale della Penisola nel 1860-61, la storia di quegliavvenimenti fu scritta ed adeguata in funzione deinuovi padroni, i Savoia, i quali dovevano giustificare,

ai contemporanei e ai posteri, l’illecitainvasione del Regno delle Due Sicilie (unlegittimo Stato sovrano, che non co-stituiva pericolo per nessuno e che,per sua secolare vocazione, era inpace con tutti gli altri Stati, italiani edeuropei – compreso il Regno di Sar-degna – con i quali intratteneva rego-lari relazioni diplomatiche; maiaggressore, ma sempre aggredito!),avvenuta senza casus belli, cioè senzamotivazioni politico-giuridiche e,cosa gravissima, senza dichiarazione diguerra. Si toccarono gli stessi infimi edincivili livelli della pirateria (attra-verso la spedizione dei Mille) e delleinvasioni barbariche (attraverso l’ag-gressione piemontese), in violazionealle più elementari norme dello jusgentium, prima fra tutte quella che

sancisce il «diritto all’autodeterminazione dei po-poli».Infatti, come sagacemente osserva la storica ElenaBianchini Braglia, «nella storia, anche in quella più

remota, anche in quella dei secoli che gli stessi libe-ral-massoni dell’Ottocento definivano oscura e bar-bara, mai nessuna guerra fu reputata legittima senzaessere sorretta dall’atto formale della sua dichiara-zione. Prima che un esercito invadesse uno Stato, oc-correva che un previo documento denunciassemotivazioni, eventuali colpe commesse, eventuali attidi riparazione chiesti, e annunciasse un intervento ar-mato solo qualora questi non venissero concordati.Questa era la “barbarie dei secoli oscuri”. La civiltàdei secoli illuminati, invece, ammette che un esercitoattacchi e vada ad occupare terre altrui senza alcunamotivazione o preavviso... Bene, dopo un secolo emezzo, mi pare non sia troppo presto, ma mi auguronon sia nemmeno troppo tardi, per cominciare a chia-mare le cose con il loro nome».Occorre però capire che, in realtà, quello dell’unitàd’Italia fu solo un vergognoso pretesto, utilizzato dal-l’usurpatore Vittorio Emanuele II di Savoia, per cac-ciare i legittimi sovrani e saccheggiare le ricchezzedegli altri Stati della Penisola (in primis, quelle delflorido Regno delle Due Sicilie), onde evitare la ban-

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carotta del misero e fallimentare Piemonte che, all’e-poca, era indebitato fino al collo, a causa delle gravo-sissime spese sostenute per la dissennata politicamilitarista e guerrafondaia del megalomane Cavour.Questa è la pura e semplice verità, rivelataci da un’at-tendibilissima fonte: il deputato piemontese PierCarlo Boggio, nel suo Pamphlet dal titolo «Fra unmese», pubblicato nel 1859; ma questa verità,purtroppo, non la si trova scritta in alcun manualescolastico. Per sola spedizione in Crimea (che com-portò l’invio di 18 mila uomini, dei quali 14.000 mo-rirono in combattimento alla Cernaia e 1.300 per ilcolera), fu necessario ottenere in prestito dalle bancheinglesi 1 milione di sterline; contratto nel 1855 dalPiemonte, il debito (comprensivo dei relativi inte-ressi) verrà estinto solamente nel 1902, e da parte ditutti i contribuenti italiani.Pino Aprile, in «Terroni», afferma che: «Il Piemonteera pieno di debiti; il Regno delle Due Sicilie pieno disoldi. Quante volte abbiamo letto che i titoli di Statodel primo, alla Borsa di Parigi, quotavano il 30 percento in meno del valore nominale; quelli del se-condo, il 20 per cento in più; e che al Sud, con unterzo della popolazione totale, c’era in giro il doppiodei quattrini che nel resto d’Italia messo insieme?L’impoverimento del Meridione per arricchire il Nord nonfu la conseguenza, ma la ragione dell’Unità d’Italia». In-fatti, fra il 1859 ed il 1861, il debito pubblico piemon-tese aveva raggiunto i 2 mila milioni di lire, una cifraastronomica per queitempi, specialmenteper un piccolo Statocome il Piemonte.

Il vero motivo del-l’unità d’Italia

Per questi motivi enon per altro, Vitto-rio Emanuele II e Ca-vour decisero dioccupare le riccheDue Sicilie; nelladrammatica situ-azione socio-econom-ica in cui versiamooggi, non l’avrebberomai fatto: si sareb-bero legati un’ingom-brante palla al piede!Ma, per poter realiz-zare i loro squallidiprogetti di rapina aidanni del Regnodelle Due Sicilie, i Sa-

voia ed i loro sodali (prima fra i quali la massonicaInghilterra) utilizzarono, innanzitutto, la potentearma della propaganda, denigratoria e calunniosa, con-tro i Borbone, che raggiunse risultati incredibili ed,addirittura, insperati per gli stessi che la promossero.La lezione, valida ancora oggi, insegna che «la propa-ganda politica è la migliore arma per distruggere il ne-mico».Tutto ebbe inizio nel lontano 1850, allorquando il de-putato inglese William Gladstone fu inviato dal suogoverno per seguire il processo che si sarebbe dovutosvolgere nelle Due Sicilie a carico degli aderenti allasocietà segreta «Unità d’Italia», le cui attività sovver-sive andavano dalla diffusione di proclami antimo-narchici, che invitavano alla disobbedienza civile,all’organizzazione di attentati come quello del set-tembre 1849, quando un ordigno fu fatto esploderedavanti al palazzo reale di Napoli, mentre si svolgevauna festa in onore del Papa Pio IX il quale, fuggito asuo tempo da Roma ove era stata proclamata la Re-pubblica romana, si apprestava a benedire una folladi ben centomila persone.Qualsiasi governo al mondo avrebbe perseguito pe-nalmente una setta segreta che, con la violenza, mi-nacciava la sua stessa esistenza e propugnaval’assassinio politico.Il processo iniziò il 1 giugno 1850 e si concluse il 1febbraio del 1851. Dei 42 imputati, tre furono condan-nati alla pena capitale: Filippo Agresti, Salvatore Fau-

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citano e Luigi Settembrini, subito graziati il 2 febbraio1851 da Ferdinando II di Borbone; altri due furonocondannati all’ergastolo; i rimanenti ebbero con-danne fra i trent’anni ed i quindici giorni; otto furonoassolti.Tuttavia, tornato a Londra, d’intesa con il primo mi-nistro britannico lord Henry Palmerston (mandante),sir Gladstone (materiale esecutore) fece diffonderealcune lettere che lo stesso avrebbe inviato al mini-stro degli esteri, lord George Aberdeen, nelle quali,con una frase ad effetto coniata a tavolino, si etichet-tava il Regno del Sud come la «negazione di Dio, erettaa sistema di governo». Nella prima (datata 7 aprile, mapubblicata l’11 luglio 1851) il Gladstone riferiva diuna visita – in realtà mai avvenuta – presso le carcerinapoletane e così concludeva: «II governo borbonicorappresenta l’incessante, deliberata violazione di ogni di-ritto; l’assoluta persecuzione delle virtù congiunta all’in-telligenza, fatta in guisa da colpire intere classi di cittadini,la perfetta prostituzione della magistratura, come udiispessissime volte ripetere; la negazione di Dio, la sovver-sione d’ogni idea morale e sociale eretta a sistema di go-verno».

Il calunniatore lord William Gladstone

L’Inghilterra gridò, così, al mondo intero il propriosdegno per le disumane condizioni in cui, asserita-mente, venivano tenuti i prigionieri politici napole-tani e queste notizie rimbalzarono da una cancelleriaall’altra, trovando ampie casse di risonanza sui gior-

nali di Torino e nella stessa Napoli, negli esterofiliambienti degli oppositori.Non dimentichiamo però che, in quegli stessi anni, ilsistema carcerario della “civilissima“ Inghilterra fa-ceva fremere di orrore la penna dello scrittore Char-les Dickens (l’autore di «Oliver Twist» e «DavidCopperfield»); mentre, in Francia, la penna di VictorHugo ci svelava gli squallori della Parigi con «I Mi-serabili».E lo stesso Cavour, che aveva visitato una prigioneinglese, commentò nel suo Diario: «La prigione è or-ribile… nella quale sono rinchiusi, come bestie feroci,360 individui. Niente può dare idea del misero statoin cui si trovano. Stanno rinchiusi in 60 dentro unasola camera, respirano aria mefitica e si coricano sudelle miserabili stuoie di giunco. Fanno pena a ve-derli. Sono ammucchiati uno sugli altri senza nes-suno ordine né distinzione… la disciplina è severa. Idetenuti sono sottoposti alla legge del silenzio asso-luto. Non possono parlare in nessun momento e pernessuna circostanza. Le punizioni sono il pane eacqua, i ferri e la cella oscura. Siamo discesi in unodi questi buchi. In verità non ho visto niente di piùtetro in vita mia».

Ovviamente a nullavalsero le smentitedel governo borbo-nico che richiese l’in-vio senza preavvisidi commissioni,anche di giornalisti,per verificare de visula realtà. Poi, a “gio-chi fatti”, cioè dopol’annessione piemon-tese, sarà lo stessodeputato inglese adammettere candida-mente la menzogna;e, a supporto di ciò,riportiamo quantoDomenico Razzano,nel 1914, scrisse inproposito: «Come ènoto a chi vuole sa-pere la verità edignoto a chi non

vuole saperla, Gladstone, venuto a Napoli nell’in-verno 1888-1889, fu ossequiato e festeggiato dai mag-giorenti del così detto partito liberale; i quali nonmancarono di glorificarlo per le sue famose letterecon la Negazione di Dio, che tanto aiutarono la loro ri-voluzione; ma a questo punto il Gladstone versò unavera secchia d’acqua gelata sui suoi glorificatori; con-fessò che aveva scritto per incarico di lord Palmer-

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ASSISTENZA

CAMERiparazione motori

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ston con la buona occasione che egli tornava da Na-poli, che egli non era stato in nessun carcere e in nes-sun ergastolo, che aveva dato per veduto da luiquello che gli avevan detto i nostri rivoluzionari».Le famigerate lettere, quindi, erano stare scritte sola-mente per creare un clima ostile, in tutta l’Europa,nei confronti della monarchia borbonica di Napoli,colpevole di aver provocato, nel lontano 1836, la fa-mosa «questione degli zolfi siciliani» e di aver realiz-zato una forte concorrenza, alla stessa perfidaAlbione, con la marina mercantile del Regno delleDue Sicilie (prima in Italia e seconda in Europa dopoquella, appunto, del Regno Unito), soprattutto invista dell’imminente apertura del canale di Suez; iltutto in danno degli interessi economici e commercialiinglesi.Per lo storico Raleigh Trevelyan, furono importantianche alcune motivazioni ideologico-religiose e dipolitica internazionale, oltre che economico-commer-ciali. In Inghilterra, infatti, la religione di Stato eraquella anglicana e gli abitanti del Regno Unito di talefede non sopportavano gli eccessi cattolici dei so-vrani di Napoli così fedeli al Papa. Costoro, poi, nonavevano dimenticato la repressione, al limite dellapersecuzione, che – fra il 1825 e il 1832 – era stata or-dinata in Sicilia contro le logge massoniche dell’isola.Ma oltre a questo, ragioni più profonde per interve-nire stavano nella dimensione politica che l’Europadell’800, lentamente e con qualche contraddizione,andava assumendo. La Gran Bretagna voleva giocare

un ruolo di primo piano nelle questioni internazio-nali e vedeva con sospetto l’amicizia troppo forte chelegava Francia e Piemonte. Contemporaneamente, idiplomatici inglesi segnalavano con preoccupata ap-prensione l’avvicinamento del Regno delle Due Sici-lie all’Impero russo, che cercava uno sboccomarittimo sul Mediterraneo. Aiutare il Piemonte aprendersi il Sud dell’Italia avrebbe avuto, per Lon-dra, due risultati positivi. Innanzi tutto si sarebbe ac-creditata a Torino come alleata affidabile almenoquanto i francesi, togliendo loro un’egemonia psico-logica e politica su quello staterello governato dai Sa-voia. Poi avrebbero levato di mezzo un Regno chepoteva offrire i suoi porti ai concorrenti dell’Europadell’Est. Le coste meridionali d’Italia, in vista del-l’apertura del canale di Suez, sarebbero diventate unpunto di riferimento importante delle rotte via maree, quindi, un attracco strategico per i commerci. In-fine, gli inglesi sentivano la necessità di garantire leimmense proprietà immobiliari e finanziarie che ave-vano acquistato e investito in Sicilia. Per parecchianni i possidenti britannici erano stati al sicuro e ave-vano addirittura acquisito un ruolo egemonico ma,da qualche tempo, i re di Napoli non sembravanocosì attenti agli interessi dei loro ospiti. Non era con-veniente spostare i finanziamenti altrove: megliocambiare i governanti.Tuttavia, nemmeno la ritrattazione dello stesso Glad-stone ebbe alcun effetto di recupero. La lettera e lafrase in essa contenuta continuano ad essere il leit

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motiv che descrive lo Stato e la giustizia borbonici finoai giorni nostri, tanto è vero che, sui libri di storia inuso nelle scuole italiane, si persevera, cocciutamenteed ottusamente, nel riportare tuttora come verità lacalunnia gladstoniana della «negazione di Dio».Non si dimentichi che, nel medesimo periodo storico,la Francia inviava oltre 10 mila prigionieri politici inAlgeria e alla Cayenna; che negli Stati Uniti c’era an-cora lo schiavismo.Nello stesso 1851 lord George John Vernon stilò unterrificante rapporto sulle prigioni piemontesi, chevenne però tenuto nascosto. Nel 1854 vennero resenote le cifre spaventose sul tasso di mortalità nel car-cere di Alessandria. Per affollamento e sporcizia, il si-stema carcerario piemontese era fra i peggiori e piùantiquati della Penisola.Perché tutto questo non scandalizzò mister Glad-stone!?In realtà, la situazione nelle carceri napoletane nonera peggiore di quella del resto d’Europa e, sotto al-cuni aspetti, era senza dubbio più umana.L’8 aprile 1857, dal carcere di Montesarchio, CarloPoerio così scrive ad un suo zio: «Ho ricevuto la vo-stra lettera del 1 di questo mese, che mi è giunta nonso dire quanto gradita. Sono lietissimo di sentire chela vostra preziosa salute vada sempre di bene in me-glio e posso assicurarvi che è lo stesso di me. Oggi ab-biamo avuto una magnifica giornata di primavera eho avuto la consolazione di passeggiare a mio piacere… Viho scritto per la posta d’inviarmi, col corriere di Pa-squa, de’ frutti, de’ piselli, de’ carciofi e del burro,come di costume. Vostro affezionatissimo nipote». Iltono gioioso della lettera, l’accenno a passeggiate, abiglietti spediti e ricevuti, a frutta fresca, non offrecerto l’impressione di una detenzione tanto spietatada essere la «negazione di Dio»; ciò a differenza delletestimonianze inerenti, invece, le prigionie nelle car-ceri piemontesi ed inglesi.Luigi Settembrini, nel periodo in cui fu detenuto nelpenitenziario borbonico di Santo Stefano, «traduceva

le opere di Luciano, riceveva chicche econfetti che andava dividendo con i figlie la consorte del direttore del carcere, pertenerselo buono, in salottieri inviti pome-ridiani». Molti inglesi, peraltro, si stupi-vano nel vedere le floride condizionifisiche degli esuli delle Due Sicilie che ar-rivavano in Gran Bretagna, alcuni deiquali erano addirittura “sovrappeso”.Altro che negazione di Dio!!!Infatti, qualche anno dopo il ministrodegli Esteri inglese, James Howard Harris(lord Malmesbury), si fermò a rifletterenelle sue memorie sul «caso Poerio» esulle sue conseguenze. Palmerston eGladstone, a suo avviso, avevano «com-

messo l’errore di mettere in discussione i diritti so-vrani di uno Stato dispotico senza considerare cheanche un regime assoluto possedeva le identiche pre-rogative di una repubblica, o della stessa Inghilterra,di difendersi contro gli avversari che lo volevano ro-vesciare con la violenza». Certo il regime borbonicoera afflitto dalla «lentezza della giustizia». «Ma le tor-ture alle quali Poerio si dice sia stato sottoposto», pro-segue Malmesbury, «furono, a mio parere, inventatedi sana pianta... Nessun individuo, trattato in ma-niera tanto disumana, avrebbe potuto ristabilirsi cosìrapidamente in soli tre mesi e apparirmi in così flo-rida salute come Poerio che, quando mi fu presen-tato, nel 1859, alla Camera dei Lords dal conte diShaftesbury, venne da me scambiato per un giovane parireduce da una salubre villeggiatura». «Giusto o sbagliatoche fosse», concludeva Malmesbury, «Ferdinando II,soprannominato “re bomba”, aveva una tale cattivareputazione che tutto era lecito contro di lui, però, sesi esclude questo sentimento largamente diffusonell’opinione pubblica britannica, una spedizione ar-mata diretta contro il suo regno costituiva una misuraassolutamente illegittima».E, per concludere, riteniamo illuminante ascoltare an-cora il già citato professor Domenico Razzano (unodei tanti storici onesti, ma puntualmente ignoratidalla storiografia ufficiale) il quale ebbe ad affermareche «tutta la rivoluzione italiana [leggasi: risorgi-mento, n.d.r.] fu orientata così da travisare in malequanto era possibile del molto buono esistente nelMezzogiorno, e ciò che non era possibile assoggettarea denigrazione tacerlo come non esistente; ingigan-tire il poco cattivo che vi era, presentandolo elevatoalla massima potenza: trattare con metodo netta-mente inverso il poco buono e il molto cattivo del Pie-monte; e quello che non era possibile occultare delmolto cattivo del Piemonte tradurlo in libera tradu-zione a carico del Mezzogiorno...».

Ubaldo Sterlicchio

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Il penitenziario di Santo Stefano, primocarcere di recuperodella storia mondiale, nel quale fu dete-nuto Luigi Settembrini

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Dal gorgo oscuro in cui Armando Plebe e isuoi ectoplasmi neodestri avevano im-merso l’ingente e preziosa eredità del No-

vecento antimoderno, il sagace e instancabile

Rodolfo Gordini ha salvato la memoria del filosofobelga Marcel de Corte (1905-1994) geniale interpretedell’aristotelismo cristiano.Durante gli anni di piombo, De Corte, insieme conEttore Paratore, Marino Gentile, Nicola Petruzzellis,Thomas Molnar, Vintila Horia, Alexandr Maximov,Maurice Bardèche, Francesco Pallottino, Ugo Spirito,Giano Accame, Giuseppe Sermonti Augusto DelNoce, Fausto Gianfranceschi, Mario Attilio Levi,Francesco Grisi, Marco Tangheroni, Roberto De Mat-tei, Cristina D’Ancona fu impavido protagonistadegli Incontri romani della cultura refrattaria, splen-didamente organizzati, da Giovanni Volpe, in un as-sediato e silenziato margine. Risultato del salvataggio compiuto da Gordini è la

splendida riflessione decorteiana sulla giustizia,un’opera idealmente dedicata agli orfani della cul-tura di destra, pubblicata da Cantagalli editore anti-conformista di lungo corso in Siena.Con scelta felice, Gordini ha affidato a un insigne fi-losofo del diritto, Danilo Castellano, il compito di se-

lezionare e commentare i saggi controcorrentedell’insigne studioso belga. Castellano, che negli anni settanta si laureò di-

scutendo, con Augusto Del Noce, una tesi sulla fi-losofia di De Corte (tesi che fu immediatamentepubblicata da Pucci Cipriani, editore controrivo-luzionario in Firenze) è, infatti, l’esponente dipunta della scuola di pensiero, costituita da catto-lici intransigenti per la difesa e la restaurazionedel diritto naturale, oggi tenuto sotto schiaffo daitestimoni cadaverici dei sogni mummificati dallachiacchiera laica intorno alla giustizia democra-tica e progressiva.Castellano rammenta, infatti, che “La polemica di

De Corte è costruttiva sua perché ha per presuppostola metafisica della realtà sia perché è propriamente unadenuncia delle assurdità della Modernità”. E puntual-mente cita i più vistosi controsensi: “La storia nonha, infatti, una direzione obbligata (la libertà dell’uomosarebbe, in questo caso, un flatus vocis) l’evoluzionismo

è una credenza ingenua (l’uomo, per esempio, continua adessere uomo perché nato dall’uomo), la scienza non puòavere per oggetto il proprio metodo anche se proposto e

usato con rigore (la logica, infatti, non è fondativa ma di-mostrativa) la filosofia non è un esercizio intellettuale maapprensione di ciò che è in conformità alla sua essenza e alsuo fine”. Castellano osa aggredire il feticcio della sovranità po-polare, un prodotto della elucubrazione irrealistica,che capovolge le verità stabilite dal senso comune eimpone leggi conformi all’assolutismo democratico:“L’elaborazione inflazionata di teorie sulla e della giustizianel nostro tempo rappresenta la prova della riduzione dellagiustizia a strumento usato contro la vera giustizia.Spesso, infatti, la giustizia ai nostri tempi è usata controla giustizia, perché anziché essere cercata e individuataviene invocata ed elaborata sulla base e per l’applicazionedi una teoria”.In anni avvelenati dalle ideologia a trazione sogget-tivistica, De Corte ha osato rivendicare i principi delrealismo filosofico. Ha stabilito, infatti, che “la societàreale non si fonda sulle decisioni di chi ne fa parte, ma surealtà oggettive e fisiche che sono loro comuni, anteriorialle loro rispettive volontà che, volenti o nolenti, devonoregolarsi su queste realtà”.

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La lezione di Marcel De CorteL’ideologia giustizialista contro la vera giustizia

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Di qui la puntuale e dra-stica confutazione delleideologie che fondano ildiritto sulla volontà esulle passioni dei singoli:“La giustizia istituisce trauomo e uomo una relazionesociale caratterizzata dauna realtà per se stessa in-dipendente dalle passioni,sempre soggettive”. Fonte della legge non è ildesiderio del soggettofantasticante ma la so-cietà naturale, la fami-glia, da cui il singolodipende: “La società realenon si fonda sulle decisionidi chi ne fa parte, ma su re-altà oggettive e fisiche chesono loro comuni, anteriorialle loro rispettive volontàche, volenti o nolenti, de-vono regolarsi su queste realtà“.Separate dal loro naturale fondamento, le società ispi-rate alle ideologie sono pseudo-comunità, “entitàprive di esistenza reale i cui spettri dissimulano, per coloroche le immaginano, l’esistenza terribilmente reale, mainavvertita delle loro vittime, di protesi più vive in appa-renza, ma più costrittive quanto alle relazioni naturali congli altri nelle varie società cui apparteniamo“.La società fondata dall’ideologia promuove la guerracontro la legge naturale ossia l’eversione e la disso-luzione della famiglia, onde l’imposizione di leggi in-fami e grottesche a vantaggio dell’infedeltàconiugale, della sterilità, della rivolta dei figli. De Corte annuncia il destino di una società fondatada utopisti e demagoghi sul rifiuto di obbedire allalegge naturale: “la rivoluzione distruttrice di tutte le as-sise sociali naturali arriva rapidamente al suo apogeo, ladissocietà lascia il posto ad una ricostruzione della vita se-condo lo schema ideologico; questa società nuova, privatadei suoi fondamenti di giustizia, può stare in equilibrio solograzie a ciò che Nietzsche definì i ganci d’acciaio di unoStato senza società”.Il fantasma della sovranità popolare abolisce la fami-glia per istituire una società dominata da deformicontrofigure dei genitori. Generata dalla dissocietà moderna, la democrazia as-soluta si rovescia in oligarchia e mette in scena i pro-motori dell’infelicità generale: il banchierevampiresco, il parassita politicante, topo nel formag-gio, il gabelliere sadico, il ministro sproloquiante, ilpubblico ministero fustigante, il giornalista comi-ziante arroventato, la meretrice filosofante, l’assi-

stente sociale disso-ciante, la levatricemortuaria, lo psichia-tra sfrenante, il pede-rasta etico, il teologoateo. Il rito del suffragiouniversale uguale pertutti è una parentesi:“Non c’è uguaglianzatra il popolo e i suoi rap-presentanti e ministri.Non c’è uguaglianzatra la maggioranza e laminoranza. La demo-crazia è in realtà unaaristocrazia camuffata.... Sotto il presuntoregno del Numero edella Massa si nascondeil potere di un’oligar-chia in cui si combi-nano, in misura

variabile, la potenza del Denaro e quella del Sofisma, chehanno per scopo di far prendere ai cittadini imbrogliati luc-ciole per lanterne“.De Corte sostiene appunto che la democrazia mo-derna prospera su un ordine sociale alterato dallafalsa giustizia: “La rivoluzione conserva come una mum-mia la pseudo-società da essa generata”. In ultima analisi, si dimostra la vanità e la sterilitàdella politica nutrita dall’illusione di restaurare l’or-dine usando gli strumenti consegnati dal potere de-mocratico e rinunciando all’azione intesa allabonifica del pensiero moderno. L’ordine sociale, infatti, può essere restaurato solodalla politica al seguito dell’azione propriamente mis-sionaria svolta da una società di pensiero cristiana-mente ispirata e culturalmente attrezzata e perciòcapace di contrastare efficacemente il Sofisma. Già esistente ma divisa da infantili gelosie, tale so-cietà dovrebbe aderire alle ragioni dell’unità ed agire,per quanto oggi possibile, imitando l’esempio deimissionari che hanno convertito l’Europa pagana.Le cocenti delusioni procurate dai reiterati e umiliantifallimenti della destra italiana dimostrano, ad ognimodo, l’illusorietà della politica pura, cioè priva delsostegno di un adeguato pensiero. La lettura del testo decorteiani è pertanto suggeritaal vasto popolo dei delusi in sosta dolente nel desertoprodotto dai discepoli politicanti di Plebe e dai suc-cessori di Gaucci. Un vuoto desolante, che solo la fe-deltà al diritto naturale e alla sua fonte religiosapotrebbe finalmente colmare.

Piero Vassallo

Vintila Horia

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Mai come in questo periodo la politica dicedi essersi occupata dei giovani. Eppuremai come in questo periodo i giovani si

sono trovati a fare i conti con una situazione diffici-lissima, al punto da renderli seriamente dubitosisull’elemento essenziale che li dovrebbe distinguere:la fiducia nel futuro. Negli anni che hanno prece-duto la crisi globale, tra il 2000 e il 2007, in Italia iltasso di occupazione è sceso di oltre 5 punti, ben piùdella media europea: si calcola che siano circa 2 mi-lioni coloro che restano fuori sia dall’occupazioneche dai processi di istruzione e formazione. È arri-vato il momento di sradicare dalle sue radici, questeretrogradi ideolo-gie politiche: De-stra, sinistra, e terzopolo, hanno solocreato svariati par-titi che spessohanno aiutato lepersone a distin-guersi, ma ancorpiù spesso a con-fondersi. Ecco per-ché dobbiamoestirpare, questivecchi concetti diuna politica com-pletamente rivoltaalla scena interna-zionale, più che na-zionale. Che haabbandonato il po-polo italiano. Laclasse politica hacome priorità le proprie ambizioni: Jet privati, autoblu con autista a loro completa disposizione; inden-nità parlamentare, diaria, tessere per circolare gra-tuitamente in autostrada, e in ferrovia, viaggimarittimi ed aerei, 3000€ l’anno per le spese telefo-niche, per l’assistenza sanitaria, sempre gratuita; as-segno del vitalizio ed assegno di fine mandato.Tutto questo va sommato, naturalmente, ai loro sti-pendi, che sono i più alti rispetto ai parlamentari ditutt’Europa. E queste loro priorità non si fermanoneanche davanti a all’ondata di suicidi legata allacrisi creata dagli speculatori della finanza interna-zionale; suicidi che avvengono nelle modalità piùsvariate e che non accennano a fermarsi, con il “col-pevole” silenzio dei mezzi d’informazione, servizie-voli ed ossequiosi, sempre, verso una classedirigente sempre più corrotta fino alla perversione.Sono oltre 1000 i suicidi per causa di debiti, tra il2011 e il 2012. Qualcuno s’è dato fuoco davanti alla

sede d’Equitalia. Impiccagioni, accoltellamenti,morti procurate con armi da fuoco e persino… neipressi del santuario di Pompei… Perdonate la miamancanza di tatto, ma il mio, è un invito, un invitoad interessarvi alle vicende politiche, si perché chigonfia il petto e (pretenderebbe) con orgoglio af-ferma: “a me la politica non interessa”, non sa che ilprezzo delle assicurazioni dipendono dalla politica,il prezzo del bollo, della benzina, delle multe prete-stuose che riceve, il prezzo del pane, della pasta,della frutta… tutto dipende dalla politica: l’istru-zione e l’intera attività scolastica, il lavoro, il prezzocon qualsiasi mezzo ci spostiamo; la politica decide

il tipo di monetada adottare… Inparole povere,tutto ciò che ci èconcesso e chenon ci è concessofare, lo decide lapolitica, e quindinon interessarsidella politicavuol dire non in-teressarsi del no-stro futuro, deinostri diritti,della nostra li-bertà di vivereuna vita digni-tosa. Anche sequalcuno dirà “beh male che va,se vado in banca-rotta vado a

Montecitorio e li ammazzo tutti”. Magari… In ognicaso senza uno studio che ti permetta di conoscerequale tipo di economia è giusta per l’Italia, anche ciòdiventerebbe inutile, perché ne conseguirebberoaltri che farebbero la stessa cosa dei precedenti. Come ventenne e come tutti gli altri ventenni, moltoprobabilmente, stando al passo dell’attuale andazzoitaliano so di non avere un futuro… naturalmentecontinuerò a chiederlo, però, anzi, se permettete, apretenderlo.Cominciate a pretenderlo anche voi! Cominciate conl’andare presso il vostro comune di residenza e chie-dete di voler firmare la petizione contro l’indennitàparlamentare! I media non ne parlano, perché i gior-nali ed i telegiornali ricevono finanziamenti pubblici,quindi essendo strettamente legati ai “politicanti” nonfaranno o non diranno mai cose che ai politicanti nonpiacciono.

Salvatore Pagano

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È la politica ad interessarsi di voi

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“I dati diffusi ultimamente dall’Istat, che vedono ladisoccupazione giovanile attestarsi al livello recorddel 36,2 per cento sono decisamente allarmanti. Lo

diventano ancora di più, in considerazione che una re-centissima indagine Unioncamere ha sottolineato che sulmercato ci sono ben 124mila opportunità occupazionalianche in settori professionali di solida tradizione e note-vole qualificazione, quali elettricisti e meccanici, disegna-tori industriali e carrozzieri, falegnami e parrucchieri,estetisti, tappezzieri e via elencando che nessuno intra-prende. Colpa della dequalificazione dei nostri Istitutiprofessionali, ma anche del nostro continuo guardare inalto, senza mai abbassare gli occhi. Anche a costo d’in-ciampare”. Così Luciano Schifone, consigliere regio-nale del gruppo Pdl e Presidente del TavoloRegionale del Partenariato Economico e sociale haesordito nell’aprire i lavori del convegno “Il lavoro:bene comune ed interesse nazionale. Dalla parte di im-prenditori e lavoratori contro la speculazione finanzia-ria”, organizzato dall’Associazione culturale “La

Contea” presso la Cameradi Commercio di Napoli.Vi hanno partecipato ilvice presidente della Ca-mera di Commercio, Ales-sandro Limatola,l’assessore regionale alLavoro, Severino Nappi, il

Presidente della Provincia di Napoli, Luigi Cesaro,l’Assessore Provinciale, Marilù Galdieri, il delegatodell’Unione Industriale di Napoli, Il rappresentanteCisl Campania, Lucà, l’ex ministro al Welfare, Mau-rizio Sacconi, ed il sindaco di Roma, Gianni Ale-manno.“Questa riforma ha accettato il presupposto degli op-positori della legge Biagi che ho avuto l’onore di ac-compagnare ad approvazione”- ha dichiaratoSacconi- “Quel pregiudizio- ha proseguito - secondocui le tipologie contrattuali flessibili sarebbero causadi comportamenti patologici dei datori di lavoro,pronti a accogliere ogni opportunità regolatoria perabusarne in danno dei lavoratori”. Secondo Sacconi“le patologie di pochi hanno indotto oneri, vincoli edadempimenti per tutti. “Attendavamo da vent’anni la riforma del lavoro, maquella che ci è stata proposta non è di certo ciò di cuil’Italia aveva bisogno- ha sottolineato il sindaco di

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Il lavoro bene comune: se n’è discusso a Napoli

Luciano Schifone e Maurizio Sacconi

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Roma ed ex ministro, Gianni Alemanno, che ha poichiesto al Governo “di attuare immediati provvedi-menti per definire un piano strategico per l’occupazionegiovanile che incentivi le forme di auto imprenditorialitàche possano moltiplicare le opportunità del lavoro dellenuove generazioni. Ciò richiede facilitazioni, supportomanageriale e finanziario nell’avvio dell’attività. Inoltreè altresì importante rifinanziare il servizio Civile nazio-nale proprio al fine di favorire l’inserimento lavorativodei giovani”.A concludere i lavori è stato ancora Luciano Schi-fone, che ha sottolineato l’importanza del costo dellavoro nel nostro Paese e ciò che questa riforma nonprevede ovvero la riduzione di tale costo. Schifoneha sottolineato l’incidenza del divario tra ciò che illavoratore porta a casa come stipendio ed il costo chel’imprenditore sostiene realmente. Questo divario,negli ultimi dieci anni, in Italia è cresciuto del 15-20%, molto di più di quanto non sia successo in Ger-mania, dove questa crescita si è fermata attorno al10. Ciò rappresenta uno dei maggiori ostacoli allacrescita della competitività internazionale delle no-stre aziende e si trasforma in un vero e proprioblocco, per l’allargamento della nostra base occupa-zionale.

Mimmo Della Corte

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Luigi Cesaro

Gianni Alemanno e Luciano Schifone

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Le prime avvisaglie della crisi si avvertirononel 2007, e siamo già nel 2012 avanzato: cin-que anni, nessuna soluzione. Non l’hanno

trovata i professoroni di economia, non l’hanno tro-vata i politicanti, non l’hanno trovata i professoronidivenuti politicanti o i politicanti che si atteggianoa professoroni. Non l’hanno trovata e non la trove-ranno mai semplicemente perché non c’è e non cipuò essere se non dove non possono cercarla: fuoridel sistema.Quando un sistema entra in crisi, tutti i cointeressatisi avviano al disastro convinti che disastro non sia,che ci sia sempre una soluzione, un colpo di fortuna,un modo per cavarsela, ma sempre e solo nel sistema.Esempio un milione di volte più grande dell’italiettae dell’europetta, ma significativo, l’Impero Romano:tutti pensavano che si salvava tutto levando l’impe-ratore Tizio e mettendo Sempronio, e nessuno volleprendere atto che il sistema era condannato da debo-lezze strutturali profonde. Così gli eurocrati e passa-carte e teoretici del 2012 si affannano a cercareespedienti per lo spread o il debito o il risparmio detto

misteriosamente spendingreview (forse nell’illusioneche in inglese faccia menomale) o l’euro di carta; enessuno osa ammettere cheil sistema non funziona in-trinsecamente, e non ci sonogiochini che lo possano ri-mettere in piedi. Ma cos’è ilsistema? Un sistema sono,in genere forze contrappo-ste che si sostengono a vi-cenda, simul stabunt, simulcadent: qui, partiti sindacatifinanzieri burocrazie loggemafie eccetera che ognitanto magari litigano o fin-gono di litigare, ma nella so-stanza non possono fare ameno uno dell’altro. L’Eu-ropa Occidentale ha poi unasua natura particolare, che,per capirci, chiamiamol’ideologia piccolo borghesefondata sull’edonismo più

banale e infantile. Uscita o ufficialmente (Germaniae Italia) o sostanzialmente sconfitta dalla guerra 1939-45 (Francia e G. Bretagna); dismessi senza logica esenza onore i domini coloniali; colta da improvvisobenessere per effetto di un rapido sviluppo tecnolo-gico; priva di ogni ideale o persino ideologia, questaEuropa si è ridotta alla ricerca della felicità sottoforma prima del necessario (di cui per millenni nonera mai certo quasi nessuno); poi dell’utile; poi delpiacevole; poi del superfluo; poi dell’inutile; infine,per noia, del dannoso. E siccome, insegna K. Lorenz,il mondo moderno è ipersensibile al dolore e iposen-sibile al piacere, tutti evitano ogni sia pur vaga formadi patimento e fatica, e tendono ad aumentare le vereo immaginate forme di gratificazione. I governi e ilsupergoverno di Bruxelles a loro volta stanno almondo e giustificano la propria esistenza solo accon-tentando a piene mani esigenze e capricci dei loroelettori: anzi, suscitandole, incoraggiandole. In man-canza assoluta di poesia, idee, miti, fedi, i piccolis-simo borghesi hanno solo questo scopo, procurarsiqualche banale piacere. Prendete il cinema, la lette-

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Pannicelli caldi

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ratura: maschietti fissati d’amore come a stento unavolta si sarebbe tollerato da ragazzine poco istruite;e angosce improbabili in poeti dalla faccia di impie-gati del Catasto. E una culturella scolastica mista traottimismo e depressione viene gabellata per umane-simo.È conseguenza quasi ovvia quella che, già teorizzatanegli anni 1970 come “società di servizi”, è l’utopiache non sia può necessario lavorare e produrre, etutto il problema sia nel distribuire una ricchezza che,sempre secondo l’utopia, sta nascosta da qualcheparte per colpa di malvagi. Se il Vaticano donasse aipoveri tutti i suoi tesori… Detto così, pare bello e fa-cile, ma accadrebbe solo che la Pietà, pagata centodollari per eccesso di offerta, finirebbe sopra la pi-scina di un neomilardario cinese! L’economia, come ogni altra opera umana e terrena,è terrena e umana, e non può essere trattata secondosogni. Sogni di sinistra e cattocomunisti… o sogni na-zionalpopolari, non meno campati in aria. L’econo-mia (“governo della casa”) è produrre dei beni e

consentirne l’uso alla massima parte possibile dellapopolazione; mai gratis, ovviamente, sempre e soloin cambio di qualche prestazione d’opera. Per como-dità, le diverse intermediazioni di lavoro e beni de-vono essere rappresentate da monete; se queste sono

di valore intrinseco, si autoregolano; se sono cartacee,costituiscono un problema politico: chi le emette, chine controlla la circolazione, chi stabilisce i prezzi. Se questo è il sistema e questi sono i suoi mali, la so-luzione non può essere nel sistema, ma del sistema econtro il sistema. E qui immagino tutte le velleità, leutopie, i miti, le frasi fatte di grand’effetto e nessuncontenuto! Non ce ne servono, e meno che meno iovoglio cavarmela con sogni consolatori di improba-bili palingenesi cosmiche. Le soluzioni fuori del sistema? Ci vorrebbe un granlibro, ma contentiamoci di queste poche parole: - re-cupero dei valori della tradizione, ma rifiuto di ognifurbastro conservatorismo; - rivoluzione culturaleper respingere l’abbietta mentalità ufficiale piccoloborghese; - uso della scienza e della tecnologia a van-taggio delle esigenze della vita spirituale ed econo-mica del popolo, giovi o no a qualcuno in particolare;- riaffermazione della nobiltà del lavoro e della vitaattiva in generale; - doveri in cambio dei diritti; - in-tervento, senza dirigismo, dello Stato nell’economia;

- primato del neces-sario, anche in as-senza di guadagnoimmediato; - valoredella moneta e suaproprietà nazionale;- indipendenza na-zionale; - Europaconfederazione po-litica; - rappresen-tanza responsabiledei territori e dellecorporazioni.

A bene vedere,ognuna di questeproposizioni si op-pone radicalmente aqualche elementoportante del sistemae al sistema nel suocomplesso. E, a miomodesto avviso,nessuna è retta daqualche onirica epiacevole utopia. Ètutto possibile ed ef-fettuale: solo nonpossiamo mica spe-rare che ci lascino

fare senza combattere: il sistema è sbagliato, però èfortissimo, almeno nell’immediato.

Ulderico Nisticò

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Le profezie degli euroscettici sembrano essersiavverate. Nel disastroso scenario di un’Eu-ropa che rischia di perdere gli anelli più de-

boli della catena, mentre i paesi che ne hannocondotto fattivamente la politica per anni impon-gono dure linee di austerity per salvare l’Unione;mentre anche l’uso della moneta unica è messo alvaglio attraverso referendum ad Atene, pochi sem-brano comprendere che, se non imposta una dra-stica svolta, soprattutto d’indirizzo geopolitico, ilVecchio Continente rischia di perdere definitiva-mente ogni seppur minima speranza di rivalsa, direintroduzione del proprio interesse sullo scenariointernazionale.Una delle critiche da sempre rivolte al progetto eu-ropeo era quello di aver creato sì un’area di commer-cio comune, ma di non aver incentivato una politicacondivisa e, diremmo noi, una vera e propria integra-zione strategica. È conclamato che la politica degli ul-timi anni ha dimostrato quanto le pedine delloscacchiere europeo portassero avanti i propri inte-

ressi specifici, al di là di una legit-tima prospettiva di svilupponazionale, addirittura in un’otticadi competizione inter-regionale. Sequesto non bastasse, una pessimapolitica economica ha reso la BancaEuropea così distante dalle esi-genze dei singoli membri, che glistessi arrivavano ai suoi prestitisolo attraverso istituti bancari in-termediari, favorendo l’incrementoesponenziale del debito. L’Europaunita, per come la si è conosciuta, èrisultata essere una hobbesianaguerra di tutti contro tutti o, per es-sere più eufemistici, quel grandemercato per il quale era stata pro-gettata. L’Europa, insomma, è(ri)nata dalle ceneri del secondoconflitto mondiale sotto il nume tu-telare del liberoscambismo e sottol’egida del Patto Atlantico. Non sidice nulla di nuovo nell’obbiettareche, per padrini di questo tipo, con-siderati la buona fetta del macro-continente che l’Europacomprende e lo sbocco al marecome balcone sul Mediterraneo, ilcontrollo dell’Europa è essenziale

per arginare la politica dell’Est del mondo e per con-trollare Africa e Medio Oriente. A dispetto di chi oggiparla di Magna Europa come sfera d’influenza cultu-rale che comprende il Vecchio Continente e tutte leAmeriche, possiamo parlare piuttosto di GrandeAtlantico, esteso dalle coste est del Pacifico alla Polo-nia. L’Europa, più o meno dichiaratamente, è inseritain un ideale commonwealth statunitense.La crisi che il mondo sta pagando e che si è riversatasui mercati internazionali è a tutti gli effetti la crisi diun singolo paese: nascendo nel 2008 negli Stati Uniti,essa ha infettato la finanza europea. Ma ancor piùessa rappresenta la crisi di un sistema economico. Gliscenari di sfiducia collettiva nella finanza e nei mer-cati sono di portata epocale. Se la crisi ci ha offertoun’opportunità, questa è quella di ripensare l’econo-mia globale, a partire da quei paesi che non solo allacrisi hanno retto, ma che stanno operando quel ne-cessario processo di overcoming (non solamente eco-nomico, quant’anche di sviluppo tecnico, sociale e –ne siamo convinti – ideologico) dell’Occidente per

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Quale futuro per l’Europa?

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come lo conosciamo oggi: quel Grande Atlantico alquale abbiamo già fatto riferimento.La domanda necessaria da porsi, ora, è questa: qualefuturo per l’Europa? Finché essa rimarrà confinatanelle sfera d’influenza atlantica, l’unica prospettivache le si impone è il declino. Il futuro che essa sta co-struendosi è quello del tramonto necessario. Eppure,lo sbocco mediterraneo le permetterebbe di ricoprirela propria funzione di mediatrice e polo di riferi-mento per gli altri paesi che vi si affacciano, consoli-dando lo spazio Eurafricano nella direttrice dicomune sviluppo regionale ed intesa con i paesidell’Africa Centrale ora in stretti rapporti con la Cina;a nord-est essa assumerebbe la funzione di ponteverso il polo Eurasiatico, riconfermando le politicheenergetiche che alcuni paesi Europei stavano por-

tando avanti. Paesi come l’Ungheria si sono fatti pro-motori di questo tipo di politica, confermando ottimirapporti diplomatici con la Russia e commerciali conla Cina. MOL, la compagnia energetica nazionale ma-giara, ha ultimamente posto il proprio veto sul pro-getto del gasdotto Nabucco, volto ad aggirare laRussia e tagliarla fuori dal mercato dell’energia Eu-ropeo. Ultimo e più importante passo diviene l’im-portanza di relazionarsi apertamente con organismiintergovernativi come l’Organizzazione di Shangaiper la Cooperazione, e tavoli di discussione interna-zionali indetti dai BRICS.Sebbene questa possa essere considerata un’opzionefra tante, in realtà non lo è. Il multipolarismo non èdi là da venire: il multipolarismo è già.

Orazio Maria Gnerre

Aleksandr Dugin (nella foto) ha incontrato estretto rapporti, a nome del Movimento In-ternazionale Eurasiatista, con la compagine

politica turca İşçi Partisi (Partito dei Lavoratori) econ il suo segretario Doğu Perinçek. Il partito poneuna linea di salvaguardia degli interessi nazionali,specialmente sulla questione cipriota (per la quale

ha trovato appoggio già prece-dentemente nelle posizioni diDugin) e la sua importanza, piùche per i suoi risultati elettorali,è tale perché esso trae il suo ap-poggio da membri dell’esercito,dalla burocrazia e dal mondoaccademico. Altri punti fonda-mentali dell’orientamento delpartito sono l’affiancamento dioperai e contadini nelle loroproteste e l’opposizione all’in-gerenza atlantica nella politicaturca, alla politica egemonicastatunitense ed al modello occi-dentale di globalizzazione sfre-nata. Il partito, staccatosi dalPartito Socialista, è stato fon-dato nel 1992 dallo stesso Perin-çek, precedentemente a capo delTürkiye İhtilalcı İşçi ve Köylü Par-tisi (Partito degli operai rivolu-zionari e degli agricoltori dellaTurchia), ed ancor prima leaderdegli studenti maoisti. I rapporticon Dugin sono stati stretti inun’ottica di mutua opposizione

agli interessi degli Stati Uniti sulla Turchia,porta d’accesso all’heartland eurasiatico, e sullecomuni basi del “subordinare l’individuo alla col-

lettività e non poter immaginare qualcosa di più orribiledi una Turchia culturalmente eterogenea”.

Orazio Maria Gnerre

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Aleksandr Dugin in Turchia

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Dal momento in cui le elezioni amministra-tive hanno presentato il conto alla scellera-tezza, alla corruzione, all’incapacità dei

partiti, sancendo in maniera concreta la disaffe-zione dell’elettorato verso le logiche clientelari dellestrutture partitiche, ci si interroga se i risultati delleurne possano essere replicati tra un anno su scalanazionale. L’avvento ed il successo del movimentocinque stelle di Beppe Grillo è stato salutato dai piùcome un momento di liberazione da tutti gli aspettie le logiche che sostengono un sistema corrotto efallimentare che ha condotto, insieme a mille con-cause, il Paese sull’orlo del baratro. Dalle pagine diquesto giornale avevamo scritto in tempi non so-

spetti, circa tre anni orsono, un articolo in cuiesortavamo gli elettori al cambiamento corag-gioso, alla presa di coscienza del marciume im-perante sia a destra sia a sinistra del panoramapolitico italiano. Questo dovrebbe accreditarciagli occhi del lettore come strenui fautori delpicconamento dei granitici tentacoli che daRoma hanno soffocato lo sviluppo e la credibi-lità dell’Italia. Ciononostante riteniamo che igrillini non possano rappresentare la vera alter-nativa alla guida del Paese per una serie di mo-tivi che andiamo ad elencare.Il primo, assolutamente il più importante, risiedenell’attuale legge elettorale che non consentel’espressione della preferenza diretta del candi-dato che in tal modo soggiace, gioco forza, alle re-gole del partito fondate sulle politiche di lista.Tanto per essere chiari, al momento non posso vo-tare un candidato che ritengo valido senza con ciòfavorire i capi lista del partito per il quale è can-didato. Ciò significa che su scala nazionale sa-remo costretti a sostenere obtorto collo ipoliticanti di mestiere, i professionisti della pol-trona, che hanno già largamente dato prova dellaloro inettitudine e disonestà. Fondamentale èdunque il varo di una nuova legge elettorale chepermetta un rapporto diretto tra l’elettorato attivoe passivo con la mediazione puramente organiz-zativa e non fuorviante dei partiti. Dal momentoche tale cambiamento andrebbe in direzione dia-metralmente opposta agli interessi partitici, nu-triamo seri dubbi che il Parlamento possaapprovare una riforma seria se non sollecitatodalla protesta popolare che però appare latitante

come troppo spesso accade in Italia. I lanciatori dimonetine il giorno in cui il Cavaliere si dimise, gli in-dignados della prima ora, sono assenti proprio

quando il movimento popolare dovrebbe indirizzareil governo tecnico verso i cambiamenti necessari alPaese.La seconda ragione, connessa a filo doppio allaprima, risiede nello scotto organizzativo che i movi-menti popolari devono pagare ai partiti da cinquan-t’anni radicati sul territorio, capaci di movimentareattraverso i loro attivisti migliaia di voti in una sortadi deleteria catena di sant’Antonio votata, è il caso didirlo, al clientelismo più sfacciato. Tale gap è statoevitato nelle elezioni amministrative grazie alla di-

Perchè il Movimento cinque stelle non è la soluzione

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mensione territoriale più contenuta ma non bisognailludersi che i lusinghieri risultati ottenuti a Parma ea Genova possano rappresentare un momento di rot-tura se proiettati su scala nazionale.Il terzo motivo è connesso alla stessa essenza dei mo-vimenti popolari che troppo spesso diventano popu-listi e, pertanto, sterili ed incapaci di governare. Ilpopulismo dell’opposizione, incarnato nella fattispe-cie dal sentimento antipolitico, è molto più sempliceda proporre, gestire ed agitare rispetto alle responsa-bilità di governo come bene sa la Sinistra italiana. Levicende della giunta comunale di Parma sono laprova provata di questo scotto da pagare nei con-fronti dei professionisti della politica da parte di neo-fiti in gran parte sprovveduti. Questo sottolineaanche un altro paradosso ed una deriva pericolosadei movimentip o p o l a r i ,quello checonfonde lar a p p r e s e n -tanza popo-lare conl’azione di go-verno diretta.Le conoscenzetecniche, eco-nomiche, giu-ridiche di unCapo di Go-verno, allequali si devesommare lacompless i tàdell’equità po-litica, nonsono nem-meno lontana-m e n t eimmaginabilid a l l ’ u o m odella strada e che si candida come espressione delmovimento popolare. La candidatura spontanea puòessere valida in piccole realtà comunali, sottoline-iamo l’aggettivo piccole, ma su scala nazionale i mo-vimenti popolari devono selezionare candidatiplausibili e presentabili.Una quarta riflessione concerne uno scenario già de-lineatosi anni addietro, con la creazione di Forza Ita-lia all’indomani di Mani Pulite. Una volta smantellatala Prima Repubblica si pensò che le logiche partitichepotessero venir meno, grazie anche all’avvento sullascena politica nostrana di un predicatore ante litte-ram che rispondeva al nome di Silvio Berlusconi. IlCavaliere fece, illo tempore, ciò che Grillo si propone

di fare adesso: usando un nuovo linguaggio e nuovetecnologie (la televisione per l’uno ed i social networkper l’altro) smantellare lo status quo del panoramapolitico nazionale (il PCI per l’uno, tutti i partiti perl’altro). Ricordiamo che Forza Italia agli albori dellasua avventura non si prefigurava come un partito po-litico ma come un movimento popolare e la compo-sizione del primo Governo Berlusconi ben riflettequest’apoliticità, salvo poi doversi affidare ai profes-sionisti della politica per la gestione del potere con laconseguente deriva verso un partito caravan serra-glio. Riuscirà Grillo a contenere questa deriva, e so-prattutto come potrà gestire un movimento che fadella spontaneità e pertanto della pariteticità e delladestrutturazione la sua anima principale? Sarà neces-sario dotarsi di quegli organi collegiali che virano

verso la tipologia di un partito con conseguente tes-seramento, elezioni del presidente e quant’altro? Nu-triamo seri dubbi che tale movimento riuscirà,qualora dovesse raggiungere una rappresentanza inParlamento, a sottrarsi alle logiche che permettono aipartiti di sopravvivere insieme alle mille aberrazionidegli stessi.La nostra speranza e che nuovi movimenti formati daprofessionisti dello Stato, da chi già gestisce la cosapubblica, e dalle eccellenze della nuova imprendito-ria, possano impegnarsi nella vita politica del Paeserappresentando un’alternativa sia alla vecchia poli-tica quanto alla puerile demagogia.

Mario Masdea

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Tra i pilastri della politica comunitaria, lo sap-piamo da tempo ormai, quello dei fondi strut-turali rappresenta il programma

maggiormente concreto e diretto per il sostegno diiniziative in materia di energia, ricerca, innovazione,telecomunicazioni e Piccole e Medie Imprese. Lostrumento: investimenti finanziari strategici volti alsostegno e sviluppo, in ogni Stato membro, di pro-getti rientranti nei settori evidenziati. La Commis-sione ITRE (Industria, Ricerca, Energia) riserva, perquesto, un’attenzione del tutto particolare allo stru-mento dei Fondi Strutturali soprattutto per ciò checoncerne la definizione delle priorità d’investimentocon cui tali finanziamenti sono erogati. Il primopunto da tener presente è la politica di coesione2014/2020 dell’Unione Europea, il secondo ri-guarda il coordinamento degli obiettivi con gli altriprogrammi comunitari come Orizzonte 2020 (in viadi approvazione definitiva), CEF, COSME. Ne sonoconvinti l’Onorevole Patrizia Toia e l’On. Aldo Patri-

ciello, relatore la prima e relatore ombra il secondodel progetto di parere, presentato in CommissioneITRE e destinato alla Commissione per lo SviluppoRegionale (REGI) competente per merito, con cuivengono precisati gli obiettivi e le priorità di investi-mento tramite la presentazione di diversi emenda-menti alle disposizioni comuni in materia e alregolamento sul FERS e sul fondo di coesione. In-somma disposizioni che, tenendo ben presente ilquadro di orientamenti e regole che sono comuni atutti i fondi della politica regionale, tendono allamassima valorizzazione delle sinergie tra i diversiprogrammi. “Siamo tutti consapevoli dell’importanzache i fondi strutturali rivestono nella realizzazionedegli obiettivi politici dell’Unione Europea; – affermal’On. Aldo Patriciello – soprattutto in un contesto dicrisi economica come quello che stiamo attraver-sando è inevitabile lavorare sinergicamente al finedi ottimizzare in modo efficace le poche risorse di-sponibili garantendo l’efficienza e la semplificazione

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Un si alla corretta definizione degli obbiettivi

della Commissione ITRE

L’Europarlamentare Aldo Patriciello

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dei diversi strumenti normativi previsti e assicu-rando al contempo una maggiore attenzione ai ri-sultati. È per tale ragione che apprezzol’orientamento della collega Toia nel sottolineare dicontinuo la necessità di coordinare gli investimentifinanziati dei fondi strutturali con gli altri programmiUE, Horizon 2020 in primis. A tal riguardo reputofondamentale, come evidenziato nel progetto di pa-rere, avere un elenco on-line di proposte relative aprogetti ritenuti validi dal punto di vista scientificoma non adeguatamente finanziati da altri pro-grammi comunitari. Pertanto una regione potrebbeinserire nel proprio programma operativo una pro-posta di progetto che reputa interessante e funzio-nale alla propria crescita oltre che rispondente agliobiettivi fissati dall’UE. Credo sia lungimirantecreare questo ‘percorso verso l’eccellenza’ teso aridurre il gap esistente tra i programmi regionali equelli direttamente finanziati dell’UE spingendo

anche a livello regionale sulla creazione di clustersche possano moltiplicare il potenziale di ciascun ter-ritorio in materia di ricerca, sviluppo e innovazione.A questo proposito accolgo con particolare favorel’idea della relatrice Toia di sviluppare un capitale

umano altamente qualificato la cui formazione dialta specializzazione può crescere grazie ai pro-grammi di mobilità dei ricercatori nei centri di eccel-lenza”. L’imprenditoria, quella piccola e media,risulta essere tra i settori più toccati dai finanzia-menti comunitari proprio nell’ottica di un sostegnoalla crescita dei singoli Stati e quindi dell’Europa in-tera. Nonostante ciò nel progetto di parere si evi-denzia che anche le grandi imprese svolgono unruolo strutturale rilevante nel potenziamento dellacompetitività economica di un Paese in quanto in-terlocutori nello sviluppo di distretti industriali e perquesto si evidenzia come, in linea con il progettofaro “Una politica industriale per l’era della globaliz-zazione”, occorre mantenere la possibilità di soste-nere anche le grandi imprese. “Il progetto di parere– continua Patriciello – richiede di mettere a dispo-sizione capitali e altri strumenti finanziari ad appan-naggio di nuove imprese, soprattutto per coloro che

vogliono realizzare aziende ad alta densitàdi conoscenza. In particolare mi associo allaposizione dell’On. Toia nel richiedere unamaggiore flessibilità da concedere alle re-gioni al fine di raggiungere livelli di eccel-lenza in tutti i settori che possono essereforieri di crescita, sviluppo e competitività”.Il progetto di parere non trascura nemmenola cooperazione e un dialogo costante contutti gli organi interessanti, comunitari e re-gionali, competenti per l’attuazione dei fondie per la verifica delle cosiddette “condizio-nalità” del singolo progetto di sviluppo che,prevedendo un meccanismo sanzionatorio,devono essere strettamente connesse al-l’attuazione della politica di coesione e col-legate agli obiettivi dei programmi operativi.La soddisfazione della condizionalità vienevalutata ex ante e la sua mancanza costi-tuisce motivo di sospensione dei pagamentida parte della Commissione. Inoltre nel con-tratto di partenariato che verrà stipulato perogni progetto i relatori hanno richiesto di farspecificare chiaramente la ripartizione di re-sponsabilità nell’implementazione del mec-canismo tra Commissione europea, Statomembro e autorità di gestione. Il progetto diparere è stato adottato dalla CommissioneITRE con 45 voti a favore, 2 contrari e 8astensioni. Il passo successivo sarà l’imple-mentazione del progetto di parere nel testo

elaborato dalla Commissione REGI che ha la tito-larità del rapporto in materia dove sarà votato,molto verosimilmente, a settembre per poi esseresottoposto al voto in Plenaria.

C. G.

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Il reflusso gastro-esofageo è una patologianon dovuta a un eccesso di acido nello sto-maco, come si ritiene comunemente, ma ad

uno stato in cui l’acido esce dallo stomaco, doveinvece dovrebbe restare.Tra lo stomaco e l’intestino tenue, esiste una val-vola che si chiama valvola pilorica: quandol’acido dello stomaco va oltre la valvola a causadella distensione dello stomaco o della chiusuranon perfetta della valvola stessa, l’irritazionedell’esofago provoca un forte bruciore, che irra-dia dallo stomaco alla cassa toracica, alla gola.Altri sintomi includono: raucedine, sensazioneche il cibo sia fermo in gola, tensione in gola,senso di soffocamento, asma, problemi dentali,alito cattivo. La sintomatologia si accentua dinotte a causa della posizione, soprattutto in se-guito a pasti pesanti con conseguente alito cat-tivo. All’inizio degli anni 80 il Dr. Barry Marshall,scoprì che un organismo chiamato helicobacterpylori causava un’infiammazione cronica nellepareti dello stomaco e che era responsabile, o al-meno uno dei fattori principali, del verificarsi dimolti sintomi di reflusso acido e quindi, oltre adassumere dei farmaci anti-acido, bisognava sot-toporsi ad una terapia antibiotica che eradicasseil batterio. inoltre bisognerebbe: eliminare alcol,caffeina, nicotina; mangiare cibi crudi; prenderedegli integratori di acido cloridrico; usare probio-tici e fermenti per equilibrare la flora batterica esoprattutto eliminare dalla cucina il sale raffinatoed inserire il sale himalayano detto anche salerosa. Il sale Himalayano non è un comune sale

marino, ma si tratta di una formazione cristallinache risale a circa 250 milioni di anni e che ha unastruttura particolare dovuta alle elevate pressionia cui è stato sottoposto.Il tipo di processo di formazione che l’ha trasfor-mato in cristallo, ha permesso al sale himalayanodi assorbire e inglobare oligoelementi che sonopreziosi per l’organismo.Venne scoperto verso il 350 a.C. dalle popolazionilocali che notarono strati di sale che affioravanonaturalmente dalla terra. A partire dal XVI secolo,con la conquista inglese dell’India, la sua estra-zione venne regolamentata dall’impero britan-nico. Ancora oggi le estrazioni seguono il metodoimpostato a quell’epoca, che permette di scavarela montagna senza per questo distruggere il pae-saggio che la circonda.Dall’analisi chimica risulta essere composto dicloruro di sodio arricchito da calcio, potassio, ma-gnesio, ossido di zolfo, ferro, manganese, fluoro,iodio, zinco,cromo, rame, cobalto, e altri preziosielementi, la cui quantità può variare a secondadel filone di estrazione. Anche per questo motivoil suo colore può variare dal rosso all’arancionebrillante. Questo sale ha la proprietà di trasmet-tere l’energia che è poi assimilabile dal corpoumano. L’assunzione idrosalina ha i seguenti be-nefici: equilibrare acidi e alcali; regolare la pres-sione del sangue; migliorare le affezioni dellapelle; pulire l’intestino e depurare dalle tossine.Il sale himalayano è consigliato anche per alcunepatologie della pelle e dell’apparato respiratorio.

Lina Rabuano

diet

a è.

.. sa

lute Sapore di sale... Himalayano

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«Me lo aspettavo». Queste le ultime parole pro-nunciate con un sorriso da don Pino Puglisiprima di morire nel suo quartiere, Brancaccio,

nella sua città, Palermo, a causa dei colpi di pistolaalla nuca infertigli il giorno del suo cinquantaseie-simo compleanno, la sera del 15 settembre del 1993.Il modo in cui morì il sacerdote toccò profonda-mente il cuore del suo stesso carnefice, SalvatoreGrigoli che, quando fu arrestato nel ’99, confessòl’assassinio di altre decine di vittime, morte permano dello stesso mandante: la mafia. Ma chi eraPuglisi? Tanto è stato detto, ma non sembra mai es-sere abbastanza per descrivere la grandezza di que-st’uomo. Nello stesso tempo basterebbe, forse, direche era un uomo che aveva fatto del Vangelo la suaragione di vita. Semplice, modesto, dolce e nellostesso tempo deciso, sapeva imporsi quando era ne-cessario, sapeva alzare la voce. Instancabile nellostudio, particolare cura dedicò al Concilio VaticanoII di cui recepì in pieno il messaggio, ma anche allateologia, alla filosofia, alla pedagogia. Più amatedalla gente umile - e non solo - erano forse le dotiche lo predisponevano all’ascolto del prossimo.Don Puglisi si rivolgeva soprattutto ai bambini, ai

ragazzi, ai giovani con i quali stava sempre a con-tatto essendo oltre che sacerdote, insegnante di ma-tematica e di religione e figura educativa di

riferimento per diverse associazioni laicali giova-nili. Facendo leva sulla sua grande capacità comu-nicativa, intendeva fare breccia nel cuore dellenuove generazioni per educarle al valore dello stu-dio e del lavoro, in una terra in cui la sub culturamafiosa cercava di isolare i giovani per farne stru-mento della criminalità organizzata. I risultati diquesta sua incessante sete di pace e di giustizia sividero già nel paesino di Godrano, dove operò dal’70 al ‘78 e dove riuscì, tramite una sincera opera dievangelizzazione, a far riappacificare le famiglie inguerra tra loro e a sostituire l’ottica mafiosa conquella evangelica, facendo riscoprire ai fedeli valoricome il perdono presentato non come un atto di de-bolezza, ma come base imprescindibile da cui par-tire per ricostruire le proprie vite. Da Godrano donPuglisi fu spostato nel quartiere Brancaccio, il suoquartiere natale abbandonato a se stesso dalle au-torità civili e preda di rassegnazione e degrado mo-rale. Qui la sua opera, volta a strappare i giovanialla malavita organizzata tramite diverse iniziative

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attualità

Don Pino Puglisiapproda fra i beati

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tra cui la costruzione del centro ricreativo “PadreNostro”, decretò la sua condanna a morte forse piùdelle accuse rivolte ai mafiosi del posto, che cono-sceva per nome e cognome e che per lui erano«meno che uomini degradati al rango di animali». Ilsenso delle sue parole e della sua azione contro lamafia era in piena sintonia con la scomunica cheGiovanni Paolo II lanciò il 9 maggio del 1993 daAgrigento, ad un anno dagli attentati a Falcone eBorsellino. Proprio in onore di questi due magistratisiciliani, don Puglisi, pochi mesi prima di morire,osò organizzare per la prima volta e non senza mi-nacce e intimidazioni rivolte sia a lui sia ai suoi col-laboratori, due processioni anti-mafia, la prima inricordo di Falcone nel maggio del ‘93, processionealla quale parteciparono pochi impauriti fedeli e la

seconda, in ricordo di Borsellino, organizzata nelmese di luglio dello stesso anno, alla quale parte-cipò anche la moglie del magistrato. A chi gli chie-desse se avesse paura o no della mafia eglirispondeva semplicemente: «Che possono farmi? Almassimo mi ammazzano». Mai denunciò gli atti inti-midatori di cui era vittima, per non alimentarepaura e terrore che condizionano la libertà dellepersone più dell’atto mafioso in sé. La frase di sanPaolo «Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?» (Rm,8, 31), che spesso citava nelle sue omelie, sembravadargli la forza necessaria per continuare la sua mis-sione. Non c’era più nessun dubbio, quest’uomodava fastidio, doveva morire. Inizialmente si pen-sava di ucciderlo davanti alla chiesa, come monitoper la stessa istituzione ecclesiale che osava alzare

la voce contro la mafia su diversi fronti. Solo all’ul-timo momento ci si trovò nelle condizioni giusteper assassinarlo davanti al portone di casa mentrerientrava dopo una giornata d’intenso lavoro in cuiaveva celebrato anche due matrimoni.

A 19 anni di distanza, lo scorso 28 giugno, è stata fi-nalmente istituita la congregazione per la causa dibeatificazione di diversi servi di Dio tra cui don Pu-glisi, le cui pratiche per il riconoscimento del martirioiniziarono già cinque anni dopo la sua morte. Tratutti i nomi, come ricorda l’arcivescovo di PalermoRomeo, il nome del parrino siciliano è quello che hafatto più notizia forse perché si conosceva di più. «Lamafia non perdona, il Vangelo è perdono, la mafia non con-divide, il Vangelo sì, la mafia uccide…». Con queste pa-role l’arcivescovo di Palermo Romeo ha annunciato

alla conferenzastampa del 28 giu-gno scorso, l’aper-tura della causa dibeatificazione didon Puglisi. L’ar-civescovo ci ha te-nuto asottolineare che,mentre GiovanniPaolo II tendeva asvolgere tutte lecerimonie di bea-tificazione inpiazza san Pietro,papa BenedettoXVI, preferisce ce-lebrarle nelle dio-cesi di origine deiServi di Dio. Inquesto modo lacelebrazione saràpartecipata so-

prattutto dai concittadini del Beato, dai suoi compae-sani, dalla diocesi tutta che in primo piano si sentiràquindi chiamata a seguirne l’esempio.Prima di Puglisi, nel settembre dello scorso anno, perun altro figlio della terra siciliana, Rosario Livatino,il giudice ragazzino impegnato nella lotta contro lamafia, è stato aperto il processo di beatificazione.Tanti altri sono i martiri della fede cristiana chehanno bagnato con il loro sangue la terra meridionalenella lotta alla criminalità organizzata. Tra questi siattende l’apertura del processo di beatificazioneanche di un altro sacerdote, don Giuseppe Diana, ilsacerdote di Casal di Principe ucciso il 19 marzo del1994 nella sua parrocchia.

Francesca Romano

attua

lità

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attualità

Non è la prima volta che il sig. MaurizioVolpe, di Solopaca, dipendente della Co-munità Montana del Taburno, organizza

delle escursioni in montagna alle quali partecipanopersone provenienti un po’ da tutta la regione Cam-pania. Come per voler mostrare a tutti le bellezzeincontaminate di quel tronco del massiccio del Ta-burno, che s’erge a vigile sentinella della Valle Te-lesina ed intorno alle cui falde sorgono i comuni diSolopaca, Frasso Telesino, Melizzano, Paupisi, Tor-recuso, Vitulano. Per Maurizio è motivo d’orgoglio,visto che, solo coadiuvato occasionalmente da qual-che amico e collega e per lo più nei ritagli di tempoconcessigli, si dedica alla riformazione degli antichitratturi oggi chiusi dalla vegetazione. “Tumolodella Croce”, “Ripa del giglio”, “Pizzo della Palom-bella”, “Sbirri muorti ecc.” sono tra le località piùambite e suggestive portate alla luce mediante la ri-scoperta dei predetti tratturi.Sono arrivati in pullman da Napoli e dal suo hinter-land, in un fine settimana, ci racconta, in 180 unità.In un’altra circostanza erano in 107. Domeniche al-l’insegna dell’ecologia più verace, con tanto di visitaad alcune greggi che stazionavano per la transu-manza. In questo periodo, ci racconta, è particolar-mente piacevole seguire le rotte dei tratturi, perchésono le stesse praticate dagli armenti che raggiun-gono i luoghi dell’abbeveraggio. È facile perciò im-battersi in gruppi di mucche, che accompagnano abere i loro vitellini nati in primavera o di cavalli o dipecore, che si spostano alla ricerca di pascoli freschi

e d’acqua. Per chi vive nella grande città diventa unagiornata fatale per lo svago e per la scoperta di quelleregole di cui la natura si dota sin dalla notte deitempi. Una di queste domeniche sono venuti i “ra-gazzi di Cicciano”, portatori di handicap. Li hannoaccompagnati i familiari. Si sono trattenuti nell’areache il sig. Leopoldo Stanzione, ogni anno, si attrezzaper seguire da vicino il proprio gregge. Ascoltavanocon attenzione i racconti dell’anziano pastore. A trattiapparivano stralunati ma felici insieme di trovarsi inuna dimensione lontana dagli standard, aridi, dellavita di città.La realizzazione di queste passeggiate organizzate èstata possibile grazie anche alla disponibilità, sotto-linea Maurizio, del Presidente della Comunità Mon-tana del Taburno, Libero Maria Sarchioto e dellaPresidente della Lega Ambiente della Valle Telesina,Grazia Fasano. Una pregevole iniziativa sorta soprat-tutto grazie al sacrificio ed all’altruismo di Maurizio,che hanno incontrato, però il favore di una parte delleistituzioni in Sarchioto e in Fasano. Chissà se ungiorno incontrando anche il favore dei comuni del-l’area interessata magari affidandone la cura ad uo-mini di “buona volontà” come Maurizio, ne verrebbefuori qualcosa che valga a valorizzare le zone mon-tane dell’hinterland e a concedere agli escursionistiusurati dal tran tran del quotidiano, importanti mo-menti di relax?

LODO

Domeniche a tinte verdiDomeniche a tinte verdi

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spor

t

L‘Italia è stata sorteggiata nel gruppo C assiemealle furie rosse e campioni del mondo in caricadella Spagna, alla Croazia e all’Irlanda del

Trap e di Tardelli. Un girone tutto sommato nontroppo difficile, fatta eccezione della superpotenzaSpagna, che sta dominando le scene da qualche annoe che continuerà ancora a farlo per un po’ di tempo.L’esordio degli azzurri è proprio contro la Spagna, lapartita non è per niente spettacolare, soprattutto nelprimo tempo. Nella ripresa stranamente l’Italia haqualche occasione in più, e al 61esimo passa in van-taggio col neo entrato Totò Di Natale che batte confreddezza Casillas. Passano appena 3 minuti ed eccopronta la risposta della Spagna, che pareggia i conticon Cesc Fabregas dopo una classica azione da tiki-taka degli Iberici. La partita si conclude così, Italia-Spagna 1-1.Ora ci attende la Croazia, una squadra molto giovanee ben organizzata, che ha nel grande talento di LukaModric il suo punto di forza. Il primo tempo è tutto az-zurro, i nostri ragazzi dominano il match creando varieoccasioni da gol, e così passiamo in vantaggio al 39°con una magistrale punizione di Pirlo (sempre più unleader per questa nazionale). Ma nella ripresa la mu-sica cambia, in campo rientra un’Italia irriconoscibilerispetto a quella del primo tempo, ed i Croati pren-

dono in mano il pallino delgioco riuscendo a pareggiare al72° con Mandzukic al suo terzogol in 2 partite, insomma untempo per uno ed un altro pa-reggio per 1-1, una grande oc-casione sprecata, ora l’Italiasarà costretta a vincere controL’Irlanda nell’ultimo matchdel girone e dovrà sperare cheCroazia e Spagna non si met-tano d’accordo per passare ilturno entrambe con un pareg-gio, come accadde col famosobiscotto del 2004 tra Svezia eDanimarca che condannò i no-stri ad un infame eliminazione.Ma la nazionale è fiduciosa èpronta a battere l’ormai elimi-nata Irlanda, e la Spagna fa sa-pere che giocherà solo pervincere, senza strani accordi ecosì anche la Croazia.Eccoci alla partita contro L’Ir-

landa, un incontro abbastanza agevole, dove chiu-diamo la pratica con un gol per tempo, il primo difantantonio Cassano con un bel colpo di testa sugli svi-luppi di un calcio d’angolo, ed il secondo con Balotellial 90° minuto. E così si svegliano finalmente anche ledue nostre stelle dell’attacco, i 2 fuoriclasse sregolati.L’altra partita che ci interessava si conclude con la vit-toria della Spagna per 1-0 sulla Croazia, quindi nientebiscotto ed azzurri ai quarti, al secondo posto dietro gliSpagnoli.Ora ci attendono i quarti di finale contro gli Inglesi, gliinventori del Football.Gli avversari sulla carta hanno calciatori fortissimi etemibili, come Terry, Gerrard, Rooney ed Ashley Cole,ma la partita si dimostra tutt’altro che difficile. Domi-niamo l’Inghilterra dal primo all’ultimo minuto, co-stringendola nella sua area e giocando un calciopropositivo che fino ad allora non s’era mai visto. No-nostante ciò non riusciamo a sbloccare la partita a no-stro favore, anche grazie ad una buona dose disfortuna, e il risultato resta fermo sullo 0-0 per 120 lun-ghissimi minuti. Ancora una volta come spesso suc-cede agli azzurri, si và ai rigori, saranno i tiri daldischetto ad assegnare il passaggio alla semifinaledegli europei. Si avverte molta tensione e paura tra inostri ragazzi, che dopo aver asfaltato gli Inglesi per

Un campionato europeo...niente male

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tutta la partita non vorrebbero esserebeffati proprio ai rigori, sarebbe un boc-cone amaro da digerire. Si parte, comin-ciamo noi con Balotelli che mette lapalla in rete e ci fa tirare il primo sospirodi sollievo, poi tocca al fuoriclasse Ste-ven Gerrard, e anche lui non sbaglia, 1-1. Ora Montolivo, ha gli occhi spenti etimorosi mentre si avvicina al dischetto,ed infatti manda il pallone a lato, e sipuò ben immaginare quante gliene ab-biano dette tutti gli Italiani in Italia e nelmondo. Tocca a loro, e Rooney non sba-glia, Inghilterra 2 Italia 1. Si mette male,c’è bisogno di qualcosa, di una scossamorale, e a questo pensa il magico Pirloche si presenta dagli undici metri se-rioso come sempre, ma che inaspettata-mente tira fuori dal cilindro uncucchiaio che stupisce tutti, una gestoche solo i grandi campioni sanno fare,ed anche il giovane portiere Hart che adogni rigore dei nostri faceva le linguaccee i ruggiti da leone per intimorirli restaammutolito. La svolta è arrivata, c’èYoung adesso, che sbaglia e riporta il ri-sultato in parità 2-2. Nocerino per ilvantaggio azzurro, ed è rete, siamoavanti. Tocca ad Ashley Cole, ed anchelui fallisce il rigore, gioia immensa, orac’è il tiro decisivo di Diamanti che se-gnando ci porterebbe alla semifinalecontro la Germania, Alessandro và si-curo e spiazza il portiere. Vittoria, an-diamo a Varsavia carichi e moltosperanzosi, il gruppo c’è e si vede.Ed ecco la semifinale, contro i Tedeschiche come sempre si sentono i migliori almondo e ci deridono, soprattutto inquesto momento di crisi, in cui la Mer-kel bacchetta l’Europa come un generaledelle SS, tra spread che sale e scende edassurdità varie… ma questo è un altrodiscorso.È la partita della rivalsa per l’Italia e gliItaliani, contro gli arroganti Tedeschi, ea deciderla con una grande doppietta dagrande calciatore è “supermario” Balo-telli, si proprio lui, un ragazzo di colorema Italiano dentro, come un segno deldestino, “in barba agli ariani”.È una beffa cocentissima per la Germa-nia, ed una soddisfazione immensa perl’Italia, anche questa partita l’abbiamodominata, abbiamo stracciato i panzertedeschi sin dall’inizio, e il risultato di2-1 con un rigore al 90° che l’arbitro gen-tilmente “regala” alla sfinita squadra di

Loew ci stà sicuramente stretto.Siamo in finale ed è già tanto. Questi ra-gazzi hanno fatto un’impresa, nessunose l’aspettava ad inizio torneo, ed inveceancora una volta è uscito fuori l’orgo-glio della nostra nazione, orgoglio chepurtroppo mettiamo solo nel calcio, per-ché se mettessimo lo stesso impegno chemettiamo nel calcio per cose ben piùserie (non che il calcio non sia impor-tante), saremmo messi sicuramente me-glio di come ahinoi siamo finiti oggi.Sulla finale c’è poco da dire, giochiamocontro la Spagna, loro sono più forti intutti i reparti, sono la squadra miglioredel globo, anche se nel girone abbiamopareggiato, francamente siamo sfavo-riti, ma in una partita secca tutto puòsuccedere. Non succede niente, Prandelli sbagliatutto, la squadra è sfinita dopo le vereimprese contro Inghilterra e Germania,i nostri ragazzi vanno solo applauditi,hanno già dato il massimo. Certo cheavremmo voluto vincere, ma loro sonodei mostri del calcio, il primo tempo sichiude già sul 2-0 per loro, coi gol diSilva e Jordi Alba, nella ripresa restiamoaddirittura in 10, dopo che ThiagoMotta appena entrato si infortuna edabbiamo già finito i cambi, ripeto, il no-stro allenatore che comunque cometutta la squadra và solo ringraziato, inquesta finale ha sbagliato tutto, non in-serendo 2 grandi giocatori che avreb-bero almeno cercato di raddrizzare ilmatch dopo il pesante 2-0 come Dia-manti e Giovinco. Ma è andata cosi, e gliIberici ci puniscono altre 2 volte con duegol nel finale di Torres e Mata, 4-0 risul-tato pesantissimo, che comunque sa-rebbe potuto essere più largo.Sul più bello siamo stati “matati“, ma daquesto Europeo si può sicuramente ri-partire bene, le premesse ci sono tutte,Balotelli è il futuro, così come Marchisioe tanti altri giovani che abbiamo in can-tiere per i prossimi anni, poi sparerannobene le ultime cartucce almeno fino alprossimo mondiale 2014 in Brasile.Anche il portierone Buffon ed il genioAndrea Pirlo; ci saranno ancora DeRossi, Chiellini e Cassano nel pienodella loro carriera calcistica. Insomma,la nazionale Italiana è sempre tra le piùcompetitive, e di certo ci regalerà ancoraaltre “notti magiche”.

Stefano Orrù

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