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ALL'ABBINAMENTO CIBO-VINO

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L’ARTE DELL’ABBINAMENTO

SEGUE LOGICHE DISPARATE

ALLA RICERCA DELL’ ESALTAZIONE

DEL GUSTO

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Esistono molte teorie che cercano di spiegare come abbinare correttamente un vino ad un cibo. Tutte, siano esse complesse e severe o semplici e permissive, puntano ad un unico risultato: esaltare il più possibile i due elementi facendo in modo che “uno più uno” non faccia due, ma tre. Detto fuor di metafora, ogni teoria dell’abbinamento tra cibo e vino vorrebbe raggiungere quel grado di perfezione da consentire sia al cibo, sia al vino, di guadagnare reciprocamente gusto, tanto da esaltarsi oltre le proprie potenzialità. Pare quantomeno impossibile che un cibo possa sembrare migliore di quello che effettivamente sia, eppure è così.

Questo dovrebbe essere l’obiettivo del bravo Sommelier alla ricerca del perfetto vino da abbinare a un determinato piatto.Il vino assolve magnificamente a questo compito, meglio di qualsiasi altra bevanda. I distillati sono eccessivamente alcolici e scaldano troppo il palato, sono inoltre eccessivamente forti al naso, tanto da anestetizzare i recettori olfattivi dopo pochi istanti. La birra è una buona alternativa, ma le manca la complessa e variegata gamma di tipologie che il vino possiede. Nel mondo della birra possiamo infatti individuare gli stili birrai, alcuni davvero molto diversi tra loro, ma nemmeno vagamente avvicinabili all’infinita quantità di vini esistenti. Il vino consente infatti di avere a disposizione una bevanda adatta praticamente ad ogni piatto che potrebbe comparire sulla nostra tavola, di qualsiasi tipologia e di qualsiasi regione del mondo. Sono infatti davvero pochi i casi di pietanze o materie prime che vengano considerate difficilmente abbinabili.

L’arte dell’abbinamento segue logiche disparate: individuiamo almeno quattro casi in cui i fattori

presi in esame sono differenti. Un primo caso è quello che definiremo storico-territoriale; cioè quando l’abbinamento tra cibo e vino è influenzato esclusivamente dall’appartenenza ad un luogo specifico, ovvero quando si sceglie un vino in abbinamento ad un piatto esclusivamente perché quei prodotti arrivano dalla medesima terra. È il caso di tanti piatti sposati ai vini della loro zona di origine, come ad esempio cotechino e Lambrusco (Emilia); pizzoccheri e Sforzato (Valtellina – Lombardia); porceddu e Cannonau (Sardegna) e molti altri ancora. Spesso l’abbinamento è anche corretto da un punto di vista tecnico, ma poco importa, perché la scelta è stata effettuata solo per valorizzare un legame di cultura del territorio.Un secondo caso è quando il vino entra direttamente nella preparazione della pietanza. L’esempio più evidente è il risotto al Gattinara abbinato proprio al vino Gattinara. Anche nel caso di una carne in salmì, dove per realizzare la marinatura si sia usato, ad esempio, del vino Barolo, viene spontaneo abbinare lo stesso vino anche in tavola.Un terzo caso forse meno frequente ma comunque da considerare, si ha quando è la moda a dettare le regole. Ad Esempio caviale e Champagne o ostriche e Champagne. In questa circostanza non si parla di territorialità o di tradizione, ma di una tendenza modaiola, che può essere passeggera o durare negli anni, ma che in ogni caso risponderà sempre ad un desiderio di immagine e non di gusto.

In ultima analisi, non resta che la tecnica, ovvero un abbinamento cibo-vino che non risponda ai precedenti tre criteri, ma solo all’esaltazione del gusto. Eccone di seguito i segreti.

ALL'ABBINAMENTO CIBO-VINO

L’ARTE DELL’ABBINAMENTO SEGUE LOGICHE DISPARATE

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TEORIA DELL’ABBINAMENTO

ARRIVA PRIMA IL PIATTO O IL VINO ?

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La teoria dell’abbinamento è una serie di semplici regole che permettono di individuare le caratteristiche del vino ideale da abbinare ad un determinato piatto. Innanzitutto è necessario conoscere la pietanza e valutarne alcuni parametri gustativi che consentiranno di decidere quali siano le caratteristiche che il vino dovrà avere per un buon abbinamento.

Una premessa è d’obbligo. Le teorie di abbina-mento cibo vino, di qualsiasi scuola, hanno sem-pre fatto riferimento alla materia prima principa-le del piatto: il pesce, la carne, la pasta, i funghi e via di questo passo. Si è sempre data molta im-portanza all’ingrediente base, perché si è sempre ritenuto che il condimento dello stesso e le tecni-che di cottura influenzassero meno il piatto finito. Forse in passato era così, oggi fortunatamente no.

La fantasia degli chef prende spesso il sopravvento attraverso l’accostamento di alimenti diversi, la combinazione di varie temperature, le tecniche di cottura sempre più audaci, sono solo esempi di come la materia prima può essere stravolta e alterata. Proprio per questo è necessario partire da un punto di vista diverso: il piatto finito.

Immaginate di assaggiare un piatto ad occhi chiusi senza sapere cosa sia. Le prime sensazioni che proverete saranno legate al gusto complessivo del piatto e solo dopo si individuerà la materia prima. Bisogna partire da qui, dalle sensazioni che il piatto trasmette nel suo complesso.

Come un vino, anche un cibo può essere valutato per parametri, che in questo caso divideremo in quattro categorie.

La struttura del piatto, che comprende: struttura, concentrazione e persistenza.

�. L’aromaticità, che comprende: aromaticità/speziatura e pungenza/ piccantezza.

�. Le sensazioni tattili che comprendono: succulenza, untuosità, grassezza.

�. In ultimo la dolcezza, sia essa tendenza dolce o dolcezza pura, dove intendiamo per “tendenza dolce” un cibo che di per sé tende a sensazioni dolci pur non possedendo zucchero, come ad esempio la pasta, per la quale si deve appunto salare l’acqua di cottura, e intendiamo per dolcezza tutto ciò cui è stato aggiunto zucchero.

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TEORIA DELL’ABBINAMENTO

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STRUTTURAÈ il parametro più difficile da spiegare ma pro-babilmente il più facile da valutare. Si tratta di individuare la consistenza di un piatto, la sua ro-bustezza: in una parola la sua struttura. Per un esempio immediato che può facilitare la com-prensione, il lettore pensi ad un crudo misto di mare e ad una carne di selvaggina. Il crudo di mare si scioglie quasi in bocca ed è poco strut-turato. La carne di selvaggina è magra e fibrosa e va masticata molto, prima di deglutirla: è chia-ramente un piatto più strutturato. Abbineremo in entrambi i casi dei vini che possiedono una struttura paragonabile a quella del piatto, con un abbinamento che deve avvenire per concordanza. Immaginiamo infatti di sposare al nostro crudo di pesce un vino robusto; questo sovrasterà il piatto prevalendo in maniera netta e l’abbinamento non sarà ottimale. Al contrario, se alla carne di sel-vaggina accostiamo un vino leggero, le sensazioni gustative della carne saranno prevalenti e il vino risulterà ancor più leggero di quello che in effetti è; non andrebbe bene nemmeno in questo caso. È dunque fondamentale per un buon abbinamen-to centrare questo primo importante parametro: struttura del cibo con struttura del vino.

CONCENTRAZIONEPer concentrazione intendiamo qualsiasi processo tendente ad eliminare acqua dal nostro cibo, sia esso una lunga cottura o una stagionatura (per un salume ad esempio). Questo secondo parametro può chiaramente influenzare la struttura del piatto ma non va con esso confusa, perché in funzione della concentrazione cercheremo di associare un vino che presenta un livello di evoluzione similare. Più il piatto è concentrato, più il vino dovrebbe essere evoluto.

PERSISTENZAQuanto a lungo rimangono le sensazioni gusta-tive del cibo dopo aver deglutito? Ecco spiegata la persistenza. Chiaramente andrà abbinata per concordanza: ad un cibo con una lunga persisten-za sposeremo un vino con una lunga persistenza. Qualora si operasse al contrario, ci troveremmo nella condizione di avere un elemento, cibo o vino, che predomina coprendo l’altro. Bisogna fare in modo che la persistenza gustativa di un prodotto sia interrotta da quella dell’altro, altri-menti il nostro palato si abituerebbe ad un solo gusto ed il secondo, sia esso cibo o vino, perde-rebbe di intensità e gusto.

AROMATICITÀ/SPEZIATURALa carica di profumi di un piatto va bilanciata con una adeguata carica aromatica anche nel vino. Il principio è il medesimo, se un piatto molto pro-fumato non sarà accostato ad un vino altrettanto profumato, il vino soccomberà al piatto, risultan-do meno intenso a livello olfattivo di quanto in realtà non sia. Abbiamo bisogno anche in questo caso di concordanza tra i parametri di cibo e vino.

PUNGENZA/PICCANTEZZASi intendono per pungenza tutte quelle sensazioni che, pur non piccanti, provocano una sensazione similare: ad esempio il pepe, specialmente se ab-bondante. La concordanza in questo caso, oltre che impossibile perché non esistono vini piccanti, sarebbe oltretutto dannosa. L’esempio è sempre la migliore spiegazione. Il lettore immagini un cibo ricco di spezie pungenti e piccanti: ammet-

La struttura del piatto

L’aromaticità

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tendo che esista un vino con le stesse caratteri-stiche, si provi ad immaginare cosa succederebbe al palato. Una sensazione pungente e piccante rafforzata da un’altra simile, sarebbe una sorta di collasso del gusto. Infatti, se troppo abbondanti, queste sensazioni sono anestetizzanti: ecco perchéin questo caso abbineremo un vino non per concordanza,ma per contrapposizione. Cerche-remo infatti un vino morbido e rotondo che dia sollievo al palato, stressato dal boccone di cibo speziato e piccante.

SUCCULENZALa presenza di liquido in bocca viene definita succulenza. Essa può essere intrinseca, quando un cibo solido possiede una dose di liquido, ad esempio la carne cotta al sangue; può essere indotta, quando il cibo non la possiede, ma stimola l’azione delle ghiandole salivari, come nel caso del pane; infine può essere aggiunta, quando è lo chef ad aggiungere un brodo, un sughetto o una salsa molto liquida.Con queste caratteristiche, di nuovo occorrerà abbinare per contrapposizione. Il motivo è presto detto: la presenza di liquido in bocca va ridotta perché tra un boccone di cibo e l’altro dobbiamo fare in modo di tornare alla condizione di normalità del nostro palato. È necessario un vino che sia alcolico e/o tannico, perché il tannino inibisce l’azione delle ghiandole salivari e l’alcool produce un effetto di secchezza.

GRASSEZZAIl burro è un cibo grasso, come lo è il lardo e tanti altri. La sensazione che provocano al palato

è quella di patinosità, come se un sottile strato di grasso abbia foderato il nostro palato; per poter gustare il boccone successivo occorre rimuove questa sensazione e per questo ci vogliono acidità,effervescenza e tannicità. L’acidità del vino aumenta la salivazione che pulisce il palato; l’effervescenza è sgrassante per antonomasia, la tannicità oltre ad asciugare pulisce e può quindi essere utile anche in questo caso.

UNTUOSITÀÈ una caratteristica molto simile alla grassezza ma che in questo caso genera una sensazione di scivolosità più che di patina grassa. Deriva gene-ralmente dai grassi vegetali, gli oli, a differenza della grassezza che è riconducibile a grassi anima-li. Per ripulire la bocca e prepararla al boccone successivo, anche in questo caso andrà scelto un vino con caratteristiche contrastanti, meglio pun-tare sul tannino però, a scapito dell’acidità, per-ché comunque ciò che è unto è anche un poco liquido. Per questo anche un buon grado alcolico è indicato.

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Le sensazioni tattili

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TEORIA DELL’ABBINAMENTO

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TENDENZA DOLCECome anticipato è la caratteristica di un cibo che non è dolce perché gli sono stati aggiunti zuccheri, ma ha una spiccata tendenza naturale al dolciastro. Come ad esempio la pasta, che per essere piacevole necessita l’aggiunta di sale, o come il pane, al quale viene aggiunto sale nell’impasto. È una caratteristica tipica dei farinacei, dei cereali e dei legumi. In questo caso la miglior soluzione è quella di mantenere il palato equilibrato e quindi di scegliere un vino con caratteristiche contrapposte alla morbidezza delle sensazioni dolciastre. Un vino con accentuate durezze sarà l’ideale. Sapidità e acidità saranno le caratteristiche predominanti del vino scelto.

DOLCEZZAUsare il termine dolce, parlare quindi di dolcezza pura e non solo di tendenza, significa aver degustato una pietanza contenente zucchero, sia esso intrinse-co o, a maggior ragione, aggiunto. Nel caso classico dei dessert, la dolcezza non è bilanciata da altro e il piatto è esclusivamente dolce.Pensare di riequilibrare il palato è operazione troppo violenta. Se infatti la tendenza dolce è appunto una tendenza, qualcosa di sfumato che può essere bilan-ciato senza avere necessità di bere una bevanda salata, quando c’è presenza di zucchero una compensazio-ne adeguata prevedrebbe una proporzionale presen-za di sale nella bevanda. Impossibile, ma soprattutto imbevibile. Meglio allora assecondare la caratteri-stica del piatto e sposare un vino dolce ad un cibo dolce. Tanto più sarà il tenore zuccherino nel piatto, tanto maggiore dovrà essere il residuo zuccherino nel vino. Tutte queste caratteristiche devono essere tenute in considerazione, alcune di esse tuttavia ri-vestono un ruolo maggiore. Individuare immediata-mente quale struttura ha la pietanza e quale struttura dovrà avere il vino è fondamentale. Infatti struttura

del piatto e struttura del vino dovranno procedere proporzionalmente, al crescere della prima dovrà crescere la secondo, in modo che mai il cibo o il vino prevalga, sovrastando l’altro. Anche la carica aromatica del piatto, da abbinare per concordan-za, cioè proporzionalmente con quella del vino, riveste un ruolo primario nella pratica dell’abbi-namento. Le varie tecniche in uso prevedono che si giudichi con un valore numerico ogni parametro degustativo del cibo: conseguentemente, per ana-logia o per contrapposizione, garantiscono di for-nire l’identikit del giusto vino per l’abbinamento.

La tabella accanto indica alle caratteristiche del cibo quale caratteristica conseguente il vino dovrebbe avere. Più è presente nel piatto e più lo dovrebbe essere nel vino. Non utilizziamo numeri, perché la realtà è molto meno matematica di quello che sembra. Inoltre non tutti i parametri possono es-sere messi sulla stessa scala di percezione gustativa, semplicemente perché qualcuno di essi a volte è ine-sistente o, al contrario, assolutamente prevalente. Consigliamo pertanto un metodo semplice: valutare immediatamente la struttura e di conseguenza indi-viduare la struttura ideale del vino in abbinamento, poi selezionare le caratteristiche preponderanti del piatto, quelle che maggiormente lo caratterizzano, scegliendo di conseguenza le peculiarità che il vino dovrà avere. Ciò non vuol dire che gli altri aspetti del cibo, quelli meno presenti nel piatto che abbiamo as-saggiato, vadano dimenticati, significa solamente ri-spondere correttamente alla richiesta più forte, cioè abbinare correttamente quella, o quelle, caratteristi-che maggiormente percettibili. Ricordiamo infine che la teoria dell’abbinamento è appunto una teoria, mai una certezza. Anche i gusti personali incidono, come incide la soglia di sensibilità delle percezioni gustative di ciascuno di noi.

La dolcezza

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ELOGIO A LUOGHI “NON COMUNI”

QUALCHE VINO ITALIANO

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QUALCHE VINO ITALIANO

BOLLICINEPROSECCO

È la bollicina più prodotta e più esportata al mondo. Fresca, fragrante, semplice e di una bevibilità estrema, è il perfetto aperitivo, soprattutto nella versione Extra-dry, la più commercializzata, che rende questo vino davvero godibile. Per un abbinamento al cibo meglio la versione più secca, Brut, sempre e solo su piatti molto leggeri.

TRENTO DOC

È una denominazione legata al territorio attorno alla città di Trento, in particolare a nord di essa verso la Piana Rotaliana. Si tratta di Spumanti metodo classico, dotati di notevole sapidità, mineralità e acidità. Nelle versioni “riserva” la struttura del vino diventa spesso imponente, anche la complessità olfattiva è generalmente di tutto rispetto.

FRANCIACORTA

Vietato usare il termine spumante, che sotto il lago d’Iseo, nell’antica Curte Franca della Repubblica della Serenissima, oggi detta Franciacorta, è proibito da disciplinare. Si usa solo il termine Franciacorta per indicare uno spumante metodo classico, prodotto con Pinot nero e/o Chardonnay e Pinot bianco. Si tratta di una bollicina elegante, con la giusta bevibilità e spesso più morbida di altre produzioni nazionali.

OLTREPO’ PAVESE METODO CLASSICO

Un’altra denominazione lombarda dedita alla spumantizzazione, in particolare vocata per il Pinot nero, che se vinificato in rosato e in purezza prende il nome di Cruasè. Si tratta di una bollicina di tutto rispetto, più simile al Trendo doc che non alla dirimpettaia Franciacorta. Buona struttura, ottime capacità di evoluzione.

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BIANCHI DELL’ALTO ADIGE

Difficilissimo descrivere in tre righe la produzione di un’intera regione, ci limiteremo a sottolinearne i tratti comuni. Le forti escursioni termiche giorno/notte favoriscono l’accumulo nell’acino di terpeni, polifenoli responsabili dei profumi che poi ritroviamo nel vino, ecco perché spesso, i vini altoatesini sono così gradevolmente profumati. Attenzione in particolare a vitigni aromatici come il Gewurztraminer o semiaromatici come il Sauvignon, il Kerner, il Muller Thurgau. Ottima acidità, grandi profumi, discreta struttura per vini magri ed eleganti.

FALANGHINA, FIANO E GRECO

La Falanghina è tra i vini della Campania quello più strutturato e meno aromatico, attenzione quindi ad abbinarlo a piatti troppo leggeri. In quel caso meglio un Greco o un Fiano, di Avellino magari, che sono vini più profumati e meno strutturati. Interessanti nell’evoluzione con gli anni, sono tuttavia molto gradevoli già nei primissimi anni di vita.

LUGANA

È per antonomasia il bianco per il pesce di lago, spacialemente alla griglia. Questo Trebbiano del basso lago di Garda però non disdegna anche abbinamenti più azzardati, come ad esempio le carni bianche. Ottima l’evoluzione negli anni, che stuzzica la fantasia, che lo suggerisce abbinato a piatti dalla grande aromaticità.

QUALCHE VINO ITALIANO

BIANCHI

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VERDICCHIO, TRA JESI E MATELICA

Il grande bianco marchigiano nelle sue due storiche e famose interpretazioni, rigorosamente da non confondere. Morbido e profumato quello di Jesi, meno strutturato e più adatto a piatti di mare; ben più potente, acido e minerale quello di Matelica, meglio evoluto dopo qualche anno e accompagnato a carni bianche piuttosto che al pesce.

ROERO ARNEIS

È il bianco piemontese, aromi fruttati e floreali con un finale amarognolo lo contraddistinguono. Bene gli abbinamenti con antipasti amche strutturati, eventualmente carni bianche, senza esagerare con la struttura dei piatti.

BIANCHI SICILIANI (Tranne l’Etna bianco)

Ovviamente riunire i bianchi siciliani in un’unica voce è una generalizzazione che farà storcere il naso ad ogni buon sommelier, però un filo conduttore è possibile trovarlo e su quello ci baseremo. La grande irruenza aromatica, la morbidezza e la leggera struttura della maggior parte dei bianchi siciliani ce li deve far preferire con piatti di pesce profumati e leggeri, anche paste sempre al pesce.

VERMENTINO LIGURE E SARDO

Più leggero quello ligure, ideale con piatti liguri come le trofie al pesto, oppure con portate di pesce. Più minerale e strutturato quello di Gallura o sardo in generale, preferibile con piatti leggermente più strutturati e complessi, sempre di pesce.

ALL'ABBINAMENTO CIBO-VINOBIANCHI

QUALCHE VINO ITALIANO

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BARBARESCO E BAROLO

Sono i re dei vini di langa e sono anche due dei più famosi vini italiani. Entrambi datati di grande struttura, nei primi anni di vita spesso eccedono in tannino, pertanto è meglio farli invecchiare qualche anno. Ottimi nell’abbinamento con piatti strutturati ed importanti.

BRUNELLO DI MONTALCINO

Il più famoso dei vini toscani e uno dei rossi più conosciuti al mondo è un vino strutturato e ricco di tannino, è l’abbinamento ideale per carni rosse importanti. In ogni caso chiede piatti strutturati e succulenti, per via del tannino sempre ben presente.

CHIANTI CLASSICO

L’alternativa toscana al Brunello è rappresentata da questo Sangiovese (non necessariamente in purezza) che ricorda le caratteristiche del cugino, ma gode di un tannino meno impegnativo, che lo rende adatto a diverse preparazioni culinarie, ad esempio alle paste con i più classici ragù toscani.

VALTELLINA E SFORZATO DI VALTELLINA

Una valle e tre vini. Attenzione a non confondere il rosso di Valtellina base, un ottimo nebbiolo di montagna, con il Valtellina superiore nelle sottozone Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella, che è sempre un nebbiolo ma generalmente dal carattere più deciso e austero. E di nuovo attenti a non confondere questi due con lo Sforzato, un vino rosso secco ma prodotto a seguito dell’appassimento di uve nebbiolo; un rosso molto potente ed alcolico.

QUALCHE VINO ITALIANO

ROSSI

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AMARONE DELLA VALPOLICELLA

Un altro grande rosso italiano, prodotto a seguito dell’appassimento delle uve, in questo caso Corvina e Corvinone in prevalenza, è l’Amarone, un vino alcolico e morbido, molto avvolgente e pieno al palato. Si accosta bene ai piatti più tipici della tradizione, agli stufati e agli spezzatini.

LAMBRUSCO

Evviva il vino leggero, frizzante e spensierato, ecco il Lambrusco. Le sue caratteristiche sono frizzantezza appunto, tannino giovane ed aggressivo e grande acidità; tutte ottime caratteristiche per contrastare la grassezza nei cibi. Meglio evitarlo con pietanza strutturate.

SANGIOVESE DI ROMAGNA

A differenza delle varie denominazioni toscane a base Sangiovese, sulla sponda orientale dell’Italia si producono vini più semplici, meno strutturati e più adatti ad accompagnare piatti quali primi a base pasta o secondi di carne non troppo strutturati, ad esempio salsicce o maiale in genere.

MONTEPULCIANO D’ABRUZZO

È un vitigno, il Montepulciano, che regala vini di grande corpo, ottima morbidezza e spesso buona alcolicità. Ideali per carni alla griglia e carni in genere, nelle varianti meno corpose non disdegnano salumi locali e primi piatti sempre con condimenti a base carne.

ALL'ABBINAMENTO CIBO-VINOROSSI

QUALCHE VINO ITALIANO

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NEGROAMARO DEL SALENTO

Alcolico, carico di colore e molto morbida al palato, con una nota fruttata sempre ben presente, il negroamaro si accosta bene a carni speziate e talvolta piccanti.

AGLIANICO DEL VULTURE

Lo chiamano il Barolo del Sud, e in effetti per molti versi lo ricorda. Va però considerata una buona, ottima dose di mineralità, data dal suolo vulcanico. È un vino longevo, che meglio si apprezza col passare degli anni. Da il meglio di sé, se abbinato a piatti complessi negli aromi e di buona struttura.

AGLIANICO CAMPANO

Ad eccezione del Taurasi, che gode di grande corpo, l’Aglianico campano, del Sannio, del Taburno o del beneventano, seppur con tutte le differenze date dalle diverse collocazioni è un vino importante, ricco e gustoso ma non eccessivamente strutturato, caratteristica che lo rende adatto a piatti anche meno potenti.

ETNA ROSSO

Vino magro, ma strutturato, sapido e minerale come solo il suolo etneo sa essere. L’accostamento è con primi piatti ricchi e secondi di carne alla griglia o alla brace. Ben si accosta a molti altri piatti, a condizione che ne sappiano reggere la notevole struttura.

QUALCHE VINO ITALIANO

ROSSI�� IDEE

DI ABBINAMENTOPER COMINCIARE

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�� IDEEDI ABBINAMENTOPER COMINCIARE

Di seguito alcuni piatti tipici e conosciuti e un loro possibile corretto abbinamento. Quelli scelti non sono gli unici vini possibili,ma sono delle soluzioni che rispecchiano perfettamente la teoria precedentemente esposta e che, crediamo, possano facilitarne la comprensione.

Buon appetito!

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�� IDEE DI ABBINAMENTO PER COMINCIARE

SALUMI LOMBARDIE OLTREPO’ METODO CLASSICO CRUASÈ

L’aromaticità e la grassezza dei salumi si sposano con l’aromaticità e l’effervescenza del Cruasè. Aroma che bilancia aroma e bollicina che sgrassa. Struttura non eccessiva del piatto, struttura tutto sommato moderata del vino.

CRUDO DI PESCE E BOLLICINE

Un piatto leggero, profumato e sfuggente per un vino leggero profumato e poco persistente. Perché non un crudo di pesce con un buon prosecco dunque? Anche un metodo classico va bene, ma senza eccedere in struttura, quindi no riserve o spumanti con tanti mesi sui lieviti.

COTECHINO E LAMBRUSCO

Il più grasso dei piatti (ma non strutturato) per il vino con più potere “pulente” che esista. Effervescenza, acidità e tannino, che combinano le loro azioni per sgrassare e pulire la bocca dopo ogni boccone.

AMARONE E RISOTTO ALL’AMARONE

Un classico della tradizione veronese per spiegare un concetto semplice: vino in abbinamento identico al vino utilizzato in preparazione. In questo caso l’amarone completa il piatto e lo stesso amarone lo accompagna a tavola. Seppur non necessariamente tutte le condizioni per un perfetto abbinamento siano soddisfatte, di sicuro l’omogeneità dei sapori saprà rendere gradevole l’abbinamento.

CACIUCCO ALLA LIGURE E ROSSESE DI DOLCEACQUA

Un vino rosso con il pesce? Certo! Perché in questo caso la zuppetta, con del pomodoro, la fa da padrone e la necessità è quella di asciugare la bocca e ripulirla. Per tradizione un vino locale, il Rossese appunto.

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LASAGNE ALLA BOLOGNESEE BARBERA DELLE COLLINE BOLOGNESI

La tendenza dolce della pasta (gli amidi valgono quando gli zuccheri) e l’aromaticità del ragù in un piatto non eccessivamente strutturato. Di conseguenza un vino giovane, con la giusta acidità e il giusto tannino, caratteristiche dure che contrastano quelle morbide del piatto e puliscono a dovere il palato.

PICI AL RAGÙ DI CINGHIALEE CHIANTI CLASSICO

Un rosso morbido, con la giusta struttura per un piatto gustoso, ricco e di media struttura. L’aderenza territoriale completa il quadro per un abbinamento dei più riusciti.

FIORENTINA E BRUNELLO DI MONTALCINO

La regina delle carni rosse, la nobile bistecca con l’osso e il re dei rossi toscani. Succulenza e tendenza amara della carne che ben si sposano all’alcolicità e soprattutto al tannino del brunello, insieme alla sua piacevole morbidezza. Ecco fatto un altro degli abbinamenti più riusciti d’Italia.

PANETTONE E MOSCATO D’ASTI

Il più classico dei dolci milanesi con il suo abbinamento storico ed ideale. La leggera struttura di una pasta lievitata, unita all’aromaticità della frutta candita, si accompagna al meglio ad un vino leggero, aromatico e dolce. Ricordate: piatto dolce, vino dolce; mai bollicina secca.

TORTA SACHERE MOSCATO ROSA PASSITO DELL’ALTO ADIGE

Cioccolatosa come pochi, la Sacher è il simbolo del gusto al cioccolato, ottima con il the, ben si accompagna anche al vino. Tra i tanti che potrebbero fare al caso nostro, fra i quali è d’obbligo nominare il Porto, l’abbinamento secondo noi ideale è con una perla dell’enologia italiana, il Moscato Rosa, nella versione passita dolce altoatesina. Dolcezza con dolcezza, media struttura con media struttura.

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SALVADOR DALÌ

“I VERI INTENDITORI NON BEVONO VINO.

DEGUSTANO SEGRETI”

L’idea di creare Wine Point è nata dall’amore e dalla passione per il vino, il territorio e la cultura che lo circondano. La passione di un gruppo di amici, da più di 20 anni “innamorati” di vini, storia, viaggi e soprattutto curiosi di scoprire cosa si nasconde dentro un bicchiere di vino: il territorio, la tradizione, la storia di un paesino o di una città, la filosofia, l’anima e la passione del vignaiolo.

Spinti da un interesse squisitamente personale, già dal 1995, abbiamo iniziato a viaggiare per cantine con l’obiettivo di scoprire questo affascinante mondo. Abbiamo scoperto la ricchezza incredibile dell’Italia, con oltre 350 vitigni autoctoni: la più grande varietà di vitigni del pianeta.Ogni viaggio è stata un’occasione per chiacchierate e confronti con amici in tema di tradizioni, sapori, profumi, abbinamenti, similitudini e differenze con vini di altre zone. Dai viaggi è nata Wine Point, in modo quasi istintivo e naturale, per portare avanti la volontà di fare conoscere la varietà enologica dell’Italia e per trasmettere la ricchezza del vino come percorso alla portata di ognuno di noi.

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“I VERI INTENDITORI NON BEVONO VINO.

DEGUSTANO SEGRETI”

Wine Point è una enoteca italiana leader nella vendita di vino online. Fondata nel 2013 si è subito affermata a livello nazionale grazie a:

RICCA SELEZIONE DI VINIOltre 2000 da tutta Italia e dal mondo

QUALITÀ E VARIETÀDalle grandi cantine come Antinori, Gaja, Bellavista e Ca’ del Bosco alle piccole cantine capaci di vini meravigliosi come Ressia, Clarabella, Tenuta Cucco, Franz Haas.

CONVENIENZANon solo prezzi, ma anche i costi di spedizione più bassi d’Italia, con consegn entro 24-48 ore e soprattutto GRATIS per ordini superiori a 90 euro

PASSIONE, CONTENUTI E IL MIGLIOR SERVIZIO RICONOSCIUTO DALLA COMMUNITY• Oltre 40.000 fan su Facebook• Oltre 10.000 clienti• L’87% si dice molto soddisfatto di aver acquistato da noi• L’85% ci consiglia ad un amico• L’80% considera i nostri prezzi competitivi o molto competitivi Scopri di più su

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IL NOSTRO SOMMELIER

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ALL'ABBINAMENTO CIBO-VINO

IL NOSTRO SOMMELIER

VALERIO SISTI

Sommelier professionista abilitato con diplomi A.I.S. e F.I.S.A.R.Per FISAR oggi è Direttore di Corso nei corsi di formazione per aspiranti Sommelier.È membro per le commissioni d’esame per l’abilitazione al ruolo.Nel 2012 viene eletto Consigliere Nazionale perla stessa Federazione, nel 2015 viene riconfermato ed è oggi membro della Giunta Esecutiva Nazionale.È stato prima ristoratore e poi Sommelier presso l’enoteca della rivista “Viaggi del Gusto”, per la quale ha firmato diverse recensioni di vini.Oggi è docente e consulente libero professionista.Ha gestito i relatori FISAR inseriti nella programmazione di Slow Food presso Expo. In Expo ha gestito i servizi Sommelier presso il padiglione Chile.

Leggi gli articoli di Valerio Sisti nel blog di WinePoint.

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