Alimentazione nella prima infanzia, ciuccio e abitudini dei genitori

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Alimentazione nella prima infanzia, ciuccio e abitudini dei genitori Lange C, Visalli M, Jacob S. et al. Maternal feeding practices during the first year and their impact on infants’ acceptance of complementary food Food Quality and Preference 2013; 29: 89-98 Background L’alimentazione complementare è un periodo di transizione nell’alimentazione dove, durante l’allattamento, si inizano a offrire cibi solidi al bambino . Non sono presenti linee guida evidence based per questa cruciale tappa dello sviluppo del bambino. Scopi Descrivere le pratiche alimentari materne valutandone le conseguenze sull’accettazione di nuovi cibi da parte del bambino. Metodi Studio osservazionale prospettico su una coorte di 203 bambini francesi (programma OPALINE Observatory of Food Preferences in Infants and Children). Compilazione di un diario alimentare durante i primi quindici mesi di vita in cui il genitore annotava ogni introduzione di un nuovo alimento definito come tale in base a caratteristiche sensoriali o di texture (ad esempio, una mela cotta frullata a casa è un alimento differente da una mela pastorizzata omogeneizzata industriale) e se gli alimenti erano stati addizionati con altri sapori (sale, zucchero, spezie, succo di limone, ecc). Inoltre veniva segnalata l’accettazione per ogni nuovo cibo (negativo, molto negativo, positivo, molto positivo). Per l’analisi i cibi sono stati raggruppati in categorie: frutta, verdura, cereali, amidi (pasta, riso, patate), latticini, carne, pesce, biscotti, dessert. Risultati L’età media di inizio dell’alimentazione complementare, definita come introduzione del primo cibo in una serie di cinque occasioni intervallate di tre giorni al massimo, era di cinque mesi (3-7 mesi). Il numero di nuovi cibi introdotti era 13.4/mese in media; i cibi preferiti erano in ordine di gradimento: biscotti, carne, amidi, pesce, latticini, dessert, verdura, frutta. La varietà dei cibi proposta era ampiamente diversificata a secondo delle famiglie, passando da un minimo di 50 a un massimo di 450 nuovi alimenti durante il periodo di studio. La reazione verso i nuovi cibi in generale era positiva nel 91% dei casi, differendo tuttavia tra le diverse categorie. Frutta e verdura all’inizio erano i cibi meno accettati; più precocemente erano offerte verdure, più facilmente era il futuro gradimento di nuove verdure; questo particolare comportamento non era osservato per le altre categorie di cibi. Infine, l’accettazione di nuovi cibi era correlata al numero di cibi offerti nei primi due mesi di alimentazione complementare, particolarmente per frutta e verdura. Non è stata rilevata una correlazione significativa tra allattamento al seno e accettazione di nuovi alimenti. Conclusione Il ruolo del genitore è fondamentale nell’accettazione di nuovi cibi durante l’alimentazione complementare. La proposta di nuovi cibi durante questo periodo ha facilmente successo.

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Alimentazione nella prima infanzia, ciuccio e abitudini dei genitori

Lange C, Visalli M, Jacob S. et al. Maternal feeding practices during the first year and their impact on infants’ acceptance of complementary food Food Quality and Preference 2013; 29: 89-98

Background L’alimentazione complementare è un periodo di transizione nell’alimentazione dove, durante l’allattamento, si inizano a offrire cibi solidi al bambino. Non sono presenti linee guida evidence based per questa cruciale tappa dello sviluppo del bambino.

Scopi Descrivere le pratiche alimentari materne valutandone le conseguenze sull’accettazione di nuovi cibi da parte del bambino.

Metodi Studio osservazionale prospettico su una coorte di 203 bambini francesi (programma OPALINE – Observatory of Food Preferences in Infants and Children). Compilazione di un diario alimentare durante i primi quindici mesi di vita in cui il genitore annotava ogni introduzione di un nuovo alimento definito come tale in base a caratteristiche sensoriali o di texture (ad esempio, una mela cotta frullata a casa è un alimento differente da una mela pastorizzata omogeneizzata industriale) e se gli alimenti erano stati addizionati con altri sapori (sale, zucchero, spezie, succo di limone, ecc). Inoltre veniva segnalata l’accettazione per ogni nuovo cibo (negativo, molto negativo, positivo, molto positivo). Per l’analisi i cibi sono stati raggruppati in categorie: frutta, verdura, cereali, amidi (pasta, riso, patate), latticini, carne, pesce, biscotti, dessert.

Risultati L’età media di inizio dell’alimentazione complementare, definita come introduzione del primo cibo in una serie di cinque occasioni intervallate di tre giorni al massimo, era di cinque mesi (3-7 mesi). Il numero di nuovi cibi introdotti era 13.4/mese in media; i cibi preferiti erano in ordine di gradimento: biscotti, carne, amidi, pesce, latticini, dessert, verdura, frutta. La varietà dei cibi proposta era ampiamente diversificata a secondo delle famiglie, passando da un minimo di 50 a un massimo di 450 nuovi alimenti durante il periodo di studio. La reazione verso i nuovi cibi in generale era positiva nel 91% dei casi, differendo tuttavia tra le diverse categorie. Frutta e verdura all’inizio erano i cibi meno accettati; più precocemente erano offerte verdure, più facilmente era il futuro gradimento di nuove verdure; questo particolare comportamento non era osservato per le altre categorie di cibi. Infine, l’accettazione di nuovi cibi era correlata al numero di cibi offerti nei primi due mesi di alimentazione complementare, particolarmente per frutta e verdura. Non è stata rilevata una correlazione significativa tra allattamento al seno e accettazione di nuovi alimenti.

Conclusione Il ruolo del genitore è fondamentale nell’accettazione di nuovi cibi durante l’alimentazione complementare. La proposta di nuovi cibi durante questo periodo ha facilmente successo.

Hesselmar B, Sjöberg F, Saalman R et al. Pacifier Cleaning Practices and Risk of Allergy Development. Pediatrics 2013; 131: e1829-e1837 Background La cavità buccale accoglie circa 600 specie microbiche. Eczema e allergia sono due condizioni associate a una differente flora microbica intestinale. Scopi Valutazione del rischio di sviluppare allergia in una coorte di bambini esposti a differenti metodi di pulizia del ciuccio. Metodi Studio osservazionale prospettico su 184 bambini svedesi seguiti dalla nascita fino a tre anni (AllergyFlora Study). È stata eseguita una intervista strutturata ogni sei mesi, l’analisi della saliva a quattro mesi di età, una conteggio dell’eosinofilia a diciotto mesi, la valutazione della sensibilizzazione ad alimenti o antigeni respiratori. Sono stati valutati i seguenti fattori confondenti: familiarità per allergia, parto cesareo, presenza di animale domestico in casa, presenza di fratelli/sorelle, scolarità genitori, fumo di sigaretta, allattamento. Risultati I bambini con genitori che pulivano il ciuccio con la propria saliva avevano minori probabilità di presentare asma (OR 0.12; IC 95% 0.01-0.99) o eczema (OR 0.37; IC 95% 0.15-0.91) a diciotto mesi di età rispetto ai bambini con genitori che utilizzavano metodi di sterilizzazione del ciuccio. La protezione contro l’eczema persisteva anche a tre anni. L’analisi multivariata ha indicato che il parto per via vaginale e la pulizia del ciuccio con la saliva producevano un effetto protettivo indipendente e additivo contro lo sviluppo di eczema. Conclusioni Il genitore che pulisce il ciuccio con la saliva può ridurre il rischio di sviluppo dell’allergia nel proprio figlio

Commento Due articoli apparentemente slegati ma che desideriamo commentare insieme. Il genitore discute spesso con il pediatra riguardo al tempo di introduzione di ogni singolo alimento, e ancora si leggono consigli pediatrici su uno specifico timing di introduzione per alcuni alimenti, consigli anticipatori basati soprattutto su motivazioni allergologiche ormai ampiamente superate. Il sapore del cibo ha un’influenza non trascurabile sul comportamento alimentare: è ben conosciuta la capacità di un lattante di accettare un latte amaro se questo viene offerto nei primi due mesi ma non dopo il sesto mese di vita, così come un bambino continua ad apprezzare la frutta se questa è stata introdotta nel primo periodo dell’alimentazione complementare. Lo studio francese sottolinea l’importanza di una dieta estrememente variata durante il primo periodo dell’alimentazione complementare: una ricca varietà di esperienze degustative (sapori e texture) facilita l’accettazione di nuovi cibi, soprattutto riguardo l’offerta di verdure. Questo studio ci dice che un’ampia varietà di esplorazioni gustative è gradita dal bambino, è facile da proporre

con successo e che l’introduzione di tante verdure nei primi mesi di alimentazione complementare favorisce il consumo successivo di verdure: un’obiettivo preziosissimo in uno scenario alimentare occidentale dove l’obesità e le malattie legate a una cattiva alimentazione sono ampiamente diffuse. La ricerca svedese segnala l’associazione tra contatto della saliva del genitore con la microflora della cavità buccale e lo stato immunitario del bambino. Se mamma e papà succhiano il ciuccio invece di disinfettarlo o bollirlo, il bambino presenterà una riduzione di eczema, asma, sensibilizzazione allergica ai cibi a 18 mesi di età. I ricercatori ipotizzano un effetto della microflora presente nella saliva del genitore sulla composizione della flora batterica buccale del bambino attraverso la immunomediazione del tessuto linfoide adenoideo-tonsillare. Un’esposizione a batteri che risulterebbe benefica e non, come si potrebbe pensare, portatrice di malattie infettive che i ricercatori svedesi infatti non hanno rilevato. Ma, aggiungiamo noi, il contatto tra saliva del genitore e bambino è sempre stato presente anche prima dell’invenzione del ciuccio: la premasticazione del cibo offerto dalla mamma al bambino bocca a bocca tramite quello che è stato definito il kiss-feeding è stato il modello di alimentazione complementare che l’umanità ha sempre utilizzato per decine di migliaia di anni e ancor oggi è presente tra le popolazioni di cacciatori raccoglitori [Hewlett BS, Lamb ME. Hunter-Gatherer Childhoods. Evolutionary, Developmental & Cultural Perspectives. Aldine Transaction. New Brunswick, 2005]. Ancora oggi, nelle società tradizionali, i bambini sono alimentati con cibo premasticato, ricco di saliva materna, IgA materne e flora microbica, abitudine che rende possibile l’alimentazione del lattante e favorisce una riduzione di malattie infettive [Pelto GH, Zhang Y, Habicht JP. Premastication: the second arm of infant and young child feeding for health and survival? Matern Child Nutr. 2010;6:4-18], anche se è riconoscito essere un possibile meccanismo di trasmissione per il HIV-1 [Maritz ER, Kidd M, Cotton MF. Premasticating food for weaning African infants: a possible vehicle for transmission of HIV. Pediatrics. 2011 ;128:e579-90], mentre l’effetto della saliva materna è risultato essere addirittura protettivo sul rischio di carie [Harris R, Nicoll AD, Adair PM, Pine CM. Risk factors for dental caries in young children: a systematic review of the literature. Community Dent Health. 2004:21:71-85]. L’utilizzo della premasticazione si è perso nelle società occidentali a causa della diffusione della tubercolosi e sifilide, malattie infettive ampiamente diffuse tra le balie da latte nei secoli scorsi e, ai giorni nostri, per la disponibilità di alimenti omogeneizzati industriali. Sapendo che mangiare lo stesso cibo dei genitori è l’aspetto dei pasti in famiglia più fortemente legato a una dieta salutare per i bambini, il poter offrire una ampia varietà di alimenti, in altre parole gli stessi alimenti presenti sul tavolo di tutta la famiglia, è la scelta vincente per iniziare una buona alimentazione complementare. In questo scenario, la premasticazione sarebbe una preziosa risorsa per i genitori. Speriamo che ulteriori studi sulla relazione tra saliva materna ed effetti immunitari sul bambino possano confermare queste prime importanti conclusioni, anche se la ricerca sperimentale e clinica attualmente preferisce studiare gli effetti dei probiotici.