Alienazione parentale e problema relazionale:le nuove denominazioni della P.A.S.(sindrome di alienazione genitoriale)

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Nel mio capitolo ho riportato analiticamente le criti-che alla teoria della PAS soprattutto dal punto di vi-sta medico; senza riprenderle in questa sede poiché ildiscorso sarebbe troppo lungo, credo sia sufficientericordare che in Italia questa teoria è stata dichiaratapriva di validità scientifica dal Ministro della Salutenell'ottobre del 2012.

Successivamente a questa dichiarazione da parte del-la massima autorità sanitaria e scientifica italiana, iprofessionisti sostenitori della teoria della PAS han-no modificato la terminologia, l'etichetta, iniziando aparlare di alienazione parentale, poi di problema re-lazionale, più recentemente di rifiuto immotivato delminore. Ma nella sostanza con queste nuove denomi-nazioni fanno riferimento al medesimo costrutto teo-rico, quello della PAS, già dichiarato privo di validitàscientifica.

PAS – SINDROME DI ALIENAZIONEGENITORIALE

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Un breve richiamo di natura storica.Nel 1985 un medico statunitense pubblicò un artico-lo parlando di questa nuova malattia da lui scoperta;

la rivista che pubblicò questo articolo non è una rivi-sta scientifica ma solo una rivista di opinioni. Nonsiamo di fronte a concetti scientifici ma solo all'opi-nione di un singolo medico.Come già detto, in Italia la PAS è stata dichiarata pri-va di validità scientifica dal Ministro della salute,quindi inutile continuare a parlarne.Qualche precisazione però va fatta.Con la sua teoria Gardner pretendeva di spiegare ilrifiuto dei figli verso un genitore al momento dellaseparazione o divorzio come dovuto al lavaggio delcervello fatto dall'altro genitore. In questo modoGardner spostava l'attenzione del Tribunale dal com-portamento del genitore rifiutato a quello del genito-re accettato dal bambino.Non prendeva minimamente in considerazione i mo-tivi che avevano portato la famiglia alla separazionee al divorzio, l'eventuale comportamento violento delgenitore rifiutato, o addirittura gli abusi sessualicommessi da quest'ultimo sui figli.

La teoria della PAS aveva la funzione di occultare icomportamenti del genitore rifiutato; è proprio que-sta circostanza che ha portato due ricercatrici dell'I-stituto di Ricerca dei Procuratori Americani ad affer-mare in un loro lavoro del 2003 che

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“La PAS è una teoria non dimostrata che rappre-senta una minaccia per il sistema della giustiziapenale e per la protezione dei bambini abusati”.Minaccia per il sistema della giustizia penale perchéconsente al presunto violento o al presunto abusantedi sfuggire al processo.Le nuove denominazioni della PAS presentano il me-desimo vizio di fondo: occultare la violenza e gliabusi sessuali.

ALIENAZIONE PARENTALE

Un articolo in cui si parla di questa nuova espressio-ne è il seguente, pubblicato da una rivista italiana.

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Il succo dell'articolo? Siccome continuare a utilizzarel'espressione 'sindrome di alienazione genitoriale' ciespone a delle critiche, da ora in poi è preferibile uti-lizzare l'espressione 'alienazione parentale'.

Tutto questo non ha nulla a che vedere con l'inqua-dramento nosografico ma è solo una questione termi-nologica; la nosografia si riferisce alle classificazionie né la PAS né l'alienazione parentale hanno mai tro-vato posto nelle classificazioni ufficiali delle malat-tie.Non è che chiamando la PAS con un altro nome di-venti scientifica.

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IL PROBLEMA RELAZIONALE GENITORE-BAMBINO

La nozione di problema relazionale è nata dopo lapubblicazione del DSM-5; vi era la speranza, da par-te dei sostenitori della PAS, che la quinta edizionedel manuale dei disturbi mentali comprendesse anchela PAS.

Poiché nel DSM-5 non sono stati ricomprese né laPAS né l'alienazione parentale hanno ritenuto diidentificare il medesimo costrutto nel paragrafo delproblema relazionale genitore-bambino; nel com-piere questa operazione, molto discutibile sul pianoscientifico, sono incorsi in grossolani errori di valu-tazione.In primo luogo, il DSM precisa che i problemi rela-zionali non sono disturbi mentali. Compito del CTUè quello di diagnosticare eventuali disturbi mentali, oinfermità, di cui potrebbero essere portatori i peri-ziandi.

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In secondo luogo, il manuale parla di problema rela-zionale genitore-bambino senza specificare se si trat-ti di un problema padre-figlio o di un problema ma-dre-figlio. Nella CTU questo dev'essere specificato,non si può rimanere nel generico; ma di solito non losi fa giungendo ad affermare, contraddittoriamente,che il bambino rifiuta un genitore perché avrebbe unproblema relazionale con l'altro genitore.

La logica vuole che se una persona, bambino o adul-to, manifesta un comportamento di rifiuto versoun'altra persona, il problema relazionale esiste ovvia-mente tra le due persone coinvolte nella relazioneproblematica. Non ha senso tirare in ballo una terzapersona, l'altro genitore.

Se il bambino rifiuta il padre è ovvio che il problemarelazionale esiste tra il bambino e il padre; il bambi-no non ha alcun problema relazionale con la madre,ciò che va analizzata è la relazione padre-figlio.Invece certi CTU sostengono, illogicamente, che ilbambino rifiuta il padre perché ha un problema rela-zionale con la madre e questo problema si chiamaalienazione parentale. Né spiegano razionalmenteperché se il bambino rifiuta il padre ciò accadrebbeper via di un problema relazionale con la madre; silimitano ad affermarlo senza riuscire a dimostrarlo.

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IL RIFIUTO IMMOTIVATO DEL MINORE

Sul cosiddetto rifiuto immotivato c'è un lavoro pub-blicato su questa rivista.

Qui la parola immotivato è messa tra virgolette, e bi-sognerebbe capire il significato di questo virgoletta-to. Comunque apprendiamo che l'età in cui ci sareb-be questo rifiuto immotivato è tra i 7-8 e i 12 anni;perché, scrivono, pur in grado di fare “ragionamentiautonomi si basano su dati concreti”. E anche qui misfugge il senso di questa affermazione: significa chei ragionamenti basati su dati concreti sono immotiva-ti?

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Ne ha dato notizia lo scorso anno anche la stampa:secondo questa tesi poiché il rifiuto del minore sa-rebbe immotivato la sua motivazione starebbe nellacosiddetta alienazione parentale. Interessante l'assio-ma: “Rifiuti immotivati quindi indotti”; ancora piùinteressante questa frase: “aumentano i casi di rifiu-to anche perché non esiste il riconoscimento scienti-fico e giuridico della PAS”. C'è la sostanziale ammis-sione che poiché manca il riconoscimento scientificoe giuridico della PAS si utilizza l'espressione rifiutoimmotivato. L'illogicità di questo concetto è evidente: rifiuti im-motivati quindi indotti. Se sono indotti non sonoimmotivati.Delle due l'una:- O il rifiuto è davvero immotivato e allora non puòavere come motivazione nemmeno l'alienazione pa-rentale.- Oppure il rifiuto è motivato e può avere come moti-vazione la presunta alienazione parentale, tutta da di-mostrare, o altre motivazioni che vanno ricercate, in-dagate. Purtroppo il concentrarsi sulla presunta alie-nazione parentale impedisce l'approfondimento e laricerca delle altre possibili cause del rifiuto.

Un evento può trovare la sua causa in diversi fattori;questo non lo affermo io ma una Sentenza della Su-prema Corte di Cassazione: un evento (quindi anchel'evento rifiuto) può trovare la sua causa alternati-vamente in diversi fattori … il problema dell'inda-gine causale è, nella maggior parte dei casi, quellodella pluralità delle cause.

Ma avrei un'obiezione anche dal punto di vista psico-logico: il rifiuto è un comportamento e la psicologiaci dice che un comportamento ha sempre una suamotivazione.Alcune definizioni di comportamento.Quella dell'Enciclopedia Treccani online

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e quella, più specialistica, dell'Enciclopedia MedicaItaliana.

“una funzione dell’organismo manifestantesi nellediverse specie, indipendentemente dalla complessitàdel sistema nervoso, come una risposta (R) che adat-ta l’organismo stesso al variare delle condizioni in-terne ed esterne originanti lo stimolo (S)”.La voce 'comportamento' è trattata dal Prof. VirgilioLazzeroni, all'epoca Ordinario di Psicologia generalee clinica, Facoltà di Medicina, Università di Siena.Il comportamento è quindi sempre la risposta auno stimolo.Di fronte al comportamento di rifiuto si pone la que-stione di indagare le sue cause, le motivazioni, senzapreconcetti; chiedersi qual è lo stimolo che ha porta-to al rifiuto.

Nella stragrande maggioranza dei casi la causa del ri-fiuto è la paura che il bambino ha verso il genitorerifiutato. Questa paura è palpabile, ci si rende contoimmediatamente che i bambini hanno paura dal lorocomportamento, dalle loro reazioni emotive.Cos'è la paura? Questa è la definizione che ne dà diUmberto Galimberti nel Dizionario di Psicologia:

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“Emozione primaria di difesa, provocata da una si-tuazione di pericolo che può essere reale, anticipatadalla previsione, evocata dal ricordo o prodotta dal-la fantasia. La paura è spesso accompagnata da unareazione organica, di cui è responsabile il sistemanervoso autonomo, che prepara l’organismo alla si-tuazione d’emergenza, disponendolo, anche se inmodo non specifico, all’apprestamento delle difeseche si traducono solitamente in atteggiamenti di lot-ta e fuga”.Galimberti ci dice che la paura è un'emozione pri-maria di difesa e che le reazioni fisiologiche dellapaura non sono sotto il controllo della volontà, nonpossono essere indotte, sono spontanee e involonta-rie.

Sull'emozione della paura è interessante quanto ri-portato nell'Enciclopedia Medica Italiana; il Prof.Leandro Canestrelli, all'epoca Professore Ordinariodi Psicologia, Facoltà di Medicina, Università diRoma, ci dice che la paura è una reazione motivata.

Recenti ricerche di neurobiologia hanno aggiunto ul-teriori elementi.

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Queste ricerche hanno dimostrato che la paura è ge-nerata da alcune cellule nervose che si trovano nelmesencefalo, la parte più antica del cervello, nellaspecie umana, che fa parte del cosiddetto tronco en-cefalico. Le funzioni di questa parte del cervellosono essenziali per la sopravvivenza individuale enon sono sotto il controllo volontario: controllo dellarespirazione, del battito cardiaco, della pressione ar-teriosa, della temperatura corporea, ecc.Di recente sono state individuate in questa zona cel-lule nervose che generano le emozioni, in tutte lespecie animali; a queste cellule è stato dato il nomedi sistemi emotivi di base. La paura è una di questeemozioni.

Queste ricerche hanno rivoluzionato le nostre cono-scenze sulle emozioni; si pensava che le emozioninascessero nelle parti più recenti del cervello, manon è così.

La stimolazione di queste aree, anche negli esseriumani, produce reazioni di paura pur in assenza distimoli paurosi; solo la stimolazione in queste areenon in altre.

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La parte più recente del cervello non è affatto neces-saria per produrre le reazioni di paura, tanto che lapaura è provata anche da animali privi della cortecciacerebrale, o nella specie umana, da bambini che na-scono con una grave malformazione, l'anencefalia,che è l'assenza della corteccia cerebrale.

Questi studi ci fanno comprendere che non bisognasottovalutare la paura, che dietro la paura ci sonomotivi gravi che vanno accertati. Quindi privilegiarel'ascolto delle vittime, il minore e la madre, non sot-tovalutare la loro testimonianza. La teoria della PAS,anche con le denominazioni più recenti ha il soloobiettivo di screditare la testimonianza delle vittime;

per questo continuo a ritenere che il ricorso alla teo-ria della PAS, o alienazione parentale, in corso di se-parazione è la prova provata della veridicità delle ac-cuse.

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