L’encefalo, centro della vita: condizioni per la donazione...

24
L’encefalo, centro della vita: condizioni per la donazione degli organi Con la buona stagione la zanzara “Tigre” rientra in attività La divulgazione scientifica nelle scuole Bollettino Epidemiologico Nazionale ISSN 0394-9303 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale articolo 2 comma 20/c legge 662/96 - Roma Volume 14 - Numero 6 Giugno 2001

Transcript of L’encefalo, centro della vita: condizioni per la donazione...

L’encefalo, centro della vita:condizioni per la donazione degli organi

Con la buona stagione la zanzara “Tigre”

rientra in attività

La divulgazione scientifica nelle scuole

Bollettino Epidemiologico Nazionale

ISSN 0394-9303Post

e Ita

liane

S.p

.A.-

Spe

dizi

one

in a

bbon

amen

to p

osta

le a

rtic

olo

2 co

mm

a 20

/c le

gge

662/

96 -

Rom

a

Volume 14 - Numero 6Giugno 2001

E d i t o r i a l e

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

L’encefalo, centro della vita:condizioni per la donazionedegli organi . . . . . . . . . . . . . . 3

La divulgazione scientificanelle scuole con riferimento alle attivitàdell’ISS . . . . . . . . . . . . . . . . . 14

Il convegno del mese . . . . . 10

Visto… si stampi . . . . . . . . . 17

Bookmark . . . . . . . . . . . . . . 18

BENSIMI e SEIEVA a confronto: valutazione comparativa dei due sistemi di sorveglianza dell’Epatite A in Puglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . iImpatto di una Legge estesa a tutti sull’uso del casco e gliincidenti tra i ciclomotoristi in Italia nel 2000 . . . . . . . . iii

Questo numero ospita tre contributi che invaria misura offrono un quadro della presenzae dell’impegno di questo Istituto su più fronti.L’articolo portante afferisce al Centro Naziona-le Trapianti, l’organismo tecnico di riferimentoper le attività di prelievo e trapianto in Italia,istituito, presso l’Istituto, dalla Legge n. 91 del1° aprile 1999. Tra le sue numerose funzioni ri-cordiamo: il controllo, attraverso il sistema in-formativo, dei trapianti e delle liste di attesa; ladefinizione di regole comuni e condivise perl’assegnazione degli organi, l’emanazione dellelinee guida per le attività dei Centri Regionali eInterregionali; la definizione dei parametri perla verifica della qualità e del risultato delle strut-ture per i trapianti; la gestione dei programmi ditrapianto di carattere nazionale. Il Centro svol-ge un ruolo tecnico-gestionale del sistema tra-pianti in Italia e collabora, fra l’altro, alla pro-mozione dell’informazione. Questo contributosul Notiziario è appunto un aspetto tangibile ditale attività.

Siamo consapevoli che la diffusione dell’in-formazione è parte integrante del lavoro di ri-cerca e delle responsabilità dei ricercatori nei ri-guardi della collettività. L’informazione deve es-sere aggiornata e tempestiva e deve essere dif-fusa in tempi utili. In questo numero di giugno,infatti, abbiamo incluso un articolo su un’emer-genza stagionale purtroppo ricorrente, la zanza-ra “Tigre” che vede nuovamente in primo pianoil ruolo dell’Istituto quale Centro di riferimentoper la sorveglianza e il controllo della specie. Findalla prima comparsa della zanzara “Tigre” inItalia, all’inizio degli anni ‘90, il Laboratorio diParassitologia ha fornito consulenza tecnico-scientifica alle strutture periferiche del SSN neltentativo di frenarne la diffusione.

Infine, un contributo dedicato alla formazio-ne di una coscienza “scientifica” fra i ragazzi inetà scolare, un aspetto certo da non sottovalutareal fine di promuovere un corretto atteggiamento

in età adulta nei riguardi dei problemi sanita-ri in generale.

Direttore responsabile e responsabile scientifico: Enrico GaraciVice Direttore: Franco PiccinnoRedattore capo: Paola De Castro

Redazione: Carla Faralli, Lorenza Scotti, Alessandro SpurioProgetto grafico: Eugenio Morassi, Franco Timitilli

Grafica: Cosimo Marino CurianòComposizione e distribuzione: Giovanna Morini, Patrizia Mochi

Sviluppo versione Web (http://www.iss.it/notiziario): Marco Ferrari, Stefano Guderzo

Istituto Superiore di SanitàPresidente: Enrico Garaci - Direttore generale: Romano R. Di Giacomo

Viale Regina Elena, 299 - 00161 RomaTel. 0649901 - Fax 0649387118

e-Mail: [email protected] - Sito Web: http://www.iss.itTelex 610071 ISTSAN I - Telegr. ISTISAN - 00161 Roma

Iscritto al n. 475/88 del 16 settembre 1988. Registro Stampa Tribunale di Roma© Istituto Superiore di Sanità 2001

Numero chiuso in redazione il 22 giugno 2001Stampa: Chicca - Tivoli

IVC news 15 . . . . . . . . . . . . 20

L’encefalo, centro della vita:condizioni per la donazione degli organi

Con la buona stagione la zanzara “Tigre”

rientra in attività

La divulgazione scientifica nelle scuole

Bollettino Epidemiologico Nazionale

ISSN 0394-9303Post

e Ita

liane

S.p

.A.-

Spe

dizi

one

in a

bbon

amen

to p

osta

le a

rtic

olo

2 co

mm

a 20

/c le

gge

662/

96 -

Rom

a

Volume 14 - Numero 6Giugno 2001

Con la buona stagione la zanzara “Tigre” rientra in attività . . . . . . . . . . . . . . . 11

S o m m a r i o

encefalo e il tronco en-cefalico sono strutture

molto complesse, deputatea svolgere innumerevoli

funzioni e a regolarne tante altre,tutte fondamentali per l’essereumano.

Il cervello è l’origine di tutte leattività dell’uomo, la sede della per-sonalità, dei sensi, delle attività su-periori quali: l’intelligenza, il pen-siero, la memoria, le emozioni. Maanche la sede di controllo di tutti iprocessi vitali quali: il respiro, ilbattito cardiaco, la termoregolazio-ne, la fame, la sete.

Quest’organo è costituito da ol-tre 100 miliardi di cellule nervose;ogni cellula nervosa, detta neuro-ne, ha almeno duecentomila colle-gamenti, detti sinapsi, con lecellule molto vicine, ma an-che molto di-stanti come quel-le del midollovertebrale. O-gnuna di questecellule svolgefunzioni alta-mente specializ-zate e precise in modo conti-nuativo, anche durante ilsonno.

Per disporre dell’energia neces-saria a mantenere e coordinare tut-te queste funzioni, le cellule del cer-vello hanno bisogno di un conti-nuo rifornimento di sostanze nu-tritive, prevalentemente glucosio ein particolare di ossigeno. È suffi-ciente una interruzione di pochiminuti dell’afflusso di sangue ossi-genato per danneggiare e a volte di-struggere tutte le cellule cerebrali.L’importanza e la vulnerabilità diqueste strutture spiegano la lorocollocazione anatomica.

Si trovano all’interno di una ro-busta struttura ossea, la scatola cra-nica, sono sospese in un liquidoprotettivo, liquor cefalo-rachidia-no, e sono avvolte da membraneprotettive, le meningi. Le vie nu-trizionali del cervello sono assicu-rate da arterie e vene, mentre i varisistemi di comunicazione e funzio-nali dai nervi (Figura 1).

ANATOMIA E FISIOLOGIADa un punto di vista schemati-

co il cranio può essere consideratocome un recipiente relativamenterigido e robusto contenente al suointerno un organo piuttosto fragi-le, l’encefalo (cervello, tronco, cer-velletto) che è connesso diretta-mente col contenuto del canale ver-

tebrale, il midollo. Il liquorcefalo-rachidiano, nel quale è

sospeso quest’or-gano, oltre ad al-tre funzioni, haanche il compitodi proteggerel’integrità delcervello da even-ti traumatici

esterni, così come fa il liquidoamniotico nei riguardi del feto

nell’utero materno. Il rapporto vo-lumetrico delle tre principali com-ponenti encefaliche (encefalo, li-quor e contenuto ematico) deve re-stare sempre costante. Ogni espan-sione di volume di ciascuna delletre componenti, a causa della scar-sa compressibilità della loro mate-ria costitutiva, deve avere di conse-guenza un’analoga e contraria va-

riazione delle altre, inversamenteproporzionale al volume, in mododa mantenere costante la pressioneendocranica.

Provando grossolanamente aimmaginare un viaggio virtuale alcentro dell’encefalo, partendo dal-l’esterno troviamo la corteccia, cheè uno strato di cellule che avvolgetutta la massa cerebrale. È la sededelle attività superiori dell’uomo,dell’intelligenza, del pensiero, del-la memoria, della personalità nelsuo complesso. Alla corteccia arri-vano tutti i messaggi provenientidai sensi e da essa partono i segna-li che ci permettono di comandarela muscolatura.

Spingendoci più in profonditàincontriamo un ammasso di cellu-le, corpo, che sovrintendono ai bi-sogni primordiali dell’uomo e alleemozioni. Fame e sete, dolore e pia-cere, collera e gioia vengono rego-lati da queste strutture cellulari.

Ancora più internamente nellamassa cerebrale, alla base del cranio,nel punto più protetto, al confinecon il midollo spinale, si trova iltronco cerebrale, sede, oltre che deiriflessi e del controllo di molti vi-sceri, anche dei centri che regolanoil respiro e la temperatura corporea.Siamo arrivati alle strutture che per-mettono la vita, alla fine del viaggio.

Da qui partono i segnali che ga-rantiscono gli automatismi respira-tori e che mantengono costante la

L’encefalo, centro della vita:condizioni per la donazione

degli organi

Sante Venettoni1, Angelo Ghirardini1, Daniela Storani1,Paola Di Ciaccio1, Gabriella Scuderi2 e Alessandro Nanni Costa1

1 Centro Nazionale per i Trapianti, Istituto Superiore di Sanità2 Laboratorio di Immunologia, Istituto Superiore di Sanità

Il cervello è costituito da oltre 100 miliardi

di cellule nervose

Sante Venettoni

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

temperatura in modo da permetteretutti i processi biologici e chimici in-dispensabili per la vita (Figura 2).

Se questi centri vengono diret-tamente danneggiati le conseguen-ze sono sempre di estrema gravità,al punto da condurre il paziente al-la morte cerebrale (Figura 3).

La morte cerebrale si identifica,quindi, con la cessazione irreversi-bile di tutte le funzioni dell’encefa-lo (President’s Commission for theStudy of Ethical Problems in Medi-cine and Biochemical Research) erappresenta la forma più attuale del-la definizione di morte. In realtàl’uomo muore da sempre nella stes-sa maniera, solo che oggi, grazie al-la scienza e alla tecnologia, è cam-biata la capacità di identificare l’ini-zio di questo processo nel momen-to in cui esso diviene irreversibile.

Le prime descrizioni di esso ri-salgono al 1959 (1), quando duestudiosi francesi (Mollaret e Gou-lon) descrissero per la prima volta23 pazienti in coma profondo,areattivi e senza attività del troncoencefalico, nei quali veniva mante-nuta l’attività cardiaca mediantesupporto respiratorio; questa con-dizione venne da loro definita co-ma depassé, cioè uno stato clinicoche andava ben al di là del coma.

Fu il primo passo verso l’attualedefinizione di morte cerebrale, oggiuniversalmente accettata e inequi-vocabilmente documentata (2, 3).

Infatti le conoscenze acquisitein questi anni, che hanno condot-to all’adozione delle attuali tecni-che di rianimazione, hanno dimo-strato che la definizione della mor-te intesa come arresto della funzio-ne cardio-respiratoria non è piùadeguata, in quanto è possibile, inalcuni casi, ripristinare le funzionivitali in pazienti con arresto tem-poraneo del respiro e dell’attivitàcardiaca, mentre non è mai stato enon sarà mai possibile ripristinarela cessazione delle funzioni deltronco encefalico.

Le tecniche di rianimazionehanno consentito quindi di vica-riare alle principali funzioni biolo-

giche (cuore, circolo, respiro) conmezzi strumentali, permettendo dicreare un’apparenza di vita del tut-to artificiale, anche in quei pazien-ti con lesioni neurologiche totali eirreversibili, rendendo di fatto pos-sibile mantenere in condizionistraordinarie un cuore battente, re-ni e fegato funzionanti e così via.

Tuttavia l’attuale definizione dimorte, accettata e condivisa da tut-to il mondo scientifico, lascia qual-che perplessità nell’opinione pub-blica, perplessità che spesso sonodovute alla confusione che si fa tracoma e morte cerebrale.

Il coma è una condizione clini-ca complessa, un’alterazione dellostato di coscienza, che comprendepiù stadi di diversa gravità. In que-sta particolare condizione, che hadelle caratteristiche ben precise, siha un’alterazione del regolare fun-zionamento del cervello. Per primacosa viene a mancare la capacità direlazionare con il mondo esterno:la persona non è vigile, non è orien-tata nel tempo e nello spazio, nonè capace di produrre pensieri co-erenti, non sa realizzare azioni vo-lontarie. In secondo luogo, si ha lariduzione della risposta ai segnaliesterni; il cervello non coglie i mes-saggi che vengono dai sensi e nonproduce risposte ai messaggi. In

����������������

������������� �����������

�����������

Figura 2 - Sezione del tronco cerebrale. In questa struttura risiedono i centridel respiro e della termoregolazione

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

������������

������������������

������������������ �����������

������

Figura 1 - Principali strutture vascolari del cervello. Questi vasi rappresenta-no le principali vie nutrizionali dell’organo

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

terzo luogo, vengono a mancare glistimoli necessari per alcuni bisognifondamentali quali fame, sete, ecc.

Il coma è pertanto l’espressioneclinica di un danno cerebrale che,se circoscritto, procurerà una lievealterazione funzionale, se vasto l’al-terazione sarà più grave e coinvol-gerà un maggior numero di fun-zioni e facoltà. Il coma, quindi, èuno stato clinico dinamico che sipuò superare solo se, spontanea-mente o con le terapie, è possibilela riparazione del tessuto nervoso.La sua dinamicità può essere per-tanto regressiva (verso la guarigio-ne) anche se a volte solo parziale, oprogressiva (verso la morte). Inquesti casi, tuttavia, siamo di fron-te a pazienti certamente con gra-vissime lesioni, ma indubbiamentevivi, sui quali si deve attuare qual-siasi presidio terapeutico che sia ingrado di curarli.

La morte cerebrale, a differen-za del coma, è invece l’espressioneclinica di un danno encefalico to-tale e irreparabile, irreversibile edefinitivo.

L’individuo non solo non hapiù personalità, intelligenza, me-moria; non è più in grado di pro-vare fame, sete, emozioni; ma nonriesce più nemmeno a respirare ea mantenere la propria tempera-tura corporea senza l’ausilio dellemacchine.

Tale condizione rappresenta unpunto di non ritorno in quantol’organo che produce e regola tuttequeste attività, il cervello, è irrime-diabilmente distrutto.

Il cervello è distrutto non solosul piano della funzionalità, ma an-che su quello anatomico perché lecellule morte cominciano a de-comporsi e gli enzimi che si libera-no, conseguenza di questa de-composizione, aggredisconoe demolisconole altre cellule,innescando co-sì un meccani-smo inarresta-bile (dopoqualche ora,nelle autopsie,si ha il riscon-tro di questoquadro).

La perdita completa e irre-versibile di tutte le funzioni dell’en-cefalo costituisce la morte cerebrale,cioè la morte della persona.

Questa condizione, proprioperché dimostra la morte comeprocesso e non come evento, è l’u-nica situazione che permette, a sco-po di trapianto terapeutico, il pre-lievo degli organi, ancora funzio-nanti (reni, cuore, fegato, polmo-ni, ecc.) dal donatore cadavere. Ta-le condizione viene sempre docu-mentata e certificata attraverso pro-

cedure molto precise che analizze-remo di seguito. Esse sono regola-mentate dalla Legge n. 578 del 29dicembre 1993 e dal Decreto Mi-nisteriale del 22 agosto 1994 (4, 5).

LA DIAGNOSI CLINICAUna persona che subisce una le-

sione primitiva dell’encefalo, comeun grave trauma cranico, arriva alcentro di rianimazione, o al centrodi neurotraumatologia o neurochi-rurgia, se è di pertinenza chirurgi-ca, spesso in gravissime condizionicliniche. Per prima cosa, se il pa-ziente non è in grado di respirareda solo, si ripristina il respiro conl’aiuto di una macchina, il respira-tore automatico, e si procede altentativo di riparare quei danni chemettono in pericolo la vita dellapersona. Se i tentativi di cura nonproducono alcun effetto, la pro-gnosi generalmente è molto grave.

L’iter diagnostico prevede che,dopo aver verificato le condizionicliniche generali, si esaminino lecondizioni funzionali del cervello

attraverso una serie di proveche la tecnologia mette a no-

stra disposi-zione. Si cer-cano i segni diattività deltronco, perchéè quella piùimportante,quella piùprotetta, l’ulti-ma a essere di-

strutta. Se viene accertata e do-cumentata l'abolizione di tutte le

funzioni del tronco, siamo assolu-tamente certi della morte (6).

Il primo segno, quello più evi-dente, è rappresentato dall’assenzadel respiro spontaneo. Se manca, lasituazione è indubbiamente gravis-sima e si comincia a sospettare lamorte cerebrale.

Abbiamo già detto come iltronco cerebrale sia la sede di ori-gine di alcuni riflessi, detti riflessidel tronco, che partono dai cosid-detti nuclei dei nervi cranici, in tut-

����������������������� ��!����������!�����"

�#�����$�#%"��!���"

�����������#����"�������#"����

��#�����

���������

������������������&� ����'���������������((�&�� ���������������������������

���������(������ �����������������'�������

���)�����)*�!�)����!���$��"%��#� �������

������

����$#��+�#�"!�#�"����!�%��#�������'"!����

��")���������" ���"

�������������

La perdita completa e irreversibile di tutte

le funzioni dell’encefalocostituisce

la morte cerebrale

Figura 3 - Dalla corteccia, sede delle attività superiori dell’uomo, al troncodove risiedono i processi chimici e biologici che permettono la vita

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

to 12. Per provare la vitalità o lamorte di queste strutture, si cercadi evocare i rispettivi riflessi, ovve-ro di produrli attraverso stimoliesterni che arrivano al cervello at-traverso le vie afferenti e produco-no una determinata reazioneattraverso le vie efferenti.

Uno diquesti è il ri-flesso fotomo-tore della pu-pilla: se c’èbuio questa siallarga, in pre-senza di luce sirestringe. I soggetti in condi-zione di morte cerebrale han-no sempre le pupille dilatate e, an-che se si colpiscono con una sor-gente luminosa molto forte, nonhanno alcuna reazione allo stimololuminoso, cioè non si restringono.Il suddetto riflesso stimola due pre-cise aree del cervello che sono at-traversate da due nervi: il nervo ot-tico (2° paio di nervi cranici) per lavia afferente, il nervo oculomotore(3° paio di nervi cranici) per la viaefferente.

Un’altra prova che viene sempreeseguita è l’evocazione del riflessocorneale: se si stimola con un cor-po estraneo la cornea in un sogget-to vivo si attiva un meccanismo didifesa per cui si chiude automati-camente la palpebra. Il soggetto inmorte cerebrale non attiva alcunmeccanismo di difesa. Anche que-sto riflesso stimola due precisi ner-vi: il nervo trigemino (5° paio dinervi cranici) per la via afferente, ilnervo facciale (7° paio di nervi cra-nici) per la via efferente.

Altro riflesso evocato è quellooculo-cefalico che si ricerca giran-do passivamente la testa del pa-ziente; i globi oculari deviano insenso opposto a quello del movi-mento del capo: fenomeno dettodegli occhi di bambola. Anche inquesto caso si stimolano nervi benprecisi: il nervo stato-acustico (8°paio di nervi cranici) per la via af-

ferente, il nervo oculo-motore, tro-cleare, abducente (3°,4°,6° paio dinervi cranici) per la via efferente.

Ancora una prova che viene ese-guita consiste nell’evocazione delriflesso oculo-vestibolare: se in un

soggetto vivo viene iniettatacon una siringa dell’acqua

fredda nel con-dotto uditivo siosserva comereazione la de-viazione ocula-re dallo stessolato di iniezio-ne. Nel sogget-

to in morte cerebrale (cadave-re) i bulbi oculari rimangono fissi

senza alcuna deviazione. Anche conquesto riflesso si vanno a stimolaredue nervi precisi: il nervo vestibo-lare (8° paio di nervi cranici) per lavia afferente, il nervo oculomotoreabducente (3° e 6° paio di nervicranici) per la via efferente.

Sempre tra i riflessi del tronco, èda evocare il riflesso glosso-farin-geo: se si stimolano, con un sondi-no, il velo palatino e l’orofaringe,nel soggetto con questi circuiti deltronco integri (vivo) si ha come ri-sposta immediata il conato di vo-mito o il riflesso tussigeno. Nel sog-getto in morte cerebrale non siha alcuna risposta. Anche inquesto casovengono sti-molati duenervi precisi: ilnervo glossofaringeo (9°paio di nervicranici) per lavia afferente, ilnervo vago (10° paio di ner-vi cranici) per la via efferente.

Altra verifica dell’integrità deltronco è il test dell’apnea, di cui ab-biamo accennato prima, che serveper verificare l’assenza di movi-menti respiratori anche se inade-guati a determinare un vero respi-ro efficace (respiro spontaneo).Questo test non è altro che la veri-

fica dell’assenza di un normale e fi-siologico processo di attivazionemuscolare che in sequenza produ-ce atti di inspirazione.

Sappiamo che il cervello nor-malmente impone degli atti respi-ratori spontanei o sotto il control-lo della volontà, che garantisconol’ossigenazione del sangue e l’al-lontanamento della anidride car-bonica (pCO2) permettendo al-l’individuo di vivere. La frequenzadi questi atti è adeguata al tipo diattività che si sta facendo in un da-to momento. Per cui in condizio-ni di riposo ci sarà un basso con-sumo di ossigeno (O2) e scarsaproduzione di anidride carbonicae quindi la frequenza degli atti sa-rà relativamente bassa, mentre incondizioni di sforzo ci sarà una ri-chiesta maggiore di ossigeno eduna relativa maggiore produzionedi anidride carbonica per far fron-te ai quali deve corrispondere unamaggiore frequenza di atti respira-tori. Queste sono regolazioni cheil cervello fa automaticamente inbase alle richieste dell’organismo inquel momento. Tuttavia noi pos-siamo in qualche modo modifica-re queste impostazioni automati-che, regolando volontariamente la

frequenza respiratoria rispet-to ad un dato momento. Per

esempio, se de-cidiamo ditrattenere il re-spiro (apnea)possiamo im-porre la nonattivazione delrespiro sponta-neo per un cer-

to tempo che è variabile in rap-porto alla capacità di espansionedei nostri polmoni e in rapportoalla velocità di consumo di ossige-no del nostro organismo, ma so-prattutto alla quantità di anidridecarbonica che si accumula nel san-gue. C’è però un limite oltre il qua-le, a prescindere dalla nostra vo-lontà, il cervello impone di respi-

Nel soggetto in mortecerebrale i bulbi oculari

rimangono fissi senza alcuna deviazione

I test vengono ripetutidiverse volte

durante il periodo di accertamento di morte

rare pena la sua sopravvivenza.Questo limite è dovuto alla con-centrazione di anidride carbonica(pCO2) nel sangue ed è stato indi-viduato con un valore soglia checorrisponde a 60 mmHg (millime-tri di mercurio). Cioè, se il tasso dianidride carbonica nel sangueraggiunge questi valori, in-dipendente-mente dallanostra volon-tà, si attivaautomatica-mente il mec-canismo direspiro. Il testdi apnea non fa altro cheprodurre una condizione diaccumulo di anidride carbonica perverificare se si attiva un atto inspi-ratorio. Tecnicamente, il test puòessere eseguito in vari modi tuttivolti a portare la concentrazione dianidride carbonica a un valoreuguale a 60 mmHg, quindi si dis-connette il soggetto dal respiratoreautomatico e viene collegato al cir-cuito di Waters con flusso di O2(ossigeno puro) e mantenuto in ta-le condizione per 5-10 minuti. Inqueste condizioni, se il tronco en-cefalico è anche minimamente fun-zionante, si attivano automatica-mente i centri dell’inspirazione; nelsoggetto in morte cerebrale non viè alcun cenno di respiro spontaneo.Questa prova presenta alcune con-dizioni critiche per la vitalità deglialtri organi, poiché per innalzare illivello di anidride carbonica nelsangue si deve sospendere la venti-lazione meccanica rendendo quin-di più precario l’apporto di ossige-no, la cui concentrazione ematicadeve essere tale da non danneggia-re la normale funzionalità degli al-tri organi. Infatti, qualsiasi organoche non riceve sangue ossigenatoviene esposto a un grosso insultoanossico che si ripercuote sulle cel-lule parenchimali dell’organo stes-so, pregiudicandone il normalefunzionamento.

I test sopra descritti vengono ri-petuti diverse volte (almeno tre) du-rante il periodo di accertamento dimorte che, nei soggetti adulti è di 6ore, nei bambini da uno a cinqueanni è di 12, e nei neonati fino adun anno è di 24 ore.

Se in questo arco di tempo,una sola di queste prove do-

vesse modifi-carsi, se doves-se cioè compa-rire uno solodei riflessi evo-cati, l’accerta-mento nonpotrebbe pro-

seguire e di conseguenza non sa-rebbe possibile dichiarare e certifi-

care il decesso del paziente. Nei pae-si di lingua anglosassone le suddetteprove, che si riferiscono alla diagno-si clinica, sono considerate sufficien-ti da sole per porre diagnosi di mor-te con assoluta certezza. In Italia, tut-tavia, la legislazione chiede un’altraprova, l’elettroencefalogramma (re-gistrazione dell’attività cerebrale).

LA DIAGNOSISTRUMENTALE

Le cellule cerebrali durante la lo-ro funzione producono energia elet-trica in quanto questo è il modo concui comunicano tra di loro. La tec-nologia, attraverso un apparecchio(elettroencefalografo), ci permettedi registrare anche il più piccolo se-gnale elettrico che proviene da que-

ste cellule. Se il cervello è leso an-che gravemente, ma non tutte le suecellule sono morte, l’elettricità pro-dotta dalle cellule funzionanti vie-ne captata e registrata dall’apparec-chio. L’elettroencefalografo, anchein presenza di piccolissime caricheelettriche, produce un tracciatomosso con picchi variamente distri-buiti, ben definiti ed evidenti; se in-vece tutte le cellule del cervello so-no morte, il tracciato prodotto nonregistrerà alcuna attività elettrica (si-lenzio elettrico cerebrale). Questa èla prova strumentale che avvaloraulteriormente la diagnosi clinica al-la quale si arriva evocando anche isoli riflessi sopra descritti.

In alcuni casi particolari vienepraticato anche l’esame del flussoematico cerebrale (Figura 4). Que-sto ulteriore accertamento permettedi visualizzare radiologicamente tut-ti i rami vascolari che portano san-gue ossigenato al cervello. Nel sog-getto in vita questi vasi sono ben evi-denziabili e anche in presenza digrosse lesioni endocraniche si pos-sono identificare i condotti vascola-ri illesi, quelli colpiti e l’entità deldanno prodotto. In presenza di unsoggetto in morte cerebrale la visua-lizzazione di queste arterie si arrestaalla base del cranio, non va oltre, ècome se oltre questo punto non cifosse più niente. Questo perché inpresenza di ipertensione intracrani-ca, quando questa supera il valoredella pressione media del sangue,

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

Le capacità diagnostiche e di monitoraggio

sono oggi molto sofisticate

������� ��'��

Figura 4 - L’esame del flusso ematico cerebrale. Nel soggetto in morte cere-brale la visualizzazione delle strutture vascolari si arresta alla base del cranio(immagine a destra)

qualunque sia l’evento lesivo scate-nante (trauma esterno o emorragiainterna) il cervello si gonfia (edema)producendo una pressione endocra-nica tale da non permettere al san-gue ossigenato di arrivare al suo in-terno, procurando così l’arresto diflusso. Non arrivando più sangue, ilcervello in pochi minuti (4-8 minu-ti) viene completamente danneggia-to in modo irreversibile sino alla di-struzione e va in necrosi (Figura 5).

Il cuore nel frattempo continua,seppur con l’aiuto farmacologico, abattere spontaneamente. Questo fe-nomeno rappresenta, per l’opinionepubblica, un altro ostacolo allacompleta accettazione del concettodi morte cerebrale, generando falsesperanze e illusioni in quanto pro-duce la sensazione che la personanon sia effettivamente morta, checi sia la possibilità, anche minima,di vederla tornare in vita.

In realtà, il cuore continua a bat-tere solo perché è un muscolo otti-mo ed efficiente la cui funzione è re-sa possibile dalla respirazione artifi-ciale e da sostanze farmacologicheadeguate. Questa situazione può es-sere mantenuta anche a lungo, masolo artificiosamente e con una otti-ma terapia intensiva. Senza il sup-porto intensivo anche il cuore ine-sorabilmente si arresta. La condizio-ne di cadavere a cuore battente, co-

me questa è definita, è possibile perla grande robustezza di quest’orga-no, ma è solo un segno di cosiddet-ta vitalità residua. Esistono altrimeccanismi biologici autonomi, co-me lo sono la crescita delle unghie edella barba che continuano per gior-ni dopo l’avvenuto decesso, ma chenon depongono certo per un segnodi vita della persona, testimonianosolo la resistenza di questi tessuti al-la mancanza di ossigeno.

In sostanza, per morte cerebralesi intende sempre la morte della per-sona, diagnosticata però utilizzandocriteri cerebrali anziché criteri car-diologici. In realtà anche quando ilprocesso di morte inizia dall’arrestocardiaco, alla morte si perviene soloquando la funzione del tronco e delcervello sono cessate in maniera ir-reversibile e definitiva.

Le capacità diagnostiche e dimonitoraggio sono oggi molto sofi-sticate e in virtù della loro maggio-re sensibilità è possibile fare dia-gnosi in una fase in cui il processodi morte, pur coinvolgendo irrever-sibilmente il paziente in quanto or-ganismo, non ne ha ancora coin-volto pienamente e irreversibilmen-te i singoli organi.

Un’altra perplessità che limital’accettazione del concetto di mor-te cerebrale è rappresentata dallatemperatura calda del corpo.

Anche la temperatura, come ilbattito cardiaco, è da sempre consi-derata un segno di vita, per cui la suapresenza nei casi di morte a cuorebattente (morte cerebrale) può in-durre false speranze e illusioni. Ilcentro che regola la temperatura cor-porea è situato, insieme a quello delrespiro, nel tronco cerebrale e, diconseguenza, cessa di funzionarecon la morte delle cellule che locompongono. Il corpo tende imme-diatamente a raffreddarsi e allora,per favorire i tentativi di rianima-zione, viene riscaldato artificialmen-te, sia attraverso le infusioni di far-maci riscaldati, sia attraverso unasemplice resistenza elettrica incor-porata nel letto. Nella morte cere-brale, senza questi interventi, la tem-peratura si porterebbe rapidamentea livello della temperatura ambientee, al tatto, il corpo sarebbe gelido.

Tutti gli accertamenti diagnosti-ci sopra descritti vengono eseguitiprima e ripetuti durante il periododi osservazione, durante il qualeuna commissione medica, compo-sta da un anestesista-rianimatore,da un neurologo esperto in elet-troencefalografia e da un medico le-gale, verifica per più volte, ognunadelle quali per almeno 30 minuti(all’inizio, a metà e alla fine dell’os-servazione) la contemporanea as-senza delle condizioni sopra de-

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

������ ��

�����

����������'����������

�������������

Figura 5 - Evoluzione del trauma. La prima conseguenza è spesso l’emorragia interna che scatena l’edema dell’organoche a sua volta procura un arresto di sangue ossigenato al cervello. In pochi minuti segue la totale distruzione

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

scritte (7). Il loro compito è quellodi giungere all’unanimità e con as-soluta certezza a una diagnosi chia-ra, precisa, inconfutabile. La proce-dura diagnostica, basata sull’inte-grazione tra l’osservazione clinica ditutti i segni sopra descritti e laverifica attraverso gli accer-tamenti stru-mentali (elet-troencefalo-gramma, oarteriografiacerebra le ) ,deve dimo-strare l’irre-versibilità delprocesso. Data la rigorositàdalle metodiche adottate,essa non è suscettibile di errori. Leprocedure di accertamento di mor-te non sono tuttavia limitate e fina-lizzate al prelievo degli organi, nel-la prospettiva di un eventuale tra-pianto, bensì vengono richieste epraticate in tutti quei casi nei qualic’è il riscontro clinico-strumentaledella morte cerebrale, indipenden-temente dalla destinazione del ca-davere.

CONCLUSIONISe è certamente drammatica l’i-

potesi di classificare morta una perso-na che invece è viva, è terribile e so-cialmente riprovevole classificare co-me viva una persona già morta, in-gannando i parenti e protraendo inu-tilmente nel tempo cure intensive chesi trasformano non tanto in accani-mento terapeutico quanto in vilipen-dio di cadavere. Non arrivare, in tem-pi adeguati al contesto, a una diagno-si corretta della morte è una colpa.

Una volta accertato e certificatolo stato di morte, di fronte a unamanifestazione di volontà che ac-consente al prelievo, espressa in vi-ta dal soggetto, o attraverso la nonopposizione dei familiari, il cadave-re può essere candidato al prelievodegli organi a scopo di trapianto (8).

A questo punto del percorso, lapossibilità che il cadavere diventi real-

mente un donatore di organi dipen-de da diversi fattori che vanno dallasensibilità sociale della popolazioneall’atteggiamento del personale sani-tario delle rianimazioni, richiedendo,per ogni sua fase, la partecipazione

dell’intera struttura ospedalierae regionale dove questa attività si

svolge. L’interoiter, che coinvol-ge figure profes-sionali di struttu-re e discipline di-verse, è fatto ditanti momentiimportanti e par-cellizzati che non

possono essere lasciati all’improv-visazione. Esso richiede quindi entu-siasmo, professionalità e collabora-zione organica fra quanti direttamen-te o indirettamente partecipano alprogramma: dalle rianimazioni aicentri di coordinamento e ai centri ditrapianto, dai laboratori alle direzio-ni sanitarie, dalle istituzioni alle com-pagnie di trasporto.

In conclusione, di fronte all’asso-luta certezza della morte di una per-sona, la scienza ci offre la possibilitàdi ridare o migliorare la vita di tantealtre. Se l’uomo comprende che il gestodella donazione di organi e tessuti è unatto di grande solidarietà, ma anche dipossibile garanzia di vita per se stesso,forse allora l’intelligenza umana potràavviarsi su una strada meno acciden-tata per vincere ancora sulla sofferen-za e sulla morte (R. Cortesini).

Il donatore di organi rappresentapertanto un bene per la società chedeve essere tutelato e mantenuto incondizioni di perfusione ottimale an-

che post-mortem, al fine di garantirele migliori condizioni possibili difunzionalità degli organi prelevabili.

Riferimenti bibliografici

1. Mollaret P, Goulon M. Revue Neurol1959; 101: 4-15.

2. Report of the Ad Hoc Commitee ofthe Harvard Medical School to exa-mine the definition of brain death.Jama 1968; 205: 337-40.

3. Guidelines for the determination ofdeath. Report of the Medical Consul-tants on the Diagnosis of death to thePresident’s Commission for the Studyof Ethical Problems in Medicine andBiomedical and Behavioral research.Jama 1981; 246 (19): 2184-86.

4. ITALIA. Legge 29 dicembre 1993,n.578. Norme per l’accertamento ela certificazione di morte. GU 8 gen-naio 1994, n. 5.

5. ITALIA. Decreto Ministero della Sani-tà 22 agosto 1994, n.582. Regolamen-to recante le modalità per l’accerta-mento e la certificazione di morte. GU19 ottobre 1994, n. 245 (V. errata –corrige GU 29 ottobre 1994, n. 254).

6. Jorgensen EO. Acta neurochir 28,1973; 259.

7. Frova G, Barozzi O, Bacchini T. Dia-gnosi e accertamento di morte cere-brale. In: F. Procaccio, A. Ghirardi-ni, A. Nanni Costa, et al. (Ed.). Ma-nuale del Corso Nazionale per coor-dinatori alla donazione e prelievo diorgani. Editrice Compositori s.r.l.Bologna. III ediz., 2000. p. 145-51.

8. ITALIA. Legge 1° aprile 1999, n.91.Disposizioni in materia di prelievi edi trapianti di organi e di tessuti. GU15 aprile 1999, n. 87.

Per informazioniSante Venettoni

Centro Nazionale Trapianti - ISS Viale Regina Elena, 299Telefono 06 49903603

Fax 06 49903611e-Mail: [email protected]

e-Mail: [email protected]

Il gesto della donazionedi organi e tessuti

è un atto di grandesolidarietà

In briefThe encephalon, center of life: conditions for organ donation

Organ donation for therapeutical transplants after death is today a pivotalsocial topic. Understanding the clinical conditions that make donation possibleis an important step for a free and aware choice by each person. The purpose ofthis article is contributing to an increased knowledge and comprehension of theclinical evolution of brain damage that, whenever total and irreversible, is the on-ly condition for organ donation. The adopted diagnostic methods to state andcertify the patient’s death are also being described, on the basis of laws in force.

el corso del Convegnosvoltosi il 1° giugno2001 “Cosmetici, salutee qualità della vita. Ma-

terie prime documentate per l’usoprevisto”, sono stati proposti argo-menti interessanti per una riflessionesul ruolo dei cosmetici in rapportoalla salute e alla qualità della vita conparticolare riferimento alla funzionedelle materie prime. Questo 2° Con-vegno si è articolato in tre sessioni, laprima dal titolo: Dalle materie primeal prodotto cosmetico; la seconda:Dal prodotto cosmetico al consuma-tore; la terza, infine, riservata alla ses-sione poster dal titolo: Informazionee ricerca. La prima sessione è stata an-ticipata dal saluto di benvenuto delDirettore del Laboratorio di Tossico-logia Comparata ed Ecotossicologia,Angelo Carere e dalla presentazioneda parte del Comitato organizzatorepresieduto da Mirella Colella e Giu-seppe Salvatore. Organizzato dall’I-stituto Superiore di Sanità, con lapartecipazione del Ministero dellaSanità, della Stazione Sperimentaleper le Industrie degli Oli e dei Gras-si, della Società Italiana di Chimica eScienze Cosmetologiche e della Fe-derchimica, il Convegno ha postol’attenzione sul significato da attri-buire all’aggettivo “documentate”.

La Legge n. 713 dell’11 ottobre1986, successive modifiche e ilDLvo n. 126 del 24 aprile 1997contengono, infatti, i principi sullasicurezza, qualità ed efficacia degliingredienti e dei prodotti cosmetici,che raccomandano l’impiego di ma-terie prime sicure e certificate perl’uso previsto. Principi che nellarealtà sono talvolta elusi, causandosituazioni potenzialmente a rischioper la sicurezza dei consumatori.

Nella prima sessione sono stati il-lustrati i temi relativi alla legislazionenazionale che disciplina i prodotticosmetici. Dal 1976, infatti, i prov-vedimenti comunitari hanno inqua-drato con uno specifico assetto nor-mativo questa categoria di prodotti.

La Comunità europea ha fino aoggi adottato la normativa 76/768CEE del 27 luglio 1976, rivolta atutti gli stati membri, per disciplina-re la produzione e la commercializza-zione dei prodotti cosmetici. Tra gliobiettivi principali della normativa sipone la salvaguardia della salute delconsumatore dai possibili effetti no-civi correlati alla presenza nei prodottidi specifiche sostanze e preparazioniche potrebbero nuocere all’uomo inrelazione a loro intrinseche proprie-tà. Si è discusso sui doveri dei forni-tori di materie in relazione al DLvon. 126 del 24 aprile 1997. Gli ingre-dienti cosmetici costituiscono un in-sieme numeroso e molto articolato disostanze, rendendo arduo usare crite-ri di valutazione uniformi e omoge-

nei. Si aggiunge la complessità datadalle normative esistenti che riguar-dano l'introduzione sul mercato diprodotti ottenuti per sintesi chimicae per estrazione da sostanze naturali.Oltre alla tutela della salute pubblica,è importante garantire un alto livellodi sicurezza dei prodotti cosmetici.Tale livello può essere valutato e man-tenuto sulla base delle conoscenze giàacquisite in materia di sicurezza degliingredienti e attraverso l'utilizzazionedi metodi che non comportino speri-mentazione sugli animali.

È stata focalizzata, inoltre, l’esi-genza di uno spazio all’innovazioneintesa come miglioramento della si-curezza del consumatore, a un mi-gliore soddisfacimento delle sue esi-genze di salute, igiene e bellezza. Ilconsumatore è sensibile ai temi del-la protezione, della prevenzione edel trattamento. Esigenze cosmeti-che che lo accompagnano lungotutta la vita. Ecco perché, la sicu-rezza di un cosmetico deve esseregarantita.

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

Il convegno del meseCosmetici, salute e qualità della vita

In briefCosmetics, health and life quality

This Conference focuses on the role of cosmetics in relation to humanhealth and the quality of life with particular reference to raw materials. It hasbeen divided into three sessions: the first one: From raw materials to cosmet-ics products; the second: From cosmetic products to consumers; the last one,the poster session, on information and research.Lorenza Scotti

Servizio per le Attività Editoriali

Inse

rto

BEN

- N

oti

ziar

io IS

S V

ol.

14-

n. 6

- G

iug

no

200

1

Studi dal territorio

SIMI E SEIEVA A CONFRONTO:VALUTAZIONE COMPARATIVADEI DUE SISTEMI DI SORVEGLIANZA DELL’EPATITE A IN PUGLIA

La sorveglianza dell’Epatiteacuta da virus A, in Italia, è basa-ta sul sistema di notifica obbliga-toria delle malattie infettive (DMdel 15.12.1990), il cui flusso, inPuglia, è stato informatizzato dal1996, nell'ambito del programmaSistema Informatizzato delle Ma-lattie Infettive (SIMI) (1). A partiredal 1997, la Regione Puglia haaderito anche al Sistema Epide-miologico Integrato per le EpatitiVirali Acute - SEIEVA (2). Que-st'ultimo è una sorveglianza spe-ciale che prevede la compilazionedi un questionario per ogni pa-ziente, a cura degli operatori deiServizi di Igiene Pubblica delleAUSL, con la raccolta di informa-zioni cliniche e di esposizioni a va-ri fattori di rischio. Le AUSL parte-cipanti al SEIEVA trasmettono,ogni settimana, al Centro di Co-ordinamento Regionale, il numerodi casi registrati e, ogni mese, iquestionari relativi a ciascuno deicasi notificati.

Poiché sia SIMI che SEIEVA so-no sistemi passivi, inevitabilmente,risultano influenzati da un certogrado di sottostima, e pertanto, èopportuno valutarne la sensibilità.Dato che le due fonti informativerisultano fortemente dipendentinon è possibile applicare tecnichebasate sul metodo mark-capture-recapture (3). Tuttavia dalla valu-tazione del livello di sovrapposi-zione dei due archivi, possono sca-turire importanti elementi sullaqualità informativa globale dei duesistemi.

Sono stati presi in esame gli ar-chivi informatizzati delle notifichedi Epatite acuta da virus A, del SI-MI e del SEIEVA, per gli anni com-presi fra il 1997 e il 1999, riferibi-li a tutto il territorio regionale. Es-sendo il SEIEVA basato su segna-lazioni anonime, per individuare icasi presenti in entrambi gli archi-vi, è stato necessario creare un lin-kage fra i record dei due files. Lavariabile di linkage è stata costrui-ta unendo le iniziali del cognomee del nome, l'età espressa in anni,il sesso e il mese di notifica (per ilSIMI il mese di segnalazione allaAUSL, per il SEIEVA il mese dell'in-tervista).

Sono stati individuati i casi rin-tracciabili in entrambi i sistemi (ca-si concordanti) e il totale generaledelle segnalazioni è stato calcolatosommando il numero di casi dis-cordanti in ciascun archivio con ilnumero dei casi concordanti, presiuna sola volta.

La sensibilità del SIMI e del SEIE-VA è stata calcolata come la per-centuale di casi individuati da un si-stema sul totale generale delle se-gnalazioni.

La AUSL Lecce 1 che ha aderitoal SEIEVA a partire dal 1998 è sta-ta esclusa dai calcoli per l’anno1997.

Nei tre anni considerati, sonostati notificati 6 768 casi al SIMI e4170 al SEIEVA (Tabella). La mag-gior parte dei casi si è verificata nel1997 e facevano parte di una pro-lungata epidemia iniziata nel1996; nel 1998 le notifiche si so-no ridotte a poco meno di mille,per poi dimezzarsi ulteriormentenel 1999.

I casi concordanti sono stati2 455, ovvero il 36,3% di quelli del-l’archivio SIMI e il 58,9% del SEIE-VA. Il totale dei casi segnalati al-meno una volta è risultato di 8 483.La sensibilità del SIMI per l'EpatiteA è risultata pari al 79,8%, mentreper il SEIEVA questo valore è statodel 49,2%.

Durante ciascuno dei tre anni,il livello di sensibilità è stato consi-derevolmente più elevato per il SI-MI rispetto al SEIEVA. Non è statoidentificato nessun apparentetrend nella sensibilità dei due si-stemi, sebbene nel 1999, la sensi-bilità del SIMI è risultata più eleva-ta rispetto al 1997 e al 1998, men-tre per il SEIEVA è risultata più bas-sa nel 1999 rispetto agli anni pre-cedenti.

Durante i tre anni, il livello diconcordanza ha presentato diffe-renze significative (p < 0,01) nellecinque province: dal 31,6% dellaprovincia di Bari all'84,1% dellaprovincia di Foggia per il SIMI e dal49,6% della provincia di Brindisi al79,5% della provincia di Foggia peril SEIEVA.

Il risultato più importante non ètanto l'elevato numero di notificheinviate al SIMI che non trova uncorrispettivo nel SEIEVA (in quantola notifica al SEIEVA, richiedendol'intervista del paziente, risulta cer-tamente più laboriosa), quanto l'e-levato numero di notifiche al SEIE-VA, che non trova un corrispettivonel SIMI.

Nel triennio considerato, infat-ti, ben 1 715 questionari SEIEVA re-lativi a casi di epatite A non trova-no corrispondenza nel SIMI. Que-sta evidenza potrebbe essere con-

Pietro Luigi Lopalco (Cattedra di Igiene, Università degli Studi di Foggia), RosaPrato, Caterina Rizzo (Osservatorio Epidemiologico, Regione Puglia), CinziaGerminario e Michele Quarto (DIMIMP, Sezione di Igiene, Università degli Stu-di di Bari)

dizionata da un equivoco di fondoda parte degli operatori addetti alSEIEVA che, dopo aver effettuato ilquestionario-intervista, trascuranodi compilare anche la notifica SIMI,credendo di aver già assolto all'ob-bligo di notifica.

In conclusione, la valutazionecomparativa ha consentito di rile-vare deficit organizzativi probabil-mente risolvibili con una miglioreformazione ed un maggior coin-volgimento degli operatori nellefasi di valutazione delle attività disorveglianza. Tra i correttivi, il ri-torno delle informazioni potreb-be portare a motivare maggior-mente il personale coinvolto ecorreggere le disfunzioni riscon-trate.

Sulla base di questi risultati èstata convocata una riunione coni responsabili del SEIEVA e del SI-MI nelle singole AUSL e sono sta-ti apportati alcuni correttivi.

Con i dati del 2000, sarà pos-sibile verificare se la concordanzamigliorerà.

Il commentoComitato editoriale BEN con la col-laborazione di Alfonso Mele e Ste-fania SalmasoLaboratorio di Epidemiologia e Biosta-tistica

Rare sono le valutazioni dei si-stemi di sorveglianza e ancora piùraramente il risultato della valuta-zione trova poi riscontro in provve-dimenti correttivi delle eventualidisfunzioni rilevate, per la difficol-tà di definire l’obiettivo primariodella sorveglianza, la scarsa flessi-bilità della maggior parte dei siste-mi vigenti e la difficoltà di identifi-

care i responsabili e quindi i pro-prietari dei dati che si raccolgono.Un confronto tra SIMI e SEIEVA ingenerale è utile perché è uno sti-molo alla valutazione delle attivitàdei servizi territoriali di igiene rela-tivamente alla completezza e allaqualità della notifica dei casi di epa-tite acuta; è così possibile indivi-duare gli interventi necessari permigliorare i nostri sistemi di sorve-glianza.

I risultati dell'indagine dimo-strano una scarsa sovrapposizio-ne fra gli archivi dei due sistemi.La sensibilità è stata calcolata apartire dal totale dei casi segnala-ti, presi una sola volta, basandosisull’assunto che ogni caso di Epa-tite A sia stato comunque inter-cettato da uno dei due sistemi.Questo assunto è poco realistico(ad es. i casi domiciliari sono no-tificati più raramente di quelliospedalizzati) per cui le sensibilitàsono sovrastimate. D’altro canto irisultati potrebbero essere distor-ti perché il record linkage non hafunzionato bene e alcuni casi po-trebbero non essere stati rintrac-ciati per errori di data entry o perdati mancanti.

Un fattore che potrebbe avereinfluenzato la scarsa concordanza ècostituito dal fatto che la maggiorparte dei casi sono stati segnalatinel 1997. In quest’anno, in cui èstato avviato il SEIEVA in Puglia, siè verificata una vasta epidemia nel-la regione. Gli operatori hanno do-vuto far fronte a un carico di se-gnalazioni molto elevato e, allostesso tempo, hanno dovuto fami-liarizzare con un secondo sistemadi notifica.

Sarebbe utile ampliare il con-fronto ad altre aree del Paese, perverificare se si tratta di un proble-ma locale o generale. Inoltre sa-rebbe utile approfondire l’analisiper verificare l’estensione della sot-tonotifica e, soprattutto, quali pro-cedure non funzionano e devonoessere riviste.

Per verificare l’estensione dellasottonotifica, sarebbe possibile con-durre, per un breve periodo di tem-po, una sorveglianza attiva, even-tualmente in poche ASL, contattan-do tutti i medici di famiglia e gliospedali, oppure sarebbe possibileaggiungere una terza fonte di infor-mazione, per esempio le Schede diDimissione Ospedaliera, e controlla-re per l’indipendenza delle fonti. Intal caso la stima dei casi totali po-trebbe tener conto dei casi non se-gnalati a nessuno dei due sistemi.

Per distinguere la quota di sot-tonotifica dovuta ad errore casua-le, da una quota dovuta a errore si-stematico (potenzialmente in gra-do di distorcere le conclusioni), èpossibile verificare in cosa differi-scano i casi segnalati solo al SEIEVAdai casi segnalati solo al SIMI. E’possibile che alcune ASL segnalinosolo ad uno dei due sistemi, oppu-re che il SEIEVA comprenda solo icasi ospedalizzati.

Riferimenti bibliografici

1. Mele A, Bianco E, Spada E, et al. SEIE-VA Sistema Epidemiologico integratodell’epatite virale acuta. Rapporto1997-1998. Rapporti Istisan 00/20: 1-23.

2. Seber GAF. Biometrics 1970; 26: 13-22.

3. Germinario C, Lopalco PL, ChironnaM, et al. Vaccine 2000; 18(1): S83-5.

Inserto

BEN

- No

tiziario ISS V

ol. 14

- n. 6 - G

iug

no

2001

Tabella - Riepilogo generale dei risultati del linkage nel triennio 1997/99

SegnalazioniAnno SIMI SEIEVA Casi Totale generale Sensibilità Sensibilità

concordanti dei casi segnalati SEIEVA SIMITotale Concordanti Totale Concordanti

con SEIEVA con SIMI

1997 5 394 (36,4%) 3 286 (59,8%) 1 965 6 715 80,3 48,91998 939 (37,0%) 692 (50,1%) 347 1 284 73,1 53,91999 435 (32,9%) 192 (74,5%) 143 484 89,9 39,71997-99 6 768 (36,3%) 4 170 (58,9%) 2 455 8 483 79,8 49,2

Inse

rto

BEN

- N

oti

ziar

io IS

S V

ol.

14-

n. 6

- G

iug

no

200

1

Sorveglianze nazionali

IMPATTO DI UNA LEGGEESTESA A TUTTI SULL’USODEL CASCO E GLI INCIDENTI TRA I CICLOMOTORISTI IN ITALIA NEL 2000

Nel 1986, è stata introdotta inItalia una legge che ha reso obbli-gatorio l’uso del casco per i moto-ciclisti di tutte le età, e per i ciclo-motoristi fino ai 18 anni. Dopo l’en-trata in vigore della legge, l’uso delcasco tra i motociclisti è aumenta-to dal 15% al 97% e, da allora, èrimasto stabile. Invece, nonostanteun iniziale aumento dal 4% al 52%(1), l’uso del casco tra i ciclomoto-risti si è ridotto successivamente fi-no a valori attorno al 20% o meno.Questo livello è decisamente infe-riore rispetto a quanto ci si dovreb-be attendere da un obbligo estesoai soli minorenni.

Il 30 marzo 2000 è entrata invigore la nuova legge sul casco(Legge 7.12.1999, n. 472) che neha esteso l'obbligo ai maggiorennisul ciclomotore. Per coloro che so-no sorpresi a circolare senza cascosono previste sanzioni che vanno,dal minimo di un’ammenda di 63mila lire, fino al fermo amministra-tivo del veicolo per 30 giorni.

Per valutare l'efficacia dellanuova legge sul casco è stato atti-vato un sistema di sorveglianza del-l'uso del casco (Progetto Casco2000) al quale hanno aderito 57ASL distribuite su tutto il territorionazionale (26 al nord, 11 al centroe 20 al sud). Effettuando almeno 3rilevamenti a settimana, ciascunodella durata di un'ora, in postazio-ni fisse distribuite sul territorio, so-no state compiute oltre 290 000osservazioni sui ciclomotoristi nei 5mesi a cavallo dell'entrata in vigo-re della legge (da febbraio a giu-gno). Inoltre è stato possibile mo-nitorare, presso 27 centri di pron-to soccorso, gli arrivi per incidentistradali di ciclomotori.

Le medie d'uso, ponderate per ilnumero delle osservazioni compiutenelle aree geografiche, mostranocome l'uso del casco su ciclomoto-re, prima dell'entrata in vigore della

legge, fosse decisamente basso,particolarmente nel centro e nel suddel Paese (Figura). Dopo il 30 marzo,l'uso è nettamente aumentato, finoa raggiungere percentuali d'uso su-periori al 95% al nord e al centro.Nel sud, dove pure è stato registra-to un aumento di oltre 4 volte, l'u-so ha superato di poco il 60%. Leprevalenze tra le 20 ASL meridiona-li studiate variavano dal 31 % a Co-senza al 98% a Salerno.

Un totale di 1 859 ciclomotori-sti sono stati visitati nel pronto soc-corso delle 27 ASL partecipanti.Confrontando il periodo prima del-l'entrata in vigore della legge (feb-braio e marzo) con quello successi-vo (aprile, maggio e giugno), è sta-ta osservata una marcata diminu-zione degli arrivi al pronto soccor-so (-40%). In particolare, gli arrivi al

pronto soccorso con diagnosi ri-conducibile a lesioni al capo si so-no ridotti del 75%, la quota dei ri-coverati ha subito una flessione pa-ri al 48%, ma, limitatamente ai so-li ricoveri in neurologia e neurochi-rurgia, la riduzione è stata del 79%(Tabella).

Una sorprendente scoperta èstata la diminuzione osservata negliarrivi al pronto soccorso per le lesio-ni (-25%) che nulla hanno a che ve-dere con l'uso del casco. Probabil-mente questo inatteso fenomeno èda attribuirsi a un comportamentopiù prudente alla guida che ha fat-to sì che vi fossero meno incidenti.In generale si è osservata anche unariduzione della "gravità importante"pari al 63%.

Basandoci su un modello mate-matico sviluppato dall'ISS, si è po-

��

��

��

��

��

��

��

����

���

����

�)"�

)��,

-.

�� � ���� � �����������

� ��� ����

Figura - Variazione d’uso del casco sul ciclomotore prima e dopo la Leggen. 472 del 7.12.1999

Tabella - Traumi per incidente su ciclomotore osservati prima e dopo l’intro-duzione della Legge n. 472 del 7.12.1999 (27 ASL, anno 2000)

Traumi per incidenti Prima Dopo Variazionesu ciclomotore percentuale*

n. casi/ n. casi/30 gg. 30 gg.

Arrivi al pronto soccorso 498 300 - 40%per incidente su ciclomotore**Ricoveri 132 69 - 48%

Arrivi al pronto soccorso per trauma cranico 168 42 - 75%Ricoveri in Neurologia e Neurochirurgia 16 3,3 - 79%

Arrivi al pronto soccorso per altre lesioni 354 264 - 25%

Gravità importante (ISS > 8) *** 30 11 - 63%

(*) Variazione = (Casi/30 gg dopo della Legge – casi/30 gg prima)/casi/30 gg prima della legge(**) La somma degli arrivi al pronto soccorso per trauma cranico e per altre lesioni eccede il nu-mero degli arrivi, in quanto alcuni soggetti avevano riportato più di una lesione(***) Injury Serverity Score (2)

tuto stimare che la legge ha per-messo, in un anno, di salvare 180persone, di evitare 350 casi di inva-lidità grave, con una riduzionecomplessiva di circa 8 000 ricoveri.

I recenti risultati del sistema disorveglianza dei dispositivi di sicu-rezza ULISSE mostrano che, a di-stanza di un anno, le percentuali diuso riscontrate dopo la legge (apri-le-giugno 2000) nel progetto Casco2000 sono rimaste sostanzialmenteinvariate, anche se appare necessa-rio rinforzare le azioni volte ad au-mentare l'uso del casco nel sud delPaese. Gli studi sull’uso del cascodevono tener conto di diversi fatto-ri, come le variazioni nel tempo e lastagionalità nell’uso del casco, l’im-patto sui tassi di trauma e di mor-talità, i tipi di trauma osservati e icambiamenti delle modalità e dellafrequenza d’uso dei ciclomotori. La

sorveglianza continua, che attual-mente è una componente del Siste-ma ULISSE (Progetto Dati IncidentiStradali. Accordo Quadro Ispettora-to Generale Circolazione e Sicurez-za Stradale. Ministero dei LavoriPubblici, Istituto Superiore di Sanità,Ministero della Sanità) fornirà ulte-riori informazioni dettagliate suquesti fattori. Nondimeno, i datipreliminari dimostrano che un an-no dopo l’entrata in vigore dellanuova legge sul casco, gli incre-menti osservati inizialmente nell’u-so del casco tra i ciclomotoristi sisono stabilizzati. Questo risultato ècoerente con quelli ottenuti in altriPaesi che dimostrano che leggi“universali” sono più efficaci di leg-gi dirette a specifici gruppi di etàdella popolazione (3).

Infine, nonostante il livello diuso del casco sia complessivamen-

te alto nel Paese, saranno necessa-ri ulteriori sforzi per migliorare i li-velli osservati nell’Italia meridionaleed insulare.

Riferimenti bibliografici

1. Taggi F. Lancet, 1988; p. 182.2. Baker SP, O'Neill B, Haddon W, et al.

"The Injury Severity Score: Develop-ment and Potential Usefulness", Pro-ceedings of the 18th Conference ofthe American Association for Auto-motive Medicine

3. Centers for Disease Control. MMWR,1994; 43: 423, 429-31.

Inserto

BEN

- No

tiziario ISS V

ol. 14

- n. 6 - G

iug

no

2001

Donato Greco,Nancy Binkin, Paolo D’Argenio

Comitato editoriale BEN

Full English version is available at:www.ben.iss.it

e-Mail: [email protected]

GRUPPO DI LAVORO PER LA PREVENZIONE DEGLI INCIDENTI STRADALI

Presso il Reparto Metodologie e Modelli Biostatistici (diretto dal Dr. Franco Taggi del Laboratorio di Epidemiologia e Biostatisti-ca), si è costituito il Gruppo di Lavoro per la prevenzione degli incidenti stradali, con lo scopo di mettere in atto interventi di preven-zione tra i giovani, attraverso lo sviluppo e la valutazione di linee guida relative a interventi formativi e informativi. Per offrire un sup-porto utile a tutti gli operatori che a vario titolo progettano e attuano azioni preventive in tale campo, le strutture che hanno pro-dotto materiale informativo (linee guida, videocassette, CD, opuscoli, ecc.) sui rischi specifici legati all’uso dei dispositivi di sicurezza,all’assunzione di alcol e sostanze nella guida e all’assistenza al primo soccorso in seguito a incidenti stradali, sono invitate a segna-larlo e, se possibile, inviarlo in Istituto. La raccolta di tale materiale consentirà la creazione di un archivio facilmente consultabile inrete da parte di tutti coloro che vorranno visionare il materiale e ricevere informazioni sulla validità e sull’utilizzo.

Per informazioni:A. De Santi, S. Cedri, L. Di Pasquale

Laboratorio Epidemiologia e BiostatisticaV.le Regina Elena 299 - 00161 Roma

Tel. 06 49902969 Fax 06 49902383 E-mail: [email protected]

MEDITERRANEAN SCHOOL OF EPIDEMIOLOGY AND STATISTICAL METHODS IN BIOMEDICAL RESEARCH3-29 settembre 2001

Isola di Capo Rizzuto, Consiglio Nazionale delle Ricerche

Il Programma Italiano di Formazione della Mediterranean School, diretta da Alfredo Nicolosi e Salvatore Mannino, è rivolto a me-dici, ricercatori e professionisti del mondo della sanità pubblica e privata, inclusi coloro che lavorano nell'industria farmaceutica, chevogliano acquisire nozioni e capacità per operare efficacemente ed utilizzare metodi rigorosi nell'ambito delle problematiche della sa-nità in Italia. Il programma è composto di quattro settimane indipendenti, due in inglese e due in italiano. All'interno di ogni settima-na, uno studente può frequentare due corsi. Ogni corso è articolato in una lezione mattutina e una sessione di esercitazioni o lavorodi gruppo nel pomeriggio. La quota di iscrizione è di 1 500 000 Lire per gli iscritti dal 1° giugno. Per la descrizione dettagliata, informa-zioni e iscrizioni, è possibile consultare la pagina:

http://www.itba.mi.cnr.it/epidemiology/medschool.html

CORSO SU LA PREVENZIONE DEI RISCHI NEI GIOVANI10-14 settembre 2001

Roma, Istituto Superiore di Sanità

Il corso permetterà ai partecipanti di descrivere il fenomeno incidenti stradali nelle dimensioni epidemiologiche e sociali, defini-re strategie appropriate per la prevenzione degli incidenti stradali nella popolazione giovanile. Il metodo didattico sarà di tipo attivo,con lezioni nella prima parte della giornata, esercitazioni pratiche in piccoli gruppi nel pomeriggio e discussione in plenaria dei risul-tati del lavoro di gruppo. Il corso è gratuito e rivolto agli operatori del SSN in grado di progettare e attuare progetti di prevenzione di inci-denti stradali nei giovani. Tra le domande pervenute entro il 15 luglio saranno selezionati 35 partecipanti.

Per informazioni: www.iss.it

nche quest’anno, insiemealla primavera è arrivatala zanzara “Tigre” econ essa tutta quella

serie di problemi che preoccupanole autorità sanitarie e la gente co-mune e che riempiono le pagine dicronaca dei quotidiani.

Aedes albopictus, questo è il no-me scientifico della specie, originadal sud est asiatico, ma nell’ultimoventennio si è diffusa negli StatiUniti e in Europa grazie all’au-mentato volume degli scambi com-merciali tra i diversi paesi. La zan-zara “Tigre” è infatti una grandeviaggiatrice che ha scelto comemezzo di trasporto preferito i co-pertoni usati, all’interno dei qualidepone le proprie uova; è inoltredotata di una grande plasticità eco-logica che le consente di colonizza-re ambienti molto diversi tra loro.

Le popolazioni di Ae. albopictusche hanno colonizzato i paesi occi-dentali, tra cui l’Italia, provengonodalle zone più temperate dell’area-le d’origine e sono in grado di su-perare le rigide stagioni inver-nali tipiche delle nostre lati-tudini, depo-nendo uova“resistenti” alfreddo e al dis-seccamento.All’approssi-marsi dell’in-verno, le fem-mine delle ultime generazionistagionali cominciano a de-porre uova dotate di un “orologiobiologico” che consentirà loro dischiudersi e quindi di dare originea una nuova generazione solo l’an-no seguente, quando le condizioniclimatiche saranno diventate nuo-vamente favorevoli.

La presenza di Ae. albopictus inItalia è ormai decennale: focolai diinfestazione sono presenti in qua-si tutte le regioni del centro nord,in particolare nelle regioni di nordest, dove la specie ha trovato lecondizioni più favorevoli allo svi-luppo (abbondanza di precipita-zioni anche nella stagione calda eumidità relativa elevata). Al centrosud, invece, il clima più asciuttoha impedito, o comunque li-mitato, la proliferazione del-la specie. Faeccezione lacittà di Ro-ma, che og-gi costitui-sce il primoesempio inItalia di co-lonizzazio-ne estensiva di un’area ur-bana.

Come per tutte le zanzare, la so-pravvivenza della “Tigre” è legata al-la presenza di raccolte d’acqua, nel-le quali devono svilupparsi gli stadi

larvali che daranno origine al-l’insetto adulto (Figura 1). Ae.

albopictus è unazanzara partico-larmente invasi-va poichè è ingrado di sfrutta-re ogni piccolaraccolta d’acquadolce, soprat-

tutto quelle che si formano inambiente peridomestico all’inter-

no di contenitori di varia natura, ri-empiti con acqua piovana o di in-naffiatura. La presenza sul territoriodi Ae. albopictus risulta di tipo “fo-cale”, perché determinata dalla dis-ponibilità o meno di questi micro-focolai di sviluppo. Le aree infestate

risultano pertanto disseminate sulterritorio in maniera discontinua,come le macchie sulla pelliccia di unleopardo. Inoltre, la specie si spostamolto poco dai focolai d’origine, an-che se può coprire con rapidità di-stanze considerevoli grazie al tra-

sporto passivo, ad esempio en-trando nelle automobili. Non

è raro dun-que imbat-tersi in un si-to pullulantedi zanzarementre a po-che centinaiadi metri didistanza non

ce n’è traccia.L’abbondanza della specie è

principalmente legata alla tipologiaabitativa delle aree infestate: dovepredominano grandi palazzi prividi balconi, terrazze e giardini, laspecie non raggiunge mai densitàelevate; viceversa essa prolifera ab-bondantemente dove predomina-no condomini con giardini interni,villini o palazzine con terrazzi, ortie ampi spazi verdi. Quest’ultima ti-pologia è tipica di piccoli centriabitati, ma si riscontra anche nelleperiferie o nei quartieri residenzia-li delle grandi città.

Le femmine di Ae. albopictus so-no attive principalmente durante leore diurne e l’attività si esplica so-prattutto all’aperto e con estremarapidità (Figura 2). Il picco di at-tività si concentra nelle ore più fre-

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

Con la buona stagionela zanzara “Tigre”rientra in attività

Roberto Romi

Roberto Romi

Laboratorio di Parassitologia

L’abbondanza della specieè principalmente legataalla tipologia abitativa

delle aree infestate

La zanzara “Tigre” depone le proprie uova

all’internodi copertoni usati

sche della giornata, al mattino pre-sto e al crepuscolo. Sebbene pungasoprattutto all'aperto, quando l'in-festazione è molto elevata non è ra-ro rinvenire esemplari di zanzara“Tigre” anche all'interno delle abi-tazioni, perfino nei piani alti. Lefemmine possono effettuare il pa-sto di sangue su una vasta gammadi animali, mostrando però un ele-vato grado di preferenza per l’uo-mo. I luoghi di riposo degli adultisono tra la vegetazione (siepi, erbaalta, cespugli), dove le femmine di-geriscono i pasti di sangue, duran-te la notte e durante le ore più cal-de della giornata.

La stagione favorevole allo svi-luppo della specie, alle nostre lati-tudini, si estende mediamente daaprile-maggio a ottobre-novembre.A Roma, dove il clima è relativa-mente mite, il primo e l’ultimo re-perto stagionale della specie nel2000 sono occorsi rispettivamentenella prima metà di marzo e nellaseconda metà di dicembre. Nei me-si più caldi, quando le temperaturemedie sono intorno ai 25°C, Ae. al-bopictus può completare un ciclo disviluppo in meno di 10 giorni e da-

re luogo a molteplici genera-zioni nell’arco della stagione

favorevole. Il picco di massima den-sità della specie viene generalmen-te raggiunto al culmine dell’estate,tra agosto e settembre.

La comparsa in molti centriabitati di questa nuova specie par-ticolarmente aggressiva ha deter-minato una problematica am-bientale e sanitaria ancora scono-sciuta nel nostro paese. L’allarmeè dovuto a due fattori: il primo èlegato al timore che questa zanza-ra possa trasmettere microrgani-smi patogeni per l’uomo; ilsecondo riguarda diretta-mente il fasti-dio arrecatodalle punture.In effetti, nelcontinente diorigine Ae. al-bopictus è vet-tore di alcuniarbovirus, come, ad esem-pio, quelli che causano laDengue. In Italia però questiagenti patogeni non sono presen-ti e quindi il rischio che la zanza-ra “Tigre” possa infettarsi e ritra-smettere l’infezione è solo teori-co. D’altra parte le autorità sani-tarie non possono ignorare la pos-sibilità che si verifichi un qualche

evento accidentale, anche se pocoprobabile, legato alla temporaneaimportazione di serbatoi di infe-zione.

Ma è soprattutto l'attività “pun-gente” di Ae. albopictus la causa deimaggiori problemi. Questa si espli-ca attraverso un’aggressività da noicomune solo a specie rurali, con lequali il contatto è ovviamente piùraro. L'intensità degli attacchi èspesso tale da costringere le vittimead abbandonare attività condotteall'aperto per rifugiarsi al coperto.La reazione alle punture varia da in-dividuo a individuo; generalmentesi manifesta con la formazione dipomfi (le bollicine) sovente edema-tosi o emorragici. L’elevato numerodi punture contemporanee che si ri-ceve nell’unità di tempo può essereorigine, in persone particolarmentesensibili, di risposte allergiche loca-lizzate tali da richiedere un inter-vento medico.

I singoli cittadini possono col-laborare alle campagne di control-lo lanciate dalle autorirà sanitarieo comunali, integrando con picco-li interventi nei fondi privati le at-tività di disinfestazione condottesul suolo pubblico. Il segreto èquello di rimuovere ogni piccolocontenitore d’acqua lasciato all’a-perto o fare sì che non risulti co-stantemente pieno d’acqua. Ad

esempio, i sottovasi dellepiante ornamentali, che rap-

presentano i fo-colai domesticipiù comuni,possono essererimossi o bucati,ma più sempli-cemente si puòattendere che

siano vuoti prima di innaffiarenuovamente. Ogni altro conte-

nitore d’acqua va coperto o co-munque reso inaccessibile alle zan-zare. Pesci larvivori possono essereintrodotti in vasche e fontane or-namentali. Chi possiede un giardi-no o un cortile (anche condomi-niale) deve provvedere a trattarealmeno 2 volte al mese i tombini

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

La reazionealle punture varia

da individuo a individuo

Figura 1 - Larve di Aedes albopictus in un focolaio urbano

per la raccolta dell’acqua piovana,all’interno dei quali la zanzara “Ti-gre” prospera, con prodotti inset-ticidi specifici detti “larvicidi” o“antilarvali”, reperibili nei negozispecializzati o, a Roma, presso lefarmacie comunali. Nelle aree onei momenti in cui la densità del-l’insetto risultasse insopportabile,le abitazioni, soprattutto quelle si-te ai piani più bassi, possono esse-re protette con l’impiego di zanza-riere da applicare alle finestre, chesono sempre da preferirsi all’uso diinsetticidi variamente formulati.Per la protezione individuale all’a-perto si può fare ricorso occasio-nalmente a repellenti da distribui-re sulle superfici corporee scoper-te; purtroppo, poichè tutti i pre-parati a base di estratti naturali ri-sultano assolutamente inefficaci, la

scelta si riduce ai prodotti conte-nenti principi attivi di sintesi, chevanno comunque utilizzati concautela.

Fin dal primo apparire dellazanzara “Tigre” in Italia, il Labora-torio di Parassitologia dell’IstitutoSuperiore di Sanità si è posto comecentro di riferimento per la sorve-glianza e il controllo della specie,nel tentativo di frenarne la diffu-

sione. Già dal 1991, presso il Re-parto di Malariologia e controllodei vettori è stato istituito un cen-tro operativo che fornisce consu-lenza tecnico-scientifica alle strut-ture periferiche del Servizio Sanita-rio Nazionale (SSN).

Il centro ha coordinato un pro-gramma nazionale di sorveglianzadella zanzara “Tigre” dal 1994 al1996 e prodotto numerosi docu-menti tecnici sull’argomento. Pres-so l’ISS vengono inoltre formati an-nualmente operatori laureati delSSN coinvolti nell’attività di sorve-glianza e controllo dell’insetto. Aquesto impegno non è però seguitauna risposta adeguata da parte del-le autorità sanitarie, sia a livello cen-trale che locale, con il risultato cheAe. albopictus si è diffusa ampia-mente nel Paese.

I dati raccolti in oltre un de-cennio di sorveglianza, indicanoche Ae. albopictus è ormai salda-mente radicata in Italia e può esse-re considerata come un membrostabile della nostra fauna. Essa co-stituirà pertanto, nei prossimi an-ni, un problema ricorrente duran-te la stagione estiva. Questo pro-blema potrà acuirsi o ridursi sta-gionalmente in relazione agli even-ti meteorologici, ma tenderà co-munque a crescere in maniera pro-gressiva in assenza di organici pro-grammi di controllo. Purtroppo,l’entità dei problemi di natura igie-nico-sanitaria determinati dallapresenza di Ae. albopictus vienespesso ignorata o sottostimata dal-le autorità competenti e le risorseeconomiche e tecniche, messe incampo per affrontare il problema,risultano spesso inadeguate.

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001 In brief

Aedes albopictus in Italy After its introduction in Italy (1990), the Asian “Tiger” mosquito Aedes al-

bopictus quickly spread throughout the northern and central regions of thecountry. The establishment of the species in Italy represents a new problem ofpublic health: although its ability to transmit arboviruses appears to be only apotential harmful in Italy, it play a very important role as a pest in the infestedareas. Since 1991, a center for the surveillance and control of this mosquitohas been operating at the Istituto Superiore di Sanità, the national Institute ofPublic Health.

Figura 2 - Femmina di Aedes albopictus mentre effettua un pasto disangue

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

pecifiche indagini condot-te in Europa e negli StatiUniti hanno evidenziatoche il livello di fiducia nel-

la scienza è spesso elevato, ma rara-mente sostenuto da una conoscen-za per quanto elementare della na-tura dei processi scientifici e, in par-ticolare, delle caratteristiche del-la ricerca sperimentale. L’e-straneità rispettoalla culturascientifica carat-terizza anche ilnostro Paese espesso si manife-sta attraverso at-teggiamenti po-co razionali o addirittura ir-razionali.

E' così che in campo medicopossono svilupparsi interventi chenon corrispondono a bisogni reali,contribuendo anzi ad alimentare uncircolo vizioso tra un’offerta auto-referenziale di risposte pre-formatee una domanda distorta che trova,spesso, ampia diffusione nei mezzidi informazione attraverso unapubblicità mascherata. Ne conseguela necessità di una corretta infor-mazione scientifica in campo bio-medico - sanitario per la formazio-ne di una moderna coscienza sani-taria come base per l’autotutela del-la salute.

L’Istituto Superiore di Sanità(ISS) ha, accanto ai compiti pri-mari di ricerca, di sperimentazio-ne, di controllo e consulenza tec-nico-scientifica, anche quelli diformazione e informazione finaliz-zate alla promozione della salute.Queste ultime attività, che sono

inequivocabilmente di natura di-dattica, sono indirizzate principal-mente agli operatori del ServizioSanitario Nazionale e, per essere ef-ficaci, configurano implicitamentel’impegno a svolgere una più am-pia azione di sensibilizzazione, inparticolare verso il mondo dell'i-

struzione. I soggetti in etàscolare sono infatti destinata-

ri particolar-mente impor-tanti e sensibilia tale informa-zione, sia per-ché la capacitàdi apprendi-mento in età

scolare è molto elevata, siaperché aumenta la possibilità di

raggiungere tali soggetti attraversocanali istituzionali, come appuntoquelli della scuola. Pertanto in di-verse sedi e in diverse occasioni so-no state promosse iniziative rivol-te a studenti di istituti di istru-zione secondaria superiore.

L’ I s t i t u t oaderisce da setteanni alla Setti-mana della cul-tura scientificapromossa dalMinistero del-l’Università edella Ricercascientifica (MURST). Que-sta iniziativa è nata nel 1991in Italia grazie ad Antonio Rubertied è stata adottata come modello daaltri Paesi europei, quali la Francia,la Germania, l’Inghilterra, l’Olan-da e il Portogallo. Lo scopo di taleiniziativa è quello di creare, in un

arco di tempo limitato, uno “spa-zio aperto” rivolto, in particolare, aigiovani al fine di promuovere l’in-formazione e la riflessione sullascienza, la sua storia e il suo attualesviluppo.

Nei sei anni compresi tra il 1995e il 2000 l’ISS ha accolto 1592 stu-denti per le visite scolastiche ai la-boratori e 976 per la partecipazioneai seminari a loro indirizzati. Glistudenti, accompagnati dai loro in-segnanti, provenivano da 91 scuoledislocate in diverse Regioni d'Italia(dal Lazio alla Campania e alla Si-cilia).

Le visite ai laboratori hanno af-frontato specifiche tematiche di ri-cerca tutte concordate con gli inse-

gnanti delle varie scuole. I ri-cercatori impegnati nel setto-

re hanno mo-strato disponi-bilità e capacitànel diffonderecon chiarezzaconcetti spessodifficili in uncontesto estra-neo all’ambito

tradizionale della comunitàscientifica. I partecipanti sono

stati indotti a ripercorrere, grazie alcoinvolgimento dei ricercatori, ilprocesso logico che porta lo scien-ziato a formulare determinate con-clusioni.

Nella Tabella sono indicati i la-boratori dell’Istituto, che nel corsodegli anni, hanno accolto le scola-resche in più occasioni.

La divulgazione scientificanelle scuole con riferimento

alle attività dell’ISS

Cecilia Bedetti, Maria Cristina Barbaro e Gabriella Izzo

Segreteria per le Attività Culturali

L’ISS da sette anniaderisce alla Settimanadella cultura scientifica

I soggetti in età scolaresono destinatari sensibili

all’informazionescientifica

Gruppo di studenti del Liceo Virgilio di Roma

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

I seminari sono stati realizzaticon il sostegno del Museo dellaScienza e dell'Informazione scienti-fica (MUSIS) di Roma, nell’ambi-to del programma dal titolo “Re-centi tematiche in biologia e medi-cina” volto a illustrare alcune delleattività di ricerca dell’ISS, selezio-nate annualmente in termini dipriorità e attualità dei problemi sa-nitari corrispondenti e in base algrado e alla qualità dell’informazio-ne già circolata tra il pubblico.

Gli argomenti dei seminari so-no stati: le tecniche di genetica mo-lecolare; i rischi per la salute da can-cerogeni ambientali; le cause di tra-smissione e i fattori di rischio per ladiffusione delle malattie infettive;l’agente infettivo della malattia del-la mucca pazza e le prospettive sa-nitarie; gli artropodi di interesse sa-nitario in Italia.

Inoltre, la malaria; i modelli de-sunti dalla ricerca etologica nellostudio delle patologie comporta-mentali; l’utilizzo di un correttorapporto uomo-animale ai fini diuna riabilitazione psicologica; letecniche diagnostiche per immagi-ni; la valutazione delle terapie inmedicina e il multitrattamento DiBella; le sostanze ricreazionali enuovi modelli di consumo; i fatto-ri psicobiologici di rischio in etàevolutiva e le nuove droghe; l'isti-tuzione e l'evoluzione dell’ISS.

Durante i seminari sono staticonsegnati agli studenti i questio-nari di gradimento.Dalla elabora-zione di tali questionari è emerso

come i giovani possano essere avvi-cinati alla cultura scientifica facen-do leva sulla curiosità - promotricedi elezione per l’acquisizione di co-noscenze - e sull’interesse genuinodi disporre di nozioni approfondi-te in merito a problematiche senti-te vicine all’esperienza. E’ statoinoltre possibile raccogliere indica-zioni relativamente alla necessità disviluppare e modificare gli inter-venti sopra indicati, a partire daun’attenta considerazione delle esi-genze e atteggiamenti degli stessidestinatari, al fine di favorirne lapartecipazione cosciente. Infatti sol-tanto attraverso l’impostazione del-l’azione informativa/formativa sul-la partecipazione attiva, secondo li-

nee ampiamente validate dalla ri-cerca nella didattica, si può svolge-re un’azione informativa efficace,capace di incidere sul modo di rap-portarsi alla scienza (Figura 1).

E’ stato quindi predisposto e re-centemente avviato, il progetto daltitolo “Le nuove droghe: un’anali-si interattiva tra scuola e istituti diricerca”. Una collaborazione trastudenti, insegnanti e ricercatoriper la produzione di unità docu-mentarie e didattiche sulle nuovedroghe, che interesserà il prossimoanno scolastico e si concluderà nelgiugno 2002.

La Segreteria per le Attività Cul-turali coordina l’unità operativa,formata da personale dell’ISS, del-l’Università Roma Tre, e da alcunidocenti di istituti di istruzione se-condaria superiore.

Il progetto è stato approvatonell’ambito delle iniziative promos-se dal MURST, nell’area di inter-vento finalizzata alla promozionedella cultura tecnico-scientifica nel-le scuole secondarie, mediante larealizzazione collaborativa di inizia-tive volte a favorire la comunicazio-ne con il mondo della ricerca.

L’obiettivo è realizzare stru-menti originali e mezzi didattici ri-

Tabella - Numero di studenti, e indicazione dei Laboratori che hanno colla-borato con la SAC nella realizzazione delle visite guidate dal titolo “Recentitematiche in biologia e medicina”, nel periodo 1995-2000

Incontri n. studenti Laboratori ISS*

Visite guidate 1592 Al, BCl, BC, ChF, Fi, FOS, IA,MBP, Pa, SB, ToA, TCE, Ul, Vi

Seminari 976 BC, Fi, FOS, IA, Pa, LEB, Vi

(*) Al: Alimenti; BCl: Biochimica clinica; BC: Biologia cellulare; ChF: Chimica del farmaco; Fi: Fisi-ca; FOS: Fisiopatologia di Organo e Sistema; IA: Igiene ambientale; LEB: Epidemiologia e Biosta-tistica; MBP: Metabolismo e biochimica patologica; Pa: Parassitologia; SB: Servizio biologico; ToA:Tossicologia applicata; TCE: Tossicologia comparata e ecotossicologia; UL: Ultrastrutture; Vi: Vi-rologia

Figura 1 - L’intervento di un gruppo di studenti nell’ambito del convegno daltitolo "Voci dalla scuola. Primo confronto sul tema delle nuove droghe"tenutosi il 4 maggio 2001

volti ai giovani, tali da consentiredi sondare gli interessi e i proble-mi degli studenti in materia. Pro-muovere, nel contempo, l’impo-stazione di un atteggiamento co-gnitivo e critico fondato e eserci-tato su conoscenze scientifiche re-lative alle basi biologiche dei com-portamenti, alle neuroscienze e al-le implicazioni socio-economichedell’uso di droghe. Gli studenti,con il sostegno degli insegnanti,costruiscono a scuola il percorso diapprendimento, sviluppando me-todi di ricerca autonoma nell’am-bito del settore scientifico-sanita-rio ed acquisendo capacità diorientamento nei confronti di pro-blemi scientifici.

In collaborazione con l’Univer-sità Roma Tre, l’ISS ha in pro-gramma la realizzazione di corsi diaggiornamento rivolti ai docenti diistituti di istruzione secondaria su-periore per approfondire le temati-che sulle quali sarà imperniato il

successivo intervento didattico,e per presentare e esercitareuna idonea metodologia di

insegnamento. Si tratta del cosid-detto “apprendimento per proble-mi” (Problem Based Learning,PBL), una metodologia ampia-mente utilizzata dall’ISS e diffusa alivello nazionale e internazionale. IlCentro collaborativo dell’Organiz-zazione Mondiale della Sanità, de-nominato “Problem Based Lear-ning nelle professioni sanitarie” è infunzione presso l'Istituto.

Nel primo semestre di questoanno è stato realizzato, in via speri-mentale, un primo corso di aggior-namento per docenti di scuole se-condarie, a cui è seguito, per un nu-mero ristretto di scuole, l’avvio delprevisto intervento didattico.

I risultati preliminari sono statipresentati e illustrati dagli studentistessi nel convegno dal titolo “Vocidalla scuola. Primo confronto sultema delle nuove droghe” tenutosiil 4 maggio 2001 (Figura 2).

Quanto finora realizzato ha avu-to un buon esito, in termini di me-todologia adottata, di materiali pro-dotti e, soprattutto, di interesse epartecipazione attiva degli studenti.Ciò conferma l’utilità di fondare l’a-zione informativa su chi apprende esul processo di apprendimento.

Ringraziamenti

Si ringrazia per le fotografie Giaco-mo Monteleone.

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

Figura 2 - Un momento della presentazione

In briefScientific information to the High School students with reference to theISS activities

ISS, the Italian National Institute for Health, provides several opportunitiesto inform high school students about current health problems and related re-search. The programme includes meetings with researchers and visiting labo-ratories. Recently a research proposal on producing educational units aboutnew drugs, was designed. It requires ISS and schools to work together on in-troducing essential knowledges on biological basis of human behaviour and onthe effects of drugs such as ecstasy and marjuana on the human body.

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

Rapporti ISTISAN 01/7Studio di un modello in vitro dell’elasticità aorticautile alla costruzione di banchi prova per lo studio del sistema cardiovascolare.Mauro Grigioni, Maurizio Arabia, Carla Daniele, Giuseppe D’Avenio, Giulio Calcagnini, Mara Abbate, Vincenzo Barbaro2001, 25 p.

Un importante metodo di studio della circolazionesanguigna, sia fisiologica che patologica, è costitui-to dalla simulazione mediante modelli fisici dell’in-tero sistema circolatorio o di parti di esso. L’impiegodi tali modelli non è limitato al campo della ricerca,ma è richiesto anche dalle normative internazionali(Food and Drug Administration, Comunità Europea)per i test preclinici di dispositivi impiantabili, comead esempio valvole cardiache protesiche, dispositividi assistenza ventricolare, assistenze meccaniche alcircolo. Nel presente studio si intende caratterizzareun elemento circuitale che simula la distensibilità ar-teriosa tramite un volume d’aria compresso dal flui-do circolante nel simulatore cardiovascolare.Tale dis-positivo è chiamato compliance (equivalente inglesedi “distensibilità”) e, insieme ad elementi dissipati-vi, forma il classico windkessel, un sistema che co-stituisce da molto tempo un punto di riferimento ne-gli studi sulla modellistica della circolazione.

In questo studio sono esaminate e spiegate le variefasi di elaborazione dell’idea di realizzare un im-pianto dentale sperimentale, innovativo e non com-merciale. E’, inizialmente, descritto l’ambiente in cuiè inserito un impianto dentale, poi sono elencate lecaratteristiche del materiale che attualmente è pre-scelto per tale dispositivo, quindi sono esaminate leimplicazioni biomeccaniche di tutto il sistema. So-no, inoltre, descritte tutte le fasi della progettazio-ne del prototipo, della verifica del progetto tramitesimulazioni e della sua effettiva realizzazione pres-so un laboratorio meccanico sperimentale specializ-zato nella costruzione di prototipi. Al termine è da-ta anche una panoramica sulle attuali normative eu-ropee vigenti da rispettare per l’immissione in com-mercio di un eventuale dispositivo medico.

Rapporti ISTISAN 01/6Progettazione e realizzazione di un impianto dentale sperimentale.Rossella Bedini, Giorgio De Angelis, Marco Tallarico, Rosario Ielapi 2001, 19 p.

Strumenti di riferimento 14

Mappa delle strutture trasfusionali esistenti

sul territorio nazionale (aggiornamento luglio 2000).

2000, 42 p.

Viene riportata la mappa nazionale e regionale del-

le strutture trasfusionali esistenti in Italia nel 2000.

Il numero delle strutture trasfusionali (324) appare

elevato in rapporto a quello di altri paesi europei

aventi simile numero di abitanti. L’analisi delle

strutture trasfusionali esistenti nel 2000 mostra al-

cune differenze rispetto a quella rilevata nel 1997.

In particolare si osserva che in Sicilia c’è stato un ri-

arrangiamento delle strutture (da 33 a 32 unità) che

sono state tutte individuate come Servizio di Im-

munoematologia e Medicina Trasfusionale (SIMT)

senza distinzione tra Centri Trasfusionali (CT) e Ser-

vizi di Immunoematologia e Trasfusione (SIT).

Vengono riportate le citazioni bibliografiche relati-

ve alle pubblicazioni e ai rapporti prodotti dal per-

sonale del Laboratorio di Tossicologia Applicata dal

1987 (anno della sua istituzione) al 1999. Il Labo-

ratorio nella sua configurazione attuale è stato co-

stituito con il decreto del Ministro della Sanità n.

528 del 21 novembre 1987 concernente la “Rifor-

mulazione del regolamento interno per l’organiz-

zazione e il funzionamento dell’Istiuto Superiore di

Sanità”. Contiene anche l’indice degli autori.

Strumenti di riferimento 15

Raccolta delle pubblicazioni prodotte

dal Laboratorio di Tossicologia Applicata

dell'Istituto Superiore di Sanità dal 1987 al 1999.

2000, 73 p.

Visto… si stampiA cura del Servizio per le Attività Editoriali

Bookmark

www.airt.it/Piemonte

E’ il sito del Centro Interregionale dell’Associazione InterregionaleTrapianti che a rotazione triennale viene svolto da una delle regioniafferenti all’area. Esso coordina le attività di prelievo e trapianto nelle regioni: Emilia-Romagna, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta,P.A. Bolzano e Puglia.

www.airt.it

E’ il sito del Centro Regionale per i Trapianti della Regione Emilia-Romagna, istituito presso l’Ospedale Malpigli S. Orsola di Bologna. Sito che oltre a riportare dati statistici dei trapianti fornisce indicazioni precise e puntuali per i cittadini che si voglionodocumentare.

www.regione.emilia-romagna.it/trapianti

E’ il sito del Centro Nazionale Trapianti presso l’Istituto Superiore di Sanità, Roma, come organo del Ministero della Sanità, istituito con l a Legge 1° aprile 1999, n. 91. Nel sito si trovano dati ufficialiaggiornati relativamente alle attività di donazioni e trapianto di organi in Italia, le dichiarazioni di volontà nelle ASL attualmenteattive per la registrazione delle dichiarazioni di volontà.Si trova, inoltre, la documentazione prodotta dal CNT nel corso del primo anno di attività, il Programma Nazionale Pediatrico,informazioni sulla Campagna Nazionale Trapianti. E’ un sito completoe di grande interesse per coloro che si vogliono documentare.

www.sanita.it/trapianti

E’ il sito del Centro Interregionale del Nord Italia Transplant program (NITp), istituito presso il Centro Trasfusionale e di Immunologia dei Trapianti dell’Ospedale Maggiore di Milano.Esso coordina le attività di donazione e trapianto di organi tra le regioni: Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia,P.A. di Trento e Marche.

www.nitp.org

E’ il sito del Centro Regionale per i Trapianti della Regione Piemonte,istituito presso L’Unità Operativa Autonoma di Immunologia dei Trapianti dell’Azienda Ospedaliera S. Giovanni Battista di Torino.Sito di interesse non solo scientifico e statistico, ma anche divulgativo.

Vo

l. 14- n

. 6 - Giu

gn

o 2001

Vo

l. 14

- n

. 6 -

Giu

gn

o 2

001

E’ il sito del Transplant Procurement Mangement (TPM),un Progetto di formazione e informazione rivolto agli operatori sanitari che svolgono attività di prelievo e di trapianto di organi.

www.tpm.org/indexITA.htm

E’ il sito dell’Associazione Italiana EmoDializzati (ANED),Associazione di volontariato di categoria dei pazienti con patologierenali in trattamento dialitico. Ma è anche un sito di informazione che tratta temi di attualità sui trapianti.

www.qsa.it/aned

E’ il sito dell’Associazione Italiana Donatori di Organo (AIDO),Associazione di volontariato non a scopo di lucro, che informa su temi riguardanti la donazione e il trapianto di organi e tessuti(morte cerebrale, legislazione etc.).

www.aido.it

E’ il sito della United Network for Organ Sharing (UNOS),è uno dei siti più visitati al mondo e riporta le attività di prelievo e trapianto degli Stati Uniti. Rappresenta una fonte enorme di dati statistici e scientifici.

www.unos.org

E’ il sito ufficiale della Organizacion National de Transplantes della Spagna e contiene le informazioni relative alle attività a livello nazionale nel settore dei trapianti.

E’ il sito ufficiale dell’Eurotransplant, organizzazione europea di coor-dinamento delle attività di prelievo e trapianto che comprende leseguenti nazioni: Austria, Belgio, Olanda, Germania, Lussemburgo eSlovenia. Nel sito sono riportate numerose informazioni di interessestatistico e scientifico.

www.eurotransplant.nl

www.msc.cs/ont/esp/home.htm

La Redazione del Notiziario

è a disposizione dei lettori per accogliere commenti e suggerimenti e rendere

questo strumento sempre più utile e rispondente

alle reali esigenze degli operatori sanitari

Centro Nazionale Malattie Rare

Terapie non convenzionali in Italia: primi dati

La legionellosi in Italia nel 2000

Viale Regina Elena, 29900161 Roma

Tel. 06 4990 3374Fax 06 4990 2253

e-Mail: [email protected]://www.iss.it/notiziario

Notiziariodell’Istituto Superiore di Sanità

Nei prossimi numeri

È disponibile su richiesta e online l’IVC news n. 15, la newsletter del VYEC/STEC club in lingua inglese

pubblicata come supplemento a questo Notiziario Vol. 14 - n. 3 marzo 2001.L’VTEC/STEC club è un punto d’incontro tra vari gruppi

che studiano le infezioni da VTEC.Per ricevere l’IVC si prega contattare:

Alberto E. Tozzi

Laboratorio di Epidemiologia e BiostatisticaIstituto Superiore di Sanità

Viale Regina Elena 29900161 Rome, Italy

Tel.: +39 06 49387215Fax: +39 06 49387292

e-Mail: [email protected]

��������

��

� �������

��

IVC news 15