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Anno XXVII N. 6 Dicembre 2006 Euro 2,00 Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi Dir. responsabile Raffaele Castagna Cristofaro Mennella e Pasquale Polito Due vite per la conoscenza Il cenacolo letterario del Castello Paolo Giovio & Ischia Il Golfo di Napoli e lʼisola dʼIschia Antologia di viaggiatori inglesi (I parte) Alicia Miño protagonista delle arti visive I Vescovi dʼIschia Mons. Giuseppe Candido Fonti archivistiche Le Capitolazioni delle Confraternite di Barano (II) Il verde pubblico nellʼisola dʼIschia

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Anno XXVIIN. 6

Dicembre 2006

Euro 2,00

Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportiviDir. responsabile Raffaele Castagna

Cristofaro Mennella e Pasquale PolitoDue vite per la conoscenza

Il cenacolo letterario del CastelloPaolo Giovio & Ischia

Il Golfo di Napoli e lʼisola dʼIschiaAntologia di viaggiatori inglesi (I parte)

Alicia Miño protagonista delle arti visive

I Vescovi dʼIschiaMons. Giuseppe Candido

Fonti archivisticheLe Capitolazioni delle

Confraternite di Barano (II)

Il verde pubblico nellʼisola dʼIschia

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2 La Rassegna dʼIschia 6/2006

Le opinioni espresse dagli autori non impegnano la rivista - La col-laborazione ospitata sʼintende offerta gratuitamente - Manoscritti, fotografie e disegni (anche se non pubblicati), libri e giornali non si restituiscono - La Direzione ha facoltà di condensare, secondo le esigenze di impaginazione e di spazio e senza alterarne la sostanza, gli scritti a disposizione. Per recensioni inviare i volumi.

Periodico di ricerche e di temi turistici, culturali, politici e sportivi

Editore e direttore responsabile Raffaele CastagnaLa Rassegna dʼIschia Via IV novembre 25 - 80076 Lacco Ameno (NA) Registrazione Tribunale di Napoli n. 2907 del 16.2.1980Iscritto al Registro degli Operatori di Comunicazionecon n. 8661.Stampa Tipolito Epomeo - Forio

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Anno XXVII- N. 6 Dicembre 2006 - Euro 2,00

La Rassegna dʼIschia

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Il Presepe Non vi ha famiglia napolitana, patrizia o plebea che non abbia lʼavita consuetudme di fare il presepe, vale a dire con fantocci di stucco o di creta rappresentare la scena di Betlemme, e il Nascimento del Divo Bambi-no. Il tugurio, in cui nacque il Salvatore del mondo, le montagne adiacenti, le capanne de ̓pastori, tutto è rap-presentato con pezzi di sughero acconciamente dispo-sti e ordinati. I personaggi, che debbono figurare sul presepe, e che in Napoli vengono addimandati pastori, sono talvolta di finissimo lavoro, e di abili artisti. Gli è curioso il vedere le odierne fogge di villeresco vestimento napolitano addossate a ̓personaggi di quel tempo tanto da noi remoto; e gli usi e costumi del no-stro paese rappresentati sul presepe, sì che vedi poco lungi dal tugurio ove nacque il Bambinello Gesù una taverna, di quelle che si osservano nelle nostre circo-stanti campagne, ove seduti a rustica mensa bevono e gavazzano parecchi contadini vestiti alla sorrentina, o alla procidana. Sullʼerta di un monte vedi un altro pa-store che se ne viene a recare in dono al Bambino una cesta ripiena di caciocavalli napolitani. I personaggi che figurano nella grotta del Santo Natale son la Ver-gine Madre, il Patriarca Giuseppe sposo di Maria, il Divino Neonato, lo zampognaro ed il cennamellaro, il bue e lʼasinello che co ̓ loro fiati riscaldano le tenere membra del Fanciullo Gesù: al di sopra di questo qua-dro vedesi il coro degli angioli che cantano osanna al verbo Eterno, gloria a Dio nellʼeccelso Cielo, e pace nel mondo agli uomini di buona volontà. Pochi giorni prima della vigilia di Natale, il Bambino Gesù vien tolto dal presepe, per esservi riposto con so-lenne processione di tutta la famiglia, alla mezzanotte del 24, ora in cui nacque il Divin Redentore. Commovente spettacolo offre allora la famiglia: uo-mini, donne e ragazzi provvisti di ceri, fanno in pro-cessione il giro della casa, scendon talvolta nel cortile, visitano gli altri quartieri del palazzo, e si riducono al

continua a pagina 18

Sommario

3 Nuove disposizioni nellʼorganizzazione turistica regionale 7 L. Settembrini in “Ricordanze della mia vita” La vicenda del foriano P. Regine nel1768

9 Il cenacolo letterario del Castello Paolo Giovio & Ischia 14 I Vescovi dʼIschia Mons. Giuseppe Candido

19 Il Golfo di Napoli e lʼisola dʼIschia Antologia di viaggiatori inglesi (I parte)

23 Le navi che collegavano Napoli e le Americhe Tre sostenuti fischi salutavano Ischia...

26 Cristofaro Mennella e Pasquale Polito Due vite per la conoscenza

28 Rassegna Libri

35 Arte Alicia Miño protagonista delle arti visive

37 Rassegna Premi e Mostre 39 Fonti archivistiche Le Capitolazioni delle Confraternite di Barano

43 Il verde pubblico nellʼisola dʼIschia

48 Fatti e personaggi della storia La battaglia di Pastrengo: alba del Risorgimento

50 Eventi 2007 in Campania

In copertina (I): Veduta di Lacco Ameno (Foto Valérie Castagna)

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La Rassegna dʼIschia 6/2006 3

La regione Campania si appresta a varare la riforma organica del sistema turistico regionale: il relativo di-segno di legge (Riordino dellʼorganizzazione turistica della regione Campania), presentato dallʼAssessore al Turismo e ai Beni culturali Marco Di Lello, già appro-vato dalla Giunta, deve essere discusso in sede consi-liare ed ottenerne il voto definitivo. Viene rimodellata tutta lʼorganizzazione turistica, con riferimento alle funzioni della regione, delle pro-vince e dei comuni, nonché al ruolo innovativo dei Sistemi Turistici Locali, intesi come ambiti territoriali omogenei caratterizzati dallʼofferta integrata di beni culturali ed ambientali e di attrazioni turistiche, che rappresentano il contesto territoriale di riferimento per le politiche di programmazione ed attuazione delle ini-ziative turistiche, privi di enti gestionali e personalità giuridica. Nel suo intervento agli Stati Generali del Turismo (Salerno, 27 e 28 ottobre 2006), lʼassessore Di Lello si è così espresso: «Tra le principali finalità della legge appare utile sot-tolineare la promozione dellʼimmagine turistica della Campania in Italia ed allʼestero, che necessita di una guida unitaria, razionalizzando le iniziative, evitando missioni di dubbia utilità. Ed ancora: il miglioramento della qualità dellʼac-coglienza, dellʼassistenza e della tutela dei visitatori; un più efficace coordinamento delle funzioni riservate ai vari livelli istituzionali e lo snellimento delle pro-cedure amministrative; la formazione dei soggetti da avviare al lavoro nel settore turistico e lʼaggiornamen-to professionale continuo dei soggetti addetti ai servizi turistici; un più efficace sostegno alle imprese operanti nel settore turistico, anche al fine di attrarre investi-menti privati; il potenziamento delle informazioni e dellʼassistenza rese agli utenti dei servizi turistici; lʼin-centivazione della ricerca per lʼintroduzione di nuove tecnologie finalizzate alla migliore fruizione dei servizi turistici; la promozione e la valorizzazione del turismo sostenibile e responsabile».

Sciolti gli Enti Provinciali per il Turismo, sarà lʼAgenzia Regionale del Turismo (ARETUR) a garan-tire lʼesercizio unitario e coordinato della promozione dellʼofferta turistica.

Sciolte anche le Aziende Autonome di Soggiorno, è prevista la creazione di un Osservatorio Turistico Re-

gionale (OTR) e di Uffici di Informazione e Accoglien-za Turistica (IAT). L̓ OTR avrà, tra gli altri, il compito di quantificare e qualificare anche per tipologia i flussi turistici che interessano il territorio regionale, nonché di verificare il livello, quantitativo e qualitativo, dei servizi offerti, in modo da fornire corrette indicazioni per lʼesercizio della funzione di programmazione. Per lo svolgimen-to di dette attività lʼOTR si avvarrà delle informazioni acquisite mediante il Sistema Informativo Turistico Regionale, che si occuperà di raccogliere, in unʼunica banca-dati, realizzata con la collaborazione dei diversi livelli istituzionali e degli operatori del settore, lʼelen-co dei servizi turistici offerti nel territorio regionale. Agli Uffici di Informazione ed Accoglienza Turi-stica (IAT), da ubicare nelle aree di maggior richiamo turistico, sarà demandata lʼaccoglienza dei turisti, an-che mediante lʼutilizzazione di personale itinerante nei luoghi di maggior concentrazione turistica, per fornire direttamente ai visitatori informazioni sui servizi e sul-le attrattive, sulla disponibilità delle strutture ricettive, oltre che la prima assistenza in caso di disservizi.

Una vera innovazione nel servizio informazioni è rappresentata – afferma lʼassessore – dalla creazione di una radio web che «integrandosi con la rete degli in-fopoint, la Polizia municipale, il servizio di radio taxi, gli uffici dei vari siti museali, sarà in grado in tempo reale di svolgere un servizio permanente di informa-zione e anche di orientamento dei movimenti dei visi-tatori. La radio sarà ascoltabile via internet in tutti gli uffici informazione e dovunque ci sia un collegamento internet. Sarà possibile pertanto, un po ̓come avviene per il traffico autostradale, conoscere i tempi di attesa alla biglietteria di un museo, lo svolgimento di qual-siasi evento, la possibilità di seguire anche a piedi un percorso piuttosto che un altro».

«Parlando di nuova organizzazione sul tema tanto dibattuto dei Sistemi Turistici Locali (STL) – ha inoltre precisato Di Lello - abbiamo il dovere della franchez-za, partendo da una considerazione quasi ovvia: dinan-zi al processo di crescente concentrazione dellʼofferta, di nascita dei “colossi”, si corre il rischio di vedere pro-liferare le richieste di costituzione di STL con lʼobiet-tivo di ottenere fondi in termini di contributi, mentre, al contrario, occorrono pochi ma efficienti STL, evi-tando nel contempo la nascita di nuove sovrastrutture

Nuove disposizioni nellʼorganizzazione turistica regionale

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ed il proliferare di ulteriori organismi; ai lavori della Terza Conferenza Nazionale abbiamo posto una do-manda retorica: cosa accade se in ciascuna regione dʼItalia si attivano 20 STL? Ed in Campania? Quanti territori dovranno comprendere e conoscere i turisti, che già mostrano difficoltà nel distinguere le Regio-ni? Soprattutto in riferimento al turismo internazionale e intercontinentale ancor di più occorre unʼimmagine unitaria, coordinata, pur nella varietà dei siti che carat-terizzano il nostro sistema. Deve essere necessario che ciascun STL possa divenire una destination, ossia un luogo in grado di attrarre autonomamente domanda. In tal senso, secondo quanto previsto dalla stessa legge, potrebbe trattarsi anche di un certo numero di località di piccole dimensioni, vicine anche se non adiacen-ti territorialmente, ma in grado di proporre offerte in circuito. Tale approccio implica il collegamento del-lʼaspetto, appunto, territoriale, con quello tematico: dal turismo culturale a quello balneare, enogastronomico, religioso, fieristico-congressuale, con una particolare attenzione a questʼultimo segmento che rappresenta sempre di più un elemento di crescita per il settore sia in termini di destagionalizzazione che per lʼalta reddi-tività. Ciascun STL dovrebbe avere uno, massimo due prodotti trainanti, allʼinterno di una strategia regionale. Questo consentirebbe anche un maggior coordinamen-to, appunto su basi tematiche, nella promozione del-lʼintero Paese e nellʼavvio di iniziative interregionali».

La legge incentiva anche la creazione di Club di Prodotto, costituiti in forma di consorzi tra diversi enti pubblici e privati operanti nel settore, che provvedono allʼorganizzazione di manifestazioni culturali e com-merciali volte soprattutto alla promozione di prodotti tipici dellʼagricoltura e dellʼartigianato locale.

Sarà valorizzato il ruolo delle Associazioni pro loco che, oltre a svolgere i compiti fissati dallo statuto, col-laboreranno con la Regione e gli enti locali alla promo-zione dei sistemi turistici locali. Un capitolo della legge è dedicato al turismo sociale, per garantire la fruizione dei servivi turistici da parte di categorie svantaggiate, quali soggetti meno abbienti, i giovani, i nuclei familiari, le persone della terza età ed i portatori di handicap, attraverso la predisposizione di progetti sperimentali e lʼerogazione di specifiche risor-se economiche.

Restano riservate alla Regione, le funzioni di:- promuovere, in Italia e allʼestero, unʼimmagine coe-rente e forte del turismo campano, anche mediante atti-vità di commercializzazione con altri Paesi;- valorizzare il patrimonio turistico regionale;- programmare, coordinare e controllare le azioni e i

progetti turistici, secondo quanto definito nelle Linee Guida per lo Sviluppo Turistico della Regione Campa-nia approvate dalla Giunta Regionale;- istituire lʼOsservatorio Regionale sul Turismo per analizzare domanda e offerta turistica della Regione;- attuare gli interventi di natura turistica (costruzione o miglioramento di impianti e servizi turistici) sovven-zionati con fondi comunitari e/o con finanziamenti de-rivanti dalla legislazione ordinaria;- precisare i parametri per la valutazione dei requisiti minimi e delle modalità di funzionamento delle asso-ciazioni no profit (Pro loco incluse).

Tra i compiti delle Province rientrano:- la concessione delle autorizzazioni per esercitare atti-vità di agenzia di viaggio e turismo;- la gestione degli elenchi e degli albi provinciali previ-sti in materia di turismo;- lʼordinamento delle strutture ricettive:- lʼattuazione dei corsi di abilitazione per lʼesercizio delle professioni e dei corsi di aggiornamento:- coordinare e favorire lʼoperato dei Comuni:- sottoporre allʼapprovazione della Regione i Sistemi Turistici Locali proposti nel territorio provinciale, di concerto con Organizzazioni di categoria ed Enti inte-ressati, nonché favorire la co-partecipazione e la colla-borazione tra gli STL stessi;- incoraggiare e sostenere diverse forme di partenariato utili alla crescita del comparto turistico provinciale.

I Comuni, singolarmente o tramite le Unioni di Comuni e Comunità montane:- propongono alle Province lʼidentificazione degli STL, presentano programmi e iniziative alle istituzio-ni di livello superiore (Organi sovranazionali, Unione Europea, Stato, Regioni, Province) per concorrere alla formazione delle scelte e alla programmazione delle risorse finanziarie di rispettiva competenza:- eseguono indagini ed analisi territoriali allo scopo di identificare le prospettive di miglioramento delle esi-genze, dei contenuti e delle risorse relative alle attività turistiche.

Per quanto concerne le strutture ricettive soggette a classificazione (alberghi, campeggi, villaggi turistici), per garantire un innalzamento dei livelli di qualità, è prevista una classificazione contrassegnata in stelle, agganciata al possesso delle dotazioni strutturali e stru-mentali; alla qualità e quantità dei servizi offerti alla clientela; al possesso di idonei titoli di studio e di com-petenza ed esperienza da parte del personale in servi-zio.

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Turismo 2005 in Campania Nel corso della citata riunione degli Stati Generali del Turismo, lʼassessore Di Lello ha passato in rasse-gna lʼandamento turistico regionale dellʼanno 2005, con qualche raffronto con alcune cifre riguardanti lʼan-no 2006.

Nel 2005 in Campania si è registrato lʼarrivo di 4.275.253 turisti. Il 23% degli arrivi si è registrato nellʼambito terri-toriale Napoli e Area Vesuviana con 967.611 turisti. Segue lʼarea della Costiera Sorrentina e Capri con 930.789 (22%). Il 20% degli arrivi totali appartiene allʼarea di Salerno e Costiera Amalfitana con 784.899 arrivi. L̓ area flegrea con Ischia e Procida, con 617.850 turisti, registra il 14% degli arrivi totali. Segue il Cilen-to, Paestum inclusa, con il 13% ed oltre mezzo milione di arrivi (552.477). Ancora bassi i numeri di Caserta e Litorale Domi-tio (4% con 180.321 turisti) e delle aree interne, con il Sannio e lʼIrpinia che hanno rispettivamente lʼ1% e il 3% con 59.599 turisti nel beneventano e 117.578 arrivi nellʼavellinese. Le presenze registrate nellʼanno 2005 sono poco meno di 20 milioni (19.637.816.), il che significa che il 2005 ha registrato in Campania un valore di permanen-za media dei turisti di 4,61 giorni. Si evidenzia una maggiore permanenza media, pari a 9,08 giorni, nellʼarea Cilento e Paestum, seguito da Ischia, Procida e Campi Flegrei con 7,27 giorni. L̓ area di Caserta e Litorale Domitio registra una permanenza media di 4,41 giorni mentre nellʼarea Costiera Sorren-tina e Capri la permanenza media è di 3,96 giorni. A Salerno e Costiera Amalfitana è di 3,31 giorni. L̓ area Sannio e Matese registra una permanenza di 2,62 gior-ni, seguito da Napoli e Area Vesuviana con 2,57 giorni e lʼIrpinia con 2,03 giorni.

Dallʼanalisi dei flussi si rileva una diminuzione negli arrivi dei turisti che passano da 4.470.088 nel 2001 a 4.275.253 nello scorso anno, registrando una diminu-zione del 4,36% negli ultimi 4 anni, mentre in parti-colare dal 2004 al 2005 si è registrato un lieve calo del 1,41%. In questo quadro emerge in controtendenza il dato della Costiera Amalfitana, che fa registrare per lʼanno 2005, un significativo aumento rispetto allʼan-damento del 2004, con un incremento degli arrivi dell ̓8,54% ed un incremento nelle presenze (+ 6,21%) . Sostanzialmente stabile invece lʼarea di Ischia, Pro-cida e Campi Flegrei durante il 2004 ha registrato com-plessivamente 617.937 arrivi, di cui 483.310 italiani e 134.627 stranieri., mentre nel 2005 gli arrivi sono stati 617.850 (-0,01%), di cui 489.211 (+1,22%) italiani e 128.639 (- 4,45%) stranieri.

In calo tutte le altre più note località. Le difficoltà del quinquennio 2001- 2005 hanno riguardato sia gli arrivi che le presenze nella nostra regione: il dato globale della Campania indica infatti che le presenze sono passate dai 22.149.739 del 2001 ai 19.637.816 del 2005 (-11,34%), mentre nellʼultimo anno si rileva una diminuzione del 4,94%, passando da 20.658.648 presenze del 2004 a 19.419.857 del 2005. In conclusione possiamo sottolineare come dallʼana-lisi della domanda turistica campana in sintesi si rileva che risultati lievemente positivi si registrano negli arri-vi (+0,90%) dellʼarea di Napoli e Vesuviana, collegati ad un notevole incremento degli stranieri (+15,43%) sempre più interessati a visitare il territorio. Le presen-ze, nonostante lʼaumento di stranieri rispetto allʼanno precedente (+ 13,94%), subiscono un calo del 3,96%. Nellʼarea aumentano complessivamente gli stranieri a fronte di un calo degli italiani. L̓ area della Costiera Sorrentina e Capri mostra, rispetto al 2004, una flessio-ne sia negli arrivi (-4,01%) che nelle presenze (-1,16). In questo quadro dati interessanti per il 2005 hanno mostrato le aree interne, che cominciano ad intercetta-re un flusso crescente di turismo alternativo, da quello ambientale a quello religioso passando per lʼenoga-stronomico: Caserta e il Litorale Domitio registrano un buon risultato determinato da un incremento sia negli arrivi, passati da 178.445 del 2004 ai 180.321 del 2005, che nelle presenze (+1,93%). Ancora meglio il Sannio, che, in uno con il Matese, registra incrementi sia negli arrivi (+7,42%) che nelle presenze (+11,31%).

L̓ anno scorso, nella consapevolezza della difficol-tà che costantemente incontrava il settore nella nostra regione assumemmo lʼimpegno di iniziare una svolta, di approcciare il turismo in una logica imprenditoria-le, con marketing mirato, vendendo i nostri diversi prodotti ciascuno ad un proprio target, di approcciare nuovi mercati: oggi, seppur con dati parziali possiamo dire che i primi frutti di quella strategia si cominciano a vedere con una crescita media complessiva del primo semestre 2006 intorno al 5%. Nel dettaglio vediamo che un forte incremento de-gli arrivi (+12,88%) si è registrato nellʼIsola di Capri tra gennaio e luglio 2006 ( 96.777 ) rispetto agli stessi mesi del 2005 (85.734), con un aumento delle presenze del 4,65%. Molto bene anche la penisola sorrentina, che per quanto riguarda gli arrivi registra un incremen-to del 7,02% rispetto al 2005 ( 271.753 arrivi nel primo semestre 2006 contro i 253.924 arrivi nel primo seme-stre 2005). I dati riguardanti la città di Napoli nel primo seme-stre di questʼanno confermano lʼarrivo di 412.351 tu-risti contro i 402.553 che si erano registrati nel primo semestre 2005, con un incremento del 2,43% rispetto

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al 2005, ed oltre un milione di presenze (1.027.057). I numeri del primo semestre 2006 per lʼisola dʼIschia rivelano un incremento del 2,65% negli arrivi rispetto allo stesso periodo del 2005, (con 1.155.304 presenze a fronte delle 1.141.403 riscontrate nel 2005), rilevando un aumento di circa 14.000 presenze pari ad un aumen-to del 1,22%. Rilevante lʼexploit fatto registrare dallʼarea di Poz-zuoli, che ha visto per il periodo gennaio – settembre 2006 un rilevante incremento degli arrivi (+24,4%) rispetto allo stesso periodo del 2005, passando dai 71.148 arrivi del 2005 agli 88.511 del 2006, con una crescita delle presenze di circa 5000 unità. Ancora molto positivi i dati del primo semestre 2006 per lʼarea del Sannio - Matese rilevano 27.472 arrivi a fronte dei 25.957 relativi al primo semestre del 2005, con un incremento del 5,84%, mentre per le presenze

la crescita rilevata è pari al 10,14% (67.613 nel primo semestre 2006 contro le 61.386 presenze del 2005). Positivi anche i numeri che provengono dalla pro-vincia di Salerno, con un aumento di oltre 23.000 arrivi (+ 4,6%) e 100.000 presenze (+4,9%), grazie alle per-formance molto positive di Positano, Amalfi, Ravello e Maiori in Costiera. Sono numeri, ulteriormente confortati da questo cal-do autunno che ci fa registrare unʼulteriore crescita, che ci lasciano ben sperare per il futuro. Determinante sarà il dare continuità al percorso che abbiamo appena iniziato, lavorando contemporaneamente sul versante interno, migliorando organizzazione ed accoglienza, e sul fronte esterno, con azioni di marketing sempre più specifiche e mirate.

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Prato - Antiche Stanze di Santa Caterina

Mattera dagli anni Cinquanta ad oggi, ci si accor-ge che questa sua forza di persistenza, questo suo respiro lungo non è un uniforme scorrere nel tem-po, ma ha un ritmo preciso, scandito dalla serie dei

Gabriele Mattera Opere 1989-1999

Organizzata e promossa dallʼAsses-sorato alla Cultura del Comune di Pra-to e dallʼAssociazione Amici di Ga-briele Mattera (Ischia 18 agosto 1929 – 25 luglio 2005), la mostra - nata da unʼidea di due Amici di Gabriele Mattera pratesi – ha proposto le opere più significative realizzate dal pitto-re ischitano nel decennio 1989-1999. Trenta grandi tele dei tre cicli delle “Tende”, degli “Uomini nella Natu-ra” e degli “Uomini in Rosso” esposte nelle Antiche Stanze di S. Caterina in Prato dallʼ11 Novembre al 2 Dicembre 2006. Dopo le esposizioni, a Napoli e ad Ischia, dellʼultimo ciclo di opere inti-tolato “Il Blu della Notte”, lʼappunta-mento di Prato ha segnato lʼinizio di una attività espositiva e divulgativa dellʼopera dellʼartista nella sua com-pletezza. Scrive Vitaliano Corbi nel testo di presentazione del catalogo della mostra: «…ripensando alla pittura di

grandi cicli. Ogni ciclo si svolge con pause ed accelerazioni diverse, e con un movimento complessivo che sul punto di esaurirsi, al chiu-dersi appunto del ciclo, si rialza e ri-prende più largo ed arioso. Così dai Pescatori, dove gli uomini gravati dalla mole dei loro corpi stanno, come in una tana, nella penombra delle barche dalle alte sponde, alle ultime opere, gli Uomini in Rosso, lʼorizzonte della pittura di Mattera sʼè via via allargato e lo sguardo sʼè spostato dalla terra verso la luce. E qui i corpi non hanno spessore né peso e sono soltanto incerte tracce dʼombra. Questa mostra ritaglia nel percorso artistico di Mattera il seg-mento del decennio 1989 –1999 o poco più. Un tratto breve e compat-to che ha visto passare sulle grandi tele dipinte dallʼartista ischitano tre soli motivi iconografici: una tenda, una figura umana e il paesaggio».

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La Rassegna dʼIschia 6/2006 7

L̓ isoletta, o per meglio dire lo sco-glio di Santo Stefano, lontano circa un miglio da Ventotene, è sita rim-petto a Gaeta, distante da essa un trenta miglia, ventiquattro da Ischia, venticinque da Ponza; ha un circuito minore di due miglia, non altri edifi-ci che lʼergastolo, non altri abitatori che i miseri condannati, i loro custo-di, poche capre che danno latte per glʼinfermi, e qualche asino. Difficil-mente vi si approda, e voltando so-pra piccoli battelli, perché intorno è irta di scogli, e lo stretto mare che la divide da Ventotene è sempre agitato e rumoroso. Tutti i venti la battono, e vi portano in uno stesso giorno il rigore, il tepore, il calore di tutte le stagioni. È fama che queste due iso-lette di Santo Stefano e di Ventotene un tempo fossero state unite e poi divise per terremoto; e che lʼuna e lʼaltra eran chiamate con un nome comune: Pandataria. Io credo che, se questa separazione fu vera, avvenne in tempi remotissimi; che il nome di Pandataria o Pandaterìa, guastandosi in Vandataria siasi cangiato nel pre-sente Vendotene o Ventotene, e so-lamente a questʼisola fu dato; e che Santo Stefano ebbe altro nome par-ticolare, il quale pel tempo e per la piccolezza dellʼisola andò obliato e perduto. Nondimeno le tradizioni storiche di Ventotene appartengono ancora a Santo Stefano; dappoiché coloro che abitarono quellʼisola ven-nero ancora in questa vicina. Queste due isole, rendute celebri per le sventure di antiche donne illu-stri, furono sempre albergo di pene e di dolori. In Pandataria fu relegata Giulia, figliuola di Ottaviano, cele-bre per bellezza e lascivia, la quale

qui pianse per la vendetta di Livia e la fredda ferocia di colui che uc-cise la patria e la figliuola: di quel furbo fortunato che dagli adulatori fu detto Augusto. Qui stette la sven-turata donna sette anni, privata di ogni cosa, consolata sol dalla madre Scribonia che volontaria lʼaccompa-gnò nellʼesilio: e dipoi fu mandata in Reggio di Calabria, dove morì di miserie e di stenti. Nella parte più alta di Santo Stefano sono al-cune rovine di una villa, che serba ancora il nome di casa di Giulia: e son poche mura di fabbrica reticola-ta, alcune pareti che serbano vivi i colori onde furono dipinte, qualche pavimento a mosaico, ed una cister-na ancor buona ed usata. Un secolo fa cavandosi la terra vi fu trovato un sepolcro, che da una lapide, ora ser-bata nel museo di Napoli, si conobbe essere stato di un Metrobio, liberto di Augusto prefetto di Pandataria, e quivi morto; il quale forse fu il cu-stode e il tormentatore della misera Giulia. Tiberio vi mandò Agrippina, la magnanima moglie di Germanico, e ve la fece morire. Caligola divenu-to imperatore venne in Pandataria, tolse le ceneri della madre, e quelle dei fratelli morti in Ponza, e le portò in Roma onoratamente. Nerone vi chiuse lʼinfelice Ottavia sua moglie; e dopo di averle ucciso il padre ed il fratello, averla sprezzata e pospo-sta a Poppea, fattala accusare dal carnefice Aniceto, a ventʼanni le fe ̓segare le vene in un bagno. Corne-lio Tacito, grande scrittore di grandi sventure, ci lasciò queste memorie: e se fossero rimaste tutte le sue opere, avremmo anche conosciuto i dolori della buona Domitilla, congiunta di

Domiziano, la quale, perché non te-mette di confessarsi seguace di Cri-sto, fu qui relegata dal ferocissimo tiranno. Caduto lʼimpero romano, queste due isole furono soggette ai greci imperatori, che le aggiunsero alla signoria de ̓duchi di Gaeta. Nellʼan-no 813, saccheggiate dai barbari che correvano il mare, rimasero deserte dʼabitatori ed incolte: pensami che nelle miserie e nellʼignorante oblio di quel tempo Santo Stefano perdet-te il suo nome antico. Rimasero così abbandonate sino alla metà del se-colo XI: ed Adinolfo secondo duca di Gaeta nel 1063 le donò ai monaci cistercensi che erano in Ponza. Di là alcuni di quei frati si recarono in queste isole per menarvi una vita solitaria e tranquilla: e nellʼisoletta minore fabbricarono una chiesetta in onore di papa Stefano, che essendo ancor frate si piaceva di questa so-litudine. E da lui lʼisoletta ebbe il novello nome. Altri pontefici vi fe-cero costruire un picciol carcere per chiudervi e correggere i preti disco-li. Ma la chiesa, il carcere ed ogni cosa furono distrutti dal tempo, dai pirati, dai venti; e le due isole rima-sero unʼaltra volta deserte ed incolte, come Ponza e gli altri isolotti sparsi intorno. Divennero nidi di corsari, che da essi spiccavansi per devastare le vicine spiagge; e solo pochi arditi pescatori per speranza di guadagno venivano da Ischia e da Gaeta per ta-gliar legne in queste isole selvagge, e per pescar nel mare che le circonda. Uno di questi pescatori è degnissimo di ricordanza.

Nella state dellʼanno 1768 Pasqua-

Luigi Settembrini (1813-1876) in Ricordanze della mia vita

L̓ isoletta di Santo Stefano e la vicenda del foriano Pasquale Regine nel 1768

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8 La Rassegna dʼIschia 6/2006

le Regine di Forio dʼIschia, padrone di una di quelle barche pescherecce che diconsi paranzelli, con un suo figliuoletto di dodici anni a nome Vincenzo da lui teneramente amato, e con altri sei pescatori suoi paesa-ni e parenti, venne in Ventotene per tagliar legne. Approdò in un piccol seno detto Cala di Battaglia, e la-sciati quattro compagni a guardia della barca e del figliuolo, con gli altri due si avviò per una valletta, che fu un antico sepolcreto roma-no, sparsa di grotte che allora erano vuote ed ora servono di abitazioni ad uomini, asini e maiali. Mentre il dabbene uomo sul monte tagliava le legne coi compagni, ecco una ga-leotta tunisina, nascosta in un altro seno dellʼisola, uscire dʼagguato, assalire e predare la barca, i pescato-ri, il fanciullo. Allo strepito lontano volgesi il misero padre, e veduto il vero gettasi a correre giù piangendo e gridando come forsennato: giun-ge al lido, e veduta la galeotta che spiegava le vele e si traeva dietro la barca, slanciasi nellʼacqua, e nuota e giunge, ed offresi di andare schia-vo col figliuolo. Si rallegrano i ladri di questa nuova preda; e si rallegra lʼamoroso Pasquale di abbracciare il diletto figliuolo, e spera di potergli serbare lʼonore e la fede. Giunti in Tunisi, il bey, scegliendo fra i cattu-rati, compera il fanciullo, il padre ed un altro, e vuole che il fanciullo lo serva in casa, e gli altri due lavorino ne ̓ giardini. Lavorava il buon Pa-squale, e di continuo teneva gli oc-chi sul figliuolo, che per la fresca età e lʼavvenenza della persona aveva pur bisogno di chi lo tenesse saldo nella fede di Cristo, e gli desse forza a resistere alle insidiose promesse di ricchezze e di onori che gli faceva il barbaro padrone. Scrisse il dabben uomo alla moglie, fece vendere mas-serizia, e raggruzzolati quanti denari poté, aggiuntine dai buoni frati di Santa Maria della Mercede della re-denzione de ̓cattivi, dopo due anni riscattò il figliuolo. E poi che 1ʼebbe baciato e benedetto, lo mise in barca

per lʼItalia, e ringraziò Iddio che ave-va liberato quel suo caro innocente dai pericoli della schiavitù. Indi ad un anno fu riscattato anchʼegli ed i compagni.

Intanto, essendo re Ferdinando I di Borbone, fu mandata in Ponza una colonia dì molti condannati per vari delitti e furono invitate ad andare ad abitarla molte famiglie povere di Torre del Greco, città allora distrutta dal Vesuvio, e pescatori dʼIschia. E, volendosi ripopolare anche Ventote-ne, vi furono primamente mandati nel 1768 dugento galeotti a costruire le case per la colonia, ed un castello per un bastevol presidio di soldati. Questa povera gente finì le fabbri-che, ma quasi tutti morirono, perché la notte eran rinchiusi nelle rovine di una antica, vasta ed umida cisterna romana. Nel 1771 vi andò la colo-nia: erano tutti ladroncelli, ai quali furono date in mogli alcune donne condannate: vi corsero ancora fami-glie di Torre del Greco e dʼIschia; tra le quali Pasquale Regine con la moglie ed il figliuolo. Tutti ebbero terre, arnesi rurali, sementi, frumen-to, e viveri sino alla ricolta. Andovvi un curato e tre preti: e fu eretta una chiesa a santa Candida di Cartagine, una cui immagine nascosta fra le rovine era adorata dai pescatori che qui approdavano. Ora nella chiesa vedesi lʼimmagine della santa, a cui stanno innanzi genuflessi e presen-tando le catene un vecchio ed un fanciullo, che sono Pasquale Regine ed il figliuolo. Oggi Ventotene è una vaga isoletta con mille abitatori, più che quattro miglia di circuito, quat-trocento moggia di terreno coltiva-bile, ed a tramontana un porto per piccole barche. In Ponza ed in Ven-totene si mandano tutti i condannati alla relegazione, la più parte ladri: ed ora senza condanna vi sono più di quattrocento giovani generosi che hanno il delitto di aver combattuto da prodi su i campi della Lombardia e della Venezia. Rispettati ed onorati dagli stessi nemici, qui stanno mez-

zo nudi, mutilali, con le ferite ancor sanguinanti, misti ai ladri, penando nella miseria, scherniti da chi non rispetta neppure i sacri diritti della sventura.

Ripopolata Ventotene, rimaneva ispida e selvaggia la vicina Santo Stefano, dove nel 1794 fu costruito lʼergastolo, e ne fu architetto Fran-cesco del Caprio. Qui furon mandati tutti i galeotti condannati a vita, e quelli che nelle altre galere erano più feroci ed incorreggibili; onde diven-ne luogo di più grave pena, ricetto di scelleratissimi. Nel 1799 vi furono chiusi ed incatenati oltre cinquecento prigionieri politici; tra i quali il caris-simo padre mio che vi penò quattor-dici mesi. Dopo i tristi casi del 1821 quei condannati a morte, ai quali fu fatta grazia del capo, furono qui get-tati e sepolti: qui stettero il marchese Tupputi, il colonnello Celentano, e il cavalier Fasulo, il maggiore Gaston, e tra moltissimi altri lʼinfelice capi-tano Piatti, che qui visse dodici anni filando canape. In tutti i paesi civili dʼEuropa i prigionieri politici sono tenuti con rigore sì, ma con rispetto; non sono misti ai ladri, agli assassi-ni, ai parricidi, come si fa nel nostro paese. Questa compagnia di uomini perduti e scellerati fa più dolore che la catena ed i ceppi, perché tormenta il cuore e lʼanima: quasi che non ba-stasse di punire la virtù, si vorrebbe anche macchiarla, schernirla, e spe-gnerla, se la virtù potesse spegnersi. Nel 1836 questo edifizio fu destina-to per i soli condannati allʼergastolo e per pochi e pessimi condannati ai ferri. La pena dellʼergastolo stabilita nel nostro codice fu sostituita allʼal-tra dei ferri in vita: per essa il con-dannato è chiuso in una stanza per tutta la sua vita, senza ferri, e con gli abiti suoi: perde tutti i diritti civili, è considerato come morto ab intesta-to, e si apre agli eredi la successione. Pena terribile, perché senza speran-za.

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La Rassegna dʼIschia 6/2006 9

di Raffaele Castagna

Paolo Giovio (Como 1483 – Firenze 1552), medico, storico, prelato (fu vescovo di Nocera, in provincia di Salerno), fece parte negli anni 1527/28 di quel centro culturale che si formò, intorno a Vittoria Colonna e a Costanza dʼAvalos, sul Castello dʼIschia, una delle va-rie sedi di diffusione (le corti) della cultura rinascimen-tale. «Corte spirituale, fatta di relazioni, di dedica di lavori poetici, di alcune frequenti presenze e di visite, tanto più verosimili se si evidenziano la facilità con cui ci si spostava allora e lo spirito migratore delle genti di lettere e dʼarmi; corte reale, formatasi dietro la spin-ta di circostanze esteriori avverse, di cui spiriti nobili attesero la fine, prestando ad esse unʼattenta osserva-zione e dedicandosi ai giochi dello spirito» (1). Tra le cause di questa formazione sono da annoverare la peste che, dopo aver infettato Roma nel 1522, contagiò an-che Napoli, e le guerre in atto o che covavano pronte a scoppiare. «Lo scoglio di Tifeo accoglieva lʼeletta nobiltà che non voleva prepararsi a difendere, ma ad essere di-fesa. Tutti i Baroni del Regno che si mostrarono av-veduti in questa opportunità si ritirarono con le loro famiglie, alcuni a Napoli come, tra gli altri, Andrea Matteo Acquaviva duca di Atri; altri se ne andarono a Sorrento, ed altri ancora ad Ischia, dove si ritirò la casa del marchese del Vasto, la sua bellissima sposa, donna Maria dʼAragona, lʼerudita marchesa di Pescara Vittoria Colonna, la duchessa di Amalfi, la principes-sa di Salerno, la splendida e graziosa donna Lucrezia Scaglione, ed altre signore, sulle quali tutte vegliava la direzione attenta della duchessa di Francavilla Donna Costanza dʼAvalos, zia del marchese del Vasto, donna di grande valore e di grande bontà (2). Una certa aria di vita animata ed allegra alitava in questi luoghi di rifu-gio e, mentre si pensava alla città lontana assediata, ai genitori, agli amici che la difendevano, alle incursioni probabili che i nemici potevano fare anche in questi soggiorni per così dire di avanguardia e di sicurezza, tutte queste persone che si erano conosciute nelle cir-costanze più differenti, si intrattenevano per lo più in amabili ed erudite conversazioni; ma annodavano an-che degli idilli e trovavano di una varietà romanzesca questa vita in comune di cui non si conosceva peraltro la durata» (3). Le donne erano uno dei temi sviluppati dal lirismo, ed un oggetto di omaggio; la loro educazione tende-

va inoltre anche alla cultura, addirittura alla creazione poetica. Tra quelle menzionate, una che domina per lʼetà ed il ruolo, la principessa di Francavilla, non è più giovane, ma la sua forte personalità intellettuale può orientare solamente verso i giochi dello spirito la società riunita intorno a lei. Lei era considerata molto edotta nelle lettere italiane e latine, autrice essa stessa di un libro di argomento filosofico o morale; le è anche attribuito un poema «nel più fiorito valenciano», sulla tragica morte di suo fratello Alfonso. Cʼè anche una poetessa che si individua in Costanza Piccolomini du-chessa di Amalfi: quella che Percopo chiama «gentile rimatrice». «Tra le altre signore che dividevano, con Vittoria e quelle che già ricordate, il soggiorno di Ischia, cʼerano anche, secondo Filonico, Giovanna Carlissa, forse Car-lina, figlia di Cesare e moglie di un certo Loffredo, e donna Isabella Brisegno, “la cortesissima”, come la si chiama nelle poesie lusinghiere del tempo» (4). Cʼera inoltre Giovanna dʼAragona, appartenente alla famiglia Colonna: suo marito militava nella squadra imperiale, anche se ne farebbe escludere la presenza il loro disaccordo. Ma Ischia, più che Roma e Napoli, rappresentava un soggiorno sicuro. Paolo Giovio vi giunse, ospite di Vittoria Colonna, vedova dal 1525 del Marchese di Pescara, dopo il Sac-

Il cenacolo letterario del Rinascimento sul Castello Aragonese

Paolo Giovio & Ischia

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co di Roma (maggio 1527), durante il quale riuscì a rifugiarsi col papa Clemente VII e la sua corte a Castel S. Angelo, e dopo la fine dellʼassedio cui questo fu sot-toposto (... arce eiectus in Aenariam veni ad Victoriam Columnam, come scrive nel dialogo degli uomini e delle donne illustri). «Lo scopo del buen retiro di Giovio era duplice: da un lato trovare rifugio dai pericoli, dallʼaltro rag-

giungere unʼoasi di quiete dove attendere alla composizione delle sue opere storiche e biografiche. Il castello dʼIschia, di proprietà della famiglia dʼAvalos, costitui-va un porto sicuro già utilizzato dalla famiglia per proteggere dai pericoli le donne e i rampolli della casata. Molti fra i più importanti personaggi della corte di Napoli passarono per Ischia in quel perio-do; Giovio ebbe così occasione di allargare o approfondire le sue co-noscenze fino a diventare un punto di riferimento per una buona parte della società colta del regno di Na-poli. I risultati delle innumerevoli conversazioni che si tennero nelle stanze del maniero furono immor-talati dal vescovo di Nocera in un Ischia - Il Castello Aragonese

Vittoria Colonna

dialogo, Dialogus de viris ac foeminis aetate nostra florentibus, in cui il classico tema umanistico del rap-porto tra fortuna e virtù, venne sviluppato in forme par-zialmente innovative. Certo il problema non è nuovo, i protagonisti si chiedono, infatti, come e in che misura gli uomini possano controllare il proprio destino, tut-tavia la particolare attitudine del Giovio ne fa un testo parzialmente diverso da tutti i suoi predecessori. In-nanzitutto gli attori non sono né personaggi di fantasia né vengono chiusi in schemi preconcetti; sebbene non manchino riferimenti a tipi ideali, lo scritto è il risultato della discussione fra individui emblematici che espri-mono con forza le loro caratteristiche specifiche, siano esse quelle del militare, del politico o dellʼintellettuale cortigiano. Lo sfondo della riflessione fu inevitabilmente il Sac-co di Roma, contro il quale il dialogo si scaglia con veemenza. La domanda cui si tenta di rispondere ri-guarda naturalmente come fosse potuto accadere che una tal violenza si scatenasse proprio nel cuore della cristianità, su Roma, definita: “la sacrosanta casa di tutte le nazioni”; la risposta delle pagine ischitane di Giovio è perentoria. «I nostri istinti naturali sono docili e socievoli – sostiene – ma le buone abitudini richiedo-no buoni esempi e buone leggi. Se i principi sono cor-rotti, la popolazione degenererà presto. La corruzione ha causato il disastro italiano, non Dio, la Fortuna o le stelle. La folle ambizione dei nostri principi ha chiama-to per prima gli stranieri in Italia, scatenando la guerra e i tumulti che hanno brutalizzato lʼinnata umanità ita-liana e distrutto le onorevoli abitudini del Quattrocen-to. Tra i personaggi del dialogo si accende anche unʼal-

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tra classica discussione erudita, quella sul valore delle donne e sulle differenze con gli uomini. Forse anche per la cortesia dovuta allʼospite, si sostiene che i due sessi differiscano più per le abitudini culturali che per natura, anche se, con un certo realismo, si conviene nellʼaffermare che non sono ancora maturati i tempi per cercare di sovvertire lʼordine sociale con una mag-giore autonomia e libertà del cosiddetto sesso debole. Le guerre dʼItalia, ancora una volta, costituiscono per Giovio un serio ostacolo al progresso sociale non solo della penisola, ma di tutta la cristianità» (5). Nel novembre del 1528, ritornato il papa a Roma, Giovio rientrò alla corte papale, riprendendo le sue funzioni di cortigiano e di diplomatico; ma ebbe lʼoc-casione di una ulteriore permanenza ad Ischia nellʼau-tunno del 1531, dopo una visita pastorale alla diocesi di Nocera. Dallʼosservatorio dʼIschia, Giovio poté seguire la battaglia di Capo dʼOrso (6), promontorio tra Salerno ed Amalfi, che vide contrapposte la flotta franco-ge-novese e quella imperiale, scrivendone poi nelle sue Storie (7) quale testimone diretto e commosso per le sorti degli eventi, in quanto furono fatti prigionieri, tra gli altri, Ascanio Colonna ed il marchese del Vasto. Il testimone che seguiva con attenzione lʼevoluzio-ne di questo avvenimento storico – descrive Suzanne Thérault (8) - non era il solo a commuoversi: con lui palpitavano la famiglia dei capi di parte imperiale, im-pegnati nello scontro - Vittoria, Maria dʼAragona, Gio-vanna - e tutto il gruppo di amici profughi nel Castel-lo. Col tempo chiaro, si distinguevano evidentemente molto bene, da Ischia, Capri e il promontorio, al di so-pra dei quali si innalzavano forse il fumo, i chiarori del fuoco. Ciò creava almeno una specie di contatto imme-diato con cui era forse possibile indovinare le manovre e di certo sentire il cannone, tanto più chiaramente in quanto, dopo avere echeggiato sulla scogliera amalfita-na, il suono si propagava sulle acque. Giovio, di questo momento appassionante nella sua vita di grande curio-so, si scusa quasi, senza rimpianto, di presentare, nel suo lavoro di storia contemporanea (9), il racconto in modo più ampio di quanto fosse necessario, «perché», dice, «tra le grandi battaglie della nostra epoca, questa è sembrata avere delle conseguenze molto pesanti, ed io, in un certo modo, sono stato un testimone molto attendibile di ciò che è accaduto quel giorno, e, per così dire, lʼho vista coi miei occhi, perché, venendo dal Castello di Roma, e accolto con liberalità dal mar-chese del Vasto, mi trovavo allora ad Ischia, dove si sentiva il fragore di tutta questa artiglieria che giun-geva allʼorecchio da molto lontano, attraverso il mare, e dove arrivavano le notizie della giornata e di quello che accadeva; ma non si capiva con certezza chi avesse vinto. E, siccome alcune nobili signore, molto inquiete

per la salute dei loro mariti, mi pregavano di compie-re una missione di carità molto rispettabile, partii, con due fregate molto ben armate, fiducioso nellʼamicizia del Conte Filippino (se, per caso, la vittoria era dalla sua parte). Questo signore, senza trarre vanità dal suo successo, mi accolse affettuosamente al mio arrivo e mi diede subito il permesso di andare a rendere visita ai capitani prigionieri che erano custoditi nella galera. Il mio arrivo fece loro grande piacere, perché porta-vo loro delle notizie della salute delle loro donne ed unʼopportuna mitigazione alle loro sofferenze». In effetti mogli e sorelle di militari impegnati nel-la campagna di guerra che, intanto, si era spostata nel regno di Napoli, avevano chiesto a Giovio di andare a visitare il comando della flotta franco-genovese, che aveva sconfitto quella imperiale; egli avrebbe dovuto accertarsi della condizione dei prigionieri e trattare sul-le possibili condizioni di riscatto richieste dallʼammi-raglio vincitore. La missione permise a Giovio di intrattenersi allo-ra coi prigionieri che gli raccontarono la battaglia, e, ritornando al vascello-ammiraglia dal conte Filippino Doria, vide il mare coperto di cadaveri. Il suo ospite gli diede gli stessi dettagli, ed altri; gli offrì lʼarmatura dorata di del Vasto, su sua richiesta, consapevole del tormento di questʼultimo, preoccupato che la sua ma-gnifica armatura sarebbe stata appesa, come trofeo e come ex voto, in qualche chiesa di Genova, cosa che per un Napoletano, anche allora, doveva essere la peg-giore vessazione che si potesse immaginare. Ad Ischia Giovio attese a prendere note per i suoi Elogia (10), per la seconda parte delle sue Storie, e so-prattutto creò qui i Dialoghi, così presentati dal Volpati (11): «Il soggiorno di Paolo Giovio ad Ischia diede adi-to alla composizione di unʼopera che si ben può con-siderare la più grande testimonianza dei rapporti tra il grande storico e Napoli; opera in cui, da una parte, è attestato questo soggiorno, e dallʼaltra si riflette la co-noscenza del comasco delle persone e cose di Napoli, così come la sua ammirazione per lʼune e lʼaltre. Il la-voro è costituito da tre dialoghi, composti ad Ischia, sugli uomini e sulle donne celebri in Italia; dialoghi, tranne il frammento del terzo concernente gli uomini di lettere, ancora inediti». Tiraboschi (12) inoltre presenta questo frammento, ricordando le circostanze della sua creazione e lʼinsieme più vasto al quale appartiene: «Il celebre Paolo Giovio si ritirò qualche tempo, dopo il funesto sacco di Roma nel 1527, nellʼisola di Ischia, chiamata in latino Aenaria, e là, per consolarsi delle pene che aveva sofferto, scrisse tre dialoghi, uno sui generali famosi, il secondo sugli eruditi, il terzo sulle signore più celebri del suo tempo». Particolarmente adatto a riflettere lʼatmosfera di Ischia è il terzo dialogo, come risulta dalle citazioni

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12 La Rassegna dʼIschia 6/2006

riportate da Thérault (13): «In quello che tratta delle donne illustri, le pagine concernenti le signore napole-tane offrono un interessante contributo alla letteratura sulle donne che forma una delle manifestazioni più ca-ratteristiche del sedicesimo secolo». E, prima di passa-re alle figure animate, è rievocata la cornice: «siccome il luogo dove avvenne la piacevole conversazione è Ischia, le prime pagine del dialogo di Giovio sono de-dicate ad una viva descrizione (fatta dal marchese del Vasto, uno degli interlocutori; gli altri sono Giovio ed il senatore Muscettola) della posizione e della vegeta-zione dellʼisola, così come degli scogli chiamati “delle regine” seminati intorno», attardandosi poi a descrive-re dei giochi principeschi, in materia di giardinaggio, su delle rocce che bisogna non avere visto mai per im-maginare colture del genere. Giovio, tuttavia, le aveva sotto gli occhi. È il famoso “Fungo” di Lacco Ameno che gli ha dato lʼidea di svilupparne il tema per le pure fantasie? È possibile; se tuttavia questo “Fungo”, pro-dotto di erosione, era già tale alla sua epoca (14). Mu-scettola ha una sorte più felice, poi, nella missione che gli tocca dellʼelogio generale fatto al paesaggio napo-letano - e si potrebbe avvicinarlo al passaggio del dia-logo precedente che esalta lʼambiente di Napoli come favorevole alla poesia, perché il sepolcro delle sirene ed il sepolcro di Virgilio, le acque di Baia e gli antri del lago Averno, «agirono come il Parnaso, le sorgenti di Aganippe e di Elicona».

Giovio era nellʼisola, quando fiorirono alcune delle trovate che si sparsero in sentenze e motti di spirito sul-la società contemporanea: quel genere rinascimentale delle “imprese” che ebbe in lui un partner tra i più co-nosciuti, cioè lʼassociazione di una figura e di un motto che si illustrano reciprocamente, «motti e disegni di armi e di amore» «che i grandi signori e nobili cavalie-ri, oggigiorno, hanno modo di portare su sopravvesti, bardi e stendardi, per significare una parte dei loro ge-nerosi pensieri». Il suo talento ben lo induceva allʼarte di cesellare delle “imprese” e molte delle più celebri gli sono dovute. Egli detta il codice stesso del genere e ne propone cinque condizioni: la giusta proporzione tra anima e corpo, motto e figura; la mancanza di oscurità, che non deve tradursi in immediata chiarezza; la bel-lezza dellʼimmagine; lʼesclusione della figura umana; lʼuso del motto, breve, in una lingua diversa da quella di colui che compone lʼimpresa. Sono così commentate le celebri imprese di sovra-ni, di capitani e maestri nellʼarte della guerra, tra cui i Colonna e Alfonso dʼEste, di poeti inventori di ar-gute sentenze. Quella che fece per Vittoria Colonna ci sono delle probabilità, soprattutto considerando la sua rappresentazione, che lʼabbia concepita ad Ischia. Essa suona così:

«Evvi fra lʼaltre quella dellʼEccellentissima e non mai a bastanza lodata, la Signora Marchesa di Pesca-ra Vittoria Colonna, alla memoria della quale io tengo infinito obligo, come ho mostrato al mondo con la Vita dellʼinvittissimo suo consorte, il Signor Marchese di Pescara. Essa Signora, anchor che tenesse vita secondo la disciplina christiana, pudica e mortificata, fusse pia e liberale verso ognʼuno, non le mancarono però invi-diosi e maligni che le davano molestia e disturbavano i suoi altissimi concetti; ma si consolava che quei tali, credendo nuocere a lei, nocevano a se stessi... e fu più che vero per molte ragioni che hora accade dire. Per-ciò io feci degli scogli in mezo il mar turbato che gli batte con lʼonde procellose, con un motto di sopra che diceva: Conantia frangere frangunt, quasi volesse dire che gli scoglii della sua fermissima virtù ribattevano indietro le furie del mare con romperle e risolverle in ischiuma; e tiene questa impresa vaga vista, e perciò lʼho fatta dipingere nella casa nostra». Symeoni tradus-se questa impresa in versi:

Come scoglio percosso in mezzo lʼonde che lʼonde stesse da sé batte et spezza, così salda virtù discaccia et sprezza tutte opre et voglie illecite et immonde (15).

Altra impresa riguarda Maria dʼAragona. «E poi che siamo entrati nelle donne, ve ne dirò unʼaltra chʼio feci alla elegantissima Signora Marchesa del Vasto, Don-na Maria dʼAragona: dicendo essa che, sì come teneva singolar conto dellʼhonor della pudicitia, non solamen-te lo voleva conservare con la persona sua, ma anchora haver cura che le sue donne, donzelle e maritate per istracuraggine non lo perdessero. E perciò teneva una disciplina nella casa molto proportionata a levare ogni occasione dʼhuomini e di donne che potessero pensa-re di macchiarsi lʼhonor dellʼhonestà. E così le feci lʼimpresa la quale è due mazzi di miglio maturo lega-

Impresa di Maria dʼAragona

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1 Suzanne Thérault, Un Cénacle humaniste de la Rénais-sance autour de Vittoria Colonna châtelaine dʼIschia, ediz. Sansoni/Antiquariato e Librairie Marcel Didier, 1968.2 Gregorio Rosso, Storia delle cose di Napoli, 1770.3 Amalia Giordano, La dimora di Vittoria Colonna a Napoli, 1906.4 Amalia Giordano, op. cit.5 Paolo Ceccoli, Paolo Giovio, guida alla lettura, Ediz. Li-ceo Paolo Giovio, Como 2002 (sito internet www.liceogio-vio.it/pgiovio).6 La battaglia è variamente datata dagli storici: 1 maggio, 1 giugno, 28 maggio, 28 aprile; alcuni, come Giovio, non riportano alcuna data.7 Historiarum sui temporis libri, unʼopera oggi in parte la-cunosa e frammentaria, essendo andati perduti alcuni libri; in essa viene trattato un cinquantennio di storia europea, dal-la discesa di Carlo VIII in Italia nel 1494 fino alla pace di Crépy nel 1547.8 Suzanne Thérault, op. cit.9 P. Giovio, La seconda parte dellʼistorie del suo tempo (trad. Domenechi), Venezia 1565.10 Brevi profili biografici apposti ai ritratti di uomini illu-stri: monarchi, capitani, poeti, che costituiscono una galleria di grand uomini, che ben incarnano il concetto gioviano di individui artefici della storia.11 Carlo Volpati, Paolo Giovio a Napoli, in “Nuova Rivista storica italiana”, 1936.12 Tiraboschi Girolamo, Storia della Letteratura italiana, 1787-94.13 Suzanne Thérault, op. cit.14 Lo scoglio, oggi chiamato “Fungo”, è già presente, sotto il nome di “Triglia”, sulla Carta che Giulio Iasolino allegò alla sua opera sulle acque termali dellʼisola nel 1588: De ̓rimedi naturali che sono nellʼisola di Pithecusa hoggi detta Ischia.15 Simeoni, Imprese versificate, 1561.

to lʼuno allʼaltro, con un motto che diceva: servari et servare meum est, perché il miglio di natura sua non solamente conserva sé stesso da corruttione, ma an-chora mantiene lʼaltre cose che gli stanno appresso che non si corrompano, sì comʼè il reubarbaro e la canfora, le quali cose pretiose si tengono nelle scatole piene di miglio alle botteghe degli speciali, acciochʼelle non si guastino».

Altra opera cui attese Paolo Giovio è le Vite com-prendenti le biografie di papi, di alti prelati e di perso-naggi eminenti.

Nelle Vite del Gran Capitano e del Marchese di Pe-scara troviamo i seguenti riferimenti agli avvenimenti che coinvolsero anche lʼisola dʼIschia:

(Federigo dʼAragona si rifugia a Ischia) (…) Né molto dapoi, avendo i capitani francesi forniti di grosso esercito, venuti di Lombardia in Terra di Lavoro, presa per tregua e crudelmente saccheggiata Capiva e rotto le genti aragonesi, Federigo disperato delle cose sue si fuggì con la moglie e figliuoli nella rocca dʼIschia, e, corrucciato col re di Spagna dal quale si doleva con scellerata simulazione essere stato tradito, sʼaccordò con Namurzio e Obegnino capitani di francesi, dando loro la rocca di Napoli, di potere sicuramente navicare in Francia e fare prova della clemenza del re Lodovico, il quale unicamente egli voleva andare a trovare.

(Costanza Davalos difende Ischia dai francesi) (…) In quei giorni (1503, nda) ancora lʼarmata francese por-tando tardo soccorso a queste rocche, essendosi pre-sentata alla vista di Napoli, rotto il disegno suo, piegò le vele verso Enaria per tentare la città di Pitacusa, la quale oggi si chiama Ischia, sicuramente in riposo sotto la rocca. Ma Costanza Davala donna di gran valore e fede, la quale il re Federigo aveva lasciato nella rocca, scaricato lʼartiglierie da un alto riparo così onoratamen-te difese gli spagnuoli che mise fuora lʼinsegna dʼAra-gona, e mostrò come ella e la rocca e la città e lʼisola, la quale ha sette terre, era alla devozione del re di Spagna. Questa è Costanza Davala, la quale, per nome di pietà e di gloria memorabile fra poche, felicemente allevò i figliuoli di due suoi fratelli, il marchese di Pescara e ʻl marchese del Vasto, i quali nella lode della guerra pareggiarono i grandissimi capitani del tempo antico; avendogli essa come generosa maestra dʼuna eccellen-tissima vita, sendo eglino rimasi privi da fanciullezza de ̓suoi chiarissimi padri, drittissimamente guidato per quella via la quale con la vera virtù mena in cielo.

(…) Accrescevano ancora quei danni appresso gli spagnuoli, i quali pericolosamente sʼerano fermati in

luoghi discoperti, le galee de ̓francesi, le quali ribut-tate dallʼisola dʼIschia, e di Procida, sʼerano ritirate tra Mola e Gaeta, e scaricando lʼartiglierie dove volevano, con morte e pericolo di molti andavano scorrendo per le riviere di Gaeta….

(…) E don Ignigo Davalo, il quale con la signora Costanza sua sorella aveva ributtato lʼarmata di fran-cesi da Ischia, piantatovi lʼartiglierie, prese la rocca di Salerno. Ma non poté lungo tempo godere lʼallegrezza di quella vittoria, perciocchʼin spazio di pochi giorni, preso da una febre pestilente, morì nel fiore della sua giovinezza, avendovi lasciato un figliuolo bambino che fu il signor don Alfonso marchese del Vasto, il quale di bellezza di corpo di grandezza dʼanimo liberale, e finalmente di valor di guerra, fu superiore a capitani dellʼetà sua.

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di Giuseppe Amalfitano

Appare, secondo la mia opinione, chiaro ed evidente che, al giorno dʼoggi, inforcare la penna per scri-vere qualcosa che illustri la vita e lʼopera di un vescovo che è stato pure grande scienziato non sia cosa da poco. E non solo perché inevitabil-mente ti vai a scontrare con unʼam-pia platea critica ma anche perché vieni attratto ed abbagliato talmente dalla grande figura del personaggio che, spesso senza volerlo, cadi nella trappola della grande esaltazione e del Vescovo e dello Scienziato. Brevemente, qui, nella ricorren-za dellʼanno centenario della sua morte (avvenuta a Ischia il 4 luglio 1906) illustrerò brevemente la figura e lʼopera di mons. Giuseppe Maria Luigi Gaetano Candido, primoge-nito dei sette figli di Ferdinando e Stella De Pascalis, che fu Vescovo di Nicastro e di Ischia oltre che grande scienziato. Comunque, una cosa è certa: la sua alta levatura culturale, morale e reli-giosa mi ha letteralmente “abbaglia-to” e “rapito” fin dal primo momento in cui ho cominciato ad interessarmi del Vescovo della mia isola, Ischia, nella sua città natale, Lecce (che, tra lʼaltro, mi ha ospitato per quasi un trentennio e in cui ho vissuto tutta la mia gioventù). Ed eccolo, dunque, il binomio su cui bisogna muoversi per capire la parabola culturale e religiosa del Candido: Lecce-Ischia, non dimen-ticando Nicastro (oggi Lamezia Ter-me), dove fu vescovo per sette anni, e Napoli, dove condusse a termine i suoi studi.

Doveva essere sicuramente una di

quelle belle giornate dellʼautunno leccese quel 28 ottobre 1837 quan-do in via Regina Isabella, di fronte allʼuscita laterale della Chiesa dei Teatini, vide i natali Giuseppe Can-dido, primogenito dei sette figli di Ferdinando e Stella De Pascalis. Fin da ragazzo mostrò di amare sia lʼabito talare che le scienze. Studiò presso il prestigioso Collegio “Ar-gento”, vanto della città salentina, sotto la guida dei padri Gesuiti e specialmente del padre Miozzi, che prima lo avviò e poi lo perfezionò nelle scienze fisiche, soprattutto nel-lʼelettricità, nascente branca delle scienze stesse. I suoi studi proseguirono a Napo-li seguendo due strade parallele: le scienze, presso quella Università, e la Teologia presso i Gesuiti. Nella città partenopea ebbe quale com-pagno di studi, nonché grande ami-co, don Mario Palladino che, ironia della sorte, nel 1901 avrebbe preso il suo posto alla guida della Dioce-si dʼIschia e che lʼavrebbe accudito amorevolmente per i suoi restanti cinque anni di vita. Nellʼanno 1860 si laureò a Napoli prima in Scienze Naturali e poi in Teologia. Venne or-dinato sacerdote nella sua città dal Vescovo di Lecce mons. Nicola Ca-puto: era il 22 dicembre 1860. Divenuto sacerdote, la sua vita si divise fra Lecce e Napoli, dove con-tinuò a studiare e ad incontrare altri scienziati. A Lecce insegnò lettere nellʼanco-ra oggi notissimo Liceo-Ginnasio “Palmieri” e nel Seminario Dioce-sano, ma la sua vera passione terre-na erano le scienze e soprattutto la fisica. Così cominciò a dedicarsi ai suoi studi preferiti e nel 1867 venne a lui una nomina prestigiosa: vice-

presidente della Commissione per lʼEsposizione Universale di Parigi; e quella stessa esposizione universa-le gli conferì, lʼanno dopo (1868), la medaglia dʼoro. Ma il 1868 doveva rivelarsi un anno fortunato per don Giuseppe (don Pippi, in dialetto lec-cese) in quanto il 19 ottobre venne messo in moto a Lecce il primo dei suoi orologi elettrici. Nel 1870 ideò un sistema di sincronizzazione di cinque orologi elettrici, da lui instal-lati a Lecce, in altrettante piazze del-la città: oggi può apparire semplice il sistema inventato per la sincroniz-zazione ma per lʼepoca era davvero straordinario. Ma, a nostro avviso, lʼinvenzione che ha fatto passare alla storia mons. Candido è la cosiddetta “Pila Can-dido”, una pila rivoluzionaria per quei tempi (e forse anche per i no-stri tempi!) che dette onori e gloria a don Giuseppe e che allʼEsposizione Universale di Parigi del 1867 otten-ne dal Giurì internazionale la prima delle menzioni onorevoli accordata allʼItalia per la classe “elettricità”. Il 18 novembre 1881 don Giuseppe venne preconizzato da Leone XIII, nel Concistoro, Vescovo titolare di Lampsaco e Coadiutore di Nicastro (oggi Lamezia Terme). E così iniziò per il sacerdote-scienziato una nuo-

L̓ Apostolo delle Scienze

Mons. Giuseppe CandidoVescovo e Scienziato

Mons. Giuseppe CandidoVescovo dʼIschia

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va vita, molto impegnativa e ricca di rinunce per i suoi studi; però il Candido era prima di tutto sacerdo-te e obbedì perché dellʼobbedienza aveva fatto, e ne fece sempre, una ragione di vita. Comunque, nello stesso anno 1881, venne consacrato Vescovo dal Car-dinale Gaetano Alimonda, Arcive-scovo di Torino e grande predicatore dellʼepoca. E, a proposito dellʼobbedienza, anni or sono ebbi modo di incontrare mons. Camillo DʼAmbra, archivista della Curia dʼIschia, che mi raccontò un episodio molto interessante lega-to a mons. Onofrio Buonocore (noto cultore di arte e letteratura, fondato-re della Biblioteca “Antoniana” di Ischia) che era solito riferire un fatto accaduto allo stesso nel periodo di cura pastorale del Candido. Si trattava di questo: il Buonocore, giovane sacerdote, aveva intenzione di iscriversi alla Regia Università di Napoli per conseguire la laurea in Lettere. Allora (tra la fine dellʼotto-cento e i primi del novecento) dispo-sizioni curiali romane proibivano ai sacerdoti di frequentare Università statali ma il Buonocore ugualmente fece una petizione al Vescovo per lʼiscrizione. Mons. Candido, ligio alle disposizioni papali, non con-cesse al sacerdote il permesso per lʼiscrizione allʼUniversità napoleta-na. Il Buonocore però decise di farlo lo stesso e si iscrisse alla chetichella, cercando di tenere nascosto il fatto.

Mons. Candido, che aveva tante co-noscenze a Napoli (perché vi aveva studiato negli anni giovanili), aven-do avuto sentore della cosa, indagò e appurò che il Buonocore non aveva seguito le indicazioni del suo presu-le. Convocò il sacerdote e, dallʼalto della sua carica e, con la composta durezza di carattere che lo contrad-distingueva rimproverò sonoramen-te il suo giovane presbitero e lo so-spese “a divinis” per un mese. Quale grande offesa può essere per un vero sacerdote non poter celebra-re la messa né portare i sacramenti per un mese! E don Onofrio Buono-core accettò, con la morte nel cuore, tale decisione però, dopo soli sette giorni, si permise di chiedere udien-za al suo Vescovo per farlo recedere dalla decisione. Il cameriere di mons. Candido annunciò al presule la pre-senza del Buonocore ma il vescovo non volle riceverlo e mandò a dire testualmente, tramite il suo camerie-re, «dite a don Buonocore che non sono passati che solo sette dei trenta giorni di sospensione!» e il povero sacerdote provò sulla sua pelle tutta la severità del vescovo-scienziato. Di questo fatto, dice il DʼAmbra, mons. Buonocore ebbe sempre a di-spiacersene per tutta la sua vita, per-ché fu per lui come una macchia in-cancellabile anche se, poi, dopotutto è stato proprio il Buonocore colui che ha scritto per primo di mons. Candido elogiandone la figura e lʼopera. A Nicastro si dedicò moltissimo alla ristrutturazione del Seminario. Operò per il bene dei suoi diletti figli spirituali pur non divenendone mai vescovo a tutti gli effetti. Il periodo di Nicastro è molto oscu-ro, sotto un punto di vista archivisti-co soprattutto, in quanto, pur essen-do sempre stato a governare da solo la diocesi (per il fatto che il vescovo Giacinto Maria Barberi si era ritirato nella sua Squillace fin dallʼarrivo del Candido stesso), tutti i documenti di curia sono sotto il nome del Barbe-ri. Non si è mai capito il perché di

questo fatto, visto che la sua nomi-na era di “coadiutore con diritto di successione” ed, essendosi ritirato a vita privata il vescovo titolare, doveva scattare il diritto di succes-sione. Si può azzardare lʼipotesi che il Candido non si fosse mai adattato ad una diocesi, come quella di Ni-castro, estesissima e “difficilissima” da governare e che fosse rimasto sempre in attesa di altra destinazio-ne più confacentesi alle sue esigenze di studioso. Che non fosse tanto amato a Ni-castro ne è prova un breve articolo senza firma pubblicato su Il Risor-gimento - organo degli interessi pu-gliesi del 27 luglio 1900, quando già il Candido era a Ischia da anni, anzi mancava meno di un anno alla sua rinuncia. Il titolo è “Monsignor Candido” e mi piace citarlo per intero in quanto effettivamente è molto esplicativo per vari punti poco chiari del suo pe-riodo calabrese: Da un ottimo confratello di Nica-stro riportiamo il seguente articolo, ben lieti di associarci a quanto esso esprime:

«Al solo nome di questo illustre pre-lato che tanto bene fece alla nostra città col suo disinteresse, colla sua abilità, con la sua elevata intelligen-za, siamo sicuri che ogni cittadino leggerà queste linee con sommo in-teresse; queste linee che redigiamo qual pegno di immensa gratitudine al genio del Vescovo Candido il qua-le, benché lontano, resterà sempre a noi vicino per le sue non comuni doti di mente e di cuore. Questo dotto naturalista, nato a Lecce (Puglia) da nobile casato, ascese giovanissimo al canonicato e fu sempre tenuto in gran conto sì dalla cittadinanza leccese, come dai suoi superiori che, meritatamente, lo ritennero sempre quale profondo scienziato. Nella sua città, egli sta-bilì gli orologi elettrici sulle pub-bliche piazze, inventando una pila sui generis. Qui, sappiamo, quali

Stemma di Mons. Giuseppe CandidoVescovo dʼIschia

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innovazioni portò allʼEpiscopio ed al Seminario e quante ne avrebbe portato se avessimo saputo conser-varlo tra noi. Ora, egli ha inventato un congegno applicabile alla produ-zione del gas acetilene, ottenendo il brevetto di privativa sotto il nome di Gasogeno Candido. LʼEpiscopio ed il Seminario dʼIschia, ove risiede attualmente il chiarissimo Vescovo, sono illuminati col gas acetilene; per mezzo di tale apparecchio, si è eliminato qualsiasi pericolo di scoppio o dʼincendio, le due cause potentissime se non uni-che, per le quali il gas ecetilene non era arrivato mai a raggiungere il grado di consumo che da principio se ne riprometteva. Se è un sentimento dʼorgoglio per la sua città natìa il nuovo trionfo del Rev.mo Monsignor Candido, non è meno un vero sentimento di soddi-sfazione e di riconoscenza per Ni-castro che ebbe lʼonore dʼun ospite tanto pregiato, e che sfortunatamen-te non seppe abbastanza valutare. Nel dicembre 1899, Egli fu nomi-nato ad unanimità Socio Corrispon-dente dellʼAccademia Pontificia dei Nuovi Lincei, che ha sede in Roma. Quanto bene non avrebbe potuto rendere alla nostra Diocesi, ora ri-dotta in non cale! Quanto profitto alla cittadinanza per la quale Egli nutriva un sincero affetto! Quanto bene non avrebbe potuto fare ai bi-sognosi, chʼEgli aiutava largamente e continuamente! Lʼavevamo fra noi questo lustro e decoro della scienza, e non lo sa-pemmo apprezzare; poiché è nostro abito di non troppo considerare le persone di merito. Se non possiamo fare altro, noi del Risorgimento, interpreti del senti-mento unanime cittadino, e lungi dallʼinneggiare a quel clero che non fa il proprio dovere, ma lodando il vero prete, porgiamo al profondo scienziato, al cultore esimio della natura, al dotto Vescovo dʼIschia, i nostri sensi di ammirazione e di massima stima, augurandogli sem-

pre nuovi trionfi e lunghi anni di vita prospera e felice». Tornando al nostro discorso, nel 1888 ebbe la nomina a Vescovo di Ischia conservando lʼAmministra-zione apostolica di Nicastro (fino allʼarrivo del nuovo vescovo). Entrò nella diocesi di Ischia solo lʼanno dopo (agosto 1889) . Per quel che riguarda la cronaca del suo ingresso in diocesi ci sov-viene in aiuto un volumetto con la pubblicazione integrale del discorso che tenne il dr. Gennaro Candido (nipote del vescovo) in occasione della commemorazione per il primo centenario della nascita del vescovo dʼIschia presso il Dopolavoro Pro-vinciale di Lecce il 28 ottobre 1837, in epoca fascista. A pag. 25 si legge testualmente: «(...) Frequentavo nella R. Università di Napoli il primo anno di medicina e volli accompagnarlo, per assistere al suo ingresso nella nuova Diocesi. È un ricordo incancellabile dallʼani-mo mio. I buoni isolani si riversaro-no tutti sulla banchina del ponte che unisce lʼisola al maestoso Castello, dove dimorò Vittoria Colonna, la più grande poetessa del 500, lʼamante platonica di Michelangelo, lodata dallʼAriosto nel XXXVII Canto del-lʼOrlando Furioso. Fu accolto con tutti gli onori del-la Chiesa. Non era però soltanto il Levita, lʼEpiscopus Isclanus che per la prima volta metteva piede sul-lʼammaliante Pithecusa, era anche il valoroso Scienziato, di fama mon-diale e vennero a festeggiarlo molte illustrazioni della Scienza: astrono-mi, vulcanologi, sismologi che, in quellʼoccasione, studiarono i terri-bili effetti del terremoto dellʼanno 1883. Ricordo fra questi il celebre astronomo Padre Francesco Denzfa Barnabita, il Direttore dellʼOsserva-torio di Moncalieri, il padre Ferrari Scolopio, il prof. De Rossi sismolo-go e vulcanologo, ed altri dei quali mi sfuggono i nomi. (...)». Mons. Candido, che O. Buono-

core ricordava nei suoi scritti come persona che aveva «la sagoma del-lʼuomo compiuto: slanciato nella persona, dal volto di un bellʼovale, dallʼocchio scintillante, signore nel-le movenze», si innamorò subito del-lʼisola, anche perché, essendo Ischia una diocesi piccola, meglio poteva dedicarsi ai suoi studi interrotti nel periodo della cura spirituale di Nica-stro. E poi la vicinanza a Napoli lo portava pure di nuovo tre i vecchi e cari amici degli anni napoletani. Cominciò allora a dedicarsi al Se-minario, ristrutturandolo interamen-te e chiamando a reggerlo un suo fidato collaboratore di Nicastro, il canonico Albino Bragaglia; anche il collegio dei docenti fu rinnovato e il Seminario dʼIschia, visitato varie volte da ispettori statali e vaticani, fu additato in campo nazionale per la sua ottima qualità degli studi e per la sua ottima organizzazione genera-le. E, a prova che egli teneva sempre caro questo tipo di collegio, ci sov-vengono le parole di mons. Palladi-no al funerale del Candido là dove dice testualmente: «Ma lʼamore pei giovani del clericato del nostro Se-minario isclano è notissimo a tutti. Quando un giorno visitò il magnifi-co edifizio del Monte della Miseri-cordia in Casamicciola, egli escla-mò: “Oh! Perché questo non è un Seminario?” Enfatica esclamazione da cui però vibrava lʼamore che gli ardeva nel petto». Ed esclamiamo anche noi, oggi che quellʼedificio è in rovina e in completo abbandono: Oh!, perché non può esso diventare un Semina-rio? Sarebbe la giusta destinazione per un luogo nato per le cure termali dei poveri. Gli anni isolani furono molto pro-duttivi per lo scienziato Candido in quanto don Pippi si potè dedicare con più lena, grazie al maggiore tempo disponibile rispetto a Nica-stro, ai suoi studi preferiti e potè mettere in pratica molte sue teorie. Ed ecco che il Seminario e lʼEpisco-pio furono dotati (come citato prece-

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dentemente) di un avanguardistico sistema di illuminazione ad acetile-ne. Dedicò molto amore pure alla Cattedrale nella quale fece rinno-vare tutto il soffitto e si adoperò per fare sostituire il pavimento. Ritoccò personalmente vari dipinti conserva-ti in Episcopio e soprattutto un di-pinto della Madonna nella Cappella del Seminario. Opera meritoria in campo ecclesiastico fu pure la “Pia Opera dei Tabernacoli” che garanti-va alle chiese bisognose di aiuto le suppellettili e gli arredi sacri di cui avevano bisogno. Nel periodo del suo episcopato a Ischia, poi, visse e morì il Venerabile canonico Giuseppe Morgera (1844-1898) di Casamicciola che predicò spesso alla presenza di mons. Can-dido. Anzi col nuovo vescovo si strinse una grande amicizia, tanto è vero che la collaborazione fra i due fu strettissima e gemme di questa grande sintonia di intenti furono la posa della prima pietra della nuova Chiesa Parrocchiale di Casamiccio-la avvenuta per opera del Candido lʼ8 luglio 1894 e poi, due anni dopo, la solenne benedizione della nuo-va maestosa chiesa, oltre alle tante iniziative comuni e a tanti convegni culturali e religiosi cui presero parte due grandi sacerdoti. L̓ 11 maggio del 1899 nella sua cit-tà natale, nel Museo Civico, venne collocato un medaglione di bron-zo riproducente lʼeffigie del dotto vescovo e il 24 maggio del 1900 il Ministero competente, con proprio decreto, brevettò il “Gassogeno Candido Automatico” che il vesco-vo dʼIschia aveva sperimentato in Seminario. Ma il secolo ventesimo non fu felice per mons. Candido che vide acuirsi velocemente i disturbi di cui soffri-va da qualche anno e che andavano minando soprattutto il cervello del presule che non riusciva più a fare le normali azioni della vita quotidiana e che furono definiti a quellʼepoca “demenza” ma che oggi hanno, dopo che la scienza è riuscita a definire de-

finitivamente quei sintomi, un nome chiaro ed inequivocabile: “morbo di Alzheimer”, ne sono certo. Dopo, appunto, anni di sofferenze, dopo vari episodi come, ad esempio, il ridere senza motivo anche duran-te la celebrazione della Santa Mes-sa, il cambio repentino di umore, la dimenticanza di cose più banali e facili da ricordare e la paralisi che ne minò definitivamente il fisico e soprattutto il cervello, nel 1901 non esitò a rinunciare alla titolarità del-la sua sede per motivi di salute e venne nominato Vescovo titolare di Cidonia e Amministratore Aposto-lico dʼIschia. Non volle ritornare a Lecce, nonostante le forti pressioni dei familiari, e si ritirò in un appar-tamento attiguo al Seminario che egli stesso aveva fatto costruire. La Provvidenza Divina stabilì che suo

La menzione onorevole ricevuta da mons. Giuseppe Candido allʼEsposizione di Parigi nel 1867

successore fosse nominato quel don Mario Palladino, suo grande amico, che lo accudì amorevolmente fino a quellʼafoso mercoledì 4 luglio 1906 quando serenamente, nelle prime ore del mattino, ritornò alla casa del Padre, dopo una vita intera spesa per lo studio, per le scienze e soprattut-to per Santa Madre Chiesa. Aveva quasi 69 anni. La sua morte fu se-renissima e lo dimostrano ancora le parole del vescovo Palladino al suo funerale: «Capiva che la morte gli si avvicinava (...) ed il giorno di San Giovanni Battista, che gli fu portato pubblicamente il viatico, gli dissi: lʼegregio prelato, che vi ha dato oggi la comunione, è venuto qui per voi, come precursore dellʼAgnello im-macolato. Egli sorrise e certamente lʼAgnello immacolato gli dovette effondere nellʼanima i tesori delle

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Nella ricorrenza del centenario del-la morte di Mons. Giuseppe Candi-do, vescovo di Ischia fino al 1901 nonché grande scienziato, passato a miglior vita in Ischia il 4 luglio 1906, in sintonia con il suo carattere semplice e riservato, la redazione di Rivista Letteraria ha voluto limitare ad una S. Messa di suffragio (con-celebrata nella Basilica Pontificia di Santa Maria Maddalena in Casamic-ciola Terme (Na) il 4 luglio 2006 dal Can. don Vincenzo Avallone e dal rev. don Gino Ballirano) il ricordo del Presule. Il prof. Giuseppe Amalfitano, di-rettore di Rivista Letteraria, dopo la Santa Messa, ha tratteggiato la figura e lʼopera di mons. Giuseppe Candi-do.

sue misericordie. Stette più sereno e così serenamente finiva nellʼaltra notte..». Per sua volontà i suoi resti mortali riposano a Ischia (sono stati tumula-ti prima nella Cappella del Capitolo Cattedrale nel Cimitero di Ischia e poi traslati nel 2000 nella Cattedrale del capoluogo isolano), ospite eterno di quellʼisola verde che tanto amò e dalla quale non volle distaccarsi nemmeno dopo morto. Insomma, chi fu mons. Candido? Fu un grande sacerdote e vescovo innanzitutto, poi fu un grande scien-ziato ed inventore; ebbe sì un caratte-raccio ma amò “quam qui maxime” (quantʼaltrimai) il suo prossimo e fece sempre del bene a tutti e tratten-ne per sé solo lʼessenziale per vive-re, sempre e comunque sottomesso e fedele a Santa Madre Chiesa ed ai suoi precetti, sempre coerente con se stesso e con la sua carica di vescovo; un grande innamorato della fisica,

delle scienze in generale e della sua cara diocesi dʼIschia che, dopo aver dato tanto allʼumanità, è stato troppo presto dimenticato.

Giuseppe Amalfitano

Bibliografia essenziale:- Cosimo De Giorgi - S.E. Mons. G. Candi-do e gli orologi elettrici di Lecce - Stab. Tip. “Scipione Ammirato”, Lecce, 1899.- Giuseppe Candido nel primo centenario della nascita, 28 ottobre 1837 (discorso commemorativo del dr. Gennaro Candido, colonnello medico della Regia Marina etc.), Tipografia Scorrano, Lecce, anno XVII era fascista (1938).- Onofrio Buonocore - Un vescovo scienzia-to - Mons. Giuseppe Candido - Tip. dellʼIso-la dʼIschia.- Onofrio Buonocore - La diocesi dʼIschia dalle origini ad oggi - Rispoli ed. Napoli, 1948.- Giuseppe Amalfitano - Mons. Giuseppe Candido, Vescovo e Scienziato in “Tribu-na Sportiva dellʼIsola dʼIschia” anno III, n. 16/17 del 20 ottobre 1972, pag. 4 (in questo articolo è descritta la “pila Candido”).- Camillo DʼAmbra - Ischia tra fede e cul-

tura, storia dellʼisola verde attraverso i suoi vescovi, Rotary Club Isola dʼIschia, 1998.- Livio Ruggiero - Il funzionamento degli orologi elettrici di Lecce in un manoscritto di Giuseppe Candido, in “Sallentum” anno III n. 3, settembre-dicembre 1980,.

presepe, dove genuflessi e cantando lʼinno Ambrosia-no, da qualcuno della famiglia (spesso un ragazzo) vien collocato sulla paglia il celeste Pargoletto. L̓ usanza del presepe rivela tutta lʼindole del buon popolo napolitano; entusiasta e immaginoso nella sua fede, la sua anima trova tesori di tenerezza e di gioia in quella Religione, che ne ̓sublimi suoi misteri parla potentemente al cuore degli uomini onesti e dabbene. (in Usi e Costumi di Napoli e contorni, a cura di F. De Bourcard, 1970)

Il Presepe a Ischia Ischia - III Edizione Presepe Vivente (Gruppo Villa Campagnano): Presepe naturale tra grotte ed anfratti con oltre 200 figuranti che rappresentano antichi me-stieri – In piazza a Campagnano con degustazione del-lʼantica cucina locale – 27/12/2006 dalle ore 15,00 alle 18,30 e 30/12/2006 dalle ore 15,30 alle 18,30. Ischia - Presepe caratteristico di Cosimo Cronvello che lo costruisce da ben 45 anni; da osservare il gioco di specchi con le numerose grotte piene di pastori che si rispecchiano tra tanti focherelli – Casetta Cosimo – Via Champault, 43 (Punta Molino) – dal 25/12/2006 al 18/1/2007.

Barano – Presepe del gruppo “I Ragazzi di Piaz-za S. Rocco” - Piazza S. Rocco – dallʼ8/12/2006 al 10/1/2007. Casamicciola Terme – L̓ Associazione Pro Casamic-ciola T. presenta la XV Sfilata di abiti dʼepoca ed il Presepe Vivente dallʼ8/12/2006 al 10/1/2007. Forio – Presepe costruito da Raffaele De Maio – Chie-sa di S. Gaetano – Via Medaglie dʼOro – visitabile tutto lʼanno. Lacco Ameno – Opera presepistica per i festeggia-menti del Santuario della Basilica di S. Restituta – dal 16/12/2006 al 12/1/2007.

Lacco Ameno - I presepi di Lo Sachs - Omaggio al-lʼartista Eleonora Sachs - Villa Arbusto dallʼ8 dicem-bre 2006 al 6 gennaio 2007. Ischia Ponte – Presepe in memoria del pittore Vincen-zo Colucci, realizzato dal Gruppo “Filini Memory” – Casetta Colucci - Via A. Sogliuzzo, 29 – dallʼ8/12/2006 al10/1/2007. Serrara Fontana – Presepe “La Nascita di Gesù alle falde del Monte Epomeo” – Chiesa S. Maria della Mer-cede – dal 20/12/2006 al 10/1/2007.

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La Rassegna dʼIschia 6/2006 19

Il golfo di Napoli e lʼisola dʼIschiaAntologia di viaggiatori inglesi

dal Grand Tour al TurismoTesti inglesi e italiani

A cura di Nicola Luongo

A cura di Raffaele Castagna

Margaret PowerCountess of BlessingtonThe Idler in Italy (1839)

Margaret Power Countess of BlessingtonThe Idler in Italy (1839)

- While at Ischia, we ascended the Monte di Vico, and Monte dʼEpopeo, which command the most en-chanting views imaginable. A hermit resides in a cave at the summit of the latter; and did the honours of his rude dwelling with much urbanity and intelligence. The ascent is exceeding abrupt; and the latter part of it we were compelled to accomplish on foot, leaving our mules behind us. From the hermitage, the island is looked down on, with its vines and figs, presenting a mass of brilliant verdure, only broken by the stone terraces that crown nearly all the flat-roofed houses; many of them surrounded with rustic trellis-work, overgrown by flowering plants, or vines. The blue and sparkling sea is spread out as if to serve as a mirror

- Mentre eravamo ad Ischia siamo saliti sul Monte di Vico e sullʼEpomeo che domina un panorama incantevole. In una grotta alla sommità di questʼultimo monte vive un eremita e fece gli onori della sua rude dimora con molta cortesia e intelligenza. L̓ ascesa è particolarmente irta e, nellʼultimo tratto, fummo costretti a lasciare i muli e a proseguire a piedi. Dallʼeremo si vede giù tutta lʼisola con i suoi vigneti e ficheti che insieme formano una rigogliosa vegetazione interrotta solo dalle terrazze di pietra che coprono quasi tutte le case; molte di esse sono circondate da qualche rozza graticciata ricoperta di piante in fiore o di viti. Un mare azzurro e luccicante si estende fino allʼorizzonte e riflette il cielo azzurro che lo ricopre; le vele bianche sparse qua e là somigliano a dei cigni su qualche lago tranquillo. L̓ eremita sembrò compiaciuto della nostra viva meraviglia alla vista della sua dimora. “Io non so - disse lui - se sembra più bella, quando risplende nella gaia radio-sità del mattino, oppure quando il sole si cala nel mare, gettando sulla scena la sua luce rossa”. Al ritorno la guida ci portò lungo un sentiero ancora più scosceso di quello per il quale eravamo saliti; mi sorprese il modo in cui i mulattieri facevano scen-dere i muli nelle parti più ripide del sentiero. Alcuni uomini andavano avanti di sotto, mentre altri spingevano la testa del mulo fin sullʼorlo del precipizio e, tenendolo per la coda per non farlo cadere lo facevano scendere a poco a poco, fino a quando gli uomini che dal basso erano saliti arrampicandosi per venirgli incontro potessero afferrarlo e aiutarlo a scendere fin giù. I forti nitriti dei muli, le grida, le esclamazioni e le bestemmie dei mulattieri

to the azure sky that canopies it; and the white sails that float on it, resemble swans gliding over some vast and tranquil lake. The hermit seemed gratified with our lively admiration of the prospect from his dwelling. “I know not whether it appears more lovely”, said he, “when sparkling in the bright beams of the morning; or when the sun sinks into the sea, casting its red light over the scene”. On returning, our guide led us by a still more abrupt path than the one by which we had ascended; and the mode by which the mu-leteers got their mules down some of the worst parts of the route surprised me. A few of them went below, while others forced the animal head-foremost to the edge of the summit of the steep; and, holding it by the tail, to prevent it from falling, let it gradually descend; until the men beneath, who had clambered up a portion of the ascent to encounter it, were enabled to grasp it, and assist it to the bottom. The loud neighing of the mules, and the cries, exclamations, and

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formavano un coro per niente armonioso. Quando lʼimpresa fu finita, era una scena veramente comica vedere come ridevano gli uomini mentre imitavano i nitriti e i calci dei cavalli. -

- Durante il nostro soggiorno ad Ischia ci piaceva tanto sentire fino a tarda sera la musica che sentivamo provenire dai casolari, mentre ritornavamo a cavallo dalle nostre escursioni serali; si sentivano gruppi di tre o quattro persone con la chitarra seduti sulla terrazza o su qualche panchina davanti alle loro case, cantare dei motivetti napoletani e barcarole; la dolcezza di questa musica era tale che non avrebbe offeso neanche le orecchie di Rossini stesso; in qualche altro luogo poi si poteva vedere un gruppo che ballava lʼallegra tarantella al suono di chitarra e tamburo e i ballerini portavano un ritmo perfetto; raramente percorrevamo duecento metri senza incontrare gruppi simili e quando ci fermavamo ad ascoltare i loro canti o ad osservare i loro balli, ci facevano subito sedere e continuavano senza il minimo imbarazzo. L̓ abito di festa delle donne di Ischia è molto pittoresco e grazioso ed è completamente diverso da quello delle donne di Napoli; gli uomini portano dei cappucci di colore rosso scarlatto come quelli frigi ed hanno un bellʼaspetto di uomini forti. Le donne sono molto più belle di quelle di Napoli ed hanno dei modi gentili. Le acque minerali ed i fanghi di Ischia sono considerati molto efficaci nella cura dei dolori reumatici e delle malattie della pelle e sono molto frequentati. Al ritorno, abbiamo viistato lʼisola di Procida che è veramente degna di essere visitata, anche se è molto più piccola di Ischia. Qui le donne ci offrirono vino, pane, uva e fichi della migliore qualità; le poche case che visitammo, anche se eccessivamente modeste, erano tanto pulite che la frutta che ci fu offerta poteva essere mangiata senza la minima apprensione o paura. – (trad. Gerardo Di Pasquale, in Lady Blessington a Napoli (1823-1826), 1974)

curses of the muleteers, formed a chorus by no means har-monious; and when the feat was accomplished, the laughter in which the men indulged, as they imitated the kicking and neighing of the mules, was irresistibly comic”. -

- “During our séjour at Ischia, we were much gratified by the music heard nightly in the little hamlets, as we returned from our evening rides: groups of three and four persons, with guitars, were seen seated on a terrace, or on a bench be-fore their houses, singing Neapolitan airs, and barcaroles, in a style that would not have offended the ears of Rossini him-self; while, in another quarter might be found a party dancing the merry tarantella, to the sound of a guitar and tambourine, to which their voices, as well as their feet, kept perfect mea-sure. Rarely did we pass two hundred yards without meeting such groups; and when we paused to listen to their songs, or see the dancing, they invariably offered us seats, and then

continued, without any embarrassment. The fête-dress of the female inhabitants of Ischia is very picturesque and becoming, and totally unlike that of the Neapolitan women: the men wear scarlet caps, of the Phry-gian shape, and are a fine-looking and hardy race. The fema-les are much handsomer than those of Naples; and have very expressive countenances, and gentle manners. The mud, sand, and mineral baths at Ischia are considered very be-neficial in rheumatic and cutaneous diseases, and are much frequented. On our return we stopped to see the island of Procida, whi-ch, though much inferior to Ischia, is well worthy of being visited. Here wine, bread, grapes and figs, of the most deli-cious quality, were offered to us by the women; and one or two of the houses which we entered, though homely to the last degree, were so clean, that the fruit presented to us in them might be eaten without the smallest apprehension or dread”. -

Halvolan Koht La vita di Ibsen

- Una sera dʼestate, nel 1867, mentre lavorava al Peer Gynt, che è certamente il più norvegese di tutti i drammi che ha scritto, Ibsen restò ad ammirare questʼiso-la italica dʼIschia. Dʼun tratto disse: “Ammira questo bel giardino di luppoli!” Un amico danese che era con lui osservò: “Ma questo non è luppolo, è uva!” e Ibsen si corresse: “Sì, è giusto! Di tanto in tanto ho bisogno di rendermi ben conto che non sono in Norvegia”.

Halvolan Koht The life of Ibsen

“On a summer evening in 1867, while he was at work on Peer Gynt, which is certainly the most Norwegian of all that he has written, he stood looking out upon the Italian island

of Ischia. Suddenly he said: “Look at that fine hop-garden!” A Danish friend who was with him made the remark: “ But it is not hops; it is grapes”, and Ibsen corrected himself: “Yes, you are right! Now and then I have to pull my own ears to realize that I am not in Norway”.

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James Fenimore CooperExcursions in Italy (1838)

- “Going on deck at sun-rise, I found the felucca contending with a head wind, but luckily in a smooth water. On our ri-ght, lay high dark mountains thrown into picturesque forms, with shore lined with hamlets and towns. This was Ischia. Ahead was another island, of the same character, resembling a gigantic sea-wall thrown before the bay. This was Capri. On our left, lay a small, low, level island, teeming with life; and to the north and east of us, opened the glorious Bay of Naples...” -

- “We hauled up to windward of Procida, sailing through an element so limpid that we saw every rush and stone on the bottom in five fathom water. Having opened the channel between the two islands, we bore up for the town of Ischia, where we arrived a little before sunset. Here a scene pre-sented itself which more resembled a fairy picture than one of the realities of this everyday world of ours. I think it was the most ravishing thing, in its way, eye of mine ever looked upon. We had the black volcanic peaks of the island for a

background, with the ravine-like valleys and mountain-fa-ces, covered with country-houses and groves, in front. The town is near the southern extremity of the land, and lies along the shore for more than a mile on a bit of leved for-mation; but, after passing a sort of bridge or terrace, which I took to be a public promenade, the rocks rose suddenly, and terminated in two or three lofty, fantastic, broken fragment-like crags, which make the south-eastern end of the island. On these rocks were perched some old castles, so beautifully wild and picturesque, that they seemed placed there for no other purpose than to adorn the landscape. By a curvature of the land, these rocks sheltered the roadstead, and the quaint old structures were brought almost to impend over our hea-ds.. Until that moment I was not fully sensible of the vast superiority of the Italian landscapes over all others. Switzer-land astonishes, and it even often delights, by its union of the pastoral with the sublime; but Italian nature wins upon you until come to love it like a friend... The effect is to pour a flood of sensations on the mind that are as distinct from the commoner feelings of wonder that are excited by vastness and magnificence, as the ideas awakened by an exquisite landscape by Claude are different from those we entertain in

James Fenimore CooperEscursioni in Italia (1838)

- Stando sul ponte al levar del sole, vidi che il veliero lottava contro il forte vento, ma fortunatamente in acque tranquille. Alla nostra destra si elevavano alti scuri monti di forma pittoresca, con spiagge fiancheggiate da piccoli villaggi e città. Questa era Ischia! Davanti unʼaltra isola, simile nel suo aspetto a una gi-gantesca diga marina posta prima del golfo. Questa era Capri!Alla nostra sinistra cʼera una piccola, bassa e pianeggiante isola, piena di anima-zione; a nord-est sʼapriva il famoso golfo di Napoli...

- Ci dirigemmo verso la parte di Procida esposta al vento, navigando in un mare così limpido che vedevamo ogni vortice e ogni pietra sul fondo a cinque braccia di profondità. Tra le due isole sʼapriva un canale; noi ci dirigemmo verso la città di Ischia, dove arrivammo un poco prima del tramonto. Qui si presentò una scena che as-somigliava ad una fantastica pittura più di una delle realtà quotidiane del nostro mondo. Penso che ciò fosse la cosa più affascinante, in questo viaggio, mai vista con i miei occhi. Avevamo sullo sfondo la bianca cima del vulcano dellʼisola, con precipizi simili a valli e versanti montagnosi coperti di residenze di cam-pagna e di boschetti, nella parte anteriore. La città si trovava ad est del paese su un tratto di piano; ma, dopo aver passato una specie di ponte o terrazzo, che considerai come una pubblica passeggiata, le rocce sollevatesi allʼimprov-viso e terminanti in due o tre cime, fantastiche, si erano spaccate in parti simili a dirupi che caratterizzavano lʼisola a sud-est. Su queste rocce vʼerano alcuni vecchi castelli così meravigliosamente selvaggi e pittoreschi che sembravano collocati là per nessun altro scopo che quello di adornare il paesaggio. Presso unʼansa della terra, queste rocce offrivano protezione alla rada e la originalità di queste vecchie strutture era data dal fatto che esse incombevano quasi sulle nostre teste. Sino a questo momento non ero del tutto consapevole della gran-de supremazia dei paesaggi italiani sovra tutti gli altri. La Svizzera stupisce e spesso diletta persino, per la combinazione del pastorale con il sublime; ma la natura italiana vi conquista fino a farvi giungere ad amarla come un amico... Il risultato è lʼaffluire alla mente di una quantità di sensazioni che sono distinte dai comuni sentimenti di stupore destati dallʼimmensità e dalla magnificenza, come le idee suscitate da un raffinato paesaggio di Claude sono diverse da quelle che

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looking at a Salvator Rosa... Our “attempts” to obtain lod-gings at the town of Ischia were unsuccessful and we shaped our course for a villa on the coast two or three miles distant, where we were received. Our coucher was a little unsophi-sticated, most of the party using mattresses on the floor; but we had brought tea with us, and made a good supper. Arrangements for the night were soon made... The idea of putting two people in the same bed, even if married, scarcely

ever comes into the heads of the Europeans of the Continent, nearly every bedroom of the least pretension, if intended for the use of two, having its two beds. I have seen double-beds in Italy, it is true; but they were as large as small houses. That peculiar sentiment of the Western American, who “wonde-red that any man should be such a hog as to wish a bed all to himself”, appears never to have suggested itself to a people so destitute of “energy”. -

proviamo guardando un Salvator Rosa. Il nostro tentativo di prendere camere in affitto nella città di Ischia non ebbe successo e ci dirigemmo verso una villa sulla costa due o tre miglia lontana, dove fummo ospitati. Il nostro letto era un po ̓semplice, per lo più con un materasso sul pavimento; ma avevamo del tè e ci preparammo una bella cena. La sistemazione per la notte fu presto trovata.. L̓ idea di mettere due persone in un letto, anche se sposate, non è quasi mai venuta agli Europei del continente, certamente ogni camera di minima pretesa, se intesa per lʼuso di due, ha due let-ti. Io ho visto in Italia letti a due piazze, veramente, ma questi erano grandi come unʼampia camera. Quel particolare sentimento dellʼamericano occidentale, che si stupì del fatto che ogni uomo sia egoista da desiderare un letto tutto per sé, sembra non sia mai stato provato da un popolo così privo di “energia”.

Edward LearUn libro di assurdità (1846)

Edward LearA Book of Nonsense (1846)

Cʼera un vecchio di Ischia, il cui comportamento diventava sempre più vivace: ballava allegramente e saltellava e mangiava migliaia di fichi, quellʼarzillo vecchio di Ischia.

There was an Old Person of Ischia,Whose conduct grew friskier and friskier;He danced hornpipes and jigs, and ate thousands of figs That lively old Person of Ischia.

Walter LowrieEnchanted Island, 1953I mention last the celebrated philosopher George Berkeley, who was in fact the first and the most distinguished modern man of letters who sojourned on Ischia and sang its praises. Berkeley was five years in Italy, making a tour so complete and so painstaking that it comprised all of the southern prov-inces and Sicily, and that at a time when travel was anything

Walter LowrieIsola incantata, 1953

Ricordo infine il celebre filosofo Giorgio Berkeley che fu in effetti il primo e più noto uomo moderno di lettere che soggiornarono ad Ischia e ne scrissero gli encomi. Berkeley restò cinque anni in Italia, facendo un giro così completo e così accurato che comprese tutte le province meridionali e la Sicilia, e ciò nel tempo in cui viaggiò era cosa tuttʼaltro che facile. Noto che in uno dei percorsi più facili impiegò sedici giorni da Roma a Napoli con la diligenza postale, e nove giorni per il viaggio di ritorno - una distanza che ora può essere percorsa in quattro ore. Nel suo diario di viaggio dedica molto più spazio ad Ischia che ad alcun altro luogo, eccetto Roma. Non dà evidenza al fatto che visitò Capri. Arrivò ad Ischia nel giugno 1717 e vi passò lʼestate intera, e probabilmente

but easy. I note that on one of the easiest routes he was six-teen days going from Rome to Naples by post, and nine days on the return journey- a distance which can be travelled now in four hours. In his journal of the tour he devotes far more room to Ischia than to any other place except Rome. There is no evidence that he visited Capri. He reached Ischia in June 1717. There he spent the whole summer, and probably the following winter. In the meantime he was for a while in

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lʼinverno seguente. Nel frattempo fu per un certo periodo a Napoli e da là scrisse ad Alessandro Pope una lettera datata 22 ottobre, N. S. 1717. Trentacinque anni prima che il Calendario grego-riano, unʼinnovazione papale, fosse adottato in Inghilterra, Berkeley in Italia usò lo Stile Nuovo in tutti i suoi documenti. Scrisse a Pope in questi termini: “L̓ isola di Inarime è unʼepitome della terra intera, comprendendo in un perimetro di diciotto miglia una varietà meravigliosa di colline, valli, rocce frastagliate, pianure fruttifere, e montagne aride, tutte accomunate in una romantica fusione. L̓ aria è nella stagione più calda mitigata continuamente da fresche brezze marine... E incorona la scena una grande montagna che sorge al centro dellʼisola (una volta terribile vulcano, dagli antichi chiamato Monte Epomeo), ... da qui si ha la prospettiva più eccellente del mondo, perché si possono osservare le molte incantevoli isole che giacciono ai suoi piedi e un tratto dellʼItalia approssimativamente di trecento miglia in lunghezza..., la cui maggior parte è stata cantata da Omero e Virgilio, come facente parte considerevole dei viaggi e delle avventure dei loro due eroi... Gli abitanti di questa isola deliziosa, come sono senza ricchezza ed onori, così sono senza i vizi e le follie che li seguono; e se fossero privi di animo vendicativo, come lo sono di avidità e ambizione, è probabile che essi corrisponderebbero forse al prototipo immaginato per lʼetà dellʼoro. Ma, come impedimento alla loro felicità, hanno una cattiva abitudine di assassi-narsi lʼun lʼaltro per futili motivi”.

Naples and from there wrote to Alexander Pope a letter dated Oct. 22, N. S. 1717. Thirty-five years before the Gregorian Calendar, a papistical innovation, was adopted in England Berkeley used the New Style in dating all his documents in Italy. He wrote to Pope: “The island of Inarime is an epitome of the whole earth, containing within a compass of eighteen miles a wonderful variety of hills, vales, ragged rock, fruitful plains, and barren mountains, all thrown together in a most romantic confusion. The air is in the hottest season constan-tly refreshed by cool breezes from the sea... But that which crowned the scene is a large mountain rising out of the mid-dle of the island (once a terrible volcano, by the ancients called Mons Epomeus),... from which you have the finest

prospect in the world, surveying at one view, besides several pleasant islands lying at your feet, a tract of Italy about three hundred miles in length, . . . the greater part of which hath been sung by Homer and Virgil, as making a considerable part of the travels and adventures of their two heroes. . . . The inhabitants of this delicious isle, as they are without ri-ches and honor, so are they without the vices and follies that attend them; and were they as much strangers to revenge as they are to avarice and ambition, they might perhaps answer to the political notions of the golden age. But they have got, as an alloy to their happiness, an ill habit of murdering one another at first sight”.

Ischia di Antonio Senape (in Lady Blessington a Napoli, 1974)

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di Giuseppe Silvestri

Nellʼimmediato dopoguerra ed in particolare negli anni cinquanta si intensificarono i traffici commerciali e di pas-seggeri dallʼItalia per altri Continenti e soprattutto per le Americhe. Ci fu infatti una ripresa dellʼemigrazione dalle regioni ita-liane verso terre lontane, nella speranza di realizzare fortuna sullʼesempio di amici e parenti emigrati già negli anni prece-denti. Vecchie navi, ma ancora validissime, come la Vulca-nia e la Saturnia, il Conte Grande ed altre successivamente varate come lʼAugustus ed il Giulio Cesare furono adibite sulle nuove linee. Dagli Stati Uniti i transatlantici Constitu-tion ed Indipendence tenevano continui collegamenti con i porti italiani. Purtroppo lʼorgoglio della marina italiana, il Rex, simbolo della tecnologia, della scienza e dello stile ita-liano era stato bombardato ed affondato durante la guerra. Allora, sulla scorta di un movimento che si faceva sem-pre più rilevante, altre navi vennero varate tra cui lʼAndrea Doria (che andrà incontro ad una drammatica fine nel luglio del 1956) e poi la gemella Cristoforo Colombo. I porti italiani, soprattutto Genova e Napoli, ma non bi-sogna dimenticare Palermo e Trieste, divennero attivissimi per il movimento commerciale e di passeggeri; lʼItalia infatti si avviava verso il cosiddetto “miracolo economico” ed in questo movimento furono moltissimi anche gli ischitani che partirono, in alcuni casi intere famiglie. Si trattava natural-mente di un fenomeno diverso rispetto alle grandi ondate migratorie che ci furono alla fine dellʼOttocento e nei primi decenni del Novecento. Allora era stata lʼassoluta povertà e mancanza di lavoro, negli anni cinquanta anche la convin-zione di poter raggiungere più facilmente una condizione di vita agiata. Ebbero la massima espansione le seguenti compagnie di navigazione: le società ”Italia”, “Loyd triestino”, “Compa-gnia Lauro”, etc. Sui transatlantici di queste compagnie di navigazione tro-varono occupazione come marittimi, in qualità di ufficiali, camerieri, macchinisti, fuochisti, nostromi etc. tantissimi ischitani. Questa prospettiva di lavoro indusse molti ragaz-zi a frequentare lʼIstituto Tecnico Nautico “Caracciolo” di Procida, che già aveva unʼantica e nobile tradizione e che ebbe in quegli anni il suo massimo incremento per numero di alunni. Furono perciò numerosissimi i diplomati capitani e macchinisti che poi si affermeranno navigando su tutti i mari. I nomi delle navi diventeranno così noti nelle famiglie e spesso si raggiungeva il litorale di Lacco o di Casamicciola o di Ischia per seguirne il maestoso passaggio dal momento in cui per raggiungere Napoli la nave appariva dalla Punta di Monte Vico, raggiungeva il canale tra Ischia e Vivara ed infine scompariva dietro Procida. Si provava unʼemozione

Dallʼalto in basso i transatlantici “Conte Grande”, “Augustus”, “Vulcania”

Dai transatlantici che collegavano Napoli e le Americhe

Tre sostenuti fischi salutavano lʼisola…profonda nel pensare, assistendo a quel passaggio veloce, che su quella nave cʼera il proprio padre o il fratello che certamente guardava verso lʼisola. Quando a bordo cʼera un ufficiale, e certamente quando il capitano era ischitano, tre sostenuti fischi salutavano la famiglia e lʼisola (questo av-viene ancora oggi durante il pasaggio di qualche nave da crociera). E nel porto di Napoli, in occasione della sosta della nave, che poteva essere di poche ore o di qualche giornata, cʼera lʼincontro dei marittimi con le famiglie: da Ischia e da Pro-cida si recavano a Napoli le mogli accompagnate da qualche

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figlio. Chi ne aveva tanti stabiliva una turnazione. Il giorno e lʼora dellʼarrivo erano stati comunicati per corrispondenza o seguendo lʼitinerario della nave. Si portava qualche prodotto ischitano o del proprio orto, ma soprattutto il desiderio di incontrarsi dopo mesi di lontananza. Il porto di Napoli lungo via Marittima era cinto da unʼalta inferriata (soltanto da qualche anno è stata eliminata) e biso-gnava farsi rilasciare il permesso ad un botteghino presso il cancello di piazza Municipio che immetteva alla imponen-te struttura del molo angioino, esibendo una lettera in busta della compagnia di navigazione. Ansiosi si entrava. Era possibile che la nave fosse già attraccata oppure biso-gnava aspettarne lʼarrivo, come spesso accadeva. Era mol-to interessante ed emozionante assistere allo spettacolo dal momento in cui entrava nel porto già presa in consegna dal pilota e poi era manovrata dai rimorchiatori che con opera-zioni arditissime e veloci seguendo compiti predeterminati la avvicinavano alla banchina di attracco. Dal ponte superio-re lʼorchestra di bordo suonava inni festosi che insieme ad una pioggia di coriandoli festeggiavano la felice conclusione del viaggio in quel porto. I passeggeri già pronti allo sbarco, desiderosi di incontra-re i loro familiari in attesa sulla banchina, gridavano nomi affacciati alle ringhiere. Appena le gomene stridenti avevano assicurato la nave alle bitte, venivano allungate le passerelle. Salivano i fac-chini ed iniziava lo sbarco. Sembrava una totale confusione, invece tutto corrispondeva ad un movimento continuo e pre-ciso, ben finalizzato: il passaggio alla dogana con i bagagli, i ripetuti abbracci con i familiari, i saluti ai recenti amici di viaggio, ed infine in taxi o in carrozza verso casa o alla sta-zione ferroviaria oppure a prendere il vaporetto al Beverello per raggiungere le isole del Golfo. Intanto su tutta la banchina si diffondeva odore di gomene tese che sapeva di mare e si mischiava a quello della frutta esotica, a quello di caffè ed a quello della nafta proveniente dai tubi disposti al rifornimento. Appena la moltitudine di passeggeri si era allontanata, i marittimi che completavano il loro turno di lavoro si affac-ciavano per scorgere i familiari in attesa per avvertirli che presto sarebbero scesi. E così si ripetevano affettuosi incon-tri del genitore con il proprio figlio e con la moglie, del gio-vane imbarcato con la sorella o con la madre. Poi negli anni

1970, proprio quando due nuovi transatlantici: Michelange-lo e Raffaello erano stati immessi sulla linea per gli Stati Uniti, quel grande fenomeno si arrestò, perché lʼItalia del “miracolo economico” aveva ormai limitato lʼemigrazione verso altri continenti e soprattutto perché si era affermato il trasporto per via aerea. I grandi transatlantici scomparvero, alcuni messi in disarmo e rottamati, altri utilizzati come al-berghi galleggianti in famose località turistiche americane. I meravigliosi gioielli della società Italia: Michelangelo e Raf-faello furono svenduti allo Scià di Persia che li adibì ad al-berghi per militari. Eppure di lì a poco si svilupperà ed avrà sempre più consistenza il fenomeno delle crociere turistiche sul mare. Intanto lʼantica Vulcania, varata se non erro alla fine degli anni 1920, ebbe un nuova, ultima stagione sul mare come nave crociera col nome Caribia. Infine si può ricordare, quasi per amara ironia, che il vec-chio Stockolm, il transatlantico svedese che speronò lʼAn-drea Doria il 26 luglio 1956, oggi con il nome di Italia è una nave crociera nel Mediterraneo.

Mercoledì 15 novembre 2006 si è svolto presso la sede del Centro di Ricerche Sto-riche dʼAmbra, in Forio, un incontro sul tema

Serata libertaria1867: Bakunin e Ibsen nellʼisola dʼIschia

I lavori introdotti dallʼavv. Nino dʼAmbra sono stati conclusi dal prof. Pasquale Bale-striere.

Visconti e la Francia

Promossa dalla Fondazione La Colombaia, in collabora-zione con lʼInstitut Français de Naples e la Cinémathèque di Parigi, si è svolta la manifestazione “Visconti e la Francia”: due giorni di studi, dibattiti ed incontri seminariali. Un rap-porto, quello tra il grande regista e la terra dʼoltralpe, che è di fondamentale importanza per comprendere in quale humus culturale si siano formate la poetica e la tecnica del maestro del neorealismo italiano. A dicembre il percorso si completa con il concorso sul tema “Visconti, una vita per lʼarte” che prevede lʼassegnazione di borse di studio per gli allievi delle medie e degli istituti superiori dellʼisola dʼIschia e con la mostra di filatelia con i francobolli specciali emessi per i cento anni di Visconti.

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Cristofaro Mennella – Pasquale Polito

Due vite per la conoscenza

Cristofaro Mennella nacque a Casamicciola il 17 febbraio 1907 da famiglia di navigatori. Pur portato a seguire le orme degli avi, presto indirizzò i suoi studi verso altri settori per motivi vari: e così a 17 anni con-seguì lʼabilitazione magistrale e, sempre studiando da solo, la maturità classica: nel 1942 si laureò in mate-matica pura. Il 20 luglio del 1944 diede vita, con altri beneme-riti, al Centro Studi sullʼIsola dʼIschia, proponendosi di giungere al ripristino dellʼOsservatorio Geofisico Statale di Casamicciola, fondato nel 1885, dopo il ter-remoto del 28 luglio 1883 e rimasto in funzione sino al 1923. Vasta è stata la sua produzione di opere, tra cui: Lʼenergia atomica al servizio dellʼumanità (tre volumi di oltre mille pagine) - Missili e satelliti, prime tap-pe dellʼastronautica - La vita nellʼuniverso. Podero-sa lʼopera in tre volumi Il Clima dʼItalia: si tratta del primo lavoro esauriente sul clima dʼItalia, dopo quello del Roster che apparve nel 1909. Su questa poderosa opera il prof. Alfredo Murti dellʼUniversità di Came-

Nel prossimo anno ricorre il centenario della nascita di due personaggi che hanno lasciato una profonda e significativa impronta nella cultura dellʼisola dʼIschia: il prof. Cristofaro Mennella, nato a Casamicciola il 17 febbraio 1907 e mons. Pasquale Polito, nato a SantʼAngelo nel comune di Serrara Fontana il 28 gennaio 1907. Due studiosi che hanno spesso partecipato ad iniziative comuni, come lʼistituzione del Centro Studi su lʼIsola dʼIschia nel 1944; due che molti ricorderanno, forse, di aver visto spesso insieme in passeggiate serotine lungo la Litoranea Casamic-ciola-Lacco Ameno, accompagnati a volte anche dal poeta Gaetano Gargiuto che in una sua poesia così presenta quei particolari momenti:

Lungo e lento passeggiare, e un continuo ragionare dʼarte e di poesia, di fisica e di astronomia; ora guardando lʼEpomeo austero ed ora lʼargenteo mare, voi infioravate i discorsi di latino, Cristofaro vi ascoltava tutto orecchi, ma di sottecchi guardava il cielo, spiava lʼOrsa, le Pleiadi, i Gemelli. Io con le mie impennate mettevo tutto a soqquadro: santi, filosofi e poeti.

L̓ uno e lʼaltro dimostrarono sete di sapere e amore per lo studio e per la ricerca, sicché si può dire che nel binomio trovarono spazio e valore sia lʼinteresse umanistico e classico, sia quello tecnico e scientifico. Lavoro costante che spesso aveva come motivo ispi-ratore lʼisola dʼIschia, tendente a valorizzarne i suoi aspetti naturali e storici e nello stesso tempo a indicar-ne le ipotesi di sviluppo adeguato ai tempi nel campo culturale e nella nuova realtà economica.

Nei numeri de La Rassegna dʼIschia che saranno pubblicati nel corso dellʼanno 2007 riproporremo alcuni scritti di C. Mennella e di P. Polito.

Cristofaro Mennella(Casamicciola 17/2/1907 - 25/1/1976)

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Ultimogenito dei sette figli di Giovanni Polito, “contadino panzese immigrato a S. Angelo”, e di Filo-mena Mattera, “donna di casa di Fontana”, frequentò le prime tre classi elementari a S. Angelo, il villaggio natio, poi fece la quarta e la quinta e la “prima tecnica” da privatista sotto la guida del parroco del villaggio, don Luigi Trofa, e poi gli studi regolari nel Seminario diocesano ed in quello di Posillipo, dove conseguì la laurea in Teologia. Consacrato sacerdote, fu nominato cappellano del-lʼospizio “Villa Joseph” di Casamicciola, dove restò per oltre venti anni. «Frequentavo la casa del dotto Giuseppe Mennella che aveva una ricchissima biblio-teca, soprattutto di volumi sullʼIsola dʼIschia e chiede-vo al dottore - racconta Don Polito - il prestito dei libri degli scrittori che avevano soggiornato ad Ischia e che qui avevano scritto le loro opere». Fu cosi che iniziò la sua passione per gli autori fran-cesi dellʼ800, favorita anche dalla sua conoscenza della lingua francese. Primo fra tutti Lamartine, lʼautore che riteneva «lʼesercizio della poesia un bisogno del cuore, un vizio da nascondere, soprattutto dopo la svolta poli-tica» (Carlo Bo), «quello che più ha esaltato lʼincanto dellʼisola dʼIschia» come dice Don Polito. E da qui la sua predilezione. «Erano tempi di miseria - ricorda Polito - e non po-tevo permettermi lʼacquisto di quei libri e quindi per

rino sulla rivista “L̓ Universo” del 1968 scriveva: «La nuova opera del prof. Mennella offre finalmente agli studiosi italiani e stranieri una completa ed esauriente analisi del clima di questo nostro Paese mediterraneo, così ricco di manifestazioni meteorologiche, sì diverse, spesso contrastanti, sempre mutevoli con rapidità e tali da porlo tra quelli più altamente interessanti nei campi della climatologia». A proposito dellʼisola dʼIschia Cristofaro Mennella si interessò a numerosi problemi di rilancio e di svilup-po del territorio sul piano soprattutto del termalismo e del turismo. Non trascurò lo studio delle condizioni ecologiche e delle colture più appropriate e più reddi-tizie per lʼisola, affrontando anche il problema di una floricoltura industriale. Di Cristofaro Mennella Pio Vittozzi, che nel 1976 ne rievocò la vita e lʼopera, così scrisse. «Come av-viene generalmente per lʼuomo, il monumento impe-rituro che resterà testimone nei secoli della profonda preparazione, della serietà scientifica, della cultura, della laboriosità, della passione per lo studio e la ricer-ca, dellʼingegno fertile di Cristofaro Mennella, è tutto ciò che egli lascia scritto, anche se gli fu sempre impe-dito di entrare nel mondo impenetrabile e dorato della cosiddetta “cultura ufficiale” o, come si dice oggi, nel mondo dei “Baroni delle Cattedre”». In una serie di volumi Mennella manifesta la sua costante attività nel campo scientifico divulgativo e rende accessibile al lettore le più ardue conquiste della scienza, consentendo a tutti di comprendere determi-nati fenomeni. Sono tante le comunicazioni presentate in congressi di astronomia, geofisica, meteorologia e climatologia, pubblicate in Rendiconti di Accademie, in Atti congressuali, in Riviste specializzate. Molto si adoperò anche nel campo della vita poli-tica e sociale dellʼisola, proponendo delle possibili soluzioni a tanti problemi. Sempre scrisse e discusse di un possibile turismo e termalismo invernale o, più in generale, si occupò della interdipendenza tra clima, turismo ed economia nella realtà ecologica del Meri-dione dʼItalia. Ha sempre lottato per lʼistituzione sullʼisola di un Centro Sperimentale di Idroclimatologia ed è stato per vari anni Direttore dellʼOsservatorio Geofisico di Ca-samicciola Terme. Nota anche la sua opera: LʼIsola dʼIschia gemma climatica dʼItalia.

Pasquale Polito (Serrara Fontana 28/1/1907 - 11/7/1994)

Altre notizie sulla vita e sulle opere di C. Mennella sono state pubblicate su La Rassegna dʼIschia n. 8/9 dicem-bre 1985.

(continua a pagina 47)

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Rassegna LIBRIVecchia Ischia 1898 – 1958Ritratto dellʼisola in sessantʼanni di cartolineA cura di Nunzio Albanelli

Imagaenaria Edizioni Ischia, 2006.

È risaputo che la cartolina postale, come cartoncino illustrato per scambiarsi saluti e auguri o per inviare brevi notizie, proposta nel 1865 dalle Poste tedesche e adottata in Italia dal 1874, non riveste più quella patina romantica e quella rilevanza sul piano della comuni-cabilità a distanza e della trasmissione di sentimenti e informazioni contingenti. Travolta, come da un fiume in piena, dai mezzi sempre più invasivi di elaborazione elettronica e massmediatici, ritengo che la cartolina sia destinata inesorabilmente a scomparire come un og-getto obsoleto e superfluo, restando soltanto nellʼalveo dei ricordi nostalgici dei suoi estimatori e di un passato tramontato per sempre. Perciò lo scorrere lento del volume, scevro da ogni commento didascalico: Vecchia Ischia (1898 – 1958), ritratto dellʼisola in sessantʼanni di cartoline, a cura di Nunzio Albanelli, pubblicato da Imagaenaria Edizioni, allo scopo di farsene unʼidea il più analitica possibile, procura una sorta di appagamento interiore del desi-derio di conoscere meglio la nostra isola che in questo lavoro ci appare spesso avvolta da un fascino partico-lare e nello stesso tempo ci coinvolge emotivamente e ci allieta, come tanti fotogrammi dei film muti, allʼori-gine del cinema prima dellʼavvento del sonoro. Ma certamente il preside Nunzio Albanelli, studioso della poetessa Vittoria Colonna e ricercatore instancabile ed esperto di storia locale, non intende apparire con que-sta sua più recente pubblicazione un “laudator tempo-ris acti” di oraziana memoria, consapevole comʼè dei gravi problemi economici che affliggevano la nostra isola, prima dellʼexploit del turismo che indubitalmen-te ha comportato un benessere generale, nonostante le profonde ferite apportate a una natura e a un territorio fino ad allora pressoché incontaminato e arcadico. Questo “ritratto dellʼisola” evidenzia una passione per la collezione di cartoline che è un vero e proprio esercizio e pratica di unʼarte per nulla figlia di un dio minore, ma espressione di una cultura poliedrica e rag-guardevole. La collezione, presentata in un volume nel contem-po pratico ed elegante, risalta alla prima occhiata per la sua dote di immediata e semplice fruibilità, suscitando una lieve nostalgia per quelle vedute idilliche, ma an-

che un sentimento di gratitudine per chi ha messo a disposizione del pubblico un tesoro di immagini che ravvivano i nostri ricordi e costituiscono un prezioso punto di riferimento per le nuove generazioni disponi-bili a conservare e a tramandare un piccolo patrimonio e una tangibile testimonianza del nostro scoglio. Le 322 immagini non seguono un ordine cronolo-gico, ma ci accompagnano in un suggestivo giro del-lʼisola dal momento dellʼarrivo illustrato da una foto del 1923 sino alla meta conclusiva di Ischia Ponte con una veduta insolita del Castello del 1938. La parte del leone spetta al Comune dʼIschia con 122 foto, tra cui emergono, a mio avviso, per valore documentario e ar-tistico, un panorama del 1926, una veduta dei Bagni dʼIschia e Real Casina del 1910 e un Porto dʼIschia dei primi del ʻ900. Di Casamicciola particolarmente inte-ressante è una veduta risalente al 1918 di uno stanzone del Pio Monte della Misericordia con numerosi pazien-ti, in verità floridi nellʼaspetto e sorridenti negli occhi, seduti su comodi letti, ed unʼimmagine degli anni ʼ40 che comprova la solare bellezza mediterranea delle donne ischitane e lʼoriginalità del loro abbigliamento. In una foto del 1936 – Lacco Ameno, corso 4 novem-bre, colpisce la tenuta di gala e lʼincedere elegante di un distinto signore in una strada fiancheggiata da alberi selvaggi che non impediscono la vista del mare. Un

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panorama dellʼantica Eraclio risalente ai primi del ̒ 900 testimonia la povertà dei tempi comprovata dalle la-miere sghembe che costituiscono i tetti delle baracche, erette dopo il terremoto del 1883 nel rione Ortola, una volta definito dalla duchessa di Curlandia, Wilhelmine von Sagan, “dimora delle fate”, davanti al quale è ben visibile lo storico Palazzo di San Montano, costruito nel 1742 e che ospitò illustri personaggi citati da Paul Buchner in Gast auf Ischia (versione italiana: Ospite a Ischia).

«Tout est sublime. Je suis maintenant à Ischia près de Naples... Je suis devenue heureuse. Si. Je suis heureuse. Je ne mens pas. Je suis heureuse. Je suis heureuse dans mon île.»

È il grido che lancia con il suo telefonino traffica-to Anna Hidden, il personaggio principale di «Villa Amalia», opera di Pascal Quignard (Gallimard, Paris, 2006), salutata dalla critica come un ritorno dello scrit-tore al romanzo, «dopo il periodo austero votato alla solitudine filosofica». Anna Hidden è una donna tradita che rompe ogni le-game con il passato, tranne con la madre, anche se non riescono a comprendersi, ed un compagno dʼinfanzia, incontrato dopo anni per caso, proprio nel momento in cui scopre il tradimento. Si nasconde, fa perdere ogni traccia, viaggia e, final-mente, approda a Ischia, dove si sente a casa. «Mi sono subito ritrovata nei sentieri, nei vicoli, nelle ripide scale che sboccano in minuscole piazze, nei tre piccoli vulcani, nei boschi, nelle scarpate, nelle nuvole. Mi sono riconosciuta dappertutto. La gente è deliziosa. Non un solo Francese, soltanto Napoletani e Russi.» Sceglie un piccolo albergo di fronte al castello per-ché ha una camera che dà direttamente sul mare. «Si apriva la finestra. Dapprima si vedeva la baia, lʼisola di Procida. Poi il cielo senza fine che toccava lʼacqua.» Non si stanca mai di contemplare la baia nella notte con poche luci e così antica. «Dʼun tratto una stria di luce comincia a luccicare in fondo alla baia. Il sole si levava su Sorrento. L̓ inizio del giorno fu sublime.» Si lancia alla scoperta dellʼIsola, lasciando lʼalbergo tra le cinque e le sei, vagabondando «nella calma e la

Di Forio ritengo rimarchevole la foto del 1938 che riproduce la bellezza incontaminata della spiaggia e del porto, prima dei lavori di radicale rinnovo e di ur-banizzazione della zona. Di Serrara Fontana e di Barano suscitano particola-re curiosità le cartoline dei panorami, delle spiagge e soprattutto dei centri urbani così spogli ma nello stesso tempo di largo respiro e pervasi di luce e di calore uma-no.

Nicola Luongo

Villa AmaliaRoman di Pascal Quignard

Éditions Gallimard, 2006

frescura, nelle ombre così lunghe di fine notte o inizio giorno», prendendo sentieri, vagando sullʼerba rorida di rugiada, nelle vigne, negli uliveti e nei boschetti, cercando di smarrirsi, «amava smarrirsi, riusciva a smarrirsi», nella ricerca dʼun angolo ove accovacciarsi e spiare lo spuntar del giorno per poi trotterellare nella luce nascente. Scopre una villa, Villa Amalia, situata a sud est del-lʼIsola, di cui si innamora a prima vista e che sembra quasi invitarla a raggiungerla, «Come un essere inde-finibile, euforizzante dal quale, non si sa come, lei si sentiva riconosciuta, rassicurata, compresa, ascoltata, apprezzata, amata.» Riesce a convincere i proprietari a fittargliela e fini-sce per amarne in un modo appassionato, ossessionan-te, la terrazza, la baia, quella parete di montagna ove cercava di aggrapparsi, quellʼangolo «di erbe, di luce, di lava, di fuoco interno». «Al riparo nella roccia, la villa dominava comple-tamente il mare. Dalla terrazza la vista era infinita. In

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primo piano, sulla sinistra, Capri, la punta di Sorrento. Poi acqua a perdita dʼocchio. Bastava uno sguardo e non poteva più muoversi. Non era un paesaggio, ma qualcuno. Non un uomo e nemmeno un dio, ma un es-sere. Qualcuno. Un viso preciso e indicibile». Anna intravede la villa il venerdì santo, come Pe-trarca la sua Laura, e si affeziona «a quel sito che le dava lʼimpressione di vivere nel cuore del mare. Cura-va quel frammento di natura. Ansiosa, si occupava del-la vita che germogliava, vi affluiva e vi si moltiplicava. Si alzava, la notte, al minimo rumore che le sembrasse anormale». Non sarebbe difficile localizzare i siti, gli angoli e i ristoranti, di cui non pochi sono indicati o leggermen-te adombrati. Ma, più chʼun angolo particolare, sono i suoni, i colori, la luce, le albe («Chaque aube lʼatten-drissait») e lʼimmensa baia («Elle entendrait la baie dont elle participerait»), che lʼavvincono, lʼestasiano, la rendono felice a tal punto che per lei sarà «Lʼempla-cement du paradis». «Cʼè una luce diffusa nelle acque del mare che sem-bra salire dal fondo dellʼabisso. Non affiora mai, ma gioca sotto i corpi, sotto le alghe, nelle ombre degli scogli dʼIschia. Forse chiarore dʼorigine vulcanica.

La lunga strada di sabbiadi Pier Paolo Pasolini

Una luce che non sembra affatto provenire dal sole sfiora i corpi che nuotano qui.» «La luce della baia di Napoli è forse la più bella che si possa immaginare in questo mondo. Tutto odorava dʼacqua e somigliava allʼacqua, le minuscole onde lontane ad ogni istante svegliate, la marea della luce, la terra del giardino di nuovo fresca, smossa da lei in onde piccole, brune e nere, a colpi di zappa, dopo ogni rovescio dʼacqua». Compositrice musicale, decifra i suoni della natura isolana e insegna alla piccola Lena, alla quale si è affe-zionata, «a orchestrare nello spazio la sinfonia dappri-ma incomprensibile del tempo», facendole ascoltare la primavera, il brusio del primo fogliame, il suono degli uccelli che festeggiano il sole, il vento, la notte, le voci a volte lontane, la risacca sorda al di sopra della fale-sia.». Rifugiatasi a Ischia per perdervi perfino il ricordo della vita precedente, ha forse proclamato, troppo alto e troppo forte, quel suo sentimento di felicità e, come scrive Guylaine Massoutre, «le feu meurt dans la roche qui refroidit. La mort rôde sur le volcan».

Giovanni Castagna

Edizioni Contrasto, Roma 2005. Volume originale: La lon-gue route de sable, Editions Xavier Barral – Il resoconto ori-ginale del viaggio in Italia di Pasolini (1959) – Fotografie di Philippe Séclier.

Nel 1959 Pier Paolo Pasolini intraprende con la sua Fiat Millecento il periplo lungo le coste italiane, da Ventimiglia a Trieste, il cui resoconto viene pubblicato, col titolo La lunga strada di sabbia, sul periodico Suc-cesso nei numeri del 4 luglio, del 14 agosto, del 5 set-tembre dello stesso anno. Il testo poi compare nel 1998 nel volume Pier Paolo Pasolini – Romanzi e Racconti (editore Mondadori). Nel 2001 il fotografo Philippe Séclier ritorna sul me-desimo itinerario con lo scopo di rivisitare con le sue foto in bianco e nero le tappe del viaggio, il cui risulta-to costituisce il presente libro, uscito prima in edizione francese (riceve il Premio del libro Thomas Cook) e poi in quella italiana. «Mi accorgo oggi che in ognu-no dei miei soggiorni in Italia, in un modo o nellʼaltro – scrive Séclier – ho incrociato Pasolini, fino a quando poi La lunga strada di sabbia non mi ha portato sulle

sue tracce: allora ho voluto mettere i miei passi dietro ai suoi, vedere ciò che lui aveva visto, capito e sentito, lanciarmi a mia volta su quella strada in sua compagnia, seguendola come lui lʼaveva descritta». Allʼinizio del 2005 Séclier incontra Graziella Chiarcossi, cugina di Pasolini, la quale gli consegna il dattiloscritto originale con altre pagine scritte a mano.

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Viene così riportata la versione integrale scritta da Pa-solini con numerosi brani inediti, omessi precedente-mente, e foto in ognuna delle quali «spero ci sia unʼeco di ognuna delle sue parole» (Séclier). Sono inoltre ri-prodotti anastaticamente i fogli battuti a macchina da Pasolini. Particolarmente significativa la tappa di Ischia, al-lʼAlbergo Savoia di Casamicciola, da cui è datata una lettera di Pasolini: «Sono felice. Era tanto che non pote-vo dirlo: e cosʼè che mi dà questo intimo, preciso senso

Casamicciola - Albergo Savoia

di gioia, di leggerezza? Niente. O quasi. Un silenzio meraviglioso è intorno a me: la camera del mio alber-go, in cui mi trovo da cinque minuti, dà su un grosso monte, verde verde, qualche casa modesta. Piove. Il rumore della pioggia si mescola con delle voci lonta-ne, fitte, incalcolabili. La terrazzetta, davanti, è lucida di pioggia, e soffia unʼaria fresca. Il senso di pace, di avventura che mi dà lʼessere in questo albergo nellʼin-terno di Ischia, è una di quelle cose che ormai la vita dà così raramente. È un posto dove mi pare di essere sempre stato. Mi sembra il Friuli, la Carnia, lʼEmilia. Solo ogni tanto qualche voce vicina mi ricorda che sono nel Sud. Mi aspetta qualcosa di stupendo: quello che si aspetta quando si è ragazzi, il primo giorno di villeggiatura, e si ha davanti unʼestate eterna (…)». Il percorso pasoliniano ad Ischia si svolge lungo tutto il suo circuito ed ha come punto di partenza Ca-samicciola. Lo richiama subito Porto dʼIschia, dove si scontra già con una realtà diversa nel pur limitato con-testo territoriale dellʼisola e amaramente annota: «La pace di Casamicciola è un sogno. Ma questa è una cit-tà! Qui vie, vicoli, lungomari sono scintillanti, la gente è un fiume». A Lacco Ameno sʼinforma sulla presenza di personaggi noti («Cʼè qualche personaggio, qui?») e chiede di Luchino Visconti, che poi lo conduce in giro per lʼisola, dicendo con compiacimento: «Sono stato uno dei primi a scoprirla. Vengo qui da quattor-dici anni!», al che Pasolini non manca di aggiungere: «Ischia è un posto dolcissimo, dove si vive senza nes-suna fatica». Riprende la corsa e si ritrova a SantʼAngelo, villag-gio isolato, fuori dal mondo: «Sotto lo strapiombo, una lingua di terra, di sabbia, con un mucchio di casette: in fondo a questa lingua un massiccio, un piccolo mo-stro, inaccessibile, di scogli e rocce, con una torre in cima».

Raffaele Castagna

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Premio Letterario di Poesia, Pittura e Scultura.“Francesco Caracciolo e la Repubblica Partenopea del 1799”

Premio di poesia Formica Nera

Il Gruppo letterario Formica Nera di Padova promuove la XXXVII edizione del concorso di poesia aperto a tutti gli autori di lingua italiana. Si partecipa con una poesia inedita a tema libero (senza limiti di lunghezza) da far pervenire entro e non oltre il 3 aprile 2007 in cinque copie - di cui soltanto una con nome cognome indirizzo e firma dellʼautore - al segretario del con-corso: Luciano Nanni, Casella postale 814, 35122 Padova. Premi: al primo classificato 400 euro, medaglia dʼoro e pergamena. Ai segnalati medaglia dʼoro e pergamena. Nel caso di assenza alla cerimonia di premiazione il primo classificato avrà diritto al titolo del Premio senza il corri-spettivo in denaro. Per gli altri premi è ammessa la delega. La giuria - il cui operato è insindacabile - sarà resa nota dopo lʼassegnazione dei premi. L̓ esito del concorso verrà diffuso attraverso i consueti mezzi di comunicazione e in internet www.literary.it/premi - [email protected] La precedente edizione è stata vinta da Federico Fieri.

di Massimo Colella

«Poesia è – secondo Boris Paster-nak – solo ciò che è comune, quan-dʼè sfiorato dalla mano del genio”» ed è – per dirla con Garcia Lorca – «lʼimpossibile fatto possibile». La possibilità e lʼimpossibilità, la me-diocrità e la genialità sono i poli op-posti di una lista semantica antitetica che soltanto la poesia – con la sua carica dirompente di travolgente vi-talità – è in grado di unire e collegare mediante lʼincanto e la magia di un ineluttabile nesso ontologico. Non cʼè realtà nella poesia, così come non esiste finzione in essa, perché se è vero che, per Novalis, «la poesia è il reale, il reale veramente assoluto», lʼautorevolezza letteraria di Shake-

del poeta. Il lettore e il poeta: la lista antitetica si allunga a dismisura, la poesia è essa stessa mistero e forse, anche, rivelazione. Di mondi ignoti e verità nascoste. La poesia elimina i veli con cui la realtà cerca di camuf-farsi e, al tempo stesso, la copre con la maschera di unʼelegiaca teatralità. La poesia è segreto e rivelazione del segreto, maschera e sublime elimi-nazione della stessa; le coordinate spazio-temporali da sempre deter-minano lʼansia positiva di una ricer-ca di senso, formando nella poesia il nucleo principale di una riflessione che, a partire dalla consapevolezza del tempo e dello spazio, può dar luce a risposte intelligibili ad antiche domande. Perché lo smarrimento interiore del poeta è sintomo della

Il Museo del Mare di Ischia Ponte, in occasione del de-cennale della sua costituzione, indice con il patrocinio del Comune dʼIschia la prima edizione del premio letterario di poesia, disegno e scultura a tema “Francesco Caracciolo e la Repubblica Partenopea (1799)”, in memoria di questo va-loroso ed esperto uomo di mare, Ammiraglio della Marina Borbonica e capo della Marina della Repubblica Partenopea del 1799. Il concorso è riservato a tutti gli studenti degli Istituti Nautici, dei Licei Artistici e degli Istituti dʼarte. Essi posso-no partecipare con uno studio riferito allʼintestazione storica del concorso con una poesia inedita o disegni o scultura sulla stessa tematica. Gli elaborati, completi delle generalità dei partecipanti (indirizzo, numero telefonico e scuola dʼappartenenza), do-vranno pervenire, entro e non oltre la data del 30 aprile 2007, alla segreteria del Premio presso: Museo del Mare – Palaz-zo dellʼOrologio Via Giovanni da Procida, 3 - 80070 Ischia Ponte (Na). La partecipazione è gratuita. I primi tre classificati saranno premiati con un diploma di merito, con medaglia dʼoro o Trofeo, ed inoltre un weekend in una struttura alberghiera ischitana (un pernottamento con mezza pensione per due persone), solo per i non residenti sullʼisola dʼIschia. Tutti i partecipanti riceveranno un diplo-ma di merito con medaglia. Le opere saranno valutate da una commissione esamina-

trice appositamente nominata e saranno esposte in Mostra presso il Museo del Mare nei mesi di giugno- luglio, e rimar-ranno nella piena disponibilità del Museo.www.museodelmareischia.it [email protected]

La poesia è.....speare ci suggerisce che «quanto più vera è la poesia, tanto più è piena di finzioni». Dunque, anche la realtà e la finzione entrano perfettamente in gioco nella citata lista antitetica, che costituisce prova estrema di quanto lʼarte poetica sia capace di attuare singolari connessioni grazie alla sua duttilità tematica e alla sua intrinse-ca funzione mediatrice. Perché «la poesia – afferma Damaso Alonso – è un nesso tra due misteri: quello del poeta e quello del lettore». Ma non cʼè sfasatura alcuna tra i due miste-ri: il collegamento non è forzato, è del tutto naturale perché, in fondo, la vita del poeta giunge sotto forma di parole alla sensibilità del lettore, la cui vita è – sia pure in minima parte – specchio e riflesso di quella

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triste consapevolezza che lʼuomo, irrazionale nella sua più profonda essenza, si aggira nelle vie oscure dellʼesistenza non riuscendo a com-prendere appieno il mistero della vita. Il tempo ritorna come costante riferimento tematico e cifra stilistica in molte opere poetiche e costituisce lʼenigmatico processo zigzagante del fluire di una coscienza che rie-labora significativamente dati visivi, spaziali, temporali e grammaticali per giungere ad una fiabesca irrealtà. La dimensione temporale non esclu-de il contatto diretto col futuro, ma ne determina anzi lʼapoteosi e rap-presenta simbolicamente un addio che è rinascita della vita dalla mor-

te e comparsa di una luce che non è tale, ma riverbero di una nostra pro-fonda idealità. Talvolta nella poesia possiamo assistere ad un miracolo-so disvelarsi della natura che non esclude notazioni fantastiche così come non tralascia visioni mistiche, emblema tangibile della dimensione del viaggio quale esperienza interio-re che si tinge di salvifici orizzonti di trascendenza. L̓ acqua, la terra, il sole, la montagna, il vento costitui-scono i molteplici aspetti di una na-tura che esemplifica perfettamente il potente fascino dellʼuniverso e della sua primitiva bellezza. Ma la poesia è soprattutto narrazione della vita quale specchio di diversità, rifles-

so di divergenze, caotico e ordinato andirivieni di attori tutti affaccendati sul palcoscenico dellʼesistenza. Alla notizia della morte della moglie, Macbeth afferma che »la vita non è altro che unʼombra che cammina (…): è un racconto / fatto da un idio-ta, pieno di rumore e di furia, / privo di significato». La definizione shakespiriana suo-na terribile, eppure non lo è. Ca-leidoscopio di cangianti emozioni umane, la poesia non ha il compito di restituire senso ad una vita priva di significato, ma lʼalta funzione di descrivercela. Mediante la sublimità della parola.

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La Festa del DelfinoVI edizione - 10 maggio 2007

L̓ Associazione no profit Del-phis, Mediterranean Dolphin Conservation, organizza la VI edi-zione della Festa del Delfino (Par-co idrotermale Negombo di Lacco Ameno), evento annuale dedicato alla divulgazione degli studi su balene e delfini del Mediterraneo. Ogni anno vi partecipano circa ottocento studenti dalle scuole ele-

mentari agli istituti superiori. La festa si propone di sensibilizzare i partecipanti sulle problematiche delle comunità di cetacei residenti nelle acque dellʼisola dʼIschia con particolare attenzione alla conser-vazione e protezione del loro habi-tat preferito, il canyon sottomarino di Cuma. La regione, importante per sei

specie di cetacei, è stata descritta come sito di alimentazione di ba-lenottera comune (Balaenoptera physalus), area di riproduzione per stenella striata (Stenella coeru-leoalba) e grampo (Grampus gri-seus) e zona transiente per gruppi sociali di capodoglio (Physeter macrocephalus). Infine è stata li-stata come habitat critico per del-fino comune (Delphinus delphis, a rischio di estinzione nel Mediter-raneo) nellʼultimo piano dʼazione per i cetacei dellʼUCN.

L̓ Isola dʼIschia sul canale satellitare Alice

Lʼappetito vien girando questo è il titolo del programma che ha visto come protagonista Ischia, lʼisola del cinema, nella puntata del 15 Novembre sul canale satellitare Alice. Protagonisti della puntata sono state la tradizione culinaria dellʼisola e la storia dei film girati ad Ischia. Diversi personaggi isolani hanno raccontato aneddoti e descritto ricette legate ai personaggi del cinema che hanno frequentato lʼisola verde, da Liz Taylor a Matt Demon. Originalissimi sono stati i racconti di Salvatore Cocò, del mitico ristorante, che riportavano alla memoria una Ischia Ponte trasformata e rivisitata dai fasti di Cleopatra (1962) al Talento di Mr. Ripley (1998) con i piatti che deliziavano Guynett Paltrow e Anthony Minghella. Riccardo DʼAmbra ha sapientemente illustrato la tradizio-

ne culinaria dellʼisola dʼIschia dal coniglio da fossa ai mi-gliori vini, entrambi protagonisti di diverse pellicole girate ad Ischia; il tutto su uno sfondo di locandine e manifesti ci-nematografici quali Avanti (1972), Vacanze ad Ischia (1957) e molti altri titoli. Gennaro Rumore ha raccontato gli esordi del suo locale in cui attori quali Peter Sellers (ad Ischia per girare Caccia alla volpe, 1962) e Sofia Loren (anchʼessa ad Ischia per uno spot pubblicitario della Honda) hanno degustato piatti tipici insieme ai vari personaggi del jet set che sono passati per il suo locale. Michelangelo Messina, che ha collaborato anche con la troupe televisiva, ha invece raccontato la Ischia cinemato-grafica degli ultimi anni con le sue location scelte da registi quali Antony Minghella, Leonardo Pieraccioni, Massimo Tarantini che sono già raccolte nel suo libro “Le isole del ci-nema” che elenca tutti i film girati ad Ischia, Procida e Capri dal 1936 ai giorni nostri.

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“Il racconto nel cassetto” Premio letterario per scrittori emergenti

Ischia e Los Angeles, città gemelle

Casamicciola Terme 11-17 dicembre 2006

Libri ibseniani in mostra

Fase conclusiva del concorso per la realizzazione di unʼillustra-zione del Peer Gynt, riservato agli studenti della Scuola dellʼob-bligo dellʼisola dʼIschia e delle celebrazioni per il centenario di Ibsen. Inaugurazione di unʼapposita sezione del Centro di documenta-zione dellʼisola dʼIschia dedicata alla raccolta di tutto il materiale a stampa, fotografico e filmografico disponibile su Ibsen prodot-to in Italia, al fine di creare un valido ed aggiornato strumento di lavoro per facilitare ed incentivare studi futuri di Ibsen.

L̓ Associazione Libera Italiana Onlus (A.L.I.), con sede sociale in Villaricca (NA), con la duplice fina-lità di incentivare la diffusione del-lʼarte dello scrivere e far conoscere i luoghi, le attitudini e le attività produttive locali, indice il premio letterario “Il racconto nel cassetto”, quarta edizione. Il concorso è a tema libero e con-sta di due sezioni: una dedicata a racconti e romanzi, unʼaltra a fiabe e storie per bambini. I lavori do-vranno essere scritti al computer e non dovranno superare la lunghezza

massima di 25 cartelle. I concorrenti dovranno far pervenire, entro e non oltre il 31 gennaio 2007, a mezzo posta o consegnato a mano presso la sede dellʼassociazione, un plico chiu-so contenente: n.2 copie dellʼopera, di cui una sottoscritta dallʼautore ed una in forma anonima e senza alcun elemento identificativo (specificare la sezione a cui si intende partecipa-re); copia dellʼopera su floppy disk o cd-rom; breve lettera di presenta-zione; dati anagrafici completi, con lʼindicazione della fonte da cui si è appresa la notizia del concorso; atte-

stato del pagamento di € 20,00 per diritti di segreteria. Premi Sezione racconti: 1° classificato: € 3.500,00 - 2° classificato: € 2.000,00 - 3° classificato: € 1.500,00 Sezione Fiabe e Storie per bambi-ni: 1° classificato: € 2.000,00 - 2° classificato: € 1.500,00 - 3° classifi-cato: € 1.000,00 A tutti i finalisti, in occasione del-la premiazione, saranno consegnati attestati di partecipazione. Per il regolamento completo ri-volgersi allʼAssociazione organizza-trice in Villaricca (Na), via A. Geno-vesi n. 5.

***

L̓ 8 novembre 2006 è stato sottoscritto in terra americana il gemellaggio tra Ischia e Los An-geles dalle rispettive delegazioni. Ha prevalso il grande lavoro di preparazione svolto negli ultimi anni da Carmela Funiciello, ita-loamericana di instancabile dedi-zione alla causa del gemellaggio, presidente dellʼAssociazione che raggruppa molti ischitani di ori-gine, ormai residenti a San Pedro, sobborgo di Los Angeles. È stato proprio questo legame così forte degli emigrati con la loro comu-nità di origine ed il loro amore per lʼisola e per la sua lingua, le sue tradizioni e le sue feste popo-lari a fare di Ischia la “sister city”

della splendida città degli angeli. Un momento storico memorabi-le, segno tangibile di un sempre

maggiore riconoscimento delle potenzialità di questʼisola, ancora non del tutto espresse ed in atte-sa di essere quanto prima valida-mente supportate.

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La Rassegna dʼIschia 6/2006 35

Da oltre otto anni Alida Miño non solo fa parte reale della società ischitana ma, grazie alla sua creativa attività artistica e pedagogica tanto discreta quanto costante, è diventata uno dei punti di riferimento più si-gnificativi nel panorama artistico di Ischia. Sudamericana di origine, precisa-mente cilena di nascita, si è trovata a Ischia come moglie di Mauro Matte-ra di Ischia Ponte. Si sono conosciuti negli Stati Uniti dʼAmerica, si sono innamorati, sposati, stabiliti a Ischia. Il loro figlio Felipe che frequenta la scuola media è il simbolo vivente del-la loro felice unione, il collante che unisce due destini diversi in una com-posizione nuova chiamata vita. I matrimoni misti sono sempre complicati e spesso difficili, ma al-trettanto ricchi di componenti vitali nuove, pieni di inaspettati stimoli, aperti alla diversità e tolleranza, sup-portati dalla bellezza più profonda e dalla determinazione di rendersi reci-procamente felici. Alicia da ragazza aveva vissuto nella capitale cilena, lontano dalle di-stese marine, nel contesto di una me-tropoli. Le sue doti naturali lʼhanno portata a studiare prima pittura e dise-gno nel liceo artistico poi alla laurea in disegno grafico e comunicazione visuale allʼUniversità di Santiago del Cile. Della sua vita studentesca Alicia ama ricordare gli ottimi docenti che «non imponevano niente ma stimola-vano alla continua ricerca e a trovare le soluzioni personali in ogni campo artistico». Alicia non si ferma al di-ploma di laurea ma continua lo studio per conto proprio, lavorando e speri-mentando in ogni direzione. Prende confidenza con la fotomeccanica e

fotocomposizione nellʼeditoria, pro-getta e realizza i disegni murali e gio-chi didattici per bambini, esegue af-freschi, si confronta con ogni tipo di richiesta artistica e tecnica. Realizza piante e mappe, un logo per la Scuola Tecnica Las Nieves, una guida delle imprese industriali cilene, e così via. La seconda fase del percorso pro-fessionale, cioè lo studio ed il lavo-ro insieme, avviene negli Stati Uniti dʼAmerica, dove Alicia fa il disegno

grafico per la pubblicità aziendale e dove si occupa seriamente di cerami-ca, progettandola (design) e produ-cendola in proprio. L̓ attività che le servirà per iniziare la vita sulla nostra isola. Approdata a Ischia, con grande serenità e formidabile spirito di adat-tamento si inserisce nella vita quoti-diana dellʼisola: perfeziona la lingua italiana, cura i rapporti di famiglia e di amicizia non solo con gli adulti ma in modo particolare con i coetanei del figlio, infine intraprende una serie di iniziative di lavoro artistico. Nello studio dʼarte MATES che funziona per ben sette anni offriva ed eseguiva le più svariate creazioni. Il laborato-rio di ceramica contemplava un am-pio assortimento di prodotti artistici - da un modesto coccio-ricordo di poco prezzo fino a sofisticati ricercatissimi lavori su ordinazione: ritratti di per-

Alicia Miño G. Matteracosmopolita protagonista delle arti visive

Arte

Mostra di Alicia Miño G. Mattera

di Alina Adamczyk Aiello

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sone e luoghi, scene di vita di sapore storico-nostalgico, paesaggi, sculture. L̓ instancabile artista organizzava i corsi di ceramica, di disegno, di pittura per gli adulti, per i ragazzi e per i bambini. Nel 2001 esegui il Palio di SantʼAnna che fu vinto dai rappresentanti di Procida, e in quellʼoccasione il nome di Alicia cominciava a diventare familiare non solo nel Borgo di Celsa. Nel 2002 Alicia contribuì ad eseguire il pannello commemorativo della venuta del Papa Giovanni Paolo II ad Ischia. Nel frattempo colla-borava da esterna con le attività didattico-artistiche con alunni della Scuola Elementare “Onofrio Buonocore” di Ischia e con il Centro di Salute Mentale della locale ASL. Nel 2006, chiuso il negozio “MATES studio dʼar-te”, Alicia si dedicò al teatro ed alla pittura per la sua mostra personale. Per il teatro estivo eseguì installazioni artistiche in occasione degli spettacoli commemorativi dedicati a Mozart. Per la sua prima mostra personale

Senza Tempo Con questa serie di lavori, Alicia Miño proietta la sua arte oltre le categorie del figurativo e del-lʼastratto, giacché quelle che, a una prima osserva-zione, si pongono come vedute, si rivelano, invece, a unʼanalisi più attenta, come vere e proprie visioni. Sono scorci inusuali di un monumento, il Castello Aragonese, che da sempre affascina lʼartista e alla cui bellezza, per lo stesso isolano, è del tutto impos-sibile assuefarsi. Ma la scelta di collocare lo sguar-do allʼinterno del maniero non è casuale, è semmai il primo segno di un progetto più ambizioso: lavo-rare allʼinterno dellʼoggetto per riportare la verità in superficie. Sorprende in queste tele la cura meticolosa del dettaglio, che tuttavia non è il fine, né lʼoccasione per lʼesercizio di compiaciuti virtuosismi tecnici, è piuttosto lo strumento grazie al quale lʼimmagine si cristallizza e lʼattimo si dilata allʼinfinito, fino al perseguimento di una quieta assenza di tempo. Complice un cielo terso, di un azzurro intenso che, nel rifiuto di relegarsi a fondale, come vorrebbero le convenzioni prospettiche, si ostende immobile e puro, ritaglia il profilo degli scorci in primo piano, ne contraddice le profondità e riconduce le sagome campite alla natura bidimensionale della tela: un artificio raffinato per dare forma visibile al silen-zio.

Salvatore Ronga

di pittura preparò dodici tele monotematiche di medie dimensioni. Il titolo “Senza tempo” si riferiva alle mura del nostro monumento storico più imponente ed emble-matico - il Castello Aragonese. La pittrice si servi della sua ottima preparazione tecnica per dare corpo al rea-lismo fotografico assolutamente spudorato per i capric-ciosi e sofisticati odierni gusti pittorici viziati ormai da vari “-ismi” non sempre di nobile provenienza. Eppure la sfida funzionò talmente bene che lʼautrice dei quadri non nasconde la soddisfazione:«È andata più che bene. I miei dipinti sono piaciuti ed ora si trovano nelle case degli isolani. La provvisorietà del luogo dove erano esposti - un bellʼandrone di un vecchio palazzo del centro storico - non impedì a tanta gente di prendere visione del mio lavoro. L̓ anno prossimo vorrei ripetere lʼesperienza ma il mio desiderio sarebbe quello di trovare il luogo più adeguato. Speriamo bene». Alla mia domanda conclusiva: Che cosa dipingerai prossimamente? Alicia risponde: «Questo non lo so an-cora. Mi incuriosisce, mi intriga molto la pittura con-cettuale. È un pianeta inesplorato del mondo invisibile... vedremo in che modo lo si può interpretare».

*

Alicia Miño - Il Castello Aragonese

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Rassegna MOSTRE

Campi Flegrei mito storia realtà Inaugurata il 27 ottobre 2006, nelle sale del Carcere alto di Castel San-tʼElmo, la mostra iconografica dedicata al Campi Flegrei resterà aperta sino al 30 gennaio 2007: esposte circa cento opere, provenienti da musei italiani ed europei e da collezioni private. Dipinti, acquerelli, disegni, gouaches e preziosi esemplari cartografici, dal XVI al XIX secolo. L̓ esposizione, attraverso le importanti e significative opere di Jacques Volare, Joseph Fernet, Michael Wutky, Philipp Hackert e di tanti altri ar-tisti italiani e stranieri, propone la lettura del magico itinerario dei Campi Flegrei, della fortuna del suo territorio e dellʼintera area archeologica da Cuma a Pozzuoli, da Baia a Bacoli. Un percorso sulle orme di Ulisse e di Enea, alla ricerca della Sibilla cumana e di quello che è chiamato “ingresso agli inferi”. Per gli artisti e i viaggiatori, Napoli era una tappa obbligata del Grand Tour e la costa flegrea aveva tutto il fascino del mito e della leggenda classica. NellʼOttocento, i valori paesaggistici erano esaltati dalle opere dei maggiori esponenti della Scuola di Posillipo, da Pitloo a Gigante, da Vianelli a Fergola. Completa la rassegna una selezione di immagi-ni fotografiche dellʼartista Mimmo Jodice, che ha più volte frequentato lʼitinerario classico dei Campi Flegrei. L̓ esposizione è organizzata dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Napoletano. Il progetto rientra nel più vasto Piano Integrato Campi Flegrei finanziato dalla Regione Campania per gli anni 2006-2008. Nel 2008, quale seconda tappa della mostra, sarà aperta al pubblico, nella restaurata Casina vanvitelliana del Fusaro, una nuova sezione, con arredi dʼepoca e una rassegna di stampe e disegni dedicata alla Riserva reale di caccia.

L̓ omaggio di Firenze a

Luchino Visconti

Frutto della collaborazione tra la Fondazione “La Colombaia di Lu-chino Visconti” di Forio, lʼAssocia-zione Culturale “Ischia Prospettiva Arte” e La Galleria del Palazzo Co-veri di Firenze, si svolge a Firenze una grande esposizione che si collo-ca tra i maggiori eventi dellʼanno, in onore dellʼindimenticato regista di “Senso” e “Il Gattopardo”, in occa-sione del centenario della sua nasci-ta. Un connubio tra arti, documenti, testimonianze. Dopo la manifestazione a Palazzo Vecchio-Parte Guelfa (8 – 16 no-vembre 2006), lʼevento si è spostato nella Galleria del Palazzo Coveri, dove si protrarrà sino al 30 dicembre 2006: esso intende gettare una luce sulle diverse espressioni del lavoro di Luchino Visconti, in un percorso scandito da opere di arte figurativa realizzate da noti artisti contempo-ranei e una collezione di oggetti e cimeli che caratterizzarono la vita e lʼopera del grande maestro, quali locandine e manifesti dellʼepoca, elementi di scenografia, costumi originali, fotografie di ogni genere, pubblicazioni di e su Visconti, film in DVD e documentari sul Maestro.

Le istallazioni di arte figurativa - in tutto 35/40 – sono opera di artisti del calibro di Moreno Bondi, Atti-lio Sommella e Marco Abbamondi, Ciro Palumbo, Giuseppe Ciccia, En-rico Bacci, Angelo Liberati, Simona Bocchi ed Adriano Buldrini, ciascu-

no dei quali sʼimpone allʼattenzione per il contenuto del tema, per la va-rietà dellʼinterpretazione, per le tec-niche utilizzate. Catalogo edito da Ischia Prospet-tiva Arte.

Rimini, 17 dicembre 2006 – 18 febbraio 2007

Michelangelo Pistoletto presenta Amare

pita cioè in funzione dello spazio in cui sarà installata per alcuni mesi: lʼarenile, luogo allo stesso tempo suggestivo e cruciale per la vita cul-turale ed economica della città.In prossimità della battigia sarà col-locata una grande lastra specchian-te, lunga circa venti metri ed alta circa quattro, rivolta verso la città,

Il progetto culturale Rimini, il mare dʼinverno, ospiterà questʼanno il lavoro di Michelangelo Pistoletto, una tra le personalità artistiche più interessanti del panorama interna-

zionale. Una mostra curata da Bruno Corà e coordinata da Giovanni Tibo-ni, direttore della Galleria Fabjbasa-glia. M. Pistoletto presenterà Amare, unʼinstallazione site-specific, conce-

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La Rassegna dʼIschia www.larassegnadischia.it

nel panorama della danza contem-poranea di avanguardia europea, sottolineeranno il dispositivo fe-nomenologico della grande opera “specchiante” di Pistoletto con un programma specifico di azioni dal vivo, realizzate di fronte allʼopera stessa.Per la circostanza sarà edito un libro contenente le immagini dellʼinstal-lazione a Rimini e i testi critici re-lativi.

ovvero verso lʼumanità che in essa potrà specchiarsi, riflettersi, misu-rarsi, trovarsi. Avrà così origine una situazione enigmatica e mimetica di interscambio in cui lo spettatore si troverà ad abitare non la città, ma la sua immagine riflessa che si staglia contro lo sfondo di un mare il cui continuo divenire è ripercorso dal-lʼintervento lineare e sintetico che incide la superficie metallica; quella linea sinuosa che percorre, delimi-

ta e intercetta lʼimmagine virtuale, mentre solo le lettere componenti la parola amare riescono emblematica-mente a segnare con estrema forza il confine tra la vita reale e la vita riflessa. Citando lʼartista, «Lo specchio è il modo per riconoscere la propria identità, per riconoscere se stessi».Oltre a Michelangelo Pistoletto, è presente anche Virgilio Sieni, le cui coreografie, tra le più interessanti

Nellʼambito della programmazio-ne artistica del Centro Arte Moderna e Contemporanea e a conclusione delle attività espositive del 2006, dal 15 dicembre 2006 al 22 gennaio 2007, si svolge la Biennale Arti Vi-sive della Spezia, Premio del Golfo 2006 Generazioni Rigenerazioni - Arte nellʼetà dei conflitti ininterrotti. Per rinnovare la formula dellʼormai storica rassegna, lʼiniziativa, a cura del direttore artistico del CAMeC Bruno Corà, si sviluppa su due fron-ti: quello espositivo, rivolto agli ar-tisti contemporanei delle ultime ge-nerazioni, e quello della riflessione critica sia sulle personalità artistiche emergenti che sul futuro assetto del-la rassegna, onde renderla più effica-cemente ricettiva alle nuove istanze artistiche e del pubblico fruitore, tan-to a livello locale quanto a più vasto raggio nazionale e internazionale. Per rendere possibile questo ulte-riore nuovo sviluppo della Biennale si è preparata una mostra-convegno

che alla sua apertura prevede due giornate di dibattito e riflessione, il 15 e il 16 dicembre, con il contribu-to di diversi soggetti e a vario tito-lo convocati: dagli artisti espositori chiamati a esprimere le problema-tiche inerenti i propri percorsi arti-stici, in relazione al contesto in cui operano, agli studiosi e critici dʼarte invitati a partecipare alla rassegna con specifiche segnalazioni degli artisti e delle opere, agli ammini-stratori pubblici e a quanti a vario titolo, collezionisti e amatori dʼarte, compete unʼazione di promozione o un ruolo di sostegno dellʼimportante evento spezzino. Il tema dellʼappuntamento del pre-sente anno è Generazioni - rigenera-zioni - arte nellʼetà dei conflitti inin-terrotti, volendo con esso favorire un dibattito sulla condizione artisti-ca relativa alle generazioni emerse e pronunciatesi a livello nazionale tra la fine degli anni Ottanta e lʼinizio del Duemila. Tale argomento infat-

ti offre lʼopportunità di mettere in risalto lʼopera di artisti cresciuti in una situazione storico-culturale, per lo più contemporanea e successiva al frangente del 1989, che segna la fine dei blocchi contrapposti nella “guerra fredda” e lʼinizio di una stri-sciante e spesso esplicita conflittuali-tà la quale, dagli anni Novanta, con drammatiche guerre e distruzioni e lʼaffermarsi del globalismo, non ha propriamente conosciuto soste sino ad oggi. L̓ iniziativa si pone nel panorama artistico nazionale come un punto ineludibile della creazione artistica più recente, al di fuori di univoci in-teressi esterni che non siano rivolti alla sola e unica preoccupazione di cogliere la condizione e i contesti in cui oggi operano le nuove genera-zioni artistiche italiane. In tal modo, favorendo unʼosservazione e una riflessione sullʼarte contemporanea presente nel Paese, si intende altresì iniziare a individuare nuovi strumen-ti che ne consentano il libero svilup-po e la crescita sul piano europeo e internazionale. www.comune.sp.it/citta/camec/camec.html

La Spezia 15 dicembre 2006 – 22 gennaio 2007

Biennale Europea Arti Visive

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Fonti archivistiche per la storia dellʼisola dʼIschia (VI)A cura di Agostino Di Lustro

Colligite fragmenta, ne pereant

Le Capitolazioni delle Confratenite dellʼUniversità di Barano conservate nellʼArchivio di Stato di Napoli (II)

4) Confraternita Santa Maria del Carmine di Barano

La chiesa di Santa Maria del Carmine di Barano sorge nellʼattuale Via Umberto I. La confraternita fu fondata nella seconda metà del secolo XVII (intorno al 1684 ). La chiesa subì dei danni per il terremoto del 1883 e quindi fu restau-rata. Spesso in questa chiesa si sono svolte le riunioni del Parlamento dellʼUniversità di Barano e, in seguito, quelle del Decurionato. Oggi la confraternita non esiste più, e la chiesa è officiata solo in alcuni giorni della settimana dal parroco al quale è affidata. NellʼArchivio del Cappellano Maggiore si conser-vano solo le Capitolazioni del 1784 (*).

Archivio di Stato di Napoli, Archivio del Cappellano MaggioreStatuti e Congregazioni

B 1208/ 93f. 1 r.1784 Sua Regia Maestà Congregazione del Carmine di Barano isola dʼIschia 19 agostoSignore L̓ Attuali Superiore, Officiali, e Fratelli della Congrega-zione eretta sotto il titolo della Gloriosa Vergine del Carmine nella di lei chiesa nel Casale di Barano dellʼIsola dʼIschia, con suppliche rappresentano alla Maestà Vostra, come es-sendo stata detta circa un secolo addietro eretta la detta Congregazione per vantaggio Spirituale de Fratelli ascritti. E volendo ora far uso della Sovrana determinazione conte-nuta nel Real Dispaccio de 29 giugno 1776, Perciò ricorrono a ̓piedi della Maestà Vostra, e la supplicano interponere il vostro Regio Assenzo e beneplacito, per lʼesistenza di detta Congregazione, sopra le Regole della medesima, che a ̓pie-di gli umiliano, e lʼaveranno a grazia, ut Deus.+Segno di croce di Giovanni Mattera Priore

Io Vincenzo di Meglio sottopriore+ segno di croce di Gennaro di Costanzo secondo assistente Jo Francesco Mele DepositarioCrescenzo Taliercio Fratello supplico come sopraCasimiro di Meglio Fratello supplico come sopraGiovanni di Meglio Fratello supplico come sopraGiorgio Balestrieri Fratello supplica come sopraf. 1 v.Giuseppe Scotti Fratello supplico come sopraDomenico Agnese Fratello supplico come sopraVito Nicola Buono Fratello supplico come sopraGennaro Mattera Fratello supplico come sopraGiovan Pietro Agnese Fratello supplico come sopraPascale di Costanzo Fratello supplico come sopraAntonio di Meglio Fratello supplico come sopraAgostino di Meglio Fratello supplico come sopraAntonino Napoleone Fratello supplico come sopra+ segno di croce di Andrea di Costanzo fratello+ segno di croce di Aniello di Massa fratello+ segno di croce di Arcangelo Mazzella fratello+ segno di croce di Agostino Buono fratello+ segno di croce di Aniello di Meglio fratello+ segno di croce di Andrea Balestriero fratello+ segno di croce di Antuono Lombardi fratello+ segno di croce di Angelo Napoleone fratello+ segno di croce di Agostino di Majo fratello+ segno di croce di Antonio Conte fratello+ segno di croce di Alessandro Migliaccio fratello+ segno di croce di Antonio Cenatiempo fratello+ segno di croce di Antonio Buono fratello+ segno di croce di Antuono Schiano fratello+ segno di croce di Alesio di Costanzo fratello+ segno di croce di Antonio Baldino fratello+ segno di croce di Aniello Mattera fratelllo + segno di croce di Berardino Jovene fratello+ segno di croce di Bartolomeo Balestriero fratello+ segno di croce di Bartolomeo Galano fratello+ segno di croce di Biase Cenatiempo fratello+ segno di croce di Crescenzo Buono fratello+ segno di croce di Crescenzo di Meglio fratello+ segno di croce di Cristofaro Mattera fratello+ segno di croce di Crescenzo di Meglio di Catanzaro + segno di croce di Crescenzo Migliaccio fratello+ segno di croce di Crescenzo di Meglio di Mitto fratello+ segno di croce di Gasparo Lombardi fratello+ segno di croce di Crescenzo Gaudioso fratello

*) G.G. Cervera- A. Di Lustro, Barano dʼIschia, Merlito 1988, p. 16.G. Castagna- A. Di Lustro, La diocesi dʼIschia e le sue chiese, Fo-rio 2000, p. 10.AA. VV. Ischia svelata, Forio 1995, p. 14.G. dʼAscia, Storia dellʼIsola dʼIschia, Napoli 1867, p. 467.A. Della Ragione, Ischia Sacra, Napoli 2005, pp. 98-99.

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40 La Rassegna dʼIschia 6/2006

+ segno di croce di Camillo Baldino fratello+ segno di croce di Crescenzo di Meglio di Pantasca fratello+ segno di croce di Domenico Antonio Boccanfuso fratello+ segno di croce di Domenico Mazzella fratello+ segno di croce di Francesco Antonio Conti fratello+ segno di croce di Filippo Conti fratello+ segno di croce di Francesco di Costanzo fratello+ segno di croce di Filippo Buono fratello+ segno di croce di Francesco Galano fratello+ segno di croce di Francesco Lombardi fratello+ segno di croce di Francesco di Meglio fratello+ segno di croce di Francesco Buono fratello+ segno di croce di Giuseppe Agnese fratello+ segno di croce di Giovanni Buono fratello+ segno di croce di Gennaro Taliercio fratello+ segno di croce di Gennaro Buono fratello+ segno di croce di Giacinto Conte fratello+ segno di croce di Giovan Giacomo di Meglio fratello+ segno di croce di Giuseppe Schiano fratello+ segno di croce di Giuseppe Buono fratello+ segno di croce di Girolamo Balestriero fratello+ segno di croce di Giorgio Buono fratello+ segno di croce di Gaetano di Meglio fratello+ segno di croce di Giovan Berardino di Costanzo fratello+ segno di croce di Giorgio Galano fratello+ segno di croce di Giuseppe Mattera fratello+ segno di croce di Giovanni Buono fratello+ segno di croce di Gioacchino Buono fratello+ segno di croce di Gaetano Buono fratello+ segno di croce di Giuseppe Conte fratello+ segno di croce di Giuseppe Buono di Sebastiano fratello+ segno di croce di Giuseppe Cenatiempo fratello+ segno di croce di Marco di Massa fratello+ segno di croce di Mattia Buono fratello+ segno di croce di Mattia Balestriero fratello + segno di croce di Mattia di Costanzo fratello+ segno di croce di Mattia Taliercio fratello+ segno di croce di Michele Buono fratello+ segno di croce di Nicola Conti fratello+ segno di croce di Nicola Balestriero fratello+ segno di croce di Innocenzo Cenatiempo fratello+ segno di croce di Nicola Buono fratello+ segno di croce di Natale Buono fratello+ segno di croce di Onofrio Buono fratello+ segno di croce di Pancrazio Schiano fratello+ segno di croce di Pietro di Ivorio fratello+ segno di croce di Pascale di Meglio di Tommiciello fratello+ segno di croce di Pascale di Meglio quondam Andrea frat.+ segno di croce di Pascale Balestriero fratello+ segno di croce di Pompeo di Masso fratello+ segno di croce di Romualdo Agnese fratello+ segno di croce di Saverio Buono fratello+ segno di croce di Suprizio Balestriero fratello+ segno di croce di Sebastiano di Meglio fratello+ segno di croce di Tomaso Baldino fratello+ segno di croce di Teodoro di Costanzo fratello+ segno di croce di Vincenzo Baldino fratello+ segno di croce di Vincenzo Balestriero fratello + segno di croce di Vincenzo Cenatiempo fratello

Li soprascritti fratelli supplicanti sono al numero di cen-to, e sette, sedici di essi firmati di propria mano, e li rima-nenti novantuno croce signati, e che sia la maggior parte de Fratelli che compongono la Congregazione, ne fo fede jo sottoscritto Notaro, ed in fede jo Notar Vincenzo Buono di Barano dʼIschia ricevuto signato. Buono. Reverendus Regius Capellanus Major videat, et in scrip-tis referat Patritius Avena Targiani Provisum per Regalem Cameram Sanctae Clarae Neapoli 25 junii 1784Illustris Marchio CitusEt ceteri Spectabiles

f. 2 r. Regole della Congregazione di Santa Maria del Car-mine del casale di Barano dellʼIsola dʼIschia I- Che ogni Fratello, che vorrà ascriversi, in questa Con-gregazione debba pagare due carlini, grana due per lʼentra-tura, e poi continuare il pagamento di grana tre ogni mese e mancando da detto pagamento per lo spazio di Mesj quattro continui non parteciperà de ̓beneficii contenuti ne ̓capitoli seguenti, sino a tanto che non avrà pagato lʼattrasso per tutto il tempo della sua contumacia dovendo il Fratello portarsi di persona alla Banca di detta congregazione per soddisfare detto attrasso, quale non debba riceversi in caso che il Fratel-lo fosse infermo, qualora non si porta di persona a soddisfar-lo in Congregazione e ricevendosi il Priore, e Cassiere siano tenuti rimborsare de proprio tutto il denaro, che verrebbe a patire la Congregazione in caso di morte. II- Ascritto che sarà il Fratello, non goderà de ̓ Benefi-cij, che si contengono, ne ̓seguenti Capitoli se non dopo sei mesi; che averà fatto il Noviziato, gli Mesi elassi, e soddi-sfattone il pagamento di grana tre al mese sia tenuta la Con-gregazione darli tutto. III- Cascando ammalato alcun Fratello, debba la Congre-gazione darli carlini due dopo, che avrà sofferto giorni otto di continua febre locchè farà costare, con esibire la fede del medico, che lʼavràf. 2 v.curato. E venendo a morte il detto aggregato, dopo ricevuti li Santissimi Sacramenti, conoscendosi dal medico la neces-sità dellʼassistenza al ben morire debba il Priore mandarci uno de ̓Cappellani di detta Fratellanza, o altro sacerdote, a piacere del moribondo, o de suoi Parenti con doversi pagare a detto Prete assistente una decente mercede pel suo incomo-do seguita sarà la morte di detto Fratello, o Sorella. IV- Nella morte di ogni Fratello deve la Congregazione darli ducati cinque ed una libra di cera, dalli quali se ne deb-ba pagare carlini sette al Parroco per la benedizione ed as-sociazione del cadavere in quella chiesa, dove si è lasciato di seppellirsi, e li restanti ducati quattro e carlini tre potrà disponerne a suo piacere, per farne celebrare Messe, ed ese-quie. Ma se in caso il Fratello morisse ab intestato, allʼora il Priore della Congregazione li deve far celebrare dette Mes-se, fra lo spazio di giorni tre, con esibire la fede di tal cele-brazione alla banca di detta Congregazione. V- Sia inoltre tenuta la Congregazione in ogni anno far ce-lebrare la Festività della Gloriosa Vergine Maria del Carmi-ne la Domenica infra lʼottava per li Benefattori, con doversi

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fare una novena, cantarsi li primi, e secondi Vesperi, Messa cantata sollenne con chiamarsi un organista, Preti per assi-stere alla sacra funzione della detta Novena, Chierici, cere, ed altro bisognevole per detta solennità, e darli per pagaf. 3 r.delle loro fatiche una conveniente mercede. VI- Passando a miglior vita il Cappellano dovrà il Priore convocare tutti li Fratelli per eligere il successore proponen-done più soggetti del Casale di Barano, li quali siano confes-sori approvati dal Vescovo, idonei, dotti, e li più esemplari, e colui, che avrà la maggioranza de ̓voti segreti de ̓Fratel-li, resterà eletto Cappellano, o sia Padre Spirituale, il quale debba essere ad nutum amovibile, senza ingerirsi affatto in cioche riguarda la nuda e semplice spiritualità della mede-sima, e per suo stipendio se li debba pagare ducati diciotto lʼanno, oltre di carlini cinque nel primo dellʼanno, ed altri carlini cinque nel giorno che si sollenniza la Festività di Ma-ria Santissima. VII- Acciò li Fratelli in tutte le Domeniche, e giorni festivi abbiano maggior comodo di confessarsi, si eleggerà un altro confessore estraordinario, e per paga delle sue fatiche se li debano dare ducati cinque lʼanno. VIII- In tutte le Domeniche e giorni festivi, eccetti quel-li ne ̓quali gli è permesso il lavorare debba convocarsi la congregazione per esercitarsi dei Fratelli i soliti atti di pietà, e per invigilare le mastri di Novizi acciò istruiscono bene quelli che vogliono riceversi per Fratelli. IX- Nella Domenica antecedente al giorno dedicato a Ma-ria Santissima del Carmine, ne ̓16 luglio debbano preceden-te chiamataf. 3 v.congregarsi li Fratelli godenti della Congregazione esclusi li contumaci, per lʼElezione delli Officiali, la quale si farà nel seguente modo. Radunati li Fratelli si metteranno in un urna li nomi di tutti coloro che interverranno allʼElezione indi da detta urna si estrarranno a parte tre dʼessi, e costoro avran-no il dritto di nominare ciascuno tre soggetti, per successori Amministratori, cioè il Priore, Primo, e Secondo Assistente non debitore di detto Monte ne contumace come sopra si è detto. Quindi poi si passerà la Bussola a turno per voti se-greti de ̓Fratelli congregati e colui, che averà maggioranza de ̓voti resterà eletto Priore; di poi si passerà allʼElezione del primo Assistente, e si farà lo stesso, e così del secondo Assistente qual maggioranza di voti sʼintende composta di uno dappiù della mettà di quelli Fratelli godenti Congregati, dovendo però il segretario distribuire a ciascheduno Fratello due segni uno denotante voto inclusivo lʼaltro esclusivo, e riuscendovi parità di voti per ciascuno di detti tre di Banca si deciderà dalla sorte; che li sudetti Officiali debbano durare uno solo anno, e non più, e sortita sarà detta nuova elezione si canterà il Te Deum dandoseli dai Fratelli il possesso. Indi dal novello Priore,f. 4 r.ed Assistente si procederà allʼelezione degli Ufficiali minori, cioè del Sagrestano, Portinaio, Infermieri, Mastri di Novizi, e di tabella, E con la stessa maggioranza de ̓voti e bussola si eligeranno un Tesoriere, e due Razionali per la visura de ̓conti de ̓passati Amministratori a tenore del Concordato. X- L̓ Officio del Cassiere sarà di introitare tutte le rendite

della Congregazione mesate ed altro, e notarle in un libro, come anche dovrà notare in un altro libro li esiti, che farà precedenti i mandati sottoscritti dal Priore ed Assistenti, sen-za de ̓quali mandati non possa egli far esito alcuno, E doven-dosi far pagamento straordinario, che oltrepassa la summa di carlini venti, debba il Priore proporlo in Congregazione ed eseguirsi quello, che sarà risoluto dalla maggioranza de ̓voti de ̓Fratelli. XI- Avrà di più il peso di tenere presso di se la cassa di detta Congregazione con tre diverse chiavi, una da conser-varsi dal Priore, lʼaltra dal primo Assistente, e la terza da esso Cassiere. XII- Dovrà il Priore zelare per il vantaggio della Congre-gazione invigilare, per lʼosservanza delle presenti Regole, farsi esibire ogni quattro mesi la nota de ̓Fratelli, per vedere acciò la Congregazione vada sempre in aumento dʼannof. 4 v.in anno. XIII- Elasso che sarà lʼAnno, il Priore, ed Assistenti, e Te-soriere dovranno dare li conti a due Razionali eletti collʼin-tervento del Deputato Ecclesiastico a tenore del prescritto del Concordato. XIV- Gli Officiali di detta Congregazione non possono fare spese straordinarie a capriccio, liti, accrescimento di spese, senza il consenso della maggior parte de ̓Fratelli le-gittimamente congregati precedente chiamata. XV- Se qualche Fratello contumace da molto tempo, vorrà transigersi, possa ciò farsi dal Priore, ed Assistenti, con lʼin-tesa, e consenso della maggior parte de ̓Fratelli per bussola Segreta, con aversi riguardo allʼetà del Fratello, che trovasi ascritto a detta Congregazione. Ed avendo maturamente considerato il tenore di dette Rego-le perchè le medesime non contengono cosa che pregiudichi la Regal Giurisdizione, ed il publico, ma semplicemente son dirette al buon governo della sudetta Congregazione, che perciò precede il parere del Regio Consigliere Don Dome-nico Potenza Avvocato Fiscale del Real Patrimonio, e mio Ordinario Consultore son di voto che possa Vostra Maestà degnarsi concedere tanto su le medesime Regole, quanto si la fondazione della sudetta Congregazione, il Regio Assenso collʼespressa clausola insiste per altro alla sovranità usque ad Regis Beneplacitum con fargli f. 5 r.spedire privilegio in forma Regalis Camere Sancte Clare colle seguenti condizioni. Primo che la sudetta Congregazione non possa far acqui-sti essendo compresa nella legge dʼammortizzazione e che siccome lʼesistenza giuridica di detta Congregazione comin-cia dal di dell ̓Assenso nella fondazione dellʼimpartizione del Regio Assenso nella fondazione e nelle Regole così re-stino illese le ragioni delle parti per lʼacquisti fatti preceden-temente della medesima come corpo illecito, ed incapace, il tutto a tenore del Real Dispaccio de 29 giugno 1776. Secondo che le Processioni, ed Esposizioni del Venerabile possino farsi precedenti le debite licenze. Quarto che li Fratelli Ecclesiastici che al presente vi sono e quelli che vi sʼascriveranno in appresso non possano go-dere, né la voce attiva, né averci ingerenza, neque directe, neque indirecte.

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Quinto che nella reddizione de ̓conti di detta Congregazione sʼabbia da osservare il rescritto del Capo V paragrafo primo et seguente del Concordato. Sesto che a tenore del Real Stabilimento fatto nel 1742 quei che devono esser eletti per Amministratori, e Razionali non siano debitori della medesima e che avendo altre volte amministrate le sue rendite e beni abbiano dopo il rendimen-to de ̓ conti ottenuto la debita liberatoria, e che non siano consanguinei né affini deglʼAmministratori precedenti sino al terzo grado inclusive de jure civili, E per ultimo, che non si possa aggiungere o mancare co-sʼalcune dalle preinserte Regole senza il precedente Real Permesso Regio. E questo Napoli 19 Agosto 1784.Isidoro Arcivescovo di Tarso Domenico Potenza Giovanni Battista Adone.

5) Confraternita Santa Maria di Costantinopoli di Testaccio

La confraternita di Santa Maria di Costantinopoli di Te-staccio fu fondata nella prima metà del secolo XVII e aveva sede in una propria chiesa ubicata accanto a quella parroc-chiale di San Giorgio. Nel 1928 passò nella chiesa della Ma-donna delle Grazie, dove ancora si trova, e la sua chiesa, dopo lʼabbattimento di alcuni muri, divenne una navata late-rale della stessa chiesa parrocchiale come si vede attualmen-te. Di questa confraternita mi sono occupato in un numero speciale de La Rassegna dʼIschia pubblicato nel 1994 (anno XV n. 2, aprile 1994) per ricordare il secondo centenario dellʼIncoronazione della Madonna di Costantinopoli vene-rata nella chiesa dellʼArciconfraternita omonima dʼIschia. In tale occasione pubblicai anche le Capitolazioni del 23 agosto 1785 della confraternita di Testaccio che si conservano nel-lʼArchivio del Cappellano Maggiore dellʼArchivio di Stato di Napoli. Pertanto rimando a quel numero de La Rassegna dʼIschia (*).

6) Confraternita del Santissimo Sacramento di Testaccio

Della confraternita del Santissimo Sacramento eretta nel-la chiesa parrocchiale di S. Giorgio di Testaccio sappiamo solo che nel Notamento degli Atti Beneficiali della Città e Diocesi dʼIschia, conservato nellʼArchivio Diocesano, al fo-glio 82, sotto lʼanno 1702 è citata una Copia Capitulorum Pii

Montis Santissimi Sacramenti intus Parochialem Ecclesiam Sancti Georgij folia scripta n. 7. Quando sia stata fondata non si sa, come non sappiamo quando sia scomparsa. Non esistono altri documenti negli archivi isolani, né in quello di Stato (**).

7) La Congregazione dei Luigini di Testaccio

Non abbiamo notizie su questa confraternita, certamente costituita da soli giovani e giovanissimi, che doveva essere esemplata su quella omonima esistente a Forio nella chiesa del Soccorso. Possiamo supporre che la sua sede fosse la chiesa parrocchiale e che sia stata organizzata da qualche padre gesuita venuto per qualche tempo a Ischia; non sap-piamo però quando ciò possa essere accaduto. Viene ricordata solo nelle Risposte agli articoli proposti da Sua Eccellenza Mons. Pasquale Ragosta nella Santa Visi-ta Pastorale 1915-1916, del parroco Luigi di Maio (***).

8) Pio Monte dellʼImmacolata di Moropane

Dagli atti delle Sante Visite dei vescovi Francesco di Nicola (1873) e di Gennaro Portanova (1886), veniamo a sapere dellʼesistenza nella chiesa parrocchiale di San Gio-vanni Battista di Moropane di un Pio Monte detto dellʼIm-macolata. Gli atti della prima visita citata aggiungono: Nella Parrocchia non esiste nessuna copia del suo statuto, che se-condo è voce dovrebbero trovarsi in Curia. Non ha alcuna rendita ma si mantiene colle sole mesate dei Fratelli e so-relle che corrispondono una cinquina al mese. I benefici del Monte sono: mezzo funerale ogni mese per i fratelli e sorelle morti = Cinque messe in agonia = Assistenza a ben morire = L̓ esequie e mezzo funerale in morte = 10 messe dopo la morte. L̓ amministratore è nominato dalla Curia; lʼattuale è il Reverendo Don Giovanni Taliercio dal quale sarà presen-tato lo stato attivo e passivo (cfr. in Archivio Diocesano di Ischia Acta Sanctae Visitationis Reverendissimi Francisci di Nicola Episcopi Isclani, ff. 185 v- 186 r). Quasi le stesse cose ripete il Canonico Taliercio nelle risposte al questio-nario della visita pastorale del vescovo Gennaro Portanova del 1886 ( cfr. nellʼArchivio Diocesano dʼIschia gli atti della visita pastorale di Portanova ai fogli 142-143). Altre notizie su questo Pio Monte non possediamo, né vi è traccia nellʼArchivio Diocesano dei documenti ai quali fan-no riferimento le risposte ai quesiti delle due Visite Pastorali citate.

Agostino Di Lustro

*) A. Di Lustro, Madonna di Costantinopoli, in “La Rassegna dʼIschia”, anno XV n. 2 aprile 1994 (numero speciale).G. Vuoso, La chiesa parrocchiale di Testaccio dʼIschia dalle origi-ni ai nostri giorni, Forio 1990.G. Castagna- A. Di Lustro, La diocesi dʼIschia e le sue chiese, Fo-rio 2000, p.8.G. dʼAscia, Storia dellʼIsola dʼIschia, Napoli 1867 pp. 479-80.A. Della Ragione, Ischia sacra, Napoli 2005 p. 88.

**) A. Di Lustro, La congrega del SS.mo Sacramento a Forio, in “Ischia oggi”, anno II n.4 aprile 1971G. Vuoso, La chiesa parrocchiale di Testaccio dʼIschia dalle origi-ni ai nostri giorni, Forio 1990 p. 91***) G. Vuoso, La chiesa parrocchiale di Testaccio dʼIschia dalle origini ai nostri giorni, Forio 1990 p. 52.

2 - Fine

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di Francesco Vallariello

Tutti sanno che i boschi e le fo-reste rappresentano i “polmoni” del pianeta, quindi vanno salvaguardati, protetti, ricostruiti laddove si sono impoveriti. Su scala molto più ridotta ma di pari importanza è il verde pubblico e privato di un centro urbano, o di unʼisola come Ischia, dove i giardi-ni, i parchi pubblici, le aiuole citta-dine, le alberature stradali danno un notevole contributo nel migliorare le condizioni di vita di tutto lʼambiente urbano. In linea generale il verde pubblico deve contribuire a rendere più vivi-bile lo spazio cittadino, a valorizza-re gli elementi architettonici che lo caratterizzano, alla purificazione ed ossigenazione dellʼaria, infine deve essere, possibilmente, un punto di contatto con la natura. Il territorio dellʼisola dʼIschia rien-tra nella zona climatica mediterra-nea, caratterizzata da inverni miti e piovosi e da estati calde e aride. La piovosità che generalmente raggiun-ge i massimi valori in novembre e i minimi in luglio si aggira intorno ai 1000 mm annui, mentre la tem-peratura di solito raggiunge i valori massimi in luglio e in agosto, con una media mensile di circa 25° C., e i minimi in gennaio con una media mensile di circa 7° C.. I suoli, data lʼorigine vulcanica dellʼisola, sono estremamente fertili. La fascia vegetazionale autocto-na presente in territori con queste caratteristiche è quella tipicamente mediterranea, che va dalle coste alle pianure e alle colline. Le essenze caratteristiche sono di tipo mesofi-lo, si inseriscono nellʼalleanza del Quercion-ilicis e sono, tra le specie

arboree: Quercus ilex L., Fraxinus ornus L., Phillyrea latifoglia L., Lau-rus nobilis L. e Pistacia terebinthus L. Tra quelle arbustive sono presenti in zone aride: Calycotome spinosa Lk., Spartium junceum L. e Cistus spp.; in zone più umide troviamo: Arbutus unedo L., Viburnum tinus L., Rhamnus alaternus L., Ruscus aculeatus L., Rosa sempervirens L. ed Erica arborea L. Tra le specie erbacee, appartenenti alla classe del Thero-Brachypodietea, prevalgono alcune rappresentanti delle seguenti famiglie: Poaceae, Asteraceae e Fa-baceae annuali. Premesso tutto questo, si può me-glio capire come la scelta delle specie da inserire nei centri urbani dellʼisola debba essere molto attenta ed equi-librata, in modo da utilizzare quelle più idonee a questo tipo di ambiente tipicamente mediterraneo, ed avere la massima valorizzazione e funzio-nalità degli spazi disponibili. La realizzazione di un parco, di un giardino o la semplice alberatura stradale, non è determinata solo dalla scelta delle piante, che è comunque soggetta a criteri estetico-paesaggi-stici ben precisi, ma soprattutto dalla loro funzionalità e dal loro inseri-mento allʼinterno dello spazio circo-stante. È di fondamentale importan-za tener conto delle caratteristiche pedoclimatiche dellʼambiente in cui le specie vanno inserite e prevedere lʼaspetto e le dimensioni delle piante al culmine dello sviluppo vegetativo, in modo da occupare tutti gli spazi razionalmente, senza però creare di-sagi ai cittadini. Inoltre bisogna tener conto di tutti i sottoservizi (fogne, acquedotti, cavi elettrici e telefonici, ecc..) che si troveranno nei pressi de-gli apparati radicali delle piante. Per quanto concerne la scelta del-

le essenze, attualmente vi sono due tendenze, la prima è orientata per lʼimpiego delle specie autoctone, la seconda per lʼutilizzo di piante esoti-che. A mio avviso, quando la scelta è possibile, sono da preferire le essen-ze nostrane, quelle autoctone. I mo-tivi sono tanti e di natura diversa, ne cito solo uno molto significativo. Le piante “esotiche” non sono dei nostri ambienti, anche se oggi molte di queste specie ne fanno parte. Esse, sempre più spesso (a volte con gran-de presunzione), vengono adoperate per “abbellire la natura dei luoghi”, creando invece degli scempi paesag-gistici, stravolgendo completamente le caratteristiche di un luogo. Inoltre non essendo dei nostri climi hanno bisogno di più cure e molto spesso soffrono degli sbalzi termici. Può accadere che alcune di queste pian-te, quando la temperatura invernale ciclicamente scende al di sotto delle medie stagionali (ogni 5-10-15 anni) muoiono e quindi bisogna ricomin-ciare da capo con grande spreco di materiale, tempo e denaro. Questi rischi non si corrono im-piegando le specie autoctone poiché sono più resistenti, spesso con ab-bondante fioritura, molto più elegan-ti nella forma e nella struttura delle chiome, infine sono quelle tipiche del nostro paesaggio mediterraneo. Tuttavia esse non vanno imposte come una scelta esclusiva. Nellʼisola dʼIschia, sono numerosi i boschi relativamente vicini ai centri urbani, essi vengono sempre più uti-lizzati per lo svago e il tempo libero, sia dai residenti che dai numerosi tu-risti, come se tali boschi fossero dei parchi pubblici. Queste aree sono di fondamentale importanza e possono essere definite aree intermedie o di

Preferibile lʼimpiego delle essenze autoctone

Il verde pubblico nellʼisola dʼIschia

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transizione tra il verde urbano, inteso come una struttura di servizio della città e il verde territoriale che assu-me la funzione di riserva naturale per lʼequilibrio dellʼintero ecosistema. Questa nuova tipologia di verde pubblico viene definita bosco-parco, ed è in grado di garantire un equili-brato passaggio tra il centro urbano e la campagna, tra ambiente fortemen-te antropizzato e ambiente naturale. Generalmente queste aree sono di proprietà pubblica, di grande esten-sione, ubicate in comprensori di notevole interesse turistico. L̓ utiliz-zazione da parte dei cittadini non è costante, ma è legata alle stagioni, comunque è notevole nel periodo primaverile/estivo. È necessario precisare che tali aree, nonostante lʼutilizzo, conservano no-tevoli valori naturalistici che vanno comunque salvaguardati con un uni-co e semplice principio: non com-promettere il sistema con interventi che potrebbero rompere lʼequilibrio biologico. Nel lungo ed inesauribile processo di trasformazione del pae-saggio naturale, lʼuomo per secoli ha saccheggiato a piene mani lʼambien-te nel nome dellʼutilitarismo, provo-cando alterazioni e depauperamento, e molto spesso arrecando danni irre-parabili ad interi ecosistemi. Negli ultimi decenni, acquisita ul-teriormente la consapevolezza che le riserve naturali non sono inesauribili e che il paesaggio naturale fa parte della storia dellʼuomo e quindi va salvaguardato e protetto, si incomin-cia a cercare di porre rimedio agli scempi fatti in passato, a tentare di risanare alcune zone che hanno su-bito profonde alterazioni in seguito allʼintervento dellʼuomo. Il recupero e il risanamento di tali zone nellʼisola dʼIschia deve essere orientato maggiormente a ripristi-nare la stabilità idrogeologica per contenere quanto più possibile frane, allagamenti, incendi ed altri disastri. Il ripristino della vegetazione e la sistemazione idrologica sono alcuni degli interventi necessari per restitui-

Esemplare di Platanus orientalis L. (albero storico di Porto dʼIschia). L̓ intervento di potatura è stato effettuato per contenere e riequilibrare la chioma. Le ferite, provocate dal taglio dei grossi rami, non sono state né disinfettate né tanto meno impermeabilizzate; così si favoriscono lʼattacco e lʼinsediamento di varie patologie vegetali.

In alto - Parte basale dello stesso esemplare di Platanus orientalis L. - L̓ albero non solo è im-merso nellʼasfalto, ma presenta lungo la circon-ferenza basale vari traumi meccanici che hanno favorito lʼattacco di carie del legno e funghi patogeni. A sinistra - Particolare della chioma dello stesso esemplare. È evidente una grossa cavità provo-cata da una vecchia ferita non curata.

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re alle are compromesse la confor-mazione originaria e il loro equili-brio naturale. È abbastanza diffusa lʼidea che il verde in generale, presente allʼinter-no delle zone urbane, non abbia bi-sogno di cure e attenzioni particolari, poiché le piante vivono o riescono a sopravvivere da sole. Quindi ogni anno ci aspettiamo che in primave-ra esse tornino ad allietare la nostra vista, il nostro olfatto con i loro fio-ri, a darci ombra durante le assolate giornate estive, a trattenere la polve-re, ad ossigenare lʼaria che respiria-mo. Sono tutte cose normali, naturali come il sorgere e tramontare del sole. Poi un giorno allʼimprovviso, ci ac-corgiamo che anche le piante si am-malano e muoiono se non vengono seguite e curate a dovere con irriga-zioni, potature, opere di chirurgia ar-borea, trattamenti fitosanitari ecc… Chiaramente ogni essere vivente nasce, cresce, si riproduce e muore. Quindi la morte fa parte del ciclo naturale dei viventi e non bisogna né rammaricarsi e né allarmarsi inu-tilmente quando ciò si manifesta in modo naturale alla fine di un ciclo. Spesso però, passeggiando per le strade, si incontrano alberi abban-donati a loro stessi, maltrattati da atti vandalici o da alcuni interventi che il più delle volte ne anticipano la morte. Le drastiche potature, le grosse ferite provocate da tagli che poi non vengono disinfettati né im-permeabilizzati con mastici cicatriz-zanti, con la parte basale dei tronchi affogata nel cemento o nellʼasfalto di pavimentazioni stradali, con enormi chiodi, ganci, cartelli stradali, mani-festi pubblicitari sui tronchi. A tutto questo vanno aggiunti gli atti van-dalici, le ferite accidentali provocate da auto, camion, pullman, ecc... che

favoriscono lʼinsorgenza di varie pa-tologie come: carie del legno, rogna, cancro, batteriosi, nonché lʼattacco di insetti xilofagi, di conseguenza tutto ciò causerà la morte prematura di molte piante. È vero che le potature sono ne-cessarie, sia per contenere le chio-me che per dare una certa forma ed equilibrio agli alberi, ma è altrettanto vero che vanno evitati i grossi tagli, che causano gravi ferite e mutilazio-ni alle piante. Se sono proprio neces-sari, inevitabili, essi vanno eseguiti correttamente e successivamente trattati con prodotti fungistatici e impermeabilizzati con mastici cica-trizzanti. Tali prodotti sono parago-nabili a una corteccia artificiale che una volta applicata protegge e isola i tagli, favorendo la cicatrizzazione delle ferite. Quando invece le ferite provocate dalla potatura di grossi rami non vengono trattate nel modo corretto, i tessuti superficiali muoio-no, lʼacqua delle piogge incomincia a far marcire i primi strati di legno, in seguito si creano delle cavità (una specie di acquasantiere) che diven-tano sempre più grandi e profonde, creando le condizioni ideali per lʼat-tacco di varie patologie vegetali, non solo, ma viene compromessa anche la stabilità della struttura della chio-ma o dellʼintero albero. La stessa cosa riguarda la caduta dei rami dopo un violento temporale. Molto spesso ci si limita a rimuovere i rami caduti, poiché essi costituiscono degli osta-coli, intralciano il passaggio dei pe-doni o la circolazione dei veicoli. A volte non si alza neanche la testa per controllare cosa è successo al resto dellʼalbero, lʼimportante è rimuovere in tutta fretta i materiali caduti. Sa-rebbe opportuno invece, controllare la chioma ed intervenire, tagliando

1) Esemplare di Tamarix gallica L., con grossa ferita non curata che ha provocato la morte parziale del legno del tronco e successivo svuotamento dello stesso.2) Porzione di un tronco con una vecchia ferita da taglio perfettamente cicatrizzata con lʼimpie-go delle normali tecniche dendrochirurgiche.3) Parte basale del tronco di un Platanus orientalis L. Si vede una ferita curata correttamente utilizzando la tecnica di chirurgia arborea. Si può notare la produzione di abbondante callo di cicatrizzazione.

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nel modo corretto i monconi delle branche spezzate, quindi disinfettare e impermeabilizzare i tagli. Nei piccoli centri, il tecnico comu-nale, oltre ad occuparsi di fogne, ri-fiuti, illuminazione stradale e chissà quante altre mansioni, si trova anche a dover far fronte alla “rogna” del verde pubblico, barcamenandosi nel migliore dei modi possibili. Quindi il vero problema è che in nessun comune dellʼisola esiste un ufficio con dei tecnici preposti al verde pubblico. I gravi inconvenien-ti, paragonabili ad un vero disastro ambientale, verificatosi negli ulti-mi anni in alcuni comuni dellʼisola, scaturiscono essenzialmente da una legislazione poco chiara in materia, che ha creato una serie di equivo-ci sulle competenze territoriali, tra Regione, Provincia e Comuni, e da altre carenze dei comuni isolani che fondamentalmente si possono riassu-mere in tre punti diversi: a - mancanza di tecnici e di operai specializzati nel settore; b - errori commessi nella scelta del-le essenze e nel successivo impianto, associato alla mancanza della dovuta assistenza e cure colturali adeguate; c - mancanza di attrezzature e di un idoneo parco macchine in grado di far fronte alle esigenze del verde pubblico comunale. È essenziale avere a disposizione nellʼambito di ogni singolo comune dei tecnici del settore e una buona squadra di operai specializzati che, con lʼaiuto di unʼadeguata attrezzatu-ra, siano in grado di gestire a perfetta regola dʼarte il patrimonio vegetale comunale. Inoltre sbagliando la scel-ta delle essenze da impiantare si dà origine ad una serie di inconvenienti che provocano danni irreparabili sia al contesto urbano che ai cittadini. Nei centri urbani dellʼisola sono troppi gli alberi “fuori posto” ina-datti, che da piccoli andavano bene, ma ora che hanno raggiunto le di-mensioni di un albero adulto, cioè le giuste dimensioni, con le loro radici sollevano e spaccano muri e marcia-

piedi, deformano le pavimentazioni stradali. Con i rami arrivano quasi allʼinterno dei balconi o rasentano le finestre delle abitazioni, creando così una serie di problemi e disagi alla popolazione. Mi sembra opportuno chiarire che per quanto riguarda lʼimpiego delle essenze arboree esistono dei parame-tri ben precisi a cui fare riferimento. Tali parametri consentono di sceglie-re con facilità le piante più idonee. Secondo alcuni autori, gli alberi, limitatamente alle specie nostrane ed a quelle che comunque si sono spontaneizzate e quindi naturalizza-te negli ambienti con clima tempe-rato, vengono designati in rapporto al loro sviluppo in: alberi di prima grandezza, quelli che raggiungono e superano i 30 m di altezza; alberi di seconda grandezza quelli che si elevano da 20-30 m; alberi di terza grandezza quelli che non superano i 20 m di altezza; piccoli alberi quelli che al massimo arrivano a 8-10 m di altezza. In modo particolare, per le albe-rature stradali dei centri urbani è necessario scegliere quelle specie che vengono comunemente defini-te piccoli alberi, ma che comunque non producano frutti pericolosi sia per grandezza, che per consistenza o per alcune sostanze in essi conte-nute. Ad esempio, se cade un gros-so frutto legnoso sulla testa di un cittadino o su una macchina, questo provocherà seri danni, ugualmente pericolosi sono pure i piccoli frutti morbidi oleosi che si accumulano sui marciapiedi e che, se incautamente calpestati, faranno scivolare i pedoni causando delle pericolose cadute. Sono pure da evitare quelle specie arboree che hanno una struttura le-gnosa poco consistente, tali alberi in modo particolare nei mesi estivi, con le chiome ricche di foglie esposte ai venti offrono una certa resistenza, si crea così un effetto vela che “scoscia” gli alberi e grossi rami cadono rovi-nosamente al suolo. Per questi moti-vi tali piante non sono assolutamente

idonee per le alberate cittadine, ma non vanno neanche impiantate nelle piazze, nei parcheggi, in aree di ripo-so in cui ci sono panchine, ecc… Infine la carenza di cure colturali idonee causa una crescita squilibrata e attacchi parassitari alle piante, che con il tempo deperiscono e muoio-no. L̓ isola dʼIschia, chiamata lʼisola verde per la sua vegetazione, non può permettersi questo tipo di incoe-renza, anche perché grazie allʼuti-lizzo dellʼetichetta di isola verde, altissimo è il tornaconto in termini economici per tutti gli isolani. Sparsi qua e là sul territorio isolano sia pubblico che privato, vi sono nu-merosi “vecchi giganti”, questi sono querce, platani, magnolie, ficus, ta-marici, ecc… Tali alberi, a volte ultra secolari, sono di notevole importanza storica, monumentale, paesaggistica e scientifica; essi vanno salvaguar-dati poiché molti di questi esemplari attualmente si trovano in condizioni precarie, attaccati da carie del legno, funghi e insetti xilofagi, altri hanno la base dei tronchi immersa nellʼasfalto delle pavimentazioni stradali, e quin-di le radici, non solo non possono utilizzare lʼacqua che cade durante il periodo delle piogge, ma si trovano anche in condizioni di totale asfis-sia radicale, in quanto lʼasfalto non consente lʼarieggiamento del terreno sottostante. Questi veri monumenti del verde vanno recuperati e risanati con pota-ture adeguate e tecniche di chirurgia arborea (dendrochirurgia) in modo da garantire quanto più a lungo pos-sibile la loro esistenza. Ogni grande albero ha una sua storia e suscita innumerevoli ricordi, inoltre più di una generazione umana è passata sotto la sua chioma. Spesso mi è capitato di ascoltare, senza volerlo, alcune frasi scam-biate tra persone che si davano ap-puntamento dicendo: ci vediamo a Ischia Porto vicino al grande albero sul porto, oppure, ci vediamo vicino alla grande quercia nei pressi della

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Effetto decorativo prodotto dalla caduta di un abbondante fioritura di Chorisia insignis H. B. & K. Albero originario dellʼAmerica tropicale.

chiesa. Mai nessuno diceva ci vediamo vicino al grande platano. L̓ errore madornale di chiamare quercia quel platano è dovuto al fatto che lì vicino si trovi via Quer-cia, quindi molte persone che non conoscono gli alberi danno per scontato che quellʼalbero sia una quercia. Quel platano è lʼultimo superstite di unʼalberatu-ra stradale costituita da Platanus orientalis L., che un tempo era presente lungo la strada di accesso alla Villa Reale. Fu piantata per scelta di Giovanni Gussone, con-divisa da Ferdinando II. I platani come pure i lecci, era-no molto graditi dai Borbone e molto spesso venivano piantati sia allʼinterno dei siti reali che lungo le strade di accesso a quei luoghi. Altri esemplari di platani storici, che hanno bisogno di cure, si trovano in corso Garibaldi a Casamicciola Terme. A Ischia Ponte vi sono alcune tamarici (Tamarix gallica L.) secolari, mentre in altri luoghi vi sono alcuni esemplari di arancio amaro (Citrus aurantium L.) che hanno superato abbondantemente il secolo. Questi al-beri sono “relitti” di vecchie alberature stradali idonee a quei luoghi. L̓ arancio amaro, in modo particolare, è una di quelle specie ideali per le alberature stradali nei centri urbani dellʼisola. Piccolo albero sempreverde, ricco di pregi, con chioma e apparato radicale abbastanza ridotti, bel-la e profumata durante la fioritura, altamente mellife-

ra (nellʼisola una volta si produceva un ottimo miele monoflorale chiamato fior dʼarancio), infine molto de-corativa con i frutti colorati che permangono a lungo sullʼalbero. Chiunque si addentri un pochino nel mondo delle piante si rende conto che non è così facile avere dei buoni risultati con esse; per avere successo, occorrono competenza, tempo, pazienza e, purtroppo, denaro.

Francesco Vallariello

studiare attentamente ricopiavo i passi più salienti nei miei quaderni». Li tiene sulla scrivania, i suoi quaderni vecchi di cin-quantʼanni, dove ha trascritto con una grafia nitida, bellis-sima tanto che sembrano stampe antiche in finissimo ca-rattere inglese, “Les correspondances” e le “Méditations poétiques”. Lunghe ore di solitudine sono state necessarie per tra-scrivere i testi francesi e poi le traduzioni e la minuziosa ricerca dei particolari, come quello contenuto alla pagi-na 45 del “Lamartine a Napoli e nelle Isole del Golfo”: «Allora (1820) i villeggianti più facoltosi si facevano tra-sportare lʼacqua (termale) a domicilio e qui prendevano il bagno. La carrozzella farà lʼapparizione nellʼIsola nel 1854: lʼanno in cui Re Ferdinando inaugurò il porto e la carreggiata Ischia-Forio, detta ancora oggi Via Borboni-ca». Al lettore attento non sfugge che per poter affermare queste cose ed altre, come quando parlando dei tre grandi amori di Lamartine, dice che «nessun altro poeta, tranne il Foscolo, ha amato tante donne quante ne amò Lamarti-ne», Don Polito ha dovuto leggere, studiare e ricercare i minimi particolari in centinaia di altri volumi. Cosi, grazie a lui, sappiamo che Lamartine è stato

ad Ischia “molte volte”, ma soprattutto vi ha soggiorna-to nel 1812, 1820 e 1844, che sulle terrazze di “Villa Tagliaferro”, che si trovava sulla Sentinella a Casamic-ciola, «Lamartine ha scritto le pagine indimenticabili di Graziella», che Graziella in realtà non era procidana, ma di Resina e che si chiamava Maria Antonia. Che Erne-sto Renan (1823- 1892), il celebre autore della “Vita di Gesù” (1863), ha soggiornato ad Ischia, a Casamicciola, tre volte (1875, 1877, 1879) nella Villa di Saverio Zavota, oggi di proprietà dei Parodi Delfino e che qui ha scritto gran parte dellʼopera i “Ricordi” e che «Forio verso la metà dellʼ800 vantava estesi oliveti e non meno di quattro frantoi». E poi ancora le leggende ischitane come quella delle “campane di Santa Restituta”, rubate dai turchi e che di-vennero sempre più pesanti sulle loro barche, tanto che i predatori furono costretti a buttarle in mare e che i pesca-tori di Lacco Ameno affermano di sentire ancora suonare nei giorni di tempesta. Inoltre la vita e la testimonianza del “parroco santo” di Casamicciola, don Giuseppe Mor-gera, anchʼegli scrittore come Don Polito, autore di una interessante “Vita di N.S. Gesù Cristo”, morto a soli 54 anni nel 1898 in “concetto di santità” per la sua vita ed il suo apostolato. (Testo tratto da Giuseppe Mazzella - Tempi dʼIschia, Edito-

(segue da pagina 28)

Altre notizie sulla vita e sulle opere di P. Polito sono state pubblicate su La Rassegna dʼIschia n. 6/1991 e n. 1/1996.

Due vite per la conoscenza

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di Vincenzo Cuomo

Sfogliando le scintillanti pagine della storia dʼItalia, non è raro imbattersi in scontri armati che, pur essendo di lieve entità in confronto alle grandi e sanguinose battaglie, ugual-mente però godono di una posizione di rilievo nel panorama degli eventi della nostra nazione. Ciò, perché hanno avuto non un semplice valore tattico, ma un profondo influsso sul percorso storico, spirituale e morale del popolo italiano e fa-vorito la realizzazione di antiche aspirazioni. Uno di essi è la battaglia di Pastrengo, avvenuta il 30 aprile del 1848 nel corso della prima guerra di indipenden-za. Con lʼavvento del 1848 ovunque in Europa si ebbero fre-miti di ribellione a quellʼassolutismo politico imperante che affondava le radici nei lontani anni del Congresso di Vien-na. Anche la stessa fedele e timorosa capitale asburgica ne venne contagiata. A Milano, poi, il mancato accoglimento di alcune richieste da parte del viceré portò ad una vera e propria esplosione di folla contro il dominio austriaco che si materializzò nellʼepica insurrezione passata alla storia come le Cinque Giornate di Milano. In Piemonte, la notizia della sommossa in atto in Lom-bardia indusse il sovrano Carlo Alberto, che già ai suoi Stati aveva concesso lo statuto, ad inserire il suo esercito nel qua-dro di quel movimento patriottico che, oltre Milano, aveva infiammato anche il resto dʼItalia e chiedeva con voce sem-pre più insistente la cacciata degli austriaci dalla penisola. Presentata il 23 marzo la dichiarazione di guerra allʼIm-pero asburgico, il comando dellʼintera forza armata venne assunto dal sovrano in persona, mentre lʼincarico di Capo di Stato maggiore fu affidato al generale Salasco. Nel momen-to in cui lʼesercito si appressò a varcare il Ticino, risultava articolato su due Corpi dʼarmata e una Divisione di riserva. Il comando delle due grandi unità venne assegnato ai gene-rali Bona e De Sonnar. Il primo fatto dʼarme di una certa rilevanza si ebbe lʼ8 aprile al Ponte di Goito. Successivamente, soprattutto dal 20 al 26 aprile, ci furono invece solo combattimenti tra le unità esploranti delle schiere contrapposte. Scontri che posero in luce capacità, ardimento e preparazione dei soldati piemon-tesi, i quali puntualmente riuscirono a far arretrare gli avver-sari. Il Corpo dei Carabinieri Reali, nel momento in cui, al-lʼinizio delle ostilità, venne mobilitato, schierò una forza di 434 militari, tutti a cavallo, agli ordini del colonnello Paolo Avogrado. Essa venne articolata su tre squadroni e tre mez-zi squadroni. Mentre questi ultimi, soprattutto con compiti di polizia militare, furono assegnati alle grandi Unità, com-presa la Divisione di riserva, i primi, che presero il nome di Squadroni di guerra, in quanto destinati, se necessario, anche a prendere parte ad operazioni belliche, furono inve-ce aggregati al quartiere generale principale. Il comando di

questo gruppo lʼebbe il maggiore Alessandro Negri, mentre i tre squadroni furono affidati ai capitani Luigi Incisa, Angelo Bernardino Morelli e Carlo Augusto Brunetta. Nei giorni di fine aprile, in cui lʼArmata sarda appariva in possesso di un ottimo morale, anche il sovrano si mostrò ar-dito e con una tenace volontà di vittoria. Sempre scortato da uno squadrone di carabinieri, si muoveva in puntate esplo-rative su quel terreno dove il suo esercito era impegnato ad avanzare o consolidare le proprie posizioni. Nel prosieguo, il 27 accadde poi un episodio in cui è possibile leggere tut-ta la stima e la fiducia che Carlo Alberto aveva per i suoi carabinieri. Poiché aveva deciso di spingersi, sempre per meglio conoscere il territorio, su una superficie ancora non sufficientemente controllata dai piemontesi, a chi gli faceva rispettosamente osservare che la zona non era da considerar-si del tutto sicura, con convinzione ebbe a rispondere: «Ho meco uno squadrone di carabinieri». Nei giorni successivi, al fine di poter proseguire verso il Veneto e nel contempo impedire le comunicazioni tra lʼeser-cito austriaco che aveva di fronte e le retrovie del Tirolo, il sovrano ordinò di avanzare verso Pastrengo e Bussolengo che costituivano la testa di ponte dellʼarmata del marescial-lo Radetzky. L̓ azione venne affidata al generale De Sonnar, comandante del secondo Corpo dʼarmata. L̓ alba del 30 aprile si levò così sulle quattro brigate che componevano il suddetto corpo dʼarmata per un complessivo di circa 14.000 uomini che si predisponevano a manovrare contro il nemico, al momento rappresentato dalla Divisione del generale Wo-cher. A sinistra era presente la brigata Piemonte, al centro la Cuneo, mentre la Savoia procedeva a destra. In seconda linea, pronta di intervenire, erano invece schierate la brigata Regina e il reggimento Piemonte Reale Cavalleria. Poiché però il terreno era in gran parte sconosciuto e disagevole, i primi veri contatti tra le unità contrapposte, nonostante che lʼavanzata fosse iniziata intorno alle 9,00, si ebbero solo ver-so le 13,00. Circa unʼora dopo, il sovrano, che sino a quel momento aveva seguito lo svolgersi degli avvenimenti da un caso-lare poco distante, volendo rendersi conto del motivo per cui la brigata Cuneo progrediva con eccessiva lentezza, in confronto alle altre due che erano ai lati, con il seguito, gli ufficiali del quartiere generale principale e i tre squadroni di carabinieri della scorta, si spostò sulla vicina collina della Mirandola. Ivi, notato che la grande unità, nonostante gli in-citamenti, ancora non si muoveva con lʼauspicata speditez-za, decise di avvicinarsi ancor di più ad essa per coglierne le ragioni. Cause dovute essenzialmente ad un terreno reso fangoso dallo straripamento del torrente Tione. Al momen-to dellʼarrivo tra i soldati, le difficoltà apparivano brillan-temente superate con i battaglioni ormai già a contatto con le forze austriache saldamente arroccate su una collina nota con il nome di “Le Bionde”. A questo punto Carlo Alberto, invece di far ritorno sul-

Fatti e personaggi della storia di ieri e di oggi

La battaglia di Pastrengo: alba del Risorgimento

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lʼaltura della Mirandola, desiderando avere una panoramica più ampia dellʼintero scenario dove il suo esercito era im-pegnato, decise di raggiungere Monte Valena. Poiché, però, il percorso da seguire non era ritenuto abbastanza sicuro, il gruppo reale fu fatto precedere da una decina di carabinieri prelevati dalla scorta, che avevano per lʼappunto il compito di segnalare un eventuale pericolo incombente. Mentre era in atto tale spostamento, i suddetti carabinieri in avanscoper-ta, nel momento in cui si accinsero a a scavalcare un poggio poco distante, improvvisamente vennero fatti oggetto di una nutrita azione di fuoco da parte di un piccolo reparto in avan-guardia di tiratori scelti austriaci nascosti nei paraggi. La precisa scarica di fucileria, fatta di sorpresa e da sol-dati altamente addestrati a tal guisa, fece impennare i cavalli e indietreggiare gli uomini. Nel momento in cui il Maggiore Negri si rese conto che il retrocedere dei carabinieri esponeva a grave pericolo la persona del sovrano, di propria iniziativa ordinò ai tre squadroni che erano al suo comando di caricare il nemico. L̓ intento comunque non era solo proteggere il re sabaudo, in quel momento a rischio di essere addirittura pre-so prigioniero, ma anche riequilibrare lʼimmagine di questo Corpo scelto, i cui uomini per un momento avevano vacil-lato sotto il fuoco avversario e proprio sotto gli occhi dello stesso sovrano. Allʼordine del Maggiore i 280 carabinieri, spronati i ca-valli e con le sciabole scintillanti al sole, si lanciarono impe-tuosi e compatti, lungo i fianchi della collina “Le Bionde”, puntando verso il luogo da cui era partita la fucileria nemica, che intanto aveva ripreso il suo micidiale tiro. La massa dei cavalieri, intrisa di quel febbrile ardore guerriero e risorgi-mentale, che contemporaneamente stava animando tanti sol-dati e patrioti italiani, con il terreno che tremava sotto lʼir-ruente scalpitio degli zoccoli dei cavalli, in breve fu lontano dalla persona del sovrano e del suo seguito. L̓ apparire di questo turbine umano, che nulla sembrava potesse ferma-re, sgomentò gli austriaci e non solo quelli in avanscoperta. Al momento dellʼimpatto si disorientarono e, abbandonate le proprie posizioni, iniziarono velocemente a retrocedere. L̓ auspicato varco nelle linee nemiche era aperto. Pastrengo era a meno di un chilometro. Nel passaggio aperto dalla travolgente carica dei cara-binieri, cogliendo lʼattimo felice, si lanciarono allora anche i battaglioni delle brigate Cuneo e Piemonte. Ogni ulterio-re resistenza dei soldati asburgici venne così travolta con lʼintero fronte che cedeva di schianto e si scompaginava. A completare lʼopera sopraggiunse infine la brigata Savoia, preceduta da un reparto di bersaglieri che, piume al vento e al loro battesimo del fuoco, diedero una nota di festosa e travolgente allegria alla vittoria. Anche Carlo Alberto, vinta per una volta la tristezza del suo carattere, fu contagiato dallʼentusiasmo che aleggiava sul campo di battaglia e fu ben lieto di lanciarsi al seguito delle sue truppe. Allo sfondamento delle linee Radetsky reagì con unʼazio-ne ad ampio respiro, mirante a colpire lʼintero centro del-lʼesercito sardo. L̓ attacco non riuscì, tuttavia, a raggiungere il risultato sperato e venne fermato, anche nei giorni succes-sivi, lungo tutte le direttrici di marcia. Questʼazione, pur non riuscendo nellʼintento, servì però ugualmente a bloccare i

piemontesi. Ciò in quanto sia il sovrano che i vertici milita-ri alle sue dipendenze, avvertendo la presenza di un latente pericolo e mancando di quella risolutezza che al momen-to sarebbe stata necessaria, ordinarono la sospensione del-lʼavanzata. In tal modo furono lasciati cadere gli effetti po-sitivi, morali e strategici della vittoria ottenuta. Carabinieri e restante forza armata avevano però ampiamente dimostrato di essere in possesso delle virtù militari necessarie per poter sfidare in campo aperto quello che al momento indubbia-mente era lʼesercito più potente dʼEuropa. Il riconoscimento del valore e della determinazione che avevano condotto a un tale positivo risultato gli squadroni di carabinieri della folgorante carica di Pastrengo, per vo-lere del sovrano, ricevettero una citazione nellʼOrdine del giorno. Contemporaneamente si ebbe pure la concessione, prima al solo Maggiore Negri e successivamente anche ai suoi i tre Capitani in sottordine, della Croce di Cavaliere dei Santi Maurizio e Lazzaro. Agli squadroni non venne però accordata alcuna onorificenza. A tale omissione intese porre riparo nel 1909 Vittorio Emanuele III, assegnando alle Ban-diere di guerra dellʼArma una medaglia dʼargento al valor militare. In considerazione della profonda stima che nutriva per i carabinieri, volle poi appuntare personalmente tale de-corazione, alla presenza di autorità civili e militari su uno sfondo di reparti in alta uniforme a cornice della cerimonia. In merito a questa battaglia risorgimentale ci corre pure lʼob-bligo di precisare che, anche se la guerra si concluse con la sconfitta del Regno di Sardegna, essa rappresentò lʼinizio di quella grandiosa sfida che il popolo italiano intese intrapren-dere contro lʼImpero austriaco. Sfida che stava a rappresen-tare quanto fosse forte nel cuore e nella mente degli abitanti della penisola il desiderio di avere finalmente una patria uni-ta e libera dallo straniero. Non solo, in quanto veniva anche grandiosamente a smentire lʼaffermazione del Metternich che lʼItalia era solo unʼespressione geografica. Con il trascorrere del tempo, nonostante i tanti avveni-menti che si sono susseguiti, il ricordo della travolgente ca-rica di Pastrengo è sopravvissuto intatto, sfidando lʼoblio. Esso è inoltre entrato nellʼaffetto e nei sentimenti degli ita-liani, divenendo un inossidabile simbolo di gloria nazionale. Anche la tecnica figurativa in tutte le sue forme ed espressio-ni ha subìto il fascino di tale momento di beatitudine del no-stro sentimento di riscatto nazionale, tanto che molti artisti hanno inteso dedicare alla battaglia una o più raffigurazioni, sia nella grafica che nella pittura, realizzando opere di gran-de respiro. Tra le tante ricordiamo le tele del Giacomelli e del Gri-maldi. Fra tutte primeggia poi quella di Sebastiano De Al-bertis; questi, uomo di profondo sentimento patriottico e ri-sorgimentale, volle realizzare un prodotto che avesse anche una valenza storica. Infatti, durante il corso della creazione, costantemente si avvalse della consulenza di coloro che ave-vano preso parte allʼazione. La splendida tela, dopo essere stata prima nel Palazzo Reale di Torino e poi al Quirinale, oggi è adeguatamente custodita presso il Museo storico del-lʼArma dei carabinieri che ha sede a Roma.

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Eventi 2007 in CampaniaLa regione Campania ha comunicato una serie di eventi che si svolgeranno nel corso dellʼanno 2007, tra i quali:

Progetti dʼautoreProvincia di Salerno, 1 gennaio - 10 dicembre 2007Tre concerti di artisti di fama internazionale: Fausto Leali, Le Vibra-zioni e Gloria Gaynor. Dal 23 al 27 agosto al Palinuro Music Festival si esibiranno 6 giovani cantanti esordienti e comici e artisti noti al pubblico; dallʼ1 al 30 ottobre 2007 Lirica… nei luoghi e templi anti-chi a Paestum e Velia con la realizzazione di due opere liriche: il Bar-biere di Siviglia di G. Rossini e Cavalleria Rusticana di G. Puccini; dallʼ8 al 10 dicembre 2007 Festival fitness 2007 di Amalfi.

In@natura - Itinerari del gustoAlto Sannio, febbraio – ottobre 2007Manifestazione di turismo culturale, religioso, enogastronomico e scolastico. Tra gli appuntamenti la prima edizione della Borsa del tu-rismo ambientale dal 21 al 25 febbraio. Il 23 e 24 giugno a SantʼAgata dei Goti degustazioni di prodotti eno-gastronomici per il Falanghina Felix. Dal 4 al 10 agosto Vinalia a Guardia Sanframondi e dal 7al 13 settembre La Festa dellʼUva a Solopaca.

I due volti della contemporaneità. Il progetto e la passioneMuseo ARCOS di Benevento, febbraio – dicembre 2007Due mostre dalla forte complessità: La città che sale. Proiezioni per il futuro si propone come un percorso di investigazione sulla natura della costruzione e prevede la partecipazione di alcuni dei più rappre-sentativi architetti della scena internazionale come Zaha Hadid, Arata Isozaki, Massimiliano Fuksas e Frank O. Gehry; Les fleurs du mal si sofferma sulla forza delle passioni che guidano la ricerca artistica, uno sguardo ironico sulla grammatica delle passioni, sui legami, la sen-sualità e la fisicità interpretati con il linguaggio fotografico, in punta di pennello, con il ricamo e la video arte di artisti come Andreas Serrano, Gilbert & Gorge, Nan Golden e Ghada Amer.

Festa dellʼArteCampania, marzo 2007Quinta edizione della Festa dellʼArte dedicata a campania>artecard: i musei del circuito campania>artecard saranno aperti gratuitamente al pubblico nel primo weekend di marzo.

Voglia di teatroNapoli, 31 marzo- 1 novembre 2007Dal 31 marzo allʼ1 aprile “Scherzi e colori del mare”; il 23-24 giugno “Suggestioni per la notte di San Giovanni” e dal 31 ottobre allʼ1 no-vembre “Territori sotterranei”. I Luoghi di svolgimento degli eventi saranno Il Castel dellʼOvo, la Mostra dʼOltremare e il Litorale Fle-greo.

Positano Art FestivalPositano, 7 aprile – 18 ottobre 2007Il festival si compone di una serie di eventi che sʼinaugura il 7 aprile con la “Sfilata di Moda” sulla spiaggia di Positano. In programma unʼesposizione enogastronomica, il concerto di musica mediterranea, la gara di canoe, il premio per la danza Leonide Massine.

Festival delle culture giovaniliSalerno, 14 -22 aprile 2007Cinema, musica e multimedialità sono i momenti clou della manife-stazione cioè del festival internazionale di immagine creativa “Linee dʼombra Salerno film festival” che è suddiviso in 4 sezioni competiti-ve: “Paesaggi europei” (7 lungometraggi); “Corto Europa”(20 corto-

metraggi di autori europei) e “Corto Italia” (30 cortometraggi di auto-ri italiani); Under 18 (4 lungometraggi per giovani sotto i diciotto).

Maggio dei Monumenti 2007 “Misteri di Napoli”Napoli, 27 aprile - 27 maggio 2007Il tema per il 2007 è dedicato ai “Misteri di Napoli” che risalgono alla fondazione della città quando vi giunsero i culti e riti di antiche religioni provenienti dallʼOriente e dallʼEgitto. L̓ evento si sviluppa nellʼarco di cinque weekend dal 27 aprile al 27 maggio: tanti i luoghi della famosa kermesse noti per antiche misteriose tradizioni come lʼisolotto di Megaride, Monte Echia, Castel dellʼOvo, Castelnuovo, e ancora Via dei Tribunali e i suoi fantasmi, Piazzetta Nilo e il culto dei morti, il Cimitero delle Fontanelle, le Catacombe di San Gennaro, le Catacombe di San Gaudioso, la chiesa del Purgatorio ad Arco, il Cimitero delle 366 fosse.

Dalla costiera Amalfitana alla Valle del Sarno… storia, arte e tra-dizioneCostiera Amalfitana e Valle del Sarno, 5-20 maggio 2007Itinerari tematici diurni e varie forme di intrattenimento serale senza escludere incontri culturali e forme dʼarte.

Il sussurro delle sorgentiProvincia di Avellino, 17 maggio – 8 settembre 2007Obiettivo della kermesse la spettacolarizzazione della risorsa idrica attraverso itinerari, seminari, grandi eventi per scoprire una terra, quella dellʼIrpinia che ha saputo conservare un ambiente intatto e un patrimonio enogastronomico di notevole interesse. Tre i temi alla base della kermesse: natura, arte e cultura e gusto.

Concorso Ippico Internazionale di salto ad ostacoliNapoli, 7-10 giugno 2007Il concorso si propone di donare a Napoli anche il primato per lʼequi-tazione dopo il successo tecnico e di pubblico dello scorso anno. I luoghi scelti quale sede degli eventi sportivi e culturali: Piazza del Plebiscito e Palazzo Reale.

Premio StregaBenevento, 6-7 giugno 2007La manifestazione di grande rilevanza culturale e di notevole impatto mediatico si propone di valorizzare la città di Benevento. Il program-ma della manifestazione si articola in due giornate.

Classico Pompeiano 2007Scavi di Pompei, giugno - luglio 2007Serie di manifestazioni allʼinterno dello splendido scenario degli sca-vi di Pompei.

Lirica nelle Ville e negli Scavi di ErcolanoErcolano, 16 giugno – 2 luglio 2007La seconda edizione della kermesse vede protagoniste due splendide opere: “La Boheme” di Puccini e “La Sonnambula” di Vincenzo Bel-lini, un concerto di musica sinfonica e 8 rappresentazioni teatrali.

Flegreinarte 2007Campi Flegrei, giugno e settembre 2007Manifestazione culturale e artistica in 4 sezioni: Eventinarte, Aperi-tivinarte, Giovaniarte, Itinerarinarte. In programma spettacoli con ospiti di fama nazionale e internazionale, gruppi emergenti campani, itinerari archeologici e naturalistici.

Una Provincia in Jazz - Circuito del Jazz a Napoli e in provinciaProvincia di Napoli, giugno – settembre 2007La manifestazione comprende il Divino Jazz Festival nellʼarea degli ex mulini meridionali Marzoli a Torre del Greco; Marechiaro Jazz

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Festival al Parco Virgiliano di Napoli; Ischia Jazz festival presso la pineta di Ischia; Napoli Jazz Festival presso Ospedale militare (Parco dei quartieri spagnoli di Napoli); Nick la rocca European Jazz Festi-val presso Villa Bruno a San Giorgio a Cremano; Pomigliano Jazz Festival a Pomigliano dʼarco; Sorrento Jazz ….e dintorni presso il monumentale chiostro di San Francesco a Sorrento e Vico Jazz Festi-val presso il chiostro SS Trinità a Vico Equense.

Leuciana FestivalCaserta (San Leucio), 25 giugno-25 agosto 2007Kermesse internazionale di musica, teatro e danza strutturata sulla proposta di “memorie future” ossia di rivisitazione del passato artisti-co e culturale del sito borbonico e del territorio attraverso la creatività di artisti di fama internazionale.

Quattro notti e…. più di luna pienaBenevento,10-15 luglio 2007Nel mese di luglio, ritorna uno dei principali eventi dellʼestate bene-ventana: “Quattro notti e più...di luna piena” il cui scopo non è solo quello di fornire un insieme di manifestazioni per offrire delle bel-lissime serate a coloro che ne usufruiscono, ma anche di riscoprire le antiche tradizioni sannite, valorizzando altresì il centro storico di Benevento che è senza dubbio uno dei più suggestivi ed affascinanti del Sud Italia.

Le grandi opere liriche alle Antiche Terme Romane di BaiaBaia, luglio 2007Allʼinterno del suggestivo scenario delle Antiche Terme Romane di Baia ritorna la lirica con due grandi opere: “Carmen” di George Bizet e “Cavalleria Rusticana” di Pietro Mascagni. Spettacolo per valoriz-zare lʼarte dellʼopera ma soprattutto i siti archeologici dellʼarea epi-centro dellʼitinerario turistico culturale dei Campi Flegrei.

Ischia Global Film & Music FestIschia, 10-15 luglio 2007Evento cinematografico dedicato questʼanno al cinema brasiliano, importante realtà della cultura internazionale. La manifestazione coinvolgerà le stelle del cinema brasiliano al fianco di quelle italiane e dei divi di Hollywood.

Quisisana Festival 2007Castellammare di Stabia, luglio-agosto 2007L̓ edizione 2007 della manifestazione prevede un cartellone di note-vole pregio artistico che vedrà lʼesibizione di artisti di chiara fama internazionale.

Benevento città spettacolo Benevento, 25 agosto 2007 – 5 settembre 2007Benevento si trasforma in città del teatro con spettacoli e performance sul territorio. Appuntamento giunto alla 28a edizione che tende a va-lorizzare ancora una volta la cultura nel beneventano.

La Grande Notte del cinemaAvellino, 8 settembre 2007Sei concerti ad Avellino con i protagonisti internazionali della musica e del cinema che hanno legato i loro nomi ai film e alle più famose co-lonne sonore contemporanee. A tenere le fila di questo grande appun-tamento un irpino conosciuto in tutto il mondo, il regista Ettore Scola. L̓ evento sarà preceduto da unʼintera settimana di spettacolo, “Aspet-tando la Notte bianca”, in programma dal 3 al 7 settembre 2007.

Settembre al BorgoCaserta, settembre 2007La manifestazione comprende la rassegna jazzistica e la sessione tra-dizionale su musica leggera con artisti di fama internazionale. Inoltre previste le visite guidate al Borgo: riscoprire Casertavecchia tra vicoli

e piazze nelle notti dʼestate. 24 eventi complessivi di musica leggera impegnata, rappresentazioni teatrali e danza.

Piedigrotta 2007 – la Festa di NapoliNapoli, settembre 2007Torna a Napoli la festa di Piedigrotta. L̓ evento rappresenta per Napoli il recupero di unʼantichissima tradizione della città: culto e celebra-zioni religiose, canzone napoletana, carri, sfilate e spettacoli piro-tecnici saranno gli appuntamenti della festa di Napoli. Sono previste iniziative collaterali come la riedizione dellʼopera teatrale “Festa di Piedigrotta” di Raffele Viviani che sarà rappresentata da giugno e una mostra fotografica sulle edizioni dʼepoca della Piedigrotta.

PizzafestMostra dʼOltremare, settembre 2007La manifestazione nella sua dimensione popolare è oramai un ap-puntamento fisso per i napoletani, molti italiani e turisti europei. Una kermesse gastronomica, in cui è prodotta e servita esclusivamente la verace pizza napoletana e dove è possibile anche assistere a iniziative di folklore partenopeo in un clima sereno e di divertimento.

Le Vie del VesuvioArea Vesuviana, settembre-ottobre 2007Una serie di itinerari che interessano la valorizzazione dellʼarea ve-suviana. Il programma presenta 5 percorsi: Le vie della storia alla Reggia di Portici, Parco della Villa Favorita di Ercolano e la Reggia di Quisisana, Le vie dellʼarcheologia a Pompei e Ercolano; Le vie dei sapori e della natura a Boscoreale, Boscotrecase e SantʼAnastasia, Le vie delle arti e dei mestieri a Somma Vesuviana, Castello di Ottaviano e Torre del Greco e infine il premio internazionale.

L̓ Enigma degli avori di SalernoSalerno, settembre- dicembre 2007Una mostra sugli avori di Salerno messi a confronto con la produzio-ne artistica medievale dellʼItalia meridionale e del contesto europeo, completata da una specifica sezione multimediale e un convegno in-ternazionale.

Jacob Philipp Hackert – La linea analitica della pittura di pae-saggio in EuropaReggia di Caserta, settembre – dicembre 2007Nellʼincomparabile cornice della Reggia di Caserta sarà allestita la mostra “Jacob Philipp Hackert – La linea analitica della pittura del passaggio in Europa” che intende valorizzare questo straordinario artista intellettuale su un territorio che attraverso le sue opere testimo-nia la potenza, la magnificenza del regno borbonico. L̓ esposizione propone lʼintera opera del pittore prussiano, dagli esordi berlinesi al soggiorno a Parigi e in Francia fino allʼarrivo in Italia.

Capri Hollywood 2007: Capri film festivalCapri, 27 – 31 dicembre 2007Capri come Hollywood è una delle manifestazioni più attese per la sfilata di personaggi famosi che ne fanno parte. Grandi anteprime, mondanità e molti arrivi previsti. Particolare attenzione sarà data ad un artista campano che ha conquistato il mondo nel corso della sta-gione.

Natale e Capodanno a Napoli: “Napule e mille culure”Napoli, dicembre 2007 – gennaio 2008L̓ evento si propone di realizzare unʼopera di un artista contempora-neo caratterizzata dallʼuso delle luci. Il fil rouge è far vivere specifiche aree della città mediante percorsi protetti di luci, di suoni e di acqua e realizzare tragitti colorati che portino alle principali fontane della città . Inoltre il progetto polvere di stelle prevede la realizzazione delle luminarie nel periodo natalizio.

Page 52: Alicia Miño Due vite per la conoscenza · 2015-11-28 · Alicia Miño protagonista delle arti visive I Vescovi dʼIschia Mons. Giuseppe Candido Fonti archivistiche Le Capitolazioni

Ischia ha colori caldi e opachi che nascono dalla complessa struttura del suolo vulcanico, dal giallo al rossastro, al grigio, al verde, al bruno. La diversità del terreno determina una so-stanziale diversità del paesaggio, così che anche lʼaria sembra non essere la stessa.

Dallʼalto del belvedere di Serrara Fontana guardo, in un pre-cipizio di azzurro, lo scoglio di SantʼAngelo. Un tratto di sab-bia lo congiunge alla costa in modo da formare una doppia spiaggia; qualche cosa come una piazza naturale con due lati contornati dallʼacqua e gli altri due da poche case addossate al terreno in pendenza. (Roberto Pane, in Taccuino dʼIschia, maggio 1949).