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93 1. Domus Aurea, Criptoportico 92 Agli estremi orientali dell’Impero, ad esempio, in Caria, ad Afrodisias, tra l’età tiberiana e l’età claudia si sta realizzando uno dei monumenti più spettacolari che ci sia pervenuto della romanità, strettamente legato peraltro alla figura dell’Imperatore: il Sebasteion. Si tratta di un complesso costituito dal tempio di Afrodite Promètore o progenitrice, il tratto di strada monumentale che lo raggiunge e del propylon che marca l’attacco (peraltro sghimbescio) di questa con il principale asse stradale della città. Mentre il tempio è un tempio imbarazzantemente ordinario, prostilo esastilo come centinaia di altri nell’Impero, il propylon (fig. 3) è la più antica facciata monumentale, costruita a puri fini decorativi, che ci sia pervenuta. Se è esatta la ricostruzione che ne viene proposta, il marmo è usato ai limiti dell’ammissibilità statica, in quella che si sarebbe tentati di bollare come un’architettura fantastica, più adatta al quarto stile pittorico in gestazione proprio negli stessi anni: la larghezza della sede stradale è spartita in tre da una coppia di tetrapili su podio, a due ordini sovrapposti, che formano una facciata a timpano spezzato; trabeazioni preoccupantemente esili la collegano a due ali estreme che ne ripetono, libere nell’aria, il motivo architettonico. Appena oltrepassato questo diafano schermo, più che una strada, una corte stretta e lunga (14 x 90 metri circa) ha come fondale il tempio, costruito sull’unica eminenza disponibile sul sito oltre quella del teatro, ma tutto l’interesse è per le due pareti longitudinali, costituite da tre ordini sovrapposti di colonne canonicamente doriche, ioniche e corinzie, che al pianterreno 92 È forse nelle ultime parole di Nerone morente che si racchiude la chiave per comprendere l’architettura neroniana. Artifex, infatti, è la radice di artificio, artificioso, ma anche di fuochi artificiali, e se i due primi termini soffrono ancora di una lettura pregiudizialmente negativa, è difficile trovare chi possa sottrarsi alla fascinazione pirotecnica. Eppure, anche dei fuochi artificiali più fantasmagorici, a fine spettacolo rimane giusto un abbaglio, una scia di fumo, e un po’ di polvere. A voler essere rigorosi, infatti, dell’architettura di Nerone non conosciamo granché; anzi, di tutta l’architettura giulio-claudia pochissimi sono gli edifici che possano essere datati con certezza assoluta all’uno o all’altro dei successori di Augusto, figuriamoci quindi a voler sceverare tra Nerone, Galba, Otone (che pure spese cifre folli nei suoi pochi mesi di regno per proseguire il cantiere della Domus Aurea), Vitellio, o, addirittura, interventi flavi (in particolar modo di Tito). Se poi volessimo postulare un’architettura neroniana, intesa come una cifra particolare che caratterizzi l’architettura dell’Impero negli anni tra il 54 e il 68 d.C., dovremmo fare i conti indifferentemente con edifici neodorici ad Efeso o con gli stucchi di ordine ibrido del restauro del tempio di Apollo a Pompei dopo il terremoto del 62 d.C. Proprio le città vesuviane, da sempre considerate “quasi speculum Urbis”, e comunque campo di osservazione ideale per quasi ogni fenomeno del mondo romano, offrono la prova di una certa vischiosità delle datazioni, che possono scivolare facilmente dal regno di un imperatore a quello di un altro (per non parlare del fatale anno 69, che vide quattro imperatori) se non ci sono cardini storici o epigrafici a porre punti fermi. Attualmente peraltro anche lo spartiacque del terremoto del 62 viene messo in discussione, non solo come data (si è proposto di spostarla al 63), ma come evento-crisi di un sistema sociale e della sua architettura, preferendo vedere nei cantieri interrotti dal Vesuvio non più l’onda lunga di una catastrofe remota, ma il normale sviluppo di una storia edilizia. Da un altro punto di vista, però, questa assenza di definizione dell’architettura giulio-claudia può essere letta in positivo, ovvero come cifra del periodo in cui il “classicismo” augusteo, inteso come norma stabilita non per legge ma per propria auctoritas, si evolve prima in senso manierato (imitazione), poi manierista (approfondimenti e varianti), fino allo scatto inventivo di età flavia, quando nuove e diverse esigenze politiche imporranno altrettanto nuove e diverse forme architettoniche. Interrogarsi sull’architettura neroniana acquista allora un senso, per sistematizzare una prassi costruttiva (tecnologie), edilizia (tipologie) e architettonica (exempla), che scorreva sui binari saldamente stabiliti da Augusto, e dai quali si deragliava solo in circostanze estremamente rare e specifiche, per motivi incidentali, spesso dovuti alla lontananza dal centro del potere o a specifiche condizioni locali. ALESSANDRO VISCOGLIOSI QUALIS ARTIFEX PEREO. L’ARCHITETTURA NERONIANA

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1. Domus Aurea,Criptoportico 92

Agli estremi orientali dell’Impero, ad esempio, in Caria, ad Afrodisias, tra l’età tiberiana e l’etàclaudia si sta realizzando uno dei monumenti più spettacolari che ci sia pervenuto dellaromanità, strettamente legato peraltro alla figura dell’Imperatore: il Sebasteion. Si tratta di uncomplesso costituito dal tempio di Afrodite Promètore o progenitrice, il tratto di stradamonumentale che lo raggiunge e del propylon che marca l’attacco (peraltro sghimbescio) diquesta con il principale asse stradale della città. Mentre il tempio è un tempioimbarazzantemente ordinario, prostilo esastilo come centinaia di altri nell’Impero, il propylon(fig. 3) è la più antica facciata monumentale, costruita a puri fini decorativi, che ci siapervenuta. Se è esatta la ricostruzione che ne viene proposta, il marmo è usato ai limitidell’ammissibilità statica, in quella che si sarebbe tentati di bollare come un’architetturafantastica, più adatta al quarto stile pittorico in gestazione proprio negli stessi anni: lalarghezza della sede stradale è spartita in tre da una coppia di tetrapili su podio, a due ordinisovrapposti, che formano una facciata a timpano spezzato; trabeazioni preoccupantementeesili la collegano a due ali estreme che ne ripetono, libere nell’aria, il motivo architettonico.Appena oltrepassato questo diafano schermo, più che una strada, una corte stretta e lunga (14x 90 metri circa) ha come fondale il tempio, costruito sull’unica eminenza disponibile sul sitooltre quella del teatro, ma tutto l’interesse è per le due pareti longitudinali, costituite da treordini sovrapposti di colonne canonicamente doriche, ioniche e corinzie, che al pianterreno

92 È forse nelle ultime parole di Nerone morente che si racchiude la chiave per comprenderel’architettura neroniana. Artifex, infatti, è la radice di artificio, artificioso, ma anche di fuochiartificiali, e se i due primi termini soffrono ancora di una lettura pregiudizialmente negativa, èdifficile trovare chi possa sottrarsi alla fascinazione pirotecnica. Eppure, anche dei fuochiartificiali più fantasmagorici, a fine spettacolo rimane giusto un abbaglio, una scia di fumo, e unpo’ di polvere. A voler essere rigorosi, infatti, dell’architettura di Nerone non conosciamogranché; anzi, di tutta l’architettura giulio-claudia pochissimi sono gli edifici che possano esseredatati con certezza assoluta all’uno o all’altro dei successori di Augusto, figuriamoci quindi avoler sceverare tra Nerone, Galba, Otone (che pure spese cifre folli nei suoi pochi mesi di regnoper proseguire il cantiere della Domus Aurea), Vitellio, o, addirittura, interventi flavi (inparticolar modo di Tito).Se poi volessimo postulare un’architettura neroniana, intesa come una cifra particolare checaratterizzi l’architettura dell’Impero negli anni tra il 54 e il 68 d.C., dovremmo fare i contiindifferentemente con edifici neodorici ad Efeso o con gli stucchi di ordine ibrido del restaurodel tempio di Apollo a Pompei dopo il terremoto del 62 d.C. Proprio le città vesuviane, dasempre considerate “quasi speculum Urbis”, e comunque campo di osservazione ideale perquasi ogni fenomeno del mondo romano, offrono la prova di una certa vischiosità delledatazioni, che possono scivolare facilmente dal regno di un imperatore a quello di un altro(per non parlare del fatale anno 69, che vide quattro imperatori) se non ci sono cardini storicio epigrafici a porre punti fermi. Attualmente peraltro anche lo spartiacque del terremoto del62 viene messo in discussione, non solo come data (si è proposto di spostarla al 63), ma comeevento-crisi di un sistema sociale e della sua architettura, preferendo vedere nei cantieriinterrotti dal Vesuvio non più l’onda lunga di una catastrofe remota, ma il normale sviluppo diuna storia edilizia. Da un altro punto di vista, però, questa assenza di definizionedell’architettura giulio-claudia può essere letta in positivo, ovvero come cifra del periodo in cuiil “classicismo” augusteo, inteso come norma stabilita non per legge ma per propria auctoritas,si evolve prima in senso manierato (imitazione), poi manierista (approfondimenti e varianti),fino allo scatto inventivo di età flavia, quando nuove e diverse esigenze politiche imporrannoaltrettanto nuove e diverse forme architettoniche. Interrogarsi sull’architettura neronianaacquista allora un senso, per sistematizzare una prassi costruttiva (tecnologie), edilizia(tipologie) e architettonica (exempla), che scorreva sui binari saldamente stabiliti da Augusto,e dai quali si deragliava solo in circostanze estremamente rare e specifiche, per motiviincidentali, spesso dovuti alla lontananza dal centro del potere o a specifiche condizioni locali.

A L E S S A N D R O V I S C O G L I O S IQ U A L I S A RT I F E X P E R E O .

L ’ A R C H I T E T T U R A N E R O N I A N A

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955. Pompei, Casa diMarco LucrezioFrontone, decorazionedella parete nord deltablino, quadretto conun paesaggio con villa

6. Domus Aurea,ricostruzione e piantadel padiglione sul colleOppio, da L.F. Ball, TheDomus Aurea and theRoman ArchitecturalRevolution, CambridgeUniversity Press 2003

94 2. Acquerelloricostruttivo della Villadi Nerone a Subiaco(cortesia SoprintendenzaArcheologica Lazio)

3. Disegno ricostruttivodella facciata delportico meridionale delSebasteion di Afrodisia,da K.T. Erim,Aphrodisias, Istanbul1990

4. Disegno ricostruttivodei propilei delSebasteion di Afrodisia,da K.T. Erim,Aphrodisias, Istanbul1990

danno accesso a vani mai utilizzati fino al tardo antico, e ai piani superiori intelaiano duecentorilievi a soggetto mitologico, allegorico e politico (fig. 4). Che tutto questo non sia farina delsacco degli Afrodisiensi, per quanto straordinari artigiani del marmo, lo prova non soltanto laserie di allusioni puntigliosamente up to date: Claudio che conquista la Britannia e Claudioche viene conquistato da Agrippina, Agrippina che incorona Nerone, Nerone che conquistal’Armenia (chissà se Tiridate era mai passato per Afrodisia...), ma anche per le cinquantafigurazioni di popoli soggetti a Roma, dall’Atlantico all’Arabia, tra cui i Pirusti, che oggifigurano anche su Wikipedia, ma di cui è difficile che ad Afrodisia si fosse mai sentito parlare:si trattava infatti di popolazioni stanziate tra le Bocche di Cattaro e il Montenegro. Se una cittàmodesta e provinciale, come Afrodisia era ancora alla metà del primo secolo dopo Cristo,poteva esibire monumenti del genere, cosa facevano i Giulio-Claudii a Roma? Ebbene, perquanto possa sembrare strano, nei primi cinquant’anni della nostra era, Roma è ancora laRoma di Augusto: i due Cesari successivi, Tiberio e Caligola, non avrebbero interferito ingrande stile sul centro monumentale, già saturo. La città ha un ruolo promotore, esporta nelmondo romanizzato modi e modelli, e nessuno può prevedere che sia in atto una vera epropria rivoluzione. Già in età tiberiana, infatti, si avrà la prima affermazione su vasta scala diuna “nuova” tecnica costruttiva, ancora fino all’età augustea impiegata solo per usi specificicome le pareti curve a stretto raggio, per il notevolissimo costo di uno dei suoi componenti.L’opus testaceum, in italiano il laterizio, altro non era che il già sperimentatissimo opuscaementicium, il cui paramento, però, anziché essere costituito da tufelli più o menoregolarizzati e più o meno regolarmente disposti (opus incertum, opus quasi reticulatum, opusreticulatum), è costituito di mattoni di argilla cotta. Il rifornimento e il costo della legna per lacottura (più il mattone veniva cotto a temperatura elevata, migliori erano le sue caratteristichetecniche) aveva probabilmente rallentato il suo impiego, ma le immense disponibilitàdell’Augusto rendevano il problema trascurabile: le mura dei Castra Praetoria,l’accampamento della guardia imperiale, oculatamente tenuto fuori dalla città, sono in operalaterizia. Questa nuova tecnica verrà impiegata anche per un cantiere ancora poco noto, ma dicui M.A. Tomei parla in questo volume, e di ben altro impegno costruttivo: la cosiddettaDomus Tiberiana, ovvero il palazzo in cui i discendenti di Augusto incarnarono la nuovadimensione autocratica di Roma. Mentre la retorica ufficiale (peraltro riportata da Svetonio unsecolo dopo) voleva Augusto inquilino di una modesta dimora priva di marmi e appena degnadi un privato cittadino, un progetto modularmente concepito e sostanzialmente unitario,impensabile al di fuori dell’ambito della famiglia imperiale, veniva realizzato sulla metà

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8. Domus Aurea, salaottagonale

per ricreare, in un contesto diverso da quello originale e perfino urbanizzato, i paesaggidell’epica, dell’idillio e della mitologia. Sperlonga e Capri sono esempi di un genere che finoall’età augustea contava vari estimatori nel ceto dei ricchissimi e degli aristocratici (dalle cuifila peraltro proveniva lo stesso Tiberio), ma che, disapprovato da Augusto, che smontò glisplendidi giardini che Vedio Pollione gli aveva lasciato in eredità per farne un portico aperto alpubblico, sembra per un certo periodo essere rimasto appannaggio della famiglia imperiale.Caligola, come già accennato, si esibì più in costruzioni effimere (il ponte sui tetti di Roma, unponte di barche da Baia a Pozzuoli), di cui le più interessanti sono le famose navi di Nemi, ilcui livello di raffinatezza è pari solo a quello dell’idea di navigare nell’assoluto silenzio delcratere lacustre immerso nel Nemus Aricinum, al chiarore della luna piena. Sub laqueum,Subiaco, trae il suo toponimo dal lago creato da Nerone (come Sperlonga dalla spelunca, lagrotta di Tiberio) per avere, a meno di un giorno di viaggio da una Roma troppo urbanizzata,un paesaggio come quelli di Ludius (o Studius) che forse ancora ornavano il suo palazzo (fig.2). Rocce come sculture e sculture tra le rocce, padiglioni un po’ irreali e ponti più sottili eaggraziati di quelli fatti per far passare l’esercito, tra boschi impervii e cielo mutevole, il tuttoriflesso nell’acqua più fredda e più verde del Lazio. La pittura contemporanea ci offre centinaiadi immagini come quella che evochiamo, perché i gusti dell’imperatore facevano sognare ilpopolo, e chi poteva cercava di adeguarvisi. Non potendo vivere a Subiaco (giusto Benedettoda Norcia ci riuscirà, mezzo millennio dopo, ma era un santo e per di più in vena diautomortificazione) Nerone cerca di annettere alla dimora Palatina i Giardini di Mecenatesull’Esquilino, e inventa la casa di passaggio, la Domus Transitoria. A pensarci bene, vicinoRoma ne esiste ancora oggi una validissima replica, significativamente extraterritoriale: aCastelgandolfo il Sommo Pontefice abita nel Palazzo Pontificio in pieno centro abitato; unpassaggio sospeso gli permette di raggiungere la villa Cybo, ove potrebbe trovare la piscinaolimpionica edificata per Papa Wojtyla (le terme?), oltre al bizzarro giardino a scalinate degliantichi signori di Massa, oppure, tramite un altro cavalcavia recarsi nei meravigliosi giardinidella Villa Barberini, dove potrebbe passeggiare in perfetta solitudine fino ad Albano: il tuttosenza uscire dal territorio vaticano. Se è possibile oggi, era ancora più facile in antico, quando

96 7. Domus Aurea,spaccato ricostruttivodella sala ottagonale,da P. Conolly, H. Dodge,La città antica, Colonia1998

settentrionale del Palatino, non accorpando, ma sostituendosi alle case dei membri dellafamiglia imperiale. Da questo palazzo, probabilmente già in funzione, Caligola con una serie diponti levatoi sui tetti delle case e dei templi sottostanti raggiungeva il tempio di GioveCapitolino e nei criptoportici di questo palazzo trovò la morte per mano di Cassio Cherea. Unpalazzo dinastico, che non escluderà l’esistenza di altri palazzi, contemporanei e futuri, che adesso verranno collegati da giardini o da criptoportici, in cui si sperimenteranno formulearchitettoniche che possono rappresentarne un’evoluzione o un’alternativa. Un palazzobloccato, geometrizzato, ma del cui elevato, purtroppo, non abbiamo al momento alcunatraccia, salvo sapere che era dotato di una (probabilmente maestosa) facciata con fastigio escalinata: è su questi gradini che sarà incoronato Nerone. È abitando in questo palazzo cheNerone si occuperà di architettura in prima persona, elaborando progetti di un fuori scala chesembra inconciliabile con qualsiasi pratica nel quotidiano e progetti totalmente calati nellarealtà, come dimostrò dopo l’incendio del 64, emanando tutta una serie di prescrizioni, oggidiremmo un vero e proprio regolamento urbanistico, che perfezionò quello preesistente diAugusto e fu solo ritoccato da Traiano, mettendo le premesse per il volto di Roma imperiale.Ma a dire il vero tutto il progetto della Domus Aurea, di cui si parla diffusamente in questastessa sede, è il progetto di riforma di una Roma definita da Tito Livio “magis occupata quamdivisa”, più un accampamento di zingari che una città pianificata, nella capitale degna diprimeggiare su Alessandria d’Egitto, fino allora la città più bella del mondo antico. Non èpurtroppo possibile analizzare la grande architettura a scala geografica, di cui Nerone fuinsuperabile propositore, solo perché ne risulta una cronaca di conati rimasti senza forma, mail solo elenco giustifica l’epiteto affibbiatogli da Tacito di incredibilium concupitor, smaniosodi cose impossibili: il taglio dell’istmo di Corinto, il congiungimento di Pozzuoli ad Ostiaattraverso canali navigabili, portare il mare fino a Roma, esplorare il Caucaso o il cuoredell’Africa (e un eventuale successo avrebbe comportato l’apertura di strade). Ma, comeriportava Filostrato, queste sono cose da semidio. A scala territoriale, invece, Nerone se lacavava benissimo, come dimostra una delle sue prime imprese architettoniche, la villa diSubiaco, che però va inquadrata in un fenomeno già in atto. Se viaggiare era un’incognita perqualsiasi abitante del mondo antico, per il sovrano di Roma allontanarsi dal Palatino potevasignificare lasciar spazio a potenziali usurpatori, lo aveva sperimentato pochi anni primaTiberio con Seiano. Pure, senza fare psicanalisi spicciola, il bisogno di evasione è un anelitoincoercibile dell’anima umana: a questa esigenza la cultura tardo-ellenistica oramairobustamente romanizzata aveva dato sfogo con l’ars topiaria, l’arte di rimodellare la natura

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98 999. Capitello corinziod’età neroniana dallavilla di Nerone aSubiaco. Subiaco,Monastero di SantaScolastica

10. Capitello corinziod’età neroniana dallestrutture severiane delPalatino. Roma, MuseoPalatino

robusti pretoriani armati fino ai denti vigilavano sul loro sovrano (o lo tenevano in ostaggio, aseconda dei casi) e “dissuadevano” i romani in maniera più pittoresca di quanto faccia ora unmanipolo di garbate guardie svizzere equiparate a vigili urbani. Della Domus Transitoria,definita spesso “casa a festone”, o “festone di case”, per la discontinuità del suo impianto, cheperaltro impegnò Nerone nei suoi primi dieci anni di regno, si parla diffusamente nel volume.Qui interessa invece riesaminare le riflessioni di L.F. Ball, uno dei pochissimi studiosi cheabbia potuto occuparsi a fondo della sola grande realizzazione neroniana sopravvissuta, ilpalazzo del Colle Oppio, quello che oggi sopporta da solo e in condizioni abissalmente diverseda quelle originali, il nome di Domus Aurea. Fino alla pubblicazione di Ball, The Domus Aureaand the Roman Architectural Revolution, Cambridge 2003, quello che aveva sempre colpito glistudiosi di architettura romana era la straordinaria irrequietezza planimetrica dell’insieme,costituito da due ali, una cosiddetta orientale, oggi ricostruita come un corpo di fabbrica a duepiani, con al centro la sorprendente sala ottagonale con ambienti satelliti, esaltato da duecortili mistilinei e due brevi ali estreme, ed un’ala cosiddetta occidentale, costituita da ungrande peristilio verso il colle su cui si affacciano tre lati di ambienti rigorosamente ortogonali;il contatto tra i due lati è una linea spezzata che genera ambienti monchi, asimmetrici, oscuri(figg. 6a-b). Solo la fretta, dovuta ad eventi storici convulsamente vicini, avrebbe obbligato gliarchitetti a non risolvere quei nessi architettonici insensati, quegli spessori pletorici e queilabirinti oscuri, di cui ci si rende conto solo in pianta: l’augusto abitatore in quelle zone buienon avrebbe mai messo piede. Si è comunque sempre letto l’edificio nel suo complesso, comeprima grande e innovatrice realizzazione dell’architettura romana in laterizio, con particolareriguardo alla famosa sala ottagona (fig. 8), esaltandone i valori spaziali (la sala ottagonaanticipa le più importanti costruzioni del primo millennio, dal c.d. Ninfeo degli HortiLiciniani o tempio di Minerva Medica, alla chiesa di San Vitale a Ravenna, alla CappellaPalatina di Aquisgrana), luministici (a prescindere dall’oculo centrale di sei metri di diametro,gli ambienti satelliti appaiono illuminati “magicamente”, senza alcuna finestra visibile, grazie abocche di lupo aperte rasente l’estradosso della cupola centrale, fig. 7), tecnologici (le immensepiattabande annullano le pareti; le spinte della cupola sono scomposte e sopportate da unaraggiera di muri che si irradiano dagli spigoli). Meno piaciuta l’ala occidentale, meglioaccettata da quando la Fabbrini ne aveva postulata una uguale e contraria ad est. A questopunto è necessaria una breve digressione. La scoperta, all’interno del palazzo dell’Oppio, dimuri appartenenti ad edifici più antichi (Fabbrini, ma è ancora da dimostrare che si trattassedi horrea o di altri edifici utilitaristici) ha portato Ball a configurare l’ideatore della DomusAurea capace di dominare mentalmente e graficamente il suo progetto fino al punto dirisparmiare, di edifici preesistenti, solo i muri che gli sarebbero serviti, salvo scavarli erisagomarli qua e là, procedimento non impossibile né indimostrabile, ma in questo casoingiustificabile. I relitti degli edifici preesistenti, infatti, non conservavano decorazioni dipregio, memorie o feticci di situazioni pregresse di cui si volesse sfruttare l’auctoritas, nonrisultano staticamente determinanti, sono in percentuale minima, ma fortemente fastidiosaper l’intero complesso, tanto che, anche ammessane la casuale possibilità di riutilizzo, sarebbeinfinitamente più semplice abbatterli e ricostruirli. L’unica strada per giustificare la presenza,sempre perimetrale rispetto a un nucleo architettonico del palazzo, di questi “fossili” di unasituazione preesistente, è leggerli come tali: costituiscono gli ultimi indizi di fasi successive diaccrescimento di un progetto tutt’altro che unitario, di cui possediamo l’ultima redazione, chenon è necessariamente la somma algebrica delle precedenti. Ball infatti sottolinea come ognitrasformazione non si sovrapponga mai alla precedente prima che questa sia completamenteterminata, come a dire che le evoluzioni sono dovute ad un cambiamento o ad un progressivoaffinamento del gusto, e avvenivano solo dopo aver sperimentato ciò che ancora non era statovisto mai. Si può pertanto riconoscere nell’ala orientale del palazzo dell’Oppio uno deipadiglioni della Domus Transitoria, al limite di quegli Horti di Mecenate che Nerone ambivaannettere al Palatino, ove i giardini erano un po’ risicati; incastrata originariamente tra unsalto di quota certamente voluto, se non cercato, ed edifici la cui destinazione servile non èaccertata, si potrebbe addirittura ipotizzare che questi ultimi sostenessero ambienti di più altaqualità al livello superiore, che era forse quello principale, e che rimasero in essere,opportunamente modificati, per tutta la durata di una prima fase architettonica.

SCONTORNATA su nero

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dell’ordine corinzio, che si era affermato in età augustea, con una accentuazione calligrafica deidettagli che in età neroniana tocca un acme di perfetto equilibrio tra l’accentuazione dellepotenzialità decorative del capitello e il rispetto della sua immagine stabilita, anche quandoqualche inserzione figurata più esuberante potrebbe evocare una voglia di risemantizzazione cheper esprimersi compiutamente dovrà attendere l’età adrianea. In mostra si presentano due begliesemplari, uno di provenienza sublacense (fig. 9), l’altro palatina (fig. 10), che incarnanoperfettamente questa tendenza. Un ulteriore scatto inventivo, però, è dato dalla ricomparsa deipilastri a sezione rettangolare, apparsi nella c.d. basilica Emilia del Foro Romano in età augusteae poi eclissatisi, e riscontrabili nello stesso giro di anni nella Domus Aurea e dai predia di IuliaFelix a Pompei (fig. 11). L’esemplare romano, ritrovato in pezzi in un punto imprecisato degliinterri del padiglione dell’Oppio, costituisce un unicum per il suo trattamento: quando era inopera, infatti, le sue facce, interrotte a mezza altezza da un modulo quadrato, non erano scanalate,ma presentavano scorniciature concentriche intarsiate di porfidi rossi e verdi, prevalenti perquantità e intensità cromatica sul marmo bianco del supporto. Più semplici e “standardizzati”, conle loro scanalature d’ordinanza, ma anch’essi con il modulo quadrato a mezz’altezza, i pilastripompeiani conservano i capitelli assolutamente paragonabili, peraltro, a capitelli sporadici semprerinvenuti negli interri della Domus Aurea. La casa di Iulia Felix, peraltro, sembra voler citare intempo reale le novità più appariscenti della casa del principe, di cui forse si favoleggiava nellefasce più ambiziose della società, come la fontana a gradini nel triclinio, o l’uso dei tartari e delmosaico a pasta vitrea nelle decorazioni murali. Da Anzio proviene il sacello di Ercole del MuseoNazionale Romano, che sembra essere tra le prime manifestazioni compiute di un generedestinato a moltiplicarsi nei ninfei-fontana delle case vesuviane di età neroniana e flavia,culminando col mosaico della casa di Nettuno e Anfitrite. La polimatericità di questa decorazionenon è di per sé una novità, essendo già ben nota nei ninfei tardo-repubblicani, mentre lo è ilprevalere del mosaico parietale di paste vitree, il cui impiego è già peraltro attestato su vasta scalanella grotta di Sperlonga e, naturalmente, nel ninfeo del Polifemo, in asse col grandioso cortileoccidentale del padiglione del Colle Oppio. Ben altri materiali erano stati usati, ad esempio, perl’intronizzazione di Tiridate a re di Armenia sulla scena del teatro di Pompeo, ove tutto rifulgevadi oro: si è proposto di riconoscerne una pallida eco nella famosa e oggi deperitissima scenografiasu una parete della casa di Apollo a Pompei (fig. 12) o sulle pareti dei Triclini di Murecine. Oaddirittura, a mezzogiorno di ogni equinozio, era la luce stessa del sole, intercettando gli spruzzidell’acqua della cascata nell’ambiente nord della sala ottagona del padiglione del Colle Oppio (fig.13), a creare un arcobaleno effimero ed artificiosissimo, più splendido di ogni mosaico o doraturao pietra preziosa. Non ci si meravigli quindi di scoprire derivazioni neanche troppo lontane diquanto creato per il principe recepite con velocità insospettata non solo da aristocratici eplutocrati ambiziosi (la classe dei liberti alla Trimalcione, ma non si dimentichino gli onnipotentiliberti di Claudio, ancora attivi in gran parte del regno di Nerone, prima di cedere il posto ainuovi favoriti) ma anche dai borghesi più velleitari: è grazie a loro che di tante meraviglie, fatteper inganno oppur per arte, è rimasto qualche ricordo.

100 11. Pompei, Praedia di Iulia Felix, il porticoverso il giardino

12. Pompei, Casa diApollo, scenografie di quarto stile

13. Durante gli equinozia mezzogiorno la lucepenetra dall’oculo ailluminare la porta norddella sala ottagonale,foto di P. Marchand, daL’Urbs. Espace Urbain et Histoire. Ier siècle av.J.-C. – IIIe siècle ap. J.-C., Atti del ColloquioInternazionale 1985,Roma 1987

Quando, probabilmente proprio per l’incendio del 64, ci furono le condizioni per rimuoverli, laloro impronta rimase inamovibile, condizionando lo sviluppo perfino della nuova ala occidentale,così regolare e apparentemente priva di condizionamenti visibili. Al contrario, questa nuova aladovette inserirsi tra un confine occidentale preesistente (e non è escluso che dietro quel muro nonvi fossero già le terme che anni dopo, col nome di Terme di Tito, sarebbero state aperte alpubblico sudato del Colosseo) ed il limite spezzato e ora sì immodificabile (pena la perdita dellapreziosissima decorazione) dell’ala orientale. L’ala occidentale costituirebbe quindi l’intervento chetrasformò un padiglione della vecchia Domus Transitoria in uno dei punti più importanti dellanuova Domus Aurea: riconoscere questo metodo di reimpiego di quanto possibile della casaprecedente ci permette di capire meglio come in soli tre anni si potesse inaugurare un progettocosì immane, perché Otone dovesse ancora spendervi milioni di sesterzi, per far poi dire allamoglie di Vitellio che quella casa mancava di comfort. Ciò giustificherebbe anche la vistosadifferenza della decorazione parietale: nell’ala orientale uno stile fastosissimo, elaboratissimo,molto simile a quello dei c.d. Bagni di Livia del Palatino, oggi generalmente ritenuti neroniani,quasi certamente parte della Domus Transitoria e comunque precedenti al 64; nell’ala occidentalealtissimi rivestimenti marmorei, da cui si dipartiva una vera e propria decorazione di quarto stile.Interessantissimo, in termine di percezione estetica antica, il fatto che le mostre marmoree delleporte “rompessero” sistematicamente la decorazione pittorica delle pareti, come se vi fossero statericavate in un secondo momento: così non è, la decorazione è stata altrettanto sistematicamenteconcepita in questo modo, che evidentemente non disturbava l’occhio squisito (o quanto meno lepretese artistiche) di Nerone (?). Che si tratti o meno degli interventi post incendio del 64 (infondo Nerone, incoronato nel 54 e morto nel 68 per sfrenarsi architettonicamente ha avuto moltopiù tempo prima dell’incendio che non dopo) o non anche della Domus Titi (ipotesi da tenersempre presente) potrà essere stabilito solo da una serie di sondaggi archeologici opportunamentemirati (e perché no, fortunati). I contemporanei, meno interessati degli studiosi odierni allafilologia, colsero i risultati finali, il che spiega anche il comparire in molti quadretti del terzo stiletardivo, come quelli (ma non solo) della casa di M. Lucrezio Frontone a Pompei, di edifici moltosimili alla ricostruzione proposta per il corpo centrale del padiglione dell’Oppio nella sua primaversione, ribadendo come la pittura rifletta e al massimo “canonizzi” ma non inventi l’architetturacontemporanea (figg. 5, 6a-b). A Roma, quindi, e nelle immediate dipendenze come le zonevesuviane, si assiste alla sperimentazione di un’architettura di masse murarie, in cui gli ordiniarchitettonici sottolineano – ma non costituiscono – l’invenzione. Anche dal punto di vistadell’ordine architettonico, il periodo giulio-claudio mostra il consolidarsi del predominio

Le immagini ricostruttive del padiglione del Colle Oppiopresentate in calce a questo intervento e le veduted’insieme interpolate nel testo introduttivo alla DomusAurea sono il frutto di una ricerca condotta in quasi diecianni di studi, durante i quali i principi dell’informatica edella rappresentazione computerizzata sono stati messi alservizio di attente indagini storico-critiche, volte allacomprensione profonda di cosa potesse esserel’architettura neroniana nella sua realtà storica. Tale èinfatti da alcuni anni l’obiettivo di Progetto Katatexilux(Katatexilux.com), un giovane studio associato fondatodagli architetti Stefano Borghini e Raffaele Carlani, nelquale, oltre a confluire competenze storiche etecnologiche di alto livello, è da sempre avvertital’esigenza primaria di restituire soprattutto la qualitàestetica dell’architettura antica ormai perduta.Correttezza scientifica e bellezza sono dunque gli aspetti

principali di queste immagini, che costituiscono solol’esito finale di uno scrupoloso processo di ricostruzionearchitettonica, in grado, attraverso una metodologiaappositamente studiata, di giustificare ogni singola sceltaricostruttiva. Tale lavoro non costituisce dunquesemplicemente un apparato iconografico arappresentazione di un’idea preconcetta dell’architetturaantica, ma è di fatto un nuovo modo di condurre laricerca storico-architettonica: tutti i dati archeologicivengono vagliati con attenzione all’interno dellaricostruzione e tutte le ipotesi espresse vengonoaccuratamente verificate attraverso una simulazione deifenomeni fisici reali coinvolti nell’architettura. Unasimulazione che solo i complessi algoritmi gestiti dacalcolatori sempre più potenti, e soprattutto lecompetenze storiche ed estetiche di chi li guida, sono ingrado di assicurare.

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102 10314. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala orientale,Sala ottagona (ProgettoKatatexilux 2011)

15. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala orientale,Ambiente laterale sala ottagona (ProgettoKatatexilux 2011)

16. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala orientale,Ambiente laterale salaottagona (ProgettoKatatexilux 2011)

17. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala orientale,sala della Volta Dorata,particolare (ProgettoKatatexilux 2011)

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18. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,il ninfeo di Polifemovisto attraverso ilgrande triclinio(Progetto Katatexilux2011)

19. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,sala della Volta Nera,particolare (ProgettoKatatexilux 2011)

20. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,il ninfeo di Polifemo(Progetto Katatexilux2011)

21. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,sala della Volta Nera(Progetto Katatexilux2011)

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22. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,sala della Volta Rossa(Progetto Katatexilux2011)

23. Domus Aurea,padiglione del ColleOppio, ala occidentale,sala della Volta delleCivette, parete nord(Progetto Katatexilux2011)

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1. Roma in età neroniana(elaborato di H. Beste e M. Schützenberger)

La preoccupazione per il benessere fisico del popolo trovò espressione in azioni spettacolari: nel62 d.C. ad esempio Nerone fece gettare nel Tevere il frumento destinato alla plebe che era vecchioe deteriorato. Tentò inoltre di migliorare l’approvvigionamento attraverso nuove opere, tra cui gliimpianti portuali di Ostia e Portus, quest’ultimo iniziato da Claudio e riprodotto su alcune serie dimonete neroniane (fig. 3, Mattingly-Sydenham 1923). I porti e quindi l’approvvigionamento diRoma dovevano avere un ruolo molto importante per Nerone, il quale progettò di portare le muradi Roma fino ad Ostia e di fare arrivare l’acqua del mare nell’Urbe (Svetonio, Nerone, 16). Iniziòanche i lavori per un canale che dal Lago d’Averno, nei pressi di Pozzuoli, arrivasse fino ad Ostiacon una larghezza tale “che due navi a cinque ordini di remi potessero navigarvi in sensocontrario” (Svetonio, Nerone, 31). Accanto alla testimonianza di Tacito (Annali, 15, 42), restanotracce di lunghi tratti di questo canale tra il lago di Lucrino, Cuma e Mondragone nonché nellazona di Monte Circeo, sebbene qui fossero sfruttate anche le lagune del lago di Paola.Probabilmente già prima di Nerone si tentò di evitare attraverso un canale il viaggio intorno alpromontorio (Johannowsky 1990; Johannowsky 1994; Lugli 1928). Resta dubbio sel’ampliamento di Anzio con un prestigioso porto e la colonia di veterani pretoriani (Svetonio,Nerone, 9) fosse legato a questo sistema di canali.

Una delle maggiori aspirazioni di ogni imperatore romano era la legittimazione della propriarivendicazione di potere. Questa avveniva a diversi livelli, ma già Augusto con uno dei suoi primiprovvedimenti fece erigere in posizione dominante sul Foro Romano un tempio dedicato al padre,Giulio Cesare, divinizzato dopo la morte. Anche Nerone dimostrò la sua pietas con ladivinizzazione del padre secondo il modello stabilizzato: tenne un elogio funebre per Claudio dai

108 Nerone è noto soprattutto per le dimensioni e lo sfarzo delle sue residenze, in particolare gliedifici, da lui ampliati, dei suoi predecessori sul Palatino e negli horti di Roma (fig. 1). Dopo ilgrande incendio del 64 d.C., tentò di riunirli in un’unica struttura, la Domus Aurea, oltre adedificare sistematicamente diverse zone di Roma.

Tacito (Storie, 15, 43, cfr. Svetonio, Nerone, 16 e Historia Augusta 5, 1-2) racconta con ammirazioneche dopo il terribile incendio Nerone fece ricostruire i quartieri distrutti con ampie strade e porticiche circondavano ogni isolato, lasciando aree vuote per farne piazze e prescrivendo l’altezza degliedifici. Le macerie furono utilizzate per bonificare le paludi di Ostia e i portici vennero costruiti aspese dell’imperatore. Nerone ridusse la percentuale di legno utilizzato nelle insulae a più piani afavore della pietra, refrattaria al fuoco, garantì l’approvvigionamento idrico dei vari quartieri eprescrisse che presso ogni casa fosse tenuto il necessario per spegnere il fuoco. Questi provvedimentiaccrebbero il decoro della città, che fino ad allora non spiccava per la particolare qualità delle caseper la plebe. Si affermò dunque uno schema che rimase determinante anche per il periodosuccessivo, sebbene non mancarono le critiche di chi considerava migliore l’antica struttura, convicoli stretti ma al riparo dai raggi del sole, come riferisce Tacito.Già in precedenza gli imperatori avevano varato provvedimenti per regolamentare la costruzionedegli edifici; sotto Nerone essi presero però forma più concreta, già solo per il fatto che bisognavaricostruire grandi aree. Abbiamo tracce di questi nuovi edifici forse sul Celio, all’angolo tral’acquedotto fatto costruire da Nerone per l’approvvigionamento del Palatino e il lato meridionaledel Tempio del Divo Giulio. Qui dopo il grande incendio del 64 d.C. furono costruite, quasi adelimitare la Domus Aurea, prestigiose insulae che riflettono tutta una serie di criteri descritti, inparticolare i portici lungo la strada, profondi circa 6 metri (Pavolini 2006, pp. 93-101, figg. 64-65, 71).Resta tuttavia oscuro in quale misura e con quale efficacia siano state attuate le nuove forme.L’ammirazione di Tacito fa comunque supporre un’attività estesa e non limitata alle immediatevicinanze della Domus Aurea.

Sebbene le nuove insulae siano sorte in conseguenza dell’incendio, Nerone già in precedenza siera preoccupato della popolazione urbana, inaugurando nel 59 d.C. il macellum magnum (fig. 2,Cassio Dione, 61, 18, 3). Possiamo avere un’idea del suo aspetto dall’immagine riportata su alcunidupondi: un edificio rotondo a due piani al centro di una grande piazza, in cui venivano vendutial dettaglio soprattutto carne e pesce ma anche beni di lusso, come testimonia l’iscrizione tombaledi un argentarius (LTUR III s.v. Macellum Magnum).

H E N N E R V O N H E S B E R GL ’ AT T I V I T À E D I L I Z I A A R O M A

A L L ’ E P O C A D I N E R O N E

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5. Tempio di Claudio sulCelio (elaborato di H. Beste e M. Schützenberger)

6. Terme di Nerone sulCampo Marzio, pianta sulla base dei disegni di Andrea Palladio (da G. Ghini)

110 2. Moneta con larappresentazione del Macellum Magnum.Collezione privata

3. Moneta con larappresentazione di Portus. Collezioneprivata

4. Moneta con larappresentazionedell’Arco di Nerone sul Campidoglio.Collezione privata

rostra del Foro e decretò funerali solenni (Tacito, Annali, 12, 69, 2-3; Svetonio, Nerone, 9, 1).L’apoteosi viene ironizzata nella nota Apocolocyntosis di Seneca (La deificazione della zucca) e lostesso Svetonio (Vespasiano, 9) riporta che il tempio del Divo Claudio sul Celio, secondo questatradizione iniziato da Agrippina e subito dopo demolito da Nerone, sia stato terminato solo daVespasiano. Nel complesso questo quadro crea però alcuni problemi (fig. 4). Agrippina deve averiniziato la costruzione dell’edificio negli anni immediatamente successivi all’apoteosi di Claudiodel 54 d.C. Il tempio doveva mostrare a tutto il mondo che il suo consorte era stato accolto tra glidei e questa divinizzazione confermava la sua pietas, allontanando da lei il sospetto di averavvelenato l’imperatore, e soprattutto garantiva il potere alla stessa Agrippina e al figlio Nerone,adottato da Claudio.I resti archeologici mostrano innanzitutto un impianto articolato in due parti (LTUR I s.v.Claudius Divus, Templum). Il tempio era impostato su un’imponente terrazza delle dimensioni dim 205 x 160 circa, alta in parte ben oltre 10 metri. Le dimensioni del tempio, al centro dellaterrazza, tramandate solo dalla pianta nella forma urbis Romae severiana, erano invece piuttostomodeste, m 25 x 40 circa. Le indicazioni relative alla pianta fanno inoltre supporre che il tempio,circondato da siepi o file di alberi concentriche, costituisse il fulcro di un ampio parco.I resti del terrazzamento conservato sotto la chiesa dei SS. Giovanni e Paolo dovrebbero esseredatabili all’epoca di Agrippina, come testimoniano i blocchi in bugnato particolarmenteaccentuato, che trovano un parallelo solo nella Porta Maggiore, di età claudia. La sostruzione eraquindi stata terminata poco dopo l’ascesa al trono di Nerone.Resta naturalmente aperta la questione se ciò valga anche per il tempio, in quanto non ne sonoconservati resti, sebbene non sia verosimile che, dopo la costruzione di una tale terrazza, si siarinunciato a costruire il tempio, di dimensioni ben limitate, tanto più che l’edificazione della DomusAurea iniziò solo dopo il 64 d.C. È invece piuttosto improbabile che Nerone abbia volutamentedistrutto l’edificio, come vuol far credere il passo di Svetonio, poiché non ne avrebbe guadagnatonulla. Il fatto che l’edificio sia stato inserito nell’area della Domus Aurea, facendolo precedere daun’enorme fontana, la più grande di Roma fino ad allora, potrebbe essere stato interpretatopiuttosto in questo senso dai contemporanei. Inoltre anche la sproporzione tra terrazza e tempiopotrebbe aver portato ad interpretazioni astiose. Se paragonato al tempio del Divo Giulio, infatti,questo edificio non era neppure particolarmente piccolo ma, diversamente da questo e dal tempiodel Divo Augusto, era lontano dal Foro Romano, su un’alta terrazza e inserito in un parco. Quidunque rispetto agli edifici precedenti con la stessa funzione è subentrato un cambiamento disignificato, che sposta il culto dell’imperatore divinizzato dal centro politico trasformandolo in unmomento di piacere per il visitatore, per cui è praticamente predestinato a venire poi integrato come“parte estrema” del vasto impianto della Domus Aurea (Marziale, Gli spettacoli, 2, 9-10).I primi anni di regno dell’imperatore, pertanto, invece di una presupposta cattiveria, potevanonascondere una generale trasformazione nella concezione di tali impianti templari e delladivinizzazione. Infatti la disposizione degli elementi viene in seguito ripresa nel Templum Pacis:anche qui il concetto tradizionale dei fori degli imperatori viene trasformato e arricchito conl’aspetto del parco. Comunque siano da interpretare i dettagli, nel complesso il tempio del DivoClaudio rappresenta il primo grande edificio templare di età postaugustea. Conosciamo il tempiodi Augusto, fatto costruire da Tiberio, solo dalle immagini riportate sulle monete (LTUR I s.v.Augustus, Divus, templum). L’ampia facciata del tempio del Divo Claudio era orientata allaresidenza dei primi imperatori sul Palatino e con le sue dimensioni dominava la strada chepassava tra questo colle e il Celio, una via percorsa da importanti processioni, come ad esempio itrionfi o i cortei funebri dei membri della casa imperiale che dal Foro raggiungevano il CampoMarzio. La moglie dell’imperatore, Poppea, dopo la sua morte nel 65 d.C., sebbene Nerone nel suoelogio funebre l’abbia chiamata “madre di una figlia divina”, non venne divinizzata maimbalsamata alla maniera dei re orientali e tumulata nel mausoleo di Augusto (Tacito, Annali, 16,6). Anche a Nerone venne prospettato dal senato un tempio quando era ancora in vita, dopo lacongiura di Pisone, ma lo rifiutò.

Dopo le vittoriose battaglie contro i Parti, nel 58 d.C. il senato fece erigere sul Campidoglio unarco trionfale che venne però inaugurato solo nel 62 d.C. Si tratta di un monumento moltoinsolito rispetto alla tradizione degli archi trionfali, con una ricca decorazione figurativa e sfarzosi

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greci, erano i primi giochi di questo tipo a Roma. Nerone riprese lo schema dei giochi greci adesempio di Olimpia, sottolineando ulteriormente questo riferimento con strutture quali ilcollegio di giudici, a cui sembra sottomettersi anche l’imperatore, e la partecipazione dellevergini Vestali, in analogia alle sacerdotesse di Demetra ad Olimpia.Le terme ci sono note in particolare dalla documentazione di Andrea Palladio e dai resti in situ(fig. 6), interpretati da ultimo da Giuseppina Ghini. Il restauro di Alessandro Severo, che dovetteessere molto vasto, costituisce un problema in quanto risalgono a questo periodo il noto capitellofigurato conservato nel Giardino della Pigna dei Musei Vaticani e anche la maggior parte delladecorazione architettonica, e solo pochissimi resti possono essere datati in età neroniana (Ghini1988, p. 168, tav. 30). Se la disposizione della pianta corrisponde all’edificio neroniano, come èprobabile già solo per il fatto che gli assi dell’impianto si allacciano al precedente ginnasio, ilcomplesso costituì il prototipo delle successive terme imperiali, le più note delle quali sonoquelle di Traiano, Caracalla e Diocleziano. Diversamente dagli impianti fino ad allora in uso, leterme di Nerone si distinguevano per le immense sale e i grandi cortili. Al di là dell’enormeimpegno costruttivo e degli ingenti costi per la decorazione architettonica e le sculture, ilproblema era soprattutto l’approvvigionamento di acqua e calore. Dimensione e disposizione deivani richiedevano grandi quantità di energia.Così era profondamente cambiato il carattere di questi impianti. Già i balnea o le termeprecedenti comprendevano molti elementi che, diversamente dagli impianti ellenistici con leloro semplici vasche, permettevano grande lusso. La nuova qualità delle terme di Nerone eradata dalla sequenza di alte sale inondate di luce in stretto rapporto con le vasche. A queste siaggiungevano diversi cortili, esaltando ulteriormente una qualità già propria delle terme romanema ancora modesta, ovvero da un lato la possibilità di incontrarsi e intrattenersi in modoinformale in un ambiente piacevole e dall’altro dedicarsi alla cura del corpo anche con eserciziginnici. Questi aspetti furono connotati positivamente attraverso la decorazione, in quantol’ampiezza delle sale e il facile accesso creavano una sorta di piazza pubblica, analogamente adaltri portici e piazze sul Campo Marzio.Se possiamo considerare neroniana la pianta tramandata delle terme e riferirla all’attività ediliziadell’imperatore, essa si distingue chiaramente dagli impianti successivi di questo tipo a Roma(Krencker 1929, pp. 263-265). Le grandi terme degli imperatori che seguirono erano inserite inampi cortili a loro volta annessi ad una serie di edifici subordinati. Alle terme di Nerone i cortilierano invece annessi, come si vede in modo particolarmente chiaro a sud. Queste disposizioninon possono essere spiegate semplicemente con la mancanza di spazio, in quanto si sarebberopotute trovare soluzioni diverse. Si delinea piuttosto una diversa concezione per l’usodell’edificio. Le grandi sale caldarium, tepidarium e frigidarium, pur formando anche qui giàl’asse principale dell’impianto, per dimensioni vengono quasi raggiunte da due assi che lecircondano e collegano cortili, sale e altri ambienti. Mentre successivamente tutte le sequenze edisposizioni di vani erano orientate verso il centro, nelle Terme di Nerone le parti eranoaffiancate ed equiparate.La loro importanza venne ulteriormente sottolineata dai numerosi vani collegati che possonoessere interpretati come biblioteche, sale per conferenze ed esedre. Nel progetto si nota che gliarchitetti dovevano ancora prendere dimestichezza con le nuove funzioni dell’edificio. Il risaltodato ai singoli peristili ha però un effetto programmatico. Qui erano presenti diversi cortili per lacura del corpo e dello spirito come in un ginnasio greco. Le terme possono dunque essere intesecome luogo di educazione e di otium, ma appunto con la specifica sfumatura del modello greco.Questa interpretazione viene avallata dall’impianto annesso a sud alle terme. Recenti scavieffettuati nell’ambito della progettazione di una nuova metropolitana davanti alla chiesa diSant’Andrea della Valle hanno permesso a Fedora Filippi di reinterpretare scavi precedenti inquest’area e identificare l’edificio con il ginnasio di Nerone (figg. 7, 8; LTUR II s.v. GymnasiumNeronis; Filippi 2011). Si tratta di un peristilio lungo circa 200 metri e largo 100, che circondavauna o più profonde vasche. L’impianto può essere datato in età neroniana, sebbene restaurato inepoca successiva, e nella pianta ricorda i gymnasia greci per cui potrebbe essere identificato conil ginnasio neroniano testimoniato da diverse fonti. Tacito (Annali, 15, 22) riporta che ilginnasio bruciò poco dopo essere stato costruito e la statua di Nerone in esso contenuta siridusse ad una massa informe di bronzo. Tuttavia vede questo edificio anche come espressione

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ornamenti, testimoniati, oltre che dalle riproduzioni sulle monete (fig. 4), da alcuni frammentimarmorei del rivestimento. A differenza degli archi precedenti, in cui il trionfatore, rappresentatoda una statua sulla sommità dell’arco, costituiva l’effettivo scopo del monumento, qui il riccodecoro con immagini illustrava ulteriormente le gesta e il programma dell’imperatore (LTUR Vs.v. Tropaea Neronis).In seguito al catastrofico incendio del 64 d.C. venne distrutta gran parte del centro della città.Caddero vittima del fuoco anche il tempio di Vesta con la casa delle Vestali (Tacito, Annali, 15,41), riedificato con alcune limitazioni a favore dei portici nel vestibolo della Domus Aurea. Iltempio è riprodotto anche su una serie di sesterzi (LTUR V s.v. Vesta Aedes).

Nerone diede grande importanza alla nuova articolazione del Campo Marzio (fig. 1). Agrippa eAugusto avevano qui dato vita a una qualità urbana fondamentalmente nuova rispetto all’etàrepubblicana, inserendo la parte settentrionale del Campo Marzio con il mausoleo ed ilPantheon nella sfera urbana. Con il teatro di Pompeo e i portici annessi si erano qui giàconcentrati edifici per l’intrattenimento del popolo, ma anche questi impianti in età augusteaerano stati ampliati con vari teatri, l’anfiteatro di Statilio Tauro, le terme di Agrippa e unaquantità di portici e stagni, in parte anche per i giochi, in un’area praticamente ininterrottaaperta al divertimento del popolo. Ciò considerato non è facile definire la qualità specificamente nuova che determinò le attività diNerone in questa regione. “Cosa è peggio di Nerone? E cosa meglio delle sue terme?” si era giàchiesto Marziale (7, 34, 4), evidenziano così ancora una volta il dilemma della nostra tradizione.Le fonti oscillano anche qui tra polemica astiosa e affermazioni panegiriche che nella loroesaltazione offuscano ben presto caratteristiche fondamentali delle attività. Le testimonianzearcheologiche restano invece scarse o incerte nella loro attribuzione.Nella cronologia delle attività edilizie l’anfiteatro, in legno ma con una prestigiosa decorazione,fu il primo impianto ad essere edificato nel Campo Marzio sotto Nerone nel 57 d.C. Possiamoavere un’idea dell’edificio solo dalla descrizione di Calpurnio Siculo (Egloghe, 7, 23-84; LTUR Is.v. Amphitheatrum Neroni).Se possiamo dar credito a Svetonio (Nerone, 12,1), i romani, fedeli alle tradizioni, siscandalizzarono per il fatto che durante i giochi venissero soppresse determinate regole: durantei combattimenti dei gladiatori l’imperatore non fece uccidere nessuno e fece poi esibire neicombattimenti con le spade persino 400 senatori e 600 membri dell’ordo equestre. Svetoniosottolinea indignato che alcuni di loro godevano di una fortuna e una reputazione altissima.Evidentemente dietro ciò si nascondeva il tentativo di sperimentare con gli edifici nuove formedi presentazione sociale, alle quali parteciparono volontariamente rappresentanti dei singoliordines. Altrimenti infatti non si sarebbero presentati circa i due terzi del senato. Se a questoaggiungiamo che alcuni giovani eseguirono danze pirriche, ottenendo come compenso lacittadinanza romana, ci troviamo apparentemente di fronte al tentativo di trasferire a Romaforme greche. Ciò dovrebbe valere sia per i giochi gladiatori incruenti che per i combattimenticon le spade e spiegherebbe perché vi fosse un certo interesse anche da parte dei rappresentantidei due ordines più elevati (Flaig, Ritualisierte Politik, pp. 254-259, parla di “rivoluzioneculturale neroniana”).Vi furono poi altri due particolari irritanti: l’imperatore non presiedette infatti, come era usuale,i giochi, ma si nascose nella sua loggia, segnalando così che, seguendo la tradizione greca, nonvoleva dominarli. Aveva piuttosto previsto un comitato appositamente scelto. Malgrado tutto vifurono anche degli imprevisti, come l’episodio di Pasifae con il toro o un Icaro che al primotentativo di volo cadde schizzando di sangue addirittura l’imperatore (Coleman 1990). Se alcunidi questi episodi si svolsero nell’anfiteatro ligneo, allora è indicativo che Calpurnio Siculoriferisca solo di bestie feroci e della presenza dell’imperatore. Ci troviamo sempre nuovamente difronte a conflitti nella tradizione.Con la costruzione dell’anfiteatro devono essere iniziati anche i lavori per le grandi terme,inaugurate nel 62 d.C. (LTUR V s.v. Thermae Neronianae/Alexandrinae), nel contesto deiNeronia, giochi che si tenevano ogni cinque anni, i primi dei quali risalenti al 60 d.C., i secondial 65 d.C. Tra le discipline Svetonio (Nerone 12, 3) cita la musica, la ginnastica e l’equitazione.Cassio Dione (61, 21) sottolinea espressamente che i Neronia, per il loro orientamento ai modelli

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d’oro e dedicati a Giove Capitolino”. In un altro passo Svetonio (Nerone, 12) riferisce chel’imperatore durante i certamina si sedeva tra i senatori al margine dell’orchestra del teatro, equi aveva ottenuto la corona dell’eloquenza e della poesia latina, contesa a onorevoli concorrenti,ma quando gli fu offerta la corona di suonatore di cetra la fece portare di fronte alla statua diAugusto. Durante il concorso era seriamente ossequiente al regolamento (Svetonio, Nerone, 24;Tacito, Annali, 16, 4). Evidentemente si sforzò affinché nell’ambito dei giochi i concorrentiavessero gli stessi diritti e incoraggiò i membri degli ordines più elevati a concorrere alle gare,partecipandovi in prima persona.È ovvio che questa concezione, da un certo punto di vista quasi utopica, sarebbe rimasta in sécontraddittoria e avrebbe portato di conseguenza a molti atteggiamenti e reazioni controverse.Scandalosa rimase per i senatori e gli equites che sin dal principio rifiutarono di partecipare, nontanto la disciplina – retorica, poesia e ginnastica erano infatti praticate dalla maggior parte diloro – quanto piuttosto la rappresentazione in pubblico. Questi dubbi caratterizzano persino lostesso Nerone, in principio ancora titubante a comparire come attore nei ludi. Solo alcuneattività erano tradizionalmente permesse a questi ordines. Problematico era certamente anche ilfatto che l’imperatore si identificasse sempre maggiormente con questo atteggiamento, volesseavere successo in ogni campo e dovesse necessariamente averlo, riuscendo a conciliare sempremeno le rivendicazioni della sua concezione con il proprio atteggiamento personale. Si arrivòpersino al punto che durante i Neronia, contrariamente alla prassi, salì sul palco con una partedei pretoriani e alcuni amici (Svetonio, Nerone, 21).I Neronia con le loro diverse discipline si svolgevano sostanzialmente in tutta Roma (fig. 1). Legare equestri non si possono che immaginare al Circo Massimo, per quelle ginniche vengonomenzionati i saepta (LTUR IV s.v. Saepta Iulia). Angelo Maria Colini aveva inoltre supposto chel’edificio dello stadio (l’attuale Piazza Navona) datato in età domizianea avesse una faseneroniana (Colini 1941, pp. 22-23.). Nell’area delle terme di Nerone si sarebbero dunque trovativari edifici per lo svolgimento delle singole discipline dei ludi.Altre attività edilizie di Nerone sono tramandate soprattutto nell’ambito di feste e giochi.Tiridate III venne confermato nella sua dignità di re d’Armenia nel 66 d.C. a Roma all’interno diun cerimoniale estremamente sfarzoso, ma neppure la relazione di Svetonio (Nerone, 13)chiarisce quanto ciò si possa interpretare come evento mediatico. Lo storico inserisce questoevento tra gli spettacoli e riporta che dovette essere spostato a causa della nebbia. La primaintronizzazione venne celebrata sui rostra, nel Foro Romano, la seconda nel teatro di Pompeo, ilcui palcoscenico, secondo la testimonianza di Plinio (Storia Naturale, 30, 3) per questo giornovenne ricoperto d’oro, mentre sulla vela fu intessuta l’immagine del dio del sole con il ritratto diNerone (LTUR V s.v. Theatrum Pompei).Per i suoi ludi e le rappresentazioni utilizzò anche gli impianti al di là del Tevere, negli hortiVaticani. Qui Caligola aveva costruito un imponente circo, il cui obelisco si trova oggi al centrodi Piazza San Pietro (Liverani 1999, pp. 21-27, 131, n. 57). Probabilmente risale a questoimperatore anche un ponte, di cui si riconoscono ancora nel Tevere i possenti pilastri, checollegava direttamente il Campo Marzio con questi luoghi dei giochi. La definizione PonsNeronianus è tuttavia testimoniata solo successivamente, nel medioevo (LTUR IV s.v. PonsNeronianus ). Nerone utilizzò gli impianti nell’ager Vaticanus anche per gli spettacoli pubblici:qui nel 64 d.C. fece bruciare vivi i Cristiani, considerati colpevoli dell’incendio di Roma,certamente una terribile punizione, ma forse da interpretare come uno degli spettacoli consoggetti mitici sopra citati, per esempio la fine di Troia (Tacito, Annali 15, 44). Si esibì qui anchedavanti agli schiavi e alla plebe nelle corse dei carri, come riporta Svetonio (Svetonio, Nerone,22), per prepararsi alle grandi esibizioni al Circo Massimo.Il suo ritorno dall’Achaia nel 66 d.C., dove partecipò a tutti i giochi possibili, fu organizzato,secondo quanto tramandato da Svetonio (Nerone, 25) come un corteo trionfale. Approdato aNapoli gli venne aperta una breccia nelle mura poi, passando per Anzio e Bovillae (Albanum)entrò a Roma, dove nel Circo Massimo venne smantellato un arco. La processione terminò,diversamente dal trionfo, sul Palatino, davanti al tempio di Apollo.Al di fuori di Roma Nerone progettò una piscina coperta e circondata da portici che dovevaestendersi da Miseno fino al Lago d’Averno e raccogliere tutte le acque termali della regione(Svetonio, Nerone, 31), probabilmente per valorizzare la regione di Baiae.

114 7. Ginnasio di Nerone sulCampo Marzio, sezione(elaborato da F. Filippi)

8. Ginnasio di Nerone sul Campo Marzio,frammento di trabeazione.Roma, AntiquarioComunale del Celio

della forma greca di libertas. Filostrato (Vita di Apollonio di Tiana, 4, 42) racconta che Nerone,in occasione dell’inaugurazione del ginnasio, cantò in uno dei suoi ambienti.Con le terme e il ginnasio Nerone voleva raggiungere la qualità della cultura greca. Sia Svetonio(Nerone, 12, 3) che Tacito (Annali, 14, 47) tramandano infatti un evento singolare: nel ginnasiol’imperatore fece distribuire dell’olio ai membri dell’ordo senatorius ed equestris. Poiché è esclusoche essi non avessero i mezzi per acquistarlo, si intendeva così integrare socialmente i duegruppi nella vita delle terme, la cui disposizione spaziale permetteva nella stessa misura distanzae avvicinamento, cosa impensabile negli edifici precedenti. Nerone aveva dunque in mente unnuovo tipo di edificio per una comunità in cui i cittadini si potessero riunire con disinvoltura.Analogamente ai giochi nell’anfiteatro questo nuovo tipo di partecipazione di tutti i cittadini ailudi veniva accompagnato da riferimenti al passato greco. Tutti dovevano curare il corpo ingiochi ginnici, come già avveniva nelle città greche e godere delle relative manifestazioni, checulminavano con la premiazione dei Neronia. Lo stesso Nerone vi prese parte e Svetonio(Nerone, 10) e molti altri tramandano che alle sue esercitazioni ginniche nel Campo Marziopoteva assistere anche il popolo. Declamò pure in pubblico e recitò poesie. Viene espressamentesottolineato che non lo fece solo in casa sua, ma anche in teatro e sorprende leggere nelladescrizione Svetonio, altrimenti ostile, che lo fece “con così grande gioia di tutti, che dopo unasimile esibizione furono decretati ringraziamenti agli dei e i versi da lui letti impressi a caratteri

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9. Capitello corinzio d’età neroniana dalla villa di Nerone aSubiaco. Subiaco,Monastero di Santa Scolastica

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La tradizione offre un quadro variegato dell’attività edilizia di Nerone che da un cantotestimonia l’attenzione dell’imperatore e allo stesso tempo anche i deficit nella realizzabilità digrandi progetti. Evidentemente, come per la costruzione dei canali in Italia, era l’idea ad esserein primo piano, non tanto il fatto che il progetto venisse portato a termine. A giudicare dallerestanti attività edilizie si ha l’impressione che con l’ausilio dei giochi volesse creare a Romanuove forme di intrattenimento in cui il popolo potesse ritrovarsi. L’otium, una volta riservatoalla sfera privata, diventava ora pubblico.

Una qualità precipua degli edifici romani era la decorazione, in particolare il rivestimento dipavimenti e pareti e gli ornamenti scelti. Proprio questa qualità viene qui esaltata. Conosciamosolo pochi edifici chiaramente datati in epoca neroniana che permettano di avere un’idea di taliforme di decorazione. Si tratta soprattutto di impianti di rappresentanza, quindi gli edifici sulPalatino, la villa a Subiaco o singole parti di altri contesti (figg. 8, 9). In essi si può leggere ilnuovo linguaggio delle forme che utilizza modelli diffusi in determinati settori dell’architetturaprecedente, ad esempio in edifici privati o ambienti interni di edifici pubblici, un linguaggio cherientrerebbe pertanto perfettamente nel contesto della sua epoca. Allo stesso tempo si nota peròche in queste parti di edifici di età neroniana i dettagli sono particolarmente sottolineati,guadagnando così monumentalità e rifacendosi alle modalità di articolazione della decorazionedegli edifici pubblici tradizionali (von Hesberg 2004, pp. 64-72, figg. 94-109).Viceversa, per i pochi edifici pubblici di età neroniana di cui conosciamo parte della decorazioneornamentale, quindi ad esempio il c.d. ginnasio, le terme o l’arco di trionfo, vengono scelteforme che si distinguono chiaramente dalle modalità di articolazione precedenti e possono a lorovolta essere messe in relazione con modelli dell’architettura privata tradizionale, in particolare ledecorazioni in stucco (La Rocca 1992; Riemenschneider 1986, pp. 41-82). Evidentementevengono quindi superati o confusi i limiti della semantica degli ornamenti.Plinio (Storia Naturale, 36, 163) riferisce che sotto Nerone nella Domus Aurea il tempio dellaFortuna, chiamato tempio di Seiano, consacrato da re Servio, venne restaurato con una pietratrasparente proveniente dalla Cappadocia, per ottenere l’effetto che a porte chiuse, fosseinondato di luce, come se fosse catturata all’interno di specchi (LTUR II 1995 s.v. FortunaSeiani, aedes). Evidentemente si volevano stupire i visitatori con effetti strabilianti.È significativo che queste forme non vengano più utilizzate nell’architettura pubblica di etàflavia, dove dominano capitelli corinzi e trabeazioni dalle forme tradizionali. Propriol’ornamentazione può pertanto mostrare quanto gli artigiani e gli architetti in età neroniana sisforzassero di trovare un linguaggio di forme adeguato alle nuove concezioni edilizie.

Si possono dunque riconoscere nell’attività edilizia di Nerone a Roma alcune chiare tendenze.Cerca di essere all’altezza delle rivendicazioni degli imperatori e costruisce “per il popolo”(Zanker 1997), tentando però in modo particolare di attuare un concetto che, proprio nel campodei giochi, in una sfera dunque in cui aveva luogo una forma privilegiata di intensacomunicazione con il popolo, si distaccava dalla tradizione dominante implicando una profondatrasformazione che pareva eliminare, almeno per la durata dei giochi, i vari ordines (Flaig,Ritualisierte Politik, pp. 254-259). A queste aspirazioni corrisponde il desiderio di evidenziare inmodo fino allora senza precedenti la propria posizione come imperatore nella sua residenza. Perraggiungere questi obiettivi venne sviluppato praticamente in tutti i generi edilizi un nuovolinguaggio formale.

Un più ampio contributo verrà pubblicato nel volumeBlackwell Companion to Neronian Literature and

Culture, a cura di Emma Buckley e Martin Dinter(pubblicazione prevista per il 2012).

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1191. Ritratto di Nerone.Roma, Museo Palatino

118 “Non in alia re tamen damnosior quam in aedificando”, così Svetonio commenta (Nerone, 31) lamegalomania di costruire che caratterizzò Nerone durante tutto il suo regno (fig. 1).In realtà dopo Augusto, che visse in una casa che non si distingueva “né per lusso, né percomodità” (Svetonio, Augusto, 72, 1), si pensava, in base ad un famoso passo di Flavio Giuseppe(Antichità Giudaiche, 19, 117), che anche gli imperatori giulio-claudii, fino a Nerone,continuassero nella sobrietà del loro avo e non abitassero in un vero palazzo, ma in una residenzacostituita da abitazioni separate, le domus Palatinae o domus Caesarum, denominate da chi leaveva abitate per primo oppure le aveva costruite.Era stato Nerone, infatti, a edificare il primo palazzo concepito in forma unitaria sul colle, e acambiare completamente l’architettura e le dimensioni della residenza palatina, arrivando arivoluzionare i criteri costruttivi e l’organizzazione urbanistica di tutta la città.In quest’ottica gli scavi lunghi e complessi condotti nel settore occidentale del Palatino avevanoindotto a ritenere che il palazzo denominato Domus Tiberiana altro non fosse che un nucleo dellaDomus Aurea, costruito da Nerone e inserito nel suo progetto architettonico.Questa consolidata credenza è stata di recente rivoluzionata dagli scavi sulla terrazza degli OrtiFarnesiani, intrapresi al fine di sanare i gravissimi dissesti statici della costruzione, e che hannopermesso di ricostruire un quadro cronologico della Domus Tiberiana del tutto nuovo, conripercussioni che investono la cronologia e l’architettura dei Palazzi imperiali del Palatino nel lorocomplesso.Gli scavi ancora in corso sia sulla terrazza degli Orti che nei sottostanti criptoportici, fino a tempirecenti interrati, hanno evidenziato una planimetria – articolata su due livelli – finorasconosciuta, che oggi delinea un nuovo quadro dell’architettura e delle fasi del palazzo giulio-claudio del Palatino.Nella I fase (fig. 2, in rosso nella planimetria), esistente forse già in epoca tiberiana, il criptoportico,alto circa 5 metri, presentava bocche di lupo aperte lungo i muri perimetrali (fig. 3); al di sopra sideve immaginare un portico le cui colonne erano posizionate negli spazi tra le gole di lupo.In una seconda fase (arancione in pianta) fu messa in opera, con funzione di rinforzo, una foderalaterizia, di spessore di cm 60 circa, che ha rivestito tutta la parete interna del criptoportico,provocandone un restringimento e un abbassamento. In questa fase il portico sovrastante dovetterimanere invariato, ma l’elemento architettonicamente nuovo e più rilevante evidenziato dagliscavi è la costruzione, all’interno del peristilio, di una grande vasca polilobata, rivestita di lastre dimarmo bianco; sui lati, due zone rettangolari destinate a giardino, realizzato con il consuetosistema di impermeabilizzazione costituito da suspensurae (fig. 4).

M A R I A A N TO N I E T TA TO M E IN E R O N E S U L PA L AT I N O

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121120 2. Scavi sugli OrtiFarnesiani. Planimetriadel peristilio con vasca e dei sottostanticriptoportici

3. Criptoportico sottogli Orti Farnesianidurante lo scavo

La realizzazione della vasca si può collegare con la presenza di un lungo frammento di fistulaplumbea del diametro di cm 15, rinvenuta in situ a ridosso della fodera di rinforzo: il condottoreca l’iscrizione TI CLAVDI CAES AVG, menzionando pertanto il nome dell’imperatore Claudio(fig. 5).Si era già supposto all’inizio delle indagini che potesse essere questa la galleria dove, secondoFlavio Giuseppe, l’imperatore Caligola fu ucciso dai congiurati capeggiati da Cassio Cherea (FlavioGiuseppe, Antichità Giudaiche, 19, 103-104). Oggi i dati dello scavo, condotto in condizioni dinotevole difficoltà a causa delle difficili situazioni statiche, confermano l’ipotesi, in quanto questiampi criptoportici – da considerare gallerie di comunicazione all’interno del Palazzo – furonoristrutturati e rinforzati da Claudio, come si è visto, ma certamente già esistevano al tempo diCaligola.È dunque un dato inatteso e assai rilevante che non fu Nerone e neppure gli imperatori Flavi adare per la prima volta monumentalità al palazzo imperiale del Palatino, ma forse già Tiberio epoi Caligola avevano iniziato un progetto, poi realizzato dal vecchio Claudio (41-54 d.C.), l’eruditomarito prima di Messalina, che egli fece uccidere per i suoi tradimenti, e poi di Agrippina, di cuiadottò il figlio Nerone.Sotto Claudio dunque la prima residenza imperiale, costituita dai nuclei differenziati delle domuspalatinae Caesarum , era già stata trasformata in un palazzo architettonicamente unitario cheoccupava tutta la parte occidentale del Palatino, sia pur inglobando al suo interno i diversi settori.Sotto Claudio già esistevano, infatti, sul piano nobile della Domus Tiberiana, un ampio porticocolonnato, ricchi giardini e una grande vasca, anticipando quanto poi riproposero i Flavi sia inquesto, che negli altri peristili del loro palazzo.Tra i ricchi e numerosi i materiali scultorei di età giulio-claudia finora recuperati nello scavo diquesta settore centrale della Domus Tiberiana segnaliamo, in quanto esposta in mostra, la statuamaschile acefala in marmo greco, con tracce evidenti di colore nel panneggio (fig. 6). La scultura– di particolare complessità nell’assemblaggio dei pezzi che la compongono, come ha evidenziatoil restauro – raffigura verosimilmente un principe di età giulio-claudia, stante in nudità eroica;della stessa epoca la raffinatissima cista con tracce di doratura e numerosi importanti resti didecorazioni architettoniche.

Fu qui, sui gradus Palatii della residenza di Claudio, che Nerone diciassettenne nel 54 d.C. fueletto imperatore (Svetonio, Nerone, 8) e in questo palazzo visse certamente i primi anni del suoregno, sotto il controllo illuminato del maestro Seneca.

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122 1234. Vista aerea dello scavo sugli Orti Farnesiani

5. Fistula plumbeacon il nomedell’imperatore Claudio

6. Statua di principegiulio-claudio dagliscavi alla DomusTiberiana

7. “Bagni di Livia”.Resti della DomusTransitoria sottoil Triclinio dellaDomus Flavia

Le costruzioni neroniane del Palatino, più che dai resti archeologici che ci sono conservati, sononote in base al famoso passo di Svetonio secondo cui Nerone “domum a Palatio Esquilis usquefecit”; la residenza, dapprima definita “transitoria”, fu ricostruita dopo l’incendio del 64 d.C. echiamata “aurea” (Nerone, 31).I resti neroniani – nelle due fasi pre e post incendio – non sono ancora stati definiti con chiarezza,né studiati complessivamente, anche se gli scavi e i lavori in corso su vaste aree del colle ne stannoprecisando gradualmente i caratteri e la vera estensione. Certamente Nerone, non diversamentedai suoi predecessori e per gli stessi motivi ideologici e politici, edificò sul Palatino il suo nuovopalazzo, anche se lo ampliò a dismisura, estendendolo fino all’Oppio.Il centro del potere rimase, e non poteva essere altrimenti, sul colle dove nacque Romolo e fufondata Roma.Con molta probabilità la Domus Transitoria, come anche il nome sembra suggerire, mantennel’accorpamento architettonico – già presente al tempo di Claudio – delle domus Palatinae Caesarum,tra loro diversamente orientate; gli architetti neroniani, oltre ad arricchirne a dismisura l’apparatodecorativo, ricucirono la loro dislocazione attraverso percorsi che dettero alla prima residenzaneroniana una connotazione urbanistica. Pur se alla costruzione venne mantenuto il termine domus,esso fu palesemente dilatato a comprendere nuclei diversi in una forma solo apparentemente casuale espontanea. Questo tipo di articolazione a settori differenziati costituì del resto la caratteristica anchedella Villa che Nerone si fece costruire presso Subiaco, lungo i “Simbruina stagna”.Certo comincia con questo imperatore quel “discorso continuo” dell’architettura che sarà poirealizzato compiutamente a Villa Adriana.

Della domus neroniana preincendio, la “transitoria”, restano importanti strutture –comunemente denominate “ Bagni di Livia” – scavate a più riprese (dai Farnese nel Settecento epoi da Giacomo Boni) sotto il triclinio della Domus Flavia (fig. 7). Attraverso due scale diaccesso, che si configurano come due parodoi ai lati della frons scaenae e di cui una conserva lavolta ornata da cassettoni di stucco, si scende ad un ricco cortile con ninfeo articolato in nicchie(fig. 8); la cascata N (fig. 9) alimentava gli zampilli antistanti il pulpito ornato di colonnine dimarmo colorato, con base a capitello corinzio di bronzo dorato; la struttura ripropone le formearchitettoniche della quinta teatrale.Sul lato opposto un padiglione (P nella pianta) a dodici colonne di porfido era posto nell’assedella cascata-scalone ed era destinato all’imperatore, sdraiato nella lettiga in corrispondenza dellanicchia retrostante (fig. 10).

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1259. Planimetria dei restidella Domus Transitoriasotto il Triclinio dellaDomus Flavia (da G. Carettoni)

10. Domus Transitoria.Ipotesi ricostruttiva di Carlo Evans (1936)

124 8. Prospetto e piantadel Ninfeo. Eton,Collezione Tophan

Ai lati, ambienti riccamente decorati, con pavimenti intarsiati (fig. 11) e pareti di marmi con scenefigurate (fig. 12), erano affrescati con raffigurazioni epiche e avevano le pareti arditamenteinterrotte da strutture a gradini per la caduta dell’acqua.È solo a Nerone che – per fasto e tipologia della decorazione – possiamo attribuire questa costruzioneche doveva essere destinata al soggiorno estivo dell’imperatore (specus aestivus). Posta al pianoinferiore al riparo dal sole – gli ambienti prendevano luce solo dal piccolo cortile – era rinfrescata daarticolati giochi d’acqua. Originale per pianta ed architettura, è creazione di un geniale architettocoadiuvato da abili decoratori. Né sono da sottovalutare i riferimenti a luoghi mitici greco-orientaliperché il complesso si configura in realtà come una grotta rinfrescata da cascate. Non esistono altriesempi di un complesso simile nel mondo ellenistico romano; i paralleli sono stati giustamentericercati nell’architettura scenica, argomento, come noto, particolarmente caro a Nerone.L’intera superficie orizzontale e verticale del complesso (800 mq circa) era completamente rivestitadi preziosi marmi colorati; le volte affrescate e stuccate, dorate e arricchite di pasta vitrea e fintilapislazzuli, producevano effetti di raffinata opulenza.Scene figurate sono dipinte nel finto cassettonato delle volte, in uno stile classicheggiante a figuredistanziate.In uno degli ambienti minori (A2), dove la volta presenta uno schema a cerchi con disco dorato alcentro, circondato da un disegno floreale (fig. 13), la profusione dell’oro è tale che immediato è ilcollegamento simbolico di questo cielo dorato con l’età dell’oro (fig. 14); alla stessa favolosa etàsembra ricollegarsi il fregio con tiaso dionisiaco sotto l’imposta della volta. Non si può nonricordare che Seneca prevedeva l’inizio “saeculi felicissimi” (Seneca, Apocolocyntosis, 1, 1 ss.) allamorte di Claudio, quando il filo di lana aveva lasciato il posto al filo d’oro di Nerone.Il tiaso dionisiaco è anche strettamente collegato al carattere musico-teatrale del complesso,disposto intorno ad un ninfeo con funzione di teatro d’acqua, dove la scaenae frons miniaturisticadi marmi colorati è arricchita con elementi architettonici di bronzo dorato.In un altro degli ambienti (A4) le pitture, messe in luce da Giacomo Boni, distaccate negli annisessanta e attualmente esposte al Museo Palatino, raffigurano scene incorniciate da grottesche: sitratta – anche se le interpretazioni non sono univoche – di quadri riferibili ad eroi del ciclotroiano, che rafforzano, se ce ne fosse bisogno, l’attribuzione della costruzione (figg. 15-16).Sappiamo infatti da Svetonio (Nerone, 52) non solo “l’amore non piccolo per la pittura” diNerone, ma anche lo strettissimo rapporto che egli, discendente da Enea, aveva con i miti troiani.Un legame che lo accompagnò per tutta la vita: “Quand’era ancora bambino... prese parte aigiochi troiani nell’arena. Con grande volontà e grande successo” (Svetonio, Nerone, 7); lo stesso

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127126 11a-b-c. DomusTransitoria. Pavimentia intarsio marmoreo

autore sottolinea la predilezione di questo imperatore per gli scyphi omerii (Nerone, 47), coppepreziose con rappresentazioni omeriche a rilievo; e mentre Roma bruciava è a tutti noto cheNerone cantò la caduta di Troia, l’Halosis Ilii, in abito scenico (Svetonio, Nerone, 38). Ma laconferma suprema di questo profondo legame con il mito troiano Nerone ce la lascia negli ultimiistanti della sua vita, quando, all’avvicinarsi dei cavalieri che avevano l’ordine di prenderlo vivo,cita il “galoppo di veloci corsieri” dal libro X dell’Iliade (Svetonio, Nerone, 49), prima ditrafiggersi con la spada.Rappresentazioni omeriche si trovano anche nell’ambiente A3 e nel vano A5 (fig. 17), sopra ad unfregio con Amazzonomachia (fig. 18): lo spirito guerriero di queste figure mitiche aveva colpitoNerone a tal punto, che prima della spedizione in Grecia fece rasare i capelli alle concubine chevoleva portare con sé, e le armò di pelta e di scure, come le Amazzoni (Svetonio, Nerone, 44), inuna sorta di mitica evocazione.Sia l’architettura che la decorazione della Domus Transitoria riappariranno, ampiamentesviluppate, nella Domus Aurea, dove verranno riproposti i motivi della finta grotta, della cascata ascalini, i fregi dionisiaci, i quadri con scene a soggetto troiano, le grottesche floreali.I resti pittorici della Domus Transitoria costituiscono certamente uno degli esempi più ricchi dipittura neroniana, e i colori caldi e dorati, i giochi di luce, l’immediatezza quasi impressionisticadelle scene, la raffinatezza dei dettagli, sembrano bene adattarsi alla maniera di Fabullo, il pittoredella Domus Aurea definito da Plinio (Storia Naturale, 35, 145) floridus et humidus.La splendida costruzione detta “Bagni di Livia” ebbe breve vita ed uso limitato, come confermano igradini delle scale dagli spigoli ancora vivi: l’incendio del 64 d.C. si propagò anche all’interno dellaDomus Transitoria, come attestano i marmi combusti, le tracce evidenti di fuoco sui materiali discavo, i metalli fusi al centro del ninfeo.L’edificio fu dunque abbandonato per essere inglobato nella nuova residenza neroniana. Gliambienti, spogliati degli elementi decorativi riutilizzabili, furono tagliati dalle possenti fondazionidi nuovi, grandiosi edifici; costruite affrettatamente – nelle murature è evidente l’uso di elementidecorativi di marmi colorati della precedente costruzione – sono comunemente attribuite – e glistudi recenti lo hanno confermato – alla Domus Aurea (fig. 19).

Non è chiaro il rapporto tra il ninfeo interrato (“Bagni di Livia”) e i resti del soprastante portico conil pavimento a intarsio, presso la Casina Farnese, i quali resti non appaiono organicamente collegati,anzi divergono come orientamento, dalle costruzioni sottostanti, pur presentando strette affinità conil tipo di pavimento e la tecnica costruttiva (fig. 20). Poiché il loro orientamento corrisponde a

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128 12912. Domus Transitoria.Rivestimenti parietalia intarsio con scenefigurate

13. Domus Transitoria.Volta dell’ambiente A2,particolare

14. Domus Transitoria.Volta dell’ambiente A2

quello del vicino tempio di Apollo e alla zona delle Biblioteche, resta difficile, allo stato attualedelle conoscenze, decidere a quale complesso appartenevano.In questo tentativo di ricomporre le strutture neroniane del Palatino, è importante rilevare cheanche le fondazioni sotto l’Aula Regia, scavate dal Boni all’inizio del Novecento, presentano duefasi sovrapposte e lo stesso orientamento dei “Bagni di Livia”; quindi sono verosimilmente daattribuire alle costruzioni di Nerone, prima e dopo l’incendio.

Sicuramente riferibili al palazzo giulio-claudio prima dell’incendio sono anche i tre ambienti –sontuosamente decorati con mosaici parietali – scavati negli anni sessanta, allineati lungo il lato sud-estdella Domus Tiberiana e tagliati da un criptoportico di età neroniana datato dopo l’incendio 64 d.C.I tre locali – di impianto forse augusteo come attesta l’opus reticulatum – erano coperti a volta edisposti in modo da creare quasi un terrazzo artificiale su questo versante del Palatino.Gli scavi – nei quali sono state evidenziate tracce dell’incendio neroniano – hanno permesso diricostruirne i ricchissimi rivestimenti marmorei parietali, ancora parzialmente in situ. Al di sopradi un plinto in marmo bianco, la zona mediana rivestita di candide lastre alte oltre un metro, erasovrastata da un fregio e da una cornice sporgente a mosaico (fig. 22); anche le volte eranomosaicate (fig. 23). Ben conservato è il fregio a fondo bianco – la predominanza del bianco è certodovuta al tentativo di trattenere al massimo la luce esterna – articolato da due tipi di edicolealternate: uno a tholos con pantera, l’altro ad abside con catino a conchiglia. Le edicole sonocollegate da ghirlande sovrapposte (fig. 24).Le allusioni dionisiache (pantera, edera, pampini) inducono a pensare che l’ambiente fosse unaspecie di triclinio o specus aestivus (Seneca, La tranquillità dell’animo, 9, 9, 2). Lo schemadecorativo della porzione conservata della volta mostra una serie di tappeti rettangolari orientati,decorati con tholoi sostenute da tirsi in funzione di colonne e collegate da ghirlande (fig. 25). Letessere vitree del fregio a mosaico erano sovra dipinte.I pavimenti erano in opus sectile, come attestano le impronte, costituiti da formelle quadrate, incui erano allettati frammenti di marmo colorato.Stretti i collegamenti con la Domus Transitoria sotto il palazzo flavio. Anche qui infatti peraccedere all’ambiente bisognava scendere dal piano nobile attraverso una scala di gradini rivestitidi marmo bianco e con le pareti decorate in nero.L’estensione delle superfici mosaicate e l’uso delle grandi lastre monolitiche è indicativa dellaricchezza e della classe sociale del committente, certamente un membro della famiglia imperiale.La Domus Transitoria e la Domus Aurea sono infatti tra i primi esempi conosciuti di complessiabitativi con serie di stanze rivestite di marmo fino all’imposta della volta. Moltissimi elementiinducono pertanto a ritenere che anche queste splendide stanze facessero parte di un altro nucleodella Domus Transitoria di Nerone.Dopo le distruzioni dell’incendio del 64 e gli espropri che ne seguirono, Nerone, su progetto degliarditi architetti Severo e Celere (Tacito, Annali, 15, 42) edificò una nuova reggia, organizzata comeuna enorme villa suburbana al centro di Roma; dal Palatino, occupando la valle dove in seguitosorgerà il Colosseo, la residenza arrivava ad occupare le pendici e la sommità dell’Oppio.

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130 13115. Domus Transitoria.Volta dell’ambiente A4 con scene del ciclotroiano

16. Domus Transitoria.Ambiente A4, lunette

17. Domus Transitoria.Ambiente 5, quadrettocon scene del cicloomerico

18. Domus Transitoria.Vano A5, fregio conAmazzonomachia

Questo enorme complesso, che non sopravvisse a Nerone, ancor oggi tende ad essere identificatocon il solo nucleo sull’Oppio, mentre ben altra estensione doveva avere la costruzione che, come siricava dalla descrizione di Svetonio, doveva certamente avere il suo nucleo centrale sul Palatino.I vari edifici erano inseriti arditamente in opere di taglio e di contenimento delle alture e i dislivellidel terreno erano raccordati da ampie vie porticate, rimesse parzialmente in luce dagli scavi.Il centro della valle, occupato dallo stagnum Neronis, collegava scenograficamente le terrazzedigradanti, che servivano a superare il salto di livello verso le colline circostanti.

Sull’asse che dalla sommità del Palatino si dirige verso l’Oppio si colloca la spianata erbosa della exVigna Barberini, con doppio affaccio: verso la valle del Colosseo e verso il tempio di Venere eRoma. Questa particolare posizione della terrazza spinge a ritenere che i grandiosi progettineroniani non potessero non comprenderla al loro interno.Gli interventi della Soprintendenza, iniziati nel 2009 e finalizzati al consolidamento dell’angoloche si affaccia sulla valle del Colosseo e ancora in corso, hanno infatti evidenziato struttureneroniane di eccezionale importanza.Esse consistono in un possente edificio a pianta centrale (fig. 21), di struttura particolarmentecomplessa, articolata intorno ad un pilone circolare di circa 4 metri di diametro, da cui sidipartono 8 arcate a raggiera, che disegnano un ambiente circolare di circa 16 metri di diametro;la costruzione non trova confronti nell’architettura romana.Della poderosa struttura di sostegno, rimessa in luce solo in parte e databile in età neroniana, sonostati finora scavati due livelli, che con le loro solide arcate sostenevano un piano che presenta unastrana particolarità: un vuoto centrale, quasi ad alloggiare un perno, e degli incassi circolari dicirca 20 cm di diametro, riempiti di una sostanza scura di strana consistenza, da analizzare. Si èipotizzato – ma la supposizione è ancora tutta da verificare – che si possa trattare di un piano chealloggia meccanismi circolari, su cui poteva essere poggiato un pavimento rotante.Immediato è il collegamento con quanto descrive Svetonio relativamente alla Coenatio rotundadella Domus Aurea (Nerone, 31): “Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobilie perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni erarotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra”.L’ipotesi trova molti elementi a sostegno – non ultima la posizione scenografica di questa specie ditorre, in direzione dell’Oppio e affacciata sulla valle del Colosseo.

La complessa architettura delle costruzioni neroniane del Palatino e la sontuosità del suo apparatodecorativo sembrano derivare dai basileia di Alessandria, che occupavano enormi estensioni dellacittà. Come e più dei sovrani ellenistici, Nerone scelse il linguaggio della grandiosità, dellaraffinatezza, della sontuosità, per impressionare il popolo e dare così una giustificazione sacrale alsuo potere assoluto.

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132 13319. Domus Transitoria.Gli ambienti tagliatidalle fondazioni dellaDomus Aurea

20. Pavimento adintarsi marmoreivisibile sopra laDomus Transitoria

21. Vigna Barberini.Resti della Coenatiorotunda in corso di scavo

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La concezione teocratica della monarchia imperiale è enunciata da Nerone stesso in Seneca(Sulla clemenza): “Tra tutti i mortali non sono piaciuto e non sono stato eletto per fare le vecidegli dei in terra?”.La ricchezza delle decorazioni marmoree e pittoriche dei resti descritti è tale che senza dubbio adesse si riferisce la famosa descrizione dell’opulenza delle costruzioni neroniane lasciataci daSvetonio (Nerone, 31) : “tutto era coperto di oro, pietre preziose e madreperla”.L’uso dell’oro e delle gemme, criticato da Lucano (Farsalia, 10, 109 ss.), che apparentemente siriferisce al palazzo di Cleopatra ad Alessandria, ma in realtà al palazzo neroniano a Roma, èampiamente attestato negli ambienti dipinti del Palatino.Opulenza e luxuria, efficacemente espresse nel ciclo pittorico e nei rivestimenti dei due nucleidella Domus Transitoria illustrati (i “Bagni di Livia” e i tre ambienti sotto la Domus Tiberiana),con la loro profusione di oro e di paste vitree, con la pienezza rigogliosa delle decorazioni floreali emitologiche, sembrano alludere costantemente all’aurea aetas che Nerone avrebbe assicurato alpopolo. La diffusione in infinite varianti delle grottesche attesta che il loro messaggio ideologico fufacilmente recepito, e si diffuse con incredibile rapidità.Le possenti e articolate strutture genialmente progettate nella Domus Aurea da Severo e Celere –sia pure per quel poco che ne resta – segnarono un punto fermo nella storia dell’architettura edell’urbanistica, come confermano le analogie costruttive presenti nelle realizzazioni rinascimentali(la poderosa torre con archi rampanti della Coenatio rotunda trova confronti stretti con le torri e lefortificazioni cinquecentesche).Per quest’imperatore “che aveva un desiderio sommo ma inconsulto di perpetuare la propriamemoria e la propria fama nell’eternità” (Svetonio, Nerone, 55), tutto doveva concorrere in mododa dare al popolo un’impressione di grandezza e di splendore quasi divini, garanzia di un governoricco e potente. Ed è sul Palatino – indiscusso centro del potere imperiale – che soprattutto dovevarealizzarsi questo grandioso programma.

Gli scavi sulla Domus Tiberiana (Orti Farnesiani), direttiscientificamente da chi scrive, sono stati seguiti edocumentati da Francesca Carboni e Fiammetta Sforza.La direzione dei lavori è dell’architetto Giuseppe Morganti

Gli scavi sulla ex Vigna Barberini, effettuati dallaSoprintendenza, sono stati seguiti e documentati daFrançoise Villedieu e dalla sua équipe; la direzione deilavori è dell’architetto Antonella Tomasello.

134 13522. Domus sotto gli Orti Farnesiani.Ambiente 3, fregio a mosaico con tholose pantera

23. Domus sotto gli Orti Farnesiani.Ambiente 2, voltamosaicata

24. Domus sotto gli Orti Farnesiani.Tirsi in funzione di colonne e ghirlande,particolare

25. Domus sotto gli Orti Farnesiani.Ambiente 3, particolare

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137

1. Tra le domus Palatinae(ha 24) e l’hortus/domusdi Mecenate (ha 13) la zona “transitoria”,occupata dalla DomusAurea (ha 45) I possedimenti imperialinel centro storico entro le mura serviane (ha 267)occupavano una superficieequivalente al 27% (ha 74)(ricostruzione di D. Bruno,G. Fatucci, D. Filippi, F. Fraioli, disegno di D. Bruno, F. Fraioli)

del divo. La parte pubblica, a est del tempio, pareva in quel tempo piccola, dotata forse già daClaudio o più probabilmente da Nerone, già prima del 64, di una basilica, con retrostante piscina,che si affacciava sul portico delle Danaidi (fig. 3). Eppure la casa di Augusto rimase per sempre ilnocciolo fondativo e simbolicamente principale dei palazzi imperiali: Claudio aggiunse una coronanavale al vestibolo della casa, nella sua Curia Nerone riunì ancora il senato, mentre l’intriganteAgrippina, sua madre, spiava e si faceva avanti, fino a quando Nerone non la cacciò dal palazzo;sarà anche la meta dell’ultimo trionfo di questo principe.Fu così che, vicino alla Domus Augusti, si edificò una enorme domus – la più grande di Roma (mq 18.700) – anche questa su un’alta sostruzione ospitante liberti e schiavi. Era stata volutaprobabilmente già dal vecchio Tiberio; nel suo cantiere fu assassinato Caligola; verrà perfezionatae proseguita da Claudio e completata infine da Nerone. Era la Domus Tiberiana, sorta nelquartiere abitativo più elegante del Palatino e di Roma (fig. 4).Manca a tutt’oggi una edizione scientifica aggiornata di questo palazzo. Per quello che riusciamo aevincere dal piano sottostante conservato e dagli scavi recenti della Soprintendenza, la domus siapriva, tramite un portico, sull’area Palatina; era circondata su due lati da giardini pensili, isolati dallesostruzioni tramite intercapedini; disponeva di un’area di accesso, non sappiamo come articolata,tramite la quale si accedeva al palazzo vero e proprio: un quadrato di mezzo stadio per lato, bordatosu tre lati da portici e gravitante su un sontuoso peristilio – fondato sopra un quadriporticosotterraneo illuminato da alte “bocche di lupo” – la cui area scoperta era occupata da una vasta

136 Ricordando Esther Boise Van Deman

Nerone è l’imperatore di Roma che meglio ha impersonato la figura del despota: il Superbo redivivo,dopo 564 anni? Nel giudicarlo è arduo scegliere tra le tinte fosche degli storici antichi e leriabilitazioni degli storici moderni. Verrebbe la tentazione di pensare che quanto il suo maestro ecollaboratore Seneca considerava virtuoso fosse il rovescio del ritratto principe. E verrebbe anche dacredere che il liberto Trimalcione descritto da Petronio sia uno schizzo, in piccolo, di quel chesembrava il liberto Elio, l’uomo più potente della città in assenza del principe. Nerone veniva da unafamiglia di perversi: i Domizi Ahenobarbi, padre e nonno. Perversi si potrebbe dire, ma con stile;non nel modo squallido di chi ama potere e sesso bruti. Benché fino a undici anni fosse stato allevatoda un ballerino e da un barbiere, si era rifatto con Seneca, per cui di cultura certo non mancava, anzipareva un sovrano ellenistico, sportivo e artista. Si coglie a volte in lui un tratto di cafoneria:applicatogli da storici avversi? Ma i signori possono mascherarsi da uomini nuovi, per piacere di piùalla massa, alla plebe urbana, che i tratti nobiliari mal sopporta (i radical-chic di allora).Nerone è anche il prototipo del capo carismatico, che conquista il popolo dando di sé spettacolo.In assenza di stampa, radio e televisione, erano gli edifici teatrali e altri spazi aperti della città i setin cui sempre più il principe si esibiva. Questi edifici e spazi è possibile conoscerli nei loro resti ericonoscerli grazie a ipotesi ricostruttive, sempre in progress, per cui in questo caso l’archeologiadella città – esterna alle tradizioni storiche – è in grado di verificare e di arricchire la storiadell’imperatore, facendoci vedere l’attore tramite la scena da lui scelta o voluta. È attraverso lericostruzioni dei paesaggi e degli edifici urbani che possiamo intravedere la sua figura – oltre chenei ritratti figurativi e letterari – ed è ciò che in questo breve saggio ci proponiamo di fare,avvalendoci dei grafici elaborati per l’Atlante di Roma antica, in corso di elaborazione.

La scena da cui conviene partire è la casa di Augusto (figg. 1 e 2), che finalmente oggi conosciamonell’ibrido armonioso delle parti abitative, il tempio di Apollo con l’antistante area su due livelli(portico delle Danaidi e silva di Apollo) e la potente sostruzione per il terrazzo inferiore nellaquale potevano essere alloggiati liberti e schiavi dell’amministrazione imperiale. La casa era stataabitata anche da Tiberio, era stata fuggita e spoliata da Caligola, che si era fatto un propriopalazzetto tra Palatino e tempio dei Castori, ed era stata abitata probabilmente anche da Claudio. I tre successori di Augusto – Tiberio, Caligola e Claudio – dovevano trovare le parti abitative diAugusto troppo modeste. La parte privata a ovest del tempio di Apollo con il tempietto antistante(tetrastylum Augusti) era riservata oramai per lo più al culto del genius, del numen di Augusto e

A N D R E A C A R A N D I N IC O N D A N I E L A B R U N O

E F A B I O L A F R A I O L IG L I AT R I O D I O S I

D I U N R E C R U D E L E

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138 1392. Dalla Sacra viacon portici e santuario di Vesta alle domusPalatinae: DomusAugusti, DomusTiberiana, Domus Gai e Domus Augustiana(ricostruzione e disegnodi D. Bruno)

3. Domus Augusti,Basilica con statueimperiali (AedesCaesarum), piscinaretrostante e ninfeo, età neroniana, dopo il 64 d.C. (ricostruzionee disegno di D. Bruno)

piscina, rivelata dagli ultimi scavi di M.A. Tomei. Sul retro della domus era un hortus lungo e stretto,seguito da un’ambulatio, di mezzo stadio, da cui si godeva una vista sul Campidoglio e sul tempio diGiove, Giunone e Minerva, che si trovava di fronte. Contrariamente alla casa di Augusto, incentratasul tempio di Apollo, non conosciamo un culto importante connesso a questo palazzo, forse acarattere privato, che doveva tuttavia albergare l’Auguratorium, una memoria dell’osservatorio delvolo degli uccelli connesso alla benedizione fondativa della città da parte del re fondatore Romolo. Altempo di Claudio o più probabilmente di Nerone venne creata nella Domus Gai (di Caligola) unapiscina nella parte scoperta del peristilio, decorata a nicchie, come quelle forse coeve allestite nellaDomus Augusti e nell’edificio residenziale sull’Oppio della Domus Aurea (figg. 2, 3, 16). Il resto delmonte Palatino, cioè la sua parte orientale, era ancora in mano privata.

Sull’Esquilino Nerone possedeva casa e horti che erano stati di Mecenate, passati poi ad Augusto eai suoi successori. Ogni grande di Roma aveva avuto una domus in città, una domus negli hortiche attorniavano il centro storico contenuto entro le mura Serviane e varie villae in campagna o al

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Per le esibizioni davanti ai cittadini Nerone si avvaleva di teatri, di un anfiteatro ligneo, del CircoMassimo e di quello privato negli horti di Agrippina, usando della città come se fosse casa sua. Ciò significa che considerava i palazzi palatini e le case negli horti palcoscenici inadeguati per larappresentazione imperiale da lui ambita. Ma anche i suddetti luoghi di spettacolo parvero alprincipe troppo ristretti. Eliminata la madre, liberatosi di Seneca e Burro, Nerone si scatenò perdiventare sempre più somigliante a sé medesimo: un tiranno demagogo. Spasimava per contattifusionali con i cittadini comuni, possibili soltanto entro spazi assai vasti e inusuali. Fu così checercò grandi specchi d’acqua, dove si erano svolte rappresentazioni di battaglie navali, fino adesiderare una casa propria che avesse la dimensione di una città, stagno compreso – vedi l’edificioresidenziale della Velia –, non di un microcosmo di città, come aveva voluto Augusto. Gli eranonecessari banchetti colossali in cui le sfrenatezze della vecchia nobiltà fossero rese disponibili allaplebe, involgarite oltre l’immaginabile da una sconcia regia. Un primo di questi banchetti si tenne

1415. Sacra via, età neroniana,dopo il 64 d.C., consoprelevazione del tempo di Tito/Domiziano. In alto: prospetto est-ovest dei portici conArcus in summa Sacra via;al centro: dettagli dell’arcuse del portico, ricostruitograzie ai frammentiattribuiti a questomonumento da E.B. VanDeman nel 1910; in basso:sezione nord-sud dellastrada porticata(ricostruzione e disegno di D. Bruno)

140

4. Domus Tiberiana,tentativo di ricostruzione(ricostruzione e disegnodi D. Bruno)

mare. Per condurre la sua vita da despota-artista-atleta Nerone avrebbe potuto accontentarsi delletre residenze romane che abbiamo sopra nominato. Ma il potere assoluto richiede sfrenatezzeillimitate. Così prima dell’incendio del 64 il principe ebbe l’idea della Domus Transitoria –anteprima della Domus Aurea, progettata dopo quell’incendio. Come racconta l’aggettivo“transitoria” e come ricaviamo dagli storici antichi, la Domus Transitoria doveva interporsi tra ledomus Palatinae e gli horti imperiali sull’Esquilino, già di Mecenate. Questo primo progettodoveva consentire all’imperatore di unire in qualche modo i due possedimenti, separati da unaparte importante del centro storico, che fra loro si interponeva. Forse già da allora questa domus siarticolava in un edificio sulla pendice della Velia – sovrapposto alla dimora paterna, dove sorgerà ilvestibulum della Domus Aurea? – e di un altro edificio sull’Oppio – dove ancora si conserva unpalazzetto che pare anteriore all’incendio (mq 6470; fig. 15).Sorge a questo punto una questione. Per quanto limitati, questi primi palazzetti, per configurarsirealmente “transitori” dovevano essere incastonati in un parco. Come era possibile creare questopaesaggio “transitorio” se l’area in cui i palazzetti dovevano sorgere era occupata dalla città?Potevano quei palazzetti essere circondati da case di altri privati? Se ne ricava che il progetto“transitorio” invocava fin dall’inizio un grande esproprio, e come altro motivarlo se non con graziea un incendio? Questa è una delle ragioni per cui chi scrive ha finito per annoverarsi tra icolpevolisti nell’accusa mossa a Nerone di aver causato o favorito l’incendio, visto che il progettodella Domus Transitoria e poi Aurea sembra precedere l’incendio della città. Forse anche perquesto è da prediligere l’immagine fosca di Nerone. D’altra parte il principe aveva fattorappresentare una togata di Afranio nel 59, dal titolo inquietante: Incendio!

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1438. Monte Porzio Catone(Roma), Villa del BarcoBorghese (fine del I secoloa.C. - I secolo d.C.).Planimetria delle sostruzionia concamerazionirettangolari (da Mari 2003)

9. Rappresentazioni di villae:in alto a sinistra: Stabia, villa marittima con sullacima un ambientepoligonale. Napoli, MuseoArcheologico Nazionale; in alto al centro: Pompei, in secondo piano villamarittima di formaallungata; in alto a destra:Pompei, Villa con frontecolonnato con sala centrale e corpi laterali aggettanti.Napoli, Museo ArcheologicoNazionale; in basso a sinistra: Pompei, Casa di M. Lucretius Fronto,villa con avancorpi laterali;in basso al centro: Pompei,villa marittima conavancorpo laterale. Napoli,Museo ArcheologicoNazionale; in basso a destra:Roma, particolare del rilievodi Paride ed Enone a PalazzoSpada, con rappresentazionedi villa affacciata sul mare,con corpo semicircolare in posizione centrale e avancorpi laterali (si veda il prospettoricostruttivo della DomusAurea della Velia, fig. 7)

adatta ad accogliere l’abitazione del Cesare in vita. Sul lato lungo il c.d. clivo Palatino A sorgeràun piccolo portico, probabilmente per statue, che preannunciavano all’esterno la nuova funzionedella casa-santuario (fig. 2).Fu dopo l’incendio che Nerone ideò uno sviluppo enorme della casa di Augusto (mq 23.000): laDomus Augustiana, che occupò, insieme al suo giardino, la parte restante del Palatino, tolto ormaidel tutto ai privati. Pur trattandosi di una sola domus, la nuova residenza si articolava in dueedifici residenziali affiancati (fig. 2).Il primo corpo (mq 8.680) fu edificato a contatto con la casa di Augusto, aveva un caratterepubblico e si apriva sull’area Palatina. Era forse dotato di un portico a L, di una corte di ingressoaffiancata da due aule, di un peristilio circondato da sale e di un ninfeo in parte sotterraneo, chefungeva da cerniera con la Domus Augusti (fig. 3). Lo schema architettonico pare simile a quelloricostruibile in grandi linee per la Domus Tiberiana.Il secondo corpo, molto più ampio (mq 14.320), era dotato probabilmente di una zona di ingressocon tempio tardo-repubblicano sopravvissuto (scavo della No man’s land), di un primo peristilio e diun secondo peristilio con altre sale intorno. Questo secondo era a due piani, per cui dal piano terra cisi affacciava su un peristilio sotterraneo, dotato anch’esso di sale. Entrambi i peristili sembranoinglobati in un lungo triportico. Questo palazzo si concludeva con un maenianum imminente sulcirco, la cui sostruzione conteneva una fila di stanze su due piani: per liberti e schiavi?Davanti a questo secondo palazzo, privato, della Domus Augustiana fu creato, tramite unasostruzione verso le pendici della Velia, un giardino, che doveva avere – come avrà poi dai Flavi– valenze cultuali (culti della Dea Syria, cara a Nerone – Svetonio, Nerone, 56 – e forse anche diAdone?). All’angolo nord-est del giardino, che segnava anche l’angolo dell’intero monte, era unatorre rotonda, che sorreggeva un tempietto, rotondo anch’esso, accessibile solamente dall’alto epertanto connesso al palazzo imperiale privato palatino. La torre-tempietto si trovava pertanto allimite del complesso palaziale e non nello spazio “transitorio”, che sappiamo dalle fonti essereesterno al Palatino (secondo le scavatrici della torre, M.A. Tomei e Françoise Villedieu, sitratterebbe invece della sala da pranzo circolare e ruotante della Domus Aurea, per la quale siveda oltre).Conduceva alla Domus Augusti, alla Domus Tiberiana e alla Domus Augustiana, con il suogiardino, un clivo fiancheggiato da portici – il c.d. clivo Palatino B – che aveva origine in cima allaSacra via e che terminava nell’area Palatina (è questo il percorso che fa il libro di Marziale inviatodall’autore ad un certo Giulio Proculo, probabilmente il bibliotecario della Domus Augusti inepoca flavia: Marziale, Epigrammi, 1, 70).

142 6. Musei Vaticani,rilievo dal sepolcrodegli Haterii, età diDomiziano

7. Domus Aurea,edificio residenziale alla pendice della Velia.Planimetria ricostruttiva;prospetto ricostruttivovisto dalla Sacra via;prospetto ricostruttivodallo stagnum; sezionericostruttiva(ricostruzione e disegnodi F. Fraioli)

nello stagno di Augusto a Trastevere – siamo nel 59 – e un altro banchetto nello stagno di Agrippain Campo Marzio, regista il prefetto al pretorio Tigellino – siamo nel 62-63. Erano luoghi vastiintorno a piccoli mari – ricordavano Baia? – dove una finta imbarcazione consentiva al principe diessere allo stesso tempo al centro del popolino e protetto da esso. Era circondato fin da allora dauna numerosissima guardia di applauditori e acclamatori: gli Augustiani. È in un contesto diquesto genere che fiorì il progetto della Domus Transitoria. Poi venne l’incendio.

Anche dopo l’incendio Roma rimase la città irregolare che da sempre era stata, salvo la DomusAurea e la strada di regime che ad essa portava dal Foro. Nerone restaurò allora la casa diAugusto (già bruciata due generazioni prima): ripavimentò sontuosamente la basilica eretta daClaudio (fig. 3) o più probabilmente da lui stesso prima dell’incendio, dotata sicuramente daltempo di Vespasiano di otto statue imperiali. Il complesso è da interpretare come la aedesCaesarum o Caesareum della residenza palatina, attestata da una fonte nell’ultimo anno delregno (Svetonio, Galba, 1) e da un tubo di piombo bollato trovato in un criptoportico sotto labasilica. La Domus Augusti, divenuta luogo di culto dei Cesari defunti, parve sempre meno

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11. A sinistra, in basso:sezione della cenatioottagonale dell’Oppio;a sinistra, in alto: dettaglidell’oculus.Il rivestimento della cupola poteva ruotaretramite un meccanismomosso come una macina(Petronio, Satyricon 39). A destra, in basso: Roma,Museo della CiviltàRomana: ricostruzione di una macina; a destra, in alto: ricostruzione della cenatio praecipuarotunda (Svetonio, Nerone,31) a partire dalla salaottagonale dell’edificioresidenziale dell’Oppio(ricostruzione e disegno di F. Fraioli)

Nel nostro caso la strada c’è ed è la Sacra via porticata, il vestibolo esiste ed è l’enorme basamentosu cui Adriano costruirà i templi di Venere e Roma, ma sembrerebbe mancare la domus. Marzialeci regala questo edificio residenziale mancante: “qui dove il raggiante colosso [eretto nel 75 a.C.]vede le costellazioni da vicino [grazie alla sua altezza] e dove le alte impalcature si innalzano inmezzo alla strada [erette nella Sacra via per costruire il piano superiore dei portici] splendevano[prima di Vespasiano] gli atri odiosi di un re crudele [Nerone]” (Marziale, Gli spettacoli, 1, 2).L’edificio residenziale (atria) del corpo principale della Domus Aurea doveva interporsi tra ilvestibulum e lo stagnum, con facciata principale sul bacino. Esso si articolava verosimilmente inun emiciclo centrale contenente la cenatio (vedi oltre), in due corti e in due corpi laterali aggettanti(fig. 6). Una domus pertanto, in luogo di terrazzamenti digradanti, che Clementina Panella, ottimascavatrice del luogo, al contrario predilige. Infatti l’atrium segue sempre il vestibulum, seguito asua volta sovente da un peristylium con piscina. Lo spazio tra vestibolo e stagno ha la stessadimensione dello spessore dell’edificio residenziale sull’Oppio (fig. 16), per cui una dimora diforma simile è perfettamente proponibile in quel luogo. Solo nel centro di questa casa potevatrovarsi la cenatio principalis rotunda (Svetonio, Nerone, 31), che invano si è cercata nellaresidenza dell’Oppio – la cui sala principale è un ottagono tronco – e sul Palatino – che però nonrientrava nello spazio “transitorio” della Domus Aurea. Nel descrivere la Domus Aurea, Svetonio(Nerone, 31) non saltapicchia da un corpo (ai piedi della Velia) all’altro (sull’Oppio) – come fino aora si è creduto – ma descrive unicamente il corpo principale della nuova reggia eretto ai piedidella Velia. Non è un caso che i portici triplici del complesso – descritti da Svetonio – articolaticioè in tre parti, sono quelli delle tre zone del complesso (vestibulum, atria, stagnum), cheraggiungono la dimensione di un miglio che l’autore attesta. È da ricordare tuttavia che della realtàtra vestibolo e stagno conosciamo solo i limiti ed alcune fondazioni. Ma le fondazioni di un grande

144 10. Villa della Farnesina(20 a.C. ca). Ipotesiricostruttiva. Frontecon emiciclo centrale,due piccoli cortili e dueavancorpi laterali(ricostruzione di D. Foconi, disegno di F. Fraioli)

Dopo l’incendio del 64 la Sacra via fu raddrizzata e ampliata in una grande percorso (largo piedi 60= m 17,71) che portava dalla Regia alla Domus Aurea (si veda oltre): la Domus Transitoriariprogettata e resa finalmente attuabile grazie alla rovinosa azione dell’incendio e ai conseguentiespropri. La nuova Sacra via è ora fiancheggiata da portici (fig. 5), il cui secondo piano verràcostruito da Tito/Domiziano, dietro i quali era la casa delle Vestali, spostata e interamentericostruita, in mezzo ai quali era il tempio di Giove Statore e diversi horrea o mercati, concepiti comeenormi spazi le cui volte di copertura erano rette da una selva di pilastri, distanti tra loro cinquemetri, per cui formavano spazi distinti di mq 25, che potevano essere affittati ai diversi mercanti (fig. 2). Il culto di Vesta e la nuova casa delle Vestali facevano parte della regione VIII, del Foro, maallo stesso tempo dimora e sacerdotesse erano sotto la patria potestas dei principi-pontefici, per cui ilsantuario veniva anche a far parte delle dimore palatine dei principi e in particolare della DomusTiberiana sovrastante. Un arco lungo la Sacra via (fig. 5) introduceva in una breve strada che univala Sacra via alla c.d. Nova via: era quanto restava del c.d. clivo Palatino A, un tempo la stradaprincipale del monte. L’arco è da intendersi come quello in summa Sacra via raffigurato sul rilievodegli Haterii (età di Domiziano), insieme al tempio di Giove Statore, che appare affiancato da porticia due piani, che lo risparmiano (fig. 6). È questo il nucleo architettonico maestoso – eccezionale aRoma per la sua regolarità – che immetteva alle domus Palatinae e all’edificio residenziale principaledella Domus Aurea, che si trovava ai piedi della Velia. Questo insieme “Haussmanniano” fu portato atermine da Vespasiano (horrea Vespasiani). Poi Tito/Domiziano costruirono il piano superiore deiportici, rinforzando il piano terreno con contrafforti in opera laterizia. Siamo poco dopo il 75,quando Vespasiano eresse la statua colossale del Sole, che Nerone aveva commissionato, situatanell’unica parte del corpo centrale della Domus Aurea, il vestibulum, che aveva resistito alledistruzioni necessarie per far fare luogo all’anfiteatro. Fu fiancheggiato di portici anche il vicusCuriarum, che portava alla fontana, ricostruita anch’essa, della Meta Sudans, presso la quale sistavano costruendo la premesse di un nuovo tempio delle curiae Veteres, distrutto nell’incendio.

Dunque una via enorme e porticata: per portare al vestibulum di uno stagnum rettangolare? Iltutto non persuade. Nessuno stagno della città è mai stato dotato di un vestibulum, spazio tipicoche metteva in comunicazione una strada con la ianua di una domus, e non con uno stagnum.

Tevere

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14713. Edificio residenziale ai piedi della Velia(mq 65.215) a confronto con Versailles (mq 77.730)(ricostruzione e disegno di F. Fraioli)

14. La valle del Colosseo in età flavia. L’anfiteatrodistrusse lo stagnum,la domus affacciata su di esso e parte delvestibulum (ricostruzione e disegno di F. Fraioli)

stanze per accogliere gli ospiti e sul retro, verosimilmente, i nuovi alloggi degli Augustiani, secondo ilmodello dell’edificio di servizio rinvenuto davanti alla residenza dell’Oppio (fig. 15). Sulla base dellasala ottagona tronca dell’Oppio è possibile ricostruire la cenatio rotunda (fig. 11), che dovette essere ilsuo modello, il cui pavimento non girava – come in taluni ristoranti pacchiani odierni – ma ruotavanel rivestimento della cupola, mossa probabilmente da schiavi disposti intorno al bordo dell’oculus,secondo un meccanismo simile a quello di una macina (fig. 11). Infatti Petronio, nel descrivere ilmeccanismo ruotante del soffitto del triclinio di Trimalcione, allude a una mola. Ciò si apprendeanche dai solchi regolari e rotondi che circondano l’oculus della residenza dell’Oppio. Anche la cupoladell’aviarium della villa di Varrone a Cassino aveva una lancetta ruotante (fig. 12).

Se la nuova reggia, grande quasi come Versailles (fig. 13), fosse stata ancora più capiente e a essaavessero potuto affluire le plebi di tutta Italia, Nerone avrebbe avuto un set pari a quello mediaticoche conosciamo oggi in Italia. Ma in quel tempo bastava il popolino della metropoli, che siidentificava a vista con il principe e viceversa, a dispetto dell’antica classe nobiliare, ormai decimata.

Terminata con Nerone la stirpe adottiva dei Cesari – siamo nel 69 – sarà Otone, primo marito diPoppea, primo amico di Nerone e aspirante alla mano di Statilia Messalina, ultima moglie del

146 12. Ipotesi ricostruttivadell’aviarium diVarrone a Casinum(Cassino), particolaredella tholos (cenatiodentro un’uccelliera),con lancetta ruotanteindicante i venti(Varrone, De rustica3.5.17). P = pedes(ricostruzione e disegnodi F. Fraioli)

edificio residenziale possono, nella loro trama seriale, non corrispondere alla planimetria del pianoterreno (fig. 8). Alle distruzioni di Vespasiano e della Metropolitana B non possiamo porre riparo.

Il grande vestibolo, che accoglierà il Colosso, circondato da un portico, la domus lunga e stretta,probabilmente con un portico mosso sulla fronte (come nella residenza sull’Oppio) e con al centro lacenatio rotunda, lo stagno rettangolare, circondato probabilmente anch’esso da portici, e sicuramenteda edifici a modo di città (come scrive Svetonio), offrono un’immagine straordinariamente efficacedella politica spettacolarmente megalomane di Nerone (mq 65.215). Gli enormi spazi aperti davanti edietro tale residenza garantivano l’accoglimento dei ceti alti e della plebe urbana nei grandi banchettidi fine regno. Al trionfo e alla cerimonia partica di Tiridate nel 66 era seguito un banchetto, e unbanchetto si ebbe dopo il trionfo di Nerone tornato dalla Grecia nel 67. In queste ultime feste ilprincipe non aveva più dovuto girovagare alla ricerca di specchi d’acqua tra Trastevere e CampoMarzio: lo stagno lo aveva ormai nella nuova dimora a carattere pubblico, che aveva preso l’aspetto diuna enorme villa marittima (fig. 9). Possiamo immaginare, al centro dello stagno, una nave simile aquella maggiore di Caligola scoperta nel lago di Nemi, sulla quale Nerone, circondato dal popolo eprotetto dall’acqua – sogno di ogni demagogo – banchettava con gli intimi della corte, mentre laguardia degli Augustiani applaudiva e inneggiava al principe da tre rive. Intorno allo stagno erano

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148 149

15. Domus Aurea, edificioresidenziale dell’Oppio,planimetria del piano terra;prospetto ricostruttivo del fronte meridionale;sezione ricostruttiva(ricostruzione e disegno di F. Fraioli)

16. Domus Aurea, edificioresidenziale dell’Oppio.In alto: sovrapposizione tra il palazzo dell’Oppio(primo piano) e quelloricostruito alla pendice della Velia; in basso, a sinistra: dettaglio delcorpo centrale del pianoterra; in basso, a destra:dettaglio del corpo centraledel primo piano. Entrambierano articolati in dueappartamenti ai lati dellasala ottagona (piano terreno)e del terrazzo triangolare(piano superiore). C: cubiculum; E: exedra;N: nymphaeum; O: oecus;P: peristylium; Pl: pozzo di luce; Po: porticus;S: ambienti di servizio; T: triclinium (ricostruzionie disegno di F. Fraioli)

principe suicida, a destinare 50 milioni di sesterzi al completamento della Domus Aurea. Vitellio,che avrebbe speso in cene 900 milioni di sesterzi, potrebbe essere stato l’ultimo ad usare la cenatioprincipalis rotunda. Era andato anche ad abitare nella Domus Aurea, nonostante sua moglie e luistesso trovassero la nuova reggia inelegante e non adeguata nelle decorazioni, cioè fatta di corpiper ricevere eretti e rivestiti in fretta, troppo enormi per essere curati nei dettagli, come lo erano,invece, le domus Palatinae. Vespasiano demolirà lo stagno, gli edifici intorno, l’annesso edificioresidenziale e parte del vestibolo, che per il resto verrà conservato come un’area sacra porticata chericeverà, nel 75, la statua di Sol, che rimarrà in quel luogo fino ad Adriano (fig. 14). C’erano volutipiù di dieci anni per realizzarla.Al tempo dei Flavi la casa di Augusto verrà conservata con i suoi culti ai Cesari, la DomusTiberiana sarà ampliata nel basamento e dotata di un balneum, la Domus Gai verrà rasata al suoloe un nuovo edificio vi verrà eretto, collegato tramite rampe alla Domus Tiberiana. Anche la DomusAugustiana e il suo giardino verranno completamente ricostruiti, secondo uno stile architettoniconuovo.

A questo punto ci si potrebbe domandare: se tra vestibolo e stagno dobbiamo immaginare unedificio residenziale, cosa rappresenta la residenza sull’Oppio, ritenuta fino ad oggi l’unica dellaDomus Aurea? Dobbiamo ricordare quanto segue. 1) La “reggia” di Ottaviano fu progettata inmodo da avere due quartieri, uno privato e uno pubblico, disposti intorno a due identici peristili.2) Augusto disporrà poi di due abitazioni separate dal tempio di Apollo, una a carattere privato euna a carattere pubblico. 3) Alla casa-santuario di Augusto si affiancherà la Domus Tiberiana, acarattere privato, per cui si hanno anche in questo caso due palazzi. 4) La Domus Augustiana sarà

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15118. Celio, Templum diviClaudii (Claudium), età neroniana. Planimetria ricostruttiva,prospetto e sezioniricostruttive del ninfeorealizzato da Nerone lungo il lato nord-orientaledel basamento (post 64 d.C.) (ricostruzione e disegno di G. Fatucci)

Il corpo residenziale dell’Oppio verrà abbandonato dai Flavi. (La Domus Titi sarà vicina, ma noncoinciderà con la residenza dell’Oppio, trovandosi tra la casa di Servio Tullio e poi di Seiano e lacasa di Mecenate nei suoi horti: il Laocoonte verrà trovato a est delle Settesale, come abbiamoappreso da Rita Volpe). La distruzione dell’edificio dell’Oppio giungerà nel 104, per un incendio eper l’edificazione delle terme di Traiano. Erano passati dall’incendio del 64 soltanto 40 anni.

Dal terrazzo triangolare del piano superiore dell’edificio residenziale sull’Oppio, si ammirava ilbasamento grandioso del Claudium, volto a sostenere un’area sacra a giardino di siepi, che aveva alcentro il tempio del divo Claudio (fig. 18). Edificato da Agrippina (54-59), fu distrutto da Nerone(59-68) e fu poi ricostruito da Vespasiano. Dopo il 64 il retro del basamento fu dotato di unmagnifico ninfeo – visibile dal complesso dell’Oppio – che alimentava d’acqua lo stagno dellaDomus Aurea. Vicino all’edificio giungeva l’Aqua Claudia e dietro, ma ormai fuori dalla DomusAurea, era il sontuoso Macellum Magnum, dedicato nel 59 e restaurato dopo l’incendio(monumento trascuratissimo, ancora tutto da studiare).

Qui si chiude questa interpretazione breve della Roma di Nerone, specchio fedele della suapersonalità controversa. Essa presenta numerose novità, che dovranno essere assimilate e vagliate.Ma almeno la proposta che viene dal nostro gruppo di lavoro è ben definita. Non ci siamoaccontentati di somme di muri: abbiamo tentato di dare loro un significato. Senza il travaglio deglistudi precedenti, divenuti alla fine tradizione vulgata, le nostre nuove ipotesi non avrebbero potutoessere avanzate. Sono le idee diverse – non le lodi – che portano ad approfondire l’analisi dei dati ea formulare nuove congetture.

150 17. Baia, villa dell’Ambulatio(rielaborazione da Borriello,D’Ambrosio 1979). Si noti la stessa sequenza del complesso dell’Oppio:edificio residenziale,ambulatio/xystus, ambientidi servizio, che ritroviamoanche nella villa dellaFarnesina (si veda fig. 10)

concepita come due edifici residenziali, perfettamente distinti anche se affiancati, uno pubblico el’altro privato. Si intende allora perché la Domus Aurea poteva articolarsi, anch’essa, in due edificiresidenziali, di analoga forma lunga e stretta, il primo alle falde della Velia, di carattere pubblico,e il secondo sull’Oppio, a carattere privato (sul genere della dimora in un hortus, ma questa voltain pieno centro storico trasformato in parco). L’intera Domus Aurea era immersa in un hortuscreato nel cuore della città dopo l’incendio, per cui era come se la periferia avesse lambito ilPalatino. Il corpo centrale della dimora sull’Oppio, conosciuto nel suo piano terreno e in quellosuperiore, aiuta a capire come dovevano apparire ed articolarsi gli appartamenti imperiali nelcorpo centrale della dimora ai piedi della Velia. Nel corpo dell’Oppio si ha al piano terreno unagrande cenatio ottagonale con un oecus e un cubiculum ai suoi due lati, riservati all’Augusto eall’Augusta – l’appartement de monsieur et de madame – con gli ambienti di servizio sul retro; alpiano superiore si ha una grande piscina, simile a quelle che vennero realizzate in questo temponella Domus Augusti e nella Domus Gai, due appartamenti separati, sempre per la coppiaimperiale, ciascuno dotato di proprio peristilio, che entrambi si affacciavano su un terrazzotriangolare, che aveva al centro una apertura che si apriva sulla cupola e sull’oculus dellasottostante cenatio ottagona (fig. 11), non sappiamo se bordata da una balaustra o coperta da unlucernario, simile a quelli che si osservano nelle pitture che rappresentano ville (fig. 9). Ai lati diquesto complesso centrale su due piani, destinato all’imperatore e all’imperatrice, erano gliappartamenti di rappresentanza secondari, affacciati su due corti e anch’essi a due piani. Davantia tale sontuosissima facciata, dall’andamento mosso per i cortili e decorata da due ordiniarchitettonici (figg. 15, 16), erano probabilmente uno xystus – sul modello di una villa marittimaa Baia (fig. 17) – e, più in basso, un edificio di servizio per liberti e schiavi (fig. 15).

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1. Pianta generale con il possibile percorso dellaDomus Transitoria

Gli horti Maecenatis, realizzati da Gaio Cilnio Mecenate intorno al 33 a.C. sull’Esquilinobonificando un’antica necropoli (Orazio, Satire, 1, 8-15), non sono che uno dei grandi giardini, ic.d. horti, che circondavano a mo’ di corona l’area edificata dell’antica Roma. Il limite orientale deiGiardini di Mecenate dovrebbe trovarsi all’altezza del Portico di Livia e della cisterna delle SetteSale; il giardino era dunque situato a breve distanza dal Palatino (Grimal 1969, pp. 144-145;LTUR III s.v. Horti Maecenatis). Oltre al parco con la sua vegetazione facevano parte dell’impiantoanche diversi edifici, tra cui il c.d. auditorium. Alla morte di Mecenate, nell’anno 8 d.C., gli hortidivennero di proprietà imperiale, essendo Augusto erede universale (Cassio Dione, 55, 7, 5). Peredifici e posizione – Orazio (Odi, 3, 29, 5-11) descrive la vista dall’edificio principale sui ColliAlbani – gli horti godettero probabilmente sempre del favore imperiale. Tiberio vi si trasferì al suorientro da Rodi nel 2 d.C. (Svetonio, Tiberio, 15) e Tito (Plinio il Vecchio, Storia Naturale, 36, 37-38) vi risiedette al suo ritorno da Gerusalemme nel 71 d.C. Di certo anche Nerone apprezzò ilparco con i suoi edifici e le prestigiose sculture, tanto più che gli horti vennero ampliati sottoCaligola, che acquisì pure gli horti Lamiani. La Domus Transitoria doveva dunque collegareattraverso una prestigiosa cornice architettonica l’area amministrativa e residenziale sul Palatinocon gli horti, destinati allo svago e al riposo dell’imperatore.

Qualunque cosa vogliamo immaginare con il termine transitoria, non conosciamo né l’esattopercorso dell’impianto né l’architettura del corpo edilizio attraverso il quale sarebbe stato creato ilcollegamento, distrutto dall’incendio del 64 d.C.Per altri edifici vittime di questa catastrofe abbiamo la testimonianza archeologica o letteraria chevennero ricostruiti, mentre sembra che il progetto Domus Transitoria sia stato completamenteabbandonato e sostituito dall’impianto della molto più vasta Domus Aurea (64-68 d.C.). Malgradol’attribuzione di edifici sia scarsa e non sempre certa, tenteremo di ricostruire il progetto dellaDomus Transitoria e la sua possibile ubicazione.Se si parte dai pochi impianti architettonici oggi attribuiti alla Domus Transitoria bisognamenzionare innanzitutto i c.d. “Bagni di Livia” precedentemente noti anche come “Bagno di Augusto”

152 Per molti aspetti è comprensibile che l’interesse per la Domus Aurea abbia sempre sovrastatoquello per la Domus Transitoria (De Vos 1995, pp. 199-202; Tomei 1999, pp. 10-20; Tomei 2009,pp. 172-183), come si riscontra anche presso gli autori antichi. Svetonio (Nerone, 31, 1) non ne fache un breve accenno trattando della Domus Aurea: “Ma il denaro lo sperperò soprattutto nellecostruzioni. Si fece erigere una casa che andava dal Palatino all’Esquilino e la battezzò subito ‘il passaggio’ e quando un incendio la distrusse, se la fece ricostruire e la chiamò ‘casa d’oro’” eneppure Tacito (Annali, 15, 39, 1), che riporta dettagliatamente l’incendio del 64 d.C. e il progettodella Domus Aurea, fornisce indicazioni sull’articolazione e il tracciato della Domus Transitoria,limitandosi a scrivere: “Nerone, allora ad Anzio, tornò a Roma solo quando il fuoco si stavaavvicinando alla residenza che aveva edificato per congiungere il Palazzo con i Giardini diMecenate”.Del grande progetto della Domus Transitoria ci sono tramandati solo questi due rapidi accenni: lasua costruzione iniziò intorno al 60 d.C. e nel 64 d.C. venne distrutta o danneggiata dall’incendioche bruciò gran parte della città. In ogni caso l’impianto era minacciato dalle fiamme, come scriveTacito, e proprio questo avrebbe spinto Nerone a tornare a Roma, sebbene non sappiamo in qualefase dell’incendio, durato ben nove giorni. Si potrebbe dunque argomentare che il suocomportamento confermi le accuse che gli venivano mosse, ma non è questo il punto. Il tardatorientro di Nerone può fare piuttosto supporre che il grande progetto non fosse ancora moltoavanzato, per cui i danni causati dall’incendio sarebbero stati limitati, oppure l’impianto, dopoquattro anni di lavori, fosse già terminato e si estendesse dal Palatino agli horti sull’Esquilino, circa1 km in linea d’aria. Sia Svetonio che Tacito sono infatti concordi nel riportare che la DomusTransitoria doveva collegare il Palatino con gli horti (fig. 1).Per comprendere la finalità dell’impianto bisogna soffermarsi brevemente sullo sviluppo delPalatino e la funzione degli horti. L’apparato del potere dell’Impero romano nasceva da unacombinazione di vecchie strutture di potere repubblicane e di amministrazione familiare dei primiprincipes, si sviluppò dunque solo lentamente un tipo di residenza che potesse soddisfare ilcrescente aspetto pubblico e le rilevanti funzioni di rappresentanza del princeps. L’imperatoreAugusto risiedeva in un complesso di case aristocratiche preesistenti fatte accorpare sul Palatino.Oltre al Tempio di Apollo facevano parte della residenza anche biblioteche ed archivi. I suoisuccessori ampliarono questi impianti, senza che tuttavia sorgesse ancora un complessoresidenziale unitario. Una nuova residenza sganciata dai predecessori augustei era costituita dallac.d. Domus Tiberiana, nome dato al complesso di edifici sul Palatino solo a partire dall’età flavia(Tacito, Storie, 1, 27, 2; Plutarco, Galba, 34, 7; Svetonio, Vitellio, 15, 3).

H E I N Z - J Ü R G E N B E S T EL A D O M U S T R A N S I TO R I A :

U N ’ I P OT E S I D I C O L L O C A Z I O N E

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1552. Domus Aurea, Sala della Volta Dorata,particolare delle decorazioni

3. Domus Aurea, Sala di Achille a Sciro,particolare delle decorazioni

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o “Bagno di Tiberio”, solo 40 metri ad est del Tempio di Apollo, circa 8-10 metri al di sotto deltriclinio e del peristilio della Domus Flavia, dalla quale sono poi stati ricoperti (Bastet 1971, pp. 144-172; Bastet 1972, pp. 61-87; Carettoni 1949, pp. 48-79; De Vos 1990, pp. 167-186). Ladefinizione “Bagni” non è corretta in quanto, sebbene i pavimenti e le pareti dell’impianto sianodotati di intercapedini come nelle terme romane, non si tratta di un balneum ma di un triclinioriccamente decorato con pitture, stucchi, pasta vitrea e diverse varietà di marmi policromi (v. ilcontributo di M.A. Tomei in questo volume).

Per tutti gli altri edifici e resti messi in relazione con la Domus Transitoria non è possibileun’attribuzione certa. Tanto più che i resti conservati non possono essere inseriti in un contestocerto. Ciò vale anche per il prestigioso edificio ottagonale, dal quale si dipartono quattro ampicorridoi, situato sotto il tempio di Venere e Roma (Blake 1959, p. 36; Morricone 1987, pp. 69-82,figg. 1-20; Palombi 1990, pp. 53-72). Evidentemente nell’ottagono si incrociavano due sistemi divani o passaggi, uno dei quali circondava un bacino idrico ed era chiuso da una fila di colonne. Lapavimentazione è lussuosa, con lastre triangolari in marmo bianco e pasta vitrea blu lapislazzuli.Questo edificio viene attribuito alla domus di Gneo Domizio Enobarbo, padre dell’imperatoreNerone, una circostanza che a mio avviso non esclude affatto un’attribuzione alla DomusTransitoria. Viene piuttosto spostata così l’attenzione sui rapporti di proprietà, in quanto una partedella Domus Transitoria si trovava sul terreno imperiale. In questo senso andrebbero interpretateanche le strutture sotto la chiesa di San Pietro in Vincoli, pertinenti secondo Antonio Maria Colinialla Domus Transitoria e comprendenti la domus di Pompeo Magno, confiscata da Antonio e perun periodo residenza di Tiberio (Colini, Matthiae 1966, pp. 52-56; LTUR II s.v. DomusPompeiorum). Se questa ipotesi fosse esatta l’edificio sarebbe quindi di proprietà imperiale ecostituirebbe un punto di orientamento per ricostruire il tracciato della Domus Transitoria.La ricerca di elementi architettonici pertinenti alla Domus Transitoria porta anche all’alaoccidentale della Domus Aurea, attribuibile secondo Larry Ball (Ball 2003) ad un edificioprecedente. Vi sono tuttavia argomenti che confutano questa attribuzione e, prima dellaconclusione delle indagini ancora in corso, non sarà possibile fare affermazioni definitive. Vainoltre ricordato il ninfeo all’incrocio Viale del Monte Oppio / Via delle Terme di Traiano, situatoad un livello di sei metri più basso. Sebbene non sia possibile attribuirlo alla Domus Transitoria, èverosimile una datazione in età neroniana (Bizzarri Vivarelli 1976, pp. 742-747).Se gli edifici menzionati si considerano come parti della Domus Transitoria, si delinea un percorsoche dal Palatino, attraverso la Domus Tiberiana e il Clivus Palatinus porterebbe fino all’angolonordoccidentale del Tempio di Venere e Roma, dove si trovano i resti della domus del padre diNerone. Da qui il sentiero avrebbe proseguito attraverso la collina della Velia e la depressione traVelia e Carinae fino a San Pietro in Vincoli, poi verso est fino ai Giardini di Mecenate (Palombi1997; Volpe 2000). Il ninfeo sotto l’incrocio di Viale del Monte Oppio si sarebbe così trovato pocoprima degli horti e, se pertinente alla Domus Transitoria, ne avrebbe costituito un ingresso. Èplausibile che le diverse parti della Domus Transitoria fossero formate da nuove costruzioni,considerando i “Bagni di Livia” si potrebbe pensare a una combinazione di ninfei e triclini.

Oltre all’attribuzione delle strutture edilizie e al possibile percorso della Domus Transitoria restaaperta la questione dei rapporti di proprietà dei lotti sui quali si trovava la domus, tanto più chel’occupazione di lotti intramurani da parte di Nerone per la realizzazione della Domus Aureacostituisce una delle principali critiche tramandate dagli autori antichi. Se per la Domus Aurea siparte tacitamente dal presupposto che all’imperatore fosse possibile occupare dei lotti senza alcunindennizzo a causa dell’incendio, per la Domus Transitoria questo è escluso. Pertanto bisognaipotizzare che il terreno su cui si estendeva la Domus Transitoria fosse già di proprietà imperiale edi conseguenza i lotti su cui si trovava questa domus, dopo l’incendio del 64 d.C., costituissero unfattore importante per l’estensione dell’area della Domus Aurea.

Non bisogna tuttavia dimenticare che, allo stato attuale della ricerca, la ricostruzione qui propostadella Domus Transitoria si basa in buona misura su ipotesi, non solo per la mancanza di chiareevidenze nell’attribuzione degli edifici ma anche per la configurazione moderna del Colle Oppio,che fino all’incendio del 64 d.C. aveva una topografia molto diversa.

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1. La Domus Aurea da nord: in primopiano i portici dellaSacra Via, quindi ilvestibolo, lo stagnume la valle a giardino tra il padiglione delColle Oppio e ilClaudium; a destrai palazzi imperiali del Palatino (ProgettoKatatexilux 2011)

mare (fig. 3). Gli scavi hanno riportato alla luce grandiose strutture per un bacino rettangolare, in cuiperò nulla vieta che confluissero le acque di laghetti minori disseminati nei giardini che locircondavano (Svetonio, che scrive intorno al 120 non poteva aver visto nulla di quanto racconta, ma,segretario di Vibia Sabina, moglie di Adriano, è comunque da considerarsi “informato dei fatti”). Pocopiù a est, per le esigenze dei Romani esposti per ore e ore al sole nell’anfiteatro, Tito aprì le terme cheportano il suo nome, ma si è proposto che si trattasse di quelle della Domus Aurea, di cui sempreSvetonio riferisce che erano alimentate dalle acque Albule di Tivoli e da quelle marine (d’altronde èprobabile che Tito sia stato l’ultimo fruitore di quanto rimaneva ad uso abitativo della Domus Aurea,ovvero il padiglione del Colle Oppio, che oggi per tutti è la Domus Aurea). Interessante che Marzialeutilizzi queste terme per alludere agli sfratti e alle vere e proprie deportazioni di massa adombratedalla “pasquinata” di Svetonio: per un romano di oggi è difficile da immaginare, ma il cuoreresidenziale di Roma antica era qui, tra le Carinae, il Fagutal e l’Iseo Metellino, il più antico tempio diIside costruito a Roma; d’altronde è qui che nella Domus Aurea la maglia del costruito si diradava eal suo posto comparivano campi e boschi, con panorami a perdita d’occhio, come riferito da Tacito(fig. 4). È probabile che gran parte di questa vera e propria opera di paesaggismo fosse già in nuce neigiardini di Mecenate, che all’epoca di Nerone da un buon mezzo secolo facevano parte del demanioimperiale, e che non bruciarono nell’incendio: fu anzi da una torre, un triclinio aereo come quello piùtardo descritto da Plinio il Giovane nella sua villa di Laurento, che Nerone cantò il suo incendio diTroia, finalmente al cospetto di una catastrofe degna di Omero. E gli scavi archeologici hanno rivelatoche nella valle tra il colle Oppio e il Celio dopo l’incendio di Nerone fino a piena età flavia non vi fualcuna attività edilizia, indizio plausibilissimo della destinazione a giardino finora postulata. Mal’unione di questi giardini al Celio e al Palatino dovette comportare se non l’eliminazione, quantomeno la deviazione di tutti i percorsi che innervavano l’area, in primis l’antichissima via Labicana, manon fu risparmiato nemmeno il prolungamento della Sacra Via, che congiungeva la città colsantuario di Juppiter Latiaris sul Monte Cavo. Un intero settore della città veniva segregato: tutticoloro che arrivavano nell’Urbe dalle città latine, e dall’intera città i devoti di Iside che si volessero

156 Le fonti antiche sono sostanzialmente concordi sul più famoso dei progetti neroniani: la DomusAurea, la casa finalmente degna di un uomo, cornice della sua regalità e divinità, era stata pensata e,per quanto possibile, realizzata dopo l’incendio del 64, inglobando buona parte delle aree resedisponibili dall’incendio, con qualche aiuto delle macchine da guerra dell’esercito. Svetonio riporta la“pasquinata” che circolò all’epoca: “Tutta Roma diventa una sola casa: trovatevi una casa a Veio, figlidi Romolo, sempreché questa casa non inghiotta pure Veio”. Smembrata da Vespasiano, che nerestituì ad uso pubblico gran parte delle aeree, un’idea della sua estensione è riportata da Marziale,che puntigliosamente ne enumera i settori offrendone le relative corrispondenze con la “democratica”(o populista?) Roma dei Flavi:

“Qui dove un colosso alto fino al cielo vede le stelle più da vicinoE dove altissime macchine sceniche ingombrano la viaSi irradiavano le sale odiose di un sovrano ferocequando una sola casa occupava tutta la città.Qui dove si erge la mole impressionante del mirabileAnfiteatro, c’era il lago di Nerone.Qui dove apprezziamo le terme che ci hanno messo a disposizione a tempo di record,una enorme tenuta aveva cancellato le case dei poveri.Dove il portico di Claudio stende la sua vasta ombra,c’era l’ultima parte della reggia incompiuta.Roma è stata restituita a se stessa, e grazie a te, o Cesare,sono delizie del popolo quelle che furono di un sovrano.”

Marziale non prende nemmeno in considerazione il Palatino, che difficilmente si potrebbe sostenererestituito a Roma da Domiziano, anche perché non sottratto al popolo da Nerone; parte quindi dalColosso, in fondo restituito anch’esso al popolo da Vespasiano, che aveva fatto sostituire il volto diNerone con quello del Sole coronato di raggi. Il Colosso si ergeva nel vestibolo della Domus Aurea(fig. 1): Marziale dice “radiabant atria”, “sale che (si) irradiavano”, giocando forse con una metafora dicui oggi cogliamo anche il valore architettonico-distributivo, oltreché poetico: il Colosso, quindi, comefulcro visivo di tutto il complesso, collocato nel padiglione da cui si diramavano le varie parti della“casa”, che arrivava fino al Celio, solo perché era rimasta incompiuta. Dove oggi resiste il Colosseo, chedel Colosso invece scomparso da milleseicento anni ancora porta il nome (amphitheatrum adcolossum), c’erano gli stagna, che Svetonio dice circondati da edifici come città che si affacciano sul

A L E S S A N D R O V I S C O G L I O S IL A D O M U S A U R E A

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5. Il Claudium ei giardini paesaggisticivisti dal colle Oppio(Progetto Katatexilux2011)

soprattutto, mirabile fondale scenografico delle solitudines, i campi strappati alla città. Un asse viariodoveva costeggiare la fantastica fontana, la più grande del mondo romano (fig. 5), vera mostrad’acqua dell’acquedotto Claudio che giorno e notte gettava acqua inutilizzata nello stagnum, degnoparedro dello stagno di Agrippa in Campo Marzio; quasi simmetrica e speculare rispetto all’asse dellostagnum, la “stecca” architettonica del padiglione del Colle Oppio; all’estremo opposto, infisso nelForo Romano, un progetto di rettifica dell’Argileto, prima di diventare il Foro Transitorio, farà intempo a trasmettere al templum Pacis di Vespasiano l’orientamento del Foro di Augusto. Questo è ilmiracolo di Severo e Celere, le date sono impressionanti nella loro compressione: l’incendio di Romaè del luglio 64, Nerone muore nel giugno del 68, per tutto l’evo antico Roma sarà quella rimodellatada loro. Ma tutto ciò ha un precedente illustre: la più grande, la più bella, la più famosa città delmondo antico, fondata dal modello di tutti gli imperatori e disegnata da un architetto d’ingegno, ove ibasìleia, i quartieri imperiali, con i loro palazzi, i templi i giardini, il Ninfeo e la Biblioteca, sispecchiavano nelle placide acque del lago Mareotide (in fondo, uno stagnum), ove i viali dei giardiniuscivano dalle mura del palazzo e diventavano le strade della città. Alexandria, la città di Alessandro:Svetonio, sempre lui, che malalingua, sosteneva che Nerone, ricostruita Roma, pensava di darle il suonome. Un’altra fosca pennellata, un pettegolezzo o un buon indizio?

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2. La dimora del sovranocome matrice generativa di una nuova Roma(Progetto Katatexilux 2011)

3. Lo stagnum visto da sud-est, tra le terme di Tito e il Claudium;sullo sfondo il vestibolo e il Palatino (ProgettoKatatexilux 2011)

4. Gli spazi verdi della Domus Aureanell’urbanizzazione di Roma (ProgettoKatatexilux 2011)

recare al tempio, avrebbero dovuto compiere penose deviazioni intorno al muro di cinta che prima opoi avrebbe estromesso chiunque dalle delizie dell’imperatore. Ciò non significa che i tracciatisparissero: ne è prova la Sacra Via che, opportunamente rettificata e monumentalizzata, diventeràl’asse portante del progetto di Severo e Celere. Se infatti osserviamo una pianta delle struttureneroniane tra il Foro romano e la valle dell’Anfiteatro, di cui, come si è detto, conosciamo le regolaristrutture che circondavano lo stagno, tutto il centro di Roma antica è stato ridisegnato dagli architettidi Nerone, che hanno sbancato, sostruito, rettificato e, dove non potevano allineare, coordinato (fig. 2).Un unico orientamento lega la casa delle Vestali ricostruita da Nerone con i grandiosi porticati dellaSacra Via regolarizzata, l’area del Vestibolo, la grande terrazza del Palatino su cui sorgeva la torre,forse un triclinio aereo, forse la praecipua coenatio rotunda dal soffitto ruotante, e il lago circondatoda portici. Da questo asse monumentale si irradiano (che verbo fatale!) il Palatino con il suoorientamento dettato dal palazzo di Tiberio, l’asse stradale (oggi via di San Gregorio) che connettevacon l’Appia, con Ostia e con Anzio, l’aerea terrazza del Claudium, magnifico belvedere sul lago e,

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1. Sovrapposizione dellestrutture appartenentialla Domus Aurea(in rosso) alla topografiaantica e moderna(elaborazione MarcoFano)

della Domus Aurea in questo settore urbano (figg. 2-3). In quest’ambito sono stati riportati allaluce, in corrispondenza della Velia, il fronte orientale dell’atrio-vestibolo, in prossimità delColosseo, due blocchi edilizi paralleli al lago (stagnum delle fonti) che si configurano – nella nostrainterpretazione – come sostruzioni terrazze e aree porticate scenograficamente disposte intornoallo specchio d’acqua, sul Palatino le fondazioni dei portici che accompagnavano la salita verso ilForo e una terrazza che regolarizzava il primo salto di quota tra valle e collina.Inoltre, i rinvenimenti effettuati nell’area in momenti diversi hanno permesso di avanzare ipotesi sullaforma e sulle dimensioni dello stagnum (Medri 1996). Collocato in una precisa cornice architettonica,ci è apparso come il centro ordinatore dell’intero sistema urbanistico della residenza imperiale.Concorda su questo punto Andrea Carandini (2010), che tra l’altro pone tra l’atrio-vestibolo e lostagno l’edificio residenziale principale della Domus, “incastonando” tra questi due plessi una dellecenationes rotundae (la principale), descritte da Svetonio (Nerone, 31). Di esse si continua ad andarealla ricerca (v. in questo volume il contributo di M.A. Tomei, che identifica l’edificio a torrerecentemente scoperto sulla terrazza della Vigna Barberini, con una sala di questo tipo). L’ipotesi diCarandini è più “vistosa” di quella da noi avanzata, ma ad essa sembra ostare la “fragilità” dellestrutture rinvenute sia nel nostro scavo che nello sterro operato per la realizzazione della Metro B allametà del XX secolo (Schingo 2001). Tuttavia la presenza di un padiglione residenziale, del tipo diquello sull’Oppio, avrebbe forse dovuto lasciare, nonostante la brutalità degli interventi moderni,tracce più consistenti. Per altri versi, anche noi ci proponiamo di continuare a lavorare sui resti dellemurature interposte tra il Tempio di Venere e Roma e il Colosseo, tanto più che tronconi difondazioni neroniane continuano ad essere riportati in luce nella Piazza (Rea 2009). Le futurescoperte potrebbero rimettere in discussione quelle che oggi appaiono ipotesi più o meno fondate.

160 Dopo l’incendio del 64 d.C. interi quartieri vennero assorbiti nella nuova residenza imperialenota con il nome di Domus Aurea (fig. 1). Interpretata dagli studiosi moderni come una casa“che si fa villa” (domus-villa) e/o come una villa “che è casa” (villa-domus), ci viene presentatadagli scrittori antichi come l’esito di un’appropriazione dell’intera città: per due volte, dice Plinioil Vecchio (Storia Naturale, 36, 111), Roma è stata circondata, da una domus, da quella diCaligola (che si era spinta fino al Campidoglio, passando per il Tempio dei Castori) e da quellaaurea di Nerone: una domus-urbs (Royo 2007). Si tratta di un’iperbole retorica che ricorre anchein Marziale (Gli spettacoli, 2, 4) e in Svetonio (Nerone, 39, 2), ma che dimostra la novità di unprogetto che aveva modificato le relazioni topografiche tra la città e il palazzo, utilizzando a talfine le progettazioni o le riprogettazioni (Domus Tiberiana sul Palatino), le trasformazioni d’uso(il tempio di Claudio sul Celio trasformato in ninfeo), le ricostruzioni (tempio di Fortuna nellacasa che era stata di Seiano, prefetto del pretorio di Tiberio), i corpi di fabbrica costruiti ex novo(nella valle e sull’Oppio) e il recupero e la riconfigurazione dei parchi già esistenti (degli Horti diMecenate e probabilmente degli Horti Lamiani et Maiani) contestuale forse alla creazione dinuovi giardini. Limitare il suo impatto ad un unico comparto (ad esempio al padiglionedell’Oppio, il solo che per decenni è stato identificato con la Domus Aurea) rischia di far perderedi vista il disegno complessivo di questa operazione che non può essere letta come semplicegiustapposizione di parti. D’altro canto un altro passo di Plinio (Storia Naturale, 36, 163), ove siricorda che il tempio di Fortuna sopra menzionato era stato ricostruito da Nerone ed “inclusonella Domus Aurea”, sembra dimostrare che anche per i contemporanei la denominazione“domus aurea” comprendesse più luoghi ed avesse un’accezione ampia. La dimora di Seiano conil culto di Fortuna, certamente espropriata dopo l’uccisione del suo proprietario nel 31 d.C., è dalocalizzare sull’Esquilino, ovunque vada poi più precisamente cercata (sotto la chiesa di SanPietro in Vincoli o più a nord, verso Via Merulana: Coarelli 2001; Carandini 2010).Ai fini della comprensione di un sistema così complesso ci sembra più utile cercare di riportare adun’unità di progetto i diversi interventi attuati sugli spazi interessati dall’attività edilizia promossada Nerone all’indomani dell’incendio, fermo restando che essa riflette non solo scelte di carattereurbanistico e architettonico, sui cui modelli si è a lungo dibattuto (per una sintesi v. il saggio di A. Viscogliosi), ma anche politiche, sociali, religiose, filosofiche, ideologiche. Su ciascuno di questiaspetti si è esercitata la critica moderna, con conseguente vastissima bibliografia.

Le strutture neroniane rinvenute nella valle che sarà del Colosseo e sulle pendici nord-orientali delPalatino sono i resti più consistenti su cui è possibile oggi basare la ricostruzione del complesso

C L E M E N T I N A PA N E L L AL A D O M U S A U R E A

N E L L A VA L L E D E L C O L O S S E OE S U L L E P E N D I C I

D E L L A V E L I A E D E L PA L AT I N O

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1634-5. Capitello di lesenadel porticato della via diretta dalla valle al Foro(età neroniana) e restituzione 3D del portico settentrionaledella via diretta dalla valle al Foro (elaborazioneEmanuele Brienza)

(fig. 5; Brienza 2003-2004). La copertura era quasi certamente realizzata con volte a crociera. Il capitello di lesena sembra potersi datare all’età neroniana (Pensabene 2009); ciò farebbepensare ad un riutilizzo da parte delle maestranze flavie della decorazione architettonica giàapprontata e messa in opera nella fase edilizia precedente.La destinazione finale di questo asse è ancora la Sacra via, che oltre a essere rettificata e ingranditae messa in comunicazione con il vestibolo, diventa anch’essa una strada porticata (Medri 1996).C’è da osservare che l’intero sistema che raccorda con vie porticate la valle all’area del Palatino e alForo subisce una sostanziale ristrutturazione in età flavia, tanto da far dubitare che la costruzione,sicuramente iniziata dalle maestranze neroniane, sia stata realmente portata a termine.Più incerta è la sistemazione della strada proveniente dal Circo Massimo, che potrebbe averperduto il valore di asse di collegamento tra l’accesso meridionale alla città (Porta Capena) e iquartieri centrali del Palatino e dell’Esquilino, svolgendo nel disegno della reggia la sola funzionedi raccordo tra i diversi corpi di fabbrica. Forse il suo ingresso nella valle era segnato da unastruttura monumentale (una porta?), alla cui fondazione si addossa secoli dopo quella dell’Arco diCostantino (Zeggio 1999). Tuttavia già prima o in corrispondenza dell’incrocio con la stradadiretta al Palatino essa parrebbe trasformarsi in una via tecta, consentendo al corpo di fabbricaspettante all’atrio-vestibolo di proiettarsi verso lo stagno, con una soluzione forse analoga a quellaadottata dagli architetti di età adrianea nell’avancorpo verso il Foro della Domus Tiberiana,avancorpo che contiene al suo interno il clivus Victoriae.Non vi è più traccia nella valle delle altre vie che convergevano prima dell’incendio del 64 d.C.verso l’angolo nord-orientale del Palatino: la strada proveniente dal Laterano e quella che scendevaa valle dalla pendice occidentale del Celio. E cosa succede, sul limite settentrionale, alla ViaLabicana, tra il Celio e l’Oppio, altro percorso fondamentale dall’età più antica? In realtà nonsappiamo se questa rete infrastrutturale, a cui era affidato il compito di collegare i quartieriperiferici con il centro cittadino e viceversa, sia stata interrotta, deviata, sostituita. La viabilitàinterna ed esterna alla Domus Aurea rappresenta uno degli elementi irrisolti nella ricostruzionedell’intero progetto, anche in funzione dell’individuazione delle funzioni pubbliche e private deidiversi nuclei della residenza.

L’atrium-vestibulumIn diverse occasioni sono state attribuite alla Domus Aurea una serie di strutture rinvenutenell’attuale piazza del Colosseo durante la messa in opera di servizi o nel corso di scavisistematici (Colini 1937 e 1962), ma il gruppo più consistente di evidenze è stato riportato alla

162 2. Planimetriaricostruttiva dei blocchiedilizi della DomusAurea nella valle delColosseo e sulle pendicidel Palatino e dellaVelia. Il riquadro rossoindica la zona di cui sidà il particolare nellafig. 3 (disegno MauraMedri e EmanueleBrienza, elaborazionegrafica Monica Cola -Studio MCM)

3. Strutture dellaDomus Aurearinvenute nello scavodell’area della MetaSudans e del Palatinonord-orientale (ingrigio le fondazioni; innero gli elevaticonservati. DisegnoA.F. Ferrandes)

La viabilitàNonostante il totale sovvertimento della topografia urbana operato tra il 64 e il 68 d.C. dagliarchitetti Severo e Celere, permangono nell’area in esame i due assi stradali documentati dalle etàpiù antiche e di cui abbiamo seguito in altra parte del volume la storia: quello che congiungeva ilCirco Massimo all’Esquilino (sul prolungamento dell’attuale Via di San Gregorio), e quello chedalla base del monte saliva al Palatino e di qui al Foro (riproposto dall’attuale Via Sacra).Rispetto alla posizione originaria, perpetuatasi per secoli, la sede di quest’ultima via vennespostata in modo da innestarsi ad angolo retto sull’asse diretto all’Esquilino (v. figg. 2-3).L’incrocio tra queste due strade venne successivamente occupato dalle fondazioni della MetaSudans flavia, che si sovrapposero a quelle neroniane, rasate e reimpiegate nelle strutture dellafontana. Questo intervento non sembra aver tuttavia cancellato completamente le tracce di uningresso monumentale al colle. Da qui si dipartivano due file di portici che fiancheggiavano l’assestradale fino al sito occupato in seguito dall’Arco di Tito. Un lato del porticato coincide con illimite meridionale del Tempio di Venere e Roma, il cui podio si sovrapporrà in tutto o in parte inetà adrianea al vestibolo della reggia. Quello opposto rientra nell’area dello scavo del Palatino cheè tuttora in corso. Di quest’ultimo abbiamo rinvenuto le fondazioni del muro interno per tuttal’area indagata, dalla valle fino quasi all’Arco di Tito. Esse procedono lungo la strada, che è inforte salita, con salti di quota regolari e conservano in corrispondenza di tali dislivelli le tracce digrandi blocchi in travertino quasi tutti asportati dagli interventi medievali e moderni, rinforzatilungo la percorrenza interna da pilastri di sostegno di età flavia. Questi ultimi interventisembrano essere serviti al consolidamento delle volte secondo una modalità riscontrata anchelungo i portici della Sacra Via (Carandini, Papi, Gualandi 1999). Va infatti tenuto presente che inetà flavia si taglia e si arretra il fronte di questo porticato verso il colle per far posto alla MetaSudans e alla sua area di rispetto, così come si arretra il fronte dell’atrio-vestibolo per far postoalla piazza e ai servizi del Colosseo. Il ritrovamento di frammenti di lesene rudentate in marmodi Luni, di cui una conserva l’imoscapo, e di un capitello corinzio di lesena quasi integro nellostesso marmo (fig. 4), consentono di avere un’idea, sulla scorta di quanto indicato da Vitruvio,dell’altezza delle lesene stesse e della trabeazione. Essendo il piano della via in forte pendenza, ilportico doveva accompagnare tale dislivello tramite una divisione in settori distinti e regolari,raccordati da scale, e con un innalzamento progressivo dei pilastri, mantenendo orizzontale latrabeazione (Medri 1996). Le strutture conservate permettono di avanzare un’ipotesi diricostruzione degli elevati: archi a pianta quadrata sulla cui facciata esterna erano applicate lelesene che poggiavano su plinti progressivamente più alti per seguire la pendenza della strada

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6-7. Vedute 3D deicomplessi edilizi dellaDomus Aurea traPalatino (grandi aule e terrazza), Velia(atrium/vestibulum)e valle del Colosseo(stagnum) dalla VignaBarberini e dall’Arco di Tito (elaborazioneMarco Fano)

8. Planimetriaricostruttiva delcomplesso neronianoflavio nell’area dellaMeta Sudans e delPalatino nord-orientale(in grigio le fondazioni;in nero gli elevaticonservati. DisegnoA.F. Ferrandes)

luce in questi ultimi anni nell’area della Meta Sudans, tra l’Arco di Costantino e il basamento delColosso. Si tratta di una fila di vani rettangolari e regolari rinforzati da dadi di testata, che siaprono sulla via diretta all’Esquilino, certamente coperti con volta a botte. Identificati come ivani sostruttivi, a valle, della Velia, sono funzionali all’estensione artificiale della terrazza su cuisorgeva il vestibolo della reggia. Di tale edificio è stato ritrovato solo l’angolo situato tra la viadiretta al Foro e quella diretta all’Esquilino, ma riteniamo che il sistema, percorribile su piùpiani, raggiungesse la base adrianea del Colosso (v. fig. 3), delimitando lungo questo fronte ilvestibolo stesso. Le strutture rinvenute non solo confermano che questo elemento della DomusAurea sorgeva realmente nel sito poi occupato dal Tempio di Venere e Roma – ubicazioneconcordemente accettata sulla base di un passo di Marziale (Gli spettacoli, 2) – ma dimostraanche che esso avanzava nella valle più di quanto non facesse il podio del tempio. L’impianto diquest’ultimo ha completamente cancellato gli elevati. È possibile tuttavia ricostruire sullaterrazza, raggiungibile dalla valle mediante due scale poste simmetriche ai suoi lati, unquadriportico affacciato sullo stagnum, dominato, come afferma Svetonio (Nerone, 31, 1), dallastatua di Nerone/Sole, alta 35 metri, opera dal bronzista greco Zenodoro (Plinio il Vecchio,Storia Naturale, 34, 46). Esistono dubbi, derivati dalle discordanze delle fonti, su chi avesserealmente innalzato la statua in questa parte del complesso, se Nerone o i Flavi (discussione ebibliografia in Lega 1989-90). Come per altri settori della Domus Aurea, in assenza di datiarcheologici, è solo possibile immaginare cosa prevedesse il progetto, indipendentemente da ciòche fu realizzato. Tenendo conto che Sacra via e atrio-vestibolo non sono in asse tra di loro, sipuò supporre che il Colosso fosse collocato sull’asse dell’edificio, ma in corrispondenzadell’incrocio tra i due assi, in modo che coloro che provenivano dal Foro potessero vederlocentralmente rispetto alla strada. Le raffigurazioni delle monete del III secolo suggeriscono chenella sua ricollocazione a valle, la statua fosse rivolta verso Meta, cioè ad ovest. Tale era forse lasua posizione anche all’interno del complesso neroniano, ove rimase finché fu spostata per farposto al nuovo edificio di Adriano (Historia Augusta, Adriano, 19, 12).

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1679. Visualizzazione 3Ddella sistemazione flaviatra la Piazza delColosseo e l’Arco di Tito(elaborazione MarcoFano)

situazione preurbana e città imperiale. In altra parte del volume abbiamo mostrato che l’incendiodel 64 d.C. distrusse in questa zona un quartiere di abitazioni di età tardo-repubblicana, augusteae tiberiano-claudia e che la bonifica della valle, ottenuta mediante la realizzazione di condottifognari, era già stata attuata in età arcaica. Resti di muri e pavimenti sono stati rinvenuti anchesotto la pavimentazione flavia degli ipogei del Colosseo (Rea et alii 2000), dimostrando tra l’altroche lo scavo per la creazione dell’invaso dell’acqua non può essere sceso al di sotto delle quote a cuiqueste preesistenze fanno riferimento.Lo stagnum fu pertanto una creazione completamente artificiale sia per quanto attiene allestrutture che dovevano contenerlo e delimitarlo, sia per quanto attiene al rifornimento dell’acqua,che doveva far capo all’acquedotto Celimontano tramite il Ninfeo del Celio, interpretato come “un sistema degradante di passaggi e fontane”, per la cui realizzazione gli architetti neronianiriutilizzarono le sostruzioni del tempio del Divo Claudio (Colini 1944).

Il complesso del Palatino nord-orientaleLe simmetrie e le regolarità che caratterizzano le diverse parti del complesso riportato alla lucedagli scavi nel’area della Meta, si interrompono sulla pendice palatina. L’isolato, situato sull’angolonord-orientale della collina è delimitato dalla via porticata diretta al Palatino e al Foro. Laplanimetria (fig. 3) ricavata dalle nostre indagini risulta abbastanza incompleta in quanto tra i duecantieri della Meta e del Palatino vi è una fascia pedonalizzata che non può essere scavata. Inoltrelo stato di conservazione delle strutture è assai modesto. Oltre alle profonde trasformazioni a cuitutta l’area è stata sottoposta in età antica, le ruberie medievali e moderne si sono accanite suquesto settore, forse più che altrove, probabilmente a causa della presenza di elevati in blocchi ditravertino. Ciò fa supporre che il complesso avesse una certa imponenza architettonica,corrispondente alla funzione di quinta architettonica interposta tra l’avancorpo di accesso allaDomus Aurea dal Circo Massimo e l’ingresso della strada diretta all’area forense e alla residenzadel Palatino, anch’esso monumentalmente allestito.Come abbiamo riferito in altra parte del volume, ad una certa altezza della via porticata diretta alPalatino e al Foro e in corrispondenza del limite di un isolato che contiene una domus di cuiabbiamo seguito le vicende edilizie fino alla distruzione nell’incendio del 64 d.C., si realizza untaglio della pendice perpendicolare al percorso stradale. Il taglio porta uniformemente la quota diquesto tratto del versante collinare a quella raggiunta dagli interri della valle. Viene sostruito conuna serie di vani disposti parallelamente al percorso stradale, semipogei e comunicanti, e da

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Se molti dati archeologici mancano per Nerone, è certo invece che i Flavi siano intervenutipesantemente sull’atrio-vestibolo, arretrandone il fronte, forse fino a farlo coincidere con ilsuccessivo podio del tempio adrianeo. Il taglio delle strutture a valle, incluso quello altrettantodistruttivo di un tratto dei portici della via diretta al Foro, è avvenuto contestualmente ai lavori perla costruzione dell’Anfiteatro, ma non sembra che abbia comportato altre modifiche sostanziali inquesta parte della Domus che sopravvisse ancora per un cinquantennio.

Le sistemazioni intorno allo stagnumLa via Circo Massimo-Esquilino delimita verso il Colosseo due blocchi edilizi paralleli al vestiboloe allo stagno. Uno gravita verso la Velia, l’altro verso il sito ove è possibile localizzare lo stagnumdella Domus Aurea. Insieme creano una specie di diaframma architettonico che si può supporreproseguisse lungo tutto il margine della valle approssimandosi alle pendici dell’Oppio. Se un tratto del primo corpo di fabbrica è stato rinvenuto nel nostro scavo, parte del secondo (v. fig. 3), attraversato e distrutto dalla Metro B, è stato raggiunto solo dalle trincee per la messain opera di servizi moderni (Schingo 2001) e, verso l’Oppio, da un saggio di scavo condotto direcente dalla SSBAR (Rea 2009). Affidata quindi in gran parte a notizie di archivio e a restiframmentari, l’interpretazione di questo insieme di strutture risulta non solo difficile, ma dàadito a soluzioni assai diverse. Proprio tra il vestibolo e lo stagno Andrea Carandini (2010) haposizionato il padiglione principale della Domus Aurea. Pur apprezzando questa nuova proposta,manteniamo la nostra ricostruzione (terrazze e portici intermedi), sembrandoci al momento piùverosimile di altre.In ogni modo, il corpo di fabbrica che fiancheggia la via per l’Esquilino è costituito da ambientirettangolari che si aprono con due ingressi contrapposti sulla strada e su un corridoio retrostante chelo divide dal secondo blocco edilizio. In corrispondenza con tali ingressi i muri sono rinforzati condadi di testata in laterizio, del tutto simili a quelli dei vani sostruttivi della Velia. La copertura dovevaessere a botte. Su tutto il fronte fondazioni ed elevati sono meno spessi di quelli del corpo di fabbricarelativi al vestibolo, così come il rapporto tra riseghe di fondazione ed elevati è nettamente inferiore.Le riseghe di fondazioni delle sostruzioni della Velia sono, cioè, più larghe rispetto a quelle di questoplesso edilizio. Ciò ci spinge a presumere che le strutture soprastanti, di cui nulla resta, fossero piùleggere. Qualora l’asse stradale su cui gli ambienti si affacciano fosse realmente una via tecta, sipotrebbe pensare che, utilizzati al livello della strada come magazzini, sostenessero una terrazzadelimitata da portici, posta sullo stesso piano o ad un quota più bassa del vestibolo, funzionale allepercorrenze di collegamento fra i vari padiglioni della valle (Medri 1996, Panella 1995).Il secondo blocco, che avanza notevolmente nell’area occupata in seguito dal Colosseo, è a sua voltacostituito da una doppia fila di ambienti, rinforzati anch’essi da dadi di testata. I vani che siaprono sul corridoio che separa questo corpo di fabbrica da quello che prospetta sulla via perl’Esquilino, sembrano avere le stesse dimensioni degli ambienti disposti lungo questo asse stradale,mentre quelli più vicini al Colosseo, sono apparentemente molto più grandi. Se lo sviluppoverticale fosse di un solo piano, e se il corridoio fosse coperto, questo complesso potrebbe costituirela sostruzione di un’ulteriore terrazza ad una quota intermedia tra il vestibolo e la valle.

Lo stagnumLe strutture rinvenute nello scavo dell’area delle Meta Sudans fin qui descritte, integrate conalcuni altri resti trovati in passato in altri punti della valle (Schingo 1996), consentono disupporre che il lago della Domus Aurea, di cui parla Svetonio (Nerone, 31, 1) si estendesse suun’area più piccola di quella occupata in seguito dal Colosseo e che esso fosse inserito all’internodi un triportico colonnato di circa 200 metri di lato (Medri 1996). La sua profondità nonsuperava i 4 metri. La scenografia complessiva non doveva essere dissimile da quella di un altrogrande stagnum voluto da Nerone, quello di Baia, il cui prospetto ci è trasmesso da alcunefiaschette vitree di età tardo-antica. D’altro canto l’assenza di edifici neroniani nella zona delLudus Magnus porta a escludere il versante del Celio dalle sistemazioni relative al bacino. Quiera forse previsto uno di quei parchi ricordati dalle fonti come uno degli elementi caratterizzantila reggia (Svetonio, Nerone 31; Tacito, Annali, 15, 42).Una lunga tradizione di studi ha messo in connessione l’esistenza di una palude nel fondovalle conla costruzione di questo specchio d’acqua, ponendo su uno stesso piano spazio-temporale

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di una delle grandi aule costruite tra valle e collina per realizzare un sacello, che verosimilmenteripropone il tempio già presente nelle antichissime Curiae (Panella 2009). In questa zona cioè iFlavi reinseriscono strutture e monumenti risalenti al fondatore della città (Romolo) edell’impero (Augusto), cancellati dal progetto neroniano.Resiste infine fino alla costruzione delle Terme di Traiano, inaugurate nel 109 d.C., il padiglionedell’Oppio, progressivamente spogliato dei suoi marmi, delle sue statue e del suo apparatodecorativo e danneggiato da un incendio scoppiato nel 104 d.C., e fino all’età adrianea, con unfronte forse ulteriormente arretrato, il vestibolo-atrio con il Colosso, che la realizzazione delTempio di Venere e Roma costringe a trasportare a valle (Historia Augusta, Adriano, 29, 12).Nella Piazza del Colosseo si registreranno in seguito pochi interventi edilizi. Agli inizi del IVsecolo d.C. la costruzione dell’Arco di Costantino, che si appoggia verso l’attuale Via di SanGregorio ad una poderosa fondazione neroniana, sulla quale abbiamo immaginato uno degliingressi alla Domus Aurea, chiude scenograficamente la valle. Un nuovo muro delimita ora,allargandone la vasca, la Meta flavia. Le sue fondazioni sfiorano ancora una volta la Metaaugustea, poco oltre il taglio già operato da quelle flavie. I ruderi di questa seconda fontana,sopravvissuti all’antichità, sono stati abbattuti nel 1936 per consentire il passaggio sotto l’Arcodi Costantino delle parate del ventennio fascista.

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corridoi perpendicolari ad essi (almeno cinque stanze ad ovest e tre lunghi corridoi paralleli adest), che assolvono la funzione di assorbire in questo punto il salto di quota tra valle e pendice. Diquesti ambienti si sono conservate parzialmente anche le volte a botte con generatrice dispostalungo i lati lunghi. Queste strutture sorreggono una terrazza che a valle si affaccia su una serie digrandi aule rettangolari, conservate solo in fondazione, che si sovrappongono alla Meta augusteae al santuario delle Curiae Veteres. Se sulla terrazza, accessibile da un diverticolo della via per ilForo, è possibile collocare una serie di ambienti disposti a pettine verso il Palatino e portici ologgiati verso la valle (secondo un’organizzazione documentata anche in epoche successive), cisfugge la funzione dei grandi ambienti (coperti, scoperti) che si susseguono fino all’asse CircoMassimo-Esquilino.Per concludere, esistono, tra i quattro blocchi edilizi identificati sul terreno, differenzequalitative e tecniche che indicano funzioni diverse, ma tutte restano largamente incerte. Lericostruzioni che proponiamo (figg. 6-7) perciò sono largamente ipotetiche, ma danno conto diun primo tentativo di interpretare un paesaggio e di ricreare dei volumi a cui la ricercaarcheologica non può sottrarsi.

Nei quattro anni in cui si svolse questa frenetica attività (cioè dal 64 alla morte di Neroneavvenuta nel 68 d.C.) quasi nessuno degli isolati rintracciati nella nostra area di ricerca sembraessere stato portato a termine (un solo pavimento in opera spicata è stato rinvenuto in uno deivani sostruttivi della terrazza palatina). Probabilmente in questa vasta zona fu data priorità allasistemazione degli assi stradali e dei portici che raccordavano le diverse parti della Domus,lasciando incompleti e allo stato di cantiere i settori nascosti dietro questi fondali architettonici.Mentre infatti abbiamo ritrovato un tratto del basolato della via diretta al Palatino sotto l’attualeVia Sacra e alcuni frammenti di lesene e di capitelli in marmo di Luni spettanti alla decorazionearchitettonica del porticato che lo ornava, la mancanza di pavimentazioni e rivestimenti di tuttii corpi di fabbrica scavati nella valle da noi e più recentemente dalla SSBAR (Rea 2009) el’assenza di qualsiasi struttura di questa età nel tratto più altro della pendice settentrionale delPalatino (quella più vicina all’Arco di Tito) indicano che l’opera rimase incompiuta, benché peril suo completamento l’imperatore Otone (69 d.C.) avesse stanziato, come ricorda Svetonio(Otone, 7), una somma ingente (50 milioni di sesterzi). Per quanto riguarda lo stagno, nessunatraccia relativa ad una sua eventuale pavimentazione è stata ritrovata nei molti saggi effettuatinegli ipogei del Colosseo, laddove al di sotto dello spesso pavimento di età flavia compaionosolo i resti delle case repubblicane precedenti l’incendio accuratamente rasate (Rea et alii2000). Qualora la costruzione del bacino fosse giunta a compimento, il fondo andrebbe forsericercato ad una quota leggermente più alta di quella raggiunta dai piani pavimentalidell’anfiteatro. La presenza delle domus bruciate indica tuttavia che il fondo non può esseresceso al di sotto della quota a cui esse si attestano.D’altro canto il vasto insieme architettonico creato nella valle è quasi completamente spazzatovia dai Flavi giunti al potere nel 70 d.C.: ripristinato, o forse meglio edificato, sulla terrazza delCelio il Tempio di Claudio, abbattute le costruzioni intorno allo stagno, prosciugato lo specchiod’acqua, costruito il Colosseo, inaugurato nell’80 d.C. con giochi spettacolari, ricostruita informe monumentali la Meta, contrappunto architettonico dell’Arco di Tito, innalzato sulPalatino in asse con la fontana (figg. 8-9). Gli isolati della reggia vengono sostituiti da unapiazza funzionale alle operazioni degli addetti ai servizi e capace di accogliere e distribuire legrandi masse di spettatori che assistevano ai giochi. I giardini, che in genere vengonoimmaginati tra l’Oppio e il Celio, furono a loro volta occupati dalle caserme e dalle palestre(chiamate Ludi) e da altre strutture di supporto agli spettacoli gladiatori.Diversa appare la sorte degli edifici situati sulle pendici del Palatino e della Velia, ove leoperazioni flavie sfruttarono le strutture create da Nerone, ricucendo da una parte ecompletando dall’altro i blocchi edilizi rimasti incompiuti. È ciò che accade all’atrio-vestibolo,che non viene eliminato, anzi forse ultimato, ma che vede la sua facciata orientale tagliata edarretrata. La stessa sorte tocca ai portici della via diretta al Foro, su cui si intervenne siatagliando le arcate antistanti la piazza per dar spazio al ripristino della Meta, sia introducendoall’interno del porticato neroniano che accompagna la via verso il Foro massicci pilastri, cherestringono i passaggi e determinano il rifacimento delle coperture. Si sfruttano infine gli spazi

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1. Situazione attuale del Colle Oppiocon i resti antichi

accesso e l’ottava parete funge da facciata esterna. Mentre quattro di queste nicchie possono essereinterpretate come triclini, nella quinta è inserito un largo scivolo per una cascata, proveniente dalpiano superiore oggi andato perduto e da qui alimentato, che finisce in un bacino. La funzione diquesto vano è discussa, bacino e scivolo potrebbero fare ipotizzare un ninfeo. Dalla sala si potevacertamente accedere al giardino pensile. Resta dubbio se questo collegamento costituisse l’accessoprincipale alla residenza, come rappresentato in molte ricostruzioni.Nella sala ottagona sono conservate tracce di un rivestimento marmoreo fino all’impostazionedella volta, mentre la volta stessa non presenta resti di decorazione o pittura. Sono stati quindiipotizzati rivestimenti in legni pregiati, madreperla e avorio, che farebbero suggestivamentepensare a questa sala come alla sala da pranzo principale descritta da Svetonio, che ruotavacontinuamente, notte e giorno “vice mundi” (Svetonio, Nerone, 31). La rotazione sarebbe statacreata attraverso un rivestimento mobile della volta che mostrava il moto delle costellazioni, unmeccanismo simile a quello delle coperture dei soffitti che si spalancavano per far scendere fiori eprofumi (cfr. Petronio, Satyricon, 60). Tali architetture mobili sono testimoniate già per le sale avolta delle ville repubblicane, ad esempio per l’aviarum della villa di Varrone a Cassino, dotato diun meccanismo che mostrava il movimento delle stelle (Varrone, L’agricoltura, 5, 9-17) (Prückner,Storz 1974, pp. 323-339; Moormann 1998, pp. 354-355). Andrebbe approfondito se il motorotatorio del soffitto venisse azionato dall’ampia cascata, come proposto da Helmut Prückner eSebastian Storz.Questo gruppo di vani era incorniciato ad est e ad ovest da un cortile pentagonale aperto versosud. Per il cortile occidentale è possibile dimostrare che dimensioni e forma furono condizionatedallo spazio lasciato da un’edificazione precedente (vani 69 e 70 nonché 84-86).

170 Gli impianti monumentali edificati sulla vasta area occupata dalla Domus Aurea sono stati in granparte cancellati dall’edificazione successiva. La parte meglio conservata della Domus è il padiglionealle pendici del Colle Oppio, da sempre ritenuto l’edificio principale dell’impianto. Danneggiato daun incendio nel 104 d.C., esso venne in parte demolito per costruire le Terme di Traiano (106-109d.C.). Finora non si conoscono nel dettaglio l’esatta estensione del complesso di edifici e la suapianta originale (Bergmann 1993, pp. 18-30; Essen 1954, pp. 371-398; Segala, Sciortino 1999) eneppure sappiamo quali altri complessi si trovassero ancora sul Colle Oppio e in quale combinazione.Laura Fabbrini (Fabbrini 1982, pp. 5-24; Fabbrini 1983, pp. 169-184; Fabbrini 1985-1986, pp.129-179), che ha studiato dettagliatamente l’impianto e scavato una parte del primo piano,suppone che il palazzo fosse costituito da due grandi cortili poligonali, un’area centrale all’internodella quale si trovava anche la sala ottagona, un’ala orientale e una occidentale. L’edificio avrebbeavuto così una lunghezza di circa 330 metri. L’imperatore Nerone affidò la progettazione ecostruzione della Domus Aurea agli architetti Severo e Celere “…che avevano avuto l’ingegno el’audacia di creare con l’artificio ciò che la natura aveva negato…” (Tacito, Annali, 15, 42). Perridurre i tempi di costruzione, essi inglobarono nel nuovo complesso parte degli edifici risparmiatidall’incendio del 64 d.C., creando così una basis villae, un espediente largamente utilizzato nelleville romane per ampliare la superficie edificabile. I pochi resti noti del piano superiore oggiandato perduto – due piccoli peristili con fontane e il lato breve di un bacino idrico decorato concolonne – mostrano che possiamo qui supporre il vero piano nobile del palazzo. Sebbene non siapiù possibile determinare nel dettaglio estensione, articolazione e funzioni di questo piano nobile,possiamo avere una vaga idea del complesso paragonandolo alla ville marittime del Golfo diNapoli, meglio conosciute (Mielsch 1987).Il piano inferiore conservato del padiglione sul Colle Oppio, al quale è convenzionalmente legatal’immagine della Domus Aurea, è dotato di gruppi di ambienti con diversa articolazione, inconseguenza del già menzionato inserimento di strutture precedenti.Varie strutture in laterizi erano sopravvissute all’incendio e gli architetti si trovarono di fronte alcompito di inglobare questi edifici nel padiglione. Basandosi sull’orientamento degli edificirisparmiati, Severo e Celere progettarono vari gruppi di ambienti. Uno di questi, delle dimensionidi m 30 x 60 circa, ospita al centro una sala ottagonale, sulla quale torneremo. Questo gruppo divani è situato davanti alle strutture precedenti e quello che era il collegamento ad un magazzino(horrea), fu trasformato in corridoio di servizio (vano 92).La parte centrale di questo gruppo è dominata da una sala ottagonale coperta da una cupola ecircondata su 5 lati da grandi nicchie rettangolari, due ulteriori nicchie costituiscono i corridoi di

H E I N Z - J Ü R G E N B E S T ED O M U S A U R E A ,

I L PA D I G L I O N E D E L L ’ O P P I O

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172 1732. Veduta aerea dellaDomus Aurea con ilpadiglione neronianosul Colle Oppio (in giallo)

3. Pianta attuale delpadiglione della DomusAurea neroniana e dellestrutture delle Terme diTraiano sul Colle Oppio

4. Immagine della salaottagona (n. 128)

Non meno innovativa, sebbene non priva di difficoltà per la sequenza dei vani e dei giochi di luce, è la composizione di ambienti nell’area occidentale dell’impianto. Per la loro realizzazione venneabbattuto un edificio abitativo anch’esso risalente all’epoca precedente all’incendio del 64 d.C.Purtroppo questo settore è stato frazionato in compartimenti dai muri di rinforzo eretti in epocatraianea per la costruzione delle terme ed è oggi difficile cogliere direttamente la grandezza e l’effettocomplessivo dei vani. L’ambiente più grande di questo gruppo aveva in origine una superficie di piùdi 100 metri quadri ed era coperto da un’unica volta a botte. Esso si apriva con il lato breve su unperistilio di m 20 x 30 circa. La parete è aperta, fatta eccezione per 4 colonne che sorreggono unagrande finestra. Alla parete posteriore della sala, articolata con la stessa sequenza di colonne, èannesso uno stretto cortile che porta ad un ninfeo. La volta a botte, sulla quale sono applicaticinque grandi tondi con scene dell’Odissea, è rivestita di finte stalattiti ricoperte di polvere d’oro(Lavagne 1970, pp. 673-722). Su ciascuna delle due pareti laterali vi erano tre nicchie cheospitavano delle statue e sulla parete posteriore del ninfeo una piccola cascata alimentava una vascasituata sul pavimento. L’effetto scenografico dei giochi d’acqua, del soffitto con stalattiti e delle paretiaperte era accresciuto dal sapiente uso della luce, che creava una sequenza di zone di luce e ombra.

Spesso viene dibattuta la questione se sotto gli edifici sopravvissuti quasi intatti all’incendio del 64d.C. si possano localizzare anche strutture appartenenti alla Domus Transitoria. Larry Ball, che si èa lungo occupato dell’argomento, ipotizza che quasi tutta l’ala occidentale faccia parte della DomusTransitoria (Ball 2003). Senza entrare nei dettagli vi sono una serie di argomenti, quali la tecnicadi costruzione del lungo tratto di muro che chiude l’ala occidentale e il riuso di laterizi in questosettore, che smentiscono l’attribuzione dell’intera ala occidentale alla Domus Transitoria.

Dei giudizi tramandati sulla Domus Aurea sono giunte fino a noi soprattutto le critiche.L’impianto di un enorme parco al centro della città densamente popolata fu largamenteosteggiato. Per l’interpretazione della concezione neroniana della Domus Aurea la questionecentrale è comprendere se l’impianto vada inteso come villa suburbana di particolare prestigio, cheoffriva altissimi standard di lusso, o come imitazione di palazzi e paradeisoi ellenistici o orientali.La villa romana, tuttavia, riuniva in sé sin dalle origini l’aspetto agrario delle antiche tenute e laricezione del lusso abitativo ellenistico, per cui al più tardi in età tardo-repubblicana la villamostrava già rivendicazioni di grande lusso e prestigio.

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174 1755. Isometria della zonadegli ambienti 44 e 45(ninfeo)

6. Ricostruzione delpadiglione della DomusAurea neroniana sulColle Oppio La discussione sulla Domus Aurea è molto accesa in particolare per quanto riguarda la praecipua

cenationum rotunda. Nel 1942 Hans Peter L’Orange in un articolo che ebbe ampie ripercussioniinterpretò la Domus Aurea come palazzo di un cosmocratore, il quale, collocando la sua statuacolossale con attributi solari nel vestibolo e ricorrendo all’uso dell’oro, avrebbe perseguito intentiprogrammatici (L’Orange 1942, pp. 68-100). La sala che ruotava su se stessa “come la terra” vennericostruita come sala dotata di una cupola con la rappresentazione dei movimenti celesti,identificando in essa una corrispondenza con le sale del trono di Parti e Sassanidi. L’Orangeipotizzò che la sala fosse restituita nell’architettura di un padiglione a volta raffigurato su undupondio neroniano, interpretando la legenda MAC AUG come Machina Augusti, mentre alcunistudiosi vi leggono Macellum Augusti. Altri autori hanno voluto vedere una simbologia nella luceche entra nella sala ottagona dall’oculus della volta. Da tutto questo si dedusse che Nerone avrebberipreso nella Domus Aurea l’architettura dei palazzi tolemaici e la loro simbologia del potere. Altriancora hanno visto nella Domus Aurea la riproduzione paradisiaca del cosmo e la scena di unaesaltante concezione di rinnovamento del mondo. Jocelyn C. Toynbee (Toynbee 1947, pp. 126-149)ed altri hanno invece sostenuto la posizione opposta, asserendo che la Domus Aurea non sarebbealtro che una villa di lusso particolarmente prestigiosa e la simbologia Apollo-Sole l’allusione allapassione di Nerone per il canto e le corse delle bighe.Gli argomenti di molte di queste discussioni si possono spesso verificare nel dettaglio, tuttavia lavalutazione finale è legata all’interpretazione complessiva del comportamento e dei provvedimentidell’imperatore.Ci si può chiedere se questi edifici fossero innovativi o riflettessero semplicemente la megalomaniadi Nerone. Alla mancata conoscenza di molti dettagli si aggiunga che per la Domus Aurea si puòdifficilmente trovare un confronto utile. In ogni caso per molti aspetti questo complesso si distaccachiaramente dalle tipologie note di ville o domus urbane e per la vicinanza a Palatino e Foro, sedidell’amministrazione, non può neppure essere paragonato alla Villa di Domiziano a CastelGandolfo o a Villa Adriana a Tivoli, residenze che alle funzioni dell’otium durante il soggiornodell’imperatore affiancavano quelle amministrative.Fintanto che non avremo altri dati ogni interpretazione di questo affascinante progetto è destinataa rimanere in buona misura ipotetica.