Alessandro Di Maria - Penne Matte · Fragile, ma forte. Debole, ma con ... ma restai solido come...

53

Transcript of Alessandro Di Maria - Penne Matte · Fragile, ma forte. Debole, ma con ... ma restai solido come...

Alessandro Di Maria

Venus

(Breve storia di un lungo amore)

Questa è un’opera di fantasia.

Ogni riferimento a nomi, persone, o fatti sono puramente casuali.

Questo romanzo breve è dedicato ad Alessia.

Che gentilmente mi sopporta da una vita e mi ha chiesto di scriverle una storia

d’amore tutta per sé. Quindi questo libro è per te, così che tu possa avere

sempre una parte di me con te, anche quando sarò lontano.

La guardo e lo devo ammettere, non ho mai visto creatura più bella davanti ai

miei occhi. Non sto parlando della donna più bella del mondo, no.

Sto parlando di una semplice ragazza di trent’anni, perfetta nelle sue

imperfezioni. Fragile, ma forte. Debole, ma con carattere.

Non è bellissima, ma ha un fascino con cui ti toglie il fiato. I suoi occhi verdi

penetrano dentro il tuo essere lasciandoti a bocca aperta.

I suoi lunghi capelli color mogano le incorniciano il volto facendogli risaltare

ogni piccolo particolare.

Non l’ho mai vista con i capelli ben curati, o le unghie colorate e il volto

truccato.

È la classica ragazza di mondo, ma cosa ci avrò visto in lei non lo so.

Mi ha ammaliato con il suo fascino nascosto, con il suo semplice sorriso e il

suo modo di fare.

Se la guardo il cuore mi batte forte nel petto e mi basta uno sguardo per

eccitarmi.

Ricordo quando la incontrai per la prima volta, Alyssa Lovegood, una dea

scesa dall’olimpo per mescolarsi tra i comuni mortali, una dea ... Venere.

Nella mia vita non ho mai frequentato una ragazza per più di un mese intero.

Mi reputo, quindi, un falso gentleman disposto ad offrire il mondo in cambio

di una serata folle.

Quante volte, nella mia vita, mi sono ritrovato circondato da belle ragazze,

pronte a soddisfare ogni mia voglia. Mi cadevano letteralmente ai piedi.

Le avventure serali passate nel mio letto con una bella donna sono davvero

troppe e lo ammetto ... ne ho perso il conto. Ma non sono qui per vantarmene

con voi. Anzi.

Mi vergogno fortemente di me stesso. C’è stato un periodo della mia vita in

cui il sesso era tutto.

Ma solo successivamente me ne sono reso conto.

Ero completamente e pazzamente infatuato del sesso (orale, vaginale, anale ...

tutto).

Devo ammettere, però, che la mia posizione nella società mi ha sempre

avvantaggiato in questo.

Mi presento, dunque, io sono Leon Santos, figlio di Miguel e Julia Santos.

Le mie origini sono spagnole. E se proprio devo descrivermi, allora,

immaginatemi alto e atletico, con una carnagione dorata e gli occhi brillanti

come il fuego. Quindi il classico spagnolo “caliente”.

È da due generazioni che non viviamo più in spagna, motivi di lavoro. Fatto

sta che vengo da una famiglia benestante, mi basta uno schiocco delle dita per

avere tutto ciò che voglio. E ciò che volevo erano le donne, quante più in

abbondanza.

La mia prima volta è stata a sedici anni. Ero ancora un bambino, bello e

voglioso. Non capivo appieno l’importanza del sesso, ma allora non

importava. Sono passati solo nove anni da allora e solo adesso mi rendo conto

di quanto ero malato.

Ma non malato nel considerare il sesso come ossessione, ma di quanto ero

stronzo nel far scivolare sotto le lenzuola più ragazze possibili liberandomene

il prima possibile.

A sedici anni non te ne rendi conto.

Infondo avevo il cervello grande quanto una noce e il pene costantemente

eretto in cerca di nuove prede. Ero un cacciatore assetato di sangue (le

preferivo ancora vergini).

E a sedici anni mi capitò tra le mani un bocconcino prelibato.

Il suo nome era Francesca Deste, una ragazza di un solo anno più grande di

me, ma comunque mia compagna di classe.

Quel pomeriggio, dopo scuola, la accompagnai a casa mia, entrammo in

camera per “studiare” e le saltai addosso, come un predatore che cattura la sua

preda.

Avevo un leggero rigonfiamento tra le gambe, ma nulla che non si potesse

curare con il tocco delicato di una ragazza.

Quel giorno le promisi che poteva venire ogni giorno a casa mia ed usufruire

dei miei beni (non intendevo solo quelli materiali, parlavo anche del mio

membro, che tra l’altro diventava sempre più turgido), poteva avere tutto ciò

che voleva, infondo a me non mancava niente.

Lei accettò, come si fa a rifiutare a tale offerta? Ed iniziammo a baciarci.

Le sue calde labbra sfiorarono le mie, per poi scendere sul mento e poi sul

collo. Intanto le sue piccole mani mi stringevano il petto e la schiena.

Io rimasi lì così, immobile, impassibile. Mi facevo contemplare da quello

splendore di ragazza.

Francesca mi tolse la camicia dai pantaloni e cominciò a sbottonarmela

lentamente, dall’alto verso il basso e poi me la sfilò via. I capezzoli mi si

irrigidirono quando vennero toccati dal tessuto della camicia che veniva via.

Mi sdraiai con le mai dietro la testa, mentre Francesca mi baciava il collo, il

petto e l’addome. Intanto le sue mani correvano sui miei fianchi.

Quando arrivò all’ombelico alzò lo sguardo e mi sorrise con dolcezza.

Slacciò la cintura e sbottonò il jeans. Appena abbassò la zip sentii una

sensazione di liberazione. Il mio membro si liberò dall’oppressione dei

pantaloni.

Mi sfilò via le scarpe per poter togliere i jeans. Successivamente risalì lungo il

mio corpo, lasciandomi gli slip al loro posto.

Mi leccò partendo dalla vita, arrivando fino al mento.

Una volta sdraiata su di me si mise a cavalcioni ed ondeggiò avanti e indietro.

Dalla bocca mi uscì un rantolo di piacere e mi sentii dire:

«Facciamolo»

Lei portò il dito indice sulle mie labbra, segno che dovevo stare zitto e

lasciarla fare.

Francesca Deste, l’unica ragazza non vergine della mia vita.

Quel giorno indossava un paio di fuseaux neri con una maglia bianca che gli

arrivava fino alle ginocchia.

Si sfilò la maglia restando in reggiseno.

Ma non smise di muoversi. Su e già, su e giù ... impazzivo. Sentivo che sarei

venuto da un momento all’altro, ma non volevo finire il tutto così

velocemente. Almeno non prima di aver inserito il mio membro dentro di lei.

Francesca, con un colpo della testa, si spostò i capelli a destra e si slacciò il

reggiseno, gettandolo a terra.

Due piccoli seni fecero capolino. Erano bellissimi, tonti e sodi. Portai le mani

ai capezzoli, i quali divennero subito turgidi.

Si sdraiò, avvicinando i seni al mio viso.

Allora iniziai a leccarla, stringendo comunque i seni tra le mani.

La mia saliva la bagnò, ma lei mi lasciò fare.

Nel frattempo, Francesca si tolse i fuseaux prima e le mutande poi.

Staccai il mio volto dai suoi seni per ammirarla.

Aveva un bel fisico, snello e slanciato. Ma la cosa che mi colpì di più fu la

sua vagina. Non perché non ne avevo mai vista una, ma perché non ne avevo

mai vista una così curata. Non aveva neanche un pelo pubico, completamente

depilata, bella e rosea.

Il mio pene cominciò a pulsare alla sua vista.

Allora Francesca mi sfilò gli slip e finalmente il mio membro scattò in avanti,

solido come marmo, ma ... aimè, circondato da crespi peli pubici (da quel

giorno rimediai, rasandomi costantemente).

Lei non ci fece caso e cominciò a massaggiarlo delicatamente, poi ci sputò

sopra ed aumentò la velocita. A quel punto mi portai le mai sugli occhi

esclamando «Oh mio Dio» e lei continuò decisa.

La sua presa era solida quanto il mio pene e non riuscì a trattenere urla di

piacere.

Fortuna che quel giorno a casa non c’era nessuno, a parte la domestica, ma lei

sapeva che non doveva disturbare, soprattutto se avevo ospiti.

Allora urlai più forte, mi piaceva, era brava.

Ad ogni suo movimento della mano io muovevo il bacino su e giù

accompagnandola come in una danza.

Sputò di nuovo e io sentii le sue dita scivolare armoniose lungo il mio

membro. Ogni volta che mi lubrificava era un piacere immenso, soprattutto

quando sfiorava il prepuzio.

Godevo come un pazzo.

Ogni secondo ansimavo sempre più forte.

«Basta ... basta ...» dicevo tra un sussulto e l’altro.

Lei lasciò ricadere il mio pene, mi fermò la bocca con le mani e se lo mise in

bocca. Iniziò a succhiare, non fece altro. Non andò su e giù con la testa e non

usò neanche le mani. Usava solo la bocca, la sua splendida bocca sottile.

La sua lingua roteava attorno alla cappella senza sosta e io cominciai a

divincolarmi. Era una sensazione bellissima, ma anche fastidiosa.

Il mio membro pulsava, voleva scoppiare, scoppiarle in faccia. Ma mi

trattenni.

Almeno ci provai.

Appena aggiunse le mani al dolce movimento della bocca non riuscii a

fermarmi.

Orgasmai e gli venni in bocca.

Accompagnai il mio orgasmo con un lungo urlo di piacere.

Era tutto finito, ma restai solido come una roccia.

Lei ingoiò senza problemi, si pulì la bocca con la mano e leccò via ogni

rimasuglio del mio orgasmo.

Ogni volta che le sue labbra toccavano il mio pene sussultavo dal piacere.

Si passò la lingua sulle labbra e si sdraiò al mio fianco.

«Tocca a te» mi disse.

In quel momento, se mai il mio membro si stava ritirando, tornò più duro di

prima.

Discesi il suo corpo e quando arrivai alla vagina portai la mia faccia tra le sue

gambe. La annusai e gli diedi una prima leccata, per assaporarne il gusto.

Poi cominciai a leccare sempre più velocemente, cercando di irrigidire la

lingua. E successivamente gli inserii l’indice. Mentre con la lingua stimolavo

il clitoride, il mio dito la penetrava in modo veloce e costante.

Lei mi strinse i capelli tra le dita urlandomi «Ancora, ancora», allora inserii

anche il medio.

«Urla, urla» la mia voce era soffocata, ma comunque ben comprensibile.

Lei mi diede retta ed urlò.

Quando inserii il terzo dito lei iniziò a contrarsi e a divincolarsi.

Sentivo i suoi muscoli dell’inguine irrigidirsi.

E dopo qualche secondo sentii la mia faccia bagnarsi da un forte schizzo

caldo, seguito da uno più breve e meno bagnato.

E Francesca rimase lì, immobile a contemplare il soffitto della mia stanza.

Il petto si gonfiava e sgonfiava regolarmente e i suoi seni mi chiamavano.

Risalii leccandogli tutto il corpo, misi la testa sul sedo di lei e chiusi gli occhi.

La abbracciai.

Poi sentii la sua mano discendere verso il basso e strinse il mio pene, ancora

turgido e pronto all’azione.

«Hai un preservativo?» mi chiese. Io risposi di no. Sinceramente non ci avevo

pensato, ma non volevo comunque correre rischi. Gli dissi che al momento

dell’eiaculazione mi sarei tolto, infatti così feci. Ma allora non pensai

minimamente agli altri rischi di un rapporto senza protezioni, come le

malattie, no. Speravo solamente di non metterla incinta.

Lo sfregò due, tre, quattro volte sulla sua vagina. Si leccò la mano e mi

lubrificò il membro.

Quando centrò il buco mi lasciò entrare.

Lei lo accompagnò delicatamente, ma io lo spinsi con prepotenza all’interno.

Era una sensazione strana, ma comunque familiare ... come se sapessi già

come fosse fare sesso.

Sentii il mio pene scorrere su e già lungo la calda e umida vagina di

Francesca.

All’iniziò diedi i colpi completamente sdraiato su di lei, poi mi tirai su con le

braccia e assunsi la posizione del missionario.

Lei mi chiese di darle dei colpi delicati e di muovermi con il bacino. Ma

sapevo già cosa fare.

La colpì ripetutamente con violenza.

Lei mi disse di rallentare perché lo sentiva troppo.

Ma nella mia mente tradussi quella frase con: il tuo pene è così grosso che se

non rallenti mi fai venire di nuovo.

Allora cosa feci?

Ovvio ... velocizzai l’andatura.

Infatti non mi sbagliai.

Dopo qualche minuto lei urlò ed orgasmò bagnandomi la vita.

Ma non mi fermai, rallentai questo è vero, ma non mi fermai.

Successivamente estrassi il mio pene e la misi a pecorina. Volevo provare

tutto.

Francesca si voltò, si inginocchiò e si mise a quattro zampe.

Allora la penetrai anche da dietro, ma non anale.

Il mio bacino andava avanti e indietro, mentre quello di Francesca si muoveva

a destra e a sinistra.

In questa posizione sentii il pene più stretto all’interno della vagina di lei. Mi

piaceva da impazzire.

Poi cambiammo ancora e ancora, fino a ritrovarci con lei sopra di me.

Teneva le mani sul mio petto muovendosi velocemente con il corpo.

Strinse le dita e si portò i capelli dietro la testa.

A cavalcioni sopra di me potevo ammirarla in tutto il suo splendore.

La mia prima volta ... ah che scopata.

Lei venne una terza volta, questa volta bagnandomi l’addome.

E io sentii il pene inondarsi di piacere.

Solo dopo pochi minuti venni anche io.

Sentii lo sperma risalirmi il pene, spingendo per uscire.

La feci scendere e io mi alzai in piedi. Francesca si inginocchiò sotto di me,

con la lingua di fuori.

Io portai la mia mano destra al membro e lo agitai per qualche secondo. Infine

docciai la mia prima ragazza con l’orgasmo finalmente raggiunto.

Soddisfatto, il mio pene questa volta si sgonfiò. E l’indomani stesso tornò di

nuovo attivo per Francesca.

Dopo quel giorno vidi numerose ragazze entrare ed uscire da casa mia,

avvolte da sole, altre volte in compagnia.

Dopo di Francesca seguirono altre scene di sesso a due, a tre, o persino a

quattro tra le mura domestiche.

Mentre fuori casa gang-bang, classiche o al rovescio e o orge.

La mia voglia di sesso era insaziabile, ma ci fu un attimo in cui trovò la pace.

In quel periodo avevo venticinque anni, un lavoro fisso presso uno studio

commerciale e una casa tutta mia.

Durante la settimana portavo a casa le mie “attuali” ragazzi per poterci

divertire un po’. Ma, raramente, nei week end organizzavo dei festini in cui

invitavo le ragazzine più appetibili a bere qualcosa, in compagnie di amiche e

amici.

Naturalmente non ho mai obbligato nessuno a prestare il suo corpo per atti

sessuali occasionali. Ma facevo sempre in modo che nessuno rifiutasse il mio

invito.

Avevo delle regole precise durante i week end. Ciò che succedeva nella

stanza del sesso, restava nella stanza del sesso.

Infatti i miei ospiti erano tutte ... persone di un certo stile!? Non so se si

possano chiamare così. Comunque era gente privata, che non andava a

raccontare niente in giro. E chi non ci stava era liberissimo di andare.

Per queste occasioni extra settimanali utilizzavo un sito di incontri per

reclutare la miglior carne fresca sul mercato. Non mi importava chi fossero o

da dove venissero. Ero disposto io stesso a dare un passaggio in caso di lunga

distanza, o mandavo loro un autista.

No, io non ho l’autista, ma ho qualche buona conoscenza che, se ben pagata,

può offrire un passaggio ai miei ospiti.

Dal momento che le mie prede arrivavano direttamente da siti di incontri, beh

... ero certo che si trattava di gente disposta a rispettare la privacy altrui.

Offrivo loro la massima libertà in casa mia e l’utilizzo di oggetti privati e non.

Nessuno rifiutava.

Alcuni chiedevano anche un compenso in denaro.

Per me i soldi non sono mai stati un problema.

In certe occasioni andavo a prelevare grandi quantità di denaro per poter,

letteralmente, farci il bagno nei soldi.

Li eccitava tantissimo.

Non che avessi un lavoro in cui si guadagnano milioni, ma, come ho già detto,

arrivo da una famiglia di benestanti.

I miei hanno una società tutta loro che opera nel settore della moda (La H&S)

e io ne tengo la contabilità.

Poi, essendo figlio unico posso permettermi certi capricci.

Non navigo nell’oro e non ho, in garage, l’intero catalogo delle Audi o

Ferrari, BMW eccetera eccetera. No! Ho soltanto una buona stabilità

economica e posso permettermi qualche capriccio.

Infatti vivo in una modesta viletta in campagna, una casa che la maggior parte

delle persone può permettersi, e guido una semplice auto sportiva.

Comunque, tornando a noi, facevo accomodare i miei ospiti in casa. Potevano

essere un piccolo gruppo di ragazze liceali, o un gruppetto misto di teenager

eccitati.

Installavo le casse per la musica in sala e offrivo loro i migliori alcolici in

circolazione.

Serviti in una coppa, vinta durante una competizione sportiva, mettevo

dozzine di profilattici pronti per l’uso.

Poi, una volta mosse le acque, invitavo tutti a seguirmi in camera da letto.

Avevo, ho tutt’ora, un doppio letto matrimoniale, l’uno accanto all’altro, con

le bottiglie di champagne, sistemate negli appositi vassoi col ghiaccio, nei due

lati opposti della stanza.

Se, in un gruppo superiore a tre, ero l’unico ragazzo mi facevo legare e

bendare al letto, lasciando tutto in mano alle fanciulle.

Altrimenti ci ammassavamo nel letto, diventando un unico essere. Ansimando

ed orgasmando assieme.

Non molto tempo fa, mentre cercavo su internet dei bei bocconcini freschi, mi

imbattei in due ragazze, ancora vergini, in cerca di relazione.

Entrambe le foto del profilo non mostravano il volto (le persone più affidabili

e attaccate alla privacy sono proprio loro, chi non si vuole fare riconoscere).

Le contattai, prima l’una poi l’altra. Chattammo per quasi tutta la settimana.

Io le inviai la mia foto migliore ed entrambe mi risposero con una foto.

Avevo le due veline, la mora e la bionda. Accoppiata vincente.

Entrambe cercavano un rapporto occasionale, ma con la massima discrezione.

Devo ammettere che trovare ragazze, donne, femmine, sui siti di incontri non

è facile. Ma oggigiorno internet si espande sempre di più ed offre una ricerca

di persone sempre più vasta.

Come ho detto raramente organizzavo nei week end questi festini, perché le

persone sui siti d’incontri sono quasi sempre le stesse. Ma comunque è

difficile anche trovare in giro delle persone che accettino di passare una notte

folle con dei perfetti sconosciuti.

Fatto sta che in tutta la mia vita cinque o sei festini li ho fatti.

Grazie ad amici, amici di amici, amici di amici di amici.

E quella volta, grazie alle due veline, per l’appunto Claudia la bionda e

Jessica la mora, c’è stata una mini festicciola. Un po’ più intima, solo in tre,

ma comunque c’è stata.

Le due ragazze non si conoscevano, perché provenivano da due città

differenti.

Quando le andai a prendere le portai a casa.

Lasciai la musica e le luci accese, così al mostro arrivo la festa cominciò

subito.

Ci ubriacammo con la vodka, gin e altre bevande.

Poi, salimmo in camera da letto. Ed iniziò la magia.

Ero così ubriaco che non ricordo tutto con esattezza, ma posso assicurarvi che

il mio pene era di marmo.

Indossavo un paio di pantaloni della tuta e l’erezione, quindi, si intravedeva

tutta.

Non erano di certo le ragazze più belle che abbia mai visto, infondo cosa ci si

aspetta da un sito di incontri? Però avevano il loro fascino nascosto.

Il pulsare costante del mio membro fu presto alleviato dalla bionda Claudia,

che si fiondò sul mio pene in erezione appena lo scorse attraverso il

rigonfiamento dei pantaloni.

La musica, sparata al massimo volume, ci accompagnò quella, come tante

altri notti.

Jessica allora allargò le gambe per eccitarmi.

Iniziai a baciarle entrambe, succhiando prima la lingua di una poi dell’altra.

Claudia aveva messo le mani sopra il mio pene tirandolo fuori dai pantaloni.

Vedendolo le due ragazze fecero un’esclamazione di stupore e dissero che dal

vivo sembrava ancor più grande delle foto.

Claudia sgranò gli occhi e lo portò subito in bocca, mentre io iniziai a

denudarle, facendole rimanere nude ai miei piedi.

Claudia faceva andare avanti e indietro la bocca dal mio membro.

Mi denudai anche io e presi Jessica, adagiandola sul bordo del letto leccando

la sua femminilità. La ragazza ad ogni leccata mugolava di piacere e quando

era sul punto di godere prese il mio pene e lo portò sulla vagina, facendolo

scivolare dentro con delle botte. Poi lo vidi entrare del tutto e allora iniziai a

mandarlo dentro e fuori con colpi ben assestati. Jessica era in preda degli

orgasmi, uno dietro l’altro, gridando di piacere. Mentre Claudia si sedette sul

letto masturbandosi, fino a che godette per il piacere.

Dopo circa mezzora tirai fuori il mio membro orgasmandogli sulla pancia.

Una volta ripreso mi si avvicina Claudia, in ginocchio, prende il mio pene in

bocca, finché non torna duro. A questo punto la bionda si alza e, attaccandosi

al mio collo, inserisce il pene all’interno suo interno.

Sentii la vagina stretta, in confronto a quella di Jessica dopo essere stata

penetrata.

Lo inserivo a scatti, mentre Claudia iniziò a godere a ripetizione con ripetuti

orgasmi, incitandomi a fare più forte.

La rigirai, spingendoglielo nell’ano. Mentre lo facevamo lei mi disse quando

stava bene quella sera e che lo avrebbe rifatto volentieri.

Sentivo il mio pene entrare dentro, nell’ano di Claudia, dilatandogli le pareti e

lo sentivo entrare fino in fondo. Lo facevo andare dentro e fuori, mentre

Jessica mi incita a continuare.

La mora si accorse che stavo per godere, allora prese il mio membro in bocca

facendomi orgasmare. Poi mi ripulì del tutto.

Dopo circa un’ora Jessica si diede da fare per far tornare turgido il mio pene,

mentre io giocavo con l’intimità di Claudia.

Appena tornai attivo, Claudia si mise a pecorina e se lo fece mettere nel

deretano. Fino a che orgasmammo di nuovo.

Le due ragazze, poi, se ne andarono, dicendomi che è stato uno spasso e che

lo avrebbero rifatto volentieri. Ma io non le cercai mai più. Ormai le avevo

usate ... toccava ad altre.

Potrei raccontarvi tantissime altre storie erotiche, perché ne ho proprio tante

da raccontare. Infondo è proprio questo il bello di poter vivere in una grande

città: poter pescare tanti piccoli pesci, senza dare nell’occhio.

Infatti potrei raccontarvi di quella volta che l’ho fatto in un parcheggio

pubblico, o di quando il mio pene divenne il regalo di compleanno per una

ventenne e le sue amiche (uscii da una scatola regalo completamente nudo,

con il pene decorato da un fiocco rosso urlando tanti auguri).

Potrei raccontarvi davvero un sacco di esperienze, ma non arriveremo mai al

vero fulcro della storia.

L’incontro con la mia venere.

Venere (in latino Venus, Venĕris) è una delle maggiori dee romane

principalmente associata all'amore, alla bellezza e alla fertilità, l'equivalente

della dea greca Afrodite.

Sono molte le ipotesi sulla nascita della dea. C'è chi sostiene che essa scaturì

dal seme di Urano, dio del cielo quando i suoi genitali caddero in mare dalla

castrazione subita dal figlio Crono, per vendicare Gea, sua madre e sposa di

Urano.

Un'altra ipotesi è che essa sia nata da una conchiglia uscita dal mare.

Venere è la consorte di Vulcano. Veniva considerata l'antenata del popolo

romano per via del suo leggendario fondatore, Enea, svolgendo un ruolo

chiave in molte festività e miti della religione romana.

Ma per me, Venere aveva un nome ed un cognome: Alyssa Lovegood.

Lavorando come commercialista in una società di moda riesco sempre a far

cadere qualche ragazza ai miei piedi. Modelle, truccatrici, segretarie eccetera.

Potevo permettermi tutte le donne che volevo. Tutte ... tranne una.

Christine Hero.

Una mia cara amica.

La conosco sin da quando sono nato.

Alta, bionda, un fisico da far paura.

È come usa sorella per me ... e voi, vi scopereste vostra sorella? Certo che no.

Non abbiamo un legame di sangue, ma lei, in ogni caso, non vuole concedersi

a me.

Giuro che ho provato in tutti i modi a portarmela a letto, ma niente da fare.

Christine, il mio sogno proibito.

Fin da bambini eravamo inseparabili e adesso siamo colleghi.

I miei genitori hanno sempre stravisto per lei ... e guai se provavo a sfiorarla

con un solo dito.

Quel giorno era un lunedì mattina, iniziava una nuova settimana. Il sole era

caldo ed il cielo splendente, ed io avevo il pene consumato. Il giorno

precedente lo dedicai pienamente al sesso, dalle prime ore del mattino, fino a

tarda notte.

Lunedì mattina mi alzai e chiesi gentilmente alla mia “preda del giorno” di

andarsene, mi feci una veloce doccia fredda ed andai al lavoro.

«Ehi pisello moscio» mi disse Christine, appena misi piede in ufficio.

«Ciao sciacquetta» risposi «Passato bene il fine settimana?»

«Quattro uomini in una notte. E te?»

La nostra era una sfida aperta.

«Diciamo che, per questa volta hai vinto te» gli dissi.

«Ottimo» lei mi baciò in bocca e con la mano mi strinse il cavallo.

Io sussultai e mi eccitai immediatamente.

«Buon lavoro» mi disse, con lo sguardo beffardo. E se ne andò, lasciandomi lì

con il pene in erezione.

«Buon lavoro anche a te» borbottai.

Appena presi posto, dietro la mia scrivania sentii bussare la porta.

«Avanti» dissi.

La maniglia si abbasso e la porta cigolò lenta sui cardini.

Fece capolino prima una mano, poi la testa ed infine il corpo.

Una ragazza, con i capelli crespi legati in una coda, una vecchia camicia a

fiori e gli occhiali da vista appoggiati sulla punta del naso entrò.

Abbassò lo sguardo in mia presenza.

«Sa-salve» sussurrò.

«Prego, mi dica» risposi con voce forte e chiara.

«Stavo ... stavo cercando il piano per le audizioni e, e credo di essermi persa»

“Le audizioni?” pensai. In effetti, ogni primo lunedì del mese, cerchiamo

nuove modelle per le nostre sfilate.

Poi guardai di nuovo la ragazza. Occhi verdi, capelli mogano. Carina, ma non

bellissima. Non avrebbe mai superato le audizioni.

Allora le chiesi «Lei è?»

La ragazza si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si sistemò gli

occhiali.

«Oh ... sì. Sono Alyssa Lovegood. E-e-e dovrei portare questi documenti in

sala audizioni» mi mostrò un plico di fogli.

«Solo un momento» dissi. Alzai la cornetta del mio telefono e digitai il codice

1909. Dopo alcuni secondi, Christine mi rispose.

«Sala audizioni?»

«Ciao Chris, sono Leon»

«Dimmi, pisellino moscio» e rise.

«Ho qui davanti a me una certa Lovegood, Alyssa Lovegood»

Sentii Christine sbuffare «Quella ragazza. Sì è nuova, sostituisce Margaret

questo mese. Mandamela su»

«Quindi non è una modella»

«Certo che no. Ma l’hai vista?»

«Non essere crudele Chris»

«Sì capo. Ora mandamela su, ho bisogno dei documenti per avviare i provini»

«Certo» misi la cornetta tra il collo e la spalla, poi mi rivolsi alla ragazza.

«Signorina Lovegood?!»

Alyssa alzò lo sguardo, non era così brutta.

«Quinto piano, terza porta a destra. Ti aspettano»

Alyssa mi ringraziò e scappò via.

Poi tornai a parlare con Christine.

«Non è bruttissima, Chris»

«Cos’è Leon?» mi chiese lei «Hai voglia?»

«Ma certo che no! Dico solo che ha un fascino nascosto»

«Se vuoi ti do il suo numero» mi disse rirendo.

«Dico solo di non trattare male i nostri dipendenti, okay?»

Chris sbuffò «Okay, okay» e attaccò.

Serena, una nuova modella, non era una ragazza particolarmente alta, ma io

l'avevo trovata ugualmente irresistibile.

Capelli lunghi e biondi, occhi azzurri, naso piccolo, bocca perfetta e dalle

labbra generose, lei aveva un viso straordinariamente luminoso, con un

sorriso aperto, solare ed ammaliante. E poi aveva quel qualcosa di innato, e

che non tutte le donne hanno, quello charme, quel fascino che attraeva, come

una calamita, l'attenzione degli uomini: era impossibile non notarla e non

desiderarla all'istante. E così, non volendo assolutamente perdere l'occasione

di conquistarla, l'avevo invitata per quel giorno a passare la giornata con me:

e lei, con mia grande soddisfazione, aveva prontamente accettato.

La vedevo distesa accanto a me, gli occhi chiusi, un ridottissimo reggiseno

bianco, ancora più candido nel contrasto con la sua pelle, meravigliosamente

scurita dal sole. Le guardavo l'abbondante seno sollevarsi al ritmo del suo

respiro: un seno decisamente grande, ma sodo e consistente, come avevo

avuto modo di constatare. Scendendo con gli occhi lungo il suo corpo, mi

soffermavo sul ventre, tonico e piatto, per poi proseguire lungo le gambe,

lisce e sinuose come poche ne avevo viste, la pelle morbida e delicata come il

velluto.

Ma le parti del corpo che più mi intrigavano in Serena erano le mani ed i

piedi. Molte donne, anche se bellissime, perdono molto del loro fascino per

colpa di mani brutte o piedi sgraziati. Sono particolari molto importanti,

almeno per me, ed il fascino di una donna passa necessariamente anche nella

valutazione estetica delle sue estremità. E una mano non curata ha sempre

fatto crollare il mio desiderio. Forse, anzi certamente, non per tutti sarà così;

probabilmente sono particolari non eccessivamente rilevanti per alcuni,

magari secondari, ma...

Comunque sia, a me quel giorno bastava guardare i piedi e le mani di Serena

per sentirmi eccitato. La pianta arcuata e la caviglia sottile, le dita lunghe e

dalle unghie perfettamente tagliate e curate, lo smalto color prugna applicato

con estrema. E poi, le mani. Piccole, ma dalle dita affusolate, le unghie lunghe

e dritte, anch'esse laccate dello stesso colore di quelle dei piedi, con quello

smalto scuro ad impreziosirle e a renderle così eccitanti.

Serena portava alcuni braccialetti sugli esili polsi ed anelli colorati alle dita.

Erano mani splendide e che avrei voluto sul mio corpo, a massaggiarmi e ad

accarezzarmi per ore. E furono proprio le sue mani le protagoniste assolute di

quel giorno con lei.

Eravamo sdraiati sul letto. Presi l'iniziativa e la baciai, e lei, dopo aver

risposto prontamente al mio bacio per alcuni istanti, mi allontanò da sé

ridendo e spingendomi con la mano sul petto. Così tornai a sdraiarmi, non

volendo farle eccessive pressioni, e continuando a divorarla con lo sguardo,

inebriandomi della vista del suo corpo adagiato accanto a me.

Ma la sua mano mi sfiorò il fianco, l'impazienza del sesso che si era

impadronita di me si trasformò definitivamente in eccitazione.

Girai la testa verso di lei e vidi che era lei, ora, ad essersi appoggiata ad un

gomito: un sorriso, la cui natura non riuscii immediatamente ad identificare,

le illuminava il viso.

La sua mano destra risalì lentamente dal fianco, per carezzarmi delicatamente

il petto. Le sue dita, incredibilmente leggere e delicate, saggiarono i miei

pettorali ed i muscoli delle spalle, per poi dare inizio ad un lieve massaggio

dei miei capezzoli.

Vidi la sua mano passare da uno all'altro e, malgrado il caldo opprimente,

rabbrividii a quel meraviglioso contatto.

Allungai una mano anche io e le carezzai un seno, ancora parzialmente

nascosto dal reggiseno: ma lei quasi non se ne accorse, concentrata com'era a

sfiorare la mia pelle.

I vestiti che indossavo erano troppo attillati per nascondere la mia eccitazione

agli occhi della ragazza; ed infatti Serena, accortasi dell'effetto che le sue

carezze mi provocavano, si sollevò, inginocchiandosi accanto a me, e portò

anche l'altra mano sul mio petto.

Le vedevo scorrere dalle spalle all'ombelico, con una pressione così lieve da

sembrare quasi impalpabile, inconsistente come un alito di vento. Salivano e

scendevano, imprevedibili e improvvise, a volte solleticandomi la pelle, a

volte pizzicandomi i capezzoli.

Serena mi fissava negli occhi, mi guardava sorridente, conscia dell'effetto che

visibilmente quel massaggio mi procurava, ed eccitata anche lei per questa

mia reazione. Ma non era solo il contatto con lei ad accendermi i sensi: era

anche, e soprattutto, la vista delle sue mani su di me. Vedevo le sue unghie

smaltate percorrere il mio torace, e le sentivo quasi graffiarmi la pelle,

disegnando figure inesistenti, misteriosi arabeschi e incomprensibili

geroglifici.

Passò così qualche minuto, fino a quando il pantalone fece fatica a trattenere

il mio pene spasmodicamente eretto.

A quel punto Serena tornò a sdraiarsi, su un fianco, reggendosi la testa con

una mano, e scendendo con l'altra sul mio ventre, fino a iniziare un infernale

ed erotico gioco con la mia cintura. Sembrava sempre che le sue dita stessero

per infilarsi sotto la stoffa, per raggiungere il centro del mio piacere, ma

invece continuavano ad indugiare, sollevando appena un lembo del pantalone,

per poi allontanarsi e risalire lungo il mio corpo.

Avevo il fiato corto ed il cuore in gola, nell'attesa che la ragazza si decidesse

ad andare oltre. Quando vidi la sua mano scivolare sopra il cavallo e

accarezzarne la stoffa, fino ad appoggiarsi sul pene, capii che anche per lei il

gioco si stava protraendo oltre misura.

Osservai la sua mano saggiare la consistenza di quello che il pantalone

conteneva, e la sua lingua guizzare improvvisa, percorrendo ed inumidendo le

sue labbra.

Nel frattempo, con una mano ero riuscito a sciogliere il suo reggiseno, che

pigramente scivolò via, offrendomi la vista dei suoi splendidi seni: accostai la

testa e con i denti le afferrai delicatamente un capezzolo, strappandole un

lungo gemito di piacere.

Finalmente le sue dita scostarono con decisione la cintura e si infilarono

rapide al di sotto.

Una scossa di piacere mi percorse tutto e, senza pensarci su due volte, sollevai

il bacino spingendo sui talloni, e mi liberai dell'indumento, restando

completamente nudo di fronte a lei.

Il membro svettò, non più costretto dai pantaloni, una turgida asta di carne

che si stagliava più pallida, in confronto al resto del mio corpo intensamente

abbronzato.

Anche il respiro di Serena si era fatto affannoso, gli occhi fissi sul mio pene,

la sua mano immobile sul mio ventre.

Avevo i suoi capezzoli, induriti ed eccitati, a pochi centimetri dalla mia

bocca, ma restai anch'io fermo, in attesa delle sue mosse: mi piaceva da

impazzire l'idea che fosse lei a prendere l'iniziativa, che tutto avvenisse

secondo i ritmi e le voglie che la ragazza mi avesse imposto.

Lentamente la sua mano scivolò verso il basso, sfiorandomi la vita,

accarezzando l'interno della coscia, sfiorando i testicoli quasi dolenti per

l'eccitazione. Poi, con delicatezza, impugnò il mio membro alla base,

stringendolo lievemente.

Volevo chiudere gli occhi e abbandonarmi alla sua mano: ma, invece, li tenni

aperti, perché non volevo perdere nemmeno un istante di quello spettacolo

così erotico e voluttuoso.

Serena dischiuse la sua mano e la fece scorrere, con le dita aperte, lungo la

parte posteriore del mio membro. Quindi, giunta sulla punta, ridiscese allo

stesso modo per l'altro lato. Vedevo le sue unghie perfette e laccate, gli anelli

colorati ed i braccialetti al suo polso che riflettevano la luce della stanza.

Continuò così per un po’, avanti e indietro, con lentezza ed in modo

semplicemente fantastico.

«Ti piace?» mi chiese, in un sussurro appena percettibile.

«Da morire... bellissimo...»

La sentii sospirare, i denti a mordersi delicatamente il labbro inferiore.

Faticavo quasi a parlare per il piacere che mi invadeva ogni singola fibra del

corpo e della mente.

La mano si era nuovamente stretta attorno al pene, come impugnasse un

bastone.

Ma poi, Serena, neanche avessimo avuto un contatto telepatico, proprio allora

ritrasse la mano, per tornare a sdraiarsi al mio fianco, sfilandosi le mutandine.

Vidi la sua vagina, completamente depilata, già inondata dei suoi umori.

Feci per sollevarmi, ma lei subito mi disse:

«No, fermo... resta così... non ti muovere... voglio farlo come piace a me...»

La sua mano sinistra si impossessò del mio membro, mentre con la destra

aveva iniziato a carezzarsi il seno e la pancia.

Me lo scappellò completamente, per poi passare le dita delicatamente sul

glande congestionato.

Successivamente, con la destra, era arrivata sulla sua intimità, giocando con il

clitoride e scendendo in punta di dita lungo le grandi labbra.

La sua mano scivolava sul pene, ancora non masturbandolo, ma carezzandolo

e stuzzicandolo con sempre maggiore insistenza.

La testa mi pulsava per la straordinaria eccitazione che mi stava divorando.

Serena, infilò due dita nella vagina e gemette per il piacere. Mentre così

faceva, la sua mano aveva preso ad andare velocemente su e giù, lungo tutta

l'asta, masturbandomi con sempre maggior frenesia.

La vedevo scorrere sulla cappella, ritraendo tutta la pelle, per poi risalire, il

suo pollice a tormentarmi la punta: Serena sapeva bene come far esplodere un

pene sotto le sue mani.

Non ce la facevo più a trattenermi. La mano della ragazza si muoveva sempre

più rapidamente, masturbandomi con grande abilità e portandomi verso il

punto di non ritorno. I suoi braccialetti tintinnavano e le sue unghie, di quello

stupendo colore, risaltavano erotiche sulla mia carne più chiara.

Con la coda dell'occhio vidi la ragazza a gambe spalancate, le dita a penetrarsi

convulsamente, i gemiti che si trasformavano in grida di appagamento.

Mentre lei veniva, travolta dal piacere che si stava dando, rallentò il

movimento della sua mano sul mio membro, facendomi provare l'intenso

desiderio di continuare da solo, di proseguire quello che lei aveva iniziato così

magnificamente.

Ma la ragazza aveva una nuova sorpresa in serbo per me.

Si tolse la destra, ancora bagnata del suo piacere e la portò sul mio pene, ad

unirsi con l'altra mano, e accelerando di nuovo il movimento.

Sentii l’orgasmo risalire, pronto ad uscire, ed il piacere invadermi la mente.

Guardavo le sue mani, gli anelli, i braccialetti, le unghie laccate e... e

improvvisamente vidi anche la sua bocca, le labbra appoggiate, in un bacio

che era quasi un soffio, alla cappella completamente scoperta.

Il primo schizzo le bagnò le labbra e una guancia, il secondo le imbrattò una

bionda ciocca dei suoi capelli. Il resto dell’eiaculazione, bianco e caldo, colò

sulle sue mani, strette attorno al pene pulsante, scivolando tra le dita e sugli

anelli, e risaltando sulle sue splendide unghie.

Svuotato, rimasi ad osservarla mentre, con sguardo malizioso, si leccava le

dita, ripulendole dal mio seme.

Serena mi baciò teneramente.

Il suono del campanello risuonò per la stanza, Serena si portò le lenzuola sul

corpo per coprirsi.

«Aspetti ospiti?» mi chiese in imbarazzo.

«No, no. Almeno» in effetti non aspettavo ospiti.

Mi alzai dal letto, ancora nudo e mi affacciai dalla finestra della camera da

letto.

«Ciao pisellino moscio»

Alzai gli occhi al cielo.

«Ciao Chris» risposi al saluto.

«Disturbo?»

Mi voltai indietro e guardai Serena, si stava rivestendo in fretta e furia.

«No» risposi «Aspetta, ti apro»

Attraversai la stanza, arrivai alla porta e feci segno a Serena di andare. Scesi

le scale e aprii la porta d’ingresso.

Serena se ne andò incavolata e, al suo posto, entrò Christine.

Mi guardò, dalla testa ai piedi. Ero ancora nudo.

«Posso?» mi chiese.

«Certo»

Allargai le gambe e portai le mani dietro la lesta, in attesa di una sua prima

mossa.

Ma Chris scivolò di lato ed entrò in casa, senza toccarmi.

«Era la nuova modella?» mi chiese.

Chiusi la porta con uno sbuffo «Sì»

Lei alzò le spalle «Carina»

«Anche brava» aggiunsi.

«Per favore Leon» mi disse lei, con una mano davanti agli occhi «Copriti, per

piacere»

A quel punto risi di gusto e corsi a vestirmi.

Quando tornai in sala, Christine era seduta sul divano con la camicia scollata

fino ai seni, belli in vista.

«Non mi dici di coprirmi?» chiese lei.

Io mi leccai le labbra e risposi:

«Certo che no, anzi»

«Senti» disse lei con impazienza «Non ho tempo da perdere»

Io mi misi alle sue spalle e cominciai a massaggiarla. Prima il collo, poi le

spalle ed infine i seni.

«Dimmi»

«Voglio proporti una scommessa»

«Eccitante»

Ero veramente eccitato.

«Metti l’uccello in gabbia» mi rispose «Ascolta. Alyssa Lovegood»

«Che c’entra la segretaria?» rimasi basito, non capii cosa centrasse quella

ragazza in quel momento.

«So che sei stufo di scopare le giovani dilettanti, che accolgono il primo fusto

a braccia ... anzi, a gambe aperte. Ecco la sfida. Devi portarti a letto Alyssa

Lovegood, prima che Margaret torni al lavoro»

«Un mese di tempo ... sarà subito mia»

Mentre le mie mani carezzavano i suoi seni, Chris mi massaggiò l’inguine

prima e il cavallo poi.

«Tesoro, non ti offrirei una tale sfida se non è una sfida» disse Christine,

togliendo le mani dal mio pacco turgido.

«Cosa ti assicura che non sarà mia?» gli chiesi mentre prendevo posto a

sedere al suo fianco.

«Questo» si portò le mani al seno ed iniziò a toccarsi, poi dallo spacco sfilò

un foglio di carta ben piegato e me lo porse.

Presi il bigliettino e lo aprii.

Era un articolo di giornale.

“Perché ho deciso di aspettare – di Alyssa Lovegood”

«Quindi?» chiesi.

Chris mi strappò il foglio dalle mani e cominciò a leggere.

«Perché ho deciso di aspettare, di Alyssa Lovegood. Alyssa è una giovane

trentenne che ha deciso di aspettare il vero amore. Questa ragazza ha fatto un

voto di castità difronte al sacro pontefice. “Aspetterò il vero amore per farlo la

prima volta” dice la ragazza, che si dimostra determinata a differenziarsi dalla

società moderna. “Perché nella vita c’è altro al di fuori del sesso”.

Attualmente la ragazza è fidanzata con John Smith, un giovane ragazzo

disposto ad aspettare per lei. “John mi rispetta”»

«John ti mette le corna» risposi io.

«Leon» mi rimproverò Chris «Un po’ di rispetto per le scelte altrui» e rise.

Ma in realtà non stavo scherzando. Conoscevo veramente questo John Smith,

aveva partecipato ad un’orgia a casa mia non poco tempo fa.

Quindi sì, la nostra Alyssa era veramente cornuta.

«Allora» mi disse Chris «Scommettiamo?»

«Qual è il prezzo» chiesi.

Lei ci pensò su, poi rispose.

«Se perdi, mi dovrai lasciare tutte ... e dico tutte le tue proprietà»

Mi strinsi nelle spalle.

«E se sarai tu a perdere?» chiesi.

«Beh ... in quel caso ti darò ciò che il tuo cuore agogna di più al mondo»

«E cioè?»

«Avrai l’unica donna che non hai mai potuto avere, il tuo desiderio represso.

Me!»

Rimasi un secondo senza parole, non potevo credere a ciò che sentivo.

«Chi ti dice che accetterò? Non posso darti tutto ciò che ho» mi allontanai,

non potevo cadere così in tentazione.

«Potrai farmi ciò che vuoi» rispose lei in tono mellifluo.

Io mi bloccai e mi voltai.

«Ovunque?» chiesi. Avevo la bava alla bocca.

«Ovunque» mi rispose, sistemandosi sul fianco.

«Ci sto» allungai la mano e lei me la strinse.

Quello stesso giorno mi precipitai in ufficio e corsi all’archivio dipendenti.

Sfogliai tutti i fascicoli, finché eccoli. Alyssa Lovegood.

C’era scritto tutto su di lei.

Numero di telefono e indirizzo.

«Vengo a prenderti ... Alyssa»

Suonai il campanello del suo appartamento.

La voce acuta della ragazza uscì dal citofono.

«Sì? Chi è?»

«Sono Leon» risposi in modo gentile.

Silenzio.

«Leon chi?»

Giusto ... non mi conosceva ancora.

«Leon Santos. Oggi lei è passata dal mio ufficio»

Dal citofono sentii un sospiro.

«Oh ... oh, sì, sì» ancora silenzio «Mi dica»

Cosa avrei dovuto dire? Non ne avevo idea. Quindi dissi la cosa più stupida

che mi passò per la mente.

«Ha dimenticato gli occhiali nel mio ufficio?»

«Davvero?» mi chiese lei. Sentii un timbro di voce incredulo uscire dal

citofono «Strano» silenzio «Ah ecco ... li ho addosso gli occhiali in questo

momento»

Appoggiai la testa al muro.

“Stupido, stupido, stupido” pensai.

«Non mi farà fare un giro a vuoto per niente, spero» continuai a dire, non

avevo fantasia. Volevo vincere la scommessa, subito.

«Signorina Lovegood, se vuole farmi accomodare in casa sua»

«Ce-ce-certo» la porta d’ingresso produsse un suono metallico e si aprì

«Secondo piano» mi disse. Ed entrai.

Lei aprì la porta di casa e mi aspettò sull’uscio.

Fece un passo verso di me ed inciampò, cadendomi tra le braccia.

Indossava la stessa camicia a fiori di quella mattina e i capelli erano sempre

raccolti in una coda di cavallo.

Entrai in casa sua.

Era un piccolo appartamento in un palazzo, ma non ero lì per giudicare

l’abitazione di nessuno.

Una volta dentro lei sussurrò un «Prego» e chiuse la porta d’ingresso.

«Bella casa» dissi.

Lei arrossì.

«Ho letto la tua intervista» dissi sfacciatamente.

«Oh ... davvero?» mi chiese lei abbassando lo sguardo.

«A dire la verità, non mi è piaciuta»

Lei non rispose, la stavo mettendo in imbarazzo.

Allora continuai a chiedere «Come fai a criticare il sesso?»

Alyssa si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

«Io, io non volevo criticare niente. Penso solo che l’amore si deve fare

quando si è ... innamorati. E-e-e io non sono ancora abbastanza matura»

Sbaglio o aveva trent’anni? Come faceva a non sentirsi “matura”.

Allora sorrisi, ma nel mio volto misi un ghigno beffardo.

«Ti piacciono le donne?»

Alyssa si stava avviando in cucina, credo volesse prendere qualcosa da bere, e

si fermò. Rimase immobile, lì, ferma, senza fare nulla.

«No» mi rispose.

«Oh ...» finsi di essere dispiaciuto «Non volevo offenderti»

Ma a quel punto, la ragazza che mi aprì la porta sparì. Al suo posto comparve

una ragazza con carattere, che non ha paura di nulla. Si voltò alzando lo

sguardo e mi fissò negli occhi.

«Non mi aspetto che una persona come ... rispetti le cose in cui credo»

Rimasi spiazzato. Non mi aspettavo quella risposta, almeno non da lei.

«E questo cosa vorrebbe dire?» capii che le case non andavano per il verso

giusto.

«Sono stata informata» rispose lei, spiazzandomi con un sorriso «Sulla tua

reputazione, intendo»

Era impossibile. Nessuno aveva mai parlato della mia vita privata in giro,

nessuno.

«E cosa hai saputo, per l’esattezza?» in quel momento mi salì un misto di

paura, curiosità e disprezzo.

«Che alle donne prometti il mondo per portarle a letto»

Okay, mi infuriai. Ma cercai di non darlo a vedere.

Modificai il mio volto. Cercai di essere gentile e triste allo stesso tempo.

«Chi mai ti ha detto una cosa del genere?»

Le afferrai le spalle e la guardai negli occhi.

Lei sorrise.

«Un’amica» rispose in fine.

«Oh, che cattivo gusto»

«Perché sei tanto sorpreso? È la verità» ma notai che nel suo tono di voce

c’era dell’insicurezza. Allora glielo lasciai credere.

«Se lo dici tu»

Non la guardai, non la salutai.

Mi voltai semplicemente verso la porta e me ne andai.

Alyssa rimase lì, imbambolata.

Uscii.

La mattina seguente decisi di non andare al lavoro.

Allora corsi a casa si Simon, un mio caro amico.

Dovevo pur parlarne con qualcuno.

«È incredibile!» sbottai «Un chi sa quale gay, senza offesa» perché due anni

fa, Simon dichiarò la sua omosessualità. Naturalmente per me la sua

dichiarazione non cambiò minimamente il rapporto che avevo con lui, anzi.

Insieme scherzammo sul fatto che così avrei potuto avere più donne per me.

«Figurati» mi rispose con un sorriso.

«Ha detto ad Alyssa, mettendola in guardia sulle mie tattiche lascive» ero

innervosito. Partii con il piede sbagliato.

«Hai qualche idea di chi l’abbia fatto?»

«Se lo sapessi, lui o lei, sarebbe un ammasso di dolore» continuai a

camminare avanti e indietro, avanti e indietro. Ero teso.

«Come hai detto che si chiama questa ... santarellina?»

«Alyssa Lovegood» gli risposi secco.

«Gregor King»

Mi bloccai e rimasi immobile. Allora richiesi «Chi?»

«Gregor King» mi ripeté Simon «Andavano a scuola insieme»

«E ... come lo conosci? Cioè, come fai a saperlo?»

«Me lo ha detto. Cioè, ho visto il nome della tua preda sotto una vecchia foto

di classe. Una volta mi parlò dei suoi tempi passati alle superiori»

«E tu ...?» come faceva a sapere tutte quelle cose?

«Oh sì, diciamo che siamo sfilati sotto le coperte più di una volta. Quel

ragazzo ha la bocca come un’aspirapolvere, ingoia tutto. Peccato che non sia

dichiarato. Appena lo facciamo piagnucola di non raccontare niente»

Mi voltai di scatto con un sorriso.

«Ma che schifo» dissi «Non voglio sapere certe cose» iniziammo a ridere.

«Giocheremo a “butta dentro” in questi giorni»

«Ottimo» presi il mio amico per le spalle «Simon, tu sei un genio»

«Sono un ragazzo fortunato»

«Pensi di poter organizzare uno spettacolo a mio beneficio?»

Simon ci pensò su.

Mi lasciò sulle spine per una manciata di secondi.

Eh dai ….

Sapevo come incastrarlo, avevo un piano.

«Questa sera ... beh, non c’è niente di bello in televisione» mi rispose in fine.

«Mi sembra perfetto» sorrisi.

«Lo spettacolo non è gratis»

Allora tirai fuori il portafoglio, presi una manciata di soldi e glieli gettai

addosso.

«Ricorda di non chiudere la porta, puttanella»

Simon rise e prese in mano il cellulare.

Mi guardò e mi fece l’occhiolino.

«Pronto Gregor?!» mise in vivavoce.

«Chi è?» rispose l’altro ragazzo.

«Gregory? Sono Simon» ve lo giuro, sarei scoppiato dalle risate, ma mi

trattenni.

«Ciao Simi»

Prima ancora di intromettermi nell’incontro focoso tra Simon e Gregor,

organizzai un festino a casa mia.

Gli invitati? Tutti i colleghi e aiutanti. Quindi anche Lovegood.

Si trattava di una festa in piscina, peccato che l’orario di Alyssa era anticipato

di un’ora.

Colpa mia!

Lei bussò alla porta, timidamente, ma non troppo.

Andai ad aprirle.

Mi presentai in accappatoio e ciabatte.

«Ciao» disse lei «Sono la prima?»

Io le sorrisi. Quanta falsità.

«Certo che no, signorina Lovegood» mi scostai «Prego, si accomodi»

«Grazie» con lo sguardo basso evitò lo scalino.

«Il bagno è di sopra»

«Il? Bagno?» aveva la testa fra le nuvole. Ma sapevo che infondo lei non era

affatto così.

«Per il costume»

Annuì e mi seguì.

Io la aspettai in piscina, nudo.

Lei entrò in bagno e ci rimase parecchio.

Io mi limitai a togliere l’accappatoio ed aspettare il suo ingresso in piscina,

nudo sotto la doccetta.

Quando lei uscì dal bagno mi fissò per un lungo istante.

Era ciò che volevo: la sua attenzione su di me.

Appena mi accorsi che il suo sguardo abbandonò il mio corpo gli chiesi se

gentilmente si poteva voltare e mi misi il costume.

Lei entrò in acqua e chiese: «Avevi detto che non ero la prima»

«Gli altri si stanno cambiando o arriveranno presto»

«Grazie per l’invito, comunque»

Nuotando mi avvicinai a lei «Non c’è di che»

«È incredibile che uno gentile come te ... possa essere un tale manipolatore»

«Non ricominceremo a parlare di questa storia»

Alyssa si voltò e nuotò per conto suo.

«Com’è la parte che preferisco?» ci pensò su, per finta ovviamente «Ah, sì»

mi sorrise «La sua malvagità è superiore alla sua bellezza. Ogni sua parola,

perfino la più innocua nasconde intenzioni disonorevoli. E ogni donna che si è

lasciata conquistare da lui se n’è poi pentita. Stagli alla larga Alyssa»

Io mi immersi in acqua per poi uscirne al suo fianco.

«Dovresti avere la decenza, come minimo, di dirmi chi parla alle mie spalle. E

poi “Stagli alla larga Alyssa”, come mai sei qui?»

Lei tacque, avevo fatto breccia.

Infondo l’avevo già conquistata, solo che lei non me lo dava a vedere.

«Non te lo dico» rispose poi.

«Comunque hai ragione. Ho fatto delle cose per cui non vado fiero, ma tu con

le tue regole morali, i tuoi valori. Sembra che hai trovato la felicità e ti

invidio. Non scherzo, ovvio»

«Davvero?»

Feci sì con la testa «Sul serio, tu sei una persona piena di pregi. Sei in gamba,

bellissima, determinata. Insomma, la donna dei miei sogni» mi avvicinai,

vedevo che stava crollando. Un altro passo e poi ...

«Sto già con qualcuno»

NO!

Sorrisi, lievemente però «Ma certo, John. Strano che il suo nome non sia mai

uscito dalle tue labbra»

«Beh, è in Erasmus. E mi manca molto»

La guardai negli occhi. Sembrava cera che si squaglia sotto il fuoco. Io ero il

fuoco.

«Davvero?» chiesi.

Non rispose, almeno non subito «Mi dispiace» alzò il tono di voce «Non sei il

mio tipo» e si allontanò di un passo.

Io mi avvicinai di uno «Ne sei certa?»

«Sì» una risposta secca, non mi aspettavo una risposta secca «Sei in gamba,

bellissima, determinata. Fare l’elenco delle mie qualità non ti porterà da

nessuna parte» a quel punto diventai ghiaccio. Il mio fuoco si spense.

«L’unica cosa che possiamo diventare è essere buoni colleghi. Ma anche

quello dovrai sudartelo, mio caro Leon» Alyssa uscì dalla piscina e si diresse

verso la porta, senza voltarsi.

A quel punto entrò lei. La serpe velenosa. Chris.

«Te la sei fatta?» mi chiese.

«No, ci sto lavorando»

«Sfigato» e se ne andò anche lei.

Gli altri miei colleghi, successivamente, arrivarono per la festa in piscina.

Ma chi volevo io non c’era più.

Allora mi accontentai di Giovanna.

«Il clitoride, adesso. Ti prego»

Era davvero la tua voce che mi stava supplicando? O solo un gemito che gli

sfuggiva dalle labbra? Alzai lo sguardo e contemplai il tuo volto rilassato che

affiora dietro la curva dei seni.

Aveva una pelle straordinariamente lucida e luminosa. Liscia. Le mie dita vi

disegnarono sentieri appena arrossati. La guardai in controluce standole

inginocchiato accanto. Lei, nuda. Io ancora in boxer e maglietta.

Boxer un po’ gonfi, ok. Ma era già stato uno sforzo non spogliarmi subito.

Da quanto tempo stavamo lì? Da quanto stavamo in silenzio?

La mia mente era rivolta ad Alyssa.

Solo il fruscio delle mie mani sul suo corpo rompeva l’immobilità della

stanza.

Era come se il tempo si fosse fermato.

Immaginai Alyssa nuda sul mio letto, con gli occhi che si muovono appena

dietro le palpebre abbassate ad inseguire pensieri e sensazioni, ma le mie

mani restavano immobili sul corpo di Giovanna.

E pensare che poco fa stavamo davvero parlando, a bagno nell’acqua della

piscina ... Alyssa. E intanto il desiderio cresceva e trovava sbocco in

un’occhiata più prolungata, in un toccare affettuoso della mano sulla mano.

La conversazione procedeva spigliata, lieve come una danza. Le parole non

tradivano quello che il corpo voleva comunicare. Poi, sei andata via.

Ho avvertito un brivido, mentre ti spogliavo e le mie dita accompagnavano la

stoffa dell’accappatoio.

«Sai come si chiama il gioco di oggi?» chiesi a Giovanna.

Lei non mi rispose.

«Il piacere è tutto tuo»

Sorrise, chinando indietro la testa. I capelli si erano sparsi sulla schiena.

«Lo vuoi provare?»

Il suo sì era stato solo un cenno.

«Il clitoride, ti prego …»

E invece no. Non ancora. Le dita scivolavano lentamente lungo l’addome, il

ventre, i fianchi vellicando appena il riccioluto pube. Le mani si separavano

per accompagnare il profilo delle cosce, scendono ma poi risalirono

aumentando lievemente la pressione con i pollici ancora a sfiorare il Monte di

Venere.

La sua reazione era quasi impercettibile. La avvertii solo attraverso i

polpastrelli. Terminali nervosi. Sensi all’erta.

Lei, nuda. Io ancora semi vestito. Sul comodino tenevo la bottiglietta di olio,

che ogni tanto afferravo per ungermi nuovamente i palmi delle mani. Ne

versai qualche goccia sul ventre di Giovanna, una pozzetta si formò

nell’ombelico.

Da lì, un dito iniziò il suo viaggio verso il suo piacere. Compié giravolte sul

Monte di Venere, scendendo lungo le labbra, rasentò l’ingresso della vagina.

E poi ripartii dalle dita dei piedi, risalendo le gambe, le cosce, chiedendogli

con la spinta delle mani di aprirle per me. Conversi nuovamente verso il suo

inguine.

Ero eccitato, ma non come sempre. Sentii l’impeto dell’erezione che chiedeva

soddisfazione. Ma volevo lasciarla così.

«Il clitoride, ti prego …»

Adesso sì, era il momento. La sfiorai con il polpastrello e subito inarcò il

bacino, strinse le cosce. Le mani si muovevano sicure, esperte, decise.

Mentre un dito si faceva strada in lei e accompagnò dall’interno il movimento

esterno.

I suoi gemiti si fecero più forti, il respiro accelerato.

Allungai una mano, le pizzicai forte un capezzolo, lei gemette ancora un

pochino più forte …

Avrei potuto penetrarla.

Ma non volevo perdere il contatto tra le mie mani e il suo corpo.

Mi chinai su Giovanna e affondai la faccia tra le sue gambe.

Assaporai il suo lago. Mi ci tuffai.

Aggiunsi saliva al suo umore.

Lei mi mise una mano sulla testa e mi strinse i capelli muovendo il bacino al

ritmo della mia bocca.

Godeva.

Io contemplai il suo volto trasfigurato, ma lei non aprì gli occhi nemmeno un

istante.

Il capezzolo che prima stringevo era viola, gonfio, forse dolorante …

Casa di Simon non distava molto dalla mia.

Trovai la porta d’ingresso aperta, come mi aspettavo.

Allora salii al piano di sopra, verso la camera da letto.

Ogni gradino che percorrevo il suono degli orgasmi si faceva sempre più

forte.

Presi in mano il mio Smart phon.

Entrambi i ragazzi erano sul punto di non ritorno. Sentivo che stavano per

venire. Allora entrai in camera da letto e li vidi.

Due corpi maschili, nudi che si baciavano e leccavano il pene a vicenda.

Non esitai ad urlare.

«Ciiiiiis» e scattai la foto. Infondo Gregor non era dichiarato, così avrei

potuto ricattarlo.

«Senti Leon, questa è la prima volta che faccio una cosa del genere» mi

implorò Gregor «Ti prego, non dirlo a nessuno»

Io alzai le spalle. Mi sentii veramente strafottente e odioso, ma che ci volete

fare.

«Ok, facebook» dissi «Che umiliazione»

«Io» iniziò a dire, poi abbassò la voce «Farò qualunque cosa, però

scordiamoci di questa storia. Okay?»

Sapevo di averlo in pugno, ma no, volevo esserne certo che fosse mio.

«No» risposi voltandomi, ma mi fermai sulla soglia della porta «Anzi»

Gregor mi guardò disperato, così attaccai.

«Tu conosci Alyssa Lovegood. Il tuo segreto è al sicuro con me. Rendimi il

favore»

La mattina seguente Gregor mi chiamò per darmi delle informazioni su di lei,

su Alyssa Lovegood.

Dopo aver frequentato assieme le scuole superiori, i due ragazzi presero

strade separate.

Gregor continuò gli studi all’università e Alyssa cominciò a cercare lavoro.

Poco più di un mese fa, mi disse, Alyssa fece un colloquio presso la H&S, la

ditta di famiglia, e venne assunta. Fin qui niente di strano.

Alyssa, fidanzata con John (il quale era partito per un Erasmus) aveva

dichiarato difronte alla chiesa la sua verginità e disse espressamente che fino

al matrimonio non avrebbe fatto l’amore.

Un vero e proprio scoop, considerando che oggi giorno nessuno rispetta più le

vecchie tradizioni.

E fu così che uscì l’articolo su Alyssa.

Ma ecco ciò che volevo sapere.

«Tieniti forte amico» mi disse Gregor «All’inizio non voleva dirmi niente, ma

alla fine ha ceduto. Ho giocato la carta del miglior amico. E bene, è stata

Christine a parlargli di te e dei tuoi modi di fare. La tua amica Chris, non ché

sua superiore, ti ha sputtanato liberamente difronte a lei. Ma tranquillo, gli ho

detto chiaro e tondo che ti conosco da una vita e che sei una persona

affidabile. Okay, girano brutte voci su di te, ma per l’appunto sono soltanto

voci»

«E se l’è bevuta» chiesi.

«Certo bello»

«Sei una stronza Chris» gli urlai.

«Ssssssssh» mi fece lei «Sto guardando la mia soap opera preferita»

Mi fermai alle sue spalle e guardai la televisione.

Il computer portatile era collegato alla TV grazie al cavo HDMI e sullo

schermo sue ragazze stavano scopando leccandosi a vicenda, con un vibratore

a doppia penetrazione tra le gambe.

«E da quando You Porn è diventato una soap opera?» dico.

Chris alzò le spalle «Mi intriga la storia delle due lesbicone» mi rispose,

mettendosi un lecca lecca in bocca. Cristo ce l’avevo duro «Sapevi che sono

fidanzate? Sono sicura che adesso entrano i due fusti che hanno per fidanzati.

Tutti sudati e palestrati. Vedono le due ragazze che scopano e fanno una bella

orgia tutti assieme ... sono abbastanza sicura che finisce così»

Con quel lecca lecca, vi giuro che l’avrei stuprata lì sul momento.

Oddio, quando lo faceva girare in bocca e lo leccava tutto da cima a fondo.

E poi c’erano i due lesbiconi in TV (a proposito, Chris aveva ragione.

Entrarono poi i due fidanzati e il porno da duo lesbico diventò un’orgia) il

mio cazzo chiedeva pietà. Anzi ... più che pietà chiedeva di essere svuotato.

Il porno continuò ancora per qualche minuto. I due uomini uscirono il pene e

le ragazze iniziarono a succhiarlo ai rispettivi fidanzati, poi scambiarono il

partner e iniziarono a scopare. Davanti, dietro ... soprattutto dietro.

Poi mi piazzai davanti la televisione, con il pene che pulsava nei pantaloni.

Mi misi difronte a Chris. Lei vedendo la mia turgidità lo tastò e disse.

«Niente patatina della santarellina. Niente patatona della porcona. È chiaro?»

A quel punto mi tornò in mente perché ero lì.

«Sei una stronza Chris» ripetei.

«Che cattivone» mi rispose lei con una palpatina ai genitali.

Mi staccai da lei e presi posto su una sedia, appena di fianco a quella in cui

Chris era seduta.

Presi un’espressione seria e un atteggiamento diplomatico.

«Ho scoperto che la mia cara amica Christine è la persona che ha parlato ad

Alyssa, raccomandandole esplicitamente di stami alla larga»

«Interessante» rispose lei.

«Estremamente» respirai a fondo «La mia energia distruttiva, d’ora in poi,

sarà concentrata su di te»

Non capii esattamente cosa fece Chris, se fece finta di orgasmare, o mi disse

semplicemente AH, o fece tutte due le cose.

In ogni caso aggiunse.

«Vedo che non ti vuoi arrendere» si alzò dalla sedia e mi si parò davanti «O

semplicemente fatto in modo che IO ... non parta svantaggiata. Tu hai il

mondo da poter offrire a quella sciacquetta»

«Grazie al tuo intervento, tesoro, non ho neanche quello»

«Sii galantuomo, pisellino moscio. Prima ... le signore»

Risi ... signore! AHAH

«Comunque, caro Don Giovanni» continuò lei «Ti stai muovendo come un

bradipo ubriaco. In altre parole ... sei lento»

«A venire, di sicuro» sorrisi «Posso durare ore»

Lei si inchinò e mi slacciò la zip dei pantaloni.

Iniziò a massaggiarmelo.

Porca ... era di marmo e se avevo appena detto che sarei durato ore. Beh con

lei potevo venire anche in cinque secondi. Mi bastava guardarla e, se fossi

stato una donna, mi bagnavo.

Le sue calde dita si strinsero attorno al mio membro, prima dolcemente, poi

più forte ed infine masturbarono il prepuzio.

«Il mio passatempo preferito è “manipolare”» mi disse «Capisci cosa

intendo?»

Ansimando risposi «Sì, ti capisco»

Restai lì a godere per alcuni minuti.

Poi lei mi guardò sussurrando «Resterò in attesa fino al momento dello

sverginamento della santarellina. Fino ad allora» alzò la voce «Mettilo a

cuccia» e se ne andò lasciandomi lì, con un’erezione tra le gambe e l’orgasmo

bloccato a metà.

Decisi di utilizzare un approccio diverso con Alyssa.

Quella notte la chiamai.

Il suo cellulare squillò due volte esatte, poi rispose.

«Pronto?» la sua voce angelica, quanto era bella.

«Ciao, sono Leon»

«Ciao»

«Non dormivi vero?»

«No, assolutamente»

A quel punto mi bloccai. Cosa potevo dirgli?

... ehm.

«Mi servirebbe per dopo domani un inventario, veloce ovvio, degli accessori

utilizzati nel vostro settore»

«Ahm ... okay?!»

«Allora a domani» stavo per riattaccare. Che figura di merda.

«Solo per questo mi hai chiamata?»

«Sì» poi mi pentii e inclinai leggermente la mia voce in modo da farla

risultare indecisa e bambinesca «No, volevo sentire la tua voce» ma stiamo

scherzando? No, credo di essere stato serio. Lo pensavo veramente, credo.

«Quanta sincerità» mi rispose lei.

«Un attimo di debolezza» usai di nuovo la mia voce.

«Cosa fai domani?»

Se non mi è venuto in infarto in quel momento ... credo che non me ne

verranno mai. Che giorno era domani sera? Sabato se non sbaglio. Controllai

il calendario. Sì, era sabato e Alyssa mi stava, involontariamente, invitando ad

uscire. Colsi la palla al balzo. Vi giuro che avevo il cuore a mille.

«Usciamo insieme, non ricordi?» risposi.

E così fu.

Quel sabato uscimmo tutta la sera insieme.

Io andai a prenderla sotto casa e la portai prima al ristorante (cucina italiana,

la migliore) poi al cinema a vedere un film d’amore candidato agli oscar (una

vera palla, ma ad Alyssa piacque. Credo che si sia pure messa a piangere) ed

infine passeggiata sotto le stelle (ovviamente mano nella mano).

Non so se mi possiate credere o no, ma da quella sera smisi di andare a letto

con qualsiasi altra ragazza. Volevo Alyssa, volevo che fosse lei a togliermi la

voglia del sesso che mi stava opprimendo.

Non credo che si possa chiamare amore, ma qualcosa provavo per davvero.

Io volevo lei, anche se poi ... va beh. Sono caduto in tentazione e di questo mi

pento amaramente. Ma solo dal momento in cui uscimmo assieme per la

prima volta (senza baci, senza toccatine, senza sesso) mi persi nei suoi occhi.

Non so come definire ciò che provai, ma di sicuro era infatuazione.

Ecco.

Ero infatuato di Alyssa Lovegood.

Nei giorni successivi, al lavoro, si dovette svolgere la tipica giornata del

volontariato.

Che-due-coglioni!

La giornata di volontariato (giorno di lavoro a tutti gli effetti, ma “fuori sede”.

E soprattutto gratis) consisteva nell’andar in giro a promuovere la collezione

passata nei discount della nostra catena di moda.

Dal momento che la nostra ditta contava più di 200 discount sparsi nell’arco

di duemila metri, una volta all’anno scendevamo dei “bassifondi” per

promuovere la ditta. Era tutta una strategia di marketing.

“Vieni a comprare da noi, dove i prezzi sono bassi e la qualità è alta. A

venderti i prodotti saranno direttamente i pezzi grossi del settore. Non puoi

mancare a simile evento. Ti aspettiamo in negozio” sorriso a trentadue denti,

occhiolino e ... me lo potete sucare.

Ogni singola volta che c’era la giornata del volontariato ripetevo ai miei che

io sono un semplice contabile e non centro niente con la moda.

«Ma sei nostro figlio e fai parte della famiglia, quindi della ditta» mi

ripetevano sempre i miei con un sorriso a trentadue denti, occhiolino e ...

ripeto, me lo potete sucare.

Ma quell’anno ci andai con molto piacere.

Perché?

Credo che l’abbiate capito.

Nessuno va da solo a spacciare pezzi di collezioni passate, ma si va in coppia.

La mia cara amica Christine (cara un corno) veniva sempre con me, ma questa

volta mi doveva un favore.

Lei parlò male di me ad Alyssa, quindi Chris fece cambio con la Lovegood.

«Non sei in grado di centrare una figa senza il navigatore. Immaginiamoci

quella di una puritana dalle gambe chiuse» aveva detto e cedette il posto.

Ed il giorno di volontariato lo passai con la mia Venere.

«Compri questo capo signora»

«Questo le sta benissimo»

«Lo sa che il color antracite le dona moltissimo?»

«Anche se è della collezione passata, il rosso è tornato di moda»

Che divertimento.

«Prenda questo pantalone abbinato a questa scarpa. Vedrà che risalta»

«Il tacco quindici» se lo può ficcare dove dico io «La slancia moltissimo»

«Questa pelliccia è così spessa» ma mai quanto il mio pene «Le terrà

sicuramente caldo d’inverno inoltrato»

«Questo cappello sembra» un preservativo «Quello della regina d’Inghilterra»

Sorriso a trentadue denti, occhiolino e ... me lo potete sucare.

E così via per sei ore consecutive.

Ma non tutto è andato così male. Mi sono anche divertito.

Alyssa era così impacciata nel consigliare i vestiti.

«Uno vale l’altro» gli avevo detto «Basta che loro comprano»

«Ma non mi sembra giusto» mi rispose lei.

Poi finalmente tornammo a casa.

Presi io l’auto, ma non la sfiorai neanche con un dito.

Infondo era fidanzata. John sei un coglione.

E guidai senza degnarla di uno sguardo. Volto fisso e sguardo serio.

«Quanto mi sono divertito» dissi poi «Mi è piaciuta questa giornata» sorriso a

trentadue denti.

«Ma piantala»

«Dico sul serio» occhiolino.

«Mi hai preso per un idiota?»

«Ma no! Non è vero» e ... me lo puoi sucare, per favore?

Lei mi guardò, quasi mi avesse letto nella mente.

«Okay» ammisi «Mi sono massacrato i testicoli. Odio e ripeto odio, le

giornate di volontariato»

Alyssa rise.

«So che non sei cattivo»

«No, non mi conosci ancora ... baby»

«Si lo so»

«No, non lo sai»

«Sì»

Lo ammisi di nuovo «Okay, hai ragione»

«Sai, caro Leon Santos?» disse lei incrociando le braccia «Ti prendi troppo

sul serio»

«Mi oppongo. Questa volta non è vero»

«E ridi un po’» aggiunse Alyssa.

«Ah-ah-ah» sarcasmo, quanto amo il sarcasmo «Contenta?» gli chiesi, quasi

stufo di lei. Ma non era vero. Fammi ridere, pensai. Fammi anche solo

sorridere, tu ne sei capace.

Ora.

Ecco un piccolo segreto.

Io non soffro il solletico, lo patisco e anche da matti. Poi se mi toccano i

fianchi ... muoio.

Davvero, è proprio la fine.

E cosa fa Alyssa, vedendomi ancora serio?

Mi tocca i fianchi, quasi volesse farci uscire di strada. Ma mi trovavo in un

rettilineo, completamente da solo.

Non faccio sbandare la macchina, ma sobbalzo al suo tocco.

Poi lei affonda di nuovo le sue dita sottili nella pancia e sobbalzo ancora, la

macchina singhiozza ma non cambia corsia.

«Piantala» gli dissi «Sto guidando»

Ma lei continuò.

«Stai ridendo» aggiunse dopo un terzo tocco.

«Non è vero» cerco di mantenere lo sguardo serio.

Sì Alyssa, mi hai fatto ridere.

«Come no?» chiese lei tirandosi indietro.

Poi riprese a punzecchiarmi.

«È dai, la vuoi smettere?»

Allora risi, gli mostrai il mio sorriso più sincero. Quello che solo io

conoscevo.

Gli sorrisi, come non ho mai sorriso a nessun’altra.

Cambio marcia e lei mi afferra la mano.

Restiamo così per il resto del viaggio: lei appesa al mio braccio ed io con lo

sguardo diritto in avanti e un sorriso sul volto.

«Con me puoi ridere» disse «Sarà il nostro piccolo segreto»

Pausa pranzo.

Io e Chris da un lato, Alyssa, sola, dall’altro.

La mia Venere era al telefono e stava piangendo.

Ecco John il finocchio ha attaccato.

Quello stronzo.

L’avrà lasciata? Gli avrà confessato delle corna?

Chi lo sa? Magari non era neanche lui al telefono.

La mia era solo un’ipotesi. Anche se di John Smith non ne ho mai più sentito

parlare, prima né mai.

«Quel telefono cattivo la sta facendo piangere» disse egoisticamente Chris

«Te la sei fatta almeno?» chiese.

«Chiudi quella bocca» risposi di scatto.

«Ti stai innamorando?»

Cosa avrei dovuto rispondere?

Allora optai per la verità.

«Sì» ecco l’ho detto «Non so che fare»

«Semplice» rispose Chris «Prendi il tuo pene moscio e lo infili nella

passerotta di lei. Poi dopo un paio di colpi d’anca è finito tutto»

Non l’ascoltai, infatti non credo di aver riportato esattamente le sue parole.

Comunque proseguii con il mio discorso.

«Riesce a farmi ... ridere»

«Vuoi lasciare la scommessa? Ti tiri fuori?» mi domandò.

Chris mi guardò con occhi speranzosi, presi la sua faccia tra le mani e gli

risposi: «Tranquilla, non perderò la scommessa. Sto solo prendendo tempo»

«Il tempo stringe caro Leon»

«Inizia a stringere il buco del culo. Voglio godere al massimo, quando me la

spasserò con te»

Andai in contro a Alyssa appena mise via il cellulare.

I suoi occhi si erano già asciugati.

«Mangiato bene? Mademoiselle » chiesi con gentilezza.

«Oh. Mais oui, messieurs» mi rispose. Il suo accento francese era qualcosa di

incantevole.

Gli chiesi se voleva seguirmi e la portai nel mio ufficio.

Una volta dentro lei mi chiese cosa volessi.

«Niente di importante. Volevo stare un attimo con te» le dissi senza saper

controllare le parole. Vederla mandava in confusione i miei pensieri.

I deboli raggi del sole che penetravano dalla finestra si poggiavano sui suoi

capelli donandogli un colore rosso-bronzo.

Per un attimo mi vennero in mente le dame di qualche secolo fa, quelle che si

vedono nei quadri di alcuni musei. L’ombra morbida che si forma sotto le sue

guance la faceva sembrare il personaggio di qualche favola per bambini.

Oppure la Venere di botticelli, perfetta nelle sue imperfezioni.

Lentamente alzai un braccio e con la mano le accarezzai la guancia sulla

quale c’è ancora il segno di una lacrima.

Mi mossi delicatamente e avvicinai le mie labbra alle sue, osservando i suoi

occhi dolci. Per un istante mi parva di intravedere paura attraverso il suo

sguardo. Lei chiuse gli occhi e io mi persi tra le sue labbra.

Tum, Tum. Il mio cuore batteva all’impazzata.

Ho sempre creduto che un bacio non si potesse descrivere, qualsiasi tentativo

di farlo lo banalizzerebbe, verrebbe snaturato dallo sforzo di trasferirlo sulla

carta e tradurlo in parole…come può una parola sostituire un bacio? Il bacio

non va riportato, va dato, sentito, assaporato.

Tum, Tum.

È un contatto quasi etereo, la magia di un legame speciale, di un’intesa

improvvisa, di un vincolo appena nato. Un bacio è… e basta! È il gesto più

dolce e romantico che esista, forse.

Tum, Tum.

Nessuno può rendere giustizia a un bacio con carta e penna, né schiacciando

delle lettere sulla tastiera di un pc.

Tum, Tum.

Si è pronti ad un bacio solo quando due labbra sincere si sfiorano, e si

raccontano, in un attimo che dura un’eternità, i loro più celati timori … solo

allora, solo quando sarai già rapito, saprai di essere pronto.

Giuro, mai un bacio mi ha dato tanto.

Quei minuti sembrarono durare eternità, fino a che Alyssa non ruppe

l’incantesimo.

Perché di un incantesimo si parlava.

Alyssa si staccò da me e mi allontanò.

«Mi dispiace» dissi, più a me che a lei «Non dovevo»

«No, è vero» lei si allontanò, stava per uscire.

Tum, Tum.

La fermai.

Presi il suo polso, sentendo il cotone della sua camicia sfiorarmi le dita.

«No» urlai quasi «Non mi dispiace affatto. Io non ce la faccio e non riesco a

reprimere i miei sentimenti. Non so come tu faccia. Anzi facciamo così

dimmelo» Alyssa cominciò a piangere «Dimmi in faccia che non provi niente

per me. Dimmelo e ti lascerò stare»

Singhiozzando mi rispose: «E che io provo qualcosa per te, Leon»

«Allora perché ti tiri indietro» lasciai il suo polso. Basta, non riuscivo a

trattenermi e le urlai in faccia «Dimmelo»

Anche lei smise di piangere. Ecco, stava per uscire la sua personalità da

leonessa.

«Vuoi davvero sapere il perché? Leon Santos?»

«Sì» il mio urlo riecheggiò per l’intera stanza.

Allora Alyssa si voltò e mi guardò diritto negli occhi «Perché perdo il

controllo quando sono con te» e se ne andò.

Quella notte feci una cosa che non succedeva da anni. Anzi, non succedeva da

quando ero bambino.

Piansi.

Mi rannicchiai sul letto, piangendo. Oh quanto piansi.

Sentivo le lacrime salate scorrermi diritte in gola, ma la gola non lasciava la

strada libera. Perché sentii il collo irrigidirsi e gonfiarsi, quasi pizzicare.

Poi presi coraggio, montai in macchina e raggiunsi casa di Alyssa Lovegood.

Suonai il campanello e lei mi aprì senza problemi.

Solo quando entrai in casa sua mi accorsi che io ero a dorso nudo e lei in

accappatoio.

Le chiesi scusa e lei mi diede una T-shirt da mettere.

Ma Alyssa non si cambiò.

Restammo a lungo a guardarci negli occhi.

Poi parlai.

«Sono venuto a salutarti. Parto, vado via per un po’. Quando tornerò il tuo

contratto sarà finito e non ci vedremo mai più»

«Non vorrai dare la colpa a me» mi disse, con gli occhi lucidi.

«Sì e no» rispose «E che avvolte sei timida, quasi impacciata. Altre sembri

una leonessa pronta a sbranarmi. Non so come comportarmi con te. Quindi

me ne vado»

«Bene, allora fai mene» si strinse nelle spalle.

«Okay» mi voltai e presi in mano la maniglia.

«Leon. Io non voglio separarmi da te così» mi disse, restando ferma immobile

dov’era.

«Non hai voce in capitolo» in quel momento mi sentii veramente uno stronzo

e non finì lì «Sei falsa» bene, ora son stato proprio una merda.

Il volto di Alyssa si contrasse in una smorfia di dolore, dolore interno.

«Io sarei cosa?»

«Una falsa» ripetei. Mi sarei odiato da solo «Continui a dire che bisogna

aspettare il vero amore eccetera, eccetera. Beh eccomi. E tu? Mi allontani.

Questo fa di te una falsa. Io ora me ne vado e tu resterai per sempre con

questo peso sulla coscienza. Non conoscerai mai l’amore, quello vero»

Allora aprii la porta e feci un passo oltre l’uscio.

«Aspetta» Alyssa mi fermò sulla soglia, per la seconda volta.

Mi si avvicinò e chiuse la porta, riportandomi dentro.

In silenzio si alzò sulle punte dei piedi e mi baciò.

Sentii la nostra saliva mischiarsi l’una con l’altra. Le nostre labbra si

massaggiarono reciprocamente e poi ci trovammo distesi sul letto.

Alyssa mi slacciò la cintura e abbassò la zip dei pantaloni.

La feci fare, ma non andò oltre.

Poi lei si scostò l’accappatoio, mostrandomi i seni tondi e sodi.

La guardai, seduta sul letto. Un volto angelico con gli occhi lucidi e la pelle

soffice. Era la purezza in persona e io? L’avrei rovinata solo per una stupida

sciocchezza? Gli avrei strappato la cosa più che potesse avere solo per una

scopata? Sarei stato in grado di distruggere quanto più bello e puro esita al

mondo? Per una scommessa avrei fatto crollare dei valori così importanti?

Sì, lo avrei fatto. Ma non finché non l’avrei amata davvero. E in quel

momento non l’amavo.

Ero infatuato, ma non innamorato.

In quel momento Alyssa era la chiave per vincere una scommessa, non una

donna d’amare e proteggere.

Quindi sì, avrei distrutto una ragazza nella sua interezza, ma no, non lei.

Contava troppo per me.

Alyssa mi è entrata nel cuore e non avrei mai potuto fargli questo.

Forse infondo, se facevo quei pensieri, già l’amavo.

«Mi dispiace, non posso» dissi e me ne andai, per davvero. Lasciando quella

povera ragazza da sola ad affogare tra le sue lacrime.

Entrai in macchina e piansi anche io.

Mi guardai nello specchietto retrovisore e vidi la faccia di un codardo e di un

maiale schifoso. Vidi me stesso.

Il mattino seguente Chris mi venne in contro saltellando dalla gioia.

«Allora?» chiese «Com’è andata?»

La guardai dall’alto in basso.

«Con chi?»

«Con Lovegood, no?» sorrise.

«Se vuoi sapere se l’ho sfondata, la risposta è no»

«Ti ha mandato in bianco? Un'altra volta?»

Avrei voluto prenderla a pugni su quei denti.

Ma mi trattenni rispondendo «L’opposto»

«Ho sempre sostenuto che fossi un pisello moscio. Allora ho vinto la

scommessa»

«Perché?» il contratto di Alyssa non scadeva ancora «Devo parlarle»

«Oh» portò la mano sulla bocca «Si è licenziata. È andata via cinque minuti

fa. Mi spiace Leon» rise, mentre mi guardò allontanarmi.

Dalla sede della H&S a casa di Alyssa ci sono tre percorsi disponibili.

Scelgo la strada più veloce, anche se so che ormai l’ho persa. Non la

scommessa lei. Per essere fini, della scommessa non mi fregava più un cazzo,

o comunque mi importava poco.

Spinsi la mia auto oltre i limiti di velocità.

Autovelox? Che si fottano.

Sorpassare con doppia linea continua? Che si fotta.

Persone che attraversano di colpo la strada o che suonano il clacson? ... che si

fottano.

Passai davanti casa di Alyssa e inchiodai. Poi ingranai la retromarcia e mi

accostai lì difronte. Osservai in parcheggio e non vidi nessuna auto in sosta.

Ero in anticipo.

Quando la mia Venere mise la testa fuori dalla portiera mi vide e all’inizio

sembrò confusa, spaventata e felice.

Io rimasi fermo in auto, lei mi venne in contro.

«Cosa ci fai qui?» mi chiese.

«“Alyssa. Io non voglio separarmi da te così”» usai la sua stessa frase. La

stessa che mi disse lei la sera prima.

«Sono senza parole»

«Allora non parlare»

Si dice che il primo bacio non si scordi mai. E se devo essere sincero io non

me lo ricordo affatto. Però quest’ultimo bacio con Alyssa è stato qualcosa di

spettacolare. Più che altro indimenticabile.

Il mondo parve fermarsi.

Nulla mi circondava più, se non lei ... così bella.

Lei mi stava fissando e anche per lei il tempo si era fermato. Bastò un

secondo, un solo secondo perché il sogno di entrambi si realizzasse e la favola

divenisse realtà. Le nostre lingue si esploravano, si cercavano, si coccolavano

e abbracciavano.

Era un bacio dolcissimo, romantico. Tutta l'agitazione di lei era svanita, lo

sentivo, ora provava solo amore, rilassamento. Tutte le cose di quel mondo

erano racchiuse in che cosa? In un semplice gesto d'amore.

Le carezzai i capelli provando gioia, un immenso gioia. Non riuscivo più a

staccarmi. L'attrazione era oramai indomabile. Chiudemmo gli occhi.

Alyssa mi baciava e tremava. Si dice che quando una persona trema è perché

ti ama davvero.

Allora gli ho misi una mano vicino al cuore. Sentii che batteva ... batteva

fortissimo!

Lei aprì la porta di casa, senza smettere di baciarmi. Iniziammo a spogliarci e

finimmo, per la seconda volta, sul letto di lei.

Io indossavo una camicia e ricordo perfettamente la dolcezza e la lentezza che

ci metteva per sbottonare ogni singolo bottone. Era una dolce tortura, vedere

le sue dita che scendevano lungo il mio corpo, stringendomi a sé. Poi mi sfilò

la camicia e mi strinse la schiena con le sue manine.

Mentre ero stretto a lei iniziai a slacciarle il reggiseno e gli sfilai la maglia.

Una volta tolta i suoi seni uscirono fuori, all’aria e i testicoli diventarono

presto turgidi.

Mi abbassai e gli sfilai anche gli slip. Lei invece mi sbottonò i pantaloni e mi

tolse tutto di dosso.

Ero sul letto ... nudo. Il mio pene è abbandonato su una coscia.

Lei mi si avvicinò strisciando sul petto, allargando le gambe e risalendo fino a

quando sentii il mio respiro sul suo sesso.

Lei mi afferrò il pene, prendendolo delicatamente in mano e lo sollevò, senza

eccitarlo e lo tenne con la mano sinistra.

Con la mano destra soppesò i miei testicoli, li sollevò e avvicinò la lingua più

in basso che poté, vicino all’ano.

Iniziò a darmi dei piccoli colpi di lingua in quella zona sensibile tra l'ano e i

testicoli. Io apprezzai e sospirai.

Il mio membro si irrigidì, tenuto prigioniero nella sua mano sinistra.

Risalendo con la lingua, Alyssa leccò intorno ai testicoli, destro e sinistro,

leccandoli tutto intorno e aspirandoli nella sua bocca una alla volta.

Continuò con la lingua.

Lo so che non potevo morderla, ma gli diedi comunque dei colpetti per farla

fermare. Lei risalì con la bocca. Era sull'asta.

Lecca a partire da sotto ... dalla base alla punta ... e viceversa... senza toccare

la cappella.

Usò la lingua piatta, insalivandomi tutto. Poi si girò un po' e usò le labbra

semiaperte facendole scorrere avanti e indietro sempre sotto l’asta,

avvolgendola per metà.

Mi diede dei piccoli morsi, per giocare.

Liberò il mio sesso, che schizzò in alto come una molla, era durissimo.

La colpisco sul viso lasciandogli un po' di gocce saporite.

Riprese a leccare l'asta, ora su tutti i lati e di nuovo con le labbra la circonda e

la scorre.

Lo sento tremare, fremere.

Lei si solleva e con le dita mi circonda il pene, scorrendo verso il basso e lo

stringe in fondo, tenendo tirata la pelle, anche se era già tesissima per

l'erezione.

Con le sue mani sulla base del mio pene mi guarda negli occhi, senza dire una

parola. Continua a fissarmi mentre scende con una lentezza incredibile.

Arrivata con le labbra al mio sesso e le chiude continuando a scendere,

lasciando che sia io a fargliele riaprire, leccandogli la sua femminilità.

Risalgo fino al clitoride e inizio a masturbarlo velocemente.

Lei orgasmò, bagnandomi leggermente la faccia.

Alyssa, però non si fermò. Superò con i denti la mia cappella gonfia e li

rimase immobile.

Avrei voluto che si muovesse in fretta, che almeno giocasse con la lingua

sulla cappella, ma lei non lo fece.

Assaporò quel momento, ascoltando i miei fremiti, guardando le gocce di

sudore sul mio corpo nudo, aspettando che la implorassi o che facessi qualche

altra cosa.

Le sarebbe bastato un attimo per farmi godere, per farmi esplodere.

Poi diede piccoli colpi di lingua sulla cappella, insinuandosi nella fessura.

Sentii delle scosse elettriche in tutto il corpo quando la sua lingua appuntita

mi colpì senza pietà.

Percepii gli spasmi del mio pene, sentii che si contraeva e si rilasciava una,

due, tre, quattro volte. Poi il getto caldo del mio seme gli riempì la bocca,

colpendola.

Alyssa rilassò la lingua e la parte molle del palato, rilassò la gola preparandosi

alla sensazione strana che proverà. Riappoggiò le labbra sul mio membro duro

e lasciò andare la sua testa verso il basso, lentamente, millimetro dopo

millimetro.

Sentii il mio pene che entrava, frenato dalle labbra socchiuse, si appoggiò

sulla lingua e sul palato e proseguì ... inesorabile.

Solo la lunghezza della sua mano che mi stringeva rimase fuori e quando le

labbra si appoggiarono sulle sue dita, lei le tirò via e con uno sforzo di

concentrazione e di volontà, lasciò che la sua testa proseguì, mentre la mia

cappella stava forzando il suo palato molle e stava occupando la sua gola ...

ecco arrivò in fondo.

Il mio membro lasciò passare poca aria in gola, lei rimase ferma, immobile,

cercò il mio sguardo.

Posai le mani ai lati della sua testa, muovendola intorno al mio pene per

darmi piacere, con il ritmo che volevo io. Ma lo feci piano piano.

Immaginai cosa stesse sentendo nella gola e sapevo che non potevo correre.

Era una sensazione bellissima, per tutti e due immagino, ma lei dovette

sfilarsi via dal membro.

Alyssa si sollevò... scendendo dal letto e andò in bagno.

Quando tornò in camera mi vide disteso, abbandonato ma con il pene

durissimo che puntava in su, un totem, un simbolo che la chiamava, che la

incantava, che la ipnotizzava.

Girò intorno al letto e mi lego i polsi e le caviglie, uno per uno ai quattro

angoli del letto con i lacci dell’accappatoio.

Io cercai di prenderla ed avvicinarmela per un bacio, per farla mia

selvaggiamente, ma lei mi sfuggì.

Finì di legarmi.

«Sei bellissimo» mi disse «Completamente immobilizzato... esposto»

Si mise a cavalcioni sopra di me, venendo avanti dandomi delle linguate su

tutto il corpo e sul viso, sul collo, ma non si lasciò baciare.

Tirai il collo, ma non riuscii a fare nulla.

Mi diede dei piccoli morsi sul collo, sulle spalle, sul petto, torturando un po' i

miei capezzoli.

Gradii, nonostante i lamenti. Poi la colpii con il pene sulle chiappe,

aiutandomi con i fianchi.

Alyssa era a cavallo del mio bacino. Senza usare le mani giocò ad appoggiare

la punta del mio membro sui suoi punti sensibili, sul seno, sui capezzoli.

Quella ragazza, giuro, aveva delle doti nascoste. Nonostante non avesse mai

fatto niente era, PER DAVVERO, una Dea scesa sulla terra.

Avevo la cappella lucida e bagnata, rossa come non mai. Lei la appoggiò sulla

sua fessura e ruotò il bacino. Alzando i fianchi mi insinuai per un centimetro,

separandogli le labbra e scorsi dalla sua apertura al clitoride, colpendolo e

dandogli un brivido.

Insistetti.

Finalmente il mio pene si inserì al suo interno.

L’avevo sverginata.

Non per una stupida scommessa. Io lo volevo fare ... per noi.

Alyssa buttò indietro la testa, chiudendo gli occhi e roteando il bacino.

Mi stava usando come uno strumento di piacere, senza sentire la mia voce che

la implorava, senza vedeva il mio corpo che tremava, che scoppia

dall’eccitazione.

Poi restò immobile e guardandomi, ascoltando i miei lamenti e i miei

orgasmi. Infine Alyssa riprese a spingere con il bacino, così che il mio

membro gli spingesse nei punti più sensibili...

Quella fu anche per me la prima volta.

Rocket 9 decollo per il pianeta (per il pianeta)

Venere

Afrodite signora in bikini di conchiglia (collant di giardino)

Venere

Facciamola saltare fuori verso una nuova dimensione (nella tua camera da

letto)

Venere

Afrodite signora bikini di conchiglia (Muoviti con me)

Venere

Non posso nascondere il modo in cui mi sento

Dea dell’amore ti prego portami verso il tuo capo

Non posso nascondere di continuare a ballare

Dea dell’Amore! Dea dell’Amore!

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami dal tuo capo (al pianeta)

Il tuo capo, il tuo capo (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami verso il tuo Venere (al pianeta)

La tua Venere, tua Venere (al pianeta)

Quando mi tocchi muoio

Solo un po’ dentro

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Questo potrebbe essere amore

Perché tu sei fuori da questo mondo

Galassia, spazio e tempo

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Prendi un’ostrica Baby

È Afrodi-siaca

Comportati in maniera losca

Venere

Culto verso terra

Una ragazza dal pianeta (verso il pianeta)

Venere

Non posso nascondere il modo in cui mi sento

Dea dell’amore ti prego portami verso il tuo capo

Non posso nascondere di continuare a ballare

Dea dell’Amore! Dea dell’Amore!

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami dal tuo capo (al pianeta)

Il tuo capo, il tuo capo (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami al tuo pianeta (al pianeta)

Portami verso il tuo Venere (al pianeta)

La tua Venere, tua Venere (al pianeta)

Quando mi tocchi muoio

Solo un po’ dentro

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Questo potrebbe essere amore

Perché tu sei fuori da questo mondo

Galassia, spazio e tempo

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Questo potrebbe essere amore

Dea dell’Amore,

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Venere

Nettuno

Vai

Ora serve Plutone

Saturno

Giove

Mercurio, Venere - uh ah!

Urano!

Non sai che il mio culo è famoso?

Marte

Ora servono gli dei

Terra, servono le stelle!

Quando mi tocchi muoio

Solo un po’ dentro

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Questo potrebbe essere amore

Perché tu sei fuori da questo mondo

Galassia, spazio e tempo

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Questo potrebbe essere amore

Dea dell’Amore,

Mi chiedo se questo potrebbe essere amore

Venere

-VENUS

Nei giorni seguenti Alyssa non tornò a lavorare. Ormai la sua domanda di

licenziamento fu accolta e adesso era ufficialmente fuori.

Poi un giorno, anche se al telefono, glielo dissi.

«Passa una buona giornata ... sì, anche io ti amo»

E lì entrò Christine, senza bussare attraversò la porta del mio ufficio e si

sedette sulla scrivania.

«Anch’io ti amo?» mi chiese, simulando di vomitare «Mio Dio»

Allontanandomi da lei risposi «Ti prego, smettila»

«E di noi? Che ne facciamo?»

«Guarda che non è cambiato niente» risposi indispettito.

«Oh sì caro» continuò lei in tono da saputella «tu sei innamorato di lei e non

ami me»

«Oh, piantala Chris. Era solo una scommessa»

A quel punto lei mi si avvicinò e per la prima mi baciò con ... affetto.

La sentii lacrimare e il suo cuore pulsava forte.

Ma io non volevo lei, volevo Alyssa. Allora mi allontanai.

«Questo è ridicolo» dissi.

«Quello ridicolo sei tu, Leon. Guarda come ti sei ridotto. Devo assolutamente

parlarle di noi, è mia amica»

«Me ne frego dei tuoi sporchi maneggi» mi allontanai e mi diressi verso la

porta «E se vuoi saperlo avevo già in programma di raccontarle del mio losco

passato»

«Oh. L’amore fa miracoli. Sei diventato un altro? Io credo di no. Le persone

non cambiano da un giorno all’altro» mi fissò con il suo sguardo accusatorio,

infondo aveva ragione. Le persone non cambiano facilmente, ma io ci volevo

almeno provare «Siamo fatti della stessa pasta, Leon. Io almeno ho il coraggio

di dirtelo. Tu eri una leggenda, lo scopatore numero uno. Ora sei uno

zimbello»

Cosa rispondere?

«Non mi importa Chris, correrò il rischio»

Allora aprii la porta. ed ecco che Christine mi attacca con una scioccante

verità.

«Non rovinerai solo la tua di reputazione, ma anche la sua. La sua

dichiarazione si rivelerà essere un falso. Immagina che brutto colpo»

E aveva ragione. Nella mia lunga e perversa vita avevo fatto soffrire e

rovinato molte ragazze, ma non volevo fare lo stesso con Alyssa. Era troppo

importante.

Passai un intero giorno senza ne vedere, ne sentire Alyssa.

La notte piangevo e la mattina asciugavo le lacrime.

Non sapevo quale sarebbe stata la cosa migliore da fare.

Anzi.

Lo sapevo.

Avrei dovuto lasciarla, solo così avrei potuto garantirle una vita lunga e felice

in compagnia di un vero uomo che l’amasse.

Non con uno come me, che il sesso era di fondamentale importanza.

Mi facevo schifo da solo.

L’avrei fatta soffrire, ma almeno (dopo che mi avrebbe dimenticato) sarebbe

stata felice.

Volevo la sua felicità e credevo che io non sarei stato in grado di dargliela.

L’amavo. Oh quanto l’amavo.

Ma è proprio per amore che si fanno pazzie e Chris mi aveva manipolato,

ancora.

Allora andai a casa di Alyssa, dopo due giorni interi che non ci sentivamo.

Lei mi aprì la porta con il suo sorriso angelico.

Cristo, avevo il cuore a pezzi. Come avrei potuto lasciarla?

«Ciao» mi sorrise, i suoi denti bianchi e le sue labbra rosee.

Anche nel difetto e nell’imperfezione era un incanto.

Io non risposi al suo saluto e con uno sguardo basso e scuro entrai in casa sua.

Mi portò in camera da letto e mi baciò.

Credo che baciare un muro sarebbe stato più bello. Perché io restai immobile,

senza ricambiare il suo bacio.

Quando mi staccai gli dissi: «Devo dirti una cosa»

Lei mi fissò, spaesata e impaurita «Che hai?»

«È impossibile continuare così» respirai e deglutii «La colpa non è tua, è mia»

«Che stai dicendo?»

Non potevo guardarla, mi allontanai e abbassai lo sguardo. Gli occhi mi

pizzicavano.

«Mi spiace» iniziai a dire «Credevo di essere innamorato. E invece ...» lasciai

morire lì la frase.

«Perché fai questo?» la sua voce era fredda.

Risposi, ma la mia voce si inclinò e si sentì che stavo piangendo.

«Volevo solo venire a letto con te»

«Non è vero» era fiduciosa.

Quando alzai lo sguardo avevo il viso completamente bagnato dalle lacrime.

«Tu non sai niente» dissi e intanto continuai a piangere «Nemmeno mi

conosci» alzai la voce e per poco non gridai «Io ti ho tradita, con il mio vero e

grande amore»

A questo punto pure Alyssa si mise a piangere.

Fatti forza, mi dissi, non cedere. Tu la ami e per questo motivo deli lasciarla,

per la sua reputazione, per la sua felicità. Perché io sono un mostro.

«Non ti credo»

«Non importa» pausa «Alyssa, è finita»

«Sei un vigliacco» mi disse, spingendo via le lacrime che, velocemente, si

stavano ammassando agli angoli degli occhi «Guarda come tremi. È questo

che sei venuto a dirmi?»

No io ti amo, scusami.

«Sei fuori di testa» continuò lei «Vattene, mi fai schifo» ora pianse anche lei.

Lasciò che le lacrime gli scivolassero lungo il viso «Vattene» io esitai e lei

urlò «Vattene»

Mi avvicinai per prenderla tra le mie mani, un ultimo tocco, un’ultima parola,

un ultimo bacio, un ultimo ...

Ma lei si tolse da me urlando «Non toccarmi, mi fai schifo» e mi diede uno

schiaffo.

In quel momento sarei morto.

La sua mano scattò in avanti e mi colpì il volto.

Sentii le cinque dita premere sulla mia pelle, per poi ritirarsi e dopo sentii

pizzicare.

Se io ero distrutto, Alyssa stava decisamente peggio.

Me ne andai, con un ultimo pensiero nella mente che non gli avrei mai detto:

ti amo.

Senza pensarci andai a casa di Chris per parlargli.

Lei vide il mio volto distrutto dai segni del pianto e scavato dalle lacrime.

Unico suo commento?

«Poco melodrammatico»

«Tra me e Alyssa non c’è più niente» dissi «Sono qui per riscuotere la mia

vittoria. Hai ragione, io non posso cambiare»

«Festeggiamo?» mi chiese Chris.

«Ovvio» risposi.

«Mi spiace ma no. Lei si è licenziata prima di che tu la scopassi»

«Beh, vedi...» gli sorrisi, ma non come sorridevo ad Alyssa «La sua lettera di

licenziamento è stata recapitata e vista dopo che me la sono scopata.

Comprendi? Lei era ancora sotto contratto»

Intanto che lei si lamentava e protestava, io mi ero già acutamente girato

verso di lei e gli sigillai la bocca con un bacio.

Le sue mani si erano già infilate tra la mia camicia e la schiena.

Le nostre lingue s’incrociarono, s’inchinarono, ballarono e cedettero il passo.

Io avevo il brivido del desiderio che m’inarcava il collo e lei ne approfittò per

scivolare lì con le sue labbra, dove nel frattempo i suoi denti mi solcarono la

gola e le vene.

Lei si sbottonò quel vestitino nero con delicatezza e il mio viso affondò fra i

suoi seni.

La mia lingua passò delicatamente il contorno dei capezzoli, la mia mano

destra scendeva fino al suo ginocchio per risalire l’interno della coscia.

Arrivai subito al suo sesso.

In questo momento le sue mani armeggiarono e si diedero da fare con i miei

pantaloni. Ecco, il mio membro era rigonfio sotto la sua mano, ecco la mia

testa che oscillava, ecco la mia bocca che gli mordeva i capezzoli, ecco le mie

dita che entravano in lei. Un piacere indocile e selvaggio m’invase, mentre

osservai il suo pollice che giocava con il mio sesso.

Il mio indice penetrava quella “bocca”, dove quei setosi fluidi erano

l’assestamento e il consolidamento del mio desiderio. Poi misi anche il dito

medio e le donai piacere, le altre dita erano pronte per stuzzicarla oltre.

Il mio ventre pulsava e si contraeva, i miei muscoli ballavano quel ritmo

ingovernabile e vorticoso. Iniziai ad avere il fiato rotto, gemetti, sbattendo la

testa con i capelli scomposti sul viso. Avevo gli occhi aperti, ma dov’ero? Io

ero con la donna dei miei desideri sessuali, ma la mia mente? Altrove.

Chris aprì meglio le gambe e si prese tutto quel piacere che gli stavo donando.

La feci gemere, mentre la mia mano sinistra gli blocca la gola al muro e con

una dolce pressione innalzai ben presto il suo orgasmo. La mia mano destra

era quasi rabbiosa, violenta e pure veloce. La mano sinistra, invece, era

morbida ma ferma. Poi la penetrai, lì attaccato al muro.

Ero innamorato pazzo di Alyssa e Chris mi ha portato a vergognarmi

dell’amore.

Lasciai l’unica ragazza che contava veramente per me, solo per paura.

Poi capii che per Christine non fui altro che un bambolotto con cui gli piacque

giocare, niente altro.

Lei voleva arrivare a tanto e mi ci ha portato.

Ed io avevo perso per sempre la mia Venere.

Ero uno squallido.

No, Christine è stata squallida con me.

La odiai, a morte.

Dovevo rimediare in qualche modo.

Chiamai Alyssa, ma non mi rispose.

La aspettai sotto casa, ma non la incontrai.

Ero disperato.

Piangevo, urlavo, mi odiavo.

Cosa potevo fare?

Alcune sere mi ubriacai persino. Stavo troppo male, poi decisi una cosa.

Gli avrei regalato un libro.

No, non un libro qualunque. Un libro scritto da me.

Non l’avevo ancora detto, ma io adoro leggere e soprattutto scrivere. Così mi

misi d’impegno e in un paio di giorni scrissi una breve storia di un lungo

amore. Esattamente tutto ciò che voi avete letto finora.

Non dimenticai neanche un particolare e anche se non venne un romanzo

degno delle mille e una notte, racchiusi in quelle pagine l’amore che provai

per Alyssa Lovegood. La mia Venere.

E glielo consegnai di persona, appoggiando il manoscritto sui gradini di casa

sua.

Poi mi misi in un angolo, in disparte, nascosto dai suoi occhi e aspettai.

La mattina seguente, Alyssa mise la testa fuori dalla porta di casa e vide il

mio libro. Si guardò intorno e non vedendomi lo raccolse e rientrò in casa.

Attraverso le finestre vidi che iniziò a leggere, ma non saprei dirvi quale fosse

la sua espressione.

In ogni caso lei aveva tra le mani la storia della mia vita. E in copertina gli

scrissi:

“Mia cara Alyssa,

Non so se c’è un modo per riparare a tutto il male che ti ho fatto. La verità è

che insieme a te sono stato felice per la prima volta nella mia vita, sono

sempre stato una carogna. Ero orgoglioso di provare piacere per le disgrazie

altrui, beh ... ora queste disgrazie mi si sono rivoltate contro. Sono riuscito a

ferire l’unica persona che abbia mai amato. Ti do questo romanzo, la storia

della mia vita. Se vuoi conoscere la verità leggilo, niente più bugie.

Dato che non mi conosci abbastanza voglio darti questo, così che tu mi possa

conoscere. Voglio solo dirti una cosa, io voglio te.

Dammi un'altra possibilità, senza di te non sono niente”.

Aspettai sveglio per due giorni di fila una sua risposta, ma non ricevetti

niente. Allora mi allontanai da casa sua, per sempre.

Sapevo che ormai l’avevo persa.

Ricordate il mio amico Simon e il suo ragazzo Gregor?

Se sì, vi ricorderete anche che io, sul cellulare, tenevo una loro foto di un

momento ... molto intimo.

Bene.

Per distruggermi definitivamente, Chris mi rubò il cellulare appena dopo

averlo fatto e si inviò quella fotografia sul suo telefono.

Ma lei, oh no, non si voleva fermare lì.

Pubblicò la foto di Simon e Gregor su qualsiasi sito internet.

Per Simon non fu un problema, lui era dichiarato, ma Gregor ...

Quando, la mattina, mi allontanai da casa di Alyssa e mi diressi vero casa

mia, a piedi.

Il fato vuole che incontrai Gregor.

E qui devo raccontarvi la storia divisa in due parti.

Quando mi allontanai, Alyssa mi scorse dalla sua finestra e, decisa a

perdonarmi, mi corse incontro.

Mentre quando alzai la mano dicendo «Ciao Greg» il ragazzo mi si avvicinò

con lo sguardo incazzato.

Ora mi ritrovo sulla strada, pugni alzati e sangue che cola dal labro.

Gregor mi colpisce con forza in testa.

E Alyssa si avvicina a fermare la rissa, ma è ancora lontana.

Spintono via Gregor, ma lui risponde con un altro cazzotto.

«Greg, mi dispiace» cerco di dire, ma non ci riesco. Ho gli occhi incollati dal

sonno e la testa pesante.

Ricambio il colpo, chiudendo a pugno la mano destra e carico. Colpisco in

faccia Gregor che arretra di qualche passo, ma poi torma all’attacco.

Mi tira un calcio allo stomaco e io mi inginocchio a terra.

In quella posizione a quattro zampe ho stomaco e petto liberi. Gregor mi

colpisce.

Crollo definitivamente a terra e quando mi rialzo salto addosso a Gregor,

stringendolo a me.

Siamo sul ciglio della strada e le macchine corrono.

«Leon» sento urlare. È Alyssa, ma non ci bado e continuo a infliggere colpi

contro il ragazzo. Non per fargli male, ma solo per difendermi.

«Leon» mi chiama di nuovo e quando alzo lo sguardo verso Alyssa perdo per

un secondo la concentrazione.

In quel lasso di tempo Gregor mi afferra da dietro. Non riesco a muovermi.

Il braccio destro del ragazzo mi stringe il collo e con il sinistro mi tiene stretto

a sé.

A questo punto Alyssa ci corre incontro, saltando su Gregor, pregando di

lasciarmi andare.

«Sei uno stronzo» mi urla Gregor.

Io ho cercato di dirgli che non sono stato io a caricare le foto su internet, ma

lui non mi dà retta.

«Basta» urla Alyssa.

Io sono a terra, schiacciato da Gregor, mentre Alyssa e sul ragazzo.

Poi accade.

Io mi alzo di colpo e Gregor vola indietro, ma Alyssa ...

Alyssa cade sulla strada.

Quando la ragazza si alza, mettendosi a gattoni un’auto corre velocemente

verso di lei, senza vederla.

Io mi getto su di lei, togliendola dalla strada ma vengo colpito dall’auto che

inchioda.

Sento il mio corpo alzarsi in aria, percorrere tutta la macchina e ricadere a

terra.

All’impatto sento le ossa piegarsi e rompersi, mentre la testa batte con

violenza a terra.

Cerco di muovermi ma il mio corpo e completamente paralizzato.

Sento pizzicare il volto e a terra vedo pezzi di vetro.

Il sangue mi cola lento e caldo su tutto il corpo.

Ben presto una macchia color rubino si crea attorno a me.

Sono a terra e non riesco a respirare.

Alyssa mi viene incontro, con Gregor.

Entrambi hanno uno sguardo spaventato a morte, ma è la mia Venere che

piange. E piango anche io.

La guardo e lo devo ammettere, non ho mai visto creatura più bella davanti ai

miei occhi. Non sto parlando della donna più bella del mondo, no.

Sto parlando di una semplice ragazza di trent’anni, perfetta nelle sue

imperfezioni. Fragile, ma forte. Debole, ma con carattere.

Non è bellissima, ma ha un fascino con cui ti toglie il fiato. I suoi occhi verdi

penetrano dentro il tuo essere lasciandoti a bocca aperta.

I suoi lunghi capelli color mogano le incorniciano il volto facendogli risaltare

ogni piccolo particolare.

Non l’ho mai vista con i capelli ben curati, o le unghie colorate e il volto

truccato.

È la classica ragazza di mondo, ma cosa ci avrò visto in lei non lo so.

Mi ha ammaliato con il suo fascino nascosto, con il suo semplice sorriso e il

suo modo di fare.

Se la guardo il cuore mi batte forte nel petto e mi basta uno sguardo per

eccitarmi.

Ricordo quando la incontrai per la prima volta, Alyssa Lovegood, una dea

scesa dall’olimpo per mescolarsi tra i comuni mortali, una dea ... Venere.

Come quando io ti ho visto per la prima volta

Tra milioni di occhi la vita si nascose

Come fissare il sole in una notte

Far sparire tutti gli altri in un secondo come niente

Dopo un lungo inverno accettammo l’amore

Che meritiamo di pensare o pensiamo di meritare

Per questo a volte ci facciamo così male

Desidero sapere dove va a finire il sole

Se il freddo delle parole gela lo stupore

Se non ti so scaldare né curare dal rumore

Ho soltanto una vita e la vorrei dividere

Con te che anche nel difetto e nell’imperfezione

Sei soltanto… incanto, incanto

Istantanee di secondi lunghi quanto un anno bisestile

Quando posi la tua testa su di me

Il dolore tace… incanto, incanto

Semplicemente incanto.

E se sono insicurezze, entusiasmi e poi silenzi

Il mestiere dell’amore al tramonto nei tuoi occhi

Il coraggio in una frase che fa paura

Il rancore nelle storie maturato nel silenzio

Il sorriso che sconvolge mesi di tormenti

La bellezza che stringo, io geloso del tuo cuore

Che proteggerò dal male

Desidero sapere dove va a finire il sole

Se il freddo delle parole gela lo stupore

Se non ti so scaldare né curare dal rumore

Ho soltanto una vita e la vorrei rivivere così

Incanto… è un incanto

Istantanee di secondi lunghi quanto un anno bisestile

Quando posi la tua testa su di me

Il dolore tace… incanto, incanto

Semplicemente incanto.

Il sorriso dei giganti sulla tua bocca sta in un angolo

Ed è puro… incanto

Intanto scatto.

Istantanee di secondi lunghi quanto un anno bisestile

Quando posi la tua testa su di me

Il dolore tace… incanto, incanto

Semplicemente incanto.

-INCANTO

Sono sdraiato a terra, Alyssa si è inginocchiata al mio fianco e piange.

Oh, quanto è bella e quanto mi spiace vederla così.

L’intero corpo mi fa male, ma devo farcela.

Muovo la mia mano verso di lei e le stringo il polso.

Sento un dolore atroce e il freddo asfalto mi graffia quando sposto la mano

verso di lei.

Una volta che sono stretto ad Alyssa il mio volto diventa una smorfia di

dolore, ma non importa devo dirle una cosa.

«Io ti amo, Alyssa»