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nica Salvadori ALCUNE NOTE SULLE RAPPRESENZIONI DI VIVAI ITTICI NEL REPERTORIO ARTISTICO ROMANO Come già è emerso in questa sede grazie al contributo di Francesca Ghedini, gli ani- mali sono una presenza equente dell'arte romana, sia nella produzione pittorica che in quella musiva, e vengono spesso proposti allo sguardo del fruitore nell'esplicita dimensione del consumo alimentare. Raffigurazioni di tordi, peici e quaglie, galli e galline, anatre e oche, selvaggina di vario tipo, insieme ad elementi della fauna acquatica, come triglie, sep- pie, molluschi, aragoste e murene, in associazione con frutti e ortaggi, occupano spesso lo spazio decorativo di pinakes ed emblemata e dovevano costituire un tema particolarmente gradito da parte di una committenza che ne apprezzava il carattere polivalente, nei suoi espliciti legami con l'idea di ricchezza e abbondanza, nel suo richiamo ai "doni ospitali" e alla cultura artistica del proprietario, nella piacevolezza dei contenuti, idonei a decorare diverse tipologie di ambienti. Quali immagini della straordinaria varietà di una natura fertile e vitale, tali raffigura- zioni - volatili o pesci che siano - possono evocare anche il contesto di un primo controllo da parte dell'uomo del loro libero dinamismo, che si traduce nella rappresentazione di uno spazio ridotto a riserva di caccia o di allevamento. In particolare, i pesci diventano protagonisti assoluti in quella serie di attestazioni iconografiche, comunemente riconosciute come raffigurazioni di vivai 1 , proprie del reper- torio decorativo di età romana, ma fondate nella tradizione del naturalismo ellenistico. L'elemento che contraddistingue tali soggetti è il modo in cui è raffigurata la fauna marina, che (a differenza di quanto avviene per gli xenia) appare viva, in movimento, su di un fondale azzurro che imita l'acqua, evocando il contesto delle cd. piscinae salsae comuni in tutte le aree dell'impero durante il I secolo d.C. 2 . La probabile derivazione di questi soggetti da prototipi alessandrini si riscontra negli emblemata in opus vermiculatum di I e II stile, tra cui il noto esempio del triclinio (35) della Casa del Fauno 3 (fig. 1), dove tutti gli animali rappresentati appartengono alle specie più pregiate, con un probabile richiamo alle consistenti disponibilità ittiche presenti nella zona, ma anche alle notevoli possibilità economiche del proprietario, che avrebbe elargito ai suoi ospiti solo gli esemplari migliori presenti in commercio: grazie all'interessante studio di L. Capaldo e U. Moncharmont 4, sono stati riconosciuti, tra gli altri, una spigola (branzino), un gambero (considerato anche allora una leccornia e servito su glie di fico), una triglia ' ROSSETTI, TELLA 1993. 2 Varr., De re rustica, III, 3.17; Col., De re rust., VIII, 1.16-17; Plin., Nat. hist., IX, 55, 167; X, 193. 3 PESANDO, GumoBALDI 2006, p. 48, fig. 26; PESANDO 1996, pp. 209-211; HoFFMANN, DE Vos I 994, pp. 83-85; MEYBOON l 977, p. 51. 4 CAPALDO, MONCHARMONT 1989. 45

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Monica Salvadori

ALCUNE NOTE SULLE RAPPRESENTAZIONI DI VIVAI ITTICI

NEL REPERTORIO ARTISTICO ROMANO

Come già è emerso in questa sede grazie al contributo di Francesca Ghedini, gli ani­mali sono una presenza frequente dell'arte romana, sia nella produzione pittorica che in quella musiva, e vengono spesso proposti allo sguardo del fruitore nell'esplicita dimensione del consumo alimentare. Raffigurazioni di tordi, pernici e quaglie, galli e galline, anatre e oche, selvaggina di vario tipo, insieme ad elementi della fauna acquatica, come triglie, sep­pie, molluschi, aragoste e murene, in associazione con frutti e ortaggi, occupano spesso lo spazio decorativo di pinakes ed emblemata e dovevano costituire un tema particolarmente gradito da parte di una committenza che ne apprezzava il carattere polivalente, nei suoi espliciti legami con l'idea di ricchezza e abbondanza, nel suo richiamo ai "doni ospitali" e alla cultura artistica del proprietario, nella piacevolezza dei contenuti, idonei a decorare diverse tipologie di ambienti.

Quali immagini della straordinaria varietà di una natura fertile e vitale, tali raffigura­zioni - volatili o pesci che siano - possono evocare anche il contesto di un primo controllo da parte dell'uomo del loro libero dinamismo, che si traduce nella rappresentazione di uno spazio ridotto a riserva di caccia o di allevamento.

In particolare, i pesci diventano protagonisti assoluti in quella serie di attestazioni iconografiche, comunemente riconosciute come raffigurazioni di vivai 1

, proprie del reper­torio decorativo di età romana, ma fondate nella tradizione del naturalismo ellenistico. L'elemento che contraddistingue tali soggetti è il modo in cui è raffigurata la fauna marina, che (a differenza di quanto avviene per gli xenia) appare viva, in movimento, su di un fondale azzurro che imita l'acqua, evocando il contesto delle cd. piscinae salsae comuni in tutte le aree dell'impero durante il I secolo d.C. 2

.

La probabile derivazione di questi soggetti da prototipi alessandrini si riscontra negli emblemata in opus vermiculatum di I e II stile, tra cui il noto esempio del triclinio (35) della Casa del Fauno 3 (fig. 1), dove tutti gli animali rappresentati appartengono alle specie più pregiate, con un probabile richiamo alle consistenti disponibilità ittiche presenti nella zona, ma anche alle notevoli possibilità economiche del proprietario, che avrebbe elargito ai suoi ospiti solo gli esemplari migliori presenti in commercio: grazie all'interessante studio di L. Capaldo e U. Moncharmont 4, sono stati riconosciuti, tra gli altri, una spigola (branzino),un gambero (considerato anche allora una leccornia e servito su foglie di fico), una triglia

' ROSSETTI, TELLA 1993. 2 Varr., De re rustica, III, 3.17; Col., De re rust., VIII, 1.16-17; Plin., Nat. hist., IX, 55, 167; X,

193. 3 PESANDO, GumoBALDI 2006, p. 48, fig. 26; PESANDO 1996, pp. 209-211; HoFFMANN, DE Vos I 994,

pp. 83-85; MEYBOON l 977, p. 51. 4 CAPALDO, MONCHARMONT 1989.

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(famosa per i suoni che emetteva al momento della cattura, simili a grugniti, oltre che costosissima perché difficilmente si riproduceva nei vivai), un murice (da cui si estraeva la preziosissima tinta del rosso porpora), una murena (frequentemente allevata nei vivai per la prelibatezza delle sue carni), uno scorfano, un'orata (pesce sacro a Venere), una razza e una conchiglia bivalve. Forti sono le analogie con un altro emblema, conservato al Museo Nazionale di Napoli, ma proveniente dal triclinio (o) della casa pompeiana VIII 2, 14-16 5

(fig. 2), su cui estendono l'analisi L. Capaldo e U. Moncharmont. Il nucleo centrale della rappresentazione, anche se parzialmente rovinato, presenta in

entrambi i mosaici una lotta tra un polpo e un'aragosta, soggetto di ispirazione reale, essen­do noto già nell'antichità 6 l'antagonismo tra i polpi e i crostacei decapodi, che ancora oggi vengono utilizzati come esca per la pesca del mollusco cefalopode: quest'ultimo secerne un veleno che nel giro di pochi secondi paralizza la preda, provocandone anche la disarti­colazione delle membra. Il motivo iconografico diventa scena di genere ed è ampiamente diffuso sia in mosaico che pittura 7

. Ciò è attestato anche nel celebre emblema di Aquileia (fig. 3), dalla datazione discussa (oscillando tra la metà del I secolo a. C. e l'età flavia) 8

,

dove esso si ritrova, seppur in un contesto naturalistico dalla resa molto semplificata, al cen­tro di un universo marino, tra cui spiccano una seppia, un calamaro, uno scorfano, triglie, orate e spigole e una murena.

Del polpo si conosceva inoltre, già in antichità 9, l'astuzia nella tecnica di procurarsi il

cibo, essendo l'animale in grado di infilare, con l'aiuto dei suoi tentacoli, un piccolo sasso tra le valve di un mollusco, approfittando del momento in cui la conchiglia è costretta ad aprirsi per poter respirare. Inoltre, le qualità dell'Octopus vulgaris non erano solo relative alla forza e all'intelligenza: le sue carni venivano reputate un potente afrodisiaco, in grado di potenziare l'eros maschile e femminile. Tale caratteristica viene testimoniata, ad esempio, in un passo dei Deipnosofisti di Ateneo, in cui è citato Alessi nella Panfila, quando dice:

«Che c'è di più utile, Ctesone mio, per un amante, di quello che porto con me? Bùccini, pettini, cipollacci, un polpo gigante, e pesci di buona stazza» 10•

Nell'ambito della pittura parietale romana, pesci, molluschi e crostacei sono rappre­sentati con estrema accuratezza e precisione descrittiva ali' interno di quadretti o di lunghi fregi. È questo il caso di un quadretto posto al centro della zona mediana del triclinio 4, della Casa di Lesbiano a Pompei (I, 13, 9) 11 (fig. 4): la decorazione, identificata come opera della modesta bottega di pittori di via di Castricio, attiva negli ultimi anni di vita di Pompei 12

, presenta quadretti con animali marini, tra cui quello dove si è riconosciuta una

5 SAMPAOLO 1998, pp. 88-89. 6 Plin.,Nat.hist.,IX,88, 185. 7 PESANDO 1996, p. 210 (con fonti ivi citate, tra cui Arist., Hist. An., VIII, 2,590 a-b, dove viene

descritta la "catena alimentare" marina). 8 Sugli emblemata cli Aquileia, cfr. CLEMENTI, R1NALD1, NOVELLO, BuENO 2009, p. 234; anche BAG-

010 2005, con bibliografia precedente. 9 In generale sul valore simbolico del polpo, cfr. DEnENNE, VERNANT 1969; il tema è ripreso anche

in Puous1 2004, relativamente alla presenza del polpo nei conii monetali.

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10 VIII, 356d. Per un commento al passo, cfr. nota 6, p. 886 dell'edizione curata eia L. Canfora. 11 DE CARO, SAMPAOLO 1990, in particolare pp. 909-911. 12 Per una prima identificazione della "bottega" dei pittori di via di Castricio, cfr . DE Vos 1981.

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Fig. 1. Napoli, Museo Archeo­logico Nazionale, emblema, da Pompei, Casa del Fauno, tricli­nio 35 (HoFFMANN, DE Vos 1994, 107, fig. 30).

Fig. 2. Napoli, Museo Archeolo­gico Nazionale, emblema, da Pompei, Casa VIII 2, 14-16, tri­clinio "o" (SAMPAOLO I 998, p. 89, fig. 29).

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Fig. 3. Aquileia, Museo Archeologico Nazionale, emblema, da Aquileia, Casa di Licu.rgo e Ambrosia (CLEMENTI, RINALDI, NOVELLO, BUENO 2009, p. 234, fig. 4).

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Fig. 4. Pompei, Casa di Lesbiano (/, 13, 9), triclinio 4, afji·esco (DE CARO, SAMPAOLO 1990, p. 910, fig. I Ob).

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triglia insieme a crostacei e mitili su di un fondale omogeneo, su cui appare l'ombra porta­ta 13

• Analogamente, nella zona mediana del cubicolo 11 della Casa I, 7, 11 (Casa dell 'Efe­bo) 14 (fig. 5), sono inseriti dei quadretti con pesci, tra i quali sono stati identificati un labro, un serrano e un pesce volante e, nel secondo esemplare, un labro, un serrano e una triglia.

Più complesso è il caso attestato nella decorazione della parete est del cubicolo (d) della Casa dei Vettii (VI, 15, l) 15

, che differisce per la qualità pittorica modesta dal resto della casa ed è stata attribuita ad una bottega di artigiani meno raffinati. La zona superiore presenta un alto fregio decorato da un ambiente naturalistico connotato da pesci e crostacei (fig. 6): sono stati riconosciuti, tra gli altri, un dentice, un'orata, una triglia, un'aguglia e un'aragosta. Il fregio, che rimanda all'immaginario marino, forse non è estraneo al con­tenuto dei due quadri mitologici collocati nella zona mediana (purtroppo non è leggibile quello della parete E), dove appaiono gli episodi di "Arianna abbandonata da Teseo", al suo risveglio sulla spiaggia di Nasso (parete N), e di "Ero e Leandro" (parete S): in entrambi i casi, il mare costituisce il palcoscenico naturale di due storie di amori infelici, visivamente iterato, nello spazio del cubicolo, dal fregio alla sommità delle pareti del cubicolo.

L'associazione dell'immagine di un vivaio con il tema dell'acqua e, di conseguenza, con gli ambienti la cui funzione è legata all'acqua, è evidente nel frigidario della Villa di Diomede 16 (fig. 7), ma soprattutto nel Ninfeo della Casa del Centenario (IX, 8, 3.7) 17 (fig. 8), dove il tema del vivaio si sviluppa in un lungo fregio, che decora la superficie del muro sottostante la nicchia di una grande fontana, ed è associato ad un sistema decorativo delle pareti formato da grandi paesaggi con riserve di caccia e giardini, che offrono l'immagine di una natura onnicomprensiva, condizionata però dal controllo dell'uomo. È interessante osservare anche in questo caso la presenza del soggetto della lotta fra animali, qui duplicato nelle varianti dello scontro fra aragosta e murena e tra polpo e murena.

Esemplificativi della stessa tradizione iconografica sono gli splendidi lacerti recu­perati dal porto fluviale di San Paolo, in località Pietra Papa (ora al Museo Nazionale Romano) 18

, provenienti da ambienti di probabile funzione termale e datati alla prima età antonina (fig. 9). Benché la complessità del soggetto marino raffigurato negli affreschi di Pietra Papa non consenta di inserirli rigidamente in una delle tipologie standardizzate per la rappresentazione della fauna marina 19 (fondendosi il tema del mare pescoso con quello del vivaio e delle scene di lotta tra pesci), va tuttavia evidenziato che la cura - quasi catalogi­ca - nella definizione della fauna marina ha reso possibile l'individuazione di ben 24 spe­cie. Come sottolineano C. Rossetti e F. Tella 20, si tratta per lo più di animali che vivono in prossimità delle coste e che potevano essere allevati anche nei vivai, noti già nell'antichità per la loro prelibatezza 21

: tra questi, lo scorfano rosso, il sarago fasciato, le triglie di fango

13 I quadretti con i pesci sono associati ad altri in cui sono raffigurati un pavone con delle ciliegie e un gallo con le zampe legate.

14 DE Vos 1990, in particolare pp. 654-656.15 SAMPAOLO 1994, in particolare pp. 483-485.16 L'immagine di Pompei, p. 75, figg. 3-4. 17 SAMPAOLO 1999, pp. [007-1019. 18 RosSEHI, TELLA 1998; RoSSEHI, TELLA 1991. 19 Sulla rappresentazione della fauna manina in generale, cfr. RossEn1, TELLA 1993. 20 ROSSEHl, TELLA 1998, p. 284.21 Apic., IV, 2; X, 3; Mart., X, 31; Hor., Sat., II, 2.34.

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Fig. 5. Pompei, Casa dell'Efebo ( I, 7, 11 ), cubicolo 11, affresco (DE Vos 1990, p. 654, fig. 66).

Fig. 6. Pompei, Casa dei Yettii (VI, 15, 1), cubicolo "cl", ajji·esco (SAMPAOLO 1994, p. 483, fig. 24).

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Fig. 7. Pompei, Villa di Diomede, frigidario, ripro­duzione dell'affresco (L'im­magine di Pompei 1995, p.

75, fig. 3).

Fig. 8. Pompei, Casa del Centenario (IX, 8, 3.7), nin­feo, riproduzione dell'af- , .fi'esco (SAMPAOLO 1999, p. 1008, fig. 201).

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Fig. 9. Roma, Museo Nazionale Romano, affresco, dal porto flu­viale di San Paolo, in. locali­tà Pietra Papa (ROSSETTI, TELLA I 998, p. 162, fig. 54).

Fig. 10. Brescia, Museo di Santa Giulia, affresco, dalla Casa di Dioniso (MARIANI 2003, fig. a p. 48).

Fig. ll. Brescia, Museo di Santa Giulia, affresco, dalla Casa di Dioniso (MARIANI 2003, fig. a

p. 48).

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e di scoglio, l'orata, il dentice, il riccio di mare, la cernia, l'aragosta, il polpo e la murena. La triplice lotta fra polpo, aragosta e murena costituisce una variante più complessa, che non risulta altrimenti attestata.

Spostandoci nel panorama della Cisalpina, le evidenze sono meno frequenti a causa della limitatezza dei ritrovamenti pittorici, ampiamente frammentarie e più modeste in quanto a qualità di realizzazione: tra queste, spicca l'esempio attestato nell'ambiente 4 della Casa di Dioniso a Brescia 22, il cui impianto si data al I secolo d.C. con una continuità d'uso almeno per tutto il IV secolo d.C. La fase musealizzata nell'ambito del complesso di Santa Giulia, e dunque visibile, è quella di età adrianea. Il vano, interpretabile come un triclinio per posizione e impegno decorativo, è pavimentato con un mosaico geometrico al centro del quale si trova Dioniso, mentre alle pareti è rivestito da una serie di riquadri con vivai di pesci, molluschi, crostacei alternati a scene di paesaggio (figg. 10-11). Ad una prima osservazione, appare evidente la recezione di una tradizione iconografia ben consolidata da parte di un affrescatore di medio livello, che sceglie un tema coerente con la funzione del vano, pur nell'incapacità di costruire una scena realistica e di caratterizzare i soggetti ani­mali con effetti volumetrici. Un maggiore intento mimetico viene raggiunto soltanto nella resa dell'aragosta, che probabilmente si avvale del! 'utilizzo di uno schema prefissato, e del pecten iacobaeus, della cui morfologia il pittore sembra avere discreta consapevolezza, mentre le rappresentazioni dei pesci sembrano più generiche (forse sono riconoscibili le triglie, per il colore rossastro e per i due barbigli tattili nella parte inferiore della mandibo­la). Un'ulteriore testimonianza di scena di vivaio a Brescia potrebbe essere attestata da pochi frammenti provenienti dalla Domus di Palazzo Martinengo 23 e ancora, spostan­doci nella Venetia orientale, da un frammen­to preveniente da un contesto residenziale di Altino 24 (fig. 12). Di particolare interesse

Fig. 12. Altino, frammento cli intonaco dall'area della villa scavata da J. Marcello nel 1948 (ORJOLO 2012,p.398,fig.21).

22 MARIANI 2003, pp. 45-48.23 MARIANI 1996, pp. 160-161.24 ORIOLO 2012, p. 166 e p. 398, fig. 21.

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è infine un nucleo di intonaci a fondo azzurro che proviene dal sito della Villa di Torre di Pordenone 25. Vari sono i soggetti di fauna marina rappresentata, tra cui si riconoscono por­zioni di tentacoli di un polpo, di una anguilla e forse di uno scorfano; l'apparente mancanza di altri elementi, quali imbarcazioni o figure umane, induce ad attribuire i frammenti ad una scena di vivaio, delimitata da una cornice di inquadramento rossa. La presenza di cocciope­sto negli strati di preparazione è un chiaro indizio dell'applicazione di questi rivestimenti a superfici parietali a stretto contatto con situazioni di umidità.

In conclusione, abbiamo osservato quanto siano ricorrenti le raffigurazioni di pesci nel repertorio decorativo pittorico e musivo di età romana, sia in forma di animali vivi sia in veste di cibo. Dal punto di vista del suo utilizzo nell'alimentazione, sappiamo che il pesce era in generale per i Romani un cibo molto più costoso delle carni e tuttavia la menzione di pesci già nelle commedie plautine ci attesta che essi si mettevano in tavola con una certa frequenza 26. Relativamente a ostriche e murene, prodotti ittici di partico­lar pregio, Plinio il Vecchio ci dice che il primo divieto alla consumazione di ostriche, insieme a quella di ghiri e uccelli esotici, era contenuto nella legge suntuaria promulgata da Marco Emilio Scauro nel 115 a.C. 27. Ovidio, nei Fasti (VI, 173-174), ricorda i tempi degli antichi quando i pesci nuotavano ancora senza temere inganni e le ostriche erano sicure nelle loro conchiglie: «piscis adhuc illi populo sine fraude natabat, I ostreaque in conchis tuta juere suis».

Quanto al rispetto delle leggi suntuarie, è divertente un passo di Cicerone nell'epistola a Marco Fabio Gallo, in cui viene fatta menzione degli effetti negativi delle pietanze servite durante una raffinata cena organizzata dagli auguri secondo le regole 28:

... lex sumptuaria, quae videtur litoteta attutisse, ea mihi fraudi juit. Nam dum volunt isti lauti terra nata, quae lege excepta sunt, in honorem adducere,.fungos, helvellas, herbas omnis ita condiunt ut nihil possit esse suavius. In eas cum incidissem in cena augurali apud Lentulum, tanta me diarroia adripuit ut hodie primum videatur coepisse consistere. lta ego, qui me ostreis et murenis facile abstinebam, a beta et a malva deceptus sum. Posthac igitur erimus cautiores .

... proprio la legge suntuaria, che sembra aver portato sobrietà, mi ha tratto in inganno. Infatti codesti raffinati, con l'intenzione di valorizzare i frutti della terra, per i quali la legge fa eccezione, preparano i funghi, le erbette, e tutte le verdure con condimenti così saporiti che non ci può essere nulla di più squisito. Mi sono imbattuto in queste verdure alla cena augurale di Lentulo e mi ha assalito una diarrea tanto violenta che oggi per la prima volta sembra cominci ad arrestarsi. Così io, che facilmente mi astenevo dalle ostri­che e dalle murene, sono stato ingannato dalla bietola e dalla malva. D'ora in poi starò più attento 29•

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25 CONTE, SALVADORI, TtRONE 1999, p. 78 e p. 89, tav. IX, 4.26 ANDRÉ l961' p. 98.27 Plin., Nat. hist., VIII, 223. 28 Cic., Epist. adfam. VII, 26, 2. 29 Per la traduzione e il commento a questo passo, cfr. TABACCO 2008, pp. 40-41.

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MONICA SALVADORI

RIASSUNTO

Alcune note sono dedicate alle rappresentazioni di vivai ittici nel repertorio artistico romano. Tale sogget­to, che fonda le sue origini nella tradizione del naturalismo ellenistico, è molto attestato nella produzione pittorico-musiva del mondo romano ed è contraddistinto dal modo in cui è raffigurata la fauna marina, sem­pre viva e in movimento, su di un fondale azzurro che imita l'acqua. La fortuna di queste rappresentazioni ben si spiega pensando all'apprezzamento dei prodotti ittici nell'alimentazione romana, come risulta dalle numerose menzioni nelle fonti latine e dalle leggi suntuarie promulgate per limitarne l'uso.

Parole chiave: arte romana; pittura parietale; mosaico; iconografia; rappresentazioni di vivai ittici.

SUMMARY

SOME NOTES TO REPRESENTATIONS OF FISH VIVARIA IN THE ROMAN ARTISTIC REPERTOIRE

Some notes are dedicated to representations of fish vivaria in the Roman artistic repertoire. This subject has its origins in the tradition of Hellenistic naturalism and is frequent in the pictorial and mosaic production of the Roman world. It is characterized for the manner in which "marine life" is depicted, always alive, on a blue bottom that imitates water. The success of these representations is well explained considering the appreciation of fìsh products in Roman times, as evidenced by the numerous mentions in Latin sources and the sumptuary laws enacted to limit their use.

Keyworcls: roman art; wall painting; mosaic; iconography; representations of fish vi varia.

MONICA SALVADORI

Università degli Studi cli Padova Dipartimento dei Beni Culturali, Archeologia, Storia dell'Arte, del Cinema e della Musica Piazza Capitaniato 7 _ 1-35139 Padova rnonica.salvaclori@un ipcl .it

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