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it Al servizio delle regioni 2004

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Al servizio delle regioni

2004

Sommario

3 Prefazione

4 Elenco delle principali abbreviazioni

5 Alcune date fondamentali

6 Perché?

8 Per chi?

12 Come?

18 Quali tappe?

20 Per fare cosa?

24 Quali risultati?

26 E domani?

30 La voce degli enti regionali e locali: il Comitato delle regioni

31 Informazione e trasparenza

32 La politica regionale e le altre politiche europee

33 Pubblicazioni

34 Regolamenti relativi ai fondi strutturali e al Fondo di coesione

Numerose altre informazioni sull’Unione europea sono disponibili su Internet attraverso il server Europa (http://europa.eu.int).

Una scheda bibliografi ca fi gura alla fi ne del volume.

Lussemburgo: Uffi cio delle pubblicazioni uffi ciali delle Comunità europee, 2004.

ISBN 92-894-7334-7

Riproduzione autorizzata con citazione della fonte.

Printed in Belgium

STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO

Europe Direct è un servizio a vostra disposizione per aiutarvi a trovare le risposte ai vostri interrogativi sull’Unione europea

Nuovo numero verde:

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Fotografi e: la maggior parte delle fotografi e riportate nella brochure illustra progetti fi nanziati con il sostegno dei fondi e degli strumenti strutturali.

Prefazione

La politica regionale si ispira ad un principio di solidarietà. In quest’ottica, oltre un terzo del bilancio dell’Unione europea è destinato a ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni e i divari economici fra i cittadini. Attraverso questa politica l’Unione intende contribuire a riassorbire il ritardo delle regioni più svantaggiate, nonché a favorire la riconversione delle zone industriali in crisi, la diversifi cazione economica delle campagne penalizzate dal declino delle attività agricole e la riqualifi cazione dei quartieri cittadini in stato di abbandono e degrado. Tali interventi mirano principalmente a creare occupazione. In sintesi, si tratta di raff orzare la «coesione» economica, sociale e territoriale dell’Unione.

Questo principio di solidarietà non è un concetto teorico. La politica regionale aiuta concretamente i cittadini a trovare un’occupazione e a vivere meglio nella propria realtà, paese, regione, quartiere o villaggio. Grazie ad essa si costruiscono autostrade, linee ferroviarie ad alta velocità, aeroporti che riducono le distanze tra le regioni periferiche e i grandi poli economici. Nelle regioni più remote sorgono piccole e medie imprese. Le aree industriali dismesse vengono riqualifi cate, con conseguenti miglioramenti per l’ambiente. La società dell’informazione penetra nelle zone rurali. Nelle periferie cittadine nascono servizi educativi e ricreativi.

Dal 2000, inoltre, la politica regionale contribuisce in modo rilevante allo sviluppo economico dei paesi candidati all’adesione, dieci dei quali sono entrati a far parte della grande famiglia europea il 1o maggio 2004. Questo evento epocale rappresenta al contempo un’opportunità storica per l’Europa e una sfi da per la politica regionale, in quanto comporta, all’interno dell’Unione europea, un aumento delle disparità regionali. Occorrerà dunque fornire una risposta ai bisogni dei nuovi paesi membri, senza trascurare le diffi coltà che sussisteranno nel resto dell’Unione.

Alla luce di tali sviluppi, oggi più che mai la politica regionale europea si rivela necessaria. Essa non è né arcaica né obsoleta.E non è neppure una politica assistenziale. Il suo intervento non si esaurisce semplicemente nel ridistribuire le risorse ma mira soprattutto a generarne di nuove. Non si tratta di un approccio «top down» ma di una politica basata sul partenariato e sull’azione decentrata, caratterizzata dalla condivisione delle responsabilità e dalla gestione sul campo di progetti concreti. Tale politica, inoltre, promuove in tutta l’Europa lo scambio di conoscenze, tecnologie, esperienze e «buone pratiche», nonché la creazione di reti di cooperazione. È una politica coordinata che non si limita a lasciare spazio alle iniziative, ma le incentiva e le valorizza. In quanto tale non può essere sostituita da una semplice politica basata su bandi a livello europeo, come emerge chiaramente dal dibattito sul suo futuro avviato nel 2000 in tutti i paesi dell’Unione.

I risultati sono tangibili: da circa quindici anni la politica regionale ha dato prova di indiscussa utilità. Ma per far fronte alle nuove sfi de, essa dovrà adeguare i propri obiettivi, mezzi e metodi alle nuove realtà dell’allargamento e agli imperativi crescenti della mondializzazione economica. È questo l’oggetto della recente proposta di riforma presentata dalla Commissione, dopo tre anni di dibattiti, per il periodo di programmazione che inizierà il 1o gennaio 2007.

La presente brochure consente ad un vasto pubblico di scoprire le opportunità di una politica che si pone, innanzi tutto, al servizio delle regioni e dei cittadini.

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Elenco delle principali abbreviazioni

BEI: Banca europea per gli investimenti

CdR: Comitato delle regioni

FEAOG: Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia

FESR: Fondo europeo di sviluppo regionale

FSE: Fondo sociale europeo

FSUE: Fondo di solidarietà dell’Unione europea

ISPA: Strumento per le politiche strutturali di preadesione

PECO: Paesi dell’Europa centrale e orientale

Phare: Strumento fi nanziario «generalista» della strategia di preadesione

PIL: prodotto interno lordo

PMI: piccole e medie imprese

PNL: prodotto nazionale lordo

R&S: ricerca e sviluppo

Sapard: Programma speciale di adesione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale

SFOP: Strumento fi nanziario di orientamento della pesca

UE: Unione europea

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Alcune date fondamentali

1957 Gli Stati fi rmatari del trattato di Roma fanno riferimento, nel preambolo, all’esigenza «di raff orzare l’unità delle loro economie e di garantirne lo sviluppo armonioso riducendo il divario fra le diverse regioni e il ritardo di quelle più svantaggiate».

1958 Vengono istituiti due fondi settoriali: il Fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG).

1975 Nasce il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR), con lo scopo di ridistribuire alle regioni povere una parte dei contributi degli Stati membri.

1986 L’Atto unico europeo getta le basi di un’eff ettiva politica di coesione destinata a controbilanciare i vincoli del mercato unico nei paesi del sud dell’Europa e nelle altre regioni meno prospere.

1989-1993 Il Consiglio europeo di Bruxelles (febbraio 1988) modifi ca il meccanismo dei fondi di solidarietà, denominati «fondi strutturali», dotandoli di un bilancio di 68 miliardi di ecu (prezzi del 1997).

1992 Nel trattato che istituisce l’Unione europea, entrato in vigore nel 1993, la coesione fi gura tra gli obiettivi fondamentali dell’UE, accanto all’Unione economica e monetaria e al mercato unico. Viene creato il Fondo di coesione a sostegno dei progetti per l’ambiente e i trasporti negli Stati membri più poveri.

1994-1999 Il Consiglio europeo di Edimburgo (dicembre 1992) decide di destinare alla politica di coesione circa 200 miliardi di ecu (prezzi del 1997), ossia un terzo del bilancio comunitario. I fondi strutturali sono integrati da un nuovo Strumento fi nanziario di orientamento della pesca (SFOP). Il Consiglio europeo di Berlino (marzo 1999) riforma i fondi strutturali e modifi ca in parte il meccanismo di funzionamento del Fondo di coesione. Questi fondi fruiranno di oltre 30 miliardi di euro l’anno, per un totale di 213 miliardi di euro, nell’arco di sette anni (2000-2006). Lo Strumento per le politiche strutturali di preadesione (ISPA) e il Programma speciale di adesione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (Sapard) completano il programma Phare, operativo dal 1989, per lo sviluppo economico e sociale e la tutela dell’ambiente nei paesi candidati dell’Europa centrale e orientale.

2000-2001 Il Consiglio europeo di Lisbona (marzo 2000) adotta una strategia focalizzata sull’occupazione che mira a fare dell’Unione «l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica al mondo entro il 2010».Il Consiglio di Göteborg (giugno 2001) integra questa strategia articolandola con lo sviluppo sostenibile.

2002 In occasione del Consiglio europeo di Copenaghen (dicembre 2002) viene raggiunto un accordo sulle condizioni di adesione di dieci nuovi Stati membri dell’Unione.

2004 Il 18 febbraio, la Commissione europea presenta le sue proposte di riforma della politica di coesione per il periodo 2007-2013: « Un nuovo partenariato per la coesione: convergenza, competitività, cooperazione».Il 1o maggio entrano a far parte dell’Unione europea la Repubblica ceca, Cipro, l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, Malta, la Polonia, la Repubblica slovacca, la Slovenia e l’Ungheria.

Al servizio delle regioni 5

6 Al servizio delle regioni

L’Unione europea è una delle aree economiche più ricche del mondo. Dal 1o maggio 2004, data di ingresso di dieci nuovi paesi, essa può vantare un mercato interno e un potenziale umano di oltre 450 milioni di cittadini. Tuttavia, il suo dinamismo è frenato complessivamente dall’esistenza di disparità economiche e sociali sia fra gli Stati membri, sia fra le regioni. L’Europa a Venticinque, con le sue 254 regioni, registra disparità due volte maggiori rispetto all’Europa dei Quindici.

Disparità

Le disparità in termini di reddito e di occupazione nell’Unione europea si sono ridotte nell’ultimo decennio, in particolare a partire dalla metà degli anni 90. Tra il 1994 e il 2001, la crescita del PIL pro capite nei paesi benefi ciari del Fondo di coesione (cfr. pag. 8), anche escludendo l’Irlanda che ha ottenuto una crescita eccezionale, è stata superiore di un punto percentuale annuo rispetto alla media dell’Unione e in tutti questi Stati, eccetto la Grecia, la proporzione della popolazione in età lavorativa occupata è aumentata molto più della media comunitaria.

Tuttavia, con l’ingresso dei nuovi Stati membri queste disparità si sono accentuate. Mentre il PIL complessivo dei Venticinque è cresciuto solo del 5 % rispetto a quello dei Quindici, il PIL pro capite medio dei nuovi paesi aderenti è inferiore alla metà della media nell’attuale Unione e soltanto il 56 % delle persone in età lavorativa è occupato, contro il 64 % nell’Unione dei Quindici.

L’obiettivo n. 1 dei fondi strutturali (recupero economico delle regioni più svantaggiate) riguarda la quasi totalità dei

territori dei nuovi Stati, nonché il 98 % circa della popolazione, due terzi della quale vivono in regioni con un PIL pro capite inferiore al 50 % della media dei Venticinque. Dal punto di vista occupazionale, i tassi di disoccupazione (dati del 2002) variano notevolmente all’interno dei Venticinque: 2 % nel Tirolo (Austria), 3,3 % a Cipro, 29 % nell’isola francese della Riunione, 26,3 % nella regione di Lubsko (Polonia). Escludendo le zone più svantaggiate, molte regioni e città si trovano in una situazione intermedia, con zone caratterizzate da gravi diffi coltà a livello economico e sociale.

In sintesi, di fronte alle sfi de della globalizzazione, gli europei non possiedono le stesse opportunità, poiché queste dipendono dal luogo in cui essi vivono: regioni ricche o in ritardo di sviluppo, zone dinamiche o in crisi, centri urbani o campagne, zone periferiche e isolate o poli economici centrali dell’Unione.

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140Indice UE25=100

PIB par habitant, 2002

206,7

Source: Eurostat, Comptes régionaux

Moyenne UE25

Perché?

PIL pro capite, 2002

Indice EU-25=100

Media EU-25

Fonte: Eurostat, contabilità nazionale.

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Solidarietà

L’occupazione, la formazione, la competitività delle imprese o gli investimenti in infrastrutture, società dell’informazione, ricerca e qualità ambientale sono di competenza delle autorità e degli attori economici dei singoli Stati membri e regioni. Ma non solo.

Il principio di solidarietà europea fi gura già nel preambolo del trattato sull’Unione europea. Quest’ultimo precisa che l’azione della Comunità è mirata a raff orzare la coesione economica e sociale e, in particolare, a ridurre i divari esistenti fra i livelli di sviluppo delle diverse regioni. Per tale motivo, gli Stati membri sono attori di una politica regionale europea cofi nanziata da fondi europei, ossia i fondi strutturali e il Fondo di coesione, che danno concretezza alla solidarietà comunitaria.

Questa politica, tuttavia, non si limita a svolgere un ruolo fi nanziario, né ha come unico obiettivo la ridistribuzione delle risorse. Essa deve generarle, investendo nelle potenzialità delle regioni e delle collettività. Il suo compito consiste inoltre nell’apportare un «valore aggiunto», ossia una dimensione europea, alle azioni di sviluppo progettate localmente. In altre parole, si tratta di favorire la rifl essione e l’azione comune, promuovendo al contempo un modello europeo di sviluppo regionale. Per le regioni d’Europa, ciò rappresenta un’opportunità preziosa in un mondo sempre più globalizzato.

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300Indice UE25 = 100

PIB par habitant par pays et extrêmes régionaux, 2001

Hainaut

Antwerpen

BruxellesBrussels

Dessau

Oberbayern

Hamburg

DytikiEllada

StereaEllada

Extremadura

Madrid

Guyane

Île de France

Border,Midland

andWestern

Southernand

Eastern

Calabria

BolzanoBozen

Flevoland

Utrecht

Burgenland

Salzburg

Wien

Açores

Lisboa eVale do

Tejo

Itä-Suomi

Åland

NorraMellansverige

Stockholm

Cornwall & Islesof Scilly

Berkshire, Bucks &Oxfordshire

Inner London

Yuzhen Tsentralen

YugozapadenSeverozápad

Jihozápad

Praha

Észak-Magyarország

Közép-Magyarország

Lubelskie

Mazowieckie

Nord-Est

Bucuresti

VychodnéSlovensko

ZápadnéSlovensko

Bratislavsky

Source: Eurostat, Comptes régionaux

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Le stesse opportunità per tutti.

Perché?

PIL pro capite per paese ed estremi regionali, 2001

Indice EU-25=100

Fonte: Eurostat, contabilità regionale.

8 Al servizio delle regioni

L’esperienza insegna che per essere effi cace una politica regionale deve concentrare la propria azione su un numero limitato di territori suffi cientemente vasti. Per questo motivo la normativa che disciplina i fondi strutturali, adottata nel 1999, tendeva a ridurre la dispersione degli aiuti, precisando al contempo i criteri di selezione delle regioni che necessitano maggiormente di un sostegno pubblico allo sviluppo. D’altro canto, una parte dei fondi strutturali è destinata ai gruppi sociali svantaggiati presenti in tutto il territorio dell’Unione, senza particolari criteri geografi ci.

Le diverse tipologie di destinatari della politica regionale e di coesione sono descritte qui di seguito.

Le regioni svantaggiate

Nelle regioni svantaggiate (obiettivi n. 1 e n. 2) vivono complessivamente 225 milioni di persone, pari a circa la metà della popolazione dell’Unione dei Venticinque.

Regioni in ritardo di sviluppo (obiettivo n. 1)

L’obiettivo n. 1 riguarda le regioni con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media dell’Unione. Attualmente, le regioni interessate da questo obiettivo nell’Europa dei Quindici superano, per semplice eff etto statistico, il 75 % del PIL medio dei Venticinque. Tuttavia continuano a benefi ciare degli aiuti previsti per il periodo di programmazione 2000-2006. Oltre a queste regioni, l’obiettivo n. 1 copre l’intero territorio dei nuovi Stati membri (ad eccezione di Bratislava, Praga e Cipro che fruiscono degli obiettivi n. 2 e n. 3), alcune regioni a bassissima densità di popolazione (meno di 8 abitanti per km²) di Svezia e Finlandia, nonché le regioni ultraperiferiche (dipartimenti francesi d’oltremare, isole Canarie, Azzorre e Madera).

L’obiettivo n. 1 riguarda anche alcune zone costiere della Svezia, dove vengono attuati programmi specifi ci.L’Irlanda del Nord e le contee della repubblica d’Irlanda

situate lungo la frontiera hanno benefi ciato fi no al 2003 di un programma speciale, volto a favorire la pace e la riconciliazione.

I principali ostacoli che frenano lo sviluppo nelle regioni dell’obiettivo n. 1 sono i seguenti:

■ scarso livello generale degli investimenti;■ tasso di disoccupazione spesso superiore alla media;■ carenza di servizi alle imprese e alle collettività;■ carenza di infrastrutture di base necessarie alle attività economiche.

Zone in fase di riconversione economica e sociale (obiettivo n. 2)

I quattro tipi di zone interessate dall’obiettivo n. 2 devono far fronte alle seguenti diffi coltà:

■ trasformazione dei principali settori di attività e declino dei bacini occupazionali nelle zone caratterizzate da attività industriali o servizi;■ situazione di crisi economica e sociale associata al degrado dei quartieri nelle zone urbane;■ progressiva scomparsa delle attività tradizionali e spopolamento nelle zone rurali;■ crisi dovuta al calo dell’occupazione nel settore della pesca nelle zone economicamente dipendenti da questa attività.

I paesi del Fondo di coesione

Si tratta dei paesi meno ricchi, con un prodotto nazionale lordo (PNL) inferiore al 90 % della media dell’Unione, nei quali sono necessari ingenti investimenti infrastrutturali nel settore dei trasporti e dell’ambiente. Oltre alla Grecia, al Portogallo e alla Spagna, il Fondo di coesione copre tutti i nuovi Stati membri, particolarmente carenti in questi due settori.

Il sostegno transitorio: un’uscita senza traumi

Nel 1999, alcune regioni hanno raggiunto livelli economici e sociali che non giustifi cano più il ricorso, nel periodo 2000-2006, agli aiuti regionali europei di cui hanno benefi ciato in precedenza. Tuttavia, per evitare una brusca interruzione dei contributi è stato introdotto un meccanismo di riduzione progressiva:

■ Le regioni che fruivano dell’obiettivo n. 1 nel periodo 1994-1999 godranno di un sostegno sino alla fi ne del 2005. Se al loro interno vi sono zone che soddisfano i criteri del nuovo obiettivo n. 2, esse continueranno a benefi ciare del

sostegno dei quattro fondi strutturali fi no al termine del 2006. Le altre zone riceveranno aiuti dal Fondo sociale europeo (obiettivo n. 3) sino alla stessa scadenza ed eventualmente anche dal FEAOG-orientamento (sviluppo rurale) e dallo SFOP (pesca), ma non dal FESR.

■ Le zone che nel quinquennio 1994-1999 erano ammissibili agli obiettivi n. 2 (riconversione industriale) e n. 5 b (sviluppo rurale) godranno del sostegno transitorio del FESR sino alla fi ne del 2005, oltre a fruire degli aiuti previsti per il periodo 2000-2006 nel quadro dell’obiettivo n. 3 ed eventualmente degli interventi a favore dello sviluppo rurale o della pesca.

Per chi?

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Per chi?

Unione europea allargataFondi strutturali 2004-2006: zone ammissibili agli obiettivi n. 1 e n. 2

obiettivo n. 1

Sostegno transitorio(fi no al 31.12.2005)

Sostegno transitorio(fi no al 31.12.2006)

Programma speciale

obiettivo n. 1

obiettivo n. 2

obiettivo n. 2 (parziale)

Sostegno transitorio(fi no al 31.12.2005)

Sostegno transitorio (parziale)(fi no al 31.12.2005)

obiettivo n. 2

Confi ni nazionali

Delimitazioni NUTS 2

Delimitazioni territoriali

10 Al servizio delle regioni

Le persone in diffi coltà sul mercato del lavoro (obiettivo n. 3)

Gli aiuti europei in materia di occupazione e risorse umane sono destinati ai giovani senza lavoro, ai lavoratori sottoqualifi cati, ai disoccupati di lunga durata, a tutte le persone che hanno diffi coltà di accesso al mercato del lavoro e alla formazione professionale. I fondi sono destinati a favorire l’inserimento sul mercato del lavoro di tutte le categorie sociali vulnerabili, oggetto di discriminazione per motivi legati al sesso, alla razza o all’etnia, alla religione, a handicap fi sici o psichici, all’età o all’orientamento sessuale. I destinatari di questi aiuti possono vivere sia in regioni svantaggiate, sia in aree ricche.

Gli spazi e le reti di cooperazione

Numerosi enti territoriali partecipano alle azioni di cooperazione transfrontaliera, transnazionale o interregionale cofi nanziate nell’ambito dell’iniziativa comunitaria Interreg III.

■ La cooperazione transfrontaliera interessa le regioni situate lungo i confi ni, siano essi terrestri o marittimi. La situazione di queste regioni è estremamente eterogenea: alcune sono ricche mentre altre possono essere fra le più povere e soff rire di gravi carenze infrastrutturali. Per molto tempo, queste regioni non hanno stretto alcun rapporto

di cooperazione con le aree limitrofe. Ciò ha comportato una dispersione di risorse, nonché una ridondanza di infrastrutture e una serie di incoerenze nel campo dei trasporti, dell’energia, della mobilità sociale. Ai fi ni dell’integrazione europea, la cooperazione transfrontaliera riveste un’importanza fondamentale, svolgendo altresì un ruolo cruciale alle frontiere esterne dell’Unione.

■ La cooperazione transnazionale riguarda grandi gruppi di regioni, incluse le regioni situate fuori dall’Unione, che presentano obiettivi territoriali comuni. Fra i gruppi possono anche esistere sovrapposizioni. Ne sono stati defi niti tredici, fra cui il Mediterraneo occidentale, lo Spazio alpino, il Cadses (Spazio dell’Europa centrale, adriatica, danubiana e del sud-est) o lo Spazio caraibico. Tutte le regioni europee possono partecipare a questo tipo di cooperazione.

■ La cooperazione interregionale riguarda un’ampia gamma di tematiche e coinvolge enti territoriali di qualsiasi regione, all’interno dell’Unione o in paesi terzi, e non deve essere attuata necessariamente tra regioni limitrofe.

Le reti di cooperazione sono state create anche nell’ambito di altre iniziative comunitarie: URBAN II (città e quartieri in crisi) con 70 città partecipanti, EQUAL (pari opportunità sul mercato del lavoro) con circa 1 360 partenariati di sviluppo, Leader + (sviluppo rurale) con circa 700 gruppi di azione locale, le azioni innovative con 130 programmi regionali.

Interreg IIIB mare Baltico

Per chi?

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Gli attuali paesi candidati

Analogamente agli otto paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO) che hanno aderito all’Unione nel 2004 (Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria), la Bulgaria e la Romania hanno accumulato un profondo ritardo in termini di sviluppo economico rispetto agli Stati membri dell’Europa dei Quindici. Gravi carenze si riscontrano praticamente in tutti i settori: infrastrutture, industria, servizi, PMI, agricoltura, ambiente. Questi paesi, inoltre, devono adeguare la propria normativa a quella dell’Unione europea e predisporre strutture per la gestione della politica regionale, il che rappresenta una novità per le loro amministrazioni.

Negli anni 90, la Bulgaria e la Romania hanno vissuto, come i paesi PECO, un periodo di profonde riforme politiche ed economiche, un’esperienza del tutto inedita in Europa. Tali riforme miravano ad integrare questi paesi in un’economia

di mercato annientata dalla pianifi cazione centrale, aprendoli al commercio internazionale. Le economie hanno subito radicali ristrutturazioni, con conseguenti tagli occupazionali e un aumento preoccupante della disoccupazione. La crescita economica si è concentrata in un ristretto numero di regioni. In compenso, i rapporti commerciali con il resto del mondo si sono notevolmente sviluppati, così come gli investimenti stranieri. Peraltro, in questi paesi la percentuale di persone che hanno ultimato gli studi secondari superiori supera la media dell’Unione.

Fino al momento dell’adesione, prevista per il 2007, la Bulgaria e la Romania fruiranno degli aiuti di preadesione cofi nanziati da Phare, ISPA e Sapard (cfr. la sezione «Gli aiuti di preadesione», pag. 16). In attesa che venga deciso l’avvio dei negoziati per l’adesione, la Turchia gode di un sostegno specifi co.

Per chi?

12 Al servizio delle regioni

Oltre un terzo del bilancio dell’Unione è destinato allo sviluppo regionale e alla coesione economica e sociale e viene erogato nell’ambito di vari fondi europei.

Le risorse disponibili

Nel periodo 2000-2006 l’Unione dei Quindici fruirà di una dotazione complessiva di 213 miliardi di euro a titolo degli strumenti strutturali. Inoltre, nel quadro dell’adeguamento delle prospettive fi nanziarie dell’Unione europea, a questo importo si aggiungeranno un contributo di 22 miliardi di euro previsto nell’ambito degli aiuti di preadesione, nonché 22 miliardi di euro a carico degli interventi strutturali a favore dei nuovi Stati membri per il periodo 2004-2006. Questa dotazione complessiva di circa 257 miliardi di euro rappresenta approssimativamente il 37 % del bilancio

comunitario previsto sino al 2006. La maggior parte di queste risorse viene concessa nel quadro dei programmi pluriennali di sviluppo, gestiti congiuntamente dai servizi della Commissione, dagli Stati membri e dalle regioni. Gli aiuti europei non sostituiscono quelli nazionali ma li integrano.

I fondi strutturali

Esistono quattro fondi strutturali, ciascuno dei quali incentrato su uno specifi co settore di intervento. Il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) fi nanzia le infrastrutture, gli investimenti produttivi che creano occupazione, i progetti di sviluppo locale e gli interventi a favore delle piccole e medie imprese. Il Fondo sociale europeo (FSE) favorisce l’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie svantaggiate, in particolare sostenendo azioni di formazione e sistemi di sostegno all’assunzione. Lo Strumento fi nanziario di orientamento della pesca (SFOP) ha come obiettivo l’ammodernamento degli impianti del settore. La sezione orientamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG-orientamento) fi nanzia misure di sviluppo in ambito rurale e fornisce aiuti agli agricoltori, soprattutto nelle regioni arretrate. Accanto ai fondi strutturali esistono altri Strumenti fi nanziari, tra cui il Fondo di coesione (cfr. pag. 15).

Fondi strutturaliObiettivo n. 1 Obiettivo n. 2 Obiettivo n. 3 Interreg Leader EQUAL URBAN

FESRFESR

FSEFSE

FEOGA-or ientamento

FEOGA-or ientamento

SFOPSFOP

Gestione decentrata e controlli più severi

La Commissione europea non concede aiuti agli Stati membri senza accertare che i programmi di sviluppo vengano realmente attuati (cfr. il capitolo «Quali tappe?», pag. 18). Per favorire l’avvio di un nuovo programma, la Commissione versa un primo anticipo del 7 % all’atto dell’adozione uffi ciale e in seguito rimborsa, su richiesta, soltanto le spese documentate.

Per ciascun programma, gli Stati membri designano un’«autorità di gestione» responsabile della selezione dei progetti e un’«autorità di pagamento» preposta alla certifi cazione delle spese e alla presentazione delle domande di rimborso alla Commissione. Le autorità di pagamento devono garantire che tutte le spese dichiarate siano state destinate ad azioni che soddisfano i criteri comunitari e che siano conformi alle politiche europee pertinenti, ad esempio l’ambiente, le pari opportunità e gli aiuti di Stato. Se la Commissione constata che i controlli nazionali sono insuffi cienti oppure riscontra irregolarità

può sospendere i pagamenti o addirittura chiedere la restituzione delle somme già versate.

La riserva di effi cacia ed effi cienza

Per favorire un effi cace utilizzo dei fondi strutturali, nel 1999 è stato predisposto un nuovo strumento: la riserva di effi cacia ed effi cienza. Il principio è semplice: il 4 % degli aiuti concessi a ciascuno Stato membro è stato accantonato fi no al 2003 per essere assegnato in seguito ai programmi che hanno ottenuto i migliori risultati.La valutazione si è basata su una serie di «indicatori di sorveglianza» riguardanti l’effi cacia delle azioni, la gestione e gli adempimenti fi nanziari. La riserva è stata assegnata dalla Commissione il 31 marzo 2004 in base alle proposte degli Stati membri, previa valutazione di oltre200 programmi. Le somme accantonate ammontano a8 miliardi di euro, ossia il 4 % delle risorse complessive. Questa riserva ha svolto un’importante funzione nei confronti dei gestori dei programmi, incentivandoli a sfruttare al meglio i fondi pubblici disponibili.

Come?

Al servizio delle regioni 13

Bilancio dei fondi strutturali 2000-2006 (in miliardi di euro, impegni ai prezzi 1999)

obiettivo n. 1 obiettivo n. 2 obiettivo n. 3 Interreg URBAN EQUAL LEADER SFOP F. coesione Totale

EU-15 137,800 22,040 24,050 4,875 0,700 2,850 2,020 1,106 18,000 213,441

EU+10 13,230 0,120 0,110 0,420 0,000 0,220 0,000 0,003 7,590 21,693

EU-25 151,030 22,160 24,160 5,295 0,700 3,070 2,020 1,109 25,590 235,134

Come?

Fondi e strumenti strutturali per l’EU-15, 2000-2006 (1) (in milioni di euro, impegni ai prezzi 2004)

Popolazione

Paese Obiettivo n. 1(1) Obiettivo n. 2 Obiettivo n. 3 SFOP(2) Fondo di Iniziative

Totale zone obiettivi % della

coesione comunitarie n. 1 e n. 2, popolazione in milioni

Austria 288 740 585 0 0 395 2 008 2,270 28,20

Belgio 690 486 817 33 0 231 2 257 1,269 12,50

Danimarca 0 199 397 221 0 92 909 0,538 10,20

Finlandia 1 008 541 442 33 0 280 2 304 2,650 51,70

Francia 4 201 6 569 5 013 254 0 1 155 17 192 20,412 34,00

Germania 22 035 3 776 5 057 121 0 1 775 32 765 24,447 29,80

Grecia 23 143 0 0 0 3 388 952 27 483 10,476 100,00

Irlanda 3 409 0 0 0 584 183 4 177 0,965 26,60

Italia 24424 2 749 4 129 110 0 1 294 32 707 26,704 46,50

Lussemburgo 0 44 44 0 0 14 103 0,117 28,20

Paesi Bassi 136 861 1 866 33 0 719 3 615 2,324 15,00

Portogallo 21 010 0 0 0 3 388 741 25 139 6,616 66,60

Spagna 42 061 2 904 2 363 221 12 357 2 162 62 067 32,027 80,70

Svezia 797 431 795 66 0 307 2 396 1,674 18,90

Regno Unito 6 902 5 068 5 046 132 0 1 061 18 209 18,909 32,20

EU-15 150 104 24 367 26 553 1 226 19 717 11 361 233 328 151,40 40,30(1) Incluso il sostegno transitorio.(2) Ad esclusione delle zone dell’obiettivo n. 1.

Fondi e strumenti strutturali per i nuovi Stati membri, 2004-2006 (1) (in milioni di euro, ai prezzi correnti)

Popolazione

Paese Obiettivo n. 1 Obiettivo n. 2 Obiettivo n. 3 Interreg

EQUAL Fondo di

Totale zone obiettivi % della

coesione(1) n. 1 e n. 2, popolazione in milioni

Repubblica ceca 1 454,27 71,30 58,79 68,68 32,10 936,05 2 621,19 9,460 92,00

Cipro (3) 0,00 28,02 21,95 4,30 1,81 53,94 113,44 0,212 30,90

Estonia 371,36 0,00 0,00 10,60 4,07 309,03 695,06 1,379 100,00

Lettonia 625,57 0,00 0,00 15,26 8,03 515,43 1 164,29 2,391 100,00

Lituania 895,17 0,00 0,00 22,49 11,87 608,17 1 537,70 3,531 100,00

Malta 63,19 0,00 0,00 2,37 1,24 21,94 88,74 0,387 100,00

Polonia 8 275,81 0,00 0,00 221,36 133,93 4 178,60 12 809,70 38,654 100,00

Slovacchia 1 041,04 37,17 44,94 41,47 22,27 570,50 1 757,39 4,957 91,90

Slovenia 237,51 0,00 0,00 23,65 6,44 188,71 456,31 1,986 100,00

Ungheria 1 995,72 0,00 0,00 68,68 30,29 1 112,67 3 207,36 10,238 100,00

Totale 14 959,64 136,49 125,68 478,86 252,05 8 495,04 24 451,18 73,195 97,70(1) A causa dei diversi periodi di programmazione per l’EU-15 e i 10 nuovi Stati membri (7 anni e 3 anni), non è opportuno sommare gli importi fi nanziari relativi a

questi due gruppi di paesi.(2) Media.(3) Incluso SFOP (pesca).

14 Al servizio delle regioni

Gli obiettivi prioritari

Per potenziare l’impatto e ottimizzare i risultati, nel periodo 2000-2006 il 94 % dei fondi strutturali sarà concentrato su tre obiettivi:

■ obiettivo n. 1: promuovere il recupero delle regioni arretrate;

■ obiettivo n. 2: sostenere la riconversione economica e sociale delle zone che presentano diffi coltà strutturali, siano esse industriali, rurali, urbane o dipendenti dal settore della pesca;

■ obiettivo n. 3: ammodernare i sistemi di formazione e promuovere l’occupazione. Questo obiettivo interessa l’intero territorio dell’Unione europea, ad eccezione delle regioni che rientrano nell’obiettivo n. 1, nelle quali questo tipo di misure è già contemplato nei programmi di recupero territoriale.

Le iniziative comunitarie e le azioni innovative

L’Unione europea ha predisposto quattro iniziative comunitarie al fi ne di individuare soluzioni a problemi comuni riscontrabili in molti o in tutti gli Stati membri e le regioni dell’Unione. Interreg III sostiene la cooperazione transfrontaliera, interregionale e transnazionale; URBAN II promuove strategie innovative nelle città e nei quartieri urbani; Leader + fi nanzia azioni di sviluppo rurale;EQUAL mira a combattere la discriminazione sul mercato del

lavoro. Le iniziative comunitarie assorbono il 5,35 % della dotazione complessiva dei fondi strutturali. È inoltre previsto un fi nanziamento destinato ai programmi di azioni innovative, veri e propri laboratori di idee per le regioni svantaggiate.

Iniziative comunitarie nell’EU-15, 2000-2006 (in milioni di euro, impegni ai prezzi 2004)

Paese Interreg URBAN EQUAL Leader Totale

Austria 202,05 8,53 105,99 78,39 394,96

Belgio 114,82 21,52 77,29 16,56 230,19

Danimarca 37,54 5,38 30,91 17,67 91,50

Finlandia 142,43 5,38 75,08 57,41 280,30

Francia 438,32 103,54 332,33 278,23 1 152,42

Germania 813,71 150,95 534,38 272,71 1 771,74

Grecia 627,12 25,89 108,20 189,90 951,11

Irlanda 92,74 5,38 35,33 49,68 183,14

Italia 470,34 116,54 409,61 294,79 1 291,28

Lussemburgo 7,73 0,00 4,42 2,21 14,35

Paesi Bassi 385,32 30,25 216,40 86,12 718,09

Portogallo 435,01 19,49 118,14 167,82 740,45

Regno Unito 399,68 126,18 415,13 117,03 1 058,02

Spagna 993,67 114,30 535,48 515,61 2 159,06

Svezia 170,03 5,38 89,43 41,96 306,79

Reti 51,89 18,03 55,20 44,16 169,29

EU-15 5 382,39 756,74 3 143,32 2 230,24 11 512,70

Come?

Al servizio delle regioni 15

Il Fondo di coesione

Il Fondo di coesione è un fondo speciale destinato ad aiutare gli Stati membri meno ricchi: i dieci nuovi Stati membri, nonché la Grecia, il Portogallo, la Spagna e, fi no alla fi ne del 2003, l’Irlanda. Sono ammissibili al Fondo i paesi con un prodotto nazionale lordo (PNL) inferiore al 90 % della media dell’Unione. Il Fondo di coesione interviene sull’intero territorio nazionale non già per cofi nanziare programmi, ma grandi progetti nei settori dell’ambiente e delle reti transeuropee di trasporto, onde evitare che il costo di tali opere sia di intralcio agli sforzi fi nanziari compiuti da questi paesi per soddisfare i requisiti dell’unione economica e monetaria. Il Fondo di coesione aiuta inoltre i paesi benefi ciari ad adeguarsi alla normativa europea in questi settori. Per il periodo 2004-2006, un terzo della dotazione del Fondo di coesione è riservato ai nuovi Stati membri.

La Banca europeaper gli investimenti

La Banca europea per gli investimenti (BEI) contribuisce principalmente allo sviluppo equilibrato del mercato interno dell’Unione. A tal fi ne, agevola il fi nanziamento di programmi di investimento in modo coordinato con i fondi strutturali. Trattandosi di un ente senza scopo di lucro, la BEI interviene erogando prestiti a tassi agevolati destinati, ad esempio, a migliorare le infrastrutture nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni, nonché a sostenere gli investimenti delle PMI, tutelare l’ambiente o promuovere lo sviluppo delle risorse umane e della ricerca.

Il Fondo di solidarietà dell’Unione europea

Creato nel 2002, il Fondo di solidarietà dell’Unione europea (FSUE) non è uno strumento strutturale, ma fornisce aiuti fi nanziari di emergenza in caso di gravi calamità, per azioni quali l’organizzazione di alloggi temporanei o il ripristino provvisorio delle infrastrutture di base. Il FSUE non fi nanzia azioni a lungo termine, le quali possono benefi ciare di altri strumenti, in particolare i fondi strutturali. In questo ambito, la solidarietà e, in misura maggiore, la prevenzione rivestono una particolare importanza in quanto una catastrofe di grande entità può annientare i risultati dei programmi di sviluppo.

Come?

16 Al servizio delle regioni

Gli aiuti di preadesione

Per la prima volta nella storia del suo progressivo processo di allargamento, l’Unione europea ha previsto aiuti di preadesione per i dieci paesi dell’Europa centrale e orientale (PECO), otto dei quali sono diventati membri nel 2004 (Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica slovacca, Slovenia e Ungheria). Oggi, questi aiuti continuano ad essere attuati in Bulgaria e Romania.

Gli aiuti di preadesione sono fi nanziati principalmente attraverso tre strumenti comunitari.

■ Il primo in ordine cronologico è il programma Phare, varato nel 1989. Esso ha il duplice scopo di raff orzare le istituzioni, le amministrazioni e gli enti pubblici al fi ne di garantire l’applicazione della legislazione comunitaria e di sostenere investimenti nei settori maggiormente carenti (infrastrutture, imprese, misure sociali). Phare-CBC(Cross-Border Co-operation) integra l’azione di Interreg fi nanziando interventi transfrontalieri sul territorio dei paesi candidati.

■ Il Programma speciale di adesione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale (Sapard), creato nel 1999, interviene per preparare i paesi candidati ad adeguarsi alla politica agricola comune dell’Unione. Esso prevede un’ampia gamma di misure per promuovere l’adeguamento delle strutture agricole, lo sviluppo rurale, la tutela dei consumatori e dell’ambiente, nonché l’assistenza tecnica.

■ Istituito anch’esso nel 1999, lo Strumento strutturale di preadesione (ISPA) interviene secondo il modello del Fondo di coesione per fi nanziare grandi progetti a favore della tutela ambientale e delle reti transeuropee di trasporto, favorire l’applicazione delle norme ambientali europee e fornire assistenza tecnica.

Oltre a fi nanziare le azioni, gli aiuti di preadesione hanno lo scopo di preparare alla gestione dei fondi strutturali e del Fondo di coesione gli enti nazionali competenti. In seguito all’adesione, gli interventi previsti nell’ambito del programma Phare vengono trasferiti al FESR e al Fondo sociale europeo, quelli dell’ISPA al Fondo di coesione e quelli dello strumento Sapard al FEAOG-orientamento.

Stanziamento degli aiuti di preadesione a Bulgariae Romania (in milioni di euro, importi indicativi ai prezzi 2004)

2004 2005 2006 Totale

Bulgaria Phare 203 220 237 660 ISPA 135 147 158 440 Sapard 68 73 79 220 Totale 406 440 474 1 319

Romania Phare 474 513 552 1 539 ISPA 316 342 368 1 026 Sapard 158 171 184 513 Totale 948 1 026 1 104 3 078

Totale Phare 677 733 789 2.198 ISPA 451 489 526 1 466 Sapard 226 244 263 733 Totale 1 353 1 466 1 578 4 397

Fonte: Prospetto fi nanziario allegato ai tracciati per la Bulgaria e la Romania.Ripartizione degli strumenti basata sulle seguenti proporzioni: 3/6 Phare,2/6 ISPA, 1/6 Sapard.Ripartizione degli stanziamenti fra Bulgaria e Romania in base ad una proporzione di 30/70.I dati relativi all’ISPA si collocano all’interno delle seguenti forbici: Bulgaria 26-34 %, Romania 64-76 % (in attesa di una decisione del Consiglio).

Un progetto ISPA per il trattamento delle acque refl ue in Romania.

Come?

BULGARIA

Superfi cie: 110 910 km2

Popolazione: 7 846 000 ab.

Indice PIL/ab. (2002):

26 (EU-15=100)

ROMANIA

Superfi cie: 237 500 km2

Popolazione: 21 773 000 ab.

Indice PIL/ab. (2002):

27 (EU-15=100)

Al servizio delle regioni 17

Ripartizione dei fondi e degli strumenti strutturaliper ambito di spesa (2000-2006) (1)

137,8

23,1

25,0

8,0

18,0

7,3 21,7

50 %

50 %

50 %

50 %

46,8 %

10,7 %

16,6 %

10,1 %

11,3 %4,4 %

97,5 %

2,5 %

33,5 %

8,0 %8,2 %1,4 %

38,8 %

10,0 %

28,1 %

24,4 %

16,5 %5,9 %

23,2 %

1,9 %

Come?

Ambiente produttivo(assistenza alle imprese, sviluppo rurale, turismo)

Infrastrutture(trasporti, telecomunicazioni, energia)

Ambiente(infrastrutture, pianifi cazione/riqualifi cazione)

Ricerca, sviluppo tecnologico e innovazione

Formazione, creazione di posti di lavoro, inserimento sociale

Altri

Obiettivo n. 1 (EU-15)

Obiettivo n. 2 (EU-15)

Obiettivo n. 3 (EU-15)

Iniziative comunitarie (EU-15)

Fondo di coesione (EU-15)

Strumento strutturale di preadesione (ISPA)

Interventi strutturali a favore dei nuovi Stati membri (2004-2006) (2)

Fonte: DG Politica regionale, 2003.

(1) Spese previste in miliardi di euro (costi 1999).(2) Un terzo di questo importo è riservato al Fondo di coesione; l’importo rimanente corrisponde all’incirca alla quota delle spese destinate

all’obiettivo n. 1 (EU-15).

18 Al servizio delle regioni

I progetti del Fondo di coesionee dell’ISPA

Diversamente dai fondi strutturali, il Fondo di coesione e l’ISPA non partecipano al fi nanziamento di programmi, bensì al fi nanziamento di progetti, o fasi di progetti, ben defi niti sin dall’inizio, che gli Stati presentano alla Commissione affi dandone poi la gestione alle autorità nazionali competenti, sotto la supervisione di un comitato di sorveglianza.

Gli aiuti strutturali non vengono assegnati a progetti scelti direttamente dalla Commissione europea. Quest’ultima negozia con gli Stati membri le grandi priorità dei programmi di sviluppo e adotta piani e programmi sulla base dei propri orientamenti tematici defi niti per il periodo 2000-2006 (cfr. pag. 20). Tuttavia, la selezione dei progetti e la relativa gestione sono di competenza esclusiva delle autorità nazionali e regionali. Questo processo di decentramento, ulteriormente raff orzato a partire dal 2000, costituisce una delle caratteristiche sostanziali dell’attuale periodo di programmazione. A ciò si aggiunge uno snellimento dei regolamenti che disciplinano i fondi strutturali, oggetto di ulteriore semplifi cazione nel 2003.

Una volta selezionati, i progetti ricevono un fi nanziamento misto: nazionale e comunitario.I programmi, infatti, sono sovvenzionati in parte

Quali tappe?

Oltre le sovvenzioni: il valore aggiunto

1 Il bilancio dei fondi strutturali e le regole fondamentaliper il loro impiego vengono decisi dal Consiglio europeo,

ossia da tutti gli Stati membri dell’Unione, in base a una proposta della Commissione concertata con il Parlamento europeo. I fondi strutturali sono ripartiti per paese e per obiettivo prioritario. Le zone che possono benefi ciarne vengono stabilite, d’intesa con i vari paesi, dalla Commissione che propone orientamenti tematici comuni.

7 L’autorità preposta alla gestione di un programma seleziona i progetti più consoni in

funzione delle fi nalità di quest’ultimo e informa i candidati della propria scelta.

8 Le organizzazioni prescelte possono allora avviare il progetto, che deve essere

obbligatoriamente ultimato entro il termine defi nito nel programma, poiché la cadenza degli aiuti europei è fi ssata sin dall’inizio.

9 Le autorità di gestione, assistite dal comitato di sorveglianza, nell’ambito del quale sono rappresentati

i vari partner (operatori economici, sociali e ambientali), seguono regolarmente lo stato di avanzamento dei programmi. Le stesse autorità ne informano la Commissione europea, fornendo la prova (attraverso la certifi cazione delle spese) che il denaro è stato utilizzato nel migliore dei modi. La Commissione verifi ca i sistemi di controllo messi in atto e versa man mano i contributi previsti. Essa analizza l’andamento degli indicatori di sorveglianza e gli studi di valutazione e promuove scambi tematici, comunicando inoltre alle autorità responsabili dei programmi le nuove priorità comunitarie che possono avere un’incidenza sullo sviluppo regionale.

Al servizio delle regioni 19

2 A seguito di tali decisioni, ogni Stato o regione elabora e sintetizza in un piano le proprie proposte a

favore di zone in diffi coltà o di ceti deboli, tenendo conto degli orientamenti tematici della Commissione. All’elaborazione di questo piano partecipano le parti economiche e sociali, nonché altri enti riconosciuti.

(1) Denominati quadri comunitari di sostegno (QCS) o documenti unici di programmazione (DOCUP), a seconda che richiedano o meno un’ulteriore decisione della Commissione per l’attuazione dei programmi.

con fondi europei e in parte con fondi nazionali (pubblici o privati). Grazie a questo meccanismo di cofi nanziamento, il denaro dell’Unione viene ad integrare le risorse dei singoli Stati in modo da superare, secondo le necessità, i limiti imposti dalle rispettive capacità fi nanziarie.

Tuttavia, lo scopo dei fondi comunitari non è quello di permettere agli Stati membri di realizzare economie nei propri bilanci nazionali. I singoli Stati continuano infatti ad essere i principali attori dello sviluppo delle proprie zone depresse. Finanziando programmi che rispecchiano le sfi de europee e promuovono il trasferimento delle esperienze condotte in altri paesie regioni, l’Unione aiuta gli Stati membri a fare meglio e di più di quanto non sarebbero in grado di realizzare da soli. In ciò consiste il valore aggiunto del suo intervento.

Quali tappe?

o degli aiuti europei3 Una volta defi niti, i piani vengono

presentati alla Commissione europea.

4 Ogni Stato ne discute quindi i contenuti con quest’ultima,

defi nendo l’entità delle risorse nazionali e comunitarie da destinare alla loro realizzazione.

5 Quando le parti hanno raggiunto un accordo complessivo, la Commissione adotta i

piani (1) e i conseguenti programmi, versando agli Stati un anticipo per consentire l’avvio dei programmi.

6 I dettagli dei programmi (denominati «complementi di programmazione») sono decisi in modo autonomo dalle

autorità nazionali o regionali. Questi documenti non vengono negoziati con la Commissione, che ne viene comunque informata. Essi consentono alle rispettive autorità di dare avvio ai progetti in base a modalità proprie (bandi di gara per la presentazione di progetti, la costruzione di infrastrutture ecc.). A questo punto inizia la fase operativa.

20 Al servizio delle regioni

Ma in concreto, come vengono utilizzate le risorse che l’Unione europea e gli Stati membri destinano allo sviluppo delle regioni? È possibile delineare un quadro generale facendo riferimento al documento con cui la Commissione ha presentato i propri orientamenti tematici comuni per il periodo 2000-2006 (1). Alla luce di tali linee guida, e di concerto con la Commissione, le autorità nazionali e regionali defi niscono le proprie priorità, selezionando una serie di progetti concreti. Questi ultimi sono estremamente eterogenei e variano in funzione delle condizioni economiche, sociali e territoriali di ogni regione, le quali determinano le forme di intervento dei fondi strutturali. Gli orientamenti della Commissione sono strutturati in base ai tre assi di intervento illustrati qui di seguito.

Accrescere la competitività regionale

L’intervento dei fondi strutturali tende ad accrescere la competitività delle regioni fornendo un sostegno alle imprese affi nché sviluppino le loro attività, creino occupazione e incrementino la produttività.

A tal fi ne è indispensabile che tanto le imprese quanto le persone dispongano di infrastrutture di trasporto sicure, moderne e rapide, dotate di collegamenti effi cienti e in grado di garantire un coordinamento armonico fra le varie modalità di trasporto merci e passeggeri.

Senza energia non c’è produzione. Tuttavia, un’eccessiva dipendenza da un’unica fonte energetica o da un singolo

operatore riduce notevolmente i margini di manovra delle imprese. Pertanto, gli Stati e le regioni hanno tutto l’interesse a diversifi care le fonti di approvvigionamento e a creare una vera e propria rete di distribuzione integrata. Inoltre è opportuno sostenere gli investimenti nelle tecnologie a basso consumo energetico e nelle fonti rinnovabili: energia eolica, idroelettrica, solare ecc.

(1) Disponibile sul sito Inforegio: http://www.europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Il ruolo specifi co dell’obiettivo n. 1

Nelle regioni in ritardo di sviluppo la sfi da consiste nel colmare i divari rispetto alle altre regioni dell’Unione. Si tratta innanzi tutto di porre rimedio alle gravi carenze infrastrutturali di base (trasporti, acquedotti, energia, trattamento dei rifi uti, telecomunicazioni, salute, istruzione). La maggior parte dei fondi disponibili è destinata alla costruzione di queste infrastrutture, senza peraltro trascurare i servizi che consentono di consolidare un tessuto produttivo spesso molto carente. La partecipazione comunitaria agli investimenti in campo educativo e sanitario è destinata esclusivamente a queste regioni.

Il ruolo specifi co dell’obiettivo n. 2

Nelle regioni in fase di riconversione, il problema di fondo non è rappresentato dalla mancanza di infrastrutture, bensì dal declino delle attività economiche tradizionali. In questo caso occorre puntare sullo sviluppo di attività alternative. A tal fi ne, i fondi strutturali possono intervenire cofi nanziando la realizzazione di nuove infrastrutture ad hoc, con l’obiettivo di migliorare la competitività e accrescere il livello occupazionale di queste regioni.

Per fare cosa?

Al servizio delle regioni 21

Le tecnologie della società dell’informazione, basate su Internet, consentono alle regioni svantaggiate — e in particolare alle aree isolate o periferiche — di attrarre e mantenere in loco alcune attività economiche. Per ridurre la cosiddetta «frattura digitale», le regioni devono incentivare le imprese e gli enti locali a fare uso di queste tecnologie sfruttando tutti i canali esistenti: commercio elettronico, scambio dei dati, telelavoro, informazione ai cittadini. Se, da un lato, sono generalmente gli operatori delle telecomunicazioni a farsi carico degli investimenti necessari alla realizzazione delle reti, dall’altro, i fondi europei possono intervenire, ad esempio, per garantire il principio del servizio universale, assicurando l’accesso alle reti laddove la domanda non è suffi ciente dal punto di vista della logica di mercato.

Un ruolo fondamentale spetta altresì al miglioramento dei processi di produzione, gestione e commercializzazione. In questo ambito è opportuno che regioni e imprese si aprano all’innovazione, predisponendo strategie regionali in tal senso. Ciò signifi ca sostenere le attività di ricerca, il trasferimento di tecnologie e know-how, nonché la formazione continua. In quest’ottica occorre promuovere la collaborazione fra enti pubblici e privati quali università, centri di ricerca o agenzie di sviluppo, per far sì che la ricerca e l’innovazione generino risultati concreti in termini di sviluppo economico regionale.

La creazione e lo sviluppo delle imprese, e in particolar modo delle PMI, presuppongono l’accesso da parte degli imprenditori agli enti fi nanziatori. È in tal senso che possono intervenire i fondi strutturali, purché i fi nanziamenti classici in conto capitale siano limitati a vantaggio di altre formule di ingegneria fi nanziaria. I servizi erogati, fi nanziati in particolare con capitali privati, devono rispecchiare i bisogni specifi ci delle PMI, consentire loro di

raggiungere un alto livello di specializzazione e ottenere vantaggi commerciali. Turismo, cultura, patrimonio, ambiente e economia sociale sono settori promettenti, sia in termini di sviluppo regionale e locale sia sotto il profi lo occupazionale.

La qualità dell’ambiente migliora l’immagine di una regione e ne aumenta la capacità di attrarre risorse economiche, ma rappresenta anche una risorsa vitale per far fronte ai rischi ambientali. I fondi strutturali fi nanziano la realizzazione di

infrastrutture ambientali laddove queste sono carenti: impianti di depurazione delle acque e di trattamento dei rifi uti, reti di distribuzione idrica effi cienti con conseguente riduzione delle perdite, impianti per il recupero e il riciclaggio dei rifi uti, azioni di bonifi ca delle discariche, utilizzo di tecnologie «pulite», creazione di posti di lavoro nei settori legati all’ambiente.

Per fare cosa?

22 Al servizio delle regioni

Aumentare e migliorare l’occupazione

La creazione di posti di lavoro è diventata la principale preoccupazione dal punto di vista sociale. Per tale motivo l’Unione europea ha predisposto una strategia europea per l’occupazione, al fi ne di condurre in questo ambito un’azione concertata su tutto il territorio europeo.

Lo sviluppo delle risorse umane è necessario sia per combattere la disoccupazione, sia per prevenirla. Poiché l’istruzione rimane lo strumento migliore per accedere al mercato del lavoro, è fondamentale migliorare le politiche e i sistemi educativi. Occorre inoltre fare in modo che i giovani non siano relegati ai margini dalla vita attiva e che i disoccupati, in particolare quelli di lunga durata, ritrovino una propria collocazione sul mercato del lavoro. L’Unione fi nanzia il miglioramento dei sistemi di aiuto all’occupazione e in particolare il sostegno personalizzato alle persone in cerca di impiego, le misure volte ad agevolare l’accesso al lavoro autonomo, la diversifi cazione delle opportunità formative di base o continue e la promozione dell’istruzione permanente.

Nella lotta all’emarginazione sociale, l’Unione europea dedica una particolare attenzione ai nuovi metodi di inserimento

sociale e professionale proposti dagli operatori pubblici, privati o del mondo associativo, ad esempio attraverso forme di partenariato fra istituti di formazione e imprese. In ambito occupazionale e formativo, un ruolo fondamentale spetta naturalmente alla società dell’informazione, la cui importanza è valorizzata in ogni occasione. Anche i progetti di sviluppo locale o di economia sociale off rono ottime potenzialità per promuovere l’occupazione.

Il fondamentale principio delle pari opportunità fra uomini e donne è presente in tutte le azioni promosse a favore dell’occupazione, nonché nell’ambito dei programmi fi nanziati dai fondi strutturali. Esso si concretizza in iniziative volte ad eliminare le discriminazioni, ad aiutare le donne a proseguire la propria carriera professionale e ad accedere a posizioni di alta responsabilità, ad essere equamente rappresentate in alcune professioni, a conciliare lavoro e famiglia ecc. Altre forme di discriminazione che richiedono un diverso tipo di intervento riguardano invece categorie che, per motivi etnici, disabilità, età o altro, si trovano in posizione svantaggiata sul mercato del lavoro. Il FSE fi nanzia queste ed altre misure in tutti i paesi dell’Unione, anche attraverso i programmi attuati nell’ambito dell’iniziativa comunitaria EQUAL.

Il ruolo specifi co dell’obiettivo n. 3

L’obiettivo n. 3 non ha una valenza territoriale ma tematica. Esso riguarda infatti persone che vivono in qualsiasi regione europea. Questo obiettivo costituisce il quadro di riferimento per tutte le misure previste a favore delle risorse umane e del lavoro all’interno dell’Unione e gli Stati membri sono invitati a tenerne conto nei loro piani nazionali per l’occupazione. Queste misure sono incluse automaticamente nei programmi delle regioni ammissibili all’obiettivo n. 1, in modo da garantirne una migliore integrazione nelle azioni di sviluppo delle regioni stesse.

Per fare cosa?

Al servizio delle regioni 23

Sviluppare in modo equilibratole zone urbane e rurali

Garantire la complementarità e l’equilibrio fra zone urbane e rurali, tenendo conto delle problematiche specifi che di queste diverse realtà, è uno dei requisiti principali per la coesione del territorio europeo.

Le città hanno il vantaggio di essere centri di comunicazione e di scambi, di innovazione e cultura, ma consumano enormi quantità di energia e producono ingenti volumi di rifi uti e agenti inquinanti. Spesso sono penalizzate da problemi legati alla congestione del traffi co stradale o a un’urbanizzazione disordinata. Molti quartieri svantaggiati e in stato di degrado presentano un’alta concentrazione di problemi sociali, che alimentano fenomeni di violenza urbana. Un’attenta gestione dell’energia e dei rifi uti, la valorizzazione dei trasporti pubblici

e il potenziamento di sistemi di trasporto «pulito», una pianifi cazione urbana armonica, la valorizzazione del patrimonio architettonico, la riqualifi cazione economica e sociale dei quartieri in crisi o i servizi agli abitanti sono alcuni dei numerosi settori di intervento dei fondi strutturali per migliorare la qualità della vita e la salute pubblica nelle aree urbane, promuovendo al contempo il ruolo delle città come poli di crescita regionale equilibrata.

Numerose zone rurali fi gurano tra i territori più dinamici dell’Unione. Molte altre, tuttavia, soff rono a causa della scarsa densità demografi ca (in particolare le zone montane), della mancanza di servizi di base e di un mercato del lavoro insuffi ciente. Tali diffi coltà sono dovute in larga misura al declino dell’agricoltura, che resta pur sempre l’attività più diff usa in queste zone, rappresentando spesso un settore economico fondamentale. Per far rivivere le campagne occorre aiutare gli agricoltori ad introdurre moderni criteri di gestione aziendale, migliorare i processi di lavorazione e commercializzazione dei prodotti e garantirne la qualità. La competitività delle zone rurali dipende inoltre dalla diversifi cazione delle attività che creano occupazione e consentono di frenare l’esodo rurale.È opportuno, infi ne, valorizzare la campagna in quanto ambiente propizio allo sviluppo del turismo e delle attività ricreative, sostenere la ristrutturazione dei villaggi, incentivare l’agricoltura e la silvicoltura evidenziando la loro importanzaper la conservazione del paesaggio, nel rispetto dell’ambientee delle risorse naturali.

L’equilibrio fra città e campagna presuppone, ad esempio, che gli abitanti delle zone rurali abbiano facilmente accesso ai servizi specializzati dei centri urbani e, analogamente, che i cittadini possano accedere agevolmente alle risorse delle aree rurali. Le città di medie dimensioni possono svolgere un ruolo determinante nel rilanciare l’economia rurale, a condizione che si sviluppino in modo equilibrato per evitare il degrado degli spazi naturali circostanti.

La pesca, dal canto suo, è un’attività che fa vivere numerose zone costiere, per quanto anch’essa sia confrontata a non poche diffi coltà. La ristrutturazione di questo comparto è indispensabile per garantire l’equilibrio fra la tutela delle risorse ittiche e il loro sfruttamento. Il ricorso a tecniche più razionali e selettive, l’ammodernamento della fl otta e dei porti, l’introduzione di impianti di acquacoltura e la promozione dei prodotti di qualità sono alcune delle misure che consentono di infondere nuove energie alle città e ai villaggi che dipendono dal settore della pesca.

Navigando si impara

Per un quadro più preciso degli interventi attuati nell’ambito dei fondi strutturali si rimanda alle sintesi dei programmi di sviluppo regionale 2000-2006 ripartiti per paese e regione, categoria di programma o tema, nonché ai numerosi esempi di progetti cofi nanziati dall’Unione europea, disponibili sul sito Inforegio: http://www.europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Per fare cosa?

24 Al servizio delle regioni

Le recenti relazioni sulla coesione economica e sociale dell’Europa dei Quindici e vari studi condotti sull’argomento (1) hanno confermato una notevole riduzione dei divari fra le regioni e, in misura maggiore, fra gli Stati membri. Le analisi hanno inoltre dimostrato come questa evoluzione sia stata ampiamente favorita da due principali fattori: il processo di integrazione economica europea e l’azione dei fondi strutturali e del Fondo di coesione.

I paesi e le regioni meno prosperi

I fondi strutturali e il Fondo di coesione, che rappresentano soltanto lo 0,4 % del PIL dell’Unione europea, sono incentrati sull’assistenza alle aree meno prospere dell’Unione. Nel periodo 2000-2006, l’importo trasferito alle regioni dell’obiettivo n. 1 sarà pari allo 0,9 % del PIL in Spagna e superiore al 2,5 % del PIL in Grecia e Portogallo. Ma l’aspetto più signifi cativo è che, secondo le stime, questi trasferimenti incrementeranno gli investimenti del 3 % circa in Spagna, dell’8-9 % in Grecia e Portogallo, del 7 % nel Mezzogiorno d’Italia e del 4 % nei nuovi Länder tedeschi.

Nelle regioni dell’obiettivo n. 1, durante il periodo di programmazione 1994-99 i fondi strutturali hanno contribuito a costruire o ripristinare 4 100 km di autostrade e 32 000 km di strade, allestire 3 800 ettari di zone industriali, aiutare 214 000 imprese, formare 8,15 milioni di persone e creare 800 000 posti di lavoro. Grazie agli investimenti in

campo educativo è stato possibile migliorare la qualità dell’istruzione e della formazione, in particolare in Portogallo. La realizzazione di progetti infrastrutturali nel settore ambientale ha avuto sostanziali eff etti benefi ci in questo campo in Spagna, Portogallo e Grecia. Anche in questo caso, i 114 miliardi di euro stanziati dall’Unione per tali programmi, a fronte di un costo complessivo di210 miliardi, hanno avuto un peso determinante.

Le zone in fase di riconversione dell’obiettivo n. 2

Dal 1995 al 2001 il tasso medio di disoccupazione nelle zone dell’obiettivo n. 2 si è ridotto del 4 %, a fronte di un calo del 3 % nell’Unione dei Quindici. Grazie ad un’energica politica di recupero delle aree urbane dismesse sono stati riqualifi cati 115 milioni di m² di superfi cie, con conseguenti miglioramenti ambientali e creazione di nuovi spazi produttivi. I fondi strutturali sono intervenuti a sostegno di oltre 300 000 PMI, contribuendo alla creazione di 300 000 posti di lavoro. Essi hanno inoltre stimolato in modo rilevante la ricerca e lo sviluppo, l’innovazione e la promozione della società dell’informazione.

(1) Documenti disponibili sul sito Inforegio: http://www.europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Infrastrutture…

…e uomini.

Quali risultati?

Al servizio delle regioni 25

Positive ricadute per le altre regioni

Gli interventi strutturali hanno inoltre favorito una crescita degli scambi commerciali (più che raddoppiati negli ultimi dieci anni) fra i paesi della coesione e altre aree dell’Unione, oltre a promuovere una maggiore integrazione. I dati indicano che, in media, circa un quarto della spesa strutturale ritorna al resto dell’Unione sotto forma di un aumento delle importazioni, soprattutto di macchinari e attrezzature. Questa «diff usione» è particolarmente accentuata nel caso della Grecia (42 % della spesa) e del Portogallo (35 %).

La centralità dell’occupazione

Nonostante questi risultati incoraggianti, in vari ambiti permangono notevoli diffi coltà. Nel campo della ricerca, ad esempio, esistono grosse diff erenze fra gli Stati membri e le regioni, sia dal punto di vista dell’accesso agli istituti di ricerca, sia per quanto riguarda il numero di brevetti depositati. Tuttavia, una particolare attenzione deve essere dedicata alla coesione sociale: mentre i tassi di disoccupazione in molte regioni rimangono preoccupanti (cfr. tabella a pag. 9), una fetta importante della popolazione degli Stati membri, vecchi e nuovi, rischia di scivolare sotto la soglia di povertà, pari al 60 % del reddito nazionale medio. È già così per il 20 % delle famiglie in Grecia, Portogallo, Spagna e Regno Unito. Nei nuovi Stati membri, ad eccezione della Slovenia, questo tasso oscilla fra il 14 e il 18 %. Alla luce di questi dati, la questione occupazionale diventa pertanto sempre più rilevante sia dal punto di vista numerico che qualitativo.

L’eff etto di trascinamento

I progressi ottenuti nelle regioni svantaggiate sono concreti ma lenti e richiederanno ancora molti anni. Ciò è particolarmente vero nell’Europa dei Venticinque. Ma lasciando da parte i dati, il successo della politica regionale è riscontrabile anche nell’eff etto di trascinamento che spesso si riscontra in alcuni operatori grazie all’impulso della cooperazione europea, dei partenariati e delle reti, all’esplorazione di opzioni innovative, alla valorizzazione delle potenzialità locali o degli obiettivi fondamentali quali la tutela dell’ambiente e le pari opportunità. A volte, è l’esistenza stessa della politica regionale ad aver condotto gli attori locali a decidere di lavorare insieme.

Il turismo, un settore ad alta densità di occupazione.

Quali risultati?

26 Al servizio delle regioni

Nel periodo di programmazione 2007-2013, la politica regionale e di coesione dell’Unione europea dovrà aff rontare quattro sfi de.

1. Necessità di una maggiore coesione nell’Unione allargata

L’allargamento dell’Unione a 25 Stati membri, e successivamente a 27 o più paesi, rappresenta una sfi da senza precedenti per la competitività e la coesione interna dell’Unione. L’allargamento comporterà un ampliamento del divario nello sviluppo economico, uno spostamento geografi co del problema delle disparità verso est e una situazione occupazionale più diffi cile: le disparità socioeconomiche raddoppieranno e il PIL medio dell’Unione diminuirà del 12,5 %.

Al tempo stesso, l’Unione nel suo insieme dovrà aff rontare sfi de legate alla probabile accelerazione della ristrutturazione economica a seguito della globalizzazione, della liberalizzazione degli scambi, della rivoluzione tecnologica, dello sviluppo dell’economia e della società della conoscenza, dell’invecchiamento della popolazione e della crescita dell’immigrazione. L’Unione dovrà sfruttare pienamente le opportunità off erte dall’attuale tendenza alla ripresa come trampolino di lancio verso il futuro.

2. Raff orzamento delle priorità dell’Unione

Nel tentativo di migliorare i risultati economici dell’Unione, i Capi di Stato e di governo dell’UE, riunitisi a Lisbona nel marzo 2000, hanno delineato una strategia destinata a fare dell’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo entro il 2010. Il Consiglio di Nizza del dicembre 2000 ha tradotto gli obiettivi di Lisbona sulla riduzione della povertà in una strategia di inclusione sociale coordinata a livello comunitario.Al Consiglio di Göteborg del giugno 2001, la strategia di Lisbona è stata ampliata, dando nuovo impulso alla protezione dell’ambiente e alla realizzazione di un modello di sviluppo più sostenibile.

La politica di coesione è peraltro necessaria in una situazione in cui le altre politiche comunitarie assicurano importanti benefi ci abbinati a costi contenuti, ma localizzati. Essa aiuta a diff ondere i benefi ci e, anticipando il cambiamento e agevolando l’adattamento, deve incorporare gli obiettivi di Lisbona e Göteborg e diventare un veicolo chiave della loro realizzazione attraverso i programmi di sviluppo nazionali e regionali.

3. Migliore qualità per promuovere uno sviluppo più equilibratoe sostenibile

Il raff orzamento della competitività regionale attraverso un investimento mirato in tutta l’Unione e l’off erta di opportunità economiche per aiutare le persone a realizzare le loro capacità saranno quindi il puntello della crescita

E domani?

Al servizio delle regioni 27

potenziale dell’economia dell’Unione nel suo complesso a benefi cio di tutti. Assicurando una diff usione più equilibrata dell’attività economica nell’Unione, la politica regionale contribuisce a ridurre le pressioni della sovraconcentrazione, la congestione e le strozzature.

4. Un nuovo partenariatoper la coesione

La riforma della politica di coesione dovrebbe anche rappresentare un’opportunità per migliorare l’effi cienza, la trasparenza e la responsabilità politica. Ciò richiede, innanzitutto e più che mai, la defi nizione di un approccio strategico che individui le priorità della politica di coesione, assicuri il coordinamento con il sistema di governo economico e sociale e preveda una revisione periodica e trasparente dei progressi compiuti. Il corollario è rappresentato dalla necessità di raff orzare le capacità istituzionali a tutti i livelli di governo nell’intera Unione, sulla base dei principali punti di forza della politica di coesione.

La strategia di Lisbona...

Adottata nel marzo 2000 dal Consiglio europeo, la strategia di Lisbona defi nisce «un nuovo obiettivo strategico per l’Unione, allo scopo di raff orzare l’occupazione, la riforma economica e la coesione sociale nel quadro di un’economia fondata sulla conoscenza». L’obiettivo più frequentemente citato, ossia fare dell’Unione europea «l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro ed una maggiore coesione sociale», è stato integrato l’anno successivo dal Consiglio europeo di Göteborg sullo sviluppo sostenibile.La strategia di Lisbona si fonda pertanto su tre pilastri:due a favore di un rinnovamento economico e sociale, cui viene ad aggiungersene un terzo a carattere ambientale.

...e di Göteborg

Per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo in grado di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere quelli delle generazioni future. La tutela dell’ambiente è stata introdotta nelle altre politiche comunitarie a partire dal 1993. Con l’adozione del trattato di Amsterdam nel 1997,la promozione di uno «sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche» ha completato l’elenco degli obiettivi comunitari ed è stata oggetto, nel maggio 2001, di una Comunicazione della Commissione europea relativa ad una strategia per lo sviluppo sostenibile.Nel giugno 2001, il Consiglio europeo di Göteborg ha deciso di integrare una dimensione ambientale nel processo di Lisbona.

E domani?

28 Al servizio delle regioni

Le priorità per il futuro: convergenza, competitività, cooperazione

Il 18 febbraio 2004, la Commissione europea ha adottato la terza relazione sulla coesione economica e sociale intitolata «Un nuovo partenariato per la coesione nell’Unione allargata: convergenza, competitività, cooperazione», nella quale descrive la propria visione della politica di coesione per il periodo 2007-2013. In base alla proposta di bilancio presentata dalla Commissione il 10 febbraio 2004, oltre336 miliardi di euro saranno destinati alla politica di coesione per il nuovo periodo di programmazione, con le seguenti priorità:

■ Convergenza: sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro negli Stati membri e nelle regioni meno sviluppate

L’obiettivo riguarderà prioritariamente le regioni con un PIL pro capite inferiore al 75 % della media comunitaria. Contemporaneamente, per attutire il cosiddetto «eff etto statistico» conseguente all’allargamento, si propone un sostegno temporaneo per le regioni il cui PIL pro capite sia stato inferiore al 75 % della media comunitaria calcolata per l’UE dei Quindici. I temi principali del cofi nanziamento relativo ai programmi nazionali e regionali saranno: l’ammodernamento e la diversifi cazione della struttura economica, lo sviluppo e l’adeguamento delle infrastrutture di base, la tutela dell’ambiente, il potenziamento degli

apparati amministrativi, il miglioramento qualitativo delle istituzioni del mercato del lavoro e dei sistemi educativi e formativi, la valorizzazione del capitale umano. Inoltre, gli Stati membri il cui prodotto interno lordo sia inferiore al 90 % della media comunitaria saranno ammissibili al Fondo di coesione, che continuerà a fi nanziare programmi nel settore dei trasporti e dell’ambiente.

■ Competitività regionale e occupazione: anticipare e stimolare il cambiamento

L’obiettivo fondamentale della politica di coesione al di fuori delle regioni e degli Stati membri meno prosperi sarà duplice. In primo luogo, attraverso i programmi regionali, la politica di coesione aiuterà le regioni e le autorità regionali ad anticipare e promuovere il cambiamento economico nelle aree industriali, urbane e rurali attraverso il raff orzamento della loro competitività e attrattiva, tenendo conto delle disparità economiche, sociali e territoriali esistenti. In secondo luogo, attraverso i programmi nazionali, la politica di coesione aiuterà le persone ad anticipare e ad adattarsi al cambiamento economico, in linea con le priorità della strategia europea per l’occupazione, sostenendo politiche a favore della piena occupazione, della qualità e produttività sul luogo di lavoro e dell’inclusione sociale.

E domani?

Al servizio delle regioni 29

Fondi strutturali: strumenti e obiettivi

2000-2006 2007-2013

obiettivi Strumenti fi nanziari obiettivi Strumenti fi nanziariFondo di coesione Fondo di coesione Convergenza e competitività Fondo di coesione

FESRFSE

obiettivo n. 1 FESRFSEFEAOG-orientamentoSFOP

obiettivo n. 2 FESRFSE

Competitività regionale e occupazione— livello regionale— livello nazionale: Strategia

europea per l’occupazione

FESR

FSEobiettivo n. 3 FSE

Interreg FESR Cooperazione territoriale europea

FESRURBAN FESREQUAL FSELeader + FEAOG-orientamentoSviluppo rurale e ristrutturazione del settore della pesca al di fuori dell’obiettivo n. 1

FEAOG-garanziaSFOP

9 obiettivi 6 strumenti 3 obiettivi 3 strumenti

■ Cooperazione territoriale europea: promuovere uno sviluppo armonico ed equilibrato del territorio dell’Unione

Traendo spunto dall’esperienza maturata nell’ambito dell’iniziativa Interreg, la relazione sostiene la necessità di continuare a promuovere una politica di integrazione armoniosa ed equilibrata sul territorio dell’Unione, incoraggiando la cooperazione a livello transfrontaliero e transnazionale. In linea di principio, tutte le regioni lungo i confi ni esterni e interni, terrestri e marittimi, sarebbero interessate dalla cooperazione transfrontaliera. Lo scopo sarebbe la promozione di soluzioni congiunte a problemi comuni attraverso la cooperazione fra autorità confi nanti in ambiti quali lo sviluppo urbano, rurale e costiero, l’espansione delle relazioni economiche e la creazione di reti di piccole e medie imprese.

Per quanto riguarda l’attuazione della politica di coesione, la relazione non mette in discussione i grandi principi di fondo (pianifi cazione strategica, gestione decentrata, controllo e valutazione permanenti). Essa propone tuttavia alcuni grandi cambiamenti e, in particolare, l’avvio di un nuovo dialogo con il Consiglio per garantire l’adeguamento della politica di coesione alle priorità di Lisbona e Göteborg. Nella stessa ottica, le istituzioni europee faranno il punto, ogni anno, sui progressi realizzati in materia di priorità strategiche e sui risultati ottenuti, alla luce di una sintesi stilata dalla Commissione sulla scorta dei vari rapporti nazionali.

In conclusione, la politica regionale e di coesione del futuro svolgerà un ruolo più che mai importante. Essa riguarderà tutti i cittadini e i territori delle regioni dell’Unione e sarà fondata su un principio di solidarietà effi cace, mirato al sostegno dei più svantaggiati ma modulato in base alle situazioni.

E domani?

Dal 1994, le autorità locali e regionali sono rappresentate in seno all’Unione europea dal Comitato delle regioni (CdR), che contribuisce al buon funzionamento delle politiche comunitarie e promuove l’avvicinamento dei cittadini alle istituzioni dell’UE. Il CdR, su propria iniziativa, formula regolarmente pareri sulla politica regionale e su qualsiasi argomento che ritiene debba essere discusso in seno all’Unione. Inoltre, deve essere obbligatoriamente consultato dal Consiglio o dalla Commissione su tematiche relative ai seguenti ambiti:

– Coesione economica e sociale,– Reti infrastrutturali transeuropee,– Sanità pubblica,– Istruzione,– Cultura,– Politica del lavoro,– Politica sociale,– Ambiente,– Formazione professionale,– Trasporti.

I membri del CdR, nominati dal Consiglio dell’Unione su proposta degli Stati membri, devono aver ricevuto un mandato elettorale, regionale o locale oppure un incarico da parte di un’assemblea eletta. Prima dell’allargamento del 2004, il CdR contava 222 membri. Il trattato di Nizza ha stabilito per questo organo, nell’ambito dell’Unione dei Venticinque, un numero massimo di 350 membri.

Per maggiori informazioni e eventuali contatti:

Comitato delle regioniRue Belliard 101B-1040 Bruxelles(32-2) 282 22 11(32-2) 282 23 25E-mail: [email protected]: http://www.cor.eu.int

La voce degli enti regionali e locali:il Comitato delle regioni

Al servizio delle regioni30

Le risorse fi nanziarie dei fondi strutturali e del Fondo di coesione (257 miliardi di euro) provengono dalle imposte versate dai contribuenti europei. Come ogni forma di denaro pubblico, i fondi europei devono essere gestiti in modo effi ciente e trasparente e non devono favorire alcun interesse particolare.

Considerata l’entità della dotazione, la Commissione europea ha auspicato che il «diritto all’informazione» non fosse lasciato al caso. Pertanto, di concerto con gli Stati membri, ha fi ssato una serie di obblighi affi nché i meccanismi di erogazione dei fondi siano trasparenti e il cittadino possa sapere per quali obiettivi, in che modo e con quali risultati sono state utilizzate le risorse. Inoltre, occorre garantire ai potenziali destinatari dei fi nanziamenti le informazioni relative alla disponibilità dei fondi e alle modalità di accesso.

A tal fi ne è stato adottato un regolamento europeo, valido sull’intero territorio dell’Unione, che disciplina gli obblighi sia delle autorità pubbliche preposte alla gestione degli aiuti strutturali, sia dei promotori dei progetti.La Commissione europea vigila sull’applicazionedi questa normativa.

L’attività di comunicazione, che richiede un accurato lavoro preparatorio, deve accompagnare tutte le fasi del ciclo di vita di qualsiasi programma che fruisce di fi nanziamenti strutturali. Per tale motivo la Commissione ha chiesto agli Stati membri di predisporre dei piani di comunicazione pluriennali, onde evitare di condurre iniziative non coordinate.

Oltre alle formalità necessarie a garantire una comunicazione coerente, l’obiettivo è quello di far sapere ai cittadini che la politica regionale europea è una realtà alla quale possono prendere parte, che produce risultati e che contribuisce in modo determinante alla coesione economica, sociale e territoriale dell’Unione.

Informazione e trasparenza

Al servizio delle regioni 31

Al successo della politica regionale contribuiscono anche altre politiche dell’Unione, di cui occorre tenere conto nell’ambito delle azioni strutturali. Qui di seguito ne vengono forniti alcuni esempi.

■ La politica agricola comune (PAC), cui è destinata circa la metà del bilancio dell’Unione, interviene sia nell’organizzazione dei mercati agricoli, sia nello sviluppo rurale, un ambito che rappresenta una delle grandi fi nalità dei fondi strutturali e che la PAC fi nanzia prioritariamente al di fuori delle regioni dell’obiettivo n. 1. Le azioni di sviluppo rurale sostenute dai fondi strutturali devono essere compatibili con la PAC, che si tratti di gestione e utilizzo del suolo, aiuto alle aziende agricole ecc.

■ Le politiche in materia di trasporti, telecomunicazioni e energia presuppongono la creazione di reti transeuropee. Queste ultime esercitano ovviamente un impatto rilevante per le regioni e in particolare per le zone periferiche dell’Unione, la maggior parte delle quali fi gura fra le regioni più svantaggiate. Considerata l’entità degli investimenti è indispensabile che le politiche europee in tali ambiti orientino le proposte provenienti dagli Stati membri. Occorre inoltre garantire una combinazione equilibrata dei vari mezzi di trasporto.

■ La politica di ricerca e sviluppo (R&S) contribuisce allo sviluppo economico delle regioni più svantaggiate e al rilancio, su nuove basi, delle attività nelle aree in fase di riconversione, orientando verso tali regioni gli investimenti in R&S di cui molto spesso queste ultime sono carenti. La politica di R&S e quella regionale coniugano pertanto i loro sforzi per migliorare il livello di sviluppo tecnologico dell’Unione nel suo insieme e, di conseguenza, la sua competitività su scala mondiale.

■ La politica ambientale svolge naturalmente una funzione essenziale ai fi ni dello sviluppo sostenibile e la politica regionale è direttamente coinvolta in questo ambito: la programmazione delle azioni strutturali deve necessariamente tenere conto della tutela ambientale e quest’ultima non può essere aff rontata soltanto in termini di costi immediati. Quando le problematiche ambientali godono della giusta considerazione vi sono positive ricadute a livello economico e sociale, in quanto viene tutelata la qualità della vita e la salute dei cittadini, gli equilibri e le risorse naturali sono preservati e si creano nuovi sbocchi professionali.

■ La politica della società dell’informazione promuove il ruolo fondamentale delle tecnologie dell’informazione al fi ne di favorire la competitività delle imprese, l’effi cienza dei servizi, l’occupazione e la coesione economica e sociale. In tal senso, l’iniziativa europea «eEurope» mira a garantire a tutti gli Stati membri e alle regioni i benefi ci derivanti dalla società dell’informazione. I fondi strutturali accompagnano questo processo laddove esistono carenze di attrezzature e disuguaglianze in termini di accesso e utilizzo delle nuove tecnologie.

■ La politica della concorrenza controlla e limita gli aiuti pubblici alle imprese, che si tratti di sovvenzioni statali o fi nanziamenti provenienti dai fondi strutturali. Qualsiasi azione cofi nanziata dai fondi strutturali deve essere compatibile con le regole comunitarie in materia di concorrenza. La politica regionale e quella sulla concorrenza mirano a concentrare gli aiuti pubblici nelle zone più svantaggiate dell’Unione.

La politica regionale e le altre politiche europee

Al servizio delle regioni32

Pubblicazioni

Al servizio delle regioni 33

Bollettino d’informazione mensile: «Inforegio News»

Sito Inforegio:http://europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Rivista quadrimestrale:«Inforegio Panorama»

Terza relazione sulla coesione economica e sociale

Cooperazione senza frontiere

Competitività, sviluppo sostenibile e coesione in Europa

Il partenariato con le città Antologia dei progetti realizzatiin Grecia

Per avere un quadro completo della politica regionale europea consultare il sito web Inforegio.Le ultime novità sono disponibili nella sezione «Newsroom» al seguente indirizzo: http://europa.eu.int/comm/regional_policy/newsroom/index_it.htm

Regolamenti relativi ai fondi strutturali

■ Regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, recante disposizioni generali sui fondi strutturali, modifi cato dai regolamenti (CE) n. 1447/2001 e (CE) n. 1105/2003

■ Regolamento (CE) n. 1783/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR)

■ Regolamento (CE) n. 1784/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 1999, relativo al Fondo sociale europeo (FSE)

■ Regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia (FEAOG), modifi cato dal regolamento (CE) n. 567/2004 del Consiglio,del 22 marzo 2004

■ Regolamento (CE) n. 1263/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, relativo allo Strumento fi nanziario di orientamento della pesca (SFOP)

■ Regolamento (CE) n. 1159/2000 della Commissione, del 30 maggio 2000, relativo alle azioni informative e pubblicitarie a cura degli Stati membri sugli interventi dei fondi strutturali

■ Regolamento (CE) n. 1685/2000 della Commissione, del 28 luglio 2000, recante disposizioni di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda l’ammissibilità delle spese concernenti le operazioni cofi nanziate dai fondi strutturali, modifi cato dal regolamento (CE) n. 448/2004

■ Regolamento (CE) n. 438/2001 della Commissione, del 2 marzo 2001, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi nell’ambito dei fondi strutturali, modifi cato dal regolamento (CE) n. 2355/2002

■ Regolamento (CE) n. 448/2001 della Commissione, del 2 marzo 2001, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio per quanto riguarda la procedura relativa alle rettifi che fi nanziarie dei contributi concessi nell’ambito dei fondi strutturali

Regolamenti relativi al Fondo di coesione

■ Regolamento (CE) n. 1164/1994 del Consiglio, del 16 maggio 1994, che istituisce un Fondo di coesione, modifi cato dai regolamenti (CE) n. 1264/1999 e (CE) n. 1265/1999

■ Regolamento (CE) n. 1386/2002 della Commissione, del 29 luglio 2002, recante dettagliate modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1164/94 del Consiglio, riguardo ai sistemi di gestione e di controllo dei contributi concessi dal Fondo di coesione, nonché alla procedura per le rettifi che fi nanziarie

■ Regolamento (CE) n. 16/2003 della Commissione, del 6 gennaio 2003, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 1164/94 del Consiglio per quanto riguarda l’ammissibilità delle spese nel quadro delle azioni cofi nanziate dal Fondo di coesione

Regolamenti fi nanziari

■ Regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio, del 25 giugno 2002, che stabilisce il regolamento fi nanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee

■ Regolamento (CE, Euratom) n. 2342/2002 della Commissione, del 23 dicembre 2002, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002 del Consiglio che stabilisce il regolamento fi nanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee

Al servizio delle regioni34

Commissione europea

Direzione generale della politica regionalehttp://www.europa.eu.int/comm/regional_policy/index_it.htm

Al servizio delle regioni

Lussemburgo: Uffi cio delle pubblicazioni uffi ciali delle Comunità europee

2004 — 36 pagg. – 21 x 29,7 cm

ISBN 92-894-7334-7

Molte altre informazioni sull’Unione europea sono disponibili sul sito: http://www.europa.eu.int

Ulteriori pubblicazioni contenenti informazioni di carattere generale sul ruolo dell’Unione europea e sulle sue principali politiche, destinate al grande pubblico, sono reperibili sullo stesso sito al seguente indirizzo:http://europa.eu.int/comm/dg10/publications/brochures/index_it.htmlPer ottenere informazioni e pubblicazioni in lingua italiana sull’Unione europea rivolgersi a:

RAPPRESENTANZE DELLA COMMISSIONE EUROPEA

Rappresentanza in ItaliaVia IV Novembre, 149I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 99 91Fax (39) 066 79 16 58

(39) 066 79 36 52E-mail: [email protected]: http://europa.eu.int/comm/represent_it.htm

Rappresentanza a MILANOCorso Magenta, 59I-20123 MILANOTel. (39) 024 67 51 41Fax (39) 024 81 85 43 E-mail: [email protected]: http://europa.eu.int/comm/represent_it.htm

UFFICI DEL PARLAMENTO EUROPEO

Uffi cio per l’ItaliaVia IV Novembre, 149I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 95 01Fax (39) 06 69 95 02 00E-mail: [email protected]: http://www.europarl.it/

Uffi cio a MilanoCorso Magenta, 59I-20123 MilanoTel. (39) 024 34 41 71Fax (39) 024 34 41 75 00E-mail: [email protected]: http://www.europarl.it/

ISBN 92-894-7334-7

KN-59-04-427-IT-C