Al Presidente V Commissione Consiliare Leonardo Padrin Ai ... · definizione delle schede di...
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Tel. 041-5497825 – Fax 041-5497919
[email protected] Mestre, 8 luglio 2013
prot. 141.2013/W.sa
Al Presidente V Commissione Consiliare
Leonardo Padrin
Ai Componenti V Commissione Consiliare
Alla Segreteria V Commissione Consiliare
Oggetto: Audizione in V Commissione su 69/CR del 18.6.2013 “Adeguamento delle schede di
dotazione ospedaliere delle strutture pubbliche e private accreditate di cui alla LR39/93 e
definizione delle schede di dotazione territoriale delle unità organizzative dei servizi e delle
strutture di ricovero intermedie”
La CGIL, sulla Cr in oggetto, comunica le proprie osservazioni:
⋅ più volte abbiamo sostenuto nei tavoli Istituzionali e anche nelle precedenti
audizioni in V Commissione la necessità di avviare un percorso che conduca alla
revisione degli ambiti territoriali delle ULSS del Veneto con l’obiettivo di ridurne il
numero (come peraltro previsto nel PSSR) nell’ottica di favorire una più efficace
governance del sistema. Questo anche alla luce dell’imminente processo di riforme
istituzionali con le previste aggregazioni funzionali e/o fusioni di Comuni e la
possibile costituzione della/e Città metropolitana. Il processo di revisione degli
ambiti territoriali delle ULSS e la definizione delle schede ospedaliere e territoriali
avrebbero dovuto procedere di pari passo per essere veramente efficaci negli
adempimenti della nuova programmazione e dell’ottimizzazione delle risorse;
⋅ sulla definizione delle schede ospedaliere si arriva con un anno di ritardo rispetto
all’approvazione del PSSR, un ritardo che rischia di incidere pesantemente
sull’obiettivo primario dello stesso cioè di potenziare tutta l’area delle cure
primarie e dei servizi territoriali a fronte della pur necessaria
riorganizzazione/ottimizzazione della rete ospedaliera;
⋅ sui tagli proposti ai posti letto ospedalieri, non si comprendono i parametri
utilizzati in quanto non si è affrontato il tema delle sovrapposizioni dei reparti e gli
sprechi che questi producono. Infatti appare che non si applicano gli stessi criteri
su tutto il territorio regionale, determinando squilibri territoriali di dotazione posti
letto. Inoltre i tagli intervengono prevalentemente sugli ospedali pubblici e solo
marginalmente su quelli privati;
⋅ valutiamo positivamente la scelta di attribuire lo status di Hub agli ospedali di
Belluno e Rovigo, in coerenza con quanto più volte ribadito anche dalla Regione al
tavolo tecnico di elaborazione del Piano, in considerazione delle particolarità
territoriali;
⋅ per quanto riguarda l’attivazione dei posti letto di strutture di ricovero intermedie
le schede lasciano forti dubbi sulla contestualità con la quale, invece, a nostro
avviso, dovrebbe avvenire la dismissione dei posti letto per acuti a fronte della
riconversione in posti letto di strutture intermedie nel territorio, tanto più laddove
è ipotizzabile che intere piccole strutture ospedaliere debbano essere riconvertite.
In realtà tutta la questione, per noi prioritaria ma anche obiettivo del PSSR, dello
spostamento del baricentro dall’ospedale al territorio, non è chiaramente definito
nelle schede, non solo sul versante dei tempi e della contestualità nell’attuazione, ma
anche sul terreno di come dovrebbe essere ridisegnata l’assistenza nei territori, in che
modo dovrebbe definirsi il processo di integrazione socio-sanitaria, il ruolo delle
Conferenze dei Sindaci e il percorso di integrazione fra medici di medicina generale e
pediatri di libera scelta, specialisti ambulatoriali, operatori in genere della sanità
territoriale e del sociale.
Ci preoccupano i tempi di attuazione dei processi, che non sono neutri se pensiamo,
ad esempio, che l’accordo sottoscritto con la medicina convenzionata, distribuisce
risorse cospicue ai Medici di Medicina Generale e lascia due anni di tempo per arrivare
a regime con le Medicine di Gruppo Integrate (termine 31.12.2015). Senza peraltro
definire un progressivo allineamento all’obiettivo finale.
In pratica non è chiaro come si procederà alla implementazione della filiera
territoriale visto che si rinvia a provvedimenti successivi della Giunta Regionale il
completamento della stessa.
Non è ben chiaro, inoltre, il modello distrettuale al quale si fa riferimento. Quando si
parla di “distretto unico” si intuisce una unicità riferita al ruolo di gestione e di
coordinamento delle attività del territorio. Ma se questo è, occorre delineare più
chiaramente quali sono le attività e le prestazioni in capo alle future Aggregazioni
Funzionali Territoriali (AFT), in che modo tutto ciò si integra con le medicine di gruppo
che, ricordiamo, dovranno garantire non solo una più continua e qualificata presenza
nel territorio ma anche preservare il rapporto fiduciario medico-paziente; in che modo
si articolerà e organizzerà l’H24 su 7 giorni che deve rappresentare un modello di presa
in carico complessiva dei bisogni delle persone in una nuova ottica di appropriatezza e
qualità della risposta al bisogno assistenziale.
Rimangono forti preoccupazioni per tutta l’area del sociale, ben poco trattata sia nel
Piano sia nelle schede, e ne risulta essere la più penalizzata dai tagli e dalle ricadute
derivanti dal modo in cui è stata applicata la spending review. In particolare i continui
tagli e la spending review oltre ad essere inefficaci sotto il profilo del contenimento
della spesa, producono un sostanziale scadimento della qualità dei servizi oltreché
mettere a rischio posti di lavoro. Anche in questo caso, se è vero che cresce l’area della
cronicità e quella della non autosufficienza, a maggior ragione è indispensabile una
maggiore integrazione fra sociale e sanitario, il potenziamento della rete delle cure
domiciliari e un loro riequilibrio con la rete della residenzialità. Servono, a tale scopo,
criteri aggiornati di accreditamento e la definizione di “rette tipo”, articolate su diverse
fasce di servizi in rapporto all’entità del bisogno. La “domiciliarità” non può diventare
uno scaricabarile sulle famiglie per abbandonare gli utenti al loro destino (vedi 37Cr del
3.5.2013). Per questo occorrono politiche di integrazione sanitarie, socio-sanitarie,
socio-assistenziali e sociali a tutto campo.
Si richiama, ancora una volta, la necessità di porre fine al ricorso dello strumento della
finanza di progetto in sanità, che in questi ultimi anni si è tradotto nell’aumento
esponenziale dei costi per il pubblico.
Tutte queste riflessioni ci fanno chiedere a codesta V Commissione di attivarsi per
garantire che il PSSR sia applicato nella sua globalità, senza attendere la politica dei
due o tre tempi, che rischia di depauperare la risposta di salute nel nostro territorio
veneto.
La CGIL è a disposizione per un ampio confronto sui temi trattati.
Distinti saluti.
CGIL VENETO
Carla Pellegatta
SPI VENETO
Rita Turati
FP VENETO
Assunta Motta
Associazione Sindacale Medici Dirigenti
Segreteria Regionale del Veneto Via Btg. Val Leogra 38/R – 36100 VICENZA � 0444/966131 ���� 0444/964265 � [email protected] PEC [email protected]
Prot. n. SB/sd/212/2013 Vicenza 9 Luglio 2013
Schede ospedaliere REGIONE VENETO
CIMO-ASMD Regione Veneto
Commenti e considerazioni
Il mantenimento dei confini attuali non rispondono alle reali necessità assistenziali attuali.
Abbandonata la opzione (o mai considerata) di valutare i bacini di utenza per ambiti di cura
(difficile) si poteva adottare coraggiosamente la soluzione delle ULSS provinciali concentrando
“ipso facto” le dinamiche e le relazioni delle ULSS capoluogo con le ULSS periferiche della rete.
La proposta attuale degli Ospedali Hub e Spoke e le reti assistenziali, impongono comunque un
modello obbligatorio di riferimento e collaborazione fra ULSS della provincia, ma molto dipenderà
dalla volontà delle direzioni generali di collaborare tanto o meno. Diverso sarebbe stato se la
Regione avesse avuto il coraggio di organizzare le USL a valenza provinciale o per aree, con un
unico DG, un DS e tanti dirigenti di presidio per ogni ospedale, con l’unico obiettivo di ottimizzare
le risorse e l’offerta dei servizi, migliorare l’organizzazione, azzerare i doppioni, razionalizzare la
spesa, ridurre i costi. In una situazione economica così critica, che per la prima volta ha visto un
sottofinanziamento della sanità ridurre i costi a parità di offerta vuol dire centrare l’obiettivo
primario di una società civile.
Il mantenimento dei confini delle ULSS attuali, nella logica della rete, penalizza i cittadini delle
ULSS non residenti perché, ad esempio, nelle prenotazioni a CUP vengono collocati al termine
della lista di attesa.
Rimangono ancora tanti doppioni di UUOO, talora fotocopia uno dell'altro, difficili da mantenere
nelle condizioni di sicurezza per i pazienti e per gli operatori. La permanenza di doppioni e la
frammentazione del personale in più sedi, la moltiplicazione della strumentazione necessaria,
riduce per forza la qualità dei livelli di assistenza (numerosità del personale in servizio) e riduce la
possibilità di ammodernamento della strumentazione tecnologica.
Forse uno sforzo maggiore poteva essere fatto nel chiudere qualche piccolo ospedale, non più in
grado di assicurare condizioni di sicurezza e imponendo viaggi verso gli ospedali maggiori per
completare gli accertamenti diagnostici con strumentazione di alta tecnologia, disponibile solo
altrove.
Alcune soluzioni di ULSS di individuare un ospedale a prevalente indirizzo medico e l'altro
chirurgico, da un verso accontentano Sindaci e comunità locali che non si vedono privati
dell'ospedale. Però aprono una serie di problemi di sicurezza che gravano sugli operatori, come
urgenze chirurgiche in un ospedale medico e viceversa (esempio: Dolo – Mirano; Portogruaro – S.
Donà; …).
I piccoli ospedali rischiano di diventare pericolosi. È vero che saranno i pazienti a decretare la
morte delle strutture meno efficaci e sicure. Meglio sarebbe proporre la chiusura in anticipo, senza
esporre ulteriormente i pazienti e gli operatori della sanità a rischi inutili ed evitabili.
Il taglio dei posti letto (circa 1200) ha riguardato quasi esclusivamente il pubblico e in maniera
irrisoria il privato (-150). In taluni casi la vicinanza di pubblico e privato espone a condizioni di
duplicazione di attività non giustificate da logiche di programmazione (ULSS 10, S. Donà).
In una società che invecchia e in cui si nasce sempre meno, rimangono ancora troppi punti nascita,
alcuni senza affiancamento di neonatologia e rianimazione e quindi non in condizioni di sicurezza
(Dolo – Mirano; Valdagno – Arzignano; …)
Emergenza – Urgenza. Non sempre la rete sembra permettere di garantire assistenza entro i 20
minuti (esempio: delta del Po, Veneziana, ... )
Il potenziamento delle strutture di riabilitazione e lungodegenza devono essere messe nelle
condizioni di disporre del personale medico e di tecnici della riabilitazione adeguati e sufficienti.
Con lo stabilizzarsi dell'architettura futura della rete ospedaliera, vanno assicurati gli adeguamenti
degli organici, in particolare nelle aree chirurgiche più in sofferenza per straordinario erogato e per
ferie arretrate.
Assistenza residenziale intermedia (Hospice, RSA, Ospedale di Comunità, … )
I promessi posti letto di residenzialità intermedia vanno realizzati prioritariamente alla chiusura
dei posti letto ospedalieri. Se si attende prima la chiusura dei posti letto ospedalieri per
riconvertire le risorse sul territorio, si produce una carenza di letti di accoglienza per dimissioni
precoci e per percorsi di accoglienza per i pazienti non acuti che rischiano il ricovero improprio e
prolungato in ospedale. La gestione di questi posti letto di residenzialità intermedia va svincolato
da regole rigide di valutazione complessa, ma deve essere molto agile e facilitata se vuole essere
anche un valido aiuto all'ospedale.
Nel territorio vengono investite più del 50% delle risorse delle ULSS. È quindi necessario dotarlo di
un’organizzazione forte con unità organizzative definite e in grado di controllare, tramite i processi
di budget, sia i soggetti e le strutture proprie che quelle in convenzione.
Per il distretto socio sanitario si evince un modello molto centrato sulla figura e sul ruolo del
medico di medicina generale, comprimendo il ruolo dei medici e del personale della dipendenza. È
un modello che presto dovrà essere rivisto perché fra pochi anni molti MMG non saranno sostituiti
e sarà necessario rivedere il processo di cura più centrato per la polipatologia e cronicità sulla
figura e sulle autonomie di infermieri e meno dei medici.
Sembra che la parte prevalente dell'assistenza distrettuale sia sanitaria e delle “cure primarie”.
In un piano secondario sono indicate le attività delle altre UUOO con le funzioni della educazione
sanitaria e della prevenzione.(es.: materno infantile). Alcune di estrema importanza non sono
valorizzate (es.: farmaceutico territoriale).
Emergono molte ombre sul ruolo del direttore di distretto che cede molte delle sue prerogative
alla figura del direttore sociale e delle funzioni territoriali, che ricopre funzioni operative e non
solo di indirizzo strategico.
Non sembra poi riconoscere nelle schede una strategia che permetta una migliore gestione del
paziente oncologico, attraverso una rete che permetta a questi pazienti di avere un’assistenza
“organizzata” su tutto il territorio, frutto di una pianificazione di tale progetto tra Specialisti e
Regione.
CIMO-ASMD del Veneto controllerà che i rapporti tra HUB e spoke siano reali, in pratica che si
concretizzi quell’ipotesi di accordo fra DG di USL diverse che punti alla razionalizzazione e
ottimizzazione collettiva del piano sanitario piuttosto che al raggiungimento dell’obiettivo della
singola USL, così come verificherà che la chiusura dei letti ospedalieri segua all’apertura dei letti
sul territorio.
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Documento di parere sulle Schede Ospedaliere e Territoriali- PSSR 2012-2016 Il PSSR 2012-2016, dopo oltre 15 anni di attesa, dà ora l’opportunità di riorganizzare il SSSR coerentemente ai nuovi bisogni assistenziali ed innovando l’impianto tecnologico, organizzativo, professionale, strutturale e gestionale, per fronteggiare in modo adeguato le nuove sfide di prevenzione, cura, assistenza e riabilitazione in Veneto. La Cisl ha contribuito alla costruzione del Piano con proprie osservazioni e proposte, sulla visione futura del sistema socio-sanitario e sui principi fondamentali della programmazione (universalità, equità, umanizzazione e integrazione socio-sanitaria), sostenendo sempre che le linee programmatorie debbano essere chiare nelle modalità di realizzazione, nelle risorse attribuite, negli strumenti, nei tempi e nel ruolo delle professioni. La Cisl ha anche sottolineato l’urgenza di un nuovo quadro di programmazione e dei relativi provvedimenti attuativi miranti ad innovare i modelli assistenziali per aree e percorsi omogenei, e per avere l’organizzazione dei servizi più capace di rispondere alle nuove esigenze e bisogni delle persone. Anche perché, in un contesto storico dove per gli effetti conseguenti la crisi economica, la necessità di rientrare dai debiti (gestione sostenibile di sistema e debito pubblico) e i tagli passati, attuali, nuovi e futuri sui finanziamenti nazionali (oltre 23 mld di euro nel periodo triennale 2012-2014 su un sistema già peraltro sotto finanziato), si rischia di far pagare un caro prezzo ai cittadini sia in termini economici che di cure e di salute. In particolare dal 2010 ad oggi non vi è stato alcun aumento del finanziamento del SSN, dopo che nel decennio 2000-2009 aveva registrato un incremento medio annuo dell’1,3%. Sono dati che confermano la necessità di un tempestivo intervento sui meccanismi strutturali di funzionamento e di riorganizzazione. A tutela delle persone che vivono o che comunque fanno affidamento alla Sanità del Veneto va oggi realizzata una graduale ma effettiva riorganizzazione/ottimizzazione dell’uso delle risorse, soprattutto per riorganizzare, anche riconvertendo, il sistema di offerta di servizi e per rilanciare la qualità delle prestazioni assistenziali, prevedendo interventi di medio/lungo periodo. L’obiettivo centrale deve essere quello di migliorare l’attuale offerta di servizi socio-sanitari e di mantenere il welfare locale, in attesa di altri scenari quali l’attuazione di un federalismo responsabile e di una efficace riforma dei livelli istituzionali. La Cisl ritiene che molto di possa comunque già fare anche in presenza di un sistema nazionale che non riesce a definire i costi standard condivisi di sanità e sociale, i livelli essenziali delle
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prestazioni sociali, le politiche di sostegno (anche finanziario) alla non autosufficienza; limiti questi che stanno di fatto minando l’efficacia del welfare e mettendo a rischio la sua funzione inclusiva. Tutto ciò mentre già si profilano condizioni demografiche, sociali ed epidemiologiche (come, ad esempio, bassa natalità, aumento indice di vecchiaia della popolazione, cronicità diffuse) che richiedono maggiori protezioni. La Cisl considera positivamente quanto la Regione Veneto ha saputo fare su alcuni aspetti, come il qualificarsi per visioni avanzate del sistema (integrato socio-sanitario) e per alcuni provvedimenti all’avanguardia in ambito nazionale (Ulss piuttosto che Uls). Scelte intelligenti che permettono oggi di poter prevedere una dotazione di posti-letto pari a 3,5 per mille abitanti (di cui lo 0,5 per la riabilitazione), già così superando quanto previsto dalla Legge135/2012, c.d. “Spending Review”, che pur avendo come obiettivo forti tagli, non è andata oltre all’obiettivo dei 3,7 per mille abitanti. L’approvazione delle schede ospedaliere e territoriali, accompagnata dalla riorganizzazione del SSSR, mette ora in campo una nuova visione, o quantomeno la aggiorna, ridisegnando in modo strutturale, a volte radicale, la rete dei servizi in base ai bisogni della popolazione; bisogni dettati dalla cronicità, da un lato, e interventi di alta specializzazione per quanto riguarda l'acuzie, dall'altro. In questo senso consideriamo elementi cardine e positivi del SSSR aver:
• confermato il modello veneto socio-sanitario con la valorizzazione del sistema “integrato” ospedale-territorio;
• previsto l’organizzazione del sistema ospedaliero in ospedali di rilievo provinciale, presidi di rete, ospedali nodi della rete;
• voluto e previsto le schede territoriali, con un nuovo protagonismo dei Distretti Socio-Sanitari e la valorizzazione delle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) e della Medicina di Gruppo Integrata (MGI).
Non da ultimo, si rileva l’importanza della previsione del sistema a “filiera dell'assistenza” (prevenzione, emergenza/urgenza, acuzie, strutture intermedie, Medicina di gruppo integrata, anche prevedendo il coinvolgimento dei Centri di Servizio). La Cisl, non sottacendo che anche l’approvazione delle schede è avvenuta in ritardo di un anno sulla L.R. 23, intende proseguire il confronto con gli organi regionale sulle priorità e sugli interventi necessari a dare compiutezza a quanto programmato, in relazione soprattutto alle attese di efficienza e di efficacia del sistema. Una cartina tornasole sarà, da questo punto di vista, la condizione dei Pronto Soccorso, la cui attività è oggi sovraccaricata in modo improprio e a cui si è risposto, senza ottenere alcun effetto, con l’imposizione del ticket sui “codici bianchi”. Nel merito dei processi di riorganizzazione la Cisl sottolinea che nel mentre si opera per riorganizzare l’insieme delle dotazioni dei posti letto e dei servizi da implementare, si rende sempre più impellente la definizione delle nuove dotazione organiche di tutte le professioni (sia nella sanità che nel sociale), con la determinazione degli standard valevoli sia per gli erogatori pubblici che privati accreditati.
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E’ indubbio che il processo di cambiamento della struttura organizzativa deve avvenire di pari passo con quello della struttura operativa (più assistenza nel territorio significa più infermieri nel territorio?). A questo scopo auspica l’apertura di un tavolo tecnico ad hoc. La consistenza e l’importanza delle questioni che la realizzazione degli obiettivi previsti dal PSSR e dalle schede ospedaliere/territoriali richiedono un percorso di condivisione che, nella sua trasparenza, dia garanzia di equità e di piena partecipazione dei soggetti interessati e coinvolti. Sotto questo profilo va considerato il confronto con le organizzazione sindacali sia, come sopra accennato, dei lavoratori del settore che dell’utenza ed in particolare degli anziani. Confronto con il sindacato che deve svilupparsi in modo continuativo a livello regionale al tavolo istituito con dgr n.912/18.06.2013 e a livello locale/aziendale in ogni Aulss come previsto dallo stesso PSSR. In questo secondo livello il confronto deve svilupparsi con i Direttori Generali in particolare sulla redazione del Piano aziendale che darà attuazione agli indirizzi della dgr n.68 CR/18.06.2013 (Schede) e della dgr n.975/18.06.2013 (Distretti, Dipartimento Prevenzione e Atto aziendale). La Cisl infine ritiene che va rafforzato il coinvolgimento delle Conferenze dei Sindaci soprattutto in tema di servizi territoriali, per la loro distribuzione territoriale (accessibilità e vicinanza) e per la definizione delle schede di dotazione. Non da ultimo le Conferenze hanno ruolo diretto nell’adempimento degli obiettivi fissati dal PSSR relativamente alla gestione delle funzioni sociali, con priorità alla delega delle stesse funzioni alle Aulss, così come prevede la L.R. 30/2009 “Disposizioni per la istituzione del fondo regionale per la non autosufficienza e per la sua disciplina”. Su queste premesse generali la Cisl presenta le seguenti osservazioni: SCHEDE DI DOTAZIONE OSPEDALIERA
� L’attribuzione dei posti letto viene precisata, per ogni U.O. con molto dettaglio, tanto da
correre il rischio di irrigidirne troppo l’attivazione. Si ritiene più consono prevedere un
margine di flessibilità (15-20%) sul numero complessivo dei posti letto per Area
(Medica, Chirurgica, ecc..), in modo tale da avere una certa flessibilità aziendale nella
responsabilità del Direttore Generale di definire le dotazioni specifiche: ovviamente, in
relazione a precipue situazioni locali e territoriali, ben motivate, anche in relazione a fasi
periodiche, a specifici progetti, a bisogni impellenti, ecc.
� Al 1° alinea, p. 9, del dispositivo della dgr n.68, laddove si prevede: “l'attivazione dei posti letto per l’assistenza territoriale deve essere conseguente alla riduzione dei posti letto ospedalieri;”si ritiene necessario dare indicazioni tali che su questa questione è il territorio che deve essere ritenuto e percepito prioritario, oltre che dare ruolo all’esercizio dell’autonomia locale, per cui si propone di togliere il termine “conseguente” modificando la frase come segue: “l'attivazione dei posti letto per l’assistenza territoriale deve essere almeno contestuale se non antecedente, comunque gestita in modo armonico alla riduzione dei posti letto ospedalieri;
� Considerando prioritaria l’attenzione alla persona e i principi di umanizzazione, va posta
in attenzione la fase di informazione, relazione e supporto alla persona, soprattutto in
particolari casi di grave malattia o grave trauma, ecc., per cui si propone di prevedere
che un’UOSD di Psicologia Clinica ospedaliera sia presente in tutte le strutture
sanitarie (alla stregua di quanto viene previsto per l’Ospedale di Santorso). Tale
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previsione va considerata anche ai fini di sostenere l’attività, la formazione e il benessere
organizzativo degli operatori.
SCHEDE DI DOTAZIONE TERRITORIALE
� Condividendo l'indirizzo del PSSR di aumentare i posti letto nelle Strutture di Ricovero
Intermedio fino alla realizzazione piena dell’1,2 per mille abitanti, si sottolinea la
necessità di valutare con estrema attenzione la corrispondenza ai reali bisogni, in
modo tale da favorire lo sviluppo pieno e coerente di tale tipo di servizio fino alla
percentuale massima prevista dell'1,2 per mille
� Per un’implementazione diffusa e rapida delle MGI (Medicina di Gruppo Integrata) è
necessario che nel provvedimento definitivo sulle schede venga allegato il “Contratto di
Esercizio tipo”, dettagliando contenuti, criteri, regole, dotazione, risorse e
quant’altro di utile per favorire una partenza immediata e concreta di tali strutture
� All’Allegato A, capitolo 2 “ASSISTENZA TERRITORIALE”, 2° comma del punto 2.2 “La riorganizzazione delle Cure primarie”, si prevede nel dettaglio la composizione del team multi professionale delle Medicine di Gruppo Integrate come segue: “Nel dettaglio le Medicine di Gruppo Integrate sono team multi professionali. costituite da Medici e Pediatri di famiglia, Specialisti. Medici della Continuità Assistenziale. infermieri. collaboratori di studio e assistenti sociali, che…omissis…tanto da limitare la previsione di altre figure professionali. Per ovviare a questo problema si propone di aggiungere un “eccetera” oppure un “e altre figure professionali”.
CONFRONTO SINDACALE
� Si propone che dei provvedimenti attuati da ogni azienda (Atto aziendale, Piano
Triennale, ecc.) sia data informativa, per ogni utile approfondimento, al Tavolo di
confronto permanente regionale (istituito con dgr n.912 del 18.06.2013), funzionale
anche a tenere il monitoraggio del sistema e accompagnare l'attuazione dei
provvedimenti. Peraltro, nell’ottica di affrontare nel tempo le questioni relative ai costi
standard, agli effetti della riorganizzazione sul sistema privato, alle dotazioni standard,
ecc.
� A livello di ogni singola Aulss chiediamo vada favorita la fase di confronto sull’Atto
Aziendale che le aziende devono fare entro il 31 luglio, prevedendo l’attivazione
immediata, qualora non già avvenuta, l’attivazione di un tavolo specifico aziendale.
Tavolo che poi può continuare i lavori per affrontare l’iter e i contenuti relativi al Piano
Aziendale Triennale che i Direttori Generali devono presentare alla Regione entro 90
giorni dalla deliberazione definitiva sulle schede e che può essere funzionale anche a
tenere il monitoraggio del sistema e accompagnare l'attuazione dei provvedimenti a
livello locale.
PROFESSIONI
� Si condivide la previsione di operatori “Case Manager”, in quanto deve essere pregnante
la reale capacità di far sì che le cose si attuino, soprattutto operando per la sinergia di
tutte le fasi che riguardano l’integrazione tra settori, aree, servizi, ecc. e lo svolgimento
delle attività a livello multidisciplinare. Si chiede di considerarne l’effettiva portata
innovatrice e una adeguata presenza di dotazione organica, avente lo scopo di
valorizzare certe professionalità a favore del servizio ai cittadini. Non da ultimo, è
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fondamentale per far partire il nuovo modello assistenziale per la cronicità la previsione
di Infermieri Case Manager e Medici riorganizzati
� Le Unità Operative Semplici delle Professioni Sanitarie (o US, come citato in tema nelle
schede), devono afferire unicamente all'Unità Operativa Complessa in staff alla
Direzione Strategica, fermo restando la ovvia collaborazione con le Direzioni Ospedaliere
e Territoriali
� La Cisl ritiene di fondamentale importanza la valorizzazione di nuovi ruoli
professionali sanitari, socio-sanitari e sociali diffusi nel territorio, nelle MGI, ecc., ma
anche nelle strutture di ricovero ordinario e intermedio. Allo scopo ritiene di
fondamentale importanza il punto che prevede in capo alle Aziende la possibilità di
“proporre modalità organizzative e gestionali innovative che siano ritenute migliorative”
(terz’ultimo comma del punto 1. “Premessa” alle Linee guida per la predisposizione
dell’atto aziendale)
Marj Pallaro Adolfo Berti Franca Porto Segretario Generale Segretario Generale Segretaria Generale
FP Cisl Veneto FNP Cisl Veneto USR Cisl Veneto Venezia- Mestre 11 luglio 2013 -------------------------------------- Il presente documento riassume le argomentazione e le osservazioni esposte alla V Commissione Consiliare della Regione Veneto in occasione dell’incontro consultivo del 4 luglio 2013.
Via J. Crescini 141 bis 35126 PADOVA TEL 335 1817627 FAX 049 756999 email: [email protected]
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della Regione Veneto organizzazione con fini culturali COD. FISC. 92226590286
Padova 18 luglio 2013
Al presidente dott. L. Padrin
Ai Sig.i Consiglieri regionali
V° Commissione
Consiglio regionale Veneto
Oggetto: deliberazione della Giunta regionale n. 68/CR del 18 giugno 2013
Egregi Consiglieri,
il gruppo professionale che rappresento valuta con vivissimo interesse quando dichiarato al
secondo paragrafo di pagina 13 dell’allegato A della delibera di cui all’oggetto e si sente pronto ad
utilizzare, come è accaduto sempre, le tecnologie ed i protocolli più all’avanguardia per
implementare l’attività di diagnostica per immagini.
Siamo assolutamente convinti che la teleradiologia sia un’opportunità per tutti gli stakeholder ma
segnaliamo con profondo rammarico che in tempi recenti si sono fatti passi indietro.
Presso la maggioranza delle radiologie ospedaliere del Veneto, come in tutta Italia, il TSRM
effettua in autonomia ed in assenza del medico radiologo, nel rispetto di specifici protocolli
operativi opportunamente predisposti, radiogrammi dell’apparato scheletrico. Spesso le immagini
da refertare vengono inviate attraverso la rete dall’ospedale periferico a quello principale dove si
trova fisicamente il radiologo.
A seguito delle vicende di Marlia (LU) dove, operando nelle medesime condizioni con la
teleradiologia, sono stati rinviati a giudizio sia i TSRM (abuso di professione) che il medico
radiologo, in qualche Azienda sanitaria del Veneto si è tornati ad avere il medico radiologo anche
nelle sedi periferiche, distogliendolo da altre attività.
Il caso Marlia origina da una interpretazione del D.Lvo 187/2000 (recepimento della direttiva
Euratom 43/97), legge che può essere annoverata tra le più inapplicate in Italia.
Applicandola non solo sarebbe impensabile la telegestione ma si bloccherebbero tutte le
radiologie, soprattutto nei presidi periferici, di notte e durante le festività; situazioni in cui il Tecnico
di radiologia opera da sempre in autonomia e senza la presenza del medico radiologo.
Si dovrebbero assumere, solo nel Veneto, qualche decina di radiologi per un costo di circa 87.000
euro/anno cadauno.
In questa sede si ribadisce che la teleradiologia può rimanere in vita solo se la 187/2000 viene
modificata rendendola rispondente alla traduzione letterale del testo della direttiva Euratom 43/97.
La teleradiologia intesa come invio di informazioni e immagini necessita di figure professionali che
assicurino la correttezza, l’integrità e la conservazione dei dati. Il nostro gruppo professionale da
anni sta promuovendo master per TSRM amministratori di sistema perché non si verifichino più
errori tragici come quelli occorsi qualche anno fa a Bologna.
Alcune regioni tra cui l’Emilia Romagna, il Friuli e la Toscana hanno disegnato ruolo, competenze
e responsabilità del TSRM amministratore di sistema.
In altre ancora è stata favorita la radiologia domiciliare, caso particolare di telegestione che
consente di eseguire alcune prestazioni sul territorio, evitando in questi casi il trasporto di pazienti
anziani e/o con difficoltà motorie verso le strutture ospedaliere e garantendo un corrispondente
risparmio di risorse.
Il grafico che segue mostra quanto sia cresciuta la spesa per la specialistica ambulatoriale negli
scorsi anni.
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All’incremento del privato non è corrisposta una proporzionale crescita dell’offerta di prestazioni di
diagnostica per immagini delle strutture pubbliche.
La mancata assunzione di personale dell’area radiologica, anche a fronte di pensionamenti, non
consente, in più di qualche situazione, di rendere accessibili le grandi apparecchiature di
diagnostica per immagini almeno 12 ore al giorno.
Queste situazioni, in termini di ammortamento delle apparecchiature, contravvengono a quanto
dichiarato nelle schede CRITE inviate in regione per motivarne l'acquisto.
Sembra anche che presso il Pronto Soccorso di un ospedale del veronese in via di dismissione si
intenda impegnare 700.000 euro per una nuova diagnostica. In una altro ospedale pubblico del
veneziano la radiologia è affidata per 3 giorni la settimana ad una ditta esterna.
L’apertura serale delle radiologie ospedaliere può comportare maggiori oneri per le Aziende
sanitarie senza alcuna effettiva riduzione dei tempi di attesa.
Si rischia addirittura di incentivare a caro prezzo l’apertura serale talvolta tenendo le
apparecchiature ferme durante il pomeriggio.
A nostro avviso prima si dovrebbero utilizzare queste risorse economiche per attivare tutte le
grandi macchine (TC e RM) già presenti negli ospedali pubblici, anche con assunzione di
personale, dando una risposta certamente più efficace alla riduzione delle liste d’attesa.
La regione dovrebbe attivare un monitoraggio in tal senso.
Ci siamo posti la seguente domanda:
“Alle aziende sanitarie conviene comperare prestazioni di Risonanza Magnetica dai privati accreditati
corrispondendo gli importi previsti dal tariffario regionale o è più conveniente acquisire nuove
apparecchiature ed assumere il personale necessario per farle funzionare su 12 ore giornaliere gestendo
il servizio nelle strutture pubbliche?”
A conti fatti, acquistando una RM da 1,5 Tesla (800.000 euro, dati CONSIP, ammortizzabili in 5
anni di utilizzo) ed assumendo radiologi, TSRM ed IP che operino su un solo turno di 6 ore per 6
giorni la settimana, l’Azienda sanitaria che si produca in proprio prestazioni RM risparmia
perlomeno 100.000 euro per anno.
Se la stessa RM, impiegando ulteriore personale, fosse utilizzata su due turni di 6 ore per 6 giorni
la settimana (6 RM con mezzo di contrasto al mattino e 10 RM articolari nel turno pomeridiano) il
risparmio non scenderebbe al di sotto di 600.000 euro/anno per apparecchiatura.
Ma anche la sola razionalizzazione dell’uso di risorse suggerisce di assumere personale sanitario
laddove non sia al momento possibile organizzare l’apertura delle grandi apparecchiature di
diagnostica per immagini almeno su 12 ore.
Infine attenzione particolare dovrebbe essere posta ai servizi di Radioterapia, pubblici e privati,
verificando siano rispettati i criteri minimi di qualità previsti dalle linee guida nazionali ed
internazionali.
Confidando che quanto brevemente illustrato possa risultare proficuo nel dibattito che si sta
svolgendo riguardo alle schede di dotazione ospedaliera invio cordiali saluti.
dott. Vettore Mirko coordinatore veneto collegi TSRM
COLLEGIO DEI CLINICI E PROFESSORI UNIVERSITARI DI PSICHIATRIA
DELLA REGIONE VENETO
Coordinatore regionale:dott. Claudio Busana Tel. 0444 708232 Fax 0444 708343 e-mail: [email protected]
Osservazioni su PAGR 386 68/CR del 18.06.2013
Il modello Veneto di organizzazione del Dipartimento di Salute Mentale (DSM) prevede una
articolazione integrata dei Servizi secondo la quale il direttore della UOC di Psichiatria gestisce sia
il Centro di Salute Mentale (Territorio) che il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC
Ospedale). La direzione unica consente di coordinare i due livelli di intervento e dare continuità ai
programmi terapeutici da ospedale a territorio. Qualcuno ha fatto notare che questo modello
“transmurale” è particolarmente adeguato alla integrazione dei diversi livelli assistenziali e può
costituire un esempio di funzionamento organizzato ospedale/territorio da estendere anche ad altre
Aree sanitarie.
Nel Progetto Obiettivo Tutela Salute Mentale Regionale POTSM è enfatizzato il ruolo della
psichiatria di comunità e definisce alcuni parametri di riferimento neccessari: 1 PL in SPDC ogni
10.000 ab, una U.O.C. équipe di Psichiatria ogni 100.000 ab.
A conferma di quanto sopra questo modello e questa organizzazione dei Servizi sta offrendo un
soddisfacente livello di cura all’utenza soprattutto nelle Aziende Ulss della regione ove essi sono
stati compiutamente realizzati. Si tenga conto che la Psichiatria deve far fronte all’aumento delle
tensioni sociali e dal malessere diffuso nella popolazione che sta determinando un aumento dei
fenomeni di disagio sociale talora addirittura con passaggi ad atti autolesivi.
Tutto ciò premesso, con preoccupazione si legge nell’allegato A1 della DGR 975 del 18/06/2013-
Strutture complesse non ospedaliere che il nuovo numero delle Unità complesse di Psichiatria è
molto inferiore al precedente. La nuova dimensione alla quale possono arrivare le èquipe
psichiatriche è di una UOC di Psichiatria ogni 200.000/250.000 ab. Questo dato non può non
mettere in allarme dato che l’impianto organizzativo dei Servizi previsto dai due POTSM vengono
stravolti..
Almeno due conseguenze negative sono prevedibili a causa del spracitato ridimensionamento:
la prima riguarda l’organizzazione del dipartimento di salute mentale che è strutturale e
autonomo e che si fonda sul modello organizzativo ospedale- territorio con una rete di Servizi molto
articolata e complessa e che avrà delle ripercussioni negative a fronte di estensioni troppo grandi
delle UOC di Psichiatria che non consentono una adeguata gestione locale dei programmi
terapeutici individuali e della gestione delle Strutture Intermedie residenziali e semiresidenziali per
la realizzazione dei progetti riabilitativi e di autonomia. La seconda riguarda la dimensione
clinica delle UOC, si rischia infatti che la direzione della UOC di Psichiatria diventi un organo
burocratico e non il luogo clinico operativo di gestione della complessità della patologia psichiatrica
e dei programmi terapeutici individuali sia nella fase di trattamento della patologia in fase di acuzie
durante il ricovero ospedaliero e della effettuazione delle dimissioni in “sicurezza” e di presa in
carico forte territoriale.
In sintesi, si chiede che l’attuale organizzazione della rete dei Servizi psichiatrici venga
mantenuta così come stabilito dai Progetti Obiettivo Tutela Salute Mentale Regionali
(mantenimento del Modello Veneto) razionalizzando il numero delle UOC di Psichiatria senza
prevedere aumenti del bacino di utenza oltre i parametri indicati dai PROGETTI stessi.
1 PL ogni 10000 ab; 1 équipe psichiatrica ogni 100.000/120.000 ab.
Ringrazio per l’attenzione e saluto distintamente
Il Coordinatore del Collegio
Dr. Claudio Busana
CollegioCollegioCollegioCollegio deideideidei PrimariPrimariPrimariPrimari didididi MedicinaMedicinaMedicinaMedicina didididi LaboratorioLaboratorioLaboratorioLaboratorioRegioneRegioneRegioneRegione VenetoVenetoVenetoVeneto
PROPOSTE OPERATIVE PER UNA MIGLIORE APPLICAZIONE DELLE SCHEDE DI DOTAZIONE OSPEDALIERA IN RELAZIONE ALLA MEDICINA DI LABORATORIO
Il Collegio dei Primari di Medicina di Laboratorio del Veneto, dopo un attento esame delle Schede di dotazione ospedaliera e territoriale (DGR 68 CR del 18-6-3013) relative alla disciplina di Medicina di Laboratorio,ne condivide le finalità ed esprime apprezzamento• per i principi generali espressi in merito alla riorganizzazione della rete ospedaliera,
secondo criteri di accessibilità, qualità dell’assistenza e di sicurezza per i pazienti,
• per l’adozione di un modello basato sulle reti cliniche per le quali è previsto lo sviluppo di strumenti informatici di integrazione e scambio dati (tele refertazione e teleconsulto). Inserita in tale sistema di reti cliniche, la Medicina di laboratorio ne costituisce un fattore importante di governo e di risposta coerente con il bisogno assistenziale,
esprime dissensoper l’indirizzo individuato di centralizzazione della fase analitica, mantenendo in ciascuna struttura la responsabilità della fase preanalitica e postanalitica, pur nel mantenimento della individualità giuridica. Questa scelta infatti non solo non si basa su chiare prove di efficienza ed efficacia, ma anzi determina un aumento dei rischi di errore e di costi inappropriati correlati ai problemi della logistica.Il Collegio, peraltro, aveva sottoposto alla Segreteria Regionale una proposta organica di riordino della rete dei laboratori, con accentramento delle diagnostiche complesse laddove esistono competenze specialistiche, ma con un diffuso presidio di professionisti per governare i processi diagnostici in diretto confronto con i clinici. La scelta operata senza ricercare il coinvolgimento dei professionisti, determinerebbe non solo una riduzione dei livelli di qualità e tempestività di risposta senza generare significativi risparmi, ma un aumento del rischio di errore e di sicurezza per i pazienti.I motivi del nostro giudizio critico sono i seguenti:
• questa modalità di approccio al problema discende da una visione errata del laboratorio come funzione puramente tecnologica alla quale debbano essere applicati criteri di efficienza produttiva e non un ruolo attivo nel governo clinico. La crescente pressione economica in sanità ha fatto individuare nel laboratorio clinico una delle aree destinate ad interventi volti a ridurre i costi. La corsa alla riduzione del costo per esame, senza peraltro esaminare l’appropriatezza o meno del numero e della tipologia di esami eseguiti, ed il loro corretto inserimento in un profilo diagnostico condiviso tra clinico e specialista della medicina di laboratorio, è alla base della errata visione del laboratorio clinico come commodity, ossia di un bene standardizzato e distinguibile solo in base al prezzo praticato.
• In fase applicativa le schede prevedono riduzioni del numero di apicalità dei laboratori con criteri disomogenei sul territorio regionale. La DGR 68 ne prevede 19, un numero inferiore a quello delle Aziende/ULSS. In vent’anni il numero dei Laboratori nel Veneto è già stato ridotto a meno di un terzo. Usciamo da una stagione nella quale consolidare le strutture era considerato un obiettivo assoluto, nella convinzione che corrispondesse a grandi risparmi. Questo è stato vero in passato, ma ora, raggiunto il valore ottimale, riteniamo che questa manovra sia improduttiva, diventando fine a se stessa. Nella realtà di altre regioni la nuova figura di direttore di laboratorio è sempre più connotata di funzioni manageriali e
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con poco tempo per coltivare la propria professione, trasmettere le competenze, curare la diagnostica in prima persona, mantenere rapporti propositivi con i colleghi clinici.
• E’ ormai evidente, sia nella letteratura scientifica che nella pratica clinica, l’esigenza di saldare in modo più coerente e valido la traduzione delle nuove conoscenze e dell’innovazione nella pratica clinica, in una logica di integrazione tra medicina ospedaliera e medicina territoriale. La Medicina di Laboratorio rappresenta un contesto culturale e professionale ideale che rende possibile la saldatura tra i due ambiti che necessariamente devono convivere.
• Se da un lato la DGR 68 persegue la centralizzazione della fase analitica, dall’altro intende creare di strutture intermedie tra ospedale e territorio, rappresentate da Ospedali di Comunità, Unità Riabilitative Territoriali, Hospice che necessitano di presidi diagnostici decentrati ed accessibili (Point of Care testing). È necessario un equilibrio tra queste due istanze per garantirne un governo efficace.
• Il controllo dell’inappropriatezza è un’attività continua, rivolta sia all’ospedale che, soprattutto, al territorio e pertanto necessita di un presidio locale.
Queste considerazioni ci portano a chiedere soluzio ni diverse che tengano conto che ogni progetto di riorganizzazione, nessuno escluso, richiede un numero adeguato di professionisti preparati e motivati e deve garantire la massima salvaguardia della professione, intesa come dimensione e qualità degli organici, in particolare dei Dirigenti e dei Direttori.Già abbiamo avuto esperienze nel Veneto di soppressione di posti di Primario e gli esiti di queste manovre sono stati un lento ed inarrestabile degrado delle strutture, perdita di professionalità e afflosciamento della capacità di dare risposte. Il tutto a fronte di un risparmio irrilevante sul piano economico, appariscente solo come risultato “politico”.In sintesi chiediamo di:• spostare l’attenzione dalla centralizzazione della fase analitica alla governance dell’intero
ciclo dell’esame di laboratorio. L’obiettivo di costituire la Rete dei Laboratori, deve prevedere l’articolazione per livelli di complessità e per settori specializzati, che può risultare subarticolata in reti disciplinari specifiche, sottoposta a loro volta ad una attività di “clinical governance”.
• mantenere un Direttore di Struttura Complessa almeno per ogni laboratorio di presidio ospedaliero di primo e secondo livello (Ospedali di riferimento provinciale e presidi ospedalieri di rete). Questo conferisce dignità anche ai medi laboratori (di piccoli non ne esistono più), consente un maggiore riconoscimento di tutti gli operatori del comparto per la propria struttura e li responsabilizza in tutte le fasi produttive favorendone la crescita professionale e mantenendo un’opportunità di carriera.
• garantire una adeguata presenza di professionisti preparati non troppo distanti dalla sede di erogazione delle cure, superando la tendenza a prevedere assetti organizzativi troppo accentrati e delocalizzati, per presidiare l’utilizzo razionale ed appropriato delle tecnologie dell’oggi (biologia molecolare, POCT, medicina personalizzata) e di quelle di prossima generazione che premono per essere implementate (genomica, proteomica, trascrittomica).
• realizzare una vera rete di secondo livello di tecnologie legate alla ricerca o comunque più dispendiose perché siano razionalmente concentrate ed eventualmente condivise anche in ottica multidisciplinare, ad esempio con le microbiologie. Questa concentrazione va attuata sulla base di una mappatura territoriale degli “expertise” che consenta di valorizzarne l’operato.
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• istituire organismi di coordinamento provinciale e regionale dei laboratori per dare attuazione ad un piano di riordino misurabile con adeguati e condivisi indicatori.
Siamo convinti che tutto questo può trovare realizzazione ad invarianza di spesa e siamo disponibili a valutare adattamenti dello schema generale proposto a situazioni locali.
Il Collegio dei Primari di Medicina di Laboratorio del Veneto
ULSS 13 Flora AlborinoULSS 4 Antonio AnticoULSS 13 Lucio BacelleULSS 19 Mauro ButtarelloULSS 9 Livio CaberlottoULSS 18 Alessandro CamerottoULSS 22 Marco CaputoULSS 16 Paolo CarraroULSS 21 Antonio ContiULSS 3 Giorgio Da RinULSS 14 Gianluca GessoniULSS 6 Davide GiavarinaAz. Osp. Verona Giancesare GuidiULSS 5 Valentino MiconiULSS 8 Giampaolo PiasericoAz. Osp. Padova Mario PlebaniULSS 6 Microbiologia Mario RassuULSS 9 Microbiologia Roberto RigoliULSS 1 Tiziana RoncadaULSS 20 Novella ScattoloULSS 2 Daniela Signori
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OSSERVAZIONI GENERALI sulle SCHEDE OSPEDALIERE e TERRITORIALI VENETE
Finalmente (18/06/13) sono state approvate dalla GRV (DGR 68/CR) le schede di dotazione
ospedaliera e territoriale, collegate al PSR, atteso da 17 anni.
Come di consueto, una cosa sono gli annunci “entusiastici e celebrativi” (Zaia, Coletto, Mantoan,
Zorzato, alcuni D.Generali), altra cosa sono i fatti e le reazioni della “base” (sindaci, sindacati,
gente comune).
GLI ANNUNCI
1) Per l’ennesima volta, da 17 anni ad oggi, si punta (a parole e nelle scelte) sul territorio “che
forse ci sarà “ma –intanto e nei fatti – si tagliano posti letto ospedalieri per acuti.
2) Per l’ennesima volta non si programma partendo da dati chiari e trasparenti; non si parte da
ciò che si sta facendo (volumi di produzione e qualità delle azioni sanitarie); non si parte dai
dati relativi alla entità della spesa corrente e dall’entità della spesa futura (da ridefinire, alla luce
dei tagli sanitari nazionali) ma dall’affermazione apodittica “meno letti ospedalieri e più
territorio”, per “adeguare la sanità veneta ai bisogni dei pazienti più anziani, più cronici, più
pluripatologici “.
3) Ancora una volta (come nel decennio 2000-2010) si tagliano subito i posti letto ospedalieri
per acuti (-1227, rispetto agli iniziali 18.667) e si ipotizza (da quando?) un aumento dei letti
sul territorio (+1236), in varie strutture esterne. Ancora una volta, non si definiscono i costi, i
tempi, la collocazione e la specializzazione di questi letti territoriali. Ancora una volta
manca un quadro riassuntivo di ciò che gia’ ora esiste sul territorio, in termini di hospice e di
assistenza territoriale sui pazienti bisognosi di “cure territoriali”.
4) Tagliare 1227 posti letto ospedalieri per acuti significa tagliare almeno 64.000
ricoveri/acuti/anno, ipotizzando – come fa la DGR- ricoveri medi della durata di 7 giorni.
Il nostro dubbio è: sarà possibile, questa performance, dal 2015?
5) Perché’ si tagliano i letti ospedalieri (financo al di sotto degli standard nazionali) e non si è
–PRIMA- tagliato il numero delle AULSS, in modo da risparmiare, almeno, su 40 (4x10)
posti dirigenziali, eliminando 10 AULSS?
6) E’ così difficile compattare BL e Feltre; Rovigo con Adria; Legnago con Trecenta? Etc…
7) E’ così difficile ragionale in un’ottica provinciale o sub provinciale (qualunque sia il
destino delle Province…) o con un’ottica territoriale, basata sulle migrazioni sanitarie
storiche?
I FATTI (da dimostrare)
Fatta pulizia dei soliti, aprioristici, commenti da parte dei soliti “servi sciocchi”, è doveroso
basare i commenti sui fatti.
a) Un piano “industriale” deve basarsi su elementi essenziali: l’organizzazione attuale, le risorse
in giuoco, le richieste del mercato, le modifiche possibili, i LEA da garantire etc etc. Tutto questo
manca….
b) Tagliare letti ospedalieri per malati acuti è facile (in teoria), meno facile è associare i suddetti tagli
a chiari risparmi gestionali globali.
c) Su quale base epidemiologica si è scelto di portare i posti letto per acuti al di sotto di 3,5 per
mille in ben 12 AULSS su 21 e di mantenerli sopra il 3,5 per mille in altre 8 AULSS (Bl, Feltre,
VI, TV, Veneziana, PD, Adria, Bussolengo)?
Passi la scelta per i capoluoghi di provincia, ma detta scelta non è comprensibile invece per Feltre,
Adria, Bussolengo.
In altri termini (ossia, considerando l’assetto provinciale), perché si sono privilegiate 4 province
e se ne sono penalizzate 3 (VI,TV,VE)?
Forse che le tipologie montane e lagunari sono diverse tra loro, per mobilità?
d) Le cose non migliorano, anche considerando i posti letto per acuti extraregione (+313).
ANALISI dei DATI
L’esame analitico delle tabelle riassuntive generali consente ulteriori osservazioni e commenti, che
dettagliamo.
APICALITA’
Ammesso e non concesso che il criterio di quantificare i primariati ospedalieri in rapporto a
10.000 abitanti sia parametro corretto e concettualmente valido, c’è da chiedersi:
- perché solo per 3 province (Bl, PD,Rovigo) si scelga un rapporto superiore alla media regionale
(1,53/10.000 abitanti);
-quale sia lo standard specialistico medio di UOC, nei diversi livelli di assistenza ospedaliera (HUB
UE, HUB, spoke);
-quale senso abbia puntare su un rapporto minimale (0.19) nelle AULSS 14, 20 ed allo IOV (0.13).
OSPEDALITA’ PRIVATA ACCREDITATA
Perde 150 posti letto per acuti (-5%) contro 1227 posti letto ospedalieri persi nelle strutture
pubbliche (1227/18667=-6,57%).
ANALISI ARTICOLATA SU BASE PROVINCIALE
Le osservazioni sopra formulate sono confermate dai dati articolati su base provinciale (+ AOPD ed
AOVR), dai quali emerge quanto segue:
-i tagli dei posti letto per acuti sono più pesanti nelle province e nelle AO di : Rovigo (-211),
PD (-205), VR (-167), AOVR (-150), AOPD (-145), Treviso (-142);
-considerando anche i posti letto ospedalieri per acuti extraregione, i tagli ospedalieri più
pesanti sono a Rovigo (-198), Padova (-188), Venezia (-175) e nelle 2 aziende universitarie: AOVR
(-100), AOPD (-95);
-continua l’anomalia dell’AULSS n°22, con enormi e costosi presìdi ospedalieri privati (2+1) e
con 3 strutture (in futuro,2) ospedaliere pubbliche;
-non è chiaro dove verranno collocati (e con che costi) i LETTI TERRITORIALI delle
province di TV (+310), PD (+258), VE (+226), VR (+177), VI (+161) e quale sarà la loro spesa
di attivazione e di gestione;
-non è chiaro quanti e quali saranno i “primariati” (UOC) territoriali e dove saranno collocati;
-non è chiaro se ciò porterà “mobilità coatta” del personale sanitario ed amministrativo e ad ulteriori
figure dirigenziali amministrative territoriali, oltre a quelle in essere;
-non è chiaro da chi dipenderà la veterinaria ed il controllo del territorio (ambiente, acque…).
RETE EMERGENZIALE VENETA
Gli estensori delle schede sembrano essere convinti che l’attuale rete emergenziale veneta sia
ottimale.
Vorremmo che qualcuno ci dimostrasse che:
- le 7 CO (centrali operative provinciali) sono costantemente collegate e coordinate tra
loro e con le 20 COT (centrali operative territoriali). Vorremmo, infatti, conoscere le
casistiche reali degli anni 2011-2012;
- le 46 automediche sono sufficienti;
- le 100 ambulanze con IP sono sufficienti ed adeguate;
- i tempi di intervento sono quelli citati (15 minuti nell’80% dei casi e 20’ nel 90% dei
casi), data la ben nota, caotica, viabilità veneta e date le caratteristiche orografiche del
Veneto;
- nel 2012, rispetto al 2011, il numero delle osservazioni brevi intensive si è ridotto e,
soprattutto, che il loro esito ha portato soprattutto alla dimissione. In altri termini, vorremmo
un documento analitico sul’esito delle suddette osservazioni brevi:dimissione, ricovero,
interventi chirurgici,tipologie. Ciò, al fine di documentare eventuali ricadute sui ricoveri
urgenti….
- nel 2012 non c’è stata collocazione, nei corridoi e nelle stanze degli ospedali veneti, di
“letti di emergenza” (altissima fonte di rischio clinico);
- nessuna dimissione ospedaliera è stata “affrettata ed anticipata” per far fronte ad un
ricoverato urgente.
PRONTO SOCCORSO
Un aspetto particolare, ma importantissimo, riguarda gli aspetti medico-legali legati alla
contrazione dei letti ospedalieri per acuti. Su chi ricade, infatti, la responsabilità (civile,
penale, gestionale, amministrativa, dirigenziale) del mancato o ritardato ricovero di un
paziente acuto, per saturazione dei letti ospedalieri “specialistici”?
Su chi ricade la suddetta responsabilità, in caso di collocazione del paziente in una
struttura non adeguata, con riduzione dei livelli di assistenza?
E, tutto ciò, soprattutto alla luce del “maledetto percorso regionale” che dovrebbe portare, in
tutte le AULSS, un netto aumento del rischio sanitario, dato il progressivo passaggio (in
tutte le aziende) alla franchigia 0-500.000 euro, con attivazione delle informazioni
sull’erogato, alla Corte dei Conti.
RETI CLINICHE e VARIE
Concordiamo sulla scelta delle 11“reti cliniche regionali”, ma ne contestiamo la
parzialità.
Ad esempio: manca una “rete clinica nefrologica e dialitica” (pur se si tratta di pazienti
numerosi e costosi); mancano chiare scelte sul numero e tipologia dei CENTRI
TRAPIANTO VENETI; manca una chiara definizione sul numero e sulla tipologia della
CARDIOCHIRURGIE VENETE, soprattutto dopo l’attivazione della rete anti-IMA…….
Ancora, 2 emodinamiche H24 in provincia di Treviso, ma quante analoghe strutture nel
veneziano, nel padovano e nel veronese?
Ancora, l’anatomia patologica sarà su base provinciale in tutte le 7 province o no?
Se si punta ai “parti sicuri”, perché mantenere il punto nascita a Trecenta, divenuto polo
medico riabilitativo?
CLINICIZZAZIONI
Prendiamo atto che, alla fine, Treviso è riuscito a clinicizzare ben 7 reparti. Ci
chiediamo cosa ne pensi, oggi, il Dr. Dario, passato da Treviso a Padova, come Direttore
Generale…
MEDICI di MEDICINA GENERALE
Nella nostra veste di medici, dirigenti e sindacalisti, ci chiediamo come si possa
ipotizzare (nel 2013-2014) un’assistenza territoriale H24 per 365 giorni/anno, se detto
modello assistenziale non è reso obbligatorio dalla convenzione nazionale (SISAC) e da
quella integrativa regionale e se detto modello è – oggi e nel medio periodo – affidato alla
volontarietà dei Colleghi MMG e pediatri convenzionati, proprio in virtù del loro specifico
rapporto di lavoro.
Anche su questo aspetto, il PSR e le schede collegate avrebbero, quanto meno, dovuto
partire dai dati (e dai costi) esistenti ed avrebbero dovuto ipotizzare steps (progressioni)
annuali (come dati e come costi).
Oggi, la Regione non ha alcun strumento legislativo “vincolante”per rendere
obbligatoria un’organizzazione ambulatoriale “in associazione” della medicina
territoriale.
Un esempio per tutti: il numero delle UTAP (2) attivate nell’AULSS 21 (Legnago), su un
territorio di 200.000 abitanti. Quante sono, oggi, queste strutture (o strutture similari) in
Veneto, per 4.938.282 abitanti? E quante si ipotizza di attivarne, concretamente, in 5 anni?
Analoghe considerazioni potrebbero essere fatte per il ruolo dei MMG all’interno delle
strutture territoriali con degenza: si pensi ai problemi legati all’emergenza ed alla pronta
disponibilità, in tali strutture…
LA POLITICA
Data l’importanza del tema, non si possono trascurare le prese di posizione dei politici
regionali, considerato l’iter che la DGR in questione dovrà fare: Va Commissione (parere
non vincolante) e successivo passaggio in Consiglio Regionale.
-“La Regione continua a vendere aria fritta ai cittadini” (Gerardo Colamarco, UIL veneto);
-“Abbiamo solo numeri e nemmeno certi…a differenza di quanto dice Zaia, il taglio dei
posti letto per acuti è di circa il 7%, dovendosi partire dai 19.020 posti letto delle schede in
vigore: quindi il taglio è di 1580 posti letto per acuti” (Claudio Sinigaglia,PD);
-“I tagli sono ancora più pesanti, se si parte dai posti letto anni 2000, ossia da 21.025 posti
letto, quelli della precedente programmazione..Non si può ragionare sui posti letto
effettivamente occupati, ma su quelli teorici….Si ingannano i cittadini..”(Franco
Bonfante,PD);
-“Intere zone del basso veronese rischiano di rimanere scoperte, dopo la chiusura di
Zevio,Caprino,Isola della Scala ed il depotenziamento di Bussolengo, Bovolone, Malcesine”
(Roberto Fasoli,PD);
-“Sono schede molto rispettose del territorio, anche troppo. Vanno migliorate; ad esempio
bisogna rivisitare il ruolo del privato e rendere più efficiente il pubblico….Ci sarà da
divertirsi…(Leonardo Padrin,PDL);
-“In commissione daremo battaglia (Pietro Marchese,PD);
-“Le schede? Un grande bluff. Non cambia nulla; non si chiude nessun polo; non si riduce il
numero delle USL….Dove troveranno i soldi per potenziare l’assistenza territoriale?
Tagliando i servizi, temo….” (Diego Bottacin, Verso Nord);
- “Le schede territoriali non esistono…”(Bruno Pigozzo,PD);
-“Le schede sono state concordate con i DG, chiamati a metterle in pratica” (Marino
Zorzato,PDL);
-“Zaia è un venditore di sogni….dove sono i fantomatici ospedali di comunità?....(Antonio
De Poli, UDC);
-“Ombre sulla sanità altopianese….(Andrea Gios, sindaco di Asiago);
-“Va favorita la permanenza domiciliare dei disabili…, invece di inviarli nelle strutture
residenziali protette….le risorse sono scarse…perché c’è un taglio di 8 milioni di euro
rispetto alle cifre attuali (4,5 milioni in meno sugli assegni di cura; 2,4 sui progetti di vita
indipendente; 1,1 in meno sulla teleassistenza…). Ci vuole gradualità…e denaro…”(Alberto
Toldo, Presidente della conferenza regionale dei sindaci delle AULSS venete);
-“I tagli dei letti ospedalieri per acuti saranno fatti subito….i nuovi posti territoriali
arriveranno con calma…..Ma non si capisce dove, quali, quanti e quando saranno i servizi
territoriali…Inoltre, c’è scritto in chiaro, l’attivazione territoriale sarà conseguente ai tagli
dei posti per acuti” (Franco Bonfante e Roberto Fasoli, Consiglieri regionali del PD);
-“Al territorio veronese saranno tolti 317 posti letto per acuti, sul taglio totale di 1227
(=25,8% dei tagli) ma non è affatto chiaro dove e quando saranno attivati i letti di
comunità…Poco chiare sono anche le sorti di Borgo Roma (Vr)..” (Mariapia Mazzasette,
CGIL Verona);
-“Con quali risorse verranno attivati i letti di comunità, considerata la continua riduzione di
risorse per sanità e sociale? E come si coniuga il nuovo disegno della sanità ospedaliera con
la recente riduzione delle risorse per l’assistenza domiciliare..?”( CGIL, Verona);
-“ I soldi spesi per l’Ospedale Orlandi di Bussolengo? Soldi sprecati….ora Cariverona
chieda i danni” (Stefano Valdegamberi, Futuro Popolare). Il riferimento è alle donazioni che
Cariverona ha fatto per l’Ospedale di Bussolengo (10 milioni per la ristrutturazione e
400.000 per la Risonanza magnetica). L’Orlandi verrebbe ridimensionato a polo medico;
mentre tutta l’attività chirurgica andrebbe a Villafranca;
-“Oltre il danno, la beffa…visto che l’Orlandi è stato rimodernato recentemente…”(Paola
Boscaini, sindaco di Bussolengo);
-“Monitoreremo il processo di realizzazione degli obiettivi del PSR….per questo la Triplice
ha chiesto alle ULSS del territorio vicentino l’attivazione di osservatori permanenti dove
condividere le scelte socio-sanitarie, con la partecipazione dei cittadini” (CISL, Vicenza);
-“Parte dei risparmi per il taglio dei posti letto vanno reinvestiti nell’assistenza territoriale..”
(Gino Ferraresso, CGIL Vicenza);
-“Chiarenzi di Zevio, addio dal 2015? La guerra continua…”(Diego Ruzza, sindaco di
Zevio).
-“I vertici provinciali della Lega tendono a favorire la sanità privata e quella di Verona città.
Dovendo tagliare, il Carroccio ha orientato le forbici sui comuni amministrati dal PDL,,
come Zevio-Bovolone-Isola della Scala, dove i leghisti pesano poco…” (Franco
Bonfante,PD);
-“ Se i nostri 80 posti letto riabilitativi andranno altrove…qui resterà almeno un’UTAP od
un ospedale di comunità …?” (Marco Nale, PDL).
-“Anche il Garda penalizzato, senza l’ospedale di Bussolengo..” (Maurizio Bernardi,
sindaco di Castelnuovo…L’Arena,5/07/13)
-“Sanità : tutti contro il taglio dei letti….Gia’ adesso sono insufficienti…..”(Corriere
Veneto, 5/07/13).
-“Acque contaminate da sostanze perfluoro-alchiliche…” (L’Arena, 06/07/13).
-“San Bortolo bocciato in informatica…” (Giornale di Vicenza, 06/07/13).
CONCLUDENDO
Le osservazioni sopra esposte sono formulate sulla base di decenni di esperienza
professionale e sindacale.
La gente veneta ed i pazienti veneti non hanno bisogno di promesse, ma di certezze e di
scelte.
Quelle certezze che queste schede, sintetiche, non danno. Quelle scelte che, ancora una
volta, vengono rinviate.
La prima , su tutte: una rete territoriale di poliambulatori specialistici, in grado di evitare
ai pazienti ripetuti accessi alle strutture sanitarie ed ai pronti soccorso (codici verdi e non).
La seconda: una totale ridistribuzione della specialistica ospedaliera, sulla base di dati
reali e non di affermazioni apodittiche.
La terza: la definizione chiara del medico che ha la gestione completa del paziente; si
tratta di un aspetto medico-legale importantissimo, soprattutto per i malati cronici e per
l’intervento di molteplici specialisti in caso di pluripatologie.
Ed invece, si fa confusione (es: Prot. N° 49352-VI/2 della Dirigenza CUP di Mirano,
03/07/13).
La quarta: la revisione dei tickets e delle esenzioni, per evitare le distorsioni attuali (oggi,
spesso, i tickets sono più costosi del valore economico delle singole prestazioni). Ciò
favorisce la medicina convenzionata (laboratorio, radiologia…).
La quinta: il coinvolgimento dei settori specialistici veneti nella programmazione finale.
La sesta: siamo proprio convinti che il nuovo modello ipotizzato sarà adeguato per
assistere 32.000 nuovi casi di cancro/anno; 6500 IMA per anno; 9000 ictus/anno; 210.000
cancerosi cronici (nel 2012); oltre 4000 dializzati cronici (terapia dialitica, trapianto,
trasporti); 45.000 parti “in sicurezza”; migliaia di “anziani disabili e soli”?
Noi, pensiamo che non sia così. Ma, finché la politica giocherà sulle parole e sui numeri
e non sui bisogni della gente, la soluzione non potrà che essere parziale ed il “modello
sanitario veneto degli anni ottanta” sarà destinato a declinare in termini di efficacia ed
efficienza.
Vicenza, 08/07/13
Stefano Biasioli Segretario Generale CONFEDIR
Consigliere del CNEL- Responsabile della “relazione sul welfare”
________________________________________________________________________________ Via Prospero Alpino 69, 00154 Roma • Tel. 06/77204826 – Fax 06/77077029
sito istituzionale www.confedir.it – email [email protected] – [email protected]
30172 Mestre (VE) Via Torino, 151/C
Telefono 041 2517511 – Fax: 041 2517574
www.confindustria.veneto.it [email protected]
Venezia Mestre, 11 luglio 2013
Preg.mo Dott. Leonardo Padrin Presidente
Quinta Commissione Consiliare Consiglio Regionale del Veneto
Palazzo Ferro Fini San Marco, 2322 - 30124 Venezia
Gent.mi Componenti Quinta Commissione Consiliare
Consiglio Regionale del Veneto Palazzo Ferro Fini
San Marco, 2322 - 30124 Venezia
Oggetto: Osservazioni di Confindustria Veneto - Comparto Sanità alla DGR
68/CR del 18.6.2013 “Adeguamento delle schede di dotazione ospedaliere
delle strutture pubbliche e private accreditate di cui alla LR39/93 e definizione
delle schede di dotazione territoriale delle unità organizzative dei servizi e
delle strutture di ricovero intermedie”
Nell’apprestarci ad esprimere alcune valutazioni generali sulla DGR in oggetto,
ci corre l’obbligo di chiarire che il Comparto Sanità di Confidustria Veneto,
rappresentando strutture operanti prevalentemente nella specialistica
ambulatoriale, possiede solo una competenza parziale rispetto ai temi qui trattati.
Ci riferiamo, in particolare, alla riprogrammazione dei posti letto tra le diverse ULSS in strutture pubbliche e private accreditate, sulla quale non abbiamo sufficienti elementi per argomentare un giudizio di merito complessivo.
Su questo aspetto, ci limitiamo ad evidenziare come la logica dei tagli
lineari, senza oggettivi criteri meritocratici, oltre a confliggere con il nuovo
PSSR 2012 – 2016, non produce mai un buon risultato perché premia
l’inefficienza e colpisce i virtuosi, con la conseguenza di peggiorare la
qualità complessiva del sistema.
COMPARTO SANITA’
Il Presidente
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Ribadiamo: non si tratta di un giudizio ma dell’auspicio che a guidare il
decisore regionale non sia la distinzione tra sanità pubblica e sanità privata,
ma tra chi offre un valore aggiunto alla sanità regionale in termini di qualità ed
efficienza del servizio offerto e chi invece, con la propria inefficienza, mina
l’eccellenza raggiunta dal sistema pubblico-privato in anni di duro lavoro.
Passando ai commenti puntuali, evidenziamo di aver colto positivamente un
filo conduttore razionale nelle scelte di potenziamento dell’assistenza
territoriale, nel ridisegno dell’assistenza ospedaliera secondo il modello “hub”
e “spoke” e nella definizione di una nuova rete di urgenza-emergenza.
Tuttavia, il tentativo di sovrapporre lo schema adottato dalla Giunta Regionale,
caratterizzato da diverse e articolate classificazioni, con l’attuale realtà veneta
non è stato esente da difficoltà, in primo luogo a causa dell’impossibilità di
effettuare nella realtà odierna delle classificazioni così nette.
E’ chiaro però che, come ogni processo riformatore, avrà bisogno di tempo e di
condivisione da parte di tutti gli attori in gioco per spiegare i benefici che in
prospettiva potranno realizzarsi.
Dal nostro punto di vista appare particolarmente interessante il deciso potenziamento dell'assistenza territoriale con le aggregazioni funzionali e
le unità di diverso livello.
Riteniamo si tratti di una grande novità, convinti che la decisione di
garantire 24 ore su 24, 7 giorni su 7 tutta l'assistenza sanitaria ai pazienti che
non necessitano dell'ospedale per acuti, sia una scelta giusta che risponde alle
reali necessità dei cittadini.
Su questo spiace non essere però riusciti a cogliere, nemmeno tra le
righe, l'ipotesi di integrazione almeno con le strutture ambulatoriali accreditate di tipo "complesso".
Ci riferiamo a quelle strutture ambulatoriali di eccellenza, riconoscibili per la
multidisciplinarietà dei percorsi diagnostici o di prevenzione e per la capacità di
gestione delle malattie croniche e complesse in collaborazione con i medici di
medicina generale.
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Riteniamo che, accanto ai medici di medicina generale e alle strutture di ricovero intermedie, le strutture ambulatoriali accreditate complesse
potrebbero dare un efficiente contributo alla stabilizzazione del ciclo erogazione-offerta-controllo.
Il percorso intrapreso da queste strutture in termini di Clinical Governance,
sicurezza del paziente, miglioramento continuo della qualità, innovazione e
Health Technology Assessment, le rende, infatti, in grado di integrarsi perfettamente nel modello disegnato nelle nuove schede territoriali,
con ricadute favorevoli per la spesa Regionale e per la funzionalità e qualità
del SSR, anche attraverso il decongestionamento delle strutture di
pronto soccorso, spesso intasate da utilizzo inappropriato. Le strutture ambulatoriali complesse, inserite nei cup provinciali e coinvolte
nello sviluppo dei processi di informatizzazione promossi dal Consorzio
Arsenal, potrebbero anche essere lo strumento per accelerare l’attivazione
della ricetta elettronica e del fascicolo sanitario elettronico regionale.
In conclusione, ci sembra che il nuovo impianto che il legislatore si appresta a
dare all’assistenza territoriale presenti interessanti elementi di innovazione e
funzionalità ma dimentica alcuni soggetti, già attivi all’interno dell’offerta
sanitaria regionale, che potrebbero dare un utile contributo per assicurare al
paziente una risposta più rapida, certa, adeguata e continuativa.
Come sempre, il Comparto Sanità di Confindustria Veneto rimane a
disposizione per ogni approfondimento, nella logica di una proficua reciproca
collaborazione .
Con i migliori saluti
30172 Mestre (VE) Via Torino, 151/C
Telefono 041 2517511 – Fax: 041 2517574
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Il Presidente del Comparto Sanità
Confindustria Veneto
Marco dal Brun
COORDINAMENTO
ASSOCIAZIONI DIABETICI DELLA REGIONE VENETO
San Donà di Piave 23.06.2013
Al Presidente della REGIONE VENETO
LUCA ZAIA
All’Assessore alla Sanità della REGIONE VENETO
LUCA COLETTO
Al Presidente della QUINTA COMMISSIONE
del CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
LEONARDO PADRIN
Ai Componenti DELLA QUINTA COMMISSIONE
del CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
Al Segretario Regionale per la Sanità
DOMENICO MANTOAN
Alla Segretaria della QUINTA COMMISSIONE
del CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO
VIVIANA SCHIAVO
Pc.
U.C. Assistenza Distrettuale e Cure Primarie Direttori Generali delle ULSS del Veneto Commissione regionale per le attività diabetologiche
Come Coordinamento delle 34 Associazioni Diabetici della Regione Veneto su 39;
chiediamo un incontro del nostro coordinatore con il Presidente della Regione Veneto
Luca , con l’Assessore Luca Coletto e con la “Quinta Commissione” per esporre a
Voi le preoccupazioni dei diabetici del Veneto in riferimento alle “schede di
dotazione ospedaliera”
Come Voi certamente siete a conoscenza, nel Veneto il diabete è una malattia molto
diffusa. In genere si parla al singolare, ma se la persona con il diabete è molto
giovane o molto anziana, il paziente diventa collettivo: ogni pranzo, ogni visita, ogni
appuntamento, ogni atto burocratico richiede alla famiglia un grande sforzo
organizzativo per cui la malattia coinvolge circa un milione di persone venete.
Da quanto detto, emerge che il diabete è una patologia in espansione, di alta
rilevanza e pertanto è una malattia prioritaria da curare e assolutamente da
prevenire .
La volontà dei rappresentanti delle Associazioni dei diabetici del Veneto è che esse
continuino ad operare in sinergia con le istituzioni (Regione, ASL, Aziende
Ospedaliere) come è stato negli anni passati vista la forte collaborazione di tutte le
forze politiche nell’ approvazione dei Piani di azione aziendale in attuazione del:
“Progetto obiettivo prevenzione, diagnosi e cura del diabete mellito. Dgr n. 3485 del
17 novembre 2009” ed al fine di rendere più efficaci le strategie di prevenzione,
diagnosi e cura della malattia con la Legge regionale 11 novembre 2011, n. 24,
illustrata in Senato della Repubblica e definita dal Presidente della XII Commissione
igiene e sanità del Senato, Senatore Antonio Tomassini :
"Con questa legge, tutti i pazienti avranno omogenieita' di cure. Finalmente si
prevede che ogni Ulss abbia un proprio servizio diabetologico, con un team
specialistico gia' definito"
Tutta questa volontà di progredire per combattere una malattia che e' causa di
numerosi disturbi, come di cecità, cancro, insufficienza renale, la prima causa di
amputazione degli arti, concausa, nel 40-50% dei casi, di infarti e ictus, eventi
spesso fatali. Come se non bastasse la patologia è in correlazione alla demenza senile:
il diabete di tipo 2 è un fattore di rischio significativo per il decadimento cognitivo
associato ad atrofia celebrale.
“ Le schede di dotazione ospedaliera “ che definiscono la dotazione strutturale
ospedaliera delle Aziende ULSS del Veneto portano la descrizione di tante gestioni
di rete, ci sono quelle sulla rete delle malattie infettive, sulla pneumologia, sulla
gastroenterologia, ecc. ma non si parla della rete diabete che per, inciso, è una realtà
che dentro agli ospedali veneti si cura da almeno 30 anni.
Cosa diremo ai bambini diabetici, ai nuovi diabetici, a chi si è dovuto amputare il
piede, agli anziani con atrofia celebrale causata dal diabete, quando non ci sarà più la
diabetologia che li assiste e fa prevenzione ?
questa non è la dibetologia veneta che, oggi, tutta l’Italia c’invidia,
questa è una riforma degradante ed inadeguata
da combattere per il bene di tutti.
Se parliamo di fare sacrifici, noi diabetici abbiamo collaborato, poco tempo fa, per
arrivare agli obiettivi regionali. Tramite il Servizio Farmaceutico - la Regione
Veneto, ha chiesto alla commissione AIR. ( che comprendeva i rappresentanti delle
associazioni dei diabetici) una riduzione della spesa per i dispositivi diabetici
( presidi) .
Dopo varie riunioni, la commissione ha concordato, la diminuzione della quantità di
strisce da fornire ai diabetici veneti per un totale di strisce di circa 5 milioni di euro
annui .
Le Associazioni desiderano continuare il percorso intrapreso con le istituzioni e
chiedono d’inserire nelle schede :
“ una rete per la cura del diabete, prevista dalla legge regionale sul diabete, dove ci sia, in ogni ULSS, una struttura autonoma dedicata al diabete e dotata di tutte le figure professionali necessarie; ed in ogni capoluogo di provincia una struttura complessa (cioè più grande e con i letti di degenza) per il ricovero degli ammalati.”
questo è un sacrosanto diritto degli ammalati e previsto dalla legge.
In attesa di ottenere l’incontro con i responsabili in indirizzo e in attesa della
convocazione dell’audizione inviamo cordiali saluti
Coordinamento Associazioni Diabetici della Regione Veneto
Il Coordinatore Giovanni Franchin
Cell.: 3394968104 emil : [email protected]
COORDINAMENTO
PROFESSIONI SANITARIE DEL
VENETO
Telefono: 3384371466 Via De Menabuoi 2
E-mail: [email protected] 35132 Padova c/o sede FLITriveneto
Al Presidente V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Padrin Leonardo
Al Vice Presidente V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Sinigaglia Claudio
Al Segretario V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Lazzarini Arianna
Ai componenti della V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Bon Dario
Caner Federico
Foggiato Mariangelo
Grazia Raffaele
Marchese Giampietro
Pigozzo Bruno
Reolon Sergio
Tesserin Carlo Alberto
Bottacin Diego
Corazzari Cristiano
Fracasso Stefano
Mainardi Mauro
Pettenò Pietrangelo
Pipitone Antonino
Sandri Sandro
Toscani Matteo
Padova, 24 giugno 2013
Oggetto: valorizzazione delle professioni sanitarie
Gent.mo Presidente,
le seguenti Associazioni Professionali: AIDI igienista dentale, AIFI fisioterapisti, AIP podologo,
Tecnico audiometrista, AIORAO ortottista, AITN tecnico di neuro fisiopatologia, AITO terapista
occupazionale, ANAP tecnico audioprotesista, ANDID dietista, ANEP educatore professionale,
Confederazione ANTeL Associazione Italiana Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico - ASSIATEL
Associazione Italiana Tecnici di Laboratorio - AITIC Associazione Italiana Tecnici di Istologia e
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Citologia, ANTOI tecnico ortopedico, ANUPI terapista della neuro e psicomotricità dell'età
evolutiva, A.N.Pe.C tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare,
AsNAS assistenti sanitari, Coordinamento Veneto Collegi delle ostetriche, Coordinamento Veneto
Collegi tecnici di radiologia, F.I.Te.La.B.tecnico sanitario di laboratorio biomedico, FLITriveneto
logopedista, UNID igienista dentale, UNPISI tecnico della prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di
lavoro), in rappresentanza di oltre 10.000 professionisti dell'area Sanitaria, ritengono opportuno
portare alla Sua attenzione quanto sotto riportato.
Il nostro paese è coinvolto in un momento di crisi generale che mette a rischio la sostenibilità di
uno dei Sistemi della Salute pubblica che ha fatto dell’Italia, un esempio per molti altre nazioni.
Mai come in questo momento, per far fronte ad obiettivi di razionalizzazione di fronte ad
importanti scelte economiche della spesa sanitaria termini come efficacia, efficienza,
appropriatezza delle prestazioni e dei percorsi terapeutici, equità di accesso alle cure, sono
divenuti elementi imprescindibili per una corretta organizzazione dei servizi sanitari.
All'interno di questo processo riformatore in virtù della sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale,
le Regioni hanno un ruolo centrale e su questo rivestono un ruolo centrale le Professioni Sanitarie
che vi operano con autonomia e conseguente responsabilità, ove si sottolinea la centralità della
loro formazione quale concetto di competenze, conoscenze e attività strategiche per la salute e
parametri focali per il raggiungimento dei criteri di efficacia ed efficienza individuati.
Strumenti per il raggiungimento di questi obiettivi, quali appunto la realizzazione del diritto alla
salute è il processo di aziendalizzazione ed il miglioramento della qualità organizzativa obiettivi il
cui conseguimento si raggiunge attraverso la promozione dello sviluppo e della valorizzazione
delle professioni sanitarie e la diretta responsabilizzazione delle funzioni organizzative e didattiche,
come la legge 251/00 parla da molti anni:
“ Lo Stato e le regioni promuovono, nell'esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di
programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni
sanitarie dell'area della riabilitazione, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta
responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, alla realizzazione del diritto alla salute
del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e
professionale nel Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di una integrazione omogenea con i
servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell'Unione europea”
Ci teniamo a sottolineare che dalla lettura della normativa statale, si evince chiaramente che il
processo di valorizzazione delle professioni sanitarie non è un obiettivo ma è un mezzo, uno
strumento per il raggiungimento di una serie di obiettivi, quali appunto la realizzazione del diritto
alla Salute, il processo di aziendalizzazione e il miglioramento della qualità organizzativa.
In questo momento, la nostra Regione si trova di fronte ad una scelta, vincere la sfida per il
mantenimento del diritto alla Salute con un Servizio Sanitario sostenibile dove le Professioni
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Sanitarie sono chiamate a dare il proprio contributo secondo le specifiche competenze
scientifico-disciplinari.
Cosa chiediamo
Chiediamo a tutti voi Consiglieri di adoperarsi in modo tale che le strutture di cui all’art. 4.3 bis
della Legge Regionale n. 23 del 29 giugno 2012, nella loro attuazione operativa, prevedano una
articolazione delle stesse conforme a quanto previsto dalla normativa statale, quindi a contenuti
multi-professionale e non concepite unicamente come direzioni uni-professionali.
In attesa di un cortese riscontro porgiamo i più cordiali saluti.
Per il Coordinamento delle Professioni Sanitarie
Dr. Paolo Tomasi
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Al Presidente V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Padrin Leonardo
Al Vice Presidente V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Sinigaglia Claudio
Al Segretario V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Lazzarini Arianna
Ai componenti della V Commissione
Consiglio Regionale del Veneto
Bon Dario
Caner Federico
Foggiato Mariangelo
Grazia Raffaele
Marchese Giampietro
Pigozzo Bruno
Reolon Sergio
Tesserin Carlo Alberto
Bottacin Diego
Corazzari Cristiano
Fracasso Stefano
Mainardi Mauro
Pettenò Pietrangelo
Pipitone Antonino
Sandri Sandro
Toscani Matteo
Padova, 30 giugno 2013
Oggetto: valorizzazione delle professioni sanitarie di cui L. 251/2000
Gent.mo Presidente e Consiglieri,
il Coordinamento delle Professioni Sanitarie vuole porre alla Vostra attenzione alcune punti
strategici che fanno dell’organizzazione in Sanità, uno strumento moderno di efficienza alla luce
dell’autonomia e della conseguente responsabilità per le specifiche competenze professionali
delle 22 Professioni coinvolte nel sistema Salute a sostegno delle qualità di cura e servizi al
Cittadino.
Riteniamo che l’esemplificazione del set organizzativo di minima per un distretto ottimale
(all’allegato B delle schede territoriali), chiariscono in modo schematico le caratteristiche
principali dell’UOC Centrale Operativa Territoriale, strumento utile al distretto inteso come
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supporto integrato e le U.O professioni sanitarie territoriali in staff al Direttore dei servizi sociali e
della funzione territoriale.
LA COT è schematizzata secondo le tipologie di interventi, i soggetti che l'attivano, il
funzionamento, le dotazioni informatiche e le risorse umane, specificando che la COT è diretta da
un professionista con laurea magistrale delle professioni sanitarie L251/2000, tuttavia viste le
tipologie funzionali e organizzative, si lascia poco spazio alle professioni sanitarie di area tecnica.
Per quanto riguarda le U.O. professioni sanitarie territoriali, si indicano le funzioni senza considerare
il supporto e l’implementazione di modelli assistenziali tecnico – riabilitativi.
Non è chiaro invece come verranno strutturate le UO delle professioni sanitarie previste
nelle schede ospedaliere. Dalle stesse si evince che saranno in linea con la Direzione Medica, ma
non sono oggetto di studio nella riorganizzazione gestionale dell'assistenza ospedaliera, al fine di
garantire la continuità dell'assistenza, della gestione informatica e relazionale e dei servizi di cura
e diagnosi.
Alla luce delle schede ospedaliere e territoriali e delle Linee guida per la predisposizione
del nuovo atto aziendale, strumento strategico per la definizione dell’assetto organizzativo delle
Aziende Sanitarie Venete, riteniamo utile , per valorizzare anche le altre professioni sanitarie, una
scheda di dettaglio delle funzioni attribuite nelle U.O. delle Professioni sanitarie.
Nella definizione della scheda di dettaglio riteniamo opportuno richiamare quanto previsto
dalla L. 251/2000 (in termini di valorizzazione delle professioni sanitarie) come passaggio
necessario per il raggiungimento degli obiettivi di salute.
Indi, anche con riferimento alla complessità dei processi assistenziali in essere in ogni
singola azienda, richiamiamo l’importanza di prevedere funzioni ed obiettivi di salute non diretti
ad un unico profilo assistenziale ma che coinvolga pienamente anche l’area tecnica, di cui L.
251/2000.
Nella scheda deve essere inoltre prevista una direzione delle professioni sanitarie in staff al
Direttore sanitario e un dirigente di Area, in modo tale che le strutture di cui all’art.4.3 bis della
Legge Regionale n. 23 del 29 giugno 2012, soddisfino il concetto di multi professionalità e non
direzioni uni-professionali, secondo quanto previsto anche dalla L. 251/2000.
Si allega scheda di funzione
Per il Coordinamento delle Professioni Sanitarie
Dr. Paolo Tomasi
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Area professionale tecnico-sanitaria e riabilitativa – scheda ospedaliera
Collocazione
Il Responsabile di Area Tecnica, è componente stabile della Direzione del Unità
Operativa delle Professioni Sanitarie.
È in line al Direttore Sanitario, con il quale collabora per le funzioni di istituto,
rispondendo allo stesso sia delle azioni intraprese che dei risultati ottenuti.
Funzioni e connesse responsabilità
Il Responsabile di Area Tecnica, conformemente agli indirizzi della Direzione
Sanitaria è titolare del governo e della direzione delle risorse assegnate all’Area tecnica di
competenza, ivi comprese le risorse assegnate ai servizi dipartimentali operanti nell’Area
territoriale.
La funzione si sostanzia attraverso autonomi provvedimenti.
In particolare:
- partecipa alla definizione della dotazione organica del personale
dell'area delle professioni tecnico-sanitarie, riabilitative;
- assegna le risorse di afferenza ai Dipartimenti sulla base delle priorità
aziendali, del modello organizzativo e del rispetto degli istituti contrattuali
vigenti;
- assicura la progettazione di sistemi di personalizzazione dell'assistenza
tecnica, riabilitativa nel rispetto delle diversità;
- concorre alla definizione di un sistema di indicatori qualitativi per la
valorizzazione della competenza e di un sistema di autovalutazione dei
professionisti;
- concorre alla definizione degli standard di risultato, di processo e
concorre all'analisi dei costi in rapporto all’efficacia ed efficienza;
- concorre alla verifica e valutazione delle prestazioni in relazione alle
competenze degli specifici profili professionali;
- concorre alla progettazione e adozione di sistemi informativi per la
storicizzazione la valutazione delle prestazioni e l’implementazione di
sistemi di telemedicina;
- promuove, in rapporto sinergico con le funzioni di Staff, la formazione e
l'aggiornamento del personale, la ricerca, la sperimentazione e lo
sviluppo di nuovi modelli organizzativi;
- favorisce l'integrazione delle attività di assistenza, didattica e ricerca,
nell'ambito dei corsi di laurea;
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- partecipa all'identificazione di criteri per la mappatura delle
professionalità esistenti;
- definisce il fabbisogno di nuove competenze che necessitano e del
relativo percorso di formazione in funzione dei bisogni assistenziali e dello
sviluppo organizzativo, tecnologico ed innovativo;
- partecipa alla definizione dei criteri per l'attribuzione degli incarichi
organizzativi e gestionali;
- assicura consulenza professionale ai Responsabili dei Settori trasversali, ai
Responsabili Dipartimentali e ai Coordinatori di UO, rispetto alle funzioni
organizzative e gestionali;
- coadiuva con la Direzione Infermieristica nella definizione di piani e
programmi di sviluppo professionale ed organizzativo per le professioni
sanitarie;
- valuta il raggiungimento degli obiettivi dei progetti a livello aziendale.
Competenze
- conoscenza del processo di direzione del personale;
- capacità progettuali e di negoziazione;
- conoscenza dei modelli assistenziali e organizzativi;
- capacità di innovazione organizzativa;
- capacità di contribuire all’integrazione aziendale;
- conoscenza del contesto giuridico e organizzativo del Servizio Sanitario
Nazionale e Regionale;
Titoli professionali e qualifica
- Laurea specialistica/magistrale in una delle classi di laurea determinate
dal DM 2 aprile 2001.
- Dirigente di UO delle Professioni Sanitaria Area professionale tecnico-
sanitaria e riabilitativa.
Conferimento dell’incarico
Il Responsabile di Area tecnico-sanitaria e riabilitativa. è nominato dal Direttore
Generale previo superamento di una Selezione per titoli e colloquio, da espletarsi
secondo la normativa vigente.
QUINTA COMMISSIONE CONSILIARE
ESTRATTO RESOCONTO
18 LUGLIO 2013
Marino BIANCHI (Coordinamento CUPLA Veneto)
Sono Marino Bianchi coordinatore del CUPLA regionale Veneto, con
me c’è Ferrin Lino vice coordinatore.
Lascio la parola all’amico Ferrin perché è uno che è molto ferrato
in materia.
Lino FERRIN (Vice coordinatore CUPLA Veneto)
Grazie.
Noi abbiamo avuto occasione anche di recente di avere promosso un
incontro tramite il Presidente del Consiglio, Vicepresidente e
Presidente della Quinta Commissione, Vicepresidente anche dei
Capigruppo consiliari, quelli che erano presenti. Noi siamo una
organizzazione che voi conoscete, rappresentiamo otto associazioni
di pensionati al lavoro autonomo, commercio, artigianato e
agricoltura, 300 mila iscritti nel Veneto.
Siamo stati insieme con i rappresentanti della Giunta regionale
nelle famose dieci giornate a Montecchio Precalcino per
l’elaborazione del Piano socio sanitario regionale. Abbiamo dato
il nostro contributo e concordato in modo serio, responsabile e di
collaborazione le linee che poi grosso modo sono state recepite da
parte della Giunta regionale e per buona parte del Consiglio
Regionale.
Noi siamo convinti di questo Piano, però avevamo coscienza, tutti,
che c’era molta consapevolezza da parte dei responsabili
regionali, e di tutti quelli che hanno partecipato, che se noi non
affrontiamo il problema complessivo e contestuale alle schede
ospedaliere con le schede territoriali, noi non riusciremo a far
passare quella linea che è prevista nel Piano socio sanitario
regionale. Non vi deve essere un prima e un dopo dato che voi
avete già avuto molte osservazioni dal territorio riguardanti le
strutture ospedaliere. Vediamo i concetti fondamentali, quelli che
abbiamo stabilito per gli ospedali, oltre alle aziende ospedaliere
di Verona e Padova, l’ospedale provinciale importante, per un
milione di abitanti, di circa quasi tutte le province salvo
l’accorpamento di qualche Provincia e poi i presidi ospedalieri
fino a 200 mila abitanti anche con più ospedali, tenendo conto
anche della peculiarità delle situazioni per quanto riguarda le
zone di montagna. Non possiamo avere zone di montagna che sono
trattate in un modo e altre che sono trattate in modo diverso,
dobbiamo avere una certa uniformità. Su questa linea credo che noi
abbiamo già detto la nostra opinione. Però si è detto che non è
possibile ridurre i posti letto, senza avere operato
contestualmente le strutture territoriali. Questa era la scommessa
che tutti erano convinti, dal Segretario regionale alla sanità,
dall’Assessore, di tutti i componenti del tavolo tecnico. C’era la
convinzione enorme che bisogna tagliare dove ci sono sprechi. La
situazione, l’abbiamo vista, il 3,5 per mille in determinate
province di posti letto altre province il 5 per mille.
Abbiamo verificato che nelle schede territoriali, per esempio, per
quanto riguarda gli ospedali di comunità si parlava di 20 posti
letto per ogni U.L.S.S., etc.. Dobbiamo trovare la sede indicando
la gestione con i medici di medicina generale, garantendo un mese
gratuitamente ai pazienti. Senza questa struttura noi saremo
monchi, con enorme difficoltà per l’attivazione del Piano.
Riscontriamo che nelle schede sono stati indicati otto per 216
posti letto, ne sono preventivati altri 5 per altri 112 posti
letto. Abbiamo ben nove ULSS dove non c’è nessuna indicazione.
Questo è il punto dolente che deve essere risolto contestualmente.
Bisogna sapere dove, come e quando si fanno.
Secondo, si è detto che dobbiamo rimodulare i distretti, farli in
modo diverso perché sono quelli che gestiscono tutta la situazione
da un punto di vista territoriale. Su questo non ci siamo, le AFT
sono nella carta. E poi c’è il grosso nodo dei medici di medicina
generale. Tutti hanno detto, compresi i rappresentanti dei medici
di medicina generale, (ricordo quello che diceva il Dott. Regis
“Io non ce la faccio più a fare il medico nella situazione attuale
perché ho in ambulatorio la sala piena, ci sono quelli che
aspettano da ore, io devo rispondere al telefono, ricevere i
rappresentanti, fare le ricette, visite, etc..”). Nel suo
hinterland, dove ci sono diversi comuni, anche se le
amministrazioni comunali avevano messo a disposizione delle sedi.
Si è inventata la rete, finanziata dalla Regione. Questo è stato
l’errore fondamentale che noi del CUPLA abbiamo fortemente
criticato.
Alleghiamo alla presente anche il documento che abbiamo presentato
e il comunicato stampa dell’incontro avvenuto con il Presidente
del Consiglio Regionale e il Presidente della Quinta Commissione,
con i vice Presidenti e i Capi Gruppo del Consiglio Regionale. La
situazione delle medicine di gruppo: nella prima Delibera della
Giunta del 2011 si affermava che dal primo Gennaio 2014, tutti i
medici di medicina generale dovevano entrare nelle medicine di
gruppo integrate aperte 12 ore al giorno per tutti i giorni della
settimana. I piani presentati dalle ULSS prevedevano n. 293 medici
in rete,(solo a Padova ne avevano indicati n. 190). Si prevedevano
n. 1565 Medici in Gruppo, n. 1053 in Gruppo Integrato più le UTAP.
Poi la Giunta Regionale, sbagliando, ha fatto una nuova Delibera,
la n. 1510 del 2012, inventando la rete con il finanziamento di
Euro 6 per ogni paziente. Con questa seconda Delibera si è
incentivati i Medici di fare la scelta della rete (non prevista
dal Piano Socio Sanitario).
Conseguenze negative: da n. 292 sono passati a n. 1452 in rete.
Il costo complessivo di 6 euro per ogni utente in rete è di 12
milioni di euro all’anno. Con questa cifra la Regione poteva
finanziare altri 871 Medici in Gruppo. L’ultimo accordo raggiunto
tra la Giunta Regionale e i Medici di Medicina Generale stabilisce
il completamento della Medicina di Gruppo integrata a partire dal
primo Gennaio 2016. Fino a quella data restano operativi anche i
finanziamenti della rete. Ricordiamo che i Medici di Medicina
Generale sono pagati dalla Sanità Pubblica, il numero dei pazienti
(circa 1.500 per ogni Medico)è assegnato dalle ULSS che però hanno
un contratto privatistico.
Circa il 50% dei Medici di Medicina Generale hanno scelto la
Medicina di gruppo o di gruppo integrato. A questi Medici va il
nostro giusto riconoscimento e ringraziamento per aver aderito a
questa scelta prevista nel Piano Socio Sanitario. I finanziamenti
sono stati indicati. Circa 25 euro per utente finanziati dalla
Regione e dal Contratto di Esercizio stipulato dalle ULSS per le
Medicine di Gruppo Integrate.
Ora è urgente:
a) l’approvazione da parte della 5^ Commissione e del Consiglio
Regionale “del Contratto di Esercizio per le Medicine di
Gruppo Integrate e dello schema di previsione delle
attività”.
b) di indicare obiettivi, coinvolgendo i Comuni, per trovare
tempestivamente le Sedi per le AFT, per le Medicine di Gruppo
integrate, personale infermieristico, amministrativo,
decentramento degli specialisti sul territorio, etc…
c) indicate precisi obiettivi da realizzarsi nel 2013 – 2014
compresa la trasformazione dei Gruppi semplici in Medicina di
Gruppo Integrato. Il 2015 dovrebbe essere riservato al
completamento del progetto.
d) realizzare in tutte le ULSS gli Ospedali di Comunità e la
riorganizzazione dei distretti.
Il CUPLA si è impegnato e si impegna a collaborare per la
realizzazione di questo importante progetto.
Auspichiamo che il Consiglio Regionale sia fortemente
determinato per raggiungere questi obiettivi, altrimenti non ce
la facciamo e sarebbe un grave danno per la Sanità del Veneto.
Ringraziamo il Presidente e i Componenti della Commissione.
Proponiamo infine, che la Commissione di regia di cui il CUPLA
fa parte, venga convocata periodicamente per la gestione
unitaria di questi problemi. Indichiamo anche che analoga
Commissione di regia venga costituita nelle singole ULSS del
Veneto.
C.U.S.P.E. – S.B.V. REGIONE VENETO
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c/o Ordine dei Medici – Via S. Prosdocimo, 6 – 35139 Padova Tel. 049-664499. C.F.: 92039630287
SEGRETARIO REGIONALE: ing. T Lion E-MAIL [email protected]
Preg.mo Dott. Leonardo Padrin
Presidente Quinta Commissione Consiliare
Consiglio Regionale del Veneto
Palazzo Ferro Fini San Marco, 2322 - 30124
Venezia
Gent.mi Componenti
Quinta Commissione Consiliare
Consiglio Regionale del Veneto
Palazzo Ferro Fini San Marco, 2322 - 30124
Venezia
Oggetto: Osservazioni di Confindustria CUSPE SBV alla DGR 68/CR del 18.6.2013
“Adeguamento delle schede di dotazione ospedaliere delle strutture pubbliche e private
accreditate di cui alla LR39/93 e definizione delle schede di dotazione territoriale delle unità
organizzative dei servizi e delle strutture di ricovero intermedie”.
Di seguito riportiamo il documento esposto in V Commissione durante l’audizione del 12 luglio
2013.
A nome di tutti gli Specialisti e collaboratori del Cuspe cogliamo l’occasione di ringraziare la V
Commissione per l’audizione e la possibilità di contribuire al miglioramento continuo del sistema
sanitario regionale veneto che è ad oggi sicuramente motivo di riconoscimento civiltà e orgoglio
della nostra regione.
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In particolare comprendiamo che la stessa esistenza di un Piano Sanitario Regionale ed il
successivo e sofferto passo di approvazione delle schede abbiano richiesto un notevole sforzo e
una notevole capacità di mediazione da parte della Commissione stessa.
Dalla lettura dei commenti già pubblicati sul sito della Commissione emerge chiaramente che il
cambiamento in un sistema complesso è difficile e che il creare il clima di consenso necessario a
rendere i cambiamenti efficaci sarà tanto un compito altrettanto e forse più arduo di quello svolto
finora.
In questo senso la nostra associazione esprime la massima disponibilità a contribuire fornendo
informazioni e feedback diretto dal territorio e a continuare, nel nuovo assetto territoriale a
svolgere il proprio compito assistenziale come avviene da più di 30 anni con l’unico e
imprescindibile obiettivo di dare il massimo risultato ai cittadini ottimizzando l’uso delle risorse
disponibili.
Proprio nella scarsità di risorse vediamo uno dei nuovi fattori decisionali con cui tutti gli
stakeholders del sistema sanitario devono accettare e imparare a convivere.
Agli skateholder politici spetta il dovere di individuare criteri e indicatori trasparenti e oggettivi
per la valutazione dell’outcome clinico in funzione delle risorse utilizzate.
La materia è complessa e richiede competenza tecnica unita a grande visione politica.
Sicuramente ciascun membro di questa Commissione è familiare con le difficoltà di
valutazione dell’outcome clinico, il dibattito sull’effettivo impatto in termini di QALY delle
prestazioni sanitarie, le moderne tecniche di HTA e le diverse esperienze in questi campi di altri
paesi industrializzati che possono servire da benchmark in positivo e negativo.
Riteniamo che il mondo accademico veneto abbia competenze a capacità per fornire gli e
strumenti di valutazione atte ad integrare le conoscenze e le esperienze dei membri della V
Commissione fornendo quindi adeguati strumenti tecnici.
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Sicuramente ciascun membro di questa Commissione concorda sul fatto che, senza
trasparenza nei criteri di valutazione dell’outcome clinico per unità di risorsa impiegata
(includendo le esternalità positive e negative), l’unico risultato sarà quello di promuovere
l’antico sport del “tiro della giacchetta” che per quanto nobile non è sicuramente il più
adatto a proteggere gli interessi dei cittadini e della collettività.
Anche per gli operatori del sistema sanitario la scarsità di risorse deve essere digerita e
accettata ma questo sarà sicuramente più facile in un contesto di trasparenza sui criteri di
valutazione dei risultati.
A seguito di questo breve appello metodologico di base vorremmo sottoporre alcune
considerazioni per quanto riguarda l’assetto della rete territoriale che, come rilevato anche in altri
autorevoli interventi riportati sul vostro sito, manca di alcuni dettagli che devono essere ancora
definiti.
Appare chiaro che il modello di sanità perseguito si divide in due grandi aree: trattamento acuti e
assistenza territoriale.
Il diverso tipo di bisogno di sanità che ciascuna delle due aree deve soddisfare richiede modelli
organizzativi, dotazioni tecnologiche e strutturali alquanto diverse.
Dall’analisi dei provvedimenti esistenti e dalla lettura del provvedimento oggetto dell’audizione ci
sembra di poter affermare che il sistema si fonda su due pilastri: la struttura intermedia di ricovero
(affiancata all’assistenza domiciliare) e i gruppi di medicina integrata (AFT).
Non abbiamo contezza di come verranno organizzati i servizi specialistici e di diagnostica che
sono necessari al corretto funzionamento dei due pilastri di sopra individuati.
Riteniamo che in questo spazio la migliore soluzione in termini di efficienza e anche in termini di
qualità, applicando opportuni sistemi di controllo, sia rappresentata dall’iniziativa privata.
Le motivazioni sono essenzialmente due: flessibilità e costi.
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Sul tema dell’efficienza economica vorremmo sensibilizzare fortemente la V Commissione a
promuovere un’analisi comparativa in cui, utilizzando i sistemi di contabilità analitica peraltro
obbligatori per la PA, si faccia finalmente chiarezza sui costi unitari delle prestazioni erogate dal
canale pubblico e dai canali del privato accreditato.
In mancanza di tale informazione, che forse è già disponibile nel secretato rapporto CERGAS,
oltre a crearsi una situazione di incertezza che viene strumentalizzata dai diversi gruppi di
interesse, qualsiasi decisione di allocazione delle risorse è esposta a ricorsi amministrativi e
contabili.
Al di là di quelli che saranno gli esiti, segnaliamo che il numero e la rilevanza delle azioni di tutela
attualmente in corso, indicano sicuramente una certa difficoltà della corrente amministrazione a
costruire il consenso attorno alle proprie iniziative.
Come già espresso nella precedente audizione in aprile 2013 concludiamo esprimendo la totale
disponibilità della nostra associazione a compiere i percorsi di adeguamento nelle modalità di
erogazione del servizio che siano necessari per “far funzionare il sistema disegnato dal PSR”.
Quello che chiediamo è che il modello protegga l’indipendenza professionale degli Specialisti e la
liberta di scelta degli assistiti favorendo percorsi di aggregazione che tutelino l’indipendenza degli
stessi nell’esercizio della propria attività.
La tutela richiesta non rappresenta una mera difesa degli interessi della categoria, ma è a nostro
avviso una necessità del Sistema per limitare l’induzione della domanda e massimizzare
l’appropriatezza delle prestazioni.
Nella speranza di poter dare un contributo fattivo alla “progettazione di dettaglio” del sistema
territoriale segnaliamo inoltre due criteri che ci sembrano di fondamentale interesse per i cittadini
assistiti:
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integrazione degli operatori. Con gli attuali strumenti informatici ed in particolare con
l’implementazione del fascicolo elettronico è opportuno che ciascun operatore disponga e fornisca
tutte le informazioni necessarie per massimizzare l’outcome clinico della propria prestazione
completezza delle informazioni. Nell’attuale quadro di tagli nelle prestazioni erogate in convezione
, ovvero di un progressivo spostamento degli oneri dal terzo pagatore ad un finanziamento out of
pocket, uno degli effetti collaterali è che i flussi informatici del SSR non contengono le prestazioni
in regime privato. E’ ovvio che stime incomplete portano a decisioni di impatto incerto.
In conclusione quali che siano le modalità di erogazione che saranno decise e gli eventuali
percorsi di integrazione necessari quello che sicuramente chiediamo e chiarezza nelle regole di
allocazione delle risorse, tempi congrui per gli aggiustamenti e percorsi normativi adeguati.
Con osservanza
Ing. T Lion
Segretario Regionale CUSPE SBV