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Al di là di me….. Cosa c’è ?!!? LABORATORIO: Linguaggio per non vedenti. Obiettivi: Scopo del seguente laboratorio è quello di far conoscere e focalizzare tre importanti obiettivi che il disabile visivo deve poter raggiungere anche con l'adeguato supporto mediante l'aiuto di figure competenti: l'autonomia personale, l'integrazione scolastica, lo sviluppo e potenziamento delle attitudini intellettive e fisiche nel processo di integrazione sociale. Inoltre al fine di far comprendere agli studenti del corso il valore umano della persona disabile nei termini di dignità e libertà, sono indispensabili il raggiungimento degli obiettivi relativi alle acquisizioni delle conoscenze quali: tiflotecnica tiflodidattica tifloinformatica Infine di far apprendere la struttura del codice di lettura e scrittura braille. 1

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Al di là di me…..

Cosa c’è ?!!?

LABORATORIO: Linguaggio per non vedenti.

Obiettivi: Scopo del seguente laboratorio è quello di far conoscere e focalizzare tre importanti obiettivi che il disabile visivo deve poter raggiungere anche con l'adeguato supporto mediante l'aiuto di figure competenti:

l'autonomia personale, l'integrazione scolastica, lo sviluppo e potenziamento delle attitudini intellettive e fisiche nel processo di integrazione sociale.

Inoltre al fine di far comprendere agli studenti del corso il valore umano della persona disabile nei termini di dignità e libertà, sono indispensabili il raggiungimento degli obiettivi relativi alle acquisizioni delle conoscenze quali:

tiflotecnica

tiflodidattica

tifloinformatica

Infine di far apprendere la struttura del codice di lettura e scrittura braille.

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Contenuti:

a) elementi di tiflologia

a1) di cosa si occupa la tiflologia

a2) prospettive e progetti

a3) risorse in termini di legislazione speciale , strutture e servizi presenti sul territorio nazionale e ricerca in ambito didattico

b) elementi di:

b1) tiflotecnica

b2)tiflodidattica

b3)tifloinformatica

c) codice di lettura e scrittura braille

c1)struttura del codice

c2)strumenti e tecnologia per la sua applicazione

c3)evoluzione del codice nell’ambito tifloinformatico

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MI PRESENTO …. . PERCHE’ PARLARE DI ME?

Ho studiato con notevoli difficoltà e ho conseguito il titolo di operatore telefonico e di master del sistema operativo IBM 17-50 prima di comprendere che, poiché quel tipo di professione non mi soddisfaceva in pieno, ritenni così che era mio preciso dovere verso me stesso di continuare gli studi. Così ho conseguito il Diploma di Liceo Classico, nonché il Diploma di Istituto Magistrale presso una scuola serale e, dopo aver superato anche l’anno integrativo, mi sono iscritto all’Università. Pur continuando a lavorare, mi sono laureato presso la Regia Università di Genova in Filosofia teoretica, col massimo dei voti e la lode discutendo la tesi di laurea “Critica e fenomenologia dell’elemento gnoseologico a fondamento della teoretica di Aristotele e Kant”, subito dopo la laurea, sono stato assistente della cattedra di Filosofia Teoretica prima e di Filosofia della Scienza poi. In questo periodo ho impartito lezioni sulla filosofia di Kant (principalmente i concetti di "conoscenza" e di "morte di Dio"), sull’Analitica di Aristotele e sulla nuova metodologia scientifica di Galileo Galilei. Ho incontrato Enrico Berti presso la Normale di Pisa, Umberto Eco a Bologna e il Prof. Evandro Agazzi presso l’Università di Genova; ho inoltre collaborato con il fondatore della Casa Editrice "Melangolo" Prof. Carlo Angelino. Attualmente insegno Filosofia e Storia presso il Liceo Scientifico "Ettore Majorana" di Isernia, sono Presidente Regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti del Molise, nonché Responsabile per l’Istruzione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Regione Molise in qualità di tiflologo, titolo acquisito nel Maggio 1998, progetto e svolgo corsi di aggiornamento e formazione I.RI.FO.R. per le diverse tipologie: "Ambientamento e Comunicazione", "Tiflo-informatica", "Alfabetizzazione Braille", "Tiflo-tecnica" e "Tiflo-didattica". Al presente corso di laurea insegno tiflologia e linguaggio braille; inoltre svolgo lezioni in qualità di tiflologo in alcuni corsi SIS, tenuti dall’università relativamente alla formazione degli insegnanti per il sostegno.

Riconosciuto e accreditato presso la Presidenza del Consiglio della Repubblica e l’Ufficio Nazionale Volontari per il Servizio Civile in qualità di Progettista e Formatore,Selettore e Operatore Locale di progetti per il Servizio Nazionale Civile Volontario.

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1) COSA SIGNIFICA NON VEDERE

Avete mai pensato al modo in cui una persona che non vede possa venire a conoscenza delle ultime notizie? Vi siete mai chiesti cosa significhi compiere gesti quotidiani quali: leggere un giornale, navigare in Internet, fare la spesa, comprarsi un libro, un cd o un capo di abbigliamento? Scegliere dei mobili, progettare un viaggio di istruzione, di piacere o più semplicemente decidere di andare a trovare degli amici coi quali condividere una rappresentazione teatrale o un film al cinema? E che,mentre ascoltate la radio, badate ai bambini che giocano nella stanza accanto, fate attenzione alla pentola a pressione che fischia, che una persona che non ode dovrà trovare modi alternativi per fare o percepire le stesse cose? Probabilmente no. L’indifferenza è un muro: lo alziamo per proteggerci dalla sofferenza, dagli sforzi, dalle vittorie di altri esseri umani e resta lì, impedendoci di comunicare veramente con quelli che ci circondano. Nessuno di noi sa mettersi nei panni di chi gli vive accanto, in definitiva; in particolare manca la conoscenza di cosa significhi vivere con una minorazione sensoriale (per chi non ce l’ha) e cosa implichi questo per chi al disabile vive accanto(per chi ne vive la situazione integralmente).

Così come tu, "normovedente" non sai cosa comporti conoscere solo ombre, buio, "nulla" e dunque non vedere il sorriso di chi ami, io, non vedente, non so cosa significhi per te fissare il mio sguardo un po’ vacuo. Questa forse non è una barriera? Vogliamo arrenderci? Creando società separate e differenti per "normodotati" e "minorati sensoriali"? I cosiddetti “lazzaretti manzoniani”? Certo, le nostre sono esperienze diverse, ma nessuno mi impedisce di chiederti il colore e la dimensione del cielo, o la luminosità e l’espressione del volto sorridente di un bambino, così come a te nessuno impedisce di desiderare di conoscere il suono di un sorriso.

Anzitutto la priorità che dobbiamo dare alla nostra azione divulgativa, volta alla cultura della disabilità,di tipo educativo è e deve essere il superamento di barriere che, ancor prima che nel cammino (sotto forma di gradini, paletti inamovibili, passaggi troppo stretti) incontro quando cerco di comunicare con te e tu vedi di me due occhi che non funzionano;forse non solo quelli; di me non percepisci lo sguardo,come se il tuo pensiero,di te di fronte a me,fosse “chissà come mi immagina”. Solo quando sarà chiaro per tutti che io,“il disabile”, devo poter essere in grado di raggiungere e fruire di tutti i posti che raggiungi tu;ciò perché ne ho la tua stessa necessità e il tuo stesso diritto e dovere, e questo non sarà più motivo di “meraviglia” o di fenomeno

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straordinario, allora ne conseguirà che, l’abbattimento delle barriere architettoniche e non ,di strutture fisiche e strumenti tecnologici,sarà la realtà possibile; questo significherà la definitiva sconfitta per tutte quelle barriere mentali e consentirà la progettazione e realizzazione di edifici ,che fin dalla loro ideazione saranno stati pensati per essere accessibili e fruibili da tutti i disabili sensoriali (non scordare infatti che le differenze spesso sorgono e restano prerogativa del pensiero, ovvero sono ciò che si manifesta nella mente, nella testa di ogni singolo individuo). Ecco che così la comunicazione tra individui sarà il frutto di un dialogo di percezioni chiaro e diretto senza falsi pudori, e ti sentirai libero di chiedermi di cosa ho bisogno o cosa penso, provo e sento e lo stesso sentirò di poter fare io nei tuoi confronti. La comunicazione, qual è lo scambio di messaggi è fondamentale per me che vivo la situazione della “disabilità visiva”, quanto per te che vivi la situazione detta della “normalità”.

La formazione culturale e sociale per una persona che sia in qualunque misura in situazione di disabilità visiva, è un obiettivo estremamente delicato, posto che il successo di questi dipenda, in gran parte, dalla crescita delle attitudini intellettive e fisiche ,da come è strutturato l’ambiente e se in esso interagiscano adeguatamente risorse umane e competenze ;non vanno trascurati aspetti quali la serenità interiore ed una discreta capacità a vivere pienamente la propria condizione di “persona disabile”,attitudine quest’ultima che dovrà essere stata acquisita grazie anche alla partecipazione sincera ed esperta di familiari,amici e personale scolastico e sanitario .

Fondamentale per lo sviluppo completo e corretto delle sue abilità è l’ambiente che riuscirete a creargli intorno in quello che è, di fatto, il primo ambito in cui si scontrerà con i limiti aggiuntivi frequentemente creatigli dalla famiglia di origine e dalla società in genere.

Troppe volte , infatti, un bambino che non vede o vede male cresce in un ambiente iperprotettivo, che non gli consente di sviluppare quelle capacità necessarie per sopperire, per quanto possibile, alla disabilità visiva o comunque di dare spessore e maturità alle proprie specifiche attitudini fisiche ed intellettive.

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2) INTEGRAZIONE LEGALE O PARTECIPAZIONE LIBERA ED ATTIVA DELLA PERSONA

Oggi il disabile visivo è definito in molti modi: diversamente abile; altrimenti abile; handicappato; minorato visivo; disagiato sociale... ecc.

Quale di questi termini sia il più corretto, è difficile da decidere, considerando poi che ognuno di questi ha origini sociali differenti, da quelle di tipo religioso, scolastico, familiare e popolare.

Mi preme qui riflettere non tanto sul termine, di cui già abbiamo detto e ancora certamente diremo, ma sul successo personale che la persona in situazione di disabilità visiva riesce a conseguire nei diversi ambienti sociali quali scuola, famiglia ecc...

Di che tipo è quella che oggi tutti chiamano “integrazione”? Intendo dire: la persona che vive in famiglia, poi nella scuola e nel lavoro, è veramente integrato o è solamente questione di collocamento sociale legale?

Quanti possono dirsi veramente a pieno titolo persone pienamente inserite nella società come individui e non come soggetti socialmente svantaggiati inseriti legalmente?

Una ragazza o un ragazzo sono magari nel gruppo classe pienamente integrati come disabili ma non come persone!

E dunque, hanno ottenuto veramente il successo di cui hanno bisogno come tutti i loro compagni?

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3)QUALCHE ELEMENTO DI TIFLOPSICOLOGIA PER MEGLIO COMPRENDERE LA RELAZIONE TRA REALTA’ E MENTE,IN RIFERIMENTO ALL’APPRENDIMENTO

In assenza totale o parziale della percezione visiva del mondo esterno, nella costruzione dell’immagini prevale l’esperienza tattile o quella acustica?

O prevale la sintesi di entrambe, operata dall’esperienza cinestesica, che progredisce nel soggetto con il progredire stesso dell’esistenza?

Se dovessimo dare una risposta sul piano strettamente fisiologico, dovremmo dire che l’atto percettivo non può essere isolato, secondo le più accreditate teorie del settore, in atti semplici riferiti a semplici sensazioni, dati di altrettanti organi sensori operanti in modo isolato e autonomo.

L’atto percettivo è infatti un atto complesso, che si riferisce al dato sensoriale, ma che viene elaborato e assimilato in un più vasto contesto psicologico, dalla mente del soggetto.

Nella elaborazione dell’atto percettivo, pertanto, non è presente una singola “materia sensoriale” , come vorrebbero alcuni psicologi, ma un insieme di esperienze, composte da più dati sensoriali che maturano la percezione sin dal momento della nascita del bambino.

Di solito nell’atto percettivo completo ed efficiente si riscontrano almeno quattro esperienze sensoriali principali: l’esperienza visiva, tattile, acustica e cinestesica, quest’ultima come referente generale delle precedenti tre esperienze.

L’atto percettivo si conforma quindi in una esperienza senso-percettiva, che matura successivamente il comportamento rappresentativo, quello concettuale e quello ideativo.

Il pensiero nasce dall’incontro del dato oggettivo con la capacità di elaborazione e di assimilazione manifestata dal soggetto.

Ma chiediamoci: che cosa accade dell’atto percettivo, quando sia compromesso il contributo dell’esperienza più ricca, più importante e cioè quella derivante dalla sensazione visiva?

Ritorna l’interrogativo col quale ho aperto questo discorso: quale dei sensi

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che concorrono ha fornire materiale per l’atto percettivo assume la prevalenza e svolge, nei confronti della strutturazione dell’atto percettivo stesso, una funzione di globalizzazione o di sintesi.

A quale mondo sensoriale delegare la funzione sincretica originata nell’atto conoscitivo dalla percezione visiva?

Altri interrogativi si affacciano a questo punto, sull’orizzonte di una sia pur timida indagine psicologica; ma per rimanere fedeli all’assunto iniziale, cercheremo di sviluppare l’indagine intorno a ciò che noi riteniamo fondamentale e cioè l’individuazione del mondo sensoriale che si sostituisce all’esperienza della vista nel processo di globalizzazione per la costituzione dell’atto percettivo.

Una persona che non vede, bambino o adulto che sia, quando cammina per strada, quando si muove con disinvoltura in un ambiente conosciuto, o si sforza di conoscere l’ambienti nuovi attraverso l’esplorazione e l’osservazione per orientarvisi mediante la costruzione di una rappresentazione immaginativa chiara e semplice, come procede nella selezione degli stimoli più importanti per la costruzione dell’immagine, sia ai fini conoscitivi che a quelli operativi.

Si ripropone, in termini pratici, lo stesso problema già presentato in termini teorici.

La persona vedente che cammina per la strada, che si muove in un ambiente sconosciuto o nuovo al fine di orientarvisi, istintivamente opera una scelta, si lascia guidare dalla percezione visiva, conferendo spontaneamente al contributo degli altri sensi una importanza integrativa, che tuttavia non emerge alla coscienza del soggetto.

Si vedono forme e colori, si distinguono oggetti, cose e persone, senza approfondire le modalità di ricostruzione delle esperienze., senza valutare il contributo del tatto all’individuazione della forma, o dell’esperienza motoria, per la determinazione delle distanze.

L’atto visivo in sé concentra, per così dire, l’attenzione maggiore, favorisce il sorgere dell’esperienza che si potrebbe definire dominante, ai fini della costituzione della matrice cognitiva.

Nel procedimento di costituzione del proprio atto percettivo, la persona che non vede deve pur far ricorso ad un senso: quale?

Per alcuni questo senso sintetizzatore che opera in sostituzione dell’esperienza visiva è l’udito, per altri invece è il tatto, come si osservava

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precedentemente.

Ma come potrebbe l’udito costruire schemi immaginativi formali senza l’ausilio diretto del tatto?

La sensazione acustica può di per sé costituire immagini spaziali autonome dall’esperienza della forma?

Augusto Romagnoli sembrerebbe dare una risposta positiva al precedente quesito, poiché nell’elaborazione di una sua linea metodologica per l’educazione sensoriale, dopo il momento della individuazione della sorgente sonora come primo aspetto educativo rivolto alla sensorialità uditiva, pone quello della individuazione dell’ostacolo e in fine, come momento sintetico, quello della “audizione delle forme” o percezione a distanza delle forme stesse.

Si potrebbe quindi concludere che il Romagnoli, affidando all’udito il compito di individuare a distanza le forme, preveda la facoltà all’udito di giungere ad un mondo sensoriale in cui trovi la propria collocazione anche l’immagine avente precisi caratteri di spazialità.

Non solo, ma potremmo anche inferire, dalle affermazioni del romagnoli, che la vicarianza dell’esperienza visiva, nella costituzione dell’atto percettivo, sia svolta dall’udito, operante con funzioni di sintesi.

Romagnoli non ha approfondito la ricerca psicologica a livello teorico, ma sembra che abbia una sua teoria psico-pedagogica ben precisa, a cui riferirsi con rigore scientifico nella elaborazione del suo sistema metodologico.

Così è abbastanza agevole osservare che, nel piano di intervento didattico, Romagnoli fa precedere in modo chiaro ed inequivocabile l’educazione della mano, lo sviluppo della motricità generale del bambino non vedente, all’educazione vera e propria dell’udito; o quanto meno condiziona quest’ultima alle capacità del bambino di riconoscere forme, di dare strutture geometriche inconsce alle cose, in particolare alla realtà che lo circonda.

Il bambino percepirà un ambiente quadrato, se avrà esperienza tattile della forma del quadrato, coglierà anche uditivamente la differenza di larghezza, di lunghezza, di altezza esistenti tra due diversi ambienti., se avrà esperienza di figure analoghe, o comunque se avrà chiaramente maturato i concetti topologici di lungo e di corto, di vicino e di lontano, di grande e di piccolo.

Ci sembra di poter affermare che la funzione di sintesi, nella costituzione dell’atto percettivo nella persona che non vede, è svolta dal tatto, che opera con il supporto indispensabile e integrativo dell’udito e con il contributo degli

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altri sensi, primo fra tutti quello generale cinestesico.

La mancanza di chiarezza nella determinazione della gradazione sensoriale, nel processo percettivo che si attua in assenza della vista, può determinare grave confusione a livello teorico e scientifico, con conseguenze incalcolabili a livello educativo e riabilitativo.

Lasciare, ad esempio che il bambino cieco dalla nascita si affidi per la conoscenza del mondo circostante soltanto o prevalentemente alla percezione uditiva, può avere come conseguenza la comparsa precoce dei comportamenti stereotipati, i così detti “ciechismi”, la riduzione degli interessi per la realtà circostante, con l’accentuazione dell’interesse per il proprio corpo, la riduzione della motivazione ad apprendere, e in fine l’adozione di modalità comunicative improprie che non favoriscono certo l’integrazione sociale e la partecipazione autentica alla vita dell’ambiente.

La forma della comunicazione verbale che nei bambini non vedenti dalla nascita privilegia l’ecolalia, la forma monologica invece di quella dialogica, che struttura un verbalismo astratto privo di referenti concreti e svuotato da esperienze da concettualizzare, affonda le radici in una scelta educativa che, consciamente o meno, si riallaccia alla scelta psicologica sull’individuazione del senso che dovrà vicariare la funzione di globalizzazione propria dell’esperienza visiva nella costituzione dell’atto percettivo .

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4) COME FAR FRONTE ALLE CONSEGUENZE DELLA DISABILITA’ VISIVA

La questione , a questo punto, è chi mi può dare o come posso procurarmi le informazioni di cui necessito.

Dal 1829, anno in cui Louis Braille inventò il codice Braille in poi, i non vedenti hanno la possibilità di leggere e scrivere autonomamente: tavoletta, righello e punteruolo sono l’equivalente di carta, penna e scrittura in nero per un "normovedente". Chiarito questo fondamentale aspetto della questione, è facile capire quanto non abbia senso parlare del Braille come di uno strumento "superato": sarebbe come dire "ragazzi....... gettate penne e matite,non serve più a nulla imparare la scrittura manuale , tanto oggi avete,abbiamo il personal computer col quale è possibile fare tutto!";è necessario non trascurare il dato storico che la tecnologia è stata inventata per facilitare atti,che è bene ritenere di nostra proprietà, visto che lo scrivere,per esempio è un’azione frutto di conoscenze intellettive e capacità fisico-manuali ,le quali sono chiamate ad interagire anche nella misura in cui lo strumento sia tecnologico,digitale; e allora è opportuno far crescere e non atrofizzare ciò che,appunto come detto sopra,appartiene all’essere umano.

E allora? Vogliamo dipendere esclusivamente da una tastiera per imparare a comunicare o semplicemente per farlo? Certamente è rischioso e potrebbe portare ad un progressivo isolamento e all’ impoverimento dei contenuti essenziali dei rapporti interpersonali!

Certo, i nuovi strumenti quali:la sintesi vocale, la Barra Braille, le stampanti Braille, ci facilitano molto,anzi “dovrebbero”rendere taluni atti, quali la scrittura e la lettura,maggiormente fruibili,accessibili,per questo eseguibili.....

Ma come potremmo fruire di un testo scritto in caratteri braille con la Barra Braille se non fossimo già in possesso dei prerequisiti relativi le conoscenze della struttura del codice medesimo ?

Quanto consente oggi la tecnologia, consiste,per esempio,nel fatto che vi sia la possibilità di digitare attraverso la tastiera di un pc,un qualsiasi carattere(input)e successivamente di ottenerne una stampa in caratteri Braille (output);ciò è possibile grazie alla tecnologia hardware,ma evidentemente anche allo sviluppo di una elevata progettazione software,che esprime coerenza ed efficienza nella trascrizione di testi scritti in caratteri per vedenti e trascritti poi in codice Braille (pensiamo ad esempio ad un libro digitale in formato Word, txt o pdf che viene trascritto in caratteri del codice Braille; a

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questo punto il testo che compare sullo schermo o comunque presente in carattere informatico è fruibile dal disabile visivo mediante la tiflotecnologia che ne ha permesso la trascodifica) .

“Il processo dell’editare”,successivo(non sempre) a quello del digitare comporta una necessità che è quella di poter avere “sotto le dita” in contemporanea al testo presente sullo schermo,lo stesso sulla barra Braille;il che significa:ottenere contemporaneamente lo scritto in entrambe le versioni ,ne consegue che ,allora, l’istante dell’input,ovvero quello in cui è digitato il carattere,lo stesso sia presente in carattere Braille sul display Braille;e così l’output sia ,di fatto, l’istante successivo pari a quello ottenuto con la stampa ,che potrà essere indifferentemente prodotta in caratteri per vedenti o in codice Braille,o in entrambe le versioni contemporaneamente.”

L’insegnamento del Braille, quindi, è fondamentale per i bambini non vedenti e si deve evitare che l’utilizzo di dispositivi muniti di sintesi vocale impedisca la corretta acquisizione del Codice. Questo, infatti è il rischio che si corre e, lasciando che ciò accada, si impedisce, nei fatti, al discente una crescita più corretta.

Insegnare il Braille a un bambino non vedente è estremamente complesso, poiché, prima di iniziare, si deve anche controllare che abbia i (e in caso negativo fornirlo dei) prerequisiti necessari (come ad esempio la motricità grossa e fine, la lateralità, la capacità di seguire il senso di un testo,….); ancora più complesso è insegnare ad un adulto, poiché scattano anche tutta una serie di meccanismi di rifiuto della disabilità attraverso il rifiuto del codice.

In questo senso è necessario operare affinché tutti i soggetti che operano con i disabili visivi siano preparati anche, ove fosse necessario, a chiamare in aiuto tutte le organizzazioni presenti sul territorio perché forniscano l’appoggio necessario a migliorare il rapporto del non vedente col mondo che lo circonda. Questo, ovviamente, potrà avvenire anche con la frequenza dei corsi che vi si tengono, tesi all’acquisizione dell’autonomia personale o, in generale, alla socializzazione sia all’interno di un gruppo di soggetti con le sue stesse disabilità che al suo esterno; nonché a dare al soggetto tutto l’appoggio necessario per muoversi in quei meandri complicati e sfiduciati che rispondono al nome di "legislazione speciale".

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5) EDUCAZIONE ED INTEGRAZIONE……

Quello che stiamo facendo ora è un discorso rivolto all’"integrazione". Il concetto che sento di dover sottolineare è che quando parliamo di integrazione non dobbiamo pensare a due soggetti di cui uno "normale" e uno "minorato", ma semplicemente a due persone ciascuna con le proprie capacità e i propri limiti. Quello di normalità, infatti, è un concetto relativo, non assoluto, per cui a seconda dell’universo e dei parametri in base ai quali si stabilisce il concetto di normalità, cambierà anche il limite tra ciò che è normale e ciò che non lo è.

Questo è il pregio della sintassi della semantica. L’errore più grave che si possa fare è infatti far coincidere la norma con l’ordine, con l’equilibrio, con il possesso delle capacità piene e complete, col diritto di vivere pienamente dato solo ai "normali" né tanto meno equilibrati e questo loro modo di essere, la loro "pretesa" di vivere con gli stessi Diritti di tutti gli altri offende, arreca disturbo, anche perché spesso richiede ad ogni "normale" un cambiamento profondo, che è quanto di più "scomodo" e "inaccettabile" si possa immaginare.

Tutto ciò che è "anormale", invece, andrebbe guardato più attentamente, senza condanne preconcette, poiché è solo in questo modo che si giunge ad avere rapporti più veri, che meno si nascondano dietro il paradigma concettuale della "normalità”.

La paura del "diverso" è connaturata all’uomo, ma avremmo perso molte conquiste, se ci fossimo, nei secoli, lasciati trascinare da essa, se non avessimo imparato a superarla in nome dell’individuo, della Persona.

Pensate solo ai grandi geni: Aristotele, Kant, Leonardo, Napoleone, Einstein, Van Gogh, sono figure note non solo per le loro scoperte e creazioni, ma anche per l’"originalità" delle loro vite e teorie. Ciò che tutti noi dobbiamo tener presente è che l’handicap non è nel soggetto disabile, ma nel nostro rapporto con lui o nel suo rapporto con noi; noi siamo i minorati nel rapporto interpersonale se guardando qualcuno che per qualche sua caratteristica ci sembra diverso non vediamo in lui anzitutto una Persona.

Con questo discorso intendo rivolgermi a tutti, ma in particolare alle persone coinvolte ,ad ogni titolo e ad ogni livello nella formazione dei disabili: genitori, insegnanti per il sostegno, insegnanti curriculari,….. E’ fondamentale che il disabile visivo sappia che ci sono numerose risorse da sfruttare sul territorio: il Centro Permanente di Documentazione Tiflodidattica

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"Tiresia" presso la sede Regionale e polifunzionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Campobasso e presente anche nella sede polifunzionale Provinciale dell’ Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Isernia, il Centro Interregionale del Libro Parlato di Campobasso, il Centro di Sostegno per i Pluriminorati di Campobasso, ecc. ecc. Mi auspico, in particolare, che tale discorso penetri le menti, i cuori e le pareti in cui il disabile visivo viene tenuto quasi segregato nella sua "diversità", in cui non penetra il sole della speranza né la luce dell’intelligenza.

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6) SFATIAMO QUALCHE MITO

- "Il minorato sensoriale sviluppa naturalmente di più gli altri sensi per sopperire a quello mancante (vero o falso?)”.

La persona con disabilità visiva, infatti, non sente "di più" di un normovedente, ma riesce solo a concentrare meglio l’attenzione sugli altri sensi,che la persona in situazione di normalità solitamente non usa, posta la prepotenza delle percezioni visive. Il non vedente, in definitiva, deve "imparare ad usare" le cosiddette “abilità residue” per sopperire alla mancanza di un senso primario, quale la vista.

- "Un minorato sensoriale è quasi sicuramente anche un individuo mentalmente ritardato(vero o falso?)”.

Sino ai primi anni del novecento,questo pregiudizio (perché è di questo che si tratta) ha fatto si che il minorato visivo fosse considerato non abile ad esercitare la propria sostanza di cittadino avente sia diritti che doveri,pari al cittadino vedente. Con una metafora, invece, potremmo dire che un soggetto minorato della vista sia come un valente pianista che deve eseguire un’opera al pianoforte,al quale strumento però manchino alcuni tasti relativi alla nota "Mi";

ecco che allora,nonostante la sua bravura sarà oggettivamente complicato, per lui, eseguire brani musicali in cui quella nota sia presente,se non al costo di una faticosa riscrittura dell’intera opera.

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7) CHE COS’E’ LA TIFLOLOGIA?

FANTASCIENZA PER DISABILI?

Pur risultando arduo, per vastità e complessità, tenteremo qui di spiegare e di fornire conoscenze approfondite in merito alle diverse tematiche che si intersecano di riflesso con la quotidianità e le difficoltà di chi vive la disabilità . Ecco dunque che,la conoscenza della tiflologia ci rende consapevoli della complessità del mondo in cui quotidianamente operiamo ,sarà opportuno considerare la nostra azione un’opera di onestà intellettuale e culturale volta alla crescita nostra e delle persone con cui intraprenderemo un qualsiasi cammino,sia esso scolastico,familiare o più semplicemente educativo.

Costruiremo il laboratorio ove impareremo a progettare e a conoscere gli strumenti necessari per interagire con il mondo dell’ipovisione e della cecità assoluta, nonché individueremo e renderemo attuabili,condivisibili le strategie per “dominare” una parte delle conoscenze necessarie per gli alunni pluriminorati, che rappresentano una notevole percentuale dei soggetti che affianchiamo nel nostro cammino con assoluta “discrezione”.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), infatti, identifica nella cecità una delle patologie maggiormente invalidanti per quanto concerne il processo cognitivo relativamente ai dati delle percezioni sensoriali,ciò per il fatto che attraverso l’organo della vista, il nostro sistema nervoso centrale trae oltre l’80% delle informazioni di cui entriamo in possesso.

Per questo motivo il soggetto non vedente deve essere messo in condizioni di poter attuare strategie alternative in ordine alla conoscenza del mondo, di conoscere ed utilizzare quegli ausili utili per rendergli più semplice l’acquisizione di quelle conoscenze che, bagaglio "scontato" per il normovedente, sono, per il disabile visivo, frutto di un percorso di acquisizione più complesso ed articolato. Per poter svolgere proficuamente il suo compito, il docente dovrà conoscere i procedimenti metodologico-didattici specifici per questi particolari alunni e gli strumenti dei quali gli stessi debbono servirsi.

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L’educatore,così come il genitore,è bene che sappia operare la sintesi delle proprie competenze,sia relative alle tiflo-tecnologie che a quelle riguardanti i percorsi didattici .

Esiste, infatti, un fattore di importanza sicuramente non inferiore, rispetto alla professionalità ed alle conoscenze specifiche, per la buona riuscita dei processi educativi e cognitivi: l’esperienza acquisita "sul campo", dalla quale deriva quell’atteggiamento particolare che potrei definire "familiarità con l’handicap" e condivisione col disabile.

Ci sono dei meta-obiettivi che ritengo debbano essere posti a base dell’azione di ogni operatore che interagisce con una Persona disabile (visivo, ma non solo):

a ) guidare il bambino a raggiungere gradualmente la piena consapevolezza di sé, delle proprie risorse e delle proprie possibilità; a vivere con consapevole serenità la propria diversità come condizione oggettiva;

b ) motivarlo ad arricchire la propria conoscenza della realtà, mediante l’esperienza diretta delle cose, delle situazioni e dei rapporti interpersonali;

c ) aiutarlo ad impossessarsi di tutte le tecniche che, rendendolo indipendente, influenzeranno positivamente la qualità della sua vita;

d ) impegnarlo nell’apprendimento, secondo le sue personali attitudini, in modo che il suo profitto risulti, per quanto possibile, simile a quello dei pari;

e ) favorire la sua autentica crescita nel gruppo classe, come momento della partecipazione alla vita scolastica e sociale, mediante il rispetto delle regole e l’affermazione di un proprio ben definito ruolo nel gruppo dei coetanei.

Addentrandoci nello specifico programma di un corso teso a fornire l’insegnante delle competenze che gli sono necessarie, dobbiamo partire dall’analisi dei compiti che egli deve assolvere, che variano, al variare dell’età del bambino affidatogli.

Così, quando il bambino è in età pre-scolare, all’operatore spetta:

1) valutare le conseguenze del deficit visivo sulla sua vita affettiva e cognitiva;

2) indicare ai genitori le attività, di gioco o di altro, più utili al bambino;

3) consigliare i genitori sul comportamento da tenere con il bambino;

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4) iniziare lo stesso alle attività motorie e psico-motorie;

5) illustrare le specificità della minorazione visiva, specie qualora le informazioni fornite dall’oculista non fossero sufficientemente chiare per i genitori;

6) descrivere i vantaggi e gli svantaggi dei diversi mezzi scolastici, cui il bimbo disabile visivo può avere accesso.

Quando, invece, il bambino è in età scolare, l’operatore è chiamato a:

1) fare da collegamento tra famiglia e scuola;

2) assistere l’alunno in situazione di handicap e la famiglia nella scelta del corso di studi da privilegiare, al passaggio dalle scuole di grado inferiore a quelle di grado superiore;

3) collaborare con gli insegnanti curriculari e tutto il corpo docente.

Entrando ancor più nello specifico, l'insegnante dovrebbe essere in grado di dimostrare conoscenze e competenze in relazione a diversi punti:

a. normativa nazionale e regionale, vigente in materia di programmazione e di valutazione, in presenza di allievi con disturbi visivi ;

b. anatomia e fisiologia dell'occhio e nozioni sul funzionamento dell'apparato visivo;

c. implicazioni, sul piano educativo, delle patologie oculari e del loro trattamento terapeutico;

d. implicazioni dei vari disturbi visivi sullo sviluppo fisico, cognitivo, emotivo e sociale e sullo sviluppo del linguaggio, conseguenze sullo sviluppo dell'autonomia personale;

e. sviluppo degli altri sensi (udito, tatto, ecc.)in caso del deficit del senso ritenuto primario;

f. metodologie adeguate all'insegnamento e alla comunicazione con bambini ed adolescenti con disturbi visivi, compresi quelli con altre minorazioni

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sensoriali;

g. criteri della valutazione della funzionalità visiva;

h. strategie adeguate al miglioramento della funzionalità visiva residua;

i. principi basilari dell'insegnamento della mobilità e delle attività della vita pratica;

l. le tecnologie-tiflotecnologie dell'informazione e della comunicazione e le loro applicazioni, con destinatari i non vedenti;

m. distinzione tra le funzioni di insegnante in una scuola speciale, insegnante itinerante e insegnante per il sostegno in una scuola comune;

n. funzioni e servizi per il sostegno disponibili per i disabili visivi;

o. metodologia di ricerca e interpretazione dei risultati.

L'insegnante dovrebbe dimostrare le proprie abilità in relazione ai seguenti punti:

1. effettuare un'appropriata valutazione delle necessità educative del bambino e dell'adolescente disabile visivo, al fine di definire ed organizzare la valutazione in altre aree e di elaborare una scheda di valutazione;

2. utilizzare le informazioni raccolte attraverso la valutazione, per progettare e gestire un programma didattico e tiflodidattico, tenendo conto delle indicazioni del curriculum nazionale e del curriculum speciale;

3. utilizzare le informazioni raccolte nel corso della valutazione, per predisporre uno spazio, fisico e sociale, favorevole all’apprendimento;

4. monitorare e valutare lo svolgimento dei programmi individualizzati e dei corsi didattici e pianificare la fase successiva nel percorso formativo individuale;

5. implementare un programma d’insegnamento per l’uso del residuo visivo e giudicarne l’efficacia;

6. progettare, produrre, presentare e valutare materiali didattici adatti agli studenti con disabilità visiva, ad esempio modelli, diagrammi e mappe tattili,

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caratteri braille e ingranditi, realizzati sia con i metodi tradizionali che con le nuove tecnologie;

7. collaborare con uno specialista in attività motorie e di orientamento per progettare e realizzare programmi di mobilità;

8. utilizzare strategie appropriate per insegnare le tecniche di scrittura, lettura e calcolo a chi inizia ad usare il Braille da bambino;

9. utilizzare strategie appropriate per insegnare il Codice Braille a chi ne inizia l’uso tardivamente;

10. scegliere, progettare e valutare l’applicazione delle micro-tecnologie messe a disposizione per i bisogni del bambino e dell’adolescente con disabilità visiva;

11. facilitare l’uso di una gamma di hardware e software ed usare criteri di valutazione della loro utilità ed efficacia;

12. utilizzare le reti esistenti per accedere alle risorse;

13. partecipare alle sessioni di aggiornamento per insegnanti, assistenti non docenti, genitori e quanti impegnati nel settore della minorazione visiva;

14. assistere genitori ed allievi, affinché partecipino ai processi decisionali;

15. sostenere la partecipazione e l’emancipazione del bambino e dell’adolescente non vedente nella scuola e nella collettività;

16. utilizzare modalità di interrelazione adatte a lavorare con ragazzi, genitori ed operatori;

17. utilizzare le competenze sopra menzionate in tutte le situazioni e i contesti che riguardino il bambino e l’adolescente disabile visivo;

18. svolgere semplici ricerche, usando metodi di vario tipo, come ad esempio l’osservazione.

8) UN ESEMPIO

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Riporto, a fini esclusivamente esemplificativi, il programma di un laboratorio di aggiornamento degli insegnanti per il sostegno tenuto nel 1999 a Budapest:

Tema 1. Residuo visivo e funzionalità visiva

Motivazione

Il numero dei bambini ipovedenti, ovvero dei bambini che conservano un certo residuo visivo, è spesso, specie in Europa, superiore al numero dei bambini ciechi totali. Negli ultimi dieci anni vi sono stati notevoli progressi nel campo delle conoscenze legate all’uso del residuo visivo, progressi di cui l’insegnante deve essere ben informato:

- modelli di funzionamento visivo;

- residuo visivo e funzionalità visiva;

- valutazione della funzionalità visiva;

- varie tecniche di valutazione;

- importanza del residuo visivo e della visione funzionale rispetto a tutte le aree disciplinari, nel settore della mobilità ed in quello della vita pratica;

- strategie didattiche;

- uso degli ausili per l’ipovisione e degli ausili tecnologici;

- aspetti ambientali.

Tema 2. Il bambino cieco pluriminorato

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Motivazione

In tutta Europa, il numero dei bambini ciechi pluridisabili sta aumentando in maniera esponenziale. Nelle scuole speciali per bambini ciechi, la percentuale degli alunni pluridisabili è in forte crescita, crescita tanto più rilevante, quanto maggiore è il numero degli allievi senza minorazioni aggiuntive che passa alla scuola comune. La formazione dei ragazzi con plurihandicap richiede, da parte degli insegnanti, conoscenze, competenze ed abilità supplementari rispetto a quelle semplicemente curriculari:

- valutazione delle minorazioni;

- implicazioni ai fini del processo didattico;

- strategie di insegnamento;

- aspettative dei genitori e degli insegnanti;

- quale è il tipo di scuola più adatto per l’insegnamento ai bambini con disabilità aggiuntive;

- rapporto tra insegnamento ed assistenza;

- il bambino con disturbo visivo di origine corticale;

- la legislazione in materia di istruzione e di assistenza, in relazione ai bambini con plurihandicap ( Ministero della Educazione, Ministero della Sanità ).

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Tema 3. Sviluppo della sfera sociale e della sfera emotiva

Motivazione

Oltre allo sviluppo cognitivo, anche lo sviluppo sociale ed emotivo del bambino disabile, o disturbato, richiede un’attenzione particolare, che il bimbo sia integrato nella scuola comune o sia inserito in un contesto speciale, qual è la scuola speciale (in genere una scuola con convitto annesso). Ciò vale anche per il bambino disabile visivo:

- attività extracurriculari;

- coinvolgimento dei genitori;

- insegnamento delle abilità relative alla socializzazione,

- abilità per la mobilità e per la vita pratica;

- l’adolescenza;

- la sessualità;

- il passaggio all’età adulta;

- problemi etici;

- gli atteggiamenti della società nei confronti del disabile visivo.

Tema 4. Accesso all’ informazione, tecnologia dell’informazione

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Motivazione

Noi tutti, e quindi anche i disabili visivi, viviamo nella società dell’informazione. Per avere pari opportunità di accesso all’informazione, le persone con minoranze visiva devono possedere conoscenze particolari:

- conoscenza della tecnologia dell’informazione;

- atteggiamento “critico” nei confronti della tecnologia;

- metodi di insegnamento;

- software disponibili per i bambini e i ragazzi non vedenti, nelle varie fasce d’età;

- adattamenti speciali e dispositivi;

- possibili soluzioni a basso costo.

Tema 5. Aspetti pratici della formazione degli insegnanti specializzati nel campo della minorazione visiva

Motivazione

La formazione degli insegnanti specializzati nel campo della disabilità visiva si completa, sul piano pratico, con l’acquisizione di una vasta gamma di abilità:

- esperienze costruite in base all’età dell’allievo, alla natura del difetto visivo, ecc.;

- formulazione degli obiettivi;

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- contatti tra la scuola secondaria superiore o l’università e la scuola in cui avviene la formazione pratica;

- criteri di valutazione;

- contatti con il tutor, o mentore, degli studenti;

- elaborazione delle schede di valutazione, anche in relazione a questioni di ordine pratico;

- valutazione delle abilità magistrali.

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CONCLUSIONI

Cosa dire in conclusione? Mi resta solo da ricordarvi che gli spunti che avete fin qui letto sono i materiali per la riflessione, frutto di vita e rielaborazione personale. Per trarre da queste delle vere e proprie dissertazioni, o “teorie” è necessario semplicemente vivere senza paraocchi né pregiudizi. Fatelo, e crescerete con i bambini che seguirete e l’insegnamento sarà un dare e ricevere in un flusso unico ed autentico.

Prof. Marco Condidorio

N.B. Su richiesta è possibile visionare materiale tiflodidattico, tecnico ed informatico presso il Centro Permanente di Documentazione Tiflodidattica Tiresia sito presso la sede regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Campobasso,in via Palombo ,14 e presso la sede polifunzionale di Isernia in via Sicilia 30, previo accordo con la segreteria e i collaboratori del centro.

Per contattarci:

Isernia: tel. 0865-415084

Campobasso(sede regionale):0874-96755

e-mail: [email protected]

e-mail:[email protected]

e-mail: [email protected]

Si forniscono di seguito ulteriori recapiti telefonici ed indirizzo e-mail:

www.marcocondidorio.it

Cell 338/7538015

Studio personale per soli sms 333/4855797

e-mail: [email protected]

TAVOLA DEGLI STRUMENTI PRINCIPALI PER LA

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PRODUZIONE DEL CODICE BRAILLE

Strumenti tiflodidattici a pressione manuale:

A.Tavoletta più righello più punteruolo.

Che tipo di metodo utilizzeremo?

B.Dattilobraille.

Che tipo di metodo utilizzeremo?

C.Etichettatrice e/o strumenti aventi il Codice Braille premarcato

Strumenti tiflodidattici e tiflotecnici elettronici e informatici:

D.Stampante Braille.

Quale codice Braille utilizza?

E. Barra Braille e/o computer.

Quale codice Braille utilizza?

F. Altri apparecchi tifloinformatici:

1. Optacon. ( In che consiste ? Usa il Braille? )

2. D.E.L.T.A.( In che consiste ? Usa il braille ? )

3. Braillex. ( In che consiste ? Usa il Braille ? )

4. Notex. ( In che consiste? Usa il Braille? )

5. Braille Lite. ( In che consiste? Usa il Braille? )

6. MB408L. ( In che consiste? Usa il Braille? )

Finestre concettuali per una migliore anamnesi e diagnosi a

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fondamento per la prevenzione e la cultura del mondo problematico della cecità.

1. PARLIAMO DELL’UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI ONLUS.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS nasce il 26 ottobre 1920 a Genova, si sviluppa su tre livelli fondamentali:

- Presidenza Nazionale, Direzione Nazionale e Consiglio Nazionale;

- Presidenza Regionale e Consiglio Regionale,Assemblea Regionale;

- Presidenza Provinciale e Consiglio Provinciale,Assemblea Provinciale.

L’associazione è apartitica e laica, ha un proprio statuto, approvato e sottoscritto dal Presidente della Repubblica e la stessa è sotto la vigilanza del Ministero degli Interni e del Tesoro.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus si occupa di tutte le persone con le minorazioni visive più o meno gravi, all’interno dei diversi ambiti quali l’integrazione sociale, lavorativa, scolastica, sportiva e universitaria.

2. I CENTRI DI DOCUMENTAZIONE TIFLODIDATTICA.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – Onlus- oltre a svolgere le importanti mansioni di un patronato a favore dei privi della vista,dà molta importanza alle tematiche dell’istruzione e integrazione sociale, ecco perché l’UIC – Onlus di Isernia ha redatto il progetto, approvato e finanziato dall’Amministrazione Provinciale di Isernia per la realizzazione del Centro Permanente di Documentazione Tiflodidattica Tiresia,oggi divenuto di carattere regionale.

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3. TIRESIA.

Il Centro Tiresia si trova presso il centro IRIFOR Regionale e provinciale degli studi dell’U.I.C. di Campobasso e Isernia. “Tiresia” è aperto a tutti i cittadini , in particolar modo offre formazione e aggiornamento per insegnanti di sostegno, insegnanti curriculari, operatori scolastici, capi di istituto e docenti universitari. Tiresia, infatti, è gestito dal CCT, COMITATO DI CONTROLLO TIRESIA, il quale ha il compito di pianificare e organizzare corsi di alfabetizzazione braille per vedenti e non vedenti, per la conoscenza del materiale tiflodidattico e tiflotecnico e corsi per l’alfabetizzazione informatica.

4. STRUMENTAZIONE TIFLODIDATTICA PER IPOVEDENTI.

Il CCT sta progettando l’ampliamento del centro Tiresia per ciò che concerne la strumentazione ad uso di tutte quelle persone, che pur non essendo colpita da cecità assoluta hanno serie difficoltà nella gestione della propria autonomia in campo della scrittura e lettura e/o produzione di documentazione.

Tiresia, infatti, vuole essere il punto di incontro e dunque di crescita tra le persone colpite da cecità assoluta, gli ipovedenti, e le persone cosiddette “normodotate”.

Il CCT propone di seguito i recapiti per poter essere contattato e progettare futuri incontri per l’approfondimento dell’alfabetizzazione braille e/o la formazione tifloinformatica. Il coordinatore e il direttore di tutti i corsi IRIFOR e di Tiresia è il Presidente del Consiglio Regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti– Onlus , il prof. Marco Condidorio.

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UNIONE ITALIANA DEI CIECHI E DEGLI IPOVEDENTI – ONLUS- Sezione di Isernia.

Via Sicilia, 30 – 86170 Isernia.

Segreteria, tel. e fax.: 0865/415084

e-mail: [email protected]

cellulare Presidente: 338/7538015.

Studio personale per soli sms 333/4855797

e-mail: [email protected]

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L’ORIGINE DEL BRAILLE

Il Braille è un metodo di scrittura e lettura per non vedenti basato sulla lettura tattile di puntini rilevati. L’inventore di tale metodo, Louis Braille, era nato a Coupray il 4 gennaio 1809. Divenuto cieco all’età di 3 anni, fu spinto ad ideare questo sistema dalle difficoltà che egli stesso e i suoi compagni incontravano col metodo di istruzione allora in uso. Nel secolo scorso, infatti, in Francia, negli istituti per ciechi, si seguivano i metodi didattici di Valentin Hauy e del dottor Guillè; entrambi scrissero saggi sull’istruzione dei non vedenti, ma nessuno dei due riuscì ad elaborare un sistema semplice, di chiaro e rapido apprendimento.

La lettura, già allora, era tattile: si faceva toccare al polpastrello la forma delle lettere dell’alfabeto ordinario, rese solo eminenti. Questo metodo non poteva consentire, però una rapida e sciolta lettura, anche perché i caratteri ordinari rilevati potevano facilmente confondere il non vedente che si accingeva a decifrare uno scritto. Per quanto riguarda la scrittura, si ricorreva alla composizione topografica: gli esercizi di lingua, i dettati ortografici, le narrazioni e le composizioni personali divenivano, così, più uno sforzo di abilità meccanica e tecnica, quanto mai faticoso e dispersivo, che un esercizio di conoscenza e di approfondimento della lingua. Ed inoltre allo studente non restava alcun testo scritto del lavoro svolto da poter consultare successivamente, dovendo ogni volta scomporre ciò che aveva fatto per poter eseguire un nuovo esercizio.

Si voleva, altresì, insegnare ai ragazzi a scrivere con la matita e si utilizzavano, a tale scopo, delle placche su cui erano incise le lettere , e un guidavano costituito da fili tesi a distanza convenzionali.

Nei programmi degli istituti per ciechi del secolo scorso era compreso pure l’insegnamento di alcuni strumenti musicali. Per imparare i brani, i non vedenti disponevano della notazione musicale ordinaria, resa eminente che dovevano leggere con i polpastrelli. Come si intuisce, si trattava di un metodo didattico poco pratico, che non facilitava l’apprendimento del non vedente.

LA BACHECA DEL COMITATO TIRESIA E DEL SITO “LA

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PIAZZA DI EIDOS”

MIUR - Comunicato stampa

Scuola: partono i progetti "nuove tecnologie per i disabili" (3 milioni di euro); "e-learning per i minorenni detenuti" (2,5 milioni di euro); "sperimentazione dei libri elettronici in 150 scuole" (2 milioni di euro)

Il Comitato dei Ministri per la Società dell'informazione ha approvato tre importanti progetti riguardanti il settore istruzione. "Si tratta di tre progetti altamente innovativi e di grande impatto sociale", ha spiegato il Ministro Letizia Moratti. "I primi due si rivolgono a due categorie di ragazzi svantaggiate: gli studenti disabili e i minorenni detenuti negli istituti di pena. Il terzo progetto, invece, introduce la sperimentazione dei libri elettronici in 150 scuole, uno strumento molto atteso dagli studenti e dalle famiglie".

"Il progetto per gli Istituti penali minorili", ha detto il Ministro Moratti, "ha l'obiettivo di realizzare una infrastruttura di videoconferenza e di e-learning a disposizione dei docenti che operano nei 22 Istituti penitenziari minorili, al fine di favorire il recupero dei giovani e formare figure professionali operanti nell'ambito dell'Ict nel corso del periodo di detenzione, collegandosi alla scuola più adatta per favorire tale formazione".

Il progetto nasce da alcune iniziative in questo settore avviate autonomamente dalle scuole e dalle amministrazioni locali e dalla positiva esperienza dell'iniziativa "Videoconferenza ed e-learning nella scuola in ospedale". Esso verrà finanziato con 2,5 milioni di euro dal Miur, ai quali si aggiungono i finanziamenti del Ministero della Giustizia (pari importo) e del Ministero dell'Innovazione (4 milioni di euro).

"Nuove tecnologie e disabilità nella scuola" è il titolo del secondo progetto. "Esso ha l'obiettivo di rendere concretamente accessibili le Ict agli studenti disabili", ha spiegato il Ministro Moratti, "mettendo a sistema le migliori pratiche realizzate nelle scuole, anche in ambito europeo, riguardanti l'utilizzo delle nuove tecnologie".

Il progetto opererà nell'ambito di tre aree (disabilità sensoriale, disabilità motoria e disturbi dell'apprendimento, con particolare riferimento alla dislessia) e si propone quattro obiettivi: l'acquisizione di competenze tecnologiche, il miglioramento della competenza professionale dei docenti, la

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possibilità di scambio di metodologie tra gli insegnanti, l'annullamento del gap tra gli studenti disabili e gli studenti normodotati.

Il progetto, che sarà attuato dal prossimo anno scolastico, verrà finanziato con tre milioni di euro da parte del Miur e con tre milioni di euro da parte del Ministero per l'Innovazione e le Tecnologie.

Il CMSI ha infine approvato un progetto di sperimentazione di libri elettronici in 150 scuole di 4 regioni italiane, proposto in collaborazione con Ibm e Mondadori, che prevede il coinvolgimento delle Direzioni regionali di Lombardia, Toscana, Lazio e Puglia, oltre alle Direzioni generali degli ordinamenti e del Personale della scuola; per tale progetto, che verrà avviato nei prossimi mesi con la selezione delle scuole e con una fase di formazione del personale docente, è previsto un finanziamento di due milioni di euro a carico del Miur e di un milione di euro a carico del Ministero dell'Innovazione.

Roma, 8 febbraio 2005

Fonte: http://www.istruzione.it/prehome/comunicati/2005/0802bis.shtml

APPENDICE 1

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Classificazione e definizione del concetto di disabilità (eziologia e semantica)

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha elaborato nel 2001 uno strumento di classificazione che analizza e descrive la disabilità come esperienza umana che tutti possono sperimentare. Tale strumento, denominato ICF, propone un approccio all’individuo normodotato e diversamente abile dalla portata innovativa e multidisciplinare. Con il presente articolo si vogliono delineare le principali caratteristiche relative alle classificazioni che hanno preceduto l’ICF, analizzando gli aspetti innovativi della stessa. Tale strumento, poco conosciuto e utilizzato in ambito educativo, rappresenta una fonte importante di analisi relativa al mondo della disabilità.

Le Classificazioni Internazionali elaborate dall’Organizzazione Mondiale della sanità :ICD E ICDH.

A partire dalla seconda metà del secolo scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha elaborato differenti strumenti di classificazione inerenti l’osservazione e l’analisi delle patologie organiche, psichiche e comportamentali delle popolazioni, al fine di migliorare la qualità della diagnosi di tali patologie.La prima classificazione elaborata dall’OMS, “La Classificazione Internazionale delle malattie” (ICD, 1970) risponde all’esigenza di cogliere la causa delle patologie, fornendo per ogni sindrome e disturbo una descrizione delle principali caratteristiche cliniche ed indicazioni diagnostiche. L’ICD si delinea quindi come una classificazione causale, focalizzando l’attenzione sull’aspetto eziologico della patologia. Le diagnosi delle malattie vengono tradotte in codici numerici che rendono possibile la memorizzazione, la ricerca e l’analisi dei dati.

EZIOLOGIA --> PATOLOGIA --> MANIFESTAZIONE CLINICA

L’ICD rivela ben presto vari limiti di applicazione e ciò induce l’OMS ad elaborare un nuovo manuale di classificazione, in grado di focalizzare l’attenzione non solo sulla causa delle patologie, ma anche sulle loro conseguenze: “la Classificazione Internazionale delle menomazioni, delle disabilità e degli handicap” (ICIDH, 1980). L’ICIDH non coglie la causa della patologia, ma l’importanza e l’influenza che il contesto ambientale esercita sullo

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stato di salute delle popolazioni. Con l’ICIDH non si parte più dal concetto di malattia inteso come menomazione, ma dal concetto di salute, inteso come benessere fisico, mentale, relazionale e sociale che riguarda l’individuo, la sua globalità e l’interazione con l’ambiente.L’OMS dichiara l’importanza di utilizzare l’ICD (in Italia si fa riferimento alla versione 10 del 1992) e l’ICIDH in modo complementare, favorendo l’analisi e la comprensione delle condizioni di salute dell’individuo in una prospettiva più ampia, in quanto i dati eziologici vengono integrati dall’analisi dell’impatto che quella patologia può avere sull’individuo e sul contesto ambientale in cui è inserito.

L’ICIDH è caratterizzato da tre componenti fondamentali, attraverso le quali vengono analizzate a valutate le conseguenze delle malattie:- la menomazione, come danno organico e/o funzionale;- la disabilità, come perdita di capacità operative subentrate nella persona a causa della menomazione;- svantaggio (handicap), come difficoltà che l’individuo incontra nell’ambiente circostante a causa della menomazione.

MALATTIA O DISTURBO --> MENOMAZIONI --> DISABILITA’ --> HANDICAP

La presenza di limiti concettuali insiti nella classificazione ICIDH ha portato l’OMS ad elaborare un’ulteriore strumento, “La Classificazione Internazionale del funzionamento e delle disabilità" (ICIDH-2, 1999), che rappresenta l’embrione del modello concettuale che sarà sviluppato nell’ultima classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “La Classificazione Internazionale del funzionamento,disabilità e salute (ICF, 2001).

La Classificazione Internazionale del Funzionamento, Disabilità e Salute (ICF, 2001)

Il 22 maggio 2001 L’Organizzazione Mondiale della Sanità perviene alla stesura di uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e dall’approccio universale: “La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute”, denominato ICF.All’elaborazione di tale classificazione hanno partecipato 192 governi che compongono l’Assemblea Mondiale della Sanità, tra cui l’Italia, che ha offerto un significativo contributo tramite una rete collaborativa informale

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denominata Disability Italian Network (DIN), costituita da 25 centri dislocati sul territorio nazionale e coordinata dall’Agenzia regionale della Sanità del Friuli Venezia Giulia. Scopo principale del DIN risulta essere la diffusione degli strumenti elaborati dall’OMS e la formazione di operatori che si occupano di inserimento lavorativo dei diversamente abili, in collaborazione con il Ministero del lavoro e delle politiche Sociali.

Cos’è l’ICF ?

L’ICF si delinea come una classificazione che vuole descrivere lo stato di salute delle persone in relazione ai loro ambiti esistenziali (sociale, familiare, lavorativo) al fine di cogliere le difficoltà che nel contesto socio-culturale di riferimento possono causare disabilità. Tramite l’ICF si vuole quindi descrivere non le persone, ma le loro situazioni di vita quotidiana in relazione al loro contesto ambientale e sottolineare l’individuo non solo come persona avente malattie o disabilità, ma soprattutto evidenziarne l’unicità e la globalità.Lo strumento descrive tali situazioni adottando un linguaggio standard ed unificato, cercando di evitare fraintendimenti semantici e facilitando la comunicazione fra i vari utilizzatori in tutto il mondo.

Aspetti innovativi della classificazione ICF

Il primo aspetto innovativo della classificazione emerge chiaramente nel titolo della stessa. A differenza delle precedenti classificazioni (ICD e ICIDH), dove veniva dato ampio spazio alla descrizione delle malattie dell’individuo, ricorrendo a termini quali malattia, menomazione ed handicap (usati prevalentemente in accezione negativa, con riferimento a situazioni di deficit) nell’ultima classificazione l’OMS fa riferimento a termini che analizzano la salute dell’individuo in chiave positiva (funzionamento e salute). L’ICF vuole fornire un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole.L’analisi delle varie dimensioni esistenziali dell’individuo porta a evidenziare non solo come le persone convivono con la loro patologia, ma anche cosa è possibile fare per migliorare la qualità della loro vita.

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Il concetto di disabilità introduce ulteriori elementi che evidenziano la valenza innovativa della classificazione:- universalismo;- approccio integrato;- modello multidimensionale del funzionamento e della disabilità.

L’applicazione universale dell’ICF emerge nella misura in cui la disabilità non viene considerata un problema di un gruppo minoritario all’interno di una comunità, ma un’esperienza che tutti, nell’arco della vita, possono sperimentare. L’OMS, attraverso l’ICF, propone un modello di disabilità universale, applicabile a qualsiasi persona, normodotata o diversamente abile. L’approccio integrato della classificazione si esprime tramite l’analisi dettagliata di tutte le dimensioni esistenziali dell’individuo, poste sullo stesso piano, senza distinzioni sulle possibili cause. Il concetto di disabilità preso in considerazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità vuole evidenziare non i deficit e gli handicap che rendono precarie le condizioni di vita delle persone, ma vuole essere un concetto inserito in un continuum multidimensionale. Ognuno di noi può trovarsi in un contesto ambientale precario e ciò può causare disabilità. E’ in tale ambito che l’ICF si pone come classificatore della salute, prendendo in considerazione gli aspetti sociali della disabilità: se, ad esempio, una persona ha difficoltà in ambito lavorativo, ha poca importanza se la causa del suo disagio è di natura fisica, psichica o sensoriale. Ciò che importa è intervenire sul contesto sociale costruendo reti di servizi significativi che riducano la disabilità.

Scopi dell’ICF

L’ICF, adottando approcci di tipo universale e multidisciplinare, può essere utilizzata in discipline e settori diversi. I suoi scopi principali sono:

- fornire una base scientifica per la comprensione e lo studio della salute, delle condizioni, conseguenze e cause determinanti ad essa correlate;- stabilire un linguaggio standard ed univoco per la descrizione della salute delle popolazioni allo scopo di migliorare la comunicazione fra i diversi utlizzatori, tra cui operatori sanitari, ricercatori, esponenti politici e la popolazione, incluse le persone con disabilità;- rendere possibile il confronto fra i dati relativi allo stato di salute delle popolazioni raccolti in Paesi diversi in momenti differenti;

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- fornire uno schema di codifica sistematico per i sistemi informativi sanitari.

L’utilizzazione dell’ICF non solo consente di reperire informazioni sulla mortalità delle popolazioni, sulla morbilità, sugli esiti non fatali delle malattie e di comparare dati sulle condizioni di salute di una popolazione in momenti diversi e tra differenti popolazioni, ma anche di favorire interventi in campo socio-sanitario in grado di migliorare la qualità della vita delle persone. A tal proposito, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, tramite l’opera di diffusione dell’ICF portata avanti dal Disability Italian Network (DIN), si propone di coordinare i sistemi nazionali e regionali, al fine di sperimentare metodologie uniformi per avere un’analisi dettagliata della disabilità in Italia.

Struttura dell’ICF

Le informazioni raccolte dall’ICF descrivono situazioni relative al funzionamento umano e alle sue restrizioni. La classificazione organizza queste informazioni in due parti, in modo interrelato e facilmente accessibile.La prima parte si occupa di Funzionamento e Disabilità, mentre la seconda riguarda i Fattori Contestuali. La prima parte è costituita dalla componente Corpo, che comprende due classificazioni, una per le Strutture Corporee e una per le Funzioni Corporee e dalla componente Attività e Partecipazione, che comprende l’insieme delle capacità del soggetto in relazione allo svolgimento di un determinato compito nell’ambiente circostante.Ogni componente viene codificata facendo riferimento a codici alfanumerici e a qualificatori che denotano l’estensione o la gravità delle menomazioni a carico delle funzioni e strutture corporee e delle capacità del soggetto nell’eseguire determinati compiti.Le componenti sopra elencate vengono influenzate dai fattori ambientali, che comprendono l’ambiente fisico, sociale e degli atteggiamenti in cui le persone vivono e conducono la loro esistenza. Questi fattori possono infatti avere un’influenza positiva o negativa sulla partecipazione dell’individuo come membro della società, sulle capacità dello stesso di eseguire compiti, sul suo funzionamento o struttura del corpo. I fattori personali (sesso, razza, fattori socio-economici, età, stile di vita, educazione ricevuta, ecc.) non vengono classificati nell’ICF a causa della loro grande variabilità culturale e sociale.

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La classificazione ICF, tramite l’analisi delle varie componenti che la caratterizzano, evidenzia l’importanza di avvicinarsi alla disabilità facendo riferimento ai molteplici aspetti che la denotano come esperienza umana universale, che tutti possono vivere nell’arco della loro esistenza.La disabilità non è solo deficit, mancanza, privazione a livello organico o psichico, ma è una condizione che va oltre la limitazione, che supera le barriere mentali ed architettoniche. Disabilità è una condizione universale e pertanto non è applicabile solo alla persona che si trova su una carrozzina, che non vede o non sente. L’ICF sottolinea l’importanza di valutare l’influenza dell’ambiente sulla vita degli individui: la società, la famiglia, il contesto lavorativo possono influenzare lo stato di salute, diminuire le nostre capacità di svolgere mansioni che ci vengono richieste e porci in una situazione di difficoltà.L’ICF propone quindi un’analisi dettagliata delle possibili conseguenze sociali della disabilità avvicinandosi con umanità e rispetto alla condizione disabile.

Le parole che fanno la differenza

L’attenzione delle parole è importante, non tanto per un fatto estetico o formale, ma perché nelle parole è contenuto il modello operativo a cui si fa riferimento.

In questo caso, è molto importante non fare confusione tra deficit, disabilità e handicap: utilizzare termini impropri e fare confusioni linguistiche può essere un modo per aumentare l’handicap, anziché ridurlo.

Al centro sta la persona, che chiamiamo in vari modi (handicappato, in situazione di handicap, disabile) e ciascuna di queste definizioni ha i propri vantaggi e svantaggi.

Il punto di partenza deve però essere chiaro: l’individuo è relativamente handicappato, cioè l’handicap è un fatto relativo e non un assoluto, al contrario di ciò che si può dire per il deficit. In altri termini, un’amputazione non può essere negata ed è quindi assoluta; lo svantaggio (handicap) è invece relativo alle condizioni di vita e di lavoro, in una parola della realtà in cui l’individuo amputato è collocato.

L’handicap è dunque un incontro fra individuo e situazione. E’ uno svantaggio riducibile o (purtroppo) aumentabile. Queste riflessioni fanno

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capire quanto sia importante il fatto che le definizioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) tengano conto della distinzione già indicata.

Il nuovo ICF* è uno sviluppo coerente di questo pensiero, perché non smentisce l’impostazione già data permettendo, anzi, di evidenziare gli aspetti propositivi, e quindi di valorizzazione del singolo. Il rovesciamento dei termini, parlando in positivo (di funzioni, strutture, attività e partecipazione anziché di impedimenti, disabilità, handicap), è un importante passo in questa direzione. Osservando le parole-chiave della classificazione internazionale, bisogna rilevare che il termine disabilità, che era usato nella versione del 1980, è stato, appunto, sostituito da attività, e che handicap è stato sostituito dalla parola partecipazione, a indicare proprio quelle trasformazioni di positività che erano implicite. Gli altri termini che vengono utilizzati sono i seguenti: condizione di salute, menomazione, limitazione dell’attività, restrizione della partecipazione, fattori contestuali, fattori ambientali, fattori personali. Si costruisce, quindi, uno schema che vede al centro l’attività, che può essere più o meno sviluppata a seconda delle condizioni proprie dell'individuo, ma anche derivanti dal mondo esterno.

Significato di accessibilità per ogni tipologia di disabilità

Per meglio comprendere il termine “disabilità”, va premesso che le esigenze legate ai vari tipi di disabilità sono molto diversificate, in considerazione delle condizioni individuali, dell’età o di specifici momenti della vita di ciascuno.

Occorre tenere presente che la persona umana non va identificata mai, esclusivamente o parzialmente, con il suo “problema”. Ciascuna persona è frutto e sintesi di una storia personale (individuale o familiare), di percorsi religiosi, filosofici o politici, di esperienze di malattia o disagio sociale. Ciascuna persona è portatrice di una specifica e peculiare diversità, che coincide con l’affermare che ciascun individuo è “portatore di cultura”, cioè di uno sguardo unico e irripetibile sulla realtà. Mettere insieme le “visioni” diverse della realtà e le percezioni corporee, sensoriali e psichiche di ciascuna persona umana, probabilmente, può contribuire a costruire un mondo a misura di qualunque essere vivente, senza discriminazioni e barriere. Pertanto, è importante conoscere le difficoltà che derivano da una specifica patologia clinica, ma è altrettanto importante non confondere la persona con la sua

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invalidità.

Quando la disabilità diviene l’identità principale dell’individuo nel contesto umano in cui egli vive, lavora e cerca di divertirsi, allora la diversa abilità diviene handicap, cioè ostacolo frapposto dalla società alla libera fruizione della realtà e alla creativa espressione del percepito.

Accoglienza viene allora necessariamente a coincidere con Ascolto, cioè la condizione di stare accanto alla persona con disabilità, senza negare la difficoltà, ma partendo dalla diversa abilità facilitare l’integrazione sociale e culturale e non il semplice inserimento. Integrazione è accettazione dell’altro cosi come egli è, in tutto e per tutto. Inserimento è accettazione dell’altro….. a condizione che egli si pieghi a tutte le regole del sistema e dimentichi i propri stili e costumi.

La predisposizione di un prodotto turistico o di parti di esso per un cliente che esprime esigenze specifiche è basato sulla effettiva conoscenza del cliente, sull’identificazione della tipologia di disabilità e sulla considerazione delle abilità residue che ogni persona con disabilità è in grado di esprimere.

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APPENDICE 2

ALCUNI FONDAMENTALI PASSAGGI LEGISLATIVI…….

L'integrazione scolastica di alunni disabili ha come fondamenti norma tivi gli articoli 3 e 34 della Costituzione e la legge quadro sull'handicap n. 104/1992 che definisce, per quanto concerne la scuola, gli aspetti relativi al - l'integrazione e alla tutela del diritto allo studio degli studenti con difficoltà di apprendimento per disabilità fisiche, psichiche o sensoriali.

L'obbligo scolastico degli alunni handicappati è previsto dall'art. 314 del Testo Unico sull'istruzione n. 297/199; la prosecuzione dell'iter scolastico nella scuola secondaria superiore, è prevista e regolamentata dall'art. 2 del D.'VI. 9 agosto 1999, n. 323.

Successivamente, la legge n. 328/2000, nel regolamentare i servizi di ca-rattere assistenziale e sociale, riconferma il concetto di integrazione sotto-lineato anche nel D.P.R. 8/3/1999 n. 275 («Regolamentazione dell'autonomia didattica e organizzativa») in cui si fa specifico riferimento a metodologie e soluzioni organizzative atte a integrare studenti con disabilità.

L’atto di indirizzo del Ministero della sanità (D.P R. 24 febbraio 1994) di-sciplina l'accertamento della condizione di handicap (art. 2), la compilazio-ne della diagnosi funzionale (art. 3), del Profilo Dinamico Funzionale (art. l) e del Piano Educativo Individualizzato (art. 5); la segnalazione può essere fatta anche da parte del competente capo d'Istituto.

Le funzioni e i compiti delle diverse istituzioni preposte all'integrazione sono definite dall'Accordo di Programma (legge 142/1990, art. 27; oltre che dalla legge 104/1992, art. 13, comma 1, lett. a; e dal D.M. 9 luglio 1992).

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L'art. 15 della citata legge istituisce presso i Provveditorati agli studi (ora CSA) i GLIP (gruppo di lavoro interistituzionale provinciale) di cui fanno parte: un ispettore tecnico, un esperto della Scuola, due esperti designa ti dagli Enti Locali, due esperti dell'ASL, tre esperti designati dalle Associa-zioni delle persone handicappate e, presso ogni scuola, il GLH (Gruppo di studio e di lavoro handicap di istituto) composto da insegnanti, operatori dei servizi, familiari e studenti.

II GLH di istituto procede alla stesura del PEI (Piano Educativo Indivi-dualizzato).

Con il D.P.R. 24 luglio 1977 n. 515 è fatto obbligo agli Enti Locali di for-nire assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale agli alunni con handicap fisici o sensoriali.

Sono anche garantite attività didattiche di sostegno; i criteri di attribuzione degli insegnanti specializzati sono regolati dalla legge 449/1997 che modifica la L. 517/1977 e il D.Lgs. 297/1994.

I criteri per la formazione delle classi che accolgono alunni portatori di handicap sono regolamentati dal D.M. 3 giugno 1999, n.141. L'integrazione negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado ha inizio a seguito della Sentenza della Corte Costituzionale n. 215/87 e sulla base delle indicazioni contenute nella C.M. 22 settembre 1988 n. 262.

La valutazione finale del corso di studi è regolata dall'art. l3 del D.P.R. n, 323/1998 («Regolamento recante disciplina degli esami conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore»); la modulistica specifica è definita con la C.M. 125/2001 (Alodelli di certificazione per alunni con handicappati).

Dal D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297:

Art. 312 (Principi generali). - 1. L'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate sono disciplinati dalla legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, le cui disposizioni, per quanto concerne il diritto all'educazione, all'istruzione e all'integrazione scolastica sono richiamate ne; presente paragrafo.

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Art.313 (Soggetti aventi diritto).- 1. E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

2. L'individuazione dell'alunno come persona handicappata, ai fini del-l'esercizio dei diritti previsti dalla presente sezione, è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 6 del-l'art. 314. In attesa dell'adozione dell'atto di indirizzo e coordinamento, al fine di garantire i necessari interventi di sostegno, all'individuazione prov-vedono, nel rispetto delle relative competenze, uno psicologo o un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso l'unità sanitaria lo-cale di residenza dell'alunno.

Art. 314 (Diritto all'educazione ed all'istruzione). - 1. È garantito il di-ritto all'educazione e all'istruzione della persona handicappata nelle sezioni di scuola materna e nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado.

2. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità della persona handicappata nell'apprendimento, nella comunicazione, nelle relazioni e nella socializzazione.

3. l'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connesse all'handicap.

4. All'individuazione dell'alunno come persona handicappata ed all'ac-quisizione della documentazione risultante dalla diagnosi funzionale fa se-guito un profilo dinamico-funzionale, ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono congiunta-mente, con la collaborazione dei genitori della persona handicappata, gli o-peratori delle unità sanitarie locali e, per ciascun grado di scuola, personale docente specializzato della scuola con la partecipazione del docente ope-ratore psico-pedagogico individuato secondo criteri stabiliti dal ministro della Pubblica istruzione. Il profilo indica le caratteristiche fisiche, psichi-che, sociali ed affettive dell'alunno e pone in rilievo sia le difficoltà di ap-prendimento conseguenti alla situazione di handicap e le possibilità di re-cupero, sia le capacità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e

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progressivamente rafforzate e sviluppate nel rispetto delle scelte culturali della persona handicappata.

5. Alla elaborazione del profilo dinamico-funzionale iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e l'influenza esercitata dall'ambiente scolastico.

6. I compiti attribuiti alle Unità sanitarie locali dai commi 4 e 5 sono svolti secondo le modalità indicate con apposito atto di indirizzo e coordi-namento emanato ai sensi dell'art. 5, comma 1, della L. 23 dicembre 1978, n. 833.

7. 11 profilo dinamico-funzionale è aggiornato a conclusione della scuo-la materna, della scuola elementare e della scuola media e durante il corso di istruzione secondaria superiore.

8. Omissis (34).

9. Negli ospedali, nelle cliniche e nelle divisioni pediatriche gli obiettivi di cui al presente articolo possono essere perseguiti anche mediante l'uti-lizzazione di personale in possesso di specifica formazione psico-pedagogi-ca che abbia una esperienza acquisita presso i nosocomi o segua un periodo di tirocinio di un anno sotto la guida di personale esperto.

Art. 315 (Integrazione scolastica). - 1. L'integrazione scolastica della persona handicappata nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado si realizza, fermo restando quanto previsto dagli artt. 322 e seguenti ('S) anche attraverso:

a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli enti locali, gli organi scolastici e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze, stipulano gli accordi di programma di cui all'art. 27 della L. 8 giugno 1990, n. 142 (36). Con decreto del ministro della Pubblica istruzione, d'intesa con i ministri per gli Affari sociali e della Sanità, sono fissati gli indirizzi per la stipula degli accordi di programma. Tali accordi di programma sono finalizzati alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi, riabilitativi e di socializzazione individualizzati, nonché a forme di integrazione tra attività scolastiche e attività integrative extrascolastiche. Negli accordi sono altresì previsti i requisiti che devono essere posseduti dagli enti pubblici e privati ai fini della

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partecipazione alle attività di collaborazione coordinate;

b) la dotazione alle scuole di attrezzature tecniche e di sussidi didattici nonché di ogni altra forma di ausilio tecnico, ferma restando la dotazione individuale di ausili e presidi funzionali all'effettivo esercizio del diritto allo studio, anche mediante convenzioni con centri specializzati, aventi funzione di consulenza pedagogica, di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;

c) la sperimentazione di cui agli art. 276 e seguenti da realizzare nelle classi frequentate da alunni con handicap.

2. Nelle scuole di ogni ordine e grado, fermo restando, ai sensi del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, e successive modificazioni, l'obbligo per gli enti locali di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati.

3. Omissis (comma abrogato dall'art. 40, comma 1, della L. 27 dicembre 1997, n. 449).

4. Nella scuola media e nella scuola secondaria superiore sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lett. c, realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato.

5. I docenti di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, di interclasse, di classe e dei collegi dei docenti.

Art. 316 (Modalità di attuazione dell'integrazione scolastica). - 1. Il Mi-nistero della pubblica istruzione provvede alla formazione e all'aggiorna-mento del personale docente per l'acquisizione di conoscenze in materia di integrazione scolastica degli studenti handicappati ai sensi dell'art. 26 del D.P.R. 23 agosto 1988, n. 399, nel rispetto delle modalità di coordinamento con il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica di cui all'art. 4 della L. 9 maggio 1989, n. 168. Il ministero della pubblica i-struzione provvede altresì:

a) all'attivazione di forme sistematiche di orientamento, particolarmente qualificate per la persona handicappata, con inizio almeno dalla prima

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classe della scuola media;

b) all'organizzazione dell'attività educativa e didattica secondo il criterio della flessibilità nell'articolazione delle sezioni e delle classi, anche aperte, in relazione alla programmazione scolastica individualizzata;

c) a garantire la continuità educativa fra i diversi gradi di scuola, preve-dendo forme obbligatorie di consultazione tra docenti di scuole di grado di-verso in modo da promuovere il massimo sviluppo dell'esperienza scolasti-ca della persona handicappata in tutti gli ordini e gradi di scuola consen-tendo il completamento della scuola dell'obbligo anche sino al compimento del diciottesimo anno di età; nell'interesse dell'alunno, con deliberazione del collegio dei docenti, sentiti gli specialisti di cui all'art. 314, su proposta del consiglio di classe, può essere consentita una terza ripetenza in singole classi.

2. Fino alla prima applicazione dell'art. 9 della L. 19 novembre 1990, n. 341, relativamente alle scuole di specializzazione, si applicano le disposi-zioni contenute nell'art. 325.

3. L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentita unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati. Resta salvo il disposto dell'art. 455, com-ma 12 (3y).

4. Gli accordi di programma di cui all'art. 315 comma 1, lett. a, possono prevedere lo svolgimento di corsi di aggiornamento comuni per il personale delle scuole, delle unità sanitarie locali e degli enti locali, impegnati in piani educativi e di recupero individualizzati. Resta salvo il disposto dell'art. 479, comma 10 (disapplicato).

Art. 317 (Gruppi di lavoro per l'integrazione scolastica).

1. Presso ogni ufficio scolastico provinciale è istituito un gruppo di lavoro composto da: un ispettore tecnico nominato dal provveditore agli studi, un esperto della scuola utilizzato ai sensi dell'art. 455, due esperti designati dagli enti locali, due esperti delle unità sanitarie locali, tre esperti designati dalle associazioni delle persone handicappate maggiormente rappresentative a livello provinciale nominati dal provveditore agli studi sulla base dei criteri indicati dal ministro della Pubblica istruzione entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della L. 5 febbraio 1992, n.

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104. Il gruppo di lavoro dura in carica tre anni.

2. Presso ogni circolo didattico, scuola media ed istituto di istruzione secondaria superiore sono costituiti gruppi di studio e di lavoro composti da docenti, operatori dei servizi familiari e studenti con il compito di col-laborare alle iniziative educative e di integrazione predisposte dal piano educativo.

3. I gruppi di lavoro di cui al comma 1 hanno compiti di consulenza e proposta al provveditore agli studi, di consulenza alle singole scuole, di collaborazione con gli enti locali e le unità sanitarie locali per la conclusione e la verifica dell'esecuzione degli accordi di programma di cui all'art. 315 e agli artt. 39 e 40 della L. 5 febbraio 1992, n. 104, per l'impostazione e attua-zione dei piani educativi individualizzati, nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento.

4. I gruppi di lavoro predispongono annualmente una relazione da inviare al ministro della Pubblica istruzione ed al presidente della Giunta regionale. Il presidente della giunta regionale può avvalersi della relazione ai tini della verifica dello stato di attuazione degli accordi di programma di cui alle disposizioni richiamate nel comma 3.

Art. 321 (Programmazione educativa nella scuola media).

1. Nell'ambito delle attività rientranti nella programmazione educativa di cui all'art. 167 sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante l'utilizzazione dei docenti di sostegno.

2. Nelle classi che accolgono alunni portatori di handicap devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze, dallo Stato c dagli enti locali preposti, nei limiti delle rispettive disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale.

* Dalla L. 27 dicembre 1997, n. 449:

Art. 40 (Personale della scuola). - 1. Omissis. In attuazione dei principi generali fissati dalla L. 5 febbraio 1992, n. 104, è assicurata l'integrazione scolastica degli alunni handicappati con interventi adeguati al tipo e alla

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gravità dell'handicap, compreso il ricorso all'ampia flessibilità organizzativa e funzionale delle classi prevista dall'art. 21, commi 8 e 9, della L. 15 marzo 1997, n. 59, nonché la possibilità di assumere con contratto a tempo determinato insegnanti di sostegno in deroga al rapporto docenti-alunni in-dicato al comma 3, in presenza di handicap particolarmente gravi, fermo restando i1 vincolo di cui al primo periodo del presente comma. Sono abro-gati gli artt. 72, 315, comma 3, 319, commi da 1 a 3, e 443 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 .

Art. 1. - II fondo di cui alla L. 18 dicembre 1997, n. 440, è incrementato dalla somma di lire 25.369 milioni per il 2000 e lire 21.273 milioni annue a decorrere dal 2001, destinati al potenziamento ed alla qualificazione del-l'offerta di integrazione scolastica degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap sensoriali.

2. L'intero incremento di cui al comma 1 è destinato per i155% alla rea-lizzazione della riforma delle scuole e degli istituti a carattere atipico di cui all'art. 21, comma 10, della L. 15 marzo 1997, n. 59, e alla realizzazione de-gli interventi da questi programmati, compresi i corsi di alta qualificazione dei docenti, anche avvalendosi dell'esperienza degli istituti che si sono tra-dizionalmente occupati dell'educazione dei ragazzi e degli adulti coli dejícit sensoriale. Le risorse residue, pari al 45%, sono destinate al finanziamento di interventi realizzati ai sensi del comma 3 del presente articolo. La ripar-tizione di risorse di cui al presente comma rimane ferma anche dopo l'in-sediamento dei nuovi organi di gestione degli istituti suddetti.

3. Fino alla data di insediamento dei nuovi organi di gestione degli istituti di cui al comma 2, il Ministero della pubblica istruzione è autorizzato ad utilizzare in tutto o in parte le disponibilità per gli interventi in favore degli alunni in situazioni di handicap, con particolare attenzione per quelli con handicap sensoriali di cui al comma 1, per finanziare progetti di inte-grazione scolastica degli alunni e di formazione del personale docente, an-che nell'ambito di sperimentazioni dell'autonomia didattica ed organizzativa. I progetti sono predisposti e realizzati dalle istituzioni scolastiche anche in collegamento con gli istituti di cui al comma 2 del presente articolo at-tualmente funzionanti, i quali possono a tal fine promuovere i necessari ac-cordi, ovvero dal Ministero della pubblica istruzione mediante convenzioni

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con istituti specializzati nello studio e nella cura di specifiche forme di han-dicap che accettino di operare nel settore dell'integrazione scolastica.

4. Le risorse destinate agli interventi in favore degli alunni di cui al comma 1 sono aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate all'integrazione scolastica.

* Dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289:

Art. 35 (Misure di razionalizzazione in materia di organizzazione sco-lastica). - 7. Ai fini dell'integrazione scolastica dei soggetti portatori di han-dicap si intendono destinatari delle attività di sostegno ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, gli alunni che presentano una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva. attivazione di posti di sostegno in deroga al rapporto insegnanti/alunni in presenza di handicap particolarmente gravi, di cui all'articolo 40 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è autorizzata dal dirigente preposto all'ufficio scolastico regionale assicurando comunque le garanzie per gli alunni in si-tuazione di handicap di cui al predetto articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. All'individuazione dell'alunno come soggetto portatore di han-dicap provvedono le aziende sanitarie locali sulla base di accertamenti col-legiali, con modalità e criteri definiti con decreto del Presidente del Consi-glio dei Ministri da emanare, d'intesa con la Conferenza unificata di cui al-l'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, su proposta dei Ministri dell'i-struzione, dell'università e della ricerca e della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

ACCESSO DEI DISABILI AGLI STRUMENTI INFORMATICI

* Dalla L. 9 gennaio 2004, n. 4:

Art. 1 (Obiettivi e finalità). -1. La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti infor-matici e telematici.

2. È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pub-blica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione.

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Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai limiti della presente legge, si intende per:

a) «accessibilità»: la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari;

b) «tecnologie assistive»: gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici.

Art. 3 (Soggetti erogatori). -1. La presente legge si applica alle pubbli-che amministrazioni di cui al comma 2 dell'articolo 1 del decreto legisla-tivo 30 marzo 2001, n. 965, e successive modificazioni, agli enti pubblici economici, alle aziende private concessionarie di servizi pubblici, alle a-ziende municipalizzate regionali, agli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, alle aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e alle aziende appaltatrici di, servizi informatici.

2. Le disposizioni della presente legge in ordine agli obblighi dell’accessibilità non si applicano ai sistemi informatici destinati ad essere fruiti da gruppi di utenti dei quali, per disposizione di legge, non possono fare parte persone disabili.

Art. 4 (Obblighi per l'accessibilità). - 1. Nelle procedure svolte dai sog-getti di cui all'articolo 3, comma 1, per l'acquisto di beni e per la fornitura di servizi informatici, i requisiti di accessibilità stabiliti con il decreto di cui all'articolo 11 costituiscono motivo di preferenza a parità di ogni altra con-dizione nella valutazione dell'offerta tecnica, tenuto conto della destinazione del bene o del servizio. La mancata considerazione dei requisiti di ac-cessibilità o l'eventuale acquisizione di beni o fornitura di servizi non ac-cessibili è adeguatamente motivata. Le disposizioni della presente legge in ordine agli obblighi per l'accessibilità non si applicano ai sistemi

2.1 soggetti di cui all'articolo 3, comma 1, non possono stipulare, a pena di nullità, contratti perla realizzazione e la modifica di siti INTERNET quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti dal decreto

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di cui all'articolo 11.1 contratti in essere alla data di entrata in vigore del de-creto di cui all'articolo 11, in caso di rinnovo, modifica o novazione, sono a-deguati, a pena di nullità, alle disposizioni della presente legge circa il rispetto dei requisiti di accessibilità, con l'obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto.

3. La concessione di contributi pubblici a soggetti privati per l'acquisto di beni e servizi informatici destinati all'utilizzo da parte di lavoratori disabili o del pubblico, anche per la predisposizione di postazioni di telelavoro, è subordinata alla rispondenza di tali beni e servizi ai requisiti di accessibilità stabiliti dal decreto di cui all'articolo 11.

4. I datori di lavoro pubblici e privati pongono a disposizione del dipendente disabile la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistiva ade-guata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte. Ai datori di lavoro privati si applica la disposizione di cui all'articolo 13, comma 1, lettera c), della legge 12 marzo 1999, n. 68.

5.1 datori di lavoro pubblici provvedono all'attuazione del comma 4, nel-l'ambito delle disponibilità di bilancio.

Art. 5 (Accessibilità degli strumenti didattici e formativi). - 1. Le dispo-sizioni della presente legge si applicano, altresì, al materiale formativo e di-dattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado.

2. Le convenzioni stipulate tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le associazioni di editori per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche prevedono sempre la fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali, accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno, nell'ambito delle disponibilità di bilancio.

Art. 6 (herfiea dell'accessibilità su richiesta). -1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie valuta su richiesta l'accessibilità dei siti INTERNET o del materiale informatico pro-dotto da soggetti diversi da quelli di cui all'articolo 3.

2. Con il regolamento di cui all'articolo 10 sono individuati: a) le modalità con cui pub essere richiesta la valutazione;

b) i criteri per la eventuale partecipazione del richiedente ai costi dell'o-perazione;

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e) il marchio o logo con cui è reso manifesto il possesso del requisito dell'accessibilità;

d) le modalità con cui può essere verificato il permanere del requisito stesso.

Art 7 (Compiti amministrativi). - 1. La Presidenza del Consiglio dei mi-nistri - Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie, anche avvalendosi del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, come sostituito dall'articolo 176 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:

a) effettua il monitoraggio dell'attuazione della presente legge;

b) vigila sul rispetto da parte delle amministrazioni statali delle disposi-zioni della presente legge;

c) indica i soggetti, pubblici o privati, che, oltre ad avere rispettato i re-quisiti tecnici indicati dal decreto di cui all'articolo 9.1, si sono anche meri-toriamente distinti per l'impegno nel perseguire le finalità indicate dalla presente legge;

d) promuove, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche so-ciali, progetti, iniziative e programmi finalizzati al miglioramento e alla diffusione delle tecnologie assistive e per l'accessibilità;

e) promuove, con le altre amministrazioni interessate, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'erogazione di finanziamenti finalizzati alla diffusione tra i disabili delle tecnologie assistive e degli strumenti informatici dotati di configurazioni particolari e al sostegno di progetti di ricerca nel campo dell'innovazione tecnologica per la vita indipendente e le pari opportunità dei disabili;

j) favorisce, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il ministro per le Pari opportunità, lo scambio di esperienze e di proposte fra associazioni di disabili, associazioni di sviluppatori competenti in materia di accessibilità, amministrazioni pubbliche, operatori economici e fornitori di hardware e software, anche per la proposta di nuove iniziative;

g) promuove, di concerto con i Ministeri dell'istruzione, dell'università e

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della ricerca e per i beni e le attività culturali, iniziative per favorire l'ac-cessibilità alle opere multimediali, anche attraverso specifici progetti di ri-cerca e sperimentazione con il coinvolgimento delle associazioni delle per-sone disabili; sulla base dei risultati delle sperimentazioni sono indicate, con decreto emanato di intesa dai Ministri interessati, le regole tecniche per l'accessibilità alle opere multimediali;

h) definisce, di concerto con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli obiettivi di accessibilità delle pubbliche amministrazioni nello sviluppo dei sistemi informatici, nonchè l'introduzione delle problematiche relative all'accessibilità nei programmi di formazione del personale.

2. Le regioni, le province autonome e gli enti locali, vigilano sull'attua-zione da parte dei propri uffici delle disposizioni della presente legge.

Art. 8 (Formazione). - Omissis (").

Art. 9 (Responsabilità). - 1. L'inosservanza delle disposizioni della pre-sente legge comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti.

Art. 10 (Regolamento di attuazione). - 1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti:

a) i criteri e i princìpi operativi e organizzativi generali per l'accessibilità; b) i contenuti di cui all'articolo 6, comma 2;

e) i controlli esercitabili sugli operatori privati che hanno reso nota l'ac-cessibilità dei propri siti e delle proprie applicazioni informatiche;

d) i controlli esercitabili sui soggetti di cui all'articolo 3, comma 1.

2. Il regolamento di cui al comma 1 è adottato previa consultazione con le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, con le associazioni di sviluppatori competenti in materia di accessibilità e di pro-duttori di hardware e software e previa acquisizione del parere delle com-petenti Commissioni parlamentari, che devono pronunciarsi entro quaran-tacinque giorni dalla richiesta, e d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

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Art. 11 (Requisiti tecnici). - 1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rap-presentative, con proprio decreto stabilisce, nel rispetto dei criteri e dei princìpi indicati dal regolamento di cui all'articolo 10:

a) le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l'accessibilità;

b) le metodologie tecniche per la verifica dell'accessibilità dei siti INTERNET, nonchè i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine.

Art. 12 (Normative internazionali). - 1. 11 regolamento di cui all'articolo 10 e il decreto di cui all'articolo 11 sono emanati osservando le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sul-l'accessibilità dell'Unione europea, nonchè nelle normative internazional-mente riconosciute e tenendo conto degli indirizzi forniti dagli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore.

2. Il decreto di cui all'articolo 11 è periodicamente aggiornato, con la me-desima procedura, per i1 tempestivo recepimento delle modifiche delle normative di cui al comma 1 e delle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.

DOCENTI DI SOSTEGNO

Dal D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297:

Art. 127 (Docenti di sostegno). - 1. A1 fine di realizzare interventi atti a superare particolari situazioni di difficoltà di apprendimento determinate da handicap, si utilizzano docenti di sostegno il cui organico è determinato a norma dell'art. 443 ("2) del presente Testo Unico, ed i cui compiti devono essere coordinati, nel quadro della programmazione dell'azione educativa, con l'attività didattica generale.

2. I docenti di sostegno fanno parte integrante dell'organico di circolo ed in esso assumono la titolarità. Essi, dopo cinque anni di appartenenza al ruolo dei docenti di sostegno, possono chiedere il trasferimento al ruolo comune, nel limite dei posti disponibili e vacanti delle dotazioni organiche derivanti

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dall'applicazione dei commi 5, 7 e 8 dell'art. 133 del presente Testo Unico.

3. I docenti di sostegno assumono la contitolarità delle classi in cui operano; collaborano con i docenti del modulo organizzativo di cui all'art. 121, con i genitori e con gli specialisti delle strutture territoriali, per programmare ed attuare progetti educativi personalizzati; partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di interclasse e dei collegi dei docenti.

4. L'utilizzazione in posti di sostegno di docenti privi dei prescritti titoli di specializzazione è consentito, nei modi previsti dall'art. 455, unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati.

5. Nell'ambito dell'organico di circolo può essere prevista l'utilizzazione fino a un massimo di ventiquattro ore di un docente, fornito di titoli speci-fici o di esperienze in campo psico-pedagogico, con il compito di interveni-re nella prevenzione e nel recupero, agevolare l'inserimento e l'integrazione degli alunni in situazione di difficoltà e interagire con i servizi specialistici e ospedalieri del territorio, nel rispetto delle funzioni di coordinamento e rappresentatività, del direttore didattico. A tal ime, il collegio dei docenti, in sede di programmazione, propone al direttore didattico i necessari adattamenti in materia di costituzione dei moduli.

6. L'esperienza di integrazione degli alunni portatori di handicap è og-getto di verifiche biennali compiute dal ministro della Pubblica istruzione che riferisce al Parlamento e, sulla base delle stesse, impartisce adeguate disposizioni.

Art. 319 (Posti di sostegno). - 4. Per l'assegnazione o l'utilizzazione nei posti di sostegno i docenti devono essere forniti di apposito titolo di specia-lizzazione rilasciato ai sensi dell'art. 325.

5. L'utilizzazione nei posti di sostegno dei docenti privi dei prescritti titoli è consentita, a norma dell'art. 315, unicamente qualora manchino docenti di ruolo o non di ruolo specializzati; trovano applicazione, al riguardo, le disposizioni contenute nell'art. 455, comma 12 ("').

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COPERTURA DEI POSTI DI SOSTEGNO

Dal D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297:

Art. 481 (Sostegno). - 1. Ai fini della copertura dei posti di sostegno nella scuola dell'obbligo, dopo le operazioni di utilizzazione del personale docente di ruolo fornito del prescritto titolo di specializzazione, si procede al-l'accantonamento di un numero di posti pari a quello necessario per le no-mine del personale docente non di ruolo fornito del prescritto titolo di spe-cializzazione.

2. Effettuato l'accantonamento dei posti di cui al comma 1, nell'ambito del numero dei posti residui sono utilizzati i docenti di ruolo privi del prescritto titolo di specializzazione.

3. Dopo le operazioni di cui al comma 2 si procede all'effettuazione delle nomine del personale docente non di ruolo per il quale è stato disposto l'accantonamento di posti di cui al comma 1.

* Dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350:

Art. 3 (Disposizioni in materia di oneri sociali e di personale e per il,ficnzionamento di amministrazioni ed enti pubblici). - 90. 1 docenti in situazione di sopra numerarietà, appartenenti a classi di concorso in esubero a livello provinciale e che siano in possesso del prescritto titolo di specializ-zazione per il sostegno agli alunni disabili sono trasferiti su posti di soste-gno; il trasferimento viene disposto a domanda e, nel caso in cui gli inte-ressati non producano domanda o non ottengano una delle sedi richieste, d'ufficio.

CORSI BIENNALI DI SPECIALIZZAZIONE

* Dal D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297:

Art. 325 (Istituzioni abilitate in via transitoria a rilasciare titoli di specializzazione per l'insegnamento agli alunni handicappati, non vedenti e sordomuti). - 1. Il personale direttivo e docente preposto alle scuole per non vedenti e per sordomuti, alle scuole con particolari finalità ed alle sezioni e classi delle scuole comuni che accolgono alunni portatori di handicap deve essere fornito - fino all'applicazione dell'art. 9 della L. 19

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novembre 1990, n. 341 - di apposito titolo di specializzazione da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole o istituti riconosciuti dal Ministero della pubblica istruzione. I programmi del predetto corso sono approvati con decreto del ministro della Pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

2. A1 predetto corso sono ammessi coloro che siano in possesso dei re-quisiti prescritti per l'accesso ai posti di ruolo a cui si riferisce la specializ-zazione.

3. Sono validi altresì quali titoli di specializzazione i titoli conseguiti in base a norme vigenti prima della data di entrata in vigore del D.P.R. 31 ot-tobre 1975, n. 970, anche se il loro conseguimento abbia avuto luogo dopo tale data, purché a seguito di corsi indetti prima della data medesima.

Dal D.M. 24 novembre 1998, n. 460:

Art. 6. - Limitatamente alle esigenze accertate in ciascuna provincia, fi-no a quando non vi sarà disponibilità di personale docente munito di titolo di specializzazione per il sostegno conseguito nel corso di laurea e nella scuola di specializzazione - e quindi rispettivamente fino agli anni accade-mici 2001-02 e 2000-01 - è consentita alle Università, anche in regime di convenzione con enti o istituti specializzati di cui all'art. 14, comma 4, del-la L. 5 febbraio 1992, n. 104, l'istituzione e l'organizzazione dei corsi bien-nali di specializzazione per le attività di sostegno alle classi, in presenza di alunni in situazione di handicap, ivi compresi i corsi biennali per gli assi-stenti educatori dei convitti statali per sordomuti e non vedenti, in modo ta-le che i corsi di specializzazione si concludano entro i predetti anni acca-demici.

Art. 7. - 1. È consentito ai provveditori agli studi, in regime di convenzione con le Università e limitatamente alle esigenze accertate in ciascuna provincia, di istituire corsi di specializzazione per gli insegnanti di sostegno destinati al personale già in servizio con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. I criteri per l'accesso ai corsi del predetto personale in servizio, sono stabiliti con ordinanza del ministro della Pubblica istruzione.

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* D.M. 30 novembre 1999, n. 287:

Art. 1. - 1. Ai fini dell'inclusione nelle graduatorie per il conferimento dei posti per il sostegno alle classi con alunni in situazione di handicap, il diploma di specializzazione, conseguito a seguito della frequenza con esito positivo dei corsi biennali dì specializzazione attivati nella fase transitoria in forza del D.I. 24 novembre 1998, n. 460, art_ 6, costituisce titolo valido solo se rilasciato dalle università che hanno istituito, organizzato e gestito i corsi presso le scuole di specializzazione all'insegnamento nella scuola se-condaria ovvero presso le facoltà e dipartimenti ove sono stati istituiti i corsi di laurea in scienze della formazione primaria.

2. Ai fini di cui al comma 1 il diploma, firmato dall'organo competente secondo gli ordinamenti vigenti nell'università e dal direttore del corso di specializzazione di cui all'art. 1, deve contenere i seguenti elementi:

a) gli estremi della comunicazione del provveditore agli studi della provincia di svolgimento del corso sull'effettivo fabbisogno di docenti specializzati per il sostegno, sulla base della quale l'università ha proceduto a istituire il corso di specializzazione;

b) l'indicazione della scuola di specializzazione all'insegnamento nella scuola secondaria ovvero della facoltà o dipartimento ove siano stati istitui-ti i corsi di laurea in scienze della formazione primaria presso il quale è stato attivato il corso di specializzazione;

c) l'indicazione che il programma svolto nel corso è stato realizzato sulla base degli obiettivi formativi e secondo i contenuti previsti dal D. 27 giugno 1995, n. 226, del ministro della Pubblica istruzione; ci7 l'indicazione che le eventuali convenzioni stipulate dalle università con enti o istituti specializzati, per quanto riguarda la conduzione didattica dei corsi, sono state poste in essere nel rispetto di quanto previsto dall'art. 14, comma 4, della L. 104/1992.

Art. 2. - 11 diploma rilasciato in difformità da quanto indicato all'art. 1 non sarà ritenuto valido per le attività di sostegno nelle classi con alunni in situa-zione di handicap e in tutti gli altri casi in cui la normativa vigente in materia di istruzione prevede il possesso del predetto diploma di specializzazione.

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CORSI INTENSIVI DI SPECIALIZZAZIONE

* Dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662:

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Art. 1 (Norme in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza). - 75. Per il personale in esubero, rispetto alle dotazioni organiche provinciali, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, oltre ai corsi di riconversione professionale previsti dall'art. 173 del testo unico approvato con D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297, saranno istituiti anche corsi intensivi di durata non superiore all'anno finalizzati al conseguimento del titolo di specializzazione prescritto per fattività di sostegno all'integrazione scolastica degli alunni handicappati; con la contrattazione collettiva saranno, altresì, stabiliti i criteri per la mobilità d'ufficio del medesimo personale. Sono abrogati i commi 1 e 2 dell'art. 28 del D.L. 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla L. 27 dicembre 1989, n. 417 (44).

* C.C.D.N. 2 giugno 1997:

Art. 1 (Finalità dei corsi). - 1.1. I corsi intensivi di specializzazione per l'attività di sostegno all'integrazione scolastica degli alunni portatori dì handicap sono finalizzati, oltre che a consentire la mobilità del personale docente in situazione di esubero rispetto alla dotazione organica provinciale, a garantire che i posti per le attività di sostegno alle classi, in presenza di alunni in situazione di handicap, siano ricoperti da personale fornito del necessario livello di qualificazione professionale che assicuri la realizzazione del diritto all'educazione e all'istruzione nonché la migliore attuazione dell'integrazione scolastica del portatore di handicap.

Art. 2 (Programmazione dei corsi). - 2.1. La programmazione dei corsi in-tensivi di specializzazione avviene a livello provinciale, in relazione al fabbisogno di docenti specializzati per l'integrazione scolastica, ed è definita a livello nazionale secondo un piano che terrà conto delle risorse economiche disponibili e delle priorità evidenziate nelle proposte avanzate dai provveditori.

2.2. I provveditori formulano le proposte di istituzione dei corsi, in considerazione delle situazioni di soprannumerarietà accertate nonché delle disponibilità di posti di sostegno presenti nella provincia.

2.3. Va conferita priorità alle situazioni ove la dimensione d a mero consenta la sostituzione dei partecipanti ai corsi senza aggravio di spesa, nonché alle situazioni di carenza di personale, considerando spiranti al rapporto di lavoro a tempo determinato, specializzato per l’attività di sostegno in relazione alle

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esigenze verificate in ambito provinciale.

Art. 3 (Organizzazione dei corsi).

3.1. I corsi intensivi sono finalizzati a fornire ai docenti che vi partecipano una formazione di base complessivamente adeguata ai compiti da svolgere per favorire e promuovere generale l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap: pertanto i corsi saranno articolati in modo complesso prevedendo attività didattiche, seminariali e di rielaborazione della esperienza personale, per una durata non inferiore alle 450 ore.

3.2. I docenti che abbiano acquisito la professionalità, coma sopra indicato, dovranno seguire apposite iniziative di aggiornamento e , mento sulla integrazione degli alunni in particolari situazioni : sensoriale. Tali iniziative saranno attuate dall'amministrazione sulla base dei piani nazionali e provinciali di aggiornamento e formazione definiti m sede di contrattazione decentrata; la partecipazione a tali iniziative sarà condizione prioritaria per la prestazione di servizio su posti di sostegno per alunni con handicap sensoriale.

3.3. All'acquisizione della specifica competenza professionale concorrono le attività didattiche di sostegno, in misura non inferiore a 250 ore, destinate all'accrescimento dell'esperienza personale, che i docenti utilizzati secondo quanto previsto dall'art. 3 del C.C.D.N. sulle utilizza/ scritto in data 29 maggio 1997 svolgeranno, fino al termine dell',anno scolastico nelle scuole ove prestano servizio. Il corsista, di norma svolgerà tali attività, nonché attività di tirocinio assistito, affiancando il personale di ruolo specializzato con acquisita esperienza nell'attività di sostegno

Art. 4 (Partecipazione ai corsi). - 4.1. I corsi intensivi di cui al presente contratto sono destinati al personale con rapporto di lavoro a tempo terminato appartenente a ruoli e classi di concorso in situazioni di esubero, rispetto alle dotazioni organiche provinciali, che ne faccia domanda.

4.2. Contestualmente alla domanda, il personale interessato ci t

v rare la propria disponibilità a prestare servizio per almeno un quinquennio su posto di sostegno.

4.3. In caso di rinuncia alla partecipazione al corso, l'utilizzai all'art. 3 del C.C.D.N. sottoscritto in data 29 maggio 1997 viene o personale verrà utilizzato secondo la disciplina generale.

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4.4. È data precedenza, per l'ammissione ai corsi, agli aspiranti cl-.le condizioni di cui al punto 1, non siano utilizzati su altre classi di , 4.5. È data precedenza, inoltre, ad aspiranti che abbiano già svolto attività di sostegno.

4.6. È data, altresì, precedenza agli aspiranti che appartengono a classi di concorso con situazione di esubero di dimensioni tali da cosentire sostituzione senza aggravio di spesa.

APPENDICE 3

MOMENTO ESPLICATIVO DEL DOCENTE E DEL COMITATO

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DI COORDINAMENTO TIRESIA

Con questo lavoro abbiamo inteso presentare la condizione degli alunni in situazione di handicap nella molteplicità dei suoi aspetti; cercando di offrire un quadro compiuto di informazioni e di riflessioni critiche a tutti gli operatori che volessero in qualche modo assumere una posizione di apprendimento in rapporto con i problemi della disabilità nei suoi ambiti specifici, quelli della cecità, della sordità, dell’apprendimento, con particolare riferimento ai linguaggi psico-sensoriali, tiflologia, psicomotricità e simbologia. Prevalentemente la nostra comune attenzione si è concentrata sulla condizione umana e civile dell'alunno minorato della vista. Pertanto abbiamo considerato il suo percorso di integrazione scolastica come un aspetto cruciale di una situazione certamente più estesa e complessa, tale da esigere una capacità di considerazione critica molto ampia, dinamica e tempestiva.

Il fatto scolastico, quando viene isolato dall'insieme delle circostanze socio-culturali, assume una fisionomia semplificata quasi sempre tecnicistica incapace di corrispondere alle esigenze educative presenti nello sviluppo infantile. Tali esigenze nel caso specifico dell'alunno minorato della vista presuppongono un orizzonte clinico-pedagogico ancor più aperto e lungimirante, nonché una prudenza educativa arricchita dal gusto di conoscere e di migliorare. Naturalmente ci siamo rivolti con cura particolare agli operatori scolastici senza tuttavia dimenticare in alcun momento la prospettiva degli operatori appartenenti al contesto della sanità e dell'assistenza, nonché alle famiglie.

La politica interistituzionale delle intese ci trova sensibili e fiduciosi poiché evidentemente l'integrazione scolastica e sociale dell'alunno non può prescindere da una integrazione sinergica delle diverse funzioni istituzionali. Non è stato sempre possibile armonizzare le esigenze poste dalla compiutezza e dalla sinteticità con il desiderio di trattare i singoli argomenti con ricchezza di particolari, facilitando l'esposizione con esemplificazioni concrete e vivaci.

Quando si debbono contemperare differenti esigenze non si riesce quasi mai a sacrificarle in uguale misura. Noi abbiamo prediletto l'esigenza di un panorama di problemi sinottico e coerente per offrire ai lettori un testo capace di svolgere con efficacia una funzione di orientamento. Abbiamo scelto di esporre gli aspetti legislativi in modo ampio e critico, proprio perché riteniamo che tali aspetti costituiscano patrimonio necessario per gli operatori tiflologici a prescindere dalla particolare collocazione istituzionale.

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Un ringraziamento ai docenti, agli operatori e alle associazioni delle persone in situazione di handicap, che con il loro impegno contribuiscono alla divulgazione delle nostre convinzioni e che ci permettono di affinare le nostre ricerche in campo tiflologi.

GLI AUTORI

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L’ANALISI RAGIONATA DEL CONTESTO GIURIDICO(di Giuseppe Prato) . Per meglio comprendere i presupposti che hanno ispirato il legislatore ad emanare le norme che sono alla base dell'integrazione scolastica suddivideremo la nostra analisi in tre periodi che coincidono grosso modo con i tre grandi periodi dello sviluppo della tiflologia in Italia.

1. PERIODO FILANTROPICO

Il periodo filantropico ha inizio dopo l'unificazione del regno d'Italia quando, grazie alle donazioni di nobili e dame di carità, sorgono un po' ovunque, gli «Ospizi per i poveri ciechi».

Con tali Ospizi si ottiene di togliere i ciechi mendicanti dagli angoli delle strade, mentre inconsapevolmente si creano le prime strutture protette (che poi saranno ritenute emarginanti). In quegli Ospizi nessuna attività specifica era prevista per «i poveri ciechi» che trascorrevano la loro giornata in uno stato quasi vegetativo, finché morte non sopraggiungeva.

In questo periodo il legislatore, impegnato a risolvere la grave crisi finanziaria che soffocava lo Stato, non emana norme giuridiche degne di nota.

2. PERIODO DELL’AUTOAFFERMAZIONE

Agevolati dall'introduzione in Italia del sistema di scrittura e lettura Braille, i non vedenti prendono coscienza delle loro possibilità e nel 1865, a seguito della riforma del codice di procedura civile, il legislatore comincia a interessarsi dei loro problemi stabilendo all'art. 340 che il cieco e il sordomuto dalla nascita sono da considerare inabili a meno che una sentenza del tribu-nale non dichiari il contrario; in sostanza, occorreva una sentenza del

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tribunale per riconoscere a1 cieco e al sordo capacità lavorative.

Nel 1923 lo Stato emana due importanti RR.DD. Il primo (n. 2841) è emanato il 30 dicembre 1923 come riforma della legge 17 luglio 1890, n. 6972 relativa alle istituzioni pubbliche di beneficenza; queste con il primo articolo sono trasformate in istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e sottoposte, come gli istituti scolastici, alle dipendenze e al controllo del Ministero dell'istruzione sottraendole al Ministero dell'interno che se ne era sempre occupato. Il secondo R.D. (n. 3126), emanato il 31 dicembre 1923, all'art. 1 sancisce l'obbligatorietà dell'istruzione per tutti i ragazzi dai 6 ai 14 anni di età; mentre all'art. 5 estende l'obbligatorietà dell'istruzione anche ai ragazzi ciechi e sordomuti. L'art. 6 prevede che gli alunni privatisti devono sostenere, i ciechi a 14 anni ed i sordomuti a 16, un apposito esame presso gli istituti scolastici per ciechi o per sordomuti al fine di conseguire un titolo che li prosciolga dall'obbligo scolastico.

L'art. 8 prevede il possesso di un apposito titolo di abilitazione per gli insegnanti delle istituzioni scolastiche per ciechi o per sordomuti e a questo scopo, con l'art. 9, si prevede l'istituzione di una scuola per insegnanti ed educatori in grado di rilasciare tale titolo speciale di abilitazione.

Questi due RR.DD. successivamente saranno recepiti dal Testo Unico sull'istruzione elementare del 5 febbraio 1928, n. 577 e dal Regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare del 26 aprile 1928, n. 1297.

L'emanazione dei due RR:DD. n. 2841 e n. 3126 non è un caso fortuito ma la conseguenza di un intenso lavoro di sensibilizzazione che giovani ciechi, come Augusto Romagnoli e Aurelio Nicolodi, hanno fatto a livello governativo e ministeriale. Due i loro obiettivi: 1) il riconoscimento giuridico del cieco come persona in grado di produrre; 2) il riconoscimento del principio che il cieco come ogni altra persona è un soggetto educabile. A questi obiettivi essi dedicano gran parte delle loro energie tanto da far accettare al Ministro Croce nel 1922 il concetto della educabilità del cieco da cui deriva il diritto allo studio per il fanciullo cieco. Le forti personalità di Romagnoli e Nicolodi, uno cieco dalla nascita e l'altro cieco di guerra, si possono considerare come le pietre miliari per 1'autoaffermazione dei ciechi.

3. PERIODO DELL’INTERVENTO DIRETTO DELLO STATO

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Si può dire che in questo momento e con questi due RR.DD. dei 1923, e cioè il n. 2841 e il n. 3126, inizia il periodo dell'intervento diretto dello Stato, in sostanza lo Stato si assume l'onere di disciplinare tutto ciò che ha attinenza con l'educazione speciale dei ciechi. Emana, quindi il 27 giugno 1924 l'Ordinanza ministeriale sull'istruzione elementare dei ciechi; il 22 gennaio 1925 il R.D. n. 432, Approvazione del Testo Unico delle leggi sulla istruzione elementare, post-elementare e sulle opere di integrazione; il 4 maggio 1925 emana il R.D. n. 653 che, all'art. 102, consente ai mutilati di guerra e a coloro che dalla nascita non abbiano piena capacità funzionale degli organi, di essere dispensati da tutte o da alcune prove di esame; il 5 febbraio 1928, in applicazione dell'art. 1, n. 3 della legge 31 gennaio 1926, n. 100 sulla istruzione elementare, post-elementare e sulle opere di integrazione, è emanato il R.D. n. 577, Approvazione del Testo Unico della legge e delle norme giuridiche.

II 1928 è l'anno in cui lo Stato dà un segno della sua presenza approvando il 26 aprile il R.D. n. 1297, Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare. Con questo R.D. sono abrogate le disposizioni regolamentari, in precedenza emanate, concernenti materie contemplate nell'annesso regolamento generale.

Si trascrivono gli articoli più salienti di questo regolamento generale che hanno inciso in modo significativo sull'istruzione dei fanciulli ciechi:

- Art. 405 - L'obbligo scolastico si assolve:

a) con la frequenza delle scuole elementari pubbliche o di corsi di esercitazione tenuti da istituzioni di educazione e di cultura, ai sensi dell'art. 172 del Testo Unico;

b) con la frequenza, per i fanciulli ciechi e sordomuti, delle scuole ad essi riservate, a norma dell'art. 176 del Testo Unico;

c) con l'istruzione privata o paterna, ai sensi dell'art. 174 del Testo Unico.

Deve considerarsi adempiuto l'obbligo scolastico per coloro che fino al 14° anno di età frequentino scuole di istruzione post-elementare o conseguano la licenza di scuola complementare o di scuole professionali di uguale numero di anni.

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- Art. 406 - L'obbligo dell'istruzione elementare dei ciechi si assolve, per i fanciulli che non ricevano l'istruzione in scuole private o paterne, fino alla terza classe elementare negli istituti dei ciechi allo scopo designati e presso le pubbliche scuole elementari specializzate. Dalla quarta classe elementare in poi gli alunni debbono frequentare le pubbliche scuole elementari comuni.

- Art. 446 - Con R.D. promosso dal Ministro dell'interno, di concerto con quello dell'istruzione, è determinato, ai sensi dell'art. 176 del Testo Unico, quali degli attuali istituti dei ciechi debbano provvedere al mantenimento di scuole elementari per l'assolvimento dell'obbligo scolastico.

Tali istituti a norma dell'art. 1 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2841, vengono posti alla dipendenza del Ministero dell'Istruzione Pubblica e sono dichiarati enti di istruzione e di educazione.

- Art. 450 - I fanciulli ciechi, per essere ammessi negli istituti, di cui all'art. 446, devono aver adempiuto l'età di 4 anni; in casi particolari i direttori degli istituti possono accogliervi bambini anche in età minore.

Negli istituti in cui si accolgono fanciulli ciechi di età inferiore a sei anni o per i quali sia indispensabile l'istruzione del grado preparatorio, non possono mancare speciali giardini d'infanzia.

- Art. 454 - I programmi e le prescrizioni didattiche per le scuole dei ciechi, sono quelli stabiliti per le scuole elementari comuni con le modificazioni indicate nell'Ordinanza ministeriale 27 giugno 1924. Ogni variazione non può essere disposta che con Regio Decreto.

- Art. 455 - Gli istituti di cui all'art. 446 sono sede di esame per gli alunni ciechi. -

Le prove d'esame per detti alunni sono le medesime che per gli alunni vedenti con l'aggiunta nella seconda e terza classe di un accertamento della capacità di orientamento e della sviluppata educazione sensoriale.

[Omissis]

- Art. 456 - Sede di esami per le prime tre classi elementari possono essere per

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gli alunni ciechi anche pubbliche scuole comuni, purché sia chiamato a far parte della Commissione esaminatrice, su richiesta delle famiglie interessate, un delegato del più vicino istituto dei ciechi, prescelto per l'assolvimento dell'obbligo scolastico.

- Art. 457 - Dalla quarta classe elementare in poi, tutte le pubbliche scuole comuni sono sedi di esami per gli alunni ciechi.

[Omissis]

Dal 1924 al 1928 sono emanate soltanto due norme giuridiche: l'Ordinanza ministeriale 27 giugno 1924 e il R.D. n. 1297 del 26 aprile 1928; quest'ultimo recepisce ed amplia i contenuti dell'Ordinanza ministeriale del 1924. Tali norme, come pure quelle che le hanno precedute, hanno un limite, cioè di non aver previsto per gli alunni ciechi inseriti nelle scuole comuni la presenza di un insegnante specializzato. II motivo risiede nel fatto che, secondo il legislatore, il fanciullo cieco inserito, dalla quarta classe elementare in poi nella scuola comune, ha già maturato negli istituti per ciechi la normalizzazione immaginativo-motoria e pertanto non necessita di un insegnante specializzato.

Dal 1929 al 1951 c'è un vuoto legislativo. Solo nel 1952 il legislatore si ricorda degli alunni ciechi ed emana la legge 26 ottobre 1952 con la quale statizza le scuole elementari per ciechi e all'art. 2 sancisce che «l'obbligo scolastico si adempie, per i fanciulli ciechi in condizioni di educabilità, nelle apposite scuole speciali». I motivi di tale scelta da parte del legislatore sono quattro: a) la mancanza di strutture adeguate; b) la rigidità dei programmi scolastici; c) la fissità degli obiettivi; d) la carenza di personale docente adeguatamente preparato nella scuola comune.

Si arriva così al 31 dicembre 1962, anno in cui il Parlamento promulga la legge n. 1859, Istituzione e ordinamento della scuola media statale. Sono riportati di seguito gli articoli più significativi per la nostra analisi:

- Art. 3 - I programmi, gli orari di insegnamento e le prove di esame sono stabiliti, con decreto del Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio superiore.

L'orario complessivo degli insegnamenti obbligatori non può superare le 26

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ore settimanali.

Secondo le modalità da stabilirsi con ordinanza del Ministro per la pubblica istruzione previo accertamento delle possibilità locali, viene istituito, per lo studio sussidiario e per le libere attività complementari, un doposcuola di almeno 10 ore settimanali, la cui frequenza è facoltativa e gratuita.

- Art. 11, - Nella scuola media è data facoltà di istituire classi di aggiornamento che si affiancano alla prima e alla terza.

Alla prima classe di aggiornamento possono accedere gli alunni bisognosi di particolari cure per frequentare con profitto la prima classe di scuola media.

Alla terza classe di aggiornamento possono accedere gli alunni che non abbiano conseguito la licenza di scuola media perché respinti.

Le classi di aggiornamento non possono avere più di 15 alunni per classe; ad esse vengono destinati insegnanti particolarmente qualificati. - Art. 12 - Possono essere istituite classi differenziali per gli alunni disadattati scolastici.

Con apposite norme regolamentari, saranno disciplinate anche la scelta degli alunni da assegnare a tali classi, le forme adeguate di assistenza, l'istituzione di corsi di aggiornamento per gli insegnanti, ed ogni altra iniziativa utile al funzionamento delle classi stesse.

[Omissis]

Le classi differenziali non possono avere più di 15 alunni.

Con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il Consiglio superiore, sono stabiliti per le classi differenziali, che possono avere un calendario speciale, appositi programmi e orari di insegnamento.

- Art. 16 - A partire dal 1o ottobre 1963, le preesistenti scuole medie, le scuole di avviamento professionale e ogni altra scuola secon-daria di primo grado sono trasformate in scuole medie in conformità al nuovo ordinamento.

[Omissis]

Sono trasformate in scuole medie, con le predette modalità, le scuole secondarie di avviamento professionale per ciechi. I programmi e gli orari di tali scuole verranno determinati con decreto del Ministro per la pubblica istruzione, anche in relazione alle esigenze degli insegnamenti specializzati in atto presso le scuole stesse.

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II decreto ministeriale a cui l'ultimo comma dell'art. 16 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859 fa cenno, è emanato il 30 ottobre 1963; con esso nella scuola media speciale per ciechi sono istituiti due nuovi insegnamenti, «le applicazioni tecniche speciali e le attività pratiche speciali», che per i contenuti dei loro programmi, allegati al decreto, si considerano «Insegnamenti specializzati».

Nel 1964 è emanato il D.P.R. 1° ottobre 1964, n. 1617, Attuazione della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, - Scuola media per ciechi. Con questo D.P.R. sono soppressi i ruoli ordinari delle scuole secondarie di avviamento professionale per ciechi e si istituiscono i ruoli ordinari della scuola media per ciechi.

La legge 26 ottobre 1952, n. 1463 e la legge 31 dicembre 1962, n. 1859, istituiscono le attuali scuole elementari e medie speciali per ciechi.

L'emanazione della legge 26 ottobre 1952, n. 1463 ebbe come diretta conseguenza che l'inserimento, sia pur dalla quarta classe elementare in poi, degli alunni ciechi nella scuola elementare comune, finisse. Gli alunni ciechi, a partire da tale data, completano il loro ciclo di studi elementari nelle apposite scuole speciali annesse agli istituti per ciechi. Tale obbligo tassativo dura fino all'11 maggio 1976, anno in cui è promulgata la legge n. 360.

Dopo la scuola elementare e fino al 1962 gli alunni ciechi hanno due possibilità per assolvere gli obblighi scolastici: o iscriversi alle scuole medie statali comuni esistenti prima del 1962 0 iscriversi alle scuole secondarie di avviamento professionale per ciechi. Dal 31 dicembre 1962, con la legge n. 1859 al fanciullo cieco, che ha completato il ciclo di studi elementari nelle apposite scuole speciali, rimane soltanto la possibilità, per adempiere l'obbligo scolastico, di iscriversi alle scuole medie speciali per ciechi. Egli cioè completa in strutture scolastiche speciali il suo ciclo di studi.

Tale situazione resta immutata fino al 4 agosto 1977, anno in cui il Parlamento promulga la legge n. 517 che recepisce, tra l'altro, i contenuti -della legge 11 Maggio 1976; n. 360.

Per analizzare la legge n. 517/77, che riapre l'iscrizione dei fanciulli ciechi nelle scuole comuni elementari e medie di 1° grado, è necessario analizzare i motivi che condussero il legislatore ad emanare l'art. 16 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, relativo alla istituzione delle scuole medie speciali per ciechi; tali motivi sono recepiti dalla premessa ai programmi degli insegnamenti specializzati di applicazioni tecniche speciali e di attività pratiche speciali riportati per intero:

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Le caratteristiche fondamentali degli insegnamenti speciali possono compendiarsi nei seguenti due aspetti:

a) necessità di un insegnamento il più possibile individualizzato, differendo da alunno ad alunno il modo di prendere contatto con la realtà circostante e soprattutto i tempi di sviluppo di tale presa di contatto ai fini conoscitivi;

b) maggiore estensione nel tempo di alcune tecniche didattiche dirette a suscitare prima e a consolidare dopo la conoscenza della realtà circostante.

In sostanza da questa premessa si deduce che il legislatore riporta gli alunni ciechi della scuola dell'obbligo nelle scuole speciali per ciechi perché la scuola comune non è in grado di garantir loro un insegnamento individualizzato, per mancanza di personale specializzato, né di garantire tecniche didattiche indispensabili per consolidare la conoscenza della realtà circostante. Le scuole medie speciali per ciechi, a tale scopo istituite, do-vevano assolvere a tale compito. Questo si rivela arduo, tanto che il legislatore sente la necessità di emanare altre norme giuridiche per integrare le leggi n. 1463/52 e n. 1859/62; la legge 18 marzo 1968, n. 444 integra la legge n. 1463/52 istituendo con l'art. 3 sezioni e classi speciali di scuola materna mentre la legge 6 dicembre 1971, n. 1074 eleva a posto-cattedra nella scuola media speciale per ciechi, gli insegnamenti di educazione artistica, educazione fisica e lingua straniera precisando che i docenti di tali discipline completano l'orario di cattedra in attività integrative parascolastiche, cioè in attività finalizzate alla normalizzazione immaginativo-motoria.

Nonostante l'emanazione delle predette norme giuridiche la scuola speciale mostra presto i propri limiti soprattutto perché non favorisce un corretto processo di socializzazione degli alunni minorati della vista con il mondo esterno.

Con decreto del 15 giugno 1974, è nominata un'apposita Commissione formata da esperti al fine di indicare le modalità atte a favorire l'inserimento degli alunni portatori di handicap nella scuola comune.

La Commissione, presieduta dalla Senatrice Franca Falcucci, completa i lavori nel 1975 pervenendo a conclusioni, che la Commissione Istruzione del Senato fa proprie in una risoluzione che può essere sintetizzata nei seguenti punti:

a) la scuola ha la preminenza assoluta nel processo di recupero degli

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alunni portatori di handicap;

b) la scuola deve progressivamente trasformarsi utilizzando come mezzi: il tempo pieno, insegnanti specializzati di sostegno e specialisti nominati dai servizi territoriali;

c) le scuole speciali devono essere utilizzate come centri di ricerca, sperimentazione e consulenza;

d) si deve tendere al superamento delle scuole speciali, in particolare di quelle per i non vedenti e per i sordi; eliminare l'obbligo di frequenza di dette scuole; favorire l'azione di integrazione e di sostegno degli alunni con handicap nella scuola comune.

In seguito al documento della Commissione Falcucci e alla risoluzione della Commissione Pubblica Istruzione del Senato il Ministero della pubblica istruzione emana una circolare operativa, la n. 227 dell'8 agosto 1975, Interventi a favore degli alunni handicappati 1975/76. Con questa circolare il Ministero chiede ai Provveditori agli studi di favorire l'inserimento degli alunni portatori di handicap nella scuola comune sdoppiando, nel caso fosse necessario, le classi troppo numerose, e indicando che le classi destinate all'inserimento siano costituite con un numero massimo di venti alunni; sollecita inoltre i Provveditori agli studi a stipulare «intese» con gli enti locali.

Il 31 ottobre 1975 è emanato il decreto del Presidente della Repubblica n. 970 - Norme in materia di scuole aventi particolari finalità - di cui si trascrivono gli articoli più significativi:

- Art. 1 - Le norme concernenti l'istituzione e i1 funzionamento degli organi collegiali a livello di circolo o di istituto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, si applicano alle scuole e istituzioni statali che, avvalendosi di interventi specializzati a carattere continuativo, perseguono particolari finalità, con gli adattamenti indicati dai successivi artt. in relazione alle specifiche esigenze delle scuole e istituzioni medesime.

[Omissis]

- Art. 7 - A1 personale direttivo, docente ed educativo delle scuole e istituzioni di cui al precedente art. 1 si applicano le norme di stato giuridico contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, con gli adattamenti indicati dai successivi artt., in relazione alle specifiche esigenze delle scuole ed istituzioni medesime.

- Art. 8 - Il personale direttivo e docente preposto alle istituzioni, sezioni o classi di cui all'art. 1 del presente decreto deve essere fornito di apposito titolo

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di specializzazione da conseguire al termine di un corso teorico-pratico di durata biennale presso scuole o istituti riconosciuti dal Ministero della pubblica istruzione. I programmi del predetto corso sono approvati con decreto del Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione.

A1 predetto corso sono ammessi coloro che siano in possesso dei requisiti prescritti dal decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, per l'accesso ai posti di ruolo cui si riferisce la specializzazione.

Sono aboliti i corsi di fisiopatologia dello sviluppo fisico e psichico di cui all'art. 404 del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297.

Sono fatti salvi i diritti acquisiti dal personale in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto per quanto attiene alla validità di titoli di specializzazione precedentemente acquisiti. Tali titoli di specializzazione, purché già conseguiti alla data di entrata in vigore del presente decreto, sono altresì validi ai fini dell'ammissione al primo concorso indetto successivamente alla predetta data di entrata in vigore del presente decreto.

- Art. 9 - Nei concorsi a posti di personale direttivo e docente previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, sono indicati i posti che si riferiscono alle istituzioni, sezioni o classi di cui al precedente art. 1.

Tali posti sono riservati ai candidati inclusi nelle graduatorie di merito, che siano in possesso del titolo di specializzazione prescritto dal precedente art. 8.

Ai posti relativi alle istituzioni, sezioni o classi di cui al precedente art. 1 può essere assegnato a domanda personale direttivo e docente di ruolo della scuola materna, elementare, secondaria e artistica in possesso del prescritto titolo di specializzazione.

Il personale docente di cui al precedente comma può essere assegnato a scuole normali per interventi individuali di natura integrativa in favore della generalità degli alunni, ed in particolare di quelli che presentino specifiche difficoltà di apprendimento.

- Art. 10 - L'accesso ai posti di ruolo nelle sezioni e classi di scuole speciali funzionanti negli istituti per non vedenti e negli istituti per sordomuti ha luogo mediante concorso speciale.

[Omissis]

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- Art. 12 - Il passaggio del personale direttivo e insegnante dalle scuole e istituzioni di cui al precedente art. 1 ai corrispondenti posti o cattedre delle scuole o istituti normali può essere disposto soltanto nei confronti di coloro che abbiano prestato almeno 5 anni di servizio effettivo di ruolo nelle predette scuole e istituzioni con particolari finalità, semprechè siano in possesso dei requisiti richiesti per l'accesso ai ruoli cui aspirano.

Il passaggio predetto è disposto secondo le modalità e nei limiti di cui al secondo comma dell'art. 75 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417.

Da questo decreto, le scuole speciali (o, come vengono definite nel decreto, «scuole con particolari finalità»), si aspettavano una regolarizzazione della loro situazione, aggravatasi con l'emanazione dei decreti delegati del 1974; invece, il decreto si limita soltanto ad abolire i corsi di fisiopatologia; a stabilire che il personale direttivo e docente delle scuole con particolari fina- lità deve essere provvisto di un diploma di specializzazione con seguito alla fine di un corso teorico-pratico di durata biennale; ~ creare le premesse affinché una miriade di Enti, non sempre per scopi pedagogico-sociali, si improvvisino gestori dei corsi di specializzazione; a confinare in un ruolo speciale i docenti delle scuole con particolari finalità; e non stabilisce che è indispensabile anche per le scuole comuni, la presenza dell'insegnante specializzato nei casi di inserimento di alunni portatori di handicap.

Questo decreto, giudicato da molti all'avanguardia per il pro cesso di integrazione scolastica per i portatori di handicap, dovrebbe essere rivisto in moltissime parti. Ancora oggi, a distanza di 15 anni dalla sua promulgazione, il legislatore non ha voluto comprendere che l'integrazione scolastica degli alunni porta tori di handicap i realizza anche con una migliore professionalità dei docenti, con il riconoscimento del loro status giuridico f con la consapevolezza che professionalità dei docenti e handicap sono le due facce di una stessa medaglia: l'integrazione scolastica degli alunni con handicap.

Successivamente alla pubblicazione del D.P.R. n. 970/75, entrato in vigore il 1° ottobre 1976, il Parlamento emana la legge 11 maggio 1976, n. 360; che all'art. 1 sancisce: «L'obbligo scolastico sancito dalle vigenti disposizioni si adempie per i fanciulli ciechi, nelle apposite scuole speciali di cui al successivo art. 2 c nelle classi ordinarie delle pubbliche scuole. In tali classi devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica e i servizi di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti».

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Questa legge, pur mantenendo le scuole speciali, elementari e medie di lo grado, riapre il discorso sull'integrazione scolastic2 del non vedente nella scuola comune, interrotto con le leggi n. 1463/52 e n. 1859/62, e si raccorda anche alla legge 30 marzo 1971, n. 118 - Conversione in legge del decreto legge 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili; - che all'art. 28 sancisce:

[Omissis]

L'istruzione dell'obbligo deve avvenire nelle classi normali della pubblica scuola, salvi i casi in cui i soggetti siano affetti da gravi deficienze intellettive o da menomazioni fisiche di tale gravità da impedire o rendere molto difficoltoso l'apprendimento 01'inserimento nelle predette classi normali.

Sarà facilitata, inoltre, la frequenza. degli invalidi e mutilati civili alle scuole medie superiori ed universitarie.

Le stesse disposizioni valgono per le istituzioni prescolastiche e per i doposcuola.

Il 29 settembre 1976 il Ministro della pubblica istruzione con la circolare n. 228 - Iniziative per l'inserimento degli handicappati nelle scuole comuni A.S. 1976/77 - riconosce l'assurdità dell'inserimento degli alunni con handicap in scuole predeterminate, come disposto dalla circ. ministeriale n. 227/75, e detta disposizioni affinché gli alunni con handicap siano iscritti nelle scuole del proprio quartiere di residenza; sancisce, inoltre, che i Consigli di circolo ed i Collegi dei docenti possano utilizzare, in base ad una programmazione curriculare che favorisca l'inserimento, un docente specializzato per ogni sei alunni con handicap e se necessario, nei casi più gravi, un docente specializzato per ogni alunno handicappato grave.

II 16 giugno 1977 il Parlamento emana la legge n. 348 che abolisce le classi differenziali e di sostegno già previste dalla legge 31 dicembre 1962, n. 1859, istitutiva della nuova scuola media unificata. È un passo avanti per l'integrazione degli alunni con handicap nella scuola di tutti.

Con un'insolita tempestività, il Ministero della pubblica istruzione emana la circolare 3 agosto 1977, n. 216, Iniziative per l'inserimento degli alunni handicappati nelle scuole comuni e attività dei gruppi di lavoro per l'a.s. 1977/78. Questa circolare, oltre a confermare il contenuto delle circolari n. 227/75 e n. 228/ 76, mette in risalto che l'inserimento di alunni con handicap nella scuola comune deve avvenire sin dalla scuola materna ed evidenzia la necessità di sensibilizzare ed aggiornare il personale docente, di graduare l'inserimento, di attuare il principio della territorialità ed infine di creare i

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presupposti per una fattiva collaborazione con gli enti locali che a qualunque titolo intervengano sull'alunno portatore di handicap. Il 4 agosto 1977 il Parlamento emana la legge n. 517, Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico. Di questa legge si riportano e si esaminano gli artt. 2, 7 e 10 che interessano l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.

- Art. 2 - Ferma restando l'unità di ciascuna classe, al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della stessa classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.

Nell'ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicap con la presenza di insegnanti specializzati assegnati ai sensi dell'articolo 9 del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, anche se appartenenti a ruoli speciali, o ai sensi del quarto comma dell'articolo 1 della legge 24 settembre 1971, n. 820. Devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal Consiglio scolastico distrettuale.

Il Collegio dei docenti elabora, entro il secondo mese dell'anno scolastico, il piano delle attività di cui a1 precedente primo comma sulla base dei criteri generali indicati dal Consiglio di circolo e delle pro poste dei Consigli di interclasse, tenendo conto, per la realizzazione del piano, delle unità di personale docente comunque assegnato alla direzione didattica nonché delle disponibilità edilizie e assistenziali e delle esigenze ambientali.

Il suddetto piano viene periodicamente verificato e aggiornato dallo stesso Collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico.

I Consigli di interclasse si riuniscono almeno ogni bimestre per verificare l'andamento complessivo dell'attività didattica nelle classi di loro competenza e proporre gli opportuni adeguamenti del programma di lavoro.

- Art. 7 - A1 fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione an-che a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse, ed iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare

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interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni.

Nell'ambito della programmazione di cui al precedente comma sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicap da realizzare mediante l'utilizzazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tempo indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializzazione, che ne facciano richiesta, entro il limite di una unità per ciascuna classe che accolga alunni portatori di handicap e nel numero massimo di sei ore settimanali. (Tale disposizione è stata soppressa dall'art. 14 della legge 20 maggio 1982, n. 270).

Le classi che accolgono alunni portatori di handicap sono costituite con un massimo di 20 alunni.

In tali classi devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal Consiglio scolastico distrettuale.

Le attività di cui al primo comma del presente articolo si svolgono periodicamente in sostituzione delle normali attività didattiche e fino ad un massimo di 160 ore nel corso dell'anno scolastico con particolare riguardo al tempo iniziale e finale del periodo delle lezioni, secondo un programma di iniziative di integrazione e di sostegno che dovrà essere elaborato dal Collegio dei docenti sulla base di criteri generali indicati dal Consiglio di istituto e delle proposte dei consigli di classe.

Esse sono attuate dai docenti delle classi nell'ambito dell'orario complessivo settimanale degli insegnamenti stabiliti per ciascuna classe.

Le attività previste dall'ultimo comma dell'art. 3 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, devono essere coordinate con iniziative comprese nel programma di cui al precedente 50 comma.

Il suddetto programma viene periodicamente verificato e aggiornato dal Collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico.

I Consigli di classe, nelle riunioni periodiche previste dall'ultimo comma dell'art. 2 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, verificano l'andamento complessivo dell'attività didattica nelle classi di loro competenza e propongono gli opportuni adeguamenti del programma di lavoro. Le classi di aggiornamento e le classi differenziali previste dagli artt. 11 e 12 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, sono abolite.

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- Art. 10 - L'obbligo scolastico sancito dalle vigenti disposizioni si adempie, per i fanciulli sordomuti, nelle apposite scuole speciali o nelle classi ordinarie delle pubbliche scuole, elementari e medie, nelle quali siano assicurati la necessaria integrazione specialistica e i servizi di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, in attuazione di un programma che deve essere predispostò dal Consiglio scolastico distrettuale.

Sono abrogati l'art. 175 del Testo Unico 5 febbraio 1928, n. 577, e l'art. 407 del R.D. 26 aprile 1928, n. 1297, nonché tutte le altre disposizioni in contrasto con l'attuazione del presente articolo.

Sono estese, in quanto applicabili, ai fanciulli sordomuti le norme sulla frequenza scolastica previste dagli artt. 28 e 29 della legge 30 marzo 1971, n. 118.

Con la legge n. 517/77 il legislatore per la prima volta, nella legislazione italiana, inserisce il concetto di «integrazione scolastica» degli alunni con handicap abbandonando il concetto di «inserimento scolastico» che per molto tempo e per molti operatori è stato inteso come un «porre accanto». .

Gli articoli n. 2 e 7 della predetta legge evidenziano e sanciscono che per l'integrazione scolastica degli alunni con handicap sono necessari:

a) insegnanti specializzati; b) attività integrative;

c) servizi socio-psico-pedagogici; d) servizi extrascolastici;

e) interventi individualizzati;

f) attività di gruppo intra ed extraclasse.

L'art. 10 della citata legge, rispecchiando il canovaccio della legge 11 maggio 1976, n. 360, appositamente emanata per gli alunni ciechi, sancisce, come per questi, che l'obbligo scolastico degli alunni sordi si adempie sia nelle scuole speciali che in quelle comuni; estende anche agli alunni sordi i contenuti degli articoli 28 e 29 della legge n. 118/71.

Da una attenta lettura della legge n. 517/77, appare evidente che il_ legislatore si è preoccupato esclusivamente, con l'art. 2, degli alunni con handicap iscritti nelle scuole elementari comuni e, con l'art. 7, degli alunni con handicap iscritti nelle scuole medie comuni, dimenticando completamente gli alunni con handicap iscritti nelle scuole materne statali.

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Questa lacuna della legge ha provocato danni incalcolabili agli alunni handicappati ed in particolar modo agli alunni ciechi; danni che inevitabilmente hanno condizionato prima il processo di apprendimento e poi lo sviluppo armonico della loro personalità.

Un'altra lacuna della legge è quella di non aver definito i rapporti tra lo Stato e gli enti locali in merito alle competenze, per cui il mancato raccordo interistituzionale tra gli operatori interessati ha fatto sì che molti inserimenti si siano trasformati in insuccessi.

Insuccessi si sono verificati anche nelle scuole con particolari finalità, ormai in via di estinzione, che riescono a prolungare la loro agonia grazie all'art. 3 del D.P.R. 31 maggio 1974, n. 419 (relativo alle sperimentazioni). A tutt'oggi 1a situazione non è _ mutata, per cui al bambino cieco si offre l'opportunità di iscriversi o nelle scuole speciali o nelle scuole comuni ove si attua l'integrazione.

Il Ministero della pubblica istruzione per regolamentare le norme contenute nella legge n. 517/77 ha emanato numerose circolari applicative. Le più importanti sono la circolare ministeriale 21 luglio 1978, n. 169 e 1a circolare ministeriale 31 luglio 1978, n. 178 che, rispettivamente, regolamentano l'attuazione degli artt. 2 e 7 della legge predetta; successivamente con la cir-colare ministeriale 28 luglio 1979, n. 199 il Ministero della pubblica istruzione impartisce disposizioni affinché sia inserito un solo alunno handicappato per classe e per ogni 4 alunni handicappati inseriti sia previsto un solo insegnante specializzato.

Nel 1980, e precisamente 1'11 luglio, il Parlamento promulga la legge n. 312 - Nuovo assetto retributivo-funzionale del personale civile e militare dello Stato - che all'art. 63, «Maggiorazione di anzianità ai fini del trattamento di quiescenza per il personale delle scuole ed istituzioni statali aventi particolari finalità», legifera sul personale docente delle scuole speciali; in esso si legge: AI personale direttivo, docente ed assistente educatore delle scuole ed istituzioni statali aventi particolari finalità o delle sezioni e classi speciali di cui al D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, è riconosciuta, ai fini del trattamento di quiescenza, una maggiorazione di anzianità pari ad un terzo del periodo di servizio effettivamente prestato nelle medesime scuole ed istituzioni o sezioni e classi, sino alla entrata in vigore della presente legge.

[Omissis]

Con l'emanazione del predetto articolo il legislatore; probabilmente, ha voluto creare i presupposti per un esodo volontario dei docenti delle scuole speciali al fine di favorirne la soppressione.

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Il 18 febbraio 1981, il Ministero della pubblica istruzione emana il decreto ministeriale Programmi di insegnamento delle materie - Educazione tecnica - Educazione tecnica speciale nella scuola media speciale per ciechi. Si ritiene che tale decreto ministeriale, tutt'ora in vigore nelle scuole medie statali per ciechi, debba essere applicato anche nelle scuole medie statali comuni ove si attuino inserimenti di alunni ciechi; esso rappresenta il presupposto metodologico e didattico per la formazione integrale della personalità dell'alunno non vedente iscritto nella scuola secondaria di 1° grado e pertanto viene riportato nei punti più salienti.

- D.M. 18 febbraio - I presupposti orientativi, metodologici e didattici contenuti nei programmi per l'insegnamento dell'educazione tecnica di cui al D.M. 9 febbraio 1979 , riferendosi alla formazione integrale della personalità dell'alunno e a un suo corretto adeguamento alla realtà sociale e tecnologica del nostro tempo, possono essere recepiti anche dalla scuola media per ciechi o dalla scuola media comune nei confronti degli alunni minorati della vista in essa inseriti.

Si ritiene tuttavia di qualificare i predetti programmi con indirizzi metodologici e didattici speciali, allo scopo di consentire il raggiungimento di obiettivi pedagogici conformi alla generalità degli alunni e ai presupposti sanciti dalle indicazioni programmatiche per la formazione tecnica e l'informazione tecnologica dei preadolescenti.

Si sottolinea l'inderogabile necessità di garantire soprattutto nella disciplina dell'educazione tecnica-educazione tecnica speciale i se-guenti aspetti formativi che la rendono significativa per l'alunno non vedente:

a) intervento individualizzato che favorisca la rappresentazione immaginativa, la comprensione analitica, la rappresentazione globale nella proiezione operativa e sociale dell'oggetto, dello strumento o del complesso di produzione;

b) l'adeguamento della capacità motoria e manipolativa ai compiti specifici e agli scopi programmatici della disciplina;

c) evoluzione della capacità logico-operativa verso le forme della generalizzazione e dell'astrazione: evoluzione spesso contraddetta, inibita o alterata dalla presenza della minorazione della vista.

Le precedenti caratteristiche specifiche dell'insegnamento tecnico agli alunni non vedenti costituiscono il substrato didattico della definizione dell'educazione tecnica speciale che nella globalità dell'intervento costituisce un tutt'uno con l'educazione tecnica comunemente intesa, confluendo la

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specificità didattica nel processo globale di partecipazione dell'alunno che non vede alla realtà del comune contesto operativo e sociale.

[Omissis]

Con decreto del 26 agosto 1981 il Ministero della pubblica istruzione; riconoscendo le notevoli difficoltà incontrate dagli alunni portatori di handicap nelle prove di esami di licenza media, dà la possibilità ai predetti alunni di sostenere prove differenziate d'esame purché idonee a valutare il grado di maturazione raggiunto dall'alunno con handicap in relazione alle sue attitudini e al livello di partenza; queste prove, a seguito dell'O.M. 13 marzo 1982, sono menzionate, per diversi anni, sui diplomi di licenza media; successivamente questa norma sarà soppressa dall'art. 14 della legge 16-7-84, n. 326.

La norma giuridica più importante emanata dal legislatore nel 1982 è senza dubbio la legge 20 maggio 1982, n. 270, nota come legge sul precariato perché immette in ruolo migliaia di docenti precari; contemporaneamente essa contempla in alcuni articoli norme relative agli alunni con handicap ed ai docenti loro preposti. Non si può fare a meno di sottolineare il malvezzo del legislatore di inserire norme giuridiche che riguardano gli alunni portatori di handicap in norme generali che non hanno nulla a che vedere con la loro integrazione scolastica. G- Art. 11 - Norme di rinvio - Per il reclutamento del personal( docente ed assistente delle istituzioni scolastiche aventi particolar finalità si applicano le norme di cui al D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970,

- Art. 12 - Dotazioni organiche - Le dotazioni organiche de ruoli provinciali della scuola materna e della scuola elementare [Omissis] sono definite secondo le disposizioni vigenti.li articoli della legge n. 270/82 che interessano la nostra analisi sono gli artt. 11, 12, 14 e 65 che recitano:

Ciascuna sezione di scuola materna è costituita con un numero massimo di 30 bambini ed un numero minimo di 13 bambini, ridotti rispettivamente, a 20 e a 10 per le sezioni che accolgono bambini portatori di handicap.

[Omissis]

- Art. 14 - [Omissis] Il personale docente di ruolo, incluso - nel rispetto delle priorità indicate nel primo comma del presente articolo - quello delle dotazioni aggiuntive, che sia in possesso di specifici requisiti, può essere utilizzato anche per periodi di tempo determinati, per tutto o parte del normale orario di servizio, in attività didattico-educative e psico-pedagogiche previste

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dalla programmazione di ciascun circolo didattico o scuola; secondo criteri e modalità da definirsi mediante apposita ordinanza del Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, con parti-colare riferimento alle attività di sostegno, di recupero e di integrazione degli alunni portatori di handicap e di quelli che rappresentano specifiche difficoltà di apprendimento nonché per insegnamenti speciali e attività integrative o complementari previsti dalle vigenti leggi.

È abrogata la disposizione prevista, per la scuola media, al secondo comma dell'art. 7 della legge 4 agosto 1977, n. 517, che stabilisce l'utilizzazione dell'insegnante di sostegno nel limite di sei ore settimanali per ciascuna classe.

[Omissis]

Nei limiti delle disponibilità di cui al presente comma, è possibile concedere esoneri parziali o totali dal servizio per i docenti di ruolo che siano impegnati in attività di aggiornamento o che frequentino regolarmente i corsi per il conseguimento di titoli di specializzazione e di perfezionamento attinenti la loro utilizzazione e richiesti dalle leggi e dagli ordinamenti scolastici, ivi compresi i corsi di cui all'art. 8 del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, purché organizzati, nell'ambito delle disponibilità finanziarie previste dall'apposito capitolo dello stato diprevisione della spesa del Ministero della pubblica istruzione, o direttamente dal Ministero della pubblica istruzione o, sulla base di convenzioni a tal fine da questo stipulate, da istituti universitari. Alle con-venzioni con gli istituti universitari si applicano le disposizioni di cui all'art. 66 del D.P.R. 11luglio 1980, n. 382.

- Art. 65 - Validità dei titoli di specializzazione conseguiti in base a norme vigenti prima dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 970/75 - La validità dei titoli di specializzazione di cui all'ultimo comma dell'art. 8 del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, è estesa anche ai fini delle immissioni in ruolo previste dalla legge 9 agosto 1978; n. 463, e delle immissioni in ruolo previste dalla presente legge.

Sono ritenuti validi altresì quali titoli di specializzazione i titoli conseguiti in base a norme vigenti prima della data di entrata in vigore del D.P.R. 31 ottobre 1975, n. 970, anche se il loro conseguimento abbia avuto luogo dopo tale data, purché a seguito di corsi indetti prima della data medesima.

Appaiono evidenti, ancora una volta, le contraddizioni insite nelle norme giuridiche che da decenni regolano le istituzioni scolastiche italiane ed in particolar modo quelle sull'inserimento degli alunni handicappati. Infatti,

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mentre con l'art. 11 _della citata legge n. 270/82 si regolamenta l'accesso di nuovi docenti nelle scuole con particolari finalità, il che presuppone la non soppressione delle scuole speciali, con gli artt. 12 e 14 si regolamentano, rispettivamente, le iscrizioni di alunni con handicap nella scuola materna statale comune e si dettano norme per un migliore inserimento nella scuola statale elementare e media comune; infine, con l'art. 65 ai diplomi di specializzazione conseguiti prima o durante l'emanazione del D.P.R. n. 970/75 necessari per l'accesso alle scuole con particolari finalità, si riconosce la stessa validità dei diplomi di specializzazione conseguiti a norma del predetto D.P.R. n. 970/75 richiesti per l'accesso ai posti di sostegno.

Il 22 settembre 1983 viene emanata la circolare ministeriale n.- 258, Indicazioni di linee di intesa tra scuola, enti locali e UU SS. LL., in materia di integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap nella scuola dell'obbligo. Con essa il Ministero della pubblica istruzione ha inteso riassumere i compiti della scuola ed ha affermato che i molteplici contributi forniti dagli enti locali e dalle UU.SS.LL. debbono considerarsi essenziali, per cui ha indicato procedure per una fattiva collaborazione tra scuola e organismi territoriali; ha elencato, inoltre, le rispettive competenze e la predisposizione di piani di studio individualizzati per gli alunni portatori di handicap.

Circa un mese dopo, il 10 novembre 1983, il Ministero della pubblica istruzione emana un'apposita ordinanza per regolamentare l'applicazione dell'art. 14 della legge n. 270/82 al fine di ottenere una migliore integrazione degli alunni con handicap nella scuola comune.

Il 19 dicembre 1983 viene emanato _il decreto del Presidente della Repubblica n. 1267, Costituzione delle cattedre e degli incarichi di insegnamento nella scuola media statale per ciechi; in esso si indicano le materie e gruppi di materie che costituiscono cattedre di ruolo o incarichi di insegnamento e vengono stabilite le condizioni per l'istituzione delle cattedre, nonché precisati i compiti di insegnamento.

Ancora una volta, si ripete un canovaccio già collaudato: mentre l'ordinanza ministeriale 10 novembre 1983 cerca di rendere applicabile l'art. 14 della legge n. 270/82 (quello che regolamenta l'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap nelle scuole comuni), il D.P.R. n. 1267/83 detta norme sulla costituzione delle cattedre nelle scuole speciali per ciechi. Questo modo di procedere, con norme parallele contrapposte, mette gli operatori scolastici, docenti e funzionari dei provveditorati, in una situazione di disorientamento che spesso si concretizza in un contenzioso giurisdizionale.

La prima norma del 1984, emanata dal Ministero della pubblica istruzione, è 1'O.M. 14 luglio che disciplina la formazione dei corsi di sostegno,

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l'individuazione dei docenti perdenti posto sui posti di sostegno e la copertura dei posti vacanti di sostegno e delle scuole speciali.

Il 16 luglio 1984, due giorni dopo, il Parlamento emana la legge n. 326 (ricordata come legge n. 270 bis); con essa il Parlamento, oltre ad immettere in ruolo migliaia di docenti precari, estende con l'art. 13 la validità delle abilitazioni all'insegnamen-to nelle scuole speciali anche per le corrispondenti classi di abilitazione nelle scuole comuni; corrispondenza che sarà ratificata con il decreto del Ministro per la pubblica istruzione 28 febbraio 1985.

Lo scopo dell'art. 13 della legge n. 326/84 era, probabilmente, quello di permettere ai docenti delle scuole speciali, considerati, a torto (vedi D.P.R. 1° ottobre 1964, n. 1617), come appartenenti a ruoli speciali, di poter essere trasferiti dalle scuole speciali alle scuole normali. Tali trasferimenti di fatto non avvengono mai perché l'art. 12 del D.P.R. n. 970/75 che istituisce i pas-saggi dalle scuole speciali alle scuole comuni non ha previsto l'istituto giuridico dei trasferimenti dalle scuole speciali alle scuole normali: i Provveditori agli studi hanno perciò sempre considerato le domande di trasferimento dei docenti delle scuole speciali come domande di passaggio di cattedra, effettuando le operazioni relative a tali passaggi dopo i trasferimenti interprovinciali e su un quinto dei posti residui; nella pratica quotidiana tali passaggi, per la nota situazione di soprannumerarietà dei docenti nella scuola dell'obbligo, non vengono nemmeno presi in considerazione, né dal sistema informativo che non è all'uopo abilitato né dai funzionari che riscontrano la contraddittorietà della norma che prescrive il passaggio tra cattedre identiche, cioè ad es. da materie letterarie a materie letterarie e così via.

Mentre l'art. 13 della legge n. 326/84 non ha trovato pratica applicazione, è stato messo pienamente in atto l'art. 14 della stessa legge; esso dispone che «nel diploma di licenza media non devono più essere menzionate le prove differenziate sostenute dagli alunni portatori di handicap».

Il 10 dicembre 1984 il Ministero della pubblica istruzione emana un decreto ministeriale con cui regolamenta lo svolgi-. mento delle prove di esame degli alunni portatori di handicap, per il conseguimento del diploma di licenza media; dal predetto decreto si riportano i punti più importanti:

principio della individualizzazione didattica, sia però riconducibile agli obiettivi e alle finalità della scuola media, l'esame di licenza media potrà svolgersi, sia per quanto riguarda le tre prove scritte che il colloquio pluridisciplinare, con prove differenziate che, in piena coerenza con le caratteristiche dell'intervento educativo-didattico attuato nel triennio, siano idonee a valutare l'acquisizione di un livello di maturazione e di apprendimento riconducibile agli obiettivi e alle finalità della scuola media.

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Tali prove saranno deliberate dalla Commissione di esame su richiesta del Consiglio di classe in sede di scrutinio finale.

Restano ferme le particolari disposizioni per gli alunni handicappati fisici e sensoriali stabiliti dall'art. 102 del R.D. 4 maggio 1925, n. 653, salvo la menzione, che viene abolita, del medesimo art. sui diplomi e certificati di licenza media.

La possibilità di svolgimento delle prove differenziate riguarda gli alunni interni nonché i candidati privatisti che abbiano presentato al Preside della scuola media presso la quale chiederanno di sostenere l'esame di licenza media un piano di studio individualizzato elaborato, per quanto possibile, secondo i criteri di cui alla circolare ministeriale n. 258 del 22 settembre 1983.

[Omissis]

Il piano di studio individualizzato, di cui al predetto decreto ministeriale, deve essere elaborato e presentato entro il mese di settembre di ciascun anno scolastico.

Questo decreto ministeriale ha creato un notevole disorientamento perché un'interpretazione troppo restrittiva ha rischiato di far escludere dagli esami di licenza media gli alunni con handicap psichico. A ciò ha posto rimedio la circolare ministeriale 12-6-1985, n. 189, che riconfermando i contenuti del D.M. 26 giugno 1981, ha chiarito i dubbi interpretativi sorti dall'applicazione del D.M. 10 dicembre 1984.

Nel 1985 sono stati emanati il D.P.R. 12 febbraio 1985, n. 104, la circolare ministeriale 2 luglio 1985, n. 215, e la circolare ministeriale 3 settembre 1985, n. 250.

Il D.P.R. n. 104/85 - Approvazione dei nuovi programmi per la scuola primaria -, recependo i contenuti della relazione svolta dalla Commissione Fassino in ordine ai nuovi programmi didattici per la scuola primaria, sancisce esplicitamente che il diritto all'istruzione e all'educazione per gli alunni con handicap o l'art. 28, 3° comma, della legge 30 marzo 1971, n. 118, nel punto in cui, riferendosi ai portatori di handicap, sostiene che la frequenza alle scuole secondarie di 2° grado «sarà facilitata» anziché disporre che «è assicurata».

Nel 1988 il Ministro della pubblica istruzione emana il D.M. 14 giugno 1988 con il quale modifica i programmi dei corsi biennali di specializzazione; le OO.MM. n. 162 e 210 rispettivamente del 15 giugno 1988 e del 21 luglio 1988 con le quali regolamenta l'organizzazione dei corsi di specializzazione

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polivalente; ed infine, la circolare ministeriale n. 262 del 22 settembre 1988, Attuazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 215 del 3 giugno 1987. Iscrizione e frequenza nella scuola secondaria di 20 grado degli alunni portatori di handicap.

La circolare ministeriale citata, in linea con la sentenza della Corte Costituzionale, n. 215 del 3 giugno 1987, detta precise direttive circa l'iscrizione degli alunni con handicap nella scuola secondaria di 2° grado e suggerisce per la loro integrazione scolastica l'opportunità di stipulare intese fra Scuola-U.S.L.-Enti Locali; di stipulare convenzioni con istituzioni specializzate e Università; di costituire presso il Consiglio scolastico provinciale e presso gli istituti ove sono inseriti gli alunni con handicap ap-positi gruppi di lavoro; ribadisce che ai fini dell'integrazione scolastica è necessario iscrivere i predetti alunni nelle scuole di zona e dà indicazioni relative alla frequenza, all'assistenza personale e all'utilizzazione di docenti di sostegno. Infine detta norme per lo svolgimento dei programmi e per l'effettuazione delle prove d'esame. La circolare ministeriale n. 215/87, pur non risolvendo tutte le necessità degli alunni con handicap della scuola secondaria di 20 grado per mancanza di normativa di riferimento, è senza dubbio, per la sua chiarezza e per la profondità dei contenuti, una delle circolari più aderenti alla realtà che il Ministero della pubblica istruzione abbia emanato in quest'ultimo decennio.

II 2 agosto 1989 la XII Commissione permanente «Affari sociali» della Camera dei Deputati acquisisce e fa proprio il nuovo testo della «Legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e la tutela dei diritti dei cittadini handicappati», che agli artt. 10 e.11 si occupa dell'istruzione e dell'integrazione scolastica degli alunni portatori di handicap.

Gli articoli recitano:

- Art. 10 - Diritto all'educazione e all'istruzione.

1. È assicurato il diritto all'educazione e all'istruzione dei cittadini handicappati nelle classi comuni delle istituzioni pre-scolastiche e scolastiche e nelle istituzioni universitarie.

2. L'integrazione scolastica ha come obiettivo lo sviluppo delle potenzialità dei cittadini handicappati sul piano dell'apprendimento, della comunicazione, delle relazioni e della socializzazione.

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3. L'esercizio del diritto all'educazione e all'istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento.

4. Alla segnalazione dell'alunno come portatore di handicap ed alla acquisizione della documentazione attestante tale situazione fa seguito, dopo un'attenta osservazione dell'alunno stesso, una diagnosi funzionale ed un intervento educativo e didattico adeguato, alla cui definizione provvedono congiuntamente, sulla base delle proprie competenze, gli operatori delle unità sanitarie locali e della scuola, con la collaborazione dei genitori. Tale diagnosi pone in evidenza il profilo dell'alunno dal punto di vista fisico, psichico; sociale ed affettivo e mette in rilievo sia le difficoltà di apprendimento conseguenti alla situazione di handicap e le relative possibilità di recupero, sia le capacità ed abilità possedute che devono essere sostenute, sollecitate e progressivamente rafforzate e sviluppate.

5. Alla diagnosi iniziale seguono, con il concorso degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e delle famiglie, verifiche per controllare gli effetti dei diversi interventi e le incidenze esercitate dall'ambiente scolastico.

5-bis. La diagnosi funzionale è aggiornata a conclusione di ogni ciclo della scuola del grado preparatorio ed obbligatoria ai fini della scelta degli indirizzi di scuola secondaria superiore, con particolare riguardo alla tutela dell'incolumità fisica degli alunni handicappati e alle possibilità di frequenza di singoli indirizzi e sezioni di qualifica nonché di esercizio de11'everituale attività lavorativa.

6. Alle classi istituite presso i centri di degenza ai sensi del lo comma dell'art. 29 della legge 30 marzo 1971, n. 118, possono essere ammessi anche i minori che non versino in situazione di handicap, ivi ricoverati, e per i quali sia accertata l'impossibilità della frequenza della scuola dell'obbligo. Ai minori ricoverati presso centri di degenza in cui non sono istituite tali classi o costretti a domicilio per cause immunitarie o protesi che con prognosi superiore a un periodo comprendente 60 giorni di lezione sono assicurate l'educazione e l'istruzione, nei limiti delle dotazioni organiche di cui all'art. 11, comma 2.

- Art. 11 - Integrazione scolastica.

l. L'integrazione scolastica dei cittadini handicappati nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza anche attraverso: a) la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici o privati. A tale scopo gli organi scolastici, gli enti locali e le unità sanitarie locali, nell'ambito delle rispettive competenze,

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stipulano convenzioni plurilaterali finalizzate alla predisposizione, attuazione e verifica congiunta di progetti educativi individualizzati indipendentemente dalla gravità dell'handicap ai sensi delle disposizioni contenute nella legge 4 agosto 1977, n. 517. «Norme sulla valutazione degli alunni e sulla abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico». Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con i Ministri dell'interno e della sanità, sono stabiliti gli indirizzi per la stipula delle convenzioni di cui al presente comma;

b) la dotazione alle scuole e alle università di attrezzature tecniche e di sussidi didattici, anche mediante convenzione con centri specializzati aventi funzioni di consulenza pedagogica e di produzione e adattamento di specifico materiale didattico;

c) l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini portatori di handicap, al fine di avviarne precocemente il recupero, la socializzazione e l'integrazione;

d) l'assegnazione di personale docente specializzato e di operatori ed assistenti specializzati;

e) la sperimentazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, da realizzare nelle classi comuni frequentate da alunni portatori di handicap.

2. I posti di sostegno per la scuola materna, elementare e secondaria di primo e secondo grado, sono determinati nell'organico di diritto in modo da assicurare un rapporto medio di un insegnante ogni quattro alunni portatori di handicap; deroghe a tale rapporto possono essere autorizzate in organico di fatto, in presenza di minorazioni particolarmente gravi, per le quali la diagnosi funzionale richieda interventi

maggiormente individualizzati, anche in relazione alle esigenze indicate nei singoli piani educativi individualizzati. Qualora nell'anno scolastico successivo persistano le condizioni che hanno dato luogo alle predette deroghe; i posti corrispondenti sono portati in aumento in sede di definizione dell'organico di diritto.

3. Per la scuola secondaria di 1o e 2° grado, fermo restando l'obbligo previsto dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, per gli enti locali, di fornire l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici e

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sensoriali, sono garantite attività di sostegno mediante docenti specializzati individuando, sulla base della diagnosi funzionale e del conseguente piano educativo e socio-riabilitativo, l'area disciplinare di prevalente interesse per l'alunno, tra quelle umanistica, scientifica e tecnologica.

4. I posti di sostegno compresi nell'organico provinciale sono ripartiti per aree distrettuali.

5. Gli insegnanti per le attività di sostegno assumono la contitolarità delle sezioni e delle classi in cui operano, partecipano alla programmazione educativa e didattica e alla elaborazione e verifica delle attività di competenza dei consigli di intersezione, dei consigli di classe e dei collegi dei docenti.

I presupposti teorici di tale proposta di legge-quadro si evincono dalla relazione introduttiva, che l'autore condivide, di cui si riportano i contenuti più significativi:

...Nella politica di integrazione scolastica indietro non si torna: è impensabile abbandonare la strada intrapresa; la preoccupazione deve essere quella di garantire tutti quei supporti che sono essenziali per assicurare risultati ottimali, sia per l'alunno che per la comunità scolastica.

[Omissis]

È necessario un ulteriore impegno; si richiedono scelte qualificate affinché, nel procedere all'integrazione scolastica dei portatori di handicap, posto i1 principio di uguaglianza di tutti i cittadini sul piano dei diritti e della loro dignità sociale, si consideri essenziale, necessaria l'acquisizione della diversità, intesa non tanto come connotato negativo, ma quale dato essenziale dal quale partire per ottenere, mediante la valorizzazione delle potenzialità specifiche, la rimozione Q quanto meno l'attenuazione degli ostacoli che di fatto impediscono lo sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione alla vita della comunità. La via sicura per una autentica integrazione scolastica non può che essere quella di una reale conoscenza dell'handicappato e dell'handicap per l'identificazione e la programmazione di obiettivi realistici adeguati alle singole individualità e relative possibilità.

.

Il primo errore da evitare è il falso egualitarismo e l'altro l'assenza mai comprensibile e giustificabile di adeguate condizioni strutturali, didattiche, riabilitative e terapeutiche necessarie per un buon risultato dell'inserimento.

È evidente infatti che un autentico inserimento scolastico che non diventi emarginazione all'interno della scuola comune esige una programmazione di

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itinerari formativi, generali e specifici, tali da consentire l'attuazione di un progetto educativo individualizzato e la possibilità, con l'aiuto degli specialisti di verificare le risposte positive degli alunni portatori di handicap.

[Omissis]

È sufficiente ritenere che gli insegnanti di sostegno specializzati siano numericamente insufficienti né del resto gli insegnanti sprovvisti di titolo sono stati posti nella condizione di frequentare i corsi di specializzazione, corsi peraltro di problematica se non dubbia efficacia da quando sono stati modificati da corsi monovalenti a corsi polivalenti. Non credo infatti che occuparsi con competenza del cieco o del sordo profondo o dello psico-intellettivo sia la stessa cosa. Bisogna allora che siano valorizzate le scuole di specializzazione per il personale direttivo, docente ed educativo delle scuole materne, elementari e medie che accolgono portatori di handicap. Va incentivata l'attività di quelle scuole che dimostrano di possedere i requisiti per promuovere una più elevata capacità professionale e va attuata gradualmente una trasformazione per le stesse in «istituzioni permanenti di formazione», cioè «ambiti» a cui accedere per verifiche e aggiornamenti professionali periodici. [Omissis]

È necessario inoltre che il criterio indicato nella legge n. 270 (un insegnante di sostegno ogni quattro alunni) possa essere considerato con una certa flessibilità nei casi di handicap grave e di situazioni obiettivamente complesse, così come il limite numerico di venti alunni per classe che è chiaramente troppo elevato, nel caso di handicappati gravi o di situazioni complesse, per permettere un serio intervento individualizzato.

È necessario inoltre poter superare lo squilibrio esistente fra zona e zona, fra regione e regione, ma soprattutto fra i1 Nord e il Sud dell'Italia. Risposte a questo proposito potranno essere date in parte dalla legge sull'ordinamento della scuola elementare ed in parte dalla legge quadro al nostro esame che prevede norme sull'integrazione pre-scolare e scolastica, e norme sulla istruzione e formazione professionale, che, come si sa, è la risposta che si presenta come la più adeguata alla situazione della maggioranza dei portatori di handicap.

[Omissis]

I127 dicembre 1989 il Parlamento approva la legge n. 417, - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 novembre 1989, n. 357, recante norme in materia di reclutamento del personale della scuola - che all'art. 25/bis tratta dei docenti delle scuole con particolari finalità. Esso recita:

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1. A1 personale docente di ruolo non vedente delle scuole aventi particolari finalità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970, il quale si sia trovato o venga a trovarsi nelle condizioni di soprannumerarietà, è consentito, a domanda, il trasferimento presso i Provveditorati agli studi di appartenenza secondo i criteri stabiliti per la mobilità volontaria dei pubblici dipendenti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 5 agosto 1988, n. 325, e con decreto del Ministro per la funzione pubblica del 20 giugno 1989, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4- serie speciale - n. 60/bis dell'8 agosto 1989.

2. Detto personale sarà impiegato nell'ambito della consulenza e della docenza ai fini della formazione e dell'aggiornamento psico-didattico e metodologico degli insegnanti di sostegno limitatamente all'arca della minorazione visiva.

3. A tal fine i Provveditori agli studi interessati organizzano una sezione operativa insieme al gruppo di lavoro handicappati.

4. Analoga disponibilità sarà assunta da ogni altro ufficio della pubblica amministrazione, allorché abbia a rilevare all'interno del proprio organico la vacanza di posti destinati a mansioni o funzioni esplicabili anche dal personale non vedente di cui trattasi.

L'art. 25/bis della citata legge dà, nel caso di soppressione delle scuole speciali, ai soli insegnanti non vedenti, la possibilità di trasferirsi, a domanda, presso i provveditorati agli studi di appartenenza con funzione di consulenza e docenza.

Questo articolo è decisamente discriminatorio nei confronti dei docenti non udenti e di tutti gli altri docenti che operano nelle scuole con particolari finalità. Infatti, nel caso di chiusura delle scuole speciali, sia i docenti non udenti che gli altri docenti delle stesse strutture scolastiche non hanno la possibilità di poter essere utilizzati nell'ambito della formazione e dell'aggiornamento professionale del corpo docente non specializzato per le tematiche relative all'handicap.

L'articolo sopra citato, che nulla ha a che vedere con le norme generali sul reclutamento del personale docente, se non modificato dal Parlamento, disperderà energie e competenze accumulate in anni di intenso e proficuo lavoro.

Il 23 maggio 1990 il Parlamento approva la Riforma Ordinamento Scuola Elementare. Gli articoli quattro e sei interessano la nostra analisi; in

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particolare dell'art. 4 degni di nota sono i commi 4 e 5: .

- Art. -4, comma 4 - I posti di sostegno sono determinati nell'organico di diritto in modo da assicurare un rapporto medio di un insegnante ogni quattro alunni portatori di handicap; deroghe a tale rapporto potranno essere autorizzate in organico di fatto, in presenza di handicap particolarmente gravi per i quali la diagnosi funzionale richieda interventi maggiormente individualizzati e nel caso di alunni portatori di handicap frequentanti plessi scolastici nelle scuole di montagna e nelle piccole isole.

- Comma 5 - Gli insegnanti di sostegno fanno parte integrante dell'organico di circolo ed in esso assumono la titolarità. Essi, dopo cinque anni di appartenenza al ruolo degli insegnanti di sostegno, possono chiedere il trasferimento al ruolo comune, nel limite dei posti disponibili e vacanti delle dotazioni organiche derivanti dall'applicazione dei commi 5, 7 e 8 dell'articolo 15.

- Art. 6 - 1. A1 fine di realizzare interventi atti a superare particolari situazioni di difficoltà di apprendimento determinate da handicap si utilizzano gli insegnanti di sostegno di cui all'art. 4, i cui compiti devono essere coordinati, nel quadro della programmazione dell'azione educativa, con l'attività didattica generale.

2. Gli insegnanti di sostegno assumono la contitoIarità delle classi in cui operano e collaborano con gli insegnanti del modulo organizzativo di cui all'articolo 4, con i genitori e, se necessario, con gli specialisti delle strutture territoriali, per programmare ed attuare progetti educativi personalizzati.

3. Nell'ambito dell'organico di circolo può essere prevista l'utilizzazione fino a un massimo di ventiquattro ore di un insegnante, fornito di titoli specifici o di esperienze in campo psicopedagogico, per intervenire nella prevenzione e nel recupero, agevolare l'inserimento e l'integrazione degli alunni in situazione di difficoltà e interagire con i servizi specialistici e ospedalieri del territorio, nel rispetto delle funzioni di coordinamento e rappresentatività del direttore didattico. A tal fine, il Collegio dei docenti, in sede di programmazione, propone al direttore didattico i necessari adattamenti in materia di costituzione dei moduli.

[Omissis]

La legge 23 maggio 1990 ha concluso il tormentato e lungo iter legislativo della riforma degli ordinamenti della scuola elementare. Essa ha recepito i contenuti delle più recenti circolari ministeriali; ha stabilito che nell'organico di diritto deve essere assicurato un posto di sostegno per ogni quattro alunni

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con handicap con possibilità di deroga in presenza di alunni con handicap gravi; ha assegnato agli insegnanti di sostegno la titolarità nell'organico di circolo e la contitolarità delle classi in cui operano; ha, inoltre, previsto nell'organico di circolo, l'utilizzazione di un insegnante con competenze psicopedagogiche, per compiti di prevenzione e recupero degli alunni in situazione di difficoltà.

Con questo provvedimento si conclude a livello legislativo il lungo processo di integrazione scolastica degli alunni minorati della vista nelle scuole comuni.

Legge 8 novembre 2000, n. 328

Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali

Capo I

PRINCÌPI GENERALI DEL SISTEMAINTEGRATO DI INTERVENTI E

SERVIZI SOCIALI

Art. 1.

(Princìpi generali e finalità)

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1. La Repubblica assicura alle persone e alle famiglie un sistema integrato di interventi e servizi sociali, promuove interventi per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e diritti di cittadinanza, previene, elimina o riduce le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia, in coerenza con gli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.

2. Ai sensi della presente legge, per "interventi e servizi sociali" si intendono tutte le attività previste dall’articolo 128 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

3)La programmazione e l’organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle regioni ed allo Stato ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e della presente legge, secondo i principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare degli enti locali.

4. Gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle rispettive competenze, riconoscono e agevolano il ruolo degli organismi non lucrativi di utilità sociale, degli organismi della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di patronato, delle organizzazioni di volontariato, degli enti riconosciuti delle confessioni religiose con le quali lo Stato ha stipulato patti, accordi o intese operanti nel settore nella programmazione, nella organizzazione e nella gestione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

5. Alla gestione ed all’offerta dei servizi provvedono soggetti pubblici nonché, in qualità di soggetti attivi nella progettazione e nella realizzazione concertata degli interventi, organismi non lucrativi di utilità sociale, organismi della cooperazione, organizzazioni di volontariato, associazioni ed enti di promozione sociale, fondazioni, enti di patronato e altri soggetti privati. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha tra gli scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, delle forme di auto-aiuto e di reciprocità e della solidarietà organizzata.

6. La presente legge promuove la partecipazione attiva dei cittadini, il contributo delle organizzazioni sindacali, delle associazioni sociali e di tutela degli utenti per il raggiungimento dei fini istituzionali di cui al comma 1.

7. Le disposizioni della presente legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione. Le regioni a statuto speciale e le

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province autonome di Trento e di Bolzano provvedono, nell’ambito delle competenze loro attribuite, ad adeguare i propri ordinamenti alle disposizioni contenute nella presente legge, secondo quanto previsto dai rispettivi statuti.

Art. 2.

(Diritto alle prestazioni).

1. Hanno diritto di usufruire delle prestazioni e dei servizi del sistema integrato di interventi e servizi sociali i cittadini italiani e, nel rispetto degli accordi internazionali, con le modalità e nei limiti definiti dalle leggi regionali, anche i cittadini di Stati appartenenti all’Unione europea ed i loro familiari, nonchè gli stranieri, individuati ai sensi dell’articolo 41 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286. Ai profughi, agli stranieri ed agli apolidi sono garantite le misure di prima assistenza, di cui all’articolo 129, comma 1, lettera h), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.

2. Il sistema integrato di interventi e servizi sociali ha carattere di universalità. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, sono tenuti a realizzare il sistema di cui alla presente legge che garantisce i livelli essenziali di prestazioni, ai sensi dell’articolo 22, e a consentire l’esercizio del diritto soggettivo a beneficiare delle prestazioni economiche di cui all’articolo 24 della presente legge, nonché delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335. 3. I soggetti in condizioni di povertà o con limitato reddito o con incapacità totale o parziale di provvedere alle proprie esigenze per inabilità di ordine fisico e psichico, con difficoltà di inserimento nella vita sociale attiva e nel mercato del lavoro, nonchè i soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria che rendono necessari interventi assistenziali, accedono prioritariamente ai servizi e alle prestazioni erogati dal sistema integrato di interventi e servizi sociali. 4. I parametri per la valutazione delle condizioni di cui al comma 3 sono definiti dai comuni, sulla base dei criteri generali stabiliti dal Piano nazionale di cui all’articolo 18. 5. Gli erogatori dei servizi e delle prestazioni sono tenuti, ai sensi dell’articolo 8, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, ad informare i destinatari degli stessi sulle diverse prestazioni di cui possono usufruire, sui requisiti per l’accesso e sulle modalità di erogazione per effettuare le scelte più appropriate.

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Art. 3.

(Princìpi per la programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali).

1. Per la realizzazione degli interventi e dei servizi sociali, in forma unitaria ed integrata, è adottato il metodo della programmazione degli interventi e delle risorse, dell’operatività per progetti, della verifica sistematica dei risultati in termini di qualità e di efficacia delle prestazioni, nonché della valutazione di impatto di genere.

2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, provvedono, nell’ambito delle rispettive competenze, alla programmazione degli interventi e delle risorse del sistema integrato di interventi e servizi sociali secondo i seguenti principi: a) coordinamento ed integrazione con gli interventi sanitari e dell’istruzione nonché con le politiche attive di formazione, di avviamento e di reinserimento al lavoro; b) concertazione e cooperazione tra i diversi livelli istituzionali, tra questi ed i soggetti di cui all’articolo 1, comma 4, che partecipano con proprie risorse alla realizzazione della rete, le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nonché le aziende unità sanitarie locali per le prestazioni socio- sanitarie ad elevata integrazione sanitaria comprese nei livelli essenziali del Servizio sanitario nazionale.

3. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 3, per le finalità della presente legge, possono avvalersi degli accordi previsti dall’articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, anche al fine di garantire un’adeguata partecipazione alle iniziative ed ai finanziamenti dell’Unione europea.

4. I comuni, le regioni e lo Stato promuovono azioni per favorire la pluralità di offerta dei servizi garantendo il diritto di scelta fra gli stessi servizi e per consentire, in via sperimentale, su richiesta degli interessati, l’eventuale scelta di servizi sociali in alternativa alle prestazioni economiche, ad esclusione di quelle di cui all’articolo 24, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della presente legge, nonché delle pensioni sociali di cui all’articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni, e degli assegni erogati ai sensi dell’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335.

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Art. 4.

(Sistema di finanziamento delle politiche sociali).

1. La realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali si avvale di un finanziamento plurimo a cui concorrono, secondo competenze differenziate e con dotazioni finanziarie afferenti ai rispettivi bilanci, i soggetti di cui all’articolo 1, comma 3.

2. Sono a carico dei comuni, singoli e associati, le spese di attivazione degli interventi e dei servizi sociali a favore della persona e della comunità, fatto salvo quanto previsto ai commi 3 e 5. 3. Le regioni, secondo le competenze trasferite ai sensi dell’articolo 132 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, nonchè in attuazione della presente legge, provvedono alla ripartizione dei finanziamenti assegnati dallo Stato per obiettivi ed interventi di settore, nonchè, in forma sussidiaria, a cofinanziare interventi e servizi sociali derivanti dai provvedimenti regionali di trasferimento agli enti locali delle materie individuate dal citato articolo 132. 4. Le spese da sostenere da parte dei comuni e delle regioni sono a carico, sulla base dei piani di cui agli articoli 18 e 19, delle risorse loro assegnate del Fondo nazionale per le politiche sociali di cui all’articolo 59, comma 44, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, nonchè degli autonomi stanziamenti a carico dei propri bilanci. 5. Ai sensi dell’articolo 129 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, competono allo Stato la definizione e la ripartizione del Fondo nazionale per le politiche sociali, la spesa per pensioni, assegni e indennità considerati a carico del comparto assistenziale quali le indennità spettanti agli invalidi civili, l’assegno sociale di cui all’articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, il reddito minimo di inserimento di cui all’articolo 59, comma 47, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, nonchè eventuali progetti di settore individuati ai sensi del Piano nazionale di cui all’articolo 18 della presente legge.

Art. 5.

(Ruolo del terzo settore).

1. Per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le regioni e lo Stato, nell’ambito delle risorse disponibili in base ai piani di cui

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agli articoli 18 e 19, promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative ed interventi per l’accesso agevolato al credito ed ai fondi dell’Unione europea.

2. Ai fini dell’affidamento dei servizi previsti dalla presente legge, gli enti pubblici, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 11, promuovono azioni per favorire la trasparenza e la semplificazione amministrativa nonché il ricorso a forme di aggiudicazione o negoziali che consentano ai soggetti operanti nel terzo settore la piena espressione della propria progettualità, avvalendosi di analisi e di verifiche che tengano conto della qualità e delle caratteristiche delle prestazioni offerte e della qualificazione del personale. 3. Le regioni, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 4, e sulla base di un atto di indirizzo e coordinamento del Governo, ai sensi dell’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, da emanare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalità previste dall’articolo 8, comma 2, della presente legge, adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra enti locali e terzo settore, con particolare riferimento ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona. 4. Le regioni disciplinano altresì, sulla base dei principi della presente legge e degli indirizzi assunti con le modalità previste al comma 3, le modalità per valorizzare l’apporto del volontariato nell’erogazione dei servizi.

Legge 9 gennaio 2004, n. 4

"Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici"

Art. 1.

(Obiettivi e finalità)

1. La Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici.

2. È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di

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pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione.

Art. 2.

(Definizioni)

1. Ai fini della presente legge, si intende per:

a) «accessibilità»: la capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari;

b) «tecnologie assistive»: gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici.

Art. 3.

(Soggetti erogatori)

1. La presente legge si applica alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli enti pubblici economici, alle aziende private concessionarie di servizi pubblici, alle aziende municipalizzate regionali, agli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, alle aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e alle aziende appaltatrici di servizi informatici.

2. Le disposizioni della presente legge in ordine agli obblighi per l’accessibilità non si applicano ai sistemi informatici destinati ad essere fruiti da gruppi di utenti dei quali, per disposizione di legge, non possono fare parte persone disabili.

Art. 4.

(Obblighi per l’accessibilità)

1. Nelle procedure svolte dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, per l’acquisto di beni e per la fornitura di servizi informatici, i requisiti di accessibilità stabiliti con il decreto di cui all’articolo 11 costituiscono motivo

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di preferenza a parità di ogni altra condizione nella valutazione dell’offerta tecnica, tenuto conto della destinazione del bene o del servizio. La mancata considerazione dei requisiti di accessibilità o l’eventuale acquisizione di beni o fornitura di servizi non accessibili è adeguatamente motivata.

2. I soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, non possono stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti INTERNET quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità stabiliti dal decreto di cui all’articolo 11. I contratti in essere alla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 11, in caso di rinnovo, modifica o novazione, sono adeguati, a pena di nullità, alle disposizioni della presente legge circa il rispetto dei requisiti di accessibilità, con l’obiettivo di realizzare tale adeguamento entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto. 3. La concessione di contributi pubblici a soggetti privati per l’acquisto di beni e servizi informatici destinati all’utilizzo da parte di lavoratori disabili o del pubblico, anche per la predisposizione di postazioni di telelavoro, è subordinata alla rispondenza di tali beni e servizi ai requisiti di accessibilità stabiliti dal decreto di cui all’articolo 11. 4. I datori di lavoro pubblici e privati pongono a disposizione del dipendente disabile la strumentazione hardware e software e la tecnologia assistiva adeguata alla specifica disabilità, anche in caso di telelavoro, in relazione alle mansioni effettivamente svolte. Ai datori di lavoro privati si applica la disposizione di cui all’articolo 13, comma 1, lettera c), della legge 12 marzo 1999, n. 68. 5. I datori di lavoro pubblici provvedono all’attuazione del comma 4, nell’ambito delle disponibilità di bilancio.

Art. 5.

(Accessibilità degli strumenti didattici e formativi)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, al materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado.

2. Le convenzioni stipulate tra il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e le associazioni di editori per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche prevedono sempre la fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali, accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno, nell’ambito delle disponibilità di bilancio.

Art. 6.

(Verifica dell’accessibilità su richiesta)

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1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie valuta su richiesta l’accessibilità dei siti INTERNET o del materiale informatico prodotto da soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 3.

2. Con il regolamento di cui all’articolo 10 sono individuati:

a) le modalità con cui può essere richiesta la valutazione;

b) i criteri per la eventuale partecipazione del richiedente ai costi dell’operazione; c) il marchio o logo con cui è reso manifesto il possesso del requisito dell’accessibilità; d) le modalità con cui può essere verificato il permanere del requisito stesso.

Art. 7.

(Compiti amministrativi)

1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie, anche avvalendosi del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione di cui all’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 1993, n. 39, come sostituito dall’articolo 176 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196:

a) effettua il monitoraggio dell’attuazione della presente legge;

b) vigila sul rispetto da parte delle amministrazioni statali delle disposizioni della presente legge; c) indica i soggetti, pubblici o privati, che, oltre ad avere rispettato i requisiti tecnici indicati dal decreto di cui all’articolo 11, si sono anche meritoriamente distinti per l’impegno nel perseguire le finalità indicate dalla presente legge; d) promuove, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, progetti, iniziative e programmi finalizzati al miglioramento e alla diffusione delle tecnologie assistive e per l’accessibilità; e) promuove, con le altre amministrazioni interessate, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l’erogazione di finanziamenti finalizzati alla diffusione tra i disabili delle tecnologie assistive e degli strumenti informatici dotati di configurazioni particolari e al sostegno di progetti di ricerca nel campo dell’innovazione tecnologica per la vita indipendente e le

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pari opportunità dei disabili; f) favorisce, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro per le pari opportunità, lo scambio di esperienze e di proposte fra associazioni di disabili, associazioni di sviluppatori competenti in materia di accessibilità, amministrazioni pubbliche, operatori economici e fornitori di hardware e software, anche per la proposta di nuove iniziative; g) promuove, di concerto con i Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e per i beni e le attività culturali, iniziative per favorire l’accessibilità alle opere multimediali, anche attraverso specifici progetti di ricerca e sperimentazione con il coinvolgimento delle associazioni delle persone disabili; sulla base dei risultati delle sperimentazioni sono indicate, con decreto emanato di intesa dai Ministri interessati, le regole tecniche per l’accessibilità alle opere multimediali; h) definisce, di concerto con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli obiettivi di accessibilità delle pubbliche amministrazioni nello sviluppo dei sistemi informatici, nonchè l’introduzione delle problematiche relative all’accessibilità nei programmi di formazione del personale.

2. Le regioni, le province autonome e gli enti locali vigilano sull’attuazione da parte dei propri uffici delle disposizioni della presente legge.

Art. 8.

(Formazione)

1. Le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 1, nell’ambito delle attività di cui al comma 4 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dei corsi di formazione organizzati dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, e nell’ambito delle attività per l’alfabetizzazione informatica dei pubblici dipendenti di cui all’articolo 27, comma 8, lettera g), della legge 16 gennaio 2003, n. 3, inseriscono tra le materie di studio a carattere fondamentale le problematiche relative all’accessibilità e alle tecnologie assistive.

2. La formazione professionale di cui al comma 1 è effettuata con tecnologie accessibili. 3. Le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 1, nell’ambito delle disponibilità di bilancio, predispongono corsi di aggiornamento professionale sull’accessibilità.

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Art. 9.

(Responsabilità)

1. L’inosservanza delle disposizioni della presente legge comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti.

Art. 10.

(Regolamento di attuazione)

1. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definiti:

a) i criteri e i princìpi operativi e organizzativi generali per l’accessibilità;

b) i contenuti di cui all’articolo 6, comma 2; c) i controlli esercitabili sugli operatori privati che hanno reso nota l’accessibilità dei propri siti e delle proprie applicazioni informatiche; d) i controlli esercitabili sui soggetti di cui all’articolo 3, comma 1.

2. Il regolamento di cui al comma 1 è adottato previa consultazione con le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, con le associazioni di sviluppatori competenti in materia di accessibilità e di produttori di hardware e software e previa acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che devono pronunciarsi entro quarantacinque giorni dalla richiesta, e d’intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 11.

(Requisiti tecnici)

1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro per l’innovazione e le tecnologie, consultate le associazioni delle persone disabili maggiormente rappresentative, con proprio decreto stabilisce, nel rispetto dei criteri e dei princìpi indicati dal regolamento di cui all’articolo 10:

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a) le linee guida recanti i requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità;

b) le metodologie tecniche per la verifica dell’accessibilità dei siti INTERNET, nonchè i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine.

Art. 12.

(Normative internazionali)

1. Il regolamento di cui all’articolo 10 e il decreto di cui all’articolo 11 sono emanati osservando le linee guida indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull’accessibilità dell’Unione europea, nonchè nelle normative internazionalmente riconosciute e tenendo conto degli indirizzi forniti dagli organismi pubblici e privati, anche internazionali, operanti nel settore.

2. Il decreto di cui all’articolo 11 è periodicamente aggiornato, con la medesima procedura, per il tempestivo recepimento delle modifiche delle normative di cui al comma 1 e delle innovazioni tecnologiche nel frattempo intervenute.

Legge 5 febbraio 1992, n. 104

"Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone-handicappate."

Nota-bene: quello che segue è il testo vigente dopo le ultime modifiche introdotte dalla Legge 8 marzo 2000, n. 53 e dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151

1. Finalità. - 1. La Repubblica:

a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione

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nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali; c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata; d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.

2. Principi generali. - 1. La presente legge detta i principi dell'ordinamento in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza della persona handicappata. Essa costituisce inoltre riforma economico-sociale della Repubblica, ai sensi dell'articolo 4 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5.

3. Soggetti aventi diritto. - 1. E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. 2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative. 3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici. 4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

4. Accertamento dell'handicap. - 1. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua, di cui all'articolo 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'articolo 1 della legge 15 ottobre 1990, n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali.

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5. Principi generali per i diritti della persona handicappata. - 1. La rimozione delle cause invalidanti, la promozione dell'autonomia e la realizzazione dell'integrazione sociale sono perseguite attraverso i seguenti obiettivi:

a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca; b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause; c) garantire l'intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell'ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale; d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un'informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell'evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società; e) assicurare nella scelta e nell'attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità; f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l'insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta; g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l'integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all'articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142; h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo; i) promuovere, anche attraverso l'apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l'inserimento

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sociale di chi ne è colpito; l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale; m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l'attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

6. Prevenzione e diagnosi precoce. - 1. Gli interventi per la prevenzione e la diagnosi prenatale e precoce delle minorazioni si attuano nel quadro della programmazione sanitaria di cui agli articoli 53 e 55 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e successive modificazioni.

2. Le regioni, conformemente alle competenze e alle attribuzioni di cui alla legge 8 giugno 1990, n. 142 , e alla legge 23 dicembre 1978, n. 833 , e successive modificazioni, disciplinano entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) l'informazione e l'educazione sanitaria della popolazione sulle cause e sulle conseguenze dell'handicap, nonché sulla prevenzione in fase preconcezionale, durante la gravidanza, il parto, il periodo neonatale e nelle varie fasi di sviluppo della vita, e sui servizi che svolgono tali funzioni;

b) l'effettuazione del parto con particolare rispetto dei ritmi e dei bisogni naturali della partoriente e del nascituro; c) l'individuazione e la rimozione, negli ambienti di vita e di lavoro, dei fattori di rischio che possono determinare malformazioni congenite e patologie invalidanti; d) i servizi per la consulenza genetica e la diagnosi prenatale e precoce per la prevenzione delle malattie genetiche che possono essere causa di handicap fisici, psichici, sensoriali di neuromotulesioni; e) il controllo periodico della gravidanza per la individuazione e la terapia di eventuali patologie complicanti la gravidanza e la prevenzione delle loro conseguenze;

f) l'assistenza intensiva per la gravidanza, i parti e le nascite a rischio; g) nel periodo neonatale, gli accertamenti utili alla diagnosi precoce delle malformazioni e l'obbligatorietà del controllo per l'individuazione ed il tempestivo trattamento dell'ipotiroidismo congenito, della fenilchetonuria e della fibrosi cistica. Le modalità dei controlli e della loro applicazione sono disciplinate con atti di indirizzo e coordinamento emanati ai sensi dell'articolo 5, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 . Con tali atti possono essere individuate altre forme di endocrinopatie e di errori congeniti del metabolismo alle quali estendere l'indagine per tutta la popolazione neonatale;

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h) un'attività di prevenzione permanente che tuteli i bambini fin dalla nascita anche mediante il coordinamento con gli operatori degli asili nido, delle scuole materne e dell'obbligo, per accertare l'inesistenza o l'insorgenza di patologie e di cause invalidanti e con controlli sul bambino entro l'ottavo giorno, al trentesimo giorno, entro il sesto ed il nono mese di vita e ogni due anni dal compimento del primo anno di vita. E' istituito a tal fine un libretto sanitario personale, con le caratteristiche di cui all'articolo 27 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 , su cui sono riportati i risultati dei suddetti controlli ed ogni altra notizia sanitaria utile a stabilire lo stato di salute del bambino; i) gli interventi informativi, educativi, di partecipazione e di controllo per eliminare la nocività ambientale e prevenire gli infortuni in ogni ambiente di vita e di lavoro, con particolare riferimento agli incidenti domestici. 3. Lo Stato promuove misure di profilassi atte a prevenire ogni forma di handicap, con particolare riguardo alla vaccinazione contro la rosolia.

7. Cura e riabilitazione. - 1. La cura e la riabilitazione della persona handicappata si realizzano con programmi che prevedano prestazioni sanitarie e sociali integrate tra loro, che valorizzino le abilità di ogni persona handicappata e agiscano sulla globalità della situazione di handicap, coinvolgendo la famiglia e la comunità. A questo fine il Servizio sanitario nazionale, tramite le strutture proprie o convenzionate, assicura:

a) gli interventi per la cura e la riabilitazione precoce della persona handicappata, nonché gli specifici interventi riabilitativi e ambulatoriali, a domicilio o presso i centri socio-riabilitativi ed educativi a carattere diurno o residenziale di cui all'articolo 8, comma 1, lettera l); b) la fornitura e la riparazione di apparecchiature, attrezzature, protesi e sussidi tecnici necessari per il trattamento delle menomazioni. 2. Le regioni assicurano la completa e corretta informazione sui servizi ed ausili presenti sul territorio, in Italia e all'estero.

8. Inserimento ed integrazione sociale. - 1. L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante:

a) interventi di carattere socio-psico-pedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico e di tipo economico ai sensi della normativa vigente, a sostegno della persona handicappata e del nucleo familiare in cui è inserita; b) servizi di aiuto personale alla persona handicappata in temporanea o permanente grave limitazione dell'autonomia personale; c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e

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ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico; d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata, con particolare riferimento alle dotazioni didattiche e tecniche, ai programmi, a linguaggi specializzati, alle prove di valutazione e alla disponibilità di personale appositamente qualificato, docente e non docente; e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociali; f) misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro, in forma individuale o associata, e la tutela del posto di lavoro anche attraverso incentivi diversificati; g) provvedimenti che assicurino la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato e la organizzazione di trasporti specifici; h) affidamenti e inserimenti presso persone e nuclei familiari;

i) organizzazione e sostegno di comunità alloggio, case-famiglia e analoghi servizi residenziali inseriti nei centri abitati per favorire la deistituzionalizzazione e per assicurare alla persona handicappata, priva anche temporaneamente di una idonea sistemazione familiare, naturale o affidataria, un ambiente di vita adeguato; l) istituzione o adattamento di centri socioriabilitativi ed educativi diurni, a valenza educativa, che perseguano lo scopo di rendere possibile una vita di relazione a persone temporaneamente o permanentemente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico, e le cui verificate potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa. Gli standard dei centri socio-riabilitativi sono definiti dal Ministro della sanità, di concerto con il Ministro per gli affari sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400; m) organizzazione di attività extrascolastiche per integrare ed estendere l'attività educativa in continuità ed in coerenza con l'azione della scuola.

Legge 4 agosto 1977, n. 517.

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"Norme sulla valutazione degli alunni e sull'abolizione degli esami di riparazione nonché altre norme di modifica dell'ordinamento scolastico"

TITOLO I

Scuola elementare

1. A conclusione del corso elementare gli alunni sostengono l'esame di licenza mediante prove scritte e colloquio. L'esame si sostiene in unica sessione; esso costituisce il momento conclusivo dell'attività educativa e tiene conto delle osservazioni sistematiche sull'alunno operate dall'insegnante o dagli insegnanti di classe. La valutazione dell'esame è fatta collegialmente dall'insegnante o dagli insegnanti di classe e da due insegnanti designati dal collegio dei docenti e nominati dal direttore didattico. Il passaggio dal primo al secondo ciclo e dall'una all'altra classe per ogni ciclo avviene per scrutinio. L'insegnante o gli insegnanti di classe possono non ammettere l'alunno al secondo ciclo o alla classe successiva di uno stesso ciclo soltanto in casi eccezionali su conforme parere del consiglio di interclasse, riunito con la sola presenza dei docenti e sulla base di una motivata relazione.

2. Ferma restando l'unità di ciascuna classe, al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la promozione della piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche integrative organizzate per gruppi di alunni della classe oppure di classi diverse anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Nell'ambito di tali attività la scuola attua forme di integrazione a favore degli alunni portatori di handicaps con la prestazione di insegnanti specializzati assegnati ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1975, n. 970 , anche se appartenenti a ruoli speciali, o ai sensi del quarto comma dell'articolo 1 della legge 24 settembre 1971, n. 820 . Devono inoltre essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psicopedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive, competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolastico distrettuale. Il collegio dei docenti elabora, entro il secondo mese dell'anno scolastico, il piano delle attività di cui al precedente primo comma sulla base dei criteri generali indicati dal consiglio di circolo e delle proposte dei consigli di interclasse, tenendo conto, per la realizzazione del piano, delle unità di personale docente comunque assegnate alla direzione didattica nonché delle disponibilità edilizie e assistenziali e delle esigenze ambientali. Il suddetto piano viene periodicamente verificato e aggiornato dallo stesso collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico. I consigli di interclasse si riuniscono

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almeno ogni bimestre per verificare l'andamento complessivo della attività didattica nelle classi di loro competenza e proporre gli opportuni adeguamenti del programma di lavoro didattico.

3. Sono aboliti nella scuola elementare gli esami di riparazione e quelli di seconda sessione. Gli alunni provenienti da scuola privata o familiare sono ammessi a sostenere l'esame di licenza elementare nell'unica sessione di cui al secondo comma del precedente articolo l; sono altresì ammessi a sostenere esami di idoneità in unica sessione per la frequenza delle classi seconda, terza, quarta e quinta. Le prove suppletive degli esami di licenza elementare e di idoneità per i candidati assenti per gravi e comprovati motivi devono concludersi prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo. Gli alunni che, per assenze determinate da malattia, da trasferimento della famiglia o da altri gravi impedimenti di natura oggettiva, non abbiano potuto essere valutati al termine delle lezioni, sono ammessi a sostenere, prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo, prove suppletive che si concludono con il giudizio complessivo di ammissione o di non ammissione alla classe successiva.

4. L'insegnante o gli insegnanti di classe sono tenuti a compilare ed a tenere aggiornata una scheda personale dell'alunno contenente le notizie sul medesimo e sulla sua partecipazione alla vita della scuola nonché le osservazioni sistematiche sul suo processo di apprendimento e sui livelli di maturazione raggiunti. Dagli elementi registrati sulla scheda viene desunta trimestralmente dall'insegnante o dagli insegnanti della classe una valutazione adeguatamente informativa sul livello globale di maturazione, il cui contenuto viene illustrato ai genitori dell'alunno o a chi ne fa le veci dall'insegnante o dagli insegnanti, unitamente alle iniziative eventualmente programmate in favore dell'alunno ai sensi dell'articolo 2. Gli elementi della valutazione trimestrale costituiscono la base per la formulazione del giudizio finale di idoneità per il passaggio dell'alunno alla classe successiva. La frequenza dell'alunno e il giudizio finale sono documentati con apposito attestato. Nell'attestato il giudizio finale consterà della sola dichiarazione di idoneità per il passaggio dell'alunno alla classe successiva o al successivo grado della scuola dell'istruzione obbligatoria. Le norme di cui all'articolo 417 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, e successive modificazioni ed integrazioni e del decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1965, numero 1189, sono abrogate.

5. Per le classi di scuola elementare, che svolgono sperimentazioni autorizzate dal collegio dei docenti ai sensi dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 419, ovvero autorizzate ai sensi dell'articolo 3 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica qualora siano previste forme alternative all'uso del libro di testo è consentita l'utilizzazione della

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somma equivalente al costo del libro di testo per l'acquisto da parte del consiglio di circolo di altro materiale librario, secondo le indicazioni bibliografiche contenute nel progetto di sperimentazione.

TITOLO II

Scuola media

6. Sono aboliti nella scuola media gli esami di riparazione e quelli di seconda sessione. I candidati esterni sono ammessi a sostenere l'esame di licenza media nell'unica sessione di cui all'articolo 10 del decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, convertito, con modificazioni nella legge 5 aprile 1969, n. 119; sono, altresì, ammessi a sostenere esami di idoneità in unica sessione per la frequenza delle classi seconda e terza. Le prove suppletive degli esami di licenza media e di idoneità per i candidati assenti per gravi e comprovati motivi devono concludersi prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo. Gli alunni che per assenze determinate da malattia, da trasferimento della famiglia o da altri gravi impedimenti di natura oggettiva non abbiano potuto essere valutati al termine delle lezioni in una o più discipline, sono ammessi a sostenere, prima dell'inizio dell'anno scolastico successivo, prove suppletive che si concludono con il giudizio complessivo di ammissione o di non ammissione alla classe successiva.

7. Al fine di agevolare l'attuazione del diritto allo studio e la piena formazione della personalità degli alunni, la programmazione educativa può comprendere attività scolastiche di integrazione anche a carattere interdisciplinare, organizzate per gruppi di alunni della stessa classe o di classi diverse, ed iniziative di sostegno, anche allo scopo di realizzare interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni. Nell'ambito della programmazione di cui al precedente comma sono previste forme di integrazione e di sostegno a favore degli alunni portatori di handicaps da realizzare mediante la utilizzazione dei docenti, di ruolo o incaricati a tempo indeterminato, in servizio nella scuola media e in possesso di particolari titoli di specializzazione, che ne facciano richiesta, entro il limite di una unità per ciascuna classe che accolga alunni portatori di handicaps e nel numero massimo di sei ore settimanali. Le classi che accolgono alunni portatori di handicaps sono costituite con un massimo di 20 alunni. In tali classi devono essere assicurati la necessaria integrazione specialistica, il servizio socio-psico-pedagogico e forme particolari di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, nei limiti delle relative disponibilità di bilancio e sulla base del programma predisposto dal consiglio scolatico distrettuale. Le attività di cui al primo comma del presente articolo si svolgono periodicamente in sostituzione delle normali attività didattiche e

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fino ad un massimo di 160 ore nel corso dell'anno scolastico con particolare riguardo al tempo iniziale e finale del periodo delle lezioni, secondo un programma di iniziative di integrazione e di sostegno che dovrà essere elaborato dal collegio dei docenti sulla base di criteri generali indicati dal consiglio di istituto e delle proposte dei consigli di classe. Esse sono attuate dai docenti delle classi nell'ambito dell'orario complessivo settimanale degli insegnamenti stabiliti per ciascuna classe. Le attività previste dall'ultimo comma dell'articolo 3 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, devono essere coordinate con le iniziative comprese nel programma di cui al precedente quinto comma. Il suddetto programma viene periodicamente verificato e aggiornato dal collegio dei docenti nel corso dell'anno scolastico. I consigli di classe, nelle riunioni periodiche previste dall'ultimo comma dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, verificano l'andamento complessivo dell'attività didattica nelle classi di loro competenza e propongono gli opportuni adeguamenti del programma di lavoro. Le classi di aggiornamento e le classi differenziali previste dagli articoli 11 e 12 della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, sono abolite (1).

(1) Per la parziale abrogazione delle disposizioni contenute nel presente articolo, vedi l'art. 14, L. 20 maggio 1982, n. 270.

8. Con ordinanza del Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, saranno stabiliti i criteri e le modalità di attuazione dell'articolo 3, ultimo comma, della legge 31 dicembre 1962, n. 1859. In particolare, saranno precisate le funzioni integrative e di sostegno dello studio sussidiario e delle libere attività complementari, nonché le condizioni necessarie perché possa prevedersi il funzionamento, oltre che del doposcuola, della pre-scuola e dell'interscuola. Le attività di pre-scuola e interscuola rientrano nelle 20 ore di cui alla lettera b), primo comma, dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417.

9. Il consiglio di classe con la sola presenza dei docenti è tenuto a compilare e a tenere aggiornata una scheda personale dell'alunno contenente le notizie sul medesimo e sulla sua partecipazione alla vita della scuola, nonché le osservazioni sistematiche sul suo processo di apprendimento e sul livello di maturazione raggiunto sia globalmente sia nelle singole discipline. Dagli elementi registrati sulla scheda vengono desunti trimestralmente dal consiglio di classe motivati giudizi analitici per ciascuna disciplina e una valutazione adeguatamente informativa sul livello globale di maturazione. Gli insegnanti della classe illustreranno ai genitori dell'alunno o a chi ne fa le veci i giudizi analitici e la valutazione sul livello globale di maturazione raggiunto dall'alunno, unitamente alle iniziative eventualmente programmate in favore

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dell'alunno medesimo ai sensi del precedente articolo 7. Il consiglio di classe, in sede di valutazione finale, delibera se ammettere o non ammettere alla classe successiva gli alunni della prima e della seconda classe e all'esame di licenza gli alunni della terza classe, formulando un giudizio di idoneità o, in caso negativo, un giudizio di non ammissione alla classe successiva o all'esame di licenza. Il giudizio finale tiene conto dei giudizi analitici per disciplina e delle valutazioni espresse nel corso dell'anno sul livello globale di maturazione, con riguardo anche alle capacità e alle attitudini dimostrate. L'esame di licenza si conclude con il giudizio sintetico di cui alla legge 5 aprile 1969, n. 119 (2), che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 15 febbraio 1969, numero 9. La valutazione dell'alunno e il giudizio finale sono documentati con apposito attestato. Per lo svolgimento dell'esame di licenza della scuola media resta fermo quanto disposto dalla legge 5 aprile 1969, n. 119 (2), che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 15 febbraio 1969, n. 9, e successive modificazioni e integrazioni.

(2) Ha convertito in legge il D.L. 15 febbraio 1969, n. 9

TITOLO III

Norme comuni

10. L'obbligo scolastico sancito dalle vigenti disposizioni si adempie, per i fanciulli sordomuti, nelle apposite scuole speciali o nelle classi ordinarie delle pubbliche scuole, elementari e medie, nelle quali siano assicurati la necessaria integrazione specialistica e i servizi di sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato e degli enti locali preposti, in attuazione di un programma che deve essere predisposto dal consiglio scolastico distrettuale. Sono abrogati l'articolo 175 del testo unico 5 febbraio 1928 n 577 e l'articolo 407, del regio decreto 26 aprile 1928 n. 1297, nonché tutte le altre disposizioni in contrasto con l'attuazione del presente articolo. Sono estese, in quanto applicabili, ai fanciulli sordomuti le norme sulla frequenza scolastica previste dagli articoli 28 e 29 della legge 20 marzo 1971, n. 118.

11. Nella scuola elementare, media e negli istituti di istruzione secondaria superiore ed artistica l'anno scolastico ha inizio il 10 settembre e termina il 9 settembre. Il periodo effettivo delle lezioni comprende almeno 215 giorni esclusi i giorni festivi. Il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, ogni tre anni, entro il 31 dicembre, determina con suo decreto il calendario scolastico per i vari ordini di scuola fissando la data di inizio e il termine delle lezioni rispettivamente tra il 10 e il 20 settembre e tra il 10 e il 30 giugno. Entro il 30 giugno devono

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svolgersi anche gli esami di licenza ed idoneità nella scuola elementare e media e quelli di idoneità negli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore ed artistica. Sentite le regioni ed i consigli scolastici provinciali interessati, il Ministro per la pubblica istruzione ha facoltà di differenziare il calendario scolastico per regione o per provincia fermo restando quanto stabilito dal secondo e terzo comma del presente articolo. Per gli istituti e le scuole di istruzione secondaria superiore ed artistica gli esami della seconda sessione si svolgono dal 1° al 9 settembre. Le date degli esami della scuola secondaria superiore di cui ai commi precedenti valgono fino all'entrata in vigore della legge di riforma della scuola secondaria superiore. Per i conservatori di musica, per le accademie di belle arti, per l'accademia nazionale di danza, per l'accademia di arte drammatica, le norme relative all'anno scolastico e alle prove di esame per i corsi a carattere post-secondario, saranno stabilite con decreto del Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, tenendo conto delle disposizioni relative agli ordinamenti scolastici e alle particolari esigenze di detti istituti. Nel periodo dal 1° settembre all'inizio delle lezioni i collegi dei docenti si riuniscono per la elaborazione del piano annuale di attività scolastica e per la programmazione di iniziative di aggiornamento da effettuarsi nello stesso periodo e nel corso dell'anno.

12. Il consiglio di circolo o di istituto consente l'uso delle attrezzature della scuola da parte di altre scuole che ne facciano richiesta, per lo svolgimento di attività didattiche durante l'orario scolastico, sempreché non si pregiudichino le normali attività della scuola. Il consiglio scolastico distrettuale stabilisce i criteri generali per il coordinamento dell'uso e l'organizzazione dei servizi necessari. Gli edifici e le attrezzature scolastiche possono essere utilizzati fuori dell'orario del servizio scolastico per attività che realizzino la funzione della scuola come centro di promozione culturale, sociale e civile; il comune o la provincia hanno facoltà di disporre la temporanea concessione, previo assenso dei consigli di circolo o di istituto, nel rispetto dei criteri stabiliti dal consiglio scolastico provinciale. Le autorizzazioni sono trasmesse di volta in volta, per iscritto, agli interessati che hanno inoltrato formale istanza e devono stabilire le modalità dell'uso e le conseguenti responsabilità in ordine alla sicurezza, all'igiene ed alla salvaguardia del patrimonio. E' abrogato l'articolo 260 del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297.

13. Le disposizioni di legge e di regolamento in materia scolastica che fanno riferimento al 1° ottobre, sono modificate nel senso che si riferiscono alla data del 10 settembre di cui al precedente articolo 11. I collocamenti a riposo e le nomine del personale ispettivo, direttivo, docente e non docente, nonché il trasferimento del predetto personale, hanno effetto parimenti dal 10 settembre. Ai soli fini del computo del trattamento di quiescenza, la

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decorrenza per il collocamento a riposo del personale attualmente in servizio rimane fissata al 1° ottobre.

14. Il Ministro per la pubblica istruzione, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione approva con proprio decreto i modelli della scheda personale e degli attestati di cui ai precedenti articoli 4 e 9, e di ogni altra documentazione ritenuta necessaria in attuazione della presente legge (3). Il Ministro per la pubblica istruzione è autorizzato a stabilire in materia opportune disposizioni transitorie per l'anno scolastico 1977-78.

(3) Con D.M. 7 settembre 1978 (G.U. 30 giugno 1979, n. 178) è stata disposta l'approvazione dei modelli definitivi della scheda personale dell'alunno di scuola elementare e dell'attestato della frequenza e del giudizio finale.

15. Per le prestazioni di attività scolastiche integrative e di sostegno, eventualmente eccedenti l'orario d'obbligo e comunque per non più di tre ore settimanali, si applica la norma di cui al quarto comma dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417; per la scuola elementare la retribuzione è corrisposta in ragione di un ventiquattresimo del trattamento economico richiamato dalla norma medesima.

TITOLO IV

Norme finali e transitorie

16. Le disposizioni della presente legge avranno effetto dall'anno scolastico 1977-78. Gli esami di riparazione e di seconda sessione avranno luogo, per l'anno scolastico 1976-77, dal 1° al 14 settembre 1977. Limitatamente all'anno 1977-78, l'inizio dell'anno scolastico e delle lezioni è fissato al 20 settembre. Nel periodo dal 1° al 20 settembre 1977 compatibilmente con le esigenze di servizio connesse allo svolgimento delle prove di esame, il collegio dei docenti organizza iniziative di aggiornamento e di programmazione didattica finalizzate all'attuazione della presente legge.

17. All'eventuale onere derivante dall'attuazione della presente legge, per l'anno finanziario 1977, si provvede con le economie risultanti dalla soppressione delle classi di aggiornamento, di cui al precedente articolo 7. Il

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Ministro per il tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Bibliografia:

a) Articoli e documenti realizzati dal Professore contenuti nella dispensa. Reperibile presso il Centro Permanente di Documentazione Tiflodidattica della sede Polifunzionale dell' Unione Italiana Ciechi di Isernia.

b) Norme legislative regolamentari sull'istruzione il lavoro e l'assistenza dei ciechi in Italia (a cura della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi) di Augusto Vernillo

L'integrazione scolastica e sociale dei bambini minorati della vista (a cura di V. Bizzi, A. Bonaccorso, R. Chiarelli, F. De Vita, M. Mazzeo, G. Prato, M. L. Sassi)

(UTET Libreria)

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Bambini ciechi in famiglia e nella comunità (Marietta B. Spencer)

Materiale didattico per l’integrazione scolastica del non vedente GUIDA RAGIONATA (a cura di Mariagrazia Lorenzotti)

Il bambino non vedente dalla scuola materna alla scuola elementare Itinerario didattico a cura dell'Istituto Statale "Augusto Romagnoli" (Sas effelle editrice di M.Fabbri)

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