Aiutiamoli a Vivere Luglio 2010

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Aiutiamoli a Vivere - Luglio 2010 / anno 14 / numero 2 e-mail: [email protected] • web site: http//www.aiutiamoliavivere.it Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: "Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (Conv. in L. 27/02/2004 N° 46) Art. 1, Comma 2, DCB (Cremona C.L.R.)" AIUTIAMOLI A VIVERE giornale della fondazione AFRICA: AFRICA: oltre i mondiali... ... la speranza oltre i mondiali... ... la speranza

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Aiutiamoli a Vivere - Luglio 2010 / anno 14 / numero 2 e-mail: [email protected] • web site: http//www.aiutiamoliavivere.it

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Editore:Fondazione Aiutiamoli a Vivere

Viale Trieste, 7 - TerniStampatore:

Società Editrice Lombarda srlVia De’ Berenzani, 6 - Cremona

Fotolito impianti:Bama - Vaprio d’Adda (MI)

La Redazione della Fondazione:Fabrizio Pacifici - Enrico Cherubini

Sandro Bernardi - Davide Bonetti

Direttore responsabileAlberto Favilla

Periodico Trimestrale stampa in 8.000 copie

Spedire i testi e fotografie alla redazioneDavide Bonetti

Via Agordat, 2 - 20127 Milanotel. 02 36633057

[email protected]

FONDAZIONEAIUTIAMOLI A VIVERE

Sede Nazionale - Viale Trieste, 705100 Terni

Tel. 0744/279560-220079Fax 0744/282460

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Iscrizione Tribunale di Terni n. 2del. 27/03/1998

c/c bancario: IT82 Z010 0514 4000 0000 0013 711c/c postale: IT27 H076 0114 4000 0001 2001 053

CARO DIRETTORE

Mi permetto di segnalarti un messaggio del no-stro Presidente della Repubblica Giorgio Napoli-

tano inviato al Convegno “Donne in TV e nei Media:un nuovo corso per l’immagine al femminile”svoltosi nello scorso mese di Aprile . Un messaggio molto significativo, fatto non da un“clericale” , o bigotto, ma da un “laico” e quindi piùfacilmente condivisibile da tutti.In questo messaggio il Presidente invita a porre unargine alla tendenza, soprattutto tra i giovanissimi, asminuire o peggio a maltrattare il femminile.Nello scritto Giorgio Napolitano plaude all’iniziati-va del Convegno e augura che l’iniziativa possa rag-giungere il suo obiettivo :”… mi riferisco al rispettoche le donne devono esigere in ogni ambito: nellafamiglia, nella scuola, nel luogo di lavoro, in politi-ca.. è evidente che la comunicazione di un’immagi-ne della donna che risponde a funzioni ornamentalio che venga offerta come bene di consumo offenda

profondamente la dignità delle donne italiane.. non solo: questo stile di comunicazione neimedia, nella pubblicità, nel dibattito pubblico può offrire un contesto favorevole dove attec-chiscono molestie sessuali, verbali e fisiche, se non veri e propri atti di violenza anche da partedi giovanissimi”.Il Capo dello Stato sottolinea l’importanza ”..che si ponga un argine a questo dilagare della ten-denza alla sottovalutazione o all’aperto disprezzo della dignità femminile, educando fin dall’in-fanzia i giovani al rispetto delle donne, le ragazze a pretenderlo e ancor di più i ragazzi ad es-primerlo”.Già in un’altra occasione, la giornata della festa della Donna dell’8 marzo, così si era espresso ilPresidente facendo riferimento all’art. 3 della nostra Costituzione “.. l’impegno a rimuovere gliostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini si deve riferire pure al diritto di ot-tenere uguale rispetto e dignità per tutti i cittadini di entrambi i sessi”.Come vedi, caro Direttore, sono parole che danno una forte spinta a valorizzare la dignità delladonna in una società dove sembra che tutto vada a senso unico: la mercificazione della donna.E gli esempi sono molteplici e sotto gli occhi di tutti.

Padre Vincenzo BellaSocio Fondatore

p.s. Colgo l’occasione per inviare a tutti i Comitati un caloroso saluto e un vivo ringraziamen-to per quanto fanno per realizzare al meglio i programmi della nostra Fondazione.

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All’inizio organiz-zazione di volontaria-to, poi organizzazionenon lucrativa di uti-lità sociale, oggi

siamo finalmente OrganizzazioneNon Governativa.Al Convegno del 2006 a Clusone(BG) lanciammo l’idea di trasfor-mare l’organizzazione di volon-tariato, diventata nel frattempo

ONLUS, in Organizzazione NonGovernativa.Al Convegno di Roma del 2007discutemmo del tema “Da unvolontariato spontaneo ad unvolontariato consapevole” e l’ideadi trasformare l’organizzazione inun’Organizzazione Non Governa-tiva diventava sempre più realtà.Ricordo ancora la resistenza, lapaura del cambiamento, il forte

tentativo di ostacolare tale proces-so ma nell’organizzazione cresce-va la consapevolezza di essere ingrado di ideare e realizzare pro-getti formativi, educativi e disostegno oltre la centralità del-l’accoglienza del bambinobielorusso che rimaneva e rimaneil nostro ESSERE FONDAZIONE.Una Organizzazione Non Gover-nativa (ONG) è una organiz-zazione che è indipendente daigoverni e dalle loro politiche.Generalmente, anche se non sem-pre, si tratta di organizzazioninon aventi fini di lucro, che otten-gono almeno una parte significa-tiva dei loro introiti da fonti pri-vate, per lo più donazioni. Nelmondo anglosassone vengonospesso identificate con la siglaPVO- Private Voluntary Organiza-tion, preferita a NGO- Non Go-vernmental Organization.L’espressione organizzazione nongovernativa è stata menzionataper la prima volta nell’ambitodelle Nazioni Unite: l’articolo 71della Carta costituzionale del-l’ONU prevede infatti la possibilitàche il Consiglio Economico e So-ciale possa consultare “organiz-zazioni non governative interes-sate alle questioni che rientranonella sua competenza”.Le ONG esistono per una miriadedi scopi, tipicamente per portareavanti le istanze politico-socialidei propri membri, spesso trascu-rate dai governi. Alcuni esempisono: il miglioramento dell’ambi-ente, incoraggiamento dell’osser-vazione dei diritti umani, l’incre-mento del benessere per le fasce di

FINALMENTESIAMO ONG

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popolazione meno benestanti, oper rappresentare un’agenda cor-porativa, ma ci sono tantissime or-ganizzazioni e i loro scopi co-prono un’ampia gamma di po-sizioni politiche e filosofiche. Tipi-camente fanno parte del movimen-to ecologista, pacifista, laburista odei popoli indigeni, e non sono af-filiate formalmente ad alcun parti-to politico o punto di vista che nonsiano i diritti umani o la pace o l’e-cologia o la tolleranza. AlcuneONG sono coperture di gruppipolitici o religiosi, ma queste han-no minor credibilità globale.Le ONG impiegano metodi diversitra loro. Alcune agiscono princi-palmente come gruppi di pres-sione politica, altre conduconoprogrammi che aiutano il loroscopo (ad esempio: una ONG pre-occupata di alleviare la povertàche fornisce aiuti alimentari aibisognosi).Le relazioni tra finanza, governi eONG possono essere abbastanzacomplesse e talvolta antagoniste,particolarmente nel caso di ONGche si oppongono ad alcune atti-vità governative o finanziarie.Un settore specifico delle ONGsono le ONG di cooperazione allosviluppo.

Queste sono le libere associazioni,create da privati cittadini che, permotivazioni di carattere ideale oreligioso, intendono impegnarsi atitolo privato e diretto, per dare uncontributo alla soluzione dei pro-blemi del sottosviluppo, principal-mente quelli del “sud del mondo”.Queste non avendo fonti di fi-nanziamento istituzionali ed es-sendo per statuto senza finalità dilucro, in ragione della filosofiaumanitaria e sociale che le anima,realizzano le loro attività grazie afinanziamenti esterni; si basanocomunque anche sull’apporto dilavoro volontario, gratuito o semi-gratuito, offerto da membri e sim-patizzanti.I due caratteri essenziali perdefinire un’organizzazione nongovernativa di cooperazione allosviluppo sono quindi costituiti dalcarattere privato, non governativodell’associazione e da quello del-l’assenza di profitto nell’attività.Caratteristica di queste organiz-zazioni è una forte spinta ideale,finalizzata all’obiettivo di con-tribuire allo sviluppo globale deipaesi socialmente ed economica-mente più arretrati.La Fondazione “Aiutiamoli a Vi-vere”, oggi, è tutto questo ed è per

questo che non può rimanerefuori, anzi deve assumersi le sueresponsabilità e continuare acrescere.

Oggi, con il Decreto del Mini-stero degli Affari Esteri del07/06/2010 n° 128/001539/1, laFondazione “Aiutiamoli a Vi-vere” è ORGANIZZAZIONE NONGOVERNATIVA.Lasciatemi gioire con tutte lefamiglie, i comitati e i membridel C. di A. che hanno creduto inquesto processo di trasfor-mazione che ci ha visto tutti pro-tagonisti di un’azione di concretasolidarietà verso i bambinibielorussi accolti in soggiornisolidaristici ma con la certezzache quello “spontaneismo” sistava trasformando in “consapev-olezza” che il modello costruitoper le popolazioni infantilibielorusse poteva essere utilizza-to in ogni parte di mondo dovec’è bisogno di concreta solidari-età.Questo oggi, essendo diventatiONG, sarà il NOSTRO ESSEREFONDAZIONE.

Grazie a tutti voi.Il Socio Fondatore

Dr. Pacifici Fabrizio

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Quando ci si mette a scrivere diun vissuto trascorso, non èmai così facile: le cose da dire

sono veramente tante. Riuscire a met-tere nero su bianco delle emozioni,delle sensazioni vere, autentiche, èmolto difficile e forse, finchè speri-mentate di persona, sono come tanteparole messe una accanto all’altra.Penso sia giusto, doveroso dire, rac-contare ciò che ho visto e sentito per-ché è proprio a partire da questo viag-gio con esperienze di incontri fortiche ho conosciuto un po’ di più la re-altà della Bielorussia.Ho trovato diverse persone intelligen-ti, motivate, attente ad aiutare chi è indifficoltà, che leggono in modo obiet-tivo la realtà nella quale vivono etrovano soluzioni dinamiche anche sei mezzi sono scarsi e insufficienti. Miha fatto piacere incontrare questepersone scoprire che non “sono tantopastori, ma educatori” con la Emaiuscola, che mettono al primo po-sto non la ristrutturazione o il miglio-ramento degli ambienti, ma il bambi-no, il ragazzo, la famiglia, seguendoliin percorsi individualizzati e volti afar emergere le capacità e le compe-tenze dell’educando. Il sistema le-gislativo delle Repubblica di Belarus,si sa, è molto complesso e accentrato,me le realtà territoriali, se vogliono,leggono, interpretano, agiscono e ap-plicano a seconda delle zone nellequali essi vivono le diverse leggi. E’indubbiamente la voglia, la moti-vazione che spinge le persone a cam-biare, a far cambiare in base ai postipiù o meno di responsabilità da esseoccupate.In un’altra realtà (Istituto di Cernitsy)nella quale ho creduto tanto, e conme anche l’associazione dell’ Alto-piano di Clusone della quale faccioparte, dando impegno, tempo, pas-sione, energie e soldi, al migliora-mento interno delle strutture non faseguito l’attenzione e il salto di qua-lità educativo che adesso sono urgentifare.Ho notato che si guarda tanto all’im-magine, alla forma - come si dice - epoco al contenuto.Mi vengono spontanee alcune consi-derazioni:nell’estate 2008, come mai non ci si èadoperati a sollecitare il direttore aconservare la scuola fabbrica dopotutti gli investimenti fatti?I ragazzi vanno a scuola nel villaggiovicino di Puskin, e leggo nella re-lazione inviatami sulla Scuola Fabbri-ca per il 2010 che “Dopo un avvio

problematico, oggi gli allievi sono in-tegrati completamente e gli insegnan-ti della scuola pubblica partecipanorecandosi presso l’istituto alla for-mazione umana e didattica deisoggetti”. Ho i miei dubbi su questaintegrazione, perché il giorno 8 Aprile2010 alla scuola 1 di Liozno si è svoltolo spettacolo di primavera al qualepartecipavano tutte le scuole doveuna commissione selezionava ilmiglior numero per inviarlo alle se-lezioni regionali e poi nazionali. C’erala scuola di Puskin, ma nessun ragaz-zo di Cernitsy. Al mattino tre ragazzidi Cernitsy vanno con il pulman aPuskin, mentre si aspetta l’arrivo essisi mantengono a debita distanza dairagazzi dell’istituto e nessuno inter-agisce con loro. Una mattina sono sta-to pure a Puskin con il permesso deldirettore e lì sono rimasto durante leattività scolastiche. Al suono dell’ in-tervallo i ragazzi di Cernitsy si met-tono in gruppetti fra di loro e man-giano pure in mensa a orari diversidagli altri.Ho verificato che l’unica Scuola Fab-brica in Bielorussia è sempre stataquella di Senno e nessun altro istitutolo potrà mai diventare e non può es-sere l’installazione di una serra o diun laboratorio a trasformare un isti-tuto in scuola fabbrica. Di pomeriggio i ragazzi dalle ore16,30 alle 18,00 hanno il momento distudio, suona la campana, i ragazzi ar-rivano e dopo nemmeno 5 minuti icompiti sono finiti, nessuno li con-trolla con il risultato che la media vo-to delle loro pagelle è di 2-3. Ci sonocomunque anche ragazzi e ragazze -si contano sulle dita di una mano -che ottengono voti molto alti 9-10.L’eccezione non è la regola.Nei giorni in cui sono stato all’istitutosono arrivati dei bambini nuovi di cuitre fratellini e altri due provenienti darealtà diverse; ho trovato che al di làdi dare i vestiti, le ciabatte, la cartellada parte degli educatori, non eranoseguiti e accuditi dal personale ma loerano da alcune ragazze più grandi.I laboratori realizzati dagli italianisono poco usati o solo per gioco (es.laboratorio di computer). Visitando inquesti giorni diverse scuole ho riscon-trato che lo stato bielorusso nei suoiprogrammi inserisce per i ragazzi piùgrandi le attività di meccanica e difalegnameria per i maschi e per lefemmine di taglio e cucito e di econo-mia domestica. All’Istituto i labora-tori ci sono, sono stati potenziati dagliitaliani, ma sono poco usati dai

ragazzi. Vengono frequentati da pochielementi e solo i migliori, mentre iragazzi che presentano più disagionon sono per niente coinvolti in nes-suna attività, ma lasciati soli nellaloro apatia.Ciò che mi ha colpito maggiormenteè la svogliatezza dei ragazzi, la mag-gior parte di loro fuma e appena puòbeve; questo perché come mi dicono :non ho niente da fare”. Trascorronopure il loro tempo a guardare per orela televisione e così almeno “non cre-ano problemi” .All’interno dell’istitu-to mancano figure maschili che pos-sano coinvolgere i ragazzi: attual-mente sono 48 ragazzi di cui 13 fem-mine e 35 maschi. Ritengo che sia molto importantecreare degli interessi sportivi, cultu-rali, di svago, di interazione conl’esterno per dare un futuro piùsereno a tutti questi bariga ai quali misento legato, dai quali ricevo tante at-tenzioni, attestati di stima e di affetto.Stima e affetto per la Fondazione eper l’Associazione di Clusone l’ho po-tuta constatare sempre dal direttore,dal personale dell’ istituto e da tutte lepersone semplici o che hanno respon-sabilità nella provincia di Liozno.

Giovanni Domenico Giudici

Una replica autorevole

Ho letto, come sempre faccio, consomma attenzione la lettera dell’ami-co Giudici Giovanni Domenico rimes-sa alla sede nazionale della Fon-dazione al suo rientro dalla visita fattain Belarus.Le impressioni che si ricavano da vi-aggi fatti in questo paese contraddit-torio sono sempre di lettura alquantoproblematica e vengono vissute inmodo personale a seguito delle moti-vazioni che prevalgono nel vivere leemozioni.Soddisfatto che l’amico Domenico ab-bia trovato persone “ non pastori maeducatori”, certamente anche inquesto paese esistono persone che sipongono in modo corretto e positivoper affrontare e risolvere le proble-matiche che affliggono la popolazionegiovanile del paese Bielorussia.Sono altresì d’accordo che : “…….almiglioramento interno delle strut-ture non fa seguito l’attenzione e ilsalto di qualità educativo che adessosono urgenti fare” come dice riferen-

C’È FUTURO PER CERNITSY?

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dosi alla scuola-fabbrica di Cernitsy;l’amico Domenico mi ha sempre sen-tito dire, per estremizzare le cose,che: “la formazione professionalenegli internati è secondaria, perchérimane fondamentale che agli ospitidegli internati venga offerta una per-correnza di formazione umana, ca-pace di inserirli al termine del periodotrascorso in internato, in modo au-tonomo nella società”.Questo non avviene, o avviene in mi-nima parte, sia a Cernitsy sia in tuttigli internati del paese Bielorussia.Mancano veri educatori, mancanorisorse, manca soprattutto la volontà ela capacità culturale di considerare i di-versi come persone bisognose di atten-zioni particolari e soggetti aventi unadignità umana.È un passaggio difficile, lungo, pieno diinsidie ( ricordiamo sempre che inBielorussia tutto scende dall’alto, tuttirischiano in proprio qualora si in-traprendano iniziative che escono dalpercorso stabilito, esistono preconcettied esistono compromessi); occorre vi-vere quotidianamente in quel paese eporsi all’interno delle situazioni e averela capacità di vedere, ascoltare, analiz-zare e l’umiltà di continuare a di-scutere e chiedere senza pensare dipotere imporre e di essere portatori diun credo superiore.La Fondazione, attraverso il sottoscrit-to e il c.d.a della scuola-fabbrica, in tut-ti questi anni ha cercato di modificarele cose attraverso un dialogo costrutti-vo con le istituzioni tutte e con le per-sone che operano al fine di potere farcomprendere la strada corretta da per-correre; tante volte ci siamo scontrati eabbiamo anche minacciato, ma sempreè prevalsa la nostra attenzione al nondistruggere, al non abbandonare, per-ché il nostro operare è per il rispetto ela crescita delle persone in difficoltà,rispettando e pur tante volte non con-dividendo l’operato e l’essere del paeseBielorussia.Non è assolutamente vero o meglio èfalso che “la Fondazione” nell’estate2008 non abbia sollecitato il direttore aconservare la scuola-fabbrica nella suatotale integrità”.I viaggi fatti, gli incontri a livellonazionale, a livello regionale, a livelloprovinciale, a livello comunale, che ab-biamo ripetuto più volte assieme al so-cio Fondatore hanno permesso, nel-l’ambito sovrano di decisione della de-libera presidenziale, di continuare lasopravvivenza della scuola-fabbrica diCernitsy con la sua trasformazione inorfanotrofio e il trasloco scolastico aPuskin degli allievi.Le autorità regionali, provinciali e lo-cali, da cui scendono i dettami applica-tivi riguardanti il metodo scolasticodell’istituto, hanno permesso per tutto

ciò che è stato fatto dalla Fondazioneattraverso i suoi comitati, di mantenerela possibilità di usufruire dei laboratoridi formazione professionale non soloper gli ospiti dell’istituto ma anche pergli allievi delle scuole pubbliche (du-rante quest’anno l’aula di informatica,considerata la migliore della regione diVitebsk, ha ospitato per una settimanaun corso riservato ai migliori allievidelle scuole pubbliche della regione econ la partecipazione di alcuni allievidella scuola-fabbrica) e si pensa che lostesso si possa fare con i laboratori dicucito, di parrucchiera, di meccanica econ l’allevamento suinicolo (voglio ri-cordare che questo intervento è quelloche attualmente fornisce all’istituto,oltre che una conoscenza professio-nale, la possibilità di fornire migliora-menti a diverse strutture di vita internadell’istituto ideate dal direttore, attra-verso la vendita della carne il reimpiegodel denaro).È vero che i laboratori sono poco sfrut-tati dai ragazzi, ma, oltre a sollecitare ildirettore, non possiamo fare altro op-pure qualcuno di noi dovrebbe vivere inpermanenza in Bielorussia e otteneredalle autorità competenti la patente dioperatore.È vero che l’integrazione tra i ragazzidella scuola-fabbrica e quelli della scuo-la pubblica non è totale, ma dobbiamoaltresì ricordarci del vissuto dei ragazzie della situazione generale; ritorniamoal discorso del salto culturale.Il mangiare, il trasporto dei ragazzi èuna questione di organizzazione inter-na e abbiamo detto al direttore la nos-tra opinione, ma non possiamo pre-tendere di organizzare queste cose.Non è assolutamente vero che “soloSenno sarà scuola-fabbrica e nessun’al-tra”.Senno ha ottenuto la clausola di istitu-to sperimentale ottenendo il percorsoscolastico completo; Cernitsy ha ot-tenuto la qualifica di istituto sperimen-tale per l’agricoltura e l’allevamentocon un percorso scolastico fino alla 9°classe, in attesa di modifica.Altri istituti adottati per il percorsoscuola-fabbrica hanno percorsi scola-stici diversi e queste situazioni com-portano praticamente attività diverse,che possono essere modificate in picco-la parte solamente dalla volontà del sin-golo direttore dell’istituto.Anche noi abbiamo sempre riportato edocumentato il disagio di vita deiragazzi ospiti dell’internato di Cernitsye di tutti gli altri internati (uso di al-cool, uso di colla da sniffare, fumo, in-contri ravvicinati di sesso, ecc…); cer-tamente a Cernitsy la situazione è an-cora migliorabile e ci siamo sempre at-tivati in tal senso.Abbiamo stimolato il direttore e il per-sonale interno affinché l’attività degli

educatori, assieme alla presenza di unsacerdote ortodosso, fosse pressanteper favorire la crescita, abbiamo fattoproposte di applicare corsi formativi epreventivi, abbiamo chiesto alle au-torità di favorire l’integrazione e cisiamo a tal proposito mossi sul territo-rio per favorire tutto questo (ecco per-ché abbiamo chiesto ai comitati di ospi-tare minori da famiglia provenientidalle comunità rurali della zona, per-ché la gente comprendesse che gli ospi-ti dell’istituto sono membri a pienotitolo della comunità e hanno le stesseproblematiche e debbono godere dellestesse opportunità di crescita), abbia-mo intrapreso con quasi tutti i direttoridelle varie scuole pubbliche un dialogodi conoscenza, abbiamo promossoprogetti per l’inserimento lavorativoper portatori di handicap (primo e uni-co progetto attuato in Bielorussia), ab-biamo avviato il progetto di formazionee inserimento lavorativo riservato aigiovani usciti dall’internato e a giovaniin difficoltà provenienti dalle zone ru-rali, abbiamo riservato enorme atten-zione per scoprire situazioni di degradosociale e per ammalati in condizionigravi fornendo materiali, medicinali edando la possibilità di visite specialis-tiche in Bielorussia e fuori dallaBielorussia; abbiamo cercato di farerete sul territorio.Tutto questo lavoro, forse fatto mala-mente, è stato voluto e condotto dallaFondazione per fare crescere il territo-rio attorno alla scuola-fabbrica di Cer-nitsy e per inserire gli ospiti della scuo-la-fabbrica in un contesto umano cheera sempre stato loro negato.Sono il primo a riconoscere i nostri er-rori e le nostre mancanze, le nostre ca-pacità sono limitate culturalmente esono soprattutto limitate nel tempo enella presenza in Bielorussia, ma, cometutti i volontari, abbiamo anchefamiglia e lavoro.Voglio credere che l’amico Domenico,che gode la mia profonda gratitudineper l’impegno e l’umanità sempre resaalla Fondazione per migliorare la situa-zione dei minori bielorussi ed in parti-colare degli orfani dell’istituto di Cer-nitsy, voglia assieme al comitato del-l’Altopiano di Clusone, come hanno fat-to in questi anni, continuare ad esseredi sprone e di salvaguardia degli impe-gni profusi da tutti noi, affinché si pos-sa con serenità e con pazienza ottenerela “redenzione” di questi sfortunati mi-nori che noi tutti portiamo nei nostricuori e nelle nostre menti.

Con affettoLino Dal Monte

del c.d.a scuola-fabbrica

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Questa storia nasce in Italia esi conclude tristemente inBielorussia.

Durante il mio reportage fo-tografico di una settimana nel2008 per incarico della “Fon-dazione Aiutiamoli a vivere”, miritrovo immerso nei problemi cheun’azione umanitaria di questaportata genera: richieste non per-tinenti, furberie e prese di po-sizione ufficiali o personali.Sono in compagnia di Vittorio eLino che rappresentano la Fon-dazione e il loro compito varia:dalla scelta dei bambini che pos-sono venire in Italia, alle maestreche li accompagneranno, allescelte politiche da affrontare econstato che hanno una grandeabilità decisionale e diplomatica eallo stesso tempo sono duri eumani nelle decisioni che sotten-dono a una ben precisa politicadella Fondazione.Sono anche dei burloni che ren-dono le trasferte piacevoli e alle-gre. Gli spostamenti sono parec-chi e in un panorama abbastanzamonotono, un paesaggio piattosenza particolari mutamenti, èdifficile non annoiarsi se non fos-se per la loro compagnia. L’inter-

prete Anna subiscequesta esuberanzaromagnola, che inqualche caso la fa ar-rossire, con un che didivertito e di ritrosia.Ma è tutto senza ma-lizia e quindi divertetutti.Ormai siamo di ri-torno verso Minsk,lasciando la regionedi Vitebsk e gli inter-nati visitati. Facendoil resoconto del viag-gio mi sembra di avere sufficientemateriale per redigere qualche ar-ticolo e immagini significativedella vita bielorussa.Lino mi avverte che faremo unadeviazione, allungando la strada,perché andremo a visitare unaragazza che ha una storia trava-gliata.La storia comincia appunto inItalia: Olga, che oggi ha 24 anni, èstata ospitata in Italia come tantialtri ragazzini e passa un periodofelice. La sua storia di vita ha una svoltaquando, raggiunta l’età massimadi ricovero nell’internato di Cer-nitzy, deve avventurarsi, da sola,

senza protezione al-cuna, nel mondonon più protetto del-la società bielorussa.Olga, nella sua inge-nuità, viene messaincinta da un uomoabbruttito dell’alcol. Nasce Nadia, Olga sisposa con questo uo-mo che costringe lafamiglia a continuispostamenti, ben 5in pochi anni. Acausa del vizio del

bere viene licenziato dai kolkotzdove lavora.Olga riceve dallo stato per man-tenere la bambina un sussidio,che inevitabilmente viene “bevu-to” dal marito. Inoltre è anchepicchiata perché non accondi-scendente.Che triste situazione! Ecco che lacarità e l’umanità che anima la“Fondazione” interviene seguen-do passo passo questa ragazza. Il viaggio si svolge nella tormentadi neve che ci accompagna inquesto paesino di poche case. Sul-la piazza ci sono tre donne che at-tendono il pullman sedute su unapanchina, due donne che transi-tano per la via principale, unadonna che passa lentamente in bi-cicletta per non scivolare, un pic-colo gazebo con un ambulanteche vende vestiti. La neve è anco-ra ben presente e una donna da-vanti a un negozio la sta toglien-do. Nessun uomo in vista. Io giro a fare qualche foto senzagrande interesse perché il paesenon presenta nessuna attrazione.Lino e Vittorio entrano in un pun-to vendita, uno di quei negozi cheda noi sono scomparsi, dove sitrova di tutto. Comprano deigeneri alimentari da portare a Ol-

UNA TRISTE STORIADI VODKA E BOTTE

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ga e Nadia. Cerco di documentarequesto gesto, mi sento partecipedi un’azione che darà un sollievo aquesta piccola famiglia. Usciamodal centro, 50 metri di sentieroper avvicinarsi ad una casa appenacostruita (lo si nota dal legnochiaro della betulla) e non trovan-do nessuno depositiamo gli ali-menti sul tavolo. Per essere sicuri che Olga riceva ildono, torniamo nel negozio doveabbiamo acquistato i viveri. Le duedonne rabbrividiscono per quelloche abbiamo fatto. Ci raccontanoche Nadia è ricoverata in ospedale,molto lontano dal paese. La mam-ma è con lei ad assisterla. Ci confermano che il marito picchiaentrambe, beve continuamente, ècattivo e lavora saltuariamente.Questi alimenti verranno vendutida lui per acquistare Vodka.Brutta situazione che conferma ilgrande aiuto che questa mammae la sua bambina necessitano. Allibiti, torniamo sui nostri passi,riprendiamo tutto e il tragitto dal-la casa al pulmino è in questo casomesto e silenzioso. Nessuno parla,si compiono i gesti in manierameccanica. Io documento anchequesta azione con nell’animo unavoglia di urlare la mia rabbia. Ri-portiamo i viveri nel negozio. Aquesto punto ritornare la mercealle donne è un’azione di fiducia,ma l’hanno guadagnata nel mo-mento in cui si sono sbilanciate aspiegare la situazione. Vale la pe-na lasciare in loro custodia tutto,facendo in modo che Olga possausufruirne quando ne avrà biso-gno. Le due negozianti assicuranoche faranno così. Partiamo da questo paese per an-dare a Minsk. Il pulmino è veloce

nella steppa, macinachilometri in silenzio,anche lui vuole signifi-care ciò che abbiamovissuto. Nessuno parla,nessuno ha più voglia discherzare. Cinque adul-ti ammutoliti da unatragedia continua. An-nichiliti dalla bruttastoria, per fortuna evita-

ta, ma ancora incombente sopradue donne.Dopo più di un’ora passata og-nuno con i propri pensieri, mi ri-volgo a Lino che mi racconta, conil suo fare asciutto, di come han-no seguito questa ragazza da anni. In un altro incontro con Olga eNadia, si erano accorti che avevadei lividi evidenti ed estesi. Non c’è molto da fare per inter-rompere questa maniera barbara

di vivere la famiglia: andare dallapolizia e denunciare tutta questamalvagità. Due italiani che si recano al postodi polizia e denunciano un fattocosì grave non sono ben accetti edopo varie discussioni, battibec-chi e insistenza sulla situazione diviolenza, Vittorio e Lino sitrovano in difficoltà: quasi ar-restati per l’interessamento a uncaso che non compete loro. Il lorointervento non è consentito inquanto stranieri e la polizia nonpuò intervenire se non in presen-za di una denuncia diretta. Chebrutta storia! L’interprete el’autista mi confermano che l’al-colismo è dilagante e sempre piùpreoccupante. Giunti in città si vedono donne euomini vestiti bene, la città pulita

oltre ogni aspettativa. Ne è esem-pio una gru con cestello che portadue uomini sui cornicioni deipalazzi a 9 metri da terra pertogliere un pugno di neve. A Vitebsk, la sera prima, sono sta-to testimone di un fatto che ri-marca la mia impressione di ungoverno che non riesce a soddis-fare le necessità della popo-lazione. Prima di cena, mi sono recato inun negozio a fianco dell’albergo:la curiosità mi spinge a vederetutti gli aspetti di una nazione.Vedere un centro commerciale ela merce esposta, i vestiti, lescarpe, confrontare i prezzi, dan-no una conoscenza generale dellanazione che mi ospita. Sto guardando in giro e mi sentorivolgere la parola in italiano dauna voce sconosciuta. Mi giro escopro un ragazzo alto come me,vestito dimessamente, che michiede informazioni di Vittorio.E’ fuor di dubbio che è un ragazzobielorusso ed è andato a colpo si-curo rivolgendosi a me che ha ri-conosciuto italiano. Cerca assisten-za e altro. Lo accompagno in alber-go e scopro che è conosciuto da Vit-torio da molto perché ospitato inItalia. Ha fatto molti chilometri intreno per raggiungerci in albergo;non trova lavoro perché è reducedegli internati e così, pur essendomolto giovane, è già ben avviatosulla strada del bere. La ramanzinafattagli e le promesse da lui formu-late questa sera e già in altre occa-sioni preludono a un epilogoconosciuto. Se dobbiamo plaudire allaproibizione di adottare tutti queibambini bielorussi ospitati in Italia,perchè porterebbe questa nazione aperdere la fresca gioventù, da un’al-tra parte rende impotenti vederequesti giovani che comincianoun’avventura senza ritorno. Questa situazione altamente nega-tiva è inoltre completata dall’invec-chiamento della popolazione acausa del divario negativo tranascite e decessi.

Testo e foto di Elio Villa

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18/05/2010Viaggio ok, escluso due ore perse inaeroporto per bagaglio. Ignacecome sempre aiuta per evitare spia-cevoli incontri. Fuori Carlo mi co-munica che dormiremo dalleSuore, perché pensava di far farebanchi, cattedre, mobili, sedie allafalegnameria della pediatria diKimbondo. Sono contento: con ilnostro progetto aiuteremo ancor dipiù anche la pediatria. Incontriamol’Abbé Patrick, iniziamo subito aparlare del Pick-Up, dei libri e di al-tro materiale scolastico, ho fretta diconcludere e acquistare, il 31/05 siavvicina e Patrick va scosso un po’,i famosi “tempi africani”.Calda accoglienza dalle Suore cheancora hanno negli occhi la gioiadel loro “Giubileo” appena fe-steggiato, una marea di gente cheha invaso la missione. Fotovoltaicook!!! è una benedizione del Signoreaverlo installato, la corrente nonc’è più, ne’ di giorno, ne’ di notte …

una follia, grazie Olga, grazie Fi-carolo, grazie Regione Veneto. In-contriamo in pediatria Padre Hugo,molto felice di vederci, gli confer-mo il sostegno per giugno dei duemedici e quello per la Banca delSangue. È molto contento che fac-ciamo lavorare la falegnameria,poiché in questo periodo è un belsostegno per i ragazzi. ConoscoCarlo Centofanti, il responsabiledelle risorse umane della pediatria,una gran brava persona che condifficoltà sta riorganizzando tutti iruoli della struttura, nonè un lavoro facile mabisogna farlo.

19/05/2010Di buon mattino andiamoa Kinshasa, anche se sonole 6.15, il popolo in cam-mino già invade le stradee le urla dei venditorisono assordanti, una con-fusione “africana”, ma è lanormalità. Abbiamo ri-flettuto con Carlo sullapossibilità di un Pick-Up usato, chilo vende però è perché ormai l’hasfruttato, distrutto e per noi è peri-coloso. Andiamo alla Nissan e ve-diamo un modello che fa proprio alnostro caso e ci confermano che in4/6 settimane ci verrà consegnato,

riempiamo undocumento per l’e-senzione dalletasse che dovrà es-sere timbrato dal-l’Ambasciata diMalta; il Pick-Upsarà donato alCentre de Santé diKindu, diocesi diKinsantu, quindipuò usufruire del-l’esenzione.

20/05/2010Partiamo presto e carichiamo al-l’inverosimile la Range Rover dellapediatria, siamo in sei e il traffico diKinshasa … Viaggio ok, ma già Carlo sta pen-sando a qualcosa che, se si realizza,sarà fantastico: l’Unicef , Save theChildren, la Vodacom, e duebanche locali invitano il 21 e 22maggio in un ospedale a Kinshasatutti i bambini affetti da labbro le-porino con possibilità di interventogratis.

Carlo ha visto a ‘Nzaki una bambi-na con questo difetto, freme per in-contrare i genitori e farla tornarecon la macchina a Kinshasa. Lastrada “è molto buona”, sono 10giorni che non piove e i “laghi” del-l’ultimo viaggio non ci sono. In 4ore e 15 siamo a ‘Nzaki, troviamo labambina, che naturalmente èspaventata, non vorrebbe partire,piange molto e non è assoluta-mente il caso di fare foto. Carlo favedere la locandina e inizia l’operadi convincimento con i parenti econ lei: è dura, ma alla fine la bam-bina sembra convinta. Arriviamo aMowa e tutto il villaggio ci circon-da. La maestra che ci dà una manoper i pasti parla con Carlo e vedoche lui si irrigidisce e scappa verso

IN VIAGGIOA ELIKA NA BISO

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edili; ascoltomolto attenta-mente, Carlo haragione su tut-to, la sua espe-rienza lo fasembrare duro,ma non si puòessere altri-menti. Una for-tuna averlo in-contrato, è

come se mi fossi iscritto all’univer-sità del volontariato, sto compren-dendo tante cose, tanti aspetti del-l’Africa, del Congo , di Kindu, chenon immaginavo; cara Fondazione,Carlo ci guideràlontano, in-sieme riuscire-mo ad aiutarein modo moltoefficace.

22/05/10Forse sonoandato a lettotroppo presto,alle 19.00, masenza luce conCarlo stan-chissimo nonrimaneva altroda fare. Alle 22.00 mi svegliano deicanti provenienti dal villaggio, coseirripetibili, cori incantevoli.Ma dove sono? Esco al buio perchévoglio esser sicuro di non sognare, icanti continuano per una buonamezz’ora, poi è ora di dormire an-che per loro. A proposito non usanonemmeno una candela, l’unicaluce è la luna a tre quarti e tantestelle. Il lavoro alla scuola va e comincia-mo a pulire anche intorno, Carlodecide di andare a trovare il le-gname nella foresta e come unabenedizione arriva un camion. Fac-ciamo sei km e arriviamo dovesono le nostre tavole. L’autistaspara una cifra incredibile, ma Car-lo molto fermo risponde che è trop-po e se non scende di prezzo trove-remo un’altra soluzione, ha unafermezza, un equilibrio, un rispettonella gestione dei soldi spaventosi,ma insiste continuamente a dire

che lo fa anche e soprattutto per farcapire loro che non sono furbi, masciocchi a credere che tutto è dovu-to alla prima richiesta, come se ildenaro cadesse dal cielo. Una veralezione. Torniamo comunque a pie-di e, dopo aver preso un pallone perun villaggio a quattro km e due bot-tiglie di acqua, andiamo a cercarealtre tavole. Carlo durante il giro sidispera nel vedere il disastro chestanno facendo con la defo-restazione per la carbonella. Par-liamo molto della Fondazione, dicome ci dobbiamo organizzarerazionalmente per il futuro, ci di-amo delle priorità che dovrò e-

sporre in Italia: è contento per ilPick-Up, farà risparmiare tempo esalute, sarà molto utile anche per iltrasporto di persone in difficoltàgrave a Kinshasa. Si pensa al di-spensario, il generatore è indi-spensabile, penso a Fabrizio per re-alizzare l’impianto elettrico, ma an-che a un piastrellista, due persone,non è pensabile fare una squadracome per la Bielorussia, costa trop-po, ma soprattutto non fa crescere,non forma, non coinvolge chi staqui. Una, due persone specializzatevengono e trovano qui aiutanti, lagente deve partecipare, devecrescere con il progetto, svilupparsicon il progetto, responsabilizzarsi.Coinvolgere sarà il migliore investi-mento, il più duro, il più complica-to, ma non c’è scampo se si vuolriuscire. Parliamo molto, ma lastrada non finisce mai, dieci km inmezzo alla foresta, torniamostremati alle 15; vorremmo ri-

il villaggio; io sono intento a si-stemare le mie cose, cerco di orga-nizzare la mia stanza , torna Carlo econ la voce spezzata dall’emozionemi dice che tre giorni fa è morto unbambino: Aloise, lì con noi c’è ilgemello che gioca con tutti gli altri.Dopo averlo tenuto nella capannaper due giorni, dicono avesse biso-gno di una trasfusione, è morto:malaria? anemia? La realtà è cheAloise se n’è andato come tanti altri,sicuramente per una banalità, peruna sanità che non esiste. Faccioscorrere le foto della visita fatta aMowa a Marzo sul mio cell ed ecco-lo qua il povero Aloise, 4 anni. Ilsoggiorno comincia proprio in sali-ta, ho il cuore a pezzi, mi sentomolto impreparato e a disagio. LaRover parte anche con la bambina,suo zio e un gran carico di speran-za; è un sogno che si realizza, se tut-to sarà ok , le cambierà la vita. Carlo organizza subito la squadraper lavorare al tetto della scuola, èun po’ arrabbiato perchè non han-no portato tutte le tavole, non ci sipuò fidare mai, domani andremo arecuperarle nella foresta.

21/05/2010Carlo organizza tutte le squadre,chi per la scuola, chi deve prenderel’acqua al pozzo ( 1.080 passi )quattro volte al giorno, chi deve cu-rare il piccolo orto alle spalle deldispensario. Il lavoro alla scuola èavviato, Carlo riprende continua-mente tutti, è davvero difficile farlilavorare in modo efficace. Nonsono abituati, il loro livello è molto,molto basso, bisogna aiutarli so-prattutto a crescere, e questo - Car-lo ripete - è il compito più difficileche ci spetta, più delle costruzioni

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posare un po’, ma i ragazzi sonotalmente indisciplinati e se non lisegui non vanno avanti, ci voglionometri cubi di pazienza.. ma è nelconto del progetto, è dura. Carlo hauna tenacia formidabile e nonsmette mai di ripetermi che il pro-getto principale è quello dellosviluppo sociale, del coinvolgimen-to, altrimenti è fatica sprecata

23/05/10Domenica: stamattina parte daKinshasa l’Abbé Patrick, oggi abbi-amo l’incontro con i tre respon-sabili dei villaggi maggiori, Kindu,Sedaf e Mowa, dobbiamo esporre lanostre idee in modo molto deciso esentire il loro pensiero. Poche per-sone si sono presentate al lavoro,forse è normale, forse no, il nostrofalegname comunque va e treragazzi sono andati al recuperodelle tavole viste ieri nella foresta. Ilviaggio credo sia stato finora moltoproficuo e con buoni risultati, an-che se i ritmi saranno un po’ lenti,noi abbiamo dato un’accelerazioneincredibile. Parliamo con Patricksu come impostare le due riunionipomeridiane con i maestri e i capivillaggio. Siamo molto decisi nel-

l’affermare l’importanza del coin-volgimento della popolazione, delcambiamento di mentalità neces-sario. Bisogna insistere perché èimportante che non pensino, fin dasubito, a un assistenzialismoperenne, anzi. Il servizio verrà dato,ma bisognerà mantenerlo, la gentedeve contribuire e per farlo deve la-vorare, organizzarsi nel lavoro,guadagnare per sè e per mantenerei servizi creati. Questo è determi-nante per elevare la qualità della vi-ta, ma anche per il rispetto dei ruolie delle persone. I maestri sono sor-presi dai nostri discorsi, ricordiamoloro che i bambini, oltre a saperleggere e scrivere, devono com-prendere quanto sia vitale e impor-tante la natura, non possono i-mitare i grandi e bruciare il territo-rio, non possono andare nellaforesta e tagliare indiscriminata-mente alberi. Così non vivranno alungo, la loro vita sarà pessima,dopo la scuola invece devono in-iziare a coltivare la terra, a capireche di terra si può vivere, se sitaglia un albero bisogna ripiantar-lo, decidere di piantare alberi per lacarbonella e non tagliare grandi al-beri. Se scompare la foresta, scom-

pare la caccia, si allontanano le pi-ogge e la vita diventa impossibile.I maestri comprendono questi di-scorsi, la nostra preoccupazione,sembrano convinti a collaborare,sarà difficile, dura e lunga, ma ilprimo messaggio è stato lanciato,molto forte e preciso. E ora i capivillaggio.. e i responsabili dellaPolizia. Patrick presenta le idee e imotivi che hanno portato a questariunione, parla assolutamente inlingala, spesso i capi rispondono insegno di assenso, sembrano as-coltare interessati, ho la parola:spiego che vengo dall’Italia e rap-presento una grande organiz-zazione che vuole aiutare questivillaggi, il nostro responsabile, per-ché persona affidabile, onesta epreparata, sarà Carlo. Noi vogliamoun rapporto alla pari, siamo fratelli;dobbiamo, vogliamo perseguire glistessi obiettivi, ma per questobisogna avere rispetto del prossi-mo, non sfruttarlo ma volerne losviluppo, sia sociale che economi-co. Dopo aver detto che il nostrosarà un impegno duro e lungo,senza false promesse, senza follicorse, propongo loro il nome delprogetto in lingua lingala “ElikiaNa Biso, la nostra speranza”; sorri-dono, sembra chissà cosa ho detto..gli piace.. il ghiaccio è rotto. Anco-ra Patrick ha la parola e inizia a par-lare di contribuzione locale: “gliitaliani ci donano un servizio, lestrutture, un Pick-up e in futuro al-tre strutture e servizi, tutta la co-munità deve contribuire inmaniera equa, seria e costante amantenere ciò che si riceve, non sipossono aspettare aiuti all’infinito”,il lungo discorso di Carlo “moltorispettato qui” piace, convince: la-voro, agricoltura, basta con ifuochi, basta con il taglio indi-scriminato della foresta, ma insistecontinuamente sul lavoro; solo la-vorando si può migliorare, si puòavere di più. Uno ad uno espon-gono le loro necessità; ascoltiamo,ma rispondiamo anche che alcunerichieste come le strade, il pontetelefonico, i nuovi locali per lapolizia, non sono assolutamente dinostra competenza, ma delle au-

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torità locali; certo se ogni villaggiosi preoccupasse di qualche stradanel suo territorio, tutto sarebbe piùfacile. Carlo risponde che il prossi-mo obiettivo, oltre alla scuola, saràil pozzo dell’acqua, un vero pozzo,questo sì è di nostra competenza. Icapi dimostrano indubbiamente unlivello molto basso, ma è quello cheabbiamo e su cui dobbiamo lavo-rare, sono contenti per l’acqua, mapoi, quando si parla di servizi, affer-mano che i capi devono avere laprecedenza: categoricamente Car-lo, in lingala, dice che non ci pen-siamo nemmeno, tutti sono uguali,tutti partono alla pari e i bisognisono per tutti. È notte inoltrataquando ci sediamo a tavola e par-liamo ancora con Patrick. Le riu-nioni sono state lunghe e interes-santi, quello che volevamo dire loabbiamo esposto in modo chiaro edeciso.. ora aspettiamo le reazioni.

24/05/10La giornata procede stancamente,oggi poche persone sono venute alavorare, è proprio strano, con tut-to il bisogno che c’è, ma loro nonhanno fretta, si fanno travolgeredal nulla, dall’inerzia, devono cam-biare. Insieme con Carlo mettiamogiù un protocollo d’intesa da sotto-porre ai capi villaggio. Qualcosa dipreliminare, ma che apra la stradaa progetti più grandi e ad accordiprecisi. Parliamo con Patrick delleadozioni a distanza, a settembrequando inizierà la scuola lui dovràfornire una lista e noi, quandotorneremo, proveremo ad abbinarele prime famiglie. Sarà un lavoromolto delicato, sia nella scelta che

nelle procedure, nelle adozioni lefamiglie congolesi avranno garan-tito il Minerval di iscrizione allascuola, libri e quaderni, ma si po-tranno anche garantire servizicome il Dispensario, la farmacia,l’aggiornamento dei maestri concorsi e attività collaterali quali agri-coltura, falegnameria ecc ecc.; mirendo sempre più conto che senzaCarlo sarebbe tutto impossibile;dobbiamo migliorare per aiutarlo,per sostenerlo di più, organizzarciper alleggerire il peso dell’impegno.Lui è forte, deciso, ma noi abbiamoil dovere di collaborare di più.

25/05/10Ieri sera ci siamo accordati con ilcamion per le tavole, i ragazzi sonogià andati, forse può iniziare oggi lacopertura del tetto.È passata tutta la mattina e delc a m i o nneanche l’om-bra, è andato aKindu; ha pro-prio ragioneCarlo, adessoparlano, un at-timo dopo fan-no un’altracosa: affidabil-ità zero, tempiafricani. Sonole 15 e 30, caldoinfernale, co-minciamo aportare leprime tolle allascuola, siamoquasi pronti,toh, chi si

sente, ecco in arrivo il camion, siferma e dice che, dopo aver scarica-to a Nzaki, tornerà per le tavole. Va-do anch’io a mettere un po’ fretta,abbiamo poco più di due ore di lucee, almeno per me, andare nellaforesta al buio….meglio non pen-sarci.Fatica immensa le tavole sonotante e pesanti da morire, il camionè alto, sono un lago di sudore, maguai a mollare.È notte, la prima parte è fatta; andi-amo a prendere più avanti le altreotto tavole, le migliori, ma quantopesano, la luna illumina quel chepuò, finite anche queste.Sono le 20.40 arriviamo alla scuola… si scarica e la giornata final-mente è finita … e io con lei.

26/05/2010Sono stanco, davvero provato, an-diamo a Nzaki e girare per il villag-gio mi distrugge, ma guardandoCarlo devo reagire. Lui rimarrà fino ad agosto, dopo iltetto vuol provare con le per-forazioni per un nuovo pozzo.Quello che sto vedendo e provandolo può capire solo un missionario,non è spiegabile nè a parole, nè conle foto, nè con video ma ci proverò… il tetto è coperto : bellissimo! A settembre la scuola inizierà qui,nella nouvelle école : c’est mag-nifique!

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27/05/2010Carlo organizza le cose per l’a-gronomo nella settimana della suaassenza e già ha mandato gli operaia smontare l’impalcatura del tetto.Sono le 10.30, si parte. Lungo lastrada soste per rimboccare l’ac-qua, ma il viaggio va; alle 17.30 ar-riviamo a Menkau.

28/05/2010La dormita finiscealle 02.30, tornerò aPlateau de Bateke etornerà anche laFondazione, comin-cio a pensare acome muovermi inItalia, penso a Gigi ealla Coldiretti diBergamo, penso aFabrizio per gli impianti elettrici,penso agli amici delle Vacanze La-voro: sto sognando ad occhi aperti;se almeno la metà della forza prog-ettuale in Bielorussia la potessimoripetere a Mowa, Kindu e Sedaf,tanti occhioni sorriderebbero, eavremmo tanti, tanti amici in più. Saldati i banchi, le cattedre, lesedie, i mobili, alla falegnameriadella pediatria di Kimbondo , 4.300Euro ben spesi. Pranzo veloce e viaa Kinshasa, dobbiamo ritirare lafattura del Pick-up. Il direttore cidice che il Pick-up è pronto da im-matricolare … può fare aspettareun cliente, troppo importante ilnostro progetto, vero o falso o seg-no del destino, la settimana prossi-ma avremo tutto. A proposito nonsmetterò mai e non smetteremomai di ringraziare la Regione Vene-

to, l’Associazione Ol-ga, il Comune di Fi-carolo, l’Associ-azione Lombardia“Aiutiamoli a Vi-vere”, il Comitato diMisinto, se ungrande sogno staprendendo forma èmerito loro, sonodavvero felice.

29/05/2010Oggi niente correnteper tutto il giorno e ilfantastico foto-

voltaico fa il suo lavoro al dispen-sario e in missione. L’Abbé Patrickconferma che ha tutti i libri per lascuola, quasi 2.000 euro e tutti ibambini e ragazzi avranno un testoscolastico.

30-31/05/2010Due giorni senza scrivere, non che

non sia successo nulla, anzi : in-contri, visite alla pediatria, a Kisan-gulu, abbiamo parlato con il re-sponsabile della sanità per la zonadi Kindu, chiesta collaborazione ela certezza che, attivando il centrodi sanità, il Ministero invii un paiodi infermieri e un medico. Produrremo nelle prossime setti-mane un Protocollo di Intesa pergarantire la funzionalità del Cen-tro. Sappiamo che non sarà facile,la zona è molto scomoda e distantedalla città, ma i bisogni, la dignità eil rispetto per i bambini, per quellagente deve essere almeno la stessache in città.Abbiamo incontrato molto di corsaun funzionario dell’ambiente, Car-lo ha ripetuto più volte a lui che unsostegno decisivo per il cambia-mento del modo di vivere attuale,

basato sulla deforestazione, saràl’individuazione e l’assegnazione diterreni per lo sviluppo dell’agri-coltura. Un cambiamento radicaleche, se realizzato, darà risultati cer-ti. Anche qui promesse, ma guai apensare a “sì” sicuri , occorre pres-sione e Carlo, Patrick lo faranno,contiamo molto anche sul Vescovodi Kinsantu, non ce la faremo maida soli, non ci illudiamo, ma lotte-remo.Ho una confusione galattica in tes-ta, un senso di impotenza che mitravolge: quando cominceremo ilavori al dispensario? Riempiremoil container con i materiali chechiede Carlo? Quando faremo le al-tre tre aule? E l’acqua? Che salita!Non ricordo la stessa preoccu-pazione la prima volta in Bielorus-sia, amici della Fondazione aiutate-ci, non è possibile che quaggiù lavita sia una scommessa, l’acqua unmiraggio, la fame una condanna.

Aiutateci ad aiutare: neabbiamo davverobisogno, Carlo Bram-billa ci ha indicato lastrada, lunga e fati-cosa, ma non possiamotornare più indietro.Voglio provare a tirarele conclusioni diquesto viaggio, posi-tive assolutamente. Dopo due mesi siamo

tornati a Kindu e abbiamo realizza-to tre piccoli miracoli: il tetto dellascuola, banchi e libri, il Pick-up.Abbiamo investito molto di più dei25.000 euro che prevedeva il fi-nanziamento della Regione Veneto,siamo infatti a oltre 34.000 con i vi-aggi. Fateci sognare! Ogni nostropiccolo intervento per quella gente,per quei bambini è oro, non fer-miamoci più.Un saluto a tutti da Alberto, Carlo,dagli amici di Kindu, Mowa e Sedaf,dalle Suore del Sacro Cuore diGesù. Se vogliamo comunicare conloro, sentirci un po’ più vicini, ba-sta guardare la luna, è la stessa cheabbiamo noi.

A presto!Alberto Bonifazi

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Il TIR della Speranza è unprogetto della Fondazione“Aiutiamoli a vivere”.

Come obiettivo primario si pro-pone di dare un aiuto mirato aibisogni di comunità, scuole inter-nat, strutture sanitarie, centri diaccoglienza, centri sociali per l’as-sistenza a famiglie bisognose, isti-tuti di ricovero per adulti conproblemi.Gli aiuti sono raccolti dagli ade-renti alla Fondazione, donati o ac-quistati con il ricavato di speci-fiche raccolte fondi o singoleoblazioni e poi consegnati diretta-mente ai destinatari.Il rito della consegna diretta degliaiuti umanitari è motivato dal se-condo obiettivo del TIR:conoscere per capire.Nella breve visita all’istituto vienefatta una valutazione della strut-tura, un monitoraggio attento dei

bambini ospitati, dei loro bisogni,degli eventuali problemi fisici e/opsichici; si crea, con attività ricre-ative di gruppo, un momento direlazione con i bambini pertrasmettere loro un messaggio disperanza attraverso il caloreumano.La partecipazione al TIR dellaSperanza è un’esperienza formati-va su cui la Fondazione investe, sucui tutti i comitati devono sentirsiimpegnati. Partecipare al TIR puòessere un’esperienza forte, cherichiede un minimo dipreparazione. Nella prima decade di settembre, aSoresina, si terrà un incontro for-mativo – informativo preliminareper tutti i partecipanti; la parteci-pazione all’incontro è necessariaper l’accettazione della domanda. Le domande andranno inviate al-l’ASSOCIAZIONE AIUTIAMOLI A

VIVERE LOMBARDIA entro e nonoltre il 10 settembre 2010.Il numero dei partecipanti al TIRdi ottobre non dovrà superare le40 unità. Superato questo limitesi darà la priorità a chi non hamai partecipato al TIR, tenendoconto dell’esito dell’incontro dicui sopra. I partecipanti al TIR si rendonodisponibili ad eseguire tutte le at-tività previste dal programma sta-bilito dai responsabili del proget-to: scarico merci, attività di ani-mazione e valutazione, orari,soste, così come le variazioni delprogramma stesso dettate da si-tuazioni di emergenza.I partecipanti al TIR si impe-gnano, per tutta la durata dellaspedizione, ad essere uniti e soli-dali anche nell’affrontare difficoltàe imprevisti, a non lasciare ilgruppo per motivi personali e a

RIPARTE IL TIRDELLA SPERANZA

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ricercare una relazione costrutti-va e amichevole con gli altrivolontari.Possono partecipare al TIR dellaSperanza tutti gli aderenti allaFondazione che sono motivati afarlo e che siano consapevoli del-l’impegno che comporta. Allestesse condizioni possono parteci-pare anche i non aderenti allaFondazione.In calce alla scheda di parteci-

pazione il volontario sottoscriveràdi osservare il regolamento e diaccettare e condividere le finalitàdel progetto.Ulteriori informazioni e scheda dipartecipazione si trovano sul sitodella Fondazione o di Aiutiamoli avivere Lombardia.

Il comitatoorganizzatore

del TIR

ddatalluogo

partenzaoora Luogo arrivo Km descrizione km totali

aereoporto Orio

al Serio (BG)8,30(*) Varsavia -----

Varsavia ----- Brest 200

Brest 7,00 Volkovisck 193

Volkavisck ----- Poriece 118

Poriece ----- Grodno 45

Grodno 8,00 Vasilishki 88

Vasilishki Ivie 79

Ivie Molodechno 90

Molodechno 7,00 Opsa 148

Opsa Vetrino 99

Vetrino Polotsk 20

Polotsk 8,00 Senno 164

Sennò Orsha 66

Orsha 8,00 Dribin 64

Dribin Gorodets 183

Gorodets Zlobjn 45

Zlobj 8,00 Glusk 84

Glusk Sluk 106

Sluk 8,00 Nesvizh 170

Nesvizh Baranovici 49

009-ott-10 Baranovici Aeroporto 150 150

2.176

(*) RITROVO IN AEROPORTO ORE 6,30

per informazioni contattare :

Sede Nazionale 0744/220079 - 0744/279560

Sede Regionale Lombardia 0374/343699

Aldo Cicoria 335/5988194

Tironi Alessandro 335/1205322

008-ott-10

007-ott-10Visita Internat Glusk,

pernottamento Sluk

267

230

292Visita C.S.Dribin, Internat

Gorodets, pernottamento Zlobjn

190

Visita C.S. Nesvizh e

pernottamento a Baranovici219

volo Orio al Serio - Varsavia

TTIR DELLA SPERANZA 2010 DAL 1 -9 Ottobre 2010

002-ott-10visita Internat Volkovisck e

Poriece, pernottamento a

Grodno

001-ott-10

005-ott-10 Visita S. F. Sennò e C.S. Orsha

Visita Internat Opsa e Vetrino,

pernottamento a Polotsk004-ott-10

006-ott-10

215

356

003-ott-10 257Visita Internat Vasilishki e Ivie,

pernottamento Molodechno

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Nascita e realizzazione diun progetto di coope-razione e sviluppo cul-

turale denominato “ItaRus”

Descrivo un progetto nato dallasaggezza e sagacia di due per-sonaggi, vecchie conoscenze nelmondo culturale italo-russononostante la loro giovane età. Amici nella vita, uno siciliano,l’altro bielorusso, il primo è ilprof. Luciano Catalioto, docentedi Storia Medievale dell’Univer-sità di Messina, il secondo è ilprof. Serghej Loguish, capocat-tedra di Lingua Romanza pressol’Università Statale di Bielorus-sia, nonché Cavaliere della Re-pubblica italiana.

Ad accomunarli ulteriormente è viè la coordinazione e messa in operadel progetto ItaRus. Un progettoche nasce con l’intento di consoli-dare e rinvigorire quelle che si pos-sono definire le relazioni e i riferi-menti culturali tra l’Italia e l’ex-spazio oltre cortina ed è scaturitocome prodotto della Collana diTesti e Studi Storici “Mare No-strum: politica, economia, società ecultura”, attiva in seno alla CasaEditrice “Leonida”. Collana natanel maggio 2008 e diretta dal Prof.Catalioto.

La collana ha accolto da poco unsaggio storico: “Abbiamo vistoMessina ardere come una fiaccola”.I marinai russi raccontano il terre-moto del 28 dicembre, opera dellaprof.ssa Tatiana A. Ostakhova, do-cente di Lingua Russa presso la Fa-coltà di Filosofia dell’Università diMessina. Il volume racconta e do-cumenta con osservazione mi-nuziosa e distaccata la terribilecalamità che il 28 dicembre 1908devastò Messina e Reggio Calabria,con particolare riguardo al ruolosvolto in tale circostanza dalla flotta

del Baltico e al coinvolgimento,pregnante di umanità, dei marinairussi nelle opere di soccorso.

Il libro, come afferma il prof. Cata-lioto nella sua nota conclusiva, “re-datto con rigore metodologico escevro da schematismi e fuorviantipregiudizi, è certamente dotato diforti valenze storiografiche e lin-guistiche”.

La sua presentazione è recente,avvenuta il 23 marzo 2010 a bordodell’incrociatore Aurora, imbar-cazione dalla quale partì il colpo dicannone quale segnale per la con-quista del Palazzo d’Inverno di SanPietroburgo durante la Rivoluzionenell’Ottobre del 1917, ora trasfor-mata in museo nazionale galleg-giante.

Il trattato è stato tenuto a battesi-mo dal direttore della nave-museoAndrei Lyalin, alla presenza deldott. Giorgio Mattioli, Addetto Cul-turale dell’Istituto Italiano di Cul-tura di San Pietroburgo, del dott.Francesco Cimellaro, Addetto Eco-nomico e Commerciale del Conso-

lato Generale d’Italia, e di rappre-sentanti del mondo istituzionalee accademico russo.

In quel contesto sono state postele basi e ottenute le assicurazionidi un progetto di collaborazione eaccrescimento interculturale“ItaRus”, che vede coinvolti sial’Ateneo messinese che l’Univer-sità statale della Bielorussia,nonché gli Istituti Italiani di Cul-tura delle Ambasciate di Mosca eSan Pietroburgo.Il progetto nasce come attività diricerca e di formazione, con laprospettiva di affinare laconoscenza, il confronto e l’inte-grazione fra le culture.Vuole togliere la “cortina di ferro”che per molto tempo ha rappre-sentato un confine, una se-

gregazione e un divario intellet-tuale. Dovrà avvicinare senza uni-formare, tramite la valorizzazionedelle differenze e la ricerca di puntiin comune; dovrà fornire unapercezione più globale della realtà,in modo da non più isolare.

Infatti, come annunciato dal Prof.Catalioto nella “nota conclusiva”del trattato della prof.ssa Ostakho-va: Nei prossimi mesi la collana«Mare Nostrum» accoglierà una“Storia della Letteratura italiana”bilingue (italiano/russo) di SergejLoguich …, un’opera destinata arivestire grande rilevanza per ladiffusione ai più alti livelli dellanostra cultura, della lingua e dellastoria del nostro Paese, ma soprat-tutto in grado di alimentare unreciproco arricchimento culturalee rispondere adeguatamente aduna crescente sete di conoscenza.

Nell’insieme stiamo assistendo a unprogetto avvincente, suggestivo eaffascinante che ho ricevuto l’inca-rico e l’onore di promuovere.

Dott. Pierluca Vivaldini

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Ègiugno del 2004 quando ab-biamo conosciuto Anton.Scende dal grosso Tupolev

uno scricciolo di poco più di ventichili che ci viene presentato ed af-fidato.“Ciao, io Anton, 1 2 3 4 5 6.” Inuna sola frase esaurisce tutte leparole in italiano che conosce.Ma non termina tutte le cose chevuole dirci: durante tutto il viag-gio da Montichiari a Padova parlaininterrottamente in russo, rac-contandoci prolissamente coseche tutt’oggi desidereremmoconoscere, con una chiacchieratache tanto somiglia alle decine diminuti di bababa...gogogo...nini-ni... con le quali Enrico, il nostroultimogenito di 11 mesi, ci intrat-tiene ogni sera, probabilmente perraccontarci le novità che ogni nuo-vo giorno gli fa vivere.Viviamo con Anton due mesi che,di giorno in giorno, passano dal-l’incomprensione totale all’affettodi un bimbo che si affida cieca-mente a due adulti mai visti prima,alle prime parole che ci avvicinanoa lui, all’essere messi alla prova, fi-no, alla fine del secondo mese, alloscoprire che il legame che ci unisceè inaspettatamente stretto, che tralui e noi è nato un amore piùgrande, un desiderio, non pro-grammabile prima, di essere unafamiglia.Ci viene spontaneo dare, nell’otto-bre del 2004, disponibilità al-l’adozione al tribunale dei minoridi Venezia fino ad ottenere, dopoaltre due ospitalità (un mese nelNatale 2004 e due mesi nell’estate2005), a settembre del 2005 il de-creto di idoneità nominale al-l’adozione di Anton.Nel frattempo, ad ottobre del 2004la Bielorussia cambia la legge cheregola le adozioni e ogni bambinoin attesa della propria famigliaviene trasformato in una praticabloccata a tempo indeterminato.In questo clima, mentre con-tinuiamo ad ospitare Anton, cer-cando di non creargli false aspetta-tive ma non potendoci nasconderequanto il nostro reciproco amorecresca, cominciamo a cercarel’ente al quale affidarci.Conosciamo personalmente Fa-brizio in occasione di un convegnoad Abano Terme, lo rincontriamo aRoma, quando supporta una mani-festazione che organizziamo

assieme a tante altre famiglie, neiconfronti del nostro governoaffinché riapra un tavolo di trattati-va bilaterale con la Bielorussia.In più occasioni ci convince la se-rietà di un ente che non cinasconde la difficoltà estrema dellanostra situazione, che non vuoleprendere in carico nessun altrobambino, per non creare inutili il-lusioni, per non spillare soldi allefamiglie solo per fare numero.Siamo convinti che sia l’ente giu-sto, che non cede nonostante letelefonate settimanali, nonostanteuna corte che neanche mia mogliesi ricorda così serrata.Ma Anton e gli altri bambini creanouna breccia che supera la forza del-la ragione di Silvano, Letizia, Fa-brizio, Michela, che ci garantis-cono di lavorare con tutte le loroforze per loro, anche se, corretta-mente, cercano di farci capire chele probabilità sono veramentepoche e lontane nel tempo.Cominciano 5 anni di lotta.Costituiamo un coordinamentotra le famiglie in attesa diadozione in Bielorussia, scriviamooltre 20.000 tra e-mail, lettere,fax, coinvolgiamo politici, giorna-listi, istituzioni, enti, personalitàitaliane e bielorusse.In alcuni momenti sembra chetutto si sblocchi (ci sono due ac-cordi bilaterali), in altri sembranon ci siano più speranze (4 annisenza nessuna adozione, il casoMaria, i continui ritorni chevogliono disilluderci provenientidalla Bielorussia), spesso siamospiazzati e indecisi su quale sia ilmale minore: lottare per esaudireil desiderio di Anton e nostro diformare una famiglia ma contem-poraneamente lasciarlo in un in-ternat, oppure trovare unafamiglia che lo accolga lì e che lofaccia crescere con loro?Il tempo passa, le estati e gli in-verni trascorsi insieme, la nascitadi due figli, uniscono ancora dipiù quella che è una “famiglia difatto” separata da migliaia dichilometri di distanza, ma, tra lafine del 2008 e l’inizio del 2009, lenotizie che arrivano dallaBielorussia riducono le nostresperanze al lumicino. È semprepiù evidente la decisione di chiu-dere con le adozioni internazion-ali, ci cominciamo a rassegnareche solo la maggiore età di Anton

potrà coincidere con la realiz-zazione del desiderio della nostrafamiglia.Alcuni conoscenti decidono inquesto periodo di costituire unacasa famiglia in Bielorussia. Chiu-de infatti l’istituto dove Antonvive. I bambini vengono smistatiin base a decisioni non facilmentecomprensibili. Anton, che ha sem-plicemente gli occhiali, viene in-viato in un istituto per bambinicon disabilità visive.Ci sembra che la costituzione diuna casa famiglia possa essere unasoluzione d’amore per dare ad An-ton un ambiente più caldo in cuivivere.Anche in questo caso decidiamocomunque di affidarci a chi ci hasempre dimostrato di amare An-ton quasi quanto noi e di averecontemporaneamente la giustaconoscenza della Bielorussia percapire cosa sia meglio per lui.Inaspettatamente Fabrizio cisconsiglia categoricamente di in-serire Anton in casa famiglia, diceche in Bielorussia si comincia arespirare un’aria diversa, che lerelazioni bilaterali si stanno raf-forzando, che se lo inserissimo incasa famiglia non avremmo piùsperanze di adozione.Ascoltarlo è stata ancora una voltala decisione giusta. Dopo pochimesi cominciano ad essere sbloc-cati gli arrivi dei primi bambiniche aspettavano da prima del 2004e, finalmente, ad ottobre del 2009la telefonata che ci fa cedere leginocchia: “preparate i documen-ti, Anton è nella lista!”A marzo Anton diventa finalmenteil nostro terzo figlio, un ultimo-genito di 50 chili!In questi anni abbiamo avuto at-torno a noi delle persone stupendeche ci sono state vicine e che cihanno aiutato senza avere nulla incambio, ma solo spinte da un sin-cero amore per Anton e per i bam-bini.Tra questi vorremmo ringraziareparticolarmente Fabrizio Pacificie i ragazzi romani del coordina-mento delle famiglie adottanti inBielorussia.In maniera diversa senza di loroAnton non sarebbe nostro figlio.Senza di loro Francesca ed Enricoavrebbero perso un fratello.

Luca Migliolaro

Finalmente Anton è mio figlio

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A CONVEGNO SULLA FIBROSI CISTICA

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Il 21 Maggio si è svolto a Minsk unconvegno sulla Fibrosi Cistica (Mu-coviscidosi) organizzato dal Minis-tero della Sanità bielorusso e dallaFondazione “Aiutiamoli a Vivere”sul tema: Approcci moderni per di-agnostica, cure e riabilitazione deimalati di Fibrosi CisticaLa numerosa partecipazione dimedici da tutta la Bielorussia(sono state registrate oltre 100presenze di medici pediatri, peradulti e microbiologi) ha confer-mato l’interesse crescente che c’èper questa malattia con un nu-mero di malati ancora, purtroppo,notevolmente sottostimato.Ci sono stati vari ed interessantiinterventi dei medici bielorussi:dott.ssa T. Voitovich, dott. V. Bo-brovnichy, Dott.ssa T. Voitko,dott.ssa T. Papiy, dott.ssa A. Smal,dott.ssa N. Manovitskaya, a di-mostrazione che l’opera continuadella Fondazione indirizzata allaformazione dei medici bielorussista dando buoni frutti.L’interesse maggiore era ovvia-mente dato dalla presenza di 4medici italiani e dai loro interven-ti:Dott.ssa Carla Colombo, primariodi F.C. del Policlinico di Milano epresidente della Società Italiana diF. Cistica : La malattia epatica inF. CisticaDott.ssa Vincenzina Lucidi, re-sponsabile U.O. di F.C. del dip. dimedicina pediatrica dell’OspedaleBambino Gesù di Roma: Formeatipiche in F. Cistica e Nutrizionee prognosi in F. CisticaDott.ssa Ersilia Fiscarelli, respon-sabile di Microbiologia della F.C.all’ospedale Bambino Gesù di Ro-ma: Meccanismi di resistenzaagli antibioticiDott.ssa Natalia Cirilli, microbi-ologa del Centro di RiferimentoRegionale per la F. Cistica del-l’ospedale Salesi di Ancona: Il testdel sudore.Alla fine del convegno, la dott.ssaCirilli ha effettuato un breve stagepratico sull’utilizzo degli apparec-chi Nanoduct (apparecchiature peril test del sudore utili per una primadiagnosi di Fibrosi Cistica) che laFondazione ha donato agli ospedalidi Gomel, Brest e Vitebsk, propo-nendosi anche, nel prossimo fu-turo, per uno stage a Minsk sul testdel cloro, indispensabile per una di-agnosi certa di Fibrosi Cistica.

Prima del convegno i medici ita-liani sono stati invitati al Mini-stero della Sanità per un incontrocon la dott.ssa T. Migal che ha ap-prezzato gli sforzi che la Fon-dazione sta facendo per adeguaregli standard di cura bielorussi aquelli europei.Tutti i medici italiani si sonomolto interessati al sistema di cu-ra in uso in Bielorussia, che soloin parte attua i protocolli italianiper la cura della F.C. che il Minis-tero della Sanità bielorusso haadottato tre anni fa su propostadella Fondazione. Hanno inoltreassicurato la propria disponibilitàper il proseguimento del lavoroiniziato, suggerendo interessantiproposte per ottimizzare la for-mazione dei medici bielorussi.Sabato 22 maggio i medici italianihanno presenziato a una riunionedi genitori durante la quale hannorisposto a numerose domandetranquillizzandoli sulla continua-zione del loro lavoro a supportodell’azione della Fondazione inBielorussia.Devo ringraziare il nostro ufficio aMinsk per il gran lavoro svolto inun periodo impegnativo per i do-cumenti da preparare per l’ac-coglienza e gli interpreti del con-vegno che hanno avuto un compi-to davvero difficile. Sia l’ufficioche loro si sono rivelati all’altezzadella situazione.Un ringraziamento anche alladott.ssa Tatiana Voitovich per l’or-ganizzazione del convegno e perl’impegno preso con me di orga-nizzarne almeno uno ogni anno,convinta, come lo sono io, che ilconfronto genera la conoscenza , equesta è una ricchezza che nes-suno ci può togliere.

L’organizzazione del convegno co-rona l’impegno della Fondazioneche nel 2009, come peraltro tuttigli anni, ci ha visti impegnati adinviare in Bielorussia:- Medicinali (antibiotici e mucol-itici) - 3 Nanoduct per diagnosticareprecocemente la malattia e quindicurarla più efficacemente- 20 inalatori di ultima gene-razione (Pari-e-flow rapid) effi-cacissimi per l’assorbimento diantibiotici e mucolitici- 2 concentratori di ossigeno e rel-ativi pulsossimetri per far sì che imalati possano effettuare a casacicli di ossigenoterapia senza do-vere, solo per questo, rimanereper lungo tempo in ospedale.Il nostro impegno prosegue, comeogni anno, con l’accoglienza pres-so famiglie disponibili e strutturedi 32 bambini con le loro mammee di 12 ragazzi maggiorenni, perdar loro modo di unire una piace-vole vacanza a un utile percorsoterapeutico.

Per l’anno 2009 sono stati investi-ti Euro 145.000 che saranno dedi-cati allo sviluppo del progetto sa-nitario impegnato a salvare ibambini malati di mucoviscidosi.

Tutto questo è stato possibile conl’utilizzo della quota-accoglienzae grazie alla generosità di molticomitati che hanno devoluto aiprogetti sanitari una parte o tuttoil ricavato di iniziative di raccoltafondi.

Il Responsabile del Progetto Sanitario Enrico Cherubini

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Dopo oltre una settimana dal no-stro rientro in Italia sento che èarrivato il momento di scrivervi

alcune impressioni sulla missione“Clown in Belarus 2010”.Ho lasciato, in questi giorni, che i millevolti, mani, abbracci, sorrisi edemozioni continuassero a vorticare neimiei pensieri come una magica trottolacolorata.Adesso che, piano piano, questa euforiasi sta calmando e ogni immagine rias-sume contorni meglio definiti mi sem-bra bello condividere con voi questanuova, straordinaria, esperienza.La cosa, però, non è affatto semplice.D’altronde come potrei raccontarvi del“trionfali” arrivi negli istituti di Minsk,Dubrovno e Slavgorod, con i bambiniche ci aiutavano a portare le cose sul

palco e che poi inseguivano il pullminomentre andavamo via? O della gratitudine degli ospedali, a Bo-brusk, a Moghilov, Slavgorod e il thecon i biscotti offerto a fine servizio e leparole sincere e commosse delle dot-toresse e, soprattutto, delle mamme? O della vivacità dei bambini di Orshache, appena siamo scesi dal furgone, aduno a uno ci hanno tirato in dispartequasi volessero ognuno un clown tuttoper sè?Come posso descrivervi la poesia del-l’incontro con i bambini audiolesi del-l’istituto di Vitebsk? L’entusiasmo diquesti bambini e delle loro maestre, illoro voler essere coinvolti in ogni cosa.Tutto senza parole, solo gesti e sguar-di… è stato davvero un momentomagico!E la serenità dei bambini di Belinici e illoro voler essere parte del nostro spet-tacolo. Le loro voci, i loro cori…E ancora una volta la generosa ac-coglienza degli istituti di Senno e Cer-nitsy, con i rispettivi direttori pronti afarsi in quattro per farci pernottare co-modamente. Assieme ai bambini che siricordano sempre di noi e che ci aspet-tano, anno dopo anno, ci hanno fattosentire veramente a casa!Penso che proprio non riuscirei mai adescrivervi cosa si prova nell’incontrarecentinaia di bambini negli ospedali ededicare a ognuno di loro un attimo di

dolcezza, gioia, calore…un sorriso. Eritrovarne alcuni, dopo un anno, anco-ra lì. È vero: tutto questo è difficile da rac-contare. Ciò che vi posso dire, invece, è chequesta è stata la quarta volta che veni-vamo in Bielorussia come clown. Quat-tro anni fa nemmeno sognavamo dipoter fare le cose che abbiamo fatto.Sono stati giorni di un’intensità straor-dinaria. Anche di fatica, è vero. Al mar-tedì abbiamo fatto tre spettacoli negliistituti e un servizio di oltre due ore inospedale. Alla sera non ci reggevamo inpiedi. Ne valeva la pena? Si! Senza om-bra di dubbio!Perché il frutto del lavoro di quattro an-ni si comincia a vedere. Perché quando andiamo negli istituti ibambini si ricordano di noi. Perché quando andiamo negli ospedalisi ricordano di noi. Dei clown, dellaFondazione, dell’Associazione. Perché nuovamente e maggiormenteci siamo sentiti dire “anche noivogliamo fare queste cose!”E soprattutto perché quel “vogliamo” èdiventato “possiamo” e abbiamo inizia-to a parlarne e progettare il futuro. Deiclown: IN e DELLA Bielorussia.Sarà un percorso lungo e faticoso masappiamo che è possibile e la cosa im-portante è che da entrambi le parti i-niziamo a pensarci. Possiamo farcela, con l’aiuto, il soste-gno e la partecipazione di tutti voi, Fon-dazione, Associazione Trentina e ognisingola persona che vorrà esserneparte.Ecco, se tutto questo ora non è piùun’utopia - sebbene sia solo poco più diuna speranza - lo dobbiamo sicura-mente anche a voi, che avete semprecreduto e sostenuto questa missione.

Non posso fare a meno di dirvi graziecon tutto il cuore per quello che avetefatto per noi.Alla Fondazione, grazie alla quale otte-niamo il permesso divisitare tanti ospedalie istituti e incontrarecentinaia di bambini.A l l ’A s soc i az ioneTrentina Aiutiamoli aVivere. Prima di tuttoperché “ci credono!”.Poi perché Vittorio,Ermanno e Michelaogni anno fanno isalti mortali per or-ganizzarci tutto. Epoi perché ogni annoci fanno accompa-gnare da nuove per-sone meravigliose:

quest’anno è stata la volta di Patriziae, ancora una volta, di Pierangelo. Peròquest’anno un grazie particolare a loroperché nel momento complicato del ri-entro (vulcano, aeroporti chiusi eccecc) non ci hanno lasciato per un atti-mo e ci sono stati vicini sia moralmenteche praticamente. Grazie davvero!E con loro grazie di cuore alla JuventusViaggi e ai suoi collaboratori di Minsk.A tutti voi il mio grande grazie perso-nale e quello di tutto il gruppo clown

clown ABELARDA – Claudia Cois clown DORESOL – Francesca Frigoclown DUODENO – Marco Lizziclown FINFERLA – Mariaelisa Lan-franchiclown FLIP – Mattia Bidoliclown KAMOMILLO - Paolo Perissiniclown PIERO – Pierangelo Bagattiniclown PIPA – Patrizia Moraclown UFFA – Eleonora Torosclown ZOLLA – Alessandra Bonato

Infine un grande grazie a tutte le per-sone e le famiglie che partecipano a tut-ti i progetti a sostegno dei bambinibielorussi. Siete grandi! Ciò che noi ve-diamo negli istituti è il frutto del vostroimpegno e lavoro. Siatene orgogliosi,perché non potete immaginare quantasia la gratitudine di questi bambini,delle loro famiglie o dei loro istituti pertutti voi che li accogliete, sostenete eaiutate.Ecco, questa è un’altra cosa che nonsono capace di raccontarvi: il grazie dicuore che portiamo in Italia per voi daivostri bambini. Non si può raccontare,c’è solo un modo per conoscerlo. Salite sull’aereo e volate in Bielorussia.Magari assieme alla prossima missioneclown!!Ne varrà la pena!Grazie ancora a tutti e che il sorriso co-lori sempre la vostra vita!Clown in Bielorussia continua……

Paolo Perissini - clown Kamomillo

Grazie dai Clown

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Aksana, Ilona, An-drei, Neli, Ina,Maryna, Ira, Vladi,

Stas, Vania, Katy, Valery, Svi-eta, Andrei, Artsem, Cristina,Maksim, Yulia, Maria, Alena,Dimitry, Natallia, Yauheni,Vika, Alessia, Mikail, sono al-cuni nomi dei ragazzibielorussi ospitati nell’istitu-to per ragazzi orfani o ab-bandonati di Cernitzy, nellaregione di Vitebsk inBielorussia, che ancora stan-no pagando un conto duris-simo in termini di disagio sociale,economico e di vite umane dopo ildisastro del 1986 a Chernobyl. Anche quest’anno l’I.C. di Albinonell’ambito di “SolidarMente”, ilprogetto di solidarietà che si pro-pone sia come occasione di crescitapersonale che come riflessione suibisogni degli “altri”, ha suggeritoun’iniziativa di sensibilizzazione, dipresa di coscienza e di approfondi-mento sui i valori dell’uguaglianzae della salute, declinata nel “Pro-getto Cernitzy”. Gli studenti del Solari, collaboran-do con il Comitato “Aiutiamoli a Vi-vere” di Clusone, hanno potutoconoscere le storie dei bambini edegli adolescenti ospitati nell’Isti-tuto di Cernitzy e contribuire almiglioramento delle loro con-dizioni di vita raccogliendo generidi prima necessità. “L’incontro a scuola con i volontarici ha aiutato a capire meglio le

condizioni di vita dei nostri co-etanei. In particolare siamo ri-masti colpiti dal fatto che l’alcoli-smo e il fumo siano tra i problemiprincipali e che, non essendocicontrollo da parte degli adulti,nelle relazioni regni la regola delpiù forte. “Perché bevono o si fan-no?” abbiamo chiesto?“Bevono per dimenticarei maltrattamenti subiti,bevono per dimenticaredi essere soli, bevono perdimenticare di aver vistotroppe persone morire”,ci ha risposto Domenico. Durante l’intervento deivolontari Domenico,Luigi, Mauro e Massimoil silenzio e l’entusiasmo erano allestelle: grazie alle fotografie, aivideo ma soprattutto alla loro te-stimonianza abbiamo toccato conmano l’importanza della solidari-età, ma soprattutto abbiamo sco-

perto che i modi peressere solidali pos-sono essere tanti ediversi. Le sensazioni cheabbiamo vissutosono molte e diffe-renti tra loro: ab-biamo provato sof-ferenza per tutte lepersone colpite inmodo devastante

dalle radiazioni di Cher-nobyl, tristezza per tutti co-loro che sono stati costrettiad abbandonare i propri pae-si e le proprie case, angosciaper tutti i ragazzi abbando-nati a se stessi. Abbiamoprovato felicità guardando imiracoli che i volontari han-no compiuto nell’orfana-trofio di Cernitzy, emozionevedendo la consegna del ma-teriale che abbiamo raccolto,allegria nel vedere i loro oc-chi illuminarsi all’arrivo dei

volontari. Ognuno di noi ha sentito di potervivere un’avventura veramentegrande sia dandosi da fare nel rac-cogliere generi di prima necessitàche con la possibilità di spalancarela porta di casa per accogliere un

bambino in difficoltà per una va-canza salute, o magari facendouna vacanza lavoro. È bello avere un obiettivo co-mune a tutta la scuola senza di-stinzioni di ruoli. Mai comequest’anno abbiamo vissutol’iniziativa di solidarietà come unlavoro di squadra: ragazzi, inse-gnanti, bidelli, preside, genitori,segretarie hanno cercato di dareil meglio di sé vivendo sulla pro-pria pelle lo slogan che fa da filoconduttore alle nostre iniziativedi solidarietà: “basta poco perfare molto, se quel poco è un benecondiviso da molti.”

I ragazzi dell’I.C.Solari

“PROGETTO CERNITZY”:SOLIDARIETÀ ALL’I.C. SOLARI di ALBINO