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LAVOCEAICCERRIVISTA

SCIENTIFICADI INFORMAZIONE

3 2009

ASSOCIAZIONE ITALIANADI CHIRURGIA DELLA CATARATTAE REFRATTIVA

Direttori Editoriali e ScientificiScipione Rossi, Daniele Tognetto

Vice-Direttore EditorialeDario Aureggi

Direttore ResponsabileFerdinando Fabiano

Comitato di RedazioneGianni Alessio, Aldo Caporossi,Alessandro Franchini, Simonetta Morselli,Vincenzo Orfeo, Riccardo Sciacca, Giorgio Tassinari, Paolo Vinciguerra

RedazioneSegreteria AICCERc/o AIM Group - AIM Congress SrlVia G. Ripamonti, 129 - 20141 Milanotel. 02 56601.1 - fax 02 56609045e-mail: [email protected]

Dr. Scipione Rossie-mail: [email protected]

Prof. Daniele Tognettoe-mail: [email protected]

Segreteria di RedazioneSegreteria AICCER

Pierpaola Eralditel. 0141 827836e-mail: [email protected]

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Inserzionisti:

• ALCON, p. II cover, 2, 6, 47, IV cover• AMO, p. 9• BAUSCH & LOMB, III cover

Chiuso in redazione: Novembre 2009

ISSN 1973-9419

In copertina fotografia tratta dall’articolo di Luca Gualdi

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LA VOCE AICCER 3/2009 3

EDITORIALE........................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................................... 5di Aldo Caporossi

NOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO ................................................................................................................................................................................................................................................ 7di Vincenzo Orfeo

RICORDO DI LUCIANO PALMIERI ................................................................................................................................................................................................................................................................ 8di Matteo Piovella

CHIRURGIA DELLA CATARATTAReview - La cataratta nel paziente diabetico ................................................................................................................................................................................................................................ 10di Daniele Tognetto e Eirini Skiadaresi

CHIRURGIA DELLA CATARATTAIpertoni dopo facoemulsificazione ...................................................................................................................................................................................................................................................................... 18di Giorgio Lofoco, Francesco Ciucci, Antonio Bardocci

CHIRURGIA DEL GLAUCOMAPaziente con cataratta e glaucoma: che fare?Aggiornamento sull’opportunità o meno di eseguire un intervento combinato .............................................................................................................. 22di Antonio Pascotto

CHIRURGIA REFRATTIVAVantaggi della nuova tecnologia Laser Femtosecondi 150 Khz in chirurgia refrattiva ...................................................................... 30di Luca Gualdi, Veronica Cappello, Massimo Gualdi

CHIRURGIA REFRATTIVA AcrySof Cachet: il modo più semplice di correggere la miopia elevata ............................................................................................................................. 34di Simonetta Morselli e Antonio Toso

CHIRURGIA DELLA CORNEACheratoplastica lamellare nel cheratocono e laser ad eccimeri ............................................................................................................................................................ 40di Leopoldo Spadea e Arianna Fiasca

CROSS-LINKINGIl Cross-Linking: sintesi sulla ricerca di ieri, di oggi e di domani .......................................................................................................................................................... 44di Edoardo Stagni e Massimo Filippello

SOMMARIO

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PERCORSO FORMATIVO A DISTANZALA VOCE A.I.C.C.E.R. - ANNO 2009

Questo, i prossimi numeri de “La Voce A.I.C.C.E.R.” e il volume “La Biometria” fanno parte di ununico percorso formativo a distanza, disponibile anche in versione digitale, valido per l’acquisi-zione di crediti E.C.M. per il 2009, riservato esclusivamente ai Medici Oculisti e agli Ortottisti.La fruizione dell’intero percorso formativo, composto di 5 moduli didattici, darà diritto, previacompilazione delle verifiche d’apprendimento relative a ciascun modulo, all’acquisizione di 20 crediti complessivi. I crediti 2009 saranno ottenibili solo se le verifiche saranno spedite entro e non oltre il31/12/09 (farà fede il timbro postale).

COME ACQUISIRE I CREDITI E.C.M. STEP BY STEPPer acquisire i crediti ECM del percorso formativo occorre:• acquistare il percorso formativo sul sito www.oculisti.net, sezione “Edicola” e restare in atte-

sa dei parametri d’accesso all’area riservata, che verranno inviati tramite mail a pagamentoavvenuto

• cliccare sul bottone “FAD” accessibile dalla home page del sito ed effettuare il login nella sezio-ne “Archivio” con i parametri ricevuti

• leggere, man mano che verranno pubblicati, tutti e 5 i contributi scientifici• effettuare il download e compilare le verifiche di apprendimento • spedire le 5 verifiche di apprendimento via posta raccomandata (singolarmente oppure tutte

insieme a conclusione del percorso) al seguente indirizzo:FABIANO GROUP S.r.l. - Att.ne Responsabile Ufficio ECMRegione San Giovanni 40 - 14053 Canelli (AT)

Se tutte le verifiche di apprendimento risulteranno spedite entro il 31/12/09 e superate conalmeno l'80% di risposte esatte, si riceverà un unico attestato finale, che certificherà l’acquisi-zione dei 20 crediti ECM.

LE QUOTELa quota di iscrizione all’intero percorso formativo FAD, valido per l’acquisizione di 20 crediti E.C.M.,ammonta a 210 € (110,00 € per i Soci A.I.C.C.E.R. in regola con quota associativa 2009)

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LA VOCE AICCER 3/2009 5

L’89° Congresso SOI è alle porte. Una lista ufficiale è stata presentata e non risulta che al-

tre liste siano pervenute alla scadenza dei termini. In meno di un anno si sono verificate mol-

te rivoluzioni: l’Università è divisa e le ultime votazioni in Comproso, non rispettate, apro-

no un nuovo scenario; gruppi che si dividono e poi si ritrovano e questo anche in tempi mol-

to brevi; potere ad ogni costo e quale potere e quale costo. In mezzo a tanta confusione non

era più congruo ed equilibrato far insediare alla “fine” il consiglio neoeletto a novembre

2008! Era pensabile fare marcia indietro e lo è ancora, per non assistere allo sfascio dei no-

stri ideali e dei nostri rapporti?

Ricorsi civili e penali incombono e forse sono in grado di annullare le prossime elezioni; è or-

mai divenuto giusto e lecito pensare a soluzioni diverse dove si possa di nuovo vedere che le

regole contano e che tentativi di sedere sulla stessa poltrona, da parte di pochi, non faccia più

parte delle società nazionali. Il prossimo Congresso SOI di fine novembre sarà comunque una

cartina di tornasole per le presenze e per il numero di votanti che potrebbero dare l’ultimo

segnale sulla stanchezza e sul rapporto ormai critico con l’elettorato e con tutti i soci SOI.

È mancato il nostro amico Luciano Palmieri, uno spirito libero con una grande passione per

la chirurgia ed una fantasia ed inventiva che hanno consentito l’accelerazione del progresso

nella chirurgia della cataratta; è stato, inoltre, uno dei fondatori dell’AIF, associazione che

ha contribuito in maniera determinante allo sviluppo della chirurgia della cataratta in Ita-

lia e che si è distinta, in tanti anni, per l’unione e l’affiatamento dei suoi componenti. Ai suoi

familiari il mio affetto in questo momento doloroso e quello di tutti i componenti del Con-

siglio Direttivo AICCER.

EDITORIALELA VOCE AICCERA

ldo

Cap

oros

si

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Cari amici dell’AICCER,fervono i preparativi per il nostro prossimo congresso che si svolgerà a Napoli dal 18 al 20 Mar-zo 2010 nella spettacolare cornice dell’Hotel Royal Continental, sul lungomare del golfo di Napo-li, di fronte allo storico Castel dell’Ovo.Il congresso di Napoli sarà un evento di ampio respiro nazionale ed internazionale. Stiamo orga-nizzando una sessione co-gestita con l’ESCRS in cui i maggiori esperti europei si confronterannosul tema scottante del trattamento chirurgico della presbiopia.Il programma che stiamo approntando dimostra l’attenzione che l’AICCER ha per il mondo dei gio-vani oculisti in fase di apprendimento, per i nostri ortottisti, spesso misconosciuti artefici del suc-cesso delle migliori équipes, e dei tanti oculisti di spessore che riempiono le fila dei nostri nume-rosi soci AICCER.Per i giovani oculisti e gli specializzandi, ci sarà un’ampia possibilità nei tre giorni di congresso diesercitarsi con Wet Lab su occhi di maiale e Dry Lab su un occhio “virtuale” che fornisce risposteagli stimoli chirurgici identici ad un vero occhio umano.Nella giornata di giovedì la prima sessione si svolgerà congiuntamente ai nostri collaboratori or-tottisti, evidenziando gli aspetti che riguardano le problematiche della cataratta associata con lostrabismo, con la degenerazione maculare negli ipovedenti, e nell’associazione con la patologia glau-comatosa. In tutte queste patologie ortottisti ed oculisti dovranno sempre più collaborare per lasalute dei pazienti. Seguiranno nel pomeriggio i corsi sulla Biometria e sulla Topo-aberrometria relativa a vari aspet-ti clinici di frequente riscontro.Nella giornata di venerdì grande spazio è stato dato alle lenti Premium che certamente costitui-scono lo spartiacque del prossimo futuro tra la cataratta “standard” e la cataratta di “qualità su-periore” che sempre più persone oggi ci richiedono. Un’attenta disamina di tutte le caratteristi-che che ci possono portare ad impiantare una lente piuttosto che un’altra saranno l’obiettivo dispecifiche tavole rotonde.La Microincisione e l’approccio alle cataratte più complicate saranno il tema principale del pomeriggiodel venerdì. Sabato 20 apprenderemo le ultime novità del Cross-Linking che diventerà sempre piùuna tecnica ambulatoriale alla portata di tutti e ci saranno gli approfondimenti sulla Presbiopia,sulle nuove tecnologie laser Femto ed Eccimeri nonché sulle Lenti fachiche, patrimonio indispen-sabile per ogni chirurgo refrattivo.La chirurgia in diretta, caratteristica da sempre degli eventi AICCER, sarà trasmessa dalle nuovesale operatorie della Clinica Mediterranea di Napoli.Siamo pronti per una manifestazione di grosso impatto culturale ed io sono certo che, col vostroaiuto, l’AICCER, l’associazione dei migliori chirurghi italiani della cataratta e della refrattiva, con-tinuerà nel favoloso momento di crescita che stiamo verificando negli ultimi anni. La partecipazione al congresso ci permetterà di approfondire le nostre conoscenze per consiglia-re ai nostri pazienti, sempre più esigenti, le tecnologie chirurgiche più aggiornate ed affidabili.

Arrivederci a Napoli.

INTERAZIONINOTIZIE DAL CONSIGLIO DIRETTIVO

di Vincenzo Orfeo

LA VOCE AICCER 3/2009 7

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8 LA VOCE AICCER 3/2009

Luciano Palmieri se ne è andato. Mi piacerebbe ricordarlo, a chi non ha avuto il privilegio di conoscerlo e frequentarlo, parlando dellequalità che lo hanno contraddistinto e che ne hanno fatto un Personaggio Unico nel complesso mon-do dell’oftalmologia italiana. Luciano ti ispirava fiducia fin dal primo impatto. Si è sempre mostrato “accessibile” mostrando tanto buon senso e disponibilità specie con i giovani ocu-listi. Era capace di interpretare improvvisate lezioni sulle tecniche più avanzate e di lasciarsi cullarein virtuose dissertazioni indipendenti dal tempo.Sapeva di essere un “rivoluzionario” .Ho sempre pensato se ne compiacesse, sorridendo di sé, come sanno fare le Persone capaci di precorrerei tempi e di capire meglio e prima degli altri le complesse mutazioni di questo nostro mondo. Questo suo particolare “intuito” unito alla sua straordinaria attitudine chirurgica lo ha posto nella sco-moda posizione comune a tutti gli innovatori: incomprensioni, invidie da parte di chi non era in gra-do di eseguire i suoi stessi interventi e più generalmente diffidenza nei confronti del nuovo.Per questo ha dovuto combattere in difesa del giusto e contro i pregiudizi. Convinto assertore degliimpianti intraoculari di cui era uno tra i massimi esperti alternava l’impegno della sala operatoria conmemorabili “battaglie” nei fine settimana per interloquire e cercare di convincere chi non aveva imezzi per poter capire e spendeva tutte le energie in un’inutile crociata nel tentativo di fermare l’e-voluzione scientifica e tecnologica. In questo era straordinario. Quando sorretto dall’evidenza, era capace di non arretrare di un millimetro e riusciva a sostenere gliattacchi multipli di chi voleva convincere lui e tutti noi che l’impianto di IOL in camera anteriore erapiù fisiologico e che per questo avrebbe soppiantato in breve tempo le tecniche chirurgiche che Lu-ciano aveva insieme ad altri contribuito ad affermare. Altri tempi, altri “scontri“, altri rischi. Anche altri Gentiluomini.Ma la vera forza di Luciano era la consapevolezza di vivere la sua avventura di Persona Libera da ognicondizionamento e di avere la nitida percezione di essere un geniale innovatore conscio di saper fa-re molto bene il proprio”mestiere”. Questa sua predisposizione ad agire liberamente non gli ha reso la vita semplice durante la sua car-riera di Primario ospedaliero. Molte volte non condivideva le imposizioni sciocche della burocrazia ed era tra i pochi a manifestar-lo pubblicamente con poco apprezzamento da parte dei Direttori Generali Ospedalieri.Ma Luciano professionalmente mostrava il meglio di sé con la grande disponibilità nel descrivere einsegnare le nuove tecniche chirurgiche. Ho ancora nitido il ricordo di quando discuteva, attorniato dai molti che desideravano conoscere i suoitrucchi chirurgici o acquisire dimestichezza con l’idea dell’impianto a fissazione sclerale. Per non parlare poi dell’infinita querelle vitrectomia si vitrectomia no nei bambini affetti da ca-taratta congenita. E amava confrontarsi con gli amici stranieri, primo fra tutti Elie Dahan, con cui ha condiviso un lun-go e proficuo percorso di scambio di esperienze. Un capitolo a parte riguarda la sua passione per le isole Seychelles: vi ha organizzato per alcuni an-ni un evento indimenticabile che i meno informati derubricavano a congresso internazionale. Ha fatto parte del mitico Consiglio Direttivo dell’AIF, Associazione Italiana di Facoemulsificazione,fucina irripetibile di quel movimento virtuoso responsabile della rivoluzione copernicana che ha coin-volto e migliorato tutta l’oculistica italiana.La SOI lo ha giustamente voluto onorare con la Medaglia d’Oro Maestri dell’Oftalmologia.Noi ricordiamolo e onoriamolo per quello che è stato e per quel suo modo particolare di saper affer-mare la sua condizione di Uomo Libero.Ciao Luciano.

Matteo Piovella

Ricordo di Luciano Palmieri

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

Studi epidemiologici hanno osservato una più ele-vata prevalenza di cataratta nella popolazione

diabetica1. I pazienti affetti da diabete mellito han-no un rischio di sviluppare una cataratta da 2 a 5volte superiore rispetto a quello della popolazione nondiabetica2. In particolare il diabete mellito è asso-ciato alla comparsa di una cataratta corticale più fre-quentemente posteriore sottocapsulare. L’insorgenza di una cataratta nel paziente affetto da dia-bete sembra essere legata all’attività dell’aldoso re-duttasi che potrebbe dare origine al processo catarat-toso trasformando il glucosio in sorbitolo all’internodel cristallino. Il disordine del metabolismo glucidi-co sarebbe quindi alla base delle modificazioni lenti-colari. È stata infatti osservata una correlazione posi-tiva tra valori elevati di emoglobina glicosilata e ri-schio di insorgenza di cataratta corticale.L’associazione tra diabete e cataratta è particolar-mente significativa nei diabetici più giovani. Sebbe-ne la prevalenza di diabete sia più elevata nella po-polazione sopra i 60 anni di età, il rischio di svilup-pare una cataratta legata al diabete è approssimati-vamente 1.5 volte superiore nella popolazione sot-to i 60 anni. La riduzione del rischio di sviluppareuna cataratta con l’aumento dell’età può essere legataal fatto che la frequenza di diabete severo diminui-sce con l’età per l’aumentata mortalità ad esso cor-relata. Inoltre il ruolo del diabete quale fattore di ri-schio per la comparsa di una cataratta è decisamen-te più sfumato in età più avanzata laddove sussisto-no altri fattori di rischio2,3,4,5

Studi di popolazione negli ultimi 25 anni hannofornito informazioni sulla prevalenza e sulla storia na-

turale della retinopatia nei pazienti diabetici. Il rischiodi sviluppare una retinopatia diabetica è compresotra il 5% e il 10% per anno. Il 40% dei pazienti af-fetti da diabete mellito di secondo tipo sviluppa unaqualche forma di retinopatia e l’8% presenta una re-tinopatia diabetica preproliferante, proliferante o unedema maculare6.Il Wisconsin Epidemiologic Study of Diabetic Reti-nopathy ha osservato che 15 anni dopo la diagnosi didiabete, la retinopatia diabetica era evidente nel 97%dei casi di diabete di tipo 1, nel 80% dei casi di dia-bete di tipo 2 non trattati con insulina e nel 55% deicasi di diabete di tipo 2 trattati con insulina7,8. Il dia-bete e la cataratta sono due entità patologiche la cuifrequenza è in continuo aumento ed è prevedibile unaloro concomitanza in crescita progressiva9. L’intervento di cataratta nel paziente diabetico pre-senta numerose problematiche. In primo luogo l’in-dicazione all’intervento. Questa in alcuni casi può es-sere individuata non solo nel calo dell’acuità visiva,ma anche nell’eliminazione di opacità lenticolari cheimpediscano una completa visualizzazione del fon-do o un adeguato trattamento fotocoagulativo. Esiste inoltre una maggiore frequenza di compli-canze postoperatorie, come un aumentata inciden-za di uveite fibrinosa, di cataratta secondaria e dineovascolarizzazione del segmento anteriore10. L’aspetto più delicato riguarda tuttavia il rapporto conuna preesistente retinopatia diabetica. Numerosi stu-di tra gli anni 80 e gli anni 90 hanno dimostratouna possibile progressione della retinopatia diabeti-ca sia dopo estrazione intracapsulare che extraca-psulare11,12,13.

a cura di Daniele Tognetto e Eirini Skiadaresi

10 LA VOCE AICCER 3/2009

ReviewLa cataratta nel paziente diabetico

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Studi più recenti hanno dimostrato che una qua-lunque forma di retinopatia diabetica può aggravar-si anche dopo intervento di facoemulsificazione, seb-bene la frequenza e l’entità del peggioramento siacomunque inferiore rispetto a quanto accada dopoestrazione intra ed extracapsulare14,15,16,17,18,19,20,21,22.Allo stesso modo sembra aumentare il rischio di svi-luppare una retinopatia diabetica in pazienti sen-za segni di retinopatia23. Il tasso medio di pro-gressione dopo facoemulsificazione è compresotra il 21% e il 32% dei casi secondo i diversi au-tori ed è circa il doppio rispetto a quello dei dia-betici non operati24,19,24,25. Il rischio di progres-sione di un retinopatia dopo intervento di catarattaè maggiore nelle forme più severe26,19,27,15,28.Infatti è stato osservato che pazienti diabetici senzaretinopatia hanno una prognosi visiva eccellentementre quelli con retinopatia presentano nel po-stoperatorio un’acuità visiva inferiore per l’aumen-tata incidenza di complicanze retiniche25,29.

L’aggravamento della retinopatia dopo estrazione dicataratta è correlato positivamente con un scorrettocontrollo metabolico della malattia diabetica30,31,15.Infatti alcuni studi hanno osservato un aumentato ri-schio di progressione della retinopatia dopo facoe-mulsificazione nei pazienti con elevati livelli di emo-globina glicosilata21,32. È noto che il Diabetes Con-trol and Complication Trial (DCCT) ha dimostra-to i benefici a lungo termine di un controllo glice-mico intensivo nel limitare l’esordio e la progressio-ne di una retinopatia diabetica33. Tuttavia, nello stes-so studio, si è osservato a breve termine un transitoriopeggioramento della retinopatia diabetica imme-diatamente dopo l’instaurarsi di un controllo in-tensivo della glicemia. Allo stesso modo altri studihanno osservato che una rapida normalizzazione gli-cemica prima della facoemulsificazione possa causa-re frequentemente un peggioramento della retinopa-tia34. È dunque fondamentale controllare il compen-so glicemico nei pazienti diabetici che devono af-

11LA VOCE AICCER 3/2009

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

frontare l’intervento di cataratta. In particolare, nel ca-so si renda necessario un controllo glicemico intensi-vo, è prudente durante questo periodo monitorarel’andamento della retinopatia diabetica e ritardarel’intervento, se possibile, di almeno sei mesi. È quin-di opportuno informare tutti i pazienti in attesa diintervento di cataratta che esiste la possibilità che do-po l’intervento vi possa essere un peggioramento del-le condizioni retiniche. Per questo motivo è indi-spensabile una valutazione preoperatoria del grado diretinopatia per poter mettere in atto i provvedimen-ti terapeutici più adatti. È noto che una retinopatiadiabetica proliferante vada trattata mediante foto-coagulazione laser35,36. Ciò indipendentemente dal-la presenza di una cataratta. Quest’ultima tuttavia puòrendere difficile il trattamento soprattutto delle zo-ne retiniche più periferiche. In questo caso l’atteg-giamento più prudente sembra essere una fotocoa-gulazione preoperatoria più estesa possibile ed uncompletamento del trattamento periferico dopo larimozione della cataratta. Poiché esiste la possibilitàche dopo l’intervento si manifesti un peggiora-mento della retinopatia tale da non consentire ilcompletamento del trattamento laser, va presa in con-siderazione l’opportunità di eseguire un’iniezione in-travitreale di bevacizumab prima o dopo il tratta-mento fotocoagulativo ma comunque prima dell’e-strazione di cataratta. Ciò al fine di ottenere nel po-stoperatorio un “silenzio” retinico che consenta dicompletare il trattamento laser37,38,39,40.Il criotrattamento periferico eseguito prima dell’e-strazione di cataratta è una procedura desueta che de-ve essere presa in considerazione solo in casi del tut-to eccezionali41. Qualora in associazione alla catarat-ta coesistano le complicanze di una retinopatia pro-liferante che costituiscano indicazione all’interventodi vitrectomia, come ad esempio un emovitreo, un’e-morragia preretinica o un distacco di retina traziona-le coinvolgente la regione maculare, si potrà procedereall’intervento combinato di cataratta e vitrecto-mia42,43,44,45,46,47. La presenza di una severa retinopatiapreproliferante non costituisce invece un indicazioneassoluta al trattamento foto coagulativo48,49. Tutta-via alcuni aspetti clinici e logistici possono indirizza-re, anche se raramente, verso un trattamento laser.La concomitanza di un intervento di cataratta, pro-prio per il possibile peggioramento della retinopatia,

può rendere più ragionevole questo approccio50,51.Nel caso una cataratta sia così densa da non consen-tire l’esplorazione del fondo, si dovrà valutare l’en-tità di una eventuale retinopatia sulla base di altre in-dagini quali l’ecografia e l’iridografia che potrannomettere in luce i segni di una neovascolarizzazioneimportante. Informazioni utili potranno essere trat-te anche dall’occhio controlaterale, il cui coinvolgi-mento tuttavia non è sempre simmetrico52,53,54. Nelcaso siano evidenti i segni di una proliferazione neo-vascolare si potrà procedere ad intervento combina-to di cataratta e vitrectomia, se quest’ultima appare in-dicata dalle indagini preoperatorie, oppure al solo in-tervento di cataratta seguito da una pronta valuta-zione retinica e dal relativo trattamento. In entram-bi i casi può essere utile considerare nel preoperato-rio l’iniezione intravitreale di bevacizumab per ridurrel’attivita proliferativa neovascolare, facilitare l’eventualechirurgia endovitreale e migliorare il decorso posto-peratorio55,56,57. Come già detto in precedenza ilcriotrattamento periferico eseguito preoperatoria-mente non appare più un trattamento suggeribile perla severa flogosi ad esso correlata. La condizione piùfrequente da dover gestire nel paziente diabetico concataratta è la presenza di edema maculare, che è laprincipale causa di riduzione dell’acuità visiva dopol’intervento chirurgico in questi pazienti58. Diversistudi hanno infatti dimostrato che l’edema macularediabetico può essere esacerbato dall’intervento dicataratta59,60,61. Kim et al hanno osservato che il22% dei diabetici presente un aumento del 30%dello spessore retinico foveale dopo 4 settimane dal-l’intervento associato ad una diminuzione dell’a-cuità visiva. L’incremento dell’edema maculare è di-rettamente correlato all’insulinodipendenza, ai li-velli di emoglobina glicosilata, alla durata del diabete,al pregresso trattamento fotocoagulativo laser62,21.In sostanza è molto probabile che un edema macula-re clinicamente significativo già presente prima del-la chirurgia possa subire un peggioramento in conse-guenza dell’intervento61. È molto meno probabileinvece che un edema maculare si sviluppi in occhinei quali non è presente alcun segno di retinopatia pri-ma dell’intervento19,63.La patogenesi dell’aggravamentomento di un edemamaculare è probabilmente legata all’aumento dei li-velli di fattori angiogenici e pro infiammatori nell’u-

12 LA VOCE AICCER 3/2009

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

mor acqueo dopo l’intervento. È stata infatti dimo-strata una stretta correlazione tra la concentrazionepreoperatoria di VEGF ed IL-6 nell’umor aqueo epeggioramento dell’edema maculare64,65. Anche l’entità del trauma chirurgico può contribui-re alla progressione di un edema maculare favoren-do la rottura della barriera emato-acquosa e di con-seguenza di quella emato-retinica. È stato dimo-strato infatti che l’inesperienza del chirurgo e quin-di la maggior durata dell’intervento sono correlatead un’aumentata incidenza di progressione della re-tinopatia diabetica19.Nel paziente diabetico è dunque indispensabile trat-tare un edema maculare presente prima dell’inter-vento di cataratta. Come già accennato, in previsio-ne di un intervento di cataratta il paziente diabeticodovrebbe essere perfettamente compensato dal pun-to di vista metabolico. Il compenso metabolico da sesolo può essere in grado di ridurre l’edema macularee comunque ne riduce il rischio di progressione nel po-stoperatorio66. Un edema maculare clinicamente si-gnificativo richiede invece, come è noto, un tratta-mento fotocoagulativo laser67. L’ETDRS report 25 haconfermato che esiste il rischio di progressione dellaretinopatia diabetica dopo intervento di cataratta.Tuttavia nei 270 occhi sottoposti ad intervento di ca-taratta non vi è stato alcun peggioramento significa-tivo dell’edema maculare. Ciò è probabilmente dovutoalla particolare tempestività ed intensività del tratta-mento fotocoagulativo laser cui erano stati sottopo-sti i 3711 pazienti arruolati in questo studio. Ciò con-ferma l’importanza del trattamento laser in presenzadi un edema maculare nel preoperatorio14.Ulteriore conferma deriva da recenti studi che hannoancora una volta stabilito l’efficacia del trattamentolaser. In particolare uno studio condotto dal Diabe-tic Retinopathy Clinical Research Network ha stabi-lito che non esiste alcun vantaggio a lungo termine (3anni) nel trattamento dell’edema maculare diabeticocon triamcinolone intravitreale rispetto al classicotrattamento laser a griglia o focale68.Il trattamento dell’edema maculare diabetico diffusosuscita comunque ancora alcune incertezze. Diversistudi indicano ancora un possible ruolo del triamci-nolone intravitreale in questo ambito. Sono stati ri-portati risultati positivi, anche se spesso di breve du-rata, relativi al suo impiego nel trattamento dell’edema

maculare diabetico refrattario al trattamento laser so-prattutto qualora impiegato in combinazione conquest’ultimo69,70,71,72.Numerosi recenti studi hanno osservato una buonaefficacia del bevacizumab intravitreale nella terapiadell’edema maculare diabetico, sia come trattamen-to primario che in combinazione con il trattamen-to laser. L’effetto terapeutico tuttavia risulta varia-bile, tende a ridursi nel tempo e richiede spesso inie-zioni ripetute73,74,75,76,77,78,79. Il trattamento dell’edema dovrebbe precedere la chi-rurgia perlomeno di qualche mese in attesa della sta-bilizazione del quadro clinico.Di recente alcuni autori hanno proposto il tratta-mento combinato con iniezione di anti-VEGF (be-vacizumab) intravitreale al momento dell’estrazione dicataratta per pazienti con retinopatia diabetica e taleprocedura è risultata efficace e sicura nel prevenire l’e-volutività del danno retinico. In particolare per quel-lo che riguarda l’edema maculare si è osservata una ri-duzione altamente significativa nella sua progressio-ne nei casi in cui veniva associata l’iniezione di beva-cizumab al termine dell’intervento. Ciò indipenden-temente dal trattamento laser che poteva essere eseguitonel periodo postoperatorio80,81,82. Il trattamento combinato al momento dell’interven-to di cataratta era già stato proposto utilizzando iltriamcinolone intravitreale. Tale terapia si è dimo-strata efficace nel prevenire l’edema diminuendo lapermeabilità capillare ma non esente da complicanzecome ipertono e cataratta83,84.Poiché la progressione della retinopatia dopo l’inter-vento di cataratta è legata all’incremento di fattori an-tiangiogenici e proinfiammatori, la terapia antin-fiammatoria condotta nel periodo pre e postoperato-rio può giocare un ruolo di supporto nella preven-zione della progressione della retinopatia. È noto che l’instillazione di farmaci antinfiammato-ri non steroidei nel periodo postoperatorio risulta ingrado di ridurre l’incidenza di edema maculare ci-stoide85,86,87,88. Tale effetto è stato confermato anchenel paziente diabetico. Alcuni studi hanno infatti di-mostrato che risulta utile, nella prevenzione della pro-gressione di un edema maculare diabetico, l’instilla-zione topica di diclofenac, nepafenac o di ketorolac nelperiodo postoperatorio. Tale trattamento non risultatuttavia in grado di sopprimere completamente la ri-

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

sposta infiammatoria postchirurgica e quindi unaeventuale progressione della retinopatia89,90,91.In conclusione l’associazione di diabete e cataratta èuna realtà clinica in atteso aumento. Un appropriatocontrollo metabolico, il corretto management della re-tinopatia diabetica prima e dopo l’intervento, le mo-derne tecniche chirurgiche in grado di indurre il mi-nimo trauma e la minima risposta infiammatoria so-no elementi fondamentali per ridurre la probabilità del-la perdità dell’acuita visiva in pazienti diabetici ope-rati di cataratta.

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Ipertoni talvolta anche severi dopo chirurgia non com-plicata della cataratta sono un evento frequente nella

routine operatoria. Spikes ipertensivi ricorrono spesso nel-le prime ore dopo la chirurgia e tendono a risolversi spon-taneamente generalmente entro le 24 ore. La maggior par-te dei pazienti tollera senza alcun problema transitori in-crementi della pressione intraoculare (PIO). Alcuni casimeritano tuttavia un’attenzione particolare: pazienti glau-comatosi con neurotticopatia severa e deficit campimetri-ci o con vascolarizzazione corioretinica compromessa, pos-sono subire danni permanenti con progressione del dan-no campimetrico e dell’otticopatia, particolarmente con va-lori di PIO al di sopra dei 30 mmHg. Atrofia ottica, neu-rotticopatia ischemica anteriore ed altre complicanze va-scolari come l’occlusione venosa retinica sono eventi pos-sibili dopo transitori ed elevati incrementi della PIO1,2,3.

L’origine dell’ipertono dopo chirurgia della cataratta èmultifattoriale: la deformazione meccanica dell’ango-lo camerulare, flogosi, emorragie e dispersione pig-mentaria sono alcune cause importanti. La ritenzionedi materiale viscoelastico (OVD) rappresenta tuttaviala principale causa di spikes ipertensivi postoperatori. Come si comporta la PIO dopo chirurgia non com-plicata della cataratta? Nella maggior parte dei casi siregistra un lieve e precoce decremento di circa 2-3mmHg dopo 30 minuti, seguito da un lieve ma si-gnificativo incremento rispetto alla baseline nelle 3-7ore postoperatorie. Questo lasso di tempo (3-7 ore) èquello in cui si registrano i maggiori e più pericolosispikes ipertensivi. Nelle 24 ore successive (tempo ge-neralmente del primo controllo postoperatorio) si as-siste alla normalizzazione della IOP nella maggior par-

CHIRURGIA DELLA CATARATTAdi Giorgio Lofoco, Francesco Ciucci, Antonio Bardocci

Ipertoni dopofacoemulsificazione

18 LA VOCE AICCER 3/2009

Tabella 1.

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te degli occhi4,5. La tabella 1 illustra l’andamento me-dio della PIO negli occhi non glaucomatosi e negliocchi glaucomatosi nelle 3-7 ore postoperatorie e do-po 4 giorni; il 46,4% dei pazienti glaucomatosi ed il18,4% dei non glaucomatosi presenta dei picchi iper-tensivi maggiori/uguali a 28 mmHg. Il dato più al-larmante è che il 18,8% dei pazienti glaucomatosi edil 3,6% dei non glaucomatosi presenta ipertoni mag-giori/uguali a 40 mmHg5. Come già detto, la maggiorparte degli ipertoni postoperatori severi si verifica do-po 3-7 ore; ciò dovrebbe indurci a riflettere circa il ti-ming del primo controllo che la maggior parte deichirurghi esegue dopo le 24 ore. Nella nostra casisti-ca personale circa il 15% dei pazienti non glaucoma-tosi dopo chirurgia non complicata presenta signifi-cativo ipertono oculare dopo 24 ore.La combinazione fra ritenzione di piccole quantità dimateriale viscoelastico al termine dell’intervento e lasuscettibilità individuale del paziente rappresenta pro-babilmente la principale causa di ipertono postopera-torio dopo chirurgia non complicata6.In linea generale quando un viscoelastico viene com-pletamente rimosso dalla camera anteriore, l’entità ela durata degli ipertoni postoperatori sono le stesse os-servate nel caso di non impiego dei viscoelastici; tuttii viscoelastici determinano ipertono se lasciati in cameraanteriore. Esistono tuttavia delle differenze nell’anda-mento della PIO postoperatoria a seconda del diver-so tipo di OVD impiegati. Rainer et al.7 hanno evi-denziato come l’uso di un viscoelastico dispersivo perl’impianto della IOL (condroitinsolfato di sodio 4%

- ialuronato di sodio3%), determini una maggiore in-cidenza di ipertono postoperatorio rispetto ad un vi-scoelastico coesivo (ialuronato di sodio 1%) (Tabella2); ciò è probabilmente legato alla maggiore difficoltàdella completa rimozione degli OVD dispersivi dopol’impianto. Quando vengono impiegati OVD coesi-vi con la medesima struttura molecolare, quelli a mag-giore viscosità determinano valori di PIO postopera-toria lievemente più elevati e prolungati, ma comun-que inferiori ai 21 mmHg8. La principale manovra preventiva degli ipertoni po-stoperatori nella chirurgia della cataratta è l’aspirazio-ne il più possibile completa del viscoelastico dopo l’im-pianto della IOL; a tale proposito sono state descrittediverse tecniche come ad esempio la “Rock’n Roll te-chnique”9 o la “Two-compartment technique” ideataper la rimozione di OVD viscoadattivi (Healon 5)10. Le evidenze scientifiche riguardo la profilassi farma-cologia degli ipertoni postoperatori sono carenti; gli ini-bitori della secrezione dell’umore acqueo o l’impiegodel carbacolo intracamerulare sembrano avere una cer-ta efficacia nel controllo della IOP11. Un sondaggiocondotto nel Regno Unito nel 2003 ha rilevato co-me il 62,6% dei chirurghi non impiegava alcun agen-te ipotonizzante come profilassi, mentre il 34,4%prescriveva di routine qualche presidio terapeutico.Nella maggior parte dei casi (67,2%) veniva utilizzataacetazolamide per os (Diamox), mentre l’11,1% deichirurghi impiegava un agente ipotonizzante topicofra i quali i più comunemente usati risultavano l’a-praclonidina e il timololo12.

Alcuni autori tuttaviamostrano delle perples-sità circa l’impiego degliinibitori della secrezio-ne dell’umore acqueosostenendo che questipossano inibire il wash-out delle sostanze vi-scoelastiche6. Il trattamento medicotopico da solo sommi-nistrato 8,12,16 o 20ore dopo l’interventonon si è dimostrato ef-ficace nel trattamentodegli spikes ipertensiviin occhi glaucomatosi e

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Tabella 2.

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

non glaucomatosi con o senza l’uso di OVD13.La decompressione della camera anteriore è stata pro-posta come tecnica per il controllo degli ipertoni po-stoperatori. Tale tecnica viene eseguita alla lampada afessura e consiste nella delicata pressione mediante ta-gliente od ago del bordo posteriore della paracentesiconsentendo, a intervalli, la fuoriuscita di minimequantità di acqueo e/o viscoelastico fino ad ottenere unadeguato controllo della PIO. Hildebrand et al.14 han-no studiato l’andamento della PIO dopo decompres-sione della camera anteriore in occhi con severo iper-tono postoperatorio dopo facoemulsificazione. Sonostati inclusi nello studio 11 occhi con PIO media di47,09 mmHg dopo 4-6 ore dall’intervento. Dopo ladecompressione si otteneva un rapido decremento del-la PIO; tuttavia l’effetto risultava transitorio con valoridi PIO superiori ai 30 mmHg dopo 30 minuti e 38,50mmHg dopo un’ora (Figura 1). Arshinoff ha propo-sto una tecnica combinata di decompressione dellacamera anteriore ripetuta più volte durante la giorna-ta, associata a farmaci che aumentano il deflusso del-l’umore acqueo (pilocarpina e latanoprost); con l’im-piego di tale tecnica l’autore riferisce un buon con-trollo degli spikes ipertensivi dopo cataratta6.Ahmed et al.5 eseguivano una decompressione della pa-racentesi con ago 25-gauge 3-7 ore dopo l’interventoassociata ad ipotonizzanti topici, instillati immedia-

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tamente dopo la procedura (brimonidina 0,2% e dor-zolamide 2%) con PIO superiore/uguale a 28 mmHg.In caso di ipertoni più severi (PIO media 48 mmHg)venivano prescritti ipotonizzanti per i 4 giorni succes-sivi (timololo 0,5%, brimonidina 0,2% e dorzolami-de 2%); tutti i pazienti con spikes ipertensivi nelle 3-7 ore postoperatorie mostravano un rapido controllodella PIO con effetto ipotonizzante mantenuto il gior-no successivo senza ipertoni superiori ai 21 mmHg. Do-po 4 giorni la PIO raggiungeva i valori della baseline.In nessun caso venivano riportate complicanze legatealla procedura decompressiva. Nella nostra pratica clinica effettuiamo la decompres-sione della camera anteriore attraverso la paracentesi alprimo controllo postoperatorio dopo le 24 ore nei ca-si di ipertono sintomatico con dolore ed edema corneale.Delicate e ripetute pressioni esercitate sul bordo po-steriore della paracentesi consentono un graduale econtrollato decremento della IOP senza determinare im-provvisi e pericolosi ipotoni. Il sollievo da parte del pa-ziente è pressoché immediato con rapida risoluzione deldiscomfort oculare e dell’edema corneale da ipertono.Dopo le 24 ore la procedura risulta spesso risolutiva. Nel-la nostra lunga pratica non abbiamo mai riscontrato al-cuna complicanza legata alla tecnica.A tal proposito c’è da segnalare la perplessità di alcu-ni chirurghi riguardo possibili complicanze legate al-

Figura 1.

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CHIRURGIA DELLA CATARATTA

la decompressione della camera anteriore. Chawdarye Anand15 in uno studio prospettico su 30 occhi conipertono postoperatorio sottoposti a decompressionedella camera anteriore, hanno riportato ipotono conreflusso di fluoresceina in camera anteriore dopo lamanovra; tuttavia la procedura stessa veniva eseguitanon a livello della paracentesi ma del tunnel; noi rite-niamo che la decompressione a livello del tunnel sia de-cisamente pericolosa e assolutamente da evitare po-tendo determinare improvvise ed incontrollate ipota-lamie con pericolosi ipotoni e talora impegno irideo.Come già detto la decompressione eseguita a livello del-la paracentesi consente un ottimo controllo del de-cremento della PIO fino ai livelli desiderati. Gli auto-ri che hanno studiato la tecnica di decompressione,inoltre, ricercano valori di pressione intraoculare trop-po bassi (da 9 a 4 mmHg circa)14,15; tali valori rite-niamo che siano decisamente pericolosi con impor-tante rischio di infezioni secondarie, ma soprattutto nonsono a nostro parere necessari. La risoluzione degliipertoni severi con valori al di sotto dei 25-22 mmHgsono facilmente ottenibili dopo decompressione del-la paracentesi e sufficienti a determinare la scomparsaimmediata del discomfort e spesso dell’edema cornealeda ipertono, e, se associati a farmaci ipotonizzanti, pro-babilmente sono in grado di controllare adeguata-mente la maggior parte degli ipertoni postoperatori.Ad oggi non esistono linee guida riguardo il control-lo degli ipertoni postoperatori dopo facoemulsifica-zione. Come già detto è fondamentale effettuare lapiù completa rimozione del viscoelastico al termine del-l’ intervento. Riteniamo importante inoltre valutare l’a-deguata tenuta del tunnel che deve essere ottenutamediante la migliore architettura possibile dello stes-so e non dall’ ipertono indotto dal chirurgo al termi-ne dell’intervento; è meglio eventualmente introdur-re una bolla d’aria od apporre un punto di sutura.Un’ulteriore accortezza consiste nella revisione del ti-ming del follow-up almeno nei pazienti a rischio. Co-me riportato in precedenza la maggior parte dei graviipertoni postoperatori ricorre tra le 3-7 ore dopo l’in-tervento, mentre probabilmente la maggior parte deichirurghi esegue il primo controllo postoperatorio do-po 24 ore. Compatibilmente con le esigenze di un re-parto ospedaliero un controllo lo stesso giorno del-l’intervento sarebbe pertanto auspicabile o, in alter-nativa, andrebbe istruito il paziente a rischio di rivol-gersi immediatamente al chirurgo in caso di sintomi

riferibili ad ipertono. In conclusione la gestione degliipertoni postoperatori dopo cataratta non complicatadeve essere attuata mediante una strategia pianificatae buon senso clinico. Ulteriori studi si rendono pro-babilmente necessari per la eventuale stesura di lineeguida in particolare nei pazienti glaucomatosi.Un capitolo a parte è poi quello della cataratta com-plicata, in cui la perdita di vitreo ed altre complicanzepossono determinare severi ipertoni talora non con-trollabili se non mediante ricorso alla chirurgia.

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Il paziente glaucomatoso è sempre un pazientesu cui riflettere. Se si presenta con un tono in dif-

ficile compenso ed ha anche una più o meno ac-centuata cataratta, diventa un “tavolo di discus-sione” dove è difficile che più specialisti interpel-lati abbiano lo stesso parere sulla condotta tera-peutica da seguire.Le decisioni chirurgiche da considerare possono es-sere varie:• eseguire prima l’intervento filtrante e poi, in un

secondo tempo, l’intervento per cataratta;• eseguire prima l’intervento per cataratta, valuta-

re il tono, poi eventualmente effettuare l’inter-vento filtrante;

• realizzare una chirurgia combinata nello stessosito;

• attuare una chirurgia combinata in due siti di-versi

Decisioni “su misura” per ogni paziente A prescindere dai miglioramenti tecnologici, la perso-nalizzazione della cura del paziente è fondamentaleper il successo della chirurgia combinata per catarattae glaucoma. Per scegliere il nostro miglior approccio chi-rurgico, dobbiamo considerare lo stato complessivodi ciascun paziente glaucomatoso, il grado di severitàdel glaucoma, la quantità ed il tipo di terapia in uso peril glaucoma, la compliance del paziente e la tolleranzaai farmaci, che sono fattori cruciali nella determinazionedella nostra strategia chirurgica.

Per esempio, in un occhio con danno glaucomato-so grave e pressione oculare elevata nonostante laterapia medica, è più indicato eseguire in primis lachirurgia filtrante, successivamente, e con calma,potrà tornare in sala operatoria per la rimozionedella cataratta. La chirurgia ambulatoriale e l’ane-stesia topica ci consentono oggi una chirurgia indue fasi con minori inconvenienti, anche dal pun-to di vista pratico.In altri occhi, con glaucoma precoce controllatocon terapia topica minima (un solo collirio, una odue volte al giorno), l’estrazione della cataratta dasola può essere sufficiente a ridurre la pressione in-traoculare in maniera significativa. Alcuni farmaci,come i miotici e le prostaglandine, andrebbero in-terrotti almeno una settimana prima dell’interven-to e per un mese nel post-operatorio per ridurre ilrischio di infiammazioni.L’intervento combinato, a nostro avviso, sarebbepiù opportuno nei pazienti con danno glaucomatosomoderato o avanzato, pressione intraoculare in-controllata o border-line, o che sono in terapia condue o più sostanze. L’obiettivo della terapia com-binata, fra l’altro, sta nell’evitare i rischi legati aipicchi pressori intra e post-operatori. In questi ca-si, quindi, sia per un controllo a breve della pressionenel post-operatorio, sia per una stabilizzazione pres-soria a lungo termine, la procedura combinata sem-brerebbe preferibile. È da considerare cosa viene riportato in letteratura

CHIRURGIA DEL GLAUCOMAdi Antonio Pascotto

Paziente con cataratta eglaucoma: che fare?Aggiornamento sull’opportunità o menodi eseguire un intervento combinato

LA VOCE AICCER 3/200922

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circa la riduzione pressoria che si ottiene con in-terventi combinati rispetto a quella che si ottiene ese-guendo una chirurgia in due tempi successivi, e an-cora quanto si riduce l’effetto filtrante di una tra-beculectomia quando, successivamente, si inter-viene per la cataratta. Pare appurato, in effetti, che la sola trabeculectomiariduca la pressione intraoculare più della chirurgiacombinata, e con minori complicazioni (Collignon-Brach e coll.). Per quanto riguarda la facoemulsificazione succes-siva alla trabeculectomia, invece, è dimostrato chequesta peggiora la pressione intraoculare nel 36%dei casi, percentuale che si riduce in maniera si-gnificativa (14%) se vengono utilizzate delle ap-plicazioni preventive di 5-FU al termine dell’in-tervento (Sharma e coll.).

L’intervento combinatoQuando dobbiamo decidere se eseguire una chi-rurgia combinata nei nostri pazienti affetti da ca-taratta e glaucoma (la cosiddetta faco-trabeculec-tomia), gli scopi che ci prefiggiamo sono due: mi-gliorare la vista e stabilizzare il glaucoma. I miglio-ramenti tecnologici e le continue modificazioni del-le tecniche chirurgiche ci hanno condotto, neglianni, a notevoli progressi nel successo e nella sicu-rezza della chirurgia combinata, incluso un più ra-pido recupero post-operatorio, che rende raggiun-gibili i nostri obiettivi.Le tecniche che utilizziamo per dilatare la pupilla, in-cluso lo stretching bimanuale illustrato in figura 1,ci consentono una chirurgia combinata di catarat-ta e glaucoma relativamente più semplice e sicura.Questi sono, a nostro avviso, i principali migliora-menti che hanno aumentato la sicurezza ed il suc-cesso della chirurgia combinata: Dimensioni dell’incisione nella chirurgia dellacataratta. La tecnica di facoemulsificazione e leIOL pieghevoli ci hanno consentito di ridurre inmaniera drastica le dimensioni della ferita chirur-gica dell’intervento di cataratta, che è diventatadi dimensioni simili o inferiori alle dimensioni ti-piche del flap nella trabeculectomia. Le mini-in-cisioni hanno consentito, fra l’altro, una signifi-cativa riduzione del rischio di emorragie intrao-peratorie.

Gestione della scarsa midriasi. Le tecniche oggi anostra disposizione per dilatare la pupilla, come lesfinterectomie, gli uncini per la retrazione dell’iride,lo stretching bimanuale o strumentale, hanno reso lachirurgia più sicura e relativamente più semplice.Inoltre, è appurato che l’applicazione intraopera-toria di Mitomicina C per limitare la fibrosi sotto-congiuntivale ha prodotto un migliore controllodella pressione oculare intraoperatoria a lungo ter-mine. Due differenti studi hanno dimostrato unchiaro beneficio con l’uso intraoperatorio della Mi-tomicina C nelle procedure combinate. Carlson eCohen, con i loro collaboratori, hanno confronta-to i valori tonometrici post-operatori in due grup-pi di pazienti in protocolli randomizzati. Un grup-po aveva ricevuto Mitomicina C durante l’inter-vento, il gruppo di controllo nessuna applicazione.In un follow-up medio di 12-20 mesi, i pazientiche avevano ricevuto Mitomicina C avevano valo-ri tonometrici significativamente più bassi e ri-chiedevano minori trattamenti terapeutici rispettoai gruppi di controllo (vedi la sezione “Per mag-giori informazioni”).Altri fattori vanno tenuti in considerazione. Un’at-tenta valutazione preoperatoria può rivelare carat-teristiche oculari che influenzano le decisioni ri-guardo la rimozione della cataratta e le possibilità disuccesso della chirurgia del glaucoma: • la mobilità della congiuntiva ed il luogo di una

pre-esistente bozza sono decisive per la scelta del-l’approccio chirurgico;

LA VOCE AICCER 3/2009 23

Figura 1. Le tecniche che utilizziamo per dilatare la pupilla, incluso lostretching bimanuale illustrato in questa immagine, ci consentono unachirurgia combinata di cataratta e glaucoma relativamente più sem-plice e sicura

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CHIRURGIA DEL GLAUCOMA

• l’ampiezza pupillare dopo l’instillazione di mi-driatici ci indicherà se saranno necessarie mano-vre di stretching intraoperatorio;

• l’eventuale lassità zonulare ci darà indicazionisulla scelta dell’opportunità o meno di impiantareuna IOL nel sacco capsulare.

Controversie correntiFra le varie tecniche oggi in uso per le procedurecombinate, vi possono essere controversie riguardola scelta dell’approccio più opportuno. Non vi è accordo unanime sul flap congiuntivale, sesia meglio quello con base al limbus o con base alfornice; se utilizzare uno o due siti; la concentra-zione ottimale e la durata dell’applicazione dellaMitomicina C. Le opinioni, inoltre, variano anche sulla “costru-zione”, forma e grandezza del flap sclerale, e sulla scel-ta delle lenti intraoculari, se siano meglio quelle insilicone o le lenti acriliche. Inoltre, i fautori della sclerectomia profonda e del-la viscocanalostomia hanno offerto motivazioni perconsiderare anche queste procedure “non-pene-tranti” per l’intervento combinato. Gianoli e colle-ghi hanno confrontato l’intervento combinato difacoemulsificazione e sclerectomia profonda con lafacoemulsificazione associata alla trabeculectomiastandard ed hanno dimostrato risultati simili intempi brevi sia nei recuperi visivi sia nella pressio-ne intraoculare post-operatoria. In uno studio retrospettivo, Gimbel ed i suoi col-laboratori hanno confrontato l’approccio in ununico sito con l’approccio in due siti distinti, in pa-zienti sottoposti a facoemulsificazione con visco-canalostomia. Hanno così riscontrato che la ridu-

zione della pressione intraoculare era stata otte-nuta solo in un limitato numero di pazienti, e conun breve follow-up!

Anticipare possibili complicanze Anche se i rischi associati ad un intervento di cata-ratta in pazienti glaucomatosi si sono ridotti, nonsono poche le complicanze che possono presentar-si per le procedure combinate (o sequenziali). Nella fase intraoperatoria, i problemi dovuti a gros-si nuclei, piccole pupille, scarso supporto zonulare,si presentano più frequentemente in occhi glauco-matosi, specie in quelli con pseudoesfoliatio. Nel po-st-operatorio, un persistente leakage corneale e/oipotonia possono portare a problemi come infezio-ni, distacco di coroide ed ipotalamia.Le emorragie coroideali tardive e l’aqueous misdi-rection possono determinare picchi pressori ed ipo-talamia. Anche un intervento di cataratta non com-plicato può causare fibrosi sottocongiuntivale e per-dita della bozza pre-esistente. La marcata ipotonia, associata a maculopatia, puòcomportare perdita della vista, mentre l’incidenzadi endoftalmite aumenta in caso di bozze con paretesottile.Restano alcuni punti interrogativi che possono es-sere spunti per future ricerche:• La trabeculectomia “da sola” è in grado di ridur-

re la pressione intraoculare più della facotrabe-culectomia?

• La facoemulsificazione può danneggiare bozzeben funzionanti?

• Una procedura in due fasi può ridurre la pres-sione intraoculare più di una procedura com-binata?

LA VOCE AICCER 3/200924

Possibili difficoltà e complicazioniRestano numerosi e gravi i rischi di complicazioni e le difficoltà che possono emergere durante le procedure chirurgiche dicataratta e glaucoma (combinate e sequenziali).

INTRA-OPERATORIE POST-OPERATORIE, PRECOCI POST-OPERATORIE, TARDIVEPupilla piccola Leakage della ferita “Blebite”, endoftalmiteRottura zonulare/capsulare Ipotalamia Perdita della bozzaOcchiello o lacerazione congiuntivale Aqueous misdirection Perdita della visione centraleEmorragia coroideale Emorragia coroideale MaculopatiaDisinserzione dello sportello sclerale Ipoema IpotoniaPerdita di vitreo Leakage della bozza Bozza sintomatica, bozza incapsulata

segue a pag. 27

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CHIRURGIA DEL GLAUCOMA

• Come andrebbe somministrata la Mitomicina C?• Quanto “aumenta” la progressione della catarat-

ta dopo la chirurgia del glaucoma?In conclusione, la migliore gestione per il tratta-mento dei pazienti con cataratta e glaucoma sem-bra non essere ancora del tutto risolta. Va tenuto benpresente, a nostro avviso, che l’intervento di cata-ratta da solo può essere di grande aiuto, specie neipazienti con glaucoma da chiusura d’angolo ed inquelli con pseudo-esfoliatio.Anche se la terapia per i pazienti con cataratta eglaucoma deve essere valutata in maniera “perso-nalizzata”, avere delle linee guida evidence-basedpuò darci utilissime indicazioni per ottimizzare lagestione di queste due comuni, spesso coesistenti,condizioni patologiche. In futuro, nuove procedu-re chirurgiche e nuovi farmaci immunomodulato-ri più efficaci e meno tossici potrebbero aumenta-re l’efficacia, e quindi le indicazioni, per una chi-rurgia combinata.

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LA VOCE AICCER 3/2009 29

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L’avvento del Laser a Femtosecondi ha sicura-mente rivoluzionato la chirurgia corneale nel-

l’ultimo decennio, e non solo. In questo articolo cioccuperemo di descrivere i vantaggi che questa tec-nologia, arrivata ormai alla V generazione, ha potu-to dare soprattutto alla chirurgia refrattiva.Il Femtolaser, nato soprattutto per la chirurgia re-frattiva e dei trapianti di cornea, sta trovando sem-pre maggior impiego nella chirurgia del cheratoco-no (tunnel per anelli intrastromali, tasca per il cross-linking corneale con Vit. B2) e in quella degli astig-matismi elevati (incisioni rilassanti). Inoltre, è ad-dirittura in sperimentazione nella chirurgia dellapresbiopia (tasca per impianti intrastromali - “mo-novisione”, incisioni intrastromali multifocali, o in-cisioni sulla lente cristallina aventi il ripristino del-l’attività accomodativa), della cataratta (tunnel, ca-psuloressi e facoframmentazione) e del glaucoma(fotoablazione della rete trabecolare, sclerectomiaprofonda non penetrante).I primi risultati sembrano molto incoraggianti ed ilprossimo futuro riguardo questa tecnologia conti-nuerà ad essere pertanto ricco di novità.Tornando al presente, l’ABBOTT®, dopo i prece-denti Femtolaser a 15 Khz, 30 Khz e 60 Khz, ha ap-pena messo appunto, con il passaggio dai 60 ai ben150 Khz, la nuovissima generazione (V) in ambitodi Laser a Femtosecondi.Ai già collaudati precedenti modelli, si aggiungonoalcune peculiarità che nell’insieme hanno ottimizzato

ancor più la qualità di questa tecnologia.I vantaggi che personalmente abbiamo riscontrato inchirurgia refrattiva, dopo essere passati dai 60 Khzai 150 Khz , sono stati soprattutto:a) Tempi di suzione minori. Il flap lineare genera-

to dal laser a Femtosecondi ha sicuramente rivo-luzionato la tecnica lasik, riducendone tra l’altroanche drasticamente le complicanze. Queste era-no per lo più dovute al microcheratomo e all’im-prevedibilità nella profondità del taglio da essoindotto. Oggi i rischi di letto residuo troppo sot-tile o irregolare, di free-cup, di botton-hole, conla riproducibilità del taglio lineare e ben control-lato del Femtolaser, sono pressoché inesistenti. Iprimi modelli di Laser a Femtosecondi impiega-vano tempi di suzione intorno al minuto per la

CHIRURGIA REFRATTIVAdi Luca Gualdi, Veronica Cappello, Massimo Gualdi

Vantaggi della nuova tecnologiaLaser Femtosecondi 150 Khzin chirurgia refrattiva

30 LA VOCE AICCER 3/2009

Figura 1. Impulsi per l’espansione del microplasma (range 6-14 micron)

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creazione delle microbolle all’interno del flap.Con il microcheratomo e il modello a 60 Khz siriesce ad ottenere una separazione del lembo intempi molto minori, con una suzione di circa 20-30 secondi. Con l’ultimo modello a 150 Khz, itempi si sono ulteriormente ridotti a 11-16 se-condi, con innumerevoli benefici soprattutto perciò che riguarda l’aumento della pressione in-traoculare (con tutti i rischi che possono da essaessere generati), il rischio di perdita di suzione eil discomfort del paziente.L’importanza dei tempi ridotti, inoltre sta nel fat-to che l’aumento dei tempi di suzione è diretta-mente proporzionale all’aumento della morte delnumero delle globet cells (cellule secernenti mu-cina), con conseguente aumento della secchezzaoculare post-operatoria.

b)Minor utilizzo di energia. La quantità di energiarichiesta per la fotoseparazione degli spazi nel-l’interfaccia con il Femtolaser a 150 Khz è sicu-ramente minore. Diminuendo la distanza tra gli

spot aumenterà il tempo di trattamento, ma verràrichiesta minor energia con una superficie stro-male più liscia (Figura 1).

La tabella 1 mostra come, per poter ottenere la crea-zione di un lembo e del side-cut con il 150 Khz, è suf-ficiente un’ulteriore riduzione del fabbisogno ener-getico (0.5-0.6 uJ).Anche questa caratteristica presenta innumerevolivantaggi tra i quali soprattutto una minor flogosipost-operatoria e una maggiore omogeneità del lem-bo e del letto stromale, con conseguente riduzione

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15 Khz 30 Khz 60 Khz 150 Khz

Energia Raster 2.0 uJ 1.1 uJ 0.7 uJ 0.5 uJ

Separazione spot 10/10 9/9 7/7 5/5

Energia Side-Cut 3.0 uJ 1.0 uJ 0.8 uJ 0.6 uJ

Tempo 59 sec. 36 sec. 28 sec. 11 sec.

Tabella 1. Evoluzione delle principali caratteristiche dei vari modellidi Intralase®.

Figura 2. Omogeneità della superficie del letto stromale dopo sollevamento del lembo corneale effettuato con Intralase® 150 Khz.

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CHIRURGIA REFRATTIVA

di cheratiti lamellari profonde (DLK) e di aberrazionidi alto ordine (HOA).Essa inoltre rende ulteriormente più facile per il chi-rurgo, lo scollamento del flap in sede intraoperato-ria e consente la riduzione della terapia steroidea nelpost-operatorio (Figura 2).c) Customizzazione del flap. Terza miglioria in or-

dine di importanza è, a nostro avviso, la possibi-lità di “customizzare” (=personalizzare) il flap.Innanzitutto, vi è la possibilità di creare un flapnon più solo circolare (Figura 3 A), ma anche el-littico (con diametro maggiore su asse orizzontale)(Figura 3 B).

Questo favorisce la biomeccanica della cornea cheanatomicamente ha sempre una distanza bianco-bianco maggiormente disposta in maniera orizzon-tale piuttosto che verticale. Ne beneficiano pertan-to anche le ablazioni con laser ad eccimeri di tipoastigmatico (soprattutto negli gli astigmatismi con-tro-regola). La creazione del flap ellittico, inoltre,muove la cerniera più in periferia, massimizzando co-sì il letto stromale, al fine di ottenere una ablazionepiù completa, con minori rischi di ablazioni perife-riche che possono terminare in parte sull’epitelio.Questo si può verificare se il diametro del flap nonè sufficientemente grande rispetto la porzione peri-ferica dell’ablazione (soprattutto nei trattamenti iper-metropici, oppure miopici con zona ottica e di tran-sizione molto larga, inevitabili a causa di pupille me-sopiche o scotopiche molto grandi, o in decentra-menti dell’ablazione rispetto al flap).La customizzazione della procedura inoltre riguardasia l’angolazione del flap (può variare fino a 150° in-

vertendo così l’angolazione di entrata: Figura 4 e 5) cheil posizionamento della cerniera. Essa può essere in-fatti creata in sede superiore, nasale o temporale (que-st’ultima, essendo il flap meno esposto a traumi, po-trebbe essere la procedura Intralasik di scelta per chipratica sport “a rischio” di dislocamento, che può av-venire soprattutto nelle prime settimane).Recentemente, Knorz MC ha dimostrato su occhi diconiglio mediante un tensiometro come il “side cutinverso” del 150 Khz generi una maggiore stabilitàbiomeccanica e tettonica, con superiore resistenzaai traumi, rispetto al 60 Khz e al microcheratomo.Oltre alle sovraelencate caratteristiche di miglior bio-meccanica, il flap costruito inversamente dovrebberidurre l’incidenza di ricrescita epiteliale nell’inter-faccia (epitelial ingrowth), che nel tempo può por-

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Figura 3a. Flap circolare. Figura 3b. Flap ellittico.

Figura 4. Ingrandimento di OCT Visante® sul “side-cut inverso”.

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CHIRURGIA REFRATTIVA

tare soprattutto ad un aumento delle aberrazioni dialto ordine, calo qualitativo e quantitativo del visuse conseguente necessità di risollevamento e rimo-zione chirurgica, anche a distanza di anni.d)Video touch-screen. In ultimo, la presenza di un

monitor accessorio di tipo touch-screen, posizionatodirettamente di fronte al chirurgo, con possibilitàdi visualizzare in maniera migliore e più direttal’immagine dell’applanazione sull’occhio del pa-ziente. Il microscopio viene così sostituito con unatelecamera ad alta risoluzione, che permette mag-giore visibilità durante tutte le fasi dell’intervento.

Sicuramente la tecnologia Laser a Femtosecondi,con il modello di V generazione a 150 Khz, non hafatto altro che migliorare ulteriormente un tipo dichirurgia già estremamente efficace ed affidabile. Ilfuturo ci riserverà senz’altro ulteriori novità sia incampo di chirurgia refrattiva, ma soprattutto in am-bito di cheratoplastica, cheratocono, astigmatismi ele-vati,e addirittura glaucoma, presbiopia e cataratta.

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33LA VOCE AICCER 3/2009

Figura 5. “Side cut inverso” a 120° (esame biomicroscopico)

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IntroduzioneLe lenti intraoculari (IOL) fachiche da camera an-teriore a supporto angolare godono, attualmente,di una scarsa considerazione. Tutti i modelli chesono stati impiegati fino ad oggi hanno dato im-portanti effetti collaterali, come ovalizzazioni pu-pillari, cataratta, perdita di cellule endoteliali, uvei-ti, dispersioni di pigmento ed altri gravi complicanzeresponsabili dell’espianto della IOL e di successiviinterventi riparatori dopo quattro cinque anni dal-l’impianto1,2,3,4. La decisione di effettuare la correzione della miopiamolto elevata è complessa e coinvolge il chirurgo edil paziente: pertanto trovare una lente fachica, faci-le da impiantare e che non provochi importanti com-plicanze post operatorie sia precoci sia tardive, è sem-pre stato un sogno per la chirurgia refrattiva. Quest’anno la lente fachica AcrySof® Cachet™ com-pie dieci anni dal primo impianto e non ha ancoradato effetti collaterali tali da dover essere espiantata.Forse Alcon® ha trovato una lente da camera ante-riore, AcrySof® Cachet™, facile da impiantare e suf-ficientemente sicura?

Caratteristiche tecnicheLe caratteristiche tecniche di AcrySof® Cachet™ so-no tali da favorire un impianto facile e sicuro; la len-te è iniettabile e monopezzo. Il materiale della len-te è acrilico idrofobico, come per le altri lenti in-traoculari prodotte da Alcon®, materiale noto datempo e di cui si conosce bene la biocompatibilità conl’occhio umano. L’ottica ha un diametro di sei mil-limetri e lunghezze variabili da 12.5 mm a 14 mm,

in step da 0.5 mm. Il range di correzione diottrica ècompreso tra -6 a -16.5 diottrie (D). La lente può es-sere iniettata attraverso un’incisione di 2.6 mm conil nuovo cartridge “P”. (Figura 1)

Selezione del pazienteQuando la correzione della miopia non può essereottenuta mediante procedure di fotocheratectomialaser, (PRK, LASIK, LASEK, Epi-LASIK), a causadi una pachimetria insufficiente, di una curvatura cor-neale troppo piatta o di una miopia troppo elevatain rapporto alla pachimetria, una ulteriore opzioneè rappresentata dall’impianto di lenti fachiche. La nuova lente fachica a supporto angolare Acry-

CHIRURGIA REFRATTIVA

AcrySof Cachet: il modo più semplicedi correggere la miopia elevata

LA VOCE AICCER 3/200934

di Simonetta Morselli e Antonio Toso

Figura 1. Disegno della lente

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Sof® Cachet™ prodotta da Alcon®, è in grado difornire una soluzione a tutti quei pazienti che vo-gliono liberarsi dalla dipendenza degli occhiali e del-le lenti a contatto provando un’esperienza visiva deltutto nuova.Qual è il profilo di un paziente candidato all’im-pianto di questa nuova lente fachica? Il paziente de-ve appartenere alla fascia di età in cui vi sia ancoraconservata la capacità accomodativa e comunquel’età deve essere superiore ai 21 anni. L’equivalentesferico miopico deve essere compreso tra -6 D e -16.50 D e la refrazione deve mantenersi stabile nel-l’arco di un anno, quindi con variazioni non supe-riori a 0.5 D. Esistono criteri di esclusione soggettivi per quantoriguarda la selezione del paziente: sono da escluder-si pazienti ipercritici, con aspettative non realisti-che, pazienti che praticano attività a rischio di trau-mi (sport, hobby, altro).I criteri di esclusione oggettivi (anatomo-clinici) sono: • una profondità della camera anteriore, incluso lo

spessore corneale, inferiore a 3.2 mm; • irregolare o anomala anatomia della camera an-

teriore; • patologie del segmento anteriore (glaucoma, pro-

cessi infiammatori, cataratta); • pupilla mesopica con diametro superiore a 7 mm; • un astigmatismo superiore a 2 D, oppure se su-

periore, un progetto post operatorio per la corre-zione dell’astigmatismo;

• una densità cellulare endoteliale adeguata per l’età,con coefficiente di variazione superiore al 45%(Tabella 1).

Sono da ritenersi fondamentali i seguenti esami dia-gnostici strumentali, in aggiunta ad una visita oftal-mologica completa con un’accurata refrazione e unacheratometria manuale (steep K e flat K):• pupillometria mesopica;• conta delle cellule endoteliali;• valutazione della profondità e del diametro della

camera anteriore misurati mediante IOL Master™

e ACOCT Visante™ (Figura 2).Dopo aver ottenuto tutti i dati e le misurazioni,questi vanno inseriti in un foglio elettronico di-

35LA VOCE AICCER 3/2009

Figura 2. Immagine visante della camera anteriore

Endothelial Cell DensityRequirements

Age Minimum Cell Density(cells/mm2)

21 - 25 2800

26 - 35 2600

36 - 45 2200

>46 2000

Tabella 1. Conta endoteliale in riferimento all’età

Figura 3. Foglio elettronico di calcolo

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CHIRURGIA REFRATTIVA

sponibile al sito dell’Alcon® (Figura 3):www.AcrySofphakiccalculator.comSubito dopo l’inserimento e l’invio dei dati, il sito in-via un foglio elettronico di risposta contenente ilpotere ed il sizing della lente da impiantare. Comesi può notare nell’ultima figura, la lente raccoman-data è sempre di lunghezza superiore al diametrodella camera anteriore di circa 1 mm (Figura 4).

Tecnica chirurgicaIl paziente va preparato un’ora prima con instillazionedi pilocarpina topica nell’occhio da operare. Nel no-stro centro preferiamo l’anestesia generale con ma-schera laringea, poiché questa procedura rende il pa-ziente, di solito giovane e ansioso, assolutamentetranquillo e immobile. Il chirurgo può eseguire il suo intervento in assolu-ta tranquillità e forse in minor tempo rispetto a quan-to potrebbe avvenire con il paziente sveglio, in ane-stesia topica. Non usiamo quasi mai la sedazionepoiché, se non è ben controllata, rende il paziente an-cor meno collaborante rispetto all’anestesia topica.

Per prima cosa si crea l’incisione principale di 2.6mm, si inetta quindi una farmaco ad azione mioti-ca per ottenere la massima miosi. Il secondo step èquello di iniettare un viscoelastico coesivo a basso pe-so molecolare con percentuale di acido ialuronico al-lo 0,85 %, partendo dalle ore sei e dall’angolo ca-merulare ed evitando il più possibile di far passare vi-scoelastico in camera posteriore. Il tipo di viscoela-stico che viene impiegato è studiato per permettereuna iniezione delicata della IOL e il suo correttoposizionamento; un viscoelastico più pesante po-trebbe ostacolare il posizionamento delle due loopdistali nell’angolo camerulare. Si esegue poi l’incisionedi servizio. La lente va caricata con le due loop in po-sizione di “tuffo” (Figura 5).Dopo aver posizionato la lente all’interno del car-tridge P con le pinze, si osserva sotto al microscopioche la stessa si pieghi in modo simmetrico e si spin-ge con la pinza la lente dentro al cartridge il più pos-sibile. L’ingresso del cartridge viene aiutato da unmanipolatore inserito attraverso l’incisione di ser-vizio (Figura 6).

36 LA VOCE AICCER 3/2009

Figura 4. Foglio finale di calcolo

Figura 5. Cartridge P e loop in posizione di tuffo

Figura 6. Inserimento con manipolatore

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CHIRURGIA REFRATTIVA

L’iniezione della lente avviene in modo molto lentoe preciso (Figura 7). Si lasciano le due loop distali aldi fuori dell’incisione, con un uncino si posiziona-no nell’angolo senza toccare il ponte centrale che èmolto rigido e trasmetterebbe la forza a tutta la len-te incurvandola e creando un contatto con l’endo-telio o le altre strutture (Figura 8).Si preferisce effettuare la rimozione del viscoelasti-co manualmente e in maniera passiva. Si inietta al-le ore sei BSS® e si lava la camera anteriore con unacannula da 27 G schiacciando il labbro sclerale del-l’incisione e facendo fuoriuscire il viscoelastico inmaniera passiva senza mai perdere volume in came-ra anteriore. Il viscoelastico viene lavato per almenodue-tre minuti (Figura 9).L’idrosutura delle incisioni, viene eseguita conBSS® e antibiotico per creare una barriera ai bat-teri (Figura 10).

RisultatiSono stati impiantati dieci occhi di cinque pa-zienti. L’età media dei nostri pazienti è di 36 an-ni. Il follow-up medio è di sei mesi. La lente ha ri-cevuto il marchio CE nel Marzo del 2009. Tutti ipazienti impiantati con lente fachica AcrySof® Ca-chet™ non hanno mostrato, fino ad oggi, eventi av-versi di alcun tipo.Il residuo ametropico medio, nella nostra serie, risultaessere pari a -0,50 D di sfero equivalente. Tutti i pa-zienti hanno guadagnato almeno una linea di Snel-len nell’acuità visiva corretta, con visus naturale pa-ri almeno a 9/10. La distanza endotelio-IOL mediaè pari a 1,98 mm e la distanza del piatto della IOLdal cristalloide risulta di 0,88 mm. La conta endo-teliale media post- operatoria dopo sei mesi è pari a2400 cell/mmq che risulta essere pari alla perditaendoteliale acuta del 3 %.

37LA VOCE AICCER 3/2009

Figura 7. Iniezione della lente Figura 8. Inserimento della loop

Figura 9. Lavaggio del viscoelastico Figura 10. Idrosutura

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CHIRURGIA REFRATTIVA

ConclusioniLa nuova lente AcrySof® Cachet™ si è dimostratasicura ed efficace nel correggere le miopie molto ele-vate. È importante rispettare i criteri di selezione delpaziente e sottoporre il paziente ad un attento followup. Abbiamo inserito questo tipo di lente fachicanella nostra pratica clinica quotidiana per la corre-zione delle miopie elevate poiché abbiamo valutatoattentamente i risultati e il follow-up di più di die-ci anni. Attualmente, AcrySof® Cachet™ è la len-te fachica che ci ha dato i migliori risultati post-ope-ratori con relativa facilità d’impianto e senza la ne-cessità di effettuare un’iridectomia.

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38 LA VOCE AICCER 3/2009

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Il trapianto di cornea rappresenta il più vecchio, ilpiù comune e forse il più efficace trapianto di tes-

suto. Attualmente, nel mondo, si eseguono più di100.000 trapianti di cornea all’anno. Si tratta di unaprocedura sicura, associata ad un basso tasso di mor-bilità. Numerose sono le patologie corneali che so-no causa di cecità se non operate di trapianto di cor-nea. Tra queste il cheratocono rappresenta la primacausa di trapianto di cornea in tutto il mondo occi-dentale1.Quando si parla di trapianto di cornea, si intendenormalmente l’intervento di tipo perforante, cheviene eseguito in condizioni random, senza tipiz-zazione del donatore e del ricevente. I rischi di ri-getto sono contenuti, perché la cornea è priva di va-si sanguigni. Secondo i dati della letteratura la per-centuale complessiva di sopravvivenza della corneatrapiantata è di circa il 90% a un anno, 74% a 5 an-ni, 62% dopo 10 anni. Nel caso di occhi “ad altorischio”, che presentano neovascolarizzazione cor-neale, infiammazione, o un deficit del limbus, la per-centuale di sopravvivenza del lembo a 10 anni èinferiore al 35%2-3. Questi dati sono simili alle per-centuali di successo del trapianto di rene, un orga-no vascolarizzato. La causa più frequente di falli-mento della cheratoplastica perforante è il rigettoimmunologico, seguito dallo scompenso tardivoper esaurimento del lembo4.Per tutte queste problematiche nel tempo si è svi-luppato un notevole interesse verso la cheratoplasti-ca lamellare, con lo scopo di sostituire solo gli stra-

ti patologici di una cornea alterata, lasciando intat-te le strutture sane. Rispetto alla cheratoplasticaperforante la lamellare nel cheratocono presenta al-cuni vantaggi: la conservazione dello strato endote-liale corneale, incidenza di rigetto pressoché nulla, conconseguente terapia postoperatoria ridotta ed as-senza di rischio per ipertono e cataratta. È una chi-rurgia a bulbo chiuso, quindi a minor rischio e sen-za necessità di una anestesia generale. A tutto ciò siaggiunge la più facile reperibilità di tessuti idoneinon essendoci la pregiudiziale della qualità endote-liale del donatore.L’uso del laser ad eccimeri per modellare la cornea èstato il più grande passo avanti nel campo della chi-rurgia rifrattiva. I laser ad eccimeri appartengono algruppo dei laser a radiazioni ultraviolette che pro-ducono lunghezze d’onda brevi, comprese tra i 150ed i 300 nm. Il termine “eccimeri” deriva dall’acro-nimo dei termini inglesi “excited dimers”, cioè dimerieccitati. I dimeri sono molecole biatomiche forma-te da un gas nobile ed un alogeno che se sottopostiad una scarica elettrica vengono eccitati ed emetto-no energia (radiazione laser). L’energia fotonica del-la radiazione è in grado di scindere i legami carbo-nio a livello corneale: la rapida successione degli im-patti determina la fotoablazione del tessuto cornea-le. Il tessuto così ablato è altamente definito e pre-ciso. L’ablazione chirurgica della cornea con laser adeccimeri è solitamente usata per correggere i difettirifrattivi, rimuovere opacità corneali e regolarizzarela superficie corneale. Pertanto con l’avvento del la-

CHIRURGIA DELLA CORNEAdi Leopoldo Spadea e Arianna Fiasca

Cheratoplastica lamellarenel cheratocono e laserad eccimeri

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ser ad eccimeri si è pensato di sostituire il micro-cheratomo con questo tipo di strumento per pre-parare il letto ricevente nell’esecuzione di una chi-rurgia lamellare.La cheratoplastica lamellare con impiego di laser adeccimeri nel trattamento del cheratocono è una pro-cedura nata negli anni ’90, basata su precedenti espe-rienze con l’epicheratoplastica5,6. Le indicazioni sonocostituite da cheratocono dal 1° al 3° stadio con pa-chimetria minima superiore a 350 μm, pazienti convisus corretto inferiore a 5/10 non migliorabile odintolleranti all’uso delle LaC, presenza di opacità cor-neali superficiali ed assenza di strie profonde7. La tecnica di cheratoplastica lamellare a spessori dif-ferenziati con laser ad eccimeri (ELLK) consente diottenere una cornea di uno spessore adeguato (> 500 µm) ed di morfologia regolare con normalivalori cheratometrici (< 50 D). Questa tecnica pre-senta caratteristiche di semplicità e sicurezza: in mo-dalità PTK il laser ad eccimeri lavora la superficie cor-neale del ricevente fotoablando il tessuto centrale(7-8 mm) della cornea superficiale, proteggendo laperiferia corneale con una maschera diaframmata.La profondità di ablazione è impostata in modo ta-le da lasciare circa 200 μm di spessore corneale al pun-to più sottile, lasciando una superficie ottimale (lastessa delle procedure di PRK e LASIK) senza indurrealcun mutamento endoteliale. Successivamente, vie-ne creata una tasca periferica e posizionata sul lettodella cornea ricevente la lamella del donatore, di dia-metro maggiore, che viene adeguatamente suturata.Nella nostra esperienza, che è stata pubblicata di re-cente su Journal of Cataract and Refractive Surgery,la ELLK presenta evidenti vantaggi dal punto di vi-sta anatomico e funzionale, anche se in alcuni casisono emersi alcuni problemi8. Dopo l’intervento,l’acuità visiva in alcuni pazienti ha mostrato un mi-glioramento abbastanza lento ma progressivo, co-munque con un risultato finale molto soddisfacen-te. Il recupero visivo tardivo osservato potrebbe es-sere imputato a diversi fattori: 1) la presenza di una lieve opacità dell’interfaccia

lembo-letto;2) la bassa capacità di colonizzazione da parte dei

cheratociti dell’ospite dei lenticoli disidratati ereidratati;

3) la formazione di piccole pieghe a livello del letto

ricevente scaturite da tensioni meccaniche eser-citate sulla lamella o dalla non perfetta raccorda-tura tra donatore e ricevente o dalla sutura. Per-tanto abbiamo ipotizzato che se fossimo stati aiu-tati dalla customizzazione tra donatore-riceventesi sarebbe potuto ottenere un miglioramento spon-taneo e progressivo dei risultati. È infatti possibi-le che le alterazioni a carico dell’interfaccia possanopregiudicare in modo non prevedibile, in alcunicasi anche in maniera evidente, la qualità ottica deltrapianto, compromettendo almeno in parte il re-cupero visivo dei pazienti.

L’introduzione di un laser ad eccimeri di nuova ge-nerazione che utilizza un programma di ablazione cu-stomizzato ha consentito l’esecuzione di ablazionicorneali personalizzate, con la possibilità di realizzarenella stessa cornea rimozioni ablative di profonditàvariabile, pianificate in relazione alle diverse morfo-logie od aberrazioni corneali. L’idea dell’ablazionecustomizzata è stata sviluppata a metà degli anni ’90ed è stata applicata di recente alla cheratoplastica la-mellare con il proposito di migliorare la tecnica chi-rurgica e i risultati delle precedenti procedure ELLK. La cheratoplastica lamellare eseguita con laser a ec-cimeri a guida pachimetrica (CLAT, Corneal La-mellar Ablation for Transplantation) è una tecnicaconcepita con lo scopo di ripristinare un gradientepachimetrico corneale normale, per mezzo di di-spositivi che forniscono mappe corneali pachime-triche e altimetriche anteriori e posteriori. Per que-sta tecnica viene utilizzata una particolare piat-taforma di chirurgia rifrattiva, ovvero un sistema in-tegrato di apparecchiature e software dedicati a per-sonalizzare la chirurgia rifrattiva e terapeutica se-condo le necessità uniche ed individuali di ciascunpaziente (iVIS Suite, Ligi, Taranto, Italia). Questosistema è costituito da una laser ad eccimeri ad al-ta frequenza (iRES 1000 Hz), da un tomografoScheimpflug (Precisio) e da un pupillometro di-namico (pMetrics)9.La CLAT è un processo chirurgico che si svolge intre fasi, con l’obiettivo di creare un sottile letto ri-cevente di spessore uniforme ed una lamella del do-natore sagomata ad-hoc. La prima è la preparazionedel lembo donatore, la seconda è l’ablazione del ri-cevente e la terza è la apposizione del donatore sul let-to ricevente.

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CHIRURGIA DELLA CORNEA

La cornea del donatore, precedentemente punzo-nata (9 – 9.5 mm), viene preparata posizionandolasu uno speciale supporto concavo con l’endoteliorivolto in alto. Con il laser si riduce lo spessore del-la cornea in modo uniforme con una prima abla-zione transendoteliale; successivamente la cornea siposiziona su un supporto convesso con il versante epi-teliale in alto e viene realizzata una sella sui 360° diprofondità e larghezza prestabiliti. La fotoablazionelaser modellerà, così, la cornea del donatore con undiametro uguale, o più ampio di 0.25 mm, a quel-lo del letto ricevente.A differenza della ELLK la CLAT è in grado di ri-muove le irregolarità pachimetriche della cornea af-fetta da cheratocono del ricevente, che viene cosìpreparata a ricevere una lamella conformata di spes-

sore uniforme. Il letto corneale ricevente viene rea-lizzato grazie all’utilizzo di una mappa pachimetri-ca tridimensionale con il fine di realizzare uno spes-sore uniforme, di 180 – 200 μm. Tale letto residuosarà paragonabile ad una membrana che non possiederigidità trasversale e che, quindi, si autoposizionalungo superfici isostatiche tali da eliminare le defor-mazioni indotte dal cono (Figura 1). L’ablazione cu-stomizata della cornea ricevente viene eseguita inanestesia topica con modalità transepiteliale utiliz-zando una maschera diaframmata (da 7.5 a 9 mm didiametro) per ottenere bordi di ablazione verticali eregolari. La terza fase dell’intervento prevede, in anestesia pe-ribulbare, la creazione di una tasca lamellare profon-da circa 2.5 mm lungo l’intera circonferenza del let-

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Figura 1. Schema del principio di trattamento CLAT per il ricevente (si-nistra) e per il donatore (destra).

Figura 2. F.D. 21 anni, immagine clinica a 2 mesi dall’intervento CLAT.

Figura 3. P.S. 26 anni, immagine clinica a 18 mesi dall’intervento CLAT. Figura 4. Immagine tomografica dell’altimetria anteriore preoperato-ria (in alto a destra), a 12 mesi dall’intervento (in basso a destra) e dif-ferenziale delle due (sinistra) di un trattamento CLAT per cheratocono.

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CHIRURGIA DELLA CORNEA

to ricevente, mediante un tagliente tipo disk knife,nella quale viene inserito il lenticolo corneale do-natore di diametro di 9 – 9.5 mm e di spessore me-dio di 380 μm. Il lenticolo viene posizionato sul letto ricevente uti-lizzando inizialmente 4 punti di sutura in nylon10/0 nei 4 punti cardinali e poi attraverso una suturaa 16 punti staccati in nylon 10/0. Dopo la regola-zione intraoperatorie della sutura sotto controllocheratoscopico, la procedura chirurgica è completatacon l’applicazione di una lente a contatto morbidaterapeutica e l’instillazione di colliri antibiotici e lu-brificanti. A riepitelizzazione completa (5 - 7 gior-ni) si utilizzeranno colliri corticosteroidi (fluorme-tolone 0.2 %) per circa 30 giorni e successivamen-te scalati nel giro di 2 settimane. La rimozione deipunti di sutura avviene in maniera selettiva, in rap-porto alla tensione (lassi, troppo tirati) ed all’astig-matismo indotto (dati topografici) (Figura 2). Nelgiro di 6 – 12 mesi possono essere eliminati del tut-to (Figura 3).Presso la nostra Clinica Oculistica dell’Ospedale SanSalvatore – Università di L’Aquila, dopo un’espe-rienza di 6 anni di utilizzo della ELLK standard sucirca 80 occhi affetti da cheratocono, negli ultimi 4anni i risultati ottenuti su circa 60 pazienti sottopostia cheratoplastica lamellare con tecnica CLAT per iltrattamento del cheratocono sono stati molto po-sitivi. Il dato UCVA medio postoperatorio a 2 an-ni è stato pari o maggiore di 3/10 nel 54.5 % deicasi, con una BCVA pari o superiore a 8/10 nel90.9% dei casi. L’astigmatismo è migliorato dopo l’intervento pas-sando da un valore medio preoperatorio di 5.78D a 3.36 D a 2 anni dall’intervento, con patternstopografici classificati come regolari nel 72.7% deicasi (Figura 4). Inoltre non è stata riscontrata alcuna differenza si-gnificativa nei valori della conta endoteliale né del

coefficiente di variazione nel confronto tra il pree postoperatorio10.È possibile concludere che il trapianto lamellare dicornea customizzato a guida pachimetrica con laser adeccimeri ad alta frequenza rappresenta una tecnica si-cura ed efficace per il trattamento dei casi di cherato-cono di lieve e moderata entità, tale da poter essere con-siderata una valida e di relativamente facile esecuzio-ne alternativa alla cheratoplastica perforante.

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Il primo esempio di Cross-Linking in medicina ri-sale agli anni ’70 ed è di pertinenza odontoiatrica,

usato nella ricostruzione dentale, e si trattava di unCross-Linking fisico dovuto a raggi UV. Altri tipi diCross-Linking conosciuti sono quello chimico datodalle aldeidi o dagli zuccheri, enzimatico dovuto al-la lisil-ossidasi e fotoossidativo, operato dall’intera-zione delle radiazioni UVA con sostanze chimichecome la riboflavina (vit. B2). In oculistica si incomincia a parlare di Cross-Linking nel1995, e i primi dati clinici vengono pubblicati all’ini-zio degli anni 2000 da Wollensak e Seiler riguardo al-l’uso del Cross-Linking per la terapia del cheratoconoevolutivo.Ai loro studi sono poi seguiti quelli del Prof. Caporos-si (Università di Siena), che hanno permesso una stan-dardizzazione della tecnica e un affinamento della stru-mentazione utilizzata. Per ottenere l’effetto Cross-Linkingall’interno dello stroma corneale bisogna infatti attiva-

re una soluzione composta da Riboflavina fosfato al-lo 0,1% e Destano T500 al 20% con una radiazioneUVA a 370 nm con una potenza di 3mW/cm2. Conquesti parametri, dopo aver imbibito lo stroma cor-neale per 15 minuti e avendolo irradiato per 30 minuti,si ottiene un Cross-Linking delle fibre collagene a cir-ca 300 micron di profondità stromale, che si è dimo-strato in grado di rallentare, e in molti casi anche di bloc-care del tutto, l’evoluzione del cheratocono.Grazie ai lavori pubblicati da Wollensak, Seiler, Ca-porossi e Vinciguerra, si è inoltre potuto codificare icriteri di inclusione e di esclusione della tecnica inquestione (Figura 1).Il primo e più importante è che le cornee dei pazienti,al momento del trattamento, devono necessariamenteessere spesse almeno 400 microns. Altri parametri da va-lutare sono la stadiazione di Krumeich, gli indici topo-grafici e l’eventuale presenza di opacità corneali e/o distrie di Vogt nello stroma.

CROSS-LINKINGdi Edoardo Stagni e Massimo Filippello

Il Cross-Linking: sintesi sulla ricercadi ieri, di oggi e di domani

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Figura 1. Criteri di inclusione Figura 2. Ricrolin e Vega CBM X-Linker

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La tecnica prevede la disepitelizzazione della cornea,seguita da un’imbibizione dello stroma così esposto,per circa 15 minuti, con la soluzione di Riboflavina-Destrano (Ricrolin®, CE Marked). Il passaggio suc-cessivo è rappresentato da 30 minuti di irradiazionedello stroma con UVA (Vega CBM X-linker®) (Fi-gura 2), divisi in 6 steps da 5 minuti ciascuno, durantei quali la cornea viene periodicamente (ogni 3-5 mi-nuti) bagnata con il Ricrolin, per favorire la protezionedai raggi UV dell’endotelio corneale, del cristallino edella retina (Figura 3). Se il laser ha la fondamentale fun-zione di attivare la Riboflavina, mediante la rottura del-la catena di ribitolo presente nella struttura della Vit. B2,il Ricrolin ha tre importanti attività: permette infatti diconcentrare la radiazione UV entro i primi 300 mi-cron dello spessore corneale, funge da agente fotosen-sibilizzante per le specie reattive dell’ossigeno, permet-tendo così la formazione dei legami Cross-Linking frale fibre collagene, ed infine è una barriera protettivacontro gli UV per l’endotelio corneale, per il cristalli-no e per la retina. Il periodo post operatorio dei pa-zienti che hanno subito il trattamento di Cross-Linkingè abbastanza simile a quelli che si sono sottoposti ad in-tervento rifrattivo PRK, in quanto la cornea disepite-lizzata viene coperta con una lente a contatto, che verràrimossa dopo 3-4 giorni, a riepitelizzazione ultimata. Du-rante questi giorni però i pazienti avvertono una sen-sazione di fastidio/dolore a causa proprio della ricre-scita dell’epitelio corneale, seguita da un periodo va-riabile di sensazione moderata di occhio secco per lalesione che si crea alle terminazioni nervose intrastro-mali, e comunque lamenteranno un abbassamento delvisus per i primi tre mesi dal trattamento. Questo è

probabilmente dovuto al rimaneggiamento che si hasia a livello epiteliale che nello stroma corneale, nel qua-le il trattamento ha provocato la formazione di un mo-desto edema, stimolato l’apoptosi dei cheratociti e laformazione di nuovi e più forti legami Cross-Linking frale fibrille di collagene. Tutto ciò porta ad un necessarioperiodo, di almeno 3 mesi, durante il quale la cornea tro-va un nuovo equilibrio architettonico, che la porta adessere più simile ad una cornea non affetta da cherato-cono. Per questo motivo, dopo i primi 3 mesi, il pa-ziente riferisce un miglioramento progressivo del visusnaturale e corretto, pur non essendo il Cross-Linking unatecnica rifrattiva, ed anche i dati topografici conforta-no l’oculista in quanto mostrano una riduzione dell’a-stigmatismo irregolare ed un miglioramento generale deivari indici topografici propri del cheratocono.Il follow up dei primi pazienti trattati ha ormai rag-giunto i 6 anni, e non sono mai stati pubblicati lavoririguardanti la necessità di reintervenire con un’altra se-duta di Cross-Linking per una ripresa della patologia.Inoltre la comunità scientifica, sensibilizzata dalle po-tenzialità terapeutiche del Cross-Linking, lo ha studia-to per la cura di altre patologie della superficie cornea-le, come le ectasie post LASIK, le ulcere corneali, e si stan-no anche sperimentando interventi di Cross-Linkingsclerali per cercare di rallentare la crescita della miopia.Contemporaneamente a queste nuove vie di utilizzo delCross-Linking, però, la ricerca si è anche posta il problemadi riuscire ad allargare il range di pazienti con cherato-cono eleggibili al trattamento, e di migliorare la com-pliance di tutti i soggetti che si sottopongono alla cura.Cheratoconi con uno spessore corneale inferiore a 400micron, oppure individui particolari come i soggetti af-

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Figura 3. Intervento Figura 4. Corneal Silicon Ring

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CROSS-LINKING

fetti da Trisomia 21 o bambini sotto i 10 anni, finorasono infatti risultati al di fuori o ai margini dei criteridi inclusione al trattamento. Per loro, ma anche per chinon può permettersi un peggioramento del visus, sep-pure per pochi mesi, si è cercato di sviluppare una tec-nica transepiteliale, modificando alcuni parametri so-prattutto riguardo alla sostanza utilizzata e alla proce-dura da eseguire. Dopo varie sperimentazioni si è infattiriusciti a legare un carrier alla soluzione di Riboflavina-Destrano, che permetta alla Vit. B2 di passare attra-verso la barriera epiteliale e le giunzioni intercellulari, la-sciando però vitali le cellule, e ciò ha portato alla bre-vettazione e registrazione CE del composto, chiamatoRicrolin TE. La tecnica del trattamento è chiaramentedifferente da quella dell’intervento con disepitelizza-zione, in quanto non essendo invasiva può essere ese-guita al di fuori della sala operatoria e non richiede l’u-tilizzo del blefarostato, in quanto basta utilizzare unCorneal Silicon Ring, che mantiene aperte le palpebre,protegge le cellule del limbus corneale dai raggi UVA epermette di mantenere la riboflavina a contatto della cor-nea per un tempo maggiore che col blefarostato; inol-tre risulta più confortevole per il paziente (Figura 4). Le differenze maggiori tra transepiteliale e Cross-Linkingtradizionale (disepitelizzato) si hanno nel post tratta-mento, che risulta per il paziente assolutamente asin-tomatico (tranne nelle prime 12 ore una modesta ipe-remia congiuntivale), senza più dover applicare la LAC,senza rischi di infezioni iatrogene (la cui percentuale èrisultata comunque bassissima anche con la tecnica con

disepitelizzazione) e soprattutto senza il peggioramen-to dell’acuità visiva nei primi 3-4 mesi dal trattamen-to. In genere, grazie alla conservazione dell'integritàdell' epitelio i miglioramenti topografici sono visibili en-tro 2 – 3 mesi anche se non è ancora chiaro se il tratta-mento è in grado di stabilizzare la cornea come avvie-ne con il Cxl con disepitelizzazione.Con la tecnica transepiteliale è possibile trattare chera-toconi con spessore corneale inferiore a 400 micron(comunque superiore a 360 micron), oppure bambinisotto i 10 anni o con patologie correlate che ne rendo-no maggiormente delicata la gestione intra e post ope-ratoria (Figura 5). Le prime evidenze cliniche riguardantiil Cross-Linking transepiteliale su circa 40 pazienti af-fetti da cheratocono e non rientranti nei criteri di in-clusione per la tecnica con disepitelizzazione sono in-coraggianti, avendo in tutti ottenuto un arresto della cre-scita della patologia ancora a un anno dal trattamento,ma sarà necessario aspettare i risultati degli studi che at-tualmente vengono condotti presso l’Università di Sie-na dal Prof. Caporossi e collaboratori, dal Dott. Vinci-guerra e collaboratori presso il Centro Humanitas di Roz-zano (MI) e dagli altri Centri che si aggiungeranno inseguito, per comprendere meglio i vantaggi e i limiti diquesta nuova tecnica, standardizzarne la metodica di trat-tamento, capire quali pazienti potranno trarne mag-gior beneficio e gli eventuali sviluppi futuri per la tera-pia di altre patologie oculari.

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Figura 4. Corneal Silicon Ring