Ai cambiamenti, all’autunno, alle parole non all’ giorni d ... · tecnologia in continua...

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1 A mia madre e allo splendido rapporto che, con fatica, insieme, abbiamo costruito A mio padre per i sorrisi e le parole silenziose A mia sorella per le notti insonni passate a parlare e a ridere a crepapelle Ai cambiamenti, all’autunno, alle parole non dette, all’odore dei vestiti degli altri, agli sguardi tra sconosciuti, ai giorni tristi, ai passanti che sorridono, ai bambini, al sole nei giorni d’inverno, ai ricordi delle canzoni

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1

A mia madre e allo splendido rapporto che, con

fatica, insieme, abbiamo costruito

A mio padre per i sorrisi e le parole silenziose

A mia sorella per le notti insonni passate a

parlare e a ridere a crepapelle

Ai cambiamenti, all’autunno, alle parole non

dette, all’odore dei vestiti degli altri, agli

sguardi tra sconosciuti, ai giorni tristi, ai

passanti che sorridono, ai bambini, al sole nei

giorni d’inverno, ai ricordi delle canzoni

2

“I grandi cambiamenti storici, quelli che alterano in

modo radicale il modo in cui pensiamo e agiamo , si

manifestano impercettibilmente nella società; fino a

quando un bel giorno, all’improvviso, tutto quello che

conosciamo diventa obsoleto e ci rendiamo conto di

vivere in un mondo completamente nuovo.”

Jeremy Rifkin, L’era dell’accesso

3

INDICE

INTRODUZIONE

1. Il medium è il messaggio

2. Temperatura dei giornali online, concetto di ri-mediazione

CAPITOLO 1

1. Breve storia del giornalismo online

1.1 La storia americana

1.2 La storia italiana

1.3 La New Economy e la speculazione in borsa

1.4 I tentativi di uscire dalla crisi e la maturità del web

2. Repubblica.it

CAPITOLO 2

La carta stampata

1. I tempi dell’editoria giornalistica

4

2. La negoziazione giornalistica

3. La crisi del giornalismo

CAPITOLO 3

I giornali online

1. Consumi mediatici in numeri

2. Giornali online, multimedialità e crossmedialità

3. Forme di finanziamento dei giornali online

3.1. Paywall, premium o “tutto free”?

3.2. Crowndfunding

4. Citizen journalism

5. Giornali online e social network

CAPITOLO 4

Il caso studio: BrindisiReport.it

1. Come nasce BrindisiReport.it

2. Un viaggio chiamato vita: le differenze tra la carta stampata

e il giornale online.

3. L’interazione con l’utente e le forme di giornalismo

partecipativo

5

4. La legislazione italiana e i giornali online, un mondo da

scoprire.

NOTA METODOLOGICA

CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

6

INTRODUZIONE

1. Il medium è il messaggio

“In una cultura come la nostra, abituata da tempo a frazionare e dividere ogni cosa

al fine di controllarla, è forse sorprendente sentirsi ricordare che, per quanto

riguarda le sue conseguenze pratiche, il medium è il messaggio. Che in altre

parole le conseguenze individuali e sociali del medium, cioè di ogni estensione di

noi stessi, deriva dalle nuove proporzioni introdotte nelle nostre questioni

personali da qualcuna di tali estensioni o da una nuova tecnologia”1.

Queste parole di McLuhan, tratte da una delle sue opere più importanti, gli

strumenti del comunicare, ci restituiscono una visione lucida di una realtà e di una

tecnologia in continua evoluzione. La grandezza di questa riflessione sui media

sta nel sottolineare la forza della tecnologia come estensione del nostro corpo, dei

nostri sensi, delle nostre funzioni cerebrali, ed il potere di cambiamento che

questa constatazione porta con sé. Gli anni in cui McLuhan scrive il suo saggio

sono gli anni dell’esplosione di tecnologie come la televisione che

rivoluzionarono completamente le abitudini e la cultura delle comunità. Un

processo simile di cambiamento e sconvolgimento degli schemi, dei tempi e degli

spazi è quello a cui stiamo assistendo con la rivoluzione del web 2.02, con quella

che Rifkin definisce l’era dell’accesso3, in cui la società è dominata dai network e

dell’accesso alle informazioni. Si passa dal prevalere della proprietà privata e la

libertà individuale, al dominio dei fattori immateriali, delle reti impersonali,

dell'accesso a conoscenze, idee ed esperienze fondamentali.

Il punto sul quale è necessario fissare l’attenzione per poter comprendere il senso

di questo lavoro, è il concetto di medium come strumento di trasformazione e

1 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, trad. it., Milano, il Saggiatore, 1967, p. 15

2 Di Bari, V., a cura di, Web 2.0: internet è cambiato, e voi?- i consigli dei principali esperti italiani ed

internazionali per affrontare le nuove sfide, Il sole 24 ore, 2007 3 Rifkin, J., L’era dell’accesso, la rivoluzione della new economy, Milano, Mondadori, 2000

7

innovazione delle proporzioni, dei ritmi e degli schemi dei rapporti umani, perché

in qualche maniera è lo strumento, il mezzo, il medium, che modifica le forme

dell’agire umano4. Questo processo è ancora più evidente se la nostra attenzione si

focalizza sul giornalismo e sui processi di mutamento innescati dall’innovazione

apportata dal computer, dal web e dai supporti mobili. Il trasferimento di “mezzo”

che il giornalismo ha dovuto affrontare sta modificando i tempi e gli spazi

dell’agire umano. Gli aggiustamenti, gli assestamenti, in atto nel giornalismo, a

livello di scrittura, di organizzazione del lavoro e di pubblico, non sono altro che

la ricerca di un nuovo equilibrio tra i sensi estesi. Estensione, questa, prodotta

dalle nuove tecnologie messe a disposizione dal web 2.0. “A seconda del senso

che si estende o si autoamputa mediante la tecnologia, è abbastanza prevedibile la

chiusura o la ricerca di un nuovo equilibrio tra gli altri sensi. [...] In quanto

estensione e accelerazione della vita sensoriale, ogni medium influenza

contemporaneamente l’intero campo dei sensi.[...] L’uomo è perpetuamente

modificato dall’uso normale della tecnologia (o del proprio corpo variamente

esteso) e trova a sua volta modi sempre nuovi per modificarla”5. Ed ancora “l’uso

di un qualunque medium, o estensione dell’uomo, altera gli schemi di

interdipendenza tra le persone come altera i rapporti tra i sensi.[...] tutte le

tecnologie sono estensione del nostro sistema fisico e nervoso per aumentare il

potere e la velocità. Se non ci fossero questi aumenti di potere e velocità, non ci

sarebbero, o verrebbero eliminate, le nuove estensioni di noi stessi. Un simile

aumento in un qualunque gruppo comunque composto, è infatti una spaccatura

che provoca un mutamento dell’organizzazione.”6

Questo non significa ignorare i contenuti della comunicazione, ma porli alla fine

di un processo di mutamento che parte dallo strumento, per poter, così,

comprendere a pieno i potere coercitivo del medium, convinti del fatto che questi

mutamenti facciano parte di quel processo più esteso e profondo di liquefazione

della modernità di cui parla Bauman7. L’utilizzo di mezzi diversi produce

messaggi e prodotti diversi e, quindi, anche ambiti di consumo diversi, ed è

4 Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., p. 16

5 Ivi, pp. 54-55-56

6 Ivi, p. 99

7 Bauman, Z., Modernità liquida, Roma Bari, Ed. Laterza, 2002

8

proprio qui, nell’attività di consumo, che si materializza il potere coercitivo del

mezzo che contribuisce a liquefare la modernità. Questa transizione sociale e

culturale dallo stato solido a quello liquido nasce dall’abbattimento di tutti gli

impedimenti e ostacoli sospettati di limitare la libertà individuale di scegliere e

agire. Si è passati dalla fedeltà alla tradizione al dominio della razionalità

strumentale e del ruolo predominante dell’economia, i corpi solidi che si sono

liquefatti sono i legami che trasformano le scelte individuali in azioni collettive “i

modelli di comunicazione e coordinamento tra politiche di vita condotte

individualmente da un lato e le azioni politiche della collettività umana dall’altro

[...] stiamo attualmente passando dall’epoca dei gruppi di riferimento preassegnati

a quella del raffronto universale. [...] Oggigiorno modelli e configurazioni non

sono più dati, e tanto meno assiomatici; ce ne sono semplicemente troppi, in

contrasto tra loro ed in contraddizione nei rispettivi comandamenti, cosicché

ciascuno di essi è stato spogliato di buona parte dei propri poteri di coercizione”8.

Ciò di cui si parla qui non sono che quelle “ricette”9, per dirla come Berger e

Luckmann, che fungono da libretto di istruzione per un vivere sociale, che

permettono a noi tutti di affrontare i problemi di ordinaria amministrazione con

cui dobbiamo confrontarci ogni giorno. Queste “ricette” formano il bagaglio di

conoscenze socialmente condivise del quale ogni individuo fruisce nella sua

esistenza all’interno della “realtà della vita quotidiana”. Esse potrebbero essere

paragonate a quella che Richard Sennet chiama “routine”10

, prendendo in

considerazione le idee contrapposte del pensiero di Diderot e di Smith,

concludendo alla fine che la routine può disgregare ma anche proteggere.

L’intento dunque di questo lavoro è studiare gli assestamenti dovuti al passaggio

del giornalismo dalla carta stampata al digitale che fanno parte del fenomeno di

liquefazione della modernità, e che contribuiscono così ad introdurre altre ricette e

routine all’interno della realtà della vita quotidiana.

8 Ivi., intro. p 11

9 Berger, P. L. e Luckmann, T., La realtà come costruzione sociale; Il Mulino, Bologna, 1969

10 Sennet, R., L’uomo flessibile. Le conseguenze del nuovo capitalismo sulla vita personale, Feltrinelli, 2001

9

2. Temperatura dei giornali online, concetto di ri-mediazione

Un altro strumento teorico fornitoci da McLuhan che aiuta a inquadrare lo stato

dell’arte dei giornali online è senz’altro il concetto di temperatura dei media11

. Un

concetto questo molto dibattuto a livello teorico per la sua ambiguità. In questa

sede quindi ci atterremo al significato tradizionale utilizzato per distinguere tra

media caldi e media freddi. La temperatura è legata al grado di partecipazione che

un media richiede a chi lo utilizza o ne fruisce. In questo senso i media "caldi"

sono quelli che non esigono da parte di chi li utilizza una grande partecipazione,

mentre i media "freddi" sono quelli che richiedono al fruitore maggiore

partecipazione e coinvolgimento. Il livello di partecipazione che determina la

temperatura di un medium è definito dal numero di canali sensoriali che sono

impegnati durante il suo uso e il livello di definizione o di "intensità" con cui sono

costruiti i messaggi. A questo proposito sarà interessante scoprire come la

temperatura dei giornali si stia abbassando grazie al supporto del web. Possiamo

dire che i giornali di carta stampata, già di per sé strumenti freddi, stiano

diventando, col supporto di internet, dei media che abbisognano di un livello di

partecipazione molto alto da parte dell’utente. Una peculiarità questa già

appartenente al web 2.0 che con i social network ha sdoganato la figura

dell’utente prosumer, produttore e consumatore allo stesso tempo. Per quanto

riguarda il giornalismo, è un esempio di questa figura il giornalismo partecipativo

che prevede il contributo degli utenti che possono inviare foto, video o articoli alle

testate. Un argomento questo che sarà approfondito più avanti.

Un altro aspetto importante da sottolineare è che grazie all’evoluzione continua

della tecnologia c’è la tendenza dei media a divenire uno contenitore dell’altro,

come, in questo caso, i giornali sulle piattaforme interattive. I giornali, già mezzi

di comunicazione, vengono inglobati da un medium come il computer ed il web.

11

Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., p. 31

10

Si mette in moto così un processo di ibridazione o ri-mediazione12

dei media che,

in quanto estensione dei nostri sensi, quando agiscono l’uno sull’altro istituiscono

nuovi rapporti, non soltanto tra i nostri sensi ma anche tra di loro. La rimediazione

è una caratteristica distintiva dei nuovi media digitali, si parla di rimediazione dei

media analogici da parte di quelli digitali. I media interagiscono continuamente tra

di loro, in un processo di confronto ed integrazione, facendo sì che un medium sia

in realtà un ibrido di diversi elementi. Ogni medium prende il posto del medium

in uso, ereditando ed insieme riorganizzando le caratteristiche del vecchio

medium e riformando il suo spazio culturale. Questa rimediazione si basa su due

logiche contraddittorie: l’immediatezza e l’ipermediazione. Immediatezza sta a

specificare il fatto che il medium si rende trasparente, il contatto con l’oggetto

prova a diventare im-mediato, diretto, come una finestra sul mondo, mentre

ipermediazione evoca il fatto che il medium, nonostante tutto, sia lì, sia presente e

non scompaia e che crei valore perché percepito da chi lo utilizza. “L’ibrido, ossia

l’incontro tra due media, è un momento di verità e di rivelazione dal quale nasce

una nuova forma. Ogni volta che si stabilisce un immediato confronto tra due

strumenti della comunicazione, anche noi siamo costretti, per così dire, ad un urto

diretto con le nuove frontiere che vengono a stabilirsi tra le forme”13

.

L’evoluzione tecnologica, insomma, non eclissa totalmente il medium più

anziano, i medium non vengono sostituiti dai prototipi più avanzati ma coesistono

o vengono riadattati a nuovi media digitali. Nonostante l’avvento dei giornali

online con le loro notizie in tempo reale, il mercato in ribasso e le perdite a livello

di personale, ne è una testimonianza la sopravvivenza della carta stampata.

12

Bolter, Jay David, Grusin, Richard, Remediation. Competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, a

cura di Alberto Marinelli. Trad. it. di Benedetta Gennato, Milano, Guerini e Associati, 2002 13

Mcluhan, M., Gli strumenti del comunicare, cit., pp. 65-66

11

CAPITOLO 1

1. Breve storia del giornalismo online

Come per l’avvento di ogni nuova tecnologia, il debutto dei giornali online ha

prodotto una serie di preoccupazioni e timori. I più intraprendenti avevano

predetto la scomparsa dei giornali in carta stampata, cannibalizzati dalla news in

rete, mentre i più scettici non si erano allarmati più del dovuto, pensando che la

stagione del giornalismo online sarebbe stata solo una moda passeggera. Dopo

quasi vent’anni di storia del giornalismo online possiamo dire che, anche se con

qualche difficoltà, come la ri-mediazione ci insegna, entrambi i formati sono

sopravvissuti e coesistono.

La storia del giornalismo online è storia recente. Possiamo suddividerla in quattro

periodi14

:

- la fase pioneristica è una storia tutta americana, che va dal lancio delle

prime testate online sino all’affermazione dei grandi network (1992-95);

- la seconda fase è quella dei quattro anni successivi (1995-98) che vedono

il debutto dell’Italia con i tentativi degli editori di sperimentare internet ed

il nuovo giornalismo online, si concludono con il sexgate americano che

segna un punto di svolta del giornalismo interattivo ed evidenzia il

bisogno di un rinnovato equilibrio tra i nuovi media;

- la terza fase (1998-2000) è quella dell’entusiasmo per la New Economy e

la speculazione in borsa dei titoli tecnologici e delle aziende legate a

14

Pratellesi, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano,

2008, p. 21

12

internet, sono gli anni del boom dei giornali online che si chiuderanno con

lo scoppio della bolla speculativa (primo semestre 2000) e l’attentato alle

Twin Towers dell’11 settembre 2001;

- la quarta ed ultima fase è quella attuale che coincide con il tentativo di

uscire dalla crisi a partire dal 2002 e con la fase matura del web nonché,

diffusione della banda larga, alfabetizzazione digitale, affermazione del

web 2.0 e dei ricavi pubblicitari.

1.1 La storia americana

Il primo a sbarcare sul internet fu un piccolo giornale locale “News & Observer”

di Raleigh nel North Carolina. Frank Daniels, direttore della testata, per svariati

mesi organizzò corsi di computer e di navigazione sul web e ad ogni redattore

furono concessi finanziamenti per comparsi un pc da usare in casa, fece di tutto

per far diventare la sua redazione quella con la maggior alfabetizzazione

informatica del paese. Il “Nando Times”, così fu chiamata la versione digitale,

fece tutto da solo, decidendo di diventare esso stesso un fornitore di accesso ai

servizi del web per la città di Relaigh, offrendo il collegamento, l’e-mail e gli

articoli del giornale per ventisei dollari al mese, e ben 2.000 persone sottoscrissero

l’abbonamento in fase sperimentale15

. Il direttore, Daniels, disse che avevano

scoperto che i motivi per cui i lettori preferivano la versione digitale aveva molto

più a che fare con i servizi correlati che con l’informazione.

Come si è già detto, nel 1992 negli Stati Uniti i primi ad avventurarsi sul web

furono soprattutto i giornali medio-piccoli che avevano intravisto l’opportunità di

ampliare il numero di lettori e la loro area di diffusione cercando di mantenere

bassi i costi. E dopo un anno, nel 1993, fu anche il momento dei grandi gruppi

editoriali che , come dimostra il caso della testata, “Usa Today” non ebbero

15

Staglianò, R., Giornalismo 2.0. Fare informazione al tempo di Internet, Roma, Carrocci, 2002, p. 20- 21

13

l’effetto sperato e molti furono costretti a fare marcia indietro. “Il popolarissimo

quotidiano americano aveva deciso di capitalizzare online la sua rendita di 2

milioni di lettori in edicola: nell’aprile del 1995 era sbarcato in grande stile su

internet (75 redattori elettronici e 225 collaboratori esterni per scrivere “speciali”

per la rete), chiedendo 12 dollari e 95 cents al mese fino a 3ore di collegamento e

2 dollari e 3 cents in più per ogni ora supplementare. Un approccio muscolare e

affetto da gigantismo, oltre che dall’ingenua deduzione che i lettori avrebbero

considerato normale – dal momento che lo facevano per la versione cartacea –

pagare per l’informazione elettronica. Dopo 120 giorni il fallimento

dell’avventura era evidente: i 1.000 abbonati non bastavano nemmeno a pagare gli

usceri. Con una rapida marcia indietro, il quotidiano aprì quindi le sue porte

telematiche attirando il grosso pubblico dei lettori tradizionali che aveva fatto

scappare con le sue iniziali pretese, potendo infine fatturare bei soldi con la

pubblicità che il sito ospitava”16

.

Uno dei problemi più difficili da superare con l’ingresso nel web per i giornali è

stata la questione del finanziamento e del mantenimento dei costi del giornale che

alleggeritosi delle spese tipografiche, mantiene comunque i costi del personale.

Gli unici modelli ad avere successo nel proporre la vendita dei contenuti sono stati

il “Wall Street Journal”, il più autorevole giornale finanziario che per la sua

peculiarità propone informazioni indispensabili per gli operatori del settore

finanziario, e il “New York Times” sbarcato sul web abbastanza tardi, nel gennaio

1996. Sul NYT l’accesso alla prima pagina è libera ma la registrazione gratuita è

obbligatoria per leggere gli articoli, grazie alla registrazione la testata ha creato un

database di informazioni demografiche sui lettori utili per la vendita di spazi

pubblicitari.

Gli esempi apportati dai cugini americani hanno influenzato le scelte delle

maggiori testate italiane che hanno poi ritardato il loro debutto sul web. Il modello

di finanziamento non era chiaro e sicuro, anche se sembrava evidente che le

notizie fossero naturalmente portate ad un supporto come la rete.

16

Ivi, p. 25

14

1.2 La storia italiana

Nel panorama italiano il debutto dei giornali sul web risale al 1994-95. I primi a

varcare la soglia furono l’ ”Unità”, il giornale del PDS, con l’allora direttore

Walter Veltroni, che offriva tutti gli articoli in rete ma poca ipertestualità; e

“L’Unione Sarda” che assunse personale per le mansioni specifiche della versione

interattiva e offriva notizie in versione multimediale. Nella primavera del 199517

arrivano anche il “Corriere della sera”, la “Gazzetta dello Sport” e poco più tardi

“Il Sole 24 Ore”, tutti con una versione digitale del quotidiano stampato, ma si

tratta tuttavia di una riproposizione piuttosto elementare della versione cartacea.

La diffusione di internet nelle case degli italiani era a quei tempi ancora molto

scarsa e ciò aveva frenato gli editori nell’effettuare investimenti molto estesi in

termini di risorse umane e tecnologie. Riccardo Stiglianò definisce con una parola

la tendenza in voga in quegli anni: “Fu per la maggior parte una fiera del

repurposing. Al minimo costo possibile, si riversavano sul web i medesimi

contenuti del prodotto cartaceo, con la speranza di poter fare qualche soldo

piazzando i banner pubblicitari in testa a quegli articoli. Fu così che si mosse

sostanzialmente il “Corriere della Sera”, affidando ad una società informatica la

pubblicazione online in automatico dei suoi testi, con risultati piuttosto sgradevoli

dal punto di vista dell’impaginazione, dal momento che la codifica non era affatto

esente da errori, e restituiva una lunga lista di articoli dalla quale era praticamente

impossibile intuire alcuna gerarchia delle notizie, e neppure interna tra i vari pezzi

che si occupavano dello stesso argomento. Se si trattava di un editoriale di una

firma importante, di una breve da dieci righe o di qualsiasi altra cosa, lo si capiva

solo dopo aver aperto il file”18

Nell’aprile del 1996 fu anche la volta di “La Repubblica” che colse l’occasione

delle elezioni politiche per cominciare la sua avventura sul web.

17

Pratellesi, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno Mondadori, Milano,

2008, p. 23 18

Staglianò, R., Giornalismo 2.0. Fare informazione al tempo di Internet, Roma, Carrocci, 2002, p. 29

15

Questa fase si conclude con lo scandalo denominato in seguito, proprio dai

giornali, sexgate. Il caso è rilevante per quanto riguarda la storia del giornalismo

online perché per la prima volta una notizia venne diffusa prima sul web e poi

sulla carta stampata. Lo scoop che ha colpito la Casa Bianca nel gennaio del 1998,

è stato lanciato da “Drudge Report”, sito scandalistico-politico gestito da Matt

Drudge, che ancor prima di avere il tempo di verificare la notizia, aveva inviato

una mail a tutti i suoi utenti con un focus sulla relazione clandestina tra Bill

Clinton e Monica Lenwisky, soffiando lo scoop al “Newsweek” di Los Angeles

che poco prima di mandare in stampa il giornale aveva deciso di trattenere la

notizia in attesa di ulteriori riscontri sulla vicenda. Sospendendo il giudizio sulla

professionalità di Drudge, egli conserva il merito, se così si può chiamare, di aver

permesso all’informazione online di dettare i tempi della notizia. Questo evento

fece capire che qualcosa stava cambiando nel mondo dei media, la possibilità di

editare le notizie in tempo reale aveva messo in crisi le regole del giornalismo.

1.3 La New Economy e la speculazione in borsa

Negli anni 1999-2000, grazie al buon andamento in borsa dei titoli tecnologici e

delle aziende dot com19

si iniziano a creare i presupposti per una concorrenza fra i

siti delle maggiori testate italiane. L’introduzione e la diffusione di tecnologie

innovative determinò cambiamenti profondi a livello economico e sociale, con

una conseguente accelerazione della crescita della ricchezza, della produttività,

degli investimenti (in capitale fisico e umano, in ricerca e innovazione), associata

a una trasformazione degli stili di vita e ad un impatto sul profilo sociale degli

individui-consumatori. L’esplosione di internet portò grande entusiasmo presso

gli investitori e restituì il coraggio per intraprendere il cammino sul web a molti

editori. Nel giugno del 2000 il “Corriere della Sera” inizia la sua ristrutturazione:

il sito viene ridisegnato e trasformato in un vero e proprio giornale online, con una

19

Sono aziende il cui business è principalmente legato a internet, vengono chiamate così per il loro suffisso

.com

16

redazione propria in grado di sviluppare autonomamente news ipertestuali e

multimediali. E’ in questo biennio che nascono le iniziative più coraggiose nel

campo dell’editoria online: Kataweb, portale del gruppo l’Espresso, legato alla

Fiat e alla “Stampa”; Jumpy, del gruppo Fininvest; Caltanet, dell’editore

Caltagirone e IlNuovo.it, giornale telematico voluto da e-Biscom per lanciare la

connessione a banda larga di Fastweb, chiuso nel 2003.

La crisi della New Economy, come la bolla speculativa, scoppia nella primavera

del 2000. La delusione per i mancati successi della net economy prende in pochi

mesi il posto dell’entusiasmo, lasciando dietro di sé solo debiti. Molte aziende dot

com falliscono e a mettere in ginocchio le restanti, ci pensa l’attentato alle Torri

Gemelle del’11 settembre del 2001 e la conseguente crisi economica.

1.4 I tentativi di uscire dalla crisi e la maturità del web

Il giornalismo online si afferma definitivamente con la fase matura del web

caratterizzata dalla diffusione della banda larga, dall’alfabetizzazione digitale

della popolazione, dall’esplosione del web 2.0, con le sue piattaforme di social

networking, e con il citizen journalism. Tutto ciò avviene a partire dal 2002 sino

ad oggi, tempi, questi, in cui alcune testate registrano il sorpasso, in termini di

utenti unici, della versione online rispetto alle copie cartacee vendute, come

dimostrano il “NYT” e il “Guardian” negli USA ma anche “La Repubblica” ed il

“Corriere della Sera” in Italia. E’ in questa fase che le maggiori testate online

americane ed europee raggiungono il pareggio di bilancio e iniziano a produrre

utili. L’insieme dei fattori grazie ai quali si assiste ad una ripresa della net

economy hanno fatto si che anche gli investimenti pubblicitari iniziassero a

trasferirsi sul web. Se pur con molta prudenza, è rilevante notare come nel Regno

Unito nel corso del 2009 la pubblicità online abbia superato quella televisiva.

Anche in Italia i dati sono abbastanza incoraggianti, continuano a nascere aziende

specializzate nel settore e nel 2009 la pubblicità a fatto un salto del 10%20

. Ancora

20

Lo confermano una ricerca IAB del novembre 2009 e una ricerca FCP- Assointernet del gennaio 2010.

17

non è possibile concludere che si tratti di una tendenza stabile21

, anche se i dati

dell’ultimo biennio sembrerebbero incoraggianti.

2. Repubblica.it

Uno degli esperimenti italiani meglio riusciti è sicuramente quello di “La

Repubblica”, che un po’ in ritardo rispetto ai competitor, approda sul web

nell’aprile del 1996 in occasione delle elezioni politiche con approfondimenti

speciali sulle elezioni. Il sito arriva a registrare 350.000 contatti in soli 20 giorni,

numeri davvero significativi per quei tempi. La testata online inizia le sue

pubblicazioni ufficialmente il 14 gennaio 1997, data simbolica che rievoca la

fondazione avvenuta il 14 gennaio 1976. Rispetto agli altri giornali Repubblica.it

dimostra subito uno spirito diverso, oltre a riportare le notizie dell’edizione

cartacea, dà spazio alle notizie del giorno realizzate in tempo reale da una

redazione composta da sei giornalisti e cinque operatori web. “Fu il primo

giornale a produrre contenuto aggiuntivo rispetto a quello che la mattina andava in

edicola, ma primo a coinvolgere tutti i giornalisti nel web. Primo a proporre in

Italia una struttura grafica fatta di pochi “fondamentali” (l’albero dei contenuti a

sinistra, un corpo centrale di notizie , l’area laterale a destra dedicata agli

approfondimenti ipertestuali) che c’era già all’estero ma che in Italia non ci aveva

mai provato nessuno; primo in quel gennaio ’97, a modellarlo sulle esigenze di

una redazione e del farsi “in presa diretta” dell’informazione”22

.

21

Cfr. Maistrello S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo,

Milano, 2010 22

Zambardino, V., Dalla carta a internet, siamo già nel futuro, in Album per i 25 anni di “la Repubblica”, 14

gennaio 2001

18

(fig. 1.1, il sito di repubblica.it oggi)

Molti esperimenti nati negli stessi anni in Italia falliscono. Alcuni travolti

dall’esplosione della bolla speculativa altri sotto le pressioni provenienti

dall’evoluzione della free press, quotidiani a distribuzione gratuita interamente

finanziati dalla pubblicità, giornali che forniscono un’informazione basica e priva

di approfondimenti ma che godono ancora di un supporto cartaceo, fondamentale

per un paese ancora alle prese con l’alfabetizzazione digitale. E’ però soltanto

dopo il 2006 che Repubblica.it insieme a il CorrieredellaSera.it e La

GazzettadelloSport.it iniziano ad arricchire i loro articoli con reportage e video.

Dopo il botto della bolla speculativa e di quella dei free press, con i quotidiani in

crisi, sono soprattutto le versioni digitali dei quotidiani cartacei a registrare una

crescita di mercato. Repubblica.it, che già nel 1999 amplia la redazione da cinque

a dodici giornalisti e allarga l’orario di aggiornamento da 10 a 17 ore giornaliere,

acquisendo così 600.000 pagine viste al giorno. Nel 2000 vengono superate per la

prima volta il milione di pagine visualizzate al giorno e nel giorno dell’attentato

alle Twin Towers si arriva a 5 milioni di pagine, un dato interessante anche se

eccezionale. Nel febbraio 2004 con l’improvvisa morte di Marco Pantani si

superano i record mensili con 115 milioni di pagine viste. Il 2005 ne registra 2

miliardi e il 2006 registra un nuovo record giornaliero in occasione delle elezioni

politiche: 48 e 54 milioni di pagine viste al giorno. Grazie al calo delle vendite del

19

cartaceo e alla crisi economica nel bimestre ottobre-novembre 2011 si supera il

miliardo di pagine visitate al giorno in occasione della notizia delle dimissioni di

Silvio Berlusconi e dell’insediamento del governo Monti. In definitiva il giornale

interattivo passa da 3 milioni nei primi mesi del 1997 sino ai 1000 milioni del

2011 di page view23

.

(fig.1.2, il sito de ilfattoquotidiano.it )

Una menzione speciale merita il caso de Il Fatto Quotidiano uscito in edicola il 23

settembre 2009 , le copie sono andate esaurite in poche ore, e lo stesso successo

ha sorbito il sito internet messo online il 22 giugno del 2010, in quella data i

server sono andati in tilt per il pieno dei contatti, dopo cinque mesi il giornale

contava 240.000 visitatori al giorno. Ad ottobre 2010 la tiratura del cartaceo è

stato di 150.000 copie e le pagine online visualizzate sono state 1.301.000 al

giorno con una media di 251.000 lettori. Nel giro di un anno e mezzo il sito del Il

Fatto Quotidiano ha superato quello de La Stampa nato nel 1995.

23

“Repubblica.it, un miliardo di click al mese e su Facebook i fan superano i 700mila”, Repubblica.it, 8

dicembre 2011

20

Questo è un evidente esempio di come i media possano convivere e non vengano

necessariamente cannibalizzati dalle nuove tecnologie se non che, li affiancano e

ne guidano il percorso.

21

CAPITOLO 2

La Carta Stampata

1. I tempi dell’editoria giornalistica

Un elemento fondamentale che differenzia la redazione di un giornale online da

quella di un cartaceo è il tempo. Un quotidiano cartaceo impone cicli di

lavorazione di 24 ore affinché la notizia arrivi dalla redazione al lettore , si va

dalla raccolta delle informazioni, alla verifica, alla scrittura dell’articolo, alla

composizione delle pagine, sino alla stampa delle copie e alla consegna ai punti

vendita. Il lavoro dei giornalisti inizia la mattina presto con la raccolta delle

notizie, a metà giornata si fa una riunione per fare il punto della situazione, la sera

si raccolgono i contributi e si licenziano le pagine prima che sia notte. E’ questo

uno dei momenti cardini dell’editoria di un quotidiano, il momento in cui il

giornale viene “confezionato” definitivamente e riprodotto sulle copie che poi

verranno mandate in tipografia per la stampa. E’ qui che il giornale si ferma e

fotografa la realtà di un determinato momento, qualsiasi aggiornamento deve

necessariamente essere rimandato al giorno successivo. “Nel giornalismo come

l’abbiamo conosciuto fino alla fine del XX secolo la chiusura, la deadline, la

scadenza convenzionale del processo di produzione, è sempre stata un elemento

costitutivo del metodo di lavoro, la chiave di volta che dettava a cascata i ritmi di

produzione e, almeno indirettamente, anche il formato delle notizie”24

.

24

Maistrello S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism, Apogeo,

Milano, 2010, p. 89

22

Con l’ingresso del giornalismo all’interno del mondo interattivo del web però

questa scansione rigida del tempo non è più necessaria, tempo e spazio si dilatano

liberati dal bisogno di assecondare i ritmi della produzione e i limiti della

distribuzione. La cosiddetta “deadline” perde il suo potere coercitivo grazie

all’immediatezza del giornale online dove è possibile aggiornare, approfondire,

correggere, ampliare e sostituire in qualsiasi momento le notizie pubblicate. “Il

momento della pubblicazione e quello della distribuzione coincidono, come non

poteva avvenire nel caso dei giornali e come poteva avvenire soltanto in parte nel

caso dell’emissioni radiotelevisiva. In ambito editoriale e giornalistico, la logica

di flusso si sostituisce a quella discreta delle edizioni e dei numeri chiusi,

diventando predominante. Il lavoro di costruzione e di rifinitura delle notizie, che

ha sempre preceduto il momento della pubblicazione ed era fin qui riservato alla

cucina redazionale, dunque non visibile all’esterno, diventa ora parte integrante

del modello di informazione, svolto in tempo reale sotto gli occhi dei lettori. E’ il

giornalismo in beta perenne , una sorta di ammissione implicita di incompletezza

e di imperfezione che richiama i software lasciati in prova per raccogliere

impressioni e spunti di ragionamento”25

.

(fig. 2.1 l’allungamento del ciclo di vita di una notizia nei network digitali)

Quella che era la prima pagina di un quotidiano viene sostituita dalla home page

del giornale digitale che è dinamica, in continua evoluzione, dove le notizie si

possono alternare anche nell’arco di poche ore, entrano, guadagnano visibilità ed

25

Ivi

23

escono. Solitamente la notizia viene affinata col tempo. Le prime informazioni

che arrivano sul sito sono perlopiù flash di agenzia che vengono approfonditi poi

dopo attraverso la verifica delle informazioni e delle fonti. Quando poi ci si trova

di fronte ad un evento di particolare rilevanza che, per la sua complessità, rende

difficile il compito di sintesi in tempo reale, l’articolo diventa una specie di

cronaca in diretta fatto di lanci di agenzia e brevi aggiornamenti che appaiono in

ordine cronologico inverso, dal più immediato a quello meno recente, in attesa di

poter approfondire la notizia. Succede spesso che l’articolo assuma una forma a

stella, circondato cioè da gallerie di immagini, video, registrazioni audio, link ad

approfondimenti in blog di altri collaboratori del giornale, capaci di dimostrare la

multimedialità del web come mezzo di diffusione del messaggio.

(fig. 2.2 schema a stella di un articolo)

Accade spesso anche che ci siano contributi o testimonianze inviati direttamente

dai lettori, da chi si trova nel posto giusto nel momento giusto.

24

2. La negoziazione giornalistica

Un altro punto cardine nel processo di produzione della notizia è la negoziazione

giornalistica, cioè il processo grazie al quale la notizia passa dalle fonti al

consumatore finale, il lettore, passando per il filtro della trattazione giornalistica.

Nel modello classico dei giornali cartacei e dei mass media che si occupano di

informazione in generale, questo processo è lineare e ordinato in fonte-giornalista-

lettore o pubblico.

(fig. 2.3 modello classico di negoziazione giornalistica)

Nell’era digitale però, grazie ai network e alle potenzialità del web 2.0 questo

processo tende a modificarsi perdendo la sua peculiare linearità. I tre soggetti

coinvolti, fonti, giornalisti e pubblico, diventano parte attiva del processo di

negoziazione, in grado, cioè, di partecipare ugualmente alla ricezione e alla

pubblicazione delle informazioni. «Le fonti possono saltare, o quanto meno

affiancare, la mediazione giornalistica e rivolgersi direttamente ai consumatori

finali delle loro informazioni. Il pubblico può interagire indifferentemente con le

fonti e con i prodotti giornalistici, ma anche produrre contenuti che rientrano a

loro volta nelle mediazioni giornalistiche per via della loro rilevanza informativa.

I giornalisti, infine, continuano a svolgere il loro ruolo, ma devono imparare a

farlo in un contesto completamente nuovo, dove non possiedono più alcuna

esclusiva ad informare e dove ora interagiscono a doppia via con tutti gli anelli

25

della catena di produzione del senso»26

. Con il venire meno delle limitazioni

legate al processo produttivo dei giornali cartacei (fonti-raccolta notizie-redazione

articoli-impaginazione-stampa-distribuzione), il processo di negoziazione smette

di essere un procedimento compiuto con un inizio ed una fine che coincide con la

messa in stampa del giornale, e si trasforma in un work in progress, in un

procedimento sempre provvisorio e costantemente stimolato da elementi nuovi.

(fig. 2.4 negoziazione giornalistica sul web)

Se nell’era dei giornali cartacei, il lettore era totalmente escluso dal processo di

negoziazione e di produzione della notizia, con l’evolversi delle tecnologie

digitale, le cose sembrano essere ben diverse. Come già il meccanismo

dell’audience televisiva ci ha dimostrato, anche nei giornali online le preferenze

dei lettori assumono un ruolo sempre più centrale. L’utente digitale è sia pubblico

e consumatore che produttore. Per questo ruolo nuovo assunto dall’internauta è

stato coniato un neologismo: prosumer, produttore e consumatore allo stesso

tempo. Come spiega bene G. P. Fabris: “ In realtà, al consumo nell’era della

modernità non viene mai riconosciuto un autonomo statuto epistemologico, una

propria distintiva specificità: il consumo dipende in tutto e per tutto dalla

produzione, rappresenta una sorta di variabile dipendente dagli oggetti di

accumulazione e di profitto che caratterizzano la società capitalista. Il consumo è

un de cuius della produzione. […] Nella società nuova non solo il consumo

26

Ivi, p.92

26

acquisisce una riconosciuta centralità –mentre il ruolo del mondo della produzione

e la cultura della fabbrica vanno appannandosi– ma la stessa tradizionale

separazione tra produzione e consumo tende a sfumarsi e vede sempre più il

consumatore nella veste di produttore o di partner delle impresa”27

. Il web 2.0,

dunque apre nuovi orizzonti di modificazione e democratizzazione dei mercati

verso logiche sempre più al servizio dell’utente-consumatore più coinvolto nei

processi di ideazione, in collaborazione con le aziende, di prodotti e contenuti.

Ovviamente questa duplice veste dell’utente-lettore incide, e non poco, sul

processo di costruzione della notizia, infatti si deve tener conto sia dell'aspetto

educativo della notizia sia di quello commerciale. Il ruolo del pubblico nella

negoziazione classica è indiretto, mentre con internet l’utente ha la possibilità di

dialogare con i giornalisti e di inviare commenti sotto le notizie o di inviare

contributi direttamente alla redazione. E' evidente che le due accezioni di

destinatario possono convivere, ma è altrettanto chiaro che il processo di

creazione della notizia parte da basi diverse a seconda che prevalga una

concezione del primato del mercato o una prevalentemente educativa. Nel caso

della propensione educativa ci si rivolge al pubblico in generale, non si effettuano

differenziazioni, il bisogno di informarsi è per tutti, non può essere prerogativa di

pochi; mentre nel secondo caso, quello della funzione commerciale, è facile che la

testata tenti di innescare un rapporto stretto con i lettori per comprendere la sua

identità e formare un target di riferimento che migliori il posizionamento del

giornale. E’ qui, in questo punto esatto, che si innesca il potere coercitivo del

medium come innovatore delle pratiche insite nella realtà della vita quotidiana che

portano al processo di liquefazione della modernità di cui parla Bauman,

all’alterazione di quelle ricette e routine insite nel bagaglio di conoscenze

socialmente condiviso verso una logica dell’agire economica. I giornali cartacei,

si autofinanziano con la vendita delle copie dei quotidiani e, sì, con una quota

minimale di investimenti pubblicitari, ma gli utili dei giornali online, come di

qualsiasi servizio reso gratuitamente sul web, deriva esclusivamente dalla vendita

di spazi pubblicitari. Nei primi anni di maggior espansione di quella che è stata

anche chiamata net economy, si è cercato un metodo univoco che potesse

27

Fabris, G. P., Societing, Egea, Milano, 2008, p.23

27

sostenere le spese della lavorazione delle notizie delle redazioni digitali: per

esempio uno dei primi quotidiani americani ad intraprendere l’avventura del web,

“Usa Today”, inizialmente proponeva un abbonamento a pagamento al sito

tramite cui tutti i contenuti del giornale sarebbero stati visibili ai lettori,

naturalmente i ricavi dei soli 1000 abbonati non bastarono e il giornale si vide

costretto a fornire i propri servizi gratuitamente fatturando grazie alla vendita di

spazi pubblicitari. Alcuni giornali hanno tentato la via per cui solo specifici

contenuti o servizi, come i database, erano forniti a pagamento lasciando il resto

alla libera consultazione dell’internauta. Altri ancora hanno puntato tutto sui

proventi della vendita di spazi pubblicitari. L’unica cosa certa rimane il ruolo

essenziale della pubblicità, unica vera fonte di guadagno per i siti e per i giornali

online soprattutto a livello locale, l’utente medio è alquanto reticente quando si

parla di pagare per informazioni o contenuti tratti da quotidiani online di fama

nazionale, e mai lo farebbe per quelli di competenza locale. Dunque ciò che resta

da fare per finanziare e per ricavare utili da una testata online è rivolgersi al

marketing28

, vendendo cioè alle aziende pubblicitarie clienti, fette di mercato

composte dai lettori che vengono targettizzati per esser poi venduti. Naturalmente

ciò che le aziende comprano non sono consumatori in carne ed ossa, ma

informazioni, dati anagrafici e preferenze di consumo degli utenti del sito. Questo

è uno dei cambiamenti apportati nel giornalismo dal passaggio dalla carta

stampata al digitale. Ciò che il giornale vende non è più la notizia ma le

informazioni legate al suo pubblico, applicando una logica dell’audience simile a

quella televisiva da cui deriva, appunto, quella che alcuni chiamano “crisi del

giornalismo”, la preminenza delle opinioni sui fatti29

.

28 Cfr Cremonesini, V., Il potere degli oggetti: il marketing come dispositivo di controllo sociale; Franco

Angeli, Milano, 2006, p. 42: “Il marketing, infatti, ha acquisito nel presente una rilevanza maggiore e più

complessa delle sue origini […]Il marketing è andato definendosi sempre più in termini di cultura, abitudine,

approcci metodologici in grado di elaborare scenari e strategie con cui si governa il presente e il futuro delle

aziende per mantenere vitale la loro performance competitiva. Una cultura che ha invaso con la sua ottica, il

mondo della vita quotidiana” . 29

Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione,

Mondadori, Milano, 2011.

28

3. La crisi del giornalismo

Quella che da qualche tempo viene chiamata “crisi del giornalismo” fa parte di un

processo molto più esteso di ricerca delle coordinate per una lettura più sicura

della realtà, messa in discussione dall’evoluzione delle tecnologie mediatiche. E’

un problema, questo, che verrà affrontato solo trasversalmente e che serve ad

avere il quadro generale delle mutazioni sociali in corso apportate dal potere

coercitivo del medium al quale ci si riferisce.

Il giornalismo rappresenta quasi per definizione un campo privilegiato nel quale i

segni della crisi si anticipano e iniziano a definirsi. Per dirla con le parole di

Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale della

Sapienza di Roma: «Spesso sono i piccoli indizi a rivelare un imminente cambio

di prospettiva: i simboli attraverso cui la crisi si manifesta e si rende riconoscibile

cambiano con il tempo, rendendo precocemente sterile persino le categorie

d’analisi più consolidate, e meno efficace la nostra capacità di lettura della realtà.

Quando nel sistema dell’informazione viene a mancare questa propensione a

leggere il mutamento, s’innesca un cortocircuito comunicativo che,

inevitabilmente, volge lo sguardo al passato, idealizzandolo, e rende quindi

indispensabile un affinamento degli strumenti culturali e degli indicatori analitici.

La crisi appare come uno stato temporaneo di squilibrio di un sistema,

accompagnato ad una grave incertezza e difficoltà, che non può essere risolto

attraverso le risorse normalmente disponibili. […] Adattare il concetto di crisi al

giornalismo implica la presa d’atto che in questo territorio si può evidenziare un

caso particolare ma lampante di un più ampio deficit della mediazione, che

rappresenta una delle cifre distintive della modernità». Il professor Morcellini

aggiunge ancora «Oggi , il sistema dell’informazione e della politica, di fronte alle

tendenze al ripiegamento dell’individuo e all’esclusione dell’altro dal proprio

orizzonte cognitivo, si contraddistinguono per la sostanziale contiguità di

linguaggi, metafore, strategie e salotti frequentati. Ciò che attualmente esprimono,

29

più che un progetto di una società fondata sulla giustizia e sull’equità, appare

quasi come un progetto contro la società, a tutela dei particolarismi e delle rendite

di posizione. Emblematico, in questo processo, è il ruolo delle rappresentazioni

della società veicolate dai media e dalla politica, sempre presentate come fedeli

riproduzioni del reale, quasi fossero la loro immagine speculare. Si tratta di

immagini che appaiono sempre più minacciose e meno sovrapponibili

all’esperienza quotidiana delle persone. In questo cortocircuito doloso tra

immaginario e reale si configura uno stravolgimento dei ruoli e delle prerogative

dei media: in una confusione estetizzante e spettacolare, la funzione

dell’informazione sembra non essere più quella di raccontare la realtà con i

migliori strumenti di cui dispone, ma riprodurre un nuovo immaginario, ad uso e

consumo della politica e dei media stessi»30

.

Morcellini poi riconduce questa crisi del giornalismo a cinque diversi nuclei

tematici:

- Desacralizzazione della società: la crisi del giornalismo sconta la perdita

di peso della società nella vita degli individui nel periodo della post-

modernità, e raffigura anche le conseguenze di un processo di

svuotamento delle relazioni significative con istituzioni, politica e vita

pubblica che facevano fronte ai bisogni dei soggetti di costituirsi come

personalità e identità. Al disincanto del mondo è corrisposto il disincanto

del giornalismo come rappresentazione del mondo.

- La crisi delle rappresentazioni sociali: con la perdita di valore della

società sono arrivate anche le mutazioni degli immaginari sociali e

linguistici caratteristici della cultura italiana sino alla metà degli anni

Novanta, sostituiti con un riduzionismo di contenuti e linguaggi,

sintetizzabile con l’espressione “racconto del mondo in poche battute”,

introdotto dalle logiche televisive che hanno pervaso la realtà della vita

quotidiana. Il consumo di massa della comunicazione ha abituato i lettori

ad approcciarsi ad un numero più elevato di beni culturali, allargando il

loro sguardo sul mondo ma riducendo la loro capacità di approfondimento.

30

Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione,

Mondadori, Milano, 2011, p. 9

30

- Rivoluzione degli stili narrativi: Il giornalismo ha rinunciato ad essere

costruzione sapientemente narrativa del reale, appiattendosi a cronaca,

rinunciando, sotto i colpi di un racconto ispirato alle fiction, che sembra

intercetti meglio l’attenzione del pubblico, al compito, in comune con le

scienze sociali, di raccontare il cambiamento, preferendo un racconto

stereotipato della realtà e autoreferenziale della società, aumentando

smodatamente l’attenzione per i fatti di cronaca nera.

- “Licenziamento” del passato: il giornalismo nella sua veste di archivio ha

condiviso la visione della memoria come qualcosa di sacro che ha

rappresentato per molto tempo un elemento stabilizzatore fondato sulle

esperienze del passato, ma che con l’euforia della comunicazione ha

lasciato il passo alla smemoratezza interrompendo il suo lavoro di

interpretazione del mondo sull’esperienza del passato.

- Polarizzazione del conflitto e dell’identità: con la tendenza in atto verso un

decadimento dello stile dell’argomentazione razionale dei fatti, della

ricerca della verità e del riconoscimento di valori universalmente

condivisi, il giornalismo perde il suo ruolo di luogo di confronto per

divenire invece luogo di scontro, di semplice contrapposizione e

schieramento. Ne sono un esempio le rappresentazioni della dialettica

politica o il clima di scontro irrazionale degli utenti dei forum che

dimostrano la polarizzazione del dibattito in opposte tifoserie, sintesi di un

irriducibile antagonismo anomico verso un annullamento materiale e

morale dell’altro31

.

31

Cfr. Morcellini M., (a cura di), Neogiornaismi. Tra crisi e rete, come cambia il sistema dell’informazione,

Mondadori, Milano, 2011, pp. 10-12

31

CAPITOLO 3

Il giornalismo online

1. Consumi mediatici in numeri

Per rendere il quadro di riferimento più particolareggiato e per avere un’idea,

anche a livello quantitativo, della situazione del giornalismo italiano è

indispensabile consultare i dati disponibili sui consumi mediatici con un focus

particolare sulla stampa. Per motivi pratici si fa qui riferimento a dati

precedentemente raccolti da agenzie specializzate a livello nazionale come Istat,

Censis, Rapporto Nielsen, Audipress e Audiweb.

I primi dati che consulteremo sono quelli derivanti al “decimo rapporto

Censis/Ucsi sulla comunicazione” facente parte del“46° rapporto sulla situazione

sociale del paese”32

.

I dati disponibili sui consumi mediatici del 2012 confermano che gli unici mezzi

che riscuotono un successo crescente e incrementano la loro utenza sono quelli

che integrano le funzioni dei vecchi media nell’ambiente di Internet, come gli

smartphone (telefono e web) e i tablet (schermo della tv, lettura di libri e giornali,

pc, web).

Indipendentemente dal supporto usato, la televisione continua ad avere un

pubblico di telespettatori che coincide sostanzialmente con la totalità della

popolazione (il 98,3%: +0,9% di utenza complessiva rispetto al 2011), con

32

Disponibile su http://www.censis.it/Censis/browse/10?shadow_ricerca=118876, in versione cartacea,

Comunicazione e media, pp.411-465, in Censis. “Quarantaseiesimo Rapporto sulla situazione sociale del

Paese 2012”, Franco Angeli, 2012,

32

aggiustamenti che dipendono dalla progressiva sostituzione del segnale analogico

con quello digitale, dal successo consolidato delle tv satellitari (+1,6%) – che

concedono all’utente una maggiore autonomia operativa rispetto alla tv

tradizionale –, dalla maggiore diffusione della web tv (+1,2%) e della mobile tv

(+1,6%). Oggi un quarto degli italiani collegati a Internet (24,2%) ha l’abitudine

di guardare i programmi dai siti web delle emittenti televisive e il 42,4% li cerca

su YouTube per costruirsi i propri palinsesti su misura. Queste percentuali, già

considerevoli, aumentano quando si prende in esame la popolazione più giovane,

salendo rispettivamente al 35,3% e al 56,6% tra gli internauti 14-29enni, che sono

i soggetti che più degli altri incarnano le nuove tendenze.

Tab. 3.1, L’evoluzione del consumo dei media, televisione, (val%).

Anche la radio resta un mezzo a larghissima diffusione di massa (la ascolta

l’83,9% della popolazione: +3,7% in un anno). Ma anche in questo caso si

accresce l’importanza delle forme di radio che si determinano all’intersezione con

l’ambiente di Internet: la radio ascoltata via web tramite il pc (+2,3%) e per

mezzo dei telefoni cellulari (+1,4%), che stanno soppiantando un mezzo digitale

di prima generazione come il lettore portatile di file mp3 (-1,7%).

33

Tab. 3.2, L’evoluzione del consumo dei media, radio, (val%).

Per quel che riguarda i giornali, come testimoniano i dati, la carta stampata

continua a perdere lettori: i lettori di quotidiani (-2,3% tra il 2011 e il 2012), che

erano il 67% degli italiani cinque anni fa, nel 2007, sono diventati oggi solo il

45,5% – al contrario, i quotidiani on line contano il 2,1% di lettori in più rispetto

allo scorso anno, arrivando a un’utenza del 20,3%. Perde lettori anche la free

press, che si attesta al 25,7% di utenza (-11,8%), i settimanali (-1%) e l’editoria

libraria (-6,5%). E proprio tra i giovani la disaffezione per la carta stampata è più

grave: tra il 2011 e il 2012 i lettori di quotidiani di 14-29 anni sono diminuiti dal

35% al 33,6%, quelli di libri dal 68% al 57,9%. Il calo dei giornali gratuiti è stato

verticale (in un anno si è passati dal 37,5% al 25,7% di utenza, registrando una

differenza di 11,8 punti percentuali), determinato dalla chiusura di alcune testate,

dall’eliminazione delle edizioni in alcune città e dal crollo degli investimenti

pubblicitari nel settore, che hanno prodotto una riduzione delle copie complessive

distribuite. Nel 2012 i settimanali si sono attestati al 27,5% e i mensili al 19,4%.

34

Tab. 3.3, L’evoluzione dei consumi dei media, giornali, (val%).

E’ interessante notare come la “dieta mediatica” degli italiani sia cambiata in

questi anni, dove per “dieta mediatica“ si intende il fitto sistema di relazioni e

interazioni che si determinano in ciascun soggetto in base alla sua capacità di

orientarsi nel mondo, non solo grazie all’impiego di un numero più o meno ampio

di media, ma anche in base alla qualità intrinseca dei mezzi di comunicazione

usati in prevalenza.

Le persone con diete basate solo su media audiovisivi (tv e radio) erano nel 2002

il 46,6% del totale, mentre gli italiani con diete aperte a Internet erano solo il

17,1%. In dieci anni la situazione si è capovolta, perché se questi ultimi sono

arrivati al 55,5%, i primi sono scesi al 25,2%. Il cultural divide ‒ la condizione di

marginalità vissuta da chi “si nutre” con una dieta mediatica assortita solo con tv e

radio ‒ non è scomparso e coinvolge ancora un quarto della popolazione, però non

rappresenta più il tratto distintivo degli italiani, che si collocano ormai in

maggioranza anche oltre il digital divide. Tra i giovani (14-29 anni) solo il 7% si

orienta su una dieta mediatica basata essenzialmente sugli audiovisivi, così come

il 9,7% dei soggetti più istruiti (diplomati e laureati), mentre il cultural divide

risulta ancora non indifferente tra i più anziani, con 65 anni e oltre (43,2%), e le

persone meno istruite, con un titolo di studio che non va oltre la licenzia media

35

(38,3%). La differenza si fa più netta con riferimento al digital divide, visto che di

fronte solo al 13,4% di giovani e al 23,9% di soggetti più istruiti che non hanno

confidenza con le nuove tecnologie, ci sono un 62% di persone meno istruite e un

83,5% di anziani estranei alle opportunità offerte da Internet.

Tab. 3.4, L’evoluzione della dieta mediatica degli italiani (val%).

A proposito di giornali, il Censis individua un “press divide”: nel 2006 le persone

estranee ai mezzi a stampa rappresentavano il 33,9% della popolazione, nel 2012

sono diventate il 45,5%. Tra i 14 e i 29 anni a una percentuale irrisoria di persone

con diete solo audiovisive (il 7%) fa da contraltare il 36% di giovani che navigano

in Internet senza sentire il bisogno di leggere libri e giornali. Il dato sui soggetti

più istruiti estranei ai mezzi a stampa (31,9%) risulta ancora più preoccupante.

Che persone con al massimo il titolo di studio della scuola dell’obbligo abbiano

poca confidenza con i testi a stampa (57%) è abbastanza prevedibile. Che quasi un

terzo dei diplomati e dei laureati non legga libri e giornali stupisce di più. Anche

perché il dato del 31,9% a essi riferito risulta dalla somma del 9,7% di persone

che hanno una dieta audiovisiva e del 22,2% di chi ha comunque una dieta aperta

a Internet.

36

Tab. 3.5, L’evoluzione del press divide, 2006-2012 (val. %).

A fronte della riduzione dei consumi di quotidiani, i portali web d’informazione

generici, che non fanno riferimento alle testate giornalistiche, sono utilizzati ormai

da un terzo degli italiani (il 33% nel 2012). Non è il bisogno di informazione a

essere diminuito, dunque, ma le strade percorse per acquisire le informazioni sono

cambiate. Spesso si tratta di semplici aggregatori di notizie prelevate da organi

ufficiali di informazione. Essi hanno successo nella misura in cui si adeguano alla

tendenza diffusa tra i navigatori della rete di personalizzare non solo l’accesso alle

fonti, ma anche la selezione dei contenuti di informazione.

Un altro aspetto importante messo in evidenza dal rapporto Censis è il ruolo della

pubblicità, in quanto in una fase di prolungata contrazione degli investimenti

pubblicitari che ha colpito tutti i media, ancorché con intensità diversa, Internet è

l’unico mezzo ad aver incrementato il volume della raccolta pubblicitaria. Si

registra, infatti, una variazione a due cifre percentuali: +12,3% nel 2011 rispetto

all’anno precedente, arrivando a 636 milioni di euro. Sebbene la fetta di mercato

del web sia ancora ridotta (il 7,4% del totale), e la gran parte della torta rimanga al

mezzo da sempre dominante (la tv assorbe il 53,6% dell’intero budget), dalla

37

ricerca emerge però una grande efficacia della pubblicità veicolata da Internet

misurabile in termini di capacità di influenzare le scelte dei consumatori.

Per il 62,6% degli utenti che hanno accesso a Internet reperire informazioni sui

prodotti dalla rete è una pratica comune. Al primo posto tra i canali sfruttati nella

ricerca diretta di informazioni commerciali figurano, con il 37,1% delle risposte, i

siti Internet delle aziende produttrici o venditrici del prodotto o servizio

desiderato. Il secondo canale è quello delle piazze virtuali e dei social network.

Discutere, chiedere consigli agli iscritti di community e forum online, ottenerne il

parere prima di effettuare un acquisto, è un’abitudine per il 19% degli italiani che

navigano in rete. Chi vuole rivolgersi agli amici sceglie di scambiarsi

informazioni attraverso i social network (10,5%), e c’è anche chi cerca recensioni

video su YouTube (11,2%). La terza modalità di fruizione della pubblicità on-

demand è l’e-commerce, rifiorito negli ultimi tempi con la tendenza dei gruppi di

acquisto collettivo. Cercare le offerte promozionali sui siti di vendita online come

eBay è un comportamento praticato dal 13,4% degli internauti, un’abitudine più

diffusa rispetto alla ricerca sui portali di acquisto collettivo come Groupon

(10,9%).

Negli ultimi dodici mesi 24 italiani su 100 hanno acquistato un prodotto o un

servizio grazie alla segnalazione pubblicitaria vista in televisione. Ma al secondo

posto per capacità di influenza viene proprio Internet: il 13,6% degli italiani ha

acquistato grazie alla pubblicità vista sul web.

38

Tab. 3.6, Prima di decidere di acquistare un nuovo prodotto/servizio, quali delle

seguenti cose le capita di fare? (val. %).

Tab. 3.7, Negli ultimi 12 mesi le è capitato di acquistare un prodotto/servizio

grazie alla pubblicità che ha visto/sentito sui seguenti media? (val. %)

39

La tendenza in aumento del consumo di internet da parte degli italiani è

confermata anche dalla ricerca “Watch & buy report” del maggio 2013

dell’agenzia Nielsen33

dalla quale si evince che l’italiano medio trascorre sempre

più tempo di fronte a Tv, Pc e supporti mobili. Per quanto riguarda la televisione,

rispetto al 2012, si registra un aumento dell’audience del 1,8% nel giorno medio e

un aumento del 1,3% del numero di minuti visti da ogni singolo individuo (4 ore e

44 minuti al giorno). Se si passa ad esaminare i consumi di internet, si registra

anche qui un aumento rispetto al 2012 del 6% e un aumento del tempo passato

online (+16%). È però nel mondo dei supporti mobile che si registra l’aumento

più consistente dei consumi e del tempo speso, rispettivamente +34% e +16% del

tempo medio di navigazione tramite dispositivi mobile rispetto al 2012-2011

Tab. 3.8, Audience, tempo e investimenti relativi a Tv, Pc e mobile.

Come abbiamo visto prima, gli investimenti pubblicitari sono in calo in tutti i

media tranne che sul web. Questa tendenza è confermate anche dal rapporto

Nielsen.

33

consultabile su www.nielsen.com/it

40

Tab. 3.9, Investimenti pubblicitari sui media.

Nonostante il calo del 19,1% degli investimenti pubblicitari su Tv, essi ricoprono

ancora più del 50% degli investimenti totali. E la stampa perde il 24,8% degli

investimenti pubblicitari, in accordo con la perdita di lettori, dato non

sorprendente vista la grande migrazione di lettori dall’analogico al digitale.

Inoltre, secondo uno rapporto della FIEG34

, Federazione Italiana Editori Giornali,

con dati riferiti al 2010-2012, l’editoria quotidiana e periodica è in forte crisi. Gli

effetti dell’evoluzione tecnologica sono amplificati dagli effetti della crisi

economica. Nel 2011, su 52 imprese considerate, quelle in perdita sono state 37,

mentre quelle in utile sono state 15. La situazione è notevolmente peggiorata

rispetto all’anno precedente, quando a registrare perdite, su un universo di 54

imprese editrici di quotidiani, furono 29 imprese, contro le 25 in utile.

Sul piano dei costi è proseguita l’azione di contenimento, ma con una

decelerazione: dal -7,5% nel 2010 si è passati al -2,8% nel 2011, in gran parte per

l’incremento delle materie prime, cresciute del 6,4%. Tra i costi si segnala in

particolare il forte aumento del prezzo della carta, di oltre il 15%.

34

I rapporti sono consultabili alla pagina: http://www.fieg.it/studi.asp

41

Nella struttura dei conti economici delle imprese editrici di quotidiani si registra la

forte ripresa dell’incidenza del costo del lavoro sul fatturato: dopo un periodo di

stabilità, la percentuale del costo del lavoro sul fatturato (31,6% nel 2010 e nel

2011) è considerevolmente aumentata nel corso del 2012, giungendo a

rappresentare il 35,1% del fatturato.

A partire del 2012 diminuiscono per la prima volta i lettori. Fino al 2011, a fronte

di vendite in calo si è registrata una crescita o una sostanziale tenuta della lettura:

la crisi induceva a risparmiare sull’acquisto del giornale, ma le persone non

rinunciavano a leggerlo.

L’ultima rilevazione (Audipress 2013/I) indica in 21,005 milioni le persone che

ogni giorno leggono un quotidiano, con una diminuzione rispetto allo stesso

periodo del 2012 del 14,8% corrispondente a 3,663 milioni di lettori.

Parallelamente, l’indice di penetrazione è calato dal 46,8% al 40,7%: in un solo

anno sei persone ogni cento che leggevano un quotidiano non lo leggono più! La

riduzione del numero dei lettori si è progressivamente accentuata. Nella prima

rilevazione del 2012 si è registrato un calo dell’1,0% rispetto alla precedente

rilevazione, nella seconda il calo è stato del 3,8%, nella terza del 5,1%; nella

prima rilevazione del 2013 il calo registrato è stato del 6,7% rispetto all’ultima

rilevazione del 2012.

É dal 2001 - con l’unica eccezione del 2006 allorquando si verificò una seppur

minima e temporanea inversione di tendenza (+0,9%) - che il numero delle copie

vendute di quotidiani è in costante flessione. La flessione peraltro si è accentuata a

partire dal 2008, parallelamente all’insorgere della crisi economica e alla

contrazione dei livelli di reddito e della capacità di spesa delle famiglie. Nel 2012

la flessione delle vendite è stata del 6,6% (da 4,272 a 3,990 milioni di copie), con

una percentuale analoga a quella registrata nel corso del 2011 (-6,8%). In cinque

anni, a partire dal 2007, i quotidiani hanno perso oltre 1,150 milioni di copie, con

una riduzione percentuale di oltre 22 punti.

42

Tab. 3.10, Lettura dei quotidiani

Per quanto riguarda gli investimenti pubblicitari, tutti i mezzi, come si è già visto,

ad eccezione di Internet (+5,3%, da 631 a 664 milioni di euro), hanno registrato

un calo, ma la contrazione è particolarmente accentuata nel settore della stampa.

Gli investimenti pubblicitari diminuiscono del 17,6% (da 1,356 a 1,117 miliardi di

euro) sui quotidiani, del 18,4% (da 852 a 695 milioni di euro) sui periodici, del

15,3% (da 4,624 a 3,917 miliardi di euro) sulla tv, del 10,2% (da 433 a 388

milioni di euro) sulla radio.

Allargando l’arco temporale di osservazione a partire dall’anno prima

dell’esplosione della crisi economica (2007) si rileva come gli investimenti

pubblicitari sulla stampa (quotidiani e periodici) siano diminuiti del -33,6%.

Nello stesso periodo (2007/2012) anche gli investimenti pubblicitari sulla tv sono

diminuiti, ma in maniera meno pesante (del 20%) con la conseguenza di una

accentuazione dello storico squilibrio del mercato pubblicitario italiano in favore

del mezzo televisivo. Nel 2007, la stampa raccoglieva il 32,1% delle risorse

pubblicitarie e la tv il 42,1%. La crisi economica accompagnata dall’esplosione

della pubblicità su Internet (cresciuta del 147% anche in virtù dei bassi livelli di

43

partenza) ha ridotto la quota pubblicitaria della tv di un punto (dal 42,1 al 41,1%

nel 2012) e quella della stampa di oltre sei punti (dal 32,1 al 26,0%).

I dati sugli investimenti pubblicitari relativi al primo trimestre del 2013 segnalano

l’ulteriore aggravarsi della crisi del mercato pubblicitario in generale e degli

investimenti sulla stampa in particolare. Il totale degli investimenti pubblicitari

segna, infatti, un calo del 18,9% rispetto al primo trimestre del 2012, calo più

accentuato sui periodici (-22,3%) e, ancor di più, sui quotidiani (-26,1%).

In contro tendenza rispetto all’andamento della carta stampata, per i giornali

online il numero di utenti attivi nel giorno medio è passato da 12,7 del 2011 a 14

milioni nel 2012 con un incremento del 10,8%.

2. Giornali online, multimedialità e crossmedialità

Nel cap. 2 si è parlato della differenza tra le tempistiche dell’editoria dei

quotidiani della carta stampata e quelle dei giornali online, si è fatto riferimento

anche al mutamento avvenuto all’interno del processo di negoziazione

giornalistica. In questo capitolo invece si intende dar conto delle peculiarità che

fanno di un giornale online uno strumento differente rispetto al quotidiano

cartaceo. Si prenderanno in considerazione, dunque, quelle caratteristiche

dell’informazione digitale che contraddistinguono la produzione e la fruizione

delle notizie sul web.

Ecco alcune caratteristiche principali dei giornali online35

:

- Tempestività, intesa come aggiornamento continuo e senza orario o palinsesto.

Le notizie vengono pubblicate il prima possibile anche solo in forma di flash di

poche righe in modo da lanciare la notizia per poi approfondirle con articoli più

dettagliati che seguono al lancio. Il successo di un sito è dettato anche dalla

frequenza con cui i suoi contenuti vengono aggiornati e dalla velocità di

35

Cfr. - PRATELLESI, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno

Mondadori, Milano, 2008, pp.110-115; e MAZZOCCO, D., Giornalismo digitale, architettura,

programmazione, ottimizzazione, Edizioni della Sera, Roma, 2012, pp.45-51

44

trasmissione delle notizie, la possibilità cioè di dar conto dei fatti in tempo reale.

Questo è un elemento determinante per i quotidiani online che eleva la

competitività rispetto alle notizie già invecchiate disponibili sul cartaceo la

mattina seguente. Sul web le notizie anno vita breve, il ciclo di vita delle notizie si

esaurisce nell’arco di poche ore.

- Spazio, determinante per superare i limiti imposti dalla carta, le possibilità di

approfondimento sono quasi illimitate. Un tipo di approfondimento è costituito

dai link che possono aiutare il lettore ad informarsi sull’argomento tramite

collegamenti ipertestuali, informazioni già pubblicate o esterne. Inoltre, il

recupero di documenti, articoli, commenti, e ricostruzioni è di gran lunga facilitata

dal libero accesso ai database dei giornali e al reperimento di informazioni sul

web. I vecchi articoli sono disponibili immediatamente con una semplice ricerca

nel sito del giornale. Questa semplicità di reperimento di informazioni è tanto vera

da aver creato delle discussioni su diritto alla privacy ed in particolare su quello

che viene chiamato “diritto all’oblio”, cioè la tutela del passato delle persone

coinvolte in fatti di cronaca o in articoli ormai datati. Alle redazioni dei giornali

online capita spesso di ricevere richieste di cancellazione di vecchi articoli, ma la

questione non è affatto semplice. Provando ad azzardare, una possibile soluzione

potrebbe essere negare l’accesso a determinate notizie via web ma conservarle

nelle banche dati dei giornali.

- Interattività. Nei giornali online come nel web 2.0 il lettore o fruitore non

ricopre più un ruolo esclusivamente passivo, ma diventa prosumer, produttore e

consumatore al tempo stesso. Può decidere che cosa leggere, vedere e consultare,

è coinvolto nel processo di ricerca e scrittura, come dimostra il giornalismo

partecipativo, e può esprimere la propria opinione nei forum o sotto agli articoli

stessi grazie alla funzione “commenta” dei siti. Inoltre grazia a applicazioni come

Google news può crearsi il proprio giornale fatto su misura, creato dall’utente

stesso in base ai propri interessi e consente di costituire all’interno dell’offerta

informativa un proprio percorso. Inoltre la rete consente l’interazione tra utenti,

tra lettori, attraverso le community che stimolano e facilitano la comunicazione

diretta tra persone con gli stessi interessi.

45

- Multimedialità e crossmedialità. Ormai, a conti fatti, gli articoli costituiscono

solo una parte della notizia e dell’informazione online. Oggi il giornale è scritto

con più linguaggi (testo, grafica, foto, audio, video, animazione) che attraverso i

link, formano l’ipertesto multimediale. Il web ha offerto questa grande possibilità

ai giornalisti digitali che oggi hanno la possibilità di integrare i loro articoli con

gallerie di foto e video in tempo reale. Il giornalismo, dunque, ha maturato la

capacità di raccontare i fatti attraverso mezzi e linguaggi differenti. Il merito è

attribuibile alla tecnologia che ha affinato la qualità delle immagini scattate anche

con modeste macchine fotografiche e videocamere. L’introduzione di contributi

audio e video ha permesso hai giornali online di diventare concorrenziali nei

confronti di televisioni e radio. Per sopravvivere alla crisi e alla giungla di offerta

informativa occorre un approccio multitasking ed un prodotto multimediale.

L’esistenza futura delle grandi e piccole testate sarà determinata dalla capacità di

articolare un’informazione crossmediale sul web, le immagini, i video e le

fotogallery attirano un numero elevato di click. Il ruolo del giornalista si evolve,

dall’essere solo una buona penna, oggi, gli viene richiesto di saper costruire le

notizie in modo da adattarle a tutti i formati: testo, video, foto e audio.

Viste le caratteristiche richieste dal giornalismo digitale per sviluppare un

prodotto competitivo, Russo e Zambardino nel loro “Eretici digitali”, mettono a

fuoco sei condizioni “necessarie, ma non sufficienti” per sopravvivere nell’epoca

digitale:

-integrazione delle redazioni, digitale e cartaceo;

- apertura ai lettori nel processo di raccolta, editing e pubblicazione delle notizie,

inserendo anche una fase di post editing a cura della redazione su segnalazione dei

lettori;

- capacità di rendere il prodotto multipiattaforma;

- presenza nei luoghi di aggregazione degli utenti digitali, nei social network, sia

per la raccolta delle informazioni che per la promozione di contenuti(da Facebook

a Twitter, da Flickr a YouTube, esistono nuove straordinarie possibilità di entrare

in connessione con le piattaforme del web 2.0 sia per acquisire lettori sia per

sfruttare la leva delle conoscenze che in questi servizi vengono quotidianamente

inserite dagli utenti).

46

- dato un qualsiasi argomento, esiste almeno un lettore che ne sa più di noi.

Trovarlo, o fare in modo che egli si faccia trovare, e metterlo in condizioni di

collaborare al processo di costruzione della notizia

- apprendere le regole dell’Informazione liquida36

.

Infine, al mutamento delle caratteristiche del modo di fare giornalismo digitale

corrisponde anche una aggiornamento nell’organizzazione della redazione online

che verrà riassunto in alcune funzioni principali:

-ricerca e selezione delle informazioni;

- ricerca di foto e video;

- elaborazione ed impaginazione;

- pubblicazione;

- prelievo di articoli da giornali di carta;

- aggiornamento delle news;

- gestione dei forum e dei blog;

- gestione dei sondaggi e dell’interattività con i lettori37

.

Alcune redazioni prevedono un lavoro no stop di 24 ore, con un turno notturno, ed

altre aggiornano il sito tra le 6-7 della mattina e le 0-2 della mattina successiva,

questo avviene perché le notizie hanno un ciclo di vita brevissimo e rimbalzano

velocemente da un media all’altro, invecchiando in fretta, per questo è importante

l’aggiornamento continuo.

3. Forme di finanziamento dei giornali online

3.1. Paywall, premium o tutto free?

Uno degli argomenti ancora molto dibattuti e senza una soluzione definitiva

nell’ambito del giornalismo online è il modello di finanziamento da adottare per i

36 Cfr. Russo, M., Zambardino, V., Eretici digitali, pp. 32-33 37

Cfr. PRATELLESI, M., New journalism. Teorie e tecniche del giornalismo multimediale, Bruno

Mondadori, Milano, 2008, p.138

47

siti. Mentre per i giornali cartacei i proventi derivano dalla vendita diretta delle

copie e da spazi pubblicitari all’interno del giornale, per i giornali online ancora

non esiste una soluzione univoca a questo problema. Sin dalla nascita dei primi

giornali online gli esperimenti sono stati molteplici e alcuni non hanno sorbito

l’effetto desiderato. Il più famoso è stato quello del quotidiano americano “Usa

Today” che al momento dell’entrata nel mondo digitale nel 1995 aveva deciso di

capitalizzare i proventi dei suoi 2 milioni di lettori organizzando una redazione

composta da 75 redattori e ben 225 collaboratori esterni solo per l’edizione

digitale, chiedendo in cambio agli utenti un abbonamento mensile del costo di 12

dollari e 95 cents per 3 ore al mese di collegamento e 2 dollari e 3 cents per ogni

ora in più. Dopo pochi mesi dall’inaugurazione della redazione digitale i guadagni

derivanti dai 1.000 abbonamenti non furono sufficienti per ammortizzare tutte le

spese, ed il giornale si vide costretto ad aprire l’accesso alle sue informazioni

recuperando i lettori che aveva fatto scappare con il muro dei contenuti a

pagamento, il cosiddetto paywall, riversando le possibilità di guadagno sulla

vendita di spazi pubblicitari.

Il passaggio dalla carta al digitale, soprattutto per i veterani del mondo

dell’informazione, non è stato per niente semplice. Le grandi firme del

giornalismo hanno dovuto scontrarsi con la logica del “tutto gratis” sul web, con

la reticenza, cioè, della maggior parte degli internauti, a pagare per accedere ai

contenuti web. È questa la debolezza economica strutturale con cui i giornali

online devono misurarsi. Per la maggior parte di loro, soprattutto per quelli locali,

infatti, è difficilissimo raggiungere una massa tale di traffico da far esplodere il

mercato pubblicitario. La forza del brand di un quotidiano in edicola è molto

diversa da quella che la stessa testata può avere su internet. Di solito l’utente web

cerca la singola informazione e non un quotidiano che lo guidi attraverso le

notizie, e comunque tende a ricercare le notizie in senso orizzontale,

confrontandole, cioè, tra di loro anche attraverso differenti siti di informazione e

giornali, sfruttando per altro le potenzialità della rete. La diversificazione dei

canali a disposizione dell’utente sminuisce i ricavi delle imprese del business

dell’informazione. Se da un lato ci troviamo difronte alla reticenza degli utenti a

pagare per contenuti web, dall’altro c’è l’instabilità del mercato pubblicitario che,

48

se pur in crescita negli investimenti internet, non è ancora chiaro se si tratti un

tendenza stabile o solo passeggera. La scelta tra il paywall e il “tutto free” non è

per niente semplice, a maggior ragione se si considera il fatto che, nel caso dei

contenuti a pagamento, non è scontato che si raggiunga un numero sufficiente di

abbonati che garantiscano le entrate necessarie per coprire le spese e produrre

utili. Inoltre laddove gli utenti sono tanti, esiste poca disponibilità a pagare, visto

che si tratta perlopiù di lettori occasionali e poco fidelizzati disposti, a trovare

facilmente alternative gratuite di qualità simile. Mentre dove i lettori sono

fidelizzati sono i numeri ad impedire la redditività delle barriere a pagamento38

.

Per non sottovalutare, poi, il fatto che chiudere un giornale, consentendone

l’accesso solo tramite abbonamento, significherebbe negare, allo stesso, tutti i

privilegi della rete, trasformandolo in un semplice strumento di lettura, un

videotext.

Una via di mezzo sembra essere costituita dal modello “premium”, si concede

cioè, l’accesso ai servizi base come articoli e materiale interattivo, per poi metter

in vendita i servizi speciali, come l’accesso all’archivio del giornale o l’upload del

giornale cartaceo, scannerizzato per la lettura su supporto digitale. Un’altra

moneta di scambio per i servizi aggiuntivi del modello “premium” è costituita, in

alcuni casi, dai dati personali dell’utente, gli si chiede cioè di effettuare un login o

una registrazione per reperire informazioni personali che poi verranno analizzate e

vendute agli investitori pubblicitari che potranno, così, targettizzare meglio il

mercato e selezionare con miglior efficacia il prodotto da pubblicizzare. Non,

dunque, un vero pagamento, ma un ricompensa in informazioni personali, una

piccola rinuncia alla privacy in cambio un servizio o un’altra informazione. A

pensarci bene, è questo il vero paradosso della rete, si acquistano informazioni in

cambio di altrettante informazioni. Il cliente finale dunque non è più il lettore del

giornale o il fruitore della singola notizia, ma, a ben vedere, le agenzie

pubblicitarie, il marketing, in una logica molto simile a quella dell’audience

televisiva, i programmi con più ascolti attirano più pubblicità, allo stesso modo i

giornali che attirano più click e più pagine visualizzate attraggono maggiori

investimenti in pubblicità. Tutto a prescindere dalla qualità.

38 Cfr. Granieri, G., “Dimmi dove lo metti, il paywall”, pubblicato il 12 giugno 2009 si Blog Notes

(http//www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=1109)

49

Dal fronte degli editori arrivano idee e anche qualche recriminazione. Alcuni

fanno riferimento al fatto che in effetti gli unici proventi certi provengano dai

fornitori della rete, delle connessioni a banda larga e dalle piattaforme sociali e di

aggregazione che sfruttano i contenuti altrui. La domanda è: viene prima l’uovo o

la gallina? Se non ci fossero i soggetti che producono i contenuti non ci sarebbero

nemmeno gli aggregatori, se gli editori o gli utenti stessi non producessero

contenuti le reti e le piattaforme sociali sarebbero vuote ed improduttive. Da qui

dunque la richiesta degli editori di ripartire l’unica fonte di guadagno sicura. Una

critica simile è stata mossa nei confronti del colosso Google, per il suo

aggregatore Google News39

, che in base ai flussi prodotti da alcune centinaia di

fonti giornalistiche è in grado di creare automaticamente una gerarchia tra gli

argomenti del giorno. L’homepage non è che un collage formato da titoli,

immagini e un breve cappello, presi in prestito da altri giornali a cui l’utente viene

reindirizzato nel momento in cui clicca la notizia. La richiesta specifica degli

editori sarebbe far pagare a Google i diritti d’autore.40

Come si è visto dunque, la scelta tra i vari modelli commerciali non è esente da

rischi, tant’è che, dopo circa vent’anni di storia del giornalismo online, non esiste

una soluzione definitiva al problema, al contrario nascono sempre modi differenti

per finanziare giornali o, come si vedrà, singole iniziative.

3.2. Il crowdfunding

Preso atto dei motivi che rendono la scelta del modello di finanziamento ardua, e

tenuto conto dell’instabilità economica mondiale (la crisi economica attanaglia i

mercati dal 2008), negli ultimi anni si stanno sviluppando nuovi metodi di

finanziamento che prevedono un contributo economico “dal basso”, si parla di

crowdfunding. È una tecnica a cui si affidano spesso i realizzatori di video, film,

musica e alcuni operatori del mondo dell’editoria. In quest’ultimo caso, di solito,

39

http///news.google.com 40

-Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism,

Apogeo, Milano, 2010, pp. 145- 158

50

attraverso un sito internet viene proposto un progetto di inchiesta e il budget

necessario per realizzarlo che comprenda le spese e una remunerazione per il

giornalista o l’equipe. Agli utenti viene chiesto di investire nel progetto attraverso

un’offerta libera in denaro. Se le offerte raggiungono il budget pattuito l’inchiesta

parte, nel caso contrario no41

. Il primo ad utilizzare una tecnica di questo tipo è

stato New Assignement, nel 2006, che proponeva questo esperimento

giornalistico condotto da Jay Rosen alla New York University. Lo scopo

dell’esperimento era conciliare gli interessi dei lettori con la passione e la

professionalità dei giornalisti su temi che sarebbero poi stati sviluppati attraverso

la collaborazione di tutti i soggetti coinvolti che avrebbero anche raccolto i soldi

necessari alla realizzazione dei singoli progetti. Da New Assignement è nato poi

Spot.us un sito di informazione che si focalizza sul giornalismo d’inchiesta. Gli

iscritti a Spot.us propongono i temi che attirano il loro interesse ed i giornalisti si

rendono disponibili per svolgere il lavoro d’inchiesta, definendo un compenso che

copra le spese e che sia adeguatamente remunerativo, qui poi, si da il via alla

colletta a cui si può partecipare anche con modeste donazioni di denaro. Nessun

finanziatore può coprire più del 20% del budget totale dell’inchiesta, l’intero

processo è esposto in maniera trasparente sul sito. Quando la quota necessaria per

realizzare l’inchiesta viene raccolta il giornalista procede alla realizzazione e ne

pubblica i risultati su Spot.us. Poi, nel caso in cui una grande firma del

giornalismo, o chi per lei, voglia acquistare l’articolo con i relativi diritti di

esclusiva i soldi guadagnati ritornerebbero ai finanziatori originali in forma di

crediti da spendere per sostenere nuovi progetti. Nel corso del primo anno di

attività Spot.us ha raccolto 45.000 dollari finanziando così 40 inchieste, la

donazione media si è aggirata intorno ai 20 dollari42

. Uno degli esperimenti

meglio riusciti nel campo del crowndfunding negli Stati Uniti.

Anche l’Italia, se pur in maniera meno organizzata che negli USA, sta pian piano

scoprendo questo modello di finanziamento giornalistico. È questo il caso di

Claudia Vago conosciuta sul web come @tigella, una ragazza emiliana di 34 anni

41

Cfr. MAZZOCCO, D., Giornalismo digitale, architettura, programmazione, ottimizzazione, Edizioni della

Sera, Roma, 2012, p. 150 42

Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism,

Apogeo, Milano, 2010, pp 190-192

51

che nel gennaio del 2011 con lo scoppio della rivolta in Tunisia e poi con la

“primavera araba” era diventata popolare su Twitter per aver rilanciato o re-

tweetato alcuni account tunisini che seguiva insieme al marito di origini in parte

tunisine, diventando così uno dei punti di riferimento in Italia per le informazione

sulla rivoluzione araba sui social network. L’apprezzamento conquistato con il

lavoro fatto sulla questione araba, l’aveva spinta a creare un progetto di

crowndfunding, chiedendo al suo pubblico di finanziare il suo viaggio negli USA

per seguire da vicino “Occupy Wall Street”, movimento nato il 17 settembre

2011, giorno in cui 5.000 manifestanti pacifici tentarono di raggiungere la zona di

Wall Street a New York ma furono ostacolati dalle forze dell’ordine ed il corteo

si trasformò in un’assemblea generale. L’obiettivo era quello di creare un

movimento permanente capace di distogliere l’agenda del dibattito pubblico

dall’egemonia del capitalismo finanziario. “Claudia ce l’ha fatta, ha raccolto 2.600

euro in una decina di giorni grazie alla piattaforma «Produzioni dal basso – nuove

comunità economiche» (http://www.produzionidalbasso.com) e alla fine di aprile

è partita per New York, dove ha assistito «da dentro» a manifestazioni e cortei,

per poi spostarsi a Chicago dove il movimento «Occupy» intendeva contestare il

vertice della NATO che si svolgeva in quella città. […] «Problemi

dell’informazione » ha deciso di intervistarla per fare con lei un bilancio

dell’esperimento. […] Proprio sul piano del metodo la sottoscrizione di Claudia

suscitò qualche polemica, specie da quanti la accusavano di «svendere» il proprio

lavoro. Allo stesso tempo altri lodarono l’impresa come un esempio del

«giornalismo del futuro»”43

.

Il metodo del crowndfunding, come tutto ciò che è sperimentale, non è esente da

critiche, l’articolo de “Problemi dell’informazione” lo mette ben in evidenza, ma

ciò che è importante qui è sottolineare la nascita di nuovi modelli di

finanziamento del giornalismo che nell’incontro/scontro con il mondo digitale ne

modificano dalle fondamenta i meccanismi e le dinamiche, provocando ancora

una volta quelli assestamenti che, inevitabilmente, vengono a crearsi nella ri-

mediazione del mezzo “giornale” e che, dal canto loro, contribuiscono ad

innescare quei meccanismi di mutamento socio-culturale che interessa sottolineare

43

A cura di Tedeschini Lalli, M., “Crowndfunding e contenuti liquidi, il giornalismo partecipativo e digitale

di @tigella” in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2, agosto 2012

52

in questa sede e a cui si fa riferimento nell’introduzione. È importante dunque

tenere a mente che Claudia Vago nel suo lavoro di reporter doveva dar conto del

suo lavoro ai lettori che l’avevano finanziata e non al suo direttore, come sarebbe

successo in una tradizionale redazione di un quotidiano cartaceo, per non parlare

del fatto che per raccontare il movimento in tempo reale, Claudia, ha utilizzato i

social network e un blog con aggiornamenti minuto per minuto e formati che

vanno dalle immagini, al video, ai tweet e agli articoli in una prospettiva

multimediale. Il caso di @tigella è sintomatico di un giornalismo costretto ad

allargare i suoi orizzonti sia dal punto di vista produttivo, contribuire ad informare

è oggi compito non solo dei professionisti ma anche degli utenti o di pubblici

cittadini, sia dal punto di vista del consumatore, il lettore non ricopre più il

semplice ruolo di fruitore, può far parte a pieno della macchina produttiva ed ha

voce in capitolo in molti modi differenti, finanziando progetti o semplicemente

commentando le notizie.

4. Citizen journalism

Per Citizen journalism si intende giornalismo collaborativo fatto dalla

partecipazione attiva dei lettori e degli utenti. Esistono diversi tipi di giornalismo

partecipativo, ma ciò che tutti hanno in comune è la collaborazione, di vario

livello, tra i lettori e i giornalisti, tra i consumatori e i produttori di informazioni.

Nel 2005, Steve Outing ha tentato di stilare una classifica di 11 livelli che

scandiscono il processo di adozione del citizen journalism all’interno del

giornalismo44

:

- L’apertura degli articoli ai commenti del pubblico. I commenti fanno il

loro ingresso con i primi blog, non sono un’apertura particolarmente

significativa ma consentono ai lettori di reagire in qualche maniera,

criticare ed aggiungere particolari.

44

Cfr. MAISTRELLO, S., Giornalismo e nuovi media. L’informazione al tempo del citizen journalism,

Apogeo, Milano, 2010, pp 181-190

53

- La richiesta di aiuto del lettore. Alcuni articoli possono essere arricchiti

dai contributi dei lettori a conoscenza, magari, di particolari o episodi

sconosciuti al giornalista che possono integrare l’articolo o dare vita ad

uno spazio per le testimonianze.

- Open source reporting. Raggruppa tutti quei casi in cui un giornalista o un

giornale confrontano le proprie idee con i lettori prima di mettere a punto

un’indagine o un’inchiesta.

- La piattaforma di blogging. Molti giornali ospitano all’interno del loro sito

uno spazio dedicato ai blog dei lettori, fornendogli così la possibilità di

render pubblico il proprio pensiero, aggregando nuovi punti di vista ed

arricchendo il sito di contenuti di valore.

- Condivisione trasparente delle scelte redazionali. Alcune testate hanno

maturato la buona abitudine di rispondere regolarmente, in maniera diretta

o tramite figure specializzate, alla curiosità e alla perplessità dei lettori,

giustificando le proprie scelte e valutazioni giornalistiche.

- Il sito indipendente di citizen journalism (con editing). Alcuni giornali

promuovono spazi, indipendenti dalla testata stessa, aperti alla creatività

dei propri lettori, sulla quale la redazione si riserva il diritto d controllarne

i contenuti per garantire il rispetto di alcuni standard di uniformità e

qualità, e ha l’ultima parola sulla loro pubblicazione. Più diffuse negli

USA e a livello locale.

- Il sito indipendente di citizen journalism (senza editing). È la stessa

situazione del livello precedente senza però il lascia passare della

redazione.

- La pubblicazione su carta dei contenuti prodotti dai lettori. Le iniziative

come i siti indipendenti di citizen journalism producono spesso contenuti

interessanti e molto utili ai concittadini, così alcuni editori hanno pensato

di stamparli su carta, diffondendoli come free press o in allegato con altri

giornali.

- L’ibrido: professionisti e citizen journalist lavorano insieme. Una piccola

redazione di giornalisti seleziona e gestisce i contenuti proposti da

54

un’ampia comunità di collaboratori che fornisce notizie e

approfondimenti.

- Giornalisti e citizen journalist lavorano insieme e a stretto contatto. Il sito

è realizzato da professionisti e collaboratori spontanei, che si dividono i

compiti per valorizzare le capacità di ciascuno. La collaborazione delle

persone è parte integrante del progetto editoriale.

- Wiki journalism: tutti fanno tutto. Si tratta del modello collaborativo

sdoganato da Wikipedia ma applicato alle notizie, chiunque può prendere

parte alla realizzazione della notizia, creando, espandendo o correggendo

le pagine del giornale in modo collaborativo. Ne è un esempio proprio

www.wikinews.org creato da Wikimedia, la fonazione che gestisce

wikipedia.

Di esempi di citizen journalism ne esistono innumerevoli in tutto il mondo, uno

per tutti in Italia, forse anche il più celebre, è YouReporter.it, una piattaforma di

video-giornalismo partecipativo creata nel 2007 da due milanesi, Stefano de

Nicolo e Alessandro Coscia. Raccoglie testimonianze spontanee degli utenti di

eventi di cronaca in forma di video e foto. YouReporter.it è affiancato da un

canale redazionale che prova a riorganizzare il materiale collaborativo per dar vita

ad una testata digitale.

Visti gli sviluppo si potrebbe dire che, come recita un famoso proverbio, “l’unione

fa la forza”. Un coinvolgimento del lettore, tanto agognato, e degli utenti in

generale divenuto ormai indispensabile grazie alle piattaforme digitali messe a

punto dal web 2.0. Si tratta di ciò che viene anche chiamato crowdsourcing:

“Quando si mette insieme un numero sufficiente di individui si ha una folla

(crowd). Una delle cose che le folle fanno meglio dei giornalisti è raccogliere dati.

[…] Piattaforme sociali come Twitter e Facebook dimostrano che raccogliere e

interpretare tutte le informazioni disponibili è un compito che va al di là delle

possibilità umane. […] La disponibilità di risorse come le foto dei cittadini non

rende inutile il giornalismo o i giornalisti, ma cambia il loro lavoro: non si è più la

fonte dell’iniziale ripresa fotografica o dell’iniziale osservazione, ma si diventa la

persona che richiede le informazioni rilevanti e che filtra e contestualizza i

55

risultati. La parola «crowdsourcing» implica per il giornalista una relazione uno-a

molti: porre una domanda o estrarre una risposta da un ampio gruppo di persone.

Ma la «folla» è a sua volta formata da una serie di individui che svolgono attività

in collegamento con altri, che possono essere interrogate e usate per ottenere una

versione più completa degli eventi o per scoprire cose che non erano facilmente o

rapidamente ottenibili attraverso la tradizionale attività di raccolta di informazioni

consumando le proverbiali «suole delle scarpe»”45

.

5. Giornali online e social network

Se il punto sul quale si sta cercando di focalizzare l’attenzione sono le “scosse” di

assestamento provocate dal passaggio del giornalismo dalla carta stampata, e

dunque dall’analogico, al digitale, non si può non accennare alle innovazioni

apportate dai social media e dalle piattaforme di social networking del web 2.0.

Questi hanno inflitto il colpo decisivo al muro che separava nettamente i ruoli,

finora confinati alla vendita, per le aziende, e alla sola facoltà di scelta d’acquisto

di un prodotto per i consumatori. E senza dubbio questo è avvenuto anche

nell’ambito del giornalismo anche grazie alle piattaforme di social networking.

Come sostiene Vincenzo Cosenza “Cambia il paradigma comunicativo per i

lettori, ma anche per giornali e giornalisti. La loro posizione nell’ecosistema. I

primi non sono più solo soggetti passivi della comunicazione e i secondi si

ritrovano a non essere più solo soggetti attivi o gli unici in grado di attivare la

macchina delle notizie”46

.

Il primo ed anche il più famoso tra i social network è Facebook che in pochi anni

si è trasformato in una gigantesca piazza per circa un miliardo di persone ed è

anche diventato uno dei più efficaci mezzi di comunicazione personale e

aziendale. Così per quanto riguarda le notizie sembra lecito pensare che gran parte

45

«Post-Industrial Journalism: Adapting to the Present» di C.W. Anderson, E. Bell, C. Shirky, (Tow Center

for Digital Journalism, Columbia Journalism School, N.Y. 2012, tradotto integralmente in Problemi

dell’informazione / a. XXXVII, n. 3, dicembre 2012 46

Cosenza, V., Giornalismo, social media e nuove metriche, in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2,

agosto 2012

56

degli utenti di Facebook possa apprendere le notizie dal social network per poi

approfondirle sui siti d’origine, trattandolo, così, come una sorta di rassegna

stampa sociale, dove la selezione delle notizie è fornita dal proprio gruppo di

amici. Naturalmente Facebook rappresenta una svolta anche per le testate, che

possono, in questo modo, instaurare un rapporto fiduciario e continuativo con i

lettori. Secondo uno studio47

presentato alla sesta edizione del Festival

Internazionale del Giornalismo ha messo in luce che il 63% delle 161 testate di

qualunque periodicità prese in considerazione ha una presenza su Facebook. Tra i

quotidiani l’88% ha una pagina ufficiale. Nel caso dei settimanali e dei mensili:

tra i primi solo il 48% ha una presenza sul social network, mentre tra i secondi la

percentuale è del 51%. Incrociando la quantità di “liker” con il grado di

“engagement”, lo studio ha messo anche in evidenza quattro differenti modi, dei

giornali, di permanere dei sul social network:

- leader, coloro che hanno conquistato l’attenzione di un numero consistente di

lettori e che li hanno anche saputi mantenere, attraverso pratiche volte al

coinvolgimento. Gli unici 2 sono “La Repubblica” con 900.000 sostenitori e

364.000 interazioni (like, commenti, condivisioni, ecc.) e “Il Fatto Quotidiano”,

con circa 750.000 fan e 348.000 interazioni;

- fan collector, sono quelli che hanno adottato una strategia di incremento dei fan

attraverso investimenti pubblicitari ma che non hanno avuto del tutto l’effetto

desiderato. Fanno parte di questa categoria testate come il “Corriere della Sera” e

«La Gazzetta dello Sport». Il primo pur riuscendo ad ottenere in media 441

reazioni per ogni post scritto, totalizza solo 15 interazioni per ogni 100 fan, segno

di una base fan poco reattiva. Il secondo sviluppa 126 interazioni per post e solo 5

per ogni 100 fan;

- engager, si tratta delle testate che non possiedono moltissimi fan, ma che,

nonostante tutto riescono a coinvolgerli bene. “Leggo” è uno di questi, grazie alla

sua capacità di generare il massimo delle interazioni per fan ossia in media 167

per ogni fan e 306 reazioni per ogni notizia pubblicata;

47

A questo indirizzo è possibile reperire il rapporto completo http://www.slideshare.net/Blogmeter/la-

stampa- italiana-su-facebook-il-paper

57

- lengard o ritardatari, visto il numero ridotto di liker ed un basso engagement

totale. Alcuni sono «Tuttosport», «il Giornale», «l’Unità», il «Corriere dello

Sport».

Un altro importante contributo a livello di social networking è Twitter, che per

l’informazione è forse anche più utilizzato di Facebook (le prime notizie della

primavera araba si ricevettero proprio da Twitter). Un incremento consistente si è

avuto tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, quando Audiweb ha stimato un

numero di visitatori mensile nell’intorno di 3 milioni. Twitter ha una forma

asimmetrica perché consente di seguire un personaggio pubblico o un semplice

utente senza l’obbligo che egli debba ricambiare. Adatto per essere fruito

facilmente in mobilità e per questo è stato accolto dai giornalisti come luogo

ideale per stabilire la propria dimora digitale oltre che come strumento di lavoro

(apprendere notizie e commentare o raccontare i fatti del momento)48

.

Il rapporto tra giornalismo e social network, dunque, non è che un altro tassello

che ci conduce a constatare quanto il mondo dell’informazione stia cambiando e

quanto questo influisca profondamente nel modo di fare informazione e nel modo

di fruirne. La tendenza sembra essere quella del sempre maggiore coinvolgimento

democratico dei lettori alla partecipazione attiva, anche dall’interno, nei processi

produttivi. Questo, naturalmente, modifica il tradizionale modo di fare

giornalismo attraverso il processo di adattamento al medium.

48

Cosenza, V., Giornalismo, social media e nuove metriche, in Problemi dell’informazione / a. XXXVII, n. 2,

agosto 2012

58

CAPITOLO 4

Il caso studio: BrindisiReport.it

Nel tentativo di rendere maggiormente comprensibili le differenze e gli

assestamenti prodotti dal passaggio del giornalismo dal cartaceo all’online, si è

pensato di fornire un esempio concreto di sviluppo e di gestione di un giornale

online. Si è preso dunque in considerazione, attraverso osservazione partecipante

e interviste a testimoni privilegiati, il caso della redazione di BrindisiReport.it49

, il

primo quotidiano online della provincia di Brindisi, nato nel febbraio del 2010 e

salito alle cronache nazionali per aver diffuso per primo il video dell’attentatore

della strage del 19 maggio 2012 all’istituto professionale Morvillo Falcone di

Brindisi.

BrindisiReport.it si caratterizza come la realtà più seguita nella provincia di

Brindisi. Dalla sua nascita sino all’ottobre 2013, ha collezionato 23.000.000

visite, dove per visite si intende tutte le volte che una pagina o l’intero sito viene

visualizzato. Mediamente, ad oggi, BrindisiReport.it registra 641.959 visite

mensili e circa un terzo di visitatori unici, 203.488, e 1.516.623 visualizzazioni di

pagina50

. BrindisiReport.it è presente anche su Facebook e da poco anche su

Twitter, su Facebook con 20.662 liker e su Twitter con 1.439 follower. Le

interviste semi-strutturate sono state effettuate ad parte della redazione, in

particolare a: Vittorio Bruno Stamerra, settantenne originario di Tuturano, una

frazione di Brindisi, è uno degli editori di BrindisiReport.it, ma anche giornalista

professionista con una carriera nei principali giornali di Puglia e nazionali, la

Gazzetta del Mezzogiorno, La stampa, la Rai per il Tg3 e poi il Quotidiano di

Puglia come responsabile, da pensionato gestisce una piccola casa editrice di

Brindisi, la Hobos. Marcello Orlandini, ha sessanta anni nativo di San Vito dei

Normanni e vive ad Ostuni, è direttore responsabile ed editore di BrindisiReport.it

49

www.brindisireport.it 50

Per visualizzazioni di pagina s intende il numero totale di pagine visualizzate e comprende le

visualizzazioni ripetute della stessa pagina. I dati sono riferiti al mese di ottobre 2013 e sono ripresi da

https://www.google.com/analytics/web/?hl=it#report/visitors-flow/a18957046w38013044p37580927/

59

ha lavorato per Repubblica e per il Quotidiano di Puglia per molti anni. Roberta

Grassi, giornalista professionista di trent’anni di Ostuni, proviene da un giornale

cartaceo della provincia di Brindisi, Senza Colonne, che attualmente è solo un

quotidiano online, e oltre ad essere l’unica, insieme a Marcello, giornalista

professionista della redazione di BrindisiReport.it, lavora “a pezzo” per l’agenzia

ANSA.

1. Come nasce BrindisiReport.it

L’avventura di BrindiReport.it nasce nell’estate del 2009 quando un gruppo di

amici costituiscono una società con l’idea di comprare una televisione locale. Il

progetto dell’acquisto dell’emittente televisiva fallisce, e alcuni soci decidono di

utilizzare i fondi residui come investimento in un altro progetto nel settore

dell’editoria. Come ci spiega Marcello Orlandini nell’intervista:

“mi fu proposto di preparare un piano editoriale per un periodico di economia e

politica. Io replicai che probabilmente sarebbe stato più opportuno ed utile

progettare invece la nascita di un giornale online perché la nuova frontiera

dell’informazione era questa e sicuramente l’operazione sarebbe stata più

interessante e innovativa rispetto a quella di un periodico stampato nel settore

,diciamo, della politica e dell’economia. Mi fu chiesto di attendere un paio di

mesi perché la mia proposta potesse essere valutata meglio quindi fui richiamato,

a settembre, ricevetti l’approvazione per preparare un piano editoriale per un

quotidiano online. Il progetto è stato preparato in poche settimane quindi

sottoposto nuovamente agli investitori, potenziali investitori, che diedero il via

libera”.

Della stessa storia Vittorio Bruno Stamerra dice:

“l’avventura di Brindisireport.it credo che sia iniziata tra tre e quattro anni fa,

abbiamo cominciato a concepirla nell’estate di quattro anni fa, poi ha preso il

60

via nell’inverno, se non sbaglio nel febbraio dell’anno successivo, eh, ed è partita

da un esigenza che era largamente sentita sia in Marcello Orlandini, che in me,

tenga conto che Marcello era uno dei riferimenti più importanti della redazione di

Brindisi del Quotidiano quando io ero responsabile, e quindi avevamo,

avvertivamo l’esigenza di un’informazione che fosse meno ossequiosa nei

confronti del potere costituito, che fosse meno istituzionale, meno da ufficio

stampa, e quindi ogni volta che ci incontravamo pensavamo a dei progetti a delle

cose da fare. Avevamo pensato ad un nuovo quotidiano su carta, otto pagine,

quattro pagine, taglio popolare, taglio medio-alto, un giornale di nicchia, poi

avevamo pensato ad un settimanale, poi ad un mensile, sino a quando Marcello,

non se n’è venuto con la proposta di un quotidiano online, abbiamo cominciato a

discuterne e alla fine è venuta fuori l’idea di un quotidiano online. Abbiamo

affidato la responsabilità ad un grafico, a Giovanni Rubaltelli, che ha fatto il

progetto grafico, eh, Giovanni Rubaltelli è uno dei collaboratori della Hobos e

poi siamo partiti, siamo partiti avendo a disposizione soprattutto una grande

volontà, quella di essere una voce diversa, alternativa meno istituzionale sul

panorama dell’informazione nella provincia di Brindisi, e siamo, piano piano, le

cose hanno cominciato a girare per il verso giusto e oggi è quella realtà che tutti

ci invidiano”.

Marcello Orlandini, l’attuale direttore responsabile del giornale, all’epoca aveva

lasciato da qualche anno il lavoro al “Quotidiano di Puglia” e lavorava presso un

giornale cartaceo della provincia di Brindisi, “Senza Colonne”. Roberta Grassi è

entrata a far parte della redazione solo nel 2012 mentre Vittorio Bruno Stamerra è

uno dei fondatori, editore, proprietario del 40% dei capitali investiti in

BrindisiReport.it. Marcello oltre ad esser l’anima della redazione, ne è anche la

memoria storica, ne ha dato l’idea ed ha assistito a tutte le evoluzioni del piccolo

quotidiano:

“gli investitori erano Vittorio Bruno Stamerra, il mio ex direttore del periodo

trascorso al Quotidiano di Brindisi Lecce e Taranto, come si chiamava allora,

attuale Quotidiano di Puglia e l'altro investitore era un ex vice-presidente del

61

consiglio regionale della Puglia e attuale membro del consiglio di

amministrazione delle Ferrovie Apulo Lucane, Carmine di Pietrangelo. Alla fine

di settembre inizio di ottobre del 2009, il progetto era già pronto e quindi fui

anche autorizzato a sottoporre agli editori ,perché ormai era stato deciso di fare

quest’operazione, anche un progetto di redazione, e la mia idea era quella di

avere una redazione al massimo di quattro persone, oltre a un fotografo e un web

master, perché il web master è una figura tecnica essenziale per un giornale

online, quindi una redazione molto piccola di sei persone inclusi i servizi tecnici e

il sottoscritto; di avere una redazione in Cittadella della Ricerca perché si

trattava di un contesto diciamo ottimale, per un progetto editoriale innovativo

avere un giornale collocato in un luogo dove si fa alta formazione dove si fa

ricerca perché con tutte le contraddizione possibile e immaginabili la Cittadella

è comunque un luogo di formazione, un luogo di ricerca anche molto avanzata in

alcuni settori, e non avere invece una redazione in città come tradizionalmente,

solitamente, si fa per i giornali normali, ecco. Anche su queste due idee ho avuto

,ho ricevuto l’approvazione degli editori quindi abbiamo fatto insieme una

selezione del personale, diciamo, scegliendo tra figure che avevano già un

esperienza comunque di lavoro nel settore”[…]” poi è stato anche rinnovato il

consiglio di amministrazione di questa vecchia società che di fatto era rimasta

inattiva che aveva un capitale sociale versato di 200.000euro,è stato rinnovato il

consiglio di amministrazione perché una parte dei vecchi soci erano interessati a

un operazione della tv locale e non erano invece interessati a quest’avventura del

giornale online e quindi sono stati sostituiti, o dai due investitori che mi avevano

convocato che hanno rilevato anche le loro azioni, mentre invece la parte di

minoranza delle azioni, il 15% è stata divisa tra il sottoscritto e l’attuale

amministratore unico della società che è un consulente del lavoro. Quindi

attualmente la società ha quattro soci io e l’attuale amministratore unico più i

due investitori che ho già citato che hanno il pacchetto di maggioranza diviso tra

il 40% Stamerra e il 45% di Pietrangelo.”

Il progetto dunque parte del febbraio del 2010 con una piccola redazione formata

da sei persone più l’amministratore unico, i due editori, Stamerra e di Pietrangelo,

62

e un web master. BrindisiReport.it è ancora in una fase di start-up e si basa su un

modello di finanziamento rivolto alla vendita di spazi pubblicitari all’interno del

sito, il direttore responsabile, Marcello Orlandini, lo racconta così:

“Dal punto di vista finanziario, abbiamo anche deciso di trovare una figura in

grado di garantire la raccolta pubblicitaria perché un giornale online si deve

autofinanziare sostanzialmente, e l’unico mercato al quale può fare riferimento se

non c’è un editore che copre tutto è comunque il mercato della pubblicità

ordinario, diciamo. Questa rappresentava una difficoltà iniziale perché il

trasferimento della pubblicità normalmente orientato sui prodotti cartacei, sul

prodotto che invece utilizza il web come forma di diffusione rappresenta in ogni

caso una sfida anche per l’investitore pubblicitario che non ha mai sperimentato

il ritorno, diciamo, economico di un investimento di questo tipo, quindi avevamo

il problema di convincere soprattutto aziende anche medio-grandi a investire dal

punto di vista delle inserzioni pubblicitarie su un giornale online quindi questo è

un problema che noi abbiamo affidato a una figura che aveva già esperienze in

questo settore che poi è diventata la quinta unità anche della redazione perché è

il direttore editoriale attuale che si occupa degli aspetti legati

all’autofinanziamento del giornale.”[…]” il capitale sociale è stato inizialmente

utilizzato per sostenere lo startup della nuova impresa editoriale però è stato poi

ripianato gradualmente con gli introiti pubblicitari. Un'altra caratteristica di

quest’operazione della fase dello start-up, che io considero non ancora terminata,

malgrado siano passati più di tre anni perché noi siamo usciti col primo numero,

il 26 febbraio 2010, è il sistema retributivo della redazione. Noi abbiamo deciso

di non applicare il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti perché nella fase

dello start-up sarebbe stato un costo insostenibile per l’impresa. Abbiamo

privilegiato delle forme contrattuali meno remunerative per i giornalisti ma

comunque garantite dal punto di vista dell’osservanza delle normative

previdenziali, cioè noi abbiamo stipendi non alti ma abbiamo una regolarità

contributiva costante anche perché l’ente di riferimento per la previdenza della

nostra redazione è l’INPGI che è l’Istituto Nazionale Previdenza Giornalisti

Italiani, è molto severo nelle verifiche e nel controllo della regolarità retributiva

63

per altro noi per i nostri rapporti commerciali con committenti della pubblicità

siamo molto spesso obbligati a esibire il DURC, documento unico di regolarità

contributiva, questo documento unico di regolarità retributiva, viene rilasciato

dall’IMPGI, quindi se non ci fosse regolarità retributiva non potremmo nemmeno

accedere al mercato pubblicitario sostanzialmente almeno quello nei confronti

delle grandi imprese o degli enti che comunque richiedono questo tipo di

regolarità nei loro rapporti commerciali. Questo ci ha garantito un progressivo

avvicinamento al pareggio di bilancio, graduale, ma ci siamo quasi, dopo tre

anni e mezzo ed un contesto di crisi globale, questo è un ottimo risultato da un

punto di vista economico. Nei tre anni e mezzo che sono trascorsi la redazione ha

subito dei cambiamenti, cioè anche la redazione si è affinata rispetto alle

esigenze di lavoro che pone un giornale online nel senso che dei colleghi che

inizialmente facevano parte di quest’avventura non è rimasto praticamente

nessuno ad eccezione del sottoscritto e del direttore editoriale, però oggi noi

abbiamo una squadra che è cresciuta ed è allenata per lavorare come un giornale

online che è un lavora che ha dei tempi di reazione, dei tempi di confezionamento

del prodotto che sono nettamente diversi rispetto a quelli di un giornale

tradizionale e questo è ciò che ha impedito alla squadra iniziale di poter

proseguire trattandosi di colleghi che non si sono adeguati alla tempistica e hai

metodi di lavoro richiesti da brindisireport.it sostanzialmente.[…] perché la loro

esperienza, del resto come la mia, era unicamente improntata alla attività di

redazione di un giornale tradizionale, mentre invece la cosa richiedeva un

adeguamento anche se pure progressivo a ritmi e a esigenze diverse, infatti il

confezionamento di un giornale online è una cosa progressiva in tempo reale e

richiede non solo il testo scritto, ma richiede anche molto spesso la

documentazione, fotografica di un evento, e anche la documentazione video di un

evento, e anche la fornitura all’utente della documentazione collegata a

determinati fatti, se esiste, se io parlo di una delibera della giunta regionale

approvata in mattinata, io possibilmente devo allegare all’articolo anche la bozza

della delibera e ciò , diciamo, è anche richiesto da sentenze della magistratura,

per esempio o da altre circostanze di cui si occupa la cronaca di un giornale

online, cioè un giornale online deve fornire all’utente, per essere un prodotto

64

anche vincente rispetto alla concorrenza, di più sul piano anche iconografico e

documentale e quindi questo richiede un lavoro non solo di preparazione dei testi

ma anche di ricerca e di documentazione delle fonti sia fotografica che diciamo

documentale stessa. Un giornale online intanto deve avere alla base una

piattaforma editoriale che sia adeguata alla impresa, quello non è un costo

trascurabile, è un costo importante ma imprescindibile. Noi utilizziamo una

piattaforma che ci viene fornita da un provider che è Aruba che è leader in Italia

per quanto riguarda l’affitto, la vendita di piattaforme sul web. Noi ne abbiamo

affittata una che ci costa di affitto 8-9.000 euro l’anno però ha le dimensioni, le

capacità e le protezioni da attacchi esterni diciamo a livelli medio alti e quindi, a

questa piattaforma noi poi abbiamo collegato il sistema operativo vero e proprio

del giornale che è Wordpress, nelle sue versioni progressivamente aggiornate, e

questo Wordpress ci consente allo stato attuale l’inserimento di video foto a

anche di documentazione con meccanismi piuttosto celeri. Però noi a tutto questo

abbiamo anche abbinato un sistema di interazione con i social network con vari

social network non solo uno, noi utilizziamo Facebook per amplificare la

diffusione delle nostre notizie infatti il giornale non ha solo la sua homepage, la

sua piattaforma online ma ha anche una pagina Facebook, che è come se fosse un

altro giornale, e che è anche la porta di accesso alle nostre notizie per 80% dei

nostri lettori, quindi è fondamentale. Facebook nel contempo ci consente anche di

archiviare e di caricare sia foto che video, e quindi ci fa anche da magazzino per

una parte del materiale che noi pubblichiamo e lo stesso dicasi per YouTube, che

è il nostro magazzino video: noi abbiamo prodotto dalla nascita del nostro

giornale ad oggi centinaia e centinaia di video che non potremmo immagazzinare

nella nostra piattaforma perché ne esauriremo prima o poi la capacità di

archiviazione ma invece attraverso Facebook e YouTube possiamo

semplicemente far accedere i nostri lettori ai video attraverso i link che noi

inseriamo nei pezzi.”

Anche Vittorio Stamerra, nella sua intervista parla del modello di finanziamento

di BrindisiReport.it e di ciò che è necessario per fondare un giornale online:

65

“gli americani teorizzavano, io ho insegnato tecniche giornalistiche e storia della

comunicazione, gli americani dicevano che per fare il giornale ci volevano tre

cose, gli uomini, le idee e i soldi, se mancava una sola di queste componenti, il

giornale, l’idea, il progetto era destinato a fallire punto e basta. Oggi diciamo

che la rete ha sostituito una delle tre componenti cioè quella dei soldi perché uno

senza soldi riesce comunque a proiettarsi all’esterno, a comunicare, è chiaro che

per fare un prodotto che poi diventi un riferimento, deve avere il supporto

finanziario, il supporto tecnico, però diciamo che oggi in termini di libertà, in

termini di possibilità teorica, oggi si è più avvantaggiati rispetto al passato

perché la rete ti da questa possibilità, però è chiaro che se tu vuoi essere impresa

il discorso cambia, anche Grillo per poter diventare quello che è diventato ha

dovuto affidarsi ad una struttura di marketing ad un investimento di carattere

economico, ma diciamo che per fare un’impresa editoriale ancora oggi ci

vogliono gli uomini, le idee e i soldi, un po’ meno con l’avvento della rete, infatti

sul piano dei soldi, l’investimento che abbiamo fatto su BrindisiReport è stato

economicamente più vantaggioso rispetto all’investimento che potevamo fare

sulla carta stampata, perchè più che altro abbiamo risparmiato sui costi di

stampa”[…]”tenga conto che sono forse già due anni che non sono

amministratore, il modello finanziario penso che sia rimasto quello della vendita

della pubblicità degli spazi pubblicitari, non credo sia stato neanche abbozzata

l’ipotesi di fare degli abbonamenti e quindi di fare pagare l’accesso alla lettura

degli articoli, cosa che le altre testate stanno incominciando a fare, non solo il

Corriere della Sera, Repubblica, la Stampa, ma all’estero hanno incominciato

prima rispetto agli italiani e lì è un, un’arma a doppio taglio, perché il quotidiano

deve per forza avere una vetrina, quindi l’home page che è la prima pagina,

quella comunque la devi dare al lettore, perché poi uno perché deve venire a

leggere la notizia se tu non gli dai quantomeno il titolo, questo è un discorso

abbastanza complicato perché alcuni giornali tendono a non dare neanche quello

e a privilegiare l’abbonamento per forza, altri giornali stanno ancora in mezzo, la

vetrina la danno anche abbastanza corposa, tipo la stampa. Eh, non c’è una linea

comune ancora su questo problema, perché le ripeto l’economicità delle testate

66

online sta provando un sacco di difficoltà, nessuno ha trovato la quadra giusta,

questo è, è la verità.”

BrindisiReport.it dunque si fonda sul modello finanziario del “tutto free”, vendita

di spazi pubblicitari all’interno del sito.

2. Un viaggio chiamato vita: le differenze tra la carta stampata e il

giornale online.

Tutti i protagonisti di questa storia sono accomunati dall’aver fatto, nella corso

della loro vita, esperienza sia del giornale cartaceo che di quello online. Un

apporto importante ai fini della ricerca perché permette di comprendere dal di

dentro le difficoltà del passaggio del mezzo dall’analogico al digitale, visto dal

punto di vista dei protagonisti che vivono giorno per giorno gli assestamenti, i

vantaggi e le problematiche legate a questo nuovo modo di far giornalismo. La

realtà, altro non è che il modo che gli individui hanno di fare esperienza

dell’ambiente che abitano.

Agli intervistati, dunque, è stato chiesto quali fossero, secondo la loro esperienza,

le differenze principali tra un giornale cartaceo ed uno digitale.

Roberta Grassi: “è stato molto bello entrare nella macchina del giornale cartaceo

all’interno, perché ho fatto tanto desk, ho fatto sempre cronaca nera, cronaca

giudiziaria, prevalentemente, ma ho fatto anche il resto, però stare in redazione

significava impaginare gli articoli degli altri fare i titoli, cimentarsi, scegliere,

vedere nascere ogni giorno un giornale secondo dei criteri, l’apertura, le notizie

in primo piano, le brevi, poi anche l’impaginazione grafica era molto bella”

[…]”(Roberta si riferisce ai tempi del giornalismo) completamente diversi, io

direi dei tempi assolutamente opposti rispetto al tempo reale che invece ho dovuto

poi imparare a fare dopo con l’agenzia e con il sito internet, c’è da dire che, io ho

fatto il giornale, un giornale locale, nel momento in cui il raffronto era ancora

tutto cartaceo, perché per esempio BrindisiReport che è la prima realtà sul web

67

della provincia, è nato nel 2010. Quindi noi ci confrontavamo con gli altri

giornali e la tempistica era principalmente quella, la tempistica del lavoro

giornalistico, io credo di aver, vissuto, e sono fortunata, un grande passaggio del

lavoro giornalistico, che ad esempio è quello della, io ho iniziato a lavorare

prima di Facebook, quando Facebook non c’era, così come le altre generazioni

possono raccontare delle mail che non c’erano, delle fotografie che invece erano

stampate a mano, io subito, ho subito lavorato con i computer, mai con la

macchina da scrivere, le sessioni d’esami si iniziavano a fare già con i computer

però non c’era Facebook, quello fu il primo grande cambiamento all’interno del

giornale, nella ricerca delle notizie, nell’acquisizione delle notizie, nella velocità

di arrivo delle notizie dalla strada in redazione però i tempi del lavoro

giornalistico cartaceo sono completamente diversi, hai la possibilità, hai la

giornata intera per approfondire una notizia devi fare un pezzo di 80 righe,

quindi non c’è bisogno di brevità, no,80-70 righe un’apertura in media e hai tutto

il tempo che vuoi per scegliere la notizia, per svilupparla, fino alle due di notte,

fino a che il giornale non va in stampa la puoi ,approfondire come ti pare,

diciamo che è tutto spostato in tarda serata, tutto diverso è il lavoro in tempo

reale perché lì devi fare una scelta, a un certo punto ti devi fermare, perché tu

devi dare un servizio ai lettori che sia quanto più vicino al fatto però al contempo

preciso, quindi è un lavoro molto più ansiogeno, però gratificante che può

scoglionare, dove il margine di errore è molto più alto, lo dico soprattutto per il

lavoro per l’agenzia, al fatto che l’agenzia che è una fonte di notizia secondaria,

viene individuata come fonte di notizia secondaria per i giornali per la stampa in

generale, l’agenzia deve rendere un servizio agli altri giornali”[…] “nelle

redazioni di tutti i giornali ora a prescindere dal fatto che , ribadisco, Senza

Colonne era una realtà molto locale e molto a gestione indipendente, molto

nostra, alla fine potevamo fare un pochettino quello che, alla fine le riunioni non

le facevamo più, però le riunioni sono due, una in tarda mattinata e uno intorno

alle 16-17 del pomeriggio, la prima è una riunione in cui si decide che cosa fare,

cioè si analizza innanzitutto quello che si è fatto, per vedere se si sono presi dei

buchi (sospiro con sorriso) si analizza il lavoro che hai fatto il giorno prima,

subito dopo si sceglie, si dà un pochettino, diciamo, il giornale inizia a prendere

68

forma, ma soltanto dal punto di vista delle idee, che cosa facciamo oggi? È la

domanda. di che cosa ci occupiamo? Allora se ci sono stati fatti in mattinata tipo

arresti, blitz, se si sa da calendario che ci sono degli appuntamenti importanti si

inizia a calendarizzare, no?, si fa il primo timone, il primo timone sono tutte le

pagine, si capisce quali sono le priorità e quanto spazio più o meno si vuole dare.

Alle quattro si fa il punto, alle quattro è la riunione al termine della quale il

timone intermedio deve essere fatto, è fatto, si stravolge soltanto se succedono

delle cose molto importanti e poi si va avanti fino a chiusura, nei giornali

normali, diciamo più o meno in tutti i giornali, ehm la chiusura credo sia intorno

a mezzanotte e mezza , l’una, noi chiudevamo intorno alle due più o meno”

[…]”la tipografia rimane a lavoro tutta la notte, la tipografia ha un ordine di

entrata dei giornali, noi eravamo, avevamo questo vantaggio, avevamo avuto

sempre questo vantaggio, quello di essere gli ultimi, che poi è un vantaggio

relativo, cioè, puoi raccogliere l’ultim’ora, noi eravamo gli ultimi, quindi

sapevamo che oltre le due e mezza non dovevamo andare però prima di noi c’era

il Quotidiano che non doveva andare oltre l’una e mezza, prima ancora la

Gazzetta che non doveva andare oltre le dodici e mezza, dopo di che il giornale

andava in stampa, tipo la rotativa, le lastre erano già pronte, e quindi dalle due

fino alle cinque che iniziava la distribuzione.[…] Si iniziava a sentire in primo

luogo nelle realtà molto locali che vivono di pubblicità molto locale e vivono di,

un po’ meno in percentuale, però vivono anche delle vendite, del frutto delle

vendite, sempre a livello locale, in un territorio in cui si legge pochissimo, la

provincia di Brindisi, Senza Colonne inizia ad avere i suoi problemi economici,

cioè, io non ho fatto la scelta, la mia scelta non è stata, lascio il cartaceo perchè

voglio andare sul web, la mia scelta è stata soprattutto lascio il cartaceo, e lascio

Senza Colonne, cioè non il cartaceo, lascio Senza Colonne, perché mi stava

stretta, perché volevo andare avanti volevo aprire i miei orizzonti, volevo andare

anche fuori, volevo fare altro. Quando poi ho , ho iniziato la ricerca di altro,

perché l’ho iniziata dopo aver lasciato Senza Colonne, mi sono buttata sul web

perché ritengo che sia l’investimento giornalistico del futuro, sul web e

sull’agenzia, fermo restando che non mi dispiacerebbe avere una collaborazione

con un giornale cartaceo comunque resto sempre affezionata al cartaceo, ma non

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mi piacerebbe più lavorare in una redazione di un giornale cartaceo. Non mi

piacerebbe più perché sono orari massacranti, si ormai è fuori, ormai la carriera,

io voglio fare la giornalista e spero di continuare a fare la giornalista anche di

strada in avanti, purtroppo nel nostro lavoro, questo è importantissimo e

soprattutto nel cartaceo la carriera coincide con un distacco dalla notizia e dalla

strada e dal lavoro giornalistico puro, perché si inizia da corrispondenti nei

luoghi, chiami tutti i giorni i carabinieri, poi passi in una redazione e in una

redazione chi fa un po’ di carriera è quello che si prende la responsabilità di dare

consigli all’altro e di elaborare i testi degli altri e i titoli, quindi alla fine volente

o dolente finisci dietro una scrivania, nel cartaceo dove c’è questo impianto

grafico molto forte, preponderante, perché il giornale lo devi fare, cioè mano a

mano che aumentano le tue responsabilità ti ritrovi dietro una scrivania a

pensarlo il giornale e a dare disposizioni agli altri a fare meccanicamente il

lavoro del grafico, anche perché i grafici non esistono più, c’è anche questo

problema, i grafici non esistono più. Invece sul web dove si alleggerisce molto

questo impianto da desk, vabbè qui la parte maggiore se la fa Marcello, ma

ognuno di noi in cinque minuti se lo impagina un pezzo, se lo titola un pezzo, hai

sempre la possibilità di stare a contatto diretto con le fonti, se succede qualcosa

andare sul posto fotografare, a riprendere, a dare il servizio ai clienti, a stare in

azione, e allo stesso tempo succede all’ANSA, alle agenzie, alle agenzie i miei

colleghi che sono in redazione, quando c’è stato l’esplosione della bomba davanti

alla Morvillo è venuto il collega da Bari con cinquant’anni di servizio, ha preso

la macchina ed è venuto a fare l’inviato, perché loro pure, loro hanno un sistema

editoriale per cui loro leggono la notizia, loro la passano e va in rete non c’è

tutto il meccanismo grafico, se tornassi indietro lo rifarei perché so che anche

fare carriera in questo settore significa non prendere il distacco, non prendere il

larvo dall’attività giornalistica pura”.

Roberta descrive la sua giornata tipo:” la mia giornata tipo, mi sveglio molto

presto, e questo cambia rispetto ai giornali se vogliamo proprio entrare nelle

questioni spicciole, cambiano un po’ gli orari della giornata, perché innanzitutto

andando a letto alle 2 io non riuscivo a svegliarmi prima delle dieci, infatti si dice

che i giornalisti si svegliano sempre tardi, invece adesso è cambiato tutto, mi

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sveglio molto presto, intorno alle sei e mezza e guardo i telegiornali, guardo

Telenorba, perché, ma per prima cosa i giornali, i giornali cartacei le prime

edizioni dei giornali cartacei. Io guardo su internet innanzitutto le prima pagine

poi dopo di che vedo di prenderli se c’è qualcosa che mi interessa, perché non

abbiamo tutti questi soldi da spendere, tre euro al giorno, e quindi inizia cos. Poi

guardo le mail, cerco un attimo di capire se c’è qualcosa di eclatante che è

successo, poi generalmente ci sentiamo io e Marcello intorno alle otto-otto e

mezza per fare un po’ il punto, per vedere che cosa c’è da fare, e poi io vado in

tribunale, vado in tribunale perché, dicevo faccio prevalentemente la giudiziaria,

ma vado in tribunale perché il tribunale è un buonissimo centro di convoglio di

informazioni di ogni tipo anche la cronaca nera la controlli per tribunale perché

l’arrestato per droga ha sempre un avvocato che quella mattina fa la convalida,

quindi vado lì, faccio un giro nelle aule penali dove ci sono i processi di primo

grado, faccio un giro nelle aule del GIP, quando c’è udienza davanti al GIP, dove

ci sono gli abbreviati, i processi in abbreviato, dove ci sono i rinvii a giudizio,

quindi le indagini che si chiudono, faccio un giro in Procura dove c’è il PM di

turno che è quello che ha sotto controllo la cronaca nera perché al PM di turno

vengono date tutte le informazioni su quello che succede, se mi rendo conto che ci

sono delle udienze importanti rimango, rimango anche a pomeriggio altrimenti

ritorno a mezzogiorno-mezzogiorno e mezzo ritorno qui, naturalmente ho sempre

le mail sotto mano i colleghi su Wahtsapp, perché ormai è così, c’è uno scambio

continuo, se ci sono grossi fatti di cronaca vado sul posto in cui bisogna andare,

se ci sono conferenze stampa in Comune in o in Provincia, lo faccio per l’ANSA e

deve essere davvero qualcosa di veramente serio perché altrimenti lo seguo con i

comunicati stampa, diciamo che intorno alle dodici ho più o meno un’idea di

quello che scriverò durante la giornata sia per uno che per l’altro, lo dico a lui

(indica Marcello alle sue spalle), decidiamo che importanza dargli, che valore ha,

di solito se le impagina lui altrimenti me lo impagino e me lo titolo da sola,

proprio in virtù del fatto che comunque ai titoli sono abituata.”

Marcello Orlandini: “allora il giornale di carta stampata non ha problemi di

tempestività per cui può organizzare su un evento di particolare interesse una

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serie di servizi correlati, dedicando a questo evento più pagine però i tempi di

realizzazione di questo lavoro sono ovviamente molto più lunghi perché il

giornale esce il giorno dopo i fatti narrati nei servizi. Noi dobbiamo dare invece

queste notizie in tempo reale, pur facendo la scelta di fornire ai nostri lettori degli

approfondimenti, per cui, intanto noi dobbiamo dare le notizie con dei flash,

facciamo la scelta di raccontare un fatto di cronaca soprattutto, in poche righe

avvertendo i lettori che si tratta dei primi lanci della notizia scrivendo nel titolo:

punto flash, ultim’ora, ecc., a ciò seguono poi gli articoli più approfonditi man

mano che le notizie vengono, diciamo, raccolte, verificate, perchè c’è anche l

obbligo di una verifica fatta in tempi rapidi e questo rende più difficoltoso il

nostro lavoro rispetto a quello diciamo del giornalista che lavora in un giornale

tradizionale perché alle verifiche può dedicare più ore noi invece dobbiamo farle

praticamente a tamburo battente in tempo reale, però noi in più abbiamo la

possibilità di fare degli aggiornamenti continui della notizia e quindi fare anche

delle rettifiche successive, però cerchiamo, dopo i primi flash, di prendere un pò

più di tempo prima di dare le versioni definitive perché tanto la prima

informazione l’abbiamo data, con i video le prime foto ecc.. poi per narrare

meglio la vicenda possiamo riservarci diciamo un pò più di tempo, un’ora, due a

volte trenta minuti a seconda di quando riusciamo a raccogliere le altre notizie,

però nell’arco della giornata noi su un fatto di particolare rilevanza riusciamo a

fornire anche gli approfondimenti, e quindi non è raro che noi su una notizia si

possa anche dare al lettore, quattro o cinque articoli, su un fatto. Ecco le

differenze sono sostanzialmente ripeto la difficoltà di trovare subito le conferme,

di verificare le notizie in tempo reale, che noi dobbiamo fare comunque ma in

tempi molto più ristretti rispetto a quelli a disposizione di un giornale

tradizionale. […]un giornale online avrebbe bisogno dei turni di lavoro come in

fabbrica siccome noi non possiamo permetterci il turno di notte perché siamo in

pochi, il nostro arco lavorativo va dalle prime ore del mattino, non di rado le 7,

fino alla mezzanotte a volte anche oltre se ci sono fatti di particolare gravità. Noi

non abbiamo turni però sostanzialmente siccome abbiamo una divisione dei

compiti chi si occupa dei fatti di cronaca nera e quella giudiziaria, ha i tempi di

lavoro dettati dai fatti di cui si sta occupando ci possono essere delle giornate in

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cui non ci sono grandi eventi di cronaca nera, per cui quel collega quel giorno

lavora meno, e ci sono dei tempi meno incalzanti per lui e lo stesso dicasi per il

collega che si occupa della giudiziaria, e lo stesso dicasi per il collega che si

occupa di politica, che si occupa di economia, chi comunque deve garantire la

presenza nell’arco di tutta la giornata è il direttore del giornale purtroppo,

perché il direttore del giornale, tranne nei periodi in cui è in ferie o è assente per

altre ragioni, deve essere sempre presente per rispondere ai quesiti che gli

pongono anche i colleghi rispetto ad alcuni problemi che si presentano. La

scrittura non cambia, perché noi stiamo cercando di applicare al giornale online

le qualità definiamole così che uno solitamente cerca di garantire ai suoi lettori

in un giornale tradizionale cioè lo stile, cerchiamo di garantire ai nostri articoli

un certo anche stile nella scrittura, cioè non ci siamo posti il problema di essere

più sintetici meno propensi a puntare sulla qualità cioè noi cerchiamo di dare dei

testi che non siano solo asciutti, esaurienti, cerchiamo anche di dare una certa

qualità nella scrittura quando ci riusciamo cerchiamo di curare anche questo

aspetto, ovviamente poi ci scappa anche l’errore di battitura però quello è frutto

della fretta o del sovraccarico del lavoro, però noi cerchiamo, di, quando è

possibile di dare anche piacevolezza gradevolezza ai nostri testi.”

Vittorio Bruno Stamerra: “Beh, innanzitutto il taglio da dare al racconto, il

giornale online oggi deve misurarsi in tempo reale con il web, con la rete con la

televisione, con tutti gli strumenti che oggi il mondo dell’informazione ha per

essere sul campo immediatamente, e poi, e quindi questo pone un problema di

linguaggio, nel senso che il linguaggio non può che essere un linguaggio

immediato che da immediatamente il senso dei fatti della notizia, tanto più che è

un, è uno strumento che è molto più integrato rispetto alla carta stampata, anche

alla stessa televisione, oggi sulla linea di fuoco della notizia, tu puoi mandare

immediatamente in rete, in stampa tra virgolette, fatti che stanno accadendo in

quel momento e con un semplice telefonino, quindi è chiaro che la realtà è

totalmente diversa, cioè oggi l’integrazione tra testo e immagine deve essere

perfetta, non puoi più barare, quindi il linguaggio, il taglio dell’informazione non

può che essere diversa, oggi i giornali che si fanno soprattutto in provincia nelle

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testate locali, non può che essere il giornale del giorno dopo, con tutti i limiti che

questo comporta , se prima io impiegavo dieci minuti per leggere un quotidiano

locale oggi ci impiego un minuto, questa è la, mentre su quotidiano online io ci

vado venti volte al giorno, questo è più o meno la differenza. Il modo di

comunicare è totalmente diverso e, le faccio un esempio, qualche mese fa, un paio

di anni fa forse, è stato fatto un grande quotidiano nazionale online, l’età media

dei giornalisti, a parte il fatto di un grosso investimento, ma l’età media dei

giornalisti non superava i 25 anni, e, e c’era una duttilità maggiore degli addetti

rispetto a prima, quando ho cominciato a fare io il giornalista, il giornalista con

la macchina fotografica in mano non esisteva, così come il giornalista non si

poneva il problema dell’impaginazione, non si poneva il problema di come

tagliare una fotografia, non parliamo di grafica perché addirittura in quel

periodo, in quegli anni la grafica non esisteva, la grafica nei giornali è stata

scoperta negli anni ottanta man mano che la carta stampata emulava la

televisione, oggi i giornalisti dei quotidiani online devono essere capaci di fare

tutto, devono essere capaci di scrivere ovviamente, di raccontare, ma di essere di

saper fare anche l’ipertesto, devono, devono sapere anche di grafica, in qualche

modo e quindi è diversa la figura del giornalista che si impiega nelle testate

online, non so quello che può accadere nel futuro, non so, oggi le situazioni

cambiano in maniera talmente veloce che se lei mi chiede che cosa accadrà tra

dieci anni io non glielo so proprio dire, mentre vent’anni fa, trent’anni fa avrei

saputo già dirglielo, ma oggi è un altro mondo, il giornalista è diverso, il

giornalista oggi, del quotidiano online rispetto al giornalista di una volta, questo

è, è più completo, ecco.[…] (fa riferimento al giornale online) esiste una

possibilità di verifica immediata, perché qui non è, mentre una volta i grandi

lettori dei giornali che avevano la mazzetta compravano 2-3-4-5 giornali al

giorno, oppure i manager o chi era attrezzato ad avere la rassegna stampa, si

stava parlando di legge finanziaria e aveva nella rassegna stampa la posizione

che nel panorama della comunicazione dell’informazione, i vari personaggi le

varie testate riportano, adesso con un semplice click io sul mio telefonino c’ho già

7-10 telegiornali, giornali registrati, ta ta ta ta, passo e vedo immediatamente

come il Corriere della Sera titola rispetto a Repubblica, rispetto ad altri, quindi le

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differenze si colgono immediatamente, è molto più difficile occultare i fatti, quello

si, perchè non puoi permetterti il lusso di dire questo mattone non è cascato in

testa, perché stai omettendo una notizia così per chissà quale limite che hai nel

fare il tuo mestiere, oggi l’informazione risulta molto più completa rispetto ai

quotidiani online, c’hai la possibilità subito di fare la verifica e se uno buca la

notizia la recupera subito, se vuole recuperarla.”

3. L’interazione con l’utente e le forme di giornalismo partecipativo

Il web ha modificato le abitudini di produzione e di consumo dei prodotti e del

giornalismo. Il cambiamento è evidente anche nelle piccole realtà come

BrindisiReport.it dove la relazione con gli utenti è ancora più importante. In una

dimensione piuttosto locale, il rapporto con l’utente diventa fondamentale per

creare e mantenere una reputazione. Agli intervistati, perciò, sono state chieste

delle riflessioni sul rapporto tra giornalista e utente, e sul giornalismo

partecipativo.

Roberta Grassi: “(si riferisce al giornale cartaceo) c’erano delle barriere, (con i

giornali online) sono meno elevate, le barriere ci sono e ci devono essere perché

il lavoro giornalistico è un lavoro selettivo, è un lavoro di scelta, perché

l’informazione è una scelta, io non potrei veicolare tutto quello che accade, devo

rispettare i tre criteri fondamentali, cioè devo fare innanzitutto questa prima

scrematura, devo vedere se è vero, se è di interesse pubblico e poi devo vedere di

renderlo in toni, la continenza no, in toni che siano, quindi devo fare prima

questa scelta, già di per sé il lavoro giornalistico è questo, ehm ci sono delle

esperienze come YouReporter che portano il lettore a diventare addirittura

giornalista ad immedesimarsi nel ruolo del giornalista, anche lì c’è un filtro, c’è

sempre un filtro, le distanze si sono ravvicinate moltissimo però, perché il lettore

ha la possibilità di commentare direttamente su Facebook. Arriva, arriva, prima

arrivare in una redazione da quando ci sono le e-mail, prima c’era la lettera,

bisognava aspettare che arrivasse la lettera, adesso no, l’interazione è

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immediata, anche dai commenti su Facebook. è più severo e immediato il ritorno

di immagine che ha una notizia, subito, immediato, lo gestisci nella misura in cui

non gli consenti, ma tu non gli puoi consentire di intervenire direttamente, lui può

intervenire direttamente nei commenti di Facebook, nei commenti di Facebook ci

si comporta che ognuno è penalmente responsabile, quindi ognuno è penalmente

responsabile di quello che dice con il suo nome e cognome, nel momento in cui ci

rendiamo conto che oltre alla notizia pubblicata su Facebook, che non è la notizia

ufficiale del giornale, è un veicolo aggiuntivo, c’è il portale del giornale, sul

portale del giornale, dove, per esempio sul nostro, il lettore non può commentare,

altrimenti sarebbe folle o comunque sarebbe un blog, non sarebbe una redazione,

nel momento in cui tu sposti sul social network, crei un flusso sul social network

che è un flusso parallelo di diffusione della notizia, non quello canonico che è il

portale, consente alle persone di intervenire, però lo fanno sotto la loro

responsabilità penale e giuridica soggettiva, dal momento in cui ci rendiamo

conto che ci sono delle informazioni che possono essere lesive, possono essere

eccessive, che superino le regole di decoro che noi stessi imponiamo alla nostra

pagina Facebook, li cancelliamo, li cancelliamo o interveniamo, è importante che

il dibattito, che ogni notizia che si pubblica crei il dibattito, questo è sempre

bello, è sempre meraviglioso, che lo cerei in tutte le forme , ma ti faccio un

esempio recente, nel momento in cui si pubblica una notizia che è una notizia ed è

normale che sia così, che lo stragista di Brindisi è in carcere è dimagrito di venti

chili e che l’avvocato ne sta chiedendo la perizia psichiatrica, l’avvocato sta

facendo il suo lavoro, ne sta chiedendo la perizia psichiatrica nel ricorso in

appello, puntando all’assoluzione, che poi voglio dire che ognuno è libero di

puntare a quello che gli pare ma c’è un giudice, c’è un magistrato, prima

l’accusa e poi il giudice, capi d’accusa e poi il giudice, ma nel momento in cui ci

rendiamo conto che nell’elenco di quei commenti si sta sbagliando, si stanno

usando toni esasperati, non tanto nei confronti dello stragista ma nei confronti

del povero avvocato che sta facendo il proprio lavoro, allora prima interveniamo,

innanzitutto interveniamo, e facciamo un lavoro giornalistico, a ricordare che

innanzitutto la notizia non è quella, che l’avvocato sta facendo il suo lavoro,

attenzione moderate i toni, perché comunque l’avvocato sta facendo il suo lavoro,

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sta garantendo il diritto alla difesa di un imputato, in primo luogo, nel momento

in cui ci sono delle affermazioni che sono lesive o comunque vengono spiattellati

sotto quella notizia ,magari elementi, dati che riguardano la vita privata coperti

da privacy quelli coperti da privacy soprattutto, noi abbiamo l’obbligo di

cancellarli, per forza di cose.”

Ci sono stati episodi di giornalismo collaborativo?: “si, spessissimo succede, con

le foto, con i video, e nel caso ci sono dei fatti che colpiscono molto

l’immaginario collettivo, c’è stato, avviene in occasione dell’incidente stradale,

se salta un autovelox che viene investito e travolto, se passa qualcuno di lì molto

spesso ci ritroviamo il video in posta, succede, è capitato, usano la posta di

Facebook, è capitato nel caso in cui, capita spesso quando il lettore sente

l’esigenza, attraverso quello che fa, di denunciare qualcosa, e quindi ormai chi ti

fornisce la notizia, chi chiede il tuo intervento, ti manda anche la fotografia,

sempre, la fotografia sempre, è successo per esempio, nel caso in cui c’è stato il

naufragio l’estate scorsa, il naufragio di uno yacht , dove si è ritrovata tantissima

gente a vedere in diretta le operazioni di soccorso, ritenevano, sbagliando, perché

poi si è appreso che stavano sbagliando, che ci fossero stati problemi, errori nella

gestione della macchina del soccorso, lo hanno documentato e ci hanno fornito

già il video, cioè ce lo hanno rappresentato attraverso il video, poi c’è da dire poi

che l’altra faccia della medaglia è che molto spesso chiedono, molto spesso

pretendono l’anonimato, molto spesso. vogliono l’anonimato in uscita. Non si può

parlare di contributi anonimi perché nel momento in cui io posseggo le generalità

e mi si chiede di non divulgarle non è un contributo anonimo è un contributo che

io so da chi mi è arrivato, dove stava, chi era, chi non era e nel momento in cui

dovesse essere sequestrato il video dalla procura della repubblica io sono in

grado di dire come l’ho ricevuto, da dove è arrivato, chi lo ha girato, non è una

lettera anonima, il contributo non è anonimo è la divulgazione che lo è, però

talvolta no, talvolta si, i contributi ormai sono tantissimi, sembra che il mestiere

del giornalista sia il mestiere più invidiato al mondo, tutti vogliono fare i

giornalisti, se sapessero quanto ci pagano (sorriso con sospiro, ironico).”

A proposito del crowdfunding: “può essere molto utile o molto pericoloso, è come

il rapporto tra l’elettorato e il parlamentare, ci vuole il divieto di mandato

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operativo, il giudizio deve essere indipendente nella selezione ed il finanziamento

pone inevitabilmente da parte di chi finanzia, anche chi ha versato soli 5 euro

pretende sempre qualcosa, ma io sono parzialmente d’accordo, dico sempre che è

bene, che vadano chiariti tutti i ruoli prima che questa cosa si possa fare perché

non si deve arrivare, che se io ho finanziato “Servizio Pubblico” con 5 euro,

perché loro hanno fatto proprio così, debba pretendere, poi , debba influire, può

pesare nella scelta, nelle scelte, nelle decisioni, è bene che si affermi sempre

l’indipendenza assoluta tanta dallo sponsor quanto dal piccolo finanziatore , per

chi fa il lavoro giornalistico, nella scelta della notizia. Bisognerebbe provare,

sono tutte cose sperimentali, cioè io sono convinta che il web debba restare

gratis, deve restare , l’accesso al web debba restare gratis, trovo assurdo quello

che fanno Repubblica e Corriere che si fanno pagare la pagina 9 centesimi,

perché non siamo in una fase in cui, il lettore di fronte a 9 centesimi non acquista

la pagina, è matematico, d’altro canto abbiamo necessità di forme di

finanziamento, io sono contraria all’intervento del lettore di fronte alla scelta

della notizia, no sono favorevole all’ipotesi che il lettore possa finanziare una

notizia piuttosto che un’altra, perché il lettore non è un giornalista, il lettore può

finanziare il prodotto che faccio io però, non una notizia piuttosto che un’altra,

perché altrimenti si potrebbero creare dei paradossi, delle class action che

convogliano l’informazione secondo l’interesse, lobby, secondo interessi di

particolari categorie di persone come si sono creati anche nel cartaceo giornali

finanziati da lobby o anche da categorie di persone, la scelta del prodotto non la

fa neanche l’editore, la fa il giornalista, deve essere un procedimento a

posteriori, se ti piace la finanzi, ma no che scegli tu che cosa devo fare io, perché

altrimenti non ha senso, è informazione pilotata, io devo rispondere solo e

unicamente al mio ordine alle regole che mi, alla regolamentazione deontologica

del mio ordine, ai criteri fissati dalla legge alla scelta o alla non scelta della

notizia anche ad un discorso di massa di gradimento di interesse ma a principi

che non possono essere stabiliti dalla moneta, quindi vanno benissimo le forme di

finanziamento purchè non siano forme di condizionamento a priori, nella scelta,

perché si possono creare dei gruppi di interesse, e lì parliamo di censura

preventiva, di informazione pilotata, va sperimentato e anche in quel caso va

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sperimentato, nel cartaceo, è questo il punto, l’intervento del finanziatore lettore

è a posteriori, io faccio il prodotto tu decidi se comprarlo, e il prodotto è finito, se

tu intervieni nella scelta di quello che devo fare io ne sono automaticamente

condizionato, secondo me è una minaccia , è la mia idea.”

Marcello Orlandini: “l interazione con l’utente è un problema complesso perchè

richiede una redazione molto più numerosa di quella che abbiamo noi proprio per

questa ragione noi non abbiamo scelto di ammettere i commenti direttamente in

calce ai nostri articoli, come fanno invece grandi testate nazionali, o comunque le

testate web legate alle testate nazionali delle reti nazionali perchè richiederebbe

diciamo la presenza di uno più amministratori che si dedicano solo a questo

compito, noi francamente non abbiamo la struttura organizzativa per fare ciò

quindi noi abbiamo fatto una scelta di amministrare solo i commenti che

riceviamo sul social network, Facebook. noi rispondiamo ai commenti che

evidentemente rilevano un interpretazione errata dell’articolo oppure che

contestano dell’articolo passaggio o impostazioni che noi riteniamo giuste e

allora per dovere di chiarezza nei confronti dei lettori, interveniamo, o

interveniamo anche per rimuovere commenti che non mancano, purtroppo, che

sono offensivi nei confronti di altre persone, quelli vengono rimossi oppure

vengono diciamo cancellati, oppure facciamo in modo che non compaiano e che

siano visibili solo a chi li ha postati o ai suoi amici.

Ci sono stati episodi di giornalismo collaborativo?: “si noi gli riceviamo

principalmente attraverso due sistemi o la posta di redazione oppure la posta

della nostra pagine Facebook che ci consentono di ricevere notizie molto spesso

anche foto e video realizzati dai nostri lettori; cito un caso solo, nell’estate del

2012 ci è stato il rischio di annegamenti a catena durante una mareggiata sulla

costa nord del capoluogo, dove ci sono gli stabilimenti balneari particolarmente

attrezzati, che non sono sfociati in tragedia perché i bagnanti hanno organizzato

una catena umana che ha consentito di raggiungere il gruppo di persone in

difficoltà ad alcune decina di metri dalla riva ecco questo è avvenuto in pochi

minuti, in 10 minuti, in un quarto d’ora, nessun giornale, nessuna testata è

riuscita ad arrivare sul posto in tempo utile per riprendere questo evento, noi

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siamo riusciti a farlo vedere materialmente, realmente ai nostri lettori, perché

una delle persone che erano presenti sulla spiaggia col sul smartphone ha

realizzato un video e ce l’ha mandato e noi siamo stati in gradi di fare vedere il

video di questo salvataggio di massa diciamo che ha impegnato l’intera

popolazione di una spiaggia a nord di Brindisi nell’operazione di soccorso. Noi

chiediamo all’utente, rispondiamo e chiediamo, intanto, se vuole essere citato, se

lui accetta noi diciamo che le foto ci sono state mandate dal lettore tizio e caio, se

lui questo contributo video o anche testuale ritiene che debba rimanere anonimo,

noi garantiamo l’anonimato certifichiamo che la lettera il messaggio erano

firmati che però su richiesta di chi ce le ha inviati rispettiamo l’anonimato ecc.. e

ovviamente noi ci assumiamo le responsabilità di ciò che pubblichiamo”

Vittorio Bruno Stamerra: “questa cosa non ha ancora avuto un grande successo

eh, c’è stato Gore il vicepresidente degli Stati Uniti d’America che ha lanciato

una sua testata giornalistica fatta con questo spirito, cominciamo col dire che i

patiti della rete sono ancora, non sono ancora la maggioranza dei lettori, sono

tanti , stanno crescendo, però ancora non sono in grado di esser gli unici, come

dire, capaci di, gli unici in grado di, non sono gli unici ecco. Questa cosa

funziona in termini di integrazione, di rapporto più diretto, meno formale che c’è

tra il lettore del quotidiano online mentre nella carta stampata il lettore non

poteva interagire direttamente ma doveva scrivere la lettera e tu ricevevi la

lettera il giorno dopo o a distanza di due giorni, tre giorni, e dovevi fare dare lo

spazio nelle lettere, adesso immediatamente tu vai nell’infinito della rete e tu

immediatamente rompi un diaframma, e c’è la reazione e ci può essere anche la

partecipazione, quindi con effetto immediato, se tu dici una cosa immediatamente

tu raccogli le reazioni e quindi sai già, d’altra parte quelli che fanno i sondaggi,

lavorano con questo metodo.” funziona nella misura in cui c’è un interesse c’è un

interesse, nella misura in cui io non sto mandando in rete anche attraverso i miei

figli, le persone , i giovani che frequento, loro hanno un rapporto quasi, come

dire di gruppo, di comunità tra di loro, io stasera sto andando a vedere Checco

Zalone, e lo fanno sapere a mezzo mondo, io invece stasera voglio stare per i

cazzi miei, perché lo devo dire a mezzo mondo, ho reso l’idea?, quindi è un

80

problema di metodo e di merito, di metodo perché ci sono ambiti, per carità se tu

devi andare con la tua ragazza, o se tu stasera c’hai voglia di andartene ad

ubriacare perché lo devi dire ad altre cinquanta persone?, e dall’altra di merito

perché rilanciare in rete tutta una serie di informazioni, bisogna vedere fino a che

punto l’informazione che mi stai riversando mi interessa, altrimenti non la

guardo, perché dovrei guardare tutti, io ogni tanto quando ho voglia di andare, io

non ci sto su Facebook, non ho voglia proprio di essere catalogato, io non c’ho

Twitter, non c’ho niente, non mi frega niente, ogni tanto viene qualcuno, mi

manda messaggi cose per aderire a, io gli mando una mail privata, dico, io sono

lo stesso tuo amico però non voglio venire sui social network, non mi va, ho reso

l’idea?, né mi va di, io so che c’ho migliaia di lettori, quando scrivevo per

BrindisiReport, avevo, forse ero la firma che più riscuoteva lettori, e so pure che

quello che scrivevo io provocava reazioni parolacce, ma perché devo infelicitarmi

nella vita, io la sera se ho voglia di andare in un posto a farmi una passeggiata io

ho voglia di essere sereno, perché se incontro qualcuno che ha detto che se

Stamerra è cornuto io devo guardarlo sottecchi, così per non andarlo a prendere

a calci, ho reso l’idea?, perché poi l’anonimato, il cosiddetto anonimato della

rete consente tutte le libertà, anche le libertà più bestiali, ma che me frega a me,

ma io non ci voglio stare, ecco perché, questi sono i salti generazionali.”

4. La legislazione italiana e i giornali online, un mondo da scoprire.

Spesso succede che l’ordinamento giuridico non riesca a reggere il passo dei

cambiamenti sociali e culturali di una società su problematiche nate

dall’evoluzione dei costumi, delle abitudini o dallo sviluppo di nuove tecnologie.

Nascono problematiche nuove che richiedono l’intervento del legislatore ma che

per la loro complessità sono difficili da regolamentare, si creano così dei vuoti

legislativi, delle zone franche, in cui il cittadino non può che usare le regole del

buon senso per ovviare a questa mancanza. Il web, internet e il progressivo e

incessante sviluppo delle tecnologie ad essi legate hanno introdotto nuovi quesiti a

cui l’ordinamento giuridico italiano non ha ancora saputo dare una risposta. Si

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parla per esempio delle garanzie legate alla tutela del diritto alla privacy. Nel

giornalismo online alcune di queste questioni in sospeso sono legate all’accesso

alle informazioni e a quello che viene chiamato diritto all’oblio. Per questo

motivo agli intervistati è stato chiesto se secondo loro ci sia bisogno di una

regolamentazione ad hoc, se la redazione di un giornale online cioè debba avere

una regolamentazione, a livello legislativo, differente rispetto a quella di un

giornale cartaceo, e quali siano gli ambiti in cui la mancanza di questa

regolamentazione si fa più critica.

Roberta Grassi: “Si, Si, è work in progress perché il giornalismo è esploso, il web

è esploso, ancor prima che lo si potesse regolare, quindi così come, questa cosa

anche a prescindere dal lavoro giornalistico, così come nella trasmissione di

documenti, la firma digitale, si cercano strumenti che possano regolamentare il

flusso di dati sul web, anche dal punto di vista normativo per quello che riguarda

i giornali online credo che, che si stiano facendo dei passi un po’ graduali, che

più che altro la posizione è questa, il giornalismo online va avanti ed il

legislatore insegue cercando di limare o di eliminare, di regolamentare, sulla

base dell’esperienza quello che non va, però effettivamente, sono due tipologie di

informazioni, quella su carta e quella sul web, che non possono essere equiparate

ed è proprio per quel discorso che facevo prima sulla scelta consapevole, il web

mi capita, tu ti ritrovi ad essere lettore senza sapere nemmeno di esserlo, senza

nemmeno sapere di stare fruendo di un contenuto giornalistico , andare in un

edicola presuppone tutto quello che dicevamo prima, scegliere, fare, andare,

comprare e l’immediatezza e l’ampiezza dei confini, amplifica notevolmente il

rischio di diffamazione di lesione dei diritti di qualcuno, e c’è un altro elemento

che per me è fondamentale, la permanenza, il web non scade, il contenuto tu te lo

vai a guardare e a riguardare tutte le volte che vuoi, la foto di un arrestato, è

vietato pubblicare la foto di un arrestato con fascetta, manette, però è una

consuetudine anche perché è punita con un’ammenda quindi si corre il rischio

non è niente di grave, pubblicare una foto di un arrestato sul web significa far si

che ne rimanga traccia , anche se lo cancelli, per l’eternità, anche se questa

persona viene assolta, la traccia della tua fotografia, che poi magari non la trovi

82

più, la trovi su un quadratino ripresa da quell’altro che l’ha ripresa da

quell’altro, cioè non , non riesci a limitarlo e in questo momento non c’è una

disposizione che vieti la pubblicazione di alcuni contenuti sul web che invece sono

pubblicati sul cartaceo, cioè non viene tenuta in considerazione la differenza

pazzesca di diffusione della notizia. Mi riferisco al diritto all’oblio, ma no solo al

diritto all’oblio, al minimo mi riferisco al diritto all’oblio, perché il diritto

all’oblio presuppone che se io che sono stato condannato, ad un certo punto

qualcuno la debba smettere di pubblicare, pur avendo , cioè pur essendo stata

lecita la pubblicazione della notizia una volta, a un certo punto bisogna obliare,

nel caso della diffamazione, che è ancora peggio, cioè non parliamo di diritto

all’oblio, cioè se io sbaglio persona se io pubblico uno che poi viene assolto non è

diritto all’oblio, è un errore, rimane, rimane sul web la lesione della dignità di

una persona, della sua reputazione, che il cardine della diffamazione diciamo che

trova un supporto enorme, diciamo gigantesco rispetto a quello che è un giornale

cartaceo, ad esempio questo non è regolamentato. E poi c’è un altro aspetto

fondamentale che non è penale, ma è quello della regolamentazione del contratto

giornalistico, del contratto giornalistico di come devono essere regolamentate le

redazioni, i giornali al di sotto di un certo fatturato possono non avere un

direttore responsabile che sia pubblicista o professionista, non devono registrarsi

presso il tribunale ancora, cosa che è assurda perché nascono migliaia di realtà

minuscole, locali e ci vuole un direttore responsabile, perché quella è garanzia

che lì dietro c’è un lavoro giornalistico e non un lavoro di blog un lavoro fatto da

persone che hanno dei titoli che fanno parte di un ordine e quindi sono sottoposti

alla disciplina, alla deontologia di quell’ordine e anche alle scansioni disciplinari

in caso di sanzioni, disciplinari no penali, e poi c’è un discorso proprio riguardo

al contratto giornalistico e l’inquadramento dei giornalisti sul web, ancora non si

capisce bene come devono essere strutturate le redazioni che tipo di contratto

quali sono i ruoli, nel giornale sai che ci sono il direttore, il vicedirettore,

caporedattore, vice caporedattore, caposervizio, vice caposervizio, redattori,

redattori ordinari e, inviato, c’è una piramide gerarchica di ruoli, nel web è tutto

un po’, tutti fanno tutto, il direttore non sempre ha un contratto da articolo 1,

83

mentre in un giornale è impensabile fare un contratto ad un direttore senza

articolo 1, non puoi avere un contratto co.co.co. non puoi proprio.”

Marcello Orlandini: “il riconoscimento della particolarità dei giornali online non

può venire dalla legge dello stato, la legge dello stato comporta per i giornali

online gli stessi obblighi che comporta per i giornali tradizionali, cioè l’obbligo

della registrazione, l’obbligo dell’iscrizione ai registri presso i tribunali

competenti, l’obbligo adesso più recente di fare l’iscrizione al ROC che è il

Registro degli Operatori della Comunicazione, e un giornale online, la società

editrice è libera, perché poi questo è facoltativo, di iscriversi o meno alla

federazione italiana degli editori, o meno, questo non è un problema, però

diciamo l’attività dei giornali online è regolamentata dalla legge, così come è

regolamentata quella dei giornali tradizionali senza fare distinzioni, purtroppo

l’unica distinzione che si dovrebbe apportare adesso è quella diciamo tra

virgolette disciplinare nel senso che nelle varie discussioni incorse in parlamento

su le pene da erogare per i reati a mezzo stampa, vedi quello di diffamazione, si

vorrebbe inserire un’aggravante per un reato se commesso attraverso un mezzo

di informazione online, quindi diciamo, questo è lo stato dell’arte. Gran parte

della peculiarità di questa attività dovrebbe essere riconosciuta in sede di rinnovo

del contratto nazionale del lavoro, che per i giornalisti online ancora, pur

trattandosi di giornalisti che a volte fanno un lavoro ancora più gravoso di quelli

del giornale tradizionali, prevede addirittura compensi tabellari inferiori, quindi

ci sono queste incongruenze, quindi c’è un problema di riconoscimento formale e

normativo, lavorativo, c’è un problema che riguarda diciamo forse la legislazione

nazionale, forse non è giusto che ci siano delle leggi particolari per il giornale

online, in fondo si tratta sempre di informazione, l’unica cosa è che i veri temi da

affrontare sono altri secondo me, e che vanno risolti che dovrebbero essere

diciamo orientati da nuove linee guida, come per esempio quelle del diritto

all’oblio, nel senso che se io vengo arrestato processato, condannato, della mia

storia rimarrà traccia per quanto riguarda i giornali cartacei, in un archivio di

un giornale, nell’archivio di una biblioteca provinciale o comunale che fa la

84

raccolta di quel giornale e comunque io sarò rintracciato tra vent’anni solo da

una persona che sfogliando quei giornali si può imbattere nelle mie vicende di

vita pregresse, mentre rintracciare le mie vicende di vita pregresse è facilissimo,

cioè basta digitare il mio nome e vengono fuori anche a distanza di cinque anni le

mie vicende del passato, anche quando io ho saldato quel debito, sono diventato

un’altra persona, è chiaro, è una cosa che peserà per sempre, come diciamo, una

coscienza virtuale, sempre costantemente presente ma è anche accessibile a tutti,

quindi si dovrebbe decidere, secondo me, di comune accordo a livello nazionale a

livello mondiale, a livello internazionale, quando alcune cose vanno sottratte

all’accesso pubblico, non cancellate, perché poi nell’archivio io le posso pure

tenere, le tecnologie mi consentono di rimuovere un articolo un servizio dal web

ma di trattenerlo, per mio uso esclusivo, nel mio archivio, però bisogna chiedersi

se è giusto che un reato commesso dieci anni fa resti traccia a distanza di tanto

tempo a condizionare la vita di una persona che magari dopo aver pagato il suo

debito cambia nazione va a lavorare dall’Italia in Irlanda e allora il datore di

lavoro furbo va su internet digita il suo nome e scopre che la persona che gli sta

di fronte ha commesso un furto d’auto ma poco gli importa che cinque anni dopo

abbia finito di pagare il suo debito o che sia diventata una persona ineccepibile

che sia sposata, abbia una vita regolare, quel vecchi problema può costituire un

danno diciamo di immagine, anche un danno economico ad una persona, faccio

un esempio ancora più calzante, io da giovane commetto dei reati, quindici anni

dopo mio figlio adolescente scopre che suo padre, navigando sul web scopre che

suo padre è stato protagonista di una vicenda che non gli ha mai raccontato e

allora ovviamente capite che si creano dei problemi sociali personali umani e

anche economici a volte di una certa portanza, allora come si risolve questo

problema , il diritto all’oblio è giusto, non è giusto riconoscere il diritto all’oblio

a una persona, e questo è un tema per esempio, perché il web ha cambiato

diciamo la vita di tutti, la memoria degli eventi, questa è una cosa da risolvere, io

quando devo rendere inaccessibile il mio archivio, perché il meccanismo è

semplice, voi sapete che c’è Google o un altro motore di ricerca che

incessantemente per tutto l’anno ogni decimo di secondo dell’anno, è sempre alla

ricerca delle notizie e le immagazzina, ok, io rimuovo dall’accesso pubblico la

85

notizia di un reato commesso da una persona ma di questa notizia continuerà a

rimanere traccia sul web, almeno del titolo, certo se io la rimuovo dal mio

articolo se uno clicca quel link arriverà in un punto in cui dice articolo non

trovato, immagine non trovata, pagina non trovata, ma se quella pagina è stata

copiata da un altro blog che la tiene online è sempre visibile, è chiaro, perché

Google , se io rimuovo la notizia il motore di ricerca, dopo che sono passati tre

mesi, rimuove anche il link automaticamente, è chiaro, però se, solitamente

succede questo, però rimane il titolo di quel fatto su web, anche se poi la ricerca

non ti porta a nulla, quindi ci vorrebbero meccanismi da concordare da provider,

server, informatori eccetera. Noi riceviamo continuamente richieste di rimozione

di articoli, a volte sono immotivate perchè ci sono degli avvocati che lo fanno con

tono anche intimidatorio e intimativo, “la invito a rimuovere quell’articolo

perché danneggia il mio cliente”, non è che ti contestano l’esattezza o

l’inesattezza dell’articolo, ti contestano il fatto che quell’articolo danneggia il

suo cliente, le sue attività lavorative, noi gli rispondiamo, quando il tono è

intimidatorio o perentorio, gli rispondiamo con un tono adeguato, “lei ci

trasmetta le sentenze in base alle quali il suo cliente è stato ritenuto estraneo, è

stato assolto dagli addebiti e noi volentieri le pubblicheremo, e non ci scrivono

più, dopo tutte le minacce di querela, no scrive più nessuno. Un’altra cosa è se mi

telefona una persona per cortesia, o mi scrive, io ho sbagliato, ho fatto questo, ho

fatto quello, però per favore mi hanno rifiutato la richiesta di lavoro, mi fate la

cortesia, io in quel caso volentieri senza avvocati, quella persona la accontento,

diciamo perché io alla fine non ci perdo niente a cancellare una cosa di tre anni

fa, è nel mio archivio quando mi serve io la trovo. Si succede non spessissimo ma

c’è, solitamente sono vicende penali, noi abbiamo avuto un caso, per esempio, ma

non solo penali, per esempio c’è una famiglia di Cellino San Marco, secondo me

di persone fuori di testa, non so se è vero, che mo’ con tutti sti film che fanno ti

vengono pure i dubbi. Sostanzialmente uno di loro, un ragazzino, dice che aveva

visto un’immagine che si muoveva in un quadro, insomma praticamente tutti i

famigliari si erano convinti che fosse posseduto, sono andati dal parroco è

successo un casino, questo ha dato in escandescenza poi è successo ad un altro

parente, insomma è andata l’ambulanza e se li è portati via tutti, in ospedale, in

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psichiatria a brindisi, noi questa storia l’abbiamo raccontata, naturalmente senza

fare i nomi dei soggetti. L’abbiamo raccontata dopo aver parlato col parroco e il

maresciallo dei carabinieri che sono andati sul posto e hanno detto che quella

cosa era successa davvero, perché hanno chiamato il parroco che volevano

l’esorcista il coso, nu casino, no. Oh, dopo un anno telefona un parente di questi,

avvocato, perché stesso cognome, vi intimo di togliere immediatamente quella

notizia dal coso perché pa pa pa pa. Io gli ho scritto “caro avvocato, siccome si

tratta di fatti di cronaca ampiamente verificati ed incontestabili perché ci sono le

relazioni del 118 che noi abbiamo consultato” gli ho detto io, le relazioni dei

carabinieri la testimonianza del parroco, lei può fare tutte le denunce che vuole

se il tono che utilizza è questo e poi vediamo, ci vediamo in tribunale, poi quello

sai, ha preso il telefono mi dovete fare la cortesia che quelli non stanno bene di

testa, il figlio, il bambino, i parenti a Milano. Allora avvocato se lei la mette su

questo piano io le vengo incontro se me lo chiede gentilmente io accolgo le sue

richieste le richieste dei parenti e lo metto da pubblico a privato, io un bottoncino

devo premere, tanto la gente le cose se l’è lette […] quindi io applicando il diritto

all’oblio secondo i miei criteri l’accontento e la tolgo[…] io alcuno fattacci,

tranne i fatti di particolare rilievo, li toglierei proprio, perché alla fine, no, se uno

me li chiede io glielo faccio se uno vuole fare una ricerca, chiama me e io lo

faccio accedere all’archivio con una chiave d’accesso particolare, o gli mando i

pezzi, però questo è un problema dai.”

Vittorio Bruno Stamerra: “la legge sulla stampa in Italia fino a qualche settimana

fa non prevedeva nessuna funzione per i giornali online, fino a qualche tempo fa

non era prevista neanche una obbligatorietà di una direzione responsabile, per

cui, io credo che parecchi problemi che riguardano i quotidiani online non siano

altro che un segmento di problemi molto più vasti che nel mondo della

comunicazione dell’informazione è stato introdotto dalla rete, da internet, per cui

è la, come si fa ad impedire ad un cittadino qualsiasi che va in rete di mettere le

notizie le informazioni che vuole, va bene, visto che la rete è libera e poi diciamo

che la scelta la fa il mercato, il cittadino, ho reso l’idea? Questo è chiaro, che c’è

bisogno comunque che il legislatore dovrà risolvere certi problemi, penso ai

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problemi della sicurezza, all’informazione sicura della salute dell’ambiente, che

cosa può accadere se non c’è una verifica alle notizie che ogni giorno la rete ci

manda nei nostri computer nelle nostre case, è chiaro che l’autorevolezza della

fonte fa la differenza, noi non possiamo pretendere che la gente, conosca

l’autorevolezza della fonte, non possiamo pretendere che la gente sia tutta

acculturata, e scientificamente adulta. La legge , il legislatore deve trovare una

risposta a questa domanda, una risposta qualunque, ma una risposta che rispetti i

principi di libertà, di autonomia, per carità, ma proprio perché sappiamo che la

libertà ha bisogno di non scader in altro, perché resti libertà. (a proposito del

diritto all’oblio) Innanzitutto io credo che , le notizie che si vogliono mantenere

segrete possono essere benissimo mantenute segrete e si sa come tenerle segrete,

ci sono gli esperti di queste cose, e quindi, il problema è che le tecnologie che

cosa, che risposte potranno darci tra cinque, dieci, vent’anni. Se esiste un grande

cervello in grado di immagazzinare dati di tutti il pianeta all’infinito, se non sia

necessario ripulire questi contenitori, che non saprei come chiamare, li chiamo

contenitori, questi archivi, ma poi credo che sia un problema tecnico, perché la

rete comunque è un fatto di libertà, la rete ti deve garantire. Io mi sono divertito

,adesso non ricordo più che sito è, mi sono divertito anni addietro ad andare su

un sito americano che aveva messo in rete i nomi di tutti gli immigrati giunti negli

Stati Uniti d’America dalla fine dell’ottocento fino al 1920-30 queste emigrazioni

bibliche dall’Italia e dall’Europa, e ho trovato delle cose interessantissime, cioè

io mettevo dentro uno dei nomi o dei cognomi della mia famiglia, tanto per dire, il

cognome Stamerra, no, andavo lì e mi dava l’elenco di tutti gli Stamerra che

erano entrati negli Stati Uniti, la data, la nave, la provenienza. Allora mi pongo

la domanda, diritto all’oblio, il nonno dell’attuale candidato a sindaco di New

York che si chiamava de Blasio, il sindaco, ha diritto a che nessuno sappia che lui

è figlio di immigrati abruzzesi? Cioè c’è un diritto da parte del cittadino a dire io

non voglio che gli altri sappiano le origini della mia famiglia e, non lo so io come

si può risolvere il problema, non lo so, non so come si può impedire una cosa del

genere. Cioè, io oggi Stamerra, che sono la quinta generazione di un mio avo che

nel 1880 decise di andarsene in America immigrati, posso dire io agli americani,

voi non dovete, e che titolo c’ho io? Cioè mi sembra un discorso, molto, molto tra

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persone che vogliono cercare il pelo nell’uovo, non lo so, non mi pongo manco

sto problema. […] lì, siamo sempre al solito, siamo sempre al solito, cioè tra chi

dice io ho pagato la mia pena, si però tu sei stato protagonista di un fatto

pubblico, qual è un processo, qual è un evento, ho reso l’idea? Per cui il fatto

dell’oblio rispetto alla cronaca, allora stiamo mettendo l’oblio, il diritto all’oblio

per i protagonisti di quei fatti, e stiamo invece impedendo il diritto di cronaca, in

che modo il diritto all’oblio non contrasta con il diritto di cronaca? Perché io

anche tra trent’anni voglio raccontare quello che è accaduto un giorno del

novembre 2013 in quel di via di Catignano a Brindisi, perché non posso

raccontarlo? Se la notizia ha un valore pubblico, se io sto svolgendo un ruolo

garantito dalla legge, qual è il diritto di espressione, se io sto raccontando i fatti

nel pieno rispetto della legge, perché non posso citare fatti vecchi per il solo fatto

che sono entrati nel diritto all’oblio? E chi stabilisce il diritto all’oblio? Le ho

fatto l’esempio dei miei avi emigrati in America nel 1880. Io ho ancora diritto a

chiedere l’oblio per una notizia che riguarda un mio pro pro zio? E certe volte si,

si montano delle polemiche su fatti che sono del tutto marginali, irrilevanti, di

novità, penso.”

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NOTA METODOLOGICA

Il lavoro di ricerca qui svolto, nasce da una mia esperienza personale. Durante i

tre anni degli studi per il conseguimento della laurea magistrale in Sociologia e

Ricerca Sociale presso l’Università del Salento, ho collaborato con la redazione di

BrindisiReport.it per la realizzazione di un’idea del Direttore del Dipartimento di

Storia, Società e Studi sull’uomo, il professor Vitantonio Gioia, la progettazione

di un giornale online universitario, quello che poi sarebbe diventato

Unireport.Unisalento.it. La collaborazione per la realizzazione di Unireport mi

ha permesso di passare molto tempo a stretto contatto con il direttore responsabile

di BrindisiReport.it, Marcello Orlandini, e con gran parte della redazione.

All’epoca dei fatti non avevo ancora maturato la scelta di svolgere la mia tesi di

laurea sul tema del giornalismo online, dunque, quelle che nella metodologia della

ricerca sociale vengono chiamate osservazioni partecipanti, io le ho svolte senza

pretesa di scientificità, ma credo che in questi tre anni abbia avuto, ampiamente,

modo di verificare o almeno di constatare, a distanza ravvicinata, molti aspetti

degli argomenti che riporto in questa tesi. Se di metodo scientifico si può parlare,

la ricerca si fonda, oltre che sul mio periodo di collaborazione trascorso nella

redazione di BrindisiReport.it, sulla ricerca e l’interpretazione di dati statistici sul

tema dei media ripresi da fonti certificate come il Censis, Nielsen, Audipress e

Audiweb, e su tre interviste semi strutturate, della durata di circa 1 ora ciascuna, a

quelli che ho ritenuto essere degli osservatori privilegiati del mondo del

giornalismo online e in particolare della piccola realtà locale quale è

BrindisiReport.it. Se mi si chiedesse di dar conto del mio metodo di ricerca

rispetto al dibattito qualitativo/quantitativo, risponderei soltanto che, per il mio

modo di vedere le cose, il mio lavoro non ha alcuna pretesa di scientificità,

almeno per quel che riguarda le osservazioni e le interviste, il mio intento è stato,

qui, cercare di far emergere i cambiamenti in atto, legati allo sviluppo di nuove

tecnologie della comunicazione giornalistica che in qualche modo modificano il

90

modo di pensare e agire degli individui che con essi vengono a contatto.

Prendendo in esame il singolo caso di BrindisiReport.it ho puntato lo sguardo

sulla percezione del cambiamento che vivono le persone che lavorano nel campo e

che di questo campo, ne fanno esperienza, pensando che potesse essere utile, ai

fini della ricerca, per avere un’idea dell’intensità del mutamento. Mi è sembrato,

dunque, naturale riportare, per intero, i concetti emersi dalle conversazioni

utilizzando le parole degli intervistati. Ad ogni modo, le interviste sono state

registrate e trascritte interamente e ne conservo i file.

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CONCLUSIONI

Il web con le proprie grammatiche narrative e con le nuove dinamiche relazionali

ha costretto anche il giornalismo ad adattarsi e a prendere coscienza delle inedite

pratiche di produzione e consumo che hanno ridisegnato l’ecosistema informativo.

La costrizione di fronte alla quale è venuto a trovarsi il mondo del giornalismo è

quella che alcuni autori hanno chiamato rimediazione, la rielaborazione, cioè, dei

media analogici da parte di quelli digitali, in questo caso il passaggio del

giornalismo dal cartaceo al digitale. Questo spostamento di mezzo, inteso proprio

come strumento di comunicazione, come supporto, è in grado di evidenziare la

forza e la grandezza della teorizzazione di McLuhan “il medium è il messaggio”.

Non è il contenuto della comunicazione a modificare il pensiero e l’agire umano

ma il mezzo stesso, perché il messaggio di un mezzo o di una tecnologia è

contenuto nel cambiamento e rinnovamento di proporzioni, di ritmi e di schemi

che introduce nei rapporti umani. Uno storico della comunicazione e studioso del

pensiero di McLuhan, Peppino Ortoleva, ha sintetizzato in maniera ancora più

chiara questo concetto dicendo che “i media sono metafore”. La parola metafora

nell’etimologia greca, parte dal concetto di trasportare per arrivare all’idea di

trasformare, perciò ciò che Ortoleva voleva dire è che i media trasportano il

messaggio e nel trasportarlo lo trasformano. Questo è quello che si è voluto

dimostrare in questo lavoro, il trasporto e la trasformazione legata al trasporto, del

giornalismo online, nella convinzione che il trasloco dal mezzo dalla carta

stampata al mezzo web rientri a far parte di un cambiamento più esteso come

quello della liquefazione della modernità di cui parla Bauman. Si è cercato così di

mettere in risalto le particolarità del mezzo giornale online, le innovazioni come la

tempestività, l’interattività, la multimedialità, l’abbattimento dei limiti di spazio,

ma anche i limiti come i modelli di finanziamento, ancora non del tutto sicuri. E

per scoprire come alcuni dei soggetti coinvolti da vicinissimo stanno reagendo a

questa modificazione di pensiero e azione che si concretizza nell’adattamento a

proporzioni, a ritmi e a schemi diversi si è voluto prendere in considerazione un

caso studio concreto, BrindisiReport.it, il giornale locale della provincia di

92

Brindisi, nella convinzione che solo attraverso questi soggetti avvantaggiati

nell’osservazione per la loro posizione ravvicinata, si potesse avere una misura di

questo cambiamento, un racconto attraverso le vite di ognuno degli intervistati del

mutamento del mezzo come metafora.

Dunque per dirla con il giornalismo, Who? I protagonisti di questa storia sono i

giornalisti, i lettori e tutti gli utenti dei giornali online, tutti quelli che cliccano un

articolo su un giornale online e tutti i giornalisti che di buon ora cominciano il

loro lavoro per una testata digitale, e quelli che abbiamo chiamato prosumer , i

consumatori e i produttori di informazione. Poi What? Il medium, il mezzo di

comunicazione giornale online, internet e il cambiamento apportato dalla

rimediazione del mezzo, dal passaggio, cioè, del giornalismo dall’analogico al

digitale, dal cartaceo all’online. When? Da almeno un decennio, dall’esplosione

del web e dall’inizio del processo di alfabetizzazione digitale, adesso e per il

futuro prossimo. Where? Nel web, sui siti di testate online e sui social network

che siano accessibili dal computer, da tablet o da smartphone, e su qualsiasi

supporto con un accesso ad internet. Ed infine Why? Perché lo sviluppo e

l’evoluzione di nuove tecnologie della comunicazione hanno imposto al

giornalismo l’esigenza del cambiamento, il bisogno del rinnovamento e

dell’adattamento alle nuove forme di fare informazione, perché il passaggio dalla

carta stampata al giornale online ha prodotto delle scosse di assestamento come un

in terremoto e riconquistare gli equilibri persi durante la grande scossa è un

processo lungo, ed infine perché questi cambiamenti contribuiscono a liquefare la

modernità introducendo nuovi modi di pensare ed agire.

93

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www.repubblica.it

www.rivisteweb.it/issn/0390-5195

98

RINGRAZIAMENTI

Ho sempre pensato che scrivere una tesi di laurea non dovesse essere molto

difficile, ma mentre facevo le mie ricerche e restavo in casa per settimane intere

ho avuto tempo per ricredermi e mi sono resa conto, senza scadere nella retorica,

che questo lavoro non sarebbe stato materialmente possibile senza l’aiuto di

alcune fondamentali persone. Dunque, ringrazio Marcello Orlandini per avermi

dedicato tanto del suo tempo, per avermi insegnato tutto quello che so sul

giornalismo, e per la fiducia incondizionata che ha sempre riversato su di me.

Grazie anche a Roberta Grassi e Vittorio Bruno Stamerra per le interessantissime

interviste. Grazie al prof. Davide Borrelli per i suo aiuto nella ricerca. Grazie al

prof. Vitantonio Gioia per avermi fatto conoscere la realtà di BrindisiReport.it e

Marcello.

Un grazie particolare a C. per continuare ad esserci. E poi grazie a F. per l’aiuto

nella sbobinatura delle interviste, grazie anche ad A. ed M. per avermi allietato le

permanenze in casa a studiare.