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Oil magazine n.32/2016 - Spedizione postatarget magazine Numero AGOSTO 2016 magazine 32

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Page 1: AGOSTO 2016 · 2019. 12. 12. · DEL PETROLIO di Moisés Naím SOMM AR magazine Quadrimestrale Anno 9 - N. 32 agosto 2016 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

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Il termine “Disruption” può assumere sfumature di sensodifferenti: disgregazione o cambiamento. Noi abbiamovoluto coglierne l’accezione positiva, nella misura in cuievoca il momento di transizione che sta mutando lafisionomia dei modelli di business globali in direzione

di uno sviluppo più sostenibile. Un processo di trasformazionein cui il mondo dell’energia è chiamato a conciliare le esigenzedi produzione e distribuzione con gli impegni assunti per lalotta ai cambiamenti climatici. I contorni di questa “sterzata”stanno emergendo con chiarezza, come ci illustra Moisés Naím,e radicano la propria origine in un contesto di aspetti sia tecniciche geopolitici. Dal rallentamento economico cinese alla crisidell’area mediorientale fino all’avvento di nuove e più avanzatetecnologie, tutto concorre a spingere il comparto energetico

ad un ripensamento. Comesottolinea il senatore Gary Hart, lapolitica internazionale fatica a tenereil passo di questa rivoluzione, e rischia di non coglierne leopportunità di sviluppo, mentre è laricerca tecnologica a cavalcare l’ondadi cambiamento. Secondo DanielNocera, della Harvard University, i progressi sull’energia solare hannocondotto a scoperte che pongono le basi di un nuovo paradigma del modello energetico mondiale.Un assunto che sembra interessare

anche l’Arabia Saudita che, nel progetto di Vision 2030, avanzanell’elaborazione di un piano per lo sfruttamento sempre piùmassiccio di risorse alternative, senza abdicare completamentedal ruolo di “swing producer” di idrocarburi. Accanto a questa“visione”, a migliaia di km di distanza, si sta scrivendo un altroimportante capitolo internazionale: la nomina del presidentedegli Stati Uniti. C’è da chiedersi se il nuovo inquilino della Casa Bianca procederà ad un incremento della strategia di sfruttamento ed esportazione di idrocarburi o si affiderà a un piano di sviluppo delle rinnovabili. Nello stesso modovedremo come la comunità internazionale accoglierà lafuoriuscita del Regno Unito dall’Unione europea e qualiripercussioni produrrà questo passaggio. Ancora daoltreoceano, Francisco J. Monaldi descrive il momento difficiledelle grandi nazioni “energetiche” latino-americane. Disviluppo soffre, inaspettatamente, anche la Cina, che ha vistorallentare i ritmi di crescita a due cifre di qualche anno fa e cheoggi deve fare i conti con una transizione energetica che arrestigli effetti climatici indesiderati. Di una crescita più solida habisogno l’Africa, che si appresta a mettere in cantiere progettiinfrastrutturali per estendere l’accesso all’energia elettricaanche a fronte delle previsioni di aumento della popolazionenei prossimi decenni, come spiega il professor MichaelMurphy della London School of Economics, secondo il qualeuna comunità mondiale sempre più “anziana” e numerosanecessiterà, in futuro, di servizi e garanzie, anche energetiche,compatibili con la salvaguardia ambientale. Sembra proprio,quindi, che il mondo si trovi al cospetto di un bivio le cuidirezioni conducono verso scenari molto differenti, e nonsbagliare strada oggi più che mai è divenuto un imperativocategorico, perché l’atmosfera non ha confini sanciti da leggiinternazionali, e le scelte anche di uno dei grandi attoriinternazionali possono influenzare il futuro di tutti.

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GIANNIDI GIOVANNI

DisruptionI SEI EVENTI CHE HANNO“STRAVOLTO” IL MONDODEL PETROLIOdi Moisés Naím

RiflessioniLA DISGREGAZIONE E LE SUE OPPORTUNITÀdi Gary Hart

Dati statisticiDEMOGRAFIA E DISRUPTION NEI SISTEMI GLOBALIdi Michael Murphy

TecnologieHERE COMES THE SUNdi Daniel Nocera

Brexit I CORTOCIRCUITICHE ATTRAVERSANO LA MANICAdi Paul Betts

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USA PERSPECTIVEEnergia LA RIVOLUZIONE

A STELLE E STRISCEdi David Koranyi e Madison Freeman

ElezioniBLACK, BLUE OR GREEN?di Molly Moore

Mercati LA “CONTRORIVOLUZIONE”AMERICANA E LA RIPRESA DEL BARILEdi Demostenes Floros

SAUDI PERSPECTIVEScenari UN PIANO

PER “LIBERARSI” DAL PETROLIOdi Bassam Fattouh e Amrita Sen

Mercati LA TRAPPOLADEL PREZZOdi Paul Sullivan

Energia LA BATTAGLIAPER LE QUOTEDI MERCATOdi Eric Watkins

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Iran IL NUOVO VOLTO DI TEHERAN SOTTO GLI OCCHI DEL MONDOdi Ellie Geranmayeh

Yousef Baselaib, direttore esecutivo Masdar CityUNA CITTÀ “SORGENTE”, UN MODELLO PER TUTTIdi Simone Cantarini

Africa UN IMPEGNOVIRTUOSOdi Atef Marzouk

Cina LO SCETTICISMO DEL DRAGONEdi Lifan Li

America LatinaIL VOLANO VERO SARÀ UNA NUOVAPOLITICAdi Francisco J. Monaldi

Artico IL PETROLIO E LE NUOVE VIE DI NAVIGAZIONEdi Sebastiano Fusco

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USA PERSPECTIVE

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CAMBIARE ROTTASI PUÒ

di Alessandro Grassani

4I SEI EVENTI CHE HANNO“STRAVOLTO” IL MONDO

DEL PETROLIOdi Moisés Naím

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Quadrimestrale Anno 9 - N. 32 agosto 2016Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

n Direttore responsabileGianni Di Giovannin Direttore editorialeMarco Bardazzi

n Comitato editorialeGeminello Alvi, RobertArmstrong, Paul Betts, IanBremmer, Roberto Di GiovanPaolo, Bassam Fattouh,Gary Hart, Roberto Iadicicco,Alessandro Lanza, Lifan Li,Molly Moore, Moisés Naím,Daniel Nocera, Lapo Pistelli,Carlo Rossella, GiulioSapelli, Mario Sechi, Enzo Viscusi

n In redazioneCoordinatore: Clara SannaEvita Comes, RitaKirby, Simona Manna,Alessandra Mina, Serena Sabino,Giancarlo Strocchia, Manuela Iovacchini

n AutoriSimone Cantarini, DemostenesFloros, Madison Freeman,Sebastiano Fusco, EllieGeranmayeh, David Koranyi, Atef Marzouk, Francisco J. Monaldi, Michael Murphy,Sergio Romano, Nicolò Sartori,Amrita Sen, Paul Sullivan, Davide Tabarelli, Eric Watkins

n Infografica inserto LimpidoRitratti autori Stefano Frassetton FotoPortfolio: Alessandro GrassaniAlamy, Contrasto -Reuters, Dreamstime,Getty Images - Corbis,Sie Masterfile

Changes,challangesand charges

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Quando si esaurirà ilpetrolio mondiale? È difficile credere che un tempo questadomanda fosse all’ordine

del giorno, ma gli analisti dei decenniscorsi non hanno preso inconsiderazione, nelle loro previsioni, le nuove tecnologie rivoluzionarie.Negli ultimi anni, il mondo ha scopertouna quantità di petrolio ampiamentesuperiore a quella consumata, graziealla fratturazione idraulica, alle nuovetecniche di trivellazione orizzontale ead altri fattori che hanno reso possibileestrarre e portare sul mercato riserveprecedentemente inaccessibili. Inoltre, la crescita della domandapetrolifera ha rallentato. La sfida di Pechino di passare da un modelloeconomico trainato dall’industriamanifatturiera e dalle esportazioni a un’economia alimentata dai consumiinterni ha rallentato (come eraimmaginabile) la crescita economica. I tempi dei tassi di crescita a doppiacifra sono ormai passati così comequelli della fame di materie prime di ogni tipo, tra cui il petrolio. Si trattadi un cambiamento irreversibile, oggi la Cina non può tornare al vecchiomodello senza rimettere in discussionei guadagni faticosamente ottenuti dalla classe media e provocare unaricaduta pubblica.La frenata dell’economia cinese hacolpito gli esportatori di materie primein America Latina, Medio Oriente,Africa subsahariana e Asia orientale e sudorientale. Dal Brasile al Cile,dall’Australia alla Malesia, dal Sudafricaalla Russia, i governi e le economiesoffrono i contraccolpi del progressivoaggravamento del rallentamento del colosso asiatico. L’incertezza che ne deriva va ad aggiungersi alleincognite sul futuro dell’Europa su cuipesano l’avvio delle negoziazioni sullaBrexit, il rischio di un ritorno della crisidei migranti ora che l’accordo UE con la Turchia comincia a vacillare, e unaripresa non ancora completamentestabile degli Stati Uniti. In questoscenario è quindi difficile capire da dove potrebbe venire una futuradomanda petrolifera. Dobbiamo inoltre considerare la situazione dell’offerta. In passato,

i grandi produttori petroliferi, l’ArabiaSaudita in primo luogo, potevanoribilanciare i mercati in maniera rapidae facile con un semplice aumento o taglio della produzione. Dopol’invasione dell’Iraq nel 1990 da partedi Saddam Hussein i prezzi eranoschizzati alle stelle, ma l’Arabia Sauditaera riuscita a calmare le acqueimmettendo altro petrolio sul mercato.A seguito del crollo dei prezzi, causatodalla crisi finanziaria del 2008, l’ArabiaSaudita aveva tagliato la produzioneper alleviare la gravità della situazione.

Oggi, però, la situazione è ben diversa.La resilienza delle imprese statunitensipiù piccole, in prima linea nellarivoluzione del fracking, e la velocitàrelativa con cui possono incrementarela produzione in risposta ai prezzi piùalti, fa sì che l’Arabia Saudita non possapiù influenzare a lungo termine i prezzidel petrolio. Se l’Arabia Saudita tagliala produzione, i prezzi si alzano, ilfracking statunitense ritorna operativoe l’offerta più ampia fa scendere i prezzi. Il primo effetto netto è la perdita saudita in termini di quota di mercato, e la consapevolezza che,dopo i picchi di 147 dollari USA al barile nel 2008 e di 115 dollari USAnel 2014, i prezzi del petrolio nonraggiungeranno più le tre cifre nel prossimo futuro.Vi sono quattro implicazioni degne di nota. In primo luogo, i gigantipetroliferi statali sono in grandedifficoltà poiché non sono abbastanzaagili o resistenti per prosperare in un mercato dove la produzione è, oggipiù che mai, sensibile ai prezzi.L’inefficienza non è mai stata piùcostosa di così.

In secondo luogo, la situazione inArabia Saudita diventerà ancora piùtesa nei prossimi anni. Il Paese infattinon può tagliare la produzione di petrolio per raggiungere prezziadeguati a fornire i profitti necessari al governo. Al contempo l’Iran, asprorivale storico del Regno wahabita, dopola revoca delle sanzioni internazionalista rapidamente incrementando la propria produzione e la quota di mercato a spese dell’Arabia Saudita. Ad aggiungere instabilità c’è anche lo spettro del ricambio generazionalenella leadership dell’Arabia Saudita a seguito dell’eventuale decesso del reSalman, accompagnato da dubbi sul fatto che suo figlio, Mohammed bin Salman, riesca a portare il Regno e la sua economia nel XXI secolo. In terzo luogo, il calo dei prezzi del greggio lascia l’economia russa inuna situazione insostenibile. VladimirPutin rimane estremamente popolare e il suo governo può contare susostanziose riserve finanziarie ma nel lungo termine la Russia dovràaffrontare la stessa pressione permodernizzare e diversificare la suaeconomia dipendente dalle esportazionienergetiche dell’Arabia Saudita e di molti altri paesi. A differenza deisauditi, però, Mosca non ha ancoraaccettato di avere un grave problema.Infine, vi è una nazione produttrice dipetrolio che è già sull’orlo del baratro.Il Venezuela importa praticamentetutto, a parte il greggio, e le carenze di elettricità, acqua, alimenti e altribeni di prima necessità hanno quasiportato il Paese al conflitto aperto.Inoltre i membri del movimentochavista potrebbero presto sacrificare il presidente, Nicolas Maduro, perpreservare la loro supremazia. Solo unaumento molto consistente del prezzodel greggio potrà tuttavia garantire alregime una vita più lunga, ma questonon è uno scenario possibile. Viviamo in un’era di cambiamentiapparentemente continui nella qualeperò tutti noi, produttori petroliferi e consumatori, dobbiamo prepararci a un mondo in cui il greggio si negoziaa un prezzo inferiore, il che implicheràconseguenze sempre più rilevanti.

Portfolio CAMBIAREROTTA SI PUÒdi Alessandro Grassani

Scenari IL FUTURO È DEI ROBOT? LE PROSPETTIVEDELL’INTELLIGENZAARTIFICIALEdi Sergio Romano

BaricentriLA GEOPOLITICADELL’INNOVAZIONEENERGETICAdi Nicolò Sartori

ForecastLA RIVOLUZIONE DEL WEB E LE “FACILIPROMESSE” DELLA TECNOLOGIAdi Davide Tabarelli

SocietàL’ENIGMA TRUMP E LA RECRUDESCENZADEI FONDAMENTALISMIdi Roberto Di Giovan Paolo

Data PERCORSO A OSTACOLI PER LA RIPRESAa cura di Scenari di Mercato e Opzioni Strategiche di Lungo Periodo Oil (SMOS/OIL) - Eni

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n Redazione Piazzale E. Mattei, 100144 Romatel. +39 06 51996385+39 06 59822894+39 06 59824702e-mail: [email protected]

n Progetto graficoCynthia Sgarallinon Collaborazione

al progettoSabrina Mossetton ImpaginazioneImPRINTingwww.imprintingweb.com

n StampaIn Italia: Stab. Tipolit.Ugo Quintily S.p.A. viale Enrico Ortolani,149/151, 00125 Roman Edizione cineseEUCA Culture &CommunicationsCompany Limitedtraduzione, stampa,pubblicitàwww.eucasolutions.com

n Traduzioni:RR Donnelley

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Chiuso in redazione il 29 luglio 2016

• Benvenuto in Oil, un giornale edito da Enicon il preciso intento di promuovere un dia-logo aperto sull’energia come strumento af-fidabile e sostenibile per lo sviluppo econo-mico e geopolitico. Oil raccoglie notizie e ideeper la comunità energetica e non solo, of-frendo un’analisi autorevole delle tendenzeattuali nel mondo dell’energia.• Per abbonarsi gratuitamente a Oil scrive-re alla redazione: [email protected]• Per ricevere aggiornamenti via e-mail sulmondo dell’energia e interagire con altri opi-nion leader, iscriviti alla news letter su:www.abo.net

IAN BREMMER La nuova era del greggio low cost

L’autoreÈ presidente e fondatore di Eurasia Group,società di ricerca e consulenza sul rischiopolitico globale. Bremmer ha creato il primoindice di rischio politico globale di Wall Street ed è autore di diversi libri, tra cui il bestseller “La fine del liberomercato. Chi vincerà la guerra tra lo Stato e le imprese?”.

Editore eni spaPresidente: Emma MarcegagliaAmministratore delegato: Claudio DescalziConsiglio di amministrazione:Andrea Gemma, Pietro AngeloGuindani, Karina Litvack,Alessandro Lorenzi, Diva Moriani, Fabrizio Pagani,Alessandro ProfumoPiazzale Enrico Mattei, 100144 Roma – www.eni.com

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Page 3: AGOSTO 2016 · 2019. 12. 12. · DEL PETROLIO di Moisés Naím SOMM AR magazine Quadrimestrale Anno 9 - N. 32 agosto 2016 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

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Disruption/Quando la politica è più dirompente dell’innovazione tecnologica

Dai cambiamenti climatici alle crisi in Medio Oriente,

dal rallentamento dell’economia cinese

alle sanzioni alla Russia, al crollo dei giganti

energetici sudamericani. I fattori che hanno cambiato

il panorama energetico globalenegli ultimi anni

i eventi che hann oil mondo del petrolio

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

o stravolgimento del mercato, princi-palmente dovuto all’avvento di nuovetecnologie che rendono i vecchi mo-delli di business non abbastanza com-petitivi e talvolta obsoleti, è diventa-to un concetto sempre più alla moda.Le società affermate lo temono e lestart-up sperano di provocarlo. Per ci-tare solo alcuni esempi di questo stra-volgimento: Amazon ha praticamen-te svuotato gli scaffali delle librerie, leagenzie di viaggio e i giornali sono di-ventati sempre meno necessari e Ubere Airbnb hanno sovvertito i mercati diriferimento. Nessun settore è sfuggi-to a questo trend e il mercato ener-getico non fa eccezione. La frattura-zione idraulica e gli altri progressi tec-nologici, che hanno profondamentemodificato la produzione di idrocar-buri e fatto evolvere il mercato, han-no cambiato non solo l’industria pe-trolifera e del gas ma anche gli equi-libri geopolitici in atto da diversotempo. Eppure, nonostante l’indubbioimpatto delle nuove tecnologie, un’al-tra fonte di stravolgimento ben notaalle aziende petrolifere e di gas conti-nua a rappresentare un importante fat-

tore nel destino del settore energeti-co: la politica. L’attenzione rivolta aiprogressi tecnologici ci distrae dalfatto che la politica continua a esserela forza più dirompente sui mercati pe-troliferi e del gas.

Una breve storia delcambiamento del mercatoIl modello secondo il quale un’inte-ra industria può essere “stravolta” èstato individuato per la prima voltadal sociologo marxista tedesco Wer-ner Sombart nella sua opera del1913 intitolata “Guerra e capitali-smo”. Tale concetto è stato poi affi-nato da Joseph Schumpeter nel 1942nel libro: “Capitalismo, socialismo edemocrazia”. L’economista austriacol’aveva notoriamente definito “di-struzione creativa”, considerandolo“una caratteristica essenziale del ca-pitalismo”, basando la sua idea sulleprime affermazioni di Marx in meri-to alle tendenze autodistruttive del ca-pitalismo. Secondo le parole abba-stanza forti di Schumpeter, tale fe-nomeno si contraddistingue poiché è“un processo di mutazione indu-

striale che rivoluziona incessante-mente la struttura economica dal-l’interno, distruggendo quella pre-cedente e creandone una nuova”.Mezzo secolo dopo, il docente di Har-vard Clayton Christensen aveva am-pliato questo concetto descrivendo nel1995 quelle da lui definite “innova-zioni stravolgenti”, ovvero le nuovetecnologie e le strategie commercia-li innovative capaci di creare un pro-dotto differente, che spesso sostitui-scono il prodotto leader sul mercatoe, a volte, finiscono addirittura percreare un nuovo mercato. L’iPadrappresenta un esempio perfetto ditale fenomeno. Il concetto di Christensen di “inno-vazione stravolgente” è stato confer-mato da una serie di tecnologie e mo-delli commerciali innovativi, spesso le-gati al mondo di Internet, che a lorovolta hanno prodotto un’ondata dinuove aziende che sono presto di-ventate leader mondiali. La ricerca diquesta “innovazione stravolgente”,in grado di poter modificare in ma-niera sovversiva il mercato di un’in-dustria, è diventata l’ossessione di in-

LMOISÉS NAIM

È Distinguished Fellow del CarnegieEndowment for International Peace.Inoltre fa parte del Comitato editoriale di Oil.

n o “stravolto”

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Page 4: AGOSTO 2016 · 2019. 12. 12. · DEL PETROLIO di Moisés Naím SOMM AR magazine Quadrimestrale Anno 9 - N. 32 agosto 2016 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

ventori, imprenditori, investitori eanalisti. Le aziende esistenti restanovigili di fronte alla minaccia rappre-sentata dall’irruzione di un nuovo mo-dello commerciale che minerebbela stabilità dei mercati tradizionali.Come già sottolineato, la frattura-zione idraulica e le relative tecnolo-gie hanno generato nuovi metodi diproduzione degli idrocarburi sul mer-cato petrolifero e del gas, provocan-do la nascita di nuove aziende e mo-delli finanziari. Tutto ciò ha innescatocambiamenti enormi e senza prece-denti nel quadro geopolitico, come lasensazionale ascesa degli Stati Unitiche sono diventati uno dei tre pro-duttori principali di petrolio e gas almondo e un importante esportatorepotenziale. Oltre alla fratturazioneidraulica, i pannelli solari, le batterie,le turbine eoliche, la gassificazionedella biomassa e la promessa del-l’energia mareomotrice sono soloalcune delle innovazioni tecnologicheche stanno cambiando il panoramaenergetico mondiale.Ad ogni modo, se ci concentriamosolo sullo stravolgimento provocatodalla tecnologia mettiamo in ombrail fatto che la politica può trasforma-re un settore tanto quanto la tecno-logia stessa. Anche se il termine“stravolgimento” spesso porta a pen-sare ai drastici cambiamenti provocatidalle innovazioni tecnologiche, ge-neralmente legati all’informatica, al-l’elaborazione dei dati e a Internet, larealtà è che, almeno in campo ener-getico, i cambiamenti politici stannoavendo un impatto forte quanto lenuove tecnologie, se non superiore.Il settore petrolifero è soggetto damolto tempo all’impatto della politi-ca sulle proprie operazioni e sulla red-ditività. I trend recenti confermanoquesto andamento storico. Qui di se-guito sono riportati sei esempi di stra-volgimenti recenti causati dalla poli-tica che illustrano l’importanza dei fat-tori non tecnologici nella definizio-ne dei trend positivi e negativi suimercati energetici, nonché degli al-tri cambiamenti provocati dalla poli-tica su tali mercati.

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Leggi su www.abo.netaltri articoli dello stesso autore.

IL CONTENIMENTO DEL SURRISCALDAMENTO GLOBALE

Ci sono voluti anni ma ormai è stato quasi raggiunto un consenso scientifico sul legame tra il consumo di combustibili fossili e il surriscaldamento globale. Talecorrelazione scientifica ha portato ad un consenso politicosulla necessità di ridurre al minimo l’utilizzo di questicombustibili al fine di evitare l’avvento di un gravecambiamento climatico. L’accordo politico raggiunto a Parigi da 150 nazioni a novembre 2015, volto a limitarel’aumento della temperatura globale ben al di sotto dei 2° C, avrà enormi ripercussioni sul settore energetico, cosìcome gli enormi sforzi per tentare di limitare l’aumento a 1,5° C, che hanno portato a impegni vincolanti per tuttele parti nel quadro dei “contributi stabiliti a livello nazionale”(INDC). L’accordo di Parigi rappresenta il principaleelemento rivoluzionario nel trend del consumo energeticoglobale, che si è basato per più di un secolo sul carbone e gli idrocarburi fossili. I provvedimenti diretti scaturiti daquesta decisione comprendono una promessa del valore

di 19 miliardi di dollari da parte dei Paesi sviluppati persostenere quelli in via di sviluppo allo scopo di promuoverele energie rinnovabili e, in secondo luogo, la creazionedell’International Solar Alliance, un accordo fra 120 Paesiguidato da Francia e India per sostenere lo sviluppodell’energia solare nei Paesi che ne fanno parte. Anche le organizzazioni non governative, le città e gli investitoriprivati sono stati coinvolti in questa importante iniziativa. BillGates e altri 10 investitori hanno fondato la BreakthroughEnergy Coalition per indirizzare capitali privati verso progettidi energie pulite. Durante un vertice parallelo a Parigi delCompact of Mayors, presentato dal sindaco di Parigi AnneHidalgo e dall’ex sindaco di New York Mike Bloomberg, piùdi 360 città di tutto il mondo si sono impegnate a ridurre le emissioni urbane potenziali globali del 50 percento entroil 2020. Tali decisioni politiche porteranno a profondicambiamenti nel settore energetico e contribuiranno allacreazione e alla crescita di nuovi business legati all’energia.

LA POLITICA ENERGETICA USA

Il consistente aumento dellaproduzione di petrolio e gas negli StatiUniti, principalmente dovuto all’utilizzointensivo della fratturazione idraulica,ha provocato importanti cambiamentiin materia di politica energetica. Quello più importante è stato forsel’abrogazione del divieto diesportazione del greggio (a novembre2015), che era in vigore sin dal 1973.Tali significative decisioni politichearrivano in un momento in cui leraffinerie nazionali statunitensi stannoraggiungendo la loro capacità massimadi trasformazione del petrolio di scistoe le riserve di petrolio negli USA hannoraggiunto picchi storici, rendendo le esportazioni una mossa sensata. La decisione ha aperto la strada a cambiamenti significativi nel ruologlobale degli USA di esportatore nettodi idrocarburi. Un esempio è il suoimpatto in Europa, che può ora ridurrela sua dipendenza dal gas russo.L’abrogazione del divieto diesportazione di petrolio nei confrontidegli USA fornisce anche aWashington una straordinaria armageopolitica per quanto riguarda le sue relazioni con i Paesi produttori di petrolio.

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IL RALLENTAMENTO ECONOMICO CINESE

L’impatto dell’attività economica cinese sulla domanda globale di energia (e i relativi prezzi) è ben noto. Un rallentamento economico in Cina, comportaprezzi più bassi per tutte le materie prime, importate voracemente dal giganteasiatico, tra cui il petrolio. Il basso tasso di crescita attuale dell’economia cinesepuò essere visto solo come una fase transitoria in un normale ciclo economico.Ciò significa che dopo decenni di crescita a doppia cifra è normale che vi sia un rallentamento. Tuttavia, la preoccupazione è che l’economia cinese non stiasolo rallentando temporaneamente ma che sia entrata invece in una nuova e prolungata fase di magra crescita. Gli esperti che condividono questa opinionemeno ottimista dell’economia cinese sostengono che vi siano ampie prove del fatto che si stia verificando un importante cambiamento strutturale. L’annoscorso la crescita cinese è stata la più bassa degli ultimi 25 anni, insieme al crollodel mercato azionario e una svalutazione significativa. A gennaio 2016 il Paese ha perso circa 110 miliardi di dollari, mentre nel 2015 si è registrata una fuga di capitali superiore a 600 miliardi di dollari. Tuttavia, il segnale più inquietante è la crescita astronomica del debito nazionale, che è triplicato dal 2007. In risposta, il governo ha ribadito la sua intenzione di spostare l’interesseeconomico dalle esportazioni come fonte di crescita a favore dell’espansione del mercato nazionale e dagli enormi investimenti infrastrutturali e dallo sviluppoindustriale allo stimolo di un settore terziario più ampio e forte. Tutte questedecisioni politiche cambieranno profondamente il modo in cui la Cina produce e consuma energia.

LE CRISI IN MEDIO ORIENTE

Esiste al mondo qualcosa di piùdestabilizzante per i mercati energeticidelle politiche del Medio Oriente?Bloomberg dichiara che “circa 2,6milioni di barili al giorno non sonodisponibili sul mercato a causa deiconflitti e delle sanzioni nella regione,più di un quinto della media tra il 2000e il 2010”. La IEA, nell’Energy Outlook2016, annuncia che lo stravolgimentorelativo alla produzione petrolifera èstato pari a 3,2 milioni di barili al giornonegli ultimi 2 anni, principalmente a causa dell’instabilità politica in Iraq,Libia, Sud Sudan e Siria. Questosquilibrio significativo tra domanda e offerta è stato parzialmentecompensato dalle nuove esportazioniiraniane, che sono raddoppiatedall’anno scorso, raggiungendo 2,1milioni di barili al giorno a maggio. Taleaumento è il risultato dell’abolizionedelle sanzioni nei confronti dell’Iran da parte delle potenze occidentali, a seguito dell’accordo nucleareraggiunto a luglio del 2015. Questa

decisione ha stravolto gli equilibridell’offerta petrolifera mondiale e hacontribuito a frammentare e a indebolirel’OPEC, portando uno dei collaboratoriprincipali di Vladimir Putin, Igor Sechin,ad affermare che “l’OPEC hapraticamente smesso di esistere comeorganizzazione unita”. E questo èovviamente solo un esempio. La Libia,la Siria, l’Egitto e il Mediterraneoorientale sono tutte aree estremamenteinstabili e ricche di idrocarburi. Nel Medio Oriente la politica ha unpeso ben più importante sul mercatoenergetico rispetto alla tecnologia.

L’ESPANSIONISMO E LE SANZIONI RUSSE

Nel 2014, l’annessione della Crimeaalla Russia ha provocato una serie di sanzioni economiche stabilitedall’Unione europea e dagli Stati Uniti.Alcune di queste sanzioni hannocolpito direttamente il settoreenergetico russo e la sua capacità di continuare a essere il principale

fornitore di gas naturale per l’Europa.Tali sanzioni comprendevano ilcongelamento delle esportazioni versola Russia di strumenti e tecnologierelative al settore energetico e il divietodi fornire a società petrolifere e di gasrusse servizi quali trivellazione, test di pozzi e servizi di completamento. Le implicazioni sono enormi, e così le sorprese. Molti osservatori avevanoprevisto che la coalizione internazionalea supporto delle sanzioni si sarebbeframmentata velocemente, che le sanzioni sarebbero state ridotte o che avrebbero avuto breve corso oinefficacia. Tuttavia, nessuna di questeprevisioni si è avverata. Al contrario, la decisione del Cremlino di annetterela Crimea e destabilizzare così l’Ucrainaha comportato importantistravolgimenti nel settore del petrolio edel gas russo e un’apertura inaspettatadegli esportatori di gas statunitense nei confronti dei mercati europei.

L’IMPLOSIONE DI VENEZUELA E BRASILE

La cattiva gestione, la mancanza di investimenti e la corruzione diffusa nellacompagnia petrolifera statale del Venezuela, Petroleos de Venezuela, nonché gli scandali relativi alla corruzione della compagnia petrolifera statale brasiliana,Petrobras, stanno causando un profondo stravolgimento dei piani di produzione e di sviluppo dei due giganti petroliferi. Petrobras al momento è afflitta dal più altodebito tra tutte le principali compagnie petrolifere: il suo piano di investimentiquinquennale, da attuare entro il 2020, è stato rivisto al ribasso del 25 percento,mentre le sue azioni hanno perso l’80 percento del loro valore negli ultimi due anni.Nonostante le ampie riserve petrolifere, la produzione e le esportazionivenezuelane sono diminuite significativamente, relegando il Paese a un ruolominore sul mercato energetico globale. In entrambi i casi la tecnologia non ha influenzato in nessun modo tali crolli. È stata tutta opera della politica.Per i leader delle società petrolifere e di gas è consueto sottolineare che le lorosocietà sono avanzate a livello tecnologico quanto quelle di qualsiasi altro settore,se non di più. In effetti, gli investimenti in materia di ricerca e sviluppo, da partedelle grandi compagnie petrolifere, e l’elenco delle innovazioni implementate con successo nel mercato sono ugualmente notevoli.Non si può certo negare il fatto che le innovazioni tecnologiche siano una parteintegrante di questo settore. Tuttavia, non possiamo dimenticare che pochi altrisettori subiscono l’impatto diretto della politica come le compagnie petrolifere.Certo, la tecnologia, come è successo in passato, può stravolgere questo settore ma non quanto la politica.

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Riflessioni/I cambi di rotta passati e le potenzialità future

La disgregazione e le

I nuovi sistemi di governance possono ridurre le “disruption” e raggiungere un livello più alto di stabilità rispetto a quello odierno. La chiave stanell’anticipare invece di reagire. Prepararsi è ormaidiventato una necessità, se il mondo vuole evitare di essere vittima di ulteriori sconvolgimenti futuri

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sue opportunità

arà una parola brusca, eppure la di-sgregazione caratterizza l’epoca in cuiviviamo. Le vecchie formule si stan-no dissolvendo. I sistemi tradiziona-li si stanno disintegrando. Gli ordi-ni consolidati si stanno frammen-tando. Le alleanze fidate si stanno sfal-dando. Tutto questo è sinonimo di di-sgregazione. Sappiamo cosa sono lerivoluzioni. Come le guerre tradi-zionali, hanno un inizio e una fine. Mal’epoca disgregativa dell’inizio delXXI secolo non ha avuto un inizio uf-ficiale e non sappiamo quando ecome finirà. Si può affermare che que-st’epoca di disgregazione e rivolu-zione, in gran parte avvenuta sotto lasuperficie visibile, come lo sposta-mento delle placche tettoniche, abbiaavuto inizio nel 1973-74 con l’em-bargo petrolifero dell’OPEC. Poi lasconfitta americana in Vietnam. Sulfronte interno gli Stati Uniti faceva-no i conti con il movimento per i di-ritti civili, il movimento per la pari-tà dei sessi, l’alba dell’era dell’ecolo-gismo nonché una diffusa perditadelle norme sociali tradizionali. Va-rianti di questi cambiamenti cultura-

li hanno toccato la maggior parte del-l’Occidente. Ma il mondo stava anchevivendo la disintegrazione dei confi-ni nazionali. A livello economicoquesto fenomeno assunse il nome diglobalizzazione. A livello sociale ful’inizio delle migrazioni di massasulla direttrice sud-nord. La dissolu-zione dell’Unione Sovietica decretòquindi la conclusione della guerrafredda e la fine del mondo bipolare di-viso tra democrazia e comunismo.A tutto questo si aggiunse la rivolu-zione dell’informazione. Alcuni so-stengono che il fax abbia ricoperto unruolo centrale nel crollo dell’UnioneSovietica. I governi autoritari richie-dono il controllo delle informazioni;se le informazioni sono condivisediffusamente, i sistemi politici cen-tralizzati perdono autorità. Dal pun-to di vista economico, l’esplosionedelle tecnologie dell’informazione, so-prattutto negli Stati Uniti, ha segna-to il passaggio della base economicadalla produzione tradizionale al chipin silicio e a tutte le tecnologie che nescaturirono. Mentre il centro geo-grafico del potere economico negli

Stati Uniti si spostava da Detroit ePittsburg alla Silicon Valley in Cali-fornia, l’Asia iniziava a dominare ibeni di consumo del mercato di mas-sa e le tecnologie a basso valore. Lebarriere commerciali e il protezioni-smo non riuscirono a fermare la ma-rea di navi portacontainer che tra-sportavano automobili, televisioni,prodotti tessili, calzature, elettrodo-mestici e un flusso infinito di prodottidi consumo.

Quando è la politica ad arrivare in ritardoUn esame della politica pubblica de-gli Stati Uniti dalla metà degli anni ’70ad oggi rivela un modello di ritardonel rispondere alle forze della di-sgregazione. Qualche giovane leaderpolitico statunitense invocò politicheeconomiche come la riforma del-l’istruzione, con una maggiore at-tenzione verso i laboratori, le scien-ze e la tecnologia, e la riqualificazio-ne professionale per i lavoratori piùanziani così da facilitare la transizio-ne da un’economia industriale aduna basata sulle informazioni. Nes-

SGARY HART

È stato Senatore degli Stati Uniti;attualmente è presidente dell’AmericanSecurity Project e membro dell’U.S.Energy Security Council.

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suno prestò attenzione a tali iniziati-ve. Analogamente, durante gli anni diMikhail Gorbaciov nell’Unione So-vietica, qualche funzionario elettoamericano suggerì di pensare diver-samente al ruolo dell’America nel-l’epoca post-guerra fredda. A preva-lere tuttavia furono le tradizionali po-litiche in materia di difesa e affari este-ri, spesso fomentate dai tradizionali“cold warrior”, tanto che alcuni ar-rivarono a sentire la mancanza dellacertezza del mondo bipolare e a cer-care opportunità per ricrearlo. Per quanto riguarda le forze armatee la sicurezza nazionale statunitense,i tentativi di istituire riforme milita-ri serie in previsione dell’aumento diconflitti non convenzionali e arma-menti irregolari, alla luce dell’erosionedei confini e della sovranità degli sta-ti-nazione, si scontrarono con le re-sistenze e le posizioni convenziona-li. Persino in una nazione come gliStati Uniti, che fa dell’innovazione unpunto d’orgoglio, lasciarsi alle spal-le le politiche tradizionali per af-frontare eventi disgregativi incontrauna certa resistenza. Lo status quo af-fonda solide radici nelle menti di per-sone dal pensiero convenzionale im-pegnate a preservare le cose cosìcome stanno. Machiavelli osservava“l’incredulità degli uomini, i quali noncredono in verità le cose nuove, senon ne veggono nata esperienza fer-ma”. E l’americano Ralph WaldoEmerson scriveva di “gravità, abitu-dine e paura” che rendono difficileportare avanti la sperimentazione el’innovazione. Tutte queste disgre-gazioni contribuirono ad avviarel’erosione di quelle che, fin dallaPace di Vestfalia del 1648, sono sta-te le componenti strutturali basilaridella politica globale, gli stati-nazio-ne. Man mano che la finanza e l’eco-nomia diventavano onnipresenti efuori dal controllo dei ministeri del-le finanze nazionali, la sovranità po-litica iniziò a indebolirsi. Lo stato-nazione richiede un monopolio sul-la violenza. Questo monopolio sisgretolò quando le persone disillusesostituirono la propria lealtà verso glistati con quella verso il fondamenta-lismo religioso, il nazionalismo etni-

co e persino tribù, clan e gang. Con-siderando la crescente incapacità de-gli stati-nazione, compresi i potentiStati Uniti (l’11 settembre), di forni-re sicurezza per i propri cittadini, pra-ticamente dalla sera alla mattina nac-que un ampio settore internazionaledi sicurezza privata per individui e co-munità. Dal crollo sovietico emerse-ro nuove mafie. I cartelli della drogasi fecero strada come sostituti del-l’autorità statale in parti dell’Ameri-ca centrale. Gli armamenti dellaguerra fredda vennero messi a di-sposizione delle nazioni senza stato.L’ascesa del terrorismo come formadi guerra sembra quasi inevitabile. Levecchie ideologie di socialismo na-zionale e comunismo del XX secolohanno lasciato il passo al fondamen-talismo religioso che in parti delmondo musulmano è diventato unprincipio organizzativo centrale, so-prattutto per le masse di giovani di-soccupati. Non tutta la disgregazio-ne è immediatamente politica o eco-nomica. Questo nuovo secolo si tra-scina la zavorra dei costi posticipatidell’era industriale. L’umanità sta al-terando il clima da cui dipende il suostesso benessere. Stiamo depositan-do carbonio nella nostra biosfera adun ritmo superiore a quello a cui puòessere assorbito, e lo facciamo da di-verso tempo. Sembra che non vi siasufficiente volontà politica, in parti-colare nei paesi sviluppati, di modi-ficare sostanzialmente i nostri modellidi consumo. Per di più, i paesi in viadi sviluppo cercano di raggiungerli eper farlo richiedono maggiore com-bustione di carbone. Climatologiseri prevedono un aumento del livellodei mari in tutto il globo, mentre ladesertificazione porterà siccità e ca-restie nelle parti interne. Abbiamoschivato pandemie legate ai virusHIV ed Ebola. Ma i moderni viaggiaerei rendono praticamente inevita-bile che si verifichi una nuova epide-mia virale e che si diffonda più velo-cemente della capacità della medici-na moderna di contenerli e metterliin quarantena. E sono pochissime, senon nessuna - compresi gli StatiUniti - le nazioni che abbiano a di-sposizione il personale e le attrezza-

ture, inclusi i vaccini, per gestiremutazioni virali ignote. Attualmentegli scienziati affermano che ci stiamoavvicinando all’inizio di un’epoca dibiologia sintetica in cui virus inesi-stenti in natura possono essere pro-dotti in piccoli laboratori nascosti ediffusi da individui e gruppi ostili trala popolazione sana dei loro nemici.La nuova era dell’informazione haportato con sé trasformazioni a dirpoco magiche. Oggi le infrastruttu-re critiche, come le comunicazioni, itrasporti, la finanza e l’energia, sonotutte gestite da computer. Ma ades-so sappiamo che questi magici siste-mi operativi computerizzati sonovulnerabili di fronte ad hacker e pi-rati informatici pubblici e privati. Almomento i sistemi critici da cui di-pendono i paesi sviluppati sono si-curamente più efficienti, ma anche piùvulnerabili alla nuova minaccia del-la guerra cibernetica. È difficile im-maginare cosa potrebbe succedere sesistemi bancari internazionali inter-connessi o l’intero sistema di controllodel traffico aereo venissero improv-visamente interrotti o spenti. Questoabbozzo superficiale delle rivoluzio-ni – disgregazioni se vogliamo – fasembrare il futuro davvero cupo.

Rivoluzioni, qualimiglioramenti hanno portatoUna valutazione imparziale, tuttavia,deve anche tenere conto del mi-glioramento degli standard di vita intutto il mondo, anche in molti deipaesi in via di sviluppo. La scienza e

la tecnologia, che stanno portandonuovi dispositivi come i cellulari amoltissime persone, rendono le mas-se più sane e più in grado che mai dipartecipare alle economie dei mercatilocali. Gli standard di istruzione e sa-nità sono in aumento. I tassi di na-scita in molte grandi nazioni si stan-no assestando su modelli più soste-nibili. Nuove fonti di energia soste-nibili, in particolare l’eolico e il so-lare, sono disponibili in misura cre-scente a livello comunitario. Le prin-cipali nazioni produttrici di petrolio,tra le quali l’Arabia Saudita, vedonoavvicinarsi l’era solare più veloce-mente di quanto avrebbero imma-ginato solo pochi anni fa. Solo in al-cune parti del mondo sono in corsoesperimenti con fonti di energia mi-cro-geotermica. In senso cosmico, èpossibile vedere la nostra epoca di di-sgregazione come una gara. Unagara tra le forze distruttive scatena-te negli ultimi tre o quattro decen-ni e il genio inventivo umano co-struttivo in grado di evitare disastrinaturali o artificiali. Abbiamo lascienza, la tecnologia, l’immagina-zione e l’invenzione dalla nostraparte. Ma non abbiamo tempo infi-nito. E siamo carenti dal punto di vi-sta dell’arte di governare, della lea-dership morale e dell’apprezzamen-to della nostra comune umanità.Per oltrepassare queste disgregazio-ni dobbiamo ripensare i sistemi di go-vernance. Le dichiarazioni naziona-li e internazionali di indipendenza,dei diritti umani e delle libertà de-

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mocratiche sono gli elementi fon-danti, ma questi principi adesso de-vono essere messi al servizio di nuo-ve modalità di governance e di af-frontare le necessità comuni e uni-versali. Per esempio, ora dobbiamopensare al mondo come un bene glo-bale comune (“Global Commons”),un luogo virtuale creato dal deside-rio universale dell’umanità di sicu-rezza fisica ed economica. Nessunanazione o organizzazione sovrana-zionale esistente può arrestare ilsurriscaldamento globale. Nessunaalleanza regionale, da sola, può fer-mare un’epidemia virale. Nessunacoalizione democratica può estirpa-re l’estremismo e il terrorismo. Que-ste sono minacce che richiedono lapartecipazione appassionata di tuttele nazioni, i gruppi etnici, le religio-ni e le tribù. L’approccio GlobalCommons alle sfide della disgrega-zione del XXI secolo si basa su ununico principio cardine: tutti gli es-seri umani hanno più interessi in co-mune che differenze. Tali interessitrascendono la razza, l’etnia, le iden-tità storiche, le ideologie politiche, lageografia e le culture tradizionali.Nell’ambito della sicurezza interna-zionale, il fulcro di una coalizioneGlobal Commons sarebbe compostada democrazie avanzate impegnatereciprocamente a perseguire la sicu-rezza collettiva, la soppressione delterrorismo e l’eliminazione dellacriminalità organizzata. Altre na-zioni impegnate a tutelare lo stato didiritto e la protezione dei diritti

umani sarebbero le benvenute sottol’egida di sicurezza di Global Com-mons. I vantaggi di unirsi alla coali-zione sarebbero più importanti allanozione ormai superata di sovranitàe solo nazioni rinnegate come la Co-rea del Nord rimarrebbero sole e iso-late. Per quanto concerne la sovra-nità nazionale, all’alba della guerrafredda le nazioni appartenenti al-l’Alleanza atlantica si accorsero ra-pidamente che avrebbero potutopartecipare appieno ad una alleanzaper la sicurezza collettiva senza sa-crificare la propria autorità e sovra-nità nazionale. Globalizzazione, in-formazione, erosione dei confini emigrazioni di massa rappresentanominacce all’ordine prestabilito. Marappresentano anche opportunitàper un’intesa reciproca. Ciò che ser-ve di più adesso sono capacità di go-verno, autorità morale e leader do-tati di coraggio, integrità e visione.

La strategia è anticipare le insurrezioniNel nostro complesso mondo nonesisterà mai la stabilità assoluta. Manuovi sistemi di governance possonoridurre le disgregazioni e raggiungereun livello più alto di stabilità rispet-to a quello odierno. La chiave sta nel-l’anticipare invece di reagire. Trop-po spesso all’inizio del XXI secolopersino le nazioni più avanzate han-no aspettato che un evento disgre-gativo si verificasse per poi risponderecon qualunque risorsa avessero a di-sposizione. Gli eventi però si stanno

verificando sempre più rapidamente,e i tempi di preavviso si stanno re-stringendo, così come i tempi direazione. Ritardare e cercare rimediè diventato un lusso. Anticipare e pre-pararsi è ormai diventato una neces-sità se il mondo vuole evitare di es-sere vittima di ulteriori disgregazio-ni future. Dovranno passare anni pri-ma che noi o le generazioni futureriusciremo a valutare adeguatamen-te le molteplici trasformazioni epicheche stiamo vivendo. Un secolo fal’economista Joseph Schumpeter ac-coglieva le “tempeste di distruzionecreativa” nella trasformazione eco-nomica. Da queste, riteneva cheavrebbero potuto sorgere opportunitàeconomiche e sistemi economicinuovi e talvolta persino migliori.Questo è l’atteggiamento che dob-biamo assumere nei confronti dellanostra epoca di disgregazioni. Magarinon accoglieremo le tempeste di di-struzione creativa, ma sta di fatto chequeste esistono. Se saremo in gradodi non farci ammaliare dalle politichee dai programmi passati, pur man-tenendo la nostra dedizione nei con-fronti di principi senza tempo, e diutilizzare la nostra immaginazionecollettiva per inventare nuovi siste-mi e politiche, il XXI secolo potrebbeancora spiccare come una delle epo-che più illuminate della storia del-l’uomo. Le disgregazioni devonotornare a nostro vantaggio. Non ab-biamo altra scelta.

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Disgregazione

Crescita

1. EMBARGO PETROLIFERO La crisienergetica del 1973 fu dovuta all’interruzione del flusso dell’approvvigionamentodi petrolio proveniente dalle nazioni appartenentiall’OPEC a causa della guerra del Kippur.2. DISSOLUZIONE DELL’UNIONE SOVIETICAHa decretato la conclusione della guerra fredda e la fine del mondo bipolare diviso trademocrazia e comunismo. Dal crollo sovieticosono emerse nuove mafie.3. GLOBALIZZAZIONE Il mondo ha vissuto la disintegrazione dei confini nazionali. A livelloeconomico questo fenomeno ha segnato l’iniziodelle grandi migrazioni di massa sulla direttricesud-nord.4. INTERNET Al momento i sistemi critici da cuidipendono i paesi sviluppati sono sicuramentepiù efficienti, ma anche più vulnerabili alla nuovaminaccia della guerra cibernetica.5. 11 SETTEMBRE L’incapacità, manifestata da molti governi, di garantire l’adeguataprotezione della collettività ha fatto nascere unvasto settore internazionale di sicurezza privata.6. CAMBIAMENTI CLIMATICI A causa delcarbonio depositato nella biosfera ad un ritmosuperiore a quello a cui può essere assorbito siprevede un aumento del livello dei mari, mentrela desertificazione porterà siccità e carestie.

1. ISTRUZIONE Secondo gli attuali trend, Cina e India conteggeranno, entro il 2020, oltre il 40% di giovani con un diploma universitario.Solo un quarto dei giovani dell’Unione europeasaranno invece laureati (dati OCSE).2. SANITÀ La scienza rende le masse di persone più sane e più in grado che mai di partecipare alle economie dei mercati locali3. NUOVE TECNOLOGIE La scienza e latecnologia stanno portando nuovi dispositivicome i cellulari a moltitudini di persone,rendendole più sane e più in grado dipartecipare alle economie dei mercati locali.4. ENERGIE SOSTENIBILI Nuove fonti di energia sostenibili, in particolare l’eolico e il solare, sono disponibili in misura crescentea livello comunitario. Le nazioni produttrici di petrolio vedono avvicinarsi l’era del solare.

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Dati statistici/I grandi mutamenti della popolazione

Demografia e disruption nei sistemi globali

i stima che la popolazione mondia-le attualmente abbia raggiunto quo-ta 7,4 miliardi, a un ritmo di cresci-ta di circa un miliardo ogni 12 annie, stando alle proiezioni fornite dal-le Nazioni Unite, dovrebbe raddop-piare, passando da 4 a 8 miliardi, nelperiodo compreso tra il 1974 e il2023. Nel 1804 era soltanto a quo-ta un miliardo e sono stati necessari119 anni per toccare i due miliardi.Recentemente, la popolazione haconosciuto un incremento senza pre-cedenti, destando preoccupazioniriguardo alle possibili ripercussioni intermini di sostenibilità sociale, eco-nomica e ambientale. Variazioni del-la dimensione e della struttura de-mografica mondiale sono potenzial-mente in grado di stravolgere la sta-bilità globale, sia su scala individua-le, come ad esempio in termini dirapporti intergenerazionali all’in-terno dei nuclei familiari, sia a livel-lo di fiscalità nazionale e di sistemaambientale globale, oltre a determi-nare ripercussioni politiche e strate-giche. Un aumento della popolazio-ne, benché di per sé non costituiscaun fattore determinante, potrebbetuttavia contribuire ad amplificare al-cuni problemi legati ad altre cause. Lacrescita e la struttura della popola-zione sono gli aspetti demografici piùrilevanti e hanno un impatto diver-so a seconda dell’area del mondo in-teressata.

Variazioni nella popolazionemondialeNascite e decessi sono gli unici fattoriche determinano variazioni di di-mensioni e struttura della popola-zione. La speranza di vita alla nasci-ta intorno al 1950 era di 47 anni, men-tre nel 2015 era salita a 71 anni; at-tualmente cresce al ritmo di tre anniogni decennio, e questa tendenza èdestinata a proseguire anche in futu-ro. Se nel 1950, stando ai tassi di fer-tilità, ogni donna aveva in mediacinque figli, nel 2015 tali numeri sisono dimezzati; tuttavia, si prevedeche in futuro questa diminuzionerallenti, fermandosi a un tasso dicirca due figli per donna entro il 2100.Si osserva una fertilità più bassa in par-ticolar modo nelle aree sviluppate, siaper ragioni legate a un maggiorecontrollo delle nascite da parte del-le coppie, sia perché i tassi di morta-lità infantile sono più bassi. Tali cam-biamenti denotano importanti suc-cessi globali e notevoli progressi ma,come affermato in precedenza, han-no comportato un rapido aumentodella popolazione mondiale.

Differenze geograficheLa popolazione mondiale finora haavuto un ritmo di crescita piuttostostabile, raggiungendo un tasso mas-simo annuo dello 0,9 percento in-torno al 1965, salvo poi scendere allo0,5 percento attuale, e si prevede che

nel corso di questo secolo si avvicineràa quota zero. Tuttavia, tali dati non ri-flettono dettagliatamente la diversa si-tuazione nelle varie zone del mondo,e ciò potrebbe perfino provocaretensioni fra i vari stati. I tassi di cre-scita risultano molto bassi nelle areepiù sviluppate. Inizialmente erano piùelevati dappertutto nel resto delmondo, ma di recente, nei Paesi a red-dito medio, la tendenza è stata quel-la di allinearsi ai tassi dei Paesi più svi-luppati (Europa, Nord America,Giappone e Australasia); si è osservato

SMICHAEL MURPHY

È professore di demografia presso la London School of Economics e docente di Scienze Politiche. È membro della British Academy. È stato consulente di diverseamministrazioni nazionali inglesi e di organizzazioni internazionali come l’ONU e l’OCSE.

La sostenibilità dipende fortemente da quanti siamo sul pianeta e in che modo si sviluppa la società. Per questo le dinamiche demografiche dovrebbero essere studiateattentamente dalla politica per definire una strategia organizzativa ad hoc

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

un notevole incremento in particolarmodo nelle aree meno sviluppate,come ad esempio l’Africa Subsaha-riana e in un ristretto gruppo di altriPaesi, quali l’Afghanistan. La popo-lazione dell’Africa era meno dellametà rispetto a quella dell’Europa nel-la metà del XX secolo (vedi grafico apagina 14). Tuttavia, si prevede cheentro il 2025 sarà pari al doppio, e cheentro il 2100 in Africa il numero deigiovani tra i 15 e i 24 anni sarà paria tutta la popolazione europea.Nel 1950 la popolazione delle regioni

più sviluppate rappresentava il 32 per-cento di quella mondiale; tale per-centuale è scesa al 17 percento nel2015 e presumibilmente toccheràquota 13 percento nel 2050, quandola tendenza sarà oramai in netta di-scesa, come avviene già in alcuni Pae-si quali il Giappone. D’altra parte, èprobabile che nel 2050 i Paesi menosviluppati costituiranno il 20 percentodella popolazione, rispetto all’8 per-cento del 1950. L’impatto di una variabile nel siste-ma globale può essere espresso tra-

mite l’equazione I = P x A x T, per cuil’impatto (I) dipende dalle dimensionidella popolazione (P), dalla ricchez-za (A) e dalle tecnologie (T). Di que-ste tre variabili, la popolazione è digran lunga quella più prevedibile: adesempio, a un intervallo di confidenzaal 95 percento (l’intervallo di confi-denza è l’intervallo di valori entro iquali si stima che cada, con un livel-lo di probabilità scelto a piacere, il va-lore vero della popolazione, ndr), ladimensione della popolazione mon-diale nel 2050 si attesterà tra i 9,3 ei 10,2 miliardi. Tale stima si basa sul-le proiezioni dell’ONU, che gene-ralmente forniscono dati attendibilia livello globale, ma meno attendibilia livello nazionale. I Paesi più ricchiutilizzano una maggiore quantità dirisorse per un determinato numerodi persone, anche se si considera chepossano mettere in campo alcune tec-nologie per limitare le conseguenze,fra cui quelle ambientali. A titoloesemplificativo, nel 2011 le emissio-ni medie di CO2 pro capite nei Pae-si meno sviluppati ammontavanosoltanto al 3 percento del valore peruna persona che abita in un Paesemembro dell’OCSE, o al 4 percen-to per una persona che abita in Cina(dati della Banca Mondiale). Questinumeri indicano che le emissioni au-menterebbero più lentamente ri-spetto alla crescita della popolazio-ne, che si concentra piuttosto neiPaesi a emissioni relativamente bas-se. Tuttavia, poiché i Paesi meno ab-bienti aspirano a diventare più ricchi,è necessario un maggior numero dirisorse, ancor più per via dell’au-mento della popolazione. Con unapopolazione in crescita, infatti, la do-manda di risorse diventa sempre piùpressante per poter soddisfare i bi-sogni alimentari globali, a partire dal-l’acqua per uso domestico, al-l’espansione del settore industriale,fino all’irrigazione agricola.

Struttura della popolazioneNella seconda metà del XX secondo,nelle aree più sviluppate, la percen-tuale di bambini al di sotto dei 15 anniè scesa dal 27 percento al 17 percen-to del totale della popolazione, per ra-gioni connesse al sensibile calo del-la fertilità (grafico a pagina 15). In al-tre zone, invece, nell’immediato do-poguerra si è riscontrato un iniziale,notevole aumento della percentuale,dovuto a una maggiore fertilità e a unaridotta mortalità infantile, salvo poiinvertire la tendenza. Ad ogni modo,prima di assistere a un calo a livelli in-feriori al 25 percento, dovrebbero pas-sare dai 50 ai 100 anni. La quota del-la popolazione compresa tra i 15 e i64 anni, generalmente considerata inetà lavorativa, è più elevata nei Pae-si più sviluppati, sebbene i Paesi a red-dito medio stiano recuperando ter-reno su questo fronte. Una diminu-

zione della fertilità genera un au-mento una tantum della percentualedi giovani in età adulta, poiché le ge-nerazioni successive saranno com-poste da un numero minore di bam-bini. Per via di questo dividendo de-mografico, la quota della popolazio-ne economicamente attiva aumenta e,come accaduto negli anni ’80 nell’este sud-est dell’Asia, ciò contribuisceallo sviluppo economico. Si prevedeun simile trend anche nei Paesi menosviluppati, ma i benefici saranno piùvisibili soltanto se le possibilità di im-piego saranno adeguate ai numeri; di-versamente, la presenza di molti gio-vani disillusi e disoccupati potrebbeavere un effetto piuttosto negativo sul-l’economia. Per quanto riguarda laquota delle persone anziane, ossia dicoloro che hanno 65 anni o più, i datiindicano un aumento, o un probabi-le aumento futuro, in ogni zona delmondo, ad eccezione dei Paesi menosviluppati, per i quali attualmente ri-sulta difficile produrre stime sul pro-cesso di invecchiamento della popo-lazione (grafico a pagina 15). Nei Pae-si a reddito medio, invece, tale pro-cesso avanza più rapidamente rispet-to a quanto avviene nelle aree più svi-luppate. In queste ultime, la quota del-le persone con almeno 65 anni è inaumento, nonostante il boom di na-scite degli anni ’50 e ’60 abbia con-tribuito a compensare l’invecchia-mento della popolazione. Negli ulti-mi decenni, è stata registrata una con-siderevole contrazione della fertilitàin molte zone del mondo. In alcuniPaesi europei, quali Spagna, Italia eGrecia, il tasso di fertilità si attesta sot-to a 1,4 figli per donna: ciò significache, qualora questa tendenza doves-se restare inalterata, e senza l’appor-to delle migrazioni, a ogni genera-zione succederebbe un solo individuo,vale a dire i due terzi della dimensioneattuale. Le conseguenze della con-trazione della fertilità sul processo diinvecchiamento della popolazionesono state rafforzate anche dall’al-lungamento della speranza di vita. NeiPaesi più sviluppati, la percentuale po-tenziale di sostegno (PSR), ossia il nu-mero di persone in età lavorativa dietà compresa tra i 20 e i 64 anni perogni anziano di almeno 65 anni, erapari a 7,5 nel 1950, salvo poi dimez-zarsi nel 2015 e, presumibilmente, nel2050 sarà pari a 2. Nei Paesi a redditomedio, le cifre hanno subito unacontrazione analoga, ma restano co-munque quasi il doppio rispetto aquelle dei Paesi più sviluppati anno suanno. L’invecchiamento della popo-lazione pone il problema del trasfe-rimento di risorse dalle persone atti-ve a coloro che non lavorano. Infat-ti, se da un lato il numero di figli a ca-rico è diminuito, dall’altro le esigen-ze della popolazione anziana sono in-crementate in maniera considerevo-le, vale a dire in termini di previden-

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za sociale e assistenza sanitaria, prin-cipalmente afferenti all’economiaformale, e in termini di assistenza per-sonale (settore economico informa-le), specialmente per i membri del nu-cleo familiare più stretto. La struttu-ra della popolazione comprende inol-tre una fascia sempre più numerosa dipersone con almeno 80 anni di età, ein quanto principali utenti dei servi-zi socio-assistenziali, essi contribui-scono ad aggravare il peso di questisettori sull’economia. Più in genera-le, i due settori risentono anche del-l’impatto di variazioni della struttu-ra della popolazione, fluttuazionieconomiche e movimenti sociali.Inoltre, condizioni di scarsa fertilitàe mutevoli sistemi sociali ed econo-mici, che richiedono ai giovani unamaggiore mobilità, fanno sì che que-sta fascia della popolazione difficil-mente vivrà nelle vicinanze dei lorogenitori. Di norma, sono le donne aoccuparsi della cura della persona; maquesta tendenza si sta attenuando pervia di un numero sempre minore difigli e della minore propensione almatrimonio delle ragazze. Per dipiù, le donne con responsabilità for-mali nell’ambito lavorativo non pos-sono o non vogliono più prendersicura dei loro suoceri. Sebbene queste dinamiche demo-grafiche siano inarrestabili e ampia-mente prevedibili, secondo il BritishOffice for Budget Responsibility,l’ente che fornisce dati sulle finanzepubbliche, i costi del progressivo in-vecchiamento della popolazione rap-presentano una delle maggiori sfidedi sostenibilità per il sistema fiscale del

Regno Unito. Nei Paesi ad alto red-dito, le misure politiche da adottareper far fronte al processo di invec-chiamento sono state in parte atte-nuate per via della loro impopolari-tà. Fra queste, citiamo alcuni tratta-menti pensionistici meno cospicui e,in particolare, l’innalzamento dell’etàpensionabile per gli attuali lavorato-ri, che prevedevano di ritirarsi dalmercato del lavoro alla stessa età ri-spetto a coloro che li avevano prece-duti. Nei Paesi meno sviluppati, la ri-duzione del tasso di mortalità regi-strata negli anni ’50 ha contribuito adabbassare l’età media della popola-zione, in quanto riguardava princi-palmente i neonati e i bambini, de-stinatari di interventi di assistenza sa-nitaria altamente efficaci e relativa-mente semplici da introdurre, quali adesempio vaccini e cure per malattietrasmissibili.

Meno fertilità, piùinvecchiamentoUna riduzione della fertilità, d’altraparte, comporta una contrazione delnumero dei giovani e di conseguen-za un incremento della quota di po-polazione più anziana, ancor più dalmomento che il calo del tasso dimortalità attualmente si concentraprincipalmente su quest’ultima fascia.Queste due dinamiche sono il risul-tato di un maggiore controllo dellaprogettualità genitoriale e della mor-talità, per cui a una maggiore con-trazione della fertilità e della morta-lità corrisponde un incremento più ra-pido del processo di invecchiamentodella popolazione. Il risultato è che nei

Paesi a reddito medio, dove i sistemipensionistici e di assistenza sanitariasono meno sviluppati, i problemi le-gati all’invecchiamento della popola-zione sono più consistenti. Decisio-ni prese in un determinato momen-to storico possono influenzare diret-tamente le dinamiche demografichefuture per almeno centinaia di anni,e gli effetti indiretti potrebbero per-sino essere più a lungo termine. Si os-servi il caso della Cina, uno dei mag-giori Paesi del mondo che ha assisti-to a sostanziali cambiamenti demo-grafici, influenzando quindi in ma-niera considerevole i valori mondia-li. Dopo la rivoluzione comunista del1948, il governo ritenne opportunoincoraggiare la spinta demografica, equindi l’aumento della fertilità, inquanto la popolazione costituiva la ri-sorsa più importante per il Paese. Ne-gli anni ’50 e ’60, il tasso di fertilità siattestava a circa 6 figli per donna; tut-tavia, le ripercussioni sulla crescita del-la popolazione furono scaturite in par-te anche dal catastrofico piano eco-nomico cosiddetto “Grande balzo inavanti”, messo in atto negli anni ’60,che portò alla morte di circa 45 mi-lioni di cinesi (esistono dati diversi aseconda delle stime). Nel 1980, il go-verno decise di invertire la rotta e in-trodusse la politica del “figlio unico”per arginare la crescita demografica:il tasso di fertilità crollò a 2,5 figli perdonna. Gli obiettivi furono così rag-giunti mobilitando tutti i livelli del-la società e, a volte, utilizzando anchemetodi discutibili. Contemporanea-mente, l’aspettativa di vita alla nasci-ta era aumentata di 20 anni nei due

decenni precedenti, creando un divi-dendo demografico considerevole euno degli esempi più fulgidi di sem-pre di un rapido invecchiamento del-la popolazione. Attualmente, in Cina,per ogni persona con almeno 65 annici sono circa 7 persone di età com-presa tra i 29 e i 64 anni, rispetto allacifra di 3,5 dell’Europa, ma entro il2050 si prevede che entrambi i valo-ri saranno pari a due. Recentemente,il governo cinese ha ammesso l’esi-stenza di una serie di problemi lega-ti alla scarsa fertilità: in una societàdove tutti sono figli unici, infatti, nes-suno ha fratelli, sorelle, zii o zie. A unamaggiore longevità è associato il si-stema uno-due-quattro, ossia ogni fi-glio ha due genitori e quattro nonniin vita, ma nessun altro familiare. Tut-tavia, i bassi tassi di fertilità in Cinanon sono unicamente riconducibilialle politiche di controllo demogra-fico del governo. Infatti, è stato no-tato come le famiglie cinesi si sianoadattate a questa tendenza, che ècosì diventata in un certo senso isti-tuzionalizza, per cui, anche in assen-za di restrizioni, la popolazione è re-stia a tornare alle vecchie abitudini.Nell’area di Shanghai, una delle zonepiù sviluppate di tutta la Cina, con unapopolazione pari a 30 milioni, ognidonna ha in media 0,7 figli, ossia cir-ca la metà rispetto ad altre parti delmondo già di per sé caratterizzate dascarsa fertilità, quali ad esempio l’Eu-ropa meridionale. Il caso della Cinaevidenzia come le variazioni demo-grafiche, organizzate o non, possonoavere effetti nel lungo termine. Iproblemi del Paese connessi all’in-

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ND

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ANNI 1950 1975 2000 2015 2025 2050

Popolazione espressa in milioni di persone

5.267

4.775

4.393

3.714

2.378

1.349

9.725

8.142

7.349

6.127

4.061

2.525

2.478

1.504

1.186

814

416

229

707

738

738

726

677

549

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uman

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Fonte: ONU

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

vecchiamento della popolazione de-rivano in parte dalle misure pro-na-scite degli anni ’50 e ’60, che hannoprovocato un considerevole aumen-to di persone attualmente in età senile,e quelle degli anni ’80 e ’90, che han-no provocato una contrazione del nu-mero di persone in età lavorativa. Aqueste dinamiche si aggiungono iproblemi della mortalità e della mi-grazione che hanno caratterizzatotutto il periodo. La Cina è riuscita consuccesso a ridurre in maniera signifi-cativa la mortalità: tra il 1950 e il 2015,l’aspettativa di vita alla nascita è au-mentata di circa 43 anni. Al contra-rio, in Russia è incrementata di solo11 anni nello stesso periodo. La mi-grazione internazionale non costi-tuisce un fattore rilevante per i feno-meni demografici del Paese; al con-trario, la migrazione interna cinese hatoccato livelli mai raggiunti prima nel-la storia. Infatti, si stima che, a parti-re dagli anni ’80, circa 150 milioni dipersone, specialmente giovani, sisono trasferiti dalle zone rurali versole aree in forte espansione economi-ca delle coste. Gli anziani, quindi,sono rimasti nelle aree rurali, a voltesenza alcun sostegno familiare (ilprincipale tipo di risorsa che poteva-no avere) e, più in generale, sempremeno giovani sono in grado di fornireloro assistenza nel lungo periodo.L’esempio della Cina è un caso estre-mo, ma dinamiche simili, caratteriz-zate da elevati tassi di fertilità nei pri-mi anni del secondo dopoguerra, se-guiti da livelli ai minimi storici versola fine del XX secolo, uniti a una mag-giore longevità e a migrazioni di

lunga distanza sempre più frequentinei Paesi a reddito alto, potrebberoportare a conseguenze analoghe, sep-pur meno gravi.

Questioni strategicheDa sempre la spinta demografica co-stituisce un potenziale motivo diconflitti, in quanto le popolazioni chesi espandono cercano di otteneremaggiori risorse, talvolta appro-priandosi di merci o di terreni, anzi-ché colonizzando. A un alto tasso dicrescita della popolazione corri-sponde una maggiore disponibilità digiovani per l’esercito, e una maggiorpercentuale di giovani uomini è si-nonimo di violenze e conflitti, sia in-terni che esterni. I Paesi che temonoun saldo negativo della popolazionegeneralmente fanno appello alle na-scite, come accadde nella Franciapost guerra franco-prussiana del1870, per paura di veder crescerel’espansionismo tedesco. Recente-mente, sia la Turchia che l’Iran han-no deciso di adottare misure a favo-re della natalità, vista la grande in-stabilità politica della regione. Siprevede che l’India superi la Cina di-ventando il Paese con il maggiornumero di abitanti al mondo, intor-no al 2025, anno in cui peraltro la po-polazione cinese dovrebbe iniziare adiminuire in termini assoluti. Di fat-to, la quota di maschi di età compre-sa tra i 20 e i 24 anni, ossia coloro chepotrebbero far parte delle forze mi-litari, è attualmente maggiore del 30percento in India rispetto alla Cina.Una popolazione in rapida espansio-ne, inoltre, si sente più legittimata eha più capacità per appropriarsi del-le risorse con l’uso della forza, cosache, a sua volta, potrebbe spingere glistati confinanti a investire in armi piùsofisticate in risposta a minacce pre-sunte o reali. Lo stesso vale per leguerre intestine, non soltanto quel-le fra stati, le quali costituiscono unaforma di violenza sempre più diffu-sa nel mondo. Tali problemi, spesso,sono aggravati nelle zone in cui i gio-vani rappresentano una fetta corpo-sa della popolazione, e ancor piùladdove non si rendono conto chestanno contribuendo a un migliora-mento delle condizioni di vita. Le pressioni demografiche portano aun inasprimento delle tensioni nellezone in cui la domanda di risorse scar-se è sempre più alta, come avviene adesempio per l’acqua in Medio Orien-te e in Africa.

Il fenomeno migratoriointernazionaleNegli ultimi anni, l’agenda politica esociale si è occupata sempre più deifenomeni migratori. Da un punto divista globale, i numeri non sonoelevati: i migranti internazionali cor-rispondono a circa il 3 percento sultotale della popolazione mondiale.

Tuttavia, il tema dell’immigrazioneè particolarmente scottante nei Pae-si europei. Secondo un recente stu-dio condotto per l’Organizzazione in-ternazionale per le migrazioni, il7,5 percento degli europei è a favo-re di un aumento dei flussi migrato-ri, mentre il 52 percento è contrario;lo studio fa riferimento al periodo an-tecedente la crisi dei migranti pro-venienti da Siria, Iraq e Afghanistandel 2015. Ma il fenomeno crea ten-sioni anche in altre zone del mondo,come ad esempio in Sud Africa.Gravi sconvolgimenti possono av-venire in seguito a grandi ondate dimigrazioni di popoli. Intervenire di-rettamente nei Paesi di origine deimigranti con risorse economichepotrebbe favorire lo sviluppo del-l’economia locale, ma d’altra partepotrebbe portare alla perdita di per-sonale qualificato, oltre che a ina-sprire le disuguaglianze, e il denaropotrebbe essere utilizzato per i con-sumi anziché per gli investimenti. Dalcanto loro, i datori di lavoro dei Pae-si ospitanti possono trovare nei mi-granti nuova forza di lavoro flessibi-le, economica e motivata, ma i lavo-ratori potrebbero assistere a una ri-duzione delle opportunità di impie-go e a un peggioramento delle con-dizioni lavorative per via della mag-giore concorrenza. L’immigrazionedovrebbe migliorare le condizioni divita dei migranti, ma ciò non esclu-de che in alcuni casi potrebbero tro-varsi di fronte a situazioni deluden-ti, qualora non riuscissero a ottene-re subito ciò che desiderano, e po-

trebbero crearsi problemi legati al-l’integrazione.

La mancanza di unastrategia organizzativaIn questo breve articolo non è statopossibile trattare di argomenti stret-tamente collegati ai problemi dellapopolazione, come ad esempio l’ur-banizzazione, che spesso possonoacuire l’impatto potenzialmente scon-volgente dei cambiamenti demogra-fici. Inoltre, altre questioni teorica-mente importanti sono caratterizza-te da profonda incertezza, fra cui glispostamenti di popolazioni su largascala in seguito a conflitti e/o all’im-patto dei cambiamenti climatici. Si èscelto di focalizzarsi su fenomeniche possono realmente avvenire, peresempio: chi avrà 65 anni nei prossi-mi 65 anni è attualmente in vita.Emerge, inoltre, la mancanza di unastrategia organizzativa per far frontea queste tendenze. I governi tentanosempre di posporre l’introduzione dimisure impopolari come l’aumentodell’età pensionabile, e i fondi inter-nazionali scelgono di dare priorità aproblemi di portata più attuale, comei diritti riproduttivi o Hiv/Aids, an-ziché a questioni che comportereb-bero benefici più a lungo termine,come la pianificazione familiare. Ciònonostante, le dinamiche relativealla popolazione avranno sempredelle notevoli conseguenze sulla so-stenibilità globale.

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ARCOTEMPORALE

PAESI MENO SVILUPPATI ZONE MENO SVILUPPATE, ESCLUSI I PAESI MENO SVILUPPATI

ZONE PIÙ SVILUPPATE

Unità

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PERCENTUALE 0-14

PERCENTUALE 15-64

PERCENTUALE OVER 65

1950 2000 2050 2100

2075 2100

4.889

5.194

11.21

0

10.70

0

4.387

3.525

646

665

POPOLAZIONE PER ETÀ E PER DIVERSO SVILUPPO DEI PAESI

Nelle aree più sviluppate la percentuale di bambini, al di sotto dei 15 anni, è scesa dal 27 al 17 percento del totale della popolazione,per ragioni connesse al sensibile calo della fertilità.

Fonte: dati elaborati dall’autore

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Tecnologie/Dove stiamo andando, dalla produzione allo stoccaggio

Here comes the sun

orreva l’anno 1898, quando proget-tisti e ingegneri civili si diedero ap-puntamento a New York City per di-scutere il più grande problema con cuisi confrontava la società del tempo: illetame equino. Al picco della rivolu-zione industriale, la popolazione erain espansione e le carrozze a cavallierano il modo di trasporto più diffu-so, con la conseguenza che il letameequino andava accumulandosi nellecittà. L’analisi prospettica delle ne-cessità di trasporto della popolazio-ne in crescita condusse ad una con-clusione allarmante. Come scriveEric Morris in ACCESS (n. 30 Esta-te 2007) “la situazione appariva tre-menda” con delle stime secondo cui“entro il 1950 ogni strada di Londrasarebbe stata seppellita sotto tre me-tri di letame” e a New York City, “gliescrementi di cavallo avrebbero rag-giunto le finestre al terzo piano deinegozi di Manhattan”. I partecipan-ti alla Conferenza erano “spiazzati dal-la crisi” e quindi decisero di sciogliere

quella Conferenza di dieci giornidopo solo tre giorni, poiché “la con-ferenza sulla pianificazione urbana haconcluso che il suo lavoro è sterile”.Dubito che la maggior parte dei let-tori abbia mai sentito parlare della“crisi del letame equino”, perché lascienza e la tecnica stavano svilup-pando una serie di “rivoluzioni” tec-nologiche che avrebbero cambiato ilcorso della società. Il geologo cana-dese Abraham Gesner aveva già sco-perto i processi di distillazione perprodurre il cherosene dal carbone in-torno al 1846 e le prime raffinerie dipetrolio sono state costruite entro il1856. Nel frattempo, parecchi inge-gneri hanno condotto ricerche permettere a punto dei motori che po-tessero essere alimentati da idrocar-buri, finché Karl Benz non assemblònel1885 il Benz Patent Motorwagena Mannheim, Germania, riconosciu-to dai più come la prima automobi-le funzionante alimentata da un mo-tore a combustione interna. Perciò in-

torno al 1898, quando i leader intel-lettuali di tutto il mondo si diederoappuntamento a New York City, po-chi avevano capito che la scienza e latecnica avevano già inaugurato unprocesso di “rivoluzione” un decen-nio prima, scongiurando l’imma-nente crisi sociale del letame equino.

Il ruolo della scienza e della tecnica nel nostro futuroLe analogie tra la crisi del letameequino del 1898 e la discussioneodierna sulla crisi energetica sono sor-prendenti. Oggi una popolazionemondiale in crescita, soprattutto neipaesi emergenti, sta trainando una do-manda energetica in accelerazione. Siprevede che la popolazione mondia-le cresca entro il 2050 dagli attuali 7,3miliardi a 9,7 miliardi. Oltre a que-sti 2,5 miliardi di nuovi abitanti delpianeta, 3 miliardi di persone nei pae-si emergenti vogliono raggiungereuno stile di vita più alto. Dal mo-

CDANIEL NOCERA

È Patterson Rockwood professor di energia ad Harvard. Ha creato le foglie artificiali e bioniche, chesvolgono una fotosintesi artificiale diecivolte più efficiente di quella naturale.La sua azienda Sun Catalytix è stataacquisita da Lockheed Martin, che commercializza le sue tecnologiedi stoccaggio dell’energia.

Gli scienziati hanno avviato un processo di “rivoluzione” low carbon,basato sul solare che consentirà di tenere sotto controllo le emissionidi Co2 anche a fronte del previsto aumento della domanda di energia

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mento che il consumo di energia è di-rettamente proporzionale alla pro-duzione interna di un paese, il suo fab-bisogno energetico non farà altro cheaumentare velocemente con la suamodernizzazione. Come conseguen-za della domanda energetica che de-riva da questa crescita demografica edalla crescita delle aspirazioni e dei bi-sogni di miliardi di persone nelle eco-nomie emergenti, si prevede che il tas-so di consumo energetico primariomondiale raddoppi entro la metà delsecolo e triplichi verso la sua fine. Seil fabbisogno di energia sarà soddi-sfatto con la nostra attuale infra-struttura energetica, la concentrazionedi diossido di carbonio nell’atmosfe-ra probabilmente si raddoppierà, perpoi triplicarsi entro questo secolo.Come nella Conferenza del 1898sul letame equino, un’ansia conside-revole circonda la decisione di man-tenere uno schema energetico basa-to sul carbonio, uno schema che ciporterebbe a seppellire noi stessi,

questa volta non sotto il letame, masotto la CO2. Mentre le conseguen-ze di questa crescita non possono es-sere previste con precisione, è certoche stiamo sconvolgendo il pianeta adun livello mai raggiunto prima. La si-tuazione appare tremenda. Ma nonc’è grande consapevolezza del fattoche, ancora una volta, la scienza e latecnica hanno inaugurato un processodi “rivoluzione” che punta a conte-nere l’immanente crisi sociale del car-bonio. La comunità scientifica stapuntando su un approvvigionamen-to di energie rinnovabili basato sul so-lare per il futuro del pianeta. L’ulti-mo decennio di ricerche e sviluppitecnologici sull'energia solare hannoportato a delle scoperte sbalorditiveche pongono le basi per un nuovo pa-radigma per il modello energeticomondiale. I cambiamenti seguono duedirettive: produzione e stoccaggio. Perquanto riguarda la prima, i nuovi mac-chinari e le nuove tecniche di pro-duzione del fotovoltaico hanno por-

tato a un'efficienza senza preceden-ti per la produzione di elettricitàdalla luce solare. Chi avrebbe potu-to immaginare meno di un decenniofa che un pannello solare fotovoltai-co che funziona con un livello d’ef-ficienza superiore al 20 percento sa-rebbe stato fabbricato a partire dallasemplice precipitazione di un mate-riale semiconduttore da una soluzio-ne? Si tratta infatti della perovskiteche combina composti organici edinorganici. L’alta efficienza è stupe-facente rispetto a quanto costa pocoprodurla e quanto è facile utilizzarlanella costruzione, sebbene presentidegli ostacoli alla sua implementa-zione (i materiali a più alta efficien-za sono sensibili all'umidità e neces-sitano di un metallo pesante come ilpiombo). Un progresso futuro con unimpatto particolarmente forte sullagenerazione del solare sarà la pro-duzione roll-to-roll su substrati fles-sibili. Anche se sono stati fatti deglienormi progressi negli ultimi anni peril silicio amorfo (a-Si) e con il po-tenziale offerto dai materiali checombinano elementi della tavola pe-riodica nei Gruppi III e V (comune-mente noti come i fotovoltaici “tre-cinque”). Ciò nondimeno, è giustodire che nessuno di questi progressiè davvero necessario così come nes-suna di queste scoperte scientifiche hala portata rivoluzionaria di un cam-biamento epocale nella produzione.A seguito dell’importante impegno ci-nese nella produzione di silicio cri-stallino (c-Si), i prezzi di un modulosolare si aggirano intorno al mezzodollaro a watt. Di conseguenza, nonc’è un gran bisogno di scoperte nelcampo della produzione solare, vistoche il c-Si (che ha anche dimostratodi raggiungere un’efficienza del 25,6percento) è già abbastanza economi-co per un’implementazione diffusa delsolare. Ciò, tuttavia, non è ancora ac-caduto. È ovvio chiedersi il perché. Larisposta semplice, dato l’impegnocinese nella produzione di c-Si, è cheil problema non è nella generazionema nello stoccaggio. Da quandol’energia solare viene stoccata, diventauna materia prima. Perciò, lo stoc-caggio d’energia rappresenta la verasfida critica per intraprendere il cam-mino della diffusione delle energierinnovabili.

La vera sfida passaattraverso lo stoccaggio di energiaLo stoccaggio delle energie rinno-vabili pone degli obiettivi diversi a se-conda che sia destinato ai trasporti omeno, in quest’ultimo caso, a secondache la distribuzione sia centralizza-ta (attraverso una rete come per imercati maturi) o decentralizzata(come è più frequente nei mercatiemergenti). Lo stoccaggio di energiaper il settore dei trasporti è stato do-

minato dalle batterie agli ioni di li-tio (Li-ion), con però poca innova-zione nei materiali per le batterie, conl’associazione del Li-ion con l’ossi-do di cobalto, manganese o nickel (econ combinazioni di questi metalli)o come un titanato o un fosfato di fer-ro. Al contrario, la rivoluzione nel Li-ion è arrivata con lo sforzo verso unaproduzione di larga scala, che si stadimostrando molto importante per lacrescita esplosiva del mercato dei vei-coli elettrici. Spesso la prospettiva dibatterie Li-ion nel settore EV èestesa ad applicazioni stazionarie sularga scala (reti), che richiedono unlivello di prezzi molto inferiore ri-spetto a quello del settore dei tra-sporti. Le estrapolazioni della “cur-va di apprendimento” applicata al Li-ion lo fanno spesso apparire come

17

UN ESEMPIO DI ENERGIA E ARTE. L’installazione“Greeting to the sun” realizzata da Nikola Basic a Zadar, in Dalmazia (Croazia). 22

che alla fine del 2015disponevano già

di una capacità sufficiente a soddisfare più dell’1%della propria domanda

di energia elettrica

di energia solare aggiunta nel 2015

a livello globale (REN21)

227di energia solare

fotovoltaica a livello globale

nel 2015 (REN21)

3,8numero stimato di posti di lavoro diretti e indiretti nel settore dell’energiasolare (fotovoltaico e

riscaldamento/cottura cibi)

milioni

GW

Paesi

GW

Fonte: IRENA

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un’alternativa percorribile per letecnologie di stoccaggio su largascala. Tuttavia, queste estrapolazio-ni sono probabilmente sovrastimate,giacché ci si confronterebbe a una li-mitazione dei materiali (non solo peril litio ma anche per gli altri ossidi dimetallo) su larga scala. Una tecno-logia più promettente per lo stoc-caggio di rete è rappresentata dallebatterie di flusso redox (RFBs), chesono davvero delle “pile a combu-stibile” ricaricabili in cui una solu-zione elettroattiva attraversa unacellula elettrochimica che convertereversibilmente l’energia chimica di-rettamente in elettricità. Le RFBsono un’opzione tecnologica im-portante, perché la densità energeticae il potere energetico sono separatie quindi rappresentano una tecno-logia di stoccaggio versatile perl’operatore di rete. Il livello dei prez-zi delle batterie di flusso redox è benal di sotto delle batterie Li-ion e al-cune RFB sono state acquisite dagrandi società di produzione peruna commercializzazione su scaladella capacità di stoccaggio di me-gawatt. Allo stesso tempo, le RFBsono anche un’alternativa praticabi-le per lo stoccaggio d’energia di mi-cro-reti nei mercati dell’energiaemergenti. È importante capire chele RFB hanno una corrente e unadensità energetica più basse delle Li-ion per cui le RFB si adattano soloallo stoccaggio stazionario d’energiasu larga scala, mentre le Li-ion sonoideali per il settore dei trasporti. Lebatterie non si adattano bene al-l’equivalente in terawatt dello stoc-caggio energetico che serviva a metàdel secolo a causa della loro limita-ta densità energetica. In una batteria,gli elettroni devono risiedere negliatomi e quindi l’energia immagazzi-nata è limitata dalla densità fisica del-la sostanza. Dato che il litio è un de-gli elementi più leggeri della tavolaperiodica, e quindi ha una densità fi-sica molto bassa, l’energia imma-gazzinabile sotto forma di elettroniall’interno delle batterie ha già rag-giunto il suo massimo. La società ha

intrinsecamente compreso questa li-mitazione. Sebbene le batterie esi-stano sin dall’inizio del 18° secolo, icombustibili a base di idrocarburisono stati adottati immediatamentenel 20° secolo per alimentare l’in-dustrializzazione. La densità ener-getica di un combustibile liquido è50-100 volte maggiore di quella diuna batteria e perciò il futuro dellostoccaggio d’energia non cambierà,perché lo stoccaggio su larga scalad’energia dovrà necessariamente ri-correre ai combustibili chimici. Lescoperte dell’ultimo decennio hannoposto le basi per una rivoluzione vol-ta a convertire il modello a combu-stibili fossili in un modello a carbu-ranti solari.

Il sole non solo per produrreenergia ma per renderlacarbon freeIl processo più semplice per imma-gazzinare l’energia solare sotto formadi carburante con emissioni zero dicarbonio è quello di utilizzare il soleper scindere l’acqua in idrogeno e os-

sigeno. Ricombinando l’idrogeno el’ossigeno, si riconverte l’energia so-lare immagazzinata in una formasfruttabile (elettricità attraverso pilea combustibile) dove e quando oc-corre. In questo ciclo di carburantirinnovabili, non viene prodotto dios-sido di carbonio e non c’è spreco diacqua, dato che è il prodotto della ri-combinazione dell’idrogeno e del-l’ossigeno. In meno di un decennio,sono stati fatti dei progressi notevo-li in quest’area delle energie rinno-vabili. Sono stati creati dei catalizza-tori a partire da elementi abbondan-ti sulla Terra per effettuare la scissionedell’acqua in condizioni tecnologi-camente semplici (e quindi poco co-stose). Se integrato direttamente condel silicio (cioè la foglia artificiale) oindirettamente allacciandolo ad unimpianto fotovoltaico al silicio, sonostate raggiunte delle efficienze nel-l’idrogeno rispetto all’energia solareche superano il 10 percento, conl’obiettivo del 15 percento all’oriz-zonte. La sfida di utilizzare l’idroge-no come combustibile è la mancan-

za di un’infrastruttura diffusa per ilsuo utilizzo. A questo proposito,l’aumento di popolarità del gas na-turale potrebbe portare ad un’infra-struttura per l’idrogeno, dato chel’idrogeno può essere generato com-binando il gas naturale con l’acqua (inun processo chiamato reforming, ov-vero ricostituzione). Da quando il gasnaturale ha assunto una maggiore im-portanza, il prezzo dell’equivalente inidrogeno di un gallone di gas è vici-no agli 1,50 USD e la generazioned’idrogeno sul luogo d’utilizzo è di-ventata fattibile con il processo di re-forming sul sito (anche se deve ancoraraggiungere una forma efficace ri-spetto ai costi), riducendo la necessi-tà di un’infrastruttura per la distri-buzione dell’idrogeno. Va rilevato che,nel processo di reforming del gas na-turale con l’acqua, viene prodotto deldiossido di carbonio oltre all’idroge-no. Quindi è un piccolo passo versola separazione dell’acqua ricorrendoal sole, come una versione ad emis-sioni zero del processo di reformingcon il metano per la produzione del-

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UN ALBERO ENERGETICOIl processo per immagazzinare

e sfruttare l’energia solaresotto forma di carburante

ad emissioni zero, prevede di ricombinare l’idrogeno

e l’ossigeno per la creazione di elettricità attraverso pile

e combustibile.(Nella foto l’Energy Tree

di Bristol, UK).

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l’idrogeno. La fotosintesi naturale sitrova di fronte alle stesse sfide nellostoccaggio dell’idrogeno rispetto allanostra società. Anche la fotosintesi uti-lizza il sole per scindere l’acqua inidrogeno e ossigeno. Per aggirare ilproblema dello stoccaggio dell’idro-geno, essa combina l’idrogeno deri-vante dalla scissione dell’acqua con ildiossido di carbonio per produrre car-boidrati o qualche altra forma dibiomassa. A parità di elettroni, la pro-duzione di carboidrati immagazzinasoltanto meno dell’1 percento in piùrispetto alla scissione dell’acqua. Lostoccaggio dell’energia solare nella fo-tosintesi è quindi ottenuto con la scis-sione dell’acqua; i carboidrati sono ilmetodo che la natura utilizza per stoc-care l’idrogeno generato dalla rea-zione di scissione dell’acqua. Anchequi, i progressi della scienza sono sta-ti sorprendenti. Attraverso gli stru-menti della biologia sintetica, sonostati modificati degli organismi per re-spirare nell’idrogeno generato dallascissione dell’acqua e per combinarelo stesso con il diossido di carbonio,

producendo una biomassa superioredel 10 percento rispetto all’efficien-za del processo di produzione dal so-lare. Rendendosi conto che nei casimigliori si è raggiunta un’efficienzadella biomassa dell’1 percento, si ca-piscono i risultati straordinari rag-giunti dalla scienza nell’ultimo de-cennio. Ancora più sorprendente èche gli organismi sono stati ulterior-mente modificati per bypassare la bio-massa e sintetizzare direttamente uncarburante liquido con un’efficienzadel 5-7 percento. Perciò la scienza hadimostrato che noi, come società, pos-siamo ampiamente superare il pro-cesso d’energia solare della natura cheregola il nostro pianeta.

Serve un cambiamento delnostro modello energeticoL’insieme dei progressi scientifici etecnologici soltanto dell’ultimo de-cennio ci mostra che siamo in gradodi generare energia solare con il sili-cio in modo efficiente rispetto ai co-sti. Le batterie possono immagazzi-nare l’energia rinnovabile e soddisfareil nostro fabbisogno d’elettricità neitrasporti e nelle reti. L’energia sola-re può essere immagazzinata sottoforma di carburanti chimici di idro-geno, biomassa e carburanti liquidi,e con un’efficienza che consente allasocietà di avviarsi davvero verso unaristrutturazione del sistema energe-tico basato sui fossili in uno basato sul-l’energia solare. La rivoluzione del-la scienza e della tecnologia perun’evoluzione storica del sistemaenergetico mondiale ora esiste. Ci sichiede quindi perché non vengaadottato. In breve, l’ultimo secolo havisto un investimento massiccio in unmodello energetico che è costatomolto. Perciò non c’è scoperta chepossa soppiantare quest’infrastrut-tura energetica nei mercati maturi. Inquesto, le economie emergenti pos-sono dare una speranza per la crea-zione di una società mondiale con unmodello energetico rinnovato. In as-senza di grandi investimenti, è più fa-cile per le economie emergenti saltaredirettamente il modello energeticodominante per adottare le innovazionie le nuove tecnologie delle energierinnovabili. In entrambi i casi, per imercati maturi e quelli emergenti, bi-sogna imporsi un imperativo socialedi un cambiamento del nostro mo-dello energetico che vada aldilà deicosti di breve periodo. Sfortunata-mente, il prezzo di seppellire noi stes-si sotto il diossido di carbonio non èstato inserito nell’attuale formula dicambiamento della società. Quandociò accadrà, scienza e tecnologia sa-ranno pronte ad un rivoluzionariocambio di paradigma per rendere ilsole la fonte diretta d’energia perl’umanità.

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LI-IONÈ una batteria ricaricabile nota comeaccumulatore agli ioni di litio (a volteabbreviato Li-Ion), comunemente impiegatanell’elettronica di consumo. È attualmenteuno dei tipi più diffusi di batteria per laptope telefono cellulare, nonché per alcune autoelettriche, con uno dei migliori rapportipeso/potenza, nessun effetto memoria e una lenta perdita della carica quando non è in uso.

PEROVSKITEIl nome è stato coniato da Gustav Rose nel 1840 in onore del Ministro della CorteImperiale russa, grande collezionista di minerali, Lev Perovskiy. Esso si riferisce a cristalli opachi di forma cubica trovati nel 1839 da Rose all’interno dei monti Urali.Il materiale ha una struttura cristallina,costituita da un ossido doppio di Ca e Ti(CaTiO3) e, tra le varie proprietà fisiche,spicca la peculiarità di essere un ottimoconduttore, utilizzabile nelle nuovetecnologie relative alle energie rinnovabili.

SILICIO AMORFOChiamato in sigla “a-Si”, è la formaallotropica non cristallina del silicio. Il silicioamorfo è la tecnologia fotovoltaica con il minor impatto ambientale in fase di produzione. Il particolare processoproduttivo, in cui si utilizzano limitatequantità di silicio, fa sì che in circa 2 anniogni modulo abbia già prodotto energiaelettrica in quantità pari a quella utilizzataper produrlo.

BATTERIE DI FLUSSO REDOXÈ una delle tecnologie più promettenti per lo stoccaggio di rete. Sono “pile a combustibile” ricaricabili in cui unasoluzione elettroattiva attraversa una cellulaelettrochimica che converte reversibilmentel’energia chimica direttamente in elettricità.Le RFB sono un’opzione tecnologicaimportante, perché la densità energetica e il potere energetico sono separati e quindirappresentano una tecnologia distoccaggio versatile per l’operatore di rete.

REFORMING DEL GAS NATURALEÈ un processo attraverso il quale si puògenerare idrogeno combinando il gasnaturale con l’acqua. È un piccolo passoverso la separazione dell’acqua ricorrendoal sole, come una versione ad emissionizero del processo di reforming con il metano per la produzione dell’idrogeno.

L’ultima frontiera

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Brexit/Le ripercussioni del “divorzio” della Gran Bretagna

I cortocircuiti che attraversano la ManicaNel settore energetico sarà importante capire il destino dellapartecipazione del Regno Unito al progetto dell’Unione dell’energia e alla liberalizzazione del mercato energetico europeo

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rima che sia possibile valutare il rea-le impatto che la decisione dellaGran Bretagna di uscire dall’UnioneEuropea avrà sull’economia del Re-gno Unito e in particolare su un set-tore di spicco, quello energetico è ne-cessario che le acque si calmino an-cora un po’ (e potrebbero servire al-tri mesi, se non anni). Una cosa è cer-ta: l’enorme incertezza rispetto al fu-turo. Tutto dipenderà dalla capacitàdel nuovo governo Conservatore,guidato dal Primo Ministro There-sa May, di negoziare un accordo ac-cettabile con il resto dell’UnioneEuropea, in seguito a una breve maparticolarmente aspra corsa alla lea-dership che ha lasciato cicatrici pro-fonde all’interno del partito. Anche leagitazioni in corso tra i Laburisti al-l’opposizione rischiano di turbareulteriormente la situazione, così comel’atteggiamento della Scozia, che

vuole restare nell’UE e potrebbechiedere un nuovo referendum perl’indipendenza dal Regno Unito. Chiha votato per il “Leave” ci ripenseràquando l’economia inglese dovrà farfronte a pressioni sempre più forti conla possibilità di entrare in recessione?Finora il mercato azionario e l’eco-nomia hanno resistito piuttosto bene,nonostante la sterlina abbia inevita-bilmente segnato un netto calo ri-spetto al dollaro e all’euro. La Maysembra non avere alcuna fretta di in-vocare l’Articolo 50 del Trattato di Li-sbona, che darebbe inizio al proce-dimento di uscita della Gran Breta-gna dall’UE della durata di due anni.In qualità di Home Secretary (l’equi-valente del Ministro dell’Interno neiPaesi dell’UE), ha appoggiato l’in-fruttuosa campagna dell’ex PrimoMinistro David Cameron per la per-manenza in Europa. Ma è sempre sta-ta cauta sulla questione UE. Nel suogoverno ha persino chiamato in cau-sa diversi influenti membri pro-Bre-xit del Partito Conservatore, nonultimo uno dei leader della campagnaBrexit, l’ex Sindaco di Londra BorisJohnson, nominato Foreign Secreta-ry (Ministro degli Esteri). Il nuovoPrimo Ministro ha sottolineato ilsuo impegno per la Brexit e alcuni deimembri del suo governo hanno la-sciato intendere che l’invocazionedell’Articolo 50 sia previsto per l’ini-zio del nuovo anno, in seguito a in-tense consultazioni con i governieuropei. La May ha già avuto con-fronti abbastanza positivi con la Can-celliera tedesca Angela Merkel e unpo’ più freddi con il Presidente fran-cese François Hollande. Fino a que-sto momento Johnson ha mostratocapacità diplomatiche inaspettate edevitato le polemiche che è solito ali-mentare. Dopotutto, è davvero feli-ce di aver ricevuto un ruolo così im-portante nel nuovo governo, dopo iltradimento del suo più stretto allea-to pro-Brexit, l’ex Ministro dellaGiustizia Michael Gove, durante lacorsa alla leadership successiva alle di-

missioni di Cameron. È per lui unastraordinaria opportunità di metter-si in mostra per un eventuale futuroda Primo Ministro.

Una resa dei conti interna al partitoLe tensioni e le divisioni all’internodei Conservatori hanno dimostratochiaramente ciò che in fin dei contiera il referendum sulla Brexit: una resadei conti interna al partito. La cosa tri-ste è che una questione cruciale comel’Europa e la permanenza del RegnoUnito nell’UE si riduca a una spor-ca disputa di politica interna sia nelPartito Conservatore che in quelloLaburista che avrebbe dovuto soste-nere la proposta di Cameron di re-stare nell’UE. Ma il controverso lea-der laburista Jeremy Corbyn non haaffatto mascherato la sua estrema ri-luttanza a sostenere l’ex Primo Mi-nistro e non si è impegnato molto perconvincere il suo Partito a votare peril “Remain”. In effetti, la corsa alla lea-dership all’interno del Partito Con-servatore e del Partito Laburista al-l’opposizione è stata da molti para-gonata a una soap opera politica cheha tutte le carte in regola per diven-tare il perfetto sequel della serie te-levisiva “House of Cards”. In realtàce ne sono state due: la prima era am-bientata a Londra, mentre l’adatta-mento americano, che ha riscosso unsuccesso ancora maggiore, è am-bientato a Washington DC. Sono del-le avvincenti storie di tradimenti e am-bizione personale e politica che sonodiventate realtà in seguito all’ina-spettato voto sulla Brexit. Sebbene allafine Theresa May si sia aggiudicata lacorsa alla leadership del Partito Con-servatore con una maggioranzaschiacciante e sia universalmenteconsiderata “una persona di cui fi-darsi” dotata di una notevole espe-rienza politica, le acque resterannoagitate, sia nel suo partito e nel suoPaese che in Europa. I sostenitori del-la linea dura sulla Brexit sono delusidel fatto che il nuovo Primo Ministronon sia un vero e proprio sostenito-re della Brexit. Gli esclusi dal suo go-verno, invece, restano in attesa del suoprimo passo falso. In casa laburista c’èun vero caos (e non è un’esagerazio-ne). La maggior parte dei parlamen-tari laburisti e il governo ombrachiedono le dimissioni dell’attuale lea-der del partito Jeremy Corbyn, in se-guito al suo debole sostegno allapermanenza nell’UE nel recente re-ferendum. Ha perso il voto di fiduciadei suoi stessi parlamentari ma, in basealle arcane norme del Partito Labu-rista, ha potuto opporsi alle dimissionie decidere di tenere duro. Questo bre-ve quadro dimostra quanto sianoprofonde le spaccature nel Partito La-burista, nel Partito Conservatore at-tualmente impegnato in un’opera diriunificazione, in Inghilterra e nel Re-

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

PPAUL BETTS

Ha lavorato al Financial Times per 36anni, 28 dei quali come corrispondenteestero da Roma, Parigi, New York e Milano. Attualmente è editorialista di economia internazionale e vive a Monaco di Baviera.

THE NEW LADYLa regina Elisabettad’Inghilterra accoglie, lo scorso13 luglio, Theresa May pressoBuckingam Palace perufficializzare la nomina a Primoministro.

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energia: e ora cosa cambia?

Accesso più difficile ai prestitidella Banca europea per gli investimenti e del Fondo UE

Rischio ricercaper difficoltà di finanziamento di programmi di ricerca e la collaborazione in progetti paneuropei

Rischio investimentida parte delle società che potrebbero

procrastinare o annullare progettiCanale della Manica

in pericolo gli accordi sulla libertà di circolazione

Costo del lavoro

aumenteranno i costi per le società petrolifere europee

che impiegano lavoratori britannici

Calo dell’offerta di lavoro

le limitazioni burocratiche impedirebbero

di attirare lavoratori qualificati

del settore petrolifero e del gas

Avanza il nucleare

ripartirebbero progetti come la controversa

centrale nucleare Hinkley Point C

Sfida “green”

cade il vincolo di produrre il 30 percento

dell’elettricità da fonti rinnovabili

20 miliardi di sterline l’anno

nei prossimi cinque anni è l’aumento

di investimenti nelle infrastrutture

500 milioni di sterlin

e nel 2030

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gno Unito in generale. Dopo la rea-zione istantanea conseguente allavittoria del tutto inaspettata del “Lea-ve”, i mercati finanziari hanno evi-denziato una certa ripresa e finora laBanca d’Inghilterra è riuscita a evitareun taglio immediato dei tassi di in-teresse. Persiste, tuttavia, una situa-zione di nervosismo e volatilità, do-vuta principalmente all’incertezzaderivante dalla decisione del RegnoUnito di uscire dall’UE che rischia dicreare una maggiore instabilità eco-nomica, indebolisce la posizione ne-goziale del Regno Unito e, almenonel breve periodo, scoraggia gli in-vestimenti. In sintesi, il referendume il relativo esito hanno introdotto unagravosa fonte di nuove agitazioni econfusione sia per l’economia del Re-gno Unito sia per quella dell’Unio-ne Europea e, non da ultimo, per ilsettore energetico.

Gli effetti reali non sonoancora percepibiliIn questa fase il reale impatto su diesso non è ancora chiaro. Tuttavia,come ha sostenuto lo studio legaleHerbert Smith Freehills in una re-cente nota: “Una cosa è certa: è mol-to improbabile che nell’immediatovedremo cambiamenti importantiagli attuali sistemi e alle attuali nor-mative. La negoziazione e la piani-ficazione dell’uscita richiederannomolto tempo e l’UE e il RegnoUnito dovranno stabilire il futurodell’accesso ai rispettivi mercatienergetici, laddove ce ne sia uno”. Laquestione principale riguarda la pos-sibilità che il Regno Unito manten-ga l’accesso al mercato unico senzadover assolvere l’obbligo di libera cir-colazione dei cittadini UE. Sin dal-l’inizio l’immigrazione è stata unadelle questioni di spicco del refe-rendum e per chiunque salirà al po-tere a Londra il prossimo autunno re-sterà in cima alla lista delle prioritànelle negoziazioni con l’UE. Il chenon significa, come ha lasciato in-tendere la May, che il nuovo gover-no invocherà immediatamente l’Ar-ticolo 50 del Trattato di Lisbona.Tutto fa pensare che il nuovo PrimoMinistro proverà a rimandare ognidecisione alla fine dell’anno per son-dare il terreno delle negoziazioni eanalizzare il contesto economico.Attualmente gli altri Paesi UE sug-geriscono di non riservare alcuntrattamento di favore al Regno Uni-to (“nessuna scelta selettiva dei pri-vilegi” ha detto la Merkel alla May)e che, se vorrà preservare l’accesso almercato unico, dovrà attenersi al quidpro quo di libera circolazione di ca-pitale, merci e servizi. Ciò sarebbepossibile con una soluzione sul mo-dello norvegese con il Regno Unitoche continuerebbe a far parte delloSpazio economico europeo. Tuttaviale posizioni negoziali possono evol-

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vere, soprattutto perché molti altriPaesi UE hanno le medesime pre-occupazioni e pressioni interne ri-guardo al controllo dei flussi migra-tori, che potrebbero dar luogo aun’ampia rivalutazione delle politi-che UE in materia di immigrazione.Eventuali nuove politiche potrebberoaprire la strada verso un compro-messo con il Regno Unito, che po-trebbe adottare quella che alcuni cro-nisti chiamano già opzione “softBrexit” o “Brexit lite”, grazie alla qua-le il Regno Unito avrebbe un certocontrollo sull’immigrazione, adesempio con un sistema di quote, econtinuerebbe ad avere accesso almercato unico. Siamo ancora nei primissimi giorni,ma cominciano già a circolare delleidee che avranno importanti riper-cussioni sul settore energetico delRegno Unito e dell’UE, poiché in ul-tima istanza determineranno il de-stino della partecipazione (o nonpartecipazione) del Regno Unito alprogetto dell’Unione dell’energia ealla liberalizzazione del mercatoenergetico europeo. La Gran Bre-tagna dispone di numerose stazionidi interconnessione per il gas el’elettricità con l’Europa continentalee ne stanno nascendo altre, pertan-to non potrà prescindere da unacooperazione con il mercato ener-getico interno dell’UE, qualsiasi siail destino della Brexit. Inoltre, èprobabile che il Regno Unito conti-nui a mettere in atto e a sosteneremolte delle disposizioni del Terzopacchetto energia dell’UE, conside-rato l’impegno e i precedenti del Pae-se nella liberalizzazione dell’energia.

Impatti su bollette, energiaverde e progetti nucleariLa UK National Grid (la rete elet-trica nazionale del Regno Unito)ha già messo in guardia circa i pos-sibili aumenti delle bollette energe-tiche nazionali e il crollo della sicu-rezza energetica nel caso in cui il Pae-se non preservi l’accesso al Mercatointerno dell’energia (IEM) nelle ne-goziazioni sulla Brexit. In una di-chiarazione successiva al voto del re-ferendum, la Società ha affermato: “Èfondamentale che il Regno Unitomantenga l’accesso allo IEM cheoffre stabilità alle compagnie ener-getiche e mantiene a livelli accetta-bili le bollette di casa. La sicurezzaenergetica del Regno Unito dipen-de dal gas e dall’elettricità delloIEM ed è fondamentale non assu-mersi rischi a tal proposito. La que-stione dell’energia deve essere af-frontata con la massima attenzionedal governo non appena inizierannole negoziazioni sull’uscita della GranBretagna”. Secondo il gruppo di ri-cerca Vivid Economics, i costi deri-vanti dalla minore collaborazionecon l’Europa sarebbero significativi.

“Il potenziale impatto derivante dal-lo IEM potrebbe toccare i 500 mi-lioni di sterline l’anno già all’inizio delterzo decennio del 2000”, hanno af-fermato gli analisti del gruppo, ag-giungendo che ulteriori costi deri-verebbero dalla richiesta di mag-giori rendimenti da parte degli in-vestitori, in ragione dell’aumentodei rischi dei nuovi progetti. Secon-do la Commissione nazionale per leinfrastrutture, con la chiusura degliimpianti elettrici sempre più vecchi,il Regno Unito dovrà investire circa20 miliardi di sterline l’anno neiprossimi cinque anni. Questa sommacostituirà circa il 60 percento di tut-te le spese pianificate per le infra-strutture nel Regno Unito. In real-tà, la Brexit potrebbe rendere anco-ra più complessa la sfida in cui il Re-gno Unito è impegnato per l’istitu-zione di un sistema energetico puli-to, sicuro ed economicamente ac-cessibile. In caso di Brexit, la GranBretagna non sarebbe più vincolatadalla UE a produrre circa il 30 per-cento dell’elettricità da fonti rinno-vabili. Darebbe anche al Regno Uni-to maggiore libertà di portare avan-ti progetti nucleari, come la contro-versa centrale nucleare Hinkley PointC da 18 miliardi di sterline direttadalla società pubblica francese EDF.In seguito al referendum, i leader po-litici francesi hanno confermato illoro sostegno a questo progetto im-portante per entrambi i Paesi. L’im-pianto offrirebbe elettricità a basseemissioni di carbonio per soddisfareil 7 percento del fabbisogno energe-tico totale del Regno Unito dal 2025in avanti e sosterrebbe l’industria nu-cleare francese che negli ultimi tem-pi ha affrontato momenti sempre piùdifficili e si trova nel bel mezzo diun’imponente ristrutturazione. D’al-tro canto, la Brexit potrebbe rende-re più difficile per il settore energe-tico del Regno Unito l’accesso ai pre-stiti della Banca europea per gli in-vestimenti e del Fondo europeo pergli investimenti strategici per finan-ziare i tanto necessari investimenti in

nuove infrastrutture energetiche.Inoltre, la comunità scientifica èpreoccupata per le ripercussioni sulfinanziamento di programmi di ri-cerca e sulla collaborazione del Re-gno Unito in progetti paneuropei. Inun’intervista alla BBC, il ProfessorSteve Cowley, Direttore dell’Autoritàper l’energia atomica del RegnoUnito, ha affermato che i ricercato-ri temono il ritiro dei finanziamen-ti annuali della Commissione euro-pea. Una situazione simile rischia diinfluire anche sull’industria petroli-fera e del gas, che ha tratto vantag-gio dalla stretta collaborazione con gliistituti di ricerca del Regno Unito edell’UE. Questo ha consentito allesocietà attive nel Mare del Nord dipreservare la propria competitivitànegli anni e acquisire una posizionedi leadership nel settore delle nuovetecnologie offshore. Secondo glianalisti e i manager del settore, ri-spetto alle utility elettriche, l’industriadel petrolio e del gas sembra esserein una posizione migliore per so-pravvivere all’uragano Brexit. Ciò no-nostante, la questione di un eventualesecondo referendum per l’indipen-denza della Scozia sta dando luogo aun clima di ulteriore incertezza peril settore petrolifero e potrebbe spin-gere le società a procrastinare o an-nullare progetti fino a quando non di-sporranno di informazioni esaurien-ti sulle conseguenze delle negozia-zioni per l’uscita della Gran Bretagna.Ma una delle preoccupazioni piùvive delle multinazionali di petrolioe gas è l’eventuale perdita degli ac-cordi relativi alla libertà di circola-zione attraverso il Canale della Ma-nica tra l’UE e il Regno Unito.Molti lavoratori del Regno Unito im-piegati da società petrolifere europeelavorano nei Paesi UE e viceversa. Laloro non appartenenza all’UE po-trebbe incrementare gli oneri buro-cratici e quindi i costi per i datori dilavoro. Shell ha dato voce a talequestione, preannunciando che bar-riere commerciali e limitazioni del-la circolazione influirebbero negati-

vamente sulle attività nel RegnoUnito. Naturalmente tali limitazio-ni influirebbero anche sulla capaci-tà del Regno Unito di attirare sulleproprie coste lavoratori qualificati delsettore petrolifero e del gas. E que-sto sarebbe un altro duro colpo perle mature industrie del Regno Uni-to nel Mare del Nord che dal 2014hanno già perso 8000 posti di lavo-ro a causa del crollo del prezzo delpetrolio ed evidenziato, di conse-guenza, un netto aumento delle ten-sioni occupazionali e degli scioperi.

Il futuro, guardando anche agli USAFinora la May e il suo nuovo gover-no hanno preso una posizione cauta,costruttiva e pragmatica rispetto al-l’impegno per l’uscita della Gran Bre-tagna dall’UE. Il punto è se il nuo-vo governo sarà in grado di mante-nere questo approccio di fronte alleinevitabili turbolenze politiche edeconomiche che ne conseguiranno.La May spera inoltre che anche i suoiomologhi in Europa adottino unapproccio costruttivo e pragmaticoalle trattative sull’uscita in seguito al-l’invocazione dell’Articolo 50 delTrattato di Lisbona da parte del Re-gno Unito. In fondo è nell’interessea lungo termine del Regno Unito edell’UE raggiungere un accordo ac-cettabile, indipendentemente daltempo che sarà necessario. Inoltre,l’esito delle prossime elezioni presi-denziali negli Stati Uniti potrebbe ac-crescere ancora di più la necessità ditale accordo.

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

Leggi su www.abo.netaltri articoli dello stesso autore.

CANALE A RISCHIOUna delle preoccupazioni più vive delle multinazionali di petrolio e gas, è l’eventualeperdita degli accordi relativialla libertà di circolazioneattraverso il Canale dellaManica tra l’UE e il Regno Unito(nella foto cargo commercialinel Canale).

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Il ridimensionamento di una rivoluzione chiamata“shale”, il drastico calonell’uso del carbone,l’avanzata del gas naturaledivenuto più conveniente,regole di salvaguardiaambientale sempre piùrestrittive. L’America haassistito, negli ultimi diecianni, ad un cambio diprospettiva nel settoredell’energia che orapotrebbe subire un ulteriorecapovolgimento dopo le elezioni presidenziali di novembre. Analisi,previsioni e commenti negli articoli di •David Koranyi

e Madison Freeman•Molly Moore•Demostenes Floros

PERSPECTIVEUSA

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

Energia/Profonde trasformazioni e scenari futuri

La rivoluzione a stelle e strisceNegli ultimi dieci anni negli Stati Uniti il carbone e il petrolio hanno lasciato il posto al gas naturale,l’energia eolica e solare sono in rapida ascesa e la tecnologia avanza velocemente. Una corsaalla trasformazione che potrebbe accelerare ancora

ell’ultimo decennio, il settore ener-getico degli Stati Uniti ha subìtonotevoli sconvolgimenti: il mercatodell’import-export e, in seguito, an-che i consumi e la produzione di ener-gia hanno conosciuto profonde alte-razioni. La totalità dei cambiamentirivoluzionari, in termini di tecnolo-gie per il segmento energetico, pro-viene inoltre dall’America. Nel de-cennio a venire, si prevede che la tra-sformazione dei mercati energetici ele tecnologie non arresteranno laloro corsa, che potrebbe perfino ac-celerare, seppure a un ritmo nonancora ben chiaro. L’incognita mag-giore è rappresentata dai cambiamentipolitici che seguiranno le elezioni pre-sidenziali e del congresso del no-vembre 2016. Questo articolo offreuna panoramica, seppur breve e ine-vitabilmente incompleta, dei cam-biamenti messi in atto negli ultimidieci anni, formulando alcune ipote-si per il futuro.

Variazioni nel consumo di combustibili fossiliDal 2005 a oggi, molte cose sonocambiate in termini di consumi e pro-duzione di combustibili fossili. Ilcarbone e il petrolio hanno gradual-mente lasciato il posto al gas natura-le. Il carbone, un tempo risorsa fon-damentale per il panorama energeti-co americano, ha visto ridurre inmaniera considerevole il suo impie-go nella produzione del settore, a par-tire dagli anni ‘80, periodo in cui ve-niva utilizzato maggiormente, fino allametà degli anni 2000, quando la ri-duzione è stata più consistente. Nel2015, l’energia prodotta tramite l’uti-lizzo delle fonti di carbone costitui-va soltanto il 33 percento della pro-

duzione totale, in discesa rispetto al50,5 percento del 2005. La ragionedietro questo calo è riconducibile alladisponibilità sul mercato di gas na-turale a prezzi più bassi e di fonti rin-novabili ancora più accessibili in ter-mini economici, ma anche alla pre-senza di normative in materia am-bientale sempre più rigide. La pro-duzione di carbone ha raggiunto il suominimo storico da 35 anni a questaparte ed è destinata a diminuire di unulteriore 10 percento nel corso di que-st’anno e del 12 percento nel 2017.D’altra parte, anche il consumo delcarbone ha subìto un crollo analogo,pari al 13 percento nel 2015: l’Ener-gy Information Administration (EIA)ha dichiarato che tali valori costitui-scono “la diminuzione annua più si-gnificativa di qualsiasi altro combu-stibile fossile negli ultimi 50 anni.”Questa parabola discendente dei con-sumi domestici è stata favorita dal-l’aumento delle esportazioni di car-bone, che sono passate da circa 54 mi-lioni di tonnellate nel 2007 a 113 mi-lioni nel 2012. Il fenomeno ha con-tribuito, in maniera significativa, a ri-durre le emissioni di CO2 negli Sta-ti Uniti, da 19,6 tonnellate pro capi-te del 2003 a 16,6 del 2013. Ad ognimodo, tali valori sono comunquepari al doppio rispetto a quelli mediin Europa. Il 2016 è destinato a esserel’anno in cui il gas naturale sostitui-rà il carbone come principale com-bustibile per la produzione del-l’energia. Negli ultimi dieci anni, imetodi non convenzionali per l’estra-zione di gas hanno fatto registrareun’impennata, facendo passare il vo-lume da 2 trilioni di piedi cubi del2005 a 12,3 del 2014. Grazie al pro-gresso tecnologico realizzato nel

NDavid Koranyi è il direttore dell’AtlanticCouncil’s Eurasian Energy FuturesInitiative. È stato sottosegretario di Stato e capo della politica estera,nonché consigliere per la sicurezzanazionale per il Primo Ministro dellaRepubblica di Ungheria, Bajnai Gordon.

Madison Freeman è assistente di ricerca presso l’Eurasian EnergyFutures Initiative. I suoi interessispecifici riguardano la questione curda, la politica turca, e l’intreccio trasicurezza energetica e stabilità politica.

DAVID KORANYI E MADISON FREEMAN

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campo della fratturazione idraulica edell’estrazione orizzontale, oltre auna migliorata efficienza nella pro-duzione, il gas risulta oggi una risor-sa più competitiva rispetto al carbo-ne. Stando alle proiezioni, la spinta delsettore produttivo non si arresterà pri-ma del 2040 e la produzione di gas discisto contribuirà in gran parte aquesta crescita. La prevista frenata intermini di domanda permetterà di farsalire le esportazioni di gas naturale.Lo scorso anno, i gasdotti diretti inMessico hanno visto scorrere 2,9miliardi di piedi cubi, e la cifra po-trebbe toccare quota 4,4 miliardi en-tro il 2020. I miglioramenti dei ter-minali di gas naturale liquefatto(GNL) nel Golfo del Messico hannoaperto le porte allo sviluppo di nuo-vi mercati mondiali, in particolare inAsia, Medio Oriente e America La-tina, dove il potenziale di crescita del-la domanda di gas naturale è consi-derevole, e nell’Unione Europea,dove il GNL è considerato una pos-sibile risorsa strategica per la sicurezzaenergetica. Il terminale GNL delgruppo Cheniere, a Sabine Pass(USA), è operativo sul mercato dal-l’inizio del 2016 e altri quattro sonoin costruzione in Maryland, Texas eLouisiana. Gli Stati Uniti sono de-stinati a diventare un importanteesportatore netto di gas naturale nel2017 e 2018, e le esportazioni di GNLdovrebbero superare quelle tramitegasdotti e camion verso il Messico en-tro il 2019. Anche il petrolio ha fat-to registrare un’impennata. La rivo-luzione dello scisto ha favorito un in-cremento della produzione. Dal 2010al 2015, infatti, la produzione di pe-trolio da riserve non convenzionali èbalzata in avanti in maniera conside-revole: nell’ultimo periodo, il 52 per-cento della produzione di greggio (4,9milioni di barili al giorno) proviene dapetrolio di scisto (o tight oil). Le tri-vellazioni e le tecniche di recupero as-sistito del petrolio (Enhanced Oil Re-covery) sono sensibilmente migliorate:il costo medio per giacimento è sce-so del 25-30 percento tra il 2012 e il2015, con una conseguente diminu-zione dei prezzi di pareggio per i gia-cimenti di scisto delle riserve più im-portanti (Bakken, Eagle Ford, Nio-brara, e Permian). Inoltre, i pro-gressi citati hanno fatto crollare il tas-so di importazioni di greggio statu-nitense al livello più basso di sempre,scendendo da 9,3 milioni di barili algiorno della prima metà del 2010 a 7,3milioni di barili al giorno nella primametà del 2015. Il quadro per gli annia venire lascia trasparire molta in-certezza riguardo al futuro del petroliodi scisto statunitense, in quanto la suasensibilità alle oscillazioni dei prezziesterni rendono i livelli di produzio-ne instabili. Le previsioni indicano laproduzione di greggio proveniente dagiacimenti di scisto statunitensi a

quota 2,4 milioni di barili in più al-l’anno, nel periodo compreso tra lametà del 2016 e la fine del 2018, se ilprezzo di mercato fosse di 80 dolla-ri al barile anziché 30. Sebbene fos-se previsto che un lungo periodo di ri-dotte quotazioni petrolifere avrebbeavuto un impatto economico deva-stante, il segmento ha finora dimo-strato una resilienza inattesa, anche afronte delle sempre crescenti pressionifinanziarie esercitate su molti pro-duttori. L’abolizione del divieto diesportazione di greggio nel dicembre2015, dopo quaranta anni, avrà ancheeffetti positivi marginali sulla produ-zione. Infatti, da quando è stato abo-lito, le esportazioni verso altri paesi(fatta eccezioni per il Canada, non in-teressato dalle restrizioni) sono au-mentate di sette volte, sebbene il rit-mo di crescita non abbia conferma-to le aspettative iniziali degli esperti,principalmente per via della sovrab-bondanza mondiale di petrolio.

Rapida ascesa dell’energiaeolica e solareNegli Stati Uniti, i combustibili fos-sili restano la principale fonte di ap-provvigionamento energetico, inquanto costituiscono l’82 percento deiconsumi energetici primari. Nel2015, le quote di energia eolica e so-lare sul totale della capacità di pro-duzione energetica erano rispettiva-mente pari al 6,7 percento e al 2 per-cento mentre, sempre nel 2015, lequote della produzione reale eranosoltanto il 4,7 percento e lo 0,9 per-cento, a dimostrazione della natura es-senzialmente intermittente di questerisorse. Tuttavia, negli Stati Uniti lapercentuale di energia prodotta gra-zie alle fonti rinnovabili è in rapidaascesa. Nel periodo compreso tra il2009 e il 2015, la capacità di produ-zione eolica è aumentata del 100percento e quella solare del 900 per-cento. Su scala nazionale, l’energiaeolica (41 percento) e solare (26 per-cento) costituiscono i principali au-menti alla capacità di produzioneelettrica nel 2015, e nello stessoanno, è stato aggiunto un numero re-cord di installazioni fotovoltaiche

solari distribuite sui tetti di tutto ilpaese. In Texas, l’energia eolica oc-cupa una fetta consistente della pro-duzione complessiva di energia elet-trica, fornendo energia per un tota-le dell’11,7 percento. Il 20 dicembre2015, sempre in Texas, l’energia eo-lica ha contribuito per il 40 percen-to ala fornitura di elettricità per 17 oreconsecutive. Nello stesso anno, lo sta-to dell’Oklahoma, uno dei più virtuosinella produzione di gas naturale, si èclassificato quarto per la produzioneenergetica netta da fonti eoliche,contribuendo per il 17 percento sultotale della produzione netta. Il Kan-sas, altro snodo cruciale per la pro-duzione di gas, si affida all’eolico peruna percentuale del 21 percento sulvalore netto totale della produzioneenergetica. La California da sola co-pre metà della capacità di produzio-ne di energia solare dell’intera na-zione, con una totale di 9.976 mega-watt, più di 12 stati messi insieme, edè il primo stato il cui approvvigiona-mento energetico proviene per al-meno il 5 percento da nuovi impian-ti solari su scala industriale, percen-tuale che ammonta a più di due ter-zi della sua capacità solare. Nel 2015,le energie rinnovabili hanno garantitoquasi tutta la nuova capacità di pro-duzione elettrica dello stato: l’eolicoper il 41 percento e il solare per 26percento del totale degli aumenti.Grazie alla maggiore competitivitàdelle energie eolica e solare, oltre al-l’estensione dei crediti d’impostamessa in atto dal Congresso nel-l’ambito delle politiche fiscali deldicembre 2015, si prevede che latendenza al rialzo continuerà anchenel prossimo decennio. Le premessesono sicuramente buone: le stime delNational Renewable Energy Labo-ratory (NREL) indicano che il po-tenziale economico delle energie rin-novabili va da un terzo a più di diecivolte il totale della produzione sta-tunitense del 2013 proveniente da tut-te le altre fonti energetiche. Tuttavia,permangono dubbi circa l’entità diprezzi e costi di lungo termine per so-stituire i combustibili fossili, in par-ticolare il gas in assenza delle quota-

zioni del carbone, ma anche per lo svi-luppo della rete in modo che possa fa-vorire la spinta del segmento delleenergie rinnovabili, la loro diffusio-ne non soltanto ai fini dell’approvvi-gionamento elettrico e il quadronormativo e politico a livello statalee nazionale.

Cambiamenti tecnologicidirompentiSin dalle loro origini, gli Stati Unitisono stati un paese all’avanguardia nel-l’ambito dell’innovazione energetica,e lo spirito di Benjamin Franklin eThomas Edison sopravvive ancoraoggi nella competitività dei laboratorinazionali e di Silicon Valley. Negli Sta-ti Uniti, attori pubblici e privati svol-gono un ruolo di primo piano neicambiamenti tecnologici che inte-ressano settori come quello della tec-nologia delle batterie, della tecnolo-gia dell’informazione e della tecno-logia nucleare, e che potrebbero ave-re un effetto dirompente sia sulla pro-duzione energetica, sia sui modelli diconsumo, non solo a livello domesti-co ma su scala mondiale. Conse-guenza diretta di ciò è l’evoluzionedella tecnologia delle batterie guida-ta dai laboratori nazionali del Dipar-timento dell’Energia degli Stati Uni-ti d’America e supportata in modo cre-scente dal settore privato. Lo stoc-caggio economico è la chiave dellacompetitività e della sostenibilità di unuso maggiore di fonti rinnovabilinella produzione di energia. Recen-ti progressi nella tecnologia dellebatterie hanno abbattuto i costi distoccaggio e si prevede che conti-nueranno a farlo. I costi di stoccaggiodell’energia relativi alla rete elettricastanno scendendo rapidamente: nel2020, il costo dei sistemi alimentaticon battere agli ioni di litio per la reteelettrica potrebbero abbassarsi del 50percento, dagli attuali 500 dollariper kilowattora (kWh) a meno di 230dollari. La società tecnologica Teslaha basato il proprio ambizioso pianoaziendale su batterie a basso costo, chepotranno competere sul mercato gra-zie ai costi relativi alla batteria stessa.La sua Gigafactory, attualmente in co-struzione in Nevada, sarà in grado diprodurre ogni anno batterie per 1,5milioni di veicoli elettrici, ed è stataprogettata per ridurre i costi delle pro-prie batterie del 30 percento. In casodi successo, ciò influirebbe in modoradicale sulla competitività dei veicolielettrici e degli impianti alimentati conenergie rinnovabili per le utenze do-mestiche. La tecnologia dell’infor-mazione sta delineando grandi cam-biamenti, avvicinando le imprese ai di-spositivi energetici, nonché alla ge-stione dell’approvvigionamento edella domanda energetica. Varie uti-lity stanno esplorando i diversi modidi servirsi di grandi analitiche di datiper ottenere un miglioramento dei

PETROLIO, IL CROLLO DELLA PRODUZIONE NON-OPEC

TOTALEALTRI NORD AMERICA

1T13 1T14 1T15 1T16 1T17

3,0

2,5

2,0

1,5

1,0

0,0

0,5

-0,5

-1,5

-1,0

mb/g

Nel 2016 gran parte del calo della produzione di petrolio non-OPECè riconducibile al Nord America. Nel 2017 le stime prevedono una graduale ripresa.

Fonte: IEA Oil Market Report (luglio 2016)

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servizi energetici, includendo proie-zioni della produzione solare e pre-visioni della domanda. Nel tentativodi migliorare l’efficienza lungo la ca-tena del valore, le imprese stannoprendendo in considerazione i possi-bili modi di capitalizzare in base alconcetto dell’internet delle cose. Latecnologia dell’informazione nel-l’ambito dei dispositivi energeticipuò contribuire a promuovere im-portanti cambiamenti nell’approccioalle variazioni della domanda e del-l’efficienza. Adattando il consumodi energia per massimizzare l’effi-cienza attraverso sistemi “intelligen-ti”, le imprese energetiche possonomodificare i modelli di consumo deipropri clienti. I giganti del mondo del-la tecnologia sono stati i pionieri inquesto ambito: l’incursione di Goo-gle nel settore energetico mediantel’acquisto di Nest è un primo esem-pio della stimolante crescita del mer-cato verso sistemi domestici in gradodi adattarsi ai modelli di consumo, ri-ducendo il consumo energetico. Nelsettore dell’energia nucleare, i piccolireattori modulari (SMR) potrebberooffrire un nuovo futuro alla contro-versa produzione nucleare degli Sta-ti Uniti. I reattori SMR sono reatto-ri trasportabili, di piccole dimensio-ni, in grado di produrre meno di 300megawatt, a differenza dei 1.000 pro-dotti da un reattore tipico. Possono es-sere prodotti in serie, assemblati fuo-ri sede e sono in grado di variare ra-pidamente la potenza in uscita per ri-spondere alle fluttuazioni della do-manda. I reattori SMR possono sup-plire a eventuali deficit energetici, ga-rantendo l’approvvigionamento dienergia elettrica in luoghi remoti, pic-coli centri abitati o edifici, e sono piùflessibili, economici e sicuri dei mo-delli tradizionali. La loro flessibilitànell’adattarsi a picchi o cali della do-manda gli permetterebbe di integra-re l’uso di energie rinnovabili. Seb-bene il principio delle economie di

scala suggerisca che i reattori più pic-coli potrebbero essere economica-mente meno efficienti, secondo le sti-me dell’International Atomic EnergyAgency i costi per la produzione, lamanutenzione e il funzionamentosarebbero di gran lunga inferiori aquelli dei reattori tradizionali. I so-stenitori di questi nuovi reattori af-fermano che si tratta di un modellopiù sicuro ed efficiente, che sarebbein grado di modificare l’intera strut-tura della produzione energetica inmolte regioni. Sebbene la tecnologiaSMR sia molto promettente, la suaimplementazione è però attualmen-te scarsa. Il Dipartimento dell’Ener-gia degli Stati Uniti d’America ha so-stenuto la rapida diffusione dei reat-tori SMR, promuovendo il modellodi reattore nucleare ad acqua legge-ra NuScale. La Tennessee Valley Au-thority ha presentato la prima richiestadi autorizzazione per l’uso di un re-attore SMR alla Commissione Re-golatrice per il Nucleare (NRC) de-gli Stati Uniti a maggio del 2016, maattualmente non ci sono reattoriSMR in uso negli Stati Uniti. L’ener-gia nucleare ha assistito a una fase distasi generale della percentuale dienergia elettrica prodotta dagli anni‘80, e sebbene i reattori SMR po-trebbero contribuire a far crescerequesto dato, esiste un notevole im-pedimento politico all’implementa-zione di nuovi reattori, che potrebberitardarne l’adozione in modo signi-ficativo. Gli Stati Uniti svolgono unruolo fondamentale anche nello svi-luppo e nella commercializzazionedella cattura e sequestro del carbonio,la sola tecnologia in grado di catturareil 90 percento e oltre delle emissioniprodotte da infrastrutture esistenti chefanno uso di combustibili fossili. Ilprogetto Kemper, sebbene sia alle pre-se con importanti ritardi e supera-menti dei costi, ha lo scopo di usarelignite con basso potere calorifero inun processo di gassificazione destinato

alla produzione di gas di sintesi, cheverrà bruciato per generare elettrici-tà producendo una quantità notevol-mente inferiore di CO2 e altre emis-sioni, che a loro volta saranno sotto-poste a captazione e poi vendute ostoccate. Questa tecnica, se riuscirà adimostrare la propria validità a livel-lo tecnologico e commerciale, po-trebbe offrire a lungo termine un fu-turo più rispettoso del clima per il car-bone proveniente dalla Polonia, dalSud Africa, dall’India e dalla Cina. GliStati Uniti hanno inoltre registratomiglioramenti quantificabili nell’ef-ficienza energetica, ma i benefici tar-dano ad arrivare a causa della scarsaefficienza dei trasporti nel paese, conuna forte dipendenza dal traffico pri-vato e un’insufficiente crescita del tra-sporto pubblico, nonostante i notevolimiglioramenti registrati grazie allenorme sul risparmio medio di carbu-rante, in particolare dal 2010.

Trasformazione acceleratatra incertezze politicheLe principali tendenze individuate inquesto articolo (il rivoluzionario rial-lineamento nei modelli di consumodei combustibili fossili, la rapida cre-scita delle energie rinnovabili purpartendo da una base molto ridotta ei potenziali sviluppi nelle tecnologieenergetiche che potrebbero modifi-care radicalmente la situazione) sonorivolte a un’accelerazione della tran-sizione energetica verso un’economiabasata su livelli inferiori di anidridecarbonica nel prossimo decennio. Ilcostante declino del carbone sembraassicurato e il consumo di petrolio po-trà andare incontro a una stasi o per-sino a una diminuzione grazie alle piùrigide norme sul risparmio medio dicarburante e alla diffusione dei veicolielettrici. Il futuro della combustionedi gas naturale più pulito appare lu-minoso, almeno fintanto che questosostituirà il carbone, sebbene esista-no incertezze significative a lungo ter-

mine, poiché il ruolo di gas ponte svol-to dal gas naturale è contestato da mol-ti. Anche se i cambiamenti degli ulti-mi decenni sembrano dettati princi-palmente dal mercato, le politichepubbliche svolgono un ruolo fonda-mentale nello sviluppo e nella diffu-sione di nuove tecnologie dirompen-ti, come gli idrocarburi e i gas nonconvenzionali e le batterie. Gli obiet-tivi prefissati nel piano denominatoUnited States intended national de-termined contributions (INDCs) nel-l’ambito della Convenzione quadrodelle Nazioni Unite sui cambiamen-ti climatici (UNFCCC) e, in parti-colare, gli obiettivi di decarbonizza-zione a lungo termine richiederannopolitiche pubbliche di maggior spes-sore per accelerare la transizioneenergetica. In questo momento in cuigli Stati Uniti si avvicinano alle ele-zioni presidenziali e del Congresso,esistono considerevoli incertezze cir-ca le politiche climatiche ed energe-tiche che seguiranno il novembre del2016. Si può soltanto speculare sui ri-sultati delle elezioni e sulle politicheche ne conseguiranno. La vittoriadei Democratici alle elezioni del 2016potrebbe dare maggior rilievo al so-stegno delle energie rinnovabili at-traverso un approccio normativo con-tinuo (secondo le linee guida delClean Power Plan) o, in caso di con-trollo di entrambe le camere o di sup-porto bipartisan, mediante l’azione le-gislativa (sotto forma di tassa sulleemissioni o di permessi di emissione).Al contrario, la vittoria dei Repub-blicani potrebbe rallentare i progres-si del settore energetico nella ridu-zione delle emissioni di anidride car-bonica e, in questo caso, le tendenzedella tecnologia e del mercato ren-deranno ancora più difficile sradica-re un’economia basata sui combusti-bili fossili a medio e lungo termine.

UP&DOWN 2,0trilioni di piedi cubi20

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12,3trilioni di piedi cubi20

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33,0%della produzione totale20

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54milioni di tonnellate20

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113milioni di tonnellate20

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16,6tonnellate pro-capite20

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GASPRODUZIONE

CARBONEPRODUZIONE

CARBONEESPORTAZIONE

EMISSIONI DICO2

50,5%della produzione totale20

05 19,6tonnellate pro-capite20

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La produzione di gas, negli ultimianni, ha registrato un’impennatanotevole. È calata notevolmente,invece, in dieci anni, la produzione di energia da fonti di carbone, mentre è aumentata vertiginosamentel’esportazione. In forte caloanche le emissioni di CO2.

Fonte: dati elaborati dall’autore

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Elezioni/Le posizioni energetiche dei candidati alla Casa Bianca

Black, blue or green?Petrolio, gas e rinnovabili. Solo dopo la nomina del nuovopresidente, a novembre, l’America saprà a qualicambiamenti andrà incontro nei prossimi quattro anni

e previsioni relative al futuro ener-getico dell’America non potrebberoessere più discordanti dalle posizio-ni prese in campagna elettorale dal-la candidata democratica HillaryClinton e dal candidato repubblica-no Donald Trump. Non vi è prati-camente nessuna questione di natu-ra energetica su cui si trovino d’ac-cordo.In un eventuale governo Clinton, gliStati Uniti sarebbero protagonistidi una drastica riduzione della di-pendenza dal petrolio, di un radica-le incremento degli investimenti inenergie rinnovabili e di una guerra al-l’ultimo sangue al cambiamento cli-matico. Un governo Trump, invece,sosterrebbe l’apertura di decine di mi-gliaia di acri di terreni federali alle at-tività di prospezione e perforazionepetrolifera, con l’abolizione dell’En-vironmental Protection Agency(EPA), l’Agenzia statunitense per latutela ambientale, e il dietrofrontdel Paese rispetto all’accordo sul cli-ma di Parigi.

Ambiente o non ambiente,questo è il dilemmaTrump si dichiara pronto a elimina-re le decennali protezioni ambienta-li e le normative cui è soggetto il set-tore dei combustibili fossili, molte del-le quali sono state introdotte dagli expresidenti repubblicani. All’internodel partito queste posizioni soddisfanole personalità più ostruzioniste inmateria di ambiente e favorevoli alsettore, ma non prendono in consi-derazione i sempre più numerosi re-pubblicani moderati che hanno ab-

bandonato il loro atteggiamento dinegazione del cambiamento climati-co. Il programma del partito repub-blicano spende parole di disprezzo peril movimento ambientalista, defi-nendolo una “casta autoreferenziale”.Dall’altro lato della barricata, la Clin-ton, che vede nel cambiamento cli-matico uno dei problemi più impel-lenti per la nazione e per il mondo in-tero, concentrerebbe le risorse ener-getiche del Paese sulle fonti rinno-vabili, rafforzerebbe le regolamenta-zioni esistenti sulla qualità dell’aria edell’acqua e inasprirebbe le normesulla fratturazione idraulica e sulleemissioni causate dall’utilizzo di com-bustibili fossili. Tuttavia, indipen-dentemente dal suo partito, il pros-simo presidente americano incontrerànon poche difficoltà nell’attuazionedel programma politico presentato incampagna elettorale. Gli ambiziosiprogetti della Clinton per il risana-mento dell’ambiente, con il gradua-le abbandono dei combustibili fossi-li e la conversione alle fonti rinnova-bili, si troverebbero a far fronte a mol-ti dei blocchi politici in cui è incor-so il Presidente Barack Obama, conun Congresso così profondamentespaccato da costringerlo a ricorrereagli ordini esecutivi per mettere inatto gran parte della sua politicaenergetica. Per quanto riguarda lepromesse di Trump di sostenere contutto l’entusiasmo possibile l’impie-go dei combustibili fossili e scarica-re l’EPA e l’accordo sul clima di Pa-rigi, il magnate si troverà a fronteg-giare un mercato in rapida evoluzio-ne, nuove richieste di sostenibilità da

LMOLLY MOORE

È vice presidente senior di SandersonStrategies Group, azienda di strategiemediatiche con sede a Washington, D.C.In precedenza è stata corrispondentedall’estero per il Washington Post.

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• Accantonamento del Clean Power Plandell’amministrazione Obama cheprevede una riduzione pari al 32percento dell’inquinamento daanidride carbonica legata allaproduzione di energia, rispetto ai livelli del 2005. Il Piano prevedeinoltre, sempre entro lo stessotermine, una riduzione del 90percento di biossido di zolfo e del 72 percento di ossidi di azoto dalle centrali elettricherispetto ai livelli del 2005.

• Sostegno all’industriadell’Oil&Gas, al carbone, al nucleare, e al contenimento degli incentivi per la diffusione delle rinnovabili. Espansione dei diritti di perforazionepetrolifera.

• Revisione degli impegnidi riduzione delle emissioni assuntidagli Stati Uniti nel corso dellaCOP21 e eliminazione dei sussidi.

• Sospensione del programmadi dismissione/smantellamentodegli impianti a carbone piùobsoleti per la generazione di energia elettrica.

• Maggiore ricorso al gasnaturale, di produzione interna, per la produzione di energiaelettrica e per i trasporti.

• Abrogazione di ogni tipologia di moratoria per l’utilizzo del fracking.

• Riduzione dei poteri di indirizzoe di controllo delle Agenzie di regolamentazione ambientale.

Energy highlights

parte dei consumatori e dei consiglidi amministrazione e le imponentilungaggini burocratiche da cui di-stricarsi. Nell’ambito della prossimaamministrazione, la politica energe-tica potrebbe essere profondamenteinfluenzata dalle tendenze del mercatoglobale, dalla domanda dei consu-matori nazionali e dai cambiamenti diatteggiamento dell’opinione pubbli-ca, oltre che dalle posizioni dell’in-quilino della Casa Bianca. Negli ultimi anni, la maggiore dif-fusione della fratturazione idraulicae di altre tecnologie per i giacimen-ti gaspetroliferi, insieme al crollo deiprezzi del petrolio, hanno vanifica-to gli sforzi messi in atto dagli esper-ti statunitensi per progettare conprecisione il futuro energetico dellanazione. Ciò nonostante, è palese chele politiche energetiche e ambienta-li statunitensi e le conseguenti azio-ni saranno profondamente influen-zate dalle elezioni presidenziali diquest’anno. Con l’avvicinarsi dellatornata elettorale di novembre, pre-sentiamo di seguito le idee diame-tralmente opposte dei due candida-ti alla Casa Bianca (con le loro parolee in base ai rispettivi programmi dipartito) su alcune delle questionienergetiche e ambientali più caldedella campagna.

Opinioni differenti sul Climate ChangeTrump ha dichiarato: “Sono abba-stanza scettico riguardo al cambia-mento climatico indotto dall’uomo”,e ha proseguito così: “Il concetto diriscaldamento globale è stato creatoda e per i cinesi così da rendere la pro-duzione americana non competitiva”.Il programma ufficiale del partito re-pubblicano sostiene che il cambia-mento climatico non abbia basi scien-tifiche comprovate e “non sia nean-che lontanamente paragonabile alproblema più urgente per il Paese: lasicurezza nazionale”. La Clinton as-serisce sul suo sito web e ripete spes-so nei suoi discorsi: “Il cambiamen-to climatico è una minaccia urgentee una sfida che definisce il nostro tem-po”. Il suo obiettivo è ridurre, entroil 2050, le emissioni di gas serra di al-meno l’80 percento rispetto ai livel-li del 2005 e rispettare gli impegni as-sunti dagli Stati Uniti con l’Accordodi Parigi. Trump ha promesso il riti-ro dall’Accordo di Parigi e che “im-pedirà all’EPA di disciplinare le emis-sioni di anidride carbonica”.

Meno Oil&Gas per i Dem,autonomia petrolifera per il GOPIl programma della campagna elet-torale dei democratici fa esplicito ri-ferimento “all’eliminazione delleesenzioni fiscali speciali e delle sov-venzioni alle compagnie produttricidi combustibili fossili” e invoca un

utilizzo totale di energia pulita nelPaese entro la metà del secolo. I de-mocratici sostengono “la chiusuradell’Halliburton loophole che haprivato l’EPA del potere di regola-mentazione della fratturazione idrau-lica e la sicurezza di applicazione dirigidi sistemi di tutela”. Il partito sioppone alla costruzione del gasdot-to Keystone XL. La Clinton è con-traria anche alle trivellazioni nel-l’Artico e al largo della costa atlan-tica e mira a “ridurre gradualmentel’estrazione di combustibili fossilidai terreni pubblici”. In caso di vit-toria, sosterrebbe anche l’introdu-zione di normative più rigide sulla

fratturazione idraulica e attribuireb-be alle comunità e agli Stati il dirit-to di vietarla. Di tutt’altro parere sonoTrump e il partito repubblicano cheaffermano: “Noi sosteniamo lo svi-luppo di tutte le forme di energiacommerciabili... senza sovvenzioni,inclusi carbone, petrolio, gas naturale,energia nucleare e idroelettrica”.Trump sostiene che lo sviluppo dienergia eolica, solare, da biomasse, dabiocarburanti, geotermica e mare-motrice dovrebbe essere finanziatocon capitali privati, non con fondi go-vernativi. Il programma repubblica-no si pone a sostegno dell’aperturadei terreni pubblici e della piatta-

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

• Estensione del Clean PowerPlan e il lancio di un’iniziativa da60 miliardi di dollari (Clean EnergyChallange) che coinvolgerebbe gli Stati, le città e le comunità ruralinello sviluppo delle rinnovabiliattraverso un sistema di sgravifiscali.

• Passaggio dal carbone al gasnaturale.

• Sostituzione delle centralielettriche a carbone con centrali a ciclo combinato (CCGT).

• Sostegno a Stati, centri urbanie comunità agricole per favorire la sostituzione degli impianti diriscaldamento a olio e a carbonecon più efficienti impianti a gas.

• Diffusione del gas naturalecome carburante nei trasportiattraverso la realizzazione delle condizioni per lo sviluppodella mobilità a gas.

• Maggiori e più stringenticontrolli ambientali per l’uso del fracking.

• Più spazio alle rinnovabili, che trasformeranno gli USA nella superpotenza dell’energiapulita del XXI secolo.

Energy highlights

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forma continentale esterna “alla pro-spezione e alla produzione respon-sabile” e spingerà il Congresso ad at-tribuire agli stati il potere di gestio-ne delle risorse energetiche dei ter-reni federali nei relativi confini.Trump ha dichiarato che eliminerà ilClean Power Plan dell’EPA in quel-la che i repubblicani descrivonocome “la guerra del Presidente al car-bone”. Trump intende inoltre portarea termine la costruzione del gasdot-to Keystone XL, ma ha messo in al-larme le società energetiche in se-guito alle dichiarazioni relative al-l’attribuzione di “una fetta significa-tiva dei profitti” ai cittadini americani.

Il magnate sostiene anche l’annulla-mento dei divieti di esportazione aimercati esteri imposti ai produttoridi energia.

Per Trump addio all’EPA, per la Clinton più incentivi al greenLa Clinton ha dichiarato che le suepolitiche trasformerebbero “gli Sta-ti Uniti nella superpotenza del-l’energia pulita del XXI secolo”, ingrado di generare una quantità dienergia rinnovabile sufficiente per ilfabbisogno di ogni singola casa ame-ricana. Il programma del partito de-mocratico propone di “difendere edestendere gli incentivi fiscali per l’ef-ficienza energetica e l’energia pulita”.Trump ha scritto: “C’è stata unagrande spinta per lo sviluppo di for-me di energia alternativa, la cosid-detta energia verde da fonti rinno-vabili. È stato un errore colossale”.Ha proseguito descrivendo l’energiarinnovabile come “soltanto un modocostoso per far sentire gli ecologistia posto con la loro coscienza”. Luieliminerebbe tutte le sovvenzioniper le forme di energia alternativa, adeccezione del nucleare. Il program-ma repubblicano di Trump invoca latrasformazione “dell’EPA in unacommissione bipartisan indipen-dente, simile alla Nuclear Regulato-ry Commission (Commissione diregolamentazione nucleare)”. Il can-didato ha dichiarato che priverebbei governi federali della loro autoritàsulle normative ambientali e la tra-sferirebbe agli stati. Ridurrebbe an-che la portata della legge per la sal-vaguardia delle specie in via di estin-zione (Endangered Species Act),ideata per proteggere le specie piùvulnerabili e che spesso causa aspridissidi tra gli ambientalisti e le azien-de che tentano di operare nelle zonein cui tali animali sono presenti.Sebbene il settore Oil&Gas sosten-ga molte delle posizioni di Trump, èal contempo scettico su alcune del-le sue dichiarazioni.“Ci libereremo definitivamente diogni necessità di importazione dienergia dal cartello OPEC”, ha di-chiarato il magnate. “Durante il miogoverno, l’America raggiungerà la to-tale indipendenza energetica”. Se-condo molti analisti del settore, unapolitica che preveda il taglio di tut-te le importazioni dall’estero po-trebbe soltanto nuocere agli interessieconomici degli Stati Uniti, cau-sando un aumento dei prezzi del pe-trolio e del gas. Alcune delle posizionidi Trump sembrano dettate da uncerto opportunismo politico per pla-care le ali più estremiste del suo par-tito. In realtà, lo stesso magnate ne-wyorkese, che ha definito il cambia-mento climatico come una “bufala”,ha chiesto all’Irlanda il permessoper la costruzione di una diga ma-

rittima multimilionaria finalizzataalla protezione del suo campo da golfsull’oceano nella contea di Clare, ilTrump International Golf Links &Hotel Ireland. Nella richiesta presentata all’Irlanda,l’azienda del magnate ha scritto: “Sele previsioni riguardanti l’innalza-mento del livello del mare a causa delriscaldamento globale si rivelasseroveritiere, tuttavia, è probabile che siverifichi anche un aumento dell’ero-sione costiera non soltanto nella Baiadi Doughmore, ma sulla maggior par-te delle coste irlandesi. Riteniamo ra-gionevole prevedere che la velocità diaumento del livello del mare possaraddoppiare rispetto a quella attuale”.Trump ha infastidito anche il setto-re gaspetrolifero. Nonostante le ul-time dichiarazioni in suo sostegno, inpassato lo ha descritto come un grup-po “d’interesse” e ha sostenuto cheTed Cruz, suo ex avversario repub-blicano alle primarie, fosse “total-mente controllato delle compagniepetrolifere”. I candidati alla presidenzadegli Stati Uniti sfruttano le con-vention dei propri partiti per espor-re i loro obiettivi e piani per il Pae-se in caso di vittoria. Nei rispettivi di-scorsi, sia Trump che la Clintonhanno creato un collegamento tra leloro posizioni in materia energeticae ambientale e le tematiche del lavo-ro e dell’economia.

Ultim’ora energetica dalle convention nazionaliA Cleveland, Trump ha detto ai re-pubblicani: “Sopprimeremo le re-strizioni imposte alla produzione dienergia americana. In questo modoprodurremo più di 20 trilioni di dol-lari in termini di posti di lavoro che ri-sveglieranno le attività economiche neiprossimi quattro decenni”. A Phila-delphia, in occasione della conventiondemocratica, la Clinton ha affermato:“Io credo nella scienza. Io credo nel-l’esistenza del cambiamento climati-co e che possiamo salvare il nostro pia-neta creando posti di lavoro redditi-zi nel settore dell’energia pulita”.Le differenze nell’approccio alle que-stioni energetiche e ambientali nonsono mai state così profonde inun’elezione presidenziale negli StatiUniti. Trump ha spinto a nuovi estre-mi le posizioni repubblicane e laClinton, incoraggiata dal sostegno po-polare del Senatore Bernie Sanders,suo ex avversario alle primarie, ha am-pliato il programma democratico perabbracciare ancora più energica-mente i temi della lotta al cambia-mento climatico e della salvaguardiadell’ambiente.Una cosa è certa: le politiche ener-getiche e ambientali statunitensi su-biranno grandi cambiamenti nei pros-simi quattro anni.

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Mercati/Il calo della produzione USA di shale oil ha ristretto lo spread Brent-WTI

La “controrivoluzione” americ

urante il primo semestre 2016, le qua-lità Brent Crude North Sea e WestTexas Intermediate hanno toccato illoro minimo rispettivamente il 20gennaio a 27,81 dollari al barile e l’11febbraio a 27,23 dollari. I massimi in-vece sono stati raggiunti l’8 giugno:il benchmark europeo ha toccato i52,72 dollari, mentre il riferimentonord americano ha raggiunto quota52,08. Nel solo mese di aprile, iprezzi sono aumentati del 20 percentocirca, registrando il maggior incre-mento mensile rispetto allo stesso pe-riodo dell’anno precedente. Taletrend ascendente ha in verità carat-terizzato l’intero mese, sia prima delmeeting di Doha, sia nei giorni se-guenti il fallimento del summit tra iprincipali produttori di petrolio, te-nutosi nella capitale del Qatar. Sullascia di un aumento di circa 4 dollariper entrambe le qualità verificatosi amaggio, nemmeno l’incapacità digiungere ad un accordo in merito alcongelamento della produzione o,perlomeno, nel ristabilire un tetto

produttivo da parte dei paesi membridell’OPEC ha invertito la rotta delbarile che, al contrario, ha toccato imassimi da inizio 2016 proprio neigiorni seguenti la conferenza di Vien-na del 2 giugno. La vittoria del Lea-ve nel referendum britannico ha por-tato ad una immediata diminuzionedei prezzi del barile di quasi 3,5 dol-lari, che si è quasi completamente rias-sorbita durante gli ultimi giorni delprimo semestre 2016. Il calo deiprezzi del barile verificatosi invece du-rante il mese di luglio pare essere ladiretta conseguenza dell’accumulodi prodotti raffinati negli USA più chedi greggio, oltre al ruolo della spe-culazione: infatti, al Nymex in parti-colare, dove viene scambiato il WTI,le posizioni corte (alla vendita) sonoquasi triplicate rispetto a fine maggio,da 53 a 141 milioni di barili.Secondo l’Oil Market Report dellaIEA, a maggio l’offerta globale di pe-trolio è stata di 95,4 milioni di bari-li al giorno, in diminuzione di 590mila barili rispetto allo stesso perio-

do dell’anno scorso. Si tratta del pri-mo significativo calo della produzio-ne dall’inizio del 2013. Esso ha prin-cipalmente riguardato l’output deipaesi non-OPEC a partire dal Cana-da – il quarto estrattore al mondo concirca 4 milioni di barili al giorno di cui2,2 milioni di sabbie bituminose ed ilprimo fornitore degli Stati Uniti con3,169 milioni di barili al giorno nel2015 – alle prese con gravi incendi bo-schivi. In secondo luogo, il calo ha in-teressato la produzione di greggio sta-tunitense, che, dopo avere raggiun-to il picco di 9,7 milioni di barili nel-l’aprile 2015, si situa attualmente at-torno agli 8,622 milioni.Per quanto riguarda i paesi membridell’OPEC, a maggio, l’offerta si èleggermente ridotta di 110 mila ba-rili al giorno a 32,61 milioni. Le si-gnificative perdite della Nigeria do-vute ai continui sabotaggi e, più in ge-nerale, all’instabilità politica che staaffrontando il paese, sono state so-stanzialmente controbilanciate dallacostante, ed inaspettata, crescita del-

DDEMOSTENES FLOROS

Analista geopolitico, è docente presso il Master in Relazioni Internazionali Italia-Russia, dell’Università di BolognaAlma Mater. Responsabile e docentedel corso di Geopolitica all’UniversitàAperta di Imola. Collabora con l’EnergyInternational Risk Assessment-EIRA e la rivista di geopolitica Limes.

Dopo avere raggiunto, all’inizio del 2016, i minimi dal novembre 2003, i prezzi del petrolio sono aumentati sino quasi a sfiorare il raddoppio,nonostante gli esiti negativi dell’incontro di Doha e la Brexit

PERSPECTIVEUSA

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i cana e la ripresa del barilela produzione dell’Iran, prossima ai3,8 milioni di barili al giorno (+700mila dall’inizio del 2016). Quest’ul-timo dato contraddice in parte le af-fermazioni fatte a marzo dal vicepresidente della Lukoil, Leonid Fe-dun. “L’Iran – ha detto – non sarà ingrado di incrementare significativa-mente il proprio output senza mag-giori investimenti stranieri. Inoltre ladomanda domestica iraniana è mol-to elevata data la popolazione nu-merosa. Di conseguenza il Paese po-trà mettere sul mercato 3-400 milabarili in più, una quantità marginale”.Su base annua, mentre l’output del-l’OPEC è aumentato di 500 mila ba-rili al giorno, quello non-OPEC,nonostante la Federazione Russa ab-bia incrementato le proprie estrazio-ni, è calato di 1,3 milioni di barili. Nel2016, si stima che quest’ultimo di-minuirà di 0,9 milioni barili al gior-no, di cui 500 mila barili riconduci-bili al tight oil statunitense.Nel corso del primo semestre 2016,la domanda è cresciuta di circa 1,6 mi-lioni barili al giorno, passando da93,62 a 95,17 milioni soprattutto inconseguenza della maggior richiestadi energia da parte delle economieemergenti. Nell’intero 2016, si pre-vede che la domanda globale au-menterà di 1,3 milioni di barili al gior-no. Nel 2017 essa raggiungerà i 97,4milioni.

Questi dati confermano il lento, macostante calo del surplus dell’offerta:dagli 1,5 milioni di barili al giorno digennaio 2016, attualmente il sur-plus è stimato attorno agli 800 milabarili al giorno come effetto combi-nato di un iniziale rallentamentodell’output – poi trasformatosi indecrescita a maggio – e di un incre-mento più robusto della domanda dioro nero. Se le prossime stime con-fermeranno il tendenziale ribilan-ciamento del mercato petrolifero,senza dubbio, quest’ultimo agiràcome un fattore di supporto ai prez-zi nel corso della seconda metà del-l’anno. Al momento, le previsioni digiugno indicano un incremento del-l’offerta globale di petrolio pari a 600mila b/g per un output globale che haraggiunto i 96 milioni di b/g mentre,nel secondo trimestre 2016, la do-manda è aumentata di 1,4 milioni dib/g rispetto allo stesso periodo del-l’anno precedente.

Tramonta il sognodell’autonomia energetica Nel solo 2015, quaranta impresestatunitensi hanno fatto ricorso allaprocedura fallimentare ‘Chapter 11’,nonostante i fracker americani fosseroriusciti a ridurre al contempo i costidi estrazione del 40 percento e ad au-mentare la produttività dei pozzidel 48 percento. Secondo le previ-

sioni di Wolfe Research, all’incirca unterzo delle imprese USA impegnatenell’estrazione di greggio attraversoil metodo non convenzionale po-trebbero fare ricorso al Chapter 11entro la metà del 2017 se i prezzi delbarile non si manterranno almeno at-torno ai 50 dollari. Altri analisti in-vece ritengono anche questa sogliainsufficiente per continuare a pom-pare. Ad esempio, Fadel Gheit, senioroil e gas analyst presso la Oppen-heimer & Co, ha detto alla CNBCche “la metà degli attuali produtto-ri ha bisogno del barile a 70 dollariper sopravvivere e non ha dunque al-cun diritto legittimo a restare in unbusiness in cui le previsioni di prez-zo, seppure in ripresa, oscillano tra i50 e 60 dollari”. In base a un report di GoldmanSachs, sebbene "limitate capacità dimagazzinaggio e un eccesso di offer-ta ancora significativo continueran-no ad alimentare la volatilità e l’in-stabilità dei prezzi nei prossimi mesi",il mercato petrolifero si sta lentamenteribilanciando in parallelo alla dimi-nuzione della produzione non-OPECe, in particolare modo, di quella sta-tunitense. “Non importa cosa fal’OPEC. L’offerta calerà a causa del-la diminuzione della produzioneUSA. Quest’ultima non arresterà lasua caduta finché i prezzi non si at-testeranno intorno ai 45-50 dollari al

barile, e a quel punto si stabilizzeràsoltanto”, ha dichiarato Roland Mor-ris, commodities strategist del centroVanEck, al Wall Street Journal.Il 24 maggio scorso, il prezzo delWTI ha raggiunto i 49,04 dollari albarile, superando temporaneamentequello del Brent (a 49,01 dollari)per la prima volta dal settembre2010. Secondo la U.S. Energy In-formation Administration, durantequesto lasso di tempo, lo spread tra ledue qualità di greggio ha incorpora-to l’eccesso di offerta verificatosipresso il terminale di Cushing, a suavolta dovuto alla rivoluzione del frac-king e alle sabbie bituminose canadesi,oltre al trend del dollaro e all’insta-bilità geopolitica del Nord Africa e delMedio Oriente che avevano influen-zato il Brent più del WTI. L’attualecaduta della produzione non con-venzionale americana ha notevol-mente ristretto tale spread.Secondo Bloomberg, i produttori dioil & gas statunitensi annuncerannoperdite per un totale di oltre 15 mi-liardi di dollari nel solo 2015. Se cosìfosse, la speranza è che Nouriel Rou-bini si sbagli quando afferma che lanuova crisi finanziaria globale po-trebbe nascere dai fallimenti delleaziende per l’estrazione di petrolio egas da scisti. L’impressione è checomunque il sogno di indipendenzaenergetica fondato sulla rivoluzione

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della tecnica del fracking si stia len-tamente spezzando e non solo a cau-sa dei problemi di inquinamentodelle acque e dell’aumento dei feno-meni sismici. È alquanto probabileche il prossimo Presidente degli Sta-ti Uniti dovrà attuare la propria stra-tegia politica futura in un contestoenergetico nazionale non più favo-revole come nell’ultimo decennio.

La politica monetaria, il dollaro e l’euroIl cambio euro/dollaro ha aperto il2016 fissandosi a quota 1,086. Il 23giugno, l’euro si attestava a 1,142 dol-lari. In conseguenza dell’esito elet-torale sulla Brexit, la moneta comu-ne europea si è immediatamente de-prezzata sul biglietto verde sino ascendere sotto quota 1,10 mentre lasterlina inglese ha toccato il minimodal lontano settembre 1985 a 1,32dollari. Il cambio euro/dollaro haquindi chiuso il semestre a 1,11(1,108 €/$ a fine luglio).In questo arco di tempo, il bigliettoverde si è quindi parzialmente de-prezzato nei confronti della monetaunica (minimo a 1,1569 €/$ il 3maggio) malgrado, il 10 marzo, laBanca Centrale Europea avesse ta-gliato l’intera struttura trilaterale deitassi di interesse, incrementato il co-siddetto corridoio, e portato l’am-montare del proprio programma diQuantitative Easing da 60 a 80 mi-liardi di euro.Tenuto conto della relazione inversache solitamente intercorre tra l’an-damento del dollaro ed il prezzo delbarile, l’indebolimento del primopotrebbe avere favorito in una certamisura l’incremento del secondo.In precedenza, il 16 dicembre 2015,la Federal Reserve aveva tuttavia de-ciso di alzare i tassi di interesse di 25punti base per la prima volta dal-l’inizio della crisi finanziaria. Que-st’ultimi infatti erano fermi allo 0-0,25percento dal 16 dicembre 2008. In ag-giunta alla fine del programma diQuantitative Easing, parecchi anali-sti ritennero – erroneamente – chequesta opzione sarebbe stata la prima

di una prolungata serie di aumenti deitassi da parte della FED che avreb-bero dato il via ad una fase caratte-rizzata da un apprezzamento del dol-laro. In effetti, nei giorni successivi ladecisione dell’istituto centrale il bi-glietto verde raggiunse il massimo sul-la moneta unica a quota 1,0742 (6gennaio 2016).Per quale motivo la Federal Reserveha interrotto l’avvio di una politicamonetaria tendenzialmente restritti-va, nonostante le prese di posizionedei Presidenti della FED di Atlanta,Dennis Lockhart, e di San Francisco,John Williams?Di fatto, Janet Yellen, Governatricedella Banca Centrale USA, ha suc-cessivamente deciso di non innalza-re i tassi, sia nel corso della riunionedel Federal Open Market Commet-te (FOMC) del 16 marzo, sia duran-te quella del 15 giugno scorso, seb-bene le aspettative del mercato fosseroper un rialzo dei saggi come dimo-strato dal temporaneo apprezza-mento del dollaro in febbraio e so-prattutto, in maggio. È opportuno no-tare che durante questi due mesinon si è verificato un corrisponden-te calo del costo del barile.Il motivo principale che ha portato aduna interruzione del nuovo corsomonetario della FED risiede nei datiprovenienti dal mercato del lavorostatunitense, i quali non sono stati deltutto confortanti.Ad aprile, sono stati creati soltanto160.000 nuovi impieghi, molto menodegli oltre 200.000 previsti in mediadagli analisti, mentre il Dipartimen-to del Lavoro ha altresì rivisto al ri-basso i nuovi occupati dei mesi pre-cedenti. A dispetto di un tasso di di-soccupazione rimasto invariato al 5percento, il tasso allargato di disoc-cupazione – che comprende sottoc-cupati e part-time forzato – è al 9,7percento, seppur in calo dal 9,8 per-cento di marzo, mentre il tasso di par-tecipazione alla forza lavoro è nuo-vamente diminuito al 62,8 percento(era al 63 percento), ai minimi da cir-ca quarant’anni.Le prime stime relative al mese di

maggio invece, indicano solamente38.000 nuovi posti di lavoro, ai mi-nimi da sei anni e contro attese per160.000. Non tragga in ingannoquindi il calo del tasso di disoccupa-zione al 4,7 percento, vista la con-temporanea ulteriore diminuzionedel tasso di partecipazione della for-za lavoro al 62,6 percento.In vero, l’eventualità che la FederalReserve rivedesse il programma di po-litica monetaria – che prevedeva ini-zialmente quattro rialzi dei tassi di in-teresse nel corso del 2016 – era giàstato chiaramente esplicitata dal vicepresidente del direttorio della Fed,William Dudley, il quale aveva giu-stificato ciò, facendo riferimento alpeggioramento del contesto ma-croeconomico americano.Di seguito, alcuni dati macroecono-mici che sembrerebbero supportarele preoccupazioni di W. Dudley.In base alle stime riportate dal Bureauof Economic Analysis, la seconda let-tura del Prodotto Interno Lordoreale statunitense ha segnato una cre-scita dello 0,8 percento nel I trime-stre del 2016, in aumento rispetto allo0,5 percento precedentemente cal-colato. Nel 2015, la crescita com-plessiva è stata del 2,4 percento,identica al 2014 e prossima alla de-ludente media del 2,1 percento re-gistrata in tutta la fase post-reces-sione, dal 2009 ad oggi. Senza dub-bio, si tratta di cifre più positive ri-spetto a quelle verificatesi nell’Eurozona, ma che presentano alcune om-bre. Il 13 novembre 2015, lo US De-partment of Commerce comunicavache il rapporto tra scorte e vendite eraai massimi dal 2009, precisamente1,38: a fronte di beni in magazzinopari a 1.800 miliardi di dollari, aspet-to che già di per sé potrebbe sovra-stimare il calcolo del PIL, le vendi-te fino ad ottobre erano pari a 1.300miliardi di dollari.La crisi da sovra-produzione si af-faccia nuovamente anche negli StatiUniti? Secondo i dati forniti dallo USTreasury Department, il debito delgoverno Federale – stimato attornoai 10,6 trilioni di dollari nel momentoin cui Barack Obama assumeva la ca-rica di Presidente – ha ufficialmentetoccato i 19 trilioni. Tenendo contoche l’output 2015 è stato di 17,9 tri-lioni, il rapporto debito pubblico/PILha attualmente oltrepassato il 106 per-cento.In base alle stime del CongressionalBudget Office, il record di 8 trilionidi dollari di ulteriore debito conti-nuerà verosimilmente ad aumentarenel prossimo futuro. Nel dopoguer-ra (1952), 1,3 dollari di debito crea-vano 1 dollaro di PIL mentre nel 2014il rapporto era aumentato a 3,5:1.Cioè, gli Stati Uniti creano 3,5 dol-lari di debito per avere 1 dollaro diprodotto interno lordo addizionale.Il deficit di Partite Corrente USA è

ulteriormente incrementato di altri 13miliardi di dollari nel corso del III tri-mestre 2015, giungendo ad un tota-le di 124,1 miliardi di dollari.Da ultimo, non possiamo però esclu-dere che durante il meeting di Shan-ghai dello scorso febbraio, le princi-pali banche centrali mondiali non ab-biano segretamente deciso di evitareun forte apprezzamento del bigliet-to verde viste le conseguenze negativeche ciò avrebbe portato all’economiaglobale, attenuando di fatto quellaguerra delle valute che vedeva laFED come momentanea vincitrice,circostanza che giova anche all’eco-nomia della Cina.L’impressione è che il valore delcambio euro/ dollaro si stia allonta-nando da quella parità ipotizzatacome imminente a novembre 2015.Inoltre, per quanto attiene alle pro-spettive future della politica monetariastatunitense, la stessa J. Yellen ha fat-to marcia una parziale indietro ri-spetto alla sue dichiarazioni del 27maggio scorso in cui definiva “pro-babile” una mossa della FED già neimesi successivi, sostenendo, appena10 giorni dopo che i tassi di interes-se aumenteranno solo gradualmente

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VERSO UN NUOVO EQUILIBRIO

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DOMANDA OFFERTA

mb/g mb/g

ECCESSO IMPLICITO DI DOMANDA/OFFERTA

Fonte: IEA Oil Market Report (giugno 2016)

Il mercato del petrolio ritroverà più stabilità verso la fine del 2017. La crescita della domanda e il calo della produzione contribuiscono a ridurre l’eccesso di offerta registrato dal 2014.

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ed evitando ogni riferimento ad unapossibile data. Le politiche moneta-rie illustrate e gli effetti che potreb-bero avere sul dollaro, inducono a ri-tenere che esse possano svolgere unruolo tendenzialmente favorevole almantenimento dei prezzi correntidel barile. Detto ciò, nel medio pe-riodo non si può certamente escludereche gli effetti della Brexit possano as-sumere, viceversa, un ruolo di con-trotendenza.

La geopolitica dell’energiatra strategie e trattativeIl 17 aprile scorso, le trattative avviatetra principali produttori petrolifericon l’obiettivo di congelare la pro-duzione sono falliti dopo che ArabiaSaudita, Qatar ed Emirati Arabi Uni-ti si sono rifiutati di giungere ad unaccordo in cui non fosse inclusol’Iran. In realtà, Teheran aveva espres-so l’intenzione di aumentare la pro-pria produzione fino ai livelli prece-denti l’inizio delle sanzioni, equiva-lente a 4 milioni di barili al giorno,ben prima del meeting, in modo dapoter trarre un vantaggio dalla revo-ca delle medesime in seguito all’ac-cordo sul nucleare. Le ragioni per le

quali il prezzo del barile è aumenta-to anche durante la seconda metà diaprile potrebbero essere le seguenti:La Federazione Russa, l’Arabia Sau-dita e l’Iraq, il secondo produttoredell’OPEC, stavano producendo a rit-mi molto elevati, sia nel gennaio2016, sia nel primo trimestre del-l’anno in corso. Nel caso in cui si fos-se raggiunto un accordo in Qatar, irussi avrebbero dovuto congelare ilproprio output a 10,99 milioni di ba-rili al giorno (record dalla fine del-l’Unione Sovietica), i sauditi a 9,95milioni e gli iracheni a 4,46 milioni,uno dei livelli più elevati dall’erapost-Saddam Hussein. Gli investi-menti finanziari degli hedge fund, lacui esposizione totale delle posizionispeculative all’acquisto, sia sul Brentsia sul WTI, aveva raggiunto i 656milioni di barili al giorno, circa 7 vol-te la produzione petrolifera globalegiornaliera, hanno fatto sì che lescommesse sui barili di carta favoris-sero il rialzo del barile reale. Il man-tenimento dei tassi di interesse allo0,25-0,50 percento annunciato dallaFederal Reserve il 27 aprile, in seguitoalla debole crescita del prodotto in-terno lordo registrata dall’economia

americana durante il I° trimestre del2016 (+0,5 percento), in aggiunta aldeclino della produzione non con-venzionale nord Americana, non hafavorito il rafforzamento del dollaro.Al contrario, la domanda cinese – rag-giungendo a marzo i 7,7 milioni di ba-rili al giorno, pari al 22 percento in piùrispetto allo stesso mese del 2015 – hatrainato i prezzi.La strategia dell’Arabia Saudita e deisuoi alleati all’interno dell’OPEC –Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti– di schiacciare i prezzi verso il bas-so e difendere le proprie quote dimercato grazie ai costi di produzio-ne più bassi ha certamente ottenutodei risultati significativi: i dati inerentil’output non-OPEC riportati parla-no chiaramente. Tale rischiosa stra-tegia ha esplicitamente agito anchecontro gli interessi di una parte delCartello, ma senza riuscire nel-l’obiettivo principale di indebolirel’Iran. Inoltre, essa ha avuto pesantiripercussioni sui budget nazionali ditutti i membri dell’OPEC, che han-no accusato le prime cospicue perditeda 18 anni a questa parte, come di-mostrato dal deficit di conto correntedi 99,6 miliardi di dollari rispetto al

surplus di 238,1 miliardi di dollari nel2014. Ciò ci induce a ritenere cheRiyadh stia raggiungendo solo unaparte dei propri obiettivi e non tan-to rapidamente quanto pensasse.Da un punto di vista più strettamen-te militare, non possiamo non osser-vare che in Siria, i sauditi e i loro al-leati – ad eccezione della Turchia –sono gli stessi Stati appartenenti al-l’OPEC che stanno soccombendocontro l’esercito lealista della Re-pubblica Araba, la Federazione Rus-sa, l’Iran ed Hezbollah.Prima o poi, la petromonarchia wa-habita e l’Iran sciita dovranno scen-dere a patti? Teheran – che, se effet-tivamente uscisse vincitrice dal con-flitto in Siria, accrescerebbe la propriainfluenza politica ed economica nel-l’intero Medio Oriente – non è trop-po distante dal raggiungimento dei 4milioni di barili al giorno. A marzo 2016, le importazioni digreggio statunitensi hanno raggiun-to gli 8,042 milioni di barili al gior-no rispetto i 7,910 milioni di febbra-io e i 7,675 milioni di b/g di genna-io. L’ultima volta che gli Stati Unitiavevano importato più di 8 milioni dibarili al giorno era stato nell’agosto2013. Tenendo conto che, nel 2015,le importazioni USA di greggio era-no state di 7,351 milioni di barili(7,344 milioni b/g nel 2014), il rischioconcreto è che il trend della do-manda sia ascendente e che quindi gliStati Uniti necessiteranno di maggioriimportazioni di greggio dall’estero,nonostante il dato di aprile indichi unadiminuzione dell’import a 7,637 mi-lioni di b/g comunque, superiorealla media del 2015.Così come per le politiche moneta-rie, anche l’insieme di tali conside-razioni geopolitiche ci inducono a ri-tenere che difficilmente, nella secondametà del 2016, il barile potrà spro-fondare nuovamente ai minimi digennaio, sebbene durante il verticeOPEC del 2 giugno a Vienna, gli Sta-ti membri non siano riusciti a trova-re un accordo, né sul congelamentodella produzione, né sul ritorno ad untetto di produzione. Brexit quindi,dollaro e speculazione permettendo.

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Leggi su www.abo.netgli articoli di Molly Moore e Nicolò Sartori sullo stesso argomento

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PERSPECTIVESAUDI

Il 25 aprile 2016 Riyadh ha approvato Saudi Vision 2030, un piano che, nei prossimi 14 anni, dovrebbe garantire al Regno una maggiore

diversificazione economica, riducendo la sua dipendenza dal petrolio. Si confrontano quattro analisti, profondi conoscitori del Paese:•Bassam Fattouh e Amrita Sen •Paul Sullivan •Eric Watkins

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50%

75GW

7%11,6%2016

2030

30milioni8milioni

VISITATORI ANNUALIIN PELLEGRINAGGIOPER L’UMRAH2016

2030

30%22%

FORZA LAVORO FEMMINILE

2016

2030

43,5mld di dollari

2016

2020

57GW

PROVENTI NON DERIVANTIDAL PETROLIO

2016

2030

16% 2016

2030

PERCENTUALE DELLE ESPORTAZIONI NON-OIL SUL PIL

65%40% 2016

2030

1.866mlddi dollari

160mld di dollari 2016

2030

ASSET DEL FONDO DI INVESTIMENTO PUBBLICO (PIF)

CONTRIBUTO DEL SETTORE PRIVATO AL PIL

TASSO DI DISOCCUPAZIONE

CAPACITÀ DI GENERAZIONEDI ENERGIA ELETTRICA

266,6mld di dollari

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

Scenari/Ripercussioni economiche ed energetiche della nuova strategia

o scorso aprile, il Consiglio dei mi-nistri dell’Arabia Saudita ha approvatouna nuova e ambiziosa strategia peril Regno, nota come Vision 2030. Tale“visione” si basa su tre pilastri prin-cipali, ideati per contribuire alla tra-sformazione della società e dell’eco-nomia saudite entro il 2030. • | Il ruolo centrale che l’Arabia Sau-

dita svolge nel mondo arabo e mu-sulmano.

• | L’obiettivo di trasformare l’ArabiaSaudita in un colosso globale pergli investimenti.

• | Sfruttare la posizione strategicafondamentale dell’Arabia Sauditaper trasformare il paese in uno sno-do del commercio globale checolleghi i tre continenti, Asia, Eu-ropa e Africa.

La visione non contiene dettagli spe-cifici sull’implementazione, ma è co-struita attorno a tre temi generali: unasocietà vivace, un’economia fiorentee una nazione ambiziosa. Un obiet-tivo fondamentale è di costruireun’economia che sia ben diversifica-ta e meno dipendente dal petrolio. Perraggiungere tale scopo, Vision 2030si concentra sullo sviluppo del capi-tale umano attraverso un migliora-mento del livello di istruzione, pun-tando in particolare sulla formazionedella prima infanzia. Un altro obiet-tivo è quello di potenziare il ruolo del-

LI principali obiettivi

previsti dal piano di sviluppo Saudi Vision 2030.

Un piano per “liberarsi” dal petrolioLa nuova strategia punta adiversificare l’economia del Regno.Lo sviluppo del gas subiràun’accelerazione, mentre lerinnovabili saranno una parteridotta del mix. I proventi dell’oronero resteranno comunque centrali

Bassam Fattouh è il Direttoredell’Oxford Institute for Energy Studies e professore alla School of Oriental African Studies (SOAS),University of London.

Amrita Sen è co-fondatrice e chief oilanalyst di Energy Aspects, ed è specializzata in commodityenergetiche, in particolare petrolio e prodotti petroliferi.

BASSAM FATTOUH E AMRITA SEN

Fonte: Regno Arabia Saudita

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le piccole e medie imprese e di au-mentare il loro contributo all’eco-nomia. Un ulteriore elemento chia-ve è l’ottimizzazione delle capacità diinvestimento del paese, che include laristrutturazione del Fondo di inve-stimento pubblico (PIF) e il trasferi-mento della proprietà di Saudi Aram-co al PIF con lo scopo di creare la piùgrande ricchezza sovrana al mondo.Il piano prevede anche la privatizza-zione dei servizi statali come l’assi-stenza sanitaria e l’istruzione, neiquali il governo svolge sempre più ilruolo di regolamentatore. Grazie aqueste e ad altre iniziative, l’ArabiaSaudita punta a raggiungere alcunitraguardi molto ambiziosi, tra cui:• | Far avanzare l’economia che at-

tualmente occupa la 19ª posizionetra quelle più grandi al mondo en-tro le prime 15.

• | Aumentare il contributo del settoreprivato dal 40 percento al 65 per-cento del PIL.

• | Innalzare la quota delle esporta-zioni di prodotti diversi dal petroliosul PIL non correlato al petroliodal 16 percento al 50 percento.

• | Aumentare le entrate statali, nonlegate al petrolio, da 163 miliardidi riyal sauditi (SAR) a 1.000 mi-liardi di SAR.

• | Espandere la quota locale delle at-tività del settore gas-petrolifero dal40 percento al 75 percento.

• | Accrescere gli asset del PIF da 600miliardi di SAR a oltre 7.000 mi-liardi.

• | Aumentare gli investimenti diret-ti esteri dal 3,8 percento del PILal 5,7 percento.

Vision 2030 è consapevole che, perraggiungere questi obiettivi, è ne-cessaria una ristrutturazione istitu-zionale significativa. Pertanto il go-verno saudita ha, parallelamente, an-nunciato una serie di programmi diriforma, tra cui il programma di tra-sformazione nazionale, il programmaper il rafforzamento della governan-ce del settore pubblico, il program-ma di privatizzazione, il programmadi ristrutturazione del Fondo di in-vestimento pubblico e il programmadi trasformazione strategica di Sau-di Aramco. I dettagli di ciascuno diquesti programmi stanno emergen-do lentamente (con il programma ditrasformazione nazionale approvatoa inizio giugno), fornendo più infor-mazioni sulle implicazioni per il set-tore energetico.

Una strategia più credibilerispetto al passatoQuesti traguardi, dal punto di vistagenerale, non sono una grande novità(nel 2005 l’Arabia Saudita ha pub-blicato la Strategia a lungo termine2025, che includeva vari obiettivi tracui la riduzione della dipendenzadell’economia dai proventi del pe-trolio) e la diversificazione è stata al

centro di ogni successivo piano di svi-luppo quinquennale dagli anni ’70;tuttavia, c’è un maggiore ottimismoche questa volta il piano verrà im-plementato (almeno parzialmente).L’enorme concentrazione del potereeconomico nelle mani del Vice prin-cipe ereditario, Mohammed bin Sal-man, la sua propensione a correre deirischi, la portata delle riforme an-nunciate e un’efficace campagna co-municativa hanno dato a Vision 2030maggiore credibilità rispetto alle pre-cedenti iniziative. In questo modo, non sorprende chel’annuncio di Vision 2030 sia riusci-to a catturare l’immaginazione deimercati globali. Per molti analisti delsettore petrolifero, la sostituzionedel vecchio ministro del petrolio AliAl-Naimi con Khalid Al-Falih, la

creazione di un Ministero dell’Ener-gia, dell’Industria e delle Risorse mi-nerarie più ampio, l’annuncio delprogramma di trasformazione stra-tegica di Saudi Aramco e i progetti diquotare pubblicamente una quota diminoranza in Saudi Aramco sono sta-ti interpretati come chiari segni di uncambiamento drastico nella politicaenergetica. Un effetto dei recentiannunci è stato quello di introdurremolta più incertezza sulle basi e sul-la direzione della politica petroliferasaudita, con molti analisti pronti a so-stenere che l’Arabia Saudita abban-donerebbe la propria politica di man-tenimento della capacità di riserva eaumenterebbe la propria produzione,mettendo così un limite massimo aiprezzi del petrolio nel breve termine,mentre aumenterebbe la sua capaci-

tà produttiva di petrolio con unatendenza al ribasso nel lungo perio-do, soprattutto visto che ciò potreb-be essere interpretato come un se-gnale che l’Arabia Saudita si stiamuovendo verso altre risorse oltre alpetrolio, affrettandosi a monetizzarele proprie riserve in un mondo in cuisi applicano restrizioni sulle emissionidi carbonio. Mentre i recenti cambiamenti or-ganizzativi sono fondamentali, èprobabile che l’impatto sulla politi-ca petrolifera e sul settore energeti-co sia più impercettibile rispettoalle attuali aspettative, non dimen-ticando il fatto che gli ultimi annihanno già visto alcune profondetrasformazioni nel settore energeti-co incluse iniziative per generare piùvalore aggiunto attraverso investi-

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menti in attività di downstream el’integrazione di raffinerie con ilsettore petrolchimico, aumentandoil ruolo del gas nel mix energetico,sfruttando le fonti rinnovabili nel si-stema energetico, migliorando l’ef-ficienza nell’uso dell’energia e, piùrecentemente, aumentandone i prez-zi a livello nazionale.

La sostituzione del Ministronon implica un cambiamento nella politica petroliferaInnanzitutto, la sostituzione di Ali Al-Naimi come ministro del petroliorappresenta solo un cambio di per-sona e non di strategia. La politica at-tuale si basa su un principio fonda-mentale: l’Arabia Saudita non agiràin maniera unilaterale per ribilanciare

il mercato. Dal 1986, l’Arabia Sauditasi rifiuta di agire in modo unilatera-le (nel 1998, ha fatto dei tagli in ac-cordo con l’OPEC e con paesi nonappartenenti all’OPEC, e nel 2008 haaccettato di effettuare tagli colletti-vi con altri membri dell’OPEC difronte a uno shock dei mercati fi-nanziari). Al-Falih ha riconfermatoquesta posizione sostenendo chel’Arabia Saudita “non ha intenzionedi abbandonare la produzione per la-sciare posto ad altri. Se altri produt-tori sono disposti a collaborare, ilPaese è aperto a tale collaborazione.Ma Riyadh non accetterà il ruolo, dasola, di bilanciare uno squilibriostrutturale”. In assenza di un accor-do su tagli collettivi, l’Arabia Saudi-ta ha optato per una strategia di quo-te di mercato con l’obiettivo di libe-rarsi dei produttori ad alto costo.L’accordo sul congelamento dellaproduzione discusso a Doha ad apri-le, che è stato percepito come un al-lontanamento da questa politica, è lafonte di gran parte della confusioneche regna sul mercato. L’incontro diDoha è stato importante poiché hasegnalato un potenziale cambia-mento di tattica, che, se avesse avu-to successo, avrebbe potuto esserel’inizio di una maggiore collabora-

zione tra i produttori. Anche se l’ac-cordo di Doha è fallito per una seriedi ragioni, ciò non ha impedito ai sau-diti di partecipare agli sforzi perraggiungere un patto su un tetto diproduzione collettiva alla riunionedell’OPEC di giugno. L’ultima riu-nione dell’Organizzazione ha con-fermato anche l’opinione che il Re-gno non sia in procinto di destabi-lizzare il mercato e aumentare la pro-duzione per saturarlo, indipenden-temente dalla domanda di greggiosaudita. Al-Falih si è spinto fino a di-chiarare categoricamente, in un’in-tervista con la stampa, che “non c’èmotivo di aspettarsi che l’ArabiaSaudita abbia intenzione di intra-prendere una campagna di satura-zione del mercato”.

I proventi del petrolioresteranno centrali per l’economia sauditaDurante un’intervista con i media oc-cidentali, Mohammed bin Salman hadichiarato che il Regno saudita è in-differente al fatto se il prezzo del pe-trolio sia di 30 o 70 dollari al barile.Non stupisce che questa dichiara-zione sia stata interpretata come lavolontà di non interessarsi più deiprezzi del petrolio e come il fatto che

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

SWING PRODUCER

ALGERIA 1,0%ANGOLA 0,7%

ECUADOR 0,7%

IRAN13,1%

IRAQ 11,9%

KUWAIT 8,4% LIBIA 4,0%NIGERIA 3,1%QATAR 2,1%

ARABIASAUDITA

EMIRATIARABI UNITI8,1%

VENEZUELA 24,9%

OPEC1.206miliardi di barili

81%

NON-OPEC286,9

miliardi di barili

19%

RISERVEMONDIALI

DI PETROLIO2014

22,1%RISERVE PROVATE

DI PETROLIO DELL’OPEC A FINE 2014

(miliardi di barili, quota all’interno

dell’OPEC)

L’Arabia Saudita, che detieneda sola oltre un quarto delle riserve di petroliodell’OPEC e produce quasi 10 milioni di barili al giorno, ha abdicato al suo tradizionaleruolo di ‘swing producer’all’interno dell’Organizzazione.Riyadh non intende, infatti,tagliare il proprio output di greggio per bilanciare gli squilibri del mercato, a meno che gli altri produttorinon facciano lo stesso.

Fonte: Bollettino statistico annuale OPEC

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la sua politica di produzione non siapiù legata al desiderio di massimiz-zare gli introiti. Secondo un’inter-pretazione estrema, l’Arabia Saudi-ta potrebbe addirittura accogliere po-sitivamente un contesto di prezzi bas-si, poiché ciò renderebbe più facile farapprovare le riforme sostanziali con-tenute in Vision 2030. Eppure, resta il fatto che l’economiasaudita, incluso il settore privatonon legato al petrolio, si affida ancorafortemente alla spesa pubblica ali-mentata dai proventi del petrolio.Inoltre, la stabilità politica è diretta-mente collegata alla capacità del go-verno di distribuire rendite alla po-polazione, inclusa la creazione diposti di lavoro nel settore pubblico.Come recentemente sottolineato dalministro saudita dell’energia, KhalidAl-Falih, l’obiettivo di ridurre la di-pendenza dal petrolio “non significache le opportunità del Regno di ot-timizzare i vantaggi derivanti dalleproprie risorse naturali, incluso ilgreggio, riceveranno meno atten-zione nell’attuale fase economica ri-spetto alle fasi precedenti. Aumentarei proventi del petrolio ci aiuterà a co-struire una serie di altri settori eco-nomici nel Regno, oltre agli investi-menti internazionali”.Nonostante le dimensioni degli aiu-ti fiscali, i bassi prezzi del petroliosono stati infausti per il Regno.L’Arabia Saudita ha fatto ricorsoalle proprie riserve estere, ha au-mentato il proprio indebitamento, hasperimentato dei programmi per au-mentare le tasse includendo l’IVA, harazionalizzato la spesa pubblica, ha ta-gliato i sussidi del settore energeti-co e ha ridotto progressivamente laspesa sui progetti legati al capitale.Tali adeguamenti stanno già dimo-strando il loro impatto sull’economiacon il rallentamento della crescita, ilcalo dei mercati azionari dai loro li-velli elevati, il limite del riyal saudi-ta sotto pressione e gli effetti nega-tivi sulle famiglie dell’aumento deiprezzi dell’energia e della maggioreinflazione.Inoltre, non è possibile ipotizzare cheulteriori riforme, come l’elimina-zione completa delle sovvenzioni alsettore dell’energia, non rischieran-no di provocare una forte opposi-zione pubblica. Anzi, il recente au-mento dei costi dell’acqua ne è un ti-pico esempio, poiché il ministro del-le risorse idriche e dell’energia elet-trica è stato licenziato dopo le pro-teste pubbliche per un’impennatadei prezzi, con Mohammed bin Sal-man che ha descritto l’implementa-zione della nuova tariffa per l’acquada parte del Ministero come “in-soddisfacente”. È vero che il con-tratto sociale implicito si è dimostratoelastico e sufficientemente malleabileper conciliare i recenti aumenti deiprezzi dell’energia. Tuttavia, non

può dirsi sufficientemente resilienteper andare incontro a ulteriori au-menti dei prezzi. Il governo sauditasta già riconsiderando il programmadi riforma dei sussidi e ha progetti perintrodurre programmi compensati-vi allo scopo di controbilanciare laperdita di utili per le famiglie in fa-sce di reddito basse e ottenere sup-porto per le riforme.

Non ci sono ancoraprogrammi per aumentare la capacità produttivaStrettamente collegata alle fervideaspettative di un grande incrementodella produzione saudita è stata laconvinzione che il Regno si stia pre-parando ad aumentare la capacitàproduttiva. Ma anche se l’ArabiaSaudita decidesse di espandere talecapacità, questa scelta risulta costo-sa e richiede tempo e investimentimassicci nel calibrare l’intero siste-ma, compreso l’aumento della capa-cità degli impianti di trattamento e lacostruzione di depositi di stoccaggioe oleodotti. Guardando le cose inprospettiva, nel 2004, quando l’Ara-bia Saudita aveva una capacità pro-duttiva di 11 milioni di barili algiorno, Al-Naimi annunciò che il mi-nistero aveva sviluppato dei piani peraumentare gradualmente la capacitàdi produzione sostenibile dell’ArabiaSaudita a 12,5 milioni di barili al gior-no. L’espansione di 1,5 milioni di ba-rili al giorno ha richiesto sei anni edè stata completata nel 2010. A queitempi, Al-Naimi aveva dichiaratoche gli scenari necessari per aumen-tare la capacità a 15 milioni di bari-li al giorno erano stati studiati e chepotevano essere messi in moto se ladomanda globale l’avesse richiesto.Ma, considerata la grande incertez-za che opprime i mercati petroliferi,l’Arabia Saudita ricorrerà alla possi-bilità di attendere e non investire. In-fatti, il programma di trasformazio-ne nazionale recentemente approvatoha dimostrato che la capacità reste-rà a 12,5 milioni di barili al giornofino al 2020.In un contesto di elevata incertezzariguardo alla domanda globale di pe-trolio a causa delle politiche suicambiamenti climatici, molti hannosostenuto che l’Arabia Saudita saràimpaziente di esaurire rapidamentele proprie riserve petrolifere. Se, daun lato, ciò rappresenta sicuramen-te una fonte di preoccupazione per unpaese come l’Arabia Saudita consi-derata la sua riserva massiccia, dal-l’altro c’è una convinzione generalesecondo cui bloccando le innovazionitecnologiche, il petrolio sarà richie-sto per i prossimi decenni come car-burante per il trasporto e come ma-teria prima per l’industria petrol-chimica. Ma anche in un mondo incui si applicano restrizioni sulleemissioni di carbonio, l’Arabia Sau-

dita sarà in grado di competere con-siderato il basso costo delle sue riservedi petrolio, il contesto politico ed eco-nomico stabile in cui si trova e la ca-pacità di Aramco di sviluppare que-ste riserve. Tuttavia, la strategia di au-mentare la produzione per conqui-stare fette di mercato più ampie dauna “torta” in declino non sopperi-sce alla perdita di ricavi derivante daiprezzi più bassi del petrolio e, per-tanto, le entrate complessive del-l’Arabia Saudita molto probabil-mente rientreranno in un mondosoggetto alle limitazioni sulle emis-sioni di carbonio. Qualcuno ha suggerito anche che, inquesto nuovo ordine petrolifero glo-bale, l’Arabia Saudita non abbia al-cuno stimolo a confermare la sua po-litica ufficiale di mantenimento del-la capacità di riserva. Ma potrebbe-ro esserci ottime ragioni affinchél’Arabia Saudita svolga un ruolo piùattivo sul lato positivo. Una delle le-zioni per i policy maker sauditi del-l’ultimo ciclo è che un contesto diprezzi del petrolio elevati accelere-rebbe le risposte in termini di do-manda e offerta, specialmente perchéle preoccupazioni riguardanti l’am-biente si intensificano e pertanto, nellungo termine, è nell’interesse delRegno saudita impedire che i prez-zi salgano a livelli elevati, mettendoun limite massimo al prezzo del pe-trolio. A tale scopo, l’Arabia Saudi-ta dovrebbe mantenere una buona ca-pacità di riserva e sviluppare stru-menti di mercato per contribuire a in-fluenzare il prezzo sul versante po-sitivo. Finora non c’è alcuna indica-zione di nessun tipo che l’Arabia Sau-dita abbia abbandonato la sua politicadi mantenimento della capacità di ri-serva, aspetto che è ancora conside-rato un fondamento della stabilità delmercato petrolifero mondiale.

Lo sviluppo delle riserve di gas naturale subiràun’accelerazioneUn’altra area della continuità dellapolitica è rappresentata dall’obietti-vo di utilizzare più gas naturale a li-vello nazionale che carburanti li-quidi. La quota di gas naturale nelconsumo totale di energia a livello na-zionale è aumentata dal 23 percentonel 1980 ad oltre il 41 percento loscorso anno; uno degli obiettivi prin-cipali è quello di aumentare la quo-ta di gas naturale a più della metà del-la domanda energetica primaria to-tale per soddisfare la crescente ri-chiesta dei nuovi impianti petrol-chimici e ridurre il consumo di greg-gio nel settore dell’energia, dandocosì via libera al greggio per leesportazioni sviluppando principal-mente le proprie riserve nazionalisenza escludere la possibilità di im-portare gas. Secondo il programmadi transizione nazionale, l’obiettivo

Gli uominidel futuro

CAMBIA IL MINISTRO, NON LA STRATEGIADal maggio scorso Khalid Al-Falihè subentrato ad Ali al-Naimi allaguida del ministero del Petroliosaudita. L’avvicendamento alvertice, avvenuto dopo 21 anni, nonimplicherà però un cambio di rottanella politica di Riyadh.

IL POTERE DEL VICE PRINCIPEL’enorme concentrazione delpotere economico nelle mani del Vice principe ereditario,Mohammed bin Salman, la suapropensione a correre dei rischi e un’efficace campagnacomunicativa, hanno dato a Vision2030 maggiore credibilità rispettoalle precedenti iniziative.

SAUDI ARAMCO AL CENTRODEL MERCATO MONDIALEL’amministratore delegato dellaSaudi Aramco, Amin Nasser,arrivato a maggio per prendere il posto di Al-Falih, conferma che la società energetica statale sauditaha intenzione di mantenere la suapresenza nel mercato mondiale del petrolio. La società, per manodell’Ad, ha in programma diespandersi a livello internazionale.

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

per la capacità produttiva di gas sec-co è un aumento di circa il 50 per-cento, fino a raggiungere quota 17,8miliardi di piedi cubi (BCF) al gior-no entro il 2020.

L’energia rinnovabile saràuna parte molto ridotta del mix sauditaIl programma Vision 2030 ha ricon-fermato l’impegno dell’Arabia Saudi-ta verso le fonti rinnovabili con pro-getti volti ad aggiungere 9,5 GW dienergia rinnovabile entro il 2023.Tuttavia, non è stato ancora fissato al-cun quadro legale e normativo perl’utilizzo delle energie rinnovabili.Anche se il Regno saudita raggiungesseil nuovo e ambizioso obiettivo, è im-portante considerare le cose in pro-spettiva. Il Paese possiede una capa-cità di generazione di energia rinno-vabile di appena 25 MW (perlopiùenergia solare fotovoltaica) installataalla fine del 2015 e, anche con l’obiet-tivo recentemente annunciato, le rin-novabili costituirebbero appena il 5percento del consumo elettrico delPaese, mentre anche la domanda con-tinua a crescere. Per il prossimo futuro,l’aumento della domanda di elettrici-tà sarà soddisfatto principalmentedalle centrali a gas e a petrolio.

La spinta per l’integrazionedownstream continueràPassando dal settore energetico aldownstream, l’Arabia Saudita ha au-mentato la propria capacità di raffi-nazione in maniera significativa ne-gli ultimi anni. Sono molti i fattori chepossono spiegare tale spinta. La mo-tivazione più importante è che l’Ara-bia Saudita è stata costretta a impor-tare prodotti petroliferi costosi, poi-ché la domanda interna ha staccato dimolto la capacità di raffinazione in al-cuni prodotti petroliferi come labenzina e il diesel. L’investimento nel-la raffinazione, inoltre, è ancora con-

siderato da molti policy maker comeun passo fondamentale verso la crea-zione di valore aggiunto converten-do il greggio in prodotti raffinati e sta-bilendo un legame tra il settore up-stream e il petrolchimico, che a suavolta fornisce opportunità per la di-versificazione e l’integrazione dow-nstream nella catena di valore com-pleta, includendo lo sviluppo di nuo-vi settori. L’Arabia Saudita ha note-volmente incoraggiato le proprie in-dustrie petrolchimiche a diversifica-re il mix di materie prime allonta-nandosi dall’etano per orientarsi ver-so prodotti raffinati, come la nafta, ilbutano e il propano. Oltre ad au-mentare la disponibilità di materieprime, l’uso di prodotti raffinati for-nisce opportunità per produrre pro-dotti petrolchimici più sofisticati,che sono necessari per estendere la ca-tena di valore e generare opportuni-tà di lavoro. Infine, la disponibilità li-mitata di gas per l’utilizzo nel setto-re dell’energia e le questioni legate alleinfrastrutture hanno generato una di-pendenza continua dai carburanti li-quidi per la produzione di energia, au-mentando ulteriormente la domandainterna di prodotti liquidi.

La quotazione di SaudiAramco dovrà affrontaremolti ostacoliMentre molti di questi temi rappre-sentano una continuazione, e forseun’accelerazione, degli obiettivi del-la politica esistente, un elementonuovo di Vision 2030 ha provocato uncerto scompiglio: la quotazione pub-blica di Saudi Aramco. Non è stata an-nunciata una tempistica esatta, ma il2017 è stato citato come obiettivo de-siderato. L’IPO potenzialmente piùgrande della storia si annuncia cari-ca di sfide.Saudi Aramco non possiede le riser-ve, ma ha il monopolio della produ-zione. In questo modo, qualsiasi va-

lutazione non sarà basata sul valoredella riserva, ma molto probabil-mente sui flussi di cassa scontati in fu-turo, che dipendono dal profitto perbarile e dalla quantità di petrolioprodotto. Il profitto per barile di-penderà dal livello di tasse e di royaltyche Saudi Aramco restituirà al go-verno; se le tasse e le royalty che van-no al ministero delle Finanze sono ele-vate (e attualmente lo sono), allora lavalutazione sarà bassa. Il fatto che ilgoverno possa aumentare le tasse suSaudi Aramco introduce anche il “ri-schio sovrano” e, quindi, i paragonicon società private come ExxonMo-bil non reggono, poiché non è possi-bile applicare lo stesso tasso di scon-to ai flussi di cassa di Aramco, consi-derato il maggiore livello di rischio. Ma gli ostacoli non finiscono qui. Te-nendo conto delle dimensioni del-l’IPO, potrebbe essere necessariauna quotazione nel mercato dei cam-bi, poiché la ridotta entità della bor-sa saudita non può assorbire un’IPOdi così elevato valore. Tuttavia, la quo-tazione al di fuori del Regno sauditaaumenterebbe la possibilità di “azio-ni legali superficiali” contro il Regnostesso. Inoltre, poiché Saudi Aramcoperde lo status di “compagnia petro-lifera nazionale”, potrebbe esseresoggetta a procedimenti antitrust. Sotto molti aspetti, la questione nonriguarda tanto quanta liquidità facrescere l’IPO, ma se l’IPO produr-rà un cambiamento nel comporta-mento di fondo del Regno. Gli azio-nisti non tengono in considerazionela capacità di riserva e incoraggereb-bero uno sviluppo più rapido delle ri-serve rispetto a un governo. Consi-derando che l’IPO cederà meno del5 percento della società al pubblico,l’azionista di minoranza probabil-mente non avrà alcuna influenza sutali decisioni fondamentali. Inoltre, èovvio che la separazione di Aramcodal ministero dell’Energia non è cosa

semplice. C’era stato un tentativo diseparare le due parti rimuovendoAl-Naimi dalla carica di Presidente diSaudi Aramco, ma ora siamo torna-ti al vecchio sistema con Al-Falih cheè sia Presidente del Consiglio diAramco sia Ministro dell’energia.

Cambiamento sì, ma lento e irregolareSe è vero che tutti gli aspetti fin quitrattati evidenziano delle complessi-tà, tuttavia, questo non significa chenon ci sarà alcun cambiamento inArabia Saudita. Le riforme strutturalisono fortemente necessarie per indi-rizzare l’economia verso un sentieropiù sostenibile e, anche se solo unapiccola parte della “visione” è incorso di attuazione, l’economia sau-dita apparirà diversa nel 2030 ri-spetto a come è oggi. In questa tran-sizione, il settore energetico conti-nuerà a svolgere un ruolo chiave. Maoltre a tutto l’entusiasmo, occorre an-che essere consapevoli delle sfidefuture e del tempo necessario per at-tuare tali modifiche, soprattutto inuna società conservatrice e in un’eco-nomia basata sul petrolio, in cui il sen-so dei diritti acquisiti tra i cittadini èelevato, mentre la capacità istituzio-nale di intraprendere profonde ri-forme è bassa. Inoltre, le riformestrutturali sono raramente un pro-cesso lineare e ci saranno ostacoli daaffrontare lungo il percorso. Tra-sformare l’economia non crea solovincitori: ci saranno anche gli scon-fitti che devono essere protetti dal go-verno per mantenere il sostegnopubblico per queste riforme. Questoaspetto è fondamentale per garanti-re una transizione graduale versoun’economia dinamica.

Leggi su www.abo.netaltri articoli dello stesso autore.

UNA QUOTAZIONE DA RECORDLo sbarco in borsa di SaudiAramco, la compagniapetrolifera statale saudita,potrebbe essere la quotazionemaggiore di sempre.L’operazione, che nei desiderata del governodovrebbe avvenire nel 2017, si preannuncia però molto complessa.

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La trappola del prezzo

108,12$/b

GEN 2014 109,54$/b

MAG 2014

97,09$/b

SET 2014

47,76$/b

GEN 2015

64,08$/b

MAG 2015

La spinta riformatrice potrebbe attenuarsi se il petrolio tornasse sopra gli 80 dollari al barile. Tale soglia assicurerebbe, infatti, l’equilibrio di bilancio. Un’altra sfida per Vision 2030 potrebbe arrivare dalla natura conservatrice della cultura saudita

PERSPECTIVESAUDI

Mercati/Cosa cambia se variano le quotazioni

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

’Arabia Saudita è la diciannovesima po-tenza economica del mondo, il mag-giore esportatore mondiale di petro-lio, la principale fonte di greggioper le economie asiatiche e un im-portante fornitore di Europa, StatiUniti e molte altre zone del mondo.Dispone delle più ampie riserve notedi petrolio convenzionale, per un to-tale di circa 800 miliardi di barili concirca 266 miliardi di barili di riserveaccertate. L’Arabia Saudita è stata laculla dell’Islam: ogni anno milioni dimusulmani vi si recano in pellegri-naggio (Umrah e Hajj) e 1,6 miliar-di di credenti pregano 5 volte algiorno rivolti verso La Mecca. L’Ara-bia Saudita è anche un forte sosteni-tore di due importanti stati dell’area:l’Egitto e la Giordania. Il Regno sitrova al centro di complessi e onero-si conflitti in Yemen, in Siria e in al-tre zone, e costituisce il cardine delConsiglio di Cooperazione del Gol-fo (GCC), che non è soltanto un’as-sociazione di natura economica, maanche difensiva. Questi solo alcuni deinumerosi motivi per cui l’ArabiaSaudita è un Paese così importante pergli equilibri regionali e mondiali.

Potenziali minacce interne ed esterneIl Paese ha avuto seri problemi con ilterrorismo sul proprio territorio: ne-gli ultimi anni è stato oggetto di nu-merosi attacchi da parte di diversigruppi estremisti. Contrariamentealle opinioni diffuse, i sauditi stannofacendo molto per contrastare il ter-rorismo. Laddove l’Arabia Saudita do-vesse affrontare una minaccia alla pro-pria esistenza da parte dell’ISIS o dialtri gruppi terroristici, il mondo in-tero si troverebbe a dover fronteggiareinsieme a lei una calamità strategicadi dimensioni colossali. Non sarebbein pericolo soltanto l’Arabia Saudita,ma anche la base della quinta flottadella marina statunitense in Bahraine l’imponente base aerea di Al Udeidin Qatar. Se l’Arabia Saudita cades-se nelle mani degli estremisti, gli Emi-rati Arabi Uniti, il Qatar, il Bahrain,l’Iraq, la Giordania, l’Iran e molti al-tri Paesi della regione sarebberoesposti a gravi rischi, con pesanti ri-percussioni in tutto il mondo. Gli aspetti che destano le maggioripreoccupazioni a livello globale ri-guardano la dipendenza dal prezzo delpetrolio, la dipendenza dai mercati fi-nanziari globali, la percezione delleminacce alla sicurezza da parte di di-versi soggetti sulla scena mondiale ei rapporti tra il mondo musulmano equello non musulmano. Gli aspetti chedestano le maggiori preoccupazioni alivello regionale riguardano la sicu-rezza e la prosperità del GCC e deglialtri alleati e partner, come l’Egitto, laGiordania e il Marocco. Questi timoricomprendono anche la percezione del-le minacce dirette provenienti da al-

cune figure in Yemen, Siria, Iraq e so-prattutto in Iran. A livello nazionalepreoccupano le minacce interne daparte di cellule terroristiche e la po-tenziale instabilità nella ProvinciaOrientale, una zona prevalentemen-te sciita in uno stato dominato da sun-niti. I sauditi sono preoccupati per ilcomportamento dell’Iran, che sta ali-mentando i disordini in questa zonadel Paese. I timori a livello naziona-le riguardano anche la disoccupazio-ne, la sottoccupazione e le relative im-plicazioni, potenziali ed effettive, di na-tura sociale e in termini di sicurezza.

Economia e sicurezzanazionaleL’Arabia Saudita ha bisogno, comequalsiasi altro Paese, di un’economiaforte, stabile e in espansione per af-frontare i problemi globali, regiona-li e nazionali. La disoccupazione me-dia nel Paese si attesta a circa l’11,2percento, mentre la percentuale di sot-toccupazione è molto più elevata.Queste due condizioni sono fonte distress per i cittadini e di potenzialestress sociale e instabilità. È impor-tante sottolineare che il tasso di di-soccupazione tra i giovani di etàcompresa tra 15 e 30 anni è in mediasuperiore al 35 percento, mentre,tra i ragazzi di età compresa tra 15 e19 anni, si avvicina al 50 percento. Il60 percento dei sauditi ha meno di 30anni. Le donne, risorsa fortementesottoutilizzata, pur costituendo lametà della popolazione del Paese, pre-sentano un tasso di partecipazione almercato del lavoro molto ridotto(circa il 20 percento) e, tra quelle cheprovano a inserirsi, si riscontra un tas-so molto elevato di disoccupazione(circa il 30 percento). La maggior par-te dei sauditi è impiegata nel settorepubblico, che in media offre una re-tribuzione più elevata di circa il 70percento rispetto al settore privato. Alcontempo, il settore pubblico è spes-so molto meno produttivo di quelloprivato. La retribuzione dei dipen-denti pubblici rappresenta una gros-sa fetta del bilancio statale: è aumen-tata rapidamente da quando la “Pri-mavera araba” sconvolse questa zonae il mondo intero, tuttavia non si puòdire lo stesso per la produttività. La maggior parte delle persone chelavorano nel settore privato è costi-tuita da immigrati provenienti dal-l’Asia meridionale, dal Sud-est asia-tico e dal mondo arabo. In genere la-vorano con contratti a tempo deter-minato, mentre molti degli impieghistatali sono a lungo termine, se nona tempo indeterminato. Il trasferi-mento dei sauditi dal settore pubbli-co a quello privato sarà molto com-plesso, ma purtroppo ogni volta chesi riscontra una volatilità tendente alribasso nel prezzo del petrolio, ven-gono esercitate pressioni proprio inquesto senso.

47,62$/b

SET 2015

30,70$/b

GEN 2016

80$/b

PREZZO DI PAREGGIO FISCALE DELL’ARABIA SAUDITA

LPAUL SULLIVAN

Professore di Economia alla NationalDefense University (Washington) e professore di Security Studies presso la Georgetown University(Washington). Esperto internazionale di sicurezza energetica, rapporti Usa-Arabia Saudita, politica ed economia del Nord Africa e del Medio Oriente.

LONTANI DAL PAREGGIOIl calo del prezzo del petrolio,registrato negli ultimi due anni, hacomportato la drastica riduzionedelle entrate dell’Arabia Sauditae quindi un peggioramento del saldo di bilancio. Le politichedi austerità, messe in atto dal governo, non sono statesufficienti a colmare il rapidocrollo delle quotazioni del barile.

Secondo gli analisti, perché il bilancio del Regno torni inpareggio sarebbe necessario cheil prezzo del greggio si attestasseintorno agli 80 dollari al barile. Fonte: Deutsche Bank

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2012 2013 2014 2015 2016 2017

PIL Nominale(mln€)

Variazionedel PIL reale(%)

PIL pro-capitea paritàdi potere d’acquisto($)

Disoccupazione(%)

Debito pubblico(%PIL)

Inflazione(%)

Variazione del volumedelle importazionidi beni e servizi(%)

Popolazione(mln)

12,211,6

11,211 10,8 10,5

9,5 9,4 9,214,8

31,837,6

2,8

3,5

2,7

2,2

3,94,6

7,7

3,7

11,3

5,2

1,9 2,2

5,4

2,7

3,6 3,4

1,9 2

646.680

655.750 664.120

575.400584.830

657.520

29,2

30

30,831,4

32 32

50.655

52.512

54.17955.202 55.365 55.793

C’è un enorme divario tra il sistemascolastico saudita e le professionali-tà di cui il Paese ha bisogno. Il siste-ma di istruzione elementare non stamarciando ai livelli auspicati dal Reprecedente, in seguito ai notevoliinvestimenti in quest’ambito, chepotrebbero essere pari al 20-25 per-cento del bilancio. Purtroppo circa il50 percento degli studenti universi-tari sauditi ha interrotto gli studi.Negli ultimi decenni il petrolio ha do-minato l’economia saudita: esso co-stituisce il 35-45 percento del PIL delRegno. Le esportazioni di petrolio,pari al 75-80 percento delle esporta-zioni totali, rappresentano il 30-40percento del PIL e gli introiti derivantidalla vendita del petrolio rappresen-tano l’80-90 percento degli introiti to-tali. Le percentuali minori si riscon-trano nei periodi in cui il prezzo delpetrolio è più basso, mentre quellemaggiori si riscontrano quando ilprezzo è più alto. C’è una chiaracorrelazione tra le fluttuazioni delprezzo del petrolio e quelle del PIL inArabia Saudita. Le due curve seguo-no quasi la stessa traiettoria. Quandoil prezzo del petrolio aumenta, ilPaese risponde con un aumento del-la spesa pubblica, vasti progetti edili-zi e ambiziosi piani per la costruzio-ne di nuove città, infrastrutture etanto altro. Quando il prezzo del pe-trolio diminuisce, l’Arabia Sauditarisponde con il taglio della spesapubblica e altri piani di sviluppo. Riyadh ha istituito importanti pro-grammi di contratto sociale, che pre-vedono istruzione e sanità gratuite emolti altri servizi. Dispone anche diimportanti programmi militari e di re-cente è stata coinvolta in conflitti chehanno comportato un imponente di-spendio economico. Quando il pe-trolio vive un periodo positivo, il go-verno saudita è generoso con i fondi.Nei periodi negativi, invece, l’ArabiaSaudita ha dovuto raschiare il fondodelle proprie risorse finanziarie. I bi-lanci finanziari sauditi si sono attestatisu valori negativi e hanno continua-to a peggiorare dall’ultimo crollodei prezzi del petrolio. Il Paese ha unesiguo debito estero, ma potrebbe au-mentare vertiginosamente se i prez-zi del petrolio continuassero a man-tenersi su livelli così bassi. Di recen-te si era persino lanciata sui mercatifinanziari internazionali per l’emis-sione di obbligazioni. Ma tutto que-sto succedeva prima: ora è giunto ilmomento di dare un taglio a questocircolo vizioso.

I cambiamenti dirompenti della “Saudi Vision 2030”Le sfide che l’Arabia Saudita sta af-frontando con il suo piano “Vision2030” sono davvero mozzafiato. Il pia-no intende ridurre la disoccupazioneufficiale da più dell’11 percento al 7percento circa, aumentando il livello

di partecipazione delle donne nel-l’economia dal 20 al 30 percento. Untraguardo tecnicamente ed econo-micamente possibile ma che, a livel-lo sociale, potrebbe dar luogo ad al-cune tensioni e causare la resistenzadegli ultra-conservatori e non solo. IlGoverno punta ad aumentare le en-trate da fonti diverse dal petrolio, dicirca sette volte rispetto al livello at-tuale. Il successo, sotto questo aspet-to, dipende da come verranno au-mentate le imposte, da come verran-no gestite le spese e da come il Pae-se si sposterà verso una serie di settorie servizi più diversificati. Il piano pre-vede obiettivi ambiziosi per il turismo,fattibili dal punto di vista tecnico edeconomico, ma fonte potenziale diproblemi a livello sociale. L’ArabiaSaudita vuole aumentare drastica-mente l’importanza del settore pri-vato, delle piccole e medie imprese edelle organizzazioni senza scopo di lu-cro, attrarre quantità molto più con-sistenti di investimenti diretti esteri eaumentare considerevolmente i ri-sparmi interni. Il piano prevede inol-tre la parziale privatizzazione della sa-nità. In ambito energetico, si punta adun aumento della quota delle rinno-vabili nel mix e sono in programmaimportanti cambiamenti in altri am-biti del settore. L’Arabia Saudita vuo-le essere molto più competitiva e di-ventare uno dei principali Paesi nel-la logistica a livello mondiale. Puntaa riformare il settore della difesa e ini-ziare a sviluppare un settore della di-fesa sostenibile per conto proprio. Laleadership vuole rendere il proprio go-verno uno dei più efficaci al mondo. L’Arabia Saudita vuole modernizza-re il proprio sistema di istruzione eformazione, un fattore essenzialequesto affinché tutte le altre compo-nenti di questo programma funzio-nino: se, infatti, l’istruzione e la for-mazione non tengono il passo favo-rendo i cambiamenti necessari, Sau-di 2030 è a forte rischio di fallimen-to. Dovrà inoltre essere attuato uncambiamento di atteggiamento vol-to ad accettare le possibilità di im-piego nel settore privato. Sarà ne-cessario un cambiamento generale intermini di etica professionale e abi-tudini di lavoro. L’imprenditoria e lospirito imprenditoriale devono cre-scere rapidamente.

L’IPO di Aramco, il PIF e altre fonti di finanziamento Per finanziare questi ambiziosi pro-getti l’Arabia Saudita sta delineandodiverse idee per la quotazione (IPO)della compagnia nazionale di idro-carburi, Saudi Aramco. A tal fine sarànecessario rendere pubblici moltissi-mi dati su questo colosso, le suecontrollate e molto altro. Attual-mente, infatti, non c’è alcuna valuta-zione reale e verificata della società.Molti sembrano tirare a indovinare la

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SaudiEconomics

Fonte: Elaborazioni Ambasciata d’Italia su dati EIU e IMF. N.B. : per anno 2017, previsioni EIU

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sua valutazione: la stima più diffusa siaggira intorno a 2.500 miliardi di dol-lari, altre parlano di un range com-preso tra 2.000 miliardi e circa 12.000miliardi di dollari. I dati e le analisi asupporto di tale cifra non sono pub-blici e potrebbero non esistere effet-tivamente in una forma valida. Capireil valore attuale dell’enorme e com-plesso patrimonio della società po-trebbe richiedere un processo lungoe impegnativo. Se vogliamo che siacondotto in modo corretto, questonon si concluderà né domani né neiprossimi mesi. L’IPO prevista perAramco sembra essere limitata solo al5 percento della società (valore chepotrebbe aumentare in un secondomomento). Quale sia il 5 percento cheverrà liquidato, e a chi, non è affattochiaro, come non è chiaro neanchequale possa essere il valore di tale 5percento. Le cifre più comunemen-te associate al 5 percento si aggiranotra i 135 miliardi e i 150 miliardi didollari. Il governo saudita ha dichia-rato pubblicamente che i proventi de-rivanti dall’IPO saranno investiti nelsuo Fondo di Investimento Pubblico(PIF). Aramco sarà trasformata in unasocietà holding con un consiglio in-dipendente e sarà forse sottoposta adaltri cambiamenti delle strutture dileadership e delle strategie.Anche altri asset, come il centro fi-nanziario di Riyadh, confluirannonel PIF. I fondi proverranno anche dauna riduzione di alcune sovvenzioni,dal cambiamento del contratto eco-nomico-sociale del Paese e da alcu-ni cambiamenti fiscali - tutte misureche però non sembrano ancora esse-re definitive. L’Arabia Saudita di-spone ancora di importanti risorse fi-nanziarie. Vanta considerevoli risor-se minerarie e di altra natura e so-prattutto risorse umane che nonsono ancora sfruttate al massimo. Èfondamentale che siano prese le de-

cisioni giuste riguardo a tali sommedi denaro.

Le speranze e i timori per il prossimo futuroSe il prezzo del greggio subisseun’impennata e raggiungesse 100 oaddirittura 150 dollari al barile, Vision2030 non sarebbe più necessario.L’Arabia Saudita è in grado di effet-tuare l’estrazione del petrolio per uncosto medio totale di circa 10 dolla-ri al barile, ma ha bisogno di un prez-zo del barile che si attesti intorno ai100 dollari per portare in pari il bi-lancio statale (secondo alcuni anali-sti della Deutsche Bank, grazie aglisforzi di austerità dell’ultimo anno, nel2016 tale soglia sarebbe scesa a 77,60dollari al barile). Pertanto, ancora unavolta, le quotazioni del greggio sonoil fattore da tenere d’occhio: se le cas-se dell’Agenzia monetaria saudita(SAMA) e di altre agenzie iniziasse-ro a riempirsi rapidamente e le pres-sioni di bilancio si allentassero, po-trebbero sorgere pressioni socialiper scongiurare i cambiamenti di-rompenti che Saudi 2030 portereb-be con sé. Questa non sarebbe sol-tanto una prospettiva poco lungimi-rante, ma anche pericolosa: i prezzidel petrolio possono crollare di nuo-vo. Potrebbero essere scoperti nuo-vi grandi giacimenti di tight oil, cheincrementerebbero la produzione dipetrolio non saudita, proprio come èaccaduto negli ultimi anni negli Sta-ti Uniti; così come è probabile cheprosegua e si rafforzi la diffusione glo-bale di mezzi di trasporto molto piùefficienti, ad alimentazione elettricae a gas naturale, con un conseguen-te calo della domanda di carburanti abase di petrolio, impiegati attual-mente, a livello mondiale, dal 95percento dei mezzi di trasporto (cir-ca il 65 percento del petrolio utiliz-zato nel mondo è destinato al tra-

sporto). Le pressioni per l’abbando-no dei combustibili fossili per moti-vi ambientali si fanno sempre più in-sistenti, con la minaccia dei cambia-menti climatici che diventa semprepiù definita e stringente. Molti Pae-si promulgano normative e leggi perrispondere alle minacce percepiteed effettive del surriscaldamento glo-bale, ma queste possono influire ne-gativamente sui mercati petroliferi. Altre sfide per Vision 2030 possonoarrivare dalla natura conservatricedella società saudita. È inevitabile pen-sare a cosa accadde negli anni ’70 inIran, eterno rivale dell’Arabia Saudi-ta: quando lo Scià provò a rilanciarel’economia e la società persiane sen-za rispettarne i tempi; la società ira-niana reagì molto male a piani di mo-dernizzazione e ai loro effetti. No-nostante il suo carattere profonda-mente ambizioso, il programma Sau-di 2030 è molto più realistico del pro-gramma dello Scià, tuttavia la cultu-ra saudita potrebbe riscontrare diffi-coltà nell’assimilazione dei cambia-menti che ne deriveranno. Queste dif-ficoltà riguarderebbero soprattutto ilrapporto settore pubblico/privato e ilmaggiore coinvolgimento delle don-ne nel mondo del lavoro e quindi nel-la vita pubblica da cui deriverà inevi-tabilmente un certo cambiamentosociale. Con l’imponente passaggio dalsettore pubblico a quello privato, si ri-velerà necessario un cambiamento del-le abitudini di lavoro. Anche il pas-saggio dal mercato del petrolio, unamateria prima molto redditizia che hapermesso all’Arabia Saudita di cresceree svilupparsi semplicemente estraen-dolo dal suolo e vendendolo, allamanifattura, ai servizi, a settori eprogetti a valore aggiunto e caratte-rizzati da una maggiore competitivi-tà, potrebbe dare luogo a cambiamentisociali. Molti di questi cambiamentipotrebbero essere considerati positi-

vi da alcuni sauditi, ma altri potreb-bero contrastarli. Inoltre, molti lavoristatali sono molto meno stressanti eimpegnativi di quanto potrebberoesserlo altri impieghi nel settore pri-vato. Infine sarebbe necessaria un’evo-luzione della classe imprenditoriale ri-spetto alla condizione attuale.L’Arabia Saudita, negli ultimi anni, hafatto molta strada: il Paese odierno èsorprendentemente diverso da quel-lo del 1950 o persino del 1990. I cam-biamenti affrontati in passato non sonotuttavia paragonabili a quelli previstidal piano Saudi 2030 in termini di ra-pidità, profondità e portata. Se riusciràa metterli in atto, il governo sauditapotrà salvarsi dalle problematichepolitiche, economiche e di risorseche si troverà ad affrontare e magaricontribuirà a stabilizzare la regione. Senon riuscirà a diversificare, modificare,utilizzare e sviluppare le sue risorse ela sua popolazione in modo migliore,ad essere estremamente sincero, cre-do che saremo tutti nei guai. Spessoi veri problemi di programmi così am-biziosi e di rottura si nascondono neidettagli. Quello che l’Arabia Sauditadesidera oggi per il 2030 potrebbe nonessere ciò che accadrà entro il 2030.La gestione delle aspettative sarà unaspetto fondamentale, in particolareper i sauditi under 30, che rappre-sentano circa il 60 percento dellapopolazione. Un bacino di forza la-voro e una grande speranza dal pun-to di vista economico.

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

25% Forze militari e sicurezza

23% Istruzione22% Accantonamenti per sostegno finanziario

12% Salute e sviluppo sociale

9% Risorse economiche

3% Infrastrutture e trasporti

3% Amministrazione pubblica

3% Servizi comunali

STANZIAMENTI DI BILANCIO 2016 miliardi di dollari

0

50

100

150

200

250

300

350

2014

279 293

162

260

137

224

2015 2016[STIME]

SPESE TOTALI ENTRATE TOTALI

IL BILANCIO DELL’ARABIA SAUDITA: ENTRATE E SPESE

Nel 2014, con il barile a 110 dollari, il disavanzo saudita ammontava a 14 miliardi di dollari. Nel 2016, nonostante il taglio consistentedella spesa pubblica, il buco nei conti è arrivato a 87 miliardi.

La torta mostra la ripartizione del bilancio saudita per l’anno 2016. La fetta principale del budget è assorbita dalla spesa militare, seguita dall’istruzione.

Fonte: Ministero delle Finanze saudita

Fonte: Ministero delle Finanze saudita

Leggi su www.abo.netgli articoli di Giuseppe Acconcia,Paul Betts e Yao Jin sullo stessoargomento

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PERSPECTIVESAUDI La battaglia

per le quotedi mercato

Energia/L’oro nero al centro dell’economia

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

’ex ministro del petrolio saudita,Sheikh Zaki Yamani, pensava di avercapito com’era la situazione anni fa.In alcune osservazioni che sono oggidiventate quasi leggendarie, Yamaniaveva dichiarato nel 2000: “Tra tren-t’anni ci sarà un’enorme quantità dipetrolio e nessun compratore. Il pe-trolio rimarrà sottoterra. L’Età dellapietra è terminata non certo per unamancanza di pietre, così l’era del pe-trolio finirà, ma non per una man-canza di petrolio”. In sintesi, Yama-ni credeva che il progresso della tec-nologia avrebbe alla fine soddisfattola domanda globale di energia ren-dendo così il petrolio superfluo.

Lo spauracchio di YamaniPer chiunque operasse nel settore pe-trolifero non poteva esserci peggiorspauracchio della visione di Yamani,ma soprattutto per l’Arabia Saudita,il cui reddito nazionale dipende peril 90 percento dai proventi del pe-trolio. Per quanto possa essere duroimmaginare che molte persone nelsettore petrolifero possano aver cre-duto nella visione di Yamani, il go-verno attuale dell’Arabia Sauditasembra invece averla presa moltoseriamente. In effetti, difficilmentepuò essere un caso che l’ambiziosopiano dell’Arabia Saudita per il futu-ro coincida proprio con la data che se-condo Yamani segnerà la fine dell’eradel petrolio: Vision 2030. Tuttavia,per quanto i leader sauditi possano ri-conoscere la visione di Yamani, nonsignifica certo che la condividano. Alcontrario, come verrà spiegato diseguito, i leader sauditi hanno svi-luppato la loro personale visione del2030 come il prolungamento dell’eradel petrolio e non come l’anno che nesegna la scomparsa.Il piano Vision 2030 dell’Arabia Sau-dita è stato reso noto nell’aprile 2016in un contesto di recessione econo-mica che aveva visto i prezzi del pe-trolio a livello internazionale scenderedi oltre il 50 percento dal giugno2014. Considerato tale crollo e il con-seguente calo delle riserve finanzia-rie saudite, molti esperti hanno vistoVision 2030 come uno sforzo reatti-vo da parte dei leader sauditi per ini-ziare a sostenere le finanze del Pae-se e diversificare l’economia allonta-nandola dalla sua dipendenza dal pe-trolio. Bloomberg News ha fornito unchiaro esempio di tale atteggiamen-to in un articolo dal titolo “Il progettoda 2.000 miliardi di dollari per libe-rare l’economia dell’Arabia Sauditadal petrolio”.Nell’articolo, i giornalisti di Bloom-berg sostenevano che tra i consulen-ti sauditi serpeggiava un sentimentoquasi di panico nel momento in cuiavevano scoperto che il Paese stava“sperperando” le proprie riserve este-re a un ritmo più veloce di quantochiunque potesse immaginare, “con

la prospettiva di insolvenza nell’arcodi soli due anni”. L’articolo proseguivaaffermando che “il crollo dei proventidel petrolio aveva provocato un de-ficit di bilancio di quasi 200 miliardidi dollari: in pratica, un’anticipazio-ne di un futuro in cui l’unica materiaesportabile per i sauditi non è più ingrado di pagare i conti, che sia a cau-sa del petrolio da scisto che invade ilmercato o per le politiche contro icambiamenti climatici”.Pubblicato quattro o cinque giorniprima della presentazione di Vision2030, l’articolo di Bloomberg e il suosensazionalismo sono stati pressochésufficienti a causare un corto circui-to nel pensiero critico, portando allaconvinzione che l’Arabia Saudita stiacercando di abbandonare del tutto ilpetrolio per un modello economicobasato più sui redditi da investimen-ti che sulla sua industria petrolifera al-tamente sviluppata.Alcuni giorni dopo l’annuncio di Vi-sion 2030, la rivista The Economistha aggiunto la sua dose di sensazio-nalismo all’opinione prevalente, af-fermando che Muhammad bin Sal-man, il trentenne vice principe ere-ditario dell’Arabia Saudita, ha an-nunciato “una serie di impegni permettere fine alla dipendenza del Re-gno dal petrolio entro il 2030”. È dif-ficile comprendere come una testataautorevole come The Economistpossa non aver colto un punto fon-damentale nel documento di Vision2030, che afferma chiaramente: “Con-tinueremo a gestire in modo effica-ce la produzione petrolifera per ga-rantire un flusso remunerativo diproventi del petrolio e nuovi investi-menti”.

Il petrolio, elementoessenziale della“visione saudita”Il petrolio è e resterà al centro del-l’economia saudita sia ora che nel2030. Questo punto è stato messo inchiaro da Khalid Al-Falih, il ministrosaudita del petrolio e delle risorse mi-nerali nominato di recente. SecondoAl-Falih, “nessuno in Arabia Saudi-ta ha intenzione di abbandonarel’economia petrolifera”. Al contrario,ha detto, i funzionari sauditi ritengonoche la crescita economica globalesosterrà una crescita della domandadi petrolio di circa 1,5 milioni di ba-rili al giorno per il prossimo futuro.Per contribuire a soddisfare tale do-manda e a far fronte alle interruzio-ni delle forniture qualora altri pro-duttori vacillino, i sauditi stanno in-vestendo notevolmente nella lorocapacità produttiva di riserva.Al-Falih si è inoltre dimostrato otti-mista riguardo al ruolo del petrolio inconfronto a quello di altre fontienergetiche come le rinnovabili.“Non temiamo questa sfida, ma sia-mo anche realisti e sappiamo che il

LERIC WATKINS

È analista di rischio politicospecializzato in petrolio, shipping e sicurezza. È stato di recente Visiting Fellow presso il King AbdullahPetroleum Studies and ResearchCenter a Riyadh.

Il principale obiettivo del documento non è rendereindipendente l’economia sauditadal petrolio, ma proteggere il settore petrolifero e tentare di compensare le minori entrate per le casse dello Stato derivantidalla “guerra dei prezzi”

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petrolio rappresenterà una parte si-gnificativa del mix energetico per iprossimi decenni”, ha dichiarato Al-Falih. “Anche se la quota di petroliodiminuisce, per esempio dal 30 al 25percento, il 25 percento di una do-manda globale molto più ampia si tra-duce in un numero assoluto molto piùelevato di barili che saranno richiestientro il 2030 o il 2040”.Anche se i sauditi stanno cercando dirafforzare il settore petrolifero delPaese, tuttavia Al-Falih spera che“l’economia non legata al petrolio cre-sca ancora più rapidamente”. Questaidea si adatta al pensiero alla base diVision 2030, per cui la cessione di unaquota di Saudi Aramco è destinata asvolgere un ruolo chiave nell’aiutarela crescita del settore non-oil. Con lasocietà saudita valutata a 2-3.000miliardi di dollari, la vendita propo-sta del 5 percento produrrebbe un uti-le di 100-150 miliardi e fornirebbe fi-nanziamenti per gli investimenti al-l’estero oltre che nel settore privatosaudita, entrambi obiettivi fonda-mentali di Vision 2030. Dal punto divista degli investitori, gli osservatoriottimisti sostengono che la cessionepotrebbe fornire “accesso a uno deisettori più apprezzati del Regno espianare la strada per una maggioreinternazionalizzazione dell’econo-mia saudita”.Tutto ciò sembra essere una pia illu-sione anche perché non è ancorachiaro che cosa gli investitori po-tranno aspettarsi da una quota in Sau-di Aramco. È improbabile che avran-no un qualche tipo di controllo (o ad-dirittura accesso) sulle attività inter-ne alla società, figuriamoci sull’inte-ra economia saudita. Secondo Al-Fa-lih, persino dopo un’offerta pubbli-ca iniziale, il governo saudita conti-nuerà a prendere decisioni sovranesulla produzione petrolifera e la ca-pacità di riserva dell’azienda. Al-Fa-lih ha dichiarato che si tratta di unaspetto che gli “investitori dovrannoaccettare come parte del pacchetto peravere quote del produttore a piùbasso costo”.Infatti, come suggerito in Vision2030, le quote acquistate in SaudiAramco potrebbero benissimo nonavere niente a che fare con l’industriapetrolifera. “Riteniamo che SaudiAramco abbia la capacità di svolgereun ruolo di guida a livello mondialein altri settori oltre al petrolio e cheabbia lavorato su un ampio pro-gramma di trasformazione che larenderà leader in più di un settore”,si legge nel documento. In sintesi, gliinvestitori potrebbero trovarsi a de-tenere quote in una consociata diAramco che lavora su progetti com-pletamente al di fuori del settorepetrolifero.Né c’è alcun programma per un’IPO.Secondo Al-Falih, un’offerta pubbli-ca iniziale di Saudi Aramco richie-

derebbe “un’ampia ristrutturazionedelle nostre finanze e del rapporto conil governo”. E ciò, ha aggiunto Al-Fa-lih, “richiederebbe una notevolequantità di tempo”.

Vision 2030 puntaa prolungarel’era dell’oro neroAnziché essere un documento chepunta a rendere indipendente l’eco-nomia saudita dal petrolio in tempibrevi, Vision 2030 rappresenta unosforzo per proteggere ed estendere ilsettore petrolifero del paese di fron-te a una grande e costosa battaglia perle quote di mercato. Se da un lato Vi-sion 2030 chiaramente non condivi-de la visione apocalittica di Yamani diun’industria petrolifera in declino,dall’altro il documento saudita vavisto nel contesto dei vari progressitecnologici che Yamani credeva avreb-bero reso il settore superfluo entro il2030. Non ultimo, Vision 2030 deveessere inteso nel contesto dell’attua-le lotta ai cambiamenti climatici e del-l’energia rinnovabile. Il segno più vi-sibile di questa lotta è emerso un annofa a Parigi durante il Business and Cli-mate Summit dell’UNESCO. Inquell’occasione, l’ex ministro saudi-ta del petrolio, Ali Al-Naimi, ha fat-to notizia annunciando il desiderio delsuo Paese di spostare la produzionedalle sue smisurate risorse petrolife-re all’energia solare. “In Arabia Sau-dita siamo consapevoli che alla fine,uno di questi giorni, non avremo piùbisogno dei combustibili fossili”, hadichiarato Al-Naimi. “Quindi ab-biamo intrapreso un programma persviluppare l’energia solare... Speria-mo che uno di questi giorni anzichéesportare combustibili fossili espor-teremo gigawatt di energia elettrica”.Come con Vision 2030, anche in que-sto caso la reazione a livello mondialeè stata immediata e sensazionalistica.“Il ministro saudita del petrolio: ‘Icombustibili fossili sono destinati ascomparire, stiamo passando al-l’energia solare’”, titolava un giorna-le. “Il programma dell’Arabia Saudi-ta che prevede il solare al posto del pe-trolio è un barlume di speranza”, an-nunciava un altro titolo. Titoli simi-li sono apparsi alcune settimanedopo, quando Al-Naimi ha dichiara-to ai cronisti, prima di una riunionedell’OPEC, che l’energia solare rap-presenta un’opportunità per tutti.“Nell’OPEC il ministro del petroliosaudita vuole essenzialmente discuteredell’energia solare”, recitava un tito-lo, e anche il sottotitolo a seguire:“Cosa dice sul petrolio quando l’Ara-bia Saudita includerà il solare?”

Rinviato il programmaper il solare Con tutto il rispetto per i titolisti,l’Arabia Saudita, che detiene almeno260 miliardi di barili di riserve di pe-

trolio convenzionale, le più grandi almondo, non ha intenzione di ri-nunciare al petrolio per l’energiasolare o per qualsiasi altra forma dienergia rinnovabile. I leader sauditipossono riconoscere che il petrolio èuna risorsa limitata e che una nuovaera dell’energia potrebbe alla fine ar-rivare, ma stanno rinviando quell’erail più a lungo possibile. “Considerole fonti di energia rinnovabile comefonti esistenti e integrative, che ci aiu-tano a prolungare le nostre esporta-zioni di greggio. Ed è questo il mo-tivo per cui stiamo investendo nel-l’energia solare”, ha dichiarato in pas-sato Al-Naimi.All’incontro dell’UNESCO a Parigi,Al-Naimi ha confermato i program-mi dell’Arabia Saudita per l’energiasolare, ma ha respinto l’idea chequesta possa sostituire il petroliocome carburante economico in tem-pi brevi. Al-Naimi ha suggerito chel’energia solare è un lusso che possonopermettersi i paesi sviluppati ma nonquelli in via di sviluppo. “Noi pos-siamo permetterci di star dietro al-l’energia solare, al contrario di mol-te persone in Asia e in Africa, che bru-ciano ancora oggi letame e legno peravere energia”, ha dichiarato Al-Nai-mi. Riassumendo quindi la posizionedell’Arabia Saudita: “Concentriamola nostra attenzione su come possia-mo gestire le emissioni in modo taleda poter continuare a utilizzare icombustibili fossili finché non sare-mo in grado di sviluppare le alterna-tive per le quali stiamo lavorando: so-lare, eolico, rinnovabili, ecc.”. L’Arabia Saudita ha abbondanti scor-te dell’alternativa più economica coni suoi 260 miliardi di barili di riservedi greggio, un aspetto che il ministroha sottolineato a Parigi chiedendo aisuoi colleghi relatori se il mondo fos-se pronto all’interruzione della pro-duzione petrolifera da parte del suopaese. “Potete permettervelo oggi?Cosa succederebbe al prezzo [delpetrolio] se oggi togliessi 10 milionidi barili al giorno dal mercato?” Si ètrattato ovviamente di una domandaretorica ma che è servita per espor-re la sua posizione. Per ora, l’utiliz-zo diffuso del solare e di altre formedi energia rinnovabile è stato rinvia-to mentre il petrolio continua a esserela scelta a costi più accessibili.L’Arabia Saudita ha svolto un ruolochiave nel rendere tale scelta econo-micamente conveniente. Il Summitdell’UNESCO si è svolto in un con-testo di guerra globale dei prezzi cheha visto appunto i prezzi del petroliocrollare del 40 – 50 percento rispet-to all’anno precedente: un regime diprezzi che continua ancora oggi.Durante tutto questo periodo ditempo, cioè oltre due anni, l’ArabiaSaudita si è rifiutata di tagliare la pro-duzione e ha sollecitato con succes-so l’OPEC a fare lo stesso, preferen-

do vedere i prezzi crollare piuttostoche perdere la propria quota di mer-cato. All’epoca, Al-Naimi lo avevaspiegato molto chiaramente: “Se io ri-duco la produzione, cosa accade allamia quota di mercato? Il prezzo sa-lirà e i russi, i brasiliani e i produtto-ri statunitensi di petrolio di scistoprenderanno la mia quota”. Al-Nai-mi avrebbe potuto aggiungere che an-che i produttori di energie rinnova-bili avrebbero voluto appropriarsidella sua quota.

Il vantaggio competitivodel RegnoL’influenza dell’Arabia Saudita suimercati energetici mondiali poggiasulla sua capacità di produrre circa 10milioni di barili di petrolio al giornoa 4 - 5 dollari al barile. Si tratta di unvantaggio competitivo che nessun al-tro produttore di energia può ugua-gliare, soprattutto perché le riservesaudite consentono al Paese di soste-nere la produzione di dieci milioni dibarili di petrolio al giorno per i pros-simi settant’anni e oltre. È una riser-

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va più efficiente e duratura di qualsiasialtro produttore al mondo e ciò spie-ga perché l’Arabia Saudita può de-stabilizzare - o stabilizzare - i merca-ti energetici globali.La strategia dell’Arabia Saudita per laquota di mercato influisce su tutti iproduttori più costosi di energia, in-cluso il solare. Questo fatto si è di-mostrato evidente a gennaio quandoi piani per implementare un pro-gramma di energia solare da 190 mi-liardi di dollari in Arabia Sauditasono stati rinviati dal 2032 al 2040 osuccessivamente. Il piano, che puntavaa creare elettricità dall’energia solareper compensare la domanda internadi petrolio, è stato rinviato a causa deibassi prezzi dell’oro nero, che hannoindebolito gli incentivi nel breve ter-mine a risparmiare petrolio per leesportazioni. Come dimostrato datale ritardo nel proprio programma dienergia solare, gli sforzi dell’ArabiaSaudita sul mercato possono rallentarela transizione verso l’energia rinno-vabile rendendola meno accessibileeconomicamente rispetto al petrolio.

I leader sauditi potrebbero riconoscereche il mondo si trova in una fase ditransizione dall’era del petrolio aun’altra che deve ancora venire. Essipotrebbero persino ammettere chel’era del petrolio finirà perché i pro-gressi tecnologici introdurranno unanuova forma di energia, ma non per-ché il petrolio verrà esaurito. Nuoviprogressi tecnologici sono a portata dimano e potrebbero riconoscere quelpotenziale. Ma i sauditi non sonopronti, per ora, a cedere la posizionepredominante del loro paese sul-l’energia. È tutta una questione diguerra dei prezzi e la loro politica diprodurre scorte abbondanti a basso co-sto sta attualmente vincendo la guer-ra per le quote di mercato del petro-lio e per la quota dell’Arabia Sauditadel mercato petrolifero.

Il piano compensagli alti costi per mantenerela quota di mercatoEppure, questa battaglia per la quo-ta di mercato ha un costo elevato perl’economia saudita ed è esattamente

a questo punto che si inserisce Vision2030. Dal momento che le casse sau-dite si esauriscono a causa della pro-lungata battaglia per le quote di mer-cato - battaglia che potrebbe protrarsiper anni in futuro - ci sono poten-zialmente meno fondi disponibili percoprire le sovvenzioni di cui i cittadi-ni sauditi hanno a lungo goduto. Diconseguenza, deve essere sviluppatauna nuova politica che faccia di quel-la necessità finanziaria una virtù. È ne-cessario che venga sviluppata unanuova politica che permetta al governosaudita di sopperire, per un periodopotenzialmente di lungo termine, aduna riduzione del reddito che po-trebbe creare malcontento tra la po-polazione. Questa politica è Vision2030: una politica che vede i flussi dicapitale estero privato come mezzi percolmare eventuali deficit di bilancio cuiil Paese potrebbe andare incontro acausa della continua lotta per la pro-pria quota del mercato energetico ingenerale e del mercato petrolifero inparticolare.Vision 2030 non è la vi-sione apocalittica di Yamani di 16 anni

fa. A differenza di Yamani, Vision 2030non vede la fine dell’era del petroliocome inevitabile. Al contrario, consi-dera l’era del petrolio come elastica:un periodo di tempo che può esten-dersi nel futuro fintanto che l’ArabiaSaudita disponga di petrolio a bassocosto da produrre e vendere. Vision2030 riconosce implicitamente che iprezzi elevati del petrolio in realtàostacolano la quota saudita di merca-to rendendo i produttori di energiacon prezzi elevati più competitivi. Perridurre tale competizione e mantenerela propria quota nel mercato energe-tico e in quello petrolifero, il pianoammette che l’Arabia Saudita po-trebbe essere costretta in futuro a ri-piegare su prezzi più bassi per un pe-riodo indeterminato. Poiché ciò si tra-duce potenzialmente in meno fondiper i sussidi pubblici, Vision 2030 esal-ta le virtù del capitale estero privatoin quanto colma i potenziali divari trai profitti del paese derivanti dal pe-trolio e le sue spese sociali.

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Petrolio:i numeri

del primato

Fonte: OPEC

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Iran/Cosa succederà dopo lo stop alle sanzioni

Il nuovo volto di Teheran sotto gli occhi del mondo

Il Paese ha messo a segno unrecupero sorprendente, riportando i livelli di produzione petrolifera al periodo pre-embargo. Ora, in vistadelle presidenziali, Rouhani punta al rilancio. A favorirlo gli accordi conle aziende europee e, soprattutto,con Cina, India e Corea del Sud

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l caposaldo del mandato del Presi-dente Hassan Rouhani è stato lareintegrazione dell’Iran nelle piatta-forme politiche ed economiche mon-diali. Finora il suo governo si è con-centrato sul raggiungimento di un ac-cordo sul nucleare che riducesse lesanzioni, sui benefici economici de-rivanti da tale accordo e sull’allonta-namento dell’Iran dalla sua condizionedi paria. Fino a questo punto, Tehe-ran ha sfruttato lo slancio positivoconseguente al dialogo sul nucleareper riallacciare i rapporti con l’Europa,dopo un periodo di distacco politico,e per consolidare i rapporti economicipreesistenti con la Russia e l’Asia.Adesso, un anno dopo il Piano d’azio-ne congiunto globale (JCPOA), l’Iranha incrementato le esportazioni di pe-trolio riportandole vicino ai livelli pre-sanzioni del 2011 e ha iniziato a por-re in essere accordi con diversi inve-stitori internazionali. Tuttavia, il Pae-se è rimasto relativamente delusodalla lentezza con cui sono andatiavanti gli accordi preliminari stipulaticon l’Europa lo scorso anno. In que-st’ottica, e considerata la prioritàstrategica immediata dell’Iran legataal rilancio dell'economia e alla crea-zione di posti di lavoro, Teheran statentando di dare un colpo al cerchio(l’Europa) e uno alla botte (le grandieconomie asiatiche).

Apertura verso l’Europa L’elezione di Rouhani e il processo di-plomatico relativo alla questione nu-cleare hanno dato luogo al contestopolitico necessario per intraprende-re un processo di distensione conl’Iran. Negli ultimi tre anni, i mini-stri degli esteri di quasi tutti gli Sta-ti membri dell’UE si sono recati in vi-sita in Iran, insieme ai ministri delcommercio o a vaste delegazionicommerciali. Pochi giorni dopo ladata di attuazione del JCPOA a gen-naio 2016 e la riduzione delle san-zioni, Rouhani si è recato in Italia ein Francia (la prima visita ufficiale diun presidente iraniano in Europa inoltre quindici anni). Nel corso di que-ste visite, l’Iran ha siglato numerosiaccordi politici, culturali e commer-ciali di rilievo per chiarire che ilPaese è tornato in attività. In Italia ladelegazione iraniana ha firmato unaserie di accordi, molti dei quali in am-bito minerario, cantieristico, ener-getico e infrastrutturale, per un valoredi circa 18,4 miliardi di dollari. Du-rante la visita di Rouhani in Francia,l’Iran ha sottoscritto più di 20 con-tratti con aziende francesi del setto-re energetico, automobilistico e del-l’aviazione per un valore stimato su-periore a 40 miliardi di dollari; l’ac-cordo più pubblicizzato è stato quel-lo raggiunto tra l’Iran e l’Airbus perla vendita di 118 aerei per un valoredi 27 miliardi di dollari. Poco tempodopo, il Primo Ministro greco e il

Presidente del Consiglio italiano sisono attestati come i primi leader oc-cidentali a recarsi in Iran in oltre die-ci anni. Nel corso della visita, l’Italiaha annunciato l’estensione di una li-nea di credito da 5 miliardi di euro peragevolare il commercio del Paesecon l’Iran. Questo incontro è stato se-guito, nel mese di aprile, da una vi-sita a Teheran dell’Alto Rappresen-tante per l’UE Federica Mogherini edi sette Commissari dell’UE, volto al-l’avvio di un dialogo formalizzato estrutturato tra l’Unione Europea el’Iran. Iran ed Europa hanno firma-to una moltitudine di contratti pre-liminari, da quelli di minore entità aquelli più importanti. Tuttavia, mol-ti di essi, incluso quello con la Airbus,sono ancora in una fase di stallo, prin-cipalmente a causa di problemi nel-l’ottenimento del supporto bancarioe finanziario necessario o dell’auto-rizzazione da parte dell’OFAC (Of-fice of Foreign Assets Control) delMinistero del Tesoro statunitense. Legrandi istituzioni finanziarie europee,necessarie per la movimentazione divolumi di questo genere, appaiono ri-luttanti (a causa del rischio politico in-sito nei rapporti commerciali conl’Iran e della percezione di impreve-dibilità riguardo alle future sanzioniche gli Stati Uniti potrebbero imporreal Paese) o incapaci di farlo (per viadella forte esposizione al mercato sta-tunitense e del rischio di restare vit-time delle sanzioni primarie impostedagli Stati Uniti). I leader politici edeconomici iraniani hanno percepitochiaramente l’eccessiva prudenza del-l’Europa e i ritardi nel reinserimen-to del mercato iraniano affinché re-cuperi la sua posizione di partner eco-nomico di spicco. Il governo Rouhaniè disposto a concedere più tempo alriavvicinamento dell’Europa. Al con-tempo, il governo ha accolto con pia-cere i maggiori investimenti prove-nienti da Russia, Cina, India e Coreadel Sud, che hanno evidenziato unmaggiore desiderio e una più pro-fonda capacità di ampliare la propriapresenza sul mercato iraniano.

L’Iran è il perno dell’Asia? L’Iran intrattiene da lungo tempo rap-porti con i Paesi asiatici. Nel perio-do delle sanzioni, il Ministero del Te-soro statunitense aveva concesso amolte aziende asiatiche delle esenzionispeciali per il mantenimento dei rap-porti commerciali con l’Iran, in par-ticolare in relazione alle esigenze dinatura energetica. A trarre i maggiorivantaggi dalle decennali sanzioni im-poste al programma nucleare dell’Iranè stata senz’altro la Cina, che in taleperiodo ha superato l’Europa comepartner di spicco, con operazionicommerciali per circa 52 miliardi didollari nel 2014. Nel mese di gen naio2016, il Presidente Xi Jinping è sta-to il secondo membro del P5, dopo

IELLIE GERANMAYEH

È policy fellow del Programma MedioOriente e Nord Africa dell’EuropeanCouncil on Foreign Relations (ECFR). Il suo ambito di analisi si concentrasulle politiche estere europee nei confronti dell'Iran. Geranmayeh ha fornito la sua consulenza per le negoziazioni sul nucleare tra l’Iran e la comunità internazionale nel periodo dal 2013 al 2015.

DI NUOVO IN CORSAHassan Rouhani, l’attualepresidente iraniano, moderato, è candidato per le prossimeelezioni presidenziali, che si terranno il 19 maggio 2017.Nella foto, Rouhani posa per i fotografi all’aeroporto di Ramsar, in Iran.

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il Presidente russo, a recarsi in visi-ta a Teheran con il preciso intento difare in modo che la Cina resti in unaposizione di spicco per l’economia ira-niana. Xi e Rouhani hanno concor-dato una roadmap venticinquennaleper lo sviluppo delle relazioni tra i duePaesi, che comprende anche 17 ac-cordi sui temi dell’energia e delle in-frastrutture. Su tali basi, hanno sti-mato che nel prossimo decennioquesto commercio bilaterale rag-giungerà un valore di 600 miliardi didollari. L’Iran ha la certezza che laCina abbia sia la capacità finanziariaper investire sia l’esigenza delle risorseenergetiche iraniane. Mentre la Cinadipende anche dall’Arabia Saudita peril petrolio (in effetti la visita di Xi inIran è stata soltanto l’ultima tappa delsuo tour in Medio Oriente), l’Iran ècaratterizzato da una posizione geo-grafica vantaggiosa che lo configuracome una realtà importante nell’am-bito dell’iniziativa cinese della nuo-va via della seta. Anche la Corea delSud si è introdotta in maniera impo-nente nel mercato iraniano. Duran-te la visita di maggio del presidentesudcoreano a Teheran, i due Paesi sisono impegnati in favore di un pac-chetto di misure finanziare riguardantiattività commerciali per un valore di

25 miliardi di dollari. L’Iran dovreb-be pianificare le esportazioni di GNLin Corea del Sud (in seguito alla fir-ma del relativo memorandum d’intesanel mese di maggio). Un altro im-portante partner economico emer-gente per l’Iran è l’India. Durante lavisita di maggio del Primo MinistroNarendra Modi a Teheran, è statoraggiunto un accordo tripartito tra In-dia, Iran e Afghanistan per la costru-zione del porto di Chabahar, nell’Iranmeridionale. Sulla base di quest’ac-cordo, l’India ha accettato di contri-buire con 500 milioni di dollari al fi-nanziamento del suo sviluppo e si èimpegnata a investire 16 miliardi didollari in una zona di libero scambioattorno all’area portuale. Questo af-fare porta con sé un accordo di tran-sito per la costruzione di nuove fer-rovie e strade che colleghino Cha-bahar e l’Afghanistan, con l’obietti-vo di creare rotte commerciali diret-te tra l’India e l’Asia Centrale. Se fos-se data attuazione a tali accordi, l’In-dia avrebbe modo di aggirare il por-to concorrente di Gwadar in Pakistanper il transito delle merci verso l’Af-ghanistan, un Paese privo di sbocchisul mare. Ad aprile, il Ministro del-l’Energia indiano ha sottoscritto deicontratti per lo sviluppo del giaci-

mento di gas iraniano Farzad-B e l’au-mento dell’esportazione di petrolioiraniano in India. L’attuazione diquest’accordo attenua alcune delleperdite di profitto in cui l’Iran è in-corso a causa della fallimentare inte-sa del “gasdotto della pace”, stipula-ta con il Pakistan e volta a creare unavia di transito per le esportazioni digas iraniano in Pakistan. Il dialogo suquesto progetto è iniziato nel 1994 ediverse complicazioni hanno ritardatoil completamento dei segmenti pa-chistani. Sebbene il Pakistan si con-figuri come un’economia di rilievo inAsia, la sua importanza per l’Iran è piùgeostrategica che economica, come ri-levato durante la visita ufficiale diRouhani in Pakistan, la cui roadmapper la cooperazione è stata maggior-mente incentrata sulle problematichedi sicurezza. Un altro importanteaccordo che attribuisce all’India unruolo fondamentale nei rapporti conl’Iran, e che probabilmente cambia inmaniera profonda le regole del com-mercio regionale, sarà il progettodel Corridoio Nord-Sud che colle-gherà San Pietroburgo e Mumbai,con l’Iran che fungerà da nodo ditransito. Questo progetto di svilup-po è in corso da molti anni e si è tro-vato in una fase di parziale stallo quan-

do l’Iran è incorso nelle sanzioniper il nucleare. Si stima che il progettosarà portato a termine nei prossimicinque anni e offrirà alla Russia un ac-cesso al mare attraverso il GolfoPersico e il Golfo di Oman. In que-sto modo si eviterà di trasportare lemerci passando per il costoso Cana-le di Suez e si stima una riduzione del50 percento dei tempi di trasporto deicarichi nella regione. Una volta com-pletato, il corridoio collegherà Rus-sia, India, Iran e Asia Centrale eporterà con sé profonde implicazio-ni geopolitiche.

Il prossimo anno L’Iran, come gli Stati Uniti, è entra-to nell’anno delle elezioni presiden-ziali, durante il quale l’accordo sul nu-cleare sarà una delle cartine di tor-nasole per la valutazione dei candidati.La posta in gioco è elevata per Rou-hani, che dovrebbe ricandidarsi per larielezione nella primavera del 2017.Durante la precedente campagnaelettorale, diede la priorità alla crescitaeconomica dell’Iran e promise agli ira-niani la fine delle sanzioni e dell’iso-lamento, oltre alla reintegrazionedel Paese nelle piattaforme politichee commerciali mondiali. Con l’avvi-cinarsi della corsa alla presidenza,Rouhani sarà giudicato soprattutto inbase ai risultati conseguiti in ambitoeconomico. Il suo governo si è foca-lizzato principalmente sul commer-cio e sugli investimenti europei per iprogetti di rivitalizzazione econo-mica dell’Iran. L’Iran ha sempre ri-conosciuto il crescente vantaggiotecnologico delle merci occidentali,ma il periodo delle sanzioni ha di-mostrato che i settori più redditizi peril Paese non avrebbero potuto sfrut-tare appieno le loro potenzialità congli investimenti russi o cinesi. Per tut-ta l’estate, la politica iraniana si con-centrerà sulla risoluzione delle im-passe esistenti per l’accesso alle reti fi-nanziarie globali e sulla ricerca di per-corsi per attuare gli accordi di alto li-vello stipulati con le aziende europee.Al contempo l’Iran, con l’aiuto delFondo Monetario Internazionale,sta compiendo sempre maggiori sfor-zi per ammodernare il suo settorebancario. Tuttavia, se le aziende eu-ropee continueranno a incontrareostacoli nel reinserimento all’internodel mercato iraniano, appare impro-babile che Teheran possa puntare sul-l’Europa per un rilancio economicoimmediato. Pertanto il governo Rou-hani sta pragmaticamente sfruttandotutte le strade percorribili con i Pae-si asiatici, in particolare la Cina, l’In-dia e la Corea del Sud, che potrebberoessere caratterizzate da un maggiorespazio di manovra economica per ilcommercio e gli investimenti conl’Iran.

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PRE-SANZIONI 20162015

ESPORTAZIONI

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Fonte: Reuters / Ministero del Petrolio iraniano

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

el cuore degli Emirati Arabi, vicino ad Abu Dhabi, è stata pro-gettata la prima città “low carbon”: Masdar City. Il suo nomevuol dire “città sorgente”, poiché l’intero progetto è stato pen-sato come una “sorgente” di energie alternative, che per-mettono alla città di autoalimentarsi. L’idea, lanciata nel 2008,ha subito affascinato il mondo intero: una città in mezzo aldeserto in cui sono incentrati i più innovativi principi tec-nologici di ecosostenibilità. Certo la crisi ha fatto sì che ve-nisse ridefinito il modello di sviluppo della città, per coinvolgereinvestitori provenienti da terze parti. Questo ha comporta-to ritardo dei finanziamenti e rallentamento dei tempi. Maper Yousef Baselaib, Direttore esecutivo Sustainable Real Esta-te di Masdar City, l’obiettivo di rendere il progetto un mo-dello di sviluppo sostenibile è vicino.

Qual è la filosofia alla base del progetto?Masdar City ha visto la luce nel 2008 con l’intento di costrui-re un modello, o un “greenprint”, di sviluppo urbano sosteni-bile e promuovere una rete di innovazione nell’emirato di AbuDhabi. Oggi la città sta crescendo in quanto comunità vivaceed ecosistema davvero innovativo, come dimostrano i grandiprogressi compiuti nella connessione tra istruzione, ricerca esviluppo, tecnologia e opportunità commerciali. La città è la pro-va inequivocabile del potenziale della diffusione delle bioenergie,delle innovazioni in materia di tecnologie pulite, sviluppo ur-bano sostenibile e creazione di capitale umano. Vi è infatti unalunga serie di progetti pilota in materia di energie verdi ri-guardanti, ad esempio, lo sviluppo nel settore dell’energia so-lare, dell’immagazzinamento di energia, dei biocarburanti, delteleraffreddamento e dell’architettura sostenibile. L’approccio

di Masdar nei confronti dellosviluppo urbano si basa sui treprincipi di sostenibilità - so-ciale, economica ed ambientale- per attirare investimenti e in-coraggiare l’imprenditorialità,migliorare la qualità della vitae ridurre l’impronta di carbo-nio dei nostri paesi e delle no-stre città. L’innovazione dicui siamo protagonisti sostie-

ne la diffusione delle energie pulite negli EAU. Nei prossimicinque anni, l’impronta di carbonio di Masdar City aumente-rà quasi del quadruplo durante la fase di sviluppo delle infra-strutture per l’istruzione e dei progetti di ricerca applicata ap-profondita. In questo periodo miglioreremo anche i servizi ele infrastrutture delle imprese e per l’area di libero investimento,sempre continuando a costruire nuovi spazi commerciali e de-stinati agli uffici, nonché comunità residenziali.

Che cosa rappresenta la creazione di una “città a zeroemissioni” per un Paese produttore di petrolio?

In primo luogo, desidererei puntualizzare che Masdar City è

Una città “sorgente”, un modello per tutti

Il progetto mette in atto tecnologie e soluzioni volte a ridurre al minimol’impatto ambientale delle comunitàurbane e a fornire un modello sostenibile“greenprint”. L’obiettivo è essereun’ispirazione e un aiuto per gli altri

Masdar City/Intervista a Yousef Baselaib, Direttore esecutivo di Sustainable Real Estate

NSIMONECANTARINI[AGENZIA NOVA]

Yousef BaselaibÈ il direttore esecutivo del dipartimento di architettura ecosostenibile(Sustainable Real Estate) di Masdar ed è a capo del progetto pilota diMasdar City, volto a lasciare un’“impronta verde” nel futurodell’architettura urbana. Si occupa, inoltre, della messa a punto difuturi progetti di architettura urbana ecosostenibile sia nell’area delMedio Oriente e Nord Africa (MENA) che a livello globale.

Giornalista, da sette anni si occupadi Medio Oriente e Nord Africa. Nel 2010 inizia ad interessarsi di Libia, scrivendo articoli e analisiin ambito economico e sociale.Passato ad Agenzia Nova nel 2014,continua a trattare le questionimediorientali, ponendo particolareattenzione al settore energetico e della difesa.

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una “città a basse emissioni di carbonio”, e non un modellodi “città a zero emissioni di carbonio”. La riduzione dell’im-pronta di carbonio è un processo in continua crescita e ogninuovo edificio o fase di sviluppo rappresenta il costante sfor-zo che intraprendiamo per superare i nostri limiti. Masdar Cityè progettata per consumare il 40 percento in meno di ener-gia e acqua rispetto ad ambienti esistenti di dimensioni com-parabili. Il nostro obiettivo rimane comunque una società a“zero emissioni di carbonio”, sebbene attualmente sia im-pensabile uno sviluppo urbano con emissioni di carbonio paria zero. Nonostante gli EAU siano considerati un Paese di-pendente dagli idrocarburi, vi sono forti motivazioni per co-struire una città ecosostenibile che possa rappresentarel’esempio da seguire nell’utilizzo sempre maggiore di ener-gie rinnovabili e tecnologie pulite. Viviamo in uno dei climidesertici più rigidi al mondo e rinfrescarsi d’estate è un pro-cesso che comporta un enorme consumo energetico. Ciò no-nostante, gli Emirati sono consapevoli del loro fabbisogno ener-getico e del relativo impatto ambientale. Stiamo cercando per-tanto di trovare una soluzione, anche perché sussistono van-taggi concreti nell’investire e generare energie rinnovabili ne-gli EAU. Diversificare il panorama energetico mondiale è unaquestione cruciale se vogliamo soddisfare la crescente domandaenergetica, affrontare le sfide legate alla sicurezza energeti-ca e costruire un futuro sostenibile. Ciò ci aiuterà a ridurrele importazioni di gas naturale, diversificare l’offerta del set-tore e migliorare la sicurezza in materia di approvvigionamentoenergetico. L’investimento nelle energie rinnovabili sostieneanche l’obiettivo di Abu Dhabi di passare da un’economia ba-sata sull’esportazione di risorse naturali a una basata sul ca-pitale di conoscenza. Le energie rinnovabili sono parte del fu-turo e gli EAU sono pronti a mantenere la loro leadership nelsettore energetico. La ricerca di altre fonti sicure di energiapermette anche di incrementare la propria sicurezza energe-tica nazionale, poiché il petrolio e il gas sono materie primedi norma soggette a variazioni di prezzo dovute alla volatili-tà dei mercati internazionali. L’utilizzo del petrolio come car-burante per la produzione energetica è diminuito consisten-temente negli ultimi anni, arrivando oggi a rappresentare menodel 5 percento dell’approvvigionamento globale di energia (dal25 percento del 1973): un calo dei prezzi del petrolio, di con-seguenza, avrebbe un peso limitato sulla competitività delleenergie rinnovabili all’interno del settore energetico. Alcontrario, i costi delle energie rinnovabili sono prevedibili, inquanto basati sui progressi tecnologici, e rappresentano un van-taggio nei confronti di questa volatilità. Ecco quindi una ra-gione per la quale sempre più Paesi investono nel settore del-le energie rinnovabili.

Quanto è importante il progetto per gli altri Paesi del Golfo,che al momento si stanno confrontando con programmiambiziosi per cambiare le loro politiche economiche?

Negli ultimi dieci anni, Masdar e Masdar City sono passatidall’essere un progetto audace a un brand innovativo globa-le in materia di energie pulite e sviluppo sostenibile. Masdarha guidato l’implementazione delle energie rinnovabili tec-nicamente e commercialmente sostenibili nel Golfo e nelleregioni del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA). Sia-mo orgogliosi di essere stati il catalizzatore del nostro setto-re nel mondo arabo: il risultato è che Abu Dhabi è oggi con-siderata un centro di sostenibilità e una piattaforma globaleper il dibattito politico e le opportunità commerciali. Le ener-gie pulite non riguardano solo le nostre capacità in quanto svi-luppatori e operatori di infrastrutture basate su energie rin-novabili. Esse riguardano anche la questione delle tecnolo-gie emergenti e della ricerca applicata, che stanno fornendoenergie rinnovabili e soluzioni in materia di acqua per il fu-turo, come richiesto da tutti i nostri vicini del Consiglio diCooperazione del Golfo (CCG) e più lontano dalla vasta re-gione del MENA. Masdar continuerà a ricoprire un ruolo fon-damentale nello sviluppo di un ambiente in cui le energie rin-novabili costituiscano una soluzione sostenibile e convenientein termini di mix energetico. Oggi si stima che la regione delMENA attirerà entro il 2020 investimenti in materia di ener-gie rinnovabili per un valore di 35 miliardi di dollari USA al-l’anno (fonte IRENA).

Qual è lo stato attuale dello sviluppo di Masdar City e qualè l’impatto finanziario del progetto?

Dopo la crisi globale del 2008, il modello di sviluppo di Ma-sdar City è stato ridefinito per coinvolgere investitori pro-venienti da terze parti. Perciò, visto che Masdar City non èpiù un progetto sviluppato in autonomia, fornire una stimasignificativa dei costi e della produzione è estremamente com-plicato. Masdar City è un’unità commerciale di Masdar, so-cietà sussidiaria di Mubadala Development Company PDJC,un veicolo di investimenti del governo di Abu Dhabi. Tut-tavia, solo le parti autosviluppate di Masdar City sono fi-nanziate dal governo. Il resto verrà gestito tramite investi-menti provenienti da terze parti, e da sviluppi joint-ventu-re, i quali costituiranno la maggioranza dell’investimento com-plessivo, secondo le linee guida sulla sostenibilità stilate daMasdar City e gli obiettivi di sviluppo del Consiglio di pia-nificazione urbanistica di Abu Dhabi. Ad aprile abbiamo an-nunciato l’approvazione da parte del Consiglio di pianifica-zione urbanistica del Master plan dettagliato per la fase 2 e5 di Masdar City, che ha spianato la strada a un’importante

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62% Edifici residenziali

10% Strutture comunitarie

10% Uffici, 4% Negozi

7% Ricerca & Sviluppo

4% Industria leggera

3% Hotel & Residence

Istituzioni

Moschee

Parchi e spazi aperti

Servizi pubblici

Metropolitana

Metropolitana di superficie

Sistema di trasporto a grandi cabine

Trasporto rapido personalizzato

Trasporto rapido personalizzato esteso

Linee di trasporti pubblici

LEGENDA

3 edifici ecosostenibiliMASDAR&IRENA GLOBAL HQL’edificio, uno dei complessi multifunzione più avanzati ed ecosostenibili degli Emirati Arabi Uniti, è la sede di Masdar City e dell’IRENA, l’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili. La struttura, pari a 32.000mq, si compone di tre singoli blocchi uniti da un tetto composto interamente di pannelli fotovoltaici che generano più di 340.000 kWh all’anno.

INCUBATOR BUILDINGÈ un spazio per uffici “flessibile” (con pannelli che modificano gli spazi a seconda delle esigenze), che serve soprattutto per gli imprenditori e gli studiosi che lavorano in partnership con il Masdar Institute, situato nelle vicinanze. Costruito intorno a una corte, con accesso fornito tramite passerelle ombreggiate, l’edificio utilizza un design innovativo, facciate ad alte prestazioni e le strategie di ombreggiatura intelligenti che riducono la radiazione solare di quasi il 40%.

SIEMENS BUILDINGRappresenta lo standard di ingegneria sostenibile, e garantisce un livello di efficienza energetica A per una superficie di 20.000 mq allestita per uffici. È inoltre il primo edificio certificato LEED Platinum ad Abu Dhabi. La struttura presenta 9 atri costruiti per fornire la luce naturale a tutti gli spazi di lavoro all’interno dell’edificio.

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RIDUZIONE FABBISOGNO ENERGETICO

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RIDUZIONE FABBISOGNO ENERGETICO

(ASHRAE STANDARD 90.1-2007)

CONSUMO ENERGETICO

ANNUALE/M2 SUP. COMPL.

GENERAZIONE DI ACQUA

CALDA SOLARE IN LOCO

(1) LINEE GUIDA SU ACQUA ED ENERGIA E MISURE DI CONSERVAZIONE DELLE RISORSE, MARZO 2010, ARUP GULF LTD.

121 42% 64% 75% kWh/m2/anno di acqua calda

di acqua calda

di acqua calda125 45% 62% 75%

kWh/m2/anno

109,5 46% 67% 75% kWh/m2/anno

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Fonte: Masdar City

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espansione. Questo ci permetterà di ribadire ancora una vol-ta il nostro desiderio di fornire un modello di sviluppo so-stenibile delle nostre città ora e in futuro. Masdar City aspi-ra a rientrare nel novero delle 4 Pearl Community del pro-getto “Estidama” e sarebbe la prima degli EAU. Circa il 35percento dell’area individuata per l’edificazione sarà com-pletato nei prossimi cinque anni ed è stato già predispostoil 30 percento, che include abitazioni private, scuole, hotele ulteriori spazi destinati agli uffici. Al momento, più di 370società provenienti da tutto il mondo operano sul progettoMasdar City, annoverando start-up e multinazionali, tra cuila sede mediorientale della Siemens, Lockheed Martin, GE,Mitsubishi Heavy Industries, e Schneider Electric. MasdarCity è anche la sede dell’Agenzia internazionale per le ener-gie rinnovabili (IRENA), la prima organizzazione intergo-vernativa a essere ubicata in Medio Oriente. Gli uffici del-la Compagnia di energia nucleare degli Emirati (ENEC) sisono recentemente spostati all’interno della città, portandocon sé più di 700 dipendenti a tempo pieno. Anche una di-visione di Etihad Airways si è appena trasferita a Masdar City,aggiungendo 550 dipendenti a tempo pieno.

Il progetto avrà un impatto positivo sull’economia degliEmirati in termini di crescita? Può fornirci una stima?

Crediamo che innovare e commercializzare nuove tecnolo-gie nel campo delle energie rinnovabili avrà un impatto con-sistente sull’economia locale. Nonostante Masdar non sia l’uni-ca responsabile del raggiungimento degli obiettivi in mate-ria di energia verde degli EAU, essa si impegna a lavorare conil settore dei servizi di pubblica utilità di Abu Dhabi per ga-rantirne il raggiungimento. Gli EAU aspirano a procurarsiil 24 percento del loro fabbisogno energetico da fonti ener-getiche alternative entro il 2021. I nostri sforzi volti a soste-nere il governo di Abu Dhabi includono la fornitura di 10 MWa Masdar City e il progetto in materia di energia solare Shams1, inaugurato nel 2013, da 100 MW. Questi e una serie di al-tri progetti hanno già dimostrato la sostenibilità dell’energiasolare negli EAU. Un consorzio guidato da Masdar è statoanche l’appaltatore selezionato per attuare la terza fase di co-struzione del parco solare Mohammed Bin Rashid Al Mak-toum a Dubai, che comprende lo sviluppo di un impianto fo-tovoltaico da 800 MW, il più ampio nel suo genere all'inter-no della regione. In Masdar sappiamo che per un futuro so-stenibile occorre qualcosa di più di un buon investimento. Sitratta infatti anche di un insieme di innovazione, trasferimentodi conoscenze, ricerca e sviluppo e sensibilizzazione. L’Isti-tuto di scienza e tecnologia di Masdar, il nucleo di Masdar City,si occupa di formare e guidare la nuova generazione di lea-

der in materia di energie rinnovabili e tecnologie pulite gra-zie al suo curriculum di livello mondiale. Inoltre, Masdar èil più grande esportatore in Medio Oriente di energie rin-novabili e ha anche le potenzialità per esportare la propria espe-rienza nel campo dello sviluppo urbano sostenibile, in altreparti degli EAU, della regione e all'estero.

Quali sono le potenzialità del progetto in termini diinnovazione?

Diversificare il panorama energetico mondiale è una questio-ne fondamentale. Le energie rinnovabili sono parte del futu-ro e gli EAU sono pronti a mantenere la loro leadership nelsettore energetico. In effetti, riconosciamo i vantaggi econo-mici, sociali e ambientali derivanti dall’utilizzo di forme di ener-gia sostenibili. Anche se il mondo continuerà a fare affidamentosui combustibili fossili nel prossimo futuro, equilibrare il mixenergetico e introdurre fonti di energia più pulite è necessa-rio per aumentare la nostra sicurezza energetica e per pro-muovere lo sviluppo sostenibile. Masdar City utilizza l’ener-gia verde prodotta in sito dai pannelli solari collocati sui tettie dall'impianto a energia solare da 10 MW che mira a garan-tire l’approvvigionamento energetico della rete nazionale. L’im-pianto produce 17.500 MWh di energia pulita all’anno, unaquantità sufficiente per più di 1.000 abitazioni e che compor-ta una riduzione di 15.000 tonnellate annue di emissioni di car-bonio. I progetti pilota di ricerca di Masdar City, molti dei qua-li guidati o seguiti attentamente dagli scienziati e dagli studentidel Masdar Institute, stanno accelerando l’acquisizione di com-petenze scientifiche nel settore delle tecnologie verdi.

Pensa che il progetto Masdar City verrà esportato all’esteroin futuro come esempio?

Abbiamo raggiunto dieci anni di innovazione e questo ci haispirato ad alzare ulteriormente i nostri obiettivi per i pros-simi dieci. Il processo di progettazione e di innovazione cheè stato applicato a Masdar City al fine di sviluppare una cit-tà con una ridotta impronta di carbonio potrebbe essere ap-plicato a numerosi altri luoghi nel mondo. Con più della metàdella popolazione mondiale oggi a 7,3 miliardi) già residen-te in aree urbane e in procinto di raggiungere i 9 miliardi en-tro il 2030, Masdar mette in atto tecnologie e soluzioni vol-te a ridurre al minimo l’impatto ambientale delle comunitàurbane e a fornire un modello sostenibile, o “greenprint”, perconciliare la densità di popolazione urbana in aumento conuna migliore sostenibilità. In questo modo ci auspichiamo diessere un’ispirazione e un aiuto per gli altri.

• Prototipo Eco-Villa – progettodal design all’avanguardia cheverrà proposto in due versioni:quella standard, con un consumodi soli 97 kWh annui per metroquadro, oppure quella a “impattoenergetico zero”, con un consumoannuale energetico netto pari a zero grazie agli 80 pannellifotovoltaici di ultima generazioneche producono 40.000 kWh annuidi energia rinnovabile;

• Masdar Solar HubPhotovoltaic Test Centre – uncentro in grado di forniremisurazioni indipendenti e preciseriguardo alla performance,affidabilità e resistenza dei modulifotovoltaici, dei loro rivestimenti e delle attrezzature connesse;

• Masdar Solar Hub: CPVTesting Facility – una strutturadestinata a condurre test iniziali susistemi di concentratori fotovoltaicialle condizioni atmosferiche di AbuDhabi, allo scopo di migliorare il design e lo sviluppo delletecnologie dei concentratorinell’intera area del Medio Oriente;

• L’Electric Energy StorageSolutions Hub – un progetto che utilizza batterie di flusso redox(Redox Flow Batteries) in grado di sfruttare al meglio lo spaziodedicato all’accumulo dell’energiachimica la quale, al bisogno, saràpoi riconvertita in energia elettrica;

• Smart Home EnergyManagement System per l’Eco-Villa di Masdar City – con questoprogetto vengono messi a puntoalgoritmi di controllo intelligenti cheassicurano un consumo energeticoottimale, a beneficio delle famiglie;

• Masdar Institute for Scienceand Technology Field Station –una struttura ultramoderna e indipendente dotata di chiller a condensazione ad acqua e di un sistema di recupero rotativoa doppia ruota entalpica per la gestione dell’aria, nonché di sistemi di illuminazione diurnabasati su due collettori solari a tettoper l’accumulo dell’energia solare e di pannelli fotovoltaici integrati;

• Sono inoltre in corsoapprofondimenti volti a stabilire le possibilità di realizzazione delprogetto di teleraffreddamentogeotermico District CoolingPowered by Geothermal Energyper Masdar City.

Workin progress

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Il nuovo centro di ricerca di Masdar City che include il Masdar Institute of Scienceand Technology per lo sviluppo delle energierinnovabili ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti.

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Africa/Governi e istituzioni in prima linea per cambiare il volto energetico

Un impegno virtuoso

attuale crisi ha dato uno scossone al-l’economia globale conducendo ilmondo verso una fase di disruption,una svolta radicale che segnerà il fu-turo di individui e settori produttivi.I fattori coinvolti sono diversi e sonointerconnessi ai processi di cambia-mento tecnologico, politico ed eco-nomico in ambito energetico. Que-sto articolo intende sottolineare comel’energia del futuro non dipendaesclusivamente dai cambiamenti cli-matici o dalla carenza di risorse, masia correlata anche a molti altri ele-menti che contribuiscono, nel loro in-sieme, alla disruption, implicandocambiamenti sul fronte tecnologico,demografico e sociale, sulla transi-zione economica globale e sul rapidotasso di urbanizzazione. L’era dellefonti di energie non rinnovabili di tipoestrattivo non si concluderà solo pervia dell’esaurimento delle scorte di pe-trolio e gas naturale a livello mondiale,ma grazie all’implementazione ditecnologie e innovazioni avanzatepiù efficaci e rispettose dell’ambien-te. Come già detto, i cambiamenti ra-dicali in questo settore rappresenta-

no solo l’inizio di un processo di tra-sformazione energetica, pertanto leorganizzazioni internazionali e leimprese non possono assolutamentetrascurare, nell’elaborazione delleloro strategie, l’impatto dei megatrende dei cambiamenti che potrebbero ve-rificarsi nel mercato dell’energia.Il cambiamento climatico e la scarsi-tà di risorse sono considerati i due fat-tori principali che influenzano la po-litica del mercato energetico. Il set-tore, nel suo complesso, è responsa-bile per circa due terzi delle emissionidi gas a effetto serra, di cui oltre il 40percento proviene dalla produzioneenergetica. Di conseguenza, crescel’interesse in materia di energie rin-novabili in risposta sia al cambiamentoclimatico che alle preoccupazioni inmateria di sicurezza. Attualmente,molti paesi stanno passando a un ap-provvigionamento energetico pro-veniente da fonti di energia rinnova-bili e più rispettose dell’ambiente. Adesempio, solo negli USA, oltre il 30percento della nuova capacità di ge-nerazione elettrica aggiunta, nel pe-riodo dal 2010 al 2013, proviene da

fonti di energia solare ed eolica. I pan-nelli solari fotovoltaici (PV) oggisono presenti in più di 1,2 milioni dicase australiane. In Germania, nel2013, le energie rinnovabili rappre-sentavano il 24 percento del consu-mo lordo di elettricità, posizionandoil Paese leggermente al di sopra del-la traiettoria di crescita necessaria perraggiungere nel 2025 il target del40/45 percento. Tutte queste tra-sformazioni rappresentano segnalievidenti del cambiamento radicale inatto, che fa proprio leva su una tran-sizione verso le energie rinnovabili.Sfortunatamente, questa trasforma-zione è molto importante per i Pae-si in via di sviluppo, anche perchémolti di essi dovranno affrontareuna triplice sfida: soddisfare la do-manda esistente di elettricità, con-frontarsi con la sua elevata crescita edestendere necessariamente l’accessoalla fornitura elettrica a coloro chenon ne beneficiano ancora. Di con-seguenza, i progressi tecnologici sonoparte integrante del miglioramento diquesta risposta nonché un’opportu-nità di ampliamento della produzio-

L’ATEF MARZOUK

È capo unità del dipartimentoenergetico della CommissioneInfrastrutture e Energia dell’UnioneAfricana dal novembre 2015.Precedentemente è stato Senior PolicyOfficer presso il dipartimento delleenergie rinnovabili per le infrastrutturee l’energia nell’ambito dellaCommissione dell’Unione Africana.

Creare una rete infrastrutturalemoderna e accrescere il ricorsoalle energie rinnovabili, per estendere l’accesso all’elettricità, sono le sfide a cui l’Africa è chiamata a rispondere e per cui le risorse in campo sono sempre più consistenti

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ne energetica che potrebbe far com-piere un consistente balzo in avantialla tradizionale crescita della rete.

Demografia e tecnologia, i fattori che farannola differenza

Le innovazioni tecnologiche sonoal centro dei cambiamenti nel setto-re energetico. Le componenti del vec-chio modello costituito manifeste-ranno in futuro la loro inadeguatez-za facendo sorgere la necessità di tro-vare alternative più avanzate che uti-lizzino innovazioni tecnologiche mi-gliori. In numerosi ambiti le energierinnovabili stanno soppiantando, difatto o in potenza, i carburanti fossi-li grazie al maggiore spazio lasciatoalle innovazioni tecnologiche rivolu-zionarie e al maggiore interesse chestanno suscitando. Le smart grids ri-specchiano l’attuale possibilità di mi-gliorare l’interattività col cliente. Levarie innovazioni, in particolare lacombinazione di Internet, cellulari,motori di ricerca e cloud computingcon smart grids e contatori intelligenticostituiscono un modo, per le orga-

nizzazioni di servizi, di avvicinarsi aiclienti, svolgendo un ruolo impor-tante in materia di enti erogatori diservizi energetici e offrendo entusia-smanti opportunità per la produzio-ne di dati. La capacità di analisi co-stituirà inevitabilmente un parametrostrategico della qualità se, in futuro,le organizzazioni vorranno esserecompetitive con chi già fa di questacompetenza un punto focale dellapropria attività. Anche i cambia-menti demografici stanno influen-zando in maniera significativa la tra-sformazione energetica. Entro il2025, la popolazione mondiale rag-giungerà quota otto miliardi. Lo svi-luppo oscillante della popolazione inalcune regioni e il calo demograficoin altre contribuisce a determinare po-tenziali di sviluppo differenti neimercati energetici in diverse parti delmondo. In effetti, le stime prevedo-no che la popolazione africana rad-doppierà entro il 2050 mentre quel-la europea è destinata a diminuire.Nonostante il fattore di crescita de-mografica sia molto importante perle imprese energetiche, lo sviluppo in-

frastrutturale rappresenta una sfidaancora aperta in molti paesi e non tut-ti i mercati in crescita saranno pron-ti ad affrontare un’estensione a livel-lo mondiale. Le imprese che tente-ranno di attuare percorsi di espan-sione delle proprie attività nei Paesiin rapido sviluppo necessiterannoallo stesso modo di un’analisi accuratarelativa all’effetto della trasformazioneenergetica in questi stessi Paesi. Lapossibilità di eludere questo passag-gio e di arrivare direttamente alla dif-fusione locale di innovazioni tecno-logiche e modelli di business per il set-tore energetico non è inverosimile,qualora i progressi tecnologici e il calodei costi dovessero continuare a te-nere l’attuale passo di avanzamento.

Il ruolo dei capitaliinternazionali e la nuovaurbanizzazione La disruption energetica è altresìcorrelata alla transizione in atto nel-la crescita globale, che è il risultato diuna trasformazione in termini di po-tere economico. Abbiamo già osser-vato significativi flussi di capitali

venture sulle direttrici est-ovest e sud-est dei mercati energetici, riguardantisia gli investitori finanziari che gli in-vestitori corporate del settore ener-getico. Ad esempio, le società ener-getiche e di servizi pubbliche cinesisono molto attive nella ricerca di entiappropriati per l’erogazione di ener-gia elettrica a livello internazionale edi opportunità di investimento sullarete. L’Europa, il Sud America, l’Au-stralia e altre zone dell’Asia hanno tut-te rappresentato aree di nuovo svi-luppo. I fondi sovrani e i fondi pen-sionistici operanti nel settore ener-getico sono anch’essi diventati mul-tidirezionali. La sfida, per moltecompagnie energetiche, consiste nel-l’accedere agli scarsi capitali prove-nienti da questi flussi, minimizzandoil rischio di investimenti non recu-perabili e ricercando metodi alter-nativi per assicurare investimenti inbeni sostitutivi.Ultimo, ma non meno importante, ilfatto che i processi di crescente ur-banizzazione prenderanno ulterior-mente piede nei prossimi decenni.Entro il 2050, la popolazione urbana

2014 2015

0,6%

-22,6%

-0,9%

0%

2,3%

1,8%

-17,6%

-0,3%

-2,0%

-4,1%

0,6%

VAR.%RISERVE ACCERTATE DI GREGGIO [milioni di barili]

PIATTAFORME ATTIVE

PRODUZIONE DI GREGGIO [1.000 barili al giorno]

CAPACITÀ DI RAFFINAZIONE [1.000 barili al giorno]

DOMANDA DI PETROLIO [1.000 barili al giorno]

ESPORTAZIONI DI GREGGIO [1.000 barili al giorno]

IMPORTAZIONI DI GREGGIO [1.000 barili al giorno]

RISERVE ACCERTATE DI GAS NATURALE [mld di metri cubi standard]

QUANTITÀ COMMERCIALIZZATA DI GAS NATURALE [milioni metri cubi standard]

ESPORTAZIONI DI GAS NATURALE [milioni metri cubi standard]

DOMANDA DI GAS NATURALE [milioni metri cubi standard]

127.334 128.049

265 205

801,5 660,7

215.420,7 211.146,4

14.705,2 14.665,5

6.071,4 6.178,1

3.490,8 3.490,8

3.904,2 3.992,7

129.146,5 129.864,6

89.437,0 85.769,4

7.135,6 7.072,8

PE

TRO

LIO

GA

S

African oil&gas

Fonte: OPEC

56_60_Africa5.qxp 04/08/16 13:46 Pagina 57

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2013

2030

ENERGIE RINNOVABILI MODERNE

ENERGIE RINNOVABILI MODERNE

Utilizzo delle energie rinnovabili moderne nel 2013 (sopra) e 2030 (sotto)

4 9

Uso tradizionale delle biomasse

1,111,8

Uso tradizionale delle biomasse

EJ/a EJ/a

EJ/aEJ/a

La REmap 2030 è la Renewable Energy Map, una relazione redatta da Irenacon previsioni di scenario delle rinnovabili al 2030

Capacità di sviluppo di Opzioni REmap nel 2030

10 20 30 40 50 60 70GW

2013

20132030

20132030

2013

2013

2030

Africasettentrionale

Africaoccidentale

Africaorientale

Africacentrale

Africameridionale

MAROCCO42%

CAPO VERDE50%

LESOTHO35%

GHANA10%

SUDAFRICA13%

EJ = exajoule a = anno

Investimenti in miliardi USD (2015 – 2030)

TOTALE PRODUZIONE

GRANDI IMPIANTI IDROELETTRICI

ALTRE RINNOVABILIT&D

342

89

32

72

145

681

2

36

13

36

18

106

218

31

17

21

94

381

186

52

14

49

74

375

Esigenze cumulate d’investimento fra il 2015 e il 2030

Africasettentrionale

Africaoccidentale

Africaorientale

Africacentrale

Africameridionale

Totale

aumenterà almeno di 2,5 miliardi,raggiungendo il 66 percento della po-polazione mondiale. La veloce espan-sione metropolitana rappresenta unaimportante sfida e una nuova oppor-tunità per le società erogatrici dienergia elettrica. Il ritmo della crescitaurbana grava notevolmente sullo svi-luppo infrastrutturale. Le societàenergetiche possono giocare un ruo-lo fondamentale nel far sì che lenuove aree metropolitane diventino“gioielli di urbanizzazione” invece chesemplici “ammassi urbani”, guada-gnando una posizione di preminen-za nell’ambito dei nuovi piani di svi-luppo infrastrutturale, anche se que-sto richiederà un cambiamento dimentalità, un nuovo atteggiamento ela promozione di nuove prospettivedi collaborazione.

I programmi di sviluppoenergetico in AfricaIn passato la domanda energetica inAfrica è cresciuta in modo relativa-mente lento rispetto al resto delmondo e ora, a causa della moder-nizzazione dell’economia africana,insieme al progresso sociale, la ri-chiesta di nuova energia nel conti-nente sta avanzando molto più rapi-damente, a una media di incrementodel 5,7 percento all’anno. Le più re-centi previsioni parlano di un aumentodel consumo di energia pro capite di1.757 kWh entro il 2040, ovvero unincremento senza precedenti del 3,7percento l’anno. Di conseguenza,l’Africa sta affrontando una sfidaconsiderevole in termini di capacità fi-nanziaria e tecnica per garantire que-sto livello di sviluppo. Inoltre, un al-tro capitolo fondamentale riguarda ilsoddisfacimento della continua e cre-scente dipendenza dai prodotti pe-troliferi provenienti da risorse conti-nentali attraverso lo sviluppo di unarete di raffinerie rifornite con greg-gio africano e la realizzazione dei ne-cessari oleodotti per trasportare mag-giori volumi di prodotti petroliferi. In Africa, la questione energetica dimaggiore rilievo riguarda però lamodalità con cui accelerare l’accessoai servizi energetici più sostenibili emoderni. Permangono, in questosenso, numerosi ostacoli, tra cui: • livelli disomogenei di volontà po-

litica nei diversi Paesi; •mancanza di politiche efficaci e di

precisi quadri normativi e istitu-zionali;

•mercati energetici poco appetibiliper i potenziali investitori a causadella povertà;

• alti costi di investimento; • scarso livello di competenze e di ca-

pacità di attuazione; • database e sistemi di informazione

inefficienti a diversi livelli, sia perquanto riguarda gli Stati membriche le Comunità economiche re-gionali (REC) e continentali.

La sfida principale nel settore ener-getico in Africa riguarda il modo incui il continente saprà convertire leproprie importanti risorse energeti-che in servizi energetici sostenibili emoderni per soddisfare i bisogni fon-damentali delle popolazioni, non-ché per gli scopi produttivi. La Com-missione dell’Unione Africana (AUC)sta assumendo delle misure preciseper incrementare l’accesso a servizienergetici moderni tramite diverseiniziative che includono: 1 | Il Programma per lo sviluppo del-

le infrastrutture in Africa (PIDA),un piano continentale consolida-to nel quadro della collaborazio-ne tra Unione Africana (AUC),Banca Africana di Sviluppo (AfDB)e NEPAD-NPCA (Planning andCoordinating Agency), mirato a fa-cilitare l’integrazione a livello con-tinentale, mediante il migliora-mento delle infrastrutture regio-nali. L’implementazione del PIDArappresenta una priorità ed è divisain tre fasi a: breve termine (2012-2020); medio termine (2020-2030);e lungo termine (2030-2040). Il programma PIDA copre quat-tro settori che includono Energia,Trasporti, Tecnologie dell’infor-mazione e della comunicazione(ICT) e Acqua (a livello trasfron-taliero). I Piani d’azione priorita-ria (Priority Action Plan - PIDA-PAP) sono stati sviluppati e con-sistono in progetti di migliora-mento immediato che devono es-sere attuati a breve termine. IlPIDA è stato approvato dall’As-semblea dell’Unione Africana (UA)durante la 18ma sessione ordinariatenutasi ad Addis Abeba, in Etio-pia, a gennaio 2012 con l’obietti-vo di sviluppare il panorama in-frastrutturale in Africa e contri-buire alla costruzione della Co-munità Economica Africana deli-neata nel Trattato di Abuja del1991. I PIDA-PAP comprendonoquindici programmi/progetti, dicui nove riguardanti l’energiaidroelettrica e volti a generare lacapacità necessaria e incrementa-re l’accesso all’elettricità, quattrolinee di trasmissione regionali vol-te a collegare le centrali elettrichedel continente e a consentire unconsiderevole aumento del com-mercio e della cooperazione in-terregionale a livello energetico, unoleodotto e un gasdotto.

2 | L’organizzazione per la mitigazionedel rischio geotermico (Geother-mal Risk Mitigation Facility -GRMF), che è stata istituita dallaCommissione dell’Unione Afri-cana (AUC), dal ministero federaletedesco per la Cooperazione e loSviluppo Economico (BMZ) e dalFondo fiduciario UE-Africa per leinfrastrutture (EU Africa ITF) in

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num

ero

trent

adue

Africa green

56_60_Africa5.qxp 04/08/16 13:46 Pagina 58

2020

2010

n.d.

2011

2012

2013

2014

2015

2016

2017

2018

2019

2021

2022

2023

2024

2025

2026

2027

2028

2029

2030

Energia geotermicaLegna (utilizzata in stufe efficienti)

1%

Idroelettrica 28%

50%

Legna (utilizzata in stufe efficienti)

43%

Biomasse 3%Residui (industria) 10%Termosolare 1,5%Briquette (utilizzate in stufe) 1%Etanolo (utilizzato in stufe) 1,2%

CSP (Concentrating Solar Power) 0,2%Eolica 1%

Carbone (utilizzato in stufe efficienti)

4%

Carbone (utilizzato in stufe efficienti)

5%

Etanolo (utilizzato in stufe)1%

Energia

Calore

32%

68%

Briquette (utilizzate in stufe) 2%

Residui (industria) 4%Trasporto con biocarburanti 2%Biomasse 2%

Idroelettrica 14%

Eolica 11%Solare fotovoltaica 4%CSP (Concentrating Solar Power) 5,6%Energia geotermica 1%

Energia

Trasporti 2%

37%

Calore61%

7%Termosolare (edifici + ind.)

80 90 100 110 120

2030

2030

GABON80%

ERITREA50%

EGITTO14%

LIBIA10%

MADAGASCAR54%

MALAWI7%

MALI15%

MAURITANIA20%

NIGER10%

BURUNDI2,1%

ALGERIA40%

TUNISIA25%

SEYCHELLES15%

COSTA D’AVORIO20%

NIGERIA20%

KENYA5000 MW

Obiettividei Paesiafricani

in terminidi energierinnovabili

Quota dell’energia totale

Quota di elettricità

Capacità prevista

MAURITIUS35%

GUINEA8%

SENEGAL15%

ZIMBABWE10%

ETIOPIA6810 MW

NAMIBIA40 MW

GUINEA-BISSAU2%

GIBUTI30%

UGANDA61%

MOZAMBICO6000 MW

e altri

geotermica

Biomasse

Idroelettrica

Solare fotovoltaica

CSP (Concentrating Solar Power)

Eolica

Geotermica

Piccoli impianti idroel.

Solare fotovolt. distr.

AFRICAOCCIDENTALE

AFRICAORIENTALE

AFRICACENTRALE

AFRICAMERIDIONALE

AFRICA SETTENTRIONALE

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

Fonte: IRENA

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cooperazione con la Banca di svi-luppo pubblica tedesca KFW.L’obiettivo generale della GRMFè quello di incoraggiare gli svi-luppatori del settore pubblico eprivato fornendo sovvenzioni perfinanziamenti parziali destinati astudi di superficie e investigazio-ni di conferma delle riserve volti amitigare i rischi associati al-l’esplorazione di risorse geoter-miche. La fase 1 del progettoGRMF era indirizzata a cinquePaesi di prova che comprendeva-no l’Uganda, il Kenya, la Tanzania,l’Etiopia e il Ruanda. Nella se-conda fase dell’anno scorso il nu-mero di paesi è stato esteso, in-cludendo anche il Burundi, le Co-more, l’Eritrea, la Repubblica De-mocratica del Congo, il Gibuti ela Zambia.

3 | Il Quadro normativo e le linee gui-da in materia di politiche bioe-nergetiche in Africa rappresenta-no un’iniziativa congiunta dellaCommissione dell’Unione Afri-cana (AUC) e della Commissioneeconomica per l’Africa delle Na-zioni Unite (UNECA), che è sta-ta avviata nel 2010 per migliorarela sicurezza e l’accesso energetico,nonché lo sviluppo rurale nel con-tinente. Tale iniziativa intendeproporre principi e linee guida alleComunità economiche regionali(REC) e ai singoli Paesi per gui-dare le politiche e le normative re-lative alla promozione di un settorebioenergetico sostenibile. Allo sta-dio di sviluppo attuale questo pro-getto prevede alcuni passi succes-sivi da compiere tra cui:

• La pubblicazione e il lancio delQuadro e delle Linee guida afri-cane in materia di politiche bioe-nergetiche;

•L’organizzazione di un workshoprelativo alle attuali questioni di ge-nere nel Quadro e nelle Lineeguida;

• Lo sviluppo di nuove competenzeper i governi e le REC (Comuni-tà Economiche Regionali);

• L’individuazione dei programmibioenergetici ad alta priorità da svi-luppare a livello bancabile.

4 | Il Programma per lo sviluppo del-l’energia solare in Africa, com-

missionato all’AUC durante il 14°vertice dell’Unione Africana inprevisione di uno studio riguar-dante lo sfruttamento del poten-ziale energetico solare nel deser-to del Sahara. La prima fase del-lo studio riguardante la regione delSahara e dello shale è stata com-pletata, approvata e adottata du-rante il vertice dell’Unione Afri-cana del gennaio 2011. La secon-da e la terza fase dello studio sonoancora in corso e riguardano ri-spettivamente il deserto del Kala-hari e dell’Ogaden.

5 | Il programma “Hydropower”, nelquadro del quale l’AUC ha con-dotto uno studio volto a stimola-re lo sviluppo di importanti pro-getti idrici nel continente. Nel-l’ambito di questo programma,l’AUC ha organizzato un wor-kshop formativo dedicato al pro-getto Inga III e sul modo in cuimodellare un partenariato pub-blico-privato per il Ministero del-l’Energia e l’ente per l’erogazionedell’energia elettrica (SNEL). At-tualmente, il governo della Re-pubblica Democratica del Congosta seguendo questo modello pernegoziare lo sviluppo di questoprogetto con tre enti del settoreprivato.

6 | Il Partenariato Africa-UE nel set-tore dell’energia (AEEP) è una del-le otto partnership nel quadrodella strategia comune Africa-UE

che si concentra sui tre ambiti re-lativi ad accesso energetico, sicu-rezza energetica, energie rinno-vabili ed efficacia energetica con iseguenti indicatori:

• consentire l’accesso a servizi ener-getici moderni e sostenibili per al-tre 100 milioni di persone;

• incrementare la sicurezza energe-tica raddoppiando la capacità di in-terconnessioni elettriche tra-sfrontaliere, raddoppiando l’uti-lizzo di gas naturale, nonché rad-doppiando le esportazioni di gasafricano verso l’Europa;

• aumentare l’apporto delle energierinnovabili con 10.000 MW dinuova energia idroelettrica, al-meno 5.000 MW di energia eoli-ca, 500 MW di energia solare; tri-plicare le altre fonti di energia rin-novabile, ricorrendo alla geotermiae alle biomasse moderne e incre-mentando l’efficienza energetica intutti i settori. Il rapporto relativo allo stato at-tuale di implementazione dei pia-ni mostra che gli obiettivi indivi-duati verranno raggiunti nei tem-pi di realizzazione previsti e pre-vede, inoltre, che vi saranno 25.230MW di energia idroelettrica,3.490 MW di energia eolica, 3.100MW di energia solare, 4.570 MWdi energia geotermica e 4.780MW provenienti da altri fonticome quelle bioenergetiche. Sia glienti europei che quelli africanisono fortemente impegnati nelraggiungimento di questi tra-

guardi, prime fra tutti la Banca Eu-ropea per gli Investimenti e la Ban-ca Africana di Sviluppo, che for-niscono il maggior numero di ri-sorse.

7 | Altre iniziative a supporto del set-tore energetico e che riguardandol’AUC includono:

• Il programma Sustainable Energyfor All (SE4ALL), i cui obiettiviconsistono nel garantire un ac-cesso universale ai servizi ener-getici moderni entro il 2030, rad-doppiando sia il tasso di miglio-ramento in termini di efficienzaenergetica che la percentuale dienergie rinnovabili nel mix ener-getico globale. L’AUC è attiva-mente coinvolta in questa inizia-tiva in quanto parte della rete afri-cana sul programma del SE4ALLin Africa.

• I Consorzi energetici regionalilanciati dai REC per sviluppare in-frastrutture e mercati energetici in-tegrati a livello regionale.

• Il Programma di espansione ener-getica da parte degli Stati membriche hanno programmi e progettivolti a migliorare l’accesso ener-getico nelle aree urbane e rurali.

•L’iniziativa Power Africa, un pro-gramma dell’USAID lanciato nel2013, che sta programmando ilsuo intervento in Etiopia, Ghana,Kenya, Liberia, Nigeria e Tan-zania con l’obiettivo di incre-mentare di oltre 10.000 MW lacapacità di produzione di energiapulita ed efficace e di rendere di-sponibile l’elettricità per 20 mi-lioni di persone e per le impresecommerciali.

• L’Agenzia internazionale per leenergie rinnovabili (IRENA), laquale ha un programma di realiz-zazione di un Clean Energy Cor-ridor destinato ai consorzi ener-getici orientali e meridionali, lan-ciato nel 2013 e che mira ad ac-celerare la produzione di elettricitàtramite fonti di energie rinnovabiliin Africa, con la prospettiva diespandere la sua attività al resto deiconsorzi energetici regionali afri-cani. L’IRENA prevede anche unprogetto per la realizzazione di unatlante completo delle energierinnovabili in collaborazione conl’AFREC (African Energy Com-mission) per la mappatura dellefonti di energia nel continente.

• La Banca mondiale per lo svilup-po nella regione dei Grandi laghista sostenendo assieme ai REC larealizzazione delle infrastruttureregionali e sta catalizzando l’eco-nomia, anche tramite i progettienergetici dell’impianto idroelet-trico di Ruzizi e degli oleodotti del-l’Africa orientale.

IL POTERE DELL’ACQUATra le misure prese dallaCommissione dell’Unione

Africana (AUC) per incrementarel’accesso a servizi energetici

moderni, c’è il programma“Hydropower”, volto a stimolare

lo sviluppo di importanti progettiidrici nel continente.

Nella foto, una diga idroelettrica in Sud Africa.

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61

Cina/Il passaggio alle rinnovabili suscita ancora troppi interrogativi

Lo scetticismodel Dragone

a guerra dei prezzi del petrolio, ini-ziata alla fine del 2014, ha dato inizioal declino dell’intero settore, mentreCina, India e altri Paesi consumato-ri hanno beneficiato delle basse quo-tazioni del greggio. La Cina, adesempio, importa ogni giorno circa 7milioni di tonnellate di greggio; ognivolta che il prezzo del petrolio scen-de di 10 dollari, il Paese risparmia 400milioni di yuan. In futuro la regioneasiatica continuerà a sviluppare fon-ti energetiche, con la conseguenza cheil precedente modello di “concorrenzaper l’energia in Asia orientale” si in-debolirà. La cooperazione nel setto-re energetico, in Asia nord-orienta-le o nell’intero continente, offregrandi opportunità di finanziamentoe risorse. Il consumo di gas naturaleè in aumento nella maggior parte deiPaesi dell’Asia, ma molti giacimentisi trovano in località remote, e in que-sto senso l’Iran si trova in una posi-zione di vantaggio unica. Se il Paeseriuscirà a entrare rapidamente nelmercato asiatico del gas naturale, leprospettive di cooperazione tra l’Asiae il Medio Oriente aumenteranno diconseguenza.

Gli effetti della crisidell’economia mondiale sullo sviluppo cinese Il rallentamento della crescita del PILcinese non solo ha intaccato la per-formance dell’economia reale del-l’intero Paese, ma ha anche causatoturbolenze sui mercati finanziari glo-bali. Nel primo trimestre del 2016

LLIFAN LI

È professore associato di ricercadell’Accademia di Scienze sociali di Shanghai e Segretario generale del Centro studi di Shanghai per l’Organizzazione e la Cooperazione.

Complice anche il dinamismo delle compagnie oil&gas nazionali,Pechino pensa più ad efficientare il sistema attuale che ad imboccaredefinitivamente la strada della transizione energetica

CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

61_63_LifanLi.qxp 04/08/16 14:37 Pagina 61

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+14,5 % +6,4 % 0,0 %

ENERGIAIDROELETTRICA

TOTALE ENERGIERINNOVABILI*

ENERGIAMARINA

454.007 MW

519.748 MW

301.830 MW

321.230 MW

4 MW

4 MW

VAR.%+14,5 %

7 MW

+6,4 %

W

l’aumento del PIL cinese è stato del6,7 percento, in calo rispetto al 6,8percento del quarto trimestre del2015; non si registrava un aumentocosì basso dal primo trimestre del2009. Il tasso di crescita del PIL ci-nese, per l’intero 2015, è del 6,9 per-cento. Finché lo sviluppo del settoremanifatturiero e industriale cinese haavuto un andamento positivo, anchel’impiego di materie prime, macchi-nari, ecc. è stato altrettanto elevato.Al contrario, con il rallentamento del-l’economia nazionale, anche le im-portazioni da parte delle imprese ci-nesi hanno iniziato a diminuire. Adaprile di quest’anno le importazionicinesi sono diminuite del 10,9 per-cento, fino a 127,2 miliardi di dolla-ri, un notevole calo del 30,6 percen-to rispetto al picco di marzo 2013. Ildeclino della domanda cinese hacontribuito al calo delle esportazio-ni sui mercati internazionali. Il fe-nomeno si è rivelato particolarmen-te evidente nel settore energetico ci-nese, poiché le importazioni di greg-gio rappresentano il 6 percento del-le importazioni totali del Paese. Se-condo i dati dell’Energy InformationAdministration, le importazioni digreggio dall’OPEC rappresentanoil 58 percento delle importazioni to-tali di greggio cinesi. Di queste, lamaggior parte proviene dall’ArabiaSaudita, pari al 16 percento. In seguitoal crollo dei prezzi, i proventi del set-tore petrolifero dell’Arabia Sauditahanno subito un forte calo, costrin-gendo il governo ad operare tagli allaspesa sociale. Oggi, con la transizio-ne dell’economia cinese verso il set-tore terziario, la crescita della do-manda energetica è complessiva-mente in calo. A ciò si aggiungono laricerca e lo sviluppo di fonti energe-tiche rinnovabili a livello globale, cheindeboliranno ulteriormente il con-sumo di greggio in Cina. Pechino stainoltre promuovendo la diversifica-zione delle fonti d’importazione:un’ulteriore sfida per i produttori pe-troliferi in Medio Oriente. Il Paese hagià sostituito la quota di fornitura pro-veniente dal Sudan, dall’Iran e dallaSiria, incrementando gli scambi di pe-trolio con la Russia. In futuro, la par-te di greggio importata da Arabia Sau-dita, Angola e Oman si ridurrà inqualche misura, sempre a favore del-la Russia. Nonostante i prezzi più bas-si potrebbero stimolare un notevoleaumento dei consumi cinesi, nel pri-mo trimestre del 2016 le esportazio-ni saudite verso la Cina sono au-mentate solo del 7,3 percento. In fu-

turo, i Paesi membri dell’OPEC e iPaesi non OPEC (come Russia, Ka-zakistan e Iran) continueranno acompetere tra loro per la quota dimercato cinese. Con l’inizio del 2016la Cina ha aumentato le importazio-ni di energia a buon mercato dall’Iran,influenzando ulteriormente il mercatointernazionale del greggio, e la con-correnza per il mercato cinese po-trebbe intaccare la coesione dei Pae-si dell’OPEC.Le società del settore petrolifero e delgas in Cina e all’estero stanno assu-mendo delle iniziative per adeguarsialla nuova situazione e affrontare ilgrave problema del crollo prolunga-to del prezzo internazionale del pe-trolio, definendo “programmi com-pleti di ottimizzazione delle risorse,riduzione dei costi e aumento del-l’efficienza”, abbassando i costi di ap-provvigionamento attraverso la revi-sione dei contratti, riducendo il per-sonale per controllare il costo dellamanodopera e le spese per i dirigen-ti ed eseguendo valutazioni delleoperazioni per migliorare l’efficien-za produttiva. Al tempo stesso, alloscopo di tagliare i costi e migliorarel’efficienza, le società estere del set-tore mettono in atto il “secondosfruttamento” dei campi petroliferi,riducendo efficacemente il calo del-la produttività dei vecchi giacimenti,aumentando il tasso di recupero nelperiodo di concessione e puntandoalla massima efficienza produttiva. Leattività di prospezione all’estero siorientano su giacimenti altamente ef-ficienti e le ricerche di petrolio e gasin corso portano a numerose nuovescoperte. Le società estere del setto-re petrolifero e del gas realizzano pro-getti di cooperazione riducendo al mi-nimo il lavoro necessario, il periododi prospezione e l’estensione delle ri-cerche; l’esplorazione si orienta su gia-cimenti di rapido sfruttamento, comead esempio in Africa, e la frequenzadei progetti ad alto rischio geologi-co si abbassa, in particolare per quan-to riguarda i progetti di investimen-to in Medio Oriente. Di fronte allavolatilità del prezzo internazionale delgreggio, le imprese energetiche cinesi(principalmente CNPC, SINOPECe CNOOC) hanno avviato la strate-gia “Go out policy”, accelerando le fu-sioni e le acquisizioni di società ener-getiche estere. Nel 2015, la CNPCvantava più di 90 progetti di coope-razione oil&gas in oltre 30 Paesi, e hasostenuto i progetti per nuovi gasdottitra Iraq e Asia centrale e tra Cina eMyanmar. Il gruppo SINOPEC ope-

ra in 27 Paesi del mondo, con 53 pro-getti di cooperazione e investimentonelle sei grandi regioni dei giacimentidi petrolio e gas - Africa, America,Medio Oriente, Russia, Asia centra-le e Asia-Pacifico; sta inoltre sfrut-tando in cooperazione con la russaRosneft in due campi di petrolio e gasin Russia, con una partecipazione del49 percento nelle due società. Le at-tività estere della CNOOC rappre-sentano il 39 percento del patrimo-nio societario, la produzione di pe-trolio e gas all’estero rappresenta il42,3 percento di quella complessivae la società ha sottoscritto 206 accordidi cooperazione con 79 imprese pe-trolifere di 21 Paesi e regioni.

Rinnovabili, la nuovapassione di PechinoDopo la conferenza sul clima di Pa-rigi, inoltre, la Cina continua a por-tare avanti progetti di “cooperazionesud-sud”. Il Paese ha sottoscritto unmemorandum bilaterale di intesacon Egitto, Iran, e ha avviato un pro-gramma di donazioni di materiale edispositivi ecologici e sostenibili a variPaesi. Inoltre, nel periodo 2016-2017, continuerà a organizzare cor-si sul tema del cambiamento clima-tico, predisponendo centri di forma-zione per la risposta al cambiamen-to del clima nei Paesi in via di svi-luppo. Nel frattempo è già partito il“Fondo Cinese per la cooperazionesud-sud sul cambiamento climati-co” che, attraverso la formazione delpersonale al monitoraggio del clima,promuove tecnologie ecologiche neiPaesi sottosviluppati, nelle isole, neiPaesi dell’Africa e in altri Paesi in viadi sviluppo. Per realizzare la grandetrasformazione energetica cinese è in-dispensabile che la Cina controlli laproduzione dell’energia elettrica dalcarbone e migliori il quadro norma-tivo sull’efficienza energetica, otti-mizzando le politiche relative al “li-vello della domanda”. La Cina dovràottimizzare, entro il 2025, la politicadei sussidi, riducendo gradualmentei finanziamenti per i combustibilifossili e aumentando gli incentivi alconsumo di energia rinnovabile, sta-bilendo indicatori ragionevoli dellequote e della gestione dell’efficienzadelle energie rinnovabili. In una fasesuccessiva, tra il 2025 e il 2035, il Pae-se dovrà rafforzare e potenziare gliobiettivi relativi alla quota di energiarinnovabile, promuovere ulterior-mente lo sviluppo di energia soste-nibile e, nelle aree in cui le condizionisono particolarmente favorevoli, rag-

giungere almeno il 60 percento di for-nitura elettrica da energia rinnovabile.Nella terza fase, tra il 2035 e il 2050,sarà necessario continuare a pro-muovere lo sviluppo dell’energia rin-novabile, rafforzare e migliorare glistandard di efficienza energetica, e ap-plicare su ampia scala tecnologieecologiche a basse emissioni. È cosìche otterremo la grande trasforma-zione dell’energia in Cina. I disposi-tivi a energia pulita rappresentano unadelle principali direzioni di sviluppodelle apparecchiature energetiche.Il pieno sfruttamento dei fondi spe-ciali di costruzione per l’energia, delfondo di investimento per il settoredi produzione avanzato e del fondonazionale di venture capital per le in-dustrie emergenti sosterrà la ricerca,l’industrializzazione e il migliora-mento delle condizioni produttivedelle tecnologie essenziali. Entro il2020, il settore di produzione di ap-parecchiature energetiche diventeràun nuovo fattore di crescita trainan-te per l’industria cinese. Il livello tec-nologico e la competitività delle ap-parecchiature elettriche e di altri set-tori di punta garantiranno la leader-ship internazionale, portando allaformazione di gruppi di imprese pro-duttrici titolari di diritti di proprietàintellettuale e caratterizzate da mag-giore competitività.Lo sviluppo deciso della “transizioneenergetica” incentrata sulle alterna-tive ai combustibili fossili e la ridu-zione delle emissioni di carboniograzie alle fonti energetiche rinno-vabili è già al centro di numerose po-litiche energetiche nazionali. In Cina,però, l’attuale conflitto tra la “ne-cessità” e la “fattibilità economica”dello sviluppo dell’energia rinnova-bile, gli ostacoli a questo sviluppocreati dai gruppi di interesse delleenergie tradizionali e i fraintendimentipiù o meno volontari sul percorso disviluppo, fanno sì che il cammino disostituzione dei combustibili fossilicon l’energia rinnovabile sia arduo.Nel Paese esiste da sempre un para-dosso riguardo alla transizione ener-getica: da un lato si enfatizza lo svi-luppo dell’energia rinnovabile a livelloteorico e si continuano a introdurrepolitiche a supporto dell’energia rin-novabile; dall’altro ci si interrogasulle modalità con cui modificare il si-stema energetico esistente e fino a chepunto la struttura energetica nazio-nale, incentrata sul carbone, sarà ingrado di accettare la sfida, e quandoil Paese cesserà di erogare sussidi peril gas naturale.

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ChinaGreen20142015VAR.% 2014-2015

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0,0 %+26,6 % +53,5 % +8,9 %

ENERGIAEOLICA

ENERGIASOLARE

BIOENERGIA GEOTERMICO

114.604 MW

145.104 MW

28.061 MW

43.062 MW

9.480 MW

10.320 MW

27 MW

27 MW

+26,6 %

OLICA

114.604 MW

+53,5 %

NERGIASOLARE

28.061 MW

3.062 MW

+8,9 %

W * I dati relativi alla capacità delle energie rinnovabili mostrati rappresentano la quota massima di capacità generata al netto degli impianti elettrici e altri impianti che utilizzano fonti di energie rinnovabili per produrre elettricità.

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Le modifiche alle politiche sono og-getto di enorme resistenza e pressione,e gli ostacoli che si oppongono alla ri-forma sono in particolare i seguenti: 1 | la questione della transizione

energetica cinese è gestita da variministeri e commissioni, e ogniministero stabilisce autonoma-mente, nella propria area di com-petenza, le priorità, l’orienta-mento e i tempi. L’andamento e glieffetti delle politiche relative allatransizione energetica non sonosottoposti ad alcuna analisi e va-lutazione scientifica. Sono state in-trodotte numerose politiche enumerosi sono i problemi dellatransizione energetica, ma non c’èun ministero in grado di farsiavanti per correggere e risolverela situazione.

2 | L’attuale riforma del sistema ener-getico non riflette l’orientamentoe le esigenze della transizioneenergetica. Il problema della man-cata apertura del mercato nel si-stema energetico cinese, alla basedella scarsa efficienza di distribu-zione, è estremamente grave. Lavigorosa promozione rispetto aduna maggiore apertura rappre-senta già l’obiettivo e l’esigenzaprincipale della riforma del siste-ma energetico.

3 | I giganti dell’energia tradizionale(ovvero i diversi gruppi di inte-resse) non possono portare avan-ti l’avanzamento e i processi del-la transizione energetica. I gigan-ti dell’energia tradizionale sono na-turalmente i protagonisti dellatransizione energetica, ma la di-rezione e il progresso della tra-sformazione non possono esseredettati dalle società elettriche e daaltri giganti dei combustibili fos-

sili tradizionali, che possono trar-re benefici economici dal rallen-tamento del processo di transi-zione. A mio parere, soltanto se latrasformazione sarà guidata e por-tata avanti dallo Stato, con l’ado-zione di leggi e politiche quadro asupporto della transizione ener-getica, potremo evitare che l’avan-zamento e il ritmo della transizioneenergetica siano dettati dai gi-ganti dei combustibili fossili tra-dizionali.

4 | Gli investimenti nel settore del-l’energia devono andare oltre ilperseguimento di “effetti a brevetermine” o la “modifica del ritmoma non della sostanza”. Il sistemaenergetico dei prossimi 50 anni di-pende dagli investimenti di oggi.L’economia mondiale si trova, nelcomplesso, in una situazione di in-stabilità, la ripresa economicasembra un’utopia e in questa faseulteriori investimenti appaionoimpraticabili; gli investimenti at-tuali nel settore dell’energia de-vono soddisfare le esigenze dellatransizione energetica: non sonoammessi errori, o in futuro i costidella trasformazione del sistemaenergetico saranno molto più alti.

Sebbene la direzione della transizio-ne energetica sia simile in ogni Pae-se, la disponibilità di risorse energe-tiche e la struttura politica cambianoe determinano delle differenze a li-vello nazionale. Per questo è neces-sario prestare attenzione ai problemidi sviluppo della transizione verso leenergie rinnovabili in Cina.Innanzitutto, sussiste un enorme di-vario tra la necessità e l’urgenza del-lo sviluppo delle energie rinnovabi-li e la fattibilità economica dellatransizione. I piani di utilizzo e di

transizione energetica sono un pro-dotto della concorrenza di mercato.Attualmente il passaggio verso leenergie rinnovabili, a livello globa-le, si realizza sulla scia delle nuove li-nee guida internazionali che impon-gono di affrontare il cambiamentoclimatico e delle politiche sulle “emis-sioni di carbonio” approvate daiPaesi occidentali. La sostituzionedei combustibili fossili con le ener-gie rinnovabili avviene in una situa-zione che presenta ancora grandi po-tenzialità di miglioramento dell’ef-ficienza dei combustibili fossili; per-ché la sostituzione di energia ad altadensità con energia a bassa densitàper la “decarbonizzazione” sia ingrado di far crescere l’economia,devono sussistere differenze nette traPaesi sviluppati e Paesi in via di svi-luppo in termini di livelli di transi-zione e tasso di efficienza.Inoltre, la riforma degli attuali siste-mi energetici è in grado di acquisirenuove caratteristiche “adatte” allosviluppo delle energie rinnovabili? Laproduzione, il consumo e i sistemi ditrasporto su vasta scala dei combu-stibili fossili tradizionali sono stret-tamente correlati all’elevata densitàenergetica, alla possibilità di stoc-caggio e alla distribuzione irregolareche li caratterizza, mentre l’ampia di-stribuzione, la bassa densità energe-tica e l’impossibilità di stoccaggio del-l’energia eolica e dell’energia solarefanno sì che i modelli di produzionee di consumo locali rappresentino lascelta migliore. In Cina, i sistemi ener-getici attuali, pienamente corrispon-denti alle caratteristiche dei combu-stibili fossili, non possono certo tra-sformarsi consapevolmente in siste-mi energetici adeguati alle caratteri-stiche delle energie rinnovabili, poi-

ché spesso le società energetiche tra-dizionali ostacolano volontariamen-te questo processo a favore dei pro-pri interessi a breve termine.Ancora, come possiamo definirescientificamente un sistema di indi-cizzazione delle nuove fonti energe-tiche? La definizione di indicatorienergetici è un processo scientifico epolitico complesso. La Cina ha biso-gno di assumere criteri chiari di va-lutazione, in particolare per gli inve-stimenti nell’energia pulita: bisognacomprendere che il valore effettivodell’investimento in energia rinno-vabile non deve superarne il costo; oc-corre inoltre prestare attenzione agliobiettivi politici, ovvero alla dipen-denza dall’esterno; inoltre, per quan-to riguarda gli indicatori fisici del-l’efficienza, l’efficienza fisica è infe-riore rispetto ai Paesi sviluppati e inmolti casi il risparmio energeticonon risulterà ragionevole; lo stessovale per il sistema di indicizzazione.Infine, non esiste un solo tipo di ener-gia rinnovabile, come l’energia idroe-lettrica, l’energia eolica, l’energia so-lare o le biomasse, che abbia il po-tenziale per diventare la fonte ener-getica principale. La transizione ver-so le energie rinnovabili richiede lacombinazione di tanti elementi dif-ferenti. Le caratteristiche tecnologi-che dei diversi tipi di energie rinno-vabili non sono esattamente le stes-se: l’energia idroelettrica è essen-zialmente compatibile con i sistemienergetici attuali, l’energia eolica el’energia solare sono più adatte aun’ampia distribuzione di impianti abassa potenza, mentre le biomassepossono essere distribuite o centra-lizzate. Per riunire queste tecnologiedi sfruttamento energetico in un“nuovo” sistema energetico organi-co bisogna affrontare ancora un grannumero di questioni tecniche, orga-nizzative e istituzionali complesse.In qualità di grande potenza respon-sabile, la Cina deve adattarsi alla si-tuazione economica internazionale,alle nuove caratteristiche e cambia-menti del mercato energetico, ridu-cendo i costi e la perdita di interessiderivanti dalla transizione energeti-ca. Questa trasformazione porterà consé alcuni danni collaterali, ma l’in-troduzione graduale delle nuoveenergie aprirà la strada a una granderivoluzione e a profondi cambia-menti per tutta l’industria cinese, e sti-molerà la nascita di settori innovati-vi e processi produttivi moderni.

Edifici con riscaldamento da biomasse/teleriscaldamento 18%

Edifici con riscaldamento da biomasse/teleriscaldamento 7%

Calore termico solare 20%

Calore termicosolare12%

Calore geotermico 2%

Tradizionali usi di biomasse 45%

Energia geotermica 0,1%CSP (Concentrating Solar Power) <1%Eolico 2%

Energia da biomasse 3%

Energiada biomasse

1%

Biocarburanti 4%

Biocarburanti<1%

Industriariscaldamento biomasse 1%

Energia da biogas 1%Edifici industriali a biogas 4%

Fotovoltaico solare 6%

Eolico 17%

Energia idroelettrica21%

Industria riscaldamento biomasse 7%

Energia49%

Carburanti4%

Carburanti<1%

Calore47%

Energia29%

Calore70%

Calore geotermico 2%

* EJ = exajoule

Previsione 2030 - 23 EJ*2010 - 7,5 EJ*Setto

re en

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etico

Settore di utilizzazione finale

Setto

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Settore di utilizzazione finale

CINA, USO DELLE ENERGIE RINNOVABILI NEL 2010 E, IN PREVISIONE, NEL 2030

Fonte: IRENA

Fonte: IRENA

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e Americhe, sia quella del Nord chequella del Sud, custodiscono il mag-gior numero di risorse di idrocarbu-ri al di fuori del Medio Oriente. L’emisfero occidentale vanta il 33 per-cento delle riserve mondiali di pe-trolio, mentre il Medio Oriente nedetiene il 47 percento. Il potenzialegeologico è enorme, ma le risorse re-stanti sono in gran parte non con-venzionali (petrolio da scisti e petrolioextra-pesante) oppure si trovano inacque profonde, e di conseguenza icosti e i rischi sono più alti e la tec-nologia e il know-how diventanoancora più importanti.Negli Stati Uniti e in Canada, che de-tengono il 13 percento delle riservemondiali di petrolio, i prezzi elevatidel petrolio hanno alimentato una ri-voluzione energetica che ha portatoad un notevole aumento della pro-duzione di petrolio e gas. Negli ul-timi dieci anni la produzione di pe-trolio è aumentata del 73 petrolio, da9,9 milioni di barili al giorno (mbg)nel 2005 a 17,1 nel 2015. Al contra-rio, in America Latina, con il 20 per-cento delle riserve petrolifere accer-tate, la produzione di petrolio è di-minuita del 7,2 percento, da 11,1 mbga 10,3 mbg, e la regione ha perso più

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FRANCISCO J. MONALDI

È Baker Institute Fellow in Politicaenergetica dell’America Latina alla RiceUniversity di Houston. Fondatore e direttore del Centro per l’Energia e l’Ambiente presso la IESA (Institutode Estudios Superiores deAdministración) in Venezuela. Associato del Belfer Center pressol'Università di Harvard e Fellow non residente presso il Tecnológico di Monterrey, in Messico.

L’area, che da sempre ha unenorme potenziale energetico, ha avuto negli ultimi anni una performance deludente,soprattutto sul fronte dellaproduzione del greggio. La veraopportunità di crescita sta in unaamministrazione limpida, efficientee basata sul rafforzamento degli investimenti

America Latina/Il futuro potenzialmente luminoso dell’industria del petrolio

Il volano vero sarà una nuova politica

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di due punti percentuali relativi allaquota di mercato mondiale. Si trattadi un risultato straordinariamentedeludente, soprattutto perché è av-venuto durante uno dei momentipiù favorevoli di sempre per il prez-zo del petrolio. Anche utilizzando mi-sure alternative per valutare la situa-zione, si arriva alla stessa inevitabileconclusione: l’industria petroliferadella regione ha sciupato una grandeopportunità di crescita. La performance sottotono del-l’America Latina è stata causata ingran parte da cali della produzione intre Paesi (Messico, Venezuela e Ar-gentina), ed è stata in parte compen-sata dalla crescita in Brasile e Co-lombia. Tuttavia, anche il Brasile, chenegli ultimi due decenni ha registra-to sempre ottime performance, re-centemente è apparso poco efficien-te, e la sua società petrolifera nazio-nale naviga in acque travagliate. Il recente crollo del petrolio ha col-pito duramente l’industria petrolife-ra dell’America Latina, e sia gli in-vestimenti che la produzione stannodiminuendo rapidamente in tutta laregione. Nel 2016 il calo della pro-duzione potrebbe raggiungere i 400-500 mila barili al giorno, un brusco

calo pari al 4-5 percento in un soloanno, e il Venezuela e il Messico han-no registrato i cali più drastici. Tut-tavia è importante sottolineare che,anche se i problemi dell’industriapetrolifera dell’America Latina sonopeggiorati con il crollo dei prezzi delpetrolio nel 2014, le tendenze pro-blematiche sono precedenti a tale av-venimento. Il boom del prezzo del pe-trolio ha nascosto per lungo tempotendenze insostenibili che ora si sonofatte drammaticamente evidenti.Se la sua geologia è così interessan-te, e i prezzi si sono mantenuti ad unlivello tanto favorevole per più di undecennio, qual è esattamente la cau-sa delle difficoltà dell’industria pe-trolifera della regione? La risposta èla seguente: politiche petrolifere pocoefficaci, fasi di nazionalismo delle ri-sorse, e una non adeguata gestionedelle società petrolifere nazionali. Le fasi di un cieco nazionalismo del-le risorse hanno rappresentato una ca-ratteristica ricorrente dell’industriapetrolifera della regione, danneg-giando il potenziale di lungo termi-ne del settore. Durante gli anni delboom, 2003-2014, Argentina, Bolivia,Ecuador e Venezuela, hanno rinego-ziato i contratti e/o nazionalizzato il

settore petrolifero. Il Messico è ri-masto un monopolio di stato chiusoe inefficiente, sprecando una grandeopportunità per attrarre investimen-ti privati nell’industria petrolifera. An-che se il Brasile non ha cambiato icontratti con effetto retroattivo, hareso i futuri progetti in acque pro-fonde molto meno interessanti. An-che in Colombia, l’unico importan-te produttore di petrolio che non hapeggiorato le condizioni contrattua-li, l’ambiente politico generale si è fat-to meno favorevole per gli investito-ri nel settore petrolifero. Si può dire,in una certa misura, che gli investitoristranieri siano stati vittime del boomdei prezzi e dei loro successi nell’au-mentare la produzione e le riserve, inparticolare nei Paesi esportatori di pe-trolio.Come conseguenza delle tendenzeproblematiche in cui versa l’industriapetrolifera della regione, una nuovaondata di liberalizzazioni è iniziata afarsi strada anche prima del crollo delprezzo del petrolio; e come previsto,tale tendenza si è notevolmente raf-forzata a causa dei problemi finanziariche devono affrontare questi Paesi ele loro società petrolifere nazionali inseguito al crollo dei prezzi. Tuttavia,i costi in termini di reputazione perstrutture istituzionali così incerterenderebbero ancora più difficile at-trarre investimenti e sviluppare ilpieno potenziale della regione.Un altro motivo fondamentale che hadeterminato la situazione di sotto-sviluppo dell’industria petroliferadella regione ha a che fare con l’inef-ficienza, la mancanza di investimen-ti e la corruzione, che hanno afflittoi principali operatori, le società pe-trolifere nazionali (NOC). Il Brasile,il Messico e il Venezuela rappresen-tano insieme 3 barili su 4 prodotti nel-la regione e detengono più del 90 per-cento delle riserve, e di conseguenzaciò che accade in questi tre Paesi èfondamentale per capire il futurodell’offerta mondiale di petrolio. Leloro società petrolifere nazionali sonole maggiori della regione e tra le mag-

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giori del mondo. PDVSA (Venezue-la), Pemex (Messico), e Petrobras(Brasile) sono attualmente in pesan-ti difficoltà finanziarie, aggravatedalla caduta del prezzo del petrolio,ma tutte queste società avevano im-boccato già da tempo una strada in-sostenibile. PDVSA è stata smem-brata da Hugo Chávez, quando eglidecise di licenziare la maggior partedei suoi alti dirigenti e del suo stafftecnico. Da allora la produzione è incalo, anche se il Paese possiede lemaggiori riserve di petrolio nella re-gione. Pemex, fino a poco tempo fauna società monopolistica del setto-re petrolifero, ha effettuato investi-menti insufficienti per decenni, eciò ha portato ad un brusco calo del-le riserve e ad un crollo della produ-zione a partire dal 2005. Gli esuberidi personale, la corruzione e la poli-ticizzazione hanno rappresentatoproblemi storici per Pemex, come losono ora, in una misura senza prece-denti, per PDVSA. Petrobras, perlungo tempo un simbolo di orgoglionazionale per il Brasile, una delle po-che società petrolifere nazionali ingrado di intraprendere progetti in ac-que profonde, è stata coinvolta in unenorme scandalo di corruzione che hascosso il sistema politico del Paese.

VENEZUELAun Paese in crisiIn Venezuela, l’apertura del settorepetrolifero, avvenuta con successo, haparadossalmente contribuito a crea-re le condizioni che hanno poi por-tato alla nazionalizzazione del pe-trolio, mentre la stagnazione del set-tore, a sua volta, sta conducendo anuovo pragmatismo finalizzato adaffrontare il declino economico. Ne-gli anni Novanta del secolo scorso, difronte a prezzi bassi del petrolio, cri-si fiscali ricorrenti e significative esi-genze di investimento, il Venezuela haaperto il settore petrolifero agli in-vestimenti privati per i progetti più ri-schiosi e meno redditizi. Questo è sta-to un grande passo avanti rispetto alla

UN ESEMPIO ENERGETICOIl Brasile, negli ultimi due decenni,ha registrato sempre ottimeperformance, nella produzionepetrolifera, tanto da essereconsiderato un modello per le politiche di regolamentazionedel petrolio. nella foto, una vista di Ipanema e Copacabana.

MESSICO-21%le riserve di petrolio equivalente (13,02 milioni di barili nel 2014 / 10,24 milioni di barili nel 2015) Fonte: National Hydrocarbons Commission

VENEZUELA-50%il valore delle esportazioni di petrolio nel 2015 rispetto al 2014 (71.731 milioni di dollari nel 2014 / 35.802 milioni di dollari nel 2015) Fonte: Opec

BRASILE-3,8%il tasso di crescita economica nel 2015 Fonte: World Bank

ARGENTINA+23%la crescita prevista della produzione di petrolio entro il 2025 (da 531.000 barili/g nel 2015 a 653.000 barili/g nel 2025) Fonte. IEA

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nazionalizzazione del 1975, che resela società di proprietà statale PDVSAun produttore monopolistico. L’aper-tura ha attratto investimenti signifi-cativi da parte dei principali operatoriinternazionali, tra cui Exxon, Shell,BP, Chevron, Total, ed Eni portandoad un notevole aumento della pro-duzione di oltre un milione di barilial giorno (pari a oltre il 40 percentodei livelli di produzione attuali). Nel 1998 Chávez è stato eletto pre-sidente grazie alla retorica della na-zionalizzazione delle risorse, pro-prio quando i prezzi avevano tocca-to il fondo, ma non ha cambiato icontratti petroliferi esistenti fino al2005, dopo che tutti i grandi inve-stimenti erano stati già effettuati edi prezzi avevano oscillato in modo si-gnificativo. Il lungo e conflittuale pro-cesso di espropriazione che ne seguìha aumentato significativamente laquota del governo sui profitti. Ha in-fluenzato inoltre negativamente la re-putazione e l’attrattiva del Venezue-la, ritardando tutti i principali nuo-vi investimenti e generando elevaticosti opportunità in termini di pro-duzione futura e passata. Ultima-mente, poiché la produzione ha va-cillato e il regime ha avuto dispera-to bisogno di maggiori entrate, il rea-lismo ha spinto il governo a offrireagli investitori termini migliori emaggiori garanzie. Anche se gli in-vestitori hanno continuato a restaremolto cauti, il cambiamento di at-teggiamento del governo venezuela-no era palpabile. Il pragmatismo(oggi meglio descritto come dispe-razione) è diventato più evidentedopo il crollo dei prezzi, a causa del-la necessità urgente di aumentare gliinvestimenti e la produzione.PDVSA , che era considerata una del-le società petrolifere nazionali megliogestite al mondo, ha subito una im-portante battuta d’arresto nel 2003,quando Chavez ha licenziato la mag-gior parte dei suoi dirigenti e del per-sonale tecnico a seguito di una lottadi potere che portò ad un grande scio-pero nel settore. Da allora la societànon si è mai pienamente ripresa.Ha un numero limitato di risorseumane qualificate ed è stata in gradodi evitare il collasso della produzio-ne facendo leva sugli imprenditoristranieri e sulle joint venture in unambiente caratterizzato da prezzi fa-vorevoli. Tuttavia il numero dei di-pendenti è cresciuto di tre volte,mentre la produzione per dipen-dente è rapidamente scesa al livellopiù basso di sempre (fino a livelli si-mili a quelli di Pemex). Inoltre, la pro-duzione gestita interamente daPDVSA è crollata di oltre la metà ri-spetto al picco del 1998 ed è stata soloin parte compensata dalle joint ven-ture con partner stranieri. Il governo ha abusato delle risorse diPDVSA. L’indebitamento finanziario

della società è aumentato dai 3 mi-liardi di dollari USA del 2006 ai 44miliardi di oggi e i debiti nei confrontidei fornitori sono superiori ai 20miliardi di dollari. La società hainoltre richiesto ingenti prestiti allaBanca centrale per coprire le speseoperative in valuta locale. Nel com-plesso la situazione di PDVSA, cheera da ritenersi critica già prima delcrollo dei prezzi, è ormai disperata, ameno che i prezzi del petrolio nontornino a crescere. Solo una profon-da riorganizzazione della società e unosfruttamento intensivo di partnershipcon il settore privato possono inver-tire il suo declino.

MESSICO: il crollo dellaproduzione porta le riforme eil crollo dei prezzi le acceleraIl Messico ha rappresentato un’ec-cezione nel contesto dominato dalleliberalizzazioni degli anni Novanta.Ragioni storiche e ideologiche pos-sono spiegare questa sua ecceziona-lità, ma il fattore principale alla basedella mancanza di riforme è che laproduzione del Messico continuava adaumentare anche senza nuovi inve-stimenti importanti. Il grande giaci-mento di Cantarell, che ha prodottopiù di due milioni di barili al giornonel suo periodo di massima attività(cioè quasi i due terzi della produzionedel Paese), ha permesso al governo diimporre tasse eccessive e nasconde-re le grandi inefficienze della socie-tà petrolifera monopolistica Pemex.I costi futuri della mancanza di inve-stimenti non sono stati presi in con-siderazione dalla leadership politicae ancor meno dall’opinione pubblicain generale, e di conseguenza non siè avvertita alcuna fretta nel dare av-vio alle riforme. Quando la produzione di Cantarell hainiziato a crollare nel 2005, la neces-sità di riforme è diventata più evi-dente, ma i prezzi elevati del petro-lio l’hanno resa un problema menourgente. Tuttavia, poiché le spese inconto capitale di Pemex sono au-mentate di cinque volte ma sono ap-pena riuscite a rallentare il calo del-la produzione, la necessità di nuoveriforme è tornata a farsi sentire conforza. La produzione di Cantarell èdiminuita dell’85 percento rispetto alsuo picco massimo. Con l’elezione diPeña Nieto, gli intoppi istituzionalisono diminuiti e la riforma è final-mente stata approvata. Il Messico,come il Venezuela in passato, sta av-viando i progetti più rischiosi e/o mar-ginali, alcuni dei quali richiedonograndi investimenti e tecnologiecomplesse. Pemex ha conservato lamaggior parte delle riserve accerta-te e tutte le aree con costi di appaltoelevati e a basso rischio. Finora il pri-mo round di offerte di aree petroli-fere ha avuto un impatto limitato.Sono state assegnate poche zone in-

teressanti, e alcune offerte sono ri-sultate eccessivamente elevate, ge-nerando incertezza sulla portata de-gli investimenti che saranno con-cretamente effettuati. Nel dicembredel 2016 è prevista l’asta di aree in ac-que profonde. Tale asta rappresente-rebbe di gran lunga l’evento più ri-levante del settore; tutti si attendonoche la riforma upstream possa final-mente dimostrarsi rilevante con l’as-segnazione alle grandi società petro-lifere di aree ad alto potenziale. A differenza del Venezuela, il Messi-co sta costruendo strutture istituzio-nali molto più robuste per sostenerele riforme. Il Paese è inoltre anchemolto più integrato nell’economiamondiale rispetto ai Paesi limitrofi inSud America. Questi fattori potreb-bero garantire una vita più lunga peril ciclo degli investimenti. Tuttavia, sein futuro ci saranno incentivi per gliespropri, prezzi elevati del petrolio,importanti scoperte, e grandi inve-stimenti sommersi, non si può esclu-dere la possibilità di una modifica par-ziale della riforma, soprattutto inconsiderazione della sempre forteideologia nazionalista in Messico. Ineffetti, il popolare candidato di sini-stra alla presidenza, Lopez Obrador,ha minacciato di bloccare la riformase verrà eletto nel 2018.Nel 2015 Pemex ha registrato per laprima volta una perdita al lordo del-le imposte e ha dovuto tagliare gli in-vestimenti in maniera massiccia. Percomprendere la portata dei tagli, ba-sti pensare che il numero di piatta-forme petrolifere in funzione è sce-so da 44 nel mese di gennaio 2015 adappena 16 nel luglio 2016 (un calo del64 percento). Le agenzie di ratinghanno abbassato il rating del debitodi Pemex. Il governo è stato costret-to ad iniettare capitali per consenti-re a Pemex di pagare fornitori epensioni. Ha inoltre migliorato ilsuo regime fiscale, per limitare ulte-riormente le sofferenze finanziarie, eha sostituito la leadership della societàimponendo di tagliare i costi, venderebeni, e collaborare con aziende pri-vate. Il nuovo CEO Jose A. Gonza-lez Anaya, un economista molto sti-mato, si è mosso rapidamente inmodo da sfruttare le opportunità of-ferte dal nuovo quadro normativo espingere la riforma persino più avan-ti di quanto inizialmente previsto,concentrando la limitata capacità diinvestimento di Pemex nelle areepiù redditizie, e nello stesso tempocondividendo in una partnership,trasferendo o vendendo le attività noncore. Tuttavia gli ostacoli alla rifor-ma di Pemex rimangono enormi, inparticolare per un presidente debo-le come Peña Nieto.

BRASILE: è ancora il Paese del futuro?Anche se il Brasile è ancora un im-

portatore netto di petrolio, ha più chequadruplicato la sua produzione nelcorso degli ultimi due decenni, rag-giungendo i livelli di produzione delMessico e del Venezuela. Questosuccesso è in gran parte il risultatodella liberalizzazione del settore pe-trolifero avvenuta negli anni novan-ta, quando Petrobras, la società pe-trolifera nazionale, è stata in parte pri-vatizzata e il settore petrolifero si èaperto agli investimenti stranieri. Inquanto importatore netto, il Paese eraansioso di massimizzare la propriaproduzione e, fino a poco tempo fa,non si era mai concentrato sullosfruttamento delle rendite fiscali.Tuttavia la scoperta di enormi riser-ve off-shore in acque profonde ha co-minciato a cambiare gli incentivi sta-tali. A differenza delle sue contropartiin Sud America, il Brasile non ha na-zionalizzato o forzato la rinegozia-zione dei contratti. Tuttavia ha au-mentato la quota di partecipazionestatale per i futuri progetti offshore.Ha inoltre nominato Petrobras inqualità di operatore e ha avviato unapolitica ambiziosa per aumentare ilcontenuto locale degli investimenti.Inoltre la partecipazione di azionisti

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USA E CANADAVS AMERICA LATINANegli Stati Uniti e in Canada,negli ultimi dieci anni, la produzione di petrolio è aumentata del 73 percento,da 9,9 milioni di barili al giorno(mbg) nel 2005 a 17,1 nel 2015.Al contrario, in America Latinala produzione è diminuita del 7,2 percento, da 11,1 mbg a 10,3 mbg.

I TRE GRANDI PAESIIl Brasile, il Messico e il Venezuela rappresentano 3 barili su 4 prodotti nellaregione e detengono più del 90 percento delle riserve.La riduzione della produzionepetrolifera dell’America Latinaè stata causata soprattutto dai cali in Messico e Venezuelaed è stata in parte compensatadalla crescita in Brasile.

Andamentidellaproduzionepetrolifera

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privati in Petrobras è diminuita quan-do il governo ha scambiato riserve dipetrolio con quote societarie, con unamossa che molti analisti consideranouna forma di esproprio. Perciò, anche se il Brasile è stato con-siderato un modello per le politichedi regolamentazione del petrolio,gli effetti del suo successo e la pro-spettiva di diventare un esportatorenetto di petrolio hanno anche portatoad una versione più moderata del na-zionalismo delle risorse. Tutto ciò hagià avuto ripercussioni negative su-gli investimenti e la produzione, chenon hanno raggiunto i loro obietti-vi nel corso degli ultimi anni. Il pia-no di investimenti di Petrobas del2014 prevedeva una produzione di4,2 milioni di barili al giorno entroil 2020. L’ultimo piano di investi-menti ha ridotto la previsione a 2,8milioni di barili al giorno e tale cifrapotrebbe essere ulteriormente rivistaal ribasso. Lo scandalo corruzione che riguardai rapporti di Petrobras con i proprifornitori, conseguenza della politi-cizzazione del programma di finan-ziamenti locali, è stato un duro col-po per l’azienda e per il governo, e sta

avendo ancora ripercussioni impor-tanti sugli investimenti. La maggiorparte degli appaltatori locali è statacoinvolta. Nei primi mesi del 2016 lacapitalizzazione di mercato di Pe-trobas è crollata fino ad arrivare al 10percento del valore massimo regi-strato nel 2008.Alcuni timidi segnali suggerivanoche l’amministrazione Rouseff stes-se per tornare su posizioni più prag-matiche, in particolare a seguito del-la mancanza di interesse da parte de-gli investitori nel corso dell’ultima astaper le aree offshore e a causa del re-cente crollo del prezzo del petrolio.Dopo che il processo di impea-chment per Rouseff è stato avviato, ilpresidente ad interim Michael Temerha fatto sapere che sosterrà una ri-forma del quadro legislativo per dareun ruolo più importante al settore pri-vato nelle aree offshore e che rivedràle norme relative ai contenuti locali.Nonostante ciò, dal momento che ilBrasile sta diventando un esportato-re netto e i governi federali e regio-nali si trovano di fronte a una crisi fi-scale, i rischi di una pressione fisca-le sul settore del petrolio potrebbe-ro aumentare.

Il futuro del settore petroliferodell’America LatinaL’America Latina è stata tradizional-mente più incline a cicli di naziona-lismo delle risorse e di liberalizzazionirispetto ad altre regioni del mondo,forse a causa della combinazione didemocrazie basate su fazioni, debo-lezza dello Stato di diritto, e striden-ti disuguaglianze. Nel caso le circo-stanze dovessero tornare ad esserepropizie, le ideologie centrate sulla na-zionalizzazione delle risorse potreb-bero ritornare forti. Dopo un perio-do di investimenti significativi che au-mentano la produzione e le riserve inmaniera sostanziale, la modifica del-le norme potrebbe nuovamente di-ventare un argomento di interesse. Alcontrario, un prolungato periodo dibassi prezzi del petrolio potrebbecondurre ad un maggiore pragmati-smo e a liberalizzazioni. In generale,gli importatori netti o i Paesi che mo-strano sia produzione che riserve incalo e un portafoglio di progetti adalto rischio, potrebbero essere spin-ti ad aprirsi maggiormente. Le isti-tuzioni che incoraggiano i governi adadottare approcci a lungo termine,che limitano la loro capacità di rine-

goziare opportunisticamente i con-tratti già sottoscritti, potrebbero ri-durre gli effetti di tali volatili incen-tivi. Per attirare investimenti privatisarebbero utili sia delle agenzie di re-golamentazione indipendenti, cosìcome dei regimi fiscali e contrattua-li progressivi ed efficaci in grado ditassare i grandi profitti. Una pro-spettiva nazionale pragmatica ri-chiede una notevole partecipazionedel settore privato per contribuire asviluppare le risorse non convenzio-nali e di frontiera, con un quadro nor-mativo forte, che sia in grado di ri-scuotere le rendite e fornire incenti-vi al fine di sviluppare il pieno po-tenziale del settore. È probabile che le società petrolife-re nazionali rimangano i principali at-tori della regione, in quanto sono pre-senti in quasi tutti i Paesi produtto-ri di petrolio in via di sviluppo, ma senon verranno significativamente ri-formate il potenziale della regione re-sterà parzialmente inutilizzato. È ne-cessario operare una ristrutturazionedi queste società per concentrarsisui partner e sulle aree upstreamredditizie e a basso rischio, oppure ab-bandonare del tutto lo sviluppo del-le aree non core e delle zone di fron-tiera. La loro governance societariadeve essere rafforzata, fornendo loroautonomia finanziaria e operativa, magarantendo maggiore responsabilitàe l’esistenza di un vincolo di bilanciorigido. Avere azionisti privati non èuna panacea, come dimostra il casoPetrobras, ma potrebbe ancora rap-presentare uno strumento utile per di-sciplinare la gestione e ridurre lapoliticizzazione.L’industria del petrolio in AmericaLatina potrebbe avere davanti a sé unfuturo luminoso, dato che vanta ilmaggior numero di risorse al di fuo-ri del Medio Oriente, ma oltre alle po-litiche disfunzionali, ci sono altri ri-schi da prendere in considerazione.Nel breve termine il rischio più im-portante è un ambiente caratterizza-to da prezzi del petrolio bassi, che ren-de non competitivi i progetti ad altocosto. Nel lungo termine, l’indu-stria petrolifera regionale, come il re-sto del mondo, si troverà di fronte airischi derivanti dai cambiamenti cli-matici e dalle politiche per ridurnel’impatto, così come al rischio che ilpetrolio perda il suo ruolo di carbu-rante principale per i trasporti. I Paesi che dipendono dal petrolio,come il Venezuela e l’Ecuador, po-trebbero trovarsi a lottare per so-pravvivere, se non cambiano strada.Altri Paesi come l’Argentina, il Bra-sile, la Colombia e il Messico, anchese meno colpiti, potrebbero soffrirea causa dell’importanza economica delsettore petrolifero e a causa delle lorosocietà petrolifere nazionali.

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

USA+CANADA

AMERICA LATINA

2000

1990

-7,2%

+73%

2005

2015

2015

MESSICO

BRASILEVENEZUELA

Fonte: BP Statistical Review of World Energy 2016

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Artico/Le potenzialità di un’area strategica per il trasporto e per l’energia

Il petrolio e le nuove vie di navigazioneIl progressivo scioglimento dei ghiacci, dovuto ai cambiamenti climatici, sta determinando un interesse crescente delle superpotenze per il Polo Nord, che sarà attraversato dalle future autostrade del mare. La regione detiene, inoltre, ingenti riserve di idrocarburi

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

a Russia il 17 giugno scorso ha vara-to nei cantieri Baltijskj Zavod, a SanPietroburgo, la nave rompighiacciopiù grande e potente del mondo, al-meno per ora. È stata battezzata Ar-tika: un immenso leviatano d’acciaiolungo 173 metri e largo 34, con laprora simile al muso di uno squalo. Èpropulsa da due motori nucleari, ab-bastanza potenti da permetterle disbriciolare lastre di ghiaccio spessefino a quattro metri. L’entrata inservizio nei mari attorno al PoloNord è prevista nel 2017. Si tratta del-la prima di tre unità analoghe, l’ulti-ma delle quali sarà consegnata nel2020. Il valore del contratto è di 85miliardi di rubli, circa un miliardo e300 milioni di dollari. Quasi un ter-zo rispetto a quanto costeranno lerompighiaccio ancor più grandi, innumero ancora non definito, che in-tendono varare gli Stati Uniti, comeannunciato dal presidente BarackObama in persona: ciascuna costeràun miliardo di dollari. Gli Usa pos-siedono già tre rompighiaccio nu-cleari, due sole delle quali operative.Evidentemente non bastano, come hasottolineato sempre Obama nel cor-so di una sua visita in Alaska nel set-tembre scorso: “Le navi rompi-ghiaccio sono quel tipo di cose chenon possono essere rinviate”, ha det-to, perché servono alla “protezionedegli interessi nazionali e della ge-stione delle risorse naturali”. Anchei cinesi sono d’accordo: da tempo laChina Shipbuilding Industry Corp,una delle due principali società cine-si di cantieristica navale, ha fatto sa-pere che uno dei suoi centri di ricer-ca ha ottenuto dal governo l’appro-vazione e i finanziamenti per avvia-re lo studio della propulsione nu-cleare, con l’obiettivo di realizzare unarompighiaccio nucleare di produ-zione interamente nazionale. È ov-viamente il progressivo scioglimen-to dei ghiacci polari a determinarel’interesse delle superpotenze verso laregione più inospitale del globo.Dall’epoca dei primi rilevamenti sa-tellitari specifici, alla fine degli anniSettanta, i ghiacci dell’Artico hannoperso metà del loro volume e l’anda-mento non sembra fermarsi. Rispet-to al resto del mondo, il ghiaccio diquelle zone si scioglie a velocità dop-pia, sia pure con oscillazioni che i cli-matologi stanno valutando, alla ricercadi un modello che sappia spiegarle esoprattutto prevederle.

Le due rotte cheattraversano il Mar GlacialeNel 2007 l’Agenzia spaziale europea(Esa) ha dichiarato ormai totalmen-te transitabile il cosiddetto “Passag-gio a nord-ovest”, ovvero la rotta checollega l’Atlantico al Pacifico pas-sando attraverso l’arcipelago articocanadese, all’interno del Mar Gla-ciale, che in tempi storici era risul-

LSEBASTIANO FUSCO[AGENZIA NOVA]

È giornalista da oltre 40 anni. Si è occupato prevalentemente di politica estera e questioni relative a energia, difesa e geopolitica,collaborando a quotidiani, agenzie di stampa, riviste di settore ed emittentiradiotelevisive. Attualmente, è direttoreresponsabile di “Agenzia Nova”.

ALLA CONQUISTA DEL POLOLe principali potenze del pianeta – Russia, USA e Cina tra le altre – stannoinvestendo miliardi di dollariper dotarsi di navirompighiaccio. È del 17 giugnoscorso il varo della russaArtika, una gigantesca naved’acciaio lunga 173 metri e larga 34. Il progressivoscioglimento dei ghiaccidetermina un interesse, semprecrescente, per il Polo Nord.

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OCEANO ARTICO

C I RCOLO PO L ARE ART I C OMARE

DI NORVEGIA

MARE DI GROENLANDIA

MARE DI SIBERIA

MARE DI BEAUFORT

MAREDI LABRADOR

BAIADI BAFFIN

BAIADI HUDSON

MARE DI BERING

MARE DI CHUKCHI

POLO NORDPOLO NORD

ALASKA[STATI UNITI]

CANADA

ISLANDA

NORVEGIA

ISOLEFAER ØER

GROENLANDIA[DANIMARCA]

Passaggio a nord-ovest

OCEANO PACIFICO

OCEANO ATLANTICO

OCEANO ATLANTICO

Le strettoie da evitare

Lo Stretto di Malacca tuttora infestato dai pirati

CINA

INDONESIA

MALAYSIA

EGITTOPANAMA

Il Mar della Cina area politicamente instabile

Il Canale di Suez è sottoposto a noli gravosi

Il Canale di Panama è sottoposto a noli gravosi

tata sempre bloccata dai ghiacci. Laprima nave vi è transitata nel 2008,e nel 2013 è passato il primo cargocommerciale. Oggi, in estate, il pas-saggio è diventato meta di crociereturistiche. Un po’ più complessa la situazione del“Passaggio a nord-est”, la rotta cheraggiunge l’Oceano Pacifico parten-do dal Mare del Nord e proseguen-do nel Mare Glaciale Artico lungo lacosta della Siberia, fino ad attraver-sare lo Stretto di Bering e il mareomonimo per giungere alle costeorientali dell’Asia. Fino a non moltotempo fa era considerata una rotta pe-ricolosa per via della presenza dighiacci e iceberg, e non veniva com-presa nelle rotte commerciali ordi-narie fra la Cina e l’Europa: negli ul-timi 50 anni però, a causa del riscal-damento globale, la temperatura nel-le zone attorno al Polo Nord si è al-zata di circa quattro gradi, e questo fasì che per alcuni mesi l’anno i ghiac-ci non si formino. Da luglio a no-vembre la navigazione è ora possibi-le anche alle normali navi mercanti-li, con grandi vantaggi per le com-pagnie commerciali che trasportanole merci dalla Cina all’Europa. Il 10settembre del 2013 un cargo cinese da19 mila tonnellate, lo Yong Sheng, haraggiunto Rotterdam dopo esserepartito l’8 agosto dal porto di Daliansul Mar Giallo, percorrendo la rottadi nord est: ha impiegato 35 giorni in-vece dei 48 che prevede la consuetarotta a sud, che passa per il Mar Ci-nese, lo Stretto di Malacca, l’OceanoIndiano, Suez, il Mediterraneo, Gi-bilterra e costeggia l’Europa fino adattraversare la Manica. Non solo harisparmiato tempo e combustibile, maha anche evitato i costi del passaggioattraverso il canale di Suez. È anco-ra presto per dire se la rotta di nordest diventerà la via privilegiata per lemerci di Pechino dirette via mare inEuropa, ma il cargo cinese è stato ilprimo a dimostrarne la percorribili-tà, con vantaggio, almeno nei mesiestivi. Una percorribilità destinata aespandersi: secondo i climatologi, seil global warming continuerà ai ritmiattuali, fra il 2030 e il 2050 il Pas-saggio a nord-est sarà navigabile inpiena sicurezza in tutti i mesi del-

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• Nel 2007 l’Agenzia spazialeeuropea lo ha dichiaratototalmente transitabile.

• Nel 2008 l’ha percorso la prima nave.

• Nel 2013 l’ha attraversato il primo cargo commerciale.

• Oggi, in estate, è meta di crociere turistiche.

PASSAGGIO A NORD-OVEST

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MARE DI BARENTS

MARE DI KARA

MARE DI LAPIEV

RUSSIA

FINLANDIA

SVEZIA

Passaggio a nord-est

13%

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Il 13% di tutte le riserve convenzionali di petrolio sono racchiuse nell’Artico

Il 30% di tutte le riserve convenzionali di gas sono racchiuse nell’Artico

Pobeda: il maggiore campo petrolifero offshore della Siberia occidentale, nel Mare di Kara, equivale come potenziale a quello dell’intera Arabia Saudita.

l’anno. Un tempo abbastanza lungo,ma non tanto perché le nazioni checosteggiano l’Artico e che possono ac-campare diritti sui mari che lo cir-condano non si diano già da fare perdifendere i loro interessi.

A chi interessano le rotte tra i ghiacciPer ovvi motivi di contrapposizionestrategica, le nazioni maggiormentecoinvolte sono gli Stati Uniti e la Rus-sia, che fra l’altro proprio nell’Arti-co hanno il loro unico punto di con-tatto geografico, lo Stretto di Bering.Le due superpotenze evidenzianoun differente approccio, legato aquelle che storicamente sono le lorovocazioni in materia di strategia mi-litare. La Russia investe sulle navirompighiaccio e lo schieramento dibasi permanenti nell’Artico, mentregli Usa si affidano a sistemi tecnolo-gicamente avanzati, come sommer-gibili nucleari e velivoli stealth. Mo-sca punta sulle navi rompighiaccio percreare, in caso di conflitto, passagginella banchisa atti a spostare più ve-locemente le proprie unità navali.Washington si affida ai sommergibi-li per contrastare il naviglio nemicoe fungere da piattaforme per opera-re nelle distese artiche. Per questo, nelnuovo documento di strategia mili-tare approvato dal Cremlino, vienesottolineata la necessità di negare al-l’Alleanza atlantica il dominio delle“acque profonde”, dal Mediterra-neo all’estremo nord. Quelle chefra vent’anni potrebbero essere lenuove principali rotte navigabili delglobo evitano strettoie pericolosecome lo Stretto di Malacca, tuttorainfestato dai pirati; aree politica-mente instabili o contese, come il Mardella Cina; passaggi sottoposti a noligravosi, come gli stretti di Suez e Pa-nama, e in più accorciano i tempi dinavigazione. Al di là dello sforzo percontrollare le future autostrade delmare, c’è un altro fattore che sta ren-dendo rapidamente il Polo Norduna delle regioni più importanti delpianeta dal punto di vista geopoliti-co. Secondo stime che risalgono a unadecina d’anni fa, nell’Artico sonoracchiuse il 30 percento di tutte le ri-serve convenzionali di gas, il 13 per-cento di quelle di petrolio, e grandigiacimenti di una varietà di minera-li come uranio, oro o tungsteno.Stime certamente al ribasso, perchémancano analisi precise per la man-canza di esplorazioni. In questo sen-so, il paese che è più interessato a co-noscere la situazione è la Russia,che già ricava circa il 15 percento delPil da risorse che si trovano oltre ilCircolo polare artico. Il 15 giugnoscorso l’amministratore delegato diRosneft, Igor Sechin, ha detto che ilpotenziale del maggiore campo pe-trolifero offshore della Siberia occi-dentale, nel Mare di Kara, equivale a

quello dell’intera Arabia Saudita.“La compagnia sta consolidando lapropria posizione nella regione del-l’Artico. Diciotto mesi fa abbiamoscoperto il giacimento di Pobeda, nelMare di Kara, come risultato delleesplorazioni nell’estremo nord dellaFederazione russa”, ha spiegato Se-chin. Il Mare di Kara è una parte delMar Glaciale Artico compresa tra il60º e il 90º meridiano est, delimita-to ad ovest dall’isola della NovajaZemlja, che lo separa dal Mare di Ba-rents. In quest’ultimo, in un punto a85 chilometri dalla costa settentrio-nale della Norvegia, c’è qualcuno chegià estrae petrolio. Il 13 marzo scor-so, l’Eni ha annunciato l’avvio dellaproduzione del giacimento Goliat,nella Licenza 229, in una zona privadi ghiacci. Goliat, il primo giacimentodi petrolio ad entrare in produzionenel Mare di Barents, è stato sviluppatoattraverso la più grande e sofisticataunità galleggiante di produzione estoccaggio cilindrica del mondo, cheha una capacità di un milione di ba-rili di petrolio e che è stata costrui-ta con le più avanzate tecnologie peraffrontare le sfide tecnico-ambientalilegate all’operatività in ambiente Ar-tico. La produzione giornaliera rag-giungerà 100 mila barili di petrolio algiorno (65 mila dei quali in quotaEni). Secondo le stime, il giacimen-to contiene riserve pari a circa 180milioni di barili di petrolio. La pro-duzione avverrà attraverso un siste-ma sottomarino composto di 22 poz-zi (17 già completati), di cui 12 sonopozzi di produzione, 7 serviranno ainiettare l’acqua nel giacimento e tread iniettare gas. Goliat, inoltre, uti-lizza le soluzioni tecnologiche piùavanzate per minimizzare l’impattosull’ambiente. Riceve energia elettricada terra per mezzo di cavi sottoma-rini, il che permette di ridurre le emis-sioni di CO2 del 50 percento rispet-to ad altre soluzioni, mentre l’acquae il gas prodotti sono re-iniettati nelgiacimento. L’avvio di Goliat, rap-presenta una tappa importante nelpiano di crescita di Eni e contribui-rà in modo significativo alla genera-zione di cash flow. Nella Licenza 229Eni detiene una quota del 65 per-cento, mentre la norvegese Statoil de-tiene il rimanente 35 percento. Al dilà delle considerazioni economiche le-gate al prezzo del petrolio, ciò che èimportante in un investimento del ge-nere è il primato tecnologico rag-giunto con la realizzazione dellastruttura estrattiva più a nord del glo-bo. Quando i mari artici saranno piùaccessibili e le condizioni climatichemeno proibitive, a contare, più che idollari, sarà l’esperienza acquisitanel lavorare in condizioni estreme, nelpozzo più a nord che sia mai statosfruttato.

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CHANGES, CHALLENGES AND CHARGES

• Era considerato pericolosoper ghiacci ed iceberg.

• Per lo scioglimento dei ghiacci, la navigazione è ora possibile da luglio a novembre anche alle normali navi mercantili.

• Il 10 settembre 2013 un cargo cinese ha raggiuntoRotterdam in 35 giorni,anziché i 48 necessariseguendo la rotta a Sud che passa dal canale di Suez.

• I climatologi prevedono che tra il 2030 e il 2050 sarà navigabile in sicurezzaper tutti i mesi dell’anno.

PASSAGGIO A NORD-EST

Fonte: Dati elaborati dall’autore

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Alessandro Grassani(1977, Italia) è uno storyteller

che utilizza la fotografia comeprincipale forma

di espressione. Il suo lavoro lo ha condotto in oltre

30 Paesi del mondo perseguire eventi e raccontare

storie a sfondo sociale.Collabora, tra gli altri, con

il New York Times, il NationalGeographic e l’Espresso.Ha vinto numerosi premi

tra cui il Sony WorldPhotography Awards,

il Days Japan InternationalPhotojournalism Awards

e il Premio LuchettaInternational Award.

I suoi lavori sono stati espostialle Nazioni Unite e alla Royal

Geographic Society di Londrae in mostre e gallerie

in tutto il mondo.

Cambiare rotta si può

Samsø è un’isola situatanello stretto del Kattegat,tra la Svezia e la penisola

danese dello Jutland. Isuoi abitanti sono meno di

5.000 e sognano, condeterminazione, di

cambiare il mondo. Lanotizia è che ci sono

riusciti. Dal 1997 l’isola si èliberata dalla dipendenza

dai combustibili fossili:l’energia è pulita e

generata in loco grazie aturbine eoliche, pannellisolari, pompe di calore

geotermiche. Energia al100 percento rinnovabile,

che copre completamenteil fabbisogno interno e

produce ogni anno milionidi kWh di elettricità da

vendere alla Danimarca.Le turbine hanno

risollevato l’economialocale e interrotto

l’emigrazione dei giovani.

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Samsø è una delle tre isole ecologiche al mondo, le altresono l’isola di King in Australia e Utsire in Norvegia. Haun territorio di 114 Km2, di cui 8.100 ettari sono coltivati.L’agricoltura è tradizionalmente l’attività prevalente,insieme alla pesca. Nelle case, immerse nel verde, tuttigli elettrodomestici funzionano con l’energia del vento e il riscaldamento è assicurato dal sole. In particolare, le caldaie e le stufe a pellet sono alimentate da biomassedi trucioli e paglia, le pompe di calore da sondegeotermiche. Il parco eolico dell’isola è imponente: sono operativi 10 impianti offshore al largo delle costedel Mare del Nord e 11 turbine sulla terraferma, che sono entrate a far parte del paesaggio. L’obiettivo è raggiungere lo status “CO2 free” entro il 2030.

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Il futuro è dei robot?Le prospettive dell’intelligenza artificiale

La morte recente diAlvin Toffler, autoredi un libro sullo“Shock del futuro”che vendette

negli anni Settanta del secoloscorso qualche milione dicopie, ci ha ricordato che fu quello il momento in cui la futurologia divenne unodegli esercizi preferiti di studiosi e intellettuali. Ma il rischio dell’errore diprevisione è sempre moltoalto. Anche quando esistonole condizioni economiche etecniche per una particolarescoperta, non è infrequenteconstatare che i laboratoriabbandonanoimprovvisamente un tema per concentrarsi su un altro. Il motivo è quasi sempreeconomico: le scoperte sonogeneralmente costose e la scelta dell’obiettivo daraggiungere dipende daldenaro disponibile. Benchéfortemente motivato daipropri interessi, lo scienziatofinisce spesso per scoprirequello che gli viene richiestoda un finanziatore.

Il principale fattore di innovazionetecnologica è la guerra

Il fattore che hamaggiormente condizionatola nostra esistenza e hamodificato radicalmente i nostri costumi è la guerra. I “mecenati” che rendonopossibili i grandi mutamentisono molto spesso lepolitiche militari dei governi e le forze armate. Lo sviluppodell’aeronautica civilesarebbe stato molto più lentose l’aeronautica militare nonavesse fatto, nelle due guerredel Novecento, passi da gigante. Non avremmocostruito i primi computer se i servizi di intelligence non avessero avuto bisognodi un grande calcolatore per la decrittazione deicodici. Non avremmoconquistato lo spazio, con la cascata di invenzioni chene sono derivate, se il missile

non fosse stato un’arma dellaSeconda guerra mondiale ela Guerra fredda non avessedirottato fiumi di denaroverso la ricerca spaziale. Non avremmo Internet se le forze armate americanenon avessero avuto bisognodi una rete di “comando e controllo” particolarmenteestesa e rapida.Esistono oggi altri settori in cui la guerra può produrrecompetizioni così importanti?Il più interessante è quellodell’automazione edell’intelligenza artificiale. Sindalle sue prime apparizioninella letteratura e nellacinematografia il robot hasollecitato le nostre fantasie e popolato i nostri sogni. Le ricerche per la costruzionedi umanoidi sono cominciateda parecchi anni e uno dei laboratori più promettentiè quello dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova.Esistono già prodotti sulmercato programmati peralcune funzioni relativamentesemplici: aspirapolvere,macchine per la pulizia dellepiscine. Ma anche in questocaso il balzo in avanti dellaprossima generazione saràdovuto probabilmente all’usomilitare dei robot. I dronicolpiscono un nemico dal cielo e sono vulnerabili,ma i loro piloti sono al di làdell’Oceano e indossano uncamice bianco. Non esistealtra arma che rappresenti

così plasticamente lecaratteristiche di una guerraasimmetrica in cui la potenzaoccidentale deve evitare perquanto possibile la morte dei propri soldati, macolpisce spesso, insieme al bersaglio, coloro che eranomalauguratamente neiparaggi. Non menodiscutibile è il robot-bombacon cui la polizia di Dallas,nello scorso luglio, haeliminato l’ex militare afro-americano che, a sua volta,aveva ucciso 5 poliziotti pervendicare i numerosi ragazzineri uccisi delle polizieamericane negli scorsi mesi.

L’automazione pone problemi giuridici e morali

I maggiori progressidell’automazione sarannoprobabilmente nel campodelle comunicazioni e deitrasporti. La rotta di un aereoo di una nave è già governatada un computer. Quantotempo sarà necessario primache le automobili possanofare a meno dell’autista?Naturalmente occorreràpreparare l’intelligenzaartificiale di una vettura adaffrontare tutte le circostanzeche possano verificarsi lungola strada. In un libropubblicato dal Mulino(“Umani e umanoidi. Viverecon i robot”) RobertoCingolani e Giorgio Metta,scienziati dell’Istituto italiano

di Tecnologia, scrivono chefra l’uomo e il robot esisteuna fondamentale differenza.Un uomo ha doti (elasticità,forza, deformabilità, relatività)che gli consentono di“elaborare strategie peradattare in tempo reale il corpo alle necessità, allesituazioni e ai cambiamenti,riducendo enormemente lanecessità di calcolare ognivolta il da farsi”. Nel robot,invece, il cervello è separatodal corpo e “una intelligenzache dirige un corpo èqualcosa di molto diverso da un corpo e da una mentesinergici”.Accanto ai problemi tecnicibisognerà affrontare problemigiuridici e morali, scriverecodici che attribuiscano alproprietario di un robot laresponsabilità dei suoi errori,modificare l’urbanistica perrendere la circolazione piùfluida, risolvere il problemasociale di tutti coloro chel’automazione renderàobsoleti. Alla fine del XVIIIsecolo, in Inghilterra, glioperai distruggevano i telaimeccanici che “rubavano” il loro lavoro. Il fenomeno sichiamò luddismo, dal nomedi un giovane (Ned Ludd) che aveva dato l’esempio, e riapparve più o menoregolarmente in occasione dialtre innovazioni. Assisteremoa manifestazioni di luddismocontro i robot? E comereagiremo se non facendouso, per ristabilire l’ordine, di robot poliziotti?

Sergio Romano è statorappresentante dell’Italia alla Nato e ambasciatore in Unione Sovietica 1985 al 1989. Dopo le sue dimissionidalla carriera diplomatica, hainsegnato in università italianee straniere. È autore di libristorici e politici, editorialistadel Corriere della Sera.

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La geopolitica dell’innovazione energetica

Iprocessi d’innovazionetecnologica in ambitoenergetico stannostravolgendo iltradizionale approccio

di governi, industria e cittadininei confronti del mondodell’energia. Nel settore degliidrocarburi, ad esempio, larivoluzione non convenzionalein atto negli Stati Uniti,l’espansione del mercatoLNG e la progressivaglobalizzazione ecommoditizzazione del gasnaturale hanno profondeimplicazioni per i produttoritradizionali – OPEC in primis –e per le loro relazioni con i paesi consumatori. Il grosso, tuttavia, deveancora arrivare, e saràdeterminato dalla rapida e dirompente diffusione di energie rinnovabili etecnologie low-carbon suscala globale. L’accelerazionenella lotta al cambiamentoclimatico determinatadall’Accordo di Parigi, infatti,è accompagnata daambiziose strategie eprocessi di innovazionetecnologica introdotti daigrandi player internazionali(pubblici e privati), in grado di sconvolgere il modo in cui l’energia viene prodotta,gestita e consumata tanto su scala globale quanto a livello locale.

Gli Stati Uniti e la rivoluzione nonconvenzionale

Nel giro di un anno e mezzo,il prezzo del greggio ècrollato dai 114 dollari al barile del giugno 2014 ai 27 dollari del febbraio2016. Le ragioni di questacaduta sono da attribuireprincipalmente alle sceltedella casa reale saudita di sfidare i produttori shaleamericani, che grazieall’introduzione e al

progressivo miglioramento di tecnologie quali l’hydraulicfracking e l’horizontal drillingsono riusciti a riportare laproduzione a stelle e strisceoltre i 9 milioni di barili al giorno nel 2015, quasi il doppio rispetto al 2010.Anche nel settore del gasnaturale, il boom dellaproduzione americana,accompagnatodall’espansione dellacapacità di liquefazionemondiale e dalla riduzionedei costi di trasportodell’LNG, ha forti implicazionisulle dinamiche di mercato a livello regionale e globale.Ne sono un esempio il crollodei prezzi del gas e laprogressiva convergenza tra i valori sul mercato asiatico e nei principali hub europei, e il loro impattodestabilizzante sulle strategiedi attori meno solidi e suiprogetti meno competitivi.

La Cina guida il boomdelle rinnovabili

Nonostante il crollo del prezzodel greggio, il 2015 è stato unanno record per lo sviluppodelle energie rinnovabili. Gliinvestimenti globali nel settorehanno raggiunto i 286 miliardidi dollari, con una crescita del 5 percento sul 2014 e seivolte tanto rispetto al 2004.Inoltre, per la prima volta inassoluto, le rinnovabili hannocontribuito a oltre metà dellanuova capacità digenerazione elettrica installataa livello mondiale (53percento), per un totale di 118GW contro i 94GWdell’anno precedente.Le economie emergenti sonoal centro di questa crescitasensazionale, con investimentitotali pari a 156 miliardi didollari (+19 percento rispettoal 2014) contro i 130 miliardidi dollari investiti dai paesiindustrializzati ( -8 percentorispetto all’anno precedente).La sola Cina, in questaspeciale classifica,contribuisce a oltre un terzo(103 miliardi, 36 percento)

degli investimenti globali,facendo registrare unincremento nazionale annualedel 17 percento, davanti a India, Brasile, Sud Africa e Cile, i cui investimenti in aggregato hanno sfiorato i 30 miliardi di dollari.Alla luce del crollo dei prezzidel petrolio e del gas, e dellerelative entrate finanziarieinternazionali, anche i principali produttori di idrocarburi dell’areamediorientale hanno avviatoun significativo processo di riforma dei loro settorienergetici. Nonostante intermini assoluti i numeri sianoancora modesti rispetto a quelli delle grandi economieemergenti, nella regioneMedioriente/Africa la crescitaannua degli investimenti inrinnovabili ha fatto registrareun +58 percento, miglior datoin assoluto a livello globale.Particolarmente attivi sono i governi del Consiglio di Cooperazione del Golfo(GCC), che pressatidall’esigenza di prendere ledistanze dall’attuale modelloeconomico basato sullerendite da idrocarburi, stannopromuovendo ambiziosepolitiche per la riduzione dei sussidi energetici e lo sviluppo delle rinnovabili.

Stravolgimenti globali

Questi trend potranno avereuna serie di conseguenze nontrascurabili, tanto a livellointernazionale quanto sulpiano locale. Nel settore degliidrocarburi, la ridefinizione dei fondamentali di mercato,l’affrancamento americano dalpetrolio del Golfo Persico, lostato di confusione all’internodell’OPEC, le difficoltàfinanziarie della Russia, maanche la crescente sicurezzaenergetica europea grazie allaflessibilità introdotta dai prezzibassi del gas e

dall’espansione del mercatoLNG, sono alcuni degli effettipiù evidenti.Ancor più significativepotrebbero essere leimplicazioni della diffusione ditecnologie low-carbon a livellointra-statale, in particolare neipaesi produttori di idrocarburidi Medioriente e Nord Africa e nei paesi in via di sviluppodell’Africa sub-Sahariana. Il progresso tecnologico inambito energetico, infatti, nonsoltanto potrà rappresentareun volano fondamentale perfavorire processi di sviluppoeconomico equo e sostenibilein ampie aree del globo, maha il potenziale per alterareirreversibilmente rapporti di potere e dinamiche socio-politiche consolidatesinegli ultimi decenni.Basti pensare a come la massiccia penetrazione di tecnologie per laproduzione, la distribuzione e il consumo decentralizzatodi energia possano renderedefinitivamente obsoleto ilmodello verticistico basato suforniture energetiche garantitedall’autorità pubblica incambio della sostanziale noningerenza della popolazionenella vita politica. L’effettodemocratizzante delladiffusione di nuove tecnologienel settore energetico, nonchéil crescente attivismo di attoriprivati in un settore in passatofortemente imbrigliato da meccanismi di controllopubblico, può pertantoportare a stravolgimentistraordinari in ambitoeconomico, politico e sociale,forse non del tutto previstinemmeno dalle parti in gioco.

Nicolò Sartori è Senior Fellow e Responsabile del ProgrammaEnergia dello IAI, dovecoordina progetti sui temidella sicurezza energetica, con particolare attenzionesulla dimensione esterna della politica energeticaitaliana ed europea.

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La rivoluzione del web e le “facili promesse” della tecnologia

Come per il restodel mondo,anche perl’energia è “la connessione”

il più profondo cambiamentodi questi anni. La rotturatecnologica portata daimicroprocessori, diventatisempre più piccoli, hapermesso l’esplosione delleinformazioni e, allo stessotempo, la loro diffusioneesponenziale attraverso unaRete cui tutti sono connessi. I telefoni cellulari, già di per séimportante innovazione, sonodiventati in pochi annicomputer portatili, postazionida cui, in ogni istante, miliardidi persone condividononotizie provenienti da unenorme e differente numero di fonti. I tanti aspetti positivinascondono la bassaattendibilità scientifica delle molte informazioni che circolano, la volontà degli utenti di navigare in superficie, senza maiapprofondire gli argomentiche, invece, data la lorocomplessità, richiederebberomaggiore impegno e tempo.

Cambiamenti climatici,tra evidenze scientifichee teorie del complotto

L’energia per la suapervasività coinvolge tutti,soprattutto nella fase diconsumo finale. Quando la gente accende la luce, fa il caffè, il pieno dellamacchina, o prende l’aereosa che il consumo di energia,per lo più fossile, inquina e causa le emissioni di CO2

che origina il cambiamentoclimatico. L’argomentodiventa una fonte constantedi notizie, dibattiti,discussioni, così il cambiamento climatico,causato dall’energia, è l’emergenza planetaria. In Rete circola un enorme

flusso d’informazioni, maquelle più utilizzate sonoquelle facili, le più banali,mentre la credibilità dellascienza è messa sempre indiscussione. Le notizie checatturano l’attenzione sonoquelle negative, non certoquelle positive, enecessariamente chi leproduce deve calcare lamano per attivare il click suquella pagina, dove è messala pubblicità per cui ilredattore è pagato. Teoriecospirative, sempre presentiin tutti i dibattiti, si diffondonoe trovano credibilità per la moltitudine che viaggia in superfice e che è catturatada scenari apocalittici e da facili accuse.Ingiustamente le fontirinnovabili sonocontrapposte a quelle fossili,come fossero già oggi l’unicasoluzione, dimenticando che solo in futuro lo potrannoessere e con tempi che sonotutt’altro che certi. Le difficoltà tecniche delle rinnovabili, la lorointermittenza e scarsaprevedibilità, le difficoltà distoccaggio, sono tutti aspetticomplessi che sul web nonc’è tempo, né voglia di discutere. Meglio seguirel’entusiasmo per facili“promesse” tecnologiche,

come le batterie o l’autoelettrica. Il loro arrivo è sempre questione di pochi mesi, ma vienecostantemente rinviato, tanto sulla Rete, sempre per superficialità, la memoria è molto corta.

Il mercato dell’energiaentra in Borsa

In ambito strettamenteeconomico, la rottura piùprofonda è lafinanziarizzazione che,ovviamente, ha investitoanche l’energia. Le società,quelle che portano l’energiatradizionale, sonocostantemente sottopressione da parte dellacomunità finanziaria, anchequesta connessa alla Rete,che vuole un cambiamentoper salvare il futurodell’umanità. Gli investitoridispongono, diversamentedal passato, di enormi capitaliche, grazie alla tecnologia,spostano velocemente dauna società all’altra anche in base ai giudizi sul profiloambientale dei loro progetti. È cresciuta così la finanzaresponsabile, quella che è

sensibile agli aspetti etici dellasostenibilità e che richiedemaggiore impegno perché i loro investitori, connessi alla Rete, lo chiedono. Nel frattempo, la fratturazionedelle rocce negli USA o l’elaborazione di volumienormi di dati del sottosuolo,sono innovazioni tecnologichemeno discusse in Rete,spesso criticate, ma sonoquelle che consentonoall’offerta globale di energia di crescere più delladomanda e portare a miliardidi persone l’energia di cuihanno bisogno a prezziultimamente più bassi.Quanto risparmieranno per l’acquisto di energia, lo potranno spendere ancheper comprare un nuovocellulare per navigare piùvelocemente sul web.

DAVIDETABARELLI

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Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia dal 1990,è stato direttore del RIE, dovesi è occupato di progetti diricerca sull’industria elettricae sulle politiche ambientali.Pubblica sulle principali riviste dedicate ai temi energetici.

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La candidaturarepubblicana di Donald Trumpsembra riproporci(ma forse non è così)

un film già visto nella corsa perle presidenziali USA: da un latoHillary Clinton che rappresentala parte democratica più“governativa” e che dovràmediare le proposte di BernieSanders, dall’altro lato ilcampione dei repubblicani che difende l’atteggiamentopiù duro del suo partito, quello che dal punto di vistaideologico trova le sue radicinel cosiddetto Tea Party e, andando ancora a ritroso,nel fondamentalismo cristianorurale. In questo senso, la maggior parte dei giornalidegli ultimi mesi ha proposto il confronto tra Trump e ladirigenza del partito scegliendocome parametro comparativola battaglia tra Barry Goldwatere Nelson Rockefeller nel 1964con la contrapposizione di unavisione più o meno dura delconservatorismo politicostatunitense. Ma è veramentecosì? Certamente non siamo ai tempi di Ronald Reagan e dell'appoggio di Jerry Fallwelle della costituenda MoralMajority, ma la parola“fondamentalismo” hacomunque un grossosignificato nelle filarepubblicane, soprattutto per le sue nuove (e impensabilinel passato) implicazioniinternazionali che sembranorappresentare anche il puntopiù difficile da affrontare per Trump.

Un’idea di libertà cheabbraccia l’integralismo

È a livello internazionale, infatti,che il fondamentalismo “madein USA” sembra poterrappresentare il nuovo “imperodel male” di reaganianamemoria, e con esso dovràfare i conti Trump: spiegareche si è contro ilfondamentalismo è piùsemplice per un candidatodemocratico e “liberal”,rispetto a quanto non sia,

o sarà, per un candidatorepubblicano che vogliaconquistare i voti dei “suoi”fondamentalisti. Di fatto, gliepisodi di violenza che si sonoverificati negli Stati Uniti, inparticolar modo quelli legati asingoli individui che irromponoin una scuola o in altri luoghipubblici e sparanoall'impazzata, sembranorichiamare fondamentalismi didiversa matrice, contribuendoalla confusione culturale e politica. Hanno buon giococoloro che notano come gliatteggiamenti culturali di OmarSeddiqqe Mateen, il fondamentalista islamicoartefice del tragico attentato di Orlando, siano assimilabili al fondamentalismo cristianoultranazionalista del sud degliStati Uniti piuttosto che aqualcosa di estraneo alla storiae alla cultura americana.Mateen si scagliava contro il multiculturalismo, gliomosessuali, le politiche socialie le altre libertà civili garantiteda Costituzione e leggiamericane; il fatto che abbiagiurato fedeltà all'Isis aggiungesolo un elemento di contestoche non cambia la situazionedi fatto e, cioè, che un diversobackground culturale, con sueproprie radici, riesca adintegrarsi perfettamente conquelle del fondamentalismocristiano degli stati del suddegli USA. Si tratta ora dicapire se le battaglie politichedei repubblicani, che a quelleradici tipicamente americanespeso si richiamano, nonrischino di fungere da terrenodi coltura, ancheinconsapevole o involontario,per la diffusione di unsentiment anti-Stato; e se ilmodo di percepire il rapportotra il territorio, la propria casa,lontana dalla “peccaminosa”Washington–Sodoma eGomorra, incida nella politica“anti-casta” e populista di Trump. Il rapporto colfondamentalismo è statopresente nel partitorepubblicano sin dai suoialbori, ma le sue posizioni non

sono state così importanti nel Paese fino agli anni ’20 del’900 e alla contrapposizione a Roosevelt ed al New Deal. È negli anni ’50 e ’60 che ilmovimento si dà una strutturaorganizzata per esplodere poicon Jerry Fallwell durante il periodo reaganiano e divenireun elemento di base per lacostruzione politica della teoria“dell'impero del male”applicata al comunismo primae alla guerra in Iraq più tardi.L’apporto culturale delfondamentalismo cristiano alla politica rimane alto anchedopo la presidenza Reagan,nonostante l’avvento del TeaParty costituisca un tentativo divirare verso un più presentabileconservatorismo liberista di tipo soprattutto economico.Karl Rove, stratega nellacampagna elettorale che portòGeorge Bush junior allapresidenza, ricorse all’ideachiave della “Salvezza e Rinascita” applicata ad un uomo politico consideratoun non ideologo, deboleculturalmente e con molti vizitra cui droghe e alcool. Proprio la debolezza insita nel candidato divenne la forzadi quella campagna elettorale.

La crisi delfondamentalismocristiano

Oggi il fondamentalismocristiano incide sicuramentemolto meno dal punto di vistadella presenza mediatica o dell’autorappresentazione,rispetto agli anni di Reagan e questo porta certamente ad un impegno diretto minoree, dunque, a minori iscrizioni al voto. Ma in ogni caso il fondamentalismo mantiene la capacità di orientare i duecandidati sul terreno delledichiarazioni e delle proposteprogrammatiche. Perintenderci, non c’è dubbio che Donald Trump rappresenticertamente più il frutto delle campagne del cosiddettoTea Party, urbano emodernizzatore, che non dellepreoccupazioni delle classi

rurali della Bible Belt; tuttavia,quando non segue ilragionamento familistico e tradizionalista religioso dei fondamentalisti islamici o quando sceglie di ignorarequello dei fondamentalisticristiani statunitensi, trovacomunque un modo diinterrogare il “suo” elettoratosollecitandolo sul campo della difesa ad ogni costodell’arcinoto emendamentosulla liceità ed il diritto di possedere un’arma.In conclusione, si potrebbedire che il fondamentalismocristiano USA vive unmomento di crisi dovuta a duefattori principali: il rischio, daalcuni ben percepito, di esserebrodo di coltura per una sortadi “eterodossia dei fini” e l’indebolimento reciproco,nella polemica e nella sfida,con il Tea Party. A fronte di ciò emerge un candidatorepubblicano poco incline a cedere a ricatti elettorali,attinenti sia al campo a luilontano dei valori e deiproclami sia a quello, a lui piùcongeniale, delle grandi scelteenergetiche o del rispetto o meno dei Trattati sul clima.Donald Trump è un uomolibero, ai limiti della rozzezza e grossolanità esibita, ma di certo non è un leaderrepubblicano classico,dipendente dalfondamentalismo religioso e valoriale. Una “rottura” chepuò cambiare definitivamente,in un senso o in un altro, il grande vecchio Partitorepubblicano americano.

Roberto Di Giovan Paolo ègiornalista, ha collaborato, tragli altri, per Ansa, Avvenire e Famiglia Cristiana. È statoSegretario generaledell’Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delleRegioni d’Europa. È docentepresso l’Universitàinternazionale di Roma.

L’enigma Trump e la recrudescenza dei fondamentalismi

ROBERTO DI GIOVAN PAOLO

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Percorso a ostacoli per la ripresaGLI ANDAMENTI DEL MERCATO

Il Brent, dopo aver toccato a gennaio il valore più basso degli ultimi 12 anni, recupera

avvicinandosi a quota 50 $/b, un ceiling difficile comunque da superare. Il meeting di Doha (17 aprile) che aveva alimentatoaspettative di un accordo OPEC-nonOPEC per il congelamento delleproduzioni, si conclude con un nulladi fatto. Ciononostante ilribilanciamento dei fondamentaliprosegue e viene accelerato da unadomanda robusta nella prima partedell’anno e, soprattutto, da un decisoridimensionamento dell’offerta. Il surplus di offerta degli ultimi ottotrimestri tende a riassorbirsi e nel secondo trimestre si assesta ad appena 0,2 Mb/g, grazie anche a disruption che nel solo mese dimaggio sottraggono al mercato circa1,5 Mb/g. Accanto alle temporaneeriduzioni di offerta iniziano a emergerele conseguenze del taglio dei capex,in particolare per le produzioni nonOPEC a più alto costo: il tight oil USAa luglio è tornato ai livelli di due anni fae il greggio cinese tocca a giugno il valore più basso degli ultimi tre anni.Questo processo di riaggiustamentopotrebbe essere messo in crisi da un recupero del prezzo, anche sesono presenti fattori che nonpermettono una rigenerazione velocedell’offerta come la crisi delVenezuela, che ha radici politico-economiche più profonde. Gli operatori finanziari tornano ascommettere sul rialzo del prezzo:crescono le net long position sulBrent ICE, con le short position a finemaggio ai minimi dell’anno. Nel mesedi giugno intervengono a frenarel’ottimismo l’effetto Brexit, il piccodelle produzioni OPEC e il timore del recupero del tight oil USA: gli operatori congelano le posizioni e rimangono in stand by.In particolare la Brexit risolleva leincertezze sulla crescita economicaglobale, con le recenti revisioni del FMI: due giorni dopo la vittoria del leave il Brent perde circa 4 $/b e continua a muoversi sotto la sogliadei 50 $/b. Gli analisti concordanoche il processo di ribilanciamento è in atto, il surplus tenderà ariassorbirsi entro fine dell’anno, anchese la risalita del prezzo potrebbeessere accidentata.

Dopo la risalita verso quota 50 $/b sostenuta dalle disruption, l’effetto Brexit raffredda i mercatiè IL PREZZO

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Fonte: EIA-DoE, Europe Brent Spot FOB mensili

Fonte: elaborazioni Eni su dati IEA

A cura di Scenari di Mercato e Opzioni Strategiche di Lungo Periodo Oil (SMOS/OIL) - Eni

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Nella prima metà del 2016 ladomanda mondiale di petrolioevidenzia una crescita robusta

(+1,5 Mb/g) favorita dal forte calo dei prezzi. La crescita rimane trainatadall’Asia non OCSE, ma nel secondotrimestre spicca anche l’Europa chegrazie a prezzi relativamente bassi e al miglioramento del contestomacroeconomico, raggiunge 13,8 Mb/g(+0,24 Mb/g), il più alto livello dal 3T2015. In aumento anche l’AmericaOCSE grazie alla forza dei consumi di benzina negli USA ai massimi storici(9,7 Mb/g a giugno) e al minore calo dei consumi di gasolio, che nel primotrimestre avevano subìto un crollo acausa dell’inverno mite, della debolezzadel settore manifatturiero e della minoreattività di drilling nell’oil&gas. Nell’AsiaOCSE la debolezza dei consumi è legata principalmente al calo in Giappone dove continua lospiazzamento dell’olio combustibilenelle centrali termoelettriche per la riapertura di parte della capacitànucleare. Nel non OCSE si evidenzia unrallentamento tra primo e secondotrimestre (+0,9 Mb/g nel 2T vs +1,4 Mb/g nel 1T) legato alridimensionamento dei consumi in Cina

e Arabia Saudita. L’Asia rimane l’area di maggior crescita con +0,8 Mb/g nel 2T (vs +1 Mb/g nel 1T) grazie ancheal contributo dell’India, Paese divenutoprimo per incremento dei consumi,sorpassando la Cina (+0,34 Mb/g inIndia vs +0,23 Mb/g in Cina nel 1H16).La domanda cinese risente infatti di unacrescita economica decisamente piùmoderata rispetto al recente passato e con i più bassi tassi di crescita dalla

recessione del 2009. L'economia cinesesta attraversando una transizione da un modello export oriented e trainatodall’industria pesante ad uno piùfocalizzato sul consumo interno, guidatodal settore dei servizi, con impattonegativo in termini di domanda,principalmente su quei prodottipetroliferi di maggiore impiegoindustriale. La domanda di petrolio nel Medio Oriente si riduce nel secondo

trimestre (-0,1 Mb/g vs 2T2015) mentrerimaneva ancora positiva nel primo(+0,1 Mb/g vs 1T2015). La rimozionedei sussidi ai prezzi dei carburanti per il settore trasporti e l’impatto negativodelle minori entrate petrolifere sulla crescita economica ha pesatonegativamente sui consumi petroliferidell’Arabia Saudita, che registrano nel 2T la più elevata riduzione su basetrimestrale degli ultimi tre decenni.

Nel secondo trimestre del 2016l’offerta mondiale di petrolioscende sotto 96 Mb/g, con

un taglio significativo delle produzioni,concentrato nell’area non OPEC. Dopo quattro anni di crescita continua,per la prima volta dal 2011 il greggionon OPEC arretra (-1,5 Mb/g nel 2T vs 2015). Nel primo semestre laproduzione USA scende di 0,5 Mb/grispetto al 2015, in reazione allaflessione del prezzo del greggio e albrusco calo dei rig a olio. A maggio in Canada un incendio provocal’evacuazione della gran parte dei campioil sands dell’Alberta e il crollodell’output di 1,0 Mb/g; l’attivitàdovrebbe tornare a regime entro luglio.La Russia per tutta la prima partedell’anno si attesta sopra 10,8 Mb/g(0,2 Mb/g vs 2015) grazie al calo deicosti legato alla svalutazione del rublo; il Paese dopo il fallimento di Doha,dichiara di non voler cooperare a eventuali riduzioni di produzione. La Cina risente del taglio dei capexmesso in atto dalle principali compagniee perde in media nei primi sei mesi oltre0,2 Mb/g (vs 2015). La produzione in Colombia è penalizzata dai continui

attacchi dei ribelli. L’OPEC non modificala politica dopo il meeting del 2 giugno.La produzione nel primo semestrecresce di 1 Mb/g vs 2015 con in testa il Medio Oriente per la rapida ripresadell’Iran post embargo, il rialzo delleproduzioni irachene e la continuacrescita dell’Arabia Saudita, che con la “Saudi Vision 2030” del principe

Mohammed bin Salman sancisce il cambiamento del ruolo del Paese. Percontro alcuni Paesi entrano in una fasedi forte criticità. La grave crisi energeticain Venezuela rappresenta la punta di unapiù profonda difficoltà del Paese che nelsecondo trimestre vede raddoppiare il calo della produzione. In Libia,nonostante i passi avanti sul versante

politico, la produzione resta intorno a 0,3 Mb/g. Più grave la situazione in Nigeria per i continui attacchi delle milizie ribelli nel Delta del Niger: a maggio l’output scende ai minimi dal1989. Nei prossimi mesi l’offerta, ancherecuperando le disruption temporanee,non ha comunque capacità addizionalitali da invertire il trend già avviato.

€ LA  DOMANDADI  PETROLIO

€ L’OFFERTADI  PETROLIO Mb/g

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Americhe OCSE Europa OCSE Cina Americhe Non-OCSE Medio Oriente MondoIndia Altri Asia

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VARIAZIONE ANNUALE DELLA DOMANDA MONDIALE E PER AREE

VARIAZIONE ANNUALE DELL’OFFERTAFonte: elaborazioni Eni su dati IEA, variazione annuale

Fonte: elaborazioni Eni su dati IEA, variazione annuale

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Page 41: AGOSTO 2016 · 2019. 12. 12. · DEL PETROLIO di Moisés Naím SOMM AR magazine Quadrimestrale Anno 9 - N. 32 agosto 2016 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/2008 del 21/01/2008

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