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Un protagonista, Mario Scalamognaracconta la nascita e l'evoluzione del Nord Italia Transplant

SPECIALE DIALISI ESTIVAUna terapia che non conosce ferie

Il senso dei gesti

Il talento dell’arte come strumentoper il messaggio del dono

Lo sportdopo i 65 anni

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Semprein forma

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Mensile di cultura sanitaria del Consiglio RegionaleAIDO Lombardia - ONLUS

Anno XIX n. 184 - agosto/settembre 2010

Editore: Consiglio Regionale AIDO Lombardia - ONLUS 24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 244345 [email protected]

Direttore EditorialeLeonida Pozzi

Direttore ResponsabileLeonio Callioni

Collaborazioni scientifiche:Dott. Gaetano Bianchi

Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo

Dott. Michele ColledanDirettore Chirurgia Generale III Direttore Centro Trapianti di fegato e di polmoni

Dott. Paolo FerrazziDirettore Dipartimento CardiovascolareDirettore U.O. di Cardiochirurgia

Dott. Amando GambaResponsabile Unità Semplice dipartimentaleCentro Trapianti di cuore

Dott. Giuseppe LocatelliConsulente del Dipartimento di Chirurgia Pediatrica

Prof. Giuseppe Remuzzi

Direttore Dipartimento

di Immunologia e Clinica dei Trapianti

Università Milano Bicocca

Prof. Roberto Fumagalli

Docente

NITp - Nord Italia Transplant

Prof. Cristiano Martini - Presidente

Dott. Mario Scalamogna - Direttore

Istituto Mediterraneo Trapianti e Terapie

di alta specializzazione - ISMeTT

Prof. Bruno Gridelli

Direttore Medico scientifico

Professore di Chirurgia Università di Pittsburgh

Istituto Ricerche Farmacologiche

“Mario Negri” - Bergamo

Prof. Giuseppe Remuzzi - Direttore

Yale University School of Medicine

Dott. Mario Strazzabosco

Professor of Medicine,

Director of Transplant Hepatology

Department of Internal Medicine

Section of Digestive Diseases

Redazione esternaLaura SpositoCristina Grande

Redazione tecnicaBergamo [email protected] Seminati

Segreteria e Amministrazione24125 Bergamo, Via Borgo Palazzo 90Tel. 035 235327 - fax 035 [email protected]@aidolombardia.itC/C postale 36074276Ester MilaniLaura Cavalleri

SottoscrizioniSocio Aido Simpatizzante Sostenitore Benemerito € 35,00 € 50,00 € 70,00 € 90,00

C/C postale 36074276 AIDO Cons.Reg.LombardiaONLUS Prevenzione Oggi

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Il socio sostenitore ha diritto ad omaggiare un’altra per-sona previa segnalazione all’atto della sottoscrizione.

StampaCPZ - Costa di Mezzate BG

Finito di stampare nella prima decade di ottobre

Reg. Trib. di Milano n. 139 del 3/3/90

Le informazioni contenute in questo periodicovengono trattate con liceità, correttezza e tra-sparenza conformemente al D.lgs. n. 196 del 30giugno 2003 “Codice in materia di protezionedei dati personali”.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

800 20 10 88NUMERO VERDE

Risponde l’Aido Lombardia

Spazio ai lettoriÈ attivo l'indirizzo di posta per

gli interventi dei lettori: [email protected]

Segnaliamo che nel contempo sono stati modificati gli indirizzi

e-mail per la Segreteria e per l'Amministrazione

(vedi spazio in basso in questa stessa pagina).

Corso per dirigenti provinciali «L’Aido e la sanità»Relatori d’eccezione per una formazione di alta qualità

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Ancora una volta consegniamo ai nostri let-tori un numero ricco di argomenti e di spuntiinteressanti. Non diversamente, infatti, credo

che si possa leggere una rivista che viene introdottadall’intervista al dott. Mario Scalamogna (di cuidirò di più fra poco), e che poi illustra tematichequali la possibilità di fare dialisi anche in vacanza,la testimonianza di un trapiantato, che illustra lamostra in corso a Bergamo dello scultore-pittoreBulgari . C’è poi l’articolo, sempre atteso perché at-tuale e documentato, del dott. Gaetano Bianchi, chequesta volta parla dell’attività sportiva in età an-ziana. Questo articolo è accompagnato dal testodella esperta nutrizionista, Cristina Grande, chespiega come ci si deve nutrire quando, in età non piùgiovanile, si vuole continuare a fare sport. Infine

torniamo in casa con l’articolo di Paolo Seminati che racconta il corso regionale per dirigentiAido, cioè il nostro cammino per la creazione di un gruppo dirigenzialedell’Associazione che risponda ai più elevati parametri di qualità asso-ciativa di livello europeo. Davvero non è poco.Ma introducevo parlando con simpatia e orgoglio dell’intervista al dott.Scalamogna, uno dei protagonisti in Italia della storia del trapianto, so-prattutto nei suoi aspetti organizzativi.Scrivo “con simpatia” perché il rapporto di conoscenza e di stima ormaidecennale con il dott. Scalamogna mi induce ad usare questo termine neiconfronti di un uomo che per quanto assiduamente ed efficacemente im-pegnato a far crescere la donazione e il trapianto di organi, e per quantocarico di responsabilità nel settore medico, si presenta sempre con grandecordialità, esprimendo nei fatti e non solo nelle parole grande simpatiaper l’Aido e per il nostro gruppo in particolare. Scrivo “con orgoglio”perché mi sento di affermare che la lettura di questa intervista – che perla sua corposità e analisi dei dettagli è stata divisa in due parti – rap-presenta un’occasione per il lettore di arricchire la propria cultura di storia sanitaria e sociale ita-liana, in particolare lombarda. Per chi ha una passione vera per le cose concrete, per l’analisi deifatti e delle prospettive, questo è un vero e proprio documento storico.Ma parlando di prospettive non posso nascondere la mia forte preoccupazione per l’andamentodella donazione degli organi. Dopo un 2009 in buona crescita, con il recupero completo rispettoai dati 2008, siamo di nuovo di fronte ad andamenti non costanti e contraddittori. Sono convintoche questo sia un campanello d’allarme che ci richiama ad un impegno sempre più forte e deter-minato per la diffusione della cultura della donazione, per quella che è la nostra mission, ricono-sciuta e sostenuta oltre che dalla Regione Lombardia, anche dal ministero della Salute italiano.Un campanello d’allarme che ci deve portare a reagire, con fiducia nei nostri mezzi e nella sensi-bilità della nostra comunità. Gli spazi operativi per far aumentare ancora le donazioni di organie tessuti ci sono: occupiamoli.Buona lettura.

Leonida Pozzi

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In copertina:«APRICALE»©

foto di Silvio Gamberoni - Bergamo

“Liguria occidentale. Entroterra.Tra verdi colline, lontano dai classicipercorsi turistici, c'è un paesino.È avvolto su se stesso e intorno alla sua gente, come per proteggerla. La protegge certamente dalle auto che non entrano tra i suoi stretti vicoli,ed è andando a piedi che ad Apricale si scoprono angoli deliziosi e ottimi cibi ristoratori”.

Una rivista ricca di argomenti, un “documento storico” sul camminoin Italia dell’organizzazione del prelievo e dei trapianti di organi

Editoriale

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“In Italia l’organizzazione deitrapianti si basa su di un Cen-tro Nazionale che ha sedepresso l’Istituto Superiore diSanità e su tre Coordinamenti

multiregionali: Nord Italia Transplantprogram (NITp), Associazione Interre-gionale Trapianti (AIRT), Organizza-zione Centro-Sud Trapianti (OCST).Il NITp, nato nel 1972, è storicamentela prima organizzazione italiana e sibasa sulle convenzioni tra diverse Re-gioni. Comprende un’area di circa 19milioni di abitanti in Friuli-VeneziaGiulia, Liguria, Lombardia, Marche,Provincia Autonoma di Trento e Veneto.Nella sua area operano:* oltre 80 Ospedali di Prelievo;* 42 Unità di trapianto (15 di rene, 5

di rene-pancreas, 9 di fegato, 6 di cuore,2 di cuore-polmoni e 5 di polmoni) lo-calizzate in 16 Ospedali;* 5 Coordinamenti Regionali e unodella Provincia Autonoma di Trento;* Un Centro Interregionale di Riferi-mento a cui le Regioni hanno deman-dato le seguenti funzioni: gestione delleliste d'attesa per i vari organi, tipizza-zione del donatore e prove di compati-bilità, allogazione degli organi,coordinamento dei trasporti, raccolta deidati del donatore e del paziente prima edopo il trapianto. Fin qui le primissime informazioni dichi si voglia documentare accedendo alsito internet. Poiché ci sembrava un ar-gomento interessante, ci siamo affidatial direttore, dott. Mario Scalamogna,

NordItalia

Transplant

Un protagonista,

Mario Scalamogna

racconta la nascita e l'evoluzione

del Nord Italia Transplant

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da sempre prezioso amico dell’Aido, alquale abbiamo chiesto un incontro perun’amichevole chiacchierata, che è di-ventata un’interessante e istruttivachiacchierata, tanto che abbiamo dovutoprevederne la divisione in due parti.Pubblichiamo su questo numero laprima parte. Buona lettura.

POZZI: Facciamo un po’ di croni-storia del Nord Italia Transplantprogram (NITp), visto che non ab-biamo mai parlato finora, nel nostrolungo giro di interviste, di questaorganizzazione. Chi ha avuto l’ideadi fondare un’agenzia che avessecome scopo quella dicoordinare i prelievi ei trapianti e fare levarie compatibilità?S C A L A M O G N A :L’idea è del professorSirchia e nasce nel1972 quando già inItalia si sperimentaval’applicazione clinicadel trapianto iniziatail 30 aprile 1966, conParide Stefanini, chea Roma effettuava ilprimo trapianto direne da donatore vi-vente in una ragazzadi 17 anni, ottenendoil ripristino della fun-zione renale per quasi un anno.Erano poi seguite sporadiche espe-rienze a Pavia e a Bologna e la ri-cerca trapiantologica ormai fervevain tutta Italia. Tra le figure di primopiano Piero Confortini, che fin dal1953 aveva studiato ed organizzatola dialisi applicandola, dal 1963, aipazienti affetti da insufficienza re-nale cronica. A Verona, nel 1968, se-condo in Italia, Confortini eseguì ilsuo primo trapianto di rene, utiliz-zando un donatore cadavere prele-vandone gli organi immediatamentedopo l'arresto dell'attività cardiocir-colatoria. Il paziente trapiantatogode ancor oggi di ottima salute edha una funzione renale eccellente.Una terza grande scuola chirurgica

che ha lasciato un segno indelebilenella trapiantologia italiana, è quelladi Edmondo Malan. Con l'inizio del-l'attività di dialisi nei primi anni ’60al Policlinico di Milano, EdmondoMalan e la sua scuola si dedicaronoall'impianto di fistole artero-venoseed ottennero risultati così brillantida diventare il riferimento per tuttii pazienti nefropatici che dovevanosottoporsi a trattamento dialitico. Il22 maggio 1969, Malan eseguì il suoprimo trapianto di rene da cadavereal padiglione Zonda dell'OspedaleMaggiore di Milano, realizzando,quindi, il terzo trapianto in Italia.

Negli anni 1968-1969 il prof. Giro-lamo Sirchia inizia ad occuparsi diimmunologia dei trapianti, soprat-tutto per il trapianto di midolloosseo, per la cura delle leucemie. In-fatti, qualche anno prima, a seguitodi un incidente nucleare in quellache oggi è l’ex-Jugoslavia, il tra-pianto di midollo osseo era statoproposto come trattamento per lepersone che avevano subito undanno da esposizione nucleare. InP

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Il primo CNT.Da sinistra: Sergio Curtoni,Alessandro Nanni Costa,Ignazio Marino, DomenicoAdorno e Mario Scalamogna.

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tutto il mondo si inizia a ragionaresul trapianto di midollo nella curadelle leucemie, ci si comincia quindiad interrogare sulla necessità deitrapianti in ematologia. Cresce lacompetenza nella tipizzazione deitessuti, nella valutazione del rischioimmunologico e l’ospedale Policli-nico in quegli anni sviluppa la suaattività iniziale. Si assiste però a fe-nomeni di rigetto importanti nonprevisti e il prof Edmondo Malanchiede una consulenza al prof Giro-lamo Sirchia per valutare i criteri dicompatibilità e il rischio immunolo-gico. Sirchia sa che, a livello inter-nazionale, si sta discutendo lanecessità di migliorare la compatibi-lità donatore-ricevente anche dispo-nendo di un largo numero deipazienti ai quali poter offrire i pochiorgani disponibili. Appare poi evi-dente che l'assegnazione dei reninon può essere effettuata dagli stessiclinici che poi eseguono il trapianto,ma deve essere affidata ad una strut-tura super partes senza propri pa-zienti e che alloghi i reni in modotrasparente applicando criteri pre-definiti e condivisi. Edmondo Malanpropone che la gestione delle listed’attesa e l’allogazione dei renivenga affidata al prof. Girolamo Sir-chia; il 18 giugno 1972, con un do-natore cadavere segnalato dalPoliclinico, inizia così l’attività dellaprima organizzazione di trapianto inItalia. Nel 1973 anche l’Ospedale di Mi-lano Niguarda, che aveva iniziatol’attività di trapianto con i professoriLino Belli e Luigi Minetti, affida alCentro di Immunoematologia la ge-stione del prelievo e del trapianto direne. Il 2 maggio 1974 la RegioneLombardia emana la legge n. 23,nella quale per la prima volta in Ita-lia si istituisce un centro Regionaledi Riferimento, responsabile dell'im-munologia e dell'organizzazione delprelievo e del trapianto. A seguireanche il polo che afferisce a Verona,con il prof. Piero Confortini, vedecon favore una condivisione delle

liste d’attesa tra Milano e Verona.Nel 1976 la regione Veneto con l’As-sessore alla Sanità Giovanni Me-lotto e il Funzionario GiampaoloBraga, formalizza, attraverso unaconvenzione con l'Ospedale Mag-giore Policlinico di Milano, la colla-borazione iniziata nel 1974.Il Centro di Immunoematologia di-viene pertanto il primo Centro In-terregionale di Riferimento (CIR)italiano e, come tale, riconosciutodal Ministero della Sanità.

Infine, l’11 febbraio 1976 i professoriEdmondo Malan, Piero Confortini eGirolamo Sirchia firmano l’atto co-stitutivo dell’Associazione NORDITALIA TRANSPLANT (NITp) -(Gruppo collaborativo per il tra-pianto di rene) che all’Articolo 1 re-citava: “È costituita l’AssociazioneNORD ITALIA TRANSPLANT(NITp), gruppo collaborativo per iltrapianto di rene, su iniziativa deiCentri di Trapianto di Milano e diN

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Verona, sotto l’egida della Societàdei Trapianti d’Organo”.Fu proprio quindi grazie alla grandeintuizione di Malan e Confortini chesi creò un Centro di Riferimento alservizio di un’area, senza propri pa-zienti ma con competenze nel campodell'immunologia, che gestiva leliste d'attesa ed era il garante del-l'assegnazione degli organi. Il chi-rurgo aveva deciso di delegareall'immunologo la scelta del pa-ziente da trapiantare.POZZI: Ci spieghi come funziona,all’inizio, questa rete di condivisionedi compiti.SCALAMOGNA: E’ necessario pre-mettere che l’organizzazione di al-lora era molto diversa dall’attuale.Negli anni dal 1974 al 1976 i criteriper la donazione erano più restrit-tivi, l’accertamento di morte venivaeffettuato con un periodo di osser-vazione di 24 ore, la valutazione im-munologica e la tipizzazionetissutale era eseguita senza l’ausiliodella biologia molecolare e la tera-pia immunosoppressiva era moltomeno efficace. Di qui la necessità deiclinici, di condividere le esperienzeattraverso progetti collaborativi,quali ad esempio quelli legati all’im-munologia e dell’immunogeneticache aveva come riferimento l’espe-rienza di Torino guidata dal profes-sor Ruggero Ceppellini, un genio,non solo intellettualmente, maanche dal punto di vista della pro-gettazione. Milano, con il prof. Gi-rolamo Sirchia, si avvale di unacapacità organizzativa più portata arealizzare le idee. Da qui l’idea dimettere a punto un sistema europeoper l’assegnazione dei reni, idea chenasce in un workshop del 1967 aSaint Vincent. L’esempio, viene dal-l’Eurotransplant costituito inOlanda e che, per tanti anni, è statoun riferimento per tutta Europa (siparla, infatti, di Eurotransplantcome modello di organizzazione).Eurotransplant nasce per volontà diun immunogenetista ematologo.Questo modello è, per Milano, un ri-

ferimento, il luogo dove, 24 ore su24, si centralizzano i campioni deipazienti in attesa di trapianto, si va-luta se ci sono anticorpi, si studia latipizzazione tissutale, si ricevono lesegnalazioni dei potenziali donatorie si esegue la loro tipizzazione, si as-segnano gli organi al miglior rice-vente (sulla base della migliorecompatibilità) tenendo anche contodel tempo di ischemia degli organi.Milano è però anche la sede di ini-ziative atte a migliorare le presta-zioni, un esempio viene dalla messaa punto dei microscopi per la letturadi particolari test. Anche il labora-torio studia quindi modalità nuoveper migliorare l’attività che per me èormai storia di vita vissuta alla qualeho partecipato sin dall’inizio.POZZI: Quindi lei ha condivisopasso dopo passo lo sviluppo dellascienza della donazione di organi,dal prelievo al trapianto…SCALAMOGNA: E’ vero. In queglianni ero studente di patologia me-dica e mi offrivo di partecipare ad al-cuni lavori per lo studio dellacompatibilità e dell’immunologia. Lapersona più competente in quel-l’epoca era il prof. Girolamo Sirchia.Altri punti di riferimento erano ilprof. Soldano Ferrone, ora docenteuniversitario negli Stati Uniti, miocognato, il prof. Francesco Mercu-riali, la biologa dott.ssa ClaudiaPizzi che aveva grande competenzae una manualità eccezionale nel farei test di laboratorio. Da studente af-fiancavo la dott.ssa Claudia Pizzinella valutazione immunologica, fa-cendo al mattino un’attività previstaper uno studente di medicina. Mi in-teressavo in particolare dello studiodegli anticorpi e della compatibilitàtra donatore e ricevente; inizial-mente per il trapianto di midollo epoi, dal 1972, per l’attività di tra-pianto di rene.POZZI: A quel tempo si facevano itrapianti da viventi… SCALAMOGNA: Da vivente e da ca-davere, anche se in numero limitato.Uno dei punti forti è sempre stato

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Bergamo e soprattutto in queglianni. L’attività, infatti, si può direnasca a Bergamo grazie all’intera-zione fra quattro aspetti di eccel-lenza. L’organizzazione con ladirezione sanitaria di Bergamo gui-data dal prof. Giancarlo Borra, per-sona di grande competenza e digrande visione politica che ha sa-puto affrontare il delicato tema deglistrumenti legislativi, grazie ancheagli ottimi rapporti con il ministeroa Roma; non va dimenticato che egliè anche stato l’ispiratore della leggesui trapianti La nefrologia con Giu-liano Mecca, (che vede nel trapiantol’alternativa migliore per i pazienticon insufficienza renale). La neuro-rianimazione con il prof. Mario Ma-ritano, tra i primi, in Italia, ad averattivato il prelievo di organi e checollaborava con il neurochirurgo dr.Valentino Cassinari. E infine in unclima di grande sensibilità del-l’ospedale e della comunità berga-masca nasce in quell’epocal’Associazione Donatori Organi Ber-gamo (DOB) fondata da GiorgioBrumat – diventata AIDO due annidopo – che rappresentava il collega-mento tra istituzioni e cittadinanza.Oggi parleremmo di “modello Ber-gamo”, cioè di una situazione deltutto particolare nella quale concor-rono, positivamente, tutte le energiepositive della comunità: enti, asso-ciazioni, privati. Tutti contribui-scono a realizzare un’impresa vistacome molto difficile. Quando si parla di trapianti è poi ne-cessario tener conto che esiste ancheuna responsabilità di gestione delleliste d’attesa, e questo ci porta ad af-frontare un tema che, a volte, puòcreare delle incertezze: è giusto as-segnare tanta attenzione a un sin-golo paziente e mettere al centro laqualità dei risultati rispetto alle esi-genze dei pazienti? Si tratta di un di-scorso di giustizia distributivacomplesso, per cui molto spesso lascelta cade sul meno peggio, ossiaquello che è più facilmente com-prensibile e accettabile.

L’altro argomento che cerco sempredi sottolineare riguarda le alterna-tive: se questa non è la strada per-corribile, cos’è in secondo livello oallo stesso livello, accettabile? Postala priorità, è necessario vedere qualè il modo migliore per raggiungerlae, se una prima strada non è percor-ribile, si deve individuare un’alter-nativa, trovare le soluzioni.POZZI: Ecco, volevo dire all’inizio,quando c’erano le possibilità di pre-levare i reni in modo particolare,avevate formato un’equipe ospeda-liera, c’era qualche medico in modoparticolare o qualche struttura cheera deputata a fare questo lavoro?SCALAMOGNA: All’inizio l’attivitàera molto concentrata sui chirurghi.L’arma vincente, l’elemento forte, èstato coinvolgere in una discussionecomune tutte le persone che avevanouna parte nell’attività di prelievo edi trapianto. Il segreto dal punto divista organizzativo è stato quindi uncoordinamento delle attività e, comeho detto prima, la delega del chi-rurgo all’immunologo al quale èstato dato il compito di segnalare ipotenziali donatori e di assegnaregli organi ai chirurghi dopo aver de-finito con loro le regole e i criteri.Questa delega ha portato a coinvol-gere quello che oggi da circa 8 annichiamiamo la comunità dei trapianti.Sono state definite le regole e nelladefinizione sono state consideratenon soltanto le esigenze dei malati,delle persone in lista di attesa, maanche quelle organizzative, logisti-che e gli aspetti legislativi. Il NITpè stato quindi un promotore di ini-ziative per coinvolgere la popola-zione, ma soprattutto percoinvolgere i medici, infatti, il loroconsenso ha costituito un elementopropulsivo per coinvolgere le istitu-zioni. A questo ha fatto seguitoun’opera improntata alla divulga-zione dei dati dei trapianti, un prin-cipio di assoluta trasparenzanell’amministrazione della risorsa,con tanto di regole e di criteri di ge-stione, con la disponibilità di effet-

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tuare verifiche istituzionali dei com-portamenti. Questo elemento hacreato quella fiducia, quel rapportoche ancora oggi, credo, caratterizzail NITp come un elemento superpartes, di riferimento, affidabile dalpunto di vista tecnico, credibile dalpunto di vista sociale, che è l’ele-mento con il quale ci identifichiamo.E tutto ciò traduce i nostri valori. Lacomunità dei trapianti, in questopercorso che dura da quasi 40 anni,ha segnato tappe importanti quali:la definizione, ad esempio, dellacarta dei principi e ha posto riferi-menti, indirizzi e valori che tutti co-loro che operano nel campo deitrapianti dovrebbero assumere comepropri.POZZI: I primi nomi dei medici inLombardia che hanno iniziato que-st’attività?SCALAMOGNA: Sarebbe megliosentire Claudia Pizzi che è la memo-ria storica, perché lei ha fatto la se-gretaria del NITp da tanti anni.Sarebbe interessante rivedere lacomposizione del primo consigliodirettivo. POZZI: Ci sono tante cose che nonvengono scritte, aspetti umani chemagari emergono dalle interviste.SCALAMOGNA: E’ vero. Consideriche abbiamo il primo atto di costitu-zione del NITp, lo statuto, i soci fon-datori – Sirchia, Malan e Confortini–. Poi ci sono gli atti, il primo consi-glio direttivo, un video che mostra30 anni di storia del NITp e riferi-menti al 1972. Bellissimo, provocauna certa nostalgia. I filmati, in re-altà, sono tre. Uno è appunto sui 30anni del NITp, realizzato tre anni fa.Nell’anno dei tre Papi il NITp fa iltrapianto del pancreas, il primo tra-pianto di pancreas al San Raffaele.Poi c’è una parte relativa agli eventioccorsi in questi 30 anni. Il primoreport datato giugno 1972, dovesono riportati i dati di attività, con10 donatori tipizzati, 8 utilizzati, 15trapianti effettuati e l’elenco dei cen-tri che hanno procurato i donatori.Bergamo già allora era in pole posi-

Il verbale del primo consiglio direttivo del NITp

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tion, ma si lavorava bene anche aComo.POZZI: Come avviene l’aggrega-zione delle altre regioni?SCALAMOGNA: Anche il processodi aggregazione è riportato nel fil-mato. Dopo Lombardia e Venetoaderirono al NITp e si convenziona-rono con l'Ospedale Maggiore diMilano: la Provincia Autonoma diTrento (1978), il Friuli Venezia Giu-lia (1979), la Liguria (1985) e leMarche (1989), a costituire formal-mente l’Organizzazione che prese ilnome di Nord Italia Transplant pro-gram (NITp). POZZI: Come mai si aggrega qui laregione Marche?SCALAMOGNA: La regione Marcheviene praticamente imposta all’Au-torità sanitaria dall’ANED. Infatti, ipazienti emodializzati delle Marcherientravano in una lista d’attesa chesi riferiva a due poli del NITp, gliOspedali di Milano Niguarda e diVerona e la signora Leonardi,mamma di un ragazzo in attesa ditrapianto e delegata ANED testi-moniava l’attenzione e i meccanismidi trasparenza dell’organizzazione.Il suo intervento diede una fortespinta affinché la Regione Marcheaderisse al NITp. Questo avvenivanegli anni 1986-1987. La richiestaarriva quindi dai pazienti che hannotrovato nel sistema un’accoglienza eun’attenzione per loro rassicuranti.POZZI: E qui è un po’ la storia delNITp. Quando nasce la seconda or-ganizzazione?SCALAMOGNA: Un po’ dopo. Dal1974 parte la fase operativa e credoche la nascita avvenga negli anni Ot-tanta. All’inizio esso è un ConsorzioInteruniversitario realizzato a Romadal professor Raffaello Cortesini cheprende il nome di Consorzio Interu-niversitario dei trapianti, costituitotra le università di Roma, Napoli ePerugia. Questa struttura ha un la-boratorio nella clinica chirurgica delPoliclinico Umberto I° di Roma,quindi possiamo dire che questa diRoma è la seconda agenzia, ancora

fortemente incentrata sulla figuradel chirurgo. Tuttavia il secondoatto formale di consorzio tra le Re-gioni è quella della AIRT cui segue,poco dopo quella dell’OCST chevede confluire il Consorzio Interu-niversitario del prof. Cortesini con ilSud Italia trapianti del prof. Ca-sciani. Segue un periodo in cui cre-sce l’attività di trapianto cardiaco,con un coordinamento iniziale su

due poli: Milano e Roma cui seguela realizzazione di un terzo polo cheopera a Torino e, per i trapianti car-diaci, rivendica un’autonomia regio-nale. L’Italia dei coordinamentiregionali nasce invece dopo il 1999.POZZI: Ma, prima ancora era ilNITp che aveva tutta l’Italia?SCALAMOGNA: No, noi abbiamogestito un programma nazionale peril trapianto di fegato a partire dal1983, anno in cui ha avuto inizioN

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questa attività. Il NITp svolse un la-voro di coordinamento per tutti icentri italiani sino al 1990 quando ilcoordinamento interregionale diRoma si rende autonomo. Al pro-gramma nazionale hanno parteci-pato i Centri di BolognaSant’Orsola, Milano (Niguarda ePoliclinico) Roma (Policlinico Ge-melli e Policlinico Umberto I°).L’Ospedale di Padova e di Genova

San Martino, che fanno capo alNITp, iniziano la loro attivitàquando il programma nazionale eragià sciolto. Con la fine del pro-gramma nazionale, resta un sistemaa due poli, il NITp e il Policlinico diRoma Umberto I, che crea poi unasua rete quando vengono autorizzatialtri centri. Analogamente nasce ilterzo polo che faceva capo a Torino. POZZI: Che lascia un po’ scioccati;comunque la configurazione delle

tre agenzie, divise così malamente,come si suol dire.SCALAMOGNA: Sì, recepisce undato di fatto. Che, in materia di or-ganizzazione dei trapianti in Italia,sicuramente c’erano delle necessitàdi tipo logistico. Consideriamo cheper un paio d’anni ha aderito alNITp, anche la regione Campaniaper la quale quindi Milano coordi-nava l’attività di prelievo di tra-pianto ricevendo le segnalazione deipotenziali donatori e assegnando ireni per i loro pazienti. L’accordo èdurato per circa quattro anni ed havisto la partecipazione attiva deglioperatori che hanno condiviso lescelte e le politiche del NITp. Unadelle caratteristiche del NITp è sem-pre stata quella di guardare ai pro-blemi reali, senza seguire ambizionipersonali o visioni particolari deisingoli operatori. Per noi il presup-posto rilevante è quello della condi-visione dei valori e se si ritiene chequesti non siano elementi forti è me-glio non stare nel sistema. POZZI: Dopo c’è l’evento del centronazionale trapianti. Come lo vede leiil centro nazionale trapianti?SCALAMOGNA: L’anno scorso IlCentro Nazionale Trapianti ha cele-brato i suoi 10 anni. Esso è nato daun compromesso, dall’aver recepitolo stato di fatto. Non è chiara la lo-gica di un’Italia fatta a macchie, doveci sono logiche territoriali ma ancheforti distonie. L’elemento, secondome, molto importante è stato quellodi avere un direttivo, un direttorioche ha condiviso i principi. Il primoCNT era costituito da 5 persone,con un segretario che si trovavano aRoma all’Istituto Superiore di Sanitàcon un direttore generale. Questecinque persone (Alessandro NanniCosta, Sergio Curtoni, Ignazio Ma-rino, Domenico Adorno e il sotto-scritto) si sono trovate nella salafarmacopea e hanno deciso di muo-versi con lo strumento del consenso.Ciò che trova il consenso del gruppova avanti, in caso contrario le que-stioni devono essere rimesse alla

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Consulta nazionale e riconsiderate.Parliamo di questioni molto con-crete e l’unanimità di consenso rea-lizza i programmi e le regole, tra cuil’attenzione ai livelli di sicurezza, latrasparenza che ci impone di pubbli-care i risultati, un sistema di consu-lenti che diano un parere sullesituazioni non ben definite. Sonotutte iniziative che partono dal con-senso. Nel CNT ho portato la miaesperienza nel NITp, sottolineandoche, in caso di aspetti problematiciera auspicabile sentire il parere deiprofessionisti e portare in evidenza iproblemi. Questa è anche una delleregole. Se ci sono posizioni diverse èsempre bene discuterne aperta-mente, nella forma più ampia possi-bile. Se una persona difende unaposizione personale può avere unacontrapposizione molto forte conuna due, con tre persone. È difficileche possa sostenere una tesi perso-nale di fronte a 50 persone, perchéchiaramente non è vincente. Per cuiè necessario portare i problemi auna discussione molto ampia. Dalpunto di vista tecnico, in fondo, l’os-servazione è banale: quattro o cin-que persone che parlano di problemiche riguardano i pazienti obbligato-riamente trovano un accordo. È dif-ficile che l’interesse dei pazienti nonsia condiviso. Allora, tutte questeregole portano ad avere una condi-visione anche ampia. Poi gli stru-menti consistono nel dareattenzione al singolo e attenzione atutti. Questa è una delle zone di con-flitto; in un sistema complesso cheopera in velocità è indispensabilel’integrazione dei professionisti el’attenzione delle Istituzioni che nonpossono essere inerti: la responsabi-lità del reperimento cade su tutti,professionisti, istituzioni (Aziende eRegioni) e il volontariato, che con-trolla, stimola e testimonia la tra-sparenza e il rispetto delle regole. Sehai pazienti critici il sistema è a sup-porto, ti dà una mano. Però non puòvicariare un’assenza istituzionale.Per cui, ad esempio, grande atten-

zione nelle regole sui pazienti critici,però bisogna rispettare anche l’im-pegno nel reperimento degli organie quindi un bilancio. Sono regole, sevuoi, riferimenti che alla fine ti por-tano ad avere uno strumento opera-tivo che si aggiusta. Questa è stata,secondo me, un’arma vincente, conun’azione anche di controllo, di ve-rifica che è stata condotta moltobene. Per cui un apprezzamento perl’opera del CNT e del direttore ge-nerale. Il meccanismo che ha datocredibilità al Centro Nazionale Tra-pianti è stato inizialmente la colle-gialità, aveva insieme i centri checoordinavano nella realtà le attivitàdei trapianti. Per cui tre Interregio-nali, che hanno condiviso gli stru-menti, guidati da Nanni Costa. Ildirettore generale ha saputo tra-durre questi elementi anche in cre-dibilità istituzionale e il CNT è oggiuno strumento di riferimento forte,importante, riconosciuto, tanto chesupera e rende anche, secondo me,in maniera molto valida, questo con-cetto di rete nazionale, di riferimentiche sono al di sopra, non in con-trapposizione, ma in qualche modoal di sopra anche delle autonomieregionali. Credo che la dimostra-zione di un’operatività che soddisfai cittadini ha il consenso evidente-mente anche delle Regioni perchénon c’è un disaccordo, una contrap-posizione centrale/regionale nel-l’ambito dei trapianti. Questo è unsegno molto favorevole su unabuona conduzione e in questo sicu-ramente c’è un grande merito diNanni Costa.

Fine prima parte. Segue sul prossimo numero

Testi a cura diLeonio Callioni

Ha collaboratoLeonida Pozzi

Servizio fotograficoPaolo SeminatiN

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Èil 1969. Gianna Ratini,23 anni, impiegata dibanca, deve partorire ilsuo primo figlio. Fino al-l’ottavo mese la gravi-

danza procede benissimo, poi eccosopraggiungere un problema im-previsto. Si chiama gestosi ma i me-dici della clinica privata presso cuiGianna viene ricoverata non sem-brano preoccuparsene troppo. Ilbambino nasce senza complicanze ,mentre le condizioni cliniche dellamamma peggiorano a vista d’oc-chio. Si decide il trasferimentopresso il padiglione Croff del Poli-clinico di Milano e gli esami dia-gnostici fanno emergere la verità:Gianna presenta una grave formadi nefropatia. Cinque anni dopo, asoli 29 anni, la donna entra in dia-lisi. Oggi Gianna ha 64 anni e da41, un autentico record, convivecon la sua “macchina salva vita”.Anni scanditi da ogni sorta di pic-coli e grandi incidenti di percorsoche non sono però bastati a to-glierle l’amore per la vita e la pas-

sione per i viaggi. “Sono stata fra leprime 20 persone del Croff – rac-conta – a fare l’emodialisi domici-liare. Le macchine disponibili eranoinfatti solo 5 e potevano soddisfareappena 10 pazienti. I medici deci-sero quindi che avrebbero adde-strato i nostri familiari e messo adisposizione un “numero rosso” perle emergenze”. Risultato? Digiorno lavoravo e alle 18 – quandoritornavo a casa – mio marito pre-parava gli aghi e mi aiutava ad ef-fettuare la terapia che si protraevafino alle 24. A giorni alterni, que-sta è stata la nostra vita per 7 anni”.Dall’81 all’87 si prospetta unanuova opportunità. Gianna è nuo-vamente in prima linea nel volerprovare un nuovo sistema dialitico:la peritoneale. “Rispetto all’emodia-lisi mi sentivo sicuramente più au-tonoma: un primo scambio diliquidi lo effettuavo a casa nellaprima mattina, il secondo lo facevoin ufficio durante l’intervallo, glialtri al rientro al domicilio. L’unicanota negativa era l’aumento di peso:

dai miei consueti 45kg ero arrivataa 64. Non riuscendo a metaboliz-zare bene il glucosio contenutonelle sacche, ero costretta a seguireuna dieta ferrea”. Nell’88 Giannatenta il trapianto di un rene. Vieneoperata il 29 giugno dal Prof. Ve-geto e lì per lì l’organo pare funzio-nare benissimo. Dopo soli 3 giorniavviene il rigetto. Ne passano altri17 e un’emorragia importanteporta Gianna a un passo dalla fine.“Mi spiegarono che la ciclosporina– unico farmaco antirigetto dispo-nibile a quel tempo – non era statain grado di contrastare la reazioneeccessiva del mio sistema immuni-tario. Sta di fatto che fu per meun’esperienza così sofferta che de-

SPECIALE DIALISI ESTIVA

Estate, tempo di vacanze e dimeritato riposo. Creme solari per

la tintarella, pochi essenzialicapi d’abbigliamento, un buon

libro per rilassarsi e voilà… ecco preparate le tanto sospirate

valigie in vista delladestinazione preferita. Nessuna

complicazione, si parte e via.Cosa succede però quando a

voler andare in ferie è un malatola cui sopravvivenza è legata

alla terapia dialitica? Seguiteci eve lo racconteremo attraverso la

testimonianza di una paziente eil contributo scientifico dei

Direttori di due UnitàOperative di Nefrologia, facenti

capo all’Ospedale MaggiorePoliclinico di Milano.

UNA TERAPIA CHE NON CONOSCE

FERIE

GIANNA RATINI

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cisi di non ritentarla”. Dall’88Gianna ritorna in emodialisi perchéla membrana del peritoneo si è dan-neggiata e non è più possibile ten-tare la precedente tecnica. “Ciònonostante ho continuato a lavo-rare fino al 1998, organizzandomiper raggiungere il centro dialisi nelprimo pomeriggio per 3 volte allasettimana”. Nel frattempo le diffi-coltà non mancano: Gianna subisce6 interventi chirurgici per la sosti-tuzione della fistola arterovenosa(*), rischia di morire per edema pol-monare nel viaggio di ritorno dauna vacanza e nel ’91 – mentre ilmarito è ricoverato a Sondalo perun infarto – si frattura il braccio cheusa per la dialisi. “Mi sono sempreripetuta che i problemi sarebberopassati e questo mi ha aiutato ad af-frontarli con positività”. La dimo-strazione? Dagli anni 90 Giannariprende a coltivare i suoi sogni, fratutti quello di viaggiare. Lo fa ini-zialmente nei week-end, fra unadialisi e l’altra, riuscendo a visitarele principali capitali europee. Poi èla volta dei soggiorni in Italia, làdove c’è un centro dialisi dispostoad accoglierla: Vieste, Olbia, Cefalù,Cesenatico ecc.. Ma è nel 98, incoincidenza con la pensione, cheGianna si avventura verso unanuova tipologia di vacanze: la cro-ciera (vedi box). “Ho scoperto cheun’agenzia di Verona, Viaggi Più(www), organizzava delle sedute didialisi sulle navi di Costa Crociere.Da allora è diventata la mia va-canza preferita. anche in relazioneal fatto che le mie condizioni clini-che sono peggiorate. Poiché glispostamenti sono diventati per mesempre più faticosi e dopo il tratta-mento ho necessità di riposarmi unpaio d’ore, ecco che la nave facilitaentrambe le esigenze consideratoche basta prenotare il servizio e,una volta a bordo, stabilire con leinfermiere – tutte molto esperte – ilcalendario delle sedute”. È serena la signora Ratini e non famistero di dire da dove trae la sua

forza. “In 41 anni ho sempre sop-portato tutto perché avevo unobiettivo: desideravo più di ognialtra cosa veder crescere mio figlio.Oggi che sono nonna e che possoricordare tutte le tappe più signifi-cative della sua vita mi ritengo for-tunata. La dialisi, per quantolimitante possa essere, mi ha tenutoin vita e questo mi basta!”.

IL QUADRO EPIDEMIOLOGICOLa V Giornata mondiale del renedell’11 marzo scorso l’ha detto achiare lettere: l’insufficienza renale,che rende indispensabile il tratta-mento dialitico, è in costante au-mento con un ritmo di espansionesuperiore al 7%. Le cause del feno-meno, che ha ripercussioni socio-economiche non indifferenti, sonomolteplici: accanto alle glomerulo-nefriti e alle patologie renali gene-ticamente trasmesse, stannocrescendo, come coefficiente di im-patto di prevalenza, le malattie me-taboliche (diabete e ipertensionearteriosa) con effetti tutt’altro cherassicuranti. Si stima infatti che lapopolazione mondiale in dialisi siarappresentata da 2.5 milioni di per-sone e che l’Italia conti oggi 50.000dializzati (7000 nella sola Lombar-dia) con una quantità di nuovi in-gressi all’anno pari a 190 pazientiper milione di abitanti. A fronte diquesto breve quadro epidemiolo-gico, che tipo di turismo possonofare questi malati? A quali rischipossono andare incontro nel tra-sferimento in una località di villeg-giatura? Ne abbiamo parlato con ilProf Piergiorgio Messa (DirettoreU.O. Nefrologia, Dialisi e Tra-pianto di rene dell’Ospedale Mag-giore Policlinico di Milano),chiedendo al Dott. Alberto Ede-fonti (Direttore dell’U.O.C. Nefro-logia e dialisi pediatrica dellaClinica De Marchi di Milano) diraccontarci l’esperienza del centroin merito alle vacanze dei bambinidializzati.

Laura Sposito

TERAPIA FISICA SOSTITUTIVA è la tera-pia che sostituisce la funzionalità renale eche viene somministrata a soggetti neiquali essa è criticamente ridotta (cioè neicasi di uremia, sindrome che rappresentalo stadio più grave dell'insufficienza re-nale). Esistono due tecniche dialitiche dibase: l'emodialisi extracorporea e la dialisiperitoneale.

EMODIALISI EXTRACORPOREA è il pro-cesso diretto con il quale il sangue vieneestratto dal soggetto mediante l'allesti-mento di una fistola artero-venosa o il po-sizionamento di un catetere venosocentrale, passa - con un opportuno si-stema di pompe - attraverso un filtro co-stituito da una membrana semipermeabileartificiale attraverso la quale, grazie alloscambio con un liquido ultrapuro, avvienela depurazione dalle sostanze tossiche edai liquidi in eccesso. Il sangue depuratoviene quindi restituito al paziente. La se-duta dialitica dura circa 4 ore, costa all'in-circa 150 euro e viene effettuata 3 v. allasettimana.

DIALISI PERITONEALE è un processo didepurazione che avviene all'interno dell'or-ganismo, sfruttando come filtro dializzantela membrana naturale del peritoneo che ri-veste gli organi addominali. Il bagno didialisi (circa 2 litri) contenuto in una saccaviene immesso, per mezzo di un cateterepermanente, nel peritoneo dove stazionaper un certo periodo (tempo di sosta).Successivamente viene fatto defluire(tempo di drenaggio) per rimuovere l'ac-qua e le scorie in eccesso e il processo ri-comincia. Tale processo prende il nome di"scambio". Esistono due tipi di peritoneale:CAPD e APD.

CAPD (Dialisi Peritoneale AmbulatorialeContinua) gli scambi vengono eseguitimanualmente, cambiando le saccheusualmente 4 volte al giorno con unamanovra che richiede 15-30 minuti.APD (Dialisi Peritoneale Automatiz-zata) gli scambi vengono eseguiti dinotte per 8-10 ore mentre il pazientedorme con l'ausilio di una macchinetta(cycler).

FAV (Fistola artero-venosa) è un accessovascolare permanente e interno, utile a ga-rantire che il flusso ematico sia adeguato auna depurazione efficace. Si ottiene me-diante l'anastomosi chirurgica fra un'arteriae una vena e viene punto ogni volta chedeve essere eseguita l'emodialisi.

GLOSSARIO

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Piergiorgio Messa: innanzitutto bi-sogna fare un premessa. In questi ul-timi anni si è assistito a un importantecambiamento. L’innalzamento dellavita media ha fatto aumentare in ma-niera esponenziale, rispetto al passato,il numero di soggetti che entrano indialisi in età avanzata. Ciò ha avutodelle significative conseguenze: un in-cremento delle complicazioni che pos-sono intervenire durante il percorsodialitico, una crescita della mortalitàmedia annua di questa popolazione,una diversa organizzazione del si-stema dialitico, ora più orientato versocentri ad alta assistenza che verso cen-tri ad assistenza limitata (CAL) o atecniche dialitiche domiciliari. In so-stanza se, fino a 10-15 anni fa, i pa-zienti che entravano in dialisi eranoabbastanza giovani oggi la media siattesta sui 70 anni e l’impatto medico-sociale che ne deriva è diverso. Dettoquesto, la natura del trattamento dia-litico a cui il paziente è sottoposto è unodei fattori che ne influenza maggior-mente la qualità di vita e anche ilmargine di movimento.

Ci spiega meglio?Le tecniche dialitiche sono due (vediglossario): la emodialisi extracorporeae la dialisi peritoneale. Se dal punto divista dell’efficacia terapeutica sonoequivalenti, la differenza la fa la mo-dalità di gestione. Mentre nel primocaso il paziente è costretto a recarsipresso il centro di dialisi 3 o 4 voltealla settimana, con la peritoneale puòtranquillamente gestire la terapia alproprio domicilio. Sul piano del recu-pero psicologico e della vita socio-re-lazionale, se la emodialisi èdecisamente più condizionante e puògenerare reazioni di insofferenza e dirifiuto, la peritoneale - pur richiedendoun impegno giornaliero - mette il pa-ziente nelle condizioni di sentirsi pa-drone del proprio corpo, procurandoglimaggiore sollievo emotivo. E siccomeaccanto alla peritoneale manuale neesiste anche una versione automatiz-

zata notturna, che lascia il soggettocompletamente libero durante la gior-nata, è chiaro che in termini di mobi-lità intrinseca la peritoneale presentamaggiori vantaggi rispetto alla emo-dialisi.

Questo discorso vale anche per levacanze?Certamente. L’autonomia che il pa-ziente ha con la peritoneale gli per-mette di farla ovunque si trovi, fattesalve due sole condizioni: un minimodi programmazione anticipata per iltrasporto del materiale occorrente ela precauzione che l’ambiente in cuidializza sia igienicamente adeguato.Se il turismo medio è dunque favo-rito da questa tecnica, diverso è ilcaso della emodialisi che, per sua na-tura, richiede una struttura fissa incui farla. Essendo però poco dilata-bile il numero di posti disponibilipresso ciascun centro, per via del loroalto costo gestionale e di una semprepiù rigida programmazione regio-nale, è evidente che è molto difficol-toso per chi segue questa terapia avereuna certa mobilità turistica. Spo-starsi dalla propria residenza perandare nella località desiderata e nelperiodo prescelto richiede una buonadose di fortuna. Il fabbisogno è in-fatti sempre superiore ai posti e l’ag-gravante è che i centri di dialisi fuoriRegione fanno fatica, per mancanzadi personale, a organizzare turni se-rali per i turisti.

SPECIALE DIALISI ESTIVA

L’INTERVISTA IL FOCUS

PROF. PIERGIORGIO MESSA DOTT. ALBERTO EDEFONTI

Le vacanze dei bambini dializzati

L'esperienza della Clinica pediatrica

De Marchi

120 su 50.000 adulti. È l'esigua per-centuale di bambini che in Italia eseguono iltrattamento dialitico. Il motivo è presto detto:contrariamente agli adulti, i bambini sono tutticandidati a un programma dialisi-trapianto equindi per loro il numero di uscite dalla dia-lisi è molto maggiore delle entrate. Con l'ar-rivo dell'estate, come si organizzano lefamiglie dei bambini che seguono la terapiasostitutiva? Alberto Edefonti: Per rispondere dobbiamoprima fare delle considerazioni di caratteregenerale, che riguardano la vita quotidiana diquesti giovanissimi pazienti. Come primascelta normalmente proponiamo alla fami-glia, dopo averla affiancata con un adeguatoperiodo di addestramento, la dialisi perito-neale automatizzata notturna, specie per i pa-zienti più piccoli. È infatti la terapia piùgestibile, quella che interferisce meno con levarie dimensioni dell'esistenza. Se però in-tervengono dei problemi (peritoniti o esauri-mento della membrana del peritoneo), puòdiventare necessario passare all'emodialisi.Mentre la responsabilità quotidiana della pe-ritoneale è della famiglia, quella dell'emodia-lisi spetta al personale ospedaliero anche sea carico dei genitori resta la gestione delle te-rapie farmacologiche, il controllo dei liquidi,la cura dell'alimentazione. Certamente l'im-patto delle due tecniche è diverso anche se

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Che tipo di iter prevede il pro-gramma di dialisi estiva?Per l’emodialisi la trafila è la seguente:deciso il luogo di soggiorno e il pe-riodo, il malato – su indicazione delnefrologo del proprio centro - puòconsultare il sito della SIN, SocietàItaliana di Nefrologia (www.sin-italy.org) alla voce “programma dia-lisi vacanze” e individuare lastruttura di dialisi più vicina. A que-sto punto, alcuni mesi prima della par-tenza – variabili a seconda dellastruttura – può tentare di prenotare,allegando la documentazione clinicafornita dal proprio centro di prove-nienza e le modalità dialitiche seguite.Il centro prescelto, verificata l’effettivadisponibilità, dà quindi l’assenso ri-servandosi - in caso di sovrapposi-

zioni di richieste - di proporreun’eventuale variazione del periodo.

Con quali criteri vengono effettuatele scelte dei centri?Da quello che osserviamo, la maggiorparte dei dializzati - specie, come di-cevo prima, se anziani e in condizioninon brillanti - tendono a fare scelteconsuetudinarie, tornando dove si sonotrovati bene e dove sanno che i loroproblemi sono tenuti sotto adeguatocontrollo. Non mancano però i soggettiche tentano strade alternative come lacrociera (vedi testimonianza e box).Tuttavia si tratta di solito di malatiche hanno un atteggiamento psicolo-gico molto positivo e una situazioneclinica stabile.

A quale tipo di malato può essere pro-posto un programma di dialisi estiva?

è indubbio che meglio convive la famiglia conla necessità di queste terapie, più il bambinoè a sua volta disposto ad accettarle.Relativamente alla qualità di vita, l'evoluzionedelle tecniche dialitiche ha portato a dei be-nefici?Innanzitutto bisogna dire che, secondo la let-teratura scientifica, la qualità di vita migliorel'hanno i bambini trapiantati, a cui fanno se-guito quelli sottoposti a dialisi peritoneale au-tomatizzata notturna e per ultimi coloro cheeffettuano l'emodialisi. Inoltre va aggiunto chela cura del bambino con insufficienza renalesi fonda su tre pilastri: la dialisi ma anche ladieta e la terapia farmacologica. Trascurarneuno vorrebbe dire non intervenire in modo ef-ficace. Per quel che riguarda la dialisi, i mi-glioramenti tecnologici nel corso degli annisono stati davvero tanti e tutti in funzione delbenessere del paziente dializzato: per la pe-ritoneale, il passaggio da quella manuale aquella automatizzata notturna e l'uso di solu-zioni dialitiche più biocompatibili; per l'emo-dialisi, l'introduzione di bagni dialitici con ilbicarbonato al posto dell'acetato e l'utilizzo ditecniche di ultrafiltrazione sempre più sofisti-cate. In particolare, dicono alcuni recentistudi, il miglioramento più eclatante - chenon sempre viene realizzato negli adulti -èstato quello che ha riguardato l'assistenzaglobale al bambino e alla sua famiglia. Ci fa un esempio? Molto rappresentativa è l'attività che svolge lanostra U.O di Nefrologia e Dialisi Pediatrica.Dal 1978 è operativo un team multidiscipli-nare - composto da nefrologi, infermieri, as-sistenti sociali, psicologi, dietisti, volontari ecc.- che ha la funzione di attuare interventi te-rapeutici integrati volti a inserire la terapia dia-litica nel contesto di vita del bambino.Lavorare in questo modo significa mettere in-torno a lui e alla sua famiglia una rete artico-lata di professionisti capace di stemperarel'impatto della dialisi, limitando al tempostesso il burn-out. Ciò interessa soprattuttol'emodialisi perché comporta che il bambinoe i suoi familiari trascorrano nel nostro cen-tro circa 4 ore 3 o 4 giorni alla settimana e di-venta ancora più essenziale se entrambi,come capita spesso, giungono qui da lon-tano, essendo la nostra U.O. l'unico centro diriferimento pediatrico per l'intera Regione.Come funzionano le vacanze dei bimbi chedializzano presso il vostro centro?Dipende se effettuano il trattamento dialitico

IL FOCUS L’INTERVISTA

CROCIERE Da anni Costa Crociere, attraverso l'agenzia Viaggi Più di Cerea (VR) (www.),offre a clienti dializzati, con antigene HbsAg e HIV negativo, la possibilità di effettuare sedutedi dialisi a bordo delle proprie navi. I costi (che le ALS rimborsano in misura diversa a se-conda delle singole convenzioni regionali) variano dai 340 euro (Mediterraneo e Nord Eu-ropa) ai 380 euro (Caraibi ed Emirati Arabi). Tassativamente un mese prima della partenzava fornita all'agenzia la documentazione medica comprendente: scheda dialitica, esami dilaboratorio, test antigene AU e HIV negativo. Le Crociere sono garantite con un minimo di 6e un massimo di 12 dializzati. Per saperne di più www.viaggipiu.eu

SOGGIORNI IN VILLAGGIO Presso il Villaggio Oasis di Paestum, ai clienti dializzati vengonoofferte particolari agevolazioni. Nei i mesi di giugno, luglio e settembre il dializzato non pagala quota del soggiorno in pensione completa, la paga solo l'accompagnatore. Per il mese diagosto il dializzato paga metà della quota. Il tranfer per il centro di dialisi è gratuito. Per in-formazioni: www.villaggiooasis.it

SOGGIORNI IN STRUTTURE ASSISTITE L'agenzia la Rosa Blu di Padova propone sog-giorni quindicinali assistiti in Italia, sia al mare (Pesaro, Alba Adriatica, Lignano Sabbiadoro)che in montagna (Sauze d'Oulx), per clienti dializzati, secondo una formula personalizzata econ la possibilità di effettuare la terapia presso centri dialisi attigui alle strutture. Prenotazionitra marzo e aprile. Per maggiori info: www.larosablu.com

SOGGIORNI ALL'ESTERO Holiday Dialysis International (HDI), appartenente al gruppo Fre-senius Medical Care, offre ai pazienti in dialisi la possibilità di viaggiare in tutto il mondo ef-fettuando le sedute di dialisi presso centri certificati e selezionati con la garanzia dellaqualità tecnologica e dei prodotti Fresenius Medical Care. Le destinazioni sono: Asia, Eu-ropa, Nord e Sud America, Africa. Le prenotazioni possono anche essere effettuate on-line.Per informazioni: Chiara Frattini; e-mail: [email protected];[email protected]. Tel. 0373 275405, fax: 0373 277119.

PELLEGRINAGGI Unitalsi offre ai pellegrini dializzati, un mese prima della partenza, l'oppor-tunità di prenotare delle sedute dialitiche presso il centro dialisi "Saint Jean le Baptiste"(www.renalis.org) di Lourdes. Per informazioni: [email protected]; tel. 066797236.

LEDIVERSE

FORMULE

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Sebbene non esista un livello assolutodi qualità del paziente o un livello re-lativo di qualità del centro che lo acco-glie, questi sono sicuramente dueelementi da tenere presente nell’orien-tare il dializzato che chiede di andarein vacanza. Faccio un esempio. Più lasituazione clinica del paziente è com-promessa più lo indirizzerò verso uncentro ad alta intensità di cura. Più èbuona, più mi basterà indicargli unCAL. A ciò va aggiunta un’ultimaconsiderazione: siccome non è infre-quente che i centri di vacanza dispon-gano di tecniche dialitiche standard,cioè non così avanzate come quelle deicentri di provenienza, meglio sempreinformarsi in anticipo così da assicu-rare a ciascun malato, giovane o an-ziano, a rischio o meno, il centro colpiù adeguato coefficiente assistenziale.

A chi è invece sconsigliato?Non ci sono regole assolute però il pa-ziente più esposto a complicanze è perdefinizione quello fortemente instabiledal punto di vista vascolare: o perché èfortemente iperteso, o perché presentadelle alterazioni importanti della cir-colazione periferica o perché ha una si-gnificativa ipotensione intradialitica.La delocalizzazione della dialisi èquindi più indicata per pazienti rela-tivamente stabili oppure dove il mar-gine di rischio – laddove minimamentec’è – è però attentamente valutato dalcentro inviante e condiviso con quelloche accoglie.

Ci sono particolari restrizioni cli-matiche per la dialisi in vacanza? Sicuramente il clima in sé non è unproblema. Quando tuttavia fa moltocaldo, a essere favorite sono ovvia-mente l’ipotensione e la trombosi va-scolare. Mandare perciò i pazienti conalto coefficiente di rischio vascolare einstabilità emodinamica in luoghi sog-getti a un eccesso di canicola è unastrada che va percorsa con molta cau-tela. Una cautela che non deve man-care anche nel considerare altri aspettiche possono sovrapporsi a quello del

clima, rendendo problematica la mobi-lità: la vicinanza o meno del centrodialisi al domicilio della località divilleggiatura, l’organizzazione deltrasporto (assistito o no), le modalitàdi spostamento (in macchina o no).

Quali sono le principali accidenta-lità che possono capitare durante ladialisi estiva?I problemi più grossi che possono capi-tare sono legati all’andamento diali-tico stesso e in particolare allevariazioni del cosiddetto peso secco.

In cosa consiste? Mentre il peso di un soggetto che urinaregolarmente si autodefinisce da solo,quello di chi dializza devono arguirloi medici in base a una valutazione cli-nica indiretta basata sul rapporto fralo stato di idratazione e lo stato nutri-zionale del paziente. Errori di sovra-stima del peso secco possono indurre neldializzato problemi di edema polmo-nare acuto, mente errori di sottostimapossono determinare instabilità car-diovascolare (ipotensione). Se già nor-malmente questo peso “teorico” èdifficile da individuare rigorosamente,con tutte le accidentalità appena elen-cate che ne conseguono, in vacanza –cioè cambiando il centro dialisi di ri-ferimento – questo peso può subiredelle ulteriori oscillazioni con il risul-tato che le stesse accidentalità possonopresentarsi più frequentemente per unasommatoria di variabili: la differenzadi bilancia fra il centro dialisi di vil-leggiatura e quello di provenienza, leinevitabili variazioni di movimentorispetto agli altri periodi dell’anno edelle abitudini dietetiche del paziente,una non sufficiente conoscenza del ma-lato da parte dei nefrologi della nuovarealtà.

In futuro quale nuova tecnica po-trebbe favorire una maggiore mobilitàdei dializzati?Il progetto più accattivante, frutto diuno studio pilota, al quale stanno con-tribuendo anche ricercatori italiani, èil rene artificiale indossabile. Si tratta

SPECIALE DIALISI ESTIVA

in peritoneale o in emodialisi. Nel primo casohanno maggiore autonomia, nel secondo no.Con la peritoneale sono i genitori ad organiz-zarsi da soli la vacanza e noi siamo i primi aincoraggiarli. Nel momento in cui il bambinoè in buone condizioni cliniche e il medico ac-consente all'allontanamento non ha sensoporre delle restrizioni e di norma i genitoripartono tranquilli anche perché possono con-tare su un ottimo servizio: quello fornito dalleditte produttrici di soluzioni dialitiche che re-capitano i materiali direttamente nel luogo divilleggiatura. Se poi i familiari del bambinohanno problemi, forniamo assistenza telefo-nica a distanza e diamo indicazioni sulla vici-nanza delle cliniche pediatriche di riferimento.Nel caso dell'emodialisi ci sono invece duepossibilità: le vacanze individuali e le vacanzeorganizzate dal nostro centro.Ce ne può parlare? Le prime riguardano giovani pazienti vicini allamaggiore età, quindi desiderosi di provare amuoversi in modo indipendente e non più in-dirizzabili verso strutture pediatriche. In questocaso ad attivarsi è l'assistente sociale che sug-gerisce centri già collaudati e affidabili a cui ri-volgersi. Per quel che concerne invece i piccolipazienti in emodialisi, il nostro centro organizzaormai da 15 anni un soggiorno di gruppo di 1-2 settimane presso diverse località di villeg-giatura. È una soluzione che ha sempre trovatomolti consensi fra i genitori sia perché per nontutti i centri pediatrici fuori regione accettanobambini piccoli sia perché la famiglia ha sem-pre molte resistenze nell'affidare i figli nellemani di chi non conosce, specie quando sitratta di fare terapie così delicate.Dove viene organizzata la vacanza ?Ogni anno movimentiamo circa 10-12 piccolipazienti. Nel corso di questi 15 anni li abbiamoportati un po' in tutta Italia (a Vieste, a Iesolo,a Rimini, a Riccione ecc) ma sempre tenendopresente due criteri che sapevamo avrebberotranquillizzato i genitori: andare dove i centridi dialisi garantivano ospitalità ai nostri bam-bini e dove il nostro personale poteva parte-cipare direttamente alla conduzione dialitica.Certamente la formula che ha incontrato piùsuccesso è stata quella della vacanza al vil-laggio del Touring della Maddalena, dovepoche settimane fa - grazie al nostro staffcomposto di 3 infermieri e un medico - ab-biamo portato 8 ragazzi e dove ormai siamodi casa essendo la nona volta che ci andiamo.Qui c'è infatti un centro dialisi gestito dalla

IL FOCUS

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di un dispositivo portatile alimentato abatterie in cui è miniaturizzato un si-stema che fa circolare continuamenteil sangue in un microsistema di depu-razione, dotato di un sacchetto che rac-coglie l’ultrafiltrato, che simula l’urinae che deve essere regolarmente svuotato.Siamo ancora alla fase di sperimenta-zione, per cui ci sarà da attendere unpo’ prima di conoscerne la sua realeapplicabilità nella pratica clinica.

Concludendo… una vacanza “intrasferta” può rimanere un bel mirag-gio per tanti pazienti?Le difficoltà, per tutto quello che cisiamo detti, sussistono. Certamente sa-rebbe auspicabile una sempre maggioresensibilizzazione delle Regioni versoil problema serissimo della mancanzadi posti disponibili per la dialisi turi-stica. Alcune in verità hanno già que-sto tipo di attenzione e, anchequest’anno, si stanno dimostrandoparticolarmente propositive sul pianodel potenziamento dei servizi per i tu-risti (vedi box).Questo per dire che gliesempi virtuosi non mancano tuttaviaresta ancora molto da fare e non solosul versante delle vacanze.

Cosa intende dire?La fascia dei pazienti over 70 senza ocon limitata speranza di trapianto,, èsempre più elevata con conseguenze so-ciali molto più drammatiche di quantosi pensi. Innanzitutto cresce sempre dipiù la necessità di avere parenti dispo-nibili ad accudire questi anziani dia-lizzati. Questo comporta spesso che,non potendo lasciare soli i propri an-ziani dializzati, questi parenti, spessofigli, siano costretti a rinunciare allaloro vacanza. Il risultato? Nel lungotermine una simile situazione puòcomportare il logoramento fisico e psi-chico di questi familiari. Potrebbe al-lora essere auspicabile organizzareiniziative che riescano ad aiutarli,quantomeno temporaneamente, perconsentire loro brevi periodi di riposo.In secondo luogo di questi dializzatianziani e malridotti non parla nes-

suno. Destinati come sono a una cro-nicità senza ritorno e a una qualità divita, dopo ogni trattamento dialitico,sempre più al ribasso, il disimpegno neiloro confronti è enorme, anche e so-prattutto sul piano della ricerca di so-luzioni residenziali dedicate. Per cui,se è vero che si tratta di una fascia dipersone con un’aspettativa di vitamolto breve, gli ultimi anni che restanosono terribili tanto per loro quanto peri familiari che li accompagnano.Quindi…altro che parlare di vacanze!Quello che davvero manca è un’ade-guata rete di supporti all’anziano dia-lizzato e alla sua famiglia nellaquotidianità. Un problema che, se nonaffrontato in tempo, fra qualche annopotrebbe davvero diventare esplosivo.

L.S.

dott.ssa Gazzanelli che ogni anno ci garanti-sce 8 posti per turno (mattina e primo pome-riggio) in orari favorevoli ai bambini, chepossono così avere il tempo di partecipare atutte le attività del villaggio. Alla vacanza ac-cedono famiglie con bambini piccoli, maanche minori soli e disabili.Come si è evoluto negli anni il servizio?In primo luogo si è sviluppato un imponentelavoro preparatorio che nel corso del temposi è sempre più affinato, secondariamenteabbiamo acquisito una progressiva padro-nanza gestionale del servizio: abbiamo im-parato cioè a portare in vacanza un numeromaggiore di pazienti, a preparare meglio ilnostro staff, a potenziare il progetto educa-tivo sotteso alla nostra attività quotidiana. At-traverso la condivisione di momenti di vitacomunitaria, il soggiorno ci ha infatti per-messo da una parte di aiutare i bambini asviluppare una maggiore aderenza alla tera-pia dialitica, dall'altra di procurare un po' disollievo a molti genitori, offrendo loro unapossibilità di svago che da tempo non riusci-vano a concedersi.E i costi?A parte le sedute dialitiche che sono rimbor-sate come di consueto dalla ASL, tutte lespese legate al bambino (soggiorno al villag-gio, volo aereo, noleggio pullman per il tra-sporto) sono interamente copertedall'Associazione per il bambino nefropatico(www.nefrologiapediatrica.org.) che sostieneanche i costi di trasferta del personale me-dico-sanitario. La famiglia deve invece pa-gare la propria parte.Cosa ne pensano i bambini della vacanza alvillaggio?Ne sono contentissimi. Anni fa avevamo ten-tato la formula dell'albergo ma non avevafunzionato. Il villaggio invece è decisamentepiù funzionale al nostro progetto educativo inquanto è un grande contenitore che offremolte opportunità. Una volta terminata la dia-lisi i bambini possono dedicarsi tutti insiemealle varie attività ricreative e questo per loroè una grande ventata di libertà. Quest'annoper esempio hanno vissuto un'esperienza in-dimenticabile: il medico dello staff, che èistruttore di vela, li ha portati a fare il giro delleisole in canotto. Per l'occasione i maschi sisono comprati le bandane nere, le femminequelle rosa. Insomma, per tutti si è trattato diun'autentica... avventura piratesca.

L.S.

IL FOCUS

MARCHE la Regione ha rinnovato, per il se-condo anno consecutivo, il progetto di poten-ziamento dei servizi per la dialisi rivolti ai turisti,con una politica di incentivi al personale me-dico. Nel 2009 erano state effettuate 3000prestazioni (1200 notturne) per 244 turisti dietà compresa fra i 20 e i 50 anni. Info: Tele-fono: 071 806 4121; fax: 071 806 [email protected]

PUGLIA sarà attivo fino al 30 settembre pros-simo il servizio di dialisi turistica messo a dispo-sizione dalla ASL di Lecce, grazie alladisponibilità delle U.O. di Nefrologia e Dialisi diLecce, Galatina, Casarano, Gagliano del Capo eGallipoli. Info: tel. 0832-215653-0832215623; [email protected]

EMILIA-ROMAGNA accanto agli ambulatoridi dialisi estiva per turisti di Cesenatico (tel.0547352897) e Rimini (tel. 0541 705434)da segnalare che fino al 10 settembre l'Ospe-dale di Cervia effettuerà, dalle 18 alle 24, turniserali supplementari per turisti nei giorni dispari(tel. 0544 917650); www.ausl.ra.it

SARDEGNA presso l'U.O. Nefrologia, Dialisi etrapianti di Sassari, fino alla seconda metà disettembre verrà attivato il programma dialisi-va-canze, con la possibilità di un turno aggiuntivorispetto ai consueti (tel. 079 2061641 -2061042).

ESTATE2010:INFORM

AZIONIUTILI

L’INTERVISTA

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Stefano Saligari rimboccale maniche della camiciaa scacchi, le volta all’in-dietro con mani forti esegnate, mai ferme, in

un gesto che ricorda a questo cin-quantunenne di Grosotto nel cuoredella Valtellina quello di un altrouomo: “Era il giorno di Pasquettadel 1999 – spiega con poche parolecon piglio solido e forte – e nellapiazza di Aldeno, in Provincia diTrento, mi trovavo preso dall’emo-zione guardando un uomo che miveniva incontro con passo deciso:era il papà di Silvano il mio dona-tore”Dal 6 luglio del 1997 nel petto diStefano Saligari batte infatti il cuoredi un giovane ragazzo, scomparsotragicamente, a causa di un inci-dente in un cantiere, proprio sottogli occhi del padre: “Avevo cercato,con molto rispetto in tempi lunghi,di contattare la famiglia del mio do-natore per riuscire a ringraziarla,ma nel momento dell’incontro il co-raggio con il quale avevo sempre af-frontato tutto mi stavaabbandonando. Temevo di trovarepersone diverse da me, magari percultura o disponibilità economiche,e di non essere all’altezza delle loroapsettative. Quando però il papà diSilvano è venuto verso di me con lemaniche riboccate, le mani callose eil passo svelto ho compreso che era-vamo simili, che sarebbe stato pos-sibile conoscersi davvero”Quell’immagine negli occhi di Ste-fano Saligari è ancora forte perchéquello fu il momento conclusivo diun discreto, ma costante, percorso diavvicinamento e allo stesso tempol’inizio di una nuova e forte amici-zia: “Dalla piazza siamo saliti in casa

dove, insieme alla mia famiglia, sonostato accolto dalla mamma di Sil-vano e dalle sue sorelle che avevanopreparato una torta. Fu un pome-riggio molto bello e, al momento delsaluto, senza rendersene conto, lamamma di Silvano mi mise la manosul cuore per sentirlo. Da quelgiorno ci siamo telefonati regolar-mente, come due famiglie amiche dasempre, io che allevo capretti ho co-minciato a mandare loro quello peril pranzo pasquale e il papà di Sil-vano mi mandava il suo vino: cosesemplici e genuine come noi”Prima di arrivare ad Aldeno in quel1999, la storia di Stefano Saligariparte da molto lontano: da ungiorno del 1984 quando nel pienodella sua energica attività di mura-tore decide di effettuare un banaleesame di routine. La diagnosi è ru-

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Il sensodei gesti

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vida come un pezzo di carta vetrata:“Era maggio – ricorda Saligari – emi venne disagnosticata una cardio-patia dilatativa. Ricordo bene che ilmedico mi disse che sarei arrivato altrapianto in 12 anni. Era stato pro-prio preciso – prosegue Saligari –mi operarono dopo 12 anni e qual-che mese nel luglio del ‘96”Per qualche anno la vita di Saligariproseguì piena con i figli Oscar ePamela che crescevano (oggi 24 e 28anni) e l’attività edile alla quale nonrinunciava: “Amavo fare il muratore:iniziare un lavoro al mattino e lasera vedere qualcosa di concretofrutto del mio lavoro”. La passioneper i materiali, gli attrezzi, la faticaportano in Saligari a resistere e anon rinunciare del tutto alla suaprofessione, almeno in un primomomento: “Dopo aver passatonell’87 l’attività a mio fratello, sonoentrato come manutentore nel-l’Ospedale di Sondalo”I problemi della malattia però sifanno sempre più pesanti: “Respi-ravo sempre meno, dormivo pocoperché mi sembrava di soffocare pe-rennemente, così sono stato co-

stretto a spostarmi in ufficio doveho trovato solo carte e il computerche non sapevo usare”. Quell’ufficiodove ancora oggi Saligari è impe-gnato: “Lavoro all’URP (relazionicon il pubblico) e mi occupo di ac-cettazione, ma soffro perchè a voltemi sembra di non vedere i risultatidel mio lavoro e poi – aggiunge –quante pretese hanno gli utenti!”,poi si ferma e aggiunge con tono piùmorbido: “cerco però di aiutarli per-ché anch’io sono stato, e sono, un pa-ziente e so quanto può essereoppressiva la burocrazia degli ospe-dali”Ed è proprio in un ospedale che,ormai alla fine degli anni ’90, la sto-ria di Saligari s’intreccia con quelladella famiglia di Silvano, un bel ven-tiduenne di Trento: “Sono entrato incoma il 3 luglio del ’96 e all’improv-viso il giorno 6 è arrivato un cuoreper me. Quando mi sono ripreso hosaputo che si trattava di quello di unragazzo di Trento. Ho avuto subitoil desiderio di sapere chi fosse e, gra-zie all’aiuto dei miei numerosi fra-telli, nelle cronache ho rintracciatoil nome di Silvano morto mentre la-

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vorava nel cantiere della propriacasa insieme al papà”Saligari sentì sempre più forte laspinta per ringraziare la famiglia diSilvano, ma scelse di muoversi concalma: “Esiste un confine del ri-spetto – dice serio – ho anche pen-sato che i suoi genitori potesseronon volermi incontrare, così hochiesto a mia sorella di parlare con ilsuo parroco per mettersi in contattocon il parroco di Alveno. Andai al ci-mitero, in un orario in cui non c’eranessuno, e misi una targa per diregrazie e vedere se quel gesto fossecorretto. Tornai e la targa era statalasciata anche nell’allestimento de-finitivo della tomba”Un segnale, un gesto, ma ancora si-lenzio: “In un primo tempo seppiche la famiglia non mi voleva incon-trare, poi invece cambiò idea e citrovammo proprio in quel giorno diPasquetta del ‘99”Ad Aldeno, Saligari arrivò con lamoglie e un bimbo piccolo: “La miavita era andata davvero avanti edopo il trapianto ero diventato papàper la terza volta. La nostra ospitemi chiese come si chiamava il pic-cino e quando le dissi che lo ave-vamo chiamato Silvano fu presa dauna grande emozione. Al primo in-contro la signora era provata dal do-lore, ma dopo la nostra conoscenzauscì rapidamente con successo dauna forma depressiva con grandesorpresa per tutti. Anche il papà diSilvano, vedendo che la tragedia delfiglio aveva portato aiuto ad un’al-tra persona, cominciò ad accettarequello che era successo”. Tra i dueci fu un momento molto privato:“Appena salutati mi disse “Ti devochiedere una cosa che mi tormentada tempo, però devi essere sincero””Lo guardai e continuò: “Quanto haidovuto pagare per ricevere l’or-gano?” Saligari continua: “ Risposicon fermezza che non avevo pagatoniente e vidi nel viso del padre comeuna luce, fece un sospiro, sembravache si fosse liberato di un macigno.Aveva paura che con il suo gesto

d’amore qualcuno avesse speculatoe mi disse: “Ora sono tranquillo”.Le sorprese furono molte quelgiorno, e anche le confidenze: “Lasorella maggiore di Silvano mi disseche quando il parroco chiamò percomunicare alla loro famiglia chequalcuno voleva conoscerli, lei im-maginò subito che fosse un rice-vente degli organi del fratello edentro di lei pensò che quella do-veva essere un grande persona,qualcuno che aveva un coraggiotanto grande da volerli incontrare evolerli ringraziare”Quel giorno le due famiglie si lega-rono per sempre e così oggi è Ste-fano ad essere vicino in un momento

difficile alla mamma del suo dona-tore: “Suo marito è scomparso inpochi mesi a causa di una malattiarara: ci sentiamo spesso, le siamo vi-cini, e quando andiamo a trovarla di-vidiamo del tempo sereno”Saligari sta per terminare il rac-conto, è quasi mezzogiorno, e per unuomo abituato a muoversi e a pas-seggiare ancora tra le alte vette, giàtroppo tempo è stato dedicato alleparole, ma perché ha deciso difarlo?: “Sono iscritto alla sezioneAIDO di Tirano e ho capito quantosia importante la promozione perdiffondere una corretta cultura delsenso della donazione. Amo le cosereali e vere, non parlo molto, ma hocapito come portando la mia testi-moniaza sul territorio le parole pos-sano tradursi in gesti veri e utili perchi è in attesa di un organo per tor-nare alla vita”.

Clelia Epis

“Quanto hai dovuto pagare per ricevere l’organo?” Saligaricontinua: “Risposi con fermezza chenon avevo pagato niente e vidi nel visodel padre come una luce, fece unsospiro, sembrava che si fosse liberatodi un macigno. Aveva paura che con ilsuo gesto d’amore qualcuno avessespeculato e mi disse: “Ora sonotranquillo”.

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Una nuova via per pro-muovere la culturadella donazione, unsentiero inedito trac-ciato dall’elegante arte

scultorea di Silvano Bulgari, unmezzo di comunicazione cheA.I.D.O. ha deciso di sperimentareda Bergamo in un’inedita parten-ship che legherà l’Associazione al-l’artista milanese nei prossimi mesiattraverso una serie di esposizioniin tutta Italia. E’ proprio questo ilnucleo di quanto sta nel cuore dellamostra Statue Titolate (fino al 17ottobre Palazzo della Provincia,Spazio Viterbi – via Tasso, Ber-gamo) che riassume il percorsotrentennale dello scultore, oggi di-ventato testimonial A.I.D.O., conuna serie di opere senza tempo inun suggestivo viaggio tra mito e re-altà: “La nostra Associazione –spiega il presidente nazionale Vin-cenzo Passarelli, intervenuto al-l’inaugurazione dello scorso 27

agosto - è da sempre aperta a qual-siasi nuovo mezzo per diffondere lapromozione e l’informazione rela-tive alla donazione degli organi.Bulgari, che ha vissuto personal-mente l’esperienza del trapianto, ciha contattato chiedendo di poter di-ventare testimonial A.I.D.O. Ab-biamo valutato la sua proposta e,considerato il suo valore di artistae la sua storia, abbiamo deciso dicollaborare per inoltrarci in uncampo, come quello artistico, dovenon ci eravamo mai spinti. Abbiamoutilizzato lo sport e tanti altri set-tori per diffondere il nostro mes-saggio sociale, ma l’arte cimancava”.Il cammino comune inizia dunque aBergamo, proprio da dove era ini-ziata la storia di A.ID.O. : “E’ vero,ancora una volta questa città èluogo di innovazione. E’ proprio quiche l’Associazione Italiana Dona-tori Organi è nata nel1973 e biso-gna ricordare che il primo gruppo

IL TALENTO DELLL’ARTE

COME STRUMENTO PER IL MESSAGGIO

DEL DONO

Da sinistra: Franco Tentorio

Sindaco di Bergamo;Leonida Pozzi

presidente AidoLombardia;

Ettore Pirovanopresidente Provincia

di Bergamo; Vincenzo Passarelli

presidente AidoNazionale;

Silvano Bulgari artista e testimonial

Aido.

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di donatori di organi a carattereprettamente provinciale (DonatoriOrgani di Bergamo - D.O.B.) si èformato sempre a Bergamo il 14novembre 1971. Da quelle radici hapreso il via il nostro lavoro”.Quello che parte dalla città orobicaè dunque un progetto che avrà unriflesso più ampio su tutto il terri-torio nazionale: “Saremo insieme aSilvano Bulgari – continua Passa-relli - anche per le prossime mostregià programmate a Firenze eRoma”. Notizia importante è cheBulgari lavorerà direttamenteanche per creare qualcosa di spe-ciale a favore di A.I.D.O. : “Ha ac-cettato di realizzare un oggetto inesclusiva che diventerà il modelloper ringraziare coloro che si spen-dono a favore della promozione delnostro messaggio.”La mostra è anche occasione perrinsaldare il legame di A.I.D.O. conil territorio : “Un evento ospitato inun luogo così importante – spiega

il Cav. Leonida Pozzi presidentedell’Aido regionale Lombardia – ciavvicina ancora di più ai cittadini.Un grazie va dunque all’ammini-strazione provinciale di Bergamo: laprima ad aver affiancato questo no-stro progetto con grande disponi-bilità di mezzi e personale”.Promossa dal Settore Cultura,Spettacolo, Identità e Tradizionidella Provincia di Bergamo e orga-nizzata dall’associazione culturaleART-IS, con il supporto della Fon-

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InformazioniSTATUE TITOLATEIn mostra a Bergamo l’universo monumentale e prezioso di Silvano BulgariFino al 17 ottobre 2010 Palazzodella Provincia, Spazio Viterbi via Tasso BergamoORARIdal martedì a venerdì: ore 15.00/19.00 Sab. e Festivi: 10.00/13.00 – 15.00/19.00

Ingresso gratuito.La mostra è inserita nel programmadell’evento annuale della Camera diCommercio “Notti di Luce 2010”, e della VIII Edizione diBergamoScienza.

Ad accogliere i visitatori nel chiostrodel Palazzo, collocata tra le operemonumentali di Manzù di proprietàdella Provincia, l’imponente sculturain bronzo e oro zecchino Il senso deltempo” realizzata con la tecnica della“cera persa”. Un giovane uomo che,come Alice attraverso lo specchio, varcala soglia di un grande orologio perpenetrare in un mondo fantastico. Ilpercorso espositivo al coperto condurràil visitatore intorno alle sculture e alleopere monumentali, fino allestraordinarie committenze e allesculture indossabili realizzateutilizzando una prodigiosa varietà dimaterie preziose.La mostra ha tra i suoi obiettivi quellodi sensibilizzare i visitatori neiconfronti della tematica delladonazione degli organi e di raccogliereadesioni a favore dell’A.I.D.O.(Associazione Italiana per laDonazione di Organi), di cui ilmaestro Silvano Bulgari è da temposostenitore e oggi testimoniald’eccezione. “Esistono svariati modi di fare arte,esiste un’arte dell’immaginare, un’artedel descrivere, un’arte del creare eun’arte del vivere…”

(Silvano Bulgari)

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dazione Creberg e della FondazioneIstituti Educativi di Bergamo, l’epo-sizione ha trovato un forte apprez-zamento anche nelle paroledell’Assessore alla Cultura Gio-vanni Milesi : “Ne abbiamo appog-giato la piena realizzazione perchésiamo rimasti colpiti dalla grandequalità progettuale e tecnica delleopere esposte. Queste sono sculturepreziose, gioielli contemporanei che

affascinano grazie alla sensibilitàcon la quale sanno leggere i moti ele sofferenze umane” e del presi-dente della Provincia Ettore Piro-vano: “Queste opere ci trasportanonelle eleganze dell’arte rinascimen-tale e di quella neoclassica, nasce ildesiderio di ammirarne una permolti anni davanti a sè e il messag-gio di promozione sociale che vi èlegato è fonte di educazione per ilterritorio”.

DAL PENSIERO AI GESTI: L’ARTE E IL MESSAGGIO DI SILVANO BULGARI. PAROLA ALLO SCULTORE“Questa mostra – spiega l’artista-vuole coinvolgere i nostri cinquesensi che, spesso, trascuriamo nelloro insieme. Tutto è posto in unospazio artistico comune, dove vi èun equilibrio cinestesico: ad esem-pio sono chiaramente coinvoltil’udito, con musica composta appo-sitamente per queste opere, e l’ol-fatto con il profumo d’incenso nellasala «Finalmente uomo»”. La vita, lesue molteplici vicende e i suoi forticontrasti sono alla base del lavorodi Bulgari : “Sono un cantastorie diracconti tridimensionali. Realizzo lestorie che vedo nelle persone equelle che riguardano me stesso.Ho avuto una vita molto intensa, hoconosciuto persone basse ed altrespiritualmente elevate, ho vissutoepisodi da ricordare, momenti dafissare, sentimenti indimenticabili etutto questo è stato fonte di ispira-zione per il mio lavoro e può esserloper la riflessione di chi osserva leopere. Da ciascun prodotto artisticoogni spettatore trae una personalesuggestione”.Tutto è reso più efficace grazie al-l’amplificazione emotiva dettata daisuoni (su casse Dikò dello sponsorHeimdall), appositamente studiatisecondo moduli molteplici dal com-positore Gianmarco Mora, e dallatitolazione delle sculture: “L’instal-lazione audio è un rapporto formaleche intercorre tra le opere esposte ei brani elettroacustici, anche in re-lazione all'inserimento nello spazio.Lavorando con il compositore –spiega ancora Bulgari - si è svilup-pato un lavoro per ottenere braniche non fossero solo un sottofondo,ma qualcosa che si integrasse conla situazione espositiva. Alla finesono stati ottenuti sette brevissimibrani elettroacustici, tra i 20 e i 40secondi circa, con i quali sono staticostituiti nastri di dieci minuti. Ilmateriale sonoro si ripete, ma le so-

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vrapposizioni (secondo il principiodella verticalità) cambiano conti-nuamente nella percezione del frui-tore che si sposta nello spazioespositivo; alle sue orecchie arri-vano i suoni di tre altoparlanti nellasala grande, ma anche dagli altrispazi, non essendoci una separa-zione acustica netta”. Nulla è mailasciato al caso e continuando a dia-logare con Silvano Bulgari si scopreche il molto spazio lasciato al suonoha radici nella sfera privata dellasua vita. Splendida è infatti l’operache rielabora un violino, perché lamusica è componente stessa del-l’ispirazione di Silvano Bulgari :“Sono un musicista, tra i miei amicisi sono: Roby Facchinetti dei Pooh,Ricky Belloni del mito dei NewTrolls, Gatto Panceri, Lucio Dalla,Ludovico Einaudi e tanti altri.Suono spesso sia la chitarra che ilpianoforte, come appassionato, econfesso che la musica muove nelprofondo la mia spiritualità”.La mostra è la prima occasionenella quale il pubblico vedrà l’arti-sta mettere la propria ricerca a ser-vizio del messaggio di A.I.D.O.: “E’stato un moto spontaneo, una deci-sione non dettata da secondi fini.Sentivo dentro di me il grazie chevolevo diffondere nei confronti delmio donatore (ho ricevuto anch’ioun rene ventisette anni fa) e ho con-tattato l’Associazione per chiederese con il mio lavoro potessi diven-tare testimonial del messaggio disolidarietà che lega gli associati,cercando così di aiutare nella pro-mozione e nell’informazione. Credoche ognuno di noi debba avere ri-spetto per il proprio corpo, maquando questo non è più in vita,esso deve diventare strumento divita per altri. La nostra corporeitàdeve tradursi in altra energia, que-st’idea mi viene dalla mia espe-rienza personale di trapiantato, maanche dai miei studi e dal mio la-voro che mi hanno sempre portatoa contatto con l’anatomia e la cor-poreità”. Riflessioni che emergono

anche tra le sfumature della sala piùforte della mostra «Finalmenteuomo»: “La storia che racconto èuna fase mentale che approda allarealtà grazie alla materia. Nel Cri-sto crocifisso di «Finalmente Uomo»Gesù è uno scheletro, questo perchécredo che il momento più impor-tante della sua vita sia stato proprioquello della morte sulla croce, cheha dato senso al suo messaggio, eun uomo morto è un ammasso diossa. Un alto prelato ha scritto al-cuni versi attorno a quest’opera:«Se la Vita è Vita, a morire sullacroce è soltanto la morte» e ha ca-pito quel che volevo trasmettere. Inun percorso apparentemente oni-rico, fatto di contrasti, di Bene e diMale, mi propongo di portareavanti un messaggio di Vita, di unavita umana che è miscela di tuttoquesto”.

Clelia Epis

Note sull’artistaNasce a Milano il 29 giugno 1955.Figlio di Giorgio Bulgari,sbalzatore di metalli preziosi,apprende dal padre pure milanese,l’amore e l’arte per la cultura orafae la scultura, secondo la tradizionedelle botteghe rinascimentali. Iniziail suo percorso artistico nel 1973 eda allora inizia la sua crescitaartistica applicando la suacreatività e le sue capacità nellaproduzione di sculture e sculture-gioiello. Presta la sua opera allarealizzazione delle collezioni dinote case di design, e dellagioielleria internazionale. Il suo operare a cera persa fa dei suoi oggetti esemplari unici e irripetibili e ci riporta indietro di diversi secoli al tempo delle botteghe rinascimentali.

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Negli ultimi decennil’aumento dell’etàmedia della nostrapopolazione, lo statodi salute nettamente

migliorata, ma anche una mag-giore “voglia di vivere”, ha deter-minato modificazioni importantisul modo di affrontare il periodosuccessivo alla cessazione del la-voro e il pensionamento. Untempo non molto lontano il pen-sionato e il soggetto di 65 anni edoltre era considerato vecchio. Eranormale che gli fosse consigliatadi preferenza una vita di tipo se-dentario, che gli fosse negata unavita affettiva ed anche sessuale at-tiva. Tutto questo ora non è più accet-tato: un sessantacinquenne sisente ancora “giovane”. Questonuovo atteggiamento lo si devealle migliorate condizioni di sa-lute della popolazione in gene-rale, ad un controllo medico efarmacologico più puntuale dimolte patologie, ad una più attivaprevenzione sia primaria che se-condaria di molte malattie. Parti-colarmente importante èl’atteggiamento psicologico delsoggetto che non investe più solonel lavoro per sentirsi realizzato,ma che vede nelle relazioni so-ciali, nel partecipare a gruppi divolontariato, ad iniziative cultu-rali, un modo di sentirsi realiz-zato: molto importante è quindiuna vita più attiva sentita comemodo di ottenere una qualità divita migliore.Molto di tutto questo lo si devecertamente ai progressi della Me-dicina, alla prevenzione, a stili divita certamente più salutari chenel tempo passato. Le conoscenzemediche degli ultimi decennihanno permesso inoltre un di-verso atteggiamento sia dei sog-getti che della classe medica neiconfronti della attività fisica esportiva svolta anche da personeanziane.

E’ ora dimostrato che una attivitàfisica praticata con regolarità, masoprattutto commisurata allecondizioni psico-fisiche del sog-getto anziano, non solo non èdannosa ma svolge una funzionepreventiva importante per il man-tenimento di un buon stato di sa-lute, prevenirne la disabilità.L’esercizio fisico regolarmentesvolto conserva e talora migliorala forza muscolare, l’elasticitàdelle articolazioni, il senso diequilibrio; rallenta il progressivoimpoverimento del contenuto delcalcio nelle ossa, cosa particolar-mente utile nel sesso femminile

dopo la menopausa, evitando o di-minuendo in modo significativo lafragilità ossea e il rischio di frat-ture. Dal punto di vista cardiova-scolare l’attività fisica svolgeun’azione preventiva sia primariache secondaria importante nei ri-guardi delle malattie cardiovasco-lari e delle condizioni favorenti lestesse, quali l’ipertensione arte-riosa, il diabete mellito, l’iperco-lesterolemia, il soprappeso; èormai a tutti noto e da tutti ac-cettato. L’attività fisica regolare èquindi un momento preventivoimportante per un buon invec-chiamento.

LO SPORT dopo i 65 anni LO SPORT dopo i 65 anni

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Un discorso a parte merita invecel’attività sportiva agonisticasvolta da persone anziane. Permolti di queste lo sport agonisticorappresenta uno “stimolo insosti-tuibile a continuare o intrapren-dere un modello di vita che poneal centro salute ed efficienza fi-

sica” (COCIS 2009), ma anche permaggior equilibrio psichico. Daidati CONI, gli sport privilegiatida questo gruppo di persone sonorappresentati dall’atletica leggera(corsa di fondo), ciclismo, sci difondo, nuoto ed altri sport aminor impegno cardiovascolare.Un numero certamente impor-tante di questi atleti anziani sisottopone a programmi di allena-mento che non si differenzianomolto da quello dei soggetti piùgiovani. Tutto bene quindi ancheper l’attività sportiva agonistica ?Non del tutto. Mentre l’attività fi-sica moderata fa certamente bene

quando rapportata alle reali con-dizioni di salute del soggetto, l’at-tività sportiva agonistica richiedepiù cautela e necessita quindi diun accertamento medico-sportivodi idoneità particolarmente deli-cato. L’agonismo potrebbe essereun “fattore aggiuntivo” di rischioin presenza di patologie impor-tanti quali la cardiopatia ische-mica, le valvulopatie tipichedell’età avanzata, l’ipertensionearteriosa, particolarmente se nelsingolo soggetto in forma nonchiaramente manifesta. Primaquindi di affrontare un allena-mento specifico e gare sportiveagonistiche, il soggetto anzianodeve essere attentamente valutatoda un medico competente con ac-certamenti strumentali speciali-stici, quali ad esempio unelettrocardiogramma a riposo eda sforzo, un Ecocardiogrammaecc. Non sempre una semplice vi-sita medica ed anche l’esecuzionedi un elettrocardiogramma a ri-poso sono sufficienti per evitarecomplicanze in corso di attivitàsportiva agonistica. Ricordo chesoprattutto nella persona anzianasono le cardiopatie quelle respon-sabili dei maggiori rischi legatiallo sforzo, ma anche alla tensioneemotiva che sempre si accompa-gna in corso di gare. Proprio nel caso delle cardiopatie,è molto importante approfondiregli aspetti clinici e strumentali,che possono permettere un piùpuntuale inquadramento dellostato di salute del soggetto, manon solo. Anche in soggetti deltutto asintomatici, la presenza diabitudini di vita sfavorevoli comeil fumare, l’alimentazione scor-retta con conseguente sovrappesocorporeo, possono essere dellespie di eventuali processi atero-sclerotici misconosciuti che, senon determinano complicanze nelcorso di una attività modesta onella vita di ogni giorno, possonoscatenare episodi acuti cardiova-

scolari anche severi a seguito disforzi fisici intensi o in ambientipoco favorevoli (freddo intenso,caldo umido ecc.).Il quadro clinico può essere inol-tre complicato dall’atteggiamentopsicologico del soggetto anzianonei riguardi della propria fisicità.Vi sono atleti anziani che non ac-cettano di invecchiare, con unaautostima ingravescente, che ten-dono a trascurare e a nascondereal medico sintomi e anche sinto-matologie di malattie di cui sonoportatori. E’ la tipica sindrome di“immortalità” o di Highlander,difficili da gestire da parte del me-dico sportivo certificatore.Un altro pericolo è rappresentatoda soggetti sedentari per la mag-gior parte della loro vita che,dopo il pensionamento pensano didedicarsi ad attività sportiva,anche agonistica, d’improvviso,senza la sufficiente preparazionee soprattutto senza valutare inmaniera sufficiente il tipo di sportpiù idoneo alle loro condizioni disalute.Una attività fisica adeguata all’etàe allo stato di salute può essere unmomento favorevole di preven-zione anche dopo un episodioischemico cardiaco, quale un in-farto miocardico non complicato:

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la cosiddetta riabilitazione car-diologica. I programmi riabilita-tivi in questi soggetti portano aduna graduale miglior tolleranzaallo sforzo anche attraverso con-dizionamenti cardiovascolari par-ticolari, tra i quali una certaimportanza è rivestita da “ il pre-condizionamento ischemico”. Si èosservato infatti che brevi episodiischemici asintomatici possonoproteggere meglio il cuore da unasuccessiva ischemia anche se dipiù lunga durata.Non è trascurabile poi il fatto chefrequentemente nell’anzianoviene a mancare la classica sinto-matologia dolorosa precordiale ti-pica dell’angina da sforzo, che èsostituita da altri differenti sin-tomi cosiddetti equivalenti qualiuna certa difficoltà di respiro, unasudorazione fredda; sintomi chesono frequentemente sottovalu-tati dal paziente.Nell’anziano la pressione arte-riosa, che a riposo appare “nor-male”, a seguito di uno sforzo puòrivelarsi pericolosamente alta econ un ritorno a valori a riposopiù lento.Tutte queste considerazioni de-vono indurre quindi ad una parti-colare prudenza prima diaffrontare una attività sportiva,

soprattutto agonistica. Questaraccomandazione è valida ancheper sportivi adulti di età superioreai 35 anni, soprattutto se presen-tano una storia familiare di car-diopatia ischemica e sepresentano fattori di rischio car-diovascolare quali l’ipertensionearteriosa, la dislipidemia, se fu-mano e se sono sovrappeso. Lapresenza poi di diabete mellito in-duce ad un atteggiamento pru-denziale ancor più severo.Se un soggetto adulto-anzianovuol fare sport agonistico in spe-cialità con importante impegnocardiovascolare (ciclismo, nuoto,maratona ecc.) è indispensabileche si sottoponga ad una provaelettrocardiografia da sforzo dia-gnostica, da ripetersi almeno unavolta l’anno e, in casi particolari,anche con cadenza più ravvici-nata. Questa prova è essenziale siaper evidenziare eventuali patolo-gie ischemiche cardiache, un’iper-tensione arteriosa misconosciuta,aritmie cardiache (extrasistolia didiversa severità, episodi di tachi-cardia sopraventricolare o ventri-colare, malattia del nodo del senoecc.) o disturbi di conduzione, fre-quentemente associati a cardiopa-tia organica. Il test da sforzoinoltre permette di valutare i

gradi di allenamento, di tolle-ranza allo sforzo, di capacità di la-voro del soggetto indagato. E’quindi uno strumento utile ed in-dispensabile per programmare almeglio un allenamento adeguatoe in sicurezza. Ulteriori esami po-tranno essere richiesti in situa-zioni particolari e a giudizio delmedico certificatore.Quanto sopra esposto però nondeve scoraggiare il soggettoadulto e anziano a svolgere unaattività fisica regolare che, comegià detto, ha certamente effettipositivi sulla salute psico-fisica diciascun individuo.Alcune raccomandazioni ci sem-brano indispensabili:non autogestirsi ma affidarsi apersonale medico qualificato chepossa consigliare non solo nellascelta dell’attività sportiva piùgradita, ma anche la più idonea inrelazione all’età e allo stato di sa-lute dell’atleta;evitare di sentirsi immortale e do-tato dell’elisir di giovinezza,quindi accettare con serenità espirito costruttivo le eventuali li-mitazioni che vengono consigliatedal personale qualificato sia me-dico che tecnico.

Dr. Gaetano BianchiDr. Fabio Claudio

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Mantenersi giovani ein forma, nono-stante gli anni chepassano, è quelloche tutti vorreb-

bero.Anche se l’elisir di lunga vita non èstato ancora trovato e non ci sonoricette che assicurino la salute persempre, una via si può provare: unostile di vita sano.Uno stile di vita sano è quello cheabolisce il fumo; evita gli eccessi al-colici, gli ambienti inquinati e lostress; mantiene sempre un buonlivello di attività fisica e sceglie glialimenti giusti.E’ vero che non sempre è possibilecambiare completamente il propriostile di vita, eliminando, per esem-pio, le fonti di inquinamento e distress, ma si può tentare, facendoun passo alla volta, iniziando a mo-dificare le abitudini alimentari.

QUANTO E COSA MANGIARECon l’avanzare dell’età, molti fat-tori influiscono sul peggioramentodelle abitudini alimentari, contri-buendo all’instaurarsi di uno statodi malnutrizione.Il procedere degli anni comportaalterazioni dell’organismo e dellesue funzioni che possono alterare imeccanismi di regolazione dell’ap-petito e alterare il senso di sazietà edella sete.La peggiorata percezione dei se-gnali della sete può provocare disi-dratazione.Solitudine, problemi economici, in-capacità di uscire, malattie cronicheo invalidanti, depressione, uso difarmaci e problemi di masticazionepossono determinare una diminu-zione dell’appetito o un’insuffi-ciente apporto alimentare. Leconseguenze possono essere per-dita di peso e una malnutrizioneper difetto con carenze soprattuttovitaminiche, minerali e proteiche.Le invalidità e i vari fattori socioe-conomici possono ostacolare l’ac-

quisto e la preparazione dei cibi erendere l’alimentazione particolar-mente monotona e squilibrata.La malnutrizione per difetto puòcompromettere le difese immuni-tarie rendendo l'anziano più vulne-rabile.Al contrario, l’anziano che man-tiene l’appetito e non ha difficoltàad alimentarsi rischia il sovrappesoe l’obesità perché continua a man-giare quanto mangiava da giovane,nonostante la riduzione del propriodispendio energetico.Nell’anziano, rispetto all’adulto, in-fatti, il bisogno di energia si riduceper ragioni legate alla modifica-zione della composizione corporeae per una diminuzione del movi-mento.Generalmente, in mancanza di un’intensa attività fisica, la spesa ener-getica giornaliera è di 1900-2250kilocalorie per l’uomo e 1600-1900

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kilocalorie per la donna nella fasciadi età fra i 60 e i 74 anni e intornoalle 1700-1950 kilocalorie perl’uomo e 1500-1750 per la donnanella fascia di età oltre i 75 anni. * Il fabbisogno proteico rimane lostesso, per l’adulto sano a tutte leetà ed è pari a circa 0,8 grammi perKg di peso corporeo (circa 60 g algiorno per una persona di circa 70kg), con il consiglio che almeno il30% delle proteine sia costituito daproteine di origine animale.Gli alimenti proteici più consigliatisono il latte, i latticini ricchi di cal-cio di cui spesso l’anziano è carentee i legumi, le uova, il pesce, la carne,fonti anche di ferro. * I condimenti grassi, quali olio,burro, maionese, panna e struttodevono essere ridotti e devono es-sere ridotti anche i cibi troppo con-diti o fritti e gli alimenti troppograssi come i salumi, i formaggi e idolci. Tra i grassi è meglio prefe-rire quelli più ricchi in acidi mo-noinsaturi e polinsaturi: olio dioliva, olio di semi di mais, soia o gi-rasole, grassi del pesce e dellafrutta secca (in piccole dosi). Gli oli di mais, soia e girasole de-vono essere usati crudi e mai per lafrittura.* Consigliabile è il consumo di car-boidrati complessi, come quelli dicereali, pane integrale, legumi ecerti tipi di verdura e di frutta, cheforniscono anche sali minerali, vi-tamine e fibra, che aiuta a risolverei problemi di stitichezza che spessoaffliggono l’anziano.

SALE E ALCOLGli anziani, specialmente se vivonoda soli, tendono a dare preferenzaagli alimenti pronti e di facile con-sumo, come alcuni salumi, formaggistagionati, alimenti in scatola o giàpronti, che oltre a presentare spessoun contenuto di vitamine ridotto eun’alta concentrazione di grassi,sono anche molto salati. L’eccessodi sale favorisce l’insorgere o l’ag-gravamento della ipertensione arte-

riosa. Il consumo di alcool va tenutosotto controllo, anche per non dan-neggiare il fegato. Gli esperti consi-gliano due - tre Unità Alcoliche algiorno per l’uomo, non più di una-due per la donna e non più di unaper gli anziani. Una Unità Alcolica(U.A.) corrisponde a circa un bic-chiere piccolo (125 ml) di vino dimedia gradazione, o ad una lattinadi birra (330 ml) di media grada-zione o ad una dose da bar (40 ml) disuperalcolico.

GLI ANTIOSSIDANTI Per prevenire gli effetti negatividell’inquinamento, del fumo e lemalattie croniche degenerativecome il diabete o l’aterosclerosi, unottimo rimedio naturale è rappre-sentato dagli antiossidanti conte-nuti in frutta, the verde e verdure.Gli antiossidanti sono anche ingrado di fermare l’infiammazione,causa del danno cellulare, che staalla base dei processi di invecchia-mento. Anche la curcumina, conte-nuta nella curcuma, una dellespezie che compongo il curry, e re-sponsabile del suo colore, è un po-tentissimo antiossidante. Il suopotere antiossidante è efficaceanche nella prevenzione delle ma-lattie neurodegenerative e soprat-tutto dell'Alzheimer, una gravepatologia che distrugge la memo-ria e le facolta' cognitive, in cui ildanno ossidativo del cervello e'molto alto. Alcuni vegetali comeribes, peperoni, kiwi, agrumi, po-modori, rucola, lattuga, spinaci eradicchio verde hanno ancheun’alta percentuale di vitamina Cche, oltre a contrastare le ossida-zioni, aiuta a combattere l’invec-chiamento e la perdita di elasticitàdella pelle, perché favorisce la for-mazione del collagene e proteggedalla fragilità capillare.

GLI AGE ALLA BASE DEI PROCESSI D’INVECCHIAMENTOGli AGE sono i prodotti finali della

I CONSIGLI PER L’ANZIANO

* Controllare il peso

* Variare le scelte alimentari

* Frazionare l’alimentazione in piùpasti per facilitare la digestione

* Bere frequentemente acquaanche prima di sentire la sete

* Evitare di aggiungere tropposale agli alimenti

* Consumare abitualmente lattee/o yogurt

* Se ci sono difficoltà dimasticazione, scegliere cibimorbidi o facilmente masticabili:carni tritate, frutta grattugiata ofrullata, minestre, puree ecc…

* Evitare i pasti precotti e i cibi inscatola

* Evitare i cibi troppo conditi e ipasti abbondanti

* Mangiare tutti i giorni frutta everdure fresche

* Scegliere carni magre comepollo, tacchino e coniglio

* Mangiare spesso il pesce

* Non eccedere nel consumo dibevande alcoliche

* Evitare gli zuccheri semplicicome il saccarosio (lo zuccherocomune) e gli alimenti che licontengono (dolci, caramelle ebevande dolci)

* Per sopperire alla diminuzionedel senso del gusto, dare piùsapore ai cibi utilizzando erbearomatiche e spezie

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glicazione avanzata, in inglese “ad-vanced glycation end products”.La glicazione è una reazione cheavviene nell’organismo quandouna molecola di glucosio, che è unozucchero, si lega ad una proteinasenza l’intervento di un enzima,cioè una molecola proteica che ac-celera la velocità di una reazionechimica.Un esempio è il collagene. Quandole molecole di glucosio si attaccanoalla molecola del collagene, si ge-nera un’infiammazione che liberaenzimi che distruggono lo stessocollagene, provocando un ispessi-mento dei tessuti e il loro invec-chiamento e, nella pelle, lacomparsa di rughe.Gli AGE oltre ad essere una dellecause delle rughe, lo sono anche diproblemi molto più gravi, come ilcancro, il diabete, il morbo di Al-tzheimer e molte altre patologie.L’organismo forma prodotti finalidella glicazione avanzata quando simangiano zuccheri semplici, comelo zucchero comune e zucchericomplessi raffinati che vengonoconvertiti velocemente in glucosio,come quelli delle patate e del panebianco. Tutti questi alimenti fannoaumentare rapidamente il livello diglucosio nel sangue e fanno au-mentare, conseguentemente, laquantità d’insulina prodotta, un or-mone indispensabile per l’utilizza-zione del glucosio da parte dellecellule, che, a sua volta, facilita losviluppo dell’infiammazione.I prodotti finali della glicazioneavanzata sono presenti in quasitutti i cibi trasformati dall’industriae soprattutto nei cibi fritti e abbru-stoliti, nei dolci e nelle bevandedolci.

L’ISOLA DELLA LONGEVITÀNell’isola di Okinawa, situata tra ilmar orientale e l'Oceano Pacificoc’è la più alta concentrazione di ul-tracentenari del mondo e non solo,la popolazione di quest’isola èmeno colpita dalle malattie dege-

nerative come le malattie cardiachee cerebro vascolari, l’obesità, i tu-mori ormone-dipendenti e i tumorial colon. Il segreto è in una dieta abase di alimenti salutari e poco ca-lorici.Ad Okinawa si consumano menocalorie rispetto alle quantità consi-gliate dalle ricerche mediche inter-nazionali. Non si mangia meno, intermini di quantità di alimenti,semplicemente si scelgono alimentiche apportano grandi volumi epoche calorie come le verdure e siusano piccolissime quantità di con-dimenti grassi, come l’olio o fruttaoleosa e semi. Al posto dei condi-menti grassi, per insaporire i cibi,sono usate molto le spezie chehanno un potere calorico irrile-vante e apportano sostanze utilialla salute, come il curry. Ad Oki-nawa le porzioni sono piccole e nonci si serve mai più di una volta. Me-glio molte piccole porzioni rispettoad una grande: permettono di sa-ziarsi di più e di soddisfare l’occhio.

Cristina Grande

GIORNATADI UN ANZIANO1700 kilocalorie con il 16% di proteine, il 26% di grassi e il 58% di carboidrati

Colazione1 tazza di latte magro e caffè30 g di pane integrale

Merenda1 frutto (200 g)

PranzoPennette piccanti, preparate con70 g di pasta, olio, aglio, passatodi pomodoro e peperoncino120 g di nasello alla pizzaiola conpomodoro, origano e capperi1 porzione di cicorie al vapore,condite con olio e aceto50 g di pane integrale1 frutto (200 g)

Condimento:4 cucchiaini d’olio d’olivaextravergine

Merenda150 g di yogurt magro

Cena1 minestra di legumi (30 g dipasta e 40 g di legumi secchi) 1 porzione di carote grattugiatecondite con olio e limone50 g di pane integrale1 frutto (200 g)

Condimento:3 cucchiaini d’oliva extra vergine

BevandeAcqua durante l’intera giornata emezzo bicchiere di vino a pasto

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Si è svolto sabato 3 lu-glio a Bergamo il corsoper dirigenti provincialidal titolo:"l'Aido e lasanità". La volontà di

investire nella formazione e l'im-portanza dei temi trattati, uniti alla

caratura dei relatori, ha reso la gior-nata particolarmente ricca e profi-cua per tutti i partecipanti. Lapartenza è di quelle che tolgono ilfiato con don Marco Milesi, re-sponsabile dell'Ufficio per la Pasto-rale della Salute della Diocesi diBergamo, che ha sviluppato il tema:l'etica della donazione, il ruolo delvolontariato. Le sue parole profondee la capacità oratoria hanno rapitola sala e colpito il cuore dei presenti.

Parlando del volontario Aido, lo hadescritto come parte integrante delprocesso di cura del trapiantato eper questo, esigente di una forma-zione specifica e continua oltre aquella di base. Importanti sono statipoi i passaggi focalizzati al concetto

di prossimità e a quello di collabo-razione. In una società bella, dovetutto sommato si vive bene o co-munque meglio che nel passato, lapaura dell'altro non deve prevaleree la fatica della collaborazione perevitare l'isolamento, deve essereperseguita per divenire esempio allenuove generazioni. Prendersi curadel prossimo e non semplicementecurare; la medicina offre possibilitàinimmaginabili fino a qualche

tempo fa, ma sta all'uomo creare lerelazioni e generare situazioni po-sitive grazie alle piccole azioni quo-tidiane, che se sommate, possonoveramente cambiare la società. Dopo le ricche parole di don Milesi,le riflessioni del mattino sono pro-

seguite con l’intervento del Dr.Martino Introna, altro fuoriclassemesso in campo dall'Aido Regio-nale per l'occasione (usando unametafora calcistica). Il DirettoreMedico del Laboratorio di TerapiaCellulare G. Lanzani e U.S.C. Ema-tologia degli Ospedali Riuniti diBergamo, ha raccontato con pas-sione e precisione quali sono le curepossibili ad oggi con le cellule sta-minali. Dopo averne spiegato le

CORSO PER DIRIGENTI PROVINCIALI «L’AIDO E LA SANITÀ»Relatori d’eccezione per una formazione di alta qualità

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particolarità (accento particolare èstato posto al fatto che ne esistonodi più tipi e con varie funzioni) hapresentato le tre cure rigenerativeche ad oggi sono concrete e realiz-zabili: la rigenerazione della pelle,la rigenerazione della cornea e la ri-generazione del sangue grazie altrapianto di midollo osseo. Tutto ilresto per ora è fantascienza e hachiesto quindi alla platea, di porreparticolare attenzione ai falsi miti

che circolano nel mondo dell'infor-mazione, magari alimentati al finedi favorire particolari interessi.Concludendo ha invitato tutti a vi-sitare il centro, ha ringraziato l'Aile l'Associazione Paolo Belli (i finan-ziatori di questa realtà di eccellenzanazionale) e ha ceduto la parola allaDr.ssa Tullia De Feo, DirigenteMedico del Coordinamento delCentro Interregionale di Riferi-mento (Cir) del Nord Italia Tran-

splant, la quale ha illustrato la sto-ria e il ruolo del Nitp come organodi coordinamento che ha il compitodi snellire e coordinare l'attività diprelievo e trapianto nelle regioniche vi fanno parte. Pur avendo competenze tecniche, ilNitp è un'istituzione che ha a cuoreil bene della nostra società, met-tendo al centro la famiglia e cer-cando di curare le ferite che,immancabilmente una donazioneporta all'interno di questa cellulasociale. Scelte importanti e difficiliche non vengono lasciate al caso,ma ogni volta condivise e meditatecon attenzione, senza dimenticaretutta la parte del follow-up, semprecoordinato dal Nitp. L'ultimo intervento della mattinataè lasciato alle parole del Dr. Ales-sandro Lucianetti, responsabileU.S.S.D. del Dipartimento di Chi-rurgia Toracica degli Ospedali Riu-niti di Bergamo, che ha parlato deitrapianti pediatrici facendo percor-rere ai presenti, un viaggio nellastoria attraverso le difficoltà e le so-luzioni messe in campo dalla medi-cina negli ultimi trent'anni. Graziepoi al racconto di singoli casi illu-strati con maestria e immagini toc-canti, ha presentato i risultatilusinghieri raggiunti e le speranzeche possono essere nutrite grazieall'impegno dei medici e di tutti co-loro che collaborano per la riuscitadi un trapianto. Il concetto di squa-dra è fondamentale e il sapere cheoggi ogni trapianto coinvolge qual-che decina di persone (a differenzadelle 4/5 del passato), ci rende benel'idea dell'importanza di questo pro-cesso ma anche della sua comples-sità. Si chiude così una mattinata intensae proficua per lasciare spazio allapausa pranzo. I lavori sono ripresinel primo pomeriggio con l'inter-vento del Direttore U.S.C. Aneste-sia 3 - T.I. Adulti Degli OspedaliRiuniti di Bergamo il Dr. Gianma-rio Marchesi dal titolo "La riani-mazione di fronte alla donazione".

DON MARCO MILESI

DR. MARTINO INTRONA

DOTT.SSA TULLIA DE FEO

DR. ALESSANDRO LUCIANETTI

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Un tema a dir poco toccante; unviaggio per capire meglio il riani-matore e il suo delicato ruolo nelprocesso di donazione ma soprat-tutto nel rapporto con le famiglieche si trovano ad affrontare unevento disastroso come la morte diun proprio caro e sono nella condi-zione di dover decidere se donaregli organi. Si è parlato così del con-cetto di morte, del problema dei casidi rifiuto alla donazione, dell'accer-tamento della morte, dei dubbi edella poca chiarezza che rendonoquesti momenti ancora più difficili.Una necessità però è emersa lim-pida e con forza da questo discorso:quella di puntare ad una correttainformazione. Sono stati quindi il-lustrati i passaggi e gli esami daeseguire in caso di consenso e si èauspicata una maggiore attenzioneda parte delle Direzioni Generaliper le segnalazioni e l'identifica-zione dei possibili donatori.Il Dr. Stefano Fagiuoli, DirettoreU.S.C. Gastroenterologia degliOspedali Riuniti di Bergamo è statoil relatore successivo ed ha parlatodel follow-up. Una fase cruciale edelicata che ha lo scopo di monito-rare il trapiantato al fine di garan-tirgli una terapia adeguata. Ifarmaci hanno effetti severi e a que-sti si aggiungono altri fattori di ri-schio tra cui l'ansia e la psicosi, oltreche l'osteoporosi, il sovrappeso el'ipertensione; non dimentichiamocipoi che nel trapiantato, il rischio dicontrarre un tumore è molto piùalto. È necessario quindi un follow-up continuo e attento.Al Dr. Sergio Vesconi, Coordina-tore Regionale al prelievo e tra-pianto di organi, è toccato l'ultimointervento della giornata ed ha pre-sentato l'impegno della RegioneLombardia per i trapianti. Ha esor-dito sottolinenado come questa de-licata attività debba essere vistacome un "sistema" all'interno delvissuto di una società. Un sistemadi cura che in molti casi si rivela es-sere l'unica soluzione ma che pur-

troppo deve registrare un divarioancora troppo ampio tra offerta enecessità. C'è tanto da lavorare permigliorare questo sistema; bisognaparlarne nelle università, bisognaeliminare i pregiudizi con una cor-retta informazione, bisogna fare inmodo che gli ospedali che valoriz-zano questa cura siano sempre dipiù. La Lombardia è lontana dallesue potenzialità, ma la Regione stainvestendo risorse e ha obiettivi im-portanti in questo senso. È interve-nuta sui Direttori Generalidefinendo un obiettivo minimo diidentificazioni da raggiungere e lofarà presto sui coordinatori locali esu quelli periferici coinvolgendolimaggiormente per fare in modo chenon si sentano abbandonati ma in-seriti in un contesto. Ancora unavolta si è parlato di costruire unarete, perché ormai è chiaro che i ri-sultati sono maggiori quando si la-vora insieme.La giornata si è chiusa con i salutifinali del Cav. Leonida Pozzi, Presi-dente dell'Aido Regionale, il qualeha ringraziato i relatori per la pro-fessionalità e la qualità dei loro in-terventi che avrebbe potuto essere adisposizione di un maggior numerodi dirigenti Aido. I presenti infattierano solo 44 su un totale di 130 in-vitati e questo ha creato un po' dirammarico. L'associazione ha sicuramente biso-gno di questi interventi, ma anchedi persone che sappiano coglierel'importanza della formazione e chelavorino per un ricambio dellastessa. Un richiamo è poi stato lanciato neiconfronti di quelle sezioni che nonlavorano con le scuole ma si limi-tano a fornire il materiale alle isti-tuzioni. Una nota stonata ma digrande importanza, che sottolineaancora una volta la serietà di unaassociazione che non si accontentadi fare numero, ma che vuole dav-vero incidere sulla società facendocrescere la cultura della donazione.

Paolo Seminati

DR. GIANMARIO MARCHESI

DR. STEFANO FAGIUOLI

DR. SERGIO VESCONI

CAV. LEONIDA POZZI

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La donazionedegli organi

in Lombardiacon loroper far

fiorire la speranza

con loroper far

fiorire la speranzaCentri di prelievoprovincialiBergamo- A.O. Ospedali Riuniti diBergamo

Brescia- A.O. Spedali Civili Brescia

Como- A.O. S. Anna di Como

Cremona- A.O. Istituti Ospitalieri diCremona

Lecco- A.O. “A. Manzoni” di Lecco

Lodi- A.O. della Provincia di Lodi

Milano- Città di Milano: A. O. Ca’Granda Niguarda,Fatebenefratelli, Policlinico,Policlinico ICP, Ospedale L.Sacco, Ospedale S. Carlo,Istituto Besta, Istituto S.Raffaele

Mantova- A.O. “CarloPoma” di Mantova

Pavia- A.O. Policlinico “San Matteo”di Pavia

SondrioOspedale “Morelli” di Sondalo

Varese- A.O. “Macchi” di Varese

Centri di trapianto

Provincia di Bergamo- A.O. Ospedali Riuniti diBergamo: cuore, polmone edoppio polmone, emifegato,fegato, fegato/rene, pancreas,rene, doppio rene.

Provincia di Brescia- A.O. Spedali Civili Brescia:rene

Provincia di MilanoCittà di Milano: - Ospedale Ca’ GrandaNiguarda: cuore, polmone, dop-pio polmone, emifegato, fegato,pancreas/rene, rene.- Policlinico: polmone, doppiopolmone, emifegato, fegato,rene, intestino- Policlinico ICP: rene- Istituto Nazionale Tumori: emi-fegato, fegato - Istituto S. Raffaele: pancreas,isole, pancreas/rene, rene.

Provincia di Pavia- A.O. Policlinico “San Matteo”di Pavia: cuore, polmone, dop-pio polmone, rene.

Provincia di Varese- A.O. “Macchi” di Varese: rene

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