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Agosto 2012 Reg. n. 2/2011 del 19/01/2011 al Registro Stampa del Tribunale di Terni direttore responsabile: Michele Di Schino società editrice: SOECO Srl foto di copertina: Valeria Di Schino 1

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rivista soluzioniecosostenibili.it numero agosto 2012

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Agosto 2012

Reg. n. 2/2011 del 19/01/2011 al Registro Stampa del Tribunale di Terni

direttore responsabile: Michele Di Schino

società editrice:SOECO Srlfoto di copertina:Valeria Di Schino

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AMBIENTE

7.458 chilometri di immagini, storie, informazioni, monitoraggio e bellezze naturali. Tutto questo è l’Atlante Fotografico dei Paesaggi Costieri italiani promosso da Legambiente, un grande database fotografico e informativo sulle coste dell’Italia, arricchito continuamente da fotografi professionisti e non, semplici turisti,

studiosi e chiunque abbia a cuore uno degli aspetti ambientali più belli del nostro Paese.

L’atlante sarà anche un modo per monitorare lo stato delle coste, il loro evolversi nel tempo con la possibilità di inserire immagini di come erano e di come sono oggi, uno spazio interattivo disponibile a tutti per conoscere e comprendere

Francesca Leonardi

un Atlante interattivo per conoscere, monitorare, studiare le coste italiane attraverso immagini di ieri e di oggi, studi, articoli, proposte, con il contributo di fotografi, turisti, appassionati e studiosi

per saperne di più:http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/atlante-fotografico-dei-paesaggi-costieri-italiani

foto: Valeria Di Schino

Atlante delle coste italiane

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lo stato di continuo attacco e di bisogno di tutela in cui versa il nostro patrimonio costiero.

Sì, perché nei 639 Comuni italiani il cui territorio è bagnato dal mare, coesistono tratti meravigliosi ed ancora liberi di costa con lunghe spiagge deturpate dall’abusivismo edilizio in pochi anni, mari puliti con ecosistemi unici al mondo e bracci di mare inquinati da scarichi illegali o non controllati.

Legambiente chiede pertanto, ai Ministeri dell'Ambiente e dei Beni Culturali, “di proporre finalmente un progetto di valorizzazione e tutela dei paesaggi costieri italiani. Non è più accettabile una situazione per cui si continua a costruire case, palazzi, alberghi sulle coste perché in assenza dei piani paesistici regionali (che solo Puglia e Sardegna hanno approvato con indicazioni all'altezza di queste sfide) sono discrezionalità e pressioni a farla da padroni, oltre che le previsioni di vecchi piani regolatori che ancora oggi prevalgono sul vincolo di 300 metri dalla linea di costa della legge Galasso”.

La proposta concreta riguarda l’introduzione di un vincolo di inedificabilità assoluta in tutte le aree libere dalle costruzioni per almeno 500 metri dalla linea di costa e la proposta alle Regioni di “una nuova stagione di pianificazione paesaggistica, che permetta di definire obiettivi concertati di riqualificazione dei tratti edificati e delle aree di degrado, utilizzando anche i poteri sostitutivi previsti dalla legge”, nello spirito di proporre una serie di misure urbanistiche, paesaggistiche, energetiche e di gestione dei rifiuti che non solo valorizzino il paesaggio costiero italiano, ma ne esaltino il valore come bene turistico fruibile in maniera ecosostenibile.

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ENERGIA

Fare economia in maniera sostenibile, rendere l’ecosostenibilità un business, il rispetto dell’ambiente e la produzione ecocompatibile motivo di ricchezza per la società e l’impresa: sono molteplici le esperienze italiane della green economy, la marcia in più per un’economia tradizionale in crisi, rallentata dai costi

dell’energia, dei trasporti, messa sempre più in discussione dall’opinione pubblica per la qualità dei prodotti e per i metodi con cui questi vengono realizzati.

L’ecosostenibilità non è più un fenomeno di nicchia, una posizione intellettuale di contestazione del sistema, ma sempre più una

Francesca Leonardi

Legambiente rende disponibile l’atlante della green economy italiana, una visualizzazione in tempo reale delle esperienze green di tutto il nostro Paese

per saperne di più:http://www.legambiente.it/contenuti/articoli/green-economy-la-forza-dei-territori-italiani

foto: Paolo Balistreri

Atlante della Green Economy

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way of life che riguarda la quotidianità della gente comune, dalla scelta della vacanza all’acquisto di prodotti, dall’utilizzo dei trasporti alle buone pratiche di risparmio e di riutilizzo.

La green economy significa produrre secondo questa nuova visione del mondo, seguire le richieste del mercato sempre più in espansione di chi pensa, e compra, in maniera sostenibile, ma significa anche un modo nuovo di produrre di migliore impatto

per l’industria stessa, con un deciso risparmio energetico, un investimento forte sulle specificità e le tradizioni del territorio, un’alleanza sempre più stretta tra impresa e amministrazioni.

Legambiente prova attraverso il portale sulla green economy a raccontare le esperienze che, dal nord al sud del nostro Paese, rendono oggi la green economy un mondo produttivo aperto, trasversale, a basso tasso di inquinamento e ad alta coesione sociale, un’economia che guarda anche alla qualità della vita come un prodotto non da vendere direttamente, ma al quale contribuire quotidianamente con il proprio operato.

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VIVIBILITA’

L’industria italiana del riciclo resiste alla crisi, è flessibile e capace di adattarsi alle mutate condizioni del mercato e dell’economia, contribuisce all’eco-efficienza del sistema impresa e determina significativi risparmi energetici, riducendo le emissioni.

Il quadro delineato dal volume “Il riciclo ecoefficiente - L’industria italiana del riciclo tra globalizzazione e sfide della crisi”, curato da Duccio Bianchi, è il risultato di una ricerca a vasto spettro condotta dall’Istituto di ricerche Ambiente Italia, nell’ambito del Kyoto Club e promossa da CIAL, COMIECO, CONAI,

Michele Di Schino

per saperne di più:http://www.ricicloecoefficiente.it/

foto: Paolo Balistreri

Riciclo eco-efficiente

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CONSORZIO ACCIAIO, COREPLA e RILEGNO, e descrive l’industria del riciclo italiana come un elemento solido e in via di ulteriore sviluppo nel panorama produttivo del Paese.Il riciclo ecoefficiente preso in esame nella ricerca, giunta alla sua terza edizione, delinea un quadro completo dei benefici economici e degli effetti ambientali dei processi di riciclo. Alluminio, carta, ferro, inerti, legno, oli usati, piombo, plastica, pneumatici, Raee e vetro: per ogni materiale vengono calcolati, con una modalità LCA (Life Cycle Assessment), i consumi energetici delle operazioni di riciclo e i vantaggi in termini di riduzione delle emissioni di gas serra e di altre sostanze inquinanti.

Non più semplice “pezzo” finale nella filiera del ciclo dei rifiuti, ma addirittura elemento alla base dello sviluppo di nuove imprese, il sistema del riciclo ha retto alla recessione, evitando scenari apocalittici di discariche cariche all’inverosimile ed abbandono del sistema di raccolta differenziata, e registrando al contrario una diminuzione delle quantità recuperate nelle raccolte urbane minore della riduzione complessiva dei rifiuti e dei consumi, segno che, pur consumando e producendo di meno, si è proporzionalmente riciclato di più.

Infatti, se un calo delle quantità della raccolta interna e del riciclo interno c’è stato, in tutti i settori industriali è cresciuto il tasso di riciclo nella produzione nazionale e, laddove le capacità di riciclo nazionali non erano adeguate all’offerta di materie seconde, gli eccessi sono stati assorbiti dal mercato internazionale. La raccolta post consumo di materie seconde e il tasso di riciclo interno, insomma, sono rimasti percentualmente stabili o sono cresciuti, in un fenomeno di tenuta e crescita proprio sia dell’Italia che di tutto il continente europeo.

Merito dell’ormai piena globalizzazione del mercato delle materie seconde, cresciuto a tassi superiori a quelli dell’insieme dei beni e dei servizi, con l’export mondiale delle nove principali materie seconde valutabile, a dati 2010, più di 90 miliardi di dollari, per una quantità complessivamente esportata pari a 200 milioni di tonnellate.

Pur con alcune differenze tra un prodotto e l’altro (materie plastiche, carta, rottami ferrosi, alluminio e rame caratterizzate da un mercato mondiale; legno, vetro, piombo con un mercato più di carattere continentale; gli inerti legati a mercati nazionali e sub nazionali), l’intera “raccolta” delle materie seconde, se non esaurita dalla domanda nazionale e locale, trova oggi nel mercato globale piena possibilità di vendita.

L’Italia poi, proprio per la sua peculiarità di Paese strutturalmente povero di materie prime,

con una industria manifatturiera basata in maniera significativa sull’impiego di intermedi o di rottami e materiali di recupero, si presenta come uno dei pochi paesi europei importatori di materie seconde, pur presentando un filiera del riciclo seconda, in Europa, solo alla Germania e pari a quella della Gran Bretagna, con il recupero di 33 milioni di tonnellate di materie seconde, escludendo inerti e frazione organica.

Come a dire che il business del recupero e del riciclo potrà essere, negli anni a venire, il vero motore di rilancio della nostra economia.

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CULTURA

Pur vivendo in un periodo di profonda crisi economica, si assiste a una diffusione sempre più capillare dei processi produttivi eco-sostenibili. Almeno all'interno dei distretti italiani. Questo uno degli aspetti più interessanti del terzo Rapporto sul tema promosso da Federazione dei distretti italiani, Unioncamere, Intesa San Paolo,

in collaborazione con Banca d’Italia, Censis, Cna, Confartigianato, Confindustria, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Istat.

Rapporto che fa emergere alcuni dei fenomeni che maggiormente caratterizzano l'organizzazione produttiva distrettuale – ovvero le reti di aziende di varie dimensioni.

Marta Bonucci

Rapporto promosso da Federazione dei distretti italiani, Unioncamere, Intesa San Paolo, in collaborazione con Banca d’Italia, Censis, Cna, Confartigianato, Confindustria, Fondazione Edison, Fondazione Symbola e Istat.

foto: Paolo Balistreri

Distretti ed Eco-distretti

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Organizzazione toccata, com'è ovvio, dall'attuale fase recessiva, ma che non smette di dimostrarsi vitale. Sotto molti aspetti, dall'export, soprattutto verso i paesi extra Ue, alla sostenibilità ambientale. “I distretti, le aziende, anche per cercare nuove strade per uscire dalla crisi”, si legge nel Rapporto, hanno rilanciato l’ecompatibilità, “non solo investendo a livello produttivo e strutturale, ma anche inserendo nella forza lavoro personale specializzato”. Un'evoluzione che coinvolge diversi settori produttivi, anche i più tradizionali.

Tale cambiamento rappresenta una trasformazione culturale, oltre che economica: cambia cioè il modo di intendere il green: non più “un costo imposto” o “uno stratagemma abbordabile da tutti col quale crearsi una nuova reputazione e immagine”, si legge nel Rapporto, “bensì un nuovo modo di intendere i processi produttivi e i prodotti stessi, un fattore propulsivo per quella competitività che le nostre aziende cercano con affanno per decollare a livello internazionale”.

A testimonianza di tale cambiamento, basti considerare i dati – una volta tanto rincuoranti - dell'indagine condotta da Unioncamere: un terzo delle aziende distrettuali ha realizzato nel 2011, o realizzerà a breve, investimenti in tecnologie verdi (contro il 24% del 2010). Nello specifico, per il 53,8% i nuovi investimenti verdi riguardano impianti e tecnologie per la riduzione dei consumi energetici (quindi vengono effettuati soprattutto in un’ottica di risparmio), per il 30,5% modifiche sugli impianti al fine di ridurre l’impatto ambientale e per il 15,7% per la realizzazione di prodotti ecocompatibili. Solo in Veneto, una delle regioni a maggiore densità distrettuale, 35.200 aziende hanno investito negli ultimi

quattro anni in tecnologie a maggior risparmio energetico e/o a minor impatto ambientale.

Se il futuro dell'economia mondiale, e non solo italiana, è verde, lo stesso vale per i distretti. Gli esempi virtuosi appena analizzati dimostrano che proprio sulle tecnologie green si giocherà una partita importante per la modernizzazione dei distretti produttivi. E potrebbe essere proprio l'eco-sostenibilità il quid in più per innalzare il livello di competitività delle produzioni made in Italy.

Tuttavia, le buone pratiche economiche, non sopravvivono da sole. “È essenziale che gli investimenti in questo campo possano essere accompagnati da un quadro di politiche ad hoc che prevedano non solo forme di incentivo, ma anche chiare e stabili norme di indirizzo per le imprese”, si legge ancora nel Rapporto.

In attesa della politica, alcuni distretti produttivi italiani si portano avanti col lavoro. Nasce così quello che per molti sarà il futuro della produzione distrettuale: i distretti dell’economia ecosostenibile. In pratica, dei cluster imprenditoriali che, a differenza di quelli “tradizionali”, possono essere considerati tali non tanto “in virtù della vicinanza fisica dei protagonisti, quanto soprattutto grazie alla capacità di mettere in comune conoscenze”. Così, alle aziende si affiancano centri di ricerca, università, enti locali.

Un esempio si ha, ancora una volta, in Veneto. La regione che, come testimonia il Rapporto, “ben esemplifica il doppio corso della green economy italiana: lo sviluppo di alcuni settori innovativi - energie alternative in primis - e la riconversione in chiave ecosostenibile di comparti legati al manifatturiero”. Speriamo che il resto d'Italia segua al più presto tale modello.

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