Agostino 2015

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AGOSTINO Prof. Stefano Curci Liceo Villa Sora Frascati

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AGOSTINO

Prof. Stefano Curci

Liceo Villa Sora

Frascati

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La vita

Agostino nasce a Tagaste (Algeria) nel 354 da una coppia di piccoli possidenti, formata dal padre Patrizio e dalla madre Monica, quest’ultima di fede cristiana.

Morto il padre, si reca a Cartagine dove compie i suoi studi superiori e conosce una donna, di cui non si sa il nome, che gli dà un figlio, Adeodato nel 372.

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La vita

Durante il soggiorno a Cartagine aderisce al manicheismo (da Mani 216-277), dottrina a carattere sincretistico che pone all’origine del mondo due principi avversi: un dio del bene e un dio del male.

In questo periodo la lettura dell’Ortensio ciceroniano suscita in lui la curiosità per la filosofia (ma conosce poco il greco)

Insegnò a Cartagine (375-383)

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La vita

Tra il 382 e il 383 si trasferisce a Roma per problemi disciplinari con gli studenti cartaginesi, nel 384 è a Milano, allora capitale dell’impero, a insegnare retorica grazie ad alcuni amici manichei

L’ascolto delle prediche di Ambrogio, vescovo di Milano, lo convince a rivalutare le Scritture cristiane, da leggere in senso allegorico e non solo letterale.

Raggiunto dalla madre, matura una sincera adesione al cristianesimo.

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La vita

Subito dopo la conversione si ritira con la madre a Cassiciaco (in Brianza), forse per un problema di salute che lo costringe ad abbandonare l’insegnamento e qui compone i primi dialoghi – Contro gli accademici, La vita felice, L’ordine e i Soliloqui.

Nella Pasqua del 387 riceve a Milano da Ambrogio il battesimo.

Torna in Africa: ad Ostia ha un’esperienza di estasi con la madre. Monica muore poco dopo

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La vita

Tornato a Roma e poi a Cartagine, fonda una comunità religiosa. La pressione dei fedeli lo fa ordinare prima sacerdote (391 a Ippona) poi vescovo della stessa città nel 395.

Già nel 392 aveva affrontato una disputa contro il manicheo Fortunato, e si era pronunciato contro i donatisti, cioè i seguaci di Donato, vescovo di Numidia, che aveva una concezione settaria che escludeva dalla chiesa gli impuri.

Il problema era se riaccogliere nella Chiesa i lapsi (labor = scivolare), i cristiani che durante le persecuzioni avevano consegnato le Scritture alle autorità pagane o avevano sacrificato agli déi per aver salva la vita.

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La vita

Secondo i donatisti tali persone non potevano essere riammesse (a meno che non fossero state nuovamente battezzate) né assumere cariche importanti.

A tale impostazione rigida e intransigente si era opposta la Chiesa di Roma e con lei Agostino, che, oltre ai suoi scritti, li affronta in una disputa pubblica nel 411. Agostino sostiene che l’efficacia dei sacramenti non dipende dalla moralità di chi li amministra.

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La vita

Altra polemica fu col britannico Pelagio (360 ca-427) secondo cui gli uomini non erano predestinati, ma potevano, invece, solamente con la propria volontà (liberum arbitrium) e per mezzo di preghiere ed opere, essere salvati senza la Grazia divina…

Il pelagianismo inoltre negava la trasmissione del peccato originale, che aveva danneggiato solo Adamo e non tutto il genere umano. La disputa contro Pelagio tenne impegnato Agostino fino alla morte, sopravvenuta nel 430, mentre Ippona era sotto l’assedio dei Vandali.

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La vita

La sua opera di polemista è figlia del suo amore per la Chiesa e della sua opera di annuncio del Vangelo.

Le opere più importanti sono La Città di Dio (413-427), le Confessioni (397-401, primo scritto di genere autobiografico), il De trinitate, iniziato nel 399 e finito dopo il 420).

Particolari sono le Retractationes, scritte verso la fine della sua vita come bilancio – anche autocritico – della sua opera letteraria

Insomma si tratta di un grande sforzo di intelligenza della fede mai astratta: il problema teologico è sempre il problema dell’uomo Agostino, della sua crisi e redenzione.

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Un complesso iter

Agostino fu manicheo, e credette nei due principi eterni del bene e del male che si scontrano nel mondo e i cui due elementi opposti sarebbero lo spirito-bene e la materia-male. Il credente manicheo doveva così impegnarsi a far prevalere lo spirito sulla materia, liberandosi dai vincoli delle tenebre per rivolgersi al mondo della luce.

I manichei “eletti” facevano vita di castità, non lavoravano e mangiavano in modo limitato; gli “uditori” li mantenevano.

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Credevano che Cristo fu rivestito di carne apparente, e quindi non ha veramente sofferto e non è veramente morto.

Respingevano il Vecchio Testamento Agostino si confrontò con Fausto, celebre

manicheo, e vide che non sapeva rispondere ai suoi dubbi

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Un complesso iter

Nel suo percorso Agostino ha abbracciato anche lo scetticismo dell’Accademia

Lo ha superato con la certezza dell’autocoscienza (si enim fallor sum)

Va cercata comunque la verità, ma non in quanto fine, ma per raggiungere la felicità: anche la religione cerca la felicità: quindi ragione e fede camminano insieme

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Un complesso iter

Agostino rimase folgorato dall’ascolto di Sant’Ambrogio, che lui aveva approcciato con curiosità “tecnica”

“dopo ch’ebbi sentito esporre e molto spesso risolvere passi oscuri dell’antica Scrittura, che io prendevo alla lettera, rimanendone ucciso”

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Un complesso iter

Plotino e Porfirio lo ispirarono sulla questione del male e della materia:

Il male è privazione, non sostanza La lettura di Paolo gli fece capire che la

ragione non basta per capire il mistero di Cristo. La ragione non basta: deve essere accompagnata dalla rivelazione: “nessuno può attraversare il mare di questo secolo se non è portato dalla Croce di Cristo”

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Ragione e fede

La filosofia serve per comprendere meglio la Rivelazione, e per confutare le eresie. Fede e ragione sono complementari. Le teorie filosofiche pre-cristiane sono come i templi antichi che sono riutilizzati per fare le chiese. L’uomo cerca il vero sia con la fede che con il sapere.

“Se non avrete creduto non comprenderete” (Isaia 7,9 nella versione dei Settanta in Agostino, De libero arbitrio, 4).

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Superare la cultura pagana

Agostino sente che il mondo antico è in declino. Anche gli altri Padri della Chiesa lo avevano sentito, ma erano rimasti legati a quella cultura

Agostino la accusa di essere formale ed erudita, ma fine a se stessa. L’uomo si perde in conoscenze non fondamentali

Res, non verba! Cercare il vero sapere, non l’erudizione. Come si usano colonne e pietre dei templi pagani per costruire chiese, così si possono usare le basi della cultura pagana per un nuovo sapere

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Tardi ti amai…..

“Tardi ti amai, bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Tu eri dentro di me ed io ero fuori. Lì ti cercavo. Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature. Tu eri con me, ma io non ero con te. Mi tenevano lontano da te le tue creature, inesistenti se non esistessero in te. Mi chiamasti, e il tuo grido sfondò la mia sordità; balenasti, e il tuo splendore dissipò la mia cecità; diffondesti la tua fragranza, e respirai e anelo verso di te, gustai e ho fame e sete; mi toccasti, e arsi di desiderio della tua pace” (Confessioni)

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La scoperta dell’interiorità

“e dire che gli uomini vanno ad ammirare le vette delle montagne, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, la distesa dell’oceano, i giri degli astri; e abbandonano se stessi”

L’uomo è il nuovo mistero da studiare, non in astratto come genere, ma l’io come persona singola e irripetibile

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La scoperta dell’interiorità

Centrale rispetto al pensiero greco diventa la volontà: riferito al servire Dio, Agostino scrive: “ero io che volevo, ero io che non volevo: ero proprio io che né volevo pienamente, né rifiutavo pienamente”. Ragionando sulla volontà umana (es. il furto delle pere fatto da ragazzo senza una reale necessità), Agostino scopre la persona e supera l’intellettualismo greco.

Si può parlare di primato della volontà e dell’amore sull’intelletto: “se si tratta più di amare che di sapere, il compito specifico del filosofo consiste più nel far desiderare che nel far conoscere” (E. Gilson)

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Illuminazione

La conoscenza dipende da Dio, che è sede delle idee (le idee di Platone sono i pensieri di Dio). Dio illumina la nostra anima fornendole i parametri per conoscere la realtà al di là della sua continua mutevolezza. Dio è luce per l’intelletto umano che permette di illuminare razionalmente i dati della sensibilità, che sono lo stimolo per la ragione a ritrovare in sé la verità delle cose.

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Illuminazione

L’anima, con la ragione, giudica le cose corporee con criteri immutabili e perfetti (=quindi non stanno nelle cose). Esempio: i concetti matematici, immutabili ed eterni, che si applicano a cose contingenti

Questi criteri di verità devono essere esterni all’uomo, sono le Idee intese come pensieri di Dio

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Illuminazione

Noli foras ire, in teipsum redi, in interiore homine habitat veritas. Et si tuam naturam mutabilem inveneris, trascende et teipsum. Illuc ergo tende, unde ipsum lumen rationis accenditur.Non uscire fuori, rientra in te stesso: nell'uomo interiore abita la verità. E se scoprirai mutevole la tua natura, trascendi anche te stesso. Tendi là dove si accende la stessa luce della ragione. (De vera religione 39, 72)

L’anima può trascendere se stessa fino a Dio perché è a immagine di Dio.

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Illuminazione

La verità non sta nelle cose, ma nell’uomo che giudica “e, se scoprirai che la tua natura è mutevole, trascendi

anche te stesso”. Per Agostino, come per Platone, il vero io dell’uomo è l’anima razionale: trascendere se stesso significa andar oltre questa per tendere verso la luce che illumina la ragione. È la parola divina che illumina, e permette di recuperare nella reminiscenza le verità immutabili.

Le idee di Platone non hanno qui esistenza autonoma, ma esistono nel Logos come modelli delle cose.

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Illuminazione

Si può parlare di platonismo cristiano in Agostino: temi platonici sono l’appello all’interiorità, la centralità dell’anima, la ripresa delle Idee; però Agostino fa delle idee di Platone i pensieri di Dio, e della reminiscenza l’illuminazione

L’illuminazione non è una facoltà mistica o riservata a chi crede, ma è dentro la ragione naturale dell’uomo

Anche l’ateo capisce le verità, ma non ne coglie l’origine

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Illuminazione ed educazione

Il De Magistro è un dialogo tra Agostino e Adeodato, scritto a Tagaste nel 389

Il filosofo vuole sostenere che il maestro che insegna all’uomo la scienza è Dio, il “maestro interiore”

Chi è il maestro? Chi insegna attraverso il linguaggio o chi insegna attraverso la verità? il primo è il maestro umano, il secondo è Dio

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Illuminazione ed educazione

Il maestro umano non insegna la verità, ma il metodo per cercarla: purifica l’intelligenza dello scolaro da ciò che lo ostacola nel cammino

Scrive Agostino in una lettera: “ti sarà maestro solo colui che è il maestro interiore dell’uomo interiore, il quale nella tua mente ti mostra che è vero ciò che viene insegnato, poiché non vale nulla né chi pianta né chi annaffia, ma chi fa crescere, cioè Dio” (lettere, 947)

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Illuminazione ed educazione

Nello scritto De cathechizandis rudibus (400 circa) Agostino sposta l’attenzione dalla verità da esporre al processo di apprendimento: il vero protagonista diventa il catechizzando e non il maestro

Bisogna perciò avere attenzione per chi impara e considerare l’amore come legge fondamentale del rapporto educativo

Sono idee pedagogiche rivoluzionarie per l’epoca!

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Dio

La dimostrazione dell’esistenza della verità coincide con la dimostrazione dell’esistenza di Dio

In A abbiamo anche delle “prove” dell’esistenza di Dio: la perfezione del mondo richiede un artefice; il consensus gentium; i diversi gradi del bene

Si dimostra Dio per fruirne (frui Deo)

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Dio

Essere (“Io sono Colui che è”) Verità Amore sono gli attributi di Dio.

Dunque non c’è amore se non nella verità. L’uomo non può amare Dio, che è amore, se non ama l’altro uomo, perché Dio si rivela come Verità a chi cerca la verità, e si rivela come Amore a chi già ama. In questo senso Agostino scrive Ama et fac quod vis (frase altrimenti facilmente fraintendibile)

Dio è Trinità (identità sostanziale delle tre persone): sostanziale uguaglianza senza distinzione gerarchica

Le Tre Persone sono in relazione: ciascuna è distinta ma non ontologicamente diversa (non sono accidenti)

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Pinturicchio, Agostino e l’angelo

“bambino, come puoi pensare di mettere il mare in una buca…”

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L’anima è immagine della Trinità divina (De Trinitate), infatti

1) Dio è Essere Intelligenza Amore

2) L’uomo è memoria (presenza dell’anima a se stessa) intelligenza e volontà (o amore)

L’uomo è a immagine di Dio e per questo può cercarlo

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Da queste ed altre analogie, Agostino deduce che Dio è in noi stessi, cioè ha lasciato in noi tracce indelebili di sé che noi possiamo rinvenire. Questo ritrovare Dio in noi, ci riconduce da noi a Dio.

Tu autem eras interior intimo meo et superior summo meo.Tu eri più dentro in me della mia parte più interna e più alto della mia parte più alta. (Confessioni 3, 6, 11).

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La creazione

Dio ha creato il mondo, che però mostra di non essere sempre uguale. Agostino non conosce l’evoluzione della natura in senso moderno, ma ritiene che le cose non siano cambiate a caso. Tutto è nel piano di Dio,

Dio nell’atto della creazione, ha inserito nel mondo della “ragioni seminali”, dei semi, o modelli embrionali di tutte le cose che compariranno successivamente, (teoria già stoica) Questi semi discendono direttamente dai pensieri di Dio (le idee platoniche).

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Miracoli e creazione

I miracoli non sono contro la natura e le leggi di Dio, sono ragioni seminali che si attivano successivamente alle altre che hanno dato vita al mondo, ma pur sempre in modo preordinato dall’universale prescienza divina.

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Si Deus est, unde malum?

La dottrina di Mani aveva affascinato Agostino per la spiegazione del male, attribuito al principio cattivo. Ma poi il filosofo si convince che Dio deve essere incorruttibile, e non può essere offeso da un simile.

Se tutto viene da Dio che è Bene, da dove viene il male?

Agostino si convince che il male non ha un suo principio perché non ha essere, ma esiste solo in quanto privazione di essere. Dove manca il bene c’è il male

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Il male

“Il male di cui cercavo l’origine non è una sostanza, perché se fosse una sostanza, sarebbe un bene. E invero o sarebbe una sostanza incorruttibile e perciò senz’altro un bene grande, o una sostanza corruttibile e perciò un bene, perché altrimenti non potrebbe andare soggetta a corruzione. Perciò vidi chiaramente come Tu facesti buone tutte le cose” (Confessioni, VII, 12)

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Tre tipi di Male

Si possono distinguere mali metafisici, fisici e morali Dal punto di vista metafisico (il concetto però è più del

filosofo settecentesco Leibniz) esistono gradi inferiori di essere rispetto a Dio, perché il mondo è una creatura, e non può avere la perfezione del Creatore.

Il difetto non è un elemento solo negativo (“si possono giudicare migliori le cose superiori che non le inferiori, ma, con giudizio ben più sano, c’è da affermare migliore l’universo che non le cose superiori - Confessioni, VII, 13), i mali sono necessari all’armonia cosmica come le ombre lo sono per far risaltare la luce e dunque fanno parte di una totalità che è in sé bene

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Il male fisico, che tocca maggiormente l’uomo, è conseguenza del peccato originario

I morali derivano dal peccato, che è un errore della volontà che preferisce un bene inferiore al superiore (aversio a Deo, conversio ad creaturam), piuttosto che a ciò che è superiore.

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Confessioni

Confiteri=celebrare la gloria di Dio. Colloquio in forma di preghiera, storia dell’anima di Agostino

Agostino riprende la forma platonica del dialogo, ma lo trasforma in un a tu per tu con Dio. Socraticamente, l’uomo è colui che cerca e si interroga

“il nostro cuore è inquieto finché non riposi in Te” Riconosce i sogni come trasformazioni di pulsioni

represse (anticipa Freud); l’analisi del tempo è stata considerata insuperata anche dai filosofi del Novecento

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Il problema della salvezza

Il sapiente greco trova la felicità in se stesso, ma non ha chiara la dimensione della corruttibilità del corpo.

Questa corruttibilità viene dal peccato che ha degradato la natura umana. Il peccato è innanzitutto originale, che si è trasmesso attraverso la generazione biologica a tutta l’umanità. Con il peccato l’uomo ha perso l’immortalità.

La sua volontà è indebolita, ha assoluto bisogno della grazia.

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Pelagio

Irlandese, forse da una famiglia di schiavi affrancati di oltremare (pelago)

Riteneva la grazia una scorciatoia, l’uomo deve darsi da fare. Negava che la colpa di Adamo avesse indebolito l’uomo. Adamo ha dato un “cattivo esempio”

L’uomo può salvarsi da solo, e l’opera redentrice di Cristo è inutile

Agostino reagisce contro questa teoria e la sua implicita condanna dell’utilità della Chiesa

Il fatto che le anime siano corrotte sembra essere spiegato da Agostino con il traducianesimo, per cui l’anima si trasmette da padre a figlio con la generazione del corpo (esclude che Dio crei un’anima dannata)

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Grazia o libero arbitrio?

Se Dio dà la grazia gratis, a sua discrezione, dobbiamo pensare che l’uomo non può fare niente per meritarsela? Ma Dio non può essere ingiusto e deve avere un criterio

Agostino inizialmente pensa che Dio conceda la grazia a coloro che scelgono di credere in Lui, cioè di aderire alla chiamata della grazia che è rivolta a tutti.

Questa scelta è pre-conosciuta da Dio, che dunque pre-destina qualcuno come Giacobbe alla salvezza e qualcun altro, come Esaù, no.

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Grazia e libero arbitrio

In questa prima fase, quindi la grazia divina e la giustizia di Dio sono conciliate con il libero arbitrio umano. Dio concede la grazia a chi crede e chi crede è proprio colui che chiede la grazia.

L’onniscienza divina, e dunque la conoscenza anticipata di ciò che avverrà, spiega poi perché nelle Scritture alcuni sembrano destinati a ricevere la grazia e altri no.

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Il cambio di rotta del 396-7: le Questioni a Simpliciano C’è però una tendenza di Agostino a radicalizzare il

discorso verso una scelta divina inaccessibile all’uomo: “Nessuno infatti crede se non è chiamato. Ora, è Dio nella sua misericordia a chiamare, e lo fa indipendentemente dai meriti della fede, perché i meriti della fede seguono e non precedono la chiamata […] Se la misericordia non precede chiamando, nessuno può credere per iniziare da qui ad essere giustificato e ottenere la facoltà di bene operare. Dunque la grazia viene prima di qualunque merito” (Questioni a Simpl., I, 2,7)

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Massa di dannati

Agostino sembra inclinare ad un grande pessimismo: la grazia non è più gratis, ma è giustizia. Se Dio dovesse dare la grazia come premio delle opere buone, sarebbe in un certo senso obbligato e non più libero

la salvezza è concessa da Dio a pochi, l’umanità è massa damnationis

La ragione di tale limitazione è il peccato originale, che avrebbe comunque rovinato tutti: grazie alla misericordia di Dio in modo eccezionale e imperscrutabile si salva qualcuno.

Tale interpretazione della vicenda umana in rapporto con Dio è stata ripresa, più che dalla chiesa cattolica, da parte protestante e calvinista.

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“Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi” (1Tim 2,4)?

Questa frase di S. Paolo contraddice il pessimismo di Agostino va sostenendo. Agostino naturalmente la conosce: vediamo un esempio della sottigliezza di Agostino quando discute un testo

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L’interpretazione Agostiniana

Nell’Enchiridion (27,103) e ne La correzione della grazia (14,44) Agostino afferma che in realtà la frase paolina vuol dire che “tutti coloro che sono salvi lo sono per mezzo di Dio”. Tale interpretazione viene sostenuta con un esempio molto sottile: se in una città vi fosse un solo insegnante di grammatica, si potrebbe dire che egli insegna a tutta la città, non però per significare che tutta la città (compresi gli infanti e i moribondi) studia grammatica, ma che coloro che nella città lo fanno, lo fanno per mezzo di quel solo insegnante di grammatica. Dunque coloro che si salvano si salvano solo per mezzo dell’unico Dio.

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Agostino: perché?

Perché Agostino non accetta l’interpretazione più ottimista di Paolo?

Perché se Dio volesse che tutti gli uomini fossero salvi, tutti gli uomini sarebbero effettivamente salvi, in quanto Egli è onnipotente. Ma il fatto che tutti siano salvi è negato dalle stesse Scritture, che parlano in diversi luoghi di dannazione eterna per alcuni uomini. Dunque il passo di Paolo va interpretato così come egli propone.

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Qual è il problema?

In realtà la soluzione ci sarebbe:Dio vuole che tutti siano salvi, ma lascia al contempo la

libertà agli uomini di accogliere o meno questa sua volontà.

Ma anche tale soluzione non è accettabile da Agostino perché affida implicitamente agli uomini la decisione sulla loro salvezza, sminuendo ancora il ruolo di Dio e la croce di Cristo.

Entrambi invece, per Agostino devono essere assolutamente efficaci e irresistibili. Quando Dio chiama, nulla può frapporsi, non vi è nessuna libertà umana in grado di impedire alla volontà e alla grazia di Dio di fare il suo corso

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Il problema del tempo

“Che cosa faceva Dio prima della creazione?”

Per Agostino, la domanda è mal posta, perché il tempo è un modo di essere delle creature, dunque è creatura esso stesso.

Pertanto il tempo inizia ad esistere con la creazione e insieme alla creatura, e nulla ha a che fare con l’essenza di Dio che è fuori dal tempo, immutabile ed eterna.

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Che cosa è il tempo?

Ma allora che cos’è il tempo? È un problema assai difficile per Agostino: “Se nessuno mi interroga lo so; se volessi spiegarlo a chi mi interroga, non lo so…” (Confessioni, XI,14,17)

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Qual è il problema “tempo”?

Il problema è che non ci sarebbe tempo senza un mutamento delle cose, ma le categorie con cui lo misuriamo implicano sempre la loro (delle cose) inesistenza.

Infatti il passato non è più Il futuro non è ancora Il presente è l’impalpabile istante in cui il futuro si

trasforma in passato. Come facciamo a misurare allora qualcosa di così

sfuggente e che mai è presente, ha consistenza davanti a noi?

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La misura interiore del tempo

Dove misuriamo il tempo? Nella nostra anima. È la nostra anima che trattiene il passato

attraverso la memoria, attende il futuro attraverso l’attesa e vede il presente nell’attenzione o visione.

Quindi il tempo è una distensio animi. Di qui la possibilità che abbiamo di misurarlo negli oggetti esterni che mutano incessantemente.

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Tempo e storia: la città di Dio

Accanto ad una riflessione sul tempo, Agostino dà vita ad una monumentale opera sulla storia, stimolata da eventi come il sacco di Roma del 410 da parte dei Goti di Alarico, episodio che fece grandissima impressione sui contemporanei e che li indusse a percepire con preoccupazione l’imminenza della fine di un mondo. Tale opera è intitolata La città di Dio

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I cristiani e la fine dell’impero

Agostino, come gli apologisti, risponde alle accuse fatte ai cristiani di aver indebolito in modo irrecuperabile il mos maiorum dei romani, accelerando la fine del mondo civilizzato di Roma.

Agostino rilancia puntando sulla debolezza di uno stato pagano, ripercorrendo la storia di Roma e dubitando del valore intrinseco dell’impero.

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Una teologia della storia

La polemica di Agostino diviene occasione per lo sviluppo di una visione teologica della storia, in cui quest’ultima è interpretata come qualcosa che si sviluppa linearmente e non ciclicamente come ritenevano i pagani. La storia è lo sviluppo dell’umanità e del mondo che va da un inizio (creazione) ad una fine (Giudizio) e il cui centro è l’Incarnazione di Cristo.

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Due civitates

Nel mondo due forme di vita e di pensiero si sovrappongono: la città terrena e la città divina (anche se civitas è più cittadinanza che città).

La prima è di chi vive secondo l’uomo, la seconda di chi vive secondo Dio. Sulla terra esse sono sorte con Caino e Abele. Non sono identificabili con Stato e Chiesa perché nel mondo c’è commistione inestricabile tra le due.

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I mali di Roma

Alla sua origine c’è un fratricidio Le virtù dei romani spesso sono apparenti,

sono in realtà vizi Mali fisici e morali hanno funestato Roma

anche prima del Cristianesimo

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Il Giudizio

Il giudizio finale purificherà tutto il mondo e anche la Chiesa, la quale per ora rimane una comunità in cammino, che anela alla salvezza e ad un mondo nuovo ma che non lo realizza, essendo la realizzazione di tale stato redento dell’umanità opera esclusiva di Dio.

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Un esempio di preghiera agostiniana

“Signore mio Dio, mia unica speranza, esaudiscimi e fa sì che non cessi di cercarti per stanchezza, ma cerchi sempre la tua faccia con ardore. Dammi Tu la forza di cercare, Tu che hai fatto sì di essere trovato e mi hai dato la speranza di trovarti con una conoscenza sempre più perfetta. Davanti a Te sta la mia forza e la mia debolezza: conserva quella, guarisci questa. Davanti a Te sta la mia scienza e la mia ignoranza; dove mi hai aperto ricevimi quando entro; dove mi hai chiuso, aprimi quando busso. Fa’ che mi ricordi di te, che comprenda te, che ami te. Aumenta in me questi doni” (La Trinità)

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Fonti

Adorno F-Gregory T.-Verra V., Storia della filosofia, I, Laterza 1993.

Abbagnano N.-Fornero G., La ricerca del pensiero, Paravia, vol. 1B, ed. digitale

De Bartolomeo M.-Magni V., Storia della filosofia, 2, Atlas 2011.

Maraviglia M., Sant’Agostino, slides su www.arete-consulenzafilosofica.it

Prellezo J.M.-Lanfranchi R., Educazione e pedagogia nei solchi della storia, I, Sei 1995

Reale G.-Antiseri D., La filosofia nel suo sviluppo storico, I, La Scuola