Agostino d'Ippona - Le Ritrattazioni [

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    LE RITRATTAZIONITutte le Opere - versione italiana > Autobiografici >

    Le Ritrattazioni

    Prologo

    1. gi da molto tempo che vado meditando e predisponendo unprogetto alla cui realizzazione, con l'aiuto del Signore, sto ponendomano, quello, a mio avviso indilazionabile, di riconsiderare con lo

    spirito di un giudice severo i miei modesti scritti - si tratti di libri, dilettere o di sermoni - e di segnalare in essi con lo stilo, a mo' di uncensore, ci che suscita la mia riprovazione. Nessuno certo, a menoche sia uno sprovveduto, oser disapprovarmi per il fatto chedisapprovo i miei errori. Se per sostiene che non avrei dovutolasciarmi andare ad affermazioni delle quali in seguito ricredermi,dice il vero ed sulla mia stessa linea. In tal caso non fa chedisapprovare ci che io stesso disapprovo. Non avrebbe infattisenso questa mia disapprovazione se avessi detto quello che era

    giusto dicessi.

    2.Ognuno, comunque, libero di accogliere il mio operato a suobeneplacito. Quanto a me stato bene che mi sia attenuto, anchein questa circostanza, alla raccomandazione dell'Apostolo: Segiudicassimo noi stessi, non saremmo giudicati dal Signore1.Moltissimo timore mi incute anche l'altro passo della Scrittura: Peril molto parlare non riuscirai ad evitare il peccato2. Con ci nonintendo riferirmi alla vastit della mia produzione libraria o al molto

    che, pur se non da me espressamente dettato in vista dellapubblicazione, stato trasferito dalla mia esposizione orale adopere scritte: occorre guardarsi dall'accusa di loquacit ogniqualvolta vien detto ci che necessario dire, quale che sia ilnumero o l'ampiezza degli interventi. Mi incutono timore, per,queste parole della Sacra Scrittura se considero che dalle miesvariate discussioni indubbiamente possibile ricavare molti trattiche, se non proprio falsi, potrebbero apparire o anche esseredimostrati come superflui. Chi il Cristo non ha gettato nel terrore,fra i suoi fedeli, laddove dice: Nel giorno del giudizio l'uomo renderconto di ogni parola inutile che avr pronunciato3? Di qui la

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    raccomandazione del suo apostolo Giacomo: Ognuno sia prontonell'ascoltare, ma lento a parlare4; e l'altra, quando, in un altropasso, cos si esprime: Non fatevi maestri in molti, fratelli miei, bensapendo che pi severo sar il giudizio su di voi, poich tutti

    manchiamo in molte cose. Se qualcuno non manca nel parlare unuomo perfetto5. Per quanto mi concerne non mi arrogo certo taleperfezione, ora che sono vecchio. Ma ancor meno avrei potutoarrogarmela quando, ancor giovane, incominciai a scrivere o aparlare alla gente e mi fu accordato un tale credito che, ogniqualvolta ero presente nel momento in cui occorreva parlare inpubblico, assai raramente mi era concesso di tacere e di ascoltaregli altri e di essere quindipronto nell'ascoltare, ma lento a parlare.Non mi resta dunque che autogiudicarmi alla presenza dell'unico

    Maestro6al cui giudizio sui miei errori vorrei tanto sottrarmi. Pensoche si diano pi maestri quando la pensano in modo diverso ocontrastante. Quando per il discorso di tutti lo stesso7, sononella verit, e non si discostano dall'insegnamento dell'unico veroMaestro. Non sbagliano quando espongono molti dei suoiinsegnamenti, ma quando ne aggiungono di propri8. In questomodo cadono dalla loquacit nella menzogna.

    3.Sono stato ben lieto di produrre questo scritto al fine diconsegnarlo nelle mani di persone alle quali non potrei pisottrarre, in vista di una revisione, quanto gi pubblicato. Nonintendo neppure tralasciare le opere da me composte durante ilcatecumenato, quando avevo gi abbandonato le prospettiveterrene, ma mi sentivo ancora inorgoglito dalla pratica dellaletteratura profana. Anch'esse vennero a conoscenza di trascrittorie lettori e possono essere lette con profitto, ove se ne scusinoalcune mende (o anche se non le si scusano, ma sempre a patto

    che non si aderisca ai loro errori). Chiunque quindi legger codestiscritti, non mi imiti nell'errore, ma nella tensione verso il meglio.Leggendo infatti quei miei modesti lavori nell'ordine in cui furonoredatti, scoprir forse in che modo io abbia progredito mano manoche scrivevo9; e perch possa scoprirlo mi premurer, con questamia opera, di metterlo al corrente di quell'ordine.

    1- 1 Cor 11, 31.

    2- Prv 10, 19.

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    3- Mt 12, 36.

    4- Gc 1, 19.

    5- Gc 3, 1-2.6- Cf. Mt 23, 8.

    7- Cf. 1 Cor 1, 10.

    8- Cf. Gv 8, 44.

    9- Cf. Ep.143, 2.

    LIBRO PRIMO

    I - La controversia academica, tre libri

    1.1. Avevo gi rinunciato, nell'ambito delle aspirazioni di questomondo, alle mte che ero riuscito a conseguire o aspiravo ancora araggiungere e m'ero rifugiato nella pace serena della vita cristiana.

    Non avevo ancora ricevuto il battesimo e, per prima cosa, mi detti ascrivere Contro gli Academicio Sugli Academici. Mio intendimentoera quello di rimuovere con tutte le possibili obiezioni dal mio animo- visto che io stesso ne restavo turbato - le argomentazioni con lequali costoro tolgono a molti ogni speranza di trovare la verit, einibiscono al saggio di dare il suo assenso ad alcun enunciato e digiungere ad una dichiarazione di evidenza e di certezza sualcunch: a loro parere infatti tutto sarebbe avvolto nell'oscurit enell'incertezza. Quest'opera giunse a compimento grazie all'aiuto

    della misericordia divina.

    1. 2. In questi stessi miei tre libri per non approvo di aver tantospesso fatto il nome della fortuna1, anche se non era miointendimento che con questa denominazione si designasse unaqualche divinit, ma solo il fortuito verificarsi di eventi favorevoli osfavorevoli attinenti alla nostra persona fisica o al mondo esterno.Di qui quei vocaboli che nessuno scrupolo religioso ci vieta dipronunciare: Per caso, forse, per sorte, per avventura,

    fortuitamente. Il che non toglie, tuttavia, che tutto ci che vieneinterpretato in questi termini vada, comunque, ricondotto all'azione

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    provvidenziale di Dio. quanto, del resto, io stesso non ho passatosotto silenzio in quest'opera quando affermo: Forse quella cheprende comunemente il nome di fortuna retta da un ordinemisterioso e null'altro quello che negli eventi chiamiamo caso se

    non ci di cui ci sfugge il senso e la causa2

    . vero, ho affermatoquesto. Mi pento per ugualmente di avere in quel passomenzionato in questo modo la fortuna: mi capita infatti diconstatare che gli uomini hanno la pessima abitudine di dire: "L'havoluto la fortuna", quando si dovrebbe dire: "L'ha voluto Iddio".Ho poi detto in un passo: stato cos disposto vuoi perresponsabilit nostra vuoi per una irrevocabile legge di natura cheuno spirito divino che resti legato alle cose mortali non troviaccoglienza nel porto della filosofia3, con ci che segue. Al riguardo

    occorreva fare una scelta: o non si sarebbe dovuta menzionarenessuna delle due condizioni alternative, visto che anche cos lafrase avrebbe un senso compiuto, o sarebbe stato sufficiente dire:per responsabilit nostra, senza aggiungere:per una irrevocabilelegge di natura; un fatto che il nostro attuale stato di miseriaderiva da Adamo4, e la dura necessit inerente alla nostra naturas' costituita in conseguenza di un precedente e cosciente atto diiniquit. Analogamente la frase: Non si deve tenere in alcun conto edeve essere totalmente rifiutato tutto ci che visto da occhimortali, tutto ci che raggiunto dal senso5, andava cosintegrato: tutto ci che raggiunto dal senso del corpo mortale;esiste infatti anche un senso della mente. In quel passo miesprimevo al modo di coloro che parlano di una sensibilit solo inrapporto col corpo e dicono sensibile solo ci che materiale. Neviene di conseguenza che ogni qualvolta mi sono espresso cos nons' evitata del tutto una certa ambiguit, anche se trattasi diambiguit nella quale possono cadere solo coloro che non fanno

    abitualmente uso di quell'espressione. Ho anche detto: Che altropensi che sia vivere nella felicit se non vivere secondo quella chedell'uomo la componente pi alta?6E poco dopo, chiarendo checosa avessi inteso definire come componente pi alta dell'uomo:Chi potrebbe dubitare- dissi - che nell'uomo occupa la posizionepi alta quella parte dell'anima alla cui autorit conviene chesottostiano tutte le altre componenti dell'uomo? Si tratta di quellaparte - perch tu non esiga da me un'altra definizione - chepossiamo denominare mente o ragione7. E ci corrisponde

    senz'altro a verit, visto che, se si considera la natura dell'uomo,nulla vi in lui di superiore alla mente e alla ragione. Chi per

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    intende vivere nella felicit non deve vivere secondo quella parte:cos facendo vive secondo l'uomo, mentre per attingere la felicitbisogna vivere secondo Dio8; e, per raggiungere la mta, la nostramente non deve essere paga di se stessa, ma sottomettersi a Dio.

    Parimenti rispondendo al mio interlocutore: In questo- dissi - nonsbagli, e vorrei tanto che ci ti fosse di buon auspicio per tutto ilresto9. Bench il tono dell'espressione non sia serio, ma scherzoso,preferirei non ricorrere pi al termine omen[auspicio]. Non ricordodi averlo rilevato n nelle nostre Sacre Scritture10n nel linguaggiodi qualche scrittore ecclesiastico, bench da omenderiviabominazione, un vocabolo che ricorre frequentemente nei Librisacri.

    1. 3. Nel secondo libro del tutto sciocca e insulsa quella sorta difavola di filocalia e filosofia che le designa come sorelle e nate dallostesso padre11. O quella che vien denominata filocalia daannoverare fra le sciocchezze dei poeti e non perci a nessunpatto sorella di filosofia, ovvero, se questo nome meritaconsiderazione per il fatto che, tradotto in latino, significa amoredella bellezza e designa la vera e suprema bellezza della sapienza,filosofia e filocalia, nella sfera delle supreme realt immateriali cuiappartengono, non possono che essere la stessa persona e nonsono quindi in nessun modo assimilabili a due sorelle. In un altropasso, trattando dell'anima, ho detto: Per tornare, resa pi sicura,in cielo12. Per maggior sicurezza avrei dovuto dire "per andare"piuttosto cheper tornare, e ci per evitare l'errore di colorosecondo i quali le anime umane, cadute o cacciate dal cielo inconseguenza dei loro peccati, verrebbero costrette a entrare inquesti nostri corpi13. Non ho esitato ad esprimermi in questo modoin quanto dicendo in cielointendevo dire "a Dio", che dell'anima

    autore e creatore. Allo stesso modo il beato Cipriano non si peritato di scrivere: Poich il nostro corpo deriva dalla terra e ilnostro spirito dal cielo, noi stessi siamo nel contempo cielo eterra14; e nell'Ecclesiaste scritto: Lo spirito ritorni a Dio che l'hadato15, il che va in ogni caso inteso in un senso che non si oppongaall'affermazione dell'Apostolo secondo la quale gli uomini nonancora nati nulla hanno compiuto n di bene n di male16. Senzaalcun dubbio dunque Dio stesso una sorta di sede originaria dellafelicit dell'anima, quel Dio che non l'ha creata da se stesso, ma dal

    nulla, allo stesso modo in cui ha creato il corpo umano dalla terra.Per quanto infatti attiene al problema della sua origine e della suapresenza in un corpo, se cio derivi da quell'unica anima che fu

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    creata quando fu creato l'uomo come essere vivente17o se leanime siano create singolarmente una per ciascuno n lo sapevoallora n lo so adesso.

    1.4. Nel terzo libro ho detto: Se vuoi conoscere il mio parere sappiche per me il bene supremo dell'uomo risiede nella mente18. Conmaggiore aderenza alla verit avrei dovuto dire: "in Dio". Di luiinfatti la mente, ai fini della felicit, gode come del suo massimobene. Non mi piace neppure l'altra espressione: Posso giurare pertutto ci che divino19. Non stato del pari corretto da parte miaaffermare che gli Academici dimostravano di conoscere la verit peril fatto stesso di definire verisimile ci che al vero assomiglia etacciare poi di falsit quel verisimile cui essi danno il loro

    assenso20. E non stato corretto per due motivi. Da un lato,stando alle mie parole, sarebbe falso ci che in qualche modoassomiglia alla verit (ma anche questa, nel suo genere, unaverit); dall'altro, sempre stando alle mie parole, gli Academiciavrebbero dato il loro assenso a quelle falsit che definivanoverisimili, mentre sono essi stessi a negare quell'assenso ad ognipossibile enunciazione e ad attribuire questo stesso comportamentoal sapiente. Se, comunque, mi sono espresso in quel modo su diloro perch definiscono quel loro "verisimile" anche come"probabile". Non senza ragione mi sono altres dispiaciuto di averesaltato Platone o i Platonici (o Academici che dir si voglia)21in unamisura che non s'addice certo a pensatori rei d'empiet, visto che soprattutto contro i loro gravi errori che va difesa la dottrinacristiana. Quanto al fatto che a paragone con le argomentazioniusate da Cicerone nei suoi libri academici, ho definitosciocchezzuole22quelle cui ero ricorso per demolire in modoinconfutabile le tesi di quella scuola, chiaro che il tono era

    scherzoso e di pi che trasparente ironia: non avrei tuttaviaugualmente dovuto esprimermi in quel modo. Quest'operaincomincia cos: Voglia il cielo, o Romaniano, che un uomo bendisposto verso di lei.

    II - La felicit, un libro

    2.Mi occorso di scrivere il libro su La felicit non dopo lacomposizione dei libri Sugli Academici, ma in alternanza con essi.Nacque da una circostanza occasionale, la ricorrenza del mio giorno

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    natalizio, e comprende una discussione durata tre giorni, comechiaramente si evince dal testo. Dal libro risulta che tutti noi, cheavevamo condotto assieme la ricerca, giungemmo alla fineall'unanime conclusione che la felicit altro non che la compiuta

    conoscenza di Dio. Mi rammarico per di avere in quella sedeconcesso pi onore del dovuto a Manlio Teodoro dedicatario dellibro23, pur trattandosi di persona dotta e cristiana ; e di avereanche l nominato spesso la fortuna24; e di aver affermato chedurante questa nostra vita la felicit alberga solo nell'animo delsapiente, qualunque sia la condizione del suo corpo25;affermazione, quest'ultima, in contrasto con le paroledell'Apostolo26, il quale manifesta la speranza che la compiutaconoscenza di Dio, nella forma cio pi alta concessa all'uomo, si

    avr nella vita futura, la sola che possa essere definita felice,quando anche il corpo, reso incorruttibile e immortale27, sarsottomesso alla sua componente spirituale senza difficolt ocontrasto. Nel mio manoscritto ho trovato questo libro lacunoso emancante di una parte non piccola; stato trascritto da alcuniconfratelli nelle sue attuali condizioni e nel tempo in cui hoprovveduto alla presente revisione non ero ancora riuscito atrovarne in casa di nessuno un esemplare completo che mipermettesse di eseguire le dovute correzioni. Questo libroincomincia cos: Se al porto della filosofia.

    III - L'ordine, due libri

    3.1. In quel medesimo periodo, e sempre intercalandone la stesuraa quella dei libri Sugli Academici, scrissi anche due libri su L'ordine.In essi viene dibattuta la grossa questione relativa alla presenza o

    meno di tutti i beni e di tutti i mali nell'ordine stabilito dallaprovvidenza divina. Mi accorsi per che un argomento di difficilecomprensione come quello, con notevole difficolt avrebbe potutoessere chiaramente recepito da coloro coi quali mi intrattenevo indiscussione e preferii quindi limitarmi a parlare dell'ordine deglistudi grazie al quale possibile progredire verso la conoscenzadelle realt immateriali partendo da quelle materiali.

    3.2. Mi rammarico per di aver spesso introdotto anche in questilibri il nome della fortuna28; e di non aver aggiunto laspecificazione del corpo ogni qualvolta nominavo i sensi del

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    corpo29; e di aver dato troppo peso alle discipline liberali30sullequali grande l'ignoranza di molti santi, mentre alcuni, purconoscendole, non sono dei santi 31; e di aver menzionato, pur secon tono scherzoso, le Muse come se fossero delle dee32; e di aver

    chiamato imperfezione il fatto di meravigliarsi33

    ; e di averaffermato che rifulsero della luce della virt dei filosofi privi dellavera fede34. Mi rammarico anche di aver sostenuto, non a nome diPlatone o dei platonici, ma come si trattasse di una posizione mia,che esistono due mondi, l'uno sensibile, l'altro intelligibile35, e diaver insinuato che questo avrebbe voluto intendere il Signore36inquanto anzich dire: "Il mio regno non del mondo", dice invece:Il mio regno non di questo mondo 37. Si potrebbe scoprire chealla base di quelle parole v' una qualche locuzione consacrata

    dall'uso. In ogni caso, se Cristo Signore fa riferimento ad un altromondo, lo si potrebbe pi convenientemente identificare con quelmondo in cui ci saranno un cielo nuovo ed una terra nuova38,quando avr compimento quella realt che invochiamo con leparole: Venga il tuo regno39. N aveva torto Platone nel parlarci diun mondo intelligibile, sempre che ci si voglia riferire alla sua realte non al vocabolo mondo che nel linguaggio della Chiesa nonassume mai quel significato. Egli infatti ha denominato mondointelligibile la stessa eterna ed immutabile ragione con la quale Dioha creato il mondo. Chi ne nega l'esistenza deve, per coerenza,ammettere l'irrazionalit dell'azione creatrice di Dio, o riconoscereche Dio, sia al momento della creazione, sis in precedenza, nonsapesse quel che faceva, visto che non ci sarebbe stata in lui laragione quale criterio del suo operare. Se era in lui, come in realtlo era, chiaro che Platone ha inteso riferirsi a tale realt conl'espressione mondo intelligibile. Non saremmo tuttavia ricorsi atale denominazione, se fossimo gi stati sufficientemente esperti

    nella letteratura ecclesiastica.3. 3. Neppure questo approvo, di aver detto che occorre impegnarsiin una condotta irreprensibilee di aver subito aggiunto: altrimenti ilnostro Dio non potr esaudirci.Aiuter invece assai facilmente chiimposta correttamente la propria vita40. S' detto questo come seDio non esaudisse i peccatori41. Qualcuno, vero, si era espressoin questo modo nel Vangelo, ma si trattava di un uomo che, purnon avendo ancora riconosciuto il Cristo, ne era stato illuminato nel

    corpo. Neppure approvo di aver tributato al filosofo Pitagora unalode tanto grande da indurre chi ascolta o legge a ritenere chesecondo me non ci sarebbe nell'insegnamento di Pitagora errore

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    alcuno42: ce ne sono invece parecchi e gravissimi. Quest'operaincomincia cos: L'ordine delle cose, o Zenobio.

    IV - I Soliloqui, due libri

    4.1. Nel frattempo scrissi altri due volumi per soddisfare una miaardente aspirazione, quella di cercare razionalmente la verit su ciche pi intensamente desideravo conoscere; e l'ho fatto rivolgendodomande e rispondendo a me stesso, quasi che io e la mia ragionefossimo due realt distinte, mentre ero presente io solo. Di qui iltitolo di Soliloquida me assegnato a quest'opera. Essa rimasta

    incompiuta e pur tuttavia nel primo libro, attraverso la ricerca, sigiunge comunque alla rappresentazione delle caratteristiche di chiaspira ad attingere la sapienza, quella sapienza che si raggiungenon col senso del corpo, ma con la mente; e alla fine del libro, conuna ben definita argomentazione, si conclude che ci che partecipaveramente dell'essere immortale; nel secondo libro si dibatte alungo, senza terminare il discorso, il tema dell'immortalitdell'anima.

    4.2. In questi libri non approvo di aver detto in una preghiera: ODio, che hai voluto che solo i puri conoscessero il vero43. Si puobiettare che anche molti che non sono puri conoscono molteverit. Inoltre in quella sede non vien definito quale sia il vero chesolo i puri possono conoscere n che cosa significhi conoscere. Nonapprovo neppure l'altra frase: O Dio, il cui regno tutto il mondo,che il senso non pu conoscere44. Se per oggetto del conoscere sideve intendere Dio si sarebbe dovuto integrare cos: che il sensodel corpo mortale non pu conoscere; se invece il mondo ad

    essere ignorato dal senso, si dovr intendere quello che verr concielo nuovo e terra nuova45. Ma anche in questo caso sarebbe statanecessaria l'integrazione: "senso del corpo mortale". Io perseguivo la comune consuetudine per cui si parla propriamente disenso solo in rapporto a quello del corpo. Non occorre comunquecontinuamente ripetere ci che ho gi scritto anche inprecedenza46: basta ricordarlo ogni qualvolta questo modo diesprimersi ricorre nei miei scritti.

    4. 3. E quando ho detto del Padre e del Figlio: una cosa sola chigenera e chi generato47, avrei dovuto dire "sono una cosa sola",

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    come la Verit stessa proclama quando dice: Io e il Padre siamouna cosa sola48. Non approvo neppure di aver detto che in questavita l'anima pu esser felice una volta che abbia conosciuto Dio49:l'affermazione potrebbe forse essere valida, ma solo a patto che

    tale felicit sia oggetto di speranza. Quanto all'affermazione chel'unione con la sapienza non si raggiunge seguendo un'unica via50,non suona bene, come se si affermasse che esiste un'altra viaoltre al Cristo il quale ha affermato: Io sono la via51. Si sarebbedovuto evitare di turbare in questo modo la sensibilit degli spiritireligiosi, anche se vero che altra la via universale, altre le vie aproposito delle quali cantiamo nel Salmo: Fammi conoscere le tuevie, Signore, e insegnami i tuoi sentieri52. Anche nell'affermazioneche bisogna del tutto fuggire da codeste realt sensibili53, si

    sarebbe dovuto evitare il sospetto che facessimo nostra la posizionedello pseudofilosofo Porfirio, secondo il quale si deve fuggire daogni realt corporea54. Non ho detto " da tutte le realt sensibili ",ma solo da quelle di questo mondo soggette a corruzione. Avreidovuto piuttosto dire: non ci saranno pi realt sensibili comequeste nel cielo nuovo e nella terra nuova del mondo che verr.

    4.4. Ho anche detto in un passo che gli esperti nelle disciplineliberali ne recuperano sicuramente la conoscenza inse stessi dovegiace nell'oblio attraverso l'apprendimento e, in certo qual senso,ladissotterrano55. Anche questo non incontra la mia approvazione.C' piuttosto da ritenere che anche degli indotti siano in grado difornire risposte conformi a verit su talune discipline, quandovengon fatte loro delle domande in forma corretta; ma ci avvieneperch risplende in loro la luce della ragione eterna nella qualecontemplano, nei limiti in cui dato loro di farlo, le veritimmutabili, non perch le abbiano conosciute un tempo e se ne

    siano poi dimenticati, come hanno creduto Platone e quelli che lapensano come lui 56. Contro la loro opinione ho gi dissertato neldodicesimo libro su La Trinit, nei limiti in cui l'argomentoaffrontato me ne offriva l'occasione57. Quest'opera incomincia cos:Considerando dentro di me molte e svariate questioni.

    V - L'immortalit dell'anima, un libro

    5.1. Dopo i libri dei Soliloqui, rientrato a Milano dalla campagna,scrissi un libro Sull'immortalit dell'anima,che avevo concepito

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    come un promemoria in vista del completamento dei Soliloqui, cheerano rimasti incompiuti. Non so come, per, e contro le mieintenzioni lo scritto divenne di pubblica ragione ed menzionato frai miei opuscoli. Innanzitutto per il procedere contorto delle

    argomentazioni e per l'estrema concisione cos oscuro, che anche per me molto faticoso concentrarmi nella sua lettura, e amalapena riesco a ricavarne un senso.

    5.2. Ma c' dell'altro. In un'argomentazione di quel libro, nellaquale prendo in considerazione solo le anime degli uomini, hodetto: Non ci pu essere disciplina in chi non apprende58;analogamente in un altro passo ho detto: Nulla abbraccia la scienzase non ci che di pertinenza di una qualche disciplina59. Non

    avevo considerato che Dio non apprende nessuna disciplina, mapossiede la conoscenza di tutto e che in tale conoscenza compresa anche quella del futuro. Pure erronea l'altra miaaffermazione che l'unione di vita e ragione non appartengono cheall'anima60; neppure in Dio infatti c' vita senza ragione, che anzivita e ragione sono in lui al massimo grado; altrettanto errato quanto ho detto un po' prima: Ci che oggetto del pensiero sempre lo stesso61. Anche l'anima oggetto del pensiero, eppurenon sempre la stessa. Quanto all'altra affermazione - l'anima nonsi pu separare dalla ragione eterna poich non ad essa unitaspazialmente62- non mi sarei espresso cos se fossi stato tantoesperto nelle Sacre Scritture da ricordarmi quanto scritto: I vostripeccati vi separano da Dio63. Da ci possibile comprendere che cipu essere separazione anche di quanto era unito nonspazialmente, ma spiritualmente.

    5.3. Non sono riuscito a ricordare che cosa intendessi dire con lafrase: L'anima, se manca del corpo, non in questo mondo64.Forse che l'alternativa per le anime dei morti o di non mancaredel corpo o di non essere in questo mondo, quasi che gli inferi nonsiano in questo mondo?. Poich per assegnavo all'espressionemancare del corpouna valenza positiva, possibile che col terminecorpointendessi designare i mali del corpo. Se cos devoammettere di essermi servito in modo troppo inusitato del vocabolocorpo. Frutto di sconsideratezza anche quest'altro tratto:Attraverso l'anima da parte della Somma Essenza vien data una

    forma al corpo, in virt della quale tutto ci che . In virtdell'anima dunque il corpo sussiste ed acquista esistenza, per ilprincipio stesso da cui animato sia in generale come il mondo sia

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    in particolare come un qualsiasi essere fornito d'anima che nelmondo65. Tutto ci stato detto con estrema sconsideratezza.Questo libro incomincia cos: Se una disciplina ha una sua sedespecifica.

    VI -Libri sulle discipline, un libro*

    6.Nel medesimo torno di tempo in cui soggiornavo a Milano inattesa di ricevere il battesimo tentai anche di portare avantiun'opera in pi libri sulle discipline, coinvolgendo nella discussione,attraverso la tecnica dell'interrogazione, le persone che erano conme e che non rifuggivano da quel tipo di interessi. Mi ripromettevocos, seguendo un ben articolato e graduale percorso, di giungere io

    stesso e di condurre gli altri alla conoscenza delle realt incorporeepassando prima attraverso quelle corporee. Di quel progetto sonoper riuscito a condurre a termine solo il libro su La grammatica,che non ho pi trovato nel mio armadio, e sei libri su La musicalimitati a quella parte che prende il nome di ritmo. Ho scritto questisei libri da battezzato, dopo essere rientrato in Africa dall'Italia: inquel di Milano infatti avevo appena abbordato la trattazione di taledisciplina. Delle altre cinque discipline, alle quali avevo pure postomano in quella medesima circostanza, vale a dire la dialettica, la

    retorica, la geometria, l'aritmetica, la filosofia, sono rimasti solo gliinizi appena abbozzati, anch'essi scomparsi dall'armadio, ma chesuppongo siano ancora in possesso di qualcuno.

    VII (VI) - La moraledella Chiesa cattolica e la morale deiManichei, due libri

    7.1. Avevo gi ricevuto il battesimo e, soggiornando a Roma, nonme la sentii di tollerare in silenzio la presunzione dei Manichei. Fortidella loro ingannevole continenza o astinenza costoro, peringannare gli ignari, si pongono al di sopra dei veri Cristiani, coiquali non possono ambire ad alcun possibile confronto. Scrissi alloradue libri, uno su La morale della Chiesa cattolica, l'altro su Lamorale dei Manichei.

    7.2. Nel libro su La morale della Chiesa Cattolicaavevo adottato

    come testimonianza un passo scritturistico cos redatto: Per causatua veniamocolpiti per una intera giornata, siamo stati consideratialla stregua di pecore da macello66. Mi aveva tratto in inganno la

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    scorrettezza del mio esemplare, non avendo io ricordato l'esattalezione, data la scarsa consuetudine che allora avevo con leScritture. Infatti altri esemplari contenenti la stessa traduzione nonrecano:per causa tua siamo colpiti, bens:per causa tua siamo

    colpiti a morte,espressione che altri, servendosi di un unicovocabolo, rendono con: siamo fatti morire. Che si tratti del testoesatto provato dai codici recanti la versione greca delle Scrittureantiche fatta dai Settanta e dalla quale deriva quella latina. Eppureproprio partendo dalle parole:per causa tua siamo colpiti, hopotuto impostare delle discussioni la cui sostanza non me la sentodi disapprovare. Non sono per assolutamente riuscito a provare,partendo da quelle parole, l'accordo fra antiche e nuove Scritture.Ho chiarito l'origine del mio errore: sono per ugualmente riuscito a

    dimostrare sufficientemente quell'accordo sulla base di altri testi.

    7. 3. Poco pi avanti, ho addotto un passo del Libro della Sapienzasecondo l'esemplare in nostro possesso dove si leggeva: LaSapienza insegna la sobriet, la giustizia e la virt67. Anchepartendo da queste parole ho potuto discutere delle verit, ma erooccasionalmente addivenuto alla loro scoperta attraverso un errore.Che c' di pi vero del fatto che la Sapienza insegna la verit dellacontemplazione, concetto che ritenevo espresso dal termine"sobriet", o che insegna la correttezza dell'agire, che pensavoindicata dagli altri due termini: "giustizia" e "virt"? Ma i codicimigliori di quella traduzione recano: insegna la sobriet e lasapienza e la giustizia e la virt. Con questi termini il traduttorelatino ha inteso designare le quattro virt che entrano soprattuttonel linguaggio filosofico: chiama sobriet la temperanza, assegnaalla prudenza il nome di sapienza, nomina la fortezza mediante iltermine virt ed ha tradotto solo la giustizia col suo nome. Molto

    tempo dopo, consultando gli esemplari greci, ho constatato che nelLibro della Sapienzale quattro virt sono designate con gli esattivocaboli loro assegnati dai Greci. Analogo il caso di questo passodel libro di Salomone- Vanit dei vanitosi, ha dettol'Ecclesiaste-una frase che ho letto in questa forma in molti manoscritti. Non cosper il testo greco che reca: Vanit delle vanit68. In seguito hoconstatato che erano migliori gli esemplari latini che recano dellevanit, non dei vanitosi. Risulta comunque tutto vero ci che hodetto traendo spunto da questo errore, come si evince dal

    contenuto di tutta la mia esposizione.

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    7.4. Ho anche detto: Quello stesso che desideriamo conoscere,cio Dio, amiamolo prima con amore pieno69. Sarebbe stato megliodire "sincero", anzichpieno, per evitare che si pensasse chel'amore di Dio non sar maggiore quando lo vedremo faccia a

    faccia70

    . S'accetti dunque l'espressione, ma intendendo per pienoci di cui non vi pu essere nulla di pi grande durante la nostraperegrinazione terrena guidata dalla fede. Il nostro amore sarpieno, anzi pienissimo, ma al momento della visione diretta?Analogamente di coloro che soccorrono i bisognosi ho detto chevengono chiamati misericordiosi, anche se sono talmente saggi danon provare pi alcun dolore nell'animo71. La frase non va intesanel senso che, secondo me, vi sarebbero in questa vita saggi diquesto tipo: infatti non ho detto "quando sono", ma: anche se

    sono.

    7. 5. In un altro passo ho detto: Una volta che questo amoreumano abbia nutrito e rafforzato l'anima e questa, attaccata alletue mammelle, sia stata messa in grado di seguire Dio, una voltache la sua Maest abbia incominciato a manifestarsi entro limitisufficientemente ampi per chi soggiorna in questa terra, ne nasceun tale ardore di carit e l'amore divino erompe in un tale incendioda distruggere col fuoco ogni vizio, da restituire all'essere umanosantit e purezza e da mostrare quanto sia degna di Diol'affermazione: "sono un fuoco che consuma"72. I Pelagiani suquesta base potrebbero attribuirmi l'affermazione che taleperfezione possa toccarci in questa vita mortale. Si guardino perbene dal farlo. L'ardore della carit, messo in grado di seguire Dio ereso cos grande da consumare tutti i vizi, pu senza dubbionascere e svilupparsi in questa vita. Non pu per raggiungerecompiutamente quaggi lo scopo per cui ha nascimento, quello di

    togliere all'uomo ogni menda, anche se resta vero che un risultatocos grande si realizza compiutamente grazie a questo stessoardore di carit quando e dove possibile. E come il bagno dellarigenerazione lava la macchia di tutti i peccati che la nascitadell'uomo port con s e che contrasse la sua iniquit, cos possaquella perfezione purificarlo dalle brutture di tutti i vizi senza deiquali non vi sarebbe per l'uomo debolezza alcuna in questo mondo.Cos vanno intese anche le parole dell'Apostolo: Cristo ha amato laChiesa e si offerto per essa purificandola col bagno dell'acqua

    unito alla parola, s da far sorgere dinanzi a s una Chiesa gloriosa,senza macchia n ruga n consimili imperfezioni73. Nella attualesituazione il bagno dell'acqua unito alla parolache purifica la

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    Chiesa. Ma poich essa, finch quaggi, unanime nel dire:rimetti i nostri peccati74, chiaro che in tale situazione non deltutto senza macchia o ruga o difetti consimili. Da quanto tuttaviariceve quaggi, vien condotta verso quella gloria e quella perfezione

    che qui non esiste.7.6. Nell'altro libro intitolato La morale dei Manicheiho scritto: Labont di Dio dispone le creature che hanno deviato in modo ch'essevengano a trovarsi nella posizione che loro maggiormente conviene,in attesa che, restaurato l'ordine dei loro movimenti, ritornino alpunto a partire dal quale avevano deviato75. Queste parole nonvanno intese nel senso che tutte ritorneranno al punto a partire dalquale avevano deviato, come aveva sostenuto Origene 76, ma

    vanno riferite solo a quelle creature che di fatto compiono questoritorno. Non ritorneranno infatti a Dio, dal quale si sono allontanati,coloro che saranno puniti col fuoco eterno; n ci in contrasto colfatto che tutte le creature che hanno deviato sono disposte in mododa trovarsi nella posizione che loro maggiormente conviene: percoloro infatti che non ritorneranno perfettamente congruentetrovarsi nei tormenti. In un altro passo ho scritto: Nessuno dubitache gli scarabei nascano da fimo plasmato a forma di palla e da essisepolto77; in realt molti dubitano che ci sia vero e molti altri nonne hanno neppure sentito parlare. Quest'opera inizia cos: In altrilibri penso di aver sufficientemente trattato.

    VIII (VII) - La grandezza dell'anima, un libro

    8.1. Sempre a Roma ho composto un dialogo nel quale vengonoindagate e discusse molte questioni relative all'anima quali la sua

    origine, la sua natura, la sua grandezza, il motivo della sua unionecol corpo, ci ch'essa diviene al momento dell'entrata e dell'uscitadal corpo78. Poich vi ho discusso con grande impegno e conapprofondimenti sottili della sua grandezza, e mio intendimento eraquello di dimostrare se possibile che tale grandezza non riportabile alla dimensione dei corpi materiali, pur trattandosi diqualcosa di veramente grande, il libro nel suo insieme ha ricevuto ilsuo titolo da quest'unica questione, titolo che, pertanto, suona: Lagrandezza dell'anima.

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    8.2. In questo libro ho espresso l'opinione che l'anima abbia recatocon s i contenuti di tutte le arti e che quello che chiamiamoapprendere altro non sia che richiamare alla memoria e ricordare79.Questa affermazione non va per intesa nel senso che si accetta

    una di queste ipotesi: o che l'anima sia gi vissuta in questomondo, inserita in un altro corpo, o che sia vissuta altrove, nonimporta se nel corpo o fuori del corpo, e che abbiaprecedentemente appreso in un'altra vita ci cui in grado dirispondere se interrogata, visto che in questa non pu averloappreso80. Pu essere infatti, come s' gi detto in quest'opera 81,che l'anima abbia tale capacit in quanto rientra nella sfera dellenature intelligibili e le realt cui essa connessa sono non solointelligibili, ma anche immortali. Pertanto l'ordine in cui rientra

    comporta che, ogni qualvolta si volge alle realt cui connessa o ase stessa, in grado di dare su tali realt risposte conformi al veroin quanto ne ha diretta intuizione. N ha recato con s e possiede inquel modo i contenuti di tutte le arti: su quelle che attengono aisensi del corpo, come per esempio su molti aspetti della medicina esu tutti i contenuti dell'astronomia, non in grado di esporre se nonci che ha potuto apprendere in questo mondo. invece in grado dirispondere, in base a quanto s' detto, sulle verit colte dalla solaintelligenza ogni qualvolta sia stata correttamente interrogata da sestessa o da altri e quando le abbia richiamate alla memoria.

    8.3. In un altro passo ho detto: Vorrei a questo punto dire di pied impormi, mentre in certo qual modo ti faccio da maestro, di nonpor mano ad altro se non al compito di restituirmi a me stesso cuisoprattutto mi debbo82. Mi sembra che avrei dovuto piuttosto dire:restituirmi a Dio al quale soprattutto mi debbo. Mi ero espresso cospoich l'uomo deve in primo luogo restituirsi a se stesso: solo a

    questo punto, fatto in un certo senso il primo passo, pu alzarsi esalire fino a Dio come il figlio minore della parabola che, dopo esserrientrato in se stesso disse: M'alzer e andr da mio padre83.Subito dopo ho aggiunto: e diventare uno schiavo amico delpadrone84. Quanto alla frase: cui soprattutto mi debbo, daintendersi in riferimento agli uomini: mi debbo infatti a me stessopi che a tutti gli altri uomini, anche se a Dio pi che a me stesso.Questo libro incomincia cos: Poich vedo che hai molto tempolibero.

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    IX (VIII)- Il libero arbitrio, tre libri

    9.1. Mentre ci trovavamo ancora a Roma si manifest in noi lavolont di approfondire, attraverso una disputa, il problema

    dell'origine del male e impostammo la discussione secondo unprogetto ben preciso, quello di esperire la possibilit cheun'argomentazione ben meditata e articolata, compatibilmente conquanto attraverso tale discussione era possibile realizzare in taledirezione con l'aiuto di Dio, conducesse alla nostra comprensione laverit su questo argomento cui gi aderivamo in obbedienzaall'autorit divina. E poich, dopo aver attentamente discusso laquestione, giungemmo unanimemente alla conclusione che il malederiva dal libero arbitrio della volont, i tre libri scaturiti dalla

    disputa ebbero come titolo Il libero arbitrio. Condussi a terminecome potei il terzo e il quarto in Africa, quando ero gi statoordinato sacerdote ad Ippona.

    9.2. In questi libri i temi discussi erano talmente tanti da indurmi arimandare la soluzione di talune questioni che mi si eranopresentate cammin facendo e che non ero riuscito a sviluppareadeguatamente o che avrebbero comunque richiesto sul momentoun lungo discorso. S'era per fatto in modo che, partendo da due o

    da tutte le posizioni alternative che quelle questioni, in mancanzadell'evidenza del vero, comportavano, il nostro argomentaredovesse comunque addivenire al risultato che, quale che fosse lavera fra le soluzioni proposte, si fosse tenuti a ritenere o anche adimostrare che a Dio spetta la lode 85. Quella discussione fuintrapresa per coloro che escludono che l'origine del male possaessere ricondotta al libero arbitrio della volont e sostengono che,se si accetta tale origine, si costretti ad attribuirne la colpa a Dio,creatore di tutti gli esseri. Scopo di questo loro atteggiamento l'introduzione di un principio del male immutabile e coeterno a Dioe ci fanno - trattasi infatti dei Manichei - per tener fede a unerrore della loro empia dottrina. Da quei libri invece, data laspecificit della questione proposta, del tutto assente ognidiscussione sulla grazia mediante la quale Dio ha predestinato i suoieletti predisponendo la volont di quelli fra loro che ginell'esercitare tale volont fruiscono del libero arbitrio. Quando sen' offerta l'occasione se n' fatta solo una rapida menzione e si

    evitato di fornirne una approfondita e laboriosa difesa quasi chequello fosse il tema affrontato. Altro infatti interrogarsi sull'origine

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    del male, altro chiedersi donde prendere l'avvio per tornare albene di un tempo o per raggiungerne uno maggiore.

    9.3. Non si esaltino troppo per i nuovi eretici seguaci di Pelagio.

    Se in questi libri ci siamo lasciati andare a molte affermazionifavorevoli al libero arbitrio in conformit con quanto il temaaffrontato esigeva, ci non significa che intendessimo metterci sullostesso piano di gente come loro, che sostengono il libero arbitriodella volont fino al punto di togliere spazio alla grazia divina e diritenere che questa ci sia concessa in conseguenza dei nostri meriti.Ho detto, vero, nel primo libro: Le cattive azioni sono punite dallagiustizia di Dio; ed ho aggiunto: Non sarebbe giusta la punizione senon fossero commesse volontariamente86. Parimenti, nel sostenere

    che la buona volont un bene cos grande da sopravanzaregiustamente tutti i beni propri del corpo e ad esso esterni, ho detto:Ti sar ormai chiaro, a quanto mi par di capire, che dipende dallavolont il fruire o il non fruire di un bene cos grande e cosautentico: che v' infatti di pi interno alla volont della volontstessa?87E in un altro passo: Che motivo c' di porre in dubbio unaverit come questa, che cio in forza della volont che noi, pur sein passato fummo sempre privi di saggezza, conduciamomeritatamente una vita apprezzabile e felice e che, sempre peropera della volont, ne conduciamo una indegna ed infelice?88Cospure ho scritto in un altro passo: Ne consegue che chiunque vuolvivere con rettitudine ed onest, se sua volont il volerlo,rinunciando ai beni fugaci, conseguir un bene cos grande contanta facilit che per lui il conseguire l'oggetto della sua volontcoincider con l'atto stesso di volerlo89. Cos pure altrove hoscritto: Quella legge divina, che tempo di riprendere inconsiderazione, ha fissato con immutabile decreto questo principio,

    che nella volont stia il merito, nella felicit e nella miseria il premioe il castigo90. E altrove: Risulta legata alla volont la decisione checiascuno sceglie liberamente di seguire e di adottare91. Nelsecondo libro poi ho detto: L'uomo stesso, infatti, in quanto uomo, un bene, dal momento che, qualora lo voglia, pu realizzare unaretta condotta di vita92. In un altro passo dello stesso libro hoaffermato che il libero arbitrio della volont condizione necessariaper un agire corretto93. Nel terzo libro poi ho detto: Che motivo c'di chiedersi donde derivi questo impulso inconseguenza del quale

    la volont stornata da un bene non soggetto a mutamento e voltaverso un bene mutevole?Non riconosciamo forse che tale impulso peculiare dell'anima, volontario e per ci stesso colpevole e che

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    ogni regola utile al riguardo ha un ben preciso scopo, quello didisapprovare e fermare quell'impulso e di volgere la nostra volontdalla mutabilit di ci che temporale alla fruizione del beneeterno?94In un altro passo ho detto: Ci che dici di te la verit a

    proclamarlo nel modo migliore. Non potresti avvertire che innostro potere se non il fatto stesso di fare ci che vogliamo. Nullapertanto in nostro potere quanto la stessa volont: essa infatti completamente e senza indugio a nostra disposizione non appena lovogliamo95. Cos pure ho detto in un altro passo: Se ricevi lodequando vedi ci che devi fare, anche se non lo vedi se non in coluiche l'immutabile verit, quanto pi si dovr rendere lode a coluiche ci ha ordinato di volerlo, ci ha offerto la possibilit di farlo e nonha permesso che rimanesse impunito il nostro rifiuto.96Quindi ho

    aggiunto: Se il dovere di ciascuno in rapporto con ci che haricevuto e se l'uomo fatto in modo che deve necessariamentepeccare, il suo dovere sar di peccare. Quando dunque pecca fa ciche deve. Ma poich dire questo un delitto, ne deriva che nessuno spinto dalla sua peculiare natura a peccare97. E ancora: Qualeinfine potr essere una causa della volont che preceda la volont?O infatti si identifica con la volont stessa e non ci si allontana daquella prima radice che la volont, o altro dalla volont e noncontempla alcun peccato. O dunque la volont la prima causa delpeccare, o nessun peccato lo pu essere. Ma non si puragionevolmente imputare il peccato se non a chi pecca. Non quindi giusto imputarlo ad alcuno se non a chi peccavolontariamente98. Dico poco pi avanti: Chi pecca nel fare ci chenon pu assolutamente essere evitato? Visto per che di fatto sipecca, ci significa che evitare possibile99. Di questa miatestimonianza si servito Pelagio in un suo libro, ed io, nelrispondergli con un altro libro, ho voluto che il titolo del mio fosse:

    La natura e la grazia.9.4. Poich nelle espressioni citate e in altre consimili non si famenzione alcuna della grazia divina, che non era allora inquestione, i Pelagiani ritengono o possono ritenere che noi fossimosulla loro stessa linea. Ma una supposizione infondata. certamente la volont che ci fa peccare e vivere rettamente, equesto il concetto che abbiamo sviluppato nelle espressioni quiriportate. Se quindi non interviene la grazia divina a liberare la

    stessa volont dalla condizione servile che la fa schiava delpeccato100e non l'aiuta a superare i suoi difetti, non possibile aimortali vivere secondo piet e giustizia. E se questo benefico

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    intervento divino, che libera la volont, non la precedesse, lo sidovrebbe considerare come un compenso concesso ai suoi meriti enon sarebbe pi grazia, visto che per grazia s'intende in ogni casoci che dato gratuitamente. Di questo abbiamo sufficientemente

    trattato in altri nostri opuscoli101

    , nel contesto della confutazionedei nuovi eretici che di questa grazia si dichiarano nemici. Ci nontoglie che nei libri sul libero arbitrio ora in esame, che non abbiamoassolutamente scritto contro di loro, visto che a quel tempo ancoranon esistevano, bens contro i Manichei, non abbiamo del tuttopassato sotto silenzio codesta grazia divina ch'essi si sforzano ditogliere di mezzo con indicibile empiet. Abbiamo detto nel secondolibro: Non solo i beni grandi, ma anche gli infimi non possono trarreil loro essere che da colui che la fonte di tutti i beni, cio da

    Dio102. E poco oltre: Le virt, grazie alle quali viviamo rettamente,sono dei beni grandi. I pregi esteriori dei corpi, quali essi siano, lacui assenza compatibile con una vita conforme a rettitudine, sonobeni infimi. Le potenzialit dell'anima, in mancanza delle qualivivere rettamente impossibile, sono beni medi. Ora non c'nessuno che faccia cattivo uso delle virt, ma chiunque non solopu far buon uso degli altri beni, cio dei medi e degli infimi, maanche farne uno cattivo. E il motivo per cui nessuno pu far cattivouso della virt consiste nel fatto che funzione della virt il buonuso di quei beni dei quali possibile anche fare un uso non buono.Ma nessuno, facendone buon uso, pu farne uno cattivo. perquesto che la generosit e la grandezza della bont divina haconcesso che ci siano beni grandi, ma anche beni medi ed infimi. Lasua bont va lodata pi nei grandi beni che nei medi, e pi nei mediche negli infimi. Ma in tutti pi che se non ce li avesse tuttiforniti103. E in un altro passo ho detto: Tu per mantieni saldo iltuo sentimento religioso s che alla tua sensibilit, o alla tua

    intelligenza, o al tuo pensiero, comunque sia orientato, nulla sipresenti come un bene che non derivi da Dio104. Cos pure in unaltro passo ho detto: Ma poich l'uomo, che di sua iniziativa caduto, non pu allo stesso modo risollevarsi di sua iniziativa,afferriamo con fede sicura la mano di Dio che ci vien tesa dall'altonella persona del Signore nostro Ges Cristo105.

    9.5. Nel terzo libro, l'ammetto, ero ricorso a un'espressione che,come s' ricordato, aveva indotto Pelagio a trarre dai miei scritti

    argomenti a suo favore106

    . Essa suona: Chi pecca nel fare ci chenon pu essere evitato? Visto per che di fatto si pecca, cisignifica che evitare possibile107. Subito dopo per avevo

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    aggiunto: E tuttavia ci sono azioni compiute per ignoranza chevengono riprovate e che si ritiene debbano essere corrette in baseall'autorit delle Sacre Scritture. Dice infatti l'Apostolo: "Hoottenuto misericordia poich ho agito per ignoranza"108. E il

    Profeta: "Dimentica i peccati dovuti alla mia giovane et ed allamia ignoranza"109.Anche ci che si fa per necessit va riprovato,quando l'uomo vuole agire correttamente, ma non in grado difarlo. Che fondamento avrebbero altrimenti espressioni comequesta: "Non faccio il bene che voglio, ma il male che odio"110; ol'altra: "Non mi manca la volont, ma la possibilit di fare ilbene"111; o l'altra ancora: "La carne concepisce desideri incontrasto con lo spirito, e lo spirito in contrastocon la carne:queste due componenti infatti si avversano reciprocamente s da

    non permettervi di fare ci che volete"112? Ma tutte queste miseriesono appannaggio degli uomini che hanno alle loro spalle la notacondanna a morire. Se infatti questa non una punizione perl'uomo, ma una legge di natura, allora codesti non sono peccati. Ese non si allontana da quella situazione nella quale stato creato eche non contempla un miglioramento, l'uomo, comportandosi comesi comporta, fa solo ci che deve. Ovviamente se l'uomo fossebuono, la sua situazione sarebbe diversa. In realt per, dato ch'cos com', non buono e non ha la possibilit di esserlo sia chenon veda quale dovrebbe essere, sia che lo veda e non riesca adessere quale vede di dover essere. Chi dubiterebbe che questa siauna punizione? Ma ogni punizione, se giusta, punizione delpeccato e prende il nome di castigo. Se invece ingiusta, visto chenessuno pone in dubbio che si tratti di una punizione, ci vuol direche stata inflitta all'uomo in forza di un potere ingiusto. Poichtuttavia da folle dubitare dell'onnipotenza e della giustizia di Dio,questa punizione giusta e viene scontata per qualche peccato.

    infatti impensabile che un tiranno ingiusto abbia potuto o sottrarrel'uomo a Dio senza che se n'accorgesse o che, al fine di tormentarel'uomo con una ingiusta punizione, glielo abbia strappato suomalgrado e abbia approfittato della sua debolezza terrorizzandolo olottando con lui. Resta dunque come unica soluzione che questagiusta punizionederivi da una condanna nei riguardi dell'uomo113.E in un altro passo ho detto: Sostenere il falso in luogo del vero purcadendo nell'errore contro la propria volont e non riuscire atrattenersi da un comportamento passionale per la resistenza e il

    tormento provocati dalla dolorosa schiavit della carne, non rientranella naturale costituzione dell'uomo, ma costituisce la pena di un

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    condannato. Quando perci parliamo della libera volont di agirerettamente, intendiamo riferirci a quella libert nella quale l'uomo stato creato114.

    9.6. Ed ecco che, prima ancora che facesse la sua comparsal'eresia pelagiana, avevamo impostato la nostra discussione comese gi avessimo i Pelagiani come bersaglio. Visto che, come s'detto, tutti i beni derivano da Dio, sia quelli grandi, sia quelli medi,sia quelli infimi, il libero arbitrio della volont trova posto fra i medi,in quanto se ne pu fare anche un uso cattivo; e tale suaclassificazione valida anche se esso tale che, ove venga amancare, impossibile tenere una corretta condotta di vita. Il suobuon uso per gi una virt che fa parte dei grandi beni dei quali

    nessuno pu far cattivo uso. E poich, come si detto, tutti i beni,sia quelli grandi, sia quelli medi, sia quelli infimi, derivano da Dio,se ne conclude che da Dio deriva anche il buon uso della liberavolont che una virt ed annoverato fra i grandi beni115. Quindisi detto:possa la grazia divina liberarci da quale infelicit, anchese inflitta ai peccatori con somma giustizia, possa la grazia divinaliberarci: un fatto che l'uomo pot di sua iniziativa cadere inconseguenza del libero arbitrio, ma non allo stesso modo risorgere.A questa infelicit di una giusta condanna si riferisce l'ignoranza ela difficolt di cui vittima l'uomo fin dal momento della nascita, nalcuno pu essere liberato da questo male senza l'intervento dellagrazia divina116. Negando il peccato originale i Pelagiani escludonoche questa infelicit possa discendere da una giusta condanna. Purtuttavia, anche nel caso che ignoranza e difficolt fossero ascrivibilialla originaria natura dell'uomo, non per questo Dio sarebbe daincolpare, ma piuttosto da lodare, come risulta dalla discussionecontenuta nel terzo libro117. La discussione contenuta nell'opera in

    questione va intesa come rivolta contro i Manichei i quali nonaccettano le Sacre Scritture comprese nell'Antico Testamentocontenente il racconto del peccato originale, e sostengono chequanto si legge al riguardo nelle Lettere degli Apostolivi sarebbestato introdotto con detestabile impudenza dai corruttori delleScritture, quasi che gli Apostoli non ne avessero punto parlato.Contro i Pelagiani invece occorre difendere ci che raccomandanoentrambe le Scritture ch'essi affermano di accettare. Quest'operaincomincia cos: Dimmi, te ne prego, se Dio non sia autore del

    male.

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    X (IX) - La Genesidifesa contro i Manichei, due libri

    10.1. Quando mi ero stabilito gi in Africa scrissi due libri in difesade La Genesi contro i Manichei. L'intento di oppormi ai Manichei non

    era estraneo ai libri precedenti ed era gi presente in tutte le miediscussioni miranti a dimostrare che Dio nella sua suprema bont eimmutabilit il creatore di tutte le nature soggette a mutamento eche nessuna natura o sostanza cattiva in quanto natura osostanza. Questi due libri per furono scritti espressamente controcostoro a difesa dell'Antica Legge ch'essi attaccano con la veementepassione suscitata in loro da un folle errore. Il primo dei due libriprende avvio dalle parole: In principio Dio cre il cielo e la terra118,e prosegue per sette giorni fino al punto in cui detto che nel

    settimo giorno Dio si ripos. Il secondo parte dalle parole: Questo il libro della creazione del cielo e della terra119, e continua fino allacacciata di Adamo e della sua donna dal Paradiso ed allacollocazione di una guardia a difesa dell'albero della vita. Alla finedel libro ho contrapposto la fede della verit cattolica all'errore deiManichei e ho esposto brevemente, ma con molta chiarezza, le loroe le nostre posizioni.

    10.2. Ho detto: Quella luce non nutre gli occhi degli uccelli privi di

    ragione, ma i cuori puri di coloro che credono in Dio e si volgonodall'amore delle realt visibili e temporanee verso l'adempimentodei suoi precetti; e questo in potere di tutti gli uomini, qualora lovogliano120. Non credano per i nuovi eretici seguaci di Pelagio chela frase sia stata detta nel senso che intendono loro. senz'altrovero che tutti gli uomini possono farlo, qualora lo vogliano, ma laloro volont vien preparata dal Signore e riceve un tale incrementodal dono dell'amore da metterli in grado di farlo. Non ho fatto alloraquesta precisazione perch non necessaria a chiarire il tema almomento in discussione. Nel mio scritto si legge altres che labenedizione del Signore espressa con le parole: Crescete emoltiplicatevi121, si trasform, dopo il peccato, in feconditcarnale122. Non sono per assolutamented'accordo se si intendonoqueste mie parole unicamente nel senso che gli uomini nonavrebbero avuto figli se non avessero peccato. La constatazione poiche ci sono sia quadrupedi sia volatili, che si nutrono solo di carni,non implica come logica conseguenza che si debba interpretare in

    senso esclusivamente allegorico quanto si legge nel libro dellaGenesi, che cio ad ogni genere di animali e a tutti gli uccelli e atutti i serpenti vengono forniti, perch possano nutrirsi, erbe

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    fresche e alberi da frutto123. Tali animali infatti avrebbero potutoesser nutriti dagli uomini anche coi frutti della terra qualora essi,servendo Dio in perfetta innocenza, avessero meritato, comecorrispettivo di tale obbedienza, la totale sottomissione al loro

    volere di tutte le bestie e di tutti i volatili. Allo stesso modo pumeravigliare il modo col quale mi sono espresso a proposito delpopolo d'Israele quando ho affermato che quel popolo servivaancora la legge con la pratica materiale della circoncisione e con isacrifici, come se si trovasse nel mare dei pagani124. In realt gliIsraeliti non avrebbero potuto sacrificare fra i pagani: anche oggipossiamo constatare che non seguono la pratica dei sacrifici125, ameno che non si consideri un sacrificio l'uccisione di un agnello inoccasione della Pasqua.

    10.3. Nel secondo libro non mi sembra congruente l'affermazioneche il termine nutrimentopotrebbe simboleggiare la vita126; i codiciche ci hanno trasmesso la traduzione migliore recano fienoe nonnutrimentoe il termine fienosi adatta assai meno di nutrimento asimboleggiare la vita. Non mi sembra127, inoltre, di avercorrettamente denominato parole profetiche quelle contenute nelpasso della Scrittura che suona: Perch insuperbiscono la terra e lacenere?128. Trattasi di un'espressione che non si legge nel libro diun autore al quale siam certi che spetti il nome di profeta. Non honeppure esattamente inteso il senso del passo dell'Apostolo nelquale egli adduce le parole della Genesi: Il primo uomo, Adamo, fucreato come anima vivente129. L'errore l'ho fatto nel commentarele parole, sempre della Genesi: Dio soffi sul suo volto il soffio dellavita e l'uomo fu creato come anima viva o anima vivente130. Inrealt l'Apostolo aveva addotto quel passo per dimostrare che ilcorpo umano fornito di anima, io invece, partendo da quello da

    me citato, pensavo di poter dimostrare che in principio tuttol'uomo, e non solo il corpo dell'uomo, fu fornito di anima131. Hoanche detto che nessuna natura riceve un danno che provenga dapeccati non suoi 132, e l'ho detto in quanto chi fa del male a ungiusto non lo fa a lui, che anzi aumenta ilsuo compenso neicieli133; lo fa invece concretamente a se stesso poich, inconseguenza della sua volont di nuocere, ricever il male che hafatto. I Pelagiani - inutile dirlo - possono interpretare questaaffermazione nel senso da loro voluto e sostenere che i peccati

    altrui non hanno danneggiato i bambini in quanto sono stato io adaffermare che nessuna natura pu ricevere un danno che nonprovenga da peccati non suoi. Essi per non considerano che i

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    bambini - i quali in ogni caso appartengono alla natura umana -ereditano il peccato originale in quanto fu la natura umana apeccare nei primi uomini: esatto pertanto dire che nessuna naturariceve un danno che non provenga dai suoi peccati. Sappiamo

    infatti che fu a causa di un sol uomo, nel quale tutti peccarono, cheil peccato entr nel mondo134. Non ho infatti detto che nessunuomo, ma che nessuna natura riceve un danno che provenga dapeccati non suoi.I Pelagiani potrebbero anche rifugiarsinell'affermazione da me fatta poco dopo che non esiste un malenaturale135. Intendevamo per riferirci alla natura quale eraall'inizio, senza difetto alcuno, ed in realt quella la natura chevien propriamente definita natura dell'uomo. Noi invece ci serviamodel termine natura in senso metaforico per designare l'uomo qual

    alla sua nascita. Ed in questa chiave che s'esprime l'Apostolodicendo: Siamo stati anche noi un tempo per natura figli dell'iracome tutti gli altri136. Quest'opera incomincia cos: Se i Manicheiscegliessero le persone da ingannare.

    XI (X)- La musica, sei libri

    11.1. In seguito, come ho gi ricordato137, ho scritto sei libri su Lamusica. Di questi stato soprattutto il sesto ad ottenere notoriet,

    data la dignit del tema in esso affrontato. Vi si descrive infatticome dai ritmi corporei e da quelli spirituali, ma mutevoli, si giungea quelli immutabili, che gi si trovano nella stessa immutabile verite come, per conseguenza, attraverso le creature, vengonocomprese e conosciute le realt invisibili relative a Dio138. Ma vi sidice anche che coloro che non possono fare questa esperienza, epur tuttavia vivono della fede in Cristo139, addivengono dopoquesta vita alla contemplazione di quelle verit con maggiorecertezza e provando una gioia pi grande. Coloro invece che sonoin grado di farla, se manca loro la fede in Cristo, che l'unicoMediatore fra Dio e gli uomini140, sono destinati a perire con tuttala loro sapienza.

    11.2. In questo libro ho detto: I corpi tanto pi si avvantaggiano indignit quanto pi fruiscono di tali ritmi; l'anima invece traevantaggio proprio dalla mancanza di questi ritmi, che riceve pertramite del corpo, tutte le volte che si affranca dai sensi della carnee si lascia informare dai ritmi divini della Sapienza141. Questeparole non vanno per intese nel senso che i ritmi corporei nonsussisteranno pi nei corpi spirituali e incorruttibili, in quanto questi

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    saranno molto pi belli e armoniosi; e neppure si deve pensare chel'anima, giunta al massimo della perfezione, non avvertir pi queiritmi dalla cui mancanza oggi trae vantaggio. In questa vita occorreche si affranchi dai sensi della carne per recepire le realt

    intelligibili, e ci avviene per la sua debolezza e per la suaincapacit a volgersi con uguale intensit ad entrambe le realt.Rimanendo inoltre in una dimensione dominata dalla material'anima deve guardarsi dai rischi della seduzione per tutto il tempoin cui pu essere stornata verso un piacere indecoroso. Nell'altravita invece si rafforzer e perfezioner a tal punto che i ritmi legatialla materia non potranno pi stornarla dalla contemplazione dellaSapienza e li avvertir senza esserne sedotta, ma anche senzaavvantaggiarsi della loro mancanza. Tale sar il suo grado di bont

    e di rettitudine che tali ritmi non le sfuggiranno e, al tempo stesso,non la domineranno.

    11.3. Ho anche detto: Questo stato di salute raggiunger ilmassimo di consistenza e di certezza quando, in un tempo esecondo un ordine stabilito, questo corpo sar restituito alla suaoriginaria stabilit142. Non si deve intendere per con questo chedopo la risurrezione i nostri corpi non sopravanzeranno quelli deiprimi uomini collocati nel paradiso. Basti pensare che, a differenzadi questi ultimi, i corpi risuscitati non avranno pi bisogno dialimenti di cui nutrirsi. La stabilit originaria va invece intesa nelsenso che quei corpi non soffriranno pi alcuna affezione dolorosa,cos come non avrebbero potuto soffrirla gli uomini nati prima delpeccato.

    11.4. Ho anche detto in un altro passo: L'amore di questo mondo fonte di maggiore affanno. Ci che in esso l'anima cerca, l'eternite la stabilit, non riesce a trovarlo: la bellezza di quaggi trova ilsuo limite nel fluire delle cose e ci che in esso imita la stabilit trasmesso da Dio per tramite dell'anima, in quanto la bellezza chemuta soltanto nel tempo precede quella che muta a seconda deltempo e dello spazio143. Se possiamo intendere queste parole nelsenso che per bellezza di quaggi s'intende solo quella dei corpidegli uomini e degli animali che vivono fruendo del senso corporeo,l'affermazione risulta manifestamente conforme a ragione. Ci chein questo tipo di bellezza imita la stabilit il fatto che questi

    medesimi corpi conservano la loro struttura finch sussistono, unapeculiarit che viene loro trasmessa dal sommo Iddio per tramitedell'anima144. l'anima che conserva tale struttura evitando che si

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    dissolva e svanisca, il che proprio quello che constatiamo neicorpi degli animali quando l'anima se ne allontana145. Se per sideve intendere che la bellezza di quaggi presente in tutti i corpi,questa affermazione ci costringe a credere che il mondo stesso sia

    animato e che ci che in esso imita la stabilit vi sia stato immessodal sommo Iddio per tramite dell'anima. Ma che codesto mondo siaun essere vivente, come hanno ritenuto Platone e moltissimi altrifilosofi145, non ho potuto appurarlo con certezza n mi risulta chece ne possa convincere l'autorit delle divine Scritture. Ho percidefinito avventata una consimile affermazione che mi occorso difare nel libro su L'immortalit dell'animae che pu essereinterpretata in questo senso146. Ci per non significa che giudichifalsa questa dottrina, ma solo che non riesco neppure a

    convincermi che il mondo sia veramente un essere vivente. Non hodubbi per che una cosa si debba dare per certa, che non un diocodesto mondo, sia che possegga un'anima, sia che non lapossegga. Se la possiede stato certamente il nostro Dio a crearla;in caso contrario codesto dio non pu essere di nessuno, n tantomeno il nostro. Anche per nel caso che il mondo non sia un esserevivente, perfettamente legittimo credere che vi sia unapotenzialit spirituale e vitale, una potenzialit che nei santi angeli al servizio di Dio al fine di conferire al mondo bellezza e ordine eche ad essi stessi rimane incomprensibile. Intenderei qui designarecon l'espressione angeli santi ogni santa creatura d'ordine spiritualeimpegnata nell'occulto e misterioso servizio di Dio. Ma non nell'uso della Sacra Scrittura ricorrere al termine anima per indicaregli spiriti angelici. E veniamo a quanto ho detto verso la fine diquesto libro: I ritmi razionali e intelligibili propri delle anime sante ebeate accolgono in s, senza intermediari, la stessa legge divinasenza la quale non cade foglia dall'albero e dalla quale fissato il

    numero dei nostri capelli ela trasmettono all'ordine giuridico chedomina la terra e gli inferi147. Non vedo come il termine animepossa trovare una giustificazione sulla base delle Sacre Scritture,dal momento che in questo passo non intendevo riferirmi se nonagli angeli a proposito dei quali non ricordo di aver mai letto neitesti canonici che abbiano un'anima. Questo libro incomincia cos:Troppo a lungo in realt.

    XII (XI)- Il maestro, un libro

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    12.Nel medesimo periodo scrissi un libro intitolato Il maestro. Inesso si discute, si indaga e si scopre che il maestro che insegna lascienza all'uomo altro non se non Dio, secondo quanto scrittonel Vangelo: L'unico vostro maestro Cristo148. Questo libro

    incomincia cos: Che cosa ti sembra che noi intendiamo fare quandoparliamo?

    XIII (XII) - La vera religione, un libro

    13.1. Allora scrissi anche un libro su La vera religione. Nelladiscussione ivi contenuta si dimostra con svariate e numerose

    argomentazioni che con la vera religione si deve onorare l'unicovero Dio: Padre, Figlio e Spirito Santo; si mette inoltre in evidenzacon quale suo grande atto di misericordia la religione cristiana, che la vera religione, sia stata concessa agli uomini attraverso undisegno legato alla temporalit e si illustra come l'uomo debbaessere predisposto al medesimo culto di Dio mediante una bendefinita condotta di vita. Questo libro per parla soprattutto controle due nature dei Manichei.

    13.2. In un passo di questo libro ho detto:Abbi per certo e peracquisito che non avrebbe potuto esserci alcun errore nellareligione se l'anima non onorasse, in luogo del suo Dio, un'anima oun corpo o delle creazioni della sua immaginazione149. In questocaso ho usato il termine anima per indicare una qualsiasi creaturaincorporea. Non ho per seguito l'uso delle Scritture che, ove nonne facciano un uso traslato, sembrano ricorrere a quel termine perindicare il principio vitale degli animali mortali dei quali fanno parteanche gli uomini finch sono mortali. Poco dopo ho espresso in

    forma migliore e pi breve il medesimo concetto con le parole: Nonponiamoci al servizio della creatura in luogo del Creatore150, enonperdiamoci nei nostri vani pensieri151; se cos facciamo la nostrareligiosit raggiunge la perfezione152. Col medesimo termine hoindicato entrambe le creature, sia quella spirituale, sia quellamateriale. Resta l'espressione: creazioni della sua immaginazione,che spiega perch nel nuovo passo ho detto: e non perdiamoci neinostri vani pensieri.

    13. 3. Ho anche detto: Questa , ai nostri tempi, la religionecristiana conoscendo e seguendo laquale si ottiene la salvezza col

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    massimo di sicurezza e di certezza153. Mi sono espresso cosfacendo riferimento al nome e non alla realt ch'esso designa. Ineffetti quella che ora prende il nome di religione cristiana, esistevagi in antico e non fu assente neppure all'origine del genere umano,

    finch venne Cristo nella carne. Fu allora che la vera religione, chegi esisteva, incominci ad essere chiamata cristiana. Quando,dopo la risurrezione e l'ascensione in cielo, gli Apostoliincominciarono a predicare il Cristo e moltissimi divennero credenti,fu ad Antiochia che per la prima volta, come scritto, i suoidiscepoli furono chiamati "Cristiani"154. Per questo ho detto:Questa ai nostri tempi la religione cristiana, non perch un temponon esistesse, ma perch pi tardi prese questo nome.

    13.4. In un altro passo ho detto: Concentrati, con la maggioreattenzione e piet possibile, su quanto dir, a chi segue tale lineache Dio porge il suo aiuto155. L'affermazione non va per intesa nelsenso che Dio aiuti solo costoro e non anche quelli che hanno undiverso comportamento; e li aiuta per far s che siano anch'essicome i primi, perch si impegnino nella ricerca con diligenza epiet. Quanto ai primi li aiuta perch riescano a trovare. Ho anchedetto in un altro passo: Ne deriver quindi che, dopo la morte delcorpo, che dobbiamo al primo peccato, il nostro corpo, a suo tempoe secondo l'ordine che gli proprio, sar restituito alla stabilecondizione che aveva all'origine156. L'affermazione va intesa nelsenso che l'originaria, stabile condizione del nostro corpo, cheabbiam perso col peccato, era cos vantaggiosa da non subire ildecadimento della vecchiaia. A questo stato originario il nostrocorpo sar restituito al momento della risurrezione dei morti. Maavr in pi il vantaggio di non doversi sostenere con alimentimateriali: a lui baster per alimentarsi essere vivificato dal solo

    spirito

    157

    , una volta che sar risuscitato come spirito datore divita158, ed allora sar anche spirituale. Quello che fu il primo corpo,bench non fosse destinato a morire, qualora l'uomo non avessepeccato, fu invece creato animale, vale a dire come anima vivente.

    13. 5. E ancora: Ora il peccato un male talmente legato allavolont che in nessun modo potrebbe essere peccato se non fossevolontario159. Questa definizione pu sembrare falsa, ma, a benesaminarla, si rivela verissima. Bisogna qui pensare a quel peccato

    che solo peccato, non a quello che anche punizione del peccato,come ho dimostrato in precedenza nel ricordare alcune espressionitratte dal terzo libro del mio scritto su Il libero arbitrio160.

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    Eppureanche quelli che non senza ragione son detti peccatiinvolontari, perch perpetrati per ignoranza o costrizione, nonpossono in ogni caso essere commessi senza l'intervento dellavolont: anche chi pecca per ignoranza, pecca comunque

    volontariamente, in quanto ritiene di dover fare ci che non vafatto. E anche chi, per la violenza esercitata dalla concupiscenzadella carne contro lo spirito161, non fa ci che vuole, d sfogo allasua concupiscenza senza volerlo e, in tale condizione, non fa ciche vuole; se per si lascia vincere, ci significa che acconsentevolontariamente alla concupiscenza e non fa, in tal caso, se non ciche vuole, non vincolato alla giustizia e schiavo del peccato162. Eanche quello che nei bambini detto peccato originale, bench essinon fruiscano ancora del libero arbitrio della volont, non assurdo

    chiamarlo volontario in quanto, una volta contratto a causa delprimo cattivo uso della volont da parte dell'uomo, divenuto, incerto qual modo, ereditario. Non dunque falso quanto ho detto: Ilpeccato un male talmente legato alla volont che in nessun modopotrebbe essere peccato se non fosse volontario163. in virt dellagrazia divina che non solo vien cancellata la colpa dei peccatipassati in tutti coloro che vengono battezzati in Cristo, il cheavviene per l'azione dello Spirito di rigenerazione, ma anche negliadulti vien sanata la stessa volont e vien predisposta da Dio, il chesi deve allo spirito di fede e di carit.

    13.6. In un altro passo in cui ho detto del Signore Ges Cristo chenon oper nulla con la violenza, ma tutto con la persuasione el'ammonizione164, non mi ero ricordato che cacci dal tempio con lafrusta i venditori e i compratori165. Ma qual la sostanza el'effettiva portata di tale episodio (anche se vero che cacci, loromalgrado, i demoni dagli uomini non con parole persuasive, ma con

    la forza del suo potere)

    166

    ? E in un altro passo: Bisogna in primoluogo seguire coloro che ritengono che l'unico Dio supremo siaanche l'unico vero e l'unico degno di culto. Se poi in loro nondovesse risplendere la verit, ci si dovrebbe rivolgere altrove167.Potr sembrare che io mi sia espresso cos quasi che dubitassi dellaverit di questa religione. In realt ho usato quelle parole perch siaddicevano a colui al quale al momento mi stavo rivolgendo. Hodetto infatti cos: Se poi in loro non dovesse risplendere la verit,senza avere il minimo dubbio ch'essa risplende di fatto in loro.

    Anche l'Apostolo dice: Se Cristo non risuscitato168

    , ma non certoperch dubiti che la risurrezione sia avvenuta.

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    13.7. certamente vero quanto ho scritto: Non si permesso chequegli straordinari miracoli si protraessero fino ai nostri tempi, perevitare che l'anima cercasse sempre segni visibili e che il genereumano, che si era esaltato per la straordinariet di quei fatti,

    diminuisse la tensione a causa dell'abitudine169

    . Oggi non accadepi, quando si impone la mano ai battezzati, ch'essi ricevano loSpirito Santo unitamente alla facolt di esprimersi nelle lingue ditutti i popoli170. Neppure accade pi che i malati riacquistino lasalute se sfiorati dall'ombra provocata dal passaggio dei predicatoridi Cristo171. E ci vale per tutti gli altri fatti di allora che, come sisa, non si sono pi verificati. Ma quanto ho detto non va certointeso nel senso di escludere che oggi si verifichino dei miracoli innome di Cristo. Io stesso, nel tempo in cui attendevo alla stesura di

    questo libro, ero venuto a conoscenza di un cieco che avevariacquistato la vista a Milano172, vicino ai corpi dei martiri di quellacitt e sapevo di altri fatti del genere di quelli che anche oggi siverificano in cos gran numero che non possiamo n conoscerli tuttin contare quelli che conosciamo.

    13. 8. In un altro passo ho detto: Come dice l'Apostolo: "Ogniordine deriva da Dio"173. In realt l'Apostolo non si espresso conqueste parole, anche se il senso risulta identico. Le esatte parole dalui pronunciate sono: Tutto ci che esiste ordinato da Dio174.Altrove ho detto: Nessuno ci inganni: ci che con giusta ragionebiasimato, vien respinto al paragone con ci che meglio175.L'affermazione riguardava le nature e le sostanze: queste eranoinfatti l'oggetto della disputa, non le buone azioni e i peccati. Cospure in un altro passo ho detto: Un uomo non deve essere amatoda un altro uomo alla stregua dei fratelli di sangue, o dei figli, o deiconiugi, o di coloro che sono fra loro parenti o affini o concittadini:

    si tratta anche in questo caso di forme di affetto limitate nel tempo.E noi non avremmo questo tipo di relazioni che ci riguarda inconseguenza della nascita o della morte se la nostra natura si fosseconservata ligia ai precetti e coerente con l'immagine di Dio e nonfosse caduta nel presente stato di corruzione176. Per parte miadisapprovo del tutto questa posizione come ho gi fatto a propositodel primo libro de La Genesi difesa contro i Manichei177. Essaconduce alla conclusione che quella prima coppia non avrebbegenerato altri uomini se non avesse peccato, quasi che dall'unione

    di un uomo e di una donna dovessero nascere di necessit creaturedestinate a morire. Non avevo ancora considerato la possibilit cheda creature immortali potessero nascere altre creature immortali,

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    ove la natura umana non si fosse corrotta in conseguenza di quelgrave peccato. Non avevo supposto che, permanendo in genitori efigli una favorevole disposizione a generare, gli uomini potesseromoltiplicarsi fino a raggiungere un numero di santi pari a quelli

    predestinati da Dio178

    e che gli uomini potessero nascere non persuccedere ai loro genitori quando sopravvenisse la morte, ma perregnare assieme a loro in vita. Se nessuno avesse peccato, cisarebbero stati ugualmente questi rapporti di parentela e affinit enessuno morirebbe.

    13.9. In un altro passo ho detto: Volgendoci all'unico Dio elegando a lui solo le nostre anime - di qui si ritiene che derivi iltermine religione - teniamoci al sicuro da ogni superstizione179. In

    queste mie parole espressa l'etimologia del termine religione chepi mi soddisfaceva. So che autorevoli studiosi della lingua latinahanno proposto per questo vocabolo un'altra origine, supponendoche religiosia detto cos perch religitur[ rieletto, scelto dinuovo]180. Questo verbo un composto di legere, cio eligere[eleggere, scegliere], s che in latino religereequivale a eligere[eleggere]. Questo libro incomincia cos: Poich la via per ogni vitabuona e felice.

    XIV (XIII) - Sull'utilitdi credere, a Onorato, un libro

    14.1. Quando ero gi sacerdote ad Ippona scrissi un libro suL'utilit di credere. Ne era destinatario un mio amico che sapevoirretito dai Manichei e ancora invischiato in quell'errore. Per lui nelladisciplina imposta dalla fede cattolica era oggetto di riso che agliuomini fosse ordinato di credere senza che venisse loro insegnato

    con solidi argomenti quale fosse la verit. In questo libro ho detto:Nei precetti e nei comandamenti della legge ai quali, nel tempopresente, non lecito al cristiano attenersi, quali o il sabato o lacirconcisione o i sacrifici e altre consimili imposizioni, sonocontenuti misteri cos grandi che chiunque abbia sentimentoreligioso comprende che non v' nulla di pi dannoso cheinterpretare alla lettera, cio parola per parola, il contenuto diquelle leggi, nulla di pi salutare che farlo rivelare dallo Spirito. Diqui il detto: "La lettera uccide, lo Spirito d la vita"181. Hospiegato diversamente queste parole dell'apostolo Paolo nel librointitolato Lo spirito e la letterae quella spiegazione, per quanto

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    sembra a me o, piuttosto, per quanto emerge dalle cose stesse, pi adeguata. Anche per quella che si d qui non darespingere182.

    14.2. Ho anche detto: Due sono le categorie di persone chemeritano lode in fatto di religione. L'una quella di coloro chehanno gi trovato e che si debbono necessariamente giudicare i pifelici.All'altra appartengono quelli che conducono la loro ricerca congrande impegno ed onest. I primi sono gi pervenuti al possessodell'oggetto della loro aspirazione, gli altri sono in cammino, maseguono un percorso che permette di giungere con assolutacertezza alla mta183. Se queste mie parole vanno intese nel sensoche coloro che han gi trovato e che abbiamo detto essere giunti al

    possesso, debbono essere considerati i pi felici, non in quanto gilo sono in questa vita, ma lo saranno in quella che nelle nostresperanze e alla quale tendiamo attraverso la via della fede, non c'errore nella mia affermazione. Si deve infatti ritenere che a trovareci che va ricercato siano stati coloro che gi dimorano dove noidesideriamo giungere cercando e credendo, seguendo cio la viadella fede. Se invece si ritiene che costoro siano felici o lo sianostati in questa vita, non mi sembra che sia questa la verit. Edaffermo questo non perch durante questa vita non vi sia alcunaverit che sia comprensibile dalle nostre facolt intellettuali, e nonoggetto di sola fede, ma perch tale verit, quale che sia, non pufornire il massimo di felicit a chi la possiede. N si pu dire che perla nostra mente rimanga incomprensibile l'oggetto dell'espressionedell'Apostolo: Ora vediamo attraverso uno specchio, confusamentecome in un enigma, o dell'altra: Ora solo in parte184. certamentecomprensibile, ma non conferisce ancora il massimo della felicit. Aconcedere il massimo della felicit la situazione espressa nelle

    parole: allora faccia a faccia, e: allora conoscer allo stesso modoin cui sono conosciuto185. Di coloro che hanno sperimentato talesituazione si pu veramente dire che sono in possesso della felicitalla quale ci conduce il cammino di fede che percorriamo e checostituisce il punto d'arrivo che desideriamo raggiungere credendo.Molto per si discute sull'individuazione delle creature al massimodella felicit che gi posseggono ci cui tende questa nostra via.Che gi si trovino in tale situazione gli angeli santi non oggetto dicontroversia. La questione invece riguarda giustamente gli uomini

    santi gi defunti, dei quali ci si chiede se debbano essereconsiderati fruitori di quel possesso. Gi sono stati liberati dal corpocorruttibile, che un peso per l'anima, ma ancora attendono,anche

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    loro, la redenzione del proprio corpo186, mentre laloro carne siacqueta nella speranza187, ma non risplende ancora nel futurostato di incorruttibilit. Non per questa la sede per discutere eindagare se da questa loro condizione possa derivare un qualche

    impedimento a contemplare la verit con gli occhi del cuore e,secondo quanto detto, faccia a faccia. Allo stato di felicit di cuis' detto va riferita anche l'altra mia affermazione: motivo digrandissima felicit conoscere tutto quanto grande, degno d'onoreo anche divino188. In questa vita, quale che sia l'estensione di taleconoscenza, si ancora ben lontani dal massimo della felicit inquanto incomparabilmente pi ampia del noto la dimensionedell'ignoto.

    14.3. Consideriamo quanto ho detto: C' molta differenza fra iltenere per certa una verit sulla base di una precisaargomentazione del pensiero - un procedimento che denominiamosapere per scienza - e l'affidarla alla tradizione orale o agli scrittiperch i posteri, credendo ad essa, ne siano avvantaggiati. Econsideriamo anche ci che ho detto poco dopo: Ci che sappiamoper scienza lo dobbiamo alla ragione, ci che crediamoall'autorit189. Orbene, non si pensi che con affermazioni siffatteabbiamo inteso esprimere il timore che nel nostro comune modo diesprimerci si dica di avere scienza di qualcosa cui in realt si credesoltanto sulla base di adeguate testimonianze. Quando ciesprimiamo secondo una rigorosa propriet di linguaggio diciamo diavere scienza solo di ci che comprendiamo attraverso una solidaargomentazione mentale. Quando invece ricorriamo a espressionipi vicine all'uso corrente, che poi il linguaggio della divinaScrittura, non esitiamo a dichiarare di avere scienza sia di ci chepercepiamo attraverso i sensi del nostro corpo, sia di ci che

    crediamo sulla base di testimoni degni di fede, pur comprendendola differenza che c' fra i due tipi di conoscenza.

    14.4. Ho anche detto: un principio non soggetto a dubbio chetutti gli uomini sono o stolti o saggi190. L'affermazione potrebbesembrare in contrasto con quanto si legge nel terzo libro Sul liberoarbitrio: Quasi che la natura umana non fosse in grado di tenere unatteggiamento intermedio fra la stoltezza e la saggezza191. Inrealt questo stato detto al momento in cui ci si chiedeva, a

    proposito del primo uomo, se fosse stato creato saggio o stolto onon contemplasse, in origine, nessuna delle due tipologie. Nonpotevamo infatti in nessun modo definire stolto chi era stato creato

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    senza difetto - mentre grave difetto la stoltezza - e d'altra partenon risultava abbastanza chiaro come potessimo definire saggiauna creatura che pot essere sedotta. per questo che, perriassumere, ho deciso di dire: Quasi che la natura umana non fosse

    in grado di tenere un atteggiamento intermedio fra la stoltezza e lasaggezza. Mi rendevo conto che anche dei bambini, che dobbiamoammettere abbiano contratto il peccato originale, non possiamodire che siano n saggi n stolti, visto che non fruiscono n in benen in male del libero arbitrio. Dicendo in questo passo che gliuomini sono o stolti o saggi ho voluto che l'affermaziones'intendesse riferita a quelli che gi fruiscono della ragione, lafacolt che distingue gli uomini dagli animali. E' nello stesso sensoche noi diciamo che tutti gli uomini vogliono essere felici. Forse che

    nel fare questa affermazione cos vera ed evidente dobbiamotemere che vengano implicati anche i bambini che ancora nonpossono avere questa aspirazione?

    14.5. In un altro passo, dopo aver ricordato che le azionimiracolose compiute dal Signore quando dimorava in un corpo dicarne, ho aggiunto queste parole: Perch, si dir, questi fatti nonaccadono pi?192Ed ho risposto: Perch non desterebberomeraviglia se non fossero straordinari,mentrese rientrassero neglieventi consueti, non desterebbero pi meraviglia193. Ho dettoquesto poich non si danno pi n fatti cos imponenti n in cosgran numero e tutti assieme, non perch non se ne verifichino disimili anche oggi.

    14.6. Ho detto alla fine del libro: Poich questo nostro discorso si protratto oltre i limiti che mi aspettavo, giunto il momento di porfine al libro. Voglio per tu tenga presente che in esso non hoancora incominciato a confutare i Manichei e non mi sono ancoragettato sulle loro sciocchezze n ho detto qualcosa di importantesulla stessa Chiesa cattolica. Ho solo voluto scalzare da te, ove mifosse possibile, la falsa opinione sui veri Cristiani che ci statainsinuata con malizia o per ignoranza e di elevarti alla conoscenzadi verit sublimi e divine. Questo volume resti dunque qual .Quando il tuo animo sar pi sereno, io sar forse pi disponibileper spiegarti tutto il resto194. Non avevo affermato questo volendodare ad intendere che non avevo ancora scritto nulla contro i

    Manichei o che nulla avevo affidato ai miei scritti che riguardasse ladottrina cattolica. Al contrario i tanti volumi da meprecedentemente pubblicati testimoniano che da parte mia non era

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    stato passato sotto silenzio n l'uno n l'altro tema. in questolibro indirizzato a lui che non avevo ancora incominciato a confutarei Manicheie non mi ero ancora gettato sulle loro sciocchezzenavevo detto qualcosa di importante sulla stessa Chiesa Cattolica.

    Speravo, dopo questo inizio, di mettere per iscritto per lui quanto inquest'opera non avevo ancora scritto. Questo libro incomincia cos:Se a te, o Onorato, apparisse la stessa e identica cosa.

    XV (XIV) - Le due anime, contro i Manichei, un libro

    15.1. Dopo questo libro, mentre ero ancora semplice sacerdote,

    scrissi contro i Manicheitrattando delle due anime. Di questeaffermano che l'una sarebbe una parte di Dio, l'altra deriverebbedalla stirpe delle tenebre, una realt che non rientrerebbe nelnovero delle creature di Dio e sarebbe a lui coeterna. Vanno anchedicendo nel loro delirio che entrambe queste anime, delle qualil'una buona e l'altra malvagia, coesisterebbero in uno stesso uomo,affermano cio che cotesta anima malvagia sarebbe propria dellanostra componente carnale - componente che, sempre a loro dire,apparterrebbe alla stirpe delle tenebre - mentre quella buona

    sarebbe costituita da una parte, sopravvenuta dall'esterno, dellastessa sostanza divina che sarebbe entrata in contrasto con lastirpe delle tenebre e risulterebbe unita e mescolata alla prima. Diqui l'attribuzione di tutti i beni dell'uomo all'anima buona e di tutti imali a quella malvagia. In questo libro ho scritto: Non esiste alcunavita, qualu