Agostini, Roberto - Studiare la popular music (Dal blues al liscio, ed. Stefani, 1992)

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    STUDIARE LA POPULAR MUSIC

    Roberto Agostini

    ([email protected])

    Saggio pubblicato in Gino Stefani, a cura di, Dal blues al liscio. Studi sullesperienza musicale co-mune, Verona, Ianua, 1992, pp. 167-189.

    WHAT IS POPULAR MUSIC?1

    Parlare di generi musicali come il blues, il liscio e il rock, parlare di swing, di riffe di altre cose affini, significa parlare di ci che negli studi musicali ormai con-sueto indicare con la denominazione inglesepopular music. Lespressione musicapopolare sembra certo essere la traduzione italiana logica e appropriata dipopu-lar music, ma negli studi musicali italiani dove per musica popolare si intendegeneralmente musica folk le due espressioni si trovano ad avere significati di-versi2. Anche espressioni come musica extracolta, funzionale, duso, di consumo,di massa, leggera indicano pi o meno gli stessi oggetti musicali che gli anglosas-

    soni indicano con lespressionepopular music, tuttavia ciascuna di esse esprimeun punto di vista particolare e parziale, mentre lidea centrale di popular music quella di unapopolarit della musica che sia distinguibile da quella folcloricain quanto non specificamente legata alla cultura rurale e orale, ma legata ancheal mondo contemporaneo occidentale e urbano, alle comunicazioni di massa ealle forme di riproduzione sonora; una popolarit che non dobbiamo andare acercare nelle societ e nelle culture a noi lontane nello spazio e/o nel tempo, ma

    1 Per il momento uso lespressione popular musicin modo intuitivo. In prima approssimazione,utilizzando una formula diffusa negli studi sulla popular music, dir che la popular music tutta

    quella musica che non musica folk o musica colta . La domanda What is popular music? (Checosa la popular music?) invece un palese riferimento ad unimportante raccolta di scritti sullapopular music che raccoglie gli atti del secondo convegno della IASPM (International Associationfor the Study of Popular Music) (vedi AAVV 1985). Nei primi due paragrafi prender appunto inconsiderazione i primi sviluppi dei moderni studi sulla popular music facendo riferimento al la-voro svolto da quei ricercatori che, prima individualmente, poi allinterno della IASPM, ne sonostati i maggiori promotori (vedi AAVV 1982, 1985, 1989; Hebdige 1982; Chambers 1985; Frith1982, 1988; Tagg 1979, 1982; Popular Music 1981).2 Il problema nasce essenzialmente dal fatto che la lingua inglese possiede due aggettivi folke

    popular per indicare ci che in italiano allincirca espresso dallunico aggettivo popolare.Dato che negli studi musicali ormai una consuetudine pi che consolidata indicare conlespressione musica popolare le attivit musicali di tradizione orale diffuse negli ambienti rurali

    e pre-industriali, lespressione folk music abitualmente tradotta musica popolare. Anzi, in ita-liano diciamo indifferentemente sia musica popolare che musica folk per indicare lo stessoconcetto, concetto che per diverso da quello indicato dallespressione popular music.

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    che ritroviamo nelle pratiche musicali pi diffuse e comuni che la gente esercitapi o meno quotidianamente di fronte alla televisione, al cinema, ascoltando laradio, andando in discoteca o ai concerti rock.

    La recente discussione sul tema della popular music ha appunto avuto origine daquesta sorta di nozione intuitiva di popular music, che a livello generale trova unsostanziale accordo, ma che a livello pi approfondito rivela una notevole polie-dricit e suscita divergenze. Allinterno delluniverso musicale contemporaneo infatti possibile ritagliare intuitivamente un vasto insieme di attivit musicali chenon sono n colte n folk che spazia dalpunkal rocknroll, dal reggae allo hip-hop, dalle sonorizzazioni ambientali aijingles, dalle musiche del cinema e dellatelevisione alle canzoni di ogni genere, fino a raggiungere zone di pi difficileclassificazione come il jazz, il rock progressivo, il tango, il minimalismo. Ora,malgrado le evidenti diversit, abbiamo comunque limpressione di trovarci difronte ad una certa omogeneit, ad alcuni elementi comuni (vedi Tagg 1979 eFabbri 1985). Infatti, tutte queste attivit musicali

    non si studiano nelle istituzioni pubbliche (conservatori, universit, scuole diogni tipo, istituti di ricerca);

    sono inserite nel contesto di attivit complesse (messaggi multimediali,sottoculture e controculture, sottofondo di ambienti pubblici e privati);

    circolano perlopi attraverso forme riprodotte (mezzi di comunicazione dimassa, dischi, nastri, CD, ecc.) e sono prodotte principalmente in studio di re-gistrazione;

    fanno sistematicamente uso delle moderne tecnologie elettroacustiche; si incontrano quotidianamente, a volte anche se non vogliamo; sono fruite generalmente in modo distratto; a volte non sono neppure ascol-

    tate ma semplicemente sentite; non sono finanziate da fondi pubblici, ma si basano sul libero mercato; sono attivit professionali; sono diffuse nella moderna societ industrializzata, dove sono le maggiori

    protagoniste dellindustria musicale; in genere non posseggono teorizzazioni tecnico-musicali, estetiche o di qual-

    siasi altro tipo; spesso sono attivit diffuse fra i ceti sociali pi bassi.

    E questa impressione di omogeneit che si vuole indicare con lespressione po-pular music.

    PUNTI DI VISTA

    In questa nozione intuitiva di popular music ho cercato di esprimere lo statodanimo in cui credo si siano trovati negli anni 70 alcuni ricercatori che per unaragione o per laltra si erano trovati ad interessarsi di quelle musiche che le istitu-zioni pubbliche continuavano ad ignorare. Ora, non certo mia intenzione riper-correre le tappe del recente sviluppo degli studi sulla popular music3; penso co-munque sia importante ricordare almeno due punti.

    3 A questo proposito, vedi Tagg 1979, Shepherd 1989, Middleton 1990 e Agostini 1990.

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    In primo luogo, quello che si sviluppato fondamentalmente un unico filone diricerca che definirei filone storico-socioculturale. Qui lattenzione cade nontanto sullo studio delle forme e delle strutture sonore, quanto sullo studio dei pro-cessi di produzione e di consumo musicale in rapporto al contesto storico, cultu-rale, sociale, tecnologico ed economico in cui tali processi sono calati. Da questo

    punto di vista mi interessa denunciare che ben di rado la popular music stataaffrontata da un punto di vista musicale. Solo in questi ultimi anni ci si comin-ciati a muovere anche in questa direzione, che quella che qui prender mag-giormente in considerazione. In secondo luogo, uno dei problemi teorici in cui si principalmente concentrata lattenzione stato quello di definire che cosa sia lapopular music4. Ci ha dato il via ad una serie di studi che affermavano generica-mente di studiare la popular music, ma che di fatto spaziavano in un ampio edeterogeneo campo di interessi, pratiche e repertori musicali, e facevano riferi-mento a un altrettanto eterogeneo insieme di concetti, teorie, metodi e valori.

    Mi sembra che nella seconda parte degli anni 80 lattenzione si sia fruttuosa-

    mente spostata dalla definizione delloggetto dello studio ai valori, alle motiva-zioni, ai concetti, teorie e metodi relativi allo studio sulla popular music. Passerquindi ora in rassegna anche se in modo alquanto sintetico alcuni autori chesotto questo punto di vista mi sembrano di particolare interesse.

    BLACKING

    Cominciamo da John Blacking (1973, 1981), etnomusicologo inglese recente-mente scomparso la cui proposta efficacemente sintetizzata nella ben nota do-manda che d il titolo alla sua pi famosa pubblicazione, e che non altro che

    uno stimolo, una provocazione, un vero e proprio programma di ricerca con unasua propria morale e filosofia:How musical is man? (Come musicale luomo?).

    Due sono i presupposti fondamentali di Blacking:

    tutta la musica musica popolare [folk], nel senso che non pu essere trasmessa oavere un significato al di fuori dei rapporti sociali (Blacking 1973, 24);

    la chiave per la comprensione della musica nel rapporto esistente fra soggetto[luomo] e oggetto [il suono], principio attivo di organizzazione (Ibid., 48).

    In altre parole, tutta la musica etnica, e come tale va sempre considerata; di

    conseguenza bisogner sempre porre al centro dello studio le pratiche e i com-portamenti musicali piuttosto che gli oggetti sonori in se stessi.

    In particolare, Blacking era interessato allo studio della musicalit umana intesacome competenza e capacit musicale posseduta da ogni membro acculturato diuna data comunit, e puntava un po ambiziosamente ad uno studio che riuscissea mettere in luce meccanismi tanto generali (le strutture profonde) da poter es-sere ipotizzati costanti psico-biologiche, antropologiche, universali. Per questastrada giunto ad una concezione di popular music alquanto interessante:

    4 Fra le definizioni pi complete ed elaborate, vedi Tagg 1979.

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    Riconosciamo la popular music quando alla gente piace un motivo, una sonorit oun intero pezzo di musica (...) e cerca di mettersi in relazione con lorganizzazionedei ritmi, delle note e dei timbri che percepisce.

    In questo senso, popular music una categoria di valore che pu essere applicata aqualsiasi stile di musica: musica che piace o ammirata dalla gente in generale(...), descrive positivamente la musica che ha successo nel suo obiettivo fondamen-tale di comunicare in quanto musica. La musica che la maggior parte di gente consi-dera di maggior valore popular music (Blacking 1981, 13).

    Blacking, da buon etnomusicologo, si interessava principalmente alle culturelontane dalla nostra, dove risultano particolarmente evidenti agli occhi del ricer-catore culturalmente relativista leurocentrismo dellapproccio musicologico tra-dizionale e linconsistenza dellideale di una musica autonoma, depurata daogni intrusione del sociale. Ora, noi ci occupiamo invece dellesperienza musi-cale comune nella nostra cultura, una esperienza che quindi anche nostra; cio-nondimeno, le indicazioni di Blacking rimangono di grande importanza.

    MAROTHY, SHEPHERD

    Ci risulter chiaro se prendiamo in considerazione Jnos Marthy (1980, 1981)e John Shepherd (1988), i quali hanno appunto rivolto lattenzione non tanto alleculture a loro lontane nello spazio e/o nel tempo, quanto soprattutto alla propria.

    Partendo dallassunto che certo Blacking condividerebbe che tutta la musica fenomeno intrinsecamente sociale, entrambi gli autori ipotizzano che fra musicae societ esista una sorta di omologia strutturale, e quindi indagano sulle relazionifra strutture musicali e strutture sociali cercando di esplicitare tale omologia. In

    tal modo mettono in luce i significati sociali, i modelli di comportamento, leideologie e le visioni del mondo che si riflettono nella musica. Marthy eShepherd ci propongono quindi studi musicali di tipo storico-sociale dove per sitenta di risaldare quel rapporto fra uomo e musica che negli studi musicali tradi-zionali andato in frantumi, e cos facendo ci mostrano anche quanto complessoe pluralistico questo rapporto anche solo allinterno della nostra stessa cultura.

    Resta solo da aggiungere che, se Shepherd continua sostanzialmente ad usaretermini come folk e popular in modo intuitivo per denominare oggetti musicalidefiniti dalle loro condizioni socioculturali di esistenza e da tratti tecnico-stlistici,Marthy concepisce la questione in modo diverso. Egli pone infatti laccento su

    un certo tipo di creativit fondata sullappropriazione musicale, la quale consistefondamentalmente nel ricavare da qualsiasi materiale con il quale si viene acontatto (sia esso musicale o meno)A music of your own (vedi Marthy 1981),cio una musica adatta (e adattata) alle proprie esigenze e capacit.

    Secondo Marthy, un comportamento basato sullappropriazione sarebbe untratto generale e forse antropologico della creativit umana, un comportamentoche nella musica trovava la sua pi vera e originaria realizzazione nelle culturearcaiche orali ossia nel folclore musicale e che oggi, ormai soffocato dallacondizione alienata delluomo, si manifesta solo a tratti. La popolarit della mu-sica starebbe dunque nel manifestarsi di questo comportamento creativo, nella

    popular appropriation, e non in determinati gruppi socioculturali o in determinatistili o generi musicali.

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    MIDDLETON

    Richard Middleton (1990) pone alla base del proprio studio il concetto di culturapopolare sviluppato negli studi sociologici di Stuart Hall5, e propone un quadrogenerale di tipo storico secondo il quale i vari tipi di popular music devono ve-nire studiati nel contesto storico e sociale del quale fanno parte. Egli descrivequindi le specificit della popular music contemporanea passando in rassegna lecondizioni sociali e culturali che la caratterizzano. Riflettendo sul problema dellacompetenza musicale e su quello dellapertinenza, si rende poi conto della diffi-colt di definire la popular music, e va qui notato il suo sforzo per centrarelindagine sulloggetto:

    La competenza popolare pu connettersi a qualsiasi tipo di musica, anche se le mu-siche codificate in maniera a lei analoga rendono la cosa pi probabile. In modo si-mile, la popular music pu essere ascoltata in conformit con i principi della com-petenza colta (come a volte succede quando abbiamo a che fare con musicisti diprofessione). La maggior parte dellascolto della popular music sembra comunque es-

    sere di tipo conforme alla competenza popolare. Entro questo limite, questa compe-tenza fa parte della definizione di popular music. Allo stesso tempo, il fatto checompetenza popolare e popular music non sono del tutto omologhi aiuta a spiegarela difficolt del definire la popular music (in quanto oggetto) (Middleton 1990, 175,

    corsivo mio)6.

    In base a questi presupposti, Middleton propone anzitutto una analisi sintattico-generativa con la quale cerca di risalire alle strutture profonde generali della mu-sica, le quali nella sua ipotesi posseggono implicazioni cognitive, affettive ecinetiche. Egli denomina tali strutture gesti. Middleton propone poi anchelanalisi semantica. Questa ha a che fare principalmente con la significazione

    primaria e consiste in una

    semantica strutturale che dovrebbe considerare il significato delle unit e dei para-metri nei termini delle loro relazioni con altre unit e parametri e nei termini dellaloro posizione su vari assi che si riferiscono a opposizioni binarie o a continuum assi come, ad esempio, ripetizione/cambiamento, quantit di variazione, polarit to-nale, tipo melodico (calmo/nervoso, frase lunga/frase corta, ascendente/discendente),timbro (ruvido/liscio, variato/non variato, quanto variato) e cos via (Ibid., 222).

    Va notato che analisi semantica e analisi sintattica si incontrano. Sintetizzandoalquanto, dir solo che per Middleton la semantica delle strutture collegata alle

    strutture profonde a livello di gesti. I gesti non sono quindi altro che strutturepre-concettuali che si riferiscono a processi somatici strutturalmente analoghi aprocessi musicali. Credo che uno dei punti pi interessanti della proposta diMiddleton stia proprio qui, nellandare a scavare nelle strutture profonde generali

    5 La cultura popolare [popular culture] non in senso stretto la tradizione popolare che resiste(...) n costituita della forme che su questa si sono sedimentate. Essa il terreno sul quale si ope-rano le trasformazioni (Stuart Hall, Notes on Decostructing the Popular, in S. Samuel, ed.,Peoples History and Socialist Theory, London, Routledge, 1981, pp. 227-240; cit. in Middleton1990, 7).6

    Ovvio che porre la questione in questi termini significa essere comunque ben consapevoli delproblema della pertinenza delle strutture musicali: tipi di competenze diversi possono portare adiverse segmentazione della materia sonora.

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    (neurologiche, biologiche, antropologiche, psicologiche) dei comportamenti mu-sicali.

    Solo in un secondo momento Middleton propone lanalisi della significazionesecondaria, ovvero lanalisi del significato connotativo (associativo, emotivo) esociale (ideologico) della musica. Per Middleton questo un livello di significa-zione extramusicale socioculturalmente determinato che nasce soprattutto sullabase della significazione primaria e del rapporto fra testo musicale e contesti dioccorrenza.

    Trattando il problema del significato sociale della musica, Middleton si spostacos verso la sociologia proponendo il principio di articolazione, principio si-mile a quello di omologia, ma tendente a porre in risalto la convenzionalit so-cio-culturale e la dinamicit della relazione fra strutture musicali e strutture so-ciali andando contro allidea di omologie innate o naturali. Per quanto ri-guarda lanalisi delle connotazioni, Middleton invece dellidea che problemimetodologici a parte nella popular music operativo soprattutto il livello di si-gnificazione primario, mentre i casi di stimolazione di associazioni connotativesono rari.

    TAGG

    Sullidea di comunicazione musicale ha poi basato tutto il proprio lavoro PhilipTagg (1979, 1981, 1982). Tagg vede infatti uno dei tratti pi caratteristici dellapopular music nella sua capacit di comunicare veri e propri significati lingui-stici, immagini, stati danimo, emozioni, atmosfere, ecc.. In pratica, tutto ci si-gnifica sostenere che nellepoca contemporanea uno dei tratti pi caratteristicidella competenza musicale comune quello delluso della musica come mezzodi comunicazione. Da questo punto di vista lindagine di Tagg doppiamenteinteressante: pur partendo da una definizione di popular music basata sulloggettopiuttosto rigida, essa si rivela poi essere centrata in generale sul funzionamentodella musica in quanto sistema simbolico a prescindere dal genere o dallo stileesaminato7.

    Secondo Tagg, la comunicazione musicale favorita dal livello di percezionepreconscio che si recentemente diffuso nelle pratiche musicali quotidiane. Quiil soggetto, pur sapendo di ascoltare musica, non vi presta molta attenzione per-ch distratto da altri messaggi concomitanti a quello musicale (come al cinemao alla televisione) o dalle attivit che sta svolgendo parallelamante allascolto(fare la spesa, lavorare, guidare, ecc.). La messa in azione di questo livello di per-cezione a sua volta favorita dalla presenza massiccia dei mass media nelmondo contemporaneo. Questi ultimi hanno inoltre fatto s che la ricorrenza co-stante di certe immagini (sia nel senso di cose, ambienti, situazioni e personaggifisicamente rappresentati che nel senso di stati danimo e atmosfere da loro su-scitati) insieme a certi elementi o stili musicali ha finito con listituire un vero eproprio sistema uniforme di correlazioni significante/significato alquanto stereoti-

    7 Questa tendenza ad occuparsi di pratiche e comportamenti pi che di oggetti musicali evi-dente negli scritti pi recenti (vedi, ad esempio, Tagg 1984, 1990).

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    pato. In questo modo, la comunicazione musicale risulta spesso enfatizzata per-fino dove di fatto non ci sono immagini concomitanti alla musica ascoltata.

    Il lavoro di Tagg di grande interesse soprattutto perch egli lunico autore adaver elaborato un rigoroso metodo per lanalisi della popular music, un metodotalmente complesso che qui non pu che essere semplicemente accennato. Inbreve, questo metodo consiste nella interpretazione dei significati comunicatidalla musica attraverso un procedimento fondato sul confronto fra il brano inesame e altri a lui simili. Per prima cosa, Tagg cerca di giungere ai musemi(le pipiccole unit di significato) utilizzando per corroborare le proprie ipotesi inter-pretative una operazione la sostituzione ipotetica alquanto simile a quellache i linguisti chiamano prova di commutazione8. E infatti evidente che a que-sto livello di analisi Tagg deve fare i conti con il problema dellapertinenza dideterminati elementi sonori rispetto a un determinato senso. Tagg indaga poi an-che sulprocesso musicale, ossia sul modo in cui i musemi si succedono o si so-vrappongono formando unit musicali pi ampie. A questo scopo egli utilizza

    vari tipi di soluzioni grafiche che mettono in forma i risultati dellanalisi muse-matica (va segnalato luso di modelli generativi).

    STEFANI

    In un recente saggio (vedi Stefani 1991), Stefani propone come punto di partenzaper la ricerca musicale lidea di esperienza musicale intesa come compresenzaindivisibile delloggetto musicale e del soggetto che lo esperisce (Stefani 1991,29). In questa prospettiva la ricerca deve esplicitare la relazione reciproca che siinstaura tra oggetto musicale e soggetto umano inteso come essere individuale,

    socioculturale, universale. Ed infatti il lavoro di Stefani pi o meno sempre statoorientato in questa ottica: spesso egli parte da una certa produzione di senso sullamusica per andare a cercare quali elementi musicali sono pertinenti ad essa,quali comportamenti ne stanno alla base, quali competenze musicali sono statemesse in azione.

    Pi in specifico, Stefani ipotizza che alla base dellesperienza musicale stia unacompetenza musicale la capacit di produzione di senso mediante e/o intornoalla musica (Stefani 1982, 9) che posseduta, anche se in misura diversa, datutti i membri acculturati di una data comunit. Egli elabora quindi un modellofondato sullidea di una competenza musicale stratificata che dai livelli pi co-

    muni e generali giunge fino a quelli pi specialistici e specifici al campo musi-cale. Ad ogni esperienza musicale corrisponder la messa in azione di una de-terminata porzione di competenza formata dalla compresenza di pi livelli in

    8 La prova di commutazione una complessa procedura di analisi che in musica generalmenteusata per stabilire che cosa nella musica pertinente a un determinato senso. Una volta ipotizzatoche un dato elemento musicale veicoli un certo senso, si procede alterando tale elemento senzaper mutare in alcun modo il contesto in cui esso occorre. Se a operazione conclusa il senso ri-sulta mutato, allora lipotesi corroborata, e possiamo concludere che, in quel dato contesto,quellelemento musicale pertinente a quel senso; viceversa, se il senso non mutato lipotesi falsificata. Fra le applicazioni pi interessanti, vedi quelle implicite di Tagg (1979, 1981) e quelle

    di Stefani, Marconi e Ferrari (Stefani e Marconi 1989; Stefani, Marconi e Ferrari 1990; Marconi1991). Per una discussione generale su questo metodo analitico e su questi autori, vedi Agostini1990.

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    dosi variabili. Va da s che la messa in azione di porzioni di competenza diversepu portare a segmentazioni della materia sonora diverse. Ecco quindi che citrova di fronte al problema dellapertinenza, che Stefani risolve mutuando dallalinguistica il metodo dellaprova di commutazione.

    Stefani particolarmente interessato alle esperienze musicali pi comuni e diffusenel mondo contemporaneo occidentale e in questa prospettiva sviluppa una inte-ressante concezione di musica popolare. Egli ipotizza che nella nostra culturalesperienza musicale sia regolata da due principali tipi di competenza che ad unlivello di osservazione generale possono essere giudicati relativamente omogenei:la competenza popolaree la competenza colta9. Dunque il popolare in musicanon sta nelle qualit intrinseche della musica, in determinate condizioni storichee socioculturali o in determinati ceti sociali, bens in un certo comportamentodelluomo produttore e/o consumatore di musica, in un certo modo di fare coisuoni che mette in gioco determinati livelli di competenza piuttosto che altri. Daqui Stefani propone come criterio del popolare in musica quello

    dellappropriazione:

    unesperienza musicale tanto pi popolare quanto pi c appropriazione, di pigente, in pi modi, e particolarmente in certi modi tipici che sono opposti a quellitipici di unappropriazione colta (Stefani 1986, 97, corsivo mio).

    Appropriazione una categoria trasversale alla dicotomia produzione/consumo epu essere intesa come consumo produttivo, modo di fare con le cose, modo diagire, di usare. In questa ottica il popolare diviene una categoria quasi-antropo-logica, affine al quotidiano (Ibid., 98).

    In breve: Stefani vede la popolarit della musica nellesperienza musicale co-mune, ovvero nei comportamenti musicali pi comuni e diffusi nella quotidianitdove a prescindere da repertori, stili, generi e da qualsiasi altra classificazionefondata su criteri tecnico-stilistici o socioculturali vengono messi in azione i li-velli di competenza musicale popolare10.

    VERSO UN NUOVO PARADIGMA

    Blacking, Marthy, Shepherd, Middleton, Tagg, Stefani: sei diversi tipi di approc-cio al problema studiare la popular music11. Eppure allinizio di questo scritto

    abbiamo visto che questi stessi autori assieme a molti altri convergono verso

    9Ci non toglie per che questi due tipi di competenza siano caratterizzi da una certa eteroge-neit interna. Stefani ha indagato sulla competenza popolare cercando di metterne in luce sia itratti generali che quelli particolari (vedi soprattutto Stefani 1977, 1986; vedi anche nota 10).10 Per scritti di Stefani pi a carattere teorico generale, vedi Stefani 1982, 1987, 1991. Per quellipi specifici sul popolare in musica, vedi Stefani 1977, 1985a, 1986, 1989. In ogni caso, gliscritti di Stefani sono sempre orientati in questultima ottica: oltre a quelli appena citati, anchestudi come Stefani e Marconi 1989 e Stefani, Marconi e Ferrari 1990 vanno in questo senso.11 E doveroso precisare che la lettura data del lavoro di questi sei autori stata fatta in relazioneal problema studiare la popular music e non rende affatto giustizia al vasto lavoro di ricerca da

    loro portato avanti. Questo vale soprattutto per Marthy, Stefani e Blacking: visto che il loro la-voro sulla popular music rientra nellambito di ricerche il cui raggio di azione molto vasto, essinon possono essere annoverati tra i teorici della popular music in senso stretto.

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    interessi comuni e fanno addirittura parte di una stessa associazione (la IASPM).Viene spontaneo chiedersi se, al di l dei punti di convergenza pi superficiali interessi per certi repertori (il rock, prima di tutto), per le comunicazioni di massa,per la tecnologia musicale e cos via (vedi il primo paragrafo) , possibile rile-vare interessi comuni anche a livello pi profondo. Cercher di chiarire questo

    punto assumendo gli studi degli autori qui ricordati come casi particolarmente si-gnificativi dellintero campo di studi sulla popular music.

    A livello molto generale, va notato che gli autori ricordati non pensano alla ri-cerca come pura accumulazione di saperi o come mero passatempo intellettuale.Al contrario: per loro la ricerca deve essere anzitutto socialmente utile. In questosenso poi interessante notare che, pur partendo da riferimenti filosofici e politicidiversi, essi giungono a conclusioni del tutto simili.

    In generale, questi autori insistono sul fatto che nella nostra societ anche la mu-sica come molte altre attivit umane si sviluppa in una direzione scarsamentedemocratica e profondamente alienata. Essi pensano infatti che nella nostra so-ciet siano presenti elementi di inibizione o addirittura di repressione delle po-tenzialit musicali delluomo che si manifestano principalmente in fenomeniquali la divisione fra esperti e profani (divisione del lavoro, specializzazione),lintolleranza per le differenze, la diffusa convinzione che la musica non sia unaforma conoscitiva ma solo arte o divertimento (spaccatura fra sfera del tempolibero e sfera del tempo di lavoro).

    Ecco quindi che per mutare questa direzione dello sviluppo delle attivit musicalilo studio della popular music di particolare importanza, in quanto valorizza lepratiche e i comportamenti musicali comuni, assume e cerca di spiegare laplura-lit delle attivit musicali senza pregiudizi di sorta, e considera la musica noncome mero intrattenimento, ma come forma di conoscenza alla pari, ad esempio,del linguaggio verbale. Ma lobiettivo ultimo della ricerca spesso oltrepassa iconfini dellambito strettamente musicale: studiare e comprendere la popularmusic non solo un modo per vivere e aiutare a vivere meglio e pi consape-volmente il proprio rapporto quotidiano con la musica, ma anche un passonella direzione di un pi generale processo di superamento dellattuale condi-zione non democratica e alienata in cui si trova luomo nella nostra societ.

    Non certo questa la sede per dilungarci su queste complesse problematiche12; invece interessante notare che lo sviluppo di questa posizione di impegno socialeva di pari passo con lo sviluppo di un punto di vista dal quale guardare alla mu-sica diverso da quello della musicologia tradizionale. Infatti, mentre la musicolo-gia si fonda su una concezione autonomistica delloggetto musicale e centraquindi lattenzione sulloggetto in se stesso quasi fosse un oggetto dato in natura,lo studioso di popular music, interessato sia per piacere personale che per ragionidi impegno sociale alla pluralit delle attivit musicali e alla variet dei meccani-

    12 Vedi le osservazioni dal punto di vista del pensiero marxista di Shepherd 1988, Blacking 1973e Marthy 1980, e quelle dal punto di vista del pensiero non-violento di Stefani 1985b e 1989.Altre osservazioni interessanti si trovano negli scritti di Tagg e in AAVV 1990. Queste letture criti-

    che della nostra cultura non sostengono che ci troviamo di fronte a potenti forze del male checospirano intenzionalmente ai danni delle persone comuni; piuttosto, esse descrivono il risultatodel modello di sviluppo che ha scelto la nostra cultura.

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    smi in essa implicati, sente lesigenza di collegare loggetto musicale a chi lo pro-duce, a chi lo usa, alle situazioni e ai contesti in cui occorre, e pone quindi afondamento della ricerca musicale lidea di musica come attivit intrinsecamenteumana, come oggetto sociale e culturale. Assumere un simile punto di vistaspinge la ricerca a spostare il proprio centro di interesse dalloggetto alle pratiche

    e ai comportamenti musicali, o meglio al rapporto che si instaura fra oggetto mu-sicale e soggetti umani (una societ, una cultura, il mondo intero).

    Ecco quindi che assistiamo al rifiuto dellapparato teorico-metodologico svilup-pato dalla musicologia tradizionale13 e al tentativo di svilupparne uno adeguatoalla popular music, alle sue specificit. Nel campo di studi sulla popular musicsiamo per di fronte ad una scarsa omogeneit a livello di concetti, teorie e me-todi, e quindi sarebbe un po forzato cercare di fare considerazioni generali aquesto proposito14. Mi sembra comunque che, sulla base di un comune approc-cio interdisciplinare, nello studio della popular music si siano sviluppate dueprincipali linee di ricerca la cui distinzione peraltro alquanto sfumata mette in

    luce due diverse concezioni di popular music. In questo senso, il caso dei seiautori citati esemplare.

    Se Middleton, Shepherd e, soprattutto nei suoi primi scritti, Tagg centrano lo stu-dio su determinati tipi di stili e generi, Blacking, Marthy e Stefani (e, a volte,Tagg) centrano invece lo studio sui comportamenti e sulle pratiche musicali dif-fuse e quotidiane. In breve: mentre i primi ritengono che la popular music sia uncerto tipo di musica che si differenzia da quella colta e da quella folk in base acategorie di tipo storico-socioculturale, i secondi preferiscono indicare con po-pular music (Marthy, Blacking) o musica popolare (Stefani) un certo modo divivere la musica legato alle pratiche sociali quotidiane della nostra cultura e so-

    ciet, e spesso lasciano intendere che questo modo di vedere taglia trasversal-mente la dicotomia folk/popular e oppone un generico modo popolare di viverela musica alle pratiche altamente specializzate dei musicisti e degli esperti.

    Un ultimo rilievo: per questi autori lo studio della popular music non deve sem-plicemente ambire ad una legittimazione istituzionale che gli garantisca un pro-prio angolino sottodisciplinare nel mondo accademico; al contrario, esso devecontribuire ad un auspicato riassetto dellintero campo degli studi musicali e mu-sicologici, riassetto alquanto urgente visto che gli studi musicali e musicologicitradizionali non riescono a rendere conto della vita musicale attuale nella suaglobalit e pluralit, ma solo di alcuni suoi aspetti parziali. Quello a cui ideal-

    mente si tende , in parole povere, lo sviluppo di una nuova musicologia, interdi-sciplinare e priva di pregiudizi, che sia in grado di venire alle prese conluniverso musicale nella sua globalit. Lo studio della popular music, in quantostudio che si concentra proprio su aspetti musicali estremamente attuali ma allo

    13 In realt, pi che di rifiuto si tratta di relativizzazione: gli studi musicologici tradizionali sonostati sviluppati per rendere conto delle attivit musicali altamente specializzate dei musicisti e de-gli esperti di musica del mondo nord-occidentale moderno e contemporaneo, quindi non neces-sariamente gli strumenti teorico-metodologici qui sviluppati saranno appropriati per lo studio

    della popular music.14 Alcuni elementi pi o meno comuni sono per emersi: il principio di pertinenza, le idee dicompetenza (o musicalit), di struttura profonda, di appropriazione sono i casi pi evidenti.

  • 8/9/2019 Agostini, Roberto - Studiare la popular music (Dal blues al liscio, ed. Stefani, 1992)

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    stesso tempo ai margini degli studi musicali tradizionali, pu contribuire in mododeterminante a questo progetto15.

    Tirando le somme, mi sembra che fra gli studiosi di popular music esista unagrande convergenza soprattutto a livello di motivazioni e valori, oltre che dipunto di vista generale dal quale osservare i fatti musicali. Ho cercato comunquedi mettere in luce lesistenza di alcuni strumenti concettuali e metodologici e dialcune direzioni di ricerca che sembrano emergere e che ritengo particolarmentestimolanti. E interessante notare che, se tutto questo sembra dare contenuto adun campo di studio sulla popular music ancora giovane e in via di formazione,daltra parte contiene gi in s la spinta a guardare oltre questo stesso campoverso quello dello studio della musica in genere: una tensione continua tra lostudio della popular music e lo studio della musica in una prospettiva popolare.

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    15 Se capita spesso di incontrare la manifesta volont di incidere attivamente sullimpostazionegenerale degli studi musicologici, alcuni autori approfondiscono in modo particolare la riflessione

    su questo problema. A questo proposito ricordo le osservazioni di Shepherd e Middleton, Bla-cking e la sua intenzione di superare la rigida distinzione fra musicologia ed etnomusicologia, elarticolata proposta di Stefani (vedi AAVV 1990).

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