AGOR A Ap - lapartebuona.it · la Cultura di allora, Antonis C. Sa-maras, nella mia qualità di suo...

1
Avvenire - 24/02/2019 Pagina : A22 Copyright © Avvenire Febbraio 24, 2019 5:16 pm (GMT -1:00) Powered by TECNAVIA Copia ridotta al 70% del formato originale letter della pagina GIANFRANCO RAVASI ell’assolato pomeriggio del 20 giugno 2009 assi- stevo, tra le autorità, al- l’inaugurazione solenne del nuo- vo Museo dell’Acropoli di Atene, su invito del ministro greco del- la Cultura di allora, Antonis C. Sa- maras, nella mia qualità di suo o- mologo, rappresentante ufficiale della Santa Sede. L’evento si svol- geva all’interno del nuovo stupe- facente museo progettato e rea- lizzato tra il 2001 e il 2009 dal- l’architetto svizzero Bernard T- schumi (nato a Losanna nel 1944 ma residente a New York) e “de- posto” ai piedi del pendio meri- dionale dell’Acropoli. Dopo i discorsi inaugurali, era i- niziata la visita durante la quale la collezione impressionante di reperti si affacciava in spazi ar- chitettonici affidati al vetro e quindi alla sfolgorante lumino- sità mediterranea della Grecia. La stessa pavimentazione in cristal- lo ci rendeva come sospesi tra cielo e suolo, con effetti persino conturbanti di vertigine. Ma il turbamento si tra- sformava in meravi- glia al terzo piano. Oltre le pareti di ve- tro si ergeva in tutto il suo potere di attra- zione l’Acropoli sul- la quale svettava il Partenone. Era sceso frattanto il tramonto e la luna si affacciava su quel colle segnato da se- coli gloriosi di storia e cultura, mentre iniziava per noi la cena di gala, organizzata proprio in quel piano del museo ove era colloca- ta una reliquia preziosissima di quella storia. Infatti, all’interno del Museo, in perfetta posizione speculare rispetto all’originale, si dispiegava per 160 metri il fregio frontale del Partenone così come era stato concepito tra il 447 e il 432 a.C. da Fidia. Un’indimenti- N ANTICIPAZIONE La memoria di una visita al nuovo Museo dell’Acropoli e della luce della sera sui marmi fidiaci del fregio del Partenone attiva una riflessione sulla “sorellanza” tra due città che rappresentano due mondi cementati dalla centralità dell’umanesimo I Propilei, l’ingresso monumentale dell’Acropoli di Atene / Ansa Sotto a destra, uno dei frammenti fidiaci prestati dai Musei Vaticani ad Atene nel 2009/ Ap cabile sequenza di scene sculto- ree che erano state rimosse dal tempio originario per poterle tu- telare dall’inquinamento urbano della moderna Atene. All’interno di questo complesso, identificabili per variazioni cro- matiche, erano presenti le copie delle molte componenti origina- li là assenti perché migrate in pas- sato da Atene e ora detenute dal British Museum e dal Louvre. Eb- bene, in quell’occa- sione il Vaticano ave- va concesso i tre frammenti della de- corazione del Parte- none che erano giun- ti a Roma nell’Otto- cento per vie ignote e che facevano parte del citato Museo Gre- goriano Profano, vo- luto da Gregorio XVI. I tre lacerti vaticani sono, certamente, solo dei fram- menti marmorei, eppure in essi si può quasi intuire in una sorta di bagliore lo splendore del tutto che era stato scolpito in marmo pentelico da Fidia. Ecco innanzitutto una testa di ca- vallo proveniente dal frontone occidentale del tempio: gli stu- diosi l’hanno identificata come parte di uno dei quattro destrie- ri della quadriga di Atena. In quel frontone, infatti, era rappresen- tata la disputa tra Atena e Posei- done per il dominio dell’Attica. La stessa accuratezza critica ha permesso di dare un’identità di base al secondo frammento, una testa di fanciullo che regge un vassoio: sarebbe un offerente che presenta le focacce votive ad A- tena nella solenne processione delle Panatenee, la festa più im- portante del calendario ateniese, commemorativa della fondazio- ne della città. L’atto rituale principale di quella solennità era appunto una pro- cessione di magistrati, cavalieri, cittadini, musici e portatori di of- ferte come il ragazzo effigiato nel lungo fregio che av- volgeva la cella sacra interna del tempio. Quel giovane atenie- se appare serio e con- sapevole mentre reg- ge il suo dono. Infine, il trittico è concluso da una testa maschi- le barbuta: essa è sta- ta assegnata dagli studiosi a una meto- pa del lato meridionale del Par- tenone. Là era raffigurata la Cen- tauromachia, ossia la lotta tra i Centauri e i Lapiti, violenti abi- tanti primordiali della Tessaglia. Ritornato ad Atene, a distanza di dieci anni, nella sede così presti- giosa dell’Università Nazionale “Capodi- stria”, per un atto che considero uno dei ri- conoscimenti più al- ti che siano stati as- segnati a un cardi- nale della Chiesa Cattolica Romana, mi è possibile solo professare, con la più grande ricono- scenza, la profonda sororità i- deale, culturale e spirituale che unisce l’Atene classica alla Roma cristiana. È l’affermazione di un legame umanistico, che dev’es- sere riproposto con forza in un’atmosfera contemporanea, spesso affidata solo alla tecnolo- gia e incline alla superficialità e alle relazioni immediate, mute- voli e persino aggressive. Se A- lexandre Dumas padre, nelle sue Impressioni di viaggio, affermava che «l’antichità è l’aristocrazia della storia», un testimone in- sospettabile come Steve Jobs, il fondatore di Apple, non esitava a confessare, alle soglie della sua morte avvenuta nel 2011: «La tecnologia da sola non ba- sta. È il matrimonio tra la tec- nologia e le discipline umani- stiche a darci il risultato che ci fa sorgere un canto nel cuore». © RIPRODUZIONE RISERVATA ANTICIPAZIONE Quel ponte umano tra Roma cristiana e Atene classica Sotto l’acropoli una laurea honoris causa a Ravasi Il prossimo 26 febbraio il cardinale Gianfranco Ra- vasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cul- tura, riceverà ad Atene la laurea honoris causa in Lingua e Letteratura Italiana da parte dell’Univer- sità Nazionale e Capodistriana. Fondata nel 1837, è la più antica università dell’Europa sudorienta- le. In questa pagina anticipiamo la parte conclu- siva della sua lectio magistralis in cui il cardinale compie un «percorso di natura “impressionistica” all’interno del Vaticano “ateniese”».

Transcript of AGOR A Ap - lapartebuona.it · la Cultura di allora, Antonis C. Sa-maras, nella mia qualità di suo...

Avvenire - 24/02/2019 Pagina : A22

Copyright © AvvenireFebbraio 24, 2019 5:16 pm (GMT -1:00) Powered by TECNAVIA

Copia ridotta al 70% del formato originale letter della pagina

AGORAcultura religioni scienzatecnologiatempo liberospettacoli sport

Agazzi e la capacità filosofica della scienza / 24Frankopan, le vie della Seta oltre la Cina / 25Bassignano, voce libera del Folkstudio / 26

Calcio: la Liga da esportazione / 27Alla mostra inauguraledell’edificio, progettato

da Schumi, avevacontribuito anche la

Santa Sede prestandotre frammenti entrati

nei Musei Vaticaninell’Ottocento

LISA GINZBURGParigi

sce in Francia con meritato successoil poderoso capolavoro di DoloresPrato Giù la piazza non c’è nessuno

(Bas la place y’a personne, traduzione diLaurent Lombard e Jean-Paul Manganaro,Verdier, pagine 890, euro 35,00). Levicissitudini del romanzo sono note: mianonna Natalia Ginzburg ne fece un editingmassiccio, tagliando di due terzi la versioneintegrale e modificando certe formegrammaticali; complessità preziosa poirestituita per merito dell’edizione postumadi Mondadori del 1997, e una successiva, piùampia, di Quodlibet. Ora la versionefrancese rende onore a quell’integralità,corredandola di un apparato di fotografie(bellissimi alcuni ritratti del volto dellascrittrice, l’epressione fragile ma ferma dellosguardo). «Sono nata sotto un tavolino»: daquesto incipit folgorante, già assertorio,coraggioso nella difficoltà, si dipana Giù lapiazza non c’è nessuno, narrazione / fiumeche ha al suo centro i temi del nascere equello del venire riconosciuti nella propriaidentità di nati. Tra le sue ossessioniautobiografiche al pari che creative, DoloresPrato contava infatti quella dell’essere «nonnata», «bastarda». Si definiva «una personainconclusa»: perché figlia illegittima (fruttodi una relazione tra una vedova e unavvocato, il padre non la riconobbe mai e labambina venne adottata da un sedicentezio, di fatto prete del villaggio marchigianodi Treja, e la sorella di lui). Da quel destino

commisto,un’inclinazioneverso quel che èspurio; anchequando, quasiquarantenne,Dolores Prato sitrasferisce a Roma eprende afrequentareambienti cattolici edi sinistra (nellapostfazione chefirmano a due mani,i due traduttoririnvengono nel fattoelementiantesignani del

“catto-comunismo” di Pasolini). La criticafrancese esalta la componente didocumento storico del romanzo (ritrattodell’Italia di fine Ottocento e di un’altrimentiignota vita dei suoi piccoli centri abitati, conapprezzatissime pagine sull’arrivo della luceelettrica in un mondo sino ad allorasemirurale). Ma soprattutto, Oltralpe ci sisofferma sull’unicità della prosa («unaspecificità tale da rendere caduco il raffrontocon Proust e la sua Cambray», ha scrittoBertrand Leclair sull’inserto “Le Monde deslivres”). L’universo interiore profondo,dettagliato e poetico di cui Prato ci fa donocon la sua grande opera, risuona presso ilpubblico francese per la “prosa luminosa”, equelle straordinarie e tanto peculiari virtùdescrittive sembrano restituire ai lettoristranieri un genere di romanzo maiincontrato prima, scrittura e forma inedite eche nello stesso tempo vanno incontro adaspettative più “estetiche” circa l’Italia e lesue eccellenze letterarie. La mirabile pennadi Dolores Prato trova corrispettivo di raragiustezza in questa versione di LaurentLombard e Jean-Paul Manganaro,quest’ultimo artefice della felice operazioneeditoriale grazie a una suggestione diVincenzo Consolo che gliene parlò vent’annifa. Un caso di traduzione il cui coraggio intermini culturali viene premiato: grandesuccesso postumo, per la Dolores Prato diBas la place y’a personne. A dire che lagrande letteratura travalica ogni confine, eche i veri romanzi non conoscono passaredel tempo. E certo non è poco.© RIPRODUZIONE RISERVATA

E

La traduzionefrancesedi “Giùla piazza nonc’è nessuno”è un casoletterarioA colpireè la prosaluminosae l’unicitàdel romanzo

La rive gaucheconquistatada Dolores Prato

GIANFRANCO RAVASI

ell’assolato pomeriggiodel 20 giugno 2009 assi-stevo, tra le autorità, al-

l’inaugurazione solenne del nuo-vo Museo dell’Acropoli di Atene,su invito del ministro greco del-la Cultura di allora, Antonis C. Sa-maras, nella mia qualità di suo o-mologo, rappresentante ufficialedella Santa Sede. L’evento si svol-geva all’interno del nuovo stupe-facente museo progettato e rea-lizzato tra il 2001 e il 2009 dal-l’architetto svizzero Bernard T-schumi (nato a Losanna nel 1944ma residente a New York) e “de-posto” ai piedi del pendio meri-dionale dell’Acropoli.Dopo i discorsi inaugurali, era i-niziata la visita durante la qualela collezione impressionante direperti si affacciava in spazi ar-chitettonici affidati al vetro equindi alla sfolgorante lumino-sità mediterranea della Grecia. Lastessa pavimentazione in cristal-lo ci rendeva come sospesi tracielo e suolo, con effetti persinoconturbanti di vertigine. Ma ilturbamento si tra-sformava in meravi-glia al terzo piano.Oltre le pareti di ve-tro si ergeva in tuttoil suo potere di attra-zione l’Acropoli sul-la quale svettava ilPartenone.Era sceso frattanto iltramonto e la luna siaffacciava su quelcolle segnato da se-coli gloriosi di storia e cultura,mentre iniziava per noi la cena digala, organizzata proprio in quelpiano del museo ove era colloca-ta una reliquia preziosissima diquella storia. Infatti, all’internodel Museo, in perfetta posizionespeculare rispetto all’originale, sidispiegava per 160 metri il fregiofrontale del Partenone così comeera stato concepito tra il 447 e il432 a.C. da Fidia. Un’indimenti-

N

AN

TIC

IPA

ZIO

NE La memoria

di una visitaal nuovo Museodell’Acropolie della lucedella serasui marmi fidiacidel fregiodel Partenoneattivauna riflessionesulla “sorellanza”tra due cittàche rappresentanodue mondicementatidalla centralitàdell’umanesimo

I Propilei,l’ingresso monumentale

dell’Acropoli di Atene / Ansa

Sotto a destra, uno deiframmenti fidiaci prestati

dai Musei Vaticaniad Atene nel 2009/ Ap

cabile sequenza di scene sculto-ree che erano state rimosse daltempio originario per poterle tu-telare dall’inquinamento urbanodella moderna Atene.All’interno di questo complesso,identificabili per variazioni cro-matiche, erano presenti le copiedelle molte componenti origina-li là assenti perché migrate in pas-sato da Atene e ora detenute dalBritish Museum e dal Louvre. Eb-

bene, in quell’occa-sione il Vaticano ave-va concesso i treframmenti della de-corazione del Parte-none che erano giun-ti a Roma nell’Otto-cento per vie ignote eche facevano partedel citato Museo Gre-goriano Profano, vo-luto da Gregorio XVI.I tre lacerti vaticani

sono, certamente, solo dei fram-menti marmorei, eppure in essisi può quasi intuire in una sortadi bagliore lo splendore del tuttoche era stato scolpito in marmopentelico da Fidia.Ecco innanzitutto una testa di ca-vallo proveniente dal frontoneoccidentale del tempio: gli stu-diosi l’hanno identificata comeparte di uno dei quattro destrie-ri della quadriga di Atena. In quel

frontone, infatti, era rappresen-tata la disputa tra Atena e Posei-done per il dominio dell’Attica.La stessa accuratezza critica hapermesso di dare un’identità dibase al secondo frammento, unatesta di fanciullo che regge unvassoio: sarebbe un offerente chepresenta le focacce votive ad A-tena nella solenne processionedelle Panatenee, la festa più im-portante del calendario ateniese,commemorativa della fondazio-ne della città.L’atto rituale principale di quellasolennità era appunto una pro-cessione di magistrati, cavalieri,cittadini, musici e portatori di of-ferte come il ragazzo effigiato nel

lungo fregio che av-volgeva la cella sacrainterna del tempio.Quel giovane atenie-se appare serio e con-sapevole mentre reg-ge il suo dono. Infine,il trittico è conclusoda una testa maschi-le barbuta: essa è sta-ta assegnata daglistudiosi a una meto-pa del lato meridionale del Par-tenone. Là era raffigurata la Cen-tauromachia, ossia la lotta tra iCentauri e i Lapiti, violenti abi-tanti primordiali della Tessaglia.Ritornato ad Atene, a distanza didieci anni, nella sede così presti-

giosa dell’UniversitàNazionale “Capodi-stria”, per un atto checonsidero uno dei ri-conoscimenti più al-ti che siano stati as-segnati a un cardi-nale della ChiesaCattolica Romana,mi è possibile soloprofessare, con lapiù grande ricono-

scenza, la profonda sororità i-deale, culturale e spirituale cheunisce l’Atene classica alla Romacristiana. È l’affermazione di unlegame umanistico, che dev’es-sere riproposto con forza inun’atmosfera contemporanea,spesso affidata solo alla tecnolo-gia e incline alla superficialità ealle relazioni immediate, mute-voli e persino aggressive. Se A-lexandre Dumas padre, nelle sueImpressioni di viaggio, affermavache «l’antichità è l’aristocraziadella storia», un testimone in-sospettabile come Steve Jobs, ilfondatore di Apple, non esitavaa confessare, alle soglie dellasua morte avvenuta nel 2011:«La tecnologia da sola non ba-sta. È il matrimonio tra la tec-nologia e le discipline umani-stiche a darci il risultato che cifa sorgere un canto nel cuore».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

AN

TIC

IPA

ZIO

NE Quel ponte umano

tra Roma cristianae Atene classica

Sotto l’acropoli una laureahonoris causa a RavasiIl prossimo 26 febbraio il cardinale Gianfranco Ra-vasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cul-tura, riceverà ad Atene la laurea honoris causa inLingua e Letteratura Italiana da parte dell’Univer-sità Nazionale e Capodistriana. Fondata nel 1837,è la più antica università dell’Europa sudorienta-le. In questa pagina anticipiamo la parte conclu-siva della sua lectio magistralis in cui il cardinalecompie un «percorso di natura “impressionistica”all’interno del Vaticano “ateniese”».

ELZEVIRODomenica 24 febbraio 2019