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di Alvise Spadaro

Documenti e fonti sul soggiorno siciliano di CaravaggioQualità della produzione e autorevolezza degli studiosi.

Documenti originali e coevi atestimoniare il soggiornosiciliano di Michelangelo

Merisi detto Caravaggio (1571-1610),avvenuto tra il 1608 e il 1609, sono statidistrutti o non ritrovati in seguito allenumerose calamità naturali e non, chenel periodo successivo hanno funestatola Sicilia orientale. A Messina la rivoltaantispagnola iniziata nel 1674 e iterremoti del 1783 e del 1908, nel Valdi Noto quello del 1693, e non solo.

Ciò nonostante il contenuto dialcuni documenti è giunto fino a noi instampa o in manoscritto grazie all’operadi trascrizione di studiosi che così hannosalvato il testo dalla distruzione deglioriginali.

La prima divulgazione risale al 1907e si riferisce a due documenti pubblicatia Messina da Virgilio Saccà (1868-1908):il primo ritrovato e trascritto daGiuseppe Arenaprimo e il secondoritrovato casualmente e segnalatogli dalprof. Giacomo Macrì che effettuava una

ricerca verosimilmente di diversoorientamento coadiuvato dal cav.Gaetano Palermo.

Documenti originali andati perdutiin seguito al terremoto di Messina del1908 sotto le cui macerie hanno persola vita anche Saccà, Macrì e Arenaprimocon la consorte.

All’epoca dei ritrovamenti Macrì eArenaprimo erano rispettivamentepresidente e vicepresidente della SocietàMessinese di Storia Patria, ed era l’annoin cui Saccà, che ricopriva l’incarico diconsigliere, avrebbe pubblicato unsaggio su Caravaggio per la rivista delsodalizio, quindi l’offerta deidocumenti inediti non poteva cheessergli utile e gradita.

Giuseppe Arenaprimo Spadarobarone di Montechiaro (1861-1908),cultore di araldica e autore di pregevolilavori, aveva trovato nell’archivio dellabaronessa Flavia Arau di Giampaolo, ildocumento dove è riportato che,Nicolò Di Giacomo, un antenato dellabaronessa, annotava di avercommissionato a Caravaggio quattroquadri raffiguranti altrettanti episodidella passione a scelta del pittore il qualeaveva già consegnato il primo, definitouna “bellissima opera”, raffigurante LaSalita al Calvario con Gesù, la VergineAddolorata e due manigoldi di cui unoche suona la tromba. Per il quadro DiGiacomo aveva pagato al pittore dal“cervello stravolto” quarantasei onze equesti gli aveva promesso che avrebbeconsegnato i rimanenti entro il mese diagosto, fissandone il prezzopersonalmente.

Grazie a questo documento si èpotuti essere certi dell’esistenza e delsoggetto del primo dei quattro quadri,purtroppo andato perduto, ma ancheche Caravaggio aveva intenzione di

rimanere a Messina almeno fino alla finedi agosto 1609. Anno confermato dalsecondo documento, ritrovato daGiacomo Macrì Sant’Angelo (1831-1908), giurista, deputato al Parlamento(1865-1867), rettore dell’Università diMessina (1895-1896), amico di GiovanniPascoli e autore di una monografia suFrancesco Maurolico.

Si tratta della minuta del contrattostipulato tra Giovanni Battista Lazzari ei Padri Crociferi di Messina, con amargine la nota di consegna, datata 10Giugno 1609, della pala d’altare dipintada Caravaggio destinata alla chiesa deiSS. Pietro e Paolo. Documento che hadestato un certo interesse dalla suapubblicazione principalmente per la«incongruenza» tra il soggetto delquadro indicato nel contratto,“Madonna con san Giovanni Battista edaltri santi”, e invece la “Resurrezione diLazzaro” consegnata da Caravaggio.

Una spiegazione plausibile si rilevadalla destinazione della tela, ossia lacappella funeraria della famiglia Lazzariall’interno della chiesa messinese, e dallaqualità del rapporto intercorso tra ilcommittente Giovanni Battista e ilfratello Tommaso. Infatti, come rileveràlo stesso Saccà il nome di Tommaso sitrovava spesso assieme a quello delfratello Giovanni Battista nei libri dellaTavola Pecuniaria per le vasteoperazioni commerciali. Ma si tratta diun legame fraterno di così particolareintensità affettiva che, come evidenziatoda successive ricerche, indurrà GiovanniBattista a battezzare il suo primogenitocol nome di Giovanni Tommaso, ossiacol nome del sodalizio.

Da una pubblicazione di GiuseppeGalluppi (m.1908) storico e saggistamessinese, risulta che Tommaso Lazzarisia deceduto l’anno 1608 e quindi conCaravaggio.

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ogni probabilità tra la commissione della“Madonna con san Giovanni Battista ealtri santi” (non è indicato il nome delpittore) e la consegna da parte diCaravaggio della “Resurrezione diLazzaro”. Un Caravaggio condannatoa morte che attende la remissione dellapena da parte del papa, reduce daSiracusa dove aveva addiritturainventato il tema del Seppellimento disanta Lucia per alludere a una «ri-nascita», potrebbe aver suggerito aGiovanni Battista di cambiare il soggettoper un quadro destinato al luogo in cuiera sepolto l’amato fratello.

Amore fraterno che traspare, anchese indirettamente, da quanto rilevato nel2007 da Maria Cristina Terzaghi nel suoCaravaggio, Annibale Carracci, GuidoReni, tra le ricevute del banco Herrera& Costa. Sembrerebbe che l’intestazionedella ditta abbia mantenuto sempre ilnome di tutti e due i fratelli almeno finoal 1617, come risulterebbe da documenticonsultati dalla studiosa.

Francesco Aprile. F. 89 del manoscritto di F. Aprile.

F. 115 del manoscritto di F. Susinno.Francesco Susinno.

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Giacomo Macrì.Gaetano Grano.Giuseppe Arenaprimo Spadaro.

Giuseppe Grosso Cacopardo.

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Infatti la presenza del suo nome nella«intestazione» della ditta fino a quelladata non vuol dire che Tommaso Lazzarifosse stato ancora vivo almeno fino al1617, anche perché come è stato rilevatoda Santo Castorina sul numero didicembre 2009 di Agorà, risulta giàdeceduto nel 1612. Infatti lo studiosocastellese ha pubblicato il testo dellelapidi dei sepolcri rispettivamente diGiuseppe e Giacomo Lazzari, fratelli diGiovanni Battista e Tommaso, rinvenutinella chiesa della Madonna del Carminead Acireale. Infatti nella lapide delprimo deceduto nel 1600 si legge“THOMAS ET JOANNES BAPTISTADE LAZARIS […] STATUERUNT”,invece il quella del secondo fratellodeceduto nel 1612 si legge “JO.BAPTISTA DE LAZZARIS […]MONUMENTU HOC DICAVIT”.

Inoltre che Tommaso Lazzari fossemorto nel 1608 Giuseppe Galluppi nonl’aveva “letto” da qualche parte, bensìaveva trascritto il lungo elenco delRuolo Generale della Confraternita deiBianchi di San Domenico, specificandoche “l’anno che precede ciascunconfrate è quello del suo decesso”.Elenco dove si legge appunto “1608[…] D. Tommaso Lazzari, governatorenel 1604” e non sembra ammissibilepossa trattarsi di un omonimo non soloperché la famiglia Lazzari non di originesiciliana era giunta a Messina da qualcheanno, ma principalmente perchéGalluppi precisa che i nomi trascrittinell’elenco si riferiscono esclusivamentea famiglie “nobili” ammesse allaarciconfraternita.

Anche Giuseppe Galluppi resteràvittima del terremoto del 1908.

Purtroppo, a causa della tardadatazione, non sempre questepubblicazioni vengono tenute daglistudiosi nella dovuta considerazione.Eppure si tratta di «TRASCRIZIONE», ossia“Copia di uno scritto eseguita conparticolare diligenza”, la cui fedeltà nelnostro caso sembra essere assicurata dallaserietà e autorevolezza degli autori.

Infatti una «trascrizione», è anche ilpiù antico manoscritto ritrovato,risalente ante 1710, che si riferisce alsoggiorno siciliano di Caravaggio.

Trascrizione effettuata dal gesuitaFrancesco Aprile (1658-1723), storico,docente di filosofia e teologiaall’università di Caltagirone, da unchronicon, ossia un «diario» dove i fraticalatini di Santa Maria di Gesùregistravano gli avvenimenti piùimportanti che accadevano nel loroconvento. Documento originale al

quale avrebbe attinto direttamenteanche Salvatore Leonardi in una suapubblicazione del 1892, perché questochronicon, sopravissuto al terremotodel 1693 e requisito nel 1866, è andatoin fumo nella notte del 16 febbraio 1901a causa di un incendio che distrusse labiblioteca comunale di Caltagirone chelo custodiva.

Aprile riporta testualmente cheinnanzi alla statua di una Madonna,opera di Antonello Gagini custoditanella chiesa del convento, Caravaggioavrebbe pronunciato la frase: “Chi lavuole più bella vada al Cielo”.

Un soggiorno calatino diCaravaggio, non sufficientementeconsiderato, per quanto rivelatore, pertutta una serie di coincidenze, delmotivo delle principali committenzericevute e quindi della ragione del suosoggiorno siciliano.

Il testo in stampa più antico, cheriporta addirittura un’altra frase testualedi Caravaggio, è stato pubblicato aNapoli nel 1613. L’autore VincenzoMirabella Alagona (1570-1624),architetto e padre dell’archeologiaaretusea, in nove tavole nelle qualifraziona la planimetria dell’anticaSiracusa e ne indica i luoghi principali,aggiungendo le biografie di Archimede,Teocrito, Epicarpo, Tesia e leillustrazioni di alcune monete rinvenutenella sua città.

Nel volume riferisce di una visita alleantichità siracusane durante la qualeCaravaggio aveva pronunciato unacelebre frase, attribuendo ad una anticalatomia il nome di Orecchio di Dionisiocon il quale è tuttora conosciuta,

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Carlo Castone.

Saverio Landolina.

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confermando così la sua avidità diconoscenza e l’acuto senso diosservazione.

In un altro testo pubblicato aMessina trentuno anni dopo, il gesuitaPlacido Samperi, che attribuisce aCaravaggio l’elegante qualifica di“Pictor praestantissimus”, segnala nellachiesa di Santa Maria la Concezione deiPadri Cappuccini “l’insigne quadro dellaMadonna del Parto, opera diMichelangelo Caravaggio”. Si trattadella più antica indicazione del quadroe come Samperi anche l’annalista CaioDomenico Gallo (1697-1880), nelsecolo successivo, indicherà questaNatività col nome di Madonna delParto, mentre recentemente, pure nellebiografie e nei repertori anche daiprincipali studiosi a decorrere daRoberto Longhi (1951), verrà chiamataarbitrariamente ed erroneamente“Adorazione dei pastori”.

Un manoscritto ritrovatonell’archivio del Kupferstichkabinett delKunstmuseum di Basilea e pubblicato nel1960 da Valentino Martinelli vieneutilizzato per colmare le lacune diinformazioni sul soggiorno siciliano diCaravaggio. Una biografia (quindi nonuna «trascrizione») redatta nel 1724 dalcanonico messinese Francesco Susinno(m. 1739 c.) in cui si notano evidentiriferimenti a quella già pubblicata nel1672 dal romano Giovanpietro Bellori,ai quali per il soggiorno siciliano, senzaspostarsi dalla sua città, il Susinnoaggiunge solo «aneddoti» evidentementeriportati dalla tradizione orale.Aneddoti non tutti convincenti, anchese l’eccezionalità della scoperta, haattribuito una considerazione esagerataper l’intero contenuto.

Monsignor Gaetano Grano (1754-1828) poliedrico personaggio, medico,magistrato ecclesiastico, presidente esocio nonché bibliotecario diaccademie, fondatore del MuseoPeloritano, nonché consigliere diFerdinando IV di Borbone al qualerifiuta l’incarico assegnatogli addiritturadi Viceré di Sicilia, fa dono a JakobPhilipp Hakert (1737-1807), inviato inSicilia nell’aprile del 1790 per disegnarei porti e le coste, di un suo manoscrittocontenente notizie sui pittori messinesi,invitandolo però a non svelarne l’autorequalora intendesse pubblicarlo.

Nel manoscritto, a proposito delsoggiorno siciliano di Caravaggio,Grano precisa che la Natività (e non

“Adorazione dei pastori”) pagata millescudi fu commissionata dal Senato e fula prima opera realizzata a Messina, allaquale seguirono altre commissioni ancheprivate e che fuggì dalla città delloStretto per aver ferito gravemente intesta un maestro di scuola.

Poco conosciuto l’interessante, bendescritto e documentato viaggio inSicilia del conte comasco Carlo Castonedella Torre di Rezzonico (1742-1796)segretario perpetuo dell’Accademia diBelle Arti di Parma, poeta e socio didiverse accademie.

Nel novembre del 1793 assieme alcavaliere catanese Saverio Landolina(1743-1814), celebre archeologoscopritore della statua di Venere cheporta il suo nome, ripercorre lo stesso

tragitto siracusano checentotrentacinque anni prima VincenzoMirabella aveva percorso conCaravaggio: «Dalle Latomie n’andammoalla vicina Chiesa di S. Lucia, dove conmolto dolore mi posi a considerare unastupenda opera del Caravaggio, di cuinon appariscono ormai che l’ombre, ele reliquie in alcune bellissime figure discavatori muscolosi ed ignudi, ed unafolla d’uomini e di donne accorse conun vescovo, e parte del clero aldiseppellimento [sic] di S. Lucia. Il suocadavere intatto emerge per metà dallafossa, e stende un braccio chevisibilmente esce dalla tela per la magiadel chiaroscuro; ed una vecchia in attodi ammirazione, stringendosi la testaavvolta fra le bende, vi è finta con tantaverità, che par viva».

E improbabile pensare che il coltoosservatore abbia potuto vedervi unacerimonia di riesumazione, bisognaforse tener conto invece che eraarrivato in Sicilia con commendatiziemassoniche, massone egli stesso, eallievo del quasi coetaneo GiuseppeBalsamo, più noto come Cagliostro, equindi avvezzo a «disseppellire» isignificati alchemici nascosti lì dovesentiva di averli percepiti. E poi ancheil suo interlocutore Landolina, cheavrebbe potuto segnalargli la svista, setale fosse stata, era un «fratello».

Giunto a Messina, ospite del citatomonsignor Gaetano Grano, da questicondotto ad ammirare la Madonna delparto scriverà: «Salii al convento deiCappuccini, che gode di bellissima vista.Una natività del Caravaggio sarebbeopera capitale, se fosse più conservata.Quanto ancora si vede è dipinto congrande evidenza, e con pennello pienodi sugo, e del solito artificio nel chiudernei lumi».

Autore di una guida di Messina e diun volume sui pittori messinesi,Giuseppe Grosso Cacopardo (1789-1858) plurilaureato medico e avvocato,deputato al Museo Civico messinese, sidedica a studi storici e umanistici. Sulsoggiorno siciliano di Caravaggiopreciserà che Caravaggio a Messinaaveva dipinto anche un San Giovannidecollato per la chiesa dei Cavalieri diMalta, Un Ecce Homo con Ponzio Pilatoper quella di Sant’Andrea Avellino e chetutte le altre opere non altrimenti noteerano state vendute o distrutte.Aggiungendo poi che da Messina erafuggito direttamente a Napoli. Notizia

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Documenti:- Francesco Aprile, Notizie sagre delle Chiese e

Case Religiose fondate nella g.tissima Città diCaltagirone trattandosi pure gli elogi degli uominiillustri, ms. ante 1710, Biblioteca Comunale “E.Taranto”, f.84.- Virgilio Saccà, Michelangelo da Caravaggio

pittore-studi e ricerche, in “Archivio StoricoMessinese”, VIII, 1907/1-2, pp.41-79.- Alvise Spadaro, Un antico manoscritto conferma:

Caravaggio sostò a Caltagirone, in “La Sicilia”18.11.1984, p.9

Fonti:- Vincenzo Mirabella, Dichiarazione delle Piante

dell’Antiche Siracuse, e d’alcune scelte medaglied’esse, e de’ Principi che quelle possedettero,Napoli 1613, pp.88-89.- Placido Samperi, Iconologia della gloriosa

Vergine madre di Dio Maria protettrice di Messina,ivi 1644, p.143.- Francesco Susinno, Le vite de Pittori messinesi e

di altri che fiorirono in Messina, ms., 1724 a. 45,Kupferstichkabinet del Kunstmuseum di Basilea,ff.118-123.- Caio Domenico Gallo, Annali della città di

Messina, tomo I, ivi 1756, p.174.- Philipp Hakert-Gaetano Grano, Memorie dei

pittori messinesi (1792) (ed. a cura di S. Bottari), in“Archivio Storico Messinese”, n.s. I, XXVIII-XXXV,1934, pp. 17-19.- Giuseppe Grosso- Cacopardo Memorie de’pittori

messinesi e degli esteri che in Messina fiorironodal secolo XII sino al secolo XIX, ivi 1821, p.80.- Carlo Castone della Torre di Rezzonico Viaggio

della Sicilia, Palermo1828, pp.121, 196-197.- Francesco Susinno Le vite de’ pittori messinesi (a

cura di V. Martinelli), Firenze 1960, pp. 106-116.

Documenti e fonti sono trascritti testualmenteo riprodotti in Alvise Spadaro Caravaggio inSicilia. Il percorso smarrito Acireale-Roma 2013pp. 231-246.

GLI AGORÀ POINTLa rivista Agorà è presente in circa 200 punti vendita dell’Isola, inoltre sono in corso di attivazione dei punti vendita in varielocalità della Sicilia dove si potranno trovare o richiedere tutte le pubblicazioni edite dall’Editoriale Agorà, cioè la rivista Agoràcompresi tutti gli arretrati e i libri pubblicati. Inoltre la rivista Agorà e le pubblicazioni con il marchio Editoriale Agorà possonoessere richieste direttamente alla redazione inviando una email a: [email protected].

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Vincenzo Mirabella Alagona.

Virgilio Saccà.

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quest’ultima che lascia supporre unsecondo periodo messinese, oppure uninesistente soggiorno palermitano. Teoriaquest’ultima già avanzata in considera-zione di evidenze stilistiche nella palascomparsa, ma più recentementedall’attribuzione alla tela, per quanto nonesplicitamente indicata, di undocumento risalente al periodo romano.

Nel 1907 Virgilio Saccà (1868-1908)letterato e pubblicista messinese, sociodi numerose accademie letterarie eartistiche, segretario dell’AccademiaPeloritana, assieme ai documentiritrovati da Arenaprimo e Macrì,pubblica le prime notizie su Lazzari eDi Giacomo, committenti diCaravaggio, e segnala l’ esistenza di un“Cristo che va al Calvario con unaMaria e vari soldati” in possesso delprincipe Marullo di Castellaci,specificando però che “nessun soldatoin questo dipinto suona la tromba”.Confermava quanto aveva asseritoGrosso Cacopardo e a proposito delSan Giovanni decollato aggiungeva,come raccontatogli da un confrate dellachiesa che custodiva l’opera, che la telaera stata donata da Caravaggio a unoste prima che il pittore partisse daMessina, «in cambio di denaro e pergratitudine di averlo nascosto in unmomento burrascoso», e da questisarebbe poi passata alla chiesa. Saccànon riteneva del tutto improbabile unaprima seppur breve sosta logistica aMessina per Caravaggio proveniente daNapoli e diretto a Malta.