Agenda La riqualificazione di Niddrie, Edinburgh Indice · a cura di Daniela De Leo, p. 33 QSN...

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Servizi e competitività Carmelina Bevilacqua, p. 38 Politica regionale e città Aldo Perotti, p. 40 Rassegna Il Piano Paesaggistico della Sardegna: problematiche, sfide e opportunità Sebastiano Bitti, p. 43 L’opera e il palcoscenico Laura Ferrari, p. 46 Il Psc dei comuni di terre d’acqua Carla Ferrari, p. 48 I percorsi virtuosi della pianificazione strategica Fatima Alagna, p. 52 Piani strategici in Sicilia: la dimensione urbana Marilena Orlando, p. 54 In Umbria si avvia la nuova stagione dei Puc Franco Marini, p. 56 Aperture Nuovo piano e città Francesco Sbetti, p. 3 Agenda Piano casa: vecchie logiche e nuove illusioni Angela Barbanente, p. 4 … si discute: di monnezza, p. 6 Riqualificazione urbana e ambientale a cura di Francesco Sbetti, p. 7 La Bormioli di Parma Marco Adorni, p. 8 Vergato: una “piccola esperienza” Pierluigi Milani, p. 10 La città delle colonie Michele Casadei, p. 13 Riconnessione della rete degli spazi aperti Vincenza Santangelo, p. 17 I waterfront storici delle città siciliane come alimentatori di qualità urbana Daniele Ronsivalle, p. 19 Riqualificazione di una cava nel Parco del fiume Savio Anna Maria Biscaglia, Otello Brighi, Maria Chiara Magalotti, p. 21 Il «parco cimiteriale» di Napoli M.Giulia Marziliano, p. 25 La strada come strumento di costruzione del paesaggio Emanuela Morelli, p. 28 Piste ciclabili con i “piedi” per terra Vittoria Crisostomi, Maria Ciuffreda, Daniela Re, p. 30 Ancora... a sud delle politiche urbane a cura di Daniela De Leo, p. 33 QSN 2007/2013: specificità Vs emergenza Massimo Zupi, p. 34 Programmazione negoziata e monitoraggio degli interventi Mario Vella, p. 36 una finestra su: Edinburgo a cura di Marco Cremaschi, p. 59 La riqualificazione di Niddrie, Edinburgh Carlotta Fioretti, p. 59 Regno Unito e Italia: elementi per un confronto Carlotta Fioretti, p. 61 Buone pratiche in Italia Carlotta Fioretti, p. 64 Opinioni e confronti Codice del paesaggio, piani e progetti Stefano Boato, p. 69 Considerazioni sul nuovo Piano di Roma Roberto Pallottini, p. 73 Il sistema di perequazione nel nuovo prg di Roma Fabrizio Giordano, p. 76 Fasi operative e contabili della Programmazione Opere Pubbliche Patrizio Belli, p. 78 Crediti urbanistici La Lr 12/2008 della Puglia Ezio Micelli, p. 80 Eventi Agricoltura sociale e nuove forme di urbanità Maurizio Di Mario, p. 82 Il verde nelle città “low carbonLuke Engleback, Alessio Russo, p. 83 Cambiamenti Climatici: la sfida per il paesaggio Luke Engleback, Alessio Russo, p. 84 Nancy 2009: 8° Biennale di Urbanistica europea Franco Migliorini, p. 86 Inu Le Commissioni e i Gruppi di studio nazionali Simone Ombuen, p. 87 Assurb a cura di Daniele Rallo, p. 93 Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 97 Indice Indice

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Servizi e competitivitàCarmelina Bevilacqua, p. 38

Politica regionale e cittàAldo Perotti, p. 40

RassegnaIl Piano Paesaggistico della Sardegna:problematiche, sfide e opportunitàSebastiano Bitti, p. 43

L’opera e il palcoscenicoLaura Ferrari, p. 46

Il Psc dei comuni di terre d’acquaCarla Ferrari, p. 48

I percorsi virtuosi della pianificazionestrategicaFatima Alagna, p. 52

Piani strategici in Sicilia: la dimensioneurbanaMarilena Orlando, p. 54

In Umbria si avvia la nuova stagione dei Puc Franco Marini, p. 56

ApertureNuovo piano e cittàFrancesco Sbetti, p. 3

AgendaPiano casa: vecchie logiche e nuove illusioni Angela Barbanente, p. 4

… si discute: di monnezza, p. 6

Riqualificazione urbana eambientalea cura di Francesco Sbetti, p. 7

La Bormioli di ParmaMarco Adorni, p. 8

Vergato: una “piccola esperienza” Pierluigi Milani, p. 10

La città delle colonieMichele Casadei, p. 13

Riconnessione della rete degli spazi aperti Vincenza Santangelo, p. 17

I waterfront storici delle città sicilianecome alimentatori di qualità urbanaDaniele Ronsivalle, p. 19

Riqualificazione di una cava nel Parco delfiume SavioAnna Maria Biscaglia, Otello Brighi,Maria Chiara Magalotti, p. 21

Il «parco cimiteriale» di NapoliM.Giulia Marziliano, p. 25

La strada come strumento di costruzionedel paesaggioEmanuela Morelli, p. 28

Piste ciclabili con i “piedi” per terraVittoria Crisostomi, Maria Ciuffreda,Daniela Re, p. 30

Ancora...a sud delle politiche urbanea cura di Daniela De Leo, p. 33

QSN 2007/2013: specificità Vs emergenzaMassimo Zupi, p. 34

Programmazione negoziata emonitoraggio degli interventiMario Vella, p. 36

una finestra su: Edinburgoa cura di Marco Cremaschi, p. 59

La riqualificazione di Niddrie, EdinburghCarlotta Fioretti, p. 59

Regno Unito e Italia: elementi per unconfrontoCarlotta Fioretti, p. 61

Buone pratiche in ItaliaCarlotta Fioretti, p. 64

Opinioni e confrontiCodice del paesaggio, piani e progetti Stefano Boato, p. 69

Considerazioni sul nuovo Piano di RomaRoberto Pallottini, p. 73

Il sistema di perequazione nel nuovo prgdi RomaFabrizio Giordano, p. 76

Fasi operative e contabili dellaProgrammazione Opere PubblichePatrizio Belli, p. 78

Crediti urbanistici La Lr 12/2008 della PugliaEzio Micelli, p. 80

Eventi Agricoltura sociale e nuove forme diurbanitàMaurizio Di Mario, p. 82

Il verde nelle città “low carbon”Luke Engleback, Alessio Russo, p. 83

Cambiamenti Climatici: la sfida per ilpaesaggioLuke Engleback, Alessio Russo, p. 84

Nancy 2009: 8° Biennale di UrbanisticaeuropeaFranco Migliorini, p. 86

InuLe Commissioni e i Gruppi di studionazionaliSimone Ombuen, p. 87

Assurba cura di Daniele Rallo, p. 93

Libri ed altro a cura di Ruben Baiocco, p. 97

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rappresentare ed evidenziare, nel centro della complessità, lecittà appunto, quanto la separazione in due fasi dei pianiurbanistici sia efficace e soprattutto quanto le criticità cheda sempre caratterizzano l’urbanistica italiana possano tro-vare nelle leggi regionali riformate strumenti utili di gover-no.Ci si riferisce in primo luogo a quello che oggi chiamiamocittà pubblica e alla effettiva possibilità di reperire risorseper il verde pubblico, per gli spazi collettivi e per i servizi;alla effettiva possibilità che in una fase, destinata a perdu-rare, di mercato immobiliare fermo e in crisi e quindi inca-pace (al di la di ogni altro giudizio sul consumo di suolo) disostenere costi aggiuntivi, che i nuovi strumenti della pere-quazione e dei crediti edilizi siano in grado di compensarelei limitate risorse finanziarie dei comuni.La questione del dimensionamento che comprende al suointerno le molteplici tematiche del piano, dal rapporto servi-zi – abitanti, alla sostenibilità della crescita, al rapporto tracittà e comuni di cintura a quel processo di metropolitaniz-zazione che ha di fatto ridefinito i pesi e le relazioni territo-riali e che richiede quindi strumenti diversi, compresi i pianiurbanistici, nella forma e nei confini.Non ultimo il tema della città consolidata che nei comuni didimensione maggiore rappresenta l’ambito a più elevata tra-sformabilità, anche se molte nuove leggi regionali, forseancora impregnate di una “cultura dell’espansione” nonsanno leggere e riconoscere i tessuti urbani e le loro nuovecaratterizzazioni funzionali, e ripropongono ancora un indi-stinto “ambito di completamento”. La città consolidata èinvece il luogo dove si concentrano aree degradate e/o fun-zionalmente dismesse, spazi residuali liberi (cortili piuttostoche aree agricole intercluse e incolte), che possono rappre-sentare importanti risorse di progetto urbano e non soloambiti di densificazione.

I temi che il governo delle grandi città pone sono molteplicie strategici, appartengono a quello che abbiamo chiamato ilnuovo piano ed è certamente a questa scala che si devono esi possono affrontare le questioni che attengono al clima eal risparmio energetico, alle nuove domande abitative e algoverno della mobilità delle persone.La nuova stagione della progettazione urbanistica delle cittàitaliane rappresenta sicuramente un importante momento diverifica della efficacia dei percorsi intrapresi dalle leggiregionali riformate. UI si impegna a seguirne con attenzioneil dibattito e gli esiti.

Uno degli esiti delle riforme urbanistiche avviate dalleRegioni, anche se poco se ne è parlato, è rappresentato dainuovi piani strutturali che le grandi città e le città capoluo-go hanno intrapreso. Dopo una lunga stagione che avevavisto le città italiane “abbandonare” la redazione dei Prg perapprodare ad una pianificazione caso per caso, progetto perprogetto, la spinta riformista ha contagiato anche le realtàpiù ritrose ad affrontare il disegno unitario di assetto qualeprecondizione per il governo degli interventi di trasforma-zione.La storia urbanistica che forse ci avviamo a superare havisto molte nostre città governare senza piano, infatti i Prg,così come i diritti che questi hanno attivato, risalgono amolti decenni orsono, e si caratterizzano sempre di piùcome uno strumento in perenne costruzione incapace difare sintesi, come una sorta di tela di Penelope che le diver-se Amministrazioni, nel tempo, si premurano di tessere edisfare.Questo governo senza piano è stato (è) una pratica urbani-stica molto diffusa soprattutto nelle città più grandi inquanto, a fianco di una reale difficoltà tecnica e politicanella redazione di uno strumento diventato nel tempo sem-pre più complesso come il Prg ex lege 1140, consente unagestione delle trasformazioni urbane adeguate ai “bisogni”politici e immobiliari del momento.Possiamo certamente affermare che contrariamente ad altrestagioni dell’urbanistica italiana che avevano visto i pianidelle grandi città “fare scuola”, le sperimentazioni dellariforma, così come le innovazioni disciplinari prodotte, sonoil frutto di un lavoro che vede impegnati soprattutto i picco-li e medi comuni in rapporto, e in alcuni casi anche in co-pianificazione, con le Provincie e le Regioni.Piano strutturale non conformativo e piani operativi pre-scrittivi e perequativi vedono oggi impegnate anche le gran-di città, e non si tratta solo di quelle toscane e degli attesicasi dei Psc di Bologna e dei capoluoghi dell’EmiliaRomagna, ma anche delle città del Veneto: Verona, Vicenza,Padova e Venezia sono al lavoro, e di quelle lombarde, valeper tutte il Pgt di Milano e più recentemente hanno avviatoi lavori anche molte città della Calabria e della Basilicata.Si tratta di un percorso importante in quanto è in grado di

ApertureAperture

Nuovo piano e cittàFrancesco Sbetti

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quelle a basso reddito, con anziani ultrasessantacinquenni,diversamente abili e figli minori a carico.Tutto ciò a me appare di gravità inaudita. I 550 milioni dieuro stanziati dal Governo per il Programma straordinariosono confluiti in un nuovo e del tutto nebuloso piano casa,rinviando così a chissà quando l’utilizzo di risorse che, conuno sforzo congiunto straordinario fra Regioni e Comuni,erano state assegnate, ripartite, localizzate, e anche oggettodi progettazioni esecutive, per pervenire in tempi brevi all’a-pertura di cantieri di recupero e nuova costruzione per11.842 alloggi pubblici.Altro che Robin Hood! Chi rischia di rimanere senza casaperché sotto sfratto esecutivo o chi non riesce a trovare casaa prezzi accettabili come può sopportare di vedere sfumareun programma già in fase attuativa per un nuovo piano daicontenuti e dai tempi indefiniti? E chi garantisce che poi,con uguale rapidità, gli stessi fondi non siano sottratti allacasa e destinati a qualche inutile infrastruttura? Quale credi-to si può dare a un Governo che, nel corpo dello stessoprovvedimento, da una parte mostra di voler semplificare eaccelerare per dare risposte certe e tempestive ai bisogni delPaese, e dall’altra, annullando un procedimento sostanzial-mente concluso, determina il ritardo sine die della soluzionedi tante emergenze abitative? Per il resto, il decreto legge non propone niente di nuovo:una nuova svendita del patrimonio pubblico a un prezzo dicessione rapportato esclusivamente al canone di locazione;vaghi riferimenti agli strumenti della finanza di progetto edella premialità urbanistica, sui quali peraltro la gran partedelle Regioni ha già avviato percorsi normativi e program-matici che tengono conto delle specifiche situazioni socio-economiche e urbanistiche; e, soprattutto, la solita invasioneda parte dello Stato di competenze proprie delle Regioni, inevidente contrasto con l’affermata volontà di completare ildisegno di riforma federalista delle istituzioni per avvicinarequeste ultime ai cittadini ed elevarne i livelli di efficienza edefficacia delle politiche. In particolare, com’è stato osservatonel documento predisposto dalla Commissione infrastrutture,mobilità e governo del territorio della Conferenza delleRegioni del 1° luglio 2008, il piano nazionale previsto daldecreto, utilizzando da un lato le procedure della leggeobiettivo e dall’altro lo strumento dell’accordo di program-ma quadro (Ministero Infrastrutture e Trasporti – Regioni),“riaccentra le competenze amministrative in capo alleamministrazioni centrali, contravvenendo al disposto costi-tuzionale e alla giurisprudenza costituzionale (...) che haricondotto la programmazione in materia di edilizia residen-ziale pubblica all’interno della materia “Governo del territo-rio” (…) di competenza concorrente delle Regioni.” L’amara conclusione, che amareggia molto chi come me èdirettamente impegnata nell’amministrazione e sulla qualemi auguro che riflettano in tanti, è che si tratta dell’ennesi-ma dimostrazione dell’abilità di Berlusconi e del suo Governonell’arte dell’illusionismo. Un’arte che, come sappiamo, affa-scina il pubblico finché non scopre il trucco. E in questocaso il trucco è già chiaro e non è per nulla divertente: sitorna sui propri passi come gamberi in un mondo che mutaa velocità vorticosa. Ma l’abilità dei nostri illusionisti è note-

Commentando il testo del Decreto Legge n. 112, approvatodal Consiglio dei Ministri il 18 giugno 2008, i principaliquotidiani nazionali hanno enfatizzato la previsione di un“piano casa” finalizzato a “superare in maniera organica estrutturale il disagio sociale e il degrado urbano derivantedai fenomeni di alta tensione abitativa”. Bene! è stata la miaimmediata reazione, e forse anche quella di tante famiglie epersone alle prese con il problema della casa. Dai pochi ele-menti forniti dagli articoli dei giornali emergevano peròalcuni dettagli che mi hanno immediatamente insospettita:le somme destinate al “piano casa” corrispondevano all’am-montare degli stanziamenti disposti dal precedente governoper il Programma straordinario di edilizia residenziale pub-blica previsto dal decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, con-vertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n.222, oltre che ad altre somme, fra cui quelle non impegnaterivenienti dall’art. 18 della legge 203/1991, destinate alfinanziamento dei Contratti di Quartiere II. Come il mio ruolo impone e come ogni cittadino informatoe consapevole dovrebbe fare, sono quindi andata a leggere iltesto della bozza di decreto. Ho così avuto conferma che imiei sospetti erano più che fondati: in nove minuti e mezzo– questo, come titolavano i giornali, il tempo dedicato alladiscussione della manovra economica dal Consiglio deiMinistri - il Programma straordinario del precedente gover-no era stato annullato. Merita ricordare che il dl 159/2007,art. 21, comma 1, finanzia con 550 milioni di euro un pro-gramma straordinario di edilizia residenziale pubblica diret-to a soddisfare il fabbisogno alloggiativo individuato dalleregioni e province autonome sulla base di elenchi di inter-venti prioritari e immediatamente realizzabili nei comuni adelevata tensione abitativa e in relazione alle priorità definitenel tavolo di concertazione generale sulle politicheabitative1. In nove minuti e mezzo si erano così gettati alleortiche mesi di lavoro dedicati dai Ministeri delleInfrastrutture, della Solidarietà Sociale, per la Famiglia e lePolitiche Giovanili, d’intesa con le Regioni, i Comuni e leparti sociali, alla messa a punto e all’approvazione di unprovvedimento operativo volto ad affrontare alcune acuteemergenze abitative e in particolare ad assicurare il passag-gio da casa a casa alle famiglie sfrattate, con priorità per

Angela Barbanente*

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Piano casa: vecchielogiche e nuove illusioni

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Urbanistica INFORMAZIONI

vole. Danno l’illusione di fare mentre in realtà disfano ciòche si è già fatto. Danno l’illusione di innovare mentre pro-pongono logiche e strumenti vecchi e già rivelatisi inefficaci.Ma in un circuito mediatico dominato dalla superficialità edal conformismo, la proposta di un “piano casa” è stata suf-ficiente a ottenere per qualche giorno le prime pagine deigiornali. E questo sembra essere il dato più importante.

E poi, un provvedimento varato in appena in nove minuti emezzo! Tutti a bocca aperta, ammirati di fronte a una talerapidità decisionale, senza cercare di scoprire quali ingannipossono nascondersi dietro decisioni fulminee.

* Assessore Urbanistica Regione Puglia.

Note1 Cfr. Agenda n. 213 di UI, maggio–giugno 2007.

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BASSETTI E LA SUA CITTÀIl 26 aprile 2008 è morto Silvano Bassetti; politico e architetto ha fondato la sezione regionale dell’INU la rivista altotesina Atlas. Nel 2000 viene candidato alle comu-nali, fu eletto e nominato assessore all’urbanistica, ruolo in cui è stato confermato anche nel 2005.

Per chi come noi ha percorso molta strada vicino a Silvano Bassetti, in un rapporto di amicizia, rispetto, condivisione culturale, politica e amministrativa, la sua scom-parsa significa vuoto, mancanza, quasi l’incapacità di riannodare i fili del discorso lasciato in sospeso. Ma Silvano ha lasciato molto e nostro compito è quello di rin-tracciare e di rimettere in fila il suo pensiero e la sua azione di governo del territorio. Con lui, nell’Istituto nazionale di urbanistica, abbiamo condiviso l’idea che sia pos-sibile costruire una città migliore nella quale vivere e che il piano urbanistico sia uno strumento necessario - anche se non sufficiente - per realizzarla.Alcuni “capisaldi”, Silvano li chiamava così nei suoi documenti, pensiamo possano essere condivisi da subito e possono rappresentare in qualche misura l’ “eredità urba-nistica” che ci lascia.Il riconoscimento di quello che ha definito “il modello sudtirolese”, un progetto politico-sociale di conservazione dell’identità etnica del gruppo tedesco che, attraver-so la salvaguardia degli assetti territoriali e paesaggistici tradizionali, ha garantito uno sviluppo equilibrato e diffuso, il popolamento della montagna e la forte inte-grazione di agricoltura, turismo e artigianato. Nel riconoscerne gli esiti positivi nel buon livello di conservazione ambientale, di benessere delle popolazioni, di equili-brio socio-economico, di pace sociale e di convivenza etnica, non mancava di ricordarci l’altra faccia di tale modello, “anti-industriale” e “anti-urbana”, che ha com-presso negli anni ’70 e ’80 lo sviluppo del capoluogo.L’esperienza di Laboratorio Bolzano-Hauptstadt Bozen che, alla fine degli anni ’80 alla vigilia della chiusura della vertenza sul “pacchetto” di autonomia e della libera-lizzazione del mercato europeo, in concomitanza dell’insediamento delle nuove amministrazioni in Provincia e nel capoluogo e nella contemporanea elaborazione delLEROP (il piano provinciale) e del PUC di Marcello Vittorini, in un percorso di riflessione collettiva, ha visto impegnate istituzioni, associazioni, cittadini nel ripensare ilruolo del capoluogo, non più contrapposto al suo territorio. A partire dalle sue risorse – la collocazione geografica tra Nord e Sud, il prezioso contesto paesaggistico eambientale, la compresenza di più etnie e l’incontro tra più culture, il quadro istituzionale di autonomia, l’equilibrio socio-economico raggiunto – si sono riproposte lesue vocazioni di città capoluogo, città delle Alpi e dell’Europa per avviare un processo di costruzione di una identità interetnica, policulturale e bilingue che sappia ride-finire strategie di riconversione ambientale, culturale ed economica. Ci piace qui ricordare che assieme con Silvano c’era anche Hans Glauber nel promuovere l’associa-zione Laboratorio Bolzano-Hauptstadt Bozen e i due convegni dell’89 e ’90 sul futuro della città.L’aver compreso, riflettuto e applicato con intelligenza la legge urbanistica provinciale ed in particolare quella parte relativa alle nuove espansioni che dal 1972 rap-presenta uno strumento “perequativo” (se vogliamo sui generis e ante litteram) e che ha consentito di costruire una città plurale e articolata capace di accumunare edi-lizia residenziale pubblica e privata. Percorso questo che Silvano ha utilizzato, non solo nel suo progetto di Bolzano, portando questa esperienza nel dibattito naziona-le sulla riforma della legge nazionale per il governo del territorio.Casanova e Firmian come esperienza di pianificazione attuativa, pur nelle difficoltà che costantemente richiamava, per sperimentare percorsi di progettazione (concorsiinternazionali), integrazione tra città nuova e città esistente, integrazione tra funzioni e nuovi progetti di risparmio energetico e città sostenibile.La battaglia culturale e disciplinare su densificazione e qualità urbana, un percorso europeo di città compatta, coerente con la struttura urbana di Bolzano, che a par-tire dall’esigenza di risparmiare territorio in quanto risorsa non rinnovabile, cerca di prefigurare una città densa di qualità architettonica, di servizi, di funzioni e diaccessibilità con trasporti pubblici efficaci e confortevoli. Nel declinare concretamente questi concetti difendeva non solo il territorio agricolo e il paesaggio agrario deivigneti e frutteti, ma anche il cuneo verde e gli spazi liberi interni alla città.Il progetto Ferroplan, non da tutti compreso prima ancora che non condiviso. Progetto innovativo capace di ridare piena autorità ed autonomia decisionale sulle gran-di scelte al Comune, assieme alla Provincia e alle Ferrovie, nell’interesse della città e dei suoi cittadini.Ferroplan un progetto che racchiude la concezione urbanistica di risparmio di suolo, recupero urbanistico e funzionale di spazi dismessi e in trasformazione, di qualitàarchitettonica, di attrezzatura della città di nuove infrastrutture di servizio e verde urbano, di soluzione ai problemi della mobilità di lunga percorrenza, di pendolari-smo e di accessibilità alle diverse parti della città.Infine il piano urbanistico, il PUC. Il documento dei cosiddetti saggi rappresenta solo l’ultimo atto dell’azione di governo della città dell’Assessore Bassetti. Un labora-torio innovativo sulla linea dei percorsi di riforma che sta vivendo l’urbanistica italiana. Innovazione nella forma, nelle modalità operative e nei temi progettuali.Attraverso il nuovo piano e attraverso l’operatività degli interventi si propone di riadeguare la struttura urbanistica e ambientale e, contestualmente, individuare alcu-ne operazioni strategiche capaci di rifunzionalizzare e riqualificare parti importanti della città e infine avviare un processo di recupero diffuso, capace di strutturarenuove centralità e di favorire processi di qualificazione socioeconomica e ambientale.Il documento preliminare al PUC in questa logica e nelle modalità con cui è stato costruito rappresenta un atto formale e non un disegno visionario di speranze lonta-ne, un primo passo da condividere con tutta la città, per costruire il masterplan e quindi il piano urbanistico comunale in grado di definire dove, come, quando e daparte di chi quelle indicazioni possono trovare attuazione.

Peter Morello e Francesco Sbetti dell’Istituto nazionale di urbanistica

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...si discute...si discute

... di monnezza

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valori della governance locale” aVergheto il Pru “ha rappresentato la –road map – entro la quale ricondurrel’azione dei singoli soggetti coinvolti”,mentre a Portici il censimento deglispazi aperti diventa lo spunto “per lacostruzione di strategie progettuali chesuggeriscono un ripensamento dellepolitiche urbanistiche” e l’interventosul fiume Savio a Cesena rappresenta“la possibilità di concentrare le cessio-ni da parte degli imprenditori cheattueranno le aree industriali”.

La riflessione offerta dagli interventi diriqualificazione urbana ed ambientalerimanda anche alla dimensione econo-mica del progetto, alla loro sostenibili-tà e al contributo che questi possonooffrire alla costruzione della città pub-blica.Passata la fase pionieristica e forsetroppo contrattuale dei programmiintegrati si può, a partire dai casi con-creti, provare ad elaborare una dimen-sione degli strumenti perequativi chesappia legare processi di valorizzazio-ne, domanda di qualità e servizi urba-ni. Sapendo che questa è la sfida checi attende anche rispetto al tema anco-ra non risolto del regime dei suoli.

Riqualificazione urbana e ambientalea cura di Francesco Sbetti

I casi presentati possono essere suddi-visi in due grandi gruppi: quelli cheintervengono su edifici residui di unaindustrializzazione che aveva dominatoi centri della città o sulle colonie sim-bolo di un turismo “disciplinato” che èandato trasformandosi in “turismiorganizzati” modificando anche i con-tenitori destinati ad accogliere questefunzioni, e quelli che intervengonosugli spazi aperti: parchi, percorsi estrade come opportunità per valorizza-re l’ambiente e il paesaggio, ma anchegli spazi costruiti ponendo così l’atten-zione, nello sviluppo del progetto, alrapporto densificazione-rarefazione.Il racconto degli studi, progetti e inter-venti concentra il fuoco sul rapportocon il passato e con le identità, anchelontane, che questi luoghi richiamanoe nello stesso tempo evidenziano l’im-portanza che assumono gli strumentidi attuazione: programmi integrati,varianti urbanistiche, piani di settore.

Si tratta di una attenzione strategicache guarda alle modalità con cui ilprogetto può e trova attuazione e chein alcuni casi è in grado di valutarneanche gli esiti.Nel caso della Bormioli di Parma l’ipo-tesi progettuale “intende essere un con-tributo all’interno di un più generaledibattito sulla – forma urbis – e sui

La rassegna di interventi e casi di

studio presentati in questa sezione

rappresentano un’occasione di

riflessione per valutare quale ruolo

possono svolgere i progetti di

riqualificazione urbana ed

ambientale nel quadro degli

interventi urbanistici.

La natura stessa della definizione di

riqualificazione solleva una

dimensione dominante del progetto

urbanistico che da molto tempo si

pone il tema di intervenire sul

costruito e cioè riqualificare spazi ed

edifici che hanno esaurito la loro

funzione originaria e che

necessitano, pena degrado e

abbandono, una di essere ripensati,

riprogettati, rifunzionalizzati nello

spazio e nel mercato.

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Coordinamento riqualificazione ex areeindustriali di Parma, con lo scopo dicoordinare le fasi necessarie per pro-muovere una progettazione partecipatadella riqualificazione non solo dell’areaBormioli ma anche di tutte le ex areeindustriali cittadine. La nuova associa-zione vede anche il coinvolgimento delgruppo Medaglie d’oro della VetreriaBormioli Rocco e figlio (stabilimento diParma)3, rappresentato da GiorgioGiliotti, e di alcune personalità dell’a-teneo cittadino, tra cui soprattuttol’arch. Marco Bennicelli della facoltà diIngegneria che, nel corso dell’annoaccademico 2006-2007, ha promossoed avviato una ricerca storica, architet-tonica ed urbanistica dell’areaBormioli, coinvolgendo un gruppo distudenti ingegneri della laurea speciali-stica in Ingegneria civile. Gli studentiingegneri sono stati affiancati ai colle-ghi architetti impegnati nello studiodell’ex area industriale Reggiane diReggio Emilia. La collaborazione con ilcorso del laboratorio di Progettazionearchitettonica, tenuto dai professoriSaverio Isola e Alberto Mambriani, haattivato un proficuo confronto tra lediverse realtà industriali ed urbaneanalizzate, favorendo l’approfondimen-to delle diverse procedure urbanisticheadottate e delle diverse soluzioni archi-tettoniche ipotizzabili. Da questo con-fronto sono emerse le prime importantiriflessioni circa l’approccio metodolo-gico al problema del recupero dellevaste aree ex industriali ubicate all’in-terno delle realtà urbane.Successivamente si è operato per iden-tificare casi studio analoghi, per tipo-

La Bormioli di ParmaMarco Adorni

anche se l’evento realmente fondativodell’identità Bormioli e del suo profon-do legame con Parma si verificheràsolo cinquant’anni più tardi, all’incircaall’inizio del XX secolo, con lo sposta-mento della vetreria nell’area protoin-dustriale cittadina a ridosso della sta-zione ferroviaria, il quartiere di sanLeonardo.

La Bormioli oggi

Il 5 maggio 2004, lo stabilimentoBormioli ha chiuso. Nel 2007 sonocominciati i lavori di dismissione e lacittà ha cominciato a interrogarsi sulfuturo dell’area. Sono forti i timori diuna rapida e disinvolta cancellazionedi un importante patrimonio d’archeo-logia industriale ad alto valore storico,simbolico e identitario. Alcuni consiglieri circoscrizionali delquartiere San Leonardo, segnatamenteCristina De Bernardis e GiuseppeMassari, si sono attivati, affidando alCentro Studi Movimenti di Parma1 ilcompito di promuovere una serie diricerche storiche e organizzare incontripubblici e seminari di studio sulla seco-lare vicenda Bormioli e la sua attualità. Di recente, il Centro Studi Movimentiha anche prodotto e pubblicato unfilm-documentario sulla Bormioli diParma, intitolato La Vetreria2, basatosulle preziose testimonianze di operai,tecnici e dirigenti dello storico stabili-mento di San Leonardo. Nel frattempo, sempre più cittadini, enon solo del quartiere San Leonardo, sisono interessati al tema della riqualifi-cazione dell’area.Nel settembre 2007 nasce Neopolis-

La Bormioli Rocco ha avuto un ruolostorico fondamentale per lo sviluppoeconomico, produttivo e l’equilibriosocio-culturale della città e del territo-rio di Parma. Prima ancora che unavetreria fu, infatti, la fabbrica diParma, per dimensioni di manodopera,livello tecnologico, produttività edestensione del raggio d’affari. LaBormioli, si può dire senza tema dismentite, è stata l’anima industriale diParma, di cui ha attraversato lo svilup-po storico e i suoi snodi cruciali: essa èstata il simbolo del riscatto postbellico,il punto di riferimento delle lotte sin-dacali, l’avanguardia tecnologica dellacittà, una sorta di “istituzione” aimpatto sociale (e che dona, perciò,identità), un laboratorio politico eumano di generazioni di lavoratori, unmelting pot di culture, saperi tecnici eumani, un organo di mediazione deiconflitti sociali. Le ciminiere che anco-ra svettano su via San Leonardovogliono dire ancora tutto questo.Dicono di un’anima che ancora rimanenella mente e nei cuori di tanti parmi-giani. La famiglia Bormioli possiede l’arte delvetro sin dal lontano XI secolo quan-do, nel borgo ligure di Altare, formauna delle comunità di maestri vetraitra le più importanti e vitali d’Europa.Questa lunga durata “tecnologica” s’in-treccia con la storia di Parma a partiredal XIX secolo. I documenti storici, infatti, fanno risa-lire la prima apparizione dei Bormioliin città alla metà dell’Ottocento, conl’insediamento della vetreria all’internodel perimetro storico, in via Farnese

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realizzata in questi ultimi annimediante l’operato delle Società diTrasformazione urbana (STU);

3) Conservazione degli edifici storicidella vetreria Bormioli come momentodi ricomposizione di una memoria e diun sapere sull’identità industriale citta-dina nonché quale fondamento neces-sario al ripensamento dell’area comepolo di attrazione turistico-culturaleextra-cittadina. Requisiti:a) definizione di una porzione storicadella fabbrica che comprenda la salva-guardia degli spazi adibiti a produzio-ne e le ciminiere della VetreriaBormioli Rocco;b) trasformazione degli edifici storicidella Vetreria Bormioli Rocco, in accor-do con quanto stabilito dalle sovrinten-denze locali, adibendoli a funzioni ditipo culturale: Museo dell’industriadella città di Parma, in cui conservarela memoria storica delle varie attivitàindustriali cittadine, molte delle qualisono nate nel quartiere san Leonardo;creazione di un’apposita sezione dedi-cata al vetro e alla sua lavorazione, cheha visto proprio nella Bormioli un’ec-cezionale interprete.

A mo’ di conclusione

Il gruppo di Neopolis si è speso e sispenderà sulla questione Bormioli nonsolo perché interessa direttamente lavita di alcuni di noi che abitano e ope-rano nel quartiere di san Leonardo enemmeno unicamente perché essaoffra la possibilità di trasformare ilrapporto asimmetricoamministratori/cittadinanza, masoprattutto in quanto ci permette diragionare su un lampante caso dimanifestazione di uno dei caratteridominanti del tempo presente, ovverol’oblio nei confronti del passato delnostro territorio e del nostro paese.Il caso della Bormioli è, da questopunto di vista, paradigmatico.Ragionando sulla città di Parma ci sirende conto, a esempio, che se si vuolecomprenderne l’attualità è necessariopartire dalla cifra qualificativa del XXsecolo, ovvero la storia della sua strut-tura industriale. Ci pare di poter concludere che la con-traddizione tra la ricchezza di tale sto-

propulsivo e dinamico capace di avvia-re un processo di generale valorizza-zione (sociale, civica, commerciale)dell’intera porzione urbana tra la sta-zione ferroviaria, il complesso EuroTorri/Centro Torri e gli accessi auto-stradali. Requisiti:a) riscrittura complessiva della funzio-nalità dell’area ex Bormioli in rapportoal quartiere san Leonardo: il che vuoldire trascendere il mero cambio didestinazione d’uso per pensare a unaprogettualità urbanistica aperta e poli-funzionale, ovvero in grado di adattar-si/plasmarsi alle diverse esigenze(ambientali, sociali, civiche, culturali,etc.) degli abitanti di un quartiere criti-co, in quanto caratterizzato da unapressoché assoluta carenza di strutturea interesse collettivo, attraversato daimportanti e congestionate arterie stra-dali e versante in uno stato di degradosociale;b) realizzazione di nuove attrezzature enuovi servizi (musei, biblioteche, par-chi, parcheggi a scala di quartiere) nel-l’ex area Bormioli in qualità di fattori:d’innalzamento qualitativo dello stan-dard prestazione del quartiere; di con-cretizzazione di un nuovo concetto di«piazza storica» del quartiere, intesaquale luogo di servizi e spazi di rela-zione; di potenziamento delle attivitàcommerciali della zona;c) mutuabilità dell’ipotesi di dismissio-ne creativa da approcci progettuali giàsperimentati in altre aree simili, tra cui,a esempio, quelle della vetreriaBormioli di Altare di Genova o delleReggiane.

2) Riqualificazione Bormioli comeoccasione di compartecipazione allepolitiche territoriali di tutta la città.Requisiti:a) dimensione «partecipativa» dellaprogettazione come istanza metodolo-gico-politica (al passo con le indilazio-nabili esigenze d’integrazione dellepeculiarità del cittadino in quelle gene-rali della comunità locale) con effettimigliorativi sul senso di appartenenzaalla civitas e sul capitale sociale;b) ampliamento della questioneBormioli alla più generale questione exaree industriali di tutta la città, cheimplica un ripensamento della strategiagenerale sul territorio e città di Parma

logia industriale, al fine di creare unaspecie di “atlante visuale” dei progettidi recupero eseguiti o in corso di reda-zione, selezionando i casi ritenuti piùinteressanti. Estremamente significativaè risultata l’esperienza progettuale,attualmente in itinere, relativa al pro-getto di recupero dell’ex vetreria diAltare di Savona redatto dallo studiodi architettura Marco Ciarlo Associati.L’analogia tipologica, i legami storicifra la vetreria di Altare e quella diParma e i legami familiari intercorrentifra i diversi rami della famigliaBormioli, altarese e parmense, hannocostruito un’ideale “affinità elettiva”che ha trovato effettivo riscontro nelseminario di studio La fabbrica arrug-ginita, tenutosi a Parma il 12 giugno2007. Il 23 novembre 2007, Neopolis haorganizzato, presso l’Aula magnadell’Università degli Studi di Parma, unconvegno intitolato Ricordi di vetro.Recupero e trasformazione della exvetreria Bormioli Rocco di Parma4, conl’intento, per un verso, di unire docentiuniversitari e professionisti, rappresen-tanti delle istituzioni locali e regionali,amministratori pubblici, associazioniciviche e culturali in una riflessione sualcuni progetti di riqualificazione di exaree industriali in corso di realizzazio-ne in diverse parti d’Italia; per l’altro,presentare i capisaldi di un’ipotesi pro-gettuale di riqualificazione dell’ex areaBormioli che, qui di seguito, esponia-mo.

Il “progetto” di Neopolis

Neopolis considera la riqualificazionedell’ex area Bormioli un momentostrategicamente rilevante per la città diParma per più motivi. L’ipotesi proget-tuale che si è sposata intende essere uncontributo all’interno di un più genera-le dibattito sulla forma urbis e suivalori della governance locale. Gliobiettivi (e relativi requisiti) che rite-niamo come quelli salienti per il nostroprogetto sono:

1) Riqualificazione come input prima-rio (big push) di un generale processodi razionalizzazione della forma spa-ziale, temporale ed “esistenziale” delquartiere san Leonardo e quale fattore

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Programmi di recupero urbano ex art.11 legge 493/1993 ed infine iProgrammi di riqualificazione urbana,ex Dm 21.12.1994 è risultata utile, pergiungere all’individuazione di un pro-prio organico Programma di riqualifi-cazione urbana del capoluogo.Programma costruito con l’obiettivo diricondurre, all’interno dei programmicomunali di intervento, quanti piùinvestimenti privati possibili, dandocorpo e attuazione a un percorso disviluppo, disinnescando la mina di unpossibile e/o eventuale approccioesclusivamente speculativo.Un insieme di fattori che ha portatol’amministrazione comunale, nei fattiancora prima che nelle intenzioni, adanticipare la stessa emanazione dellalegge regionale 19/98 sullaRiqualificazione urbana.Da subito, sul campo ancora prima chenelle volontà, il lavoro avviato si ècostruito come “programma comples-so”, per le sue caratteristiche fonda-mentali:– dimensione a scala urbana;– integrazione fra le risorse e le azioni

dell’amministrazione e quelle deiprivati;

– integrazione funzionale tra tutte leesigenze di equilibrio dell’assettourbano e le diverse necessità econo-miche.

Assumendo a modello le metodologieriscontrabili nella pubblicazione mini-steriale “I Programmi di riqualificazio-ne urbana” INU edizioni, Roma, 1997,si definivano :– i costi unitari parametrici degli

interventi pubblici e privati;

Vergato:una “piccola esperienza” applicataPierluigi Milani*

La comunità vergatese, in presenzadella crisi industriale del settoremetallurgico iniziata sul finire deglianni settanta, crisi che porterà nel1992 alla chiusura dello stabilimentodella ILM (Industria Leghe Metalliche),accetta la sfida di trasformare unmomento di difficoltà in un’occasionedi sviluppo.A fronte della condivisione di un per-corso concertato per la ricollocazionedi tutte le unità lavorative coinvolte,l’Amministrazione comunale accetta dicondividere con la proprietà (Gruppoindustriale Maccaferri di Bologna) unaproposta di recupero urbano dell’areaindustriale dismessa.La volontà di individuare nel settoreterziario l’ambito economico all’inter-no del quale proporre la riaffermazio-ne di un primato territoriale del capo-luogo vergatese diviene la scelta stra-tegica fondamentale attorno allaquale costruire una nuova politica disviluppo.Già con il Prg del 1983 erano statiindividuati alcuni temi urbanistici difondamentale importanza per i luoghicentrali del capoluogo :- la localizzazione di una nuova sta-zione delle autocorriere nelle areelimitrofe alla stazione FS, con previ-sioni di sviluppo edilizio;- l’indicazione di un Piano particola-reggiato di iniziativa pubblica per lariorganizzazione urbana della maidecollata piazza IV novembre.L’elaborazione, seguita all’emanazionedei Programmi integrati ex art. 18legge 203/1991, i Programmi integratiex art. 16 legge 179/1992 e ancora i

ria e la sua totale assenza dai canalitradizionali della pubblicizzazione delterritorio locale - che operano unabanalizzazione di Parma come meracapitale della food valley (derivazioneresiduale, al pari dell’ossessione lirico-verdiana, dell’ottocentesca concezionedi Parma quale «città giardino») – deri-vi da una sempre più evidente ragionestrutturale, cioè la terziarizzazione/glo-balizzazione dell’economia parmense.Parma, conclamata sede dell’Authorityalimentare, dimostra, dunque, a nostroparere, di rientrare a pieno titolo inquelle città di medie dimensioni che,perdendo la loro vocazione storica, siattrezzano a divenire non-luoghi, omeglio, luoghi di accentramento terri-toriale di mere funzioni di direzione econtrollo della produzione e dell’eco-nomia globale del terzo millennio.Anche da questo punto di vista ritenia-mo sia necessaria la nostra azione perpromuovere una progettazione parteci-pata della riqualificazione Bormioli.Perché è un’azione che promuove,anzitutto, il rispetto delle radici, dellenostre identità, della nostra storia. Delnostro tempo.

*Neopolis.

Note1. Dalla sua fondazione (ottobre 2000), il Centro StudiMovimenti di Parma ha come oggetto principale diricerca i movimenti sociali e politici del ‘900; ilCentro organizza incontri di studio, pubblica saggi evolumi, svolge attività didattiche nelle scuole e, infi-ne, raccoglie e riordina fondi documentari e biblio-grafici sulla storia dei movimenti sociali e politicidegli anni ‘60 e ‘70 al fine di renderli consultabili astudenti, insegnanti e ricercatori. Nel 2006, ilMinistero per i Beni e le Attività Culturali -Soprintendenza dei beni archivistici per l’EmiliaRomagna ha segnalato il suo patrimonio come archi-vio di “notevole interesse storico”.2. Ricerca storica e sceneggiatura sono state curate daMarco Adorni e William Gambetta del Centro StudiMovimenti di Parma; il montaggio e la regia sono incollaborazione con Mario Ponzi di Fondazione delleArti Edison di Parma. 3. Il gruppo è nato nel 1964 e raccoglie i lavoratoriche, avendo prestato attività per almeno venticinqueanni consecutivi nell’azienda, sono stati premiati conmedaglia d’oro e attestato di benemerenza.Attualmente gli associati sono quasi settecento.4. Al convegno hanno partecipato, tra gli altri, il dott.Luciano Serchia, Soprintendente per i Beni architetto-nici e per il Paesaggio di Parma e Piacenza, il prof.arch. Aldo De Poli della facoltà di Architettura diParma, il prof. arch. Aldo Castellano della facoltà diArchitettura del Politecnico di Milano, l’arch.MicheleZanelli del Servizio riqualificazione urbana e promo-zione qualità architettonica dell’amministrazioneregionale Emilia Romagna.

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enti territoriali (Provincia e Regione) econ RFI su una ipotesi di riqualifica-zione dell’area urbana della stazioneferroviaria di Vergato, un Programmadi riqualificazione e ristrutturazionedelle aree dismesse, con l’obiettivo disviluppare esperienze di vera e propriatrasformazione urbana, volte a favori-re anche interventi edilizi finalizzati asviluppare attività socio-economicheinserite nel contesto urbano attraversomodalità innovative di coinvolgimentodi soggetti attuatori privati.Un confronto, tuttora in corso, che stadefinendo il quadro territoriale checoinvolgerà aree di proprietà pubblicae privata; il quadro economico dellerisorse da destinare alla realizzazionedelle infrastrutture d’interesse pubbli-co, indispensabili alla riqualificazionedel servizio di stazione; la corniceurbanistica necessaria a generare lerisorse indispensabili per il sostenta-mento economico dell’operazione divalorizzazione.All’interno del lavoro in corso,l’Amministrazione Comunale ha giaindividuato nella costituzione di unaSocietà di Trasformazione urbana(STU) ai sensi dell’art. 120 Dlgs 267del 18.8.2000 lo strumento che saràchiamato a gestire due fasi operative.In una prima fase la STU, interamentecomposta con capitale pubblico, saràchiamata a gestire, attraverso la defi-nizione di un Accordo di Programma,la procedura di trasformazione urbani-stica delle aree interessate dagl’inter-vent: – le aree di stazione;– le aree fluviali a ridosso della stazio-

ne ed interne al Parco fluviale;– le aree verdi a servizio delle struttu-

re sanitarie;– un’area interessata da un insedia-

mento di edilizia pubblica da riqua-lificare.

Nella seconda fase operativa la STU,aperta all’ingresso maggioritario dicapitali privati, sarà chiamata a gestirel’intervento immobiliare (costruzionedi residenze anche convenzionate,albergo e centro commerciale), l’urba-nizzazione dell’area (parcheggi pubbli-ci e verde attrezzato) e la costruzionedi tutte le opere di urbanizzazione adiretto servizio della stazione ferrovia-ria (parcheggio scambiatore, sottopas-

- costruzione del collegamento pedo-nale sul torrente Vergatello per ilnuovo ospedale;

- riqualificazione delle vie Garibaldi,Marconi, Cavour;

- recupero ambientale del tratto urba-no del torrente Vergatello;

Contestualmente alla realizzazionedegli interventi elencati è continuatauna laboriosa ed impegnativa attivitàdi concertazione tra gli enti territoriali,gli enti erogatori di servizi pubblici eprivati, gli operatori economici privati.Obiettivo comune ad ognuna delle sin-gole azioni è sempre stato quello diricondurre ogni vicenda all’interno diun disegno generale unitario ed orga-nico. Un disegno capace di dispiegareuna strategia d’intervento forte, auto-revole ed efficace attorno ai quattrotemi, sin dall’inizio, posti alla basedell’azione programmatica dell’entelocale e cioè: l’ambiente, il lavoro, iservizi, la mobilità.L’approvazione del secondoProgramma di riqualificazione urbanadel capoluogo, nel corso del 2004, harappresentato una ulteriore tappa diquesto percorso.Una seconda serie d’interventi pro-grammati nell’ambito urbano delcapoluogo portava ad ulteriore compi-mento l’originario disegno strategico.Ad un complesso di interventi minori,chiamati a completare e perfezionare ilpiù generale disegno urbano contenutonel PRU 1 del 2000, venivano affian-cati invece, con maggiore precisione enuovo vigore, due temi strategiciinnovativi fondamentali:- nel settore ambientale, il Parco del

Reno e il recupero delle aree fluviali;- nel settore della mobilità, la nuova

stazione ferroviaria e le nuovemodalità di interscambio tra il tra-sporto pubblico su gomma e quellosu ferro.

Per il primo argomento faceva seguito,nel 2006, all’interno di un’azione con-certata con la Comunità Montana del-l’alta e media valle del Reno, l’appro-vazione di uno specifico Piano diriqualificazione ambientale dell’interotratto fluviale del corso del fiumericompreso nel territorio comunale.Per quanto riguarda il secondo argo-mento, a partire dall’inizio del 2007,l’A.C. ha avviato un confronto con gli

– i costi degli interventi privati;– i costi degli interventi pubblici e la

loro copertura finanziaria;– i costi delle opere pubbliche in

gestione ai privati;– il costo complessivo del programma

di riqualificazione urbana.Il lavoro, da subito caratterizzatosicome “programma complesso”, indivi-duava una serie coordinata di inter-venti articolati in quattro temi urbani:l’ambiente; il lavoro; i servizi; lamobilità. Scopo dichiarato era quellodi analizzare proposte direttamentecorrelate ad interlocutori conosciuti edipotesi di finanziamento disponibili.Un percorso che ha portatol’Amministrazione Comunale adapprovare nel 2000 il primoProgramma di Riqualificazione Urbanadel Capoluogo. Uno strumento di pia-nificazione che ha rappresentato la“road map” dentro la quale ricondurrel’azione dei singoli soggetti coinvolti.Dal 2000 ad oggi, i fronti comuni del-l’intervento pubblico e dell’interventoprivato hanno consentito di realizzaree completare quasi tutti gli interventiprogrammati. Interventi privati:- costruzione di 170 unità residenziali;- costruzione di 21 unità commerciali;- costruzione di 21 unità terziarie;- costruzione di una galleria commer-

ciale;- costruzione della biblioteca comuna-

le P. Guidotti (accordo di programmastipulato tra il comune di Vergato, laregione Emilia-Romagna e la S.E.C.I.S.p.a. conclusosi nel Marzo 2004)

- costruzione del centro per l’impiegodella Provincia, del polo di forma-zione professionale della C.M., dellanuova sede del servizio postale; dellanuova camera del lavoro territoriale,di una nuova piazza per il mercatosettimanale; di parcheggi pubbliciper 400 posti auto, di verde attrezza-to per oltre 4000 m2;

- attuazione del Piano urbanistico diiniziativa privata (ex ILM), stimabilein circa il 70% della propria poten-zialità urbana;

interventi pubblici:- riqualificazione dell’area urbana di

piazza Capitani e del collegamentopedonale/carrabile sul torrenteVergatello;

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dinati, legati agli ambiti di interventoche da tempo vedono impegnata conriconosciuta autorevolezza l’A.C. E’ il caso del Parco fluviale del Reno,con la Comunità montana; è ancora ilcaso del passante autostradale tra lavalle del Reno e l’A1, con Provincia eRegione; è infine il caso della nuovastazione ferroviaria nell’ambito delSFM di nuovo con Provincia, Regione,ATC ed RFI. Un’azione d’iniziativa pubblica che hasaputo, con tenacia e coerenza,costruire occasioni di investimento peril capitale privato, riconducendolesempre all’interno di un insieme siste-matico di obiettivi per i quali l’interes-se pubblico ha costituito la discrimi-nante di riferimento.Gl’interventi immobiliari privati, inquesto quadro, sono stati chiamati adare il loro contributo per raggiungere

l’ordine delle 300 unità.Un’esperienza che, nella sua naturaleevoluzione, sta costruendo le condi-zioni per produrre nuovi investimentiper circa 30 milioni di euro; di questi,circa 2,2 milioni di euro saranno inve-stiti in opere di urbanizzazione mentre2,8 milioni saranno destinati alla rea-lizzazione di infrastrutture di interessepubblico senza aggravio alcuno sullecasse pubbliche.Infine, non certo per importanza, unaserie articolata d’interventi che hannoconsentito all’A.C. di proporre o con-tribuire a proporre politiche di inter-vento in settori strategici per gli equi-libri territoriali.Non è un caso infatti, che negli ultimianni si siano sviluppate nuove azioniprogrammatiche consistenti in progettidi grande valenza territoriale; progettiredatti in accordo con gli enti sovraor-

so pedonale ai binari, nuova hall dellastazione ferroviaria, nuova autostazio-ne delle corriere).Un intervento che si sta misurandocon un piano d’investimenti capace disostenere la realizzazione di opereinfrastrutturali equivalenti ad un valo-re stimato in 3,5 milioni di euro edopere di urbanizzazione stimate in 2,5milioni di euro.Nel complesso l’esperienza deiProgrammi di riqualificazione urbanadel comune di Vergato, piccola realtàmontana di 7.500 abitanti, nel decen-nio 1997-2007, ha prodotto:- investimenti privati nell’ordine dicirca 30 milioni di Euro;- investimenti pubblici nell’ordine dicirca 2 milioni di euro;- nuova occupazione nel settore ter-ziario nell’ordine delle 150 unità;- nuovi residenti nel capoluogo nel-

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A Milano Marittima sono presenti anchedue colonie di valore storico testimonia-le e per questo sottoposte a specificovincolo dalla Soprintendenza ai Beniarchitettonici e ambientali: esse sono lacolonie “Varese” e la colonia “Monopolidi Stato”.Sulla base di quanto stabilito dal Pianopaesistico regionale e dal Piano territo-riale di coordinamento provinciale ilcomune di Cervia ha provveduto a redi-gere un piano urbanistico unitario fina-lizzato alla riqualificazione di questearee, con esclusione tuttavia dei due edi-fici di valore storico e vincolati per iquali è presente una specifica normativanel Prg che subordina il loro riuso adinterventi di restauro.Le colonie oggetto del piano unitarionon sono sottoposte a vincoli di caratte-re storico-culturale, tanto che per esse ipiani sovraordinati già citati (Ptpr ePtcp) consentono (ed anzi incentivano)la demolizione e la ricostruzione conaccorpamento, al fine di razionalizzarnei volumi e per definire una migliore dis-tribuzione dell’assetto territoriale del tes-suto urbano.Il piano unitario di riqualificazione dellearee in cui sono concentrate le coloniemarine, denominato “Piano unitariodella Città delle colonie” costituisce unapprofondimento del Prg e va sostan-zialmente a definire in maniera più det-tagliata le modalità attuative delle aree eformalmente si configura come unPiano di settore del Prg stesso e necostituisce parte integrante.Sulla base di una preventiva analisidello stato di fatto (catastali, rilievo,caratteristiche degli edifici, ecc.) sono

La città delle colonieMichele Casadei *

Nel territorio cervese sono presenti trearee in cui sono concentrate coloniemarine, edifici cioè utilizzati come sedidi vacanza per un tipo di soggiornomolto popolare nei decenni scorsi, mache tende ormai ad essere sostituito daaltre forme di turismo; molti di questimanufatti risultano infatti da tempo nonutilizzati.La zona più significativa per estensionee per concentrazione è localizzata aTagliata e ricopre un’area di circa110.000 mq con trentaquattro colonieper una volumetria complessiva di circa260.000 mc.L’area è situata in una zona di grandepregio ambientale essendo posta fra lapineta che fronteggia l’arenile e le aree avalle e a monte di viale Abruzzi e cioèdel primo asse stradale parallelo al vialedi lungomare.Il numero di colonie di Pinarella è piùridotto in quanto su un’area di circa31.000 mq vi sono tredici colonie peruna volumetria totale di circa 75.000mc. Sebbene di minori dimensionirispetto a quelle di Tagliata, l’area diconcentrazione di colonie di Pinarellanon è da meno per ciò che concerne ilpregio della localizzazione, poiché anchein questo caso il sito riguarda un’areaposta fra la pineta e la direttrice paralle-la al mare, ma che vede anche la pre-senza di due colonie poste all’internodella pineta.Il terzo sito che vede la presenza dicolonie marine è quello di MilanoMarittima, in cui le 7 colonie presenti siestendono su una superficie di 28.000mq, per un volume complessivo di circa45.000 m3.

obiettivi di interesse generale come:- introdurre processi di riqualificazio-ne dell’ambiente urbano e di quellonaturale;- incrementare il livello occupaziona-le;- aumentare il livello dei servizi per icittadini;- potenziare le strutture a serviziodella mobilità.

*Architetto libero professionista, consulente delcomune di Vergato.

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edifici residenziali. Essendo posta all’in-terno del tessuto urbanistico dell’area diprogetto, ne entra a far parte per conti-nuità fisica. La zona 3 corrisponde adun ambito puntuale ritenuto rilevantedal punto di vista architettonico e per ilquale sono stati previsti specifici inter-

necessaria una progettazione unitariadegli interventi.La zona 2 corrisponde alla parte di“Città delle colonie” la cui destinazioneconsolidata non è quella tipica dellacolonia di vacanza, ma comprendegeneralmente aree in cui sono presenti

state individuate quattro zone omoge-nee, a cui corrisponde una specificamodalità di intervento.La zona 1, la più estesa, riguarda le areedi Tagliata e Pinarella e corrisponde allaparte di “Città delle colonie” il cui tessu-to risulta essere più omogeneo e in cui è

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pazione negli interventi di riqualifica-zione urbanistica e pertanto il recuperodel 100% del volume esistente è previstosolo nel caso di adesione di tutti i pro-prietari rientranti nel comparto. Per gliedifici che non entrano a far parte delpiano sono consentiti solo interventi dimanutenzione ordinaria e straordinaria.E’ obbligatoria la cessione del 25% del-l’area d’intervento (superficie territoriale)per la realizzazione di standard e per lariqualificazione funzionale delle aree,con particolare riguardo alla realizzazio-ne di percorsi ciclabili e pedonali insenso monte-mare e di ampi marciapiedipedonali paralleli al mare, oltre al verdedi arredo e soprattutto ampi parcheggi.Le destinazioni d’uso consentite sono:- minimo 70% del volume edificabilecon destinazione ricettivo- alberghiera;

Per quanto concerne le aree di cui allezone 1 e 4 invece, parte sostanziale delpiano della Città delle colonie, l’attua-zione è stata subordinata alla presenta-zione di piani particolareggiati preventi-vi da approvarsi da parte del Consigliocomunale. Le zone sono state suddivisein comparti funzionali e ad ognuno diessi deve corrispondere una piano attua-tivo: i comparti individuati sono 10.Le destinazioni d’uso insediabili e gliindici urbanistico-edilizi sono contenutinel Piano regolatore generale e sonostati stabiliti con una recente varianteadottata poco prima della scadenzadell’11.4.2005, data ultima fissata dallalegge regionale quadro per l’adozione divarianti al Prg di particolare rilievo.Attraverso il principio della premialità siè inteso incentivare la massima parteci-

venti di recupero e di valorizzazionedell’esistente (esso coincide con la colo-nia di Modena).La zona 4 riguarda le colonie poste aMilano Marittima e presenta una mag-giore discontinuità delle aree sebbene lalocalizzazione lineare lungo il vialeMatteotti, l’unica direttrice stradaleparallela al mare e posta fra la pineta el’arenile renda di fatto abbastanza sem-plice intervenire sul tessuto esistente.Le zone 2 e 3 riguardano un numeromolto limitato di edifici e per esse èstato previsto l’intervento diretto, seppura specifiche condizioni stabilite dallenorme del piano, tenuto conto che gliinterventi su questi lotti non compro-mettono di fatto l’organicità dell’attua-zione generale e non risulta indispensa-bile una verifica ulteriore.

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nuovi fabbricati del comparto, e cheavesse vincolato l’attuazione ad unmomento unitario e con il concorsounanime di tutti i proprietari, in consi-derazione della grande parcellizzazionedelle proprietà e del fatto che alcuni edi-fici sono ancora in uso, quasi certamen-te sarebbe rimasta solo un esercizio pro-gettuale. Di converso, una soluzione che,per massimizzare la capacità di attuazio-ne del piano, avesse lasciato ad ogniproprietario la possibilità di interveniresingolarmente avrebbe penalizzato com-pletamente la riqualificazione dell’areain termini di realizzazione delle partipubbliche, perché ogni proprietarioavrebbe ceduto la piccola porzione diaree di propria competenza, senza difatto riqualificare veramente l’area.La creazione di comparti di intervento,la definizione di un progetto urbanisticodi riferimento e l’attuazione attraversopiani attuativi preventivi consentono diperseguire la giusta flessibilità che age-vola l’attuazione del piano, ma nel con-tempo contengono gli strumenti per rag-giungere la necessaria qualità.

* Dirigente del Settore urbanistica del comune di Cervia.

Il Piano unitario della Citta’ delle colonie è pubblicatosul sito del comune di Cervia

le aree a mare di maggior pregio il piùpossibile sgombre da auto e creandoidonei percorsi ciclo-pedonali nel sensomonte-mare, dai parcheggi alla zonadell’arenile. Sono stati creati parcheggilungo le strade secondarie, là dove erapossibile, al fine di reperire idonee areedi sosta (e/o di fermata). Su vialeAbruzzi (la prima direttrice a monteparallela al viale di lungomare) sonostate create due ampie rotonde al fine diassegnare una riconoscibilità ai luoghi ecaratterizzarli dal punto di vista urbano.La più grande delle due rotonde (quellaposta più a sud), in considerazione dellesue ampie dimensioni (quasi 60 metri didiametro), ha inoltre la funzione di piaz-za ed è stata localizzata in un puntopreciso al fine di valorizzare la prospet-tiva di grande pregio in direzione versomare costituita dall’ampia via Salentino.La rotonda-piazza si ritiene inoltre possaessere particolarmente idonea ad ospita-re attività commerciali in genere, inmodo da rendere più viva la zona ingenerale. Il 100% della volumetria puòessere riconvertita previa demolizione ericostruzione con accorpamento deivolumi e, come precedentemente ricor-dato, solo nel caso vi sia un’attuazionecompleta del comparto. Diversamente visarà una decurtazione del 10% del volu-me edificabile. In linea con quanto sta-bilito dal Ptcp, il Piano unitario della“Città delle colonie” incentiva l’accorpa-mento dei volumi al fine di ottenere unaminore parcellizzazione delle aree oltre aperseguire la creazione di attività ricetti-ve di dimensioni significative per essereeconomicamente vantaggiose mentrenon è prevedibile l’accorpamento di atti-vità fra loro non compatibili, come laresidenza con le attività ricettive.Per quanto riguarda la residenza, va datapreferenza a edifici monofamiliari o plu-rifamiliari di dimensioni consone allatipologia consolidata nel territorio e ade-guata per una zona turistica di pregio.Il Piano della Città delle colonie, redattoall’interno dell’ufficio Urbanistica delcomune di Cervia, si propone di coniu-gare progettualità e attuazione, di trova-re il difficile equilibrio fra precisione delprogetto e reale attuabilità delle scelte inesso contenute.Una soluzione che avesse definito congrande precisione il disegno generale,compresa la localizzazione di tutti i

- la rimanente parte può essere ricon-vertita ad uso residenziale, commercialee per attività legate alla ristorazione.Gli indici fondiari massimi edificabilison stati fissati in linea con quanto pre-visto dal Prg per le zone analoghe aquella d’intervento:- 5 mc/mq per le destinazioni ricettive,- 3 mc/mq per le destinazioni commer-ciali e di ristorazione,- 1,5 mc/mq per le destinazioni residen-ziali.L’altezza massima degli edifici è statalimitata all’altezza degli alberi dellapineta antistante, in modo da garantireun progetto organico con gli elementinaturali di pregio e mantenere inalteratal’attuale gradevolissima immagine disky-line visibile dalla spiaggia in cui lalinea d’orizzonte è fissata dalla chiomaverde degli alberi della pineta.Nel caso le volumetrie esistenti risultas-sero in quantità maggiore rispetto agliindici fondiari previsti non è possibilericonvertire la totalità della volumetria,ma è necessario procedere ad una suaparziale decurtazione.In ogni comparto, nella parte più prossi-ma al mare dovranno essere realizzatigli edifici (quelli ricettivi più a mare equelli residenziali e commerciali in posi-zione più arretrata) ed in quella a montei parcheggi pubblici e le attività nonricettive. Inoltre, le aree che il Pianounitario prevede in cessione all’uso pub-blico sono state localizzate in modo chead ogni comparto corrisponda il 25%della superficie esistente da destinare atale uso, in modo che ogni compartorisulti funzionalmente attuabile inmaniera autonoma. Il Piano unitario,attuabile per stralci, contiene uno speci-fico elaborato in cui viene definito ilprogetto di intervento, sulla base delquale devono essere predisposti i pianiattuativi di ogni comparto. Il progettogenerale è stato pensato con riferimentoad alcuni concetti guida.Si è valutato in primo luogo di far sì chel’area assumesse una connotazioneurbana e avesse una sua specificità eidentità. La superficie da cedere per usipubblici pertanto è stata destinata acreare percorsi pedonali e ciclabili didimensioni adeguate ad una zona turi-stica di pregio.I parcheggi sono stati localizzati nellaparte più a monte al fine di mantenere

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rienza del camminare e attraversare lacittà alla scoperta della natura deglispazi aperti. Il taccuino rappresentauna lente attraverso cui guardare ecomprendere questi spazi. Emergonospazi abbandonati e degradati; spazi inattesa di una trasformazione mamomentaneamente chiusi alla città;spazi pubblici che vengono reinventatidagli abitanti. Il più delle volte sonospazi dove gli abitanti mettono in attopratiche e dispositivi di autorganizza-zione, spesso eludendo la disciplinaistituzionale attraverso mille forme dibracconaggio3. I parcheggi interratimultipiano e la destinazione a verdepubblico della superficie a raso neglispazi aperti condominiali sopperisconoalla carenza di parcheggi e aree verdi. Igiardini e gli orti privati contigui nellezone più sature vengono messi a siste-ma dai proprietari in modo da evitarneil degrado e da fornire allo stessotempo servizi e attrezzature comuni, dicui risulta carente quella parte di città.Le corti del centro storico sfuggonoalle condizioni di degrado fisico esociale ospitando al loro interno leattività commerciali del mercato gior-naliero, trasformandolo in un mercatodiffuso. Mille e più specie di dispositiviprogettuali rispondono ai desideri ealle abitudini degli abitanti.Tutte le informazioni raccolte, le prati-che desunte, i dispositivi individuati ele strategie dedotte attraverso le esplo-razioni con i taccuini alla manocostruiscono un atlante eclettico, chepuò costituire una guida per compren-dere questi spazi, e i modi della tra-sformazione della città.

La riconnessione della rete degli spazi apertiVincenza Santangelo*

saturo anche dal punto di vista degliusi e della fruizione. Ma, ragionandocon un paradosso, è possibile indivi-duare un grado di rarefazione all’inter-no di questa densità? È possibile indi-viduare degli spazi aperti che si con-trappongano agli spazi saturi perimmaginare a partire da questi nuovestrategie di rigenerazione urbana?Portici rappresenta un ambito interes-sante di sperimentazione.

Attraversare la densità cercando lararefazione

Il lavoro parte da una ricerca deglispazi aperti condotta sulla mappa conuno sguardo zenitale2. L’insieme deglispazi individuati disegna un arcipelagodi vuoti che emerge da un mare denso,quasi a delineare una sorta di negativoche si contrappone alla città costruita.La natura di questi spazi aperti solo inalcuni casi è chiaramente individuabileattraverso il solo sguardo zenitale;alcuni sono spazi verdi, altri sono spazidi pertinenza di complessi residenziali,altri ancora parcheggi, ma il più dellevolte è quasi impossibile riuscire acomprendere dall’alto la natura di que-sti frammenti e le dinamiche che neregolano il funzionamento.Nasce l’esigenza di sguardi trasversali.Sguardi ravvicinati messi in atto cam-minando. L’arte del camminare diventalo strumento che consente una visionequasi entomologica, che permette dicreare un testo narrativo fatto dei luo-ghi che si esplorano, dando loro unordine e un senso.L’esplorazione si traduce in un taccui-no che racconta e rappresenta l’espe-

La città di Portici, nell’area vesuviana,è contraddistinta dall’altissima densitàabitativa, 13.000 abitanti a kmq, che leconferisce il primato di città più den-samente abitata d’Europa. Un primatonato dalla limitata estensione dei con-fini amministrativi, che ha consolidatonel tempo un immaginario di cittàdensa e satura. L’ipotesi dell’esistenza di un grado dirarefazione all’interno di questa densi-tà offre l’occasione di un censimentodi spazi aperti e di dispositivi di modi-ficazione dal basso, che diventanospunto per la costruzione di strategieprogettuali che suggeriscono un ripen-samento delle politiche urbanistichepartendo dalle pratiche urbane.1

Paradosso della densità

Molto è stato detto sul concetto didensità. È sicuramente un connotatodell’urbanità. Può generare efficienza epiacere oppure generare un incubo.Da un lato la densità consente lasocialità, la pluralità di incontri, labreve distanza dai servizi, elementi chesono alla base di una buona qualitàurbana. Dall’altro lato la densità implica l’af-follamento, la congestione del sistemadi circolazione, la carenza di spaziindividuali, i problemi ecologico-ambientali.La densità abitativa è un dato assolu-tamente relativo e mai esaustivo, datal’infinita pluralità di aspetti che inda-ga. Può essere legata al rapporto abi-tanti/spazio costruito, ma anche ai ser-vizi e ai flussi che si generano all’in-terno del territorio, rendendolo denso e

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costituito dal Parco Borbonico, siste-ma dei parchi e giardini delle villevesuviane, sistema balneare costituitodalle spiagge lungo la costa e il parcopulviscolare negli spazi frammentari eminimi. La strategia degli spazi sociali indivi-dua vari sistemi di attrezzature bal-neari, turistiche, mercatali, per losvago, piazze. Questi sistemi mirano ariequilibrare i pesi e i flussi commer-ciali, che attualmente insistono solosu una strada, via della Libertà, eoffrono l’occasione per attivare unamaggiore permeabilità economica-sociale nelle aree marginali.Per mettere in atto queste strategie dirigenerazione urbana appare necessa-ria una progettazione a scala più rav-vicinata. D’altro canto, le esplorazionihanno evidenziato negli spazi aperti

tervento sugli spazi aperti.Le strategie progettuali individuateintervengono su tre questioni princi-pali: le connessioni, il verde e lo spa-zio sociale. La strategia delle connessioni mira ariequilibrare sul territorio i flussi dellamobilità, favorendo l’utilizzo deimezzi pubblici grazie all’attivazione ditre nodi di interscambio, posti inpunti strategici della città, e alla rea-lizzazione di parcheggi, a gestionepubblica o privata, interrati o a raso.Questo sistema delle connessioni, incaso di emergenza, può diventare lostrumento che consente e regola l’eva-cuazione su tutto il territoriocittadino5. La strategia del verde individua cin-que tipi di sistemi: parco agricolonelle aree a nord, parco monumentale

Progettare gli spazi di rarefazione

Le politiche previste dal PRG assumo-no attualmente tra i loro cardini ilparadigma della densità, che si èsovrapposto alla città reale. La ricerca e l’interpretazione dellararefazione attraverso l’atlante ecletti-co intendono smentire questo imma-ginario di città densa, rivelando l’esi-genza di un ripensamento delle politi-che urbanistiche alla luce delle prati-che quotidiane riscontrate e suggeren-do delle strategie progettuali “deboli”,cioè capaci di governare l’imprevisto,l’innovazione e la reversibilità deiprocessi innescati e di orientare isistemi aperti e auto-organizzati esi-stenti sul territorio4. Strategie di rige-nerazione che partano dal basso e chemettano in atto una mediazione frapolitiche e pratiche a partire dall’in-

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na rappresenta uno dei nodi piùimportanti nella valutazione dei rischicomplessi (sia legati a fatti naturali chead azioni antropiche) e, quindi, ilgruppo di lavoro ha intrapreso unaspecifica indagine sulle condizioniurbane delle cinque città menzionateper studiare e valutare l’istante zerodella condizione di rischio, ovveroquella condizione in cui non sussisteancora l’emergenza, ma il territoriovive e si trasforma secondo le regole ele forme di organizzazione che lecomunità si sono date e che, apparen-temente, nessun evento esterno verràmai a modificare o a stravolgere.

I pregiudizi progettuali

Per la definizione del progetto, il grup-po di lavoro ha individuato alcuni“pregiudizi progettuali” sulle città inesame: ognuna di esse, infatti, presentacaratteri storico-identitari differenti e,quindi, può offrire un contributo speci-fico, secondo la seguente articolazione:- Catania presenta un waterfrontsegnato dalla presenza della grandeinfrastruttura ferroviaria (il ponte fer-roviario degli Archi della Marina e il“parco ferroviario” della stazione cen-trale sulle scogliere laviche) che secaogni possibilità di aprire relazioni -allo stato attuale - con il porto, ma chenell’ottica della trasformazione puòdiventare occasione di progetto e diriqualificazione riconnettendo luoghied elementi utili al potenziamentodella fruizione del centro storico;- Messina offre al progetto la questio-ne dell’identità perduta nel terremotodel 1908 che per brani singoli può

I waterfront storici delle cittàsiciliane come alimentatori diqualità urbanaDaniele Ronsivalle*

Dal 2001 il Centro regionale per laprogettazione e il restauro (CRPR) dellaRegione Siciliana ha avviato la campa-gna di produzione della “Carta delRischio del patrimonio culturale, deiterritori culturali e dei paesaggi sicilia-ni” che ha comportato la realizzazionedi progetti di valutazione del rischio allivello regionale e comunale e di pro-getti di approfondimento alla scalalocale che per specificità necessitano disguardi dettagliati sulla natura dellapericolosità e della vulnerabilità cui èsoggetto il patrimonio culturale (teatri,città delle pendici dell’Etna, centriabbandonati della Valle del Belìce).Alla scala di Carta del rischio locale, ilCRPR ha puntato l’obiettivo sulla sen-sibilità che le città di mare sicilianepresentano, in relazione al fatto diessere al centro dell’attenzione per letrasformazioni cui tutt’oggi sono sog-gette.In modo particolare, centrando l’atten-zione sulle aree storiche (centri storicie borgate marinare) di Catania,Messina, Palermo, Siracusa e Trapani,il CRPR ha commissionato ad un grup-po di ricercatori e professionisti**illavoro di produzione del “corpo cen-trale” della Carta del rischio localedelle cinque città su menzionate, inter-pretando il tema del rischio cui sonosoggette attualmente le città costieredella Sicilia come un’occasione per re-interpretare le azioni di trasformazionealla luce del valore attivo del patrimo-nio culturale, delle identità culturali edella domanda di cultura espressa dallecittà.In particolar modo la condizione urba-

una pluralità di dispositivi progettualigià in atto dal basso, come quelli cheriguardano i parcheggi, le aree verdi ele aree mercatali. Questi dispositivipossono diventare spunto per l’attiva-zione di interventi alla piccola scalain grado di adattarsi in maniera fles-sibile al contesto e alle esigenze,costruendo nella totalità un networkstrategico-progettuale capace di ricol-legarsi anche alla grande scala, dialo-gando con gli altri sistemi che gover-nano l’area vesuviana.La proposta è un network degli spaziaperti che strutturi e governi la città,scardinando il paradigma della densi-tà e proponendo la rarefazione comenuova chiave di interpretazione erigenerazione di Portici.

* Dottoranda di ricerca, Università della Calabria.

Note1. Questo intervento fa riferimento ad una ricercaavviata in occasione della tesi di laurea in urbanisti-ca presso la facoltà di Architettura dell’UniversitàFederico II di Napoli intitolata Dencity.Riconnessione della rete degli spazi aperti comestrategia di rigenerazione urbana, relatrice prof. L.Lieto, correlatrice arch. F. Ippolito, e successivamen-te approfondita. 2. S. Boeri, G. Basilico, Sezioni del PaesaggioItaliano, Art&,Udine 1997 3.M. de Certeau, L’invenzione del quotidiano,Edizioni Lavoro, Roma 2001.4. S. Boeri, A. Branzi, “Sui sistemi non deterministi-ci”, in Lotus 107.5. Il comune di Portici rientra nella zona rossa, cheè un’area costituita dai 18 comuni elencati nelDecreto n. 516/1983, istitutivo della CommissioneGrandi Rischi. In questa zona, in caso di eruzionedel Vesuvio, vaste aree potrebbero essere invase daflussi piroclastici e colate di fango, e coperte daspessi accumuli di prodotti da caduta.

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Le fasi di lavoroPer raggiungere gli obiettivi prefissatidal progetto, la metodologia adottata siè sviluppata a partire dalla produzionedi un quadro comparativo in cui realtàeuropee simili per contesto territoriale,tipo di risorse culturali presenti eapprocci alla trasformazione sono stateanalizzate al fine di produrre un qua-dro di buone pratiche per le cinquecittà siciliane.Similmente sono stati posti in atten-zione i luoghi della produzione storica-mente legati al mare e il sistema difen-sivo storico costiero che sono statioggetto di politiche, piani e progetti diriqualificazione nel bacino delMediterraneo che suggeriscono solu-zioni utili alla rifunzionalizzazione dispecifici contenitori come le aree indu-striali dismesse, le saline, gli arsenalistorici, il sistema difensivo costiero.A seguire, l’analisi strutturale dellecinque città siciliane ha rivelato icaratteri dell’identità dei waterfrontconfermando e precisando il pregiudi-zio progettuale inizialmente condivisodal gruppo di lavoro conl’Amministrazione.

La diagnosi e i risultati finali

La sintesi del lavoro e la diagnosi sullecinque città siciliane si è risolta nellaproduzione di indirizzi progettuali e dicompatibilità per la risoluzione dellecondizioni di rischio attuali e potenzia-li all’interno dei quali poter operare lediverse scelte progettuali per gli inter-venti di trasformazione/conservazione.Le unità minime di intervento cosìdefinite sono i contesti, ambiti di stu-dio riconosciuti quali sistemi di rela-zioni tra le diverse componenti delpatrimonio culturale e ambientale, ledinamiche socio-economiche e le pecu-liari problematiche delle fasce costiere.Ciascun contesto è stato descritto nellesue caratteristiche storiche, nel ruolosvolto all’interno della gerarchia urba-na nonché nella consistenza del patri-monio e dei servizi culturali presenti.Sono stati evidenziati:- le principali condizioni di rischio cheminacciano il patrimonio culturale el’identità storica dei luoghi;- i bisogni e le aspettative espressi daidiversi users nei confronti della frui-

i siti della World Heritage List possonoessere trasformati e conservati alla lucedella presenza di controllo attivo eser-citato dall’UNESCO attraverso il pianodi gestione;- Trapani come città-territorio in cui larisorsa produttiva delle saline e dellapesca, nella storia come nel presente,crea relazioni territoriali forti da con-trollare, verificare e indirizzare allaluce delle trasformazioni urbane e por-tuali in atto.

riemergere per formare una nuovaarmatura di identità, grazie anche alrecupero di grandi elementi della suastoria, come le fortezze e le difesecostiere della città;- Palermo è la città in cui la continuitàdel sistema portuale ha scardinato lerelazioni trasversali città-mare e chepiù di altre sta provando a riconnetterela città con il suo porto “eponimo”;- Siracusa, ed in particolare Ortigia,offre l’occasione di sperimentare come

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di ampie zone per la lavorazione e laspedizione della frutta di produzionelocale. Oggi queste aziende si sonoevolute e ricollocate nelle zone indu-striali e le loro vecchie sedi possonoentrare in gioco e divenire occasionedi rilancio, qualificazione e addensa-mento della città. L’ex zuccherificiolungo il fiume Savio, progettato dal-l’arch. Gregotti e ormai completato, èil primo esempio di questo impegno. Aseguire il comparto Europa in corso dielaborazione, progettato dall’arch.Natalini; conclude questa fase il com-parto Novello che, con il concorso diidee internazionale in corso, mette ingioco circa 33 ettari di cui il 70 % diproprietà pubblica.

Il tema ambientaleIl tema ambientale ha visto il Prg anti-cipare i principi dell’invarianza idrauli-ca, posti come obbligatori per tutte letrasformazioni polifunzionali quando ilPiano di bacino non era ancora appro-vato. Il Prg ha previsto quantitàaggiuntive di aree di mitigazione degliimpatti dovuti agli insediamenti, harichiesto per il completamento polifun-zionale parametri ecologici più efficaci(fascia verde di profondità di 7 metrifortemente alberata), ha segnalato lacreazione delle reti ecologiche comeuno degli obiettivi primari dello svi-luppo, valorizzando le aree sorgenti dinaturalità come la collina cesenate e larete d’acqua della centuriazione roma-na ancora ben preservata anche graziead un assetto agricolo che ha garantitoil permanere nel tempo dei fossi e delreticolo stradale.

Riqualificazione di una cava nelParco del fiume SavioAnna Maria Biscaglia*, Otello Brighi **, Maria Chiara Magalotti***

Nell’ambito delle tematiche ambientaliaffrontate dal nuovo Prg di Cesena, nel2003 il comune ha stretto un accordoper la realizzazione di un complessotermale e per l’acquisizione di un’ansafluviale destinata ad area di rinatura-zione.

Il Prg e la perequazioneIl nuovo Piano regolatore di Cesena siforma nel solco del dibattito dellanuova legge regionale n. 20 del 2000 ene anticipa i contenuti innovativi.Viene infatti adottato nel 2000 edapprovato nel 2003. Contiene tutti glielementi forti della legge, e, tra questi,il tema della perequazione che vienedeclinato eliminando quasi completa-mente il ricorso agli espropri e inseren-do le aree per la città pubblica entro lenuove Aree di Trasformazione chevengono classificate in diverse classi diappartenenza in relazione allo stato difatto e di diritto in cui si trovano. Learee di riqualificazione, interne allacittà, hanno indici più alti con 0,5 mq/mq mentre quelle di cintura hannoindici bassi con 0,15 mq /mq e consen-tono sia un passaggio graduale tracampagna e città sia di acquisire, oltreagli standard minimi di verde, anchearee aggiuntive utili a raccordare lediverse parti di città con corridoi verdi.

La riqualificazione urbanaAmpie porzioni del territorio urbanosono individuate per la riqualificazio-ne. Le vicende produttive di Cesenahanno segnato il localizzarsi, attornoalla stazione ferroviaria e in prossimi-tà della via Emilia e del centro urbano,

zione sia del patrimonio storico che deiservizi culturali;Nel quadro così tracciato sono statiforniti indirizzi progettuali specifici perciascuna condizione di rischio oopportunità presentata dai singoli con-testi, in riferimento alla estrema varie-tà di situazioni che caratterizzano learee di waterfront analizzate che nonconsentono la formulazione di indirizziunici validi per gli interi scenaricostieri.Dal confronto con i casi di studio dellecittà d’acqua Nordeuropee eMediterranee, selezionate in base a cri-teri di similitudine di risorse o di criti-cità, emergono buone pratiche per l’in-dividuazione di processi di riuso/tra-sformazione compatibili con le pecu-liari situazioni urbane di Catania,Messina, Palermo, Siracusa e Trapani.Il confronto con le buone praticheestratte da esempi di trasformazione eriuso del patrimonio storico costiero,individuate in altri contesti urbani,suggerisce inoltre la fattibilità di rifun-zionalizzazioni virtuose dei beni cultu-rali come volàno di riqualificazione esviluppo delle cinque città siciliane.

* Dottore di Ricerca, Università degli Studi diPalermo.** Gruppo di lavoro guidato da Maurizio Carta e com-posto da Alessandra Badami e da chi scrivecon lacollaborazioned i Daniele Gagliano e Anna Moscato.

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specie di uccelli, avrà una superficie di5 ettari e una profondità di m 5 consponde di pendenza variabile per per-mettere la nidificazione e la sosta dispecie ornitiche diverse, peraltro giàabbastanza presenti (nitticora, airone,garzetta, martin pescatore, gallinellad’acqua, anitre di varie specie, ecc.). Lafruizione del Parco avverrà attraverso

potrà essere realizzato solo dopo un’ul-teriore estrazione di materiale inerte,prevede la realizzazione di un bacinoad area umida, un giardino botanico,percorsi naturalistici-didattici e puntidi osservazione, un percorso per lecanoe e un vivaio forestale. In partico-lare la zona umida, finalizzata allacostituzione di un habitat per diverse

Il Parco del fiume SavioCardine di questa diffusione di natura-lità è per Cesena il fiume Savio cheentra nella città in direzione sud norde costituisce il vero grande corridoioecologico. Per questo se ne è valorizza-ta la naturalità, preservandolo daemungimenti e da coltivazioni in pros-simità, acquisendo aree pubblichelungo il corso, in primis nelle anse flu-viali che possono fungere anche dacasse di espansione in caso di piena.Inoltre si è posta attenzione al trattourbano del fiume, non ancora adegua-tamente valorizzato.

L’accordo con i privati

Nel 2003 l’Amministrazione comunaledi Cesena ha stretto un accordo con iprivati ai sensi dell’art. 18 della Lr20/2000 per la realizzazione di unnuovo centro termale e per l attuazio-ne di un importante tassello del pro-getto del Parco fluviale del Savio.Proprio per tutelare e valorizzare lapresenza del fiume nella pianura cese-nate, nel 1998 viene istituita l’area diriequilibrio ecologico denominataParco del fiume Savio. Essa comprendeil tratto fra Molino Cento e il PonteNuovo, poi esteso a monte fino allalocalità di Roversano dove si congiun-ge ai boschi collinari per una lunghez-za totale di circa 10 km, che si snoda-no a partire dal centro storico. Il Parcodel Savio nasce quindi dall’idea dirinaturalizzare e preservare il territoriolungo il fiume che conserva ancoraoggi, relativamente integro, uno deipochi ambienti naturali rimasti nel-l’ambito della pianura cesenate. Versovalle l’area di riequilibrio ecologicoentra nel centro urbano della cittàdove, tra i due ponti storici di Cesena,assume la connotazione di parco urba-no come principale luogo per il tempolibero.Cuore del Parco fluviale è l’area deno-minata Ca’ Bianchi distante circa 2 kmdalla città, racchiusa in un meandrodel fiume residuo di attività estrattivedegli anni ’60. Attualmente l’area, cheha un’estensione di 18 ettari, si trovaad una profondità di 5 ÷7 metri al disotto della quota media dei terreni cir-costanti (33 m s.l.m.) e risulta incolta.Il progetto dell’area naturalistica, che

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Urbanistica INFORMAZIONI

esistente lungo il fiume Savio. Il centrointende proporsi per un utilizzo dibreve soggiorno, con un bacino diutenza contenuto e locale, in rispostaad una domanda orientata al benesseree agli aspetti estetici, piuttosto chesanitari. Sono previsti l’impianto veroe proprio costituito da servizi termali edi medicina estetica dotato di un corporicettivo per circa centoventi posti lettocon funzioni annesse quali sala pran-zo, sale di soggiorno, bar, terrazzapanoramica e un secondo corpo ricetti-vo di dimensioni analoghe, capace diuna trentina di mini alloggimono/bicamera, caratterizzato comeresidence per persone anziane autosuf-ficienti che potranno godere di tutti iservizi e le terapie legate alle terme.All’esterno del centro è previsto unampio parco privato di uso pubblicoper la sosta, la ricreazione e, in parte,per attività sportive. L’area del parcotermale sarà caratterizzata dalla pre-

mento dell’attività di lavorazione degliinerti, causa di consistente disturboalle abitazioni nelle vicinanze, è stataaccolta favorevolmentedall’Amministrazione.Con l’inserimento dell’accordo nell’iterdi approvazione della variante generaleè stato anche possibile apportare unamodesta modifica al limite della Zonadi tutela dei caratteri ambientali dilaghi, bacini e corsi d’acqua, zonaricompresa entro il limite morfologico(art.17 punto b) del Ptcp. Tale modificasi è resa necessaria per meglio articola-re l’edificazione anche in considerazio-ne dell’andamento altimetrico dell’ansae dell’attuale morfologia dell’edificatourbano posto al margine superiore del-l’area ribassata risultante dall’attivitàdi escavazione.L’accordo prevede la possibilità di edi-ficazione di un centro benessere e ter-male che sfrutta anche la sorgente diacqua sulfurea di particolare pregio

percorsi attrezzati e una pista ciclabileche percorre il perimetro più esternoper oltre dieci chilometri.Al progetto del parco fluviale si colle-ga, in corrispondenza dell’abitato diBorgo Paglia, un’ulteriore porzione diterreno situata in riva sinistra delfiume di circa 15 ettari, anch’essaoggetto di escavazione in passato edattualmente sede di un’attività di lavo-razione di ghiaia ed inerti per la pro-duzione di calcestruzzo. Tali terrenigodono di un’ottima accessibilitàessendo direttamente connessi all’in-gresso sud della E45 che si snodalungo la valle del Savio.Nel corso del 2003 la Soc Calcestruzziproprietaria dei terreni ha propostoall’Amministrazione un progetto di tra-sformazione finalizzato alla realizza-zione di un nuovo complesso termaleimmerso nel verde e dell’area umidaprevista dal progetto del parco fluviale.L’iniziativa, che presuppone il trasferi-

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di 13 ha. E’ inoltre in corso d’attuazio-ne un ambizioso progetto di valenzapaesaggistica ambientale che coinvolgei comuni di Cesena, Cesenatico eCervia L’obiettivo è di realizzare unanello di piste ciclabili di oltre 80 kmche partendo da Cesena giunge lungoil fiume Savio alle antiche saline diCervia e si raccorda lungo i canalid’acqua a Cesenatico risalendo aCesena sugli argini del rio Pisciatello.Va rammentata, infine, la possibilitànell’immediato futuro di concentrareproprio lungo il Savio le cessioni daparte degli imprenditori che attuerannole aree industriali ecologicamenteattrezzate, indirizzo approvato dal Ptcpma fortemente condiviso e apprezzatodal comune di Cesena che persegue lavalorizzazione del fiume utilizzandoenergie pubbliche e private per uncomune obiettivo.

* Dirigente del Settore Programmazione urbanisticadel Comune di Cesena.** Responsabile del Servizio Programmazione urbani-stica.*** Responsabile del Servizio Aree di trasformazione.

terra post escavazione per la sistema-zione morfologica dell’area nonché l’e-secuzione delle principali opere previ-ste all’interno del progetto dell’areaumida: i due parcheggi per i visitatori,la sistemazione della strada intorno allago in stabilizzato, la pista pedonalefino al guado, la torre e il capanno diosservazione.

Un impegno che continua

L’attuazione dell’accordo, maturato insede di variante generale, completauno degli obiettivi primaridell’Amministrazione comunale con-nesso al rafforzamento della principalerisorsa ambientale del territorio.Obiettivo che si lega anche alla con-cessione in uso al Servizio tecnico dibacino, da parte di un istituto banca-rio, di un’ansa fluviale per 20 ha avalle della città da utilizzare, ai fini disicurezza idraulica, come cassa diespansione. Per rafforzare e dare corpoall’obiettivo di valorizzazione delfiume Savio il Comune, in virtù di unrecente accordo con la provincia diForlì-Cesena, ha ulteriormente acquisi-to, in adiacenza a questa ansa, un’area

senza di un grande viale alberatopedonale che collegherà il parcheggiopubblico di attestamento con il parcotermale e il centro termale, concluden-dosi in una zona di accesso al livelloinferiore. Dalla zona di parcheggio sipotrà accedere direttamente al percorsoche porta ad attraversare il fiume o inun attracco per barche e/o canoe. Saràanche possibile dallo stesso parcheggioimboccare una pista ciclopedonalelungo il fiume.Accanto al centro termale, a coronadell’ansa fluviale e in continuità conl’edificato della città consolidata, sonoprevisti lotti edificabili residenziali abassa densità in continuità con il tes-suto esistente.Per quanto riguarda la riva destra, l’ac-cordo prevede la cessione gratuita di18 ettari di terreno previa escavazione,da parte della proprietà, di una consi-stente quantità di ghiaia e la rinatura-zione dell’area destinata a divenirearea umida e cassa di espansione delfiume Savio a tutela del centro urbanodalle piene. L’accordo comprendeanche la cessione al Comune di unacasa presente nell’area, da destinare aCentro visite del parco, i movimenti di

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urbanistico di dettaglio. Dai suddetti studi emerge che lavariante generale al Prg., approvatadal Consiglio comunale il 26.5.2004,prevede (zona FD, art. 49 delle N.T.A.)la riqualificazione dell’ambito cimite-riale di Poggioreale all’interno di unparco di circa 66 ettari di estensioneche pone a sistema aree sepolcrali earee di uso pubblico, da attrezzarsicon “una sistemazione a prato e albe-rature, in armonia con il paesaggioagricolo della zona” nella quale le“architetture cimiteriali trovano unasistemazione a scala paesaggistica”. In effetti gli studi di fattibilità prefi-gurano la formazione di una signifi-cativa area di verde (parco cimiterialee urbano) che connette zone di fran-gia degradate e marginali, recuperan-dole a un disegno urbano organico efunzionale alla più generale qualifi-cazione di ambito. Ancora al fine dioperare una significativa riqualifica-zione anche delle aree al contorno,viene proposto di inserire, nell’ambitodi progetto, un’area esterna: un ulte-riore ampliamento di 37 ettari (di cui19 per aree a parco pubblico), 12 peraree cimiteriali, 3 per parcheggi earee di accoglienza, e ulteriori 3 etta-ri ove prevedere la ristrutturazioneurbanistica di insediamenti urbaniesistenti. Tale ristrutturazione urbani-stica propone la riconfigurazionecomplessiva del margine occidentaledell’insediamento cimiteriale, dove itessuti edilizi degradati (soprattuttocapannoni produttivi dismessi) sonoadiacenti alle zone storiche e monu-mentali dei cimiteri, quindi condizio-

Il «parco cimiteriale» di NapoliM.Giulia Marziliano*

agli Incurabili, anche detto delle 366Fosse (con impianto quadrato che,realizzato nel 1762 per dare sepolturaal popolo indigente, intende rappre-sentare il calendario perpetuo); ilCimitero monumentale, detto Nuovo(1813); il Cimitero di Santa Maria delTrivio, detto Sepolcreto dei Colerici oanche dei Colerosi (1837); il Cimiterodi Santa Maria del Pianto (1865), svi-luppatosi intorno alla omonima“Chiesa Madre”, edificata nel 1657; ilCimitero ebraico (1875); il Cimitero diSanta Maria della Pietà (1889); e infi-ne gli ampliamenti della secondametà del Novecento che determinanoil Nuovissimo. Gli impianti sonostrutturati in maniera autonoma e“introversa: poche sono le relazioniche istaurano con la città, essendoqueste limitate ai punti di ingresso ealle interferenze visuali tra i sistemi.Per queste ragioni il complesso cimi-teriale può essere considerato unacittà nella città, più che una parte diquesta”3. La complessità e le caratteristicheriferite al parco cimiteriale diPoggioreale vengono introdotte da unprimo studio di fattibilità (1999), for-malmente definito dalla variantegenerale al piano regolatore (2001), esono state ulteriormente sviluppatenel secondo studio di fattibilità(2002), quindi successivamente preci-sate dal piano regolatore cimiteriale(2003). Quest’ultimo, peraltro, rece-pendo quanto prescritto della variantegenerale al piano regolatore, hademandato la definizione progettualedi tale parco alla redazione del piano

Sarà completata nei prossimi mesi lafase di procedura di approvazione delpiano mediante il quale viene riquali-ficata una vasta area urbana che, perstoria, funzioni e ubicazione, costitui-sce un luogo centrale tra i più signi-ficativi di Napoli.A ragione di alcuni vincoli di naturaidrogeologica, e a causa della rilevan-za degli investimenti e della comples-sità del progetto, non è ancora com-pletata la procedura di approvazionedel piano urbanistico attuativo adot-tato nell’aprile 2006 e riferito alparco cimiteriale di Napoli-Poggioreale1. Con tale strumento siconclude la fase di pianificazione deicimiteri di Napoli, avviata con l’ap-provazione del piano regolatore cimi-teriale (2005) volto alla concretaattuazione del “Parco della Memoria”di Poggioreale.Attualmente il complesso dei cimiteridi Poggioreale deriva dall’aggregazio-ne di sette impianti cimiteriali, tuttidi gran pregio storico-architettonico epaesaggistico, sorti in epoche diversea partire dalla seconda metà del XVIIIsecolo. Se le prime sepolture sullacollina di Poggioreale risalgono ailuttuosi eventi recati dalla peste del1656, tuttavia sarà nel XIX secolo, aseguito dell’insediamento del Cimiterodei Colerosi, del CimiteroMonumentale, e di quelli di SantaMaria del Pianto, di Santa Mariadella Pietà e del Cimitero Britannico,che Poggioreale si caratterizza com-piutamente come polo cimiteriale2. Dai versanti collinari emergono ilCimitero di Santa Maria del Popolo

Riqualificazione urbana e ambientale

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Figura 1 - Configurazione delle soluzioni planivolumetriche e morfologiche. Progetto definitivo del Parco cimiteriale di Poggioreale (dicembre 2005).

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preesistenze, tali ampliamenti sonocontraddistinti da un’unità tipologicadi base che sceglie la pianta quadratacome rimando citazionale al modellostorico morfologico dapprima attuatoda Ferdinando Fuga e, successiva-mente, dagli edifici per la tumulazio-ne collettiva. Articolando gli amplia-menti agli impianti cimiteriali si ècosì portata a definizione un’impor-tante “attrezzatura” urbana di 110ettari, cospicua urbanisticamente eper la densità delle valenze storico-culturali che esprime. Al fine di superare la frammentazio-ne, la disorganicità e l’inadeguatezzadella condizione insediativa esistente,dunque il complesso di Poggioreale èritenuto un ambito dotato di poten-zialità tali da rivestire un ruolo mag-giormente articolato e composito, dadestinarsi - oltre alla specializzazionedella funzione cimiteriale - anche agliusi di svago connessi e integrati allestoriche componenti residenziali eproduttive. In questa concezione di

Dunque le tesi espresse negli atti diprogrammazione riconoscono allasistemazione e al potenziamento del-l’attrezzatura cimiteriale il ruolo difattore di catalizzazione di un proces-so di riqualificazione imperniato sullavalorizzazione delle risorse naturali-stiche e paesaggistiche e dei contestilocali edificati. Alla base di tale tesi èla riconferma dell’inscindibile “lega-me tra aree cimiteriali, frange urbanee parti naturali che, non circoscrivibi-le allo sviluppo di uno strumento disettore, necessita di approfondimentianalitici e progettuali propri dellaprogettazione urbanistica di detta-glio”.

Lineamenti del progetto

Al fine di connettere gli impianticimiteriali all’interno di un progettoorganicamente inteso, il piano urba-nistico attuativo aggiunge ben136.000 mq derivanti da quattro areedi ampliamento previste. Posti incontinuità - solo spaziale - con le

nando - negativamente - le potenzia-lità del restauro urbano e di valoriz-zazione complessiva dell’area.Successivamente il piano regolatorecimiteriale, approvato dal Consigliocomunale l’1.3.2005, pur definendo lequote di ampliamento e il dimensio-namento dei nuovi campi di inuma-zione da realizzare a Poggioreale, nerimanda al piano urbanistico attuati-vo la definizione, unitamente conl’individuazione sia delle aree daassoggettare a tutela monumentalesia delle azioni di recupero e di rior-dino degli impianti esistenti. Al pianodi dettaglio è quindi demandato ilcompito di “individuare i monumentifunerari e le zone di pregio architet-tonico e storico–artistico, le aree, lefunzioni e le articolazioni del parcocimiteriale, le connessioni con il con-testo urbano, la riconfigurazione dellearee di frangia, i sistemi della acces-sibilità e della mobilità interna e gliadeguamenti delle attrezzature e deiservizi”.

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Urbanistica INFORMAZIONI

Mangone (a cura di), Cimiteri napoletani: storia,arte, cultura, Massa, Napoli 2004; Fabio Mangone(a cura di), Museo a cielo aperto: Guida alMonumentale di Poggioreale, Guida del Comune diNapoli - Assessorato ai Cimiteri, Massa, Napoli2004; Mauro Felicori (a cura di), Gli spazi dellamemoria: architettura dei Cimiteri Monumentalieuropei, Sossella, Roma 2005; Paolo Giordano, IlCimitero delle 366 Fosse: storia, aneddoti, racconti,contemporaneità, Guida del Comune di Napoli –Assessorato ai Grandi Eventi e Assessorato aiServizi Cimiteriali, Stagrame, Casavatore (Na) 2006.3. Le parti di testo qui citate fra virgolette sonotratte da: “Elaborato P14, Relazione del progettodefinitivo, Piano Urbanistico Attuativo per il ParcoCimiteriale di Poggioreale, Assessorato allaProgrammazione e alla Gestione delle Aree e deiServizi cimiteriali, Comune di Napoli, dicembre2005”. Detta Relazione (pp. 1-80) è corredata da n. 2Appendici: Appendice n. 1, La collina cimiteriale diPoggioreale (pp. 1-12), a cura di Paolo Giordano; eAppendice n. 2, Il Cimitero Monumentale diPoggioreale a Napoli (pp. 1-23), a cura di FabioMangone.4. Per una più ampia trattazione inerente questoprogetto, si veda il mio scritto: «Il piano urbanisticodei “Luoghi sacri della Memoria” a Poggioreale –Napoli», in HydroGeo, La rivista bimestrale di tecni-ca, cultura e scienza del territorio, numero doppio4-5, agosto-ottobre 2006, pp. 12-27.

zioni funzionali delle superfici e deivolumi edilizi; c) individuazione delleprincipali criticità delle condizioniambientali; d) indicazione delle zoneterritoriali omogenee (estratto dalPrg. vigente). Gli studi preliminari svolti hannoquindi individuato le tre condizioninecessarie che, al fine di garantire lariuscita della transizione da cimiteroa parco, il piano deve assicurare; essesono: accessibilità, riconoscibilità,integrazione. Dalla presenza di vinco-li di natura cimiteriale, infrastruttura-le o ambientale, è derivata la decisio-ne di apportare un sostanziale cam-biamento d’uso dei nodi critici: nonpiù edificati e di uso privato, mainvece aperti, non edificati e di usopubblico, tali nodi sono stati conside-rati come i “luoghi notevoli” in cuiconcentrare le politiche d’interventoper la ristrutturazione complessivadell’ambito. Dunque i nodi maggior-mente problematici sono stati trasfor-mati nelle “chiavi” della riorganizza-zione del margine cimiteriale anche aifini di una riconoscibilità del parco alivello urbano e territoriale.Condizione, quest’ultima, che apparecertamente fondativa per la completariuscita dell’operazione urbanistica daporre in essere.

*Architetto Urbanista.

Note1. Con un costo complessivo stimato, per la solainfrastruttura cimiteriale, di circa 140.000.000 diEuro, il piano è stato redatto dalla Unità di progettointerdipartimentale del Comune di Napoli, costituitacon disposizione n. 4 del 13 febbraio 2004 delDirettore generale, e definita: Unità di Progetto -piano esecutivo del parco cimiteriale di Poggioreale.In tale Unità sono confluite le competenze delServizio autonomo servizi cimiteriali, già Unità diProgetto Servizi tecnici cimiteriali e Servizio cimite-ri; del Servizio pianificazione e progettazione infra-strutture di trasporto della Direzione centrale infra-strutture; del Servizio pianificazione aree di recenteformazione del Dipartimento urbanistica; e delServizio giardini della Direzione centrale patrimonioe logistica.Coordinatore responsabile del gruppo di progetta-zione: architetto Francesco Crispino, Direttore SASC– Comune di Napoli; consulenti scientifici e per laprogettazione: Studio architetti Benevolo; progetta-zione architettonica e urbanistica: FrancescoCrispino, Leonardo Benevolo, Alessandro Benevolo,Enrico Formato, Paolo Giordano; progettazioneinfrastrutture e trasporti: Elena Camerlingo, EzioLeone, Italo Ricci; progettazione giardini: VincenzoCampolo, Fernando Ferranti.2. Si vedano: Paolo Giordano, Ferdinando Fuga aNapoli. l’Albergo dei Poveri, il Cimitero delle 366Fosse, i Granili, Del Grifo, Lecce 1997; Fabio

parco territoriale4, di matrice culturaleevidentemente radicata nelle interes-santi esperienze attuate dalleHorticoltural Societies, il parco inten-de quindi ricomprendere la funzionecimiteriale ma, tuttavia, non intendeesaurirsi in essa. Un tale processo di riqualificazioneallora necessita di una attenta analisie di una profonda modificazionedello stato di fatto, al fine di compe-netrare le possibili relazioni tra idiversi elementi costituenti la nuovaattrezzatura urbana che dovrà porsiin struttura dialettica con i contestilocali e le reti metropolitane. A talescopo sono state individuate quattrolinee guida per la redazione del pianoattuativo che intende: a) creare unarete di percorsi finalizzati alla con-nessione delle aree vocate a funzionidiverse; b) articolare il rapporto conil contesto adiacente al parco cimite-riale; c) razionalizzare il sistema dis-tributivo cimiteriale; d) riconfigurarele aree di margine tra parco cimite-riale e contesto edificato, sovente-mente caratterizzato da degrado edili-zio e da fenomeni di dismissione e/osottoutilizzo. Il vasto complesso è stato quindi esa-minato analiticamente attraversorilievi intesi a fornire una dettagliatarestituzione dei diversi materialicostitutivi. Da tali rilievi è derivata lasuddivisione dell’area in 83 ambiti,individuabili sia dalla localizzazionee sia dai tratti morfologici e funzio-nali omogenei. Per ognuno di essi èstata predisposta una schedatura con:descrizione fotografica e testuale del-l’ambito stesso; individuazione delladestinazione urbanistica prevista dalPrg e della eventuale presenza di atti-vità specificamente connesse agli usicimiteriali; ogni tipo di informazionenecessaria, inerente la morfologia deimanufatti, le aree non edificate, illoro uso e il livello manutentivo incui esse versano. L’indagine del contesto urbanisticolocale è stata articolata secondo iseguenti tematismi: a) scomposizionein ambiti omogenei; b) uso del suoloe altezza degli edifici, su base carto-grafica dell’amministrazione provin-ciale, anno 1998 - in scala 1:5000,con specifica delle diverse classifica-

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eccezionale, della vita quotidiana odegradato. La strada quindi nondovrebbe essere più concepita come“un male inevitabile”, ma piuttosto,laddove essa può stare, come un’occa-sione per fare paesaggio, per progettarecon il paesaggio.

Il paesaggio innanzitutto è soggettovivo, ha natura sistemica, essendo costi-tuito da una molteplicità di elementirelazionati tra loro, spazi aperti e spazicostruiti, vuoti che non sono superficipiatte da colmare ma “contenitori” dirisorse, e pertanto rifiuta un approccioparziale (ovvero da un esclusivo puntodi vista3) e che lo considera come beneimmobile e statico.Conseguentemente le decisioni riguar-danti su dove, cosa e come trasforma-re hanno la necessità di essere sup-portate da un’opportuna fase analiti-co-diagnostica utile ad individuareelementi e funzionamenti che deter-minano i diversi livelli di valore che,a loro volta, contribuiscono ad identi-ficare le priorità e le scelte decisionalidella società coinvolta: attraverso lachiave paesaggio difatti possono esse-re attuati interventi territoriali eambientali sostenibili in quanto il suostudio permette di individuare nonsolo le permanenze, ciò che deve esse-re sottoposto a tutela, ma anche ciòche è compromesso e degradato, dariqualificare, quali le risorse, le com-ponenti da utilizzare nei relativi pro-getti di riqualificazione e trasforma-zione.Per comprendere se una strada può omeno contribuire alla qualità del pae-

La strada come strumento di costruzione del paesaggioEmanuela Morelli*

sione del paesaggio come componenteprogettuale. Tale mutamento è avvenu-to a tutte le scale per la meccanizzazio-ne del movimento dell’uomo che deveraggiungere alte velocità: nel raggiun-gere un luogo, nel “produrre sempre dipiù”, nel visitare i luoghi,…Altro dato prioritario la velocità di pro-getto che determina poi le caratteristi-che dell’infrastruttura. Le nuove realiz-zazioni e gli adeguamenti stradali sonocostituiti da tracciati il più omogeneipossibile, caratterizzati da particolarirequisiti tecnici dati da norme standar-dizzate e omologate per tutto il paeseitaliano e/o europeo.Nella priorità di soddisfare tali normeviene dimenticato e disprezzato il ruolopaesaggistico della strada, negandoleogni possibilità di rapporto con i luo-ghi, dato che il contesto attraversatodiviene un insieme di oggetti da scan-sare e/o da forzare e lo spazio apertoun vuoto privo di peculiarità facilmentecolmabile. Tracciati, rotatorie, scarpaterinverdite, muri di ripa di cemento,sono utilizzati con modalità non curan-ti dei connotati del contesto paesaggi-stico attraversato.Con i due principi “tutto è paesaggio” e“il paesaggio è tutto”, la ConvenzioneEuropea del Paesaggio estende final-mente il concetto di paesaggio a tutto ilterritorio e riafferma la sua fondamen-tale importanza. Essa difatti dichiarache “il paesaggio deve essere giuridica-mente riconosciuto e tutelato indipen-dentemente dal valore attribuitogli”2,ovvero è un bene immateriale della col-lettività, a prescindere dal valore asse-gnato, sia che esso sia considerato

Che cosa è una strada? Un sentiero?Un’autostrada? Un percorso solcato dalpassaggio di uomini, mezzi, prodotti eculture diverse e su cui si sono costrui-te culture e memorie di intere genera-zioni? Uno strumento per organizzarelo spazio vitale di una comunità?È ormai scontato pensare che la stradaabbia con il paesaggio un rapportodecisamente negativo in quanto oggiessa è spesso causa di profondi e nonradicati processi di trasformazione nelterritorio che alterano l’assetto paesisti-co. Queste alterazioni a loro volta inne-scano gravi processi di degrado quali laperdita di ricchezza delle risorse natu-rali e delle relative funzioni ecologiche,di diversità, riconoscibilità e identità.

La ricerca Strade e paesaggi dellaToscana, finanziata dal Dip. PoliticheTerritoriali e Ambientali della RegioneToscana1, ha dimostrato come in realtàla strada - intesa non solo come operautile a facilitare il transito di persone,animali e merci, ma anche come cam-mino, itinerario, struttura organizzatri-ce dello spazio - sia una componentefondamentale del paesaggio antropico.Il “bel paesaggio” della Toscana èanche il frutto dell’evoluzione di un’an-tica e fitta trama viaria che si è trasfor-mata nel corso dei secoli con modalitàdistinte a seconda dei luoghi, dellepopolazioni e delle epoche, strutturan-done e influenzandone i continui pro-cessi di stratificazione. Il profondocambiamento di questo rapporto èavvenuto in epoca moderna con l’intro-duzione di nuovi modi di concepire ecostruire le strade e la completa omis-

Riqualificazione urbana e ambientale

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forzare la morfologia, i centri urbani eil complesso di caratteristiche presenti -bensì di costituire un insieme di obiet-tivi a cui la strada può rispondere con-temporaneamente e per propria naturaefficacemente, arricchendo così il pro-getto di quel aspetto creativo chedovrebbe caratterizzare ogni opera del-l’uomo.La densa stratificazione storica del pae-saggio toscano, fortemente condiziona-ta dalle vie di comunicazione realizza-te, indica la Toscana come un luogoesemplificativo per evidenziare che peroperare nel paesaggio si deve progetta-re con il paesaggio stesso. Pertanto perpoter guidare le trasformazioni futurein modo innovativo, ma anche coeren-temente alla propria storia, è opportunauna profonda conoscenza dei connotatipaesaggistici presenti e delle leggi cheli regolano e tengono uniti, determinaregli obiettivi che si intendono raggiun-gere, le priorità da perseguire, le moda-lità con cui ottenerle.

* Università di Firenze.

Note1. Gli esiti della ricerca sono stati pubblicati inEmanuela Morelli, (2007), Strade e paesaggi dellaToscana: il paesaggio dalla strada, la strada comepaesaggio, ed. Alinea, 2007.2. Cfr. Riccardo Priore, (2005), Verso l’applicazionedella Convenzione europea del paesaggio in Italia,“Aedon, Rivista di arti e diritto on line”, 3.3. Le molteplici definizioni che interessano il paesag-gio, indicano modalità e approcci diversi. Questo nonsignifica che siano necessariamente in contrasto l’unacon le altre, se si considera che è il loro insieme,secondo una visione sistemica che riesce a guardarecontemporaneamente al locale e al sistema, agli aspet-ti ecologici e naturali, così come quelli antropici opercettivi, che può aiutare a comprendere la dinamici-tà e la complessità del paesaggio stesso.4. Ha cioè la funzione di collegare punti tra lorodistanti, ma contemporaneamente attraversa e si pre-senta come un susseguirsi di luoghi.5. In questo caso la funzione non è quella di collegarepunti distanti ma di fornire una fruizione capillareall’interno di un territorio, rendendo questo cosìaccessibile in “ogni suo punto”.

rapporto tra strada-paesaggio che siesplica fondamentalmente attraverso ununico tracciato, con un manufatto oggidecisamente invasivo, che si confrontainnanzitutto con la scala vasta del pae-saggio ma che al tempo stesso si scon-tra con la scala locale dei luoghi4. Quila strada contiene una sua organicità inquanto percorso/viaggio e può avere lapossibilità di strutturare la stratificazio-ne antropica e influenza la trasforma-zione del paesaggio attraverso la suaaccessibilità e la sua permeabilità tra-sversale. Fondamentali sono i punti diincontro tra strada-luoghi, che devonogarantire il reciproco ancoraggio, lacontinuità (non solo visiva ma ancheecologica–ambientale) del tessuto attra-versato, e l’identificazione dei luoghi acui il tracciato si rapporta e, comunque,appartiene.La seconda categoria comprende nonpiù un singolo elemento ma un sistemadi strade che si rapporta con il paesag-gio a scala locale5. Partendo dalle stra-de di competenza provinciale e comu-nale, che dovrebbero porsi come spinacentrale del sistema viario, sino a scen-dere a quel reticolo minuto di vie costi-tuito da sentieri, strade bianche, pode-rali, vicinali, eccetera… si evidenzia undisegno complessivo che detiene un’im-portante capacità organizzativa perl’insediamento umano, in confronto adesempio alle grandi infrastrutture, inquanto porta a fruire e a costruiredirettamente il paesaggio a cui il siste-ma stesso appartiene.Risulta, quindi, evidente che la visione“monobiettivo” non è sufficiente a sod-disfare il progetto paesistico di unastrada, ma al contrario occorre ribaltarel’approccio e costituire un insieme diobiettivi a cui la strada può concorrere.

La ricerca mette a fuoco in questo casole principali problematiche che interes-sano strade e paesaggi della Toscana e,in forma di sintesi, ipotizza una serie diobiettivi e di temi per la progettazionestradale nel paesaggio regionalecoerentemente alle disposizioni e agliobiettivi del Piano di IndirizzoTerritoriale. Non si tratta di mettere indiscussione la sicurezza del tracciato,ma neanche di disegnare in modoastratto una linea su una carta geogra-fica - una linea che cerca di scansare,

saggio, deve essere pertanto indagatocome questa modifica il funzionamentodel paesaggio stesso, il quale a suavolta garantisce la presenza o meno dideterminate risorse e caratteristiche.Il paesaggio è permeato da un delicatointreccio di reti diverse in cui fluisconole energie utili a determinare il suostato di salute. L’insieme delle reti èuna struttura che aiuta a comprenderecome la realizzazione di ogni singolainfrastruttura possa minacciare la qua-lità e l’integrità del paesaggio attraver-so tre ordini di problemi: tutte le retiinsistono nel medesimo ambito spazialee quindi una progettazione monobietti-vo che non valuti l’intero sistema disistemi può portare la prevaricazione diuna sulle altre, rompendo così inevita-bilmente flussi vitali per il paesaggio egenerando frammentazione; alcune diqueste opere antropiche, anche se utilia risolvere determinati problemi, sonocomunque fonti di inquinamento e didisturbo per le componenti biologichepresenti e quindi influenzano negativa-mente il funzionamento complessivo.Conseguenza questa che il sistema direti ecologico-ambientale opportuna-mente potenziato e valorizzato potreb-be invece assorbire e quindi minimizza-re; queste infrastrutture si trasformanoin tanti fili che si diramano nel territo-rio aperto, diffondendo processi diurbanizzazione che, se non preventiva-mente indagati e controllati, possonoalterare la matrice paesistica presente einnescare processi di degrado, margina-lizzazione e frammentazione. Le strade nel loro insieme sono unastruttura gerarchica fondamentalmenteaperta, in cui i singoli segmenti posso-no essere abbandonati, ripresi anchedopo secoli, e quindi flessibile chesegue il medesimo processo di sedimen-tazione e stratificazione che avvienenel paesaggio. Da un punto di vistapaesaggistico un modo con cui la via-bilità può essere letta è quello di divi-derla in due grandi categorie di stradeche esprimono il modo con cui esse sirapportano con gli ambiti paesisticiattraversati.La prima categoria si riferisce a quellevie che potrebbero essere definite gran-di direttrici in quanto attraversano vastiterritori relazionandosi generalmente apiù ambiti paesistici. Si tratta di un

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rico culturale; dall’altro, come percorsoalternativo alla via Tiburtina, per col-legare il nodo di scambio della stazio-ne metropolitana di Ponte Mammolo,con il Polo Scientifico e Tecnologico opiù in generale, con il sistema insedia-tivo e produttivo del quadrante est. Lapista ciclabile sarà utilizzata anche afini ricreativi o amatoriali, in quanto èstata concepita come elemento di unsistema integrato di percorsi ciclo-pedonali esistenti e di progetto tra iquali, inseriti nel Prusst, rientra ilsistema di connessione dei casali stori-ci, elementi caratterizzanti l’AgroRomano e testimonianze di interessestorico ambientale, situati a pettinelungo l’antica dorsale di crinale dellavia Tiburtina, prospicienti la valledell’Aniene a sud e la valle del fosso diPratolungo a nord.

Nel programma di riqualificazione delLungomare di Ostia e dei sistemi del-l’entroterra, invece, l’idea guida è quel-la di allontanare i tracciati di viabilitàper il traffico privato dall’arenile, rico-struendo lungo gli stabilimenti unparco lineare a profondità variabile,che intercetti le occasioni di svago e ipunti di contatto con la pineta diCatelfusano prima e di Castelporzianopoi, percorribile solo a piedi o in bici-cletta.In questo caso la pista ciclabile svolgeun ruolo fondativo del progetto diinfrastrutturazione complessiva dell’a-rea e completa con occasioni di utiliz-zazione urbana le piste già esistenti,nate sotto il segno della fruizioneambientale.

Piste ciclabili con i “piedi” per terraVittoria Crisostomi*, Maria Ciuffreda**, Daniela Re***

mite circuiti gerarchicamente ordinati:un circuito portante di adduzione dallarete locale alla rete autostradale, otte-nuto attraverso il potenziamento ecompletamento di tracciati in parte esi-stenti ma non connessi, con riposizio-namento dei nodi; un completamentodella rete locale di distribuzione, larealizzazione delle complanari all’A24nel tratto urbano, il potenziamento delservizio metropolitano della linea FM2da Roma a Bagni di Tivoli, una pistaciclabile di bordo al parco dell’Anieneche, dalla stazione metro di PonteMammolo raggiunge il PoloTecnologico, intersecata da percorsipedonali che la mettono in relazionecon il quadro dei casali storiciIn questo sistema la pista ciclabilesvolge una funzione di snodo tra ilsistema riordinato della mobilità ed ilsistema storico naturalistico.Questa pista ciclabile, programmata findai primi anni ‘80 lungo il corso delfiume Aniene, è stata successivamenteinserita tra gli interventi pubblicifinanziabili attraverso il programma diriqualificazione urbana e svilupposostenibile (Prusst) dell’asse Tiburtino,elaborato dal settore PromozioneTerritoriale del dipartimento diUrbanistica del Comune. All’interno del Prusst la realizzazionedella pista ciclabile è stata concepitacon un duplice obiettivo: da un latocome elemento trainante ed indispen-sabile per la riqualificazione della valledell’Aniene e come condizione di com-patibilità e di bilanciamento ambienta-le tra insediamenti produttivi dell’assetiburtino e il sistema ambientale e sto-

Troppo spesso le piste ciclabili sonol’unica proposta, come azione conclu-siva e risolutiva, di un approccio stret-tamente ambientalista alle questionidella mobilità e della pianificazione.In Comuni ampi come quello di Roma,in cui sono particolarmente evidenti gliaspetti di criticità nella gestione dellamobilità, si è arrivati a definire unpiano quadro della ciclabilità coerente-mente coordinato con il restante siste-ma delle infrastrutture1.Tra i due estremi dell’azione progettua-le e del piano settoriale raramente lepiste ciclabili sono state proposte comeuno degli anelli di una progettazioneintegrata tra trasporti e territorio nellaquale, per ogni azione, sia possibilecommisurare con le altre l’utilità ed ilcontributo complessivo all’efficacia delsistema.Questo per due ordini di motivi: lascarsa abitudine delle amministrazionia lavorare per programmi tecnici edeconomico finanziari; la difficoltà digestire gli stessi in forma unitaria ecoordinata nel tempo, fino al lorocompletamento.Tuttavia, pur non trattandosi ancora diesperienze concluse, si intendono quicitare due esempi nei quali le pisteciclabili sono ingredienti fondanti dellamanovra urbanistica e danno un con-tributo significativo all’assetto del ter-ritorio.

Nel Prusst Asse Tiburtino, il program-ma intercomunale di riqualificazionedei sistemi produttivi lungo la direttri-ce Tiburtina, si prevede il riordinocompleto della rete di accessibilità tra-

Riqualificazione urbana e ambientale

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Urbanistica INFORMAZIONI

rispondenza delle fermate della ferro-via Roma-Lido e dell’accesso alla pine-ta di Castelfusano, situata a ridosso dellungomare. Si è quindi cercato di dis-incentivare l’uso del mezzo privatocollocando, in corrispondenza delcapolinea della ferrovia Roma – Lido,alcuni parcheggi di scambio. È inoltreprevisto un sistema di navette a servi-zio degli stabilimenti e la riduzionedella strada carrabile ad una corsia peri mezzi privati a vantaggio di una cor-sia riservata ai mezzi pubblici.Con il programma di riqualificazioneurbana si cercherà di modificare l’uti-lizzo e le modalità di accesso a questazona di Roma, puntando su unagestione sostenibile ed integrata dellamobilità.

*Architetto, Dirigente dell’U.O.10 PromozioneTerritoriale, Dipartimento VI, Comune di Roma.**Architetto, U.O.10 Promozione Territoriale,Dipartimento VI, Comune di Roma***Architetto, U.O.10 Promozione Territoriale,Dipartimento VI, Comune di Roma

Note1. Fin dai primi anni ’80 l’Amministrazione ha elabo-rato studi e progettazioni di itinerari ciclabili, ma perla prima volta, con l’entrata in vigore della L.208/91,il Comune si è dotato di uno strumento programmati-co-operativo per la realizzazione di percorsi ciclabili:un programma di itinerari lungo le direttrici delleprincipali aste fluviali, Tevere e Aniene, con dirama-zioni verso parchi e ville storiche e verso il litoraleromano. È in quest’ottica che nel 1997 è stato redattoun piano della rete dei percorsi ciclabili urbani inte-grato al piano generale trasporto urbano, che ha defi-nito un sistema dei percorsi ciclabili, quale altra com-ponente del traffico, da utilizzare come alternativasostenibile al sistema della mobilità cittadina.Particolare attenzione, infatti, è stata dedicata sia allacontinuità della rete sia alla connessione, attraversopiste ciclabili, dei nodi di scambio tra il trasportopubblico e la rete metropolitana e ferroviaria.

stione nel periodo estivo, mentredurante il resto dell’anno si riduce adun semplice asse di scorrimento per imezzi motorizzati.L’idea portante del progetto è quella dicreare un “parco lineare”, una fascia diverde attrezzata che, partendo da piaz-za Magellano, raggiunga le spiagge diCastelfusano. Il parco lineare che sor-gerà a ridosso degli stabilimenti privi-legia una fruibilità ciclabile e pedona-le, a questo fine si è scelto di arretrarela strada carrabile. Una pista ciclabileinterna al parco attrezzato presentadiversi vantaggi quali la sicurezza per iciclisti e la vicinanza agli stabilimentied è un asse portante della progetta-zione del verde e precondizione allarealizzazione del parco stesso. Il programma prevede anche dei colle-gamenti perpendicolari ciclabili in cor-

Il settore Promozione Territoriale deldipartimento Urbanistica del Comunedi Roma ha elaborato un “Programmadegli interventi per la riqualificazionedi Ostia, del Lungomare e dei sistemidell’entroterra”, che è in fase di appro-vazione dalla Giunta Comunale.Il cuore del progetto è costituito dalridisegno e dalla riqualificazione delLungomare di Levante.Il lungomare, da piazza Magellano finoalle spiagge di Castelfusano in direzio-ne della riserva di Capocotta, si pre-senta con caratteri di discontinuità escarso valore attrattivo. Verso i bordidella città, il grande stradone che sepa-ra gli stabilimenti dalle aree retrostantirappresenta l’unico segno forte in untessuto edilizio diradato. La fruizionedella zona è caratterizzata dalla stagio-nalità, con una situazione di conge-

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menti e duplicazione di progetti; MarioVella si sofferma sui risultati del moni-toraggio degli interventi di program-mazione negoziata e, in particolare,delle Intese Istituzionali, rilevandonel’eccessiva lunghezza delle procedure ela sostanziale debolezza della progetta-zione: i dati economici relativi all’am-montare delle attività realizzate indica-no che, in media, è stato portato a ter-mine solo il 18,1% dei lavori. Una per-centuale che risente del “relativo”grado di sviluppo degli investimenti equindi degli APQ, stipulati in granparte dal 2005; Carmelina Bevilacqua,invece, a partire dalle riflessioni su ser-vizi e competitività si sofferma sullaportata innovativa nel campo dellaprogrammazione regionale data dallaspazializzazione delle politiche di svi-luppo; mentre Aldo Perotti, esplora ilrapporto tra programmazione e attua-zione a partire dal caso dellaCampania. Se gli obiettivi di servizio (rifiuti, ser-vizi sociali, acque, istruzione) costitui-scono certamente un’importante inno-vazione strategica nel rapporto trapolitiche aggiuntive e ordinarie, apparesempre più necessario, come stabilitonel QSN, che le Regioni differenzino inmaniera significativa obiettivi, stru-menti operativi, procedure di selezionetra città maggiori, sistemi territoriali earee più deboli. Nelle città di maggioridimensioni bisogna indurre investi-menti “alti” nelle aree possibili, ma,anche, richiedere una diversa attenzio-ne, finora molto debole, per le aree deldisagio estremo, dando priorità a setto-ri e servizi ordinari urgenti e deficitari.

Ancora… a sud delle politiche urbanea cura di Daniela De Leo

Mentre sono ancora chiari ed evidenti,anche grazie al supporto di dati stati-stici, alcuni dei più significativi effettiindotti sulle modalità di programmareinterventi urbani connessi all’esperien-za più che decennale dell’Iniziativacomunitaria Urban, sembra respirarsi,oggi, una minore dose di aspettativa efiducia nella possibilità di trattare esuperare i limiti dell’azione integrata(oltre che della capacità istituzionale)di governare con lungimiranza risorsestraordinarie nell’ordinarietà dell’azio-ne politica e amministrativa, nonostan-te si continui ad invocare, da più parti,un qualche tipo di impulso per il rin-novamento degli strumenti di interven-to. Uno dei più urgenti nodi del pro-blema sembra essere connesso a unanon proprio brillante fase del rapportotra cittadini e istituzioni e tra saperiesperti e responsabilità politiche, mal’urgenza della riflessione su questiaspetti non sembra animare troppo icontesti disciplinari. Nonostante questo, i contributi quiproposti, mettendo in luce, da unpunto di vista meno istituzionalerispetto al numero precedente, alcunidegli aspetti centrali della nuova pro-grammazione, consentono di eviden-ziare alcuni deficit e problemi delperiodo appena concluso. In particolareMassimo Zupi individua soprattuttonell’assenza di quadri regionali, lineedi assetto, priorità di intervento e pola-rità di sviluppo, le carenze di una pro-grammazione frammentaria che hascomposto e ricomposto il territorio indifferenti unità di riferimento, conconseguente sovrapposizione di stru-

Nel numero 216, solo qualche mesefa, proponevamo di non perderel’occasione della nuova fase diprogrammazione per aprire unariflessione che ci facesse apprenderedalle pratiche, dalle esperienze che siandavano concludendo, al fine difare di più e meglio per le cittàitaliane del Mezzogiorno, in questonuovo periodo di programmazione,probabilmente uno degli ultimi dalpunto di vista della rilevanza dellerisorse disponibili. Dopo qualchetempo e a valle di un dibattito chesi può definire abbastanza debole edecisamente sottotono, sembra sipossa dire che anche questo campodi riflessione oltre che di pratiche siaaffetto da una generale timidezza e,forse, da una significativa quantopoco rassicurante disattenzione eassenza di aspettative nellapossibilità di trarre concreti elementidi innovazione e di efficacia perl’intervento nelle aree urbane,nonostante vi siano ancora numerosesfide aperte per le politiche urbane eterritoriali.

Ancora... a sud delle politiche urbane

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attraverso le reti materiali e immateria-li dell’accessibilità e della conoscenza.Si tratta di obiettivi incompatibili conuna considerazione di fondo: in molticasi il Mezzogiorno si compone di“regioni senza città”, nelle quali i cen-tri maggiori faticano a raggiungere unadeguato livello di strutturazione e,non riuscendo a raggiungere una dota-zione di servizi e di infrastrutture dirango elevato, non sono in grado dicostruire adeguate relazioni con uncontesto territoriale più ampio. Legrandi aree urbane meridionali nonrappresentano ancora un fattore dicompetitività bensì un fattore proble-matico, infatti esse crescono esclusiva-mente dal punto di vista demografico,ma non da quello economico. Insecondo luogo il QSN non tiene contodel vuoto gestionale e di indirizzo checaratterizza le regioni meridionali, cheparte da una mancanza di coordina-mento a livello centrale-regionale earriva ai comuni più marginali. Ciò hadeterminato, a mio avviso, il sostan-ziale fallimento della precedente pro-grammazione 2000/2006 che, in assen-za di quadri regionali che sostanziasse-ro la strategia, indicando linee diassetto, priorità di intervento, polaritàdi sviluppo, ha sofferto di una pro-grammazione frammentaria che hascomposto e ricomposto il territorio indifferenti unità di riferimento, conconseguente sovrapposizione di stru-menti e duplicazione di progetti. Ne èscaturita la scarsa coerenza program-matica interna ed esterna di piani eazioni, nonché la scarsa sinergia degliinterventi, spesso traducibili non tanto

QSN 2007/2013: specificità Vs emergenzaMassimo Zupi*

due sfide prioritarie per le politicheurbane:- la centralità economica delle agglo-merazioni metropolitane per il sistemapaese: il loro consolidamento determi-nerebbe benefici effetti sulle politichepubbliche relative alla mobilità, ai ser-vizi per cittadini e imprese, alla tutelaambientale;- la concentrazione del disagio in areeperiferiche e peri-urbane: che rendenecessario intervenire sulla lotta allemarginalità, con particolare rilievo nelMezzogiorno, dove la necessità difronteggiare le emergenze sociali e direcupero fisico e socio-economico nellecittà dovrà trovare risposte specifichenella programmazione operativa.Si delinea un’unica strategia, attual-mente applicabile solo nelle regioni“competitività” e che sarà applicabilenelle regioni “convergenza” solo unavolta rimosse le condizioni di arretra-tezza. Pertanto non si intravede, per ilMezzogiorno, una strategia che tengaconto delle sue specificità, bensì essevengono identificate con la marginalitàed il degrado sociale e fisico.Tale impostazione appare confermataanche dagli obiettivi specifici fissatidal QSN:- sostenere la crescita delle funzioniurbane superiori per aumentare lacompetitività e per migliorare la forni-tura di servizi di qualità nelle città;- elevare la qualità della vita, attraver-so il miglioramento delle condizioniambientali e la lotta ai disagi derivantidalla congestione e dalle situazioni dimarginalità urbana;- favorire il collegamento delle città

Attraverso il Fondo europeo di svilup-po regionale (FESR) e il Fondo socialeeuropeo (FSE) la programmazionecomunitaria persegue gli obiettivi di«Convergenza» e «Competitività regio-nale e Occupazione». L’obiettivoConvergenza intende promuovere con-dizioni che favoriscano la crescitanonché fattori che portino a una con-vergenza reale per le regioni meno svi-luppate. Questo obiettivo interessa, in17 Stati membri, 84 regioni con unapopolazione di 154 milioni di persone,nonché, su una base di esclusione pro-gressiva (phasing-out), altre 16 regionicon 16,4 milioni di abitanti. L’obiettivoCompetitività intende rafforzare l’at-trattività delle regioni nonché l’occu-pazione a livello regionale promuoven-do l’innovazione e la promozione dellasocietà della conoscenza, l’imprendito-rialità, la protezione dell’ambiente e ilmiglioramento dell’accessibilità.Saranno ammesse a fruire di tali finan-ziamenti 168 regioni, le quali rappre-sentano 314 milioni di abitanti. Tra diesse, 13 regioni, in cui vivono 19milioni di abitanti, rappresentano learee di phasing-in e sono oggetto distanziamenti speciali in virtù del loroprecedente status di regioni “Obiettivo1”.In Italia, cinque regioni meridionalisono interessate dall’obiettivoConvergenza (Calabria, Campania,Puglia, Sicilia con la Basilicata in con-dizione di phasing-out) e soltanto tre(Abruzzo, Molise più la Sardegna insituazione di phasing-in) nell’obiettivoCompetitività. Partendo da questi pre-supposti il QSN 2007/2013 identifica

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Urbanistica INFORMAZIONI

bile l’utilizzo delle risorse del FASdestinate a processi di riqualificazioneurbana. Pertanto le politiche urbane nei con-fronti del Mezzogiorno dovrebberoporsi ad integrazione di quelle fissatenelle seguenti priorità specificate dalQSN:- rilanciare la programmazione soste-nendo con particolare vigore le espe-rienze di pianificazione metropolitanae di “area vasta”, le uniche in grado diintervenire su problemi (quali la crisiecologica e della mobilità, il fabbiso-gno abitativo, lo spreco di territorio)che affliggono molte aree urbane meri-dionali;- incrementare la capacità cooperativafra città piccole, medie e aree metropo-litane meridionali favorendo la diffu-sione di strumenti programmatici perla costituzione di reti di città capaci disostenere strategie condivise di svilup-po che intervengano sulla debolezzastrutturale dell’armatura urbana meri-dionale;- potenziare le forme di incentivazionefiscale per il recupero del patrimonioimmobiliare esistente con particolareattenzione ai fabbisogni abitativi dellefasce sociali più deboli e favorendo ilriuso con finalità abitative di immobililocalizzati nei piccoli e medi centri sto-rici.Attraverso tali politiche mirate, è pos-sibile individuare tra le specificità del-l’area meridionale gli elementi di uni-cità passibili di valorizzazione, supe-rando una volta per tutte la condizionedi emergenza permanente.

* Dottore di Ricerca in Tecnologie e PianificazioneAmbientale – Dipartimento di PianificazioneTerritoriale, Unical.

URBIT - Urbanistica Italiana Srlè lieta di annunciare la

QUINTA EDIZIONE di URBANPROMO

Venezia, Istituto Veneto di Lettere, Scienze edArti, Palazzo Franchetti, 12-15 novembre 2008

URBANPROMO è Evento Collaterale della 11. MostraInternazionale di Architettura organizzata dallaBiennale di Venezia.

Le finalità e il target di UrbanpromoUrbanpromo è un evento di marketing urbano e ter-ritoriale che si propone di fare crescere la cultura dellafattibilità urbanistica, economica e ambientale deiprogetti, migliorando la qualità dei processi di piani-ficazione e progettazione, e rendendo il mercato piùaperto e concorrenziale. Urbanpromo crea occasionidi partenariato pubblico privato e di collaborazioneinterdisciplinare facendo interagire Enti detentori dipoteri di pianificazione; proprietari pubblici e privatidi complessi immobiliari da valorizzare; promotoriimmobiliari; imprese di costruzione; istituti di creditoe fondazioni bancarie; investitori nell’immobiliare;società di intermediazione; realizzatori e gestori diinfrastrutture e reti dei servizi; soggetti pubblici, pri-vati e del mondo cooperativo coinvolti nella pro-grammazione, realizzazione e gestione di servizi; isti-tuti di ricerca; professionisti e studiosi.

I temi di Urbanpromo 2008A Urbanpromo 2008 sono affrontati temi che oggisono al centro dell’attenzione di coloro che si occu-pano di trasformazione urbana e di sviluppo locale. Le quattro giornate di UP08 si concentrano su trefiloni tematici:- pianificazione strategica e marketing territoriale- partenariato pubblico privato nel real estate e nel

facility management- infrastrutture e mobilità per uno sviluppo sostenibile

Urbanpromo 2008 si articola in sei momenti:quattro giornate di convegni, incontri, colloqui, pre-sentazioni di casi- mostra e catalogo dei progetti e delle opportunità

di investimento- dossier, a diffusione nazionale, con schede redazio-

nali dei progetti e dei loro promotori- sito web, con l’archivio dei progetti di Urbanpromo- iniziative di valorizzazione di progetti, pubblicazio-

ni, opere di giovani ricercatori

Per informazioni:

Segreteria organizzativa: Daniele [email protected] - tel. 051 648 68 86

Relazioni esterne: Valentina [email protected] - tel. 051 648 68 86

Ufficio stampa: Mila [email protected]

in programmi quanto in liste di pro-getti privi di una visione di insieme. Solo in questo modo è possibile spie-gare, a mio avviso, gli scarsi risultatiottenuti in termini di sviluppo dai 51PIT della Campania, dai 30 PIT dellaSicilia, dai 23 PIT della Calabria (cuivanno aggiunti altri 33 ProgettiIntegrati di tipo diverso). La strategiadi rafforzamento di città e reti urbaneattraverso logiche non limitate ai soliinterventi infrastrutturali che incorag-gino l’effettivo sviluppo di funzioni èsicuramente da condividere. Ma ciònon è ottenibile trascurando elementiimportanti come una più adeguatadefinizione e aggiornamento deglistrumenti ordinari di pianificazione,controllo e gestione urbanistica eambientale (in assenza dei quali è dif-ficile progettare la promozione di fun-zioni elevate). Gli ultimi quindici anni sono statidominati dall’esperienza dei programmicomplessi o integrati, interventi pun-tuali che, almeno teoricamente, dove-vano incidere non solo sull’aspetto deldegrado fisico ma anche sulla costru-zione di percorsi localizzati di sviluppoeconomico e sociale. Il programma Urban ha interessato, nelcorso dei due cicli di programmazione1994-99 e 2000-06, ben 23 città delMezzogiorno. Ma oltre ad Urban sonostati avviati molti altri interventifinanziati sia dal Ministero delleInfrastrutture e dei Trasporti (come peresempio il programma Sistema cheinteressa 8 aree territoriali meridionalio il cosiddetto Progetto innovativourbano che interviene sul degrado fisi-co e sociale di 11 fra aree portuali eferroviarie urbane nel Mezzogiorno) siadal Fondo Aree Sottoutilizzate, gliAccordi di Programma Quadro per learee urbane o anche i progetti finan-ziati dalla cosiddetta riserva per le areeurbane, senza dimenticare i Contrattidi Quartiere. Se nonostante questocoacervo di programmi e risorse, oggici troviamo di fronte agli stessi proble-mi che con questi interventi si intende-va affrontare e risolvere, è evidenteche esiste un’esigenza di concentrazio-ne e di coordinamento. A tal fine, vaconcentrata e indirizzata su progetti divalenza strategica la spesa del ciclo2007/13 dei fondi strutturali e reso sta-

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Puglia consentono il recupero delMonastero di S. Chiara a Lecce, laredazione del Piano Strategico diLecce e il risanamento del QuartiereTamburi a Taranto. Quelli firmati conla Sardegna, prevedono il recuperodel complesso Lo Quater ad Alghero ela creazione della Mediateca delMediterraneo a Cagliari.Per quanto riguarda il Centro-Nord,gli accordi con la Lombardia permet-tono il recupero dell’area del NaviglioGrande, quelli con la Liguria il recu-pero dell’ex Hotel Milano a Genova,la riconversione del palazzoComunale e dell’ex Tribunale adOneglia, il recupero della passeggiataa mare a Bordighera.Tra gli APQ sottoscritti prima del2004: gli interventi di riqualificazionee mitigazione ambientale nei comuniconfinanti l’aeroporto di Malpensa; larilocalizzazione di importanti uffici estrutture governative dal centro stori-co di Trento verso aree semicentrali eperiferiche, al fine di riqualificare l’a-rea centrale cittadina e potenziare iservizi sanitari e culturali offerti airesidenti (480 mil.).

Avanzamento e monitoraggio

Attraverso un monitoraggio semestra-le, gli APQ dispongono di un quadroaggiornato dell’avanzamento econo-mico e procedurale degli interventiprogrammati. È possibile verificarel’effettivo stato di avanzamento deiprogrammi finanziati, i problemiincontrati e le soluzioni adottate dairesponsabili di procedimento, nonchéi risultati conseguiti.

Programmazione negoziata e monitoraggiodegli interventiMario Vella*

Per l’effettivo successo di questifinanziamenti, il Governo, di concertocon le Regioni, ha indicato alcunispecifici criteri da seguire: tagliominimo degli interventi (1 milioni),loro selezione preferibilmentemediante procedure di evidenza pub-blica, celere impegno delle risorseanche con meccanismi sanzionatori,aggregazione dei piccoli comuni nelladefinizione dei programmi. Le risorsemesse a disposizione del Cipe hannoagito da volano, attraendo ulterioririsorse finanziare.Nel complesso, sul tema dello svilup-po urbano, gli APQ relativi alle areeurbane hanno portato all’attivazionedi oltre 800 interventi (2005-07) perun valore complessivo di 1.341,5milioni, di cui 1.256 nelMezzogiorno. Alle risorse già citate sisono aggiunte i FAS a carattere ordi-nario (600 mil.), a carattere ordinariostatale e regionale (20,7 mil.) e dialtri Enti (145,3 mil.).Attraverso gli APQ si è arrivati aduna programmazione congiuntaGoverno-Regioni di un’ingente moledi investimenti, è stato creato unquadro strategico degli investimentinel settore e promossa la convergenzadi iniziative e finanziamenti prove-nienti da diverse fonti.Di particolare rilievo, nel Sud, sonogli accordi firmati con la Campania,che prevedono la redazione dei pianistrategici di Napoli, Avellino, Caserta,Salerno e Benevento, la ristruttura-zione del Real Albergo dei poveri aNapoli, il restauro del Palazzo CapoSele a Portici. Quelli firmati con la

Le Intese Istituzionali di Programma ei loro strumenti attuativi, gli Accordidi Programma Quadro APQ, sono unadelle principali esperienze di pro-grammazione negoziata. Attraversoqueste si è riuscito a fare dialogareamministrazioni centrali e locali suprogetti e programmi di sviluppolocale. Un risultato che non deveapparire scontato e che va analizzatoalla luce delle non sempre proficueesperienze di dialogo tra amministra-zioni pubbliche in materia di politi-che di sviluppo. Un confronto spessocaratterizzato da una difficile media-zione tra molteplici esigenze, approc-ci, procedure tecnico-amministrative.In questo contesto si inserisce l’espe-rienza delle Intese Istituzionali nellaprogrammazione e attuazione dellepolitiche di sviluppo urbano.

La programmazione dello sviluppourbano nelle Intese Istituzionali diProgramma

Nell’ambito delle disponibilità delFAS, istituito con la Finanziaria 2003,il Cipe ha voluto finanziare una lineadi programmi dedicati al migliora-mento sia della dotazione infrastrut-turale che della progettazione inno-vativa nelle città e nelle aree metro-politane, da attuarsi attraverso APQ1.Tra il 2004 e il 2005 il Cipe ha asse-gnato a questa linea di programmi477,6 milioni di risorse FAS, di questicirca 437 milioni sono destinati alleregioni del Mezzogiorno, aggiungen-do così un’ulteriore politica urbana aquelle consolidate di Urban, dei Pru,dei Prusst.

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soprattutto in questo periodo chevede l’avvio della nuova programma-zione 2007-2013 nella quale le politi-che urbane, attraverso la Priorità 8“Competitività ed attrattività dellecittà e dei sistemi urbani”, svolgeran-no un ruolo importante per rafforzarei processi di sviluppo economico esociale, soprattutto nelle sue aree piùdeboli.

* Dirigente del Servizio Ministero dello sviluppoeconomico

Note 1. Cfr. punto 12 della Del. Cipe n. 34/2005.2. Gli accordi siglati tra il 2000 ed il 2003 mostranopercentuali di avanzamento superiori, oscillanti trail 40% ed il 65%.

Fig. 1: Stato di avanzamento degli interventi perfase procedurale

debolezza della progettazione degliinterventi, talvolta sviluppata coneccessiva celerità e insufficientiapprofondimenti. Limiti che vengonoal pettine nelle successive fasi proget-tuali e di cantiere. La carente proget-tazione dell’intervento può renderepiù impegnativa la sua realizzazione,poiché obbliga, ogni sei mesi, a unasua ripianificazione dal punto di vistaprocedurale e/o economico e, di con-seguenza, finanziario. Una situazioneche ha un impatto diretto sull’interaprogrammazione degli investimenti. Illivello regionale o ministeriale spessonon può fare altro che rilevare unprocedere degli investimenti a ritmiinferiori a quelli attesi, con conse-guenze anche sui tempi di attuazionedei processi di sviluppo economico esociale, sulla finanza pubblica e sullacrescita complessiva del paese.Tale situazione si affronta in modoefficace certamente migliorando ilprocesso di selezione degli interventi.Si tratta di una fase molto delicatanella programmazione delle operepubbliche, il cui corretto svolgimentoha un impatto di rilievo sull’interavita di ogni progetto e programma. Inquesta fase, devono essere individuatiquelli che hanno adeguate e verificatecondizioni tecniche ed economico-finanziarie per potere essere portati atermine, sottoponendoli, inoltre, aregolare monitoraggio per verificarein itinere la sussistenza di questecondizioni. Nel monitoraggio conti-nuo dei programmi, le Regioni e iComuni possono svolgere un compitofondamentale: esaminando regolar-mente e in dettaglio i dati sull’anda-mento degli interventi finanziati, evi-denziando gli eventuali ritardi efacendo emergere, quindi, ifattori/problemi che li hanno determi-nati, spingendo i responsabili di pro-cedimento ad individuare adeguatesoluzioni. In questo modo le ammini-strazioni forniranno un significativocontributo per accrescere l’efficaciadelle politiche pubbliche e, quindi,anche nel settore urbano, si potrannoportare a termine con tempi e risorsecerti i molteplici e impegnativi pro-grammi di sviluppo che interessano lecittà.Un contributo di estremo rilievo

I dati economici relativi all’ammonta-re delle attività realizzate indicanoche, in media, è stato portato a termi-ne solo il 18,1% dei lavori. Una per-centuale che risente del “relativo”grado di sviluppo degli investimenti equindi degli APQ, stipulati in granparte dal 20052.I dati procedurali ci forniscono un’al-tra prospettiva nell’analisi dello statodi avanzamento (cfr. Fig.1): solo il34% degli interventi ha lavori apertio conclusi e un uguale ammontare diinterventi è ancora in fase progettua-le (studio di fattibilità, progettazionepreliminare o definitiva). Questi ulti-mi progetti devono cioèessere ancora pienamente definiti nei

loro contenuti tecnici ed economico-finanziari, superare quindi le diverseverifiche tecnico/amministrative, perentrare, in ultimo, nella fase realizza-tiva. La delicatezza di questa fase èconfermata da altri indicatori comegli slittamenti nei cronoprogrammiprocedurali; i dati mostrano, infatti,come, nel corso della fase attuativa, iprogetti sono caratterizzati da sensi-bili e frequenti “ripianificazioni” tem-porali e, talvolta, anche economiche efinanziarie. Questo fenomeno nonriguarda il solo settore dello sviluppourbano ma interessa l’intero panora-ma italiano della programmazione perlo sviluppo. È da ritenere collegatoalla lunghezza e complessità dellaprocedure di definizione e approva-zione dei progetti, ma, anche, alla

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associate risorse finanziarie per circa 3miliardi di euro – volto a stimolare laperformance delle amministrazioniregionali e locali al fine di realizzarerisultati misurabili e visibili ai cittadininell’offerta di servizi di particolare rilie-vo per il benessere delle comunità locali(la gestione dei rifiuti urbani, la qualitàdel servizio idrico, i servizi di cura perl’infanzia e la popolazione anziana, laqualità dell’istruzione). Si tratta di ser-vizi che presentano nelle regioni delMezzogiorno standard quantitativi equalitativi molto lontani sia dalla mediaeuropea sia da quella del Centro-Nord.In tale contesto il rapporto tra servizi einvestimenti pubblici, o meglio tra pro-grammazione e offerta dei servizi,diventa fondante sia per l’attività dipianificazione che per quella di pro-grammazione, ai diversi livelli di com-petenza amministrativa. Ecco perché lecittà ritornano ad avere un ruolo diforte impulso per la modernizzazionedell’intero sistema territorio su cui insi-stono. La maggior parte dei nuovi “ser-vizi” generati dal sistema economicoglobale, difatti, si è localizzata lungouna rete di città con funzioni di nuovecentralità. Questa rete è dinamica nelsenso che fagocita sempre nuove areeurbane, anche se in contemporanea cre-scono nelle stesse città aree di degradosociale e decadimento infrastrutturale. La globalizzazione costruisce la suaidentità e la sua riconoscibilità attraver-so il concetto di rete dinamica, in conti-nua espansione, che consente lo scam-bio di informazioni, le transazionifinanziarie internazionali, le operazionidi capitali nell’ambito di mercati inter-

Servizi e competitivitàCarmelina Bevilacqua*

rità e centralità urbane (**). Un territorioarretrato, ora, non si misura più solo intermini di crescita economica e dotazio-ne infrastrutturale. Gli indicatori checonsentono di misurare la capacità diun territorio di “evolversi” dalla situa-zione di arretratezza economica riguar-dano la dotazione di servizi. Il temarilevante, che l’Europa ha posto per ilciclo di programmazione 2007-2013,riguarda la riduzione del gap tra regioniad economie lente rispetto a quelle piùsviluppate, attraverso azioni program-matiche che annullino le differenze nel-l’offerta di servizi pubblici. In particola-re, i servizi di interesse generale (SIG)sono considerati dalla CommissioneEuropea e dal Parlamento Europeo fon-damentali per la coesione socioecono-mica e importanti per il contributoall’accrescimento della competitivitàdell’UE. A tal proposito, si è innescatoun interessante dibattito sulla distinzio-ne tra SIG (Servizi di Interesse Generale)e SIEG (Servizi di Interesse EconomicoGenerale) considerando questi ultimicome servizi rispondenti a qualsiasiattività economica soggetta ad obblighidi servizio pubblico. Rispetto a taletematica l’Italia ha previsto nel QSN icosiddetti Obiettivi di servizio per leregioni catalogate nell’ObiettivoConvergenza che raggruppa, difatti, leregioni Campania, Puglia, Sicilia,Calabria, mentre la Basilicata e il Molisesi trovano nella condizione di phasingout, ovvero in uscita dalle condizioni diarretratezza.Il programma per le regioni dell’Ob.Convergenza prevede l’introduzione diun meccanismo premiale – cui sono

L’attività di programmazione a livelloregionale attiene a come innescare pro-cessi di sviluppo e, per tanto, la politicadi sviluppo a tale livello non può pre-scindere dalla spazializzazione delle suescelte. Ciò significa diversificare le poli-tiche e gli strumenti a seconda dellecaratteristiche dei differenti contestiamministrativi che compongono unaRegione (nel caso italiano abbiamo leprovince, le comunità montane, i comu-ni) dal momento che esiste una dicoto-mia forte tra Regioni che riescono amantenere alte le spinte propulsivedello sviluppo e Regioni che storica-mente permangono oggetto di politichedi convergenza per ridurre i differenzia-li di sviluppo (che poi significa di pro-duzione, di crescita, ma anche di qualitàdella vita, di benessere sociale, ecc..).Tale dicotomia è in parte dovuta a comeil governo del territorio si integra,diventando pregnante, con le politichedi sviluppo.La riforma della politica di coesionecerca di tradurre il concetto basilare chel’approccio integrato dello SpazioEuropeo ha formulato per introdurre ladiversità territoriale dell’Europa comericchezza nel grande processo di ristrut-turazione mondiale messo in atto dallaglobalizzazione: in tale arena di nuovimercati, nuove domande, nuove produ-zioni bisogna competere con l’offertadiversificata e, nello stesso tempo, con-centrata di servizi (servizi avanzatilegati alla produzione e allo scambio diinformazioni). La concentrazione deiservizi disegna la nuova geografia deisistemi urbani individuando globalcities, gateway cities come nuove pola-

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commissione ha promosso un’iniziativalodevole per stimolare le amministrazio-ni locali a fare sempre meglio attraversoil confronto con altre realtà. Tale inizia-tive denominata URBACT si presentasotto forma di Audit dei sistemi urbanieuropei, una sorta di banca dati peranalisi di benchmark di tutte le cittàeuropee e per lo scambio di esperienze ebest practices per tutto il periodo 2007-2013.Le regioni sono tenute a sviluppare ilQuadro Strategico Regionale e i pro-grammi operativi seguendo alcuni prin-cipi fondanti le strategie regionali,ovvero la riduzione delle disparitàintraregionali attraverso una equilibratadistribuzione dell’offerta di servizi; lacreazione e il potenziamento dell’econo-mia basata sulla conoscenza; la consi-derazione della dimensione territorialeper la costruzione della strategia e l’at-tuazione della programmazione; l’inclu-sione della città come motore di svilup-po competitivo. Le disparità sono, dun-que, relazionate ai gap strutturali che leregioni a economia lenta devono ridur-re, l’economia della conoscenza e lacittà è relazionata alla competitività chedeve essere potenziata o, quantomeno,supportata. La dimensione territoriale eurbana della programmazione traducelocalmente lo spirito dello spazio euro-peo e conduce ad una forte portatainnovativa in campo della programma-zione regionale, ovvero alla spazializza-zione delle politiche di sviluppo.

* Università degli Studi Mediterranea di ReggioCalabria.

** Le gateway city sembrano ricoprire un ruolo impor-tante nella struttura policentrica dello spazio europeoin quanto nodi di interscambio nodale che consentonodi creare la rete policentrica ai differenti livelli o scaledi interconnessione economica e produttiva. A scalaglobale la global city è facilmente individuabile: sonoquelle città storicamente importanti che nate come cittàdi produzione tradizionale, si sono agevolmente trasfor-mate in luoghi di concentrazione di tutti i servizi avan-zati: sono i luoghi dell’offerta speciale non solo di busi-ness ma anche di cultura, di alta formazione. Le gate-way city, pur ricoprendo un ruolo più basso nellagerarchia delle città a livello globale (sono di fatto dirango inferiore rispetto alle global city), hanno tuttaviaun ruolo di primaria importanza nelle economie locale.A livello regionale/nazionale le gateway city sono inodi della rete dei flussi di informazione, merci e per-sone. Sono i nodi, dunque, della rete policentrica euro-pea che consentono una più immediata accessibilitàmultimodale in entrata e in uscita dei contesti geo-eco-nomici moderni, che nascono sui principi dell’economiadella conoscenza.

europeo e le esperienze maturate inseno a ESPON (urban-rural prospective)come possibile guida a una programma-zione unitaria.Per quanto riguarda i contenuti dellanuova programmazione, la politica dicoesione pone una speciale attenzioneai bisogni delle aree urbane e rurali alfine di raggiungere uno sviluppo bilan-ciato e di rimuovere gli ostacoli allacrescita. A tal fine, viene promosso unapproccio integrato territorializzato chesappia incidere oltre che su crescita eoccupazione anche nella promozionedell’inclusione sociale e del migliora-mento delle condizioni ambientali. Nell’ambito dei programmi operativi, ifondi strutturali possono finanziareoperazioni di supporto alla finanza diprogetto per il coinvolgimento di impre-se attraverso fondi di venture capital,fondi di garanzia e prestiti. Queste ope-razioni organizzate nell’ambito di obiet-tivi relazionati allo sviluppo urbanosostenibile si attuano attraverso formedi PPP (Partenariati Pubblico Privati)previste in specifici programmi che lacommissione definisce programmi inte-grati per lo sviluppo urbano sostenibile.Per consentire un più facile approccioall’implementazione di queste iniziativela Commissione Europea insieme allaBanca Europea degli Investimenti e ilConsiglio della Banca Europea diSviluppo ha lanciato i seguenti stru-menti:- JESSICA – strumento ideato per pro-muovere e facilitare lo sviluppo di ini-ziative di ingegneria finanziaria (projectfinancing) per la realizzazione di pro-getti inclusi in piani integrati di svilup-po urbano (legati alla progettazionestrategica delle città);- JEREMIE – strumento ideato per pro-muovere e facilitare lo sviluppo diimprenditorialità (regimi di aiuto alleimprese) in aree urbane dove l’attivitàproduttiva è ostacolata da un mercatodebole per l’esistenza di un alto rischioa investire in Ricerca e Sviluppo;- JASPER – strumento ideato per sup-portare la preparazione di grandi pro-getti nelle regioni appartenenti all’obiet-tivo convergenza per il periodo 2007-2013. Inoltre, sempre con il fine di facilitarel’inclusione della dimensione territorialee urbana nella programmazione, la

nazionali, ovvero globali, la crescita dimercati del lavoro internazionali perprofessionisti esperti di servizi avanzatie specializzati. La città per essere com-petitiva deve appartenere a questa retein base al suo grado gerarchico e alivello di concentrazione delle funzioniurbane con caratteristiche globali chepuò raggiungere. Ma perché le cittàdevono essere competitive? La cittàcompetitiva porta sviluppo e crescitanella regione di appartenenza; la suasostenibilità, tuttavia, è condizionatadalla capacità politica ai vari livelliamministrativi di gestire altre variabiliche si “accendono” nel passaggio globa-le-locale, e cioè aumento di illegalità, diimmigrazione clandestina, di esclusionesociale di nuove povertà sociali, con unaumento considerevole delle disparitàurbane. Ma anche di nuove domandelegate agli scambi globali, come attivitàdi leisure, arte e cultura. Il tutto è strut-turato dalla capacità di diffondere nelsistema delle attività legate ai cosiddettiservizi avanzati, le tecnologie informa-tiche (ICT), vere padrone della nuovarete delle centralità urbane nell’era dellaglobalizzazione.La diffusione delle ICT consente di con-centrare in luoghi strategici le funzionicentrali dell’economia globale e l’offertadi servizi avanzati. In questo quadro laproduzione nella logica tradizionaledello spazio economico non è legata aduna precipua localizzazione, ciò checrea vantaggi competitivi è la concen-trazione dei servizi avanzati che dannoluogo a tali produzioni. Il territoriodiventa un’unica infrastruttura di conte-sto e sostegno della competitività, dellacoesione e dello sviluppo.La trasformazione urbana si manifestacome politica di rigenerazione dei siste-mi urbani, motori della crescita di un’e-conomia basata sulla conoscenza(Strategia di Lisbona), di uno sviluppoarmonico e di quel policentrismo cheritroviamo alla base degli orientamentistrategici dello Spazio Europeo (SSSE) enodo concettuale delle ricerche ESPON(urban-rural). La politica di coesionesupporta le città sia dal punto in vistadella messa a punto di nuovi strumentidi attuazione, sia prevedendo, nella filo-sofia complessiva della nuova program-mazione, un’attenzione strutturale aisistemi urbani richiamando lo spazio

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ne delle strategie e le città acquisisco-no, anche in riferimento agli orienta-menti comunitari, un ruolo di partico-lare importanza divenendo l’ottavaPriorità del QSN, “Competitività eattrattività delle città e dei sistemiurbani”. Alla priorità è sotteso ununico Obiettivo Operativo: promuoverela competitività, l’innovazione e l’at-trattività delle città e delle reti urbaneattraverso la diffusione di servizi avan-zati di qualità, il miglioramento dellaqualità della vita e il collegamento conle reti materiali e immateriali. L’obiettivo operativo è declinato in treobiettivi specifici:sostenere la crescita e la diffusionedelle funzioni urbane superiori peraumentare la competitività e permigliorare la fornitura di servizi diqualità nelle città e nei bacini territo-riali regionali e sovracomunali di rife-rimento;elevare la qualità della vita, attraversoil miglioramento delle condizioniambientali e la lotta ai disagi derivantidalla congestione e dalle situazioni dimarginalità urbana, al contempo; valo-rizzando il patrimonio di identità e raf-forzando la relazione della cittadinan-za con i luoghi;favorire il collegamento delle città edei sistemi territoriali con le reti mate-riali e immateriali dell’accessibilità edella conoscenza.Il testo del QSN chiarisce come i pro-grammi operativi regionali e nazionalipotranno concorrere a questi obiettivi.In generale l’attenzione è posta sullanecessità di un’attenta pianificazione eprogrammazione degli interventi unita

Politica regionale e cittàAldo Perotti*

tema delle aree urbane descrivendo indettaglio la situazione italiana, eviden-ziando anche le differenze con altripaesi europei. Ne emerge un quadromolto articolato in cui la disomogenei-tà appare l’unico elemento comune conil risultato che, nella grande maggio-ranza dei comuni capoluogo al centrodelle aree metropolitane, è in atto uncalo di popolazione, mentre crescono icomuni di cintura urbana (il fenomenoè evidente a Torino, Milano, Firenze,Roma e Napoli). Tuttavia, la lettura combinata dell’an-damento demografico e dell’attrattivitàeconomica urbana, evidenzia una fortedifferenziazione dei percorsi di svilup-po che riflette, da una parte, la con-giuntura nazionale, dall’altra, l’intrec-cio tra le dinamiche dell’invecchiamen-to, dell’immigrazione e della dispersio-ne insediativa che si combinano inspecifiche dinamiche locali.Una particolare attenzione è posta altema delle Funzioni Urbane Superiori(FUS – Alta formazione e ricerca, edi-toria e cultura, produzione high tech,servizi finanziari). Il dato statistico diriferimento è la percentuale di addettinei settori specifici sul totale degliaddetti. Tale dato registra, quasi ovun-que, un indicativo incremento e sem-bra costituire un indicatore di crescitaeconomica. Dall’analisi deriva l’impor-tanza, ai fini dello sviluppo, delle cittàin quanto sedi elettive di quelle fun-zioni proprie dei settori della ricerca,dell’innovazione e dei servizi avanzati,in pratica uno dei pilastri della strate-gia di Lisbona. Dall’analisi il QSN passa alla definizio-

La nuova politica regionale unitariaimmagina di coordinare diverse fontidi finanziamento, i Fondi Strutturali eil FAS, in unico disegno “strategico”facendo del QSN uno dei documentifondamentali per il futuro dell’Italia. Ildocumento parte dall’analisi del conte-sto per poi discutere della politicaregionale e, quindi, articolare le sceltestrategiche secondo una logica di prio-rità o temi prioritari. Il Quadro, poi,specifica come l’attuazione della strate-gia avvenga attraverso un complessodi programmi operativi, nazionali,interregionali e regionali, le risorsefinanziarie assegnate e, infine, lemodalità di attuazione ovvero lagovernance del quadro e dei program-mi. Nella sua articolazione il QSNrisponde a quanto richiesto dai regola-menti comunitari che ne hanno previ-sto la stesura, definendo i programmiper le regioni Convergenza,Competitività Regionale e Occupazionee i programmi per l’ObiettivoCooperazione Territoriale Europea, evo-luzione dei programmi Interreg dellaprogrammazione 2000-2006.Il paese, purtroppo, conserva una evi-dente suddivisione in due aggregatiterritoriali ben distinti, il Mezzogiornoe il Centro-nord, geograficamenteinvariati nel tempo a dispetto di quelliche possono essere i cambiamenti diun parametro economico di valutazio-ne, il Pil, che ha fatto in modo chealcune regioni del Mezzogiorno nonfacciano oggi parte delle regioni dellaConvergenza. Per quanto riguarda la dimensioneurbana, un apposito capitolo affronta il

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sociosanitari con la realizzazione dicentri polifunzionali di quartiere, dota-ti di laboratori creativi e informatici, distrutture per la diffusione della culturae dello sport, nonché riqualificazionedelle strutture già esistenti, anche con-fiscate, da destinarsi ai giovani e agliadolescenti, realizzazione di centri diaccoglienza per i soggetti più esposti arischio, potenziamento di asili nido,ludoteche, servizi di “trasporto socia-le”, messa in rete dei servizi territorialidi segretariato sociale, sportivi, cultu-rali e per il tempo libero nelle scuole,promozione di un sistema di aiuti alleimprese sociali.Si prevede, infine, con un investimentodi oltre 50 mil., la realizzazione degliinterventi per l’area dell’ex-Italsider diBagnoli e il Recupero del Real Albergodei Poveri di Napoli.

*Ingegnere, Servizio Fondi Strutturali del Ministerodello sviluppo economico.

in attuazione della Priorità 8 del QSN,con un obiettivo specifico unitario diRigenerazione Urbana e Qualità dellaVita e tre obiettivi operativi:città medie (Obiettivo Operativo 6.1):

realizzare interventi integrati di svilup-po urbano per migliorare le funzioniurbane superiori e assicurare condizio-ni di sviluppo sostenibile, sociale edeconomico, delle città medie.L’obiettivo prevede piani integrati disviluppo urbano nelle città medie,riqualificazione ambientale, rigenera-zione economica e sociale, riqualifica-zione e valorizzazione dei waterfront,riorganizzazione e valorizzazione deglispazi urbani sottoutilizzati o non uti-lizzati per la realizzazione di parchiurbani, centri commerciali naturali,laboratori artigianali, aree espositive espazi di aggregazione, potenziamentodella mobilità locale, promozione dellalegalità e della sicurezza;Napoli e area metropolitana (Obiettivo

Operativo 6.2): realizzare piani integra-ti di sviluppo urbano sostenibile nell’a-rea metropolitana di Napoli, al fine diridurre il degrado sociale e ambientalee favorire la competitività del sistemapolicentrico delle città. Si prevedonopiani integrati di sviluppo urbano peril centro storico di Napoli e per le peri-ferie che prevedano anche l’accoglien-za di gruppi sociali a elevato contenu-to culturale, quali studenti, ricercatoriuniversitari; la progettazione, speri-mentazione e realizzazione di crono-mappe, banche del tempo, altri servizie applicazioni per favorire l’armonizza-zione dei tempi delle città alle esigenzedei cittadini, riqualificazione dei beniecclesiastici vincolati e una loro rifun-zionalizzazione a uso pubblico, socialee culturale, corredata di piano digestione, diffusione della legalità e lasicurezza, quali il riutilizzo ai finisociali o produttivi dei beni confiscatialla camorra. città solidali e scuole aperte (Obiettivo

Operativo 6.3): potenziare e qualificareil sistema delle infrastrutture sociali,per l’istruzione e di conciliazione,attraverso i Piani Sociali di Zona, alfine di contribuire ad elevare l’accessi-bilità e l’integrazione dei servizi terri-toriali per i cittadini. Questo obiettivocontempla l’implementazione dell’of-ferta di servizi territoriali sociali e

alla necessità di individuare dei criteridi selezione indirizzati al raggiungi-mento dei target di servizio per i servi-zi minimi essenziali specialmente perle regioni del Mezzogiorno.Sono rinviati alle politiche ordinarie o,comunque, a risorse aggiuntive, gliinterventi di politica abitativa socialeper l’inammissibilità di tali investimential cofinanziamento da parte dei FondiStrutturali. Sono attribuiti alla Priorità6 i temi delle infrastrutture per lamobilità, alla 8 quelli delle infrastruttu-re di servizio, dei servizi alla cittadi-nanza e alle imprese. Ci si concentrapiù su interventi di tipo “software” che“hardware” prevedendo azioni di piani-ficazione, di riorganizzazione, riqualifi-cazione, miglioramento e “interconnes-sione” dei sistemi urbani dai quali nonci si può attendere un impatto urbani-stico di immediata visibilità quanto,piuttosto, una migliore “vivibilità” dellecittà. Il QSN prevede di trasformare ilvolto delle nostre città essenzialmenteattraverso piani integrati di sviluppoche terranno conto di una pluralità difattori tra cui l’individuazione dei “ter-ritori del mutamento” e di quelle loca-lizzazioni infrastrutturali che rappre-senteranno delle economie esterne per isistemi urbani. In tale direzione, ancheil coordinamento degli interventi (e deitempi di intervento) risulterà di partico-lare importanza in considerazione delfatto che sui territori interverranno inmaniera coordinata sia i FondiStrutturali che il FAS, prevedendosi, tral’altro, su molte iniziative, la possibilitàdi intervento di capitali privati. Su que-st’ultimo punto il QSN apre a qualsiasiforma di compartecipazione raccoman-dando sempre l’attenta valutazione ditutti gli scenari. Le Regioni, a seguito del QSN, hannoavviato e, oggi, in gran parte concluso,l’iter per l’approvazione dei POR dovetrovano attuazione proprio le indica-zioni del QSN.

Il caso campano

La lettura del caso della RegioneCampania risulta utile per comprenderemeglio quali siano le azioni in attua-zione delle politiche del QSN. Il PORCampania prevede un apposito Asse 6– Sviluppo urbano e qualità della vita,

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Forma e contenuti del piano

La normativa del Piano Paesaggistico èarticolata in tre parti: la prima riguardale disposizioni generali, la seconda l’as-setto territoriale e la terza le normefinali. La prima parte della normativa, chereca le disposizioni generali, è suddivisain due titoli: uno contenente i principi el’altra la disciplina. A questi due ele-menti nella seconda parte che contienela lettura del territorio si affianca poiun pre-liminare elemento quello conte-nente la definizione/catalogazione delbene. Già da queste prime caratteristi-che appare evidente che lo schema dibase adottato per la costruzione deltesto risulta di taglio molto attuale e diestrema trasparenza.I principi ispiratori del PianoPaesaggistico regionale della Sardegnasono:- il controllo dell’espansione delle città;- la gestione dell’ecosistema urbanosecondo il principio di precauzione- la conservazione e sviluppo del patri-monio naturale e culturale;- l’alleggerimento della eccessiva pres-sione urbanistica, in particolare nellezone costiere;- le politiche settoriali nel rispetto dellaconservazione della diversità biologica;- le strategie territoriali integrate per lezone ecologicamente sensibili;- la protezione del suolo con la riduzio-ne di erosioni;- la conservazione e recupero dellegrandi zone umide;- la gestione e recupero degli ecosistemimarini;- la conservazione e gestione di paesag-

Il Piano Paesaggistico della Sardegna: problematiche, sfide e opportunità

di fatto e di diritto che permeano lerealtà locali. La sfida non è data quindisolo dall’affrontare con spirito innovati-vo la consueta dicotomia tutela/svilup-po, ma anche –o forse soprattutto- dalcontemperare una molteplicità di aspet-tative, interessi, diritti che nel corsodegli anni hanno consentito che si stra-tificassero sul territorio anche più omeno robusti impegni giuridicamenterilevanti. In altre regioni l’esigenza di un organi-co coordinamento tra i diversi principi,indirizzi e caratteri propri di ogni setto-re e di ogni ambito territoriale ha indot-to all’elaborazione di un Piano territo-riale regionale di coordinamento che haconsentito di formulare soluzioni ade-guate a coniugare esigenze e ad armo-nizzare principi e prescrizioni di diversanatura. La regione Sardegna non èdotata di questo strumento per cuibuona parte del peso di questa attivitàdi coordinamento ricade sugli strumentiurbanistici comunali, i quali si trove-ranno molto probabilmente ad affronta-re questo passaggio senza il supporto diun quadro pianificatorio adeguato alivello provinciale.A monte e a fondamentale corredo diogni altra successiva valutazione occor-re quindi tenere a mente che non ci sitrova in presenza di un quadro di cer-tezze nitide e condivise, che consenta diprocedere in modo diretto e speditosulla base di esperienze consolidate eprocedure predefinite, ma al contrario difronte ad un impegnativo work in pro-gress con tutte le inevitabili implicazio-ni di aleatorietà, incertezza e sperimen-talità.

La pianificazione della Sardegna attra-versa una fase di straordinaria rilevan-za, caratterizzata dal processo di ade-guamento di tutti gli strumenti di piani-ficazione, ai diversi livelli e nei diversisettori, alla normativa statale in materiadi beni culturali, recentemente riformatae compendiata organicamente nelcosiddetto Codice Urbani (Dlgs 22 gen-naio 2004, n. 42, poi modificato dalDlgs 24 marzo 2006, n. 157).Si tratta di un processo di straordinariacomplessità perché viene ad interessarei più diversi campi di attività umane sulterritorio e altrettanto numerosi settorieconomici ed assetti sociali e culturali.A questa varietà di contenuti corrispon-de, ovviamente, una analoga varietà nelpanorama delle diverse normative inte-ressate dal processo di riforma che, nelsegno generale di un adeguamento delnostro attuale ordinamento alle disposi-zioni comunitarie, interviene riforman-do radicalmente alcuni assetti normativipiù datati, mentre per altri prevede unasostanziale riconferma.Pur in presenza di queste complessità,con l’approvazione dello strumento dipianificazione a scala regionale, puòdirsi sostanzialmente conclusa inSardegna, quantomeno per i comunicostieri, la prima basilare fase di questoprocesso di riforma. Si tratta ora di pas-sare alla seconda fase: quella che con-sentirà l’adeguamento della pianifica-zione comunale e provinciale agli indi-rizzi e alle prescrizioni del Ppr.L’elemento centrale di questo secondopassaggio diventa quindi la puntuale efedele coniugazione della norma paesi-stica con la complessità delle situazioni

Sebastiano Bitti*

Rassegnaurbanistica

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Urbanistica INFORMAZIONI

l’aspetto territoriale, in quanto proponeuna lettura complessiva del territoriooperata attraverso le sue tre componentifondamentali: quella ambientale, quellastorico-culturale e quella insediativi. Perciascuna di queste tre componenti ilpiano propone una ipotesi di riconosci-mento delle diverse fattispecie territo-riali per giungere a una sorta di classifi-cazione tematica che per ogni assettoindividua i beni paesaggistici, i beniidentitari e le componenti di paesaggioe la relativa disciplina generale costitui-ta da indirizzi e prescrizioni.

La terza parte della normativa del PianoPaesaggistico contiene una miscellaneadi norme finali nelle quali vengono sta-biliti i termini per l’adeguamento degliatti di programmazione e pianificazioneregionale, provinciale e comunal;. pre-viste norme relative alla cartellonisticacommerciale lungo le strade, nei con-fronti di alcuni impianti energetici. Diestremo interesse infine la norma conte-nuta nell’articolo 111 che prevede unariqualificazione delle opere architettoni-che incongrue e una valorizzazionedelle opere di qualità. Non è stata inve-ce ancora emanata la norma regola-mentare di applicazione del nuovo isti-tuto previsto dall’articolo 109: cioè laverifica della compatibilità paesaggisti-ca.

Le opportunità del Ppr

La fase di attuazione del Ppr non puòconsistere in semplici prese d’atto eadeguamenti in conformità, ma in pro-cessi politico-amministrativi che legga-no e governino l’intero e articolatopanorama degli interessi pubblici e pri-vati in gioco. Nella rete di tutela deibeni sono presenti alcune “smagliature”cui bisogna porre rimedio immediato;nel processo di applicazione ed attua-zione sono presenti nodi critici, in ter-mini sia di metodo che di merito:occorre lavorare a una loro composizio-ne, che metta in sicurezza i valori fon-damentali di questo importante proces-so di riappropriazione della dimensioneculturale, paesistica e territoriale. Eoccorre che tutti i soggetti interessatipossano concorrere in modo responsa-bile e trasparente. In questo senso èfondamentale che la prossima stagione

beni paesaggistici individui o d’insieme;- i beni paesaggistici individui, catego-rie di beni ad identificazione puntuale;- i beni paesaggistici d’insieme, compo-sti da una pluralità di elementi;- le componenti di paesaggio che sonola trama dei vari ambiti di paesaggio;- i beni identitari, materiali o immate-riali, della cultura sarda.Rispetto a tali categorie si esplicanodelle azioni strategiche di conservazio-ne, mantenimento, miglioramento oripristino dei valori paesaggistici rico-nosciuti.Oltre ai beni paesaggistici definiti dalDecreto Urbani sono soggetti a tutela learee sottoposte a vincolo idrogeologico,i territori dei parchi e delle aree protettee le riserve e i monumenti naturali defi-nite dalla normativa regionale.Come strumenti attuativi il piano oltre aquelli della pianificazione provinciale ecomunale e delle aree protette introducelo strumento delle intese tra Regione,Province e Comuni interessati. Le intesesono orientate alla definizione di azionistrategiche in attuazione delle previsionidel P.P.R. ed hanno lo scopo di orientaregli interventi ammissibili verso obiettividi qualità paesaggistica. In termini pro-cedurali valgono le disposizioni statali eregionali in materia di conferenze diservizio.La disciplina generale del piano è estre-mamente severa: risultano infatti sotto-posti a vincolo di integrale conservazio-ne i terreni costieri compresi in unafascia di profondità di 300 metri dallalinea di battigia. Per gli ambiti trasformabili il pianocontiene apposite schede tecniche perogni ambito di paesaggio.il piano individua ripartisce il territorioin 27 ambiti di paesaggio. Viene infinedefinita una disciplina transitoria, adoppio regime a seconda che si tratti diun comuni dotati di Piano UrbanisticoComunale (PUC) ovvero di comuni neiquali siano ancora vigenti strumentiurbanistici più datati che non sono statiadeguati neanche alla previgente nor-mativa paesistica, cioè ai vecchi PTP poiannullati.

La seconda parte della normativa delPiano Paesaggistico è dedicata all’asset-to territoriale. Si tratta della parte piùconsistenze ed anche più rilevante sotto

gi di interesse culturale, storico, esteticoed eco-logico;- una più adeguata compatibilità dellemisure di sviluppo che incidano sulpaesaggio;- il recupero di paesaggi degradati daattività umane.In termini di efficacia le disposizioni delPpr sono cogenti per gli strumenti urba-nistici dei Comuni e delle Province esono immediatamente prevalenti sulledisposizioni difformi eventualmentecontenute negli strumenti urbanistici enegli altri atti di pianificazione anche diaree protette, qualora siano menorestrittive. Formalmente il piano è costituito da:- una relazione generale e relativi alle-gati, che motiva e sintetizza le scelteoperate;- n. 6 carte in scala 1: 200.000, con laperimetrazione degli ambiti di paesag-gio costieri e l’illustrazione degli assettiambientale, storico-culturale, insediati-vo e degli usi civici;- n. 141 carte in scala 1:25.000 dei ter-ritori ricompresi negli ambiti di paesag-gio costieri;- n. 27 schede su caratteristiche territo-riali e indirizzi progettuali degli ambitidi paesaggio costieri corredate da 27tavole cartografiche in scala 1:100.000 edall’atlante dei paesaggi; - n. 38 carte in scala 1:50.000 relativealla descrizione del territorio regionalenon ricompreso negli ambiti di paesag-gio costieri.- Le norme tecniche di attuazione erelativi allegatiLa seconda parte delle disposizionigenerali contiene come si è già detto leregole e ha costituito, come è ovvio, giàun importante terreno di confronto edanche di conflitto tra le diverse compo-nenti sociali, culturali e politiche dellasocietà sarda. La disciplina prevista dalpiano è articolata in un quadro delleazioni strategiche, nella specifica disci-plina dei beni paesaggistici e dei beniidentitari, nella disciplina generale especifica degli ambiti di paesaggio enella disciplina transitoria attualmenteoggetto delle maggiori contese anche insede di giustizia amministrativa.La disciplina del piano individua cinquegrandi categorie su cui esplicare la pro-pria azione che sono:- gli ambiti di paesaggio contenenti

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Urbanistica INFORMAZIONI

il paesaggio. È necessario dunque inse-rirsi nel dibattito nazionale intorno allanuova proposta di legge urbanistica,che assume questo insieme di temicome il nuovo campo di lavoro non piùeludibile, per passare da una pianifica-zione intesa come mera scrittura diregole a un ben più complesso ed arti-colato dispiegamento di politiche coor-dinate e finalizzate.Come ha acutamente osservato RobertoGambino: “il significato innovativo diquesto piano probabilmente non si trovaperfettamente tradotto in tutti gli attualielaborati che lo compongono. Quindi ilproblema è anche aperto. C’è un proces-so che è stato avviato e dentro questoprocesso dobbiamo cercare di cogliere edi salvare al massimo gli aspetti pro-fondamente innovativi.”

* Inu Sardegna.

l’interno che pongano a rischio il valorepiù caratteristico e prezioso del paesag-gio sardo: la sua conformazione “canto-nale”, per tessere di mosaico, che LeLannou aveva da subito individuato,insieme alla irregolarità dei cicli meteo-rologici e alla bassa densità di popola-zione, come uno dei tratti più fortemen-te distintivi ed originali dell’Isola.

Un doveroso completamento

È urgente procedere all’emanazione diuna nuova legge urbanistica; il nuovoPiano Paesaggistico è un elementonecessario, ma non sufficiente per unacorretta gestione del territorio sardo:molti dei suoi strumenti più innovativied importanti, come ad esempio lacopianificazione, sono privi di efficaciain assenza di un quadro normativo cheli recepisca e li disciplini. Un immediatorimedio parziale può certo consisterenell’emanazione di specifiche norme diaccompagnamento del Piano, ma èassolutamente indispensabile dotarsi diuno strumento legislativo adeguato allarecente evoluzione del quadro normati-vo nazionale e comunitario. Si tratta dipassare da una legge urbanistica tradi-zionale – finalizzata a regolare l’intensi-tà di sfruttamento delle risorse – ad unamoderna legge di governo del territorioche coordini l’insieme delle politiche,delle azioni e degli interventi che hannoricadute territoriali.In questo senso sembrano ormai maturii tempi per portare a una sintesi organi-ca alcune delle più importanti azioniposte in essere dalla Regione nello scor-so biennio. Per esempio l’azione dicostruzione dal basso di una nuova sta-gione della programmazione regionale,attuata attraverso i Laboratori territoria-li, abbisogna di un quadro di riferimen-to che consenta, area per area, di elabo-rare criteri di selezione, di calibrareincentivi e disincentivi economici, dielaborare strumenti che evidenzino eprivilegino gli interventi più adeguatialla salvaguardia attiva dei valori pae-saggistici ed ambientali. Occorre,insomma, che politiche attivate indiverse aree geografiche, settori di atti-vità e campi d’azione amministrativavengano coordinate nel modo più aper-to e diretto in funzione di quella che èstata assunta come la principale risorsa:

di pianificazione garantisca la possibili-tà di adeguati, tempestivi ed efficaciprocessi di copianificazione tra enti e diconseguenti, puntuali e coerenti proces-si di feed-back tra i diversi strumenti dipianificazione generali, di settore elocali, a partire dagli strumenti di areavasta.La gran parte degli indirizzi e moltedelle prescrizioni debbono essere calatipuntualmente nei diversi ambiti territo-riali, per acquisire l’efficacia di unavisione condivisa e l’efficienza di unaproposta effettivamente adeguata alcontesto. Passare dalla scala 1:25.000(su cui è redatto il Piano Paesaggistico)alla scala di 1:5.000 o 1:2.000 dei Pianiurbanistici comunali non significa ope-rare un mero ingrandimento, ma passa-re a una più approfondita e articolatalettura delle singole componenti delquadro territoriale. Da una lettura ditipo “geografico” – che indaga la mor-fologia degli ambienti e dei manufattiche compongono il paesaggio ed il flus-so delle loro interazioni reciproche – sipassa ad una lettura di tipo “storico” –che si sforza di valutare l’attuale assettodel territorio come l’esito di un com-plesso di fatti dotati di una specificarilevanza culturale, giuridica, politica esociale: la cronaca, insomma, dell’evo-luzione del contratto sociale che neltempo ha legato le diverse componentidella società locale e la stessa al suoterritorio. I Comuni, in questa fase attuativa, pos-sono e devono svolgere un ruolo fonda-mentale per un corretto processo didefinizione dei diversi livelli di tutela edelle relative prescrizioni generali e spe-cifiche. Si tratta di un passaggio distraordinaria delicatezza che da sempreoscilla tra due opposti rischi: da un latoil pericolo che, nella fase di concerta-zione locale, possano perdere nitidezzae vigore quei sacrosanti principi di dif-fusa salvaguardia e rigorosa tutela delpaesaggio che costituiscono l’anima e ilfondamento di legittimità giuridica delPiano paesaggistico, come il riconosci-mento del valore paesaggistico unitarioe integrale del sistema costiero sardo;dall’altro, il rischio che una norma uni-taria, anche articolata per ambiti tipolo-gici (il complesso dunale, la sughereta,etc.), inneschi processi di omogeneizza-zione dei singoli paesaggi costieri e del-

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ghi della stratificazione dei segni chel’uomo vi riconosce, non è più soloconservazione di quell’immagine rico-nosciuta e riconoscibile o meglio degli“iconemi”4 di cui ci parla EugenioTurri. Così come l’infrastruttura ogginon è più solo il progresso, la velocitàtanto esaltata dai futuristi5 o ancoraelemento di frattura e distruzione.Oggi paesaggio e infrastruttura devonoviaggiare (e in alcuni casi già lo fanno)lungo la direzione della simultaneità,ovvero entro i reciproci rapporti tracose coesistenti e non più (o non solocome finora è successo) nella direzionedella sequenzialità o peggio ancoradell’alternanza, ovvero prendendo inconsiderazione solo una cosa alla voltasenza guardare alle reciproche interfe-renze fra le cose.Oggi paesaggio e infrastruttura devonoessere guardate come parti di una stes-sa entità; le infrastrutture e i sistemidella mobilità diventano occasioni perdare forma allo spazio, per “creare pae-saggi”6. Le infrastrutture sono l’“opera” damettere in scena, il paesaggio ne è il“palcoscenico”. Non si da l’uno senzal’altro ma in questo caso lo spettacolonon ha più inizio né fine perché nesiamo totalmente immersi, inermi ointerattivi, ogni qualvolta la nostramobilità (lenta o veloce) ci permette divedere e di percepire lo spazio e ilmondo che muove con noi e intorno anoi.“Nuove infrastrutture per nuovi pae-saggi”, “la strada come paesaggio”,“landscape, roadscape”. Sono molti ititoli o gli slogan in letteratura che

L’opera e il palcoscenicoLaura Ferrari*

con l’altro da sé.Lo spazio a cui volgiamo lo sguardoassume, però, entro questo contesto unaforma ma soprattutto una accezionemolto particolare. Qui lo spazio è il pae-saggio, ovvero lo spazio così come per-cepito dall’uomo che vi riconosce l’infi-nita varietà dei segni naturali ed antro-pici che il tempo ha lasciato sedimenta-re; alcuni di questi segni, fortementeantropici, coincidono con gli stessisistemi che consentono il movimento.Se ci pensiamo bene tanto lo spazio(paesaggi) quanto i sistemi della mobi-lità (infrastrutture) sono concetti moltovicini. Le infrastrutture sono reti direlazione tra cose, luoghi e persone; ilpaesaggio è l’orditura in cui trovanorelazione l’uomo, lo spazio e la naturama non solo.“Paesaggio e infrastrutture sono [dun-que] entrambi luoghi di relazione,strutture che stanno fra noi e le cose”3.È dunque anche entro la varietà delledefinizioni e dei discorsi che ruotanoora attorno al paesaggio ora alle infra-strutture che va ricercata la sostenibili-tà, da intendersi non solo e non tantocome compatibilità con l’ambiente,come efficienza/fattibilità economicaed equità sociale ma ancor più comecoerenza, armonia e sinergia tra temi,discipline, progetti, politiche e soprat-tutto tra punti, linee, superfici e mate-riali o ancora tra uomo, architettura,spazio e natura.In questo senso diventa fondamentaleguardare ai sistemi della mobilità nonpiù in opposizione al paesaggio, perchéil paesaggio non è più solo permanen-za, non rimanda più solo ai tempi lun-

Il dualismo tra paesaggio e infrastrut-ture supera la mera dimensione del-l’opposizione e dell’alternanza perdiventare un rapporto di simultaneità ecoesistenza, nello spazio e nella pro-gettazione. L’essere sostenibile dei sistemi di mobi-lità che innervano il nostro territorionon può essere ricondotto alle soledimensioni dell’ambiente, dell’economiae della società. Se è certo che queste tredimensioni rappresentano il fondamen-to su cui poggia il principio stesso dellasostenibilità, è tuttavia indispensabileosservare i sistemi della mobilità omeglio il complesso sistema delle retiche sostiene e da forma al movimentodi persone, merci ed informazionianche rispetto ad altre dimensioni,ugualmente rappresentative delle innu-merevoli esternalità, positive e negati-ve, che ciascun sistema porta con sé.La quarta dimensione a cui si vuolevolgere lo sguardo è quella dello spa-zio entro cui i diversi sistemi hannoluogo, intrattengono rapporti ed espli-cano effetti ed interferenze1. La formae le modalità con cui questi si rappor-tano e si inseriscono nello spazio,infatti, è fondamentale rispetto allanecessità di rendere sostenibile unaqualsiasi azione sul territorio2. Lo spa-zio è ancor prima dell’ambiente, dellasocietà e dell’economia la dimensionepreponderante entro cui si misura ilprogetto e coloro che sono chiamati adefinirne la forma, gli usi e le relazio-ni. Non solo, lo spazio è l’esito dellegame che intercorre tra il “pensare”ed il “fare” e, al tempo stesso, il luogoin cui l’uomo sperimenta le relazioni

Rassegna urbanistica

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trasformarlo in luogo o più semplice-mente per rispondere ad alcune aspet-tative di chi abita, percorre, osserva lospazio della città e della metropoli omeglio ancora i luoghi della “città dif-fusa” che contraddistingue ormai l’im-magine della città contemporanea.In effetti finora si è parlato di spazio,di paesaggio e di luogo senza quasimai fare riferimento alla città. È purvero che parlare di paesaggio o deipaesaggi dell’infrastruttura non escludeil richiamo alla città. La città è partedel paesaggio, è il luogo in cui ci rico-nosciamo e a cui riconosciamo valori,storia, identità.Se il paesaggio, infatti, è interazione estratificazione di forze naturali edantropiche, un processo di cui l’uomo èparte attiva (in quanto contribuiscealla sua trasformazione) e parte passiva(in quanto spettatore), la città è illuogo in cui l’interazione tra forzenaturali e forze antropiche raggiunge ilsuo apice, a scapito (sfortunatamente)delle prime.La città è dunque paesaggio anche sela sua struttura, il suo palinsesto è pre-potentemente sbilanciato verso gli ele-menti antropici. Questo però nonsignifica che sia più bello o più bruttodi un paesaggio in cui prevale ladimensione naturale; sono due cosedifferenti. A renderlo più bello o piùbrutto contribuisce l’essenza stessa delsuo essere, l’armonia dei rapporti trapieni e vuoti (tra le note e lo spartito)o ancora la percezione di chi lo abita osemplicemente lo osserva. La definizio-ne che abbiamo di un paesaggio èmediata, infatti, dal pensiero, dal ricor-do, dalla memoria e, forse, perché nodall’abitudine; il “paesaggio è qualcosadi così individuale che non possiamopiù definirlo, ognuno di noi avrà lasua definizione”11. Anche la città dunque è paesaggio, èquello che più comunemente vienechiamato “paesaggio urbano”, in con-trapposizione al “paesaggio agricolo”,al “paesaggio naturale” o, più in gene-rale, al “paesaggio aperto”.Nel trattare di infrastrutture non si puòescludere l’uno o l’altro, tutti sonoegualmente interessati o meglio attra-versati. Il ruolo preminente di uninfrastruttura è quello di mettere incomunicazione e nell’assolvere a que-

non è neanche un male perché nell’at-tesa riusciamo a cogliere cose che lavelocità nasconde o più semplicementefiltra.Abbiamo detto però che l’infrastrutturaè anche un “luogo”8 in cui abitiamo(anche solo temporaneamente) al paridella nostra casa o dell’ufficio. Infondo, “abitare” non significa solorisiedere stabilmente; noi abitiamo tuttii luoghi che attraversiamo; con ciascu-no di essi stabiliamo dei rapporti (disenso, di affetto, di utilità, …). Abitared’altronde presuppone “una molteplici-tà di forme di interazione sociale espaziale: differenti modi di “usare”,occupare e strutturare il territorio”9 e lospazio.La mobilità delle persone, il nostroessere nomadi tra i luoghi di vita e dilavoro ha di fatto ampliato la dimen-sione stessa di luogo, ha portato ariscoprire l’infrastruttura come unluogo di socialità. La riconosciamocome tale anche se finora quello del-l’infrastruttura è stato “uno spazio, chenon si è ancora riusciti a costruirecome luogo, ma di cui è palese il ruolocollettivo, perché è lì che la societàvede e riconosce se stessa”10.Le funzioni che vi si concentrano, l’in-cessante movimento di persone che sudi essa vi si svolge e i tempi lunghi incui vi sostiamo portano ad identificarlacome “luogo”, a configurarla comespazio pubblico, nonostante l’impossi-bilità di definirne l’inizio o la fine;impossibilità legata alla natura stessadelle infrastrutture che esalta il suoessere oltre i confini dello spazio e deltempo.L’infrastruttura si perde all’orizzonte.Nel percorrerla non riusciamo a deli-nearne tutti i confini; le riconosciamodei limiti ma non riusciamo a percepir-la in tutta la sua estensione. Si compo-ne di frammenti, di “punti”, in ciascu-no di questi frammenti l’infrastrutturaè un luogo in cui gli elementi e i mate-riali che la compongono e che appar-tengono ora alla scena ora all’opera, anessuno o ad entrambi, interagisconodando luogo ad innumerevoli nuovipaesaggi.Sono ormai molti i territori in cui isistemi della mobilità hanno funziona-to come pretesto per disegnare lo spa-zio, per dare forma al paesaggio, per

rimarcano il ruolo strutturante e mor-fogenetico delle infrastrutture; è ormaiaffollato il lessico che richiama edincita alla simultaneità.Se questo ruolo strutturante è fonda-mentale ed ampiamente riconosciuto, èpur vero che le infrastrutture non sonosolo una componente del paesaggio,uno “strumento” “con cui organizzaree guidare, non solo fisicamente, lo spa-zio dell’uomo. […] una sorta di misuracon cui disporre gli oggetti nello spa-zio antropico”7. Le infrastrutture nonsono solo oggetti con cui dare forma alpaesaggio, gli iconemi rispetto ai qualicostruiamo l’immagine di un paese.Le infrastrutture negli ultimi anni sonotornate ad essere luoghi o meglio,occasioni in cui sperimentare nuovimodi di fruire lo spazio ed il territorio.È dunque anche rispetto a quest’altradimensione che occorre osservare isistemi della mobilità e la loro orga-nizzazione alle diverse scale.Certo da sempre all’infrastruttura vienericonosciuto un potere sociale ed esteti-co. Non è solo un mezzo di comunica-zione ma anche di relazione sociale, diconoscenza, di scoperta, di “viaggio”.Nel percorrerla vi “sostiamo” anchesolo per brevi istanti. Il mondo intornoa noi non “scorre” più nel riquadro deifinestrini ma si ferma per metterci incondizione di scoprire, per proporciuna visione, una sola o forse tante aseconda della capacità della nostramente di dare spazio alla memoria, alpensiero e all’immaginazione.Se ci pensiamo d’altronde sempre piùspesso ci capita di sostare, di fermarci,di rallentare.Sulle strade perché la sproporzione trai veicoli e i luoghi destinati ad acco-glierli ha raggiunto livelli tali da farcicollassare ormai quotidianamente.Sulle ferrovie perché (pur senza voleressere polemici) il livello di efficienzaha raggiunto davvero il fondo!Sui tram perché la promiscuità degliusi cui la città ci costringe mette sem-pre più in difficoltà il suo funziona-mento.Non più e non solo per scelta, dunque,rallentiamo per osservare più attenta-mente, per scrutare lo spazio e le figu-re intorno a noi. Certamente questonon è un bene per le ragioni che cicostringono a rallentare, ma (forse)

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ovvero possibilità di compensazionereciproca fra Comuni deivantaggi/svantaggi che le diversestrategie di sviluppo definite dallapianificazione sovracomunale posso-no comportare per i singoli Comuni.

Per la formazione del QuadroConoscitivo e per accompagnare ilpercorso di costruzione del Psc(Documento Preliminare del Psc eValsat) è stato costituito un gruppo dilavoro di specialisti.Il Quadro Conoscitivo comprende:- la rappresentazione dello stato difatto del territorio e dei processi evo-lutivi che lo connotano:la rappresentazione dello stato difatto tiene conto, ove possibile, deiprocessi evolutivi, evidenziando sel’attuale stato evidenzia un processodi miglioramento/peggioramentorispetto al passato.- i vincoli alla trasformazione e allosviluppo del territorio: sono evidenziati i vincoli in sensostretto all’uso e alla trasformazionedel territorio che derivano da prescri-zioni di piani sovraordinati o daleggi.- il riconoscimento delle emergenze edelle eventuali criticità in atto: sono evidenziate le situazioni dieccellenza da valorizzare ed eventual-mente salvaguardare e le condizionidi criticità relative a ciascun temati-smo indagato, al fine di evidenziare iproblemi di natura ambientale, infra-strutturale, insediativa, ecc. che il ter-ritorio presenta e che possono condi-zionare le future scelte di piano.

Il Psc dei comuni di terre d’acquaCarla Ferrari

L’Associazione Intercomunale“Terred’Acqua” è costituita daiComune di Anzola Emilia, Calderaradi Reno, Crevalcore, Sala Bolognese,San Giovanni in Persiceto, Sant’AgataBolognese.Il Quadro Conoscitivo, il DocumentoPreliminare di PSC e la Valsat sonostati approvati dalle Giunte dei seicomuni dell’Associazione Terred’Acqua a dicembre 2007 ed è attual-mente in corso la Conferenza diPianificazione.Fra le opzioni che offre la Lr 20/2000della Regione Emilia Romagna offrevi è quella della elaborazione dei Pscin forma associata fra più Comuni.Ciò significa condivisione di un per-corso collegiale, ai fini della forma-zione del Quadro Conoscitivo e delDocumento Preliminare di Psc, dellosvolgimento di un’unica Conferenzadi pianificazione e dell’approvazionedi un unico Accordo con la Provinciache consentirà ai comuni di procedereall’adozione dei singoli Psc e, dopo lapubblicazione e le osservazioni, allaloro definiva auto-approvazione.La scelta di elaborare il Psc in formaassociata si basa sulla consapevolezzache la visione di uno sviluppo econo-mico-territoriale in chiave di areametropolitana esige il superamentodella competitività fra i municipi, afavore di forme sempre più avanzatee strutturate di cooperazione.Con questo approccio si possono rea-listicamente perseguire quelle condi-zioni di perequazione territoriale pre-viste dalla nuova legge urbanistica edal Ptcp della Provincia di Bologna,

sta funzione la linea “corre” nello spa-zio, attraversa i luoghi, lascia una trac-cia, crea un paesaggio.Nella città questa traccia si confonde,può confondersi nella fitta trama dipunti, segni, figure. Negli altri paesag-gi invece affiora, emerge, può addirit-tura imporsi sugli altri segni.È qui d’altronde che risiede la com-plessità del progetto di paesaggio e deisistemi della mobilità.

* Politecnico di Milano.

Note1. Le riflessioni che seguono restituiscono una sintesidei pensieri maturati nell’ambito dell’assegno di ricer-ca condotto presso il Dipartimento di Architettura ePianificazione del Politecnico di Milano.2. Se ci pensiamo, d’altronde, “lo sprawl, la città dif-fusa, oggi non esisterebbero senza questo essenzialestrumento di movimento [l’auto] e questo è il motivoper il quale le automobili e lo spazio che esse divora-no dovrebbero essere il punto di partenza per qualsia-si discussione sulla questione urbana contemporanea[…]. Allo stesso modo in cui è necessario considerarecon la dovuta attenzione le problematiche legate alrumore, all’inquinamento e alla pericolosità […],dovrebbe essere attribuita una certa priorità a che leinfrastrutture della mobilità abbiano più attenzione econsiderazione riguardo alla loro progettazione edalla loro estetica” (Richard Ingersoll, Prologo, inMarco Adriano Perletti, Nel riquadro dei finestrini.L’architettura urbana nello spazio cinetico, LibreriaClup, Milano 2005, pag. 8).3. Cesare Micheletti, Una lettura orizzontale, inLoredana Ponticelli, Cesare Micheletti, (2003), Nuoveinfrastrutture per nuovi paesaggi, Skira, Milano 2003,pag. 19. A questo riguardo si vedano anche i contri-buti di Paolo Bürgi e Andreas Kipar raccolti nellastessa pubblicazione.4. Ovvero di quella “serie di elementi costitutivi delterritorio che impressionano per la loro evidenza, bel-lezza, grandiosità, singolarità, o perché magari siripetono, come leitmotiv caratteristici e inconfondibi-li” (Eugenio Turri, L’immagine della pianura lombar-da: gli elementi dell’identità, in AA.VV., Gli iconemi:storia e memoria del paesaggio, Electa, Milano 2001,pag. 9). 5. “Noi affermiamo che la magnificenza del mondo siè arricchita di una bellezza nuova: la bellezza dellavelocità” (Manifesto del Futurismo, 1909).6. Su questo tema sembra interessante riferirsi aldibattito condotto nell’ambito delle rassegne “Crearepaesaggi” promosse a partire dal 2002 da RegionePiemonte e Ordine degli Architetti, Pianificatori,Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Torino.7. Emanuela Morelli, Strade e paesaggi della Toscana.Il paesaggio dalla strada, la strada come paesaggio,Alinea, Firenze 2007, pag. 5.8. “Le strade non conducono semplicemente ai luo-ghi; esse sono luoghi”; così d’altronde osserva JohnBrinckerhoff Jackson in A sense of place, a sense oftime, Yale University Press, New Haven London 1994. 9. Provincia di Milano, Per la città abitabile. Scenari,visioni, idee. Progetto Strategico Città di Città, Milano2007.10. Luca Lanini, L’elogio della velocità. Infrastrutture,Architetture, Paesaggio nell’età dell’automobile,Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2001, pag. 11.11. Paolo Bürgi, Percezione, in Loredana Ponticelli,Cesare Micheletti, Nuove infrastrutture per nuovi pae-saggi, Skira, Milano 2003, pag. 25.

Rassegna urbanistica

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menti escludenti o fortemente condi-zionanti le previsioni insediative o daelementi condizionanti la progettazio-ne delle trasformazioni dei suoli afini insediativi.

Il Documento preliminare di Psc

Le strategie per la mobilità La geografia colloca il territoriodell’Associazione in un quadrantepotenzialmente caratterizzato daun’elevata accessibilità ai sistemi pri-mari della mobilità nazionale e regio-nale.Tuttavia questo territorio ha un siste-ma stradale sofferente e non adegua-to alle esigenze della popolazione edelle attività presenti. Chi si muove,sceglie di farlo prevalentemente sullestrade, che spesso risultano conge-stionate, soprattutto nelle relazionicon Bologna. La ferrovia non rappre-senta ancora un’alternativa piena-mente soddisfacente e competitiva enon serve tutto il territorio. Tuttavia,è proprio sul sistema integrato treno-bus che si fa affidamento per lamobilità del prossimo futuro e in par-ticolare per la sua sostenibilità,attrezzando le Stazioni come veri epropri nodi intermodali del trasportopubblico su gomma, del sistemaciclabile di rango urbano ed extraur-bano, del sistema carrabile privato.Ciò sarà possibile con il potenzia-mento del Servizio FerroviarioMetropolitano, adeguatamente servitoda un servizio pubblico su gomma edalla rete ciclabile per l’accessibilitàalle stazioni. Il territorio dell’Associazione non puòcomunque fare a meno di una retestradale primaria, adeguatamenteconnessa con il sistema autostradalenazionale (A1, Passante Nord) eregionale (Cispadana) e orientata alservizio delle attività produttive.Gli interventi di completamento dellarete primaria perseguono inoltre lariduzione delle interferenze esistenticon i centri urbani.

Lo Schema Strutturale del DocumentoPreliminare del Psc identifica, conriferimento all’art. 28 della Lr20/2000, la classificazione del territo-rio in:

re) che incrocia il dato delle previsio-ni di espansione previste dai PRGvigenti ma non ancora oggetto di Ppapprovati e le previsioni delle nuoveattrezzature di servizio non attuate,con gli elementi escludenti o condi-zionanti le trasformazioni del territo-rio, derivabili dal Quadro Conoscitivo.La matrice consente di classificare leprevisioni dei Prg vigenti in base alQuadro Conoscitivo, evidenziando:- le situazioni di non confermabilitàdelle previsioni insediative di piano,nei casi in cui l’area perimetrata dalPrg vigente sia interessata in modorilevante da elementi escludenti letrasformazioni del territorio (previsio-ni insediative non compatibili).- le situazioni di confermabilità con-dizionata delle previsioni di piano,nei casi in cui l’area perimetrata dalPrg vigente sia interessata solo par-zialmente da elementi escludenti e/oda elementi condizionanti le trasfor-mazioni del territorio (previsioni inse-diative scarsamente compatibili, concondizioni alla realizzazione dell’in-tervento). - le situazioni di confermabilità delleprevisioni di piano, nei casi in cuil’area perimetrata dal PRG vigentenon sia interessata ne’ da elementiescludenti ne’ da elementi condizio-nanti le trasformazioni del territorio(previsioni insediative compatibili,con modeste o nulle condizioni allarealizzazione dell’intervento).Le interferenze fra le previsioni di Prgnon attuate e gli elementi escludentio condizionanti del QuadroConoscitivo sono riportate su tavole“sovrapponibili” (Gis) alle tavole disintesi del QC.Con la stessa metodologia, avendoriferimento agli elementi di criticitàed i limiti e le condizioni alle trasfor-mazioni evidenziate dal QuadroConoscitivo e riportate nelle duetavole di Sintesi del QuadroConoscitivo, sono stati individuati gliambiti ritenuti proponibili, sotto ilprofilo della possibile localizzazionedi nuovi insediamenti residenziali e/odi servizio o produttivi, in base aconsiderazioni di carattere urbanisti-co-territoriale e che, in base allamatrice di Valsat, non risultavanointeressati in modo rilevante da ele-

- il riconoscimento dei limiti e dellecondizioni alla trasformazione: sono indicate le prescrizioni o le cau-tele che occorre seguire nella trasfor-mazione e uso del territorio ed even-tualmente gli interventi che si riten-gono necessari per superare le critici-tà indicate, anche con la previsionedi compensazioni.Le indicazioni desumibili dal QuadroConoscitivo ed in particolare dallevalutazioni di criticità rilevate ovverodai limiti e condizioni alla trasforma-zione del territorio, consentono diformulare un sistema discelte strategiche, che costituisconol’ossatura delle scelte del Psc e chesono anticipatenel Documento Preliminare e nelrelativo Schema Strutturale.

La Valsat come percorso verso ilPsc

La Valsat è uno strumento richiestodalla Lr 20/2000 per assicurare che lescelte circa gli usi e i processi di tra-sformazione del suolo presentino unbilancio complessivo positivo, cioècomportino un miglioramento dellaqualità del territorio, sotto il profiloambientale, insediativo e funzionale.La Lr 20/2000 stabilisce che l’interoprocesso di elaborazione delle previ-sioni del piano sia accompagnato dauna attività di analisi e verifica, cheevidenzi i potenziali impatti dellescelte operate ed individui le misureidonee ad impedirli ridurli o compen-sarli.In questa fase la Valsat è rivolta achiarire il processo di selezione dellescelte fondamentali del piano, in ter-mini di risposta alle criticità e ai fab-bisogni rilevati in sede di QuadroConoscitivo.La Valsat, a partire dal QuadroConoscitivo, aiuta ad orientare diret-tamente, di volta in volta, le sceltedel piano, escludendo fin dall’iniziole scelte non coerenti con gli obiettivifissati ed in contrasto con le finalitàdi salvaguardia degli elementi strut-turali del territorio.Per verificare la confermabilità delleprevisioni non ancora attuate dei Prgvigenti è stata costruita una matricedelle compatibilità (Valsat prelimina-

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controindicazioni di carattereambientale e/o territoriale, alla lucedel Quadro Conoscitivo.

La perequazione urbanistica La perequazione urbanistica è unmetodo ampiamente approfondito eaffinato sia sul piano concettuale chesu quello della prassi di pianificazio-ne e come tale è divenuto un precisoriferimento operativo anche per lanuova legge urbanistica della RegioneEmilia-Romagna (Lr 20/2000). Ai sensi dell’art. 7 della Lr 20/2000,“la perequazione urbanistica perseguel’equa distribuzione, tra i proprietaridegli immobili interessati dagli inter-venti, dei diritti edificatori ricono-sciuti dalla pianificazione urbanisticae degli oneri derivanti dalla realizza-zione delle dotazioni territoriali”.La perequazione urbanistica consistenell’omogeneo trattamento delle pro-prietà interessate dalle scelte dipiano, cioè nell’attribuire diritti edifi-catori di pari entità a tutti i proprie-tari delle aree che si trovano in ana-loghe condizioni di fatto e di diritto,indipendentemente dalla destinazionespecifica, pubblica o privata, assegna-ta loro dal disegno del piano urbani-stico, in modo da non penalizzarenessuna delle proprietà coinvolte maanche nel recupero in forma di van-taggio pubblico di quella parte diplusvalore che eccede ciò che occorrericonoscere alla proprietà per rendereattivabile l’iniziativa di trasformazio-ne prevista cioè nel prevedere la ces-sione gratuita al comune di tutte lealtre aree ove non è stata concentratal’edificazione, anche in eccedenzarispetto alla cessione delle ordinariedotazioni minime di legge per leopere di urbanizzazione primaria esecondaria, utilizzando tali aree,acquisite così senza esproprio, perattuare le politiche dell’ente locale,per recuperare le carenze pregresse diaree per attrezzature e spazi collettivio per le politiche per la casa.La forza concettuale del metodo dellaperequazione consiste nella traspa-renza e nell’equità di trattamento ditutte le proprietà immobiliari coinvol-te e nella sua capacità di agire sugliesiti della rendita fondiaria, non eli-minandola, ma incamerandone una

scelte di sviluppo urbano), ilDocumento Preliminare di Psc prefi-gura la possibilità di concentrare inuovi insediamenti residenziali incorrispondenza dei centri abitati chegarantiscono l’accessibilità ferroviaria(presenza delle stazioni del ServizioFerroviario Metropolitano) e che dis-pongono della gamma completa deiservizi di base, compreso l’intero ciclodella scuola dell’obbligo.Lo Schema Strutturale del DP indivi-dua le direttrici dello sviluppo urba-no:- in ambiti che ricalcano le aree diespansione dei Prg vigenti ritenuteconfermabili in base alla procedura diValsat, - in altri ambiti che rispondono aicriteri di localizzazione del Ptcp (fer-mata SRM e servizi) e che non pre-sentano caratteristiche infrastruttura-li, ambientali o paesaggistiche ostati-ve allo sviluppo edificatorio (Valsat).Gli ambiti individuati dal DocumentoPreliminare come direttrici alternativedi sviluppo urbano sono molto piùampi di quanto necessario ad ospitarela quantità di nuovi alloggi previsti,valutando che debbano essere selezio-nati dai Poc su un ventaglio di possi-bilità, tutte ritenute ambientalmente eterritorialmente sostenibili dallaValsat, ma in alternativa e in compe-tizione fra loro.Per quanto riguarda gli insediamentiproduttivi, è stato siglato un accordofra la Provincia e i Comunidell’Associazione, che stabilisce lelinee di indirizzo per il settore pro-duttivo e individua le aree produttiveda consolidare ed espandere. Il Psc siattiene ai contenuti di questo accor-do. Le previsioni del Psc non costituisco-no una vera e propria scelta insedia-tiva e non danno, di conseguenza,diritto all’edificazione delle aree indi-viduate, che potranno essere attivatesolo attraverso specifici PianiOperativi Comunali (Poc). Gli ambiti di nuovo insediamento nonsono definiti in termini areali masono stati indicati modo ideogramma-tico, con il simbolo della freccia, soloper rappresentare la direzione diespansione dei nuovi insediamenti, inquegli ambiti che non presentano

- territorio urbanizzato- territorio urbanizzabile- territorio rurale.

Il territorio urbanizzatoIl territorio urbanizzato comprendegli ambiti urbani consolidati a preva-lente funzione residenziale o produt-tiva dei centri abitati esistenti e cioèle aree già edificate o in corso diattuazione, oltre ai centri storici ealle attrezzature di servizio e verdepubblico esistenti.Per il territorio urbanizzato residen-ziale, il Documento Preliminare pro-muove:- il recupero del patrimonio edilizioesistente, valorizzando le presenze diparticolare pregio sotto il profilo sto-rico-architettonico,- il contenimento delle volumetrie,negli interventi di sostituzione edili-zia, riducendo, ove possibile, quellenon coerenti con il tessuto esistente,- la delocalizzazione delle funzioniproduttive incongrue con i tessutiresidenziali,- la qualità e la salubrità del territo-rio urbanizzato residenziale (riduzio-ne dell’inquinamento atmosferico eacustico, potenziamento della dota-zione di aree verdi, quali dotazioniecologiche ed ambientali, ecc.).Il Documento Preliminare promuoveinoltre la qualità e la salubrità delterritorio urbanizzato produttivo:- attivando politiche di riduzione del-l’inquinamento atmosferico e acusti-co,- potenziando la dotazione di areeverdi, anche con funzioni di miglio-ramento dell’inserimento paesaggisti-co delle aree produttive, - migliorando i collegamenti ciclabilicon le aree residenziali,- migliorando l’organizzazione dellasosta, in particolare per i mezzipesanti.

Il territorio urbanizzabile Per quanto riguarda i nuovi insedia-menti residenziali, in coerenza con gliindirizzi definiti in sede di Ptcp dellaProvincia di Bologna (criteri cherichiedono di rispettare un precisolegame di coerenza fra il sistema deiservizi pubblici a maggior frequenzad’uso, l’accessibilità ferroviaria e le

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cale del suolo per motivi naturali oartificiali) che, negli ultimi decenni, siè manifestato particolarmente intensosoprattutto nella zona meridionale delterritorio delle “Terred’acqua”.Il PSC si è quindi posto come obietti-vo, tra gli altri, la salvaguardia e latutela del reticolo idrografico, pergarantire sia il funzionamento idrau-lico che la valenza ecologica e pae-saggistica, incentivando anche azionidi recupero e valorizzazione edescludendo dall’edificazione le areedove è più probabile il rischio diallagamento.

* Architetto.

rizzanti questo territorio, sia nelle suemanifestazioni superficiali che inquelle sotterranee. Basti pensare agliimportanti fiumi e torrenti che solca-no il territorio e alla fitta rete dicanali gestiti dai Consorzi di Bonificache mediante importanti opere idrau-liche (sollevamenti, chiuse, sifoni,casse d’espansione, ecc) garantisconosia lo scolo delle acque che la dispo-nibilità idrica indispensabile all’agri-coltura. A compromettere il delicato equilibriodel sistema di scolo naturale e artifi-ciale (canali di bonifica e sistemafognario) contribuisce il fenomenodella subsidenza (abbassamento verti-

quota sostanziosa a favore della col-lettività.Il diritto edificatorio riconosciuto allaproprietà, a seguito del processo ditrasformazione urbanistico-ediliziache interesserà l’area, deve assicurareun normale profitto di impresa e nonun profitto di livello speculativo. Si ritiene che la perequazione urbani-stica debba essere impiegata in tuttigli ambiti di trasformazione urbani-stica, aderendo in questo senso almodello che prevede il più ampioimpiego dello strumento perequativo.

Il territorio ruraleL’acqua è uno degli elementi caratte-

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che distingue fra livello strutturale dipiano e livello operativo, il piano stra-tegico dovrebbe rappresentare la corni-ce strategica di lungo termine che sup-porta le scelte del Piano urbanisticoma, nel contempo – poiché la pianifi-cazione strategica contempla, sia nelleesperienze consolidate che nelle espe-rienze in corso nelle aree delMezzogiorno – una dimensione strate-gica di lungo termine e una operativa(le azioni da perseguire nelbreve/medio termine), il piano urbani-stico con i suoi elementi di strutturadel territorio dovrebbe consentire divalutare la sostenibilità delle azioniproposte, mentre il livello operativodovrebbe costituire una interfacciacoerente con le diverse fasi di imple-mentazione del Piano strategico.Laddove, invece, il piano urbanistico èquello tradizionale, la cui approvazionerichiede lunghi anni di gestazione,l’implementazione del Piano strategico,quando non conforme al piano vigente(cioè sempre dove i piani sono vecchi eobsoleti) non potrà che poggiarsi sudelle varianti ad hoc (ma non è unanovità). La riflessione, semmai, è senelle situazioni di particolare comples-sità e dimensione (vedi città metropoli-tane in primis) non sia il caso di pen-sare a un livello esclusivamente strut-turale del Piano urbanistico, estesoall’intero territorio, lasciando poi ad unlivello operativo che può svilupparsiper piani d’area (spesso necessariamen-te intercomunali) il compito di definireil dettaglio delle trasformazioni daeffettuare in un certo periodo incoerenza con quanto prevede la piani-

I percorsi virtuosi della pianificazione strategicaFatima Alagna*

crescenti complessità di governo delterritorio (e dei conflitti in esso presen-ti) in cui si mescolano i noti fenomenie interdipendenze legate alla globaliz-zazione con la frammentazione degliinteressi (ormai siamo ai comitati distrada…) e dei valori di riferimento. Inquesto senso, la pianificazione strategi-ca con il suo approccio integrato alleproblematiche dello sviluppo (sosteni-bile) del territorio e concertativo fra idiversi attori locali, ben si presta asupportare il tentativo (faticoso) dicostruire quadri di riferimento condivi-si che dovrebbero rendere più efficacee coerente l’azione dei diversi attoripubblici e privati (sempre più spessochiamati ad operare in partnership),ciascuno secondo il proprio differenteruolo. Percorsi di questo tipo possonocontribuire a incardinare le decisionidegli attori istituzionali entro cornicistrategiche e percorsi valutativi chetendono a rendere più valutabile ilsenso e l’efficacia delle singole azioniproposte; si struttura in sostanza unpercorso “razionale” di focalizzazionedei problemi in campo e delle possibilisoluzioni e tutto ciò avviene attraversoil dialogo, il confronto (anche lo scon-tro) ad un tavolo comune che riunisceattori istituzionali e non a partireappunto dalla costruzione di quadri diriferimento condivisi. Questo percorso,destinato a rendere più “trasparente” ilformarsi delle decisioni, può aprirsi apiù ampie forme di partecipazionedella cittadinanza.Quale il rapporto con il piano urbani-stico? Nelle regioni dove si opera conuna legislazione urbanistica innovativa

Come noto sono in corso nel nostropaese (da non tanto tempo e in ritardorispetto ad altri paesi europei) espe-rienze di pianificazione strategica. Taliesperienze sono generalmente partitein forma volontaristica da parte dialcuni Comuni e mancano di unalegislazione di supporto. Nelle regionimeridionali la pianificazione strategicaè stata promossa e finanziata attraver-so le risorse del Fondo AreeSottoutilizzate (FAS), ma le linee guidaper l’uso di tali risorse non strutturanocompiutamente un percorso di forma-lizzazione dei piani strategici. Unaormai consolidata letteratura e prassiesistente in merito alla pianificazionestrategica converge nella individuazio-ne di alcune tappe fondamentali comu-ni nell’elaborazione del piano: unaprima fase di ricostruzione dei caratteridel territorio in grado di mettere afuoco i punti di forza e le criticità edunque di costituire la base per la defi-nizione del modello di sviluppo localeda perseguire, una fase di individua-zione e concertazione delle cosiddettevision e delle linee strategiche; unafase di redazione del piano che consi-ste nel portare a sintesi l’intero proces-so attraverso la strutturazione delsistema costituito da vision, obiettivi elinee strategiche e nel conferirgli unadimensione pienamente operativaattraverso la definizione di azioni con-crete; una fase di pubblicizzazione epromozione ampia dei risultati; unafase di implementazione e monitorag-gio. Non v’è dubbio che la pianifica-zione strategica possa costituire unostrumento importante per affrontare le

Rassegna urbanistica

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sviluppo regionale Fersa prevede,infatti, che le città che vogliono attin-gere ai finanziamenti dedicati allacompetitività e attrattività dei sistemiurbani si dotino di un Piano integratodi sviluppo urbano che dovrebbe soste-nere “lo sviluppo di strategie parteci-pative, integrate e sostenibili per farfronte alla elevata concentrazione diproblemi economici, ambientali esociali che colpiscono le aree urbane” eda cui dovrebbero scaturire, almenoper le regioni del Mezzogiorno, proget-ti da finanziare anche con risorsecomunitarie. Appare evidente l’ampio livello disovrapposizione fra Piani strategici ePiani integrati di sviluppo urbano perla loro dimensione, appunto, strategi-ca, multisettoriale, partecipativa,anche se, certamente, il Piano integra-to di sviluppo urbano nasce con unadimensione maggiormente operativa edi breve termine, propria della fami-glia dei Programmi Integrati diIntervento. Proprio per questo, però,dovrebbe inserirsi entro uno scenarioprospettico (vision) già tracciato dalpiano strategico (dove questo esiste)ed entro un percorso decisionale uni-tario e coerente.

*Architetto INU Emilia Romagna.

diventare metodo di lavoro normale enon straordinario (o legato alla volontàdi un sindaco e, per questo, al suomandato amministrativo) debba esseresostenuto da strumenti di governanceformalmente istituiti (Conferenzametropolitana, Forum, Tavoli, o altroancora.) e da atti formali di intesaimpegnativi fra gli attori (protocolli,accordi quadro, convenzioni, ecc.).Occorre, poi, che l’ente promotore pre-veda anche uno staff tecnico-ammini-strativo dedicato (ancorché snello) chesupporti il monitoraggio dell’attuazionedel piano e, anche, i percorsi di aggior-namento/modifica. Solo così il Pianostrategico, che è per sua natura unpiano di lungo termine (e, soprattutto,un metodo per l’assunzione di decisio-ni che interessano la comunità locale),potrà diventare utile e non tradursi inun’esperienza episodica o in un librodei sogni. Questo ci insegna del restol’esperienza della pianificazione strate-gica di Barcellona, sempre evocata, ecioè l’importanza di avere pensatomolto presto a darsi una strutturaorganizzativa e, in qualche modo, “isti-tuzionale”. Il timore altrimenti è quellodi veder vanificare gli sforzi compiuti edi partire per altre avventure … timoreper niente infondato se pensiamo che ègià in campo un altro strumento. Il Regolamento del Fondo europeo di

ficazione strategica e con il livello dimaturazione delle singole azioni (pro-getti).Si pone, tuttavia, una questione difondo: cosa resterà nel tempo di questipercorsi di pianificazione strategica?Nelle regioni del Mezzogiorno ancorainteressate da grandi flussi finanziaridi derivazione europea questa stagionedei piani strategici promossa dal Fas silega strettamente alla necessità di indi-viduare dei progetti da finanziare cheabbiano una qualche efficacia nelladirezione dello sviluppo sostenibile edurevole; sapranno gli attori istituzio-nali essere coerenti con questa impo-stazione? I rischi sono rilevanti nonsolo per le molteplici pressioni e inte-ressi che si scatenano ma, anche, perun problema forse ancora più dirom-pente: se le Amministrazioni pubblichenon saranno in grado di trasformarerapidamente le azioni indicate dalPiano strategico in veri e propri pro-getti finanziabili potrà aprirsi lo spazioper progetti di non dimostrata utilità,magari anche vecchi e tecnicamentesuperati, ma “pronti” all’uso, utili adaprire un cantiere, dare occupazione dibreve periodo e, forse, a realizzare unaennesima opera inutile (se non incom-piuta o dannosa).Credo, invece, che il percorso virtuosodella pianificazione strategica per

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menti per la realizzazione di servizi einfrastrutture, che a partire dall’ambitocomunale, diventino di riferimento perl’area vasta (Alcamo, Marsala, Mazaradel Vallo, Trapani). Significativo è chele città di Palermo e Messina scelganocome ambito territoriale di riferimentoil territorio comunale, non riuscendo acogliere l’occasione del piano strategi-co per la costruzione di un progettocondiviso con i comuni dell’hinterland,pur individuando gli effetti degli inter-venti previsti a livello territoriale.In generale, si evidenzia una precisavolontà che le scelte sul futuro dellacittà siano compiute in rapporto alcontesto territoriale. Si prefigura quin-di, nelle premesse, uno strumento dalforte carattere negoziale e, possibil-mente, partecipato attraverso la costru-zione di una strategia condivisa da ungran numero di soggetti, che travalica-no i confini comunali. In relazione agliambiti tematici e agli obiettivi che ipiani intendono perseguire si eviden-ziano: il miglioramento della qualitàdella vita attraverso nuovi modelli diwelfare locale e sicurezza sociale(Barcellona Pozzo di Gotto, Modica,Alcamo, Trapani, Marsala, Mazara delVallo) e la diminuzione del disagio disoggetti deboli (Messina, Palermo);miglioramento e innovazione tecnolo-gica della pubblica amministrazione(Milazzo, Modica, Alcamo, Messina,Enna); salvaguardia del paesaggio conriferimento alla fruizione dei beniambientali (Acireale); attivazione diprocedure di VAS e piani di azioneambientale (Milazzo); promozione delturismo culturale (Agrigento, Acireale,

Piani strategici in Sicilia: la dimensione urbanaMarilena Orlando*

dua le città come nodi di eccellenzaterritoriale.

Una ricognizione sulle esperienze incorso

Se è frequente che i Piani strategicinascano per velocizzare i tempi dialcune trasformazioni del territorio, perla volontà di creare consensi su sceltesul futuro della città, per l’esigenza dicreare alleanze tra diversi enti locali,in Sicilia l’occasione è costituita dabandi pubblici, che consentono aiComuni di avviare un processo di pia-nificazione strategica in ragione dellaassegnazione di un finanziamento. Seosserviamo il ruolo che il piano strate-gico può assumere all’interno dellepolitiche urbane, questo si configuracome uno strumento che può fare con-vergere risorse, soggetti e interessimolteplici alla costruzione di una stra-tegia condivisa sul futuro della città,che può travalicare i confini ammini-strativi, sia in termini di accordi parte-nariali, sia in relazione ad indirizzi disviluppo.Rispetto a questa considerazione, lamaggior parte dei piani analizzati, purindividuando come ambito territorialedi riferimento il territorio comunale,intendono rafforzare il ruolo della cittàcome punto di riferimento per le altreesperienze di sviluppo locale delleamministrazioni limitrofe(Caltanissetta, Barcellona Pozzo diGotto); si configurano come occasioneper la costruzione dell’area vasta e perla costruzione di accordi con l’ambitoprovinciale e regionale (Modica, Gela,Marsala); si identificano come stru-

In Sicilia la stagione dei piani strategi-ci ha inizio quando il governo nazio-nale e la Regione firmano l’Accordo diProgramma Quadro “Riqualificazioneurbana e miglioramento della qualitàdi vita nei comuni siciliani”, secondole disposizioni della delibera Cipe n.20/2004, che prevede l’assegnazione difinanziamenti ministeriali, a mezzo dibandi pubblici, per interventi nellecittà e nelle aree metropolitane delMezzogiorno. Questo e il secondoAccordo, firmato a seguito della suc-cessiva delibera Cipe n. 35/2005, con-sentono alla regione Siciliana di usu-fruire del 10% delle risorse dellaRiserva Aree Urbane, costituita all’in-terno del Fondo Aree Sottoutilizzateattraverso le suddette delibere, per larealizzazione, tra altre opere, di pianistrategici per le città o aree metropoli-tane o raggruppamenti di comuni conpopolazione di almeno 50.000 abitanti. In Sicilia oggi si sono attivate 32esperienze di piani strategici1, attraver-so un finanziamento pubblico di4.968.239 euro per il primo bando e di5.113.750 euro per il secondo. Anchese gli effetti di questi strumenti sulterritorio siciliano, sia in termini intermini “fisici” che immateriali (relati-vi a forme di condivisione, negozia-zione, partecipazione) non sono anco-ra visibili2 per la loro giovane età,possono effettuarsi alcune valutazionisulle esperienze in corso, relative siaall’area vasta che alla dimensioneurbana. Quest’ultima costituisce unlivello territoriale di estremo interesse,anche in virtù della nuova stagioneprogrammatoria 2007-2013 che indivi-

Rassegna urbanistica

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mente l’opportunità affinché le città,nel tentativo integrare agli strumentiregolativi nuove modalità di program-mazione, possano costruire una cornicestrategica di lungo periodo entro cuigarantire una coerenza tra esperienzein corso e progetti futuri ed un accor-do tra i partenariati coinvolti.Quello che si osserva in generale è chesi consolidano sempre di più le proce-dure di consultazione, negoziazione,concertazione per la promozione diforme di sviluppo locale dal basso.Monitorare questi processi può consen-tire di comprendere se il piano strate-gico in Sicilia riuscirà a fornire unsupporto concreto al governo dellecittà e del territorio.

*Dottore di ricerca in Pianificazione Urbana eTerritoriale,Università degli Studi di Palermo.

Note1. Attraverso il primo bando sono stati ammessi afinanziamento i comuni di: Milazzo, Palermo, Gela,Modica, Alcamo, Caltanissetta, Barcellona Pozzo diGotto, Acireale, Agrigento; e i raggruppamenti dicomuni guidati da: Catania, Erice, Sciacca, TerminiImprese, Comiso, Sant’Agata di Militello. A questi siaggiunge il comune di San Pier Niceto ammesso conriserva. Attraverso il secondo sono stati ammessi afinanziamento i comini di Palermo, Messina, Enna,Siracusa, Trapani, Marsala e Mazara del Vallo; e iraggruppamenti di comuni guidati da: Ragusa,Monreale, Augusta, Castelvetrano, Avola, Licata,Favara, Partinico, Paternò. 2. I comuni finanziati attraverso il primo bandohanno predisposto i programmi operativi, a quellifinanziati attraverso il secondo hanno è stato notifi-cato il decreto di finanziamento.

strumento che può diventare un surro-gato del Prg, rischiando di legittimaretrasformazioni non previste dal pianourbanistico vigente.Un altro aspetto è legato al ruolo del-l’amministrazione comunale che, all’in-terno di un processo di pianificazionestrategica, assume un ruolo di regia. Ilrischio, in un contesto come quellosiciliano tradizionalmente caratterizza-to da una capacità politica e ammini-strativa spesso non autorevole o legataad interessi illeciti, è che possano pre-valere più che approcci concertativi,logiche di incremento di processi noninclusivi e deregolamentativi. Ciò èinevitabilmente legato al concretocoinvolgimento della società civile.Mentre la classe imprenditoriale eimmobiliare ha una forte capacità con-trattuale, resta il dubbio dell’effettivoruolo che potrà svolgere la società,fatta anche di soggetti deboli, all’inter-no di un processo di pianificazionestrategica.Una osservazione va fatta in meritoalla considerazione che i piani strategi-ci si siano attivati presso realtà localiche hanno già avviato programmi eprogetti che, pur diversi tra loro,hanno come matrice comune il parte-nariato pubblico-privato, che a frontedella diminuzione delle risorse deglienti locali, ha consentito negli anninovanta la realizzazione di interventisu diverse realtà urbane.Tra le pregresse esperienze, sia a livellourbano che territoriale, attivate dacomuni che si sono dotati di pianistrategici, ricordiamo quelle dei Pit(Trapani, Messina, Enna, Mazara delVallo, Modica, Gela), Urban (trapani,Messina, Palermo), Patti territoriali(Trapani, Enna, Mazara del Vallo,Modica) Prusst (Messina, Acireale,Modica), Finanza di Progetto (Messina),Progetti pilota Pir (Messina, Marsala),Leader plus (Enna), Contratti di quar-tiere (Agrigento, Barcellona Pozzo diGotto).In relazione al ruolo che tali esperienzehanno assunto nelle politiche urbane, èrisaputo che spesso si siano tradotte ininterventi puntuali, non integratiall’interno del contesto urbano e delpiù ampio contesto territoriale. Il pianostrategico, se correttamente gestito econtrollato, può costituire concreta-

Palermo, Trapani, Marsala, Siracusa);definizione di interventi mobilitàsostenibile (Palermo) e individuazionedi sistemi infrastrutturali per la città eper il territorio (Messina, Palermo eTrapani), anche in previsione di unaintegrazione dei servizi e delle infra-strutture comunali con quelli dell’areavasta (Alcamo, Trapani, Marsala,Mazara del Vallo); promozione diforme di marketing urbano e territoria-le (Modica, Gela, Siracusa); individua-zione di verifiche tecniche per l’attiva-zione di Società di TrasformazioneUrbana (Barcellona); definizione diinterventi di riqualificazione e rivita-lizzazione di aree dismesse, tessutiurbani in degrado, centri storici(Caltanissetta, Gela, Alcamo, Palermo,Mazara del Vallo), aree di costa urbane(Siracusa). La molteplicità delle tematiche affron-tate conferma l’approccio integrato cheil piano strategico si propone di assu-mere, dovendo coinvolgere una plura-lità di soggetti per superare una visio-ne di tipo settoriale.

Alcune osservazioni

Il consenso prevalente verso i processidi pianificazione strategica nella realtànazionale corrisponde a una ampiaadesione nel contesto siciliano che tut-tavia non oscura alcuni nodi critici.Un primo nodo è legato alla occasioneper l’avvio di un piano strategico, for-nita dall’accesso a fondi pubblici. Ilfinanziamento, se da un lato costitui-sce una opportunità attraverso cui lecittà possono riflettere sul propriofuturo impegnando l’insieme delle real-tà sociali presenti sul territorio, dall’al-tro può costituire un rischio se allavolontà di ottenerlo non corrispondeun effettivo impegno ad avviare pro-cessi di sviluppo permanente.Un secondo nodo è legato al rapportotra piani strategici e piani urbanistici.Nel totale delle 16 esperienze di pianistrategici attivati relativamente alladimensione comunale, soltanto la metàsono affiancate da piani urbanistici direcente approvazione. In una realtàurbana normata da uno strumentourbanistico obsoleto, il piano strategi-co, fino ad ora non istituzionalizzato,si configura tendenzialmente come uno

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zione straordinaria e nuova costruizio-ne;- interventi di sistemazione anche tem-poranea degli utenti degli alloggi dariqualificare;- opere di adeguamento normativodegli edifici esistenti.Le risorse per l’edilizia residenzialesono prioritariamente rivolte al recupe-ro del patrimonio edilizio esistentemediante interventi di housing social,con particolare riferimento alle resi-denze a in locazione temporanea opermanente a canone sociale o concor-dato.Le categorie di intervento ammissibilisono quelle relative agli articoli 7, 8, 9,10, 11, 12 della Lr 23/2003.

Interventi infrastrutturali pubblici:- Adeguamento, riqualificazione enuova realizzazione di opere di urba-nizzazione primaria e secondaria; - Interventi di riduzione dei consumienergetici ovvero interventi di miglio-ramento e sostenibilità ambientaledegli edifici e degli spazi pubblici;- Opere di miglioramento e realizzazio-ne di sistemi di mobilità alternativa,sostenibile e di trasporto intelligenteper favorire l’accessibilità ai centriurbani, anche attraverso la realizzazio-ne di parcheggi per residenti e di inter-scambio;- Realizzazione di collegamenti dell’a-rea del PUC 2 e gli altri centri urbaniregionali;- Rimozione dei dissesti idrogeologici;Diffusione delle reti a banda larga.

Marketing urbano

In Umbria si avvia la nuova stagione dei PucFranco Marini*

dare le aree destinate dagli strumentiurbanistici a zona “A” (art. 4 delbando). In tal senso il bando si pone atutti gli effetti, come un primo bancodi sperimentazione della nuova leggeregionale sui centri storici, in corso diapprovazione da parte del consiglioregionale, il cui obiettivo è la riquali-ficazione e la rivitalizzazione dei cen-tri storici attraversi azioni integrate direcupero urbano, sviluppo e promozio-ne delle attività culturali, aiuti alleimprese private.In via generale i Puc2 sono localizzatiin ambiti urbani che presentano una opiù delle seguenti criticità (art. 3):- perdita progressiva di funzioni ancheresidenziali, - carenza manutentiva degli edifici diproprietà pubblica e privata;- inadeguatezza infrastrutturale dellaaccessibilità e della sosta,- assenza o significativa riduzione diattività economiche, sociali direzionalie culturali;- presenza di elevati livelli di inquina-mento atmosferico, acustico elettroma-gnetico;- presenza di gravi dissesti idrogeolo-gici classificati dal Pai.

Gli interventi ammessi afinanziamento

Gli articoli dal 5 al 27 definiscono gliinterventi ammessi a finanziamentoregionale nell’ambito dei PUC 2.Vediamoli nel dettaglio.Edilizia residenziale- interventi di ristrutturazione urbani-stica; ristrutturazione edilizia; restauroe risanamento conservativo; manuten-

La programmazione dei fondicomunitari 2007-2013 attribuisce allecittà un ruolo determinante per losviluppo della competitività e dellacoesione dell’Unione, tanto che unaconsistente quantità delle risorse Fesrsono dedicate alla riqualificazione erivitalizzazione delle città. Uno deiquattro assi prioritari di intervento delPor – Fesr 2007 – 2013 hal’emblematico titolo di “Accessibilità earee urbane”1. Su tali presupposti il nuovo bando suiProgrammi urbani complessi (Puc2),elaborato dalla Regione Umbria, risentedi una impostazione di carattere “euro-peo”, fondata sul modello dei program-mi comunitari “Urban”, dove la riqua-lificazione urbana non si limita al solorecupero del mattone, ma anche esoprattutto al recupero delle persone. In tal senso la tradizionale impostazio-ne dei programmi complessi umbri,fondati su una compartecipazione dirisorse pubbliche e private per riquali-ficare pezzi di città, si arricchisce diuna componente socio economica con-nessa allo sviluppo delle attività eco-nomiche (legate essenzialmente alcommercio, artigianato ed al settorericettivo) ed alla soluzione di proble-matiche di carattere sociale (bambini,anziani, immigrati, emarginati..).

Localizzazione del Puc2

Dalla lettura del bando e dei docu-menti regionali di accompagnamentoemerge una preferenza per i Puc loca-lizzati nei centri storici, tanto che almeno un terzo dei finanziamenti pre-visti dalla stessa Regione deve riguar-

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La griglia di valutazione. Il pesodelle singole voci

Al fine di una corretta modulazionedel programma è opportuna una anali-si sintetica dei criteri di valutazione(allegato 1 del bando), in base ai qualisaranno giudicati i diversi Puc, e delpeso che ogni singolo criterio ha nellavalutazione complessiva. La somma deipunti dei vari criteri è vicina a 100 èsemplice pertanto dedurre in terminipercentuali il peso dei diversi criteri.(tabella 1)L’analisi della griglia di valutazione faemergere con forza il fatto che la rile-vanza dei criteri legati ai tradizionaliingredienti dei Puc (opere pubbliche,edilizia residenziale) è sostanzialmenteequivalente a quelli innovativi, legatiallo sviluppo economico ed alle pro-blematiche di tipo sociale. I criteri 3.2,3.3, 3.4 e 4, più strettamente legati alrecupero del “mattone” sommano unpunteggio massimo pari a 25; mentre icriteri 3.1, 5, 6, 7 che fanno riferimen-to allo sviluppo socio economico e cul-turale del contesto di interesse, totaliz-zano 29 punti. Altro fattore da tenere in dovuta consi-derazione è che il criterio 10 “Puc nelsuo complesso in via generale e siste-matica”, che ha un peso pari a 18 punti,tiene in particolare considerazione l’in-

Tabella 1

Criterio Punteggio

1. Localizzazione (centri storici) 5(altri ambiti) 3

2. Criticità 83. Qualità progettuale

3.1 Sociale 33.2 Urbanistica e qualità architettonica 93.3 Edilizia residenziale 33.4 Viabilità e accessibilità 7

4. Qualità ambientale 65. Attività produttive e marketing urbano 186. Infrastrutture per le attività culturali 47. Partecipazione e concertazione 48. Fattibilità 49. Cofinanziamento

9.1 Cofinanziamento aggiuntivo pubblico 49.2 Cofinanzaimento aggiuntivo privato 4

10 PUC nel suo complesso 18

TOTALE 94 – 97

- istituzione da parte dei comuni diuffici e punti di informazione e acco-glienza turistica

Infrastrutture per le attività culturali- programmazione e organizzazione dinuovi percorsi di visita;- acquisto e nuova produzione di mate-riali, attrezzature di ufficio e arredi,- installazione di reti telematiche per ilvisitatore,- recupero e restauro di edifici di valo-re storico, architettonico e di archeolo-gia industriale, nonché realizzazione eristrutturazione di immobili destinatiad attività culturali;- riqualificazione di aree di pregioambientale;- valorizzazione di siti archeologici;- valorizzazione di beni privati di inte-resse storico dat in concessione peralmeno 20 anni.

Attività di servizio ai cittadini ed alleimprese - contributi in conto capitale per losviluppo, nell’area oggetto del PUC, diattività di servizio rivolte alle imprese,ai cittadini e a categorie speciali qualianziani, bambini, portatori di handi-cap, studenti ed immigrati,- creazione di spazi per le suddetteattività.

- è ammesso il finanziamento di unpiano di marketing urbano volto a:accrescere l’attrattività delle aree peri-metrate dal PUC 2; qualificare e carat-terizzare l’immagine dell’area di inter-vento; incrementare la fruizione deglispazi pubblici e dei servizi, migliorarel’informazione sulla accessibilità evivibilità dell’area di intervento.

Attività commerciali e artigianalia. sostegno alle imprese per l’avvio elo sviluppo di attività commerciali eartigianali compatibili con il contestourbano;b. riqualificazione o nuova realizzazio-ne di spazi idonei all’esercizio di formeinnovative di tali attività;c. riduzione della incidenza delle speseper affittiLe azioni riferite al punto b) si concre-tizzeranno in: - sviluppo e insediamento di attivitàcommerciali funzionali al manteni-mento dei residenti; - realizzazione e adeguamento di spaziidonei per la riqualificazione e consoli-damento dei centri commerciali naturali; - creazione di tipologie di venditainnovative realizzate in forma associa-ta; adeguamento e realizzazione dispazi pubblici o ad uso pubblico, apertio coperti e relative infrastrutture perl’esercizio di attività commerciali odestinati ad eventi commerciali e pro-mozionali temporanei; Attività turistico - ricettivea. interventi di adeguamento, riqualifi-cazione, ampliamento degli eserciziricettivi alberghieri, delle residenze d’e-poca e della case appartamenti vacan-za già autorizzati alla data di scadenzadel presente bando, nonché interventifinalizzati alla realizzazione di nuovaricettività alberghiera, delle residenzed’epoca e della case appartamenti pervacanza.b. Sono inoltre ammessi a finanzia-mento secondo il seguente ordine dipriorità gli interventi di: - riqualificazione, adeguamento eampliamento degli uffici di informa-zione accoglienza turistica presso lesedi dei servizi turistici associati;- riqualificazione, adeguamento eampliamento degli uffici di informa-zione accoglienza turistica istituiti daicomuni,

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abbia spinto alcune amministrazioni amodificare l’assetto organizzativo dellamacchina amministrativa in manierapermanente. L’integrazione dovràriguardare infatti non solo la costru-zione del progetto del Puc, ma anchela gestione. Le difficoltà maggiori che i comunistanno trovando nella costruzione delleproposte dei Puc2, riguarda essenzial-mente la parte legata allo sviluppodelle attività economiche, il cui succes-so condiziona l’ammissibilità a finan-ziamento dell’intero programma. E’anche il settore in cui le amministra-zioni sono meno attrezzate. La sfida della integrazione riguardaanche l’amministrazione regionale chetanto nella definizione del bando, chenella sua gestione dovrà far dialogarein maniera efficace i diversi settoriinteressati che vanno dalla riqualifica-zione urbana, alle politiche per la casa,allo sviluppo economico.

* Presidente Inu Umbria.

Note1. Su tale argomento l’Inu Umbria nell’aprile 2007 haorganizzato una iniziativa dal titolo “La questioneurbana nella nuova programmazione comunitaria ”.,vedi UI 216/2007.2. Per effetto del cofinanziamento minimo previstoper i contributi legati alle attività commerciali e arti-gianali, il cofinanziamento privato sarà di fatto moltopiù alto.

ting;- non oltre l’1% per la redazione dellaproposta sdel PUC2 e l’attività dimanagement.Ipotizzando ancora una richiesta difinanziamento di 8 milioni di Euro ivincoli del suddetto art.6 comma 3(vedi tabella 3).

Prime considerazioni sul Bando

I Puc 2 devono spingere le amministra-zioni pubbliche a modificare in manie-ra radicale il modo di lavorare. Nonpiù in settori chiusi impegnati in pro-cedure standardizzate scarsamente dia-loganti, ma in maniera integrata.L’integrazione di cui si parla reiterata-mente nei Puc, per attivare progetti diriqualificazione urbana in cui il recu-pero urbanistico ed edilizio trova unnaturale completamento in politiche dirivitalizzazione economica e di soste-gno alle categorie più deboli, deveriguardare in prima istanza il modo incui vengono costruiti i Puc. Ritengo che le amministrazioni cadanoin errore se delegheranno esclusiva-mente a strutture esterne la redazionedei Puc, in quanto questa spinta ad unapproccio integrato alla soluzione deiproblemi della Pubblica amministrazio-ne deve diventare una prassi e nonuna eccezione. E’ noto come l’esperienza di Urban

tegrazione degli interventi sia pubbliciche privati al fine di perseguire uneffettivo miglioramento della vivibilitàdell’area oggetto di intervento.

Vincoli del programma finanziario

L’art. 6 stabilisce che l’ammontarecomplessivo dei finanziamenti per ogniPuc deve essere compreso tra 3 e 8milioni di Euro, con un cofinanzia-mento obbligatorio aggiuntivo cosìarticolato:- almeno il 15% a carico dell’ente pub-blico proponente il programma o dialtro ente pubblico;- almeno il 30% a carico dei privati.In sostanza ipotizzando una richiestadi finanziamento regionale pari a 8milioni di Euro le quote minime dicofinanziamento devono essere cosìarticolate (vedi tabella 2).

Il comma 3 dello stesso articolo 6 poneinoltre i seguenti vincoli rispetto alfinanziamento regionale richiesto:- non oltre il 60% per urbanizzazioniprimarie e secondarie;- non meno del 20% per interventi diedilizia residenziale;- non meno del 20% per interventi afavore di attività produttive;- non oltre il 7% per redazione eattuazione del programma di marke-

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Finanziamento regionale 8 milioni

Cofinanziamento del comune o di altro ente pubblico 1,2 milioni

Cofinanziamento privato2 2,4 milioni

Tabella 2

Tabella 3

Finanziamento regionale 8 milioni

Urbanizzazione primaria e secondaria Non più di 4,8 milioni

Edilizia residenziale Al meno 1,6 milioni

Interventi per attività produttive Al meno 1,6 milioni

Redazione e attuazione marketing Non più di560.000 Euro

Redazione proposta e management Non più di80.000 Euro

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una finestra su:

Marischal, che fu interessata da una piùampia strategia che prevedeva la riquali-ficazione di diverse aree grazie allo stan-ziamento di fondi nazionali (NewHousing Partnership Funding) per il tra-sferimento degli alloggi di proprietà delComune alle housing associations e per illoro conseguente risanamento (VoluntaryStock Transfer). In questa prima fase del processo, ilComune intervenne su Niddrie in manie-ra frazionata e senza avere un disegnocomplessivo. Tuttavia, è possibile indivi-duare alcuni obiettivi ricorrenti nellevarie iniziative: - riduzione di densità (riduzione dell’al-tezza dei blocchi di cinque piani, demoli-zione delle torri e nuovo sviluppo abassa densità); - diversificazione del regime di proprie-tà/affitto (privatizzazione alloggi tramiteRight to Buy, alloggi in proprietà agevo-lata ovvero Low Cost Home Ownership, etrasferimento alle housing associations); - ricostruzione delle abitazioni secondotipologie più tradizionali; accorgimentiarchitettonici e urbanistici per aumentarela sicurezza degli spazi (secure bydesign); - ridisegno degli spazi pubblici e dota-zione di attrezzature per la comunità.Nel 1986 un gruppo di abitanti fondò ilNiddrie House Planning andRehabilitation Group (NHPRG, un’asso-ciazione per la partecipazione dei resi-denti al processo di rigenerazione) chepromosse alcune iniziative di caratteresocio-economico come la creazione diun centro sociale, attrezzature per ilgioco dei bambini, e l’introduzione dellimite di velocità di 30 km/h esteso a

a cura di Marco Cremaschi

La riqualificazione diNiddrie, EdinburghCarlotta Fioretti*

Verso la fine degli anni ottanta la situa-zione a Craigmillar era così drammaticache alcuni residenti delle torri di NiddrieHouse davano fuoco ai loro appartamen-ti nel tentativo disperato di assicurarsiun trasferimento immediato in un altroquartiere. Nel 1987 il Comune diEdimburgo decise di migliorare la situa-zione di Niddrie e promosse una serie diattività che diedero avvio ad un processodi rigenerazione tuttora in corso.Nello specifico, la zona di Niddrie -impopolare sin dal suo compimento - haalle spalle una lunga storia di iniziativedi rigenerazione che ben riflettono lediverse tendenze che hanno segnato finoad oggi le politiche britanniche, quellescozzesi in particolare. Inizialmente imaggiori finanziatori, nonché principaliattori della riqualificazione, furonoScottish Homes (oggi CommunitiesScotland, l’organo nazionale per l’ediliziasociale e la rigenerazione, che all’epocaera appena stato istituito e a Niddrieinvestì 20,6 milioni di euro nel periodo1990-1998), il Comune (7,4 milioni) e iprivati (7,6 milioni). Gran parte dell’inve-stimento (84%) venne convogliato per ilrisanamento degli edifici, l’abbattimentodelle torri e la nuova costruzione dialloggi in affitto gestiti dalle housingassociations (organizzazioni semi-privateper il social housing alternative ai comu-ni). Fino al 1998 le attività si concen-trarono principalmente su Niddrie House,e solo successivamente su Niddrie

Il problema del degrado dei quartieridi edilizia pubblica è comune allamaggior parte dei paesi europei checondividono apparentementeapprocci e politiche orientati allosviluppo locale, all’integrazione, alcoinvolgimento della cittadinanza. L’Italia, uno dei paesi che piùrecentemente è entrato in questodibattito, ha acquisito molteesperienze e riferimenti da paesi chehanno tradizioni più consolidate,quale ad esempio il Regno Unito. Proprio ora che cominciamo adisporre di esperienze di una certaconsistenza può convenire unparallelo con i paesi che hanno fattoscuola. Va quindi sottolineato il permaneredi rilevanti differenze; manchiamo diuna politica nazionale; laframmentazione finanziaria e leprocedure competitive ostacolano lacontinuità dei programmi nel tempo.Anche la varietà e flessibilità delleiniziative locali, finora consideratauna caratteristica positiva, appare inprospettiva un limite di efficacia esostenibilità.

Edimburgo

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nell’adottare un approccio più localizzatoe partecipato, attraverso la creazione diuffici di quartiere (NeighbourhoodPartnership) che si occupano in manieraintegrata delle questioni ordinarie delquartiere (edilizia sociale, urbanistica,salute, comportamenti anti-sociali) insie-me ai residenti ed ai loro rappresentanti.

Quali risultati?

Se esaminiamo ad esempio l’obiettivo didiversificazione (del regime di proprietà esociale) possiamo notare come gli schemidi proprietà agevolata (Low Cost HomeOwnership) abbiano contribuito ad intro-durre adulti lavoratori nell’area, mentre isistemi di allocazione più selettivi dellehousing associations abbiano aiutato abilanciare il profilo degli abitanti. Questifattori, sommati ad un generale aumentonella qualità dell’edilizia e dello spaziourbano, hanno portato ad un migliora-mento delle condizioni di vita nel quar-tiere e ad una maggiore stabilità dellapopolazione. Tuttavia, è altrettanto veroche le operazioni di frammentazionedella proprietà (in parte comunale, inparte in mano a diverse housing associa-tions, in parte di privati), hanno indebo-lito la coesione della comunità locale. Inparticolare è diventata palese una distan-za tra le case comunali (i cui abitanticontinuano a soffrire di multi-problema-ticità) e il resto dell’area.Anche per quanto riguarda l’assetto fisi-co del quartiere, se da un lato c’è statoun netto miglioramento della condizionedell’edilizia (dalle nuove tipologie piùpopolari alla manutenzione dell’esistente)e degli spazi esterni (disegno dei giardini,pavimentazione stradale, parcheggi,parco giochi) tuttavia le proprietà delComune mostrano già nuovi segni didegrado, e ciò suggerisce che lì gli inter-venti non sono stati sostenibili neltempo. Considerando quindi i problemidi insicurezza, possiamo dire che le poli-tiche di allocazione delle housing asso-ciations, sommate alle misure di ridise-gno degli spazi hanno contribuito allacaduta dei livelli di criminalità, anche seatti vandalici, sporcizia e comportamentianti-sociali sono ancora fra i maggioriproblemi di Niddrie. Proprio per questogli uffici di quartiere comunali hannorecentemente istituito un programma abreve termine chiamato Problem Solving

(Craigmillar Partnership, 2005, pag.10);che abbia una popolazione stabile evariegata, alta qualità edilizia e dellospazio urbano; accresciute possibilità dilavoro; un’economia in espansione; unlivello di educazione e formazione pro-fessionale in aumento; un forte sensodella comunità ed una effettiva rappre-sentanza degli abitanti.Nonostante il suo lavoro costante ed inte-grato sembra che la Partnership non siariuscita ad invertire il trend negativo diabandonment che ha portato ad una ridu-zione della popolazione di Craigmillar da17.000 ad 8000 abitanti in 30 anni. Laragione di tale insuccesso è stata imputataalla carenza di finanziamenti pubblicimessi a disposizione della Partnership. Perquesto motivo, nel 2000 il Comune hadeciso di avviare un nuovo progetto dirigenerazione fisica ed economica, allineatocon una più ampia strategia di sviluppocomunale e finanziato congiuntamente alsettore privato - con cui è stata istituita lacompagnia di rigenerazione PARC. Ilnuovo piano è basato sull’idea di convo-gliare una nuova popolazione a Craigmillarper accrescere il mix sociale (demolendoparte del patrimonio pubblico e costruendoa più alta densità con una maggioranza diedilizia privata), di incrementare l’econo-mia locale mettendola in relazione con cir-cuiti più ampi, e di disporre i servizi e leinfrastrutture necessari per lo sviluppo diuna comunità sostenibile.Infine vale la pena di considerare chetutto ciò è accaduto in concomitanzacon un processo di ristrutturazione del-l’amministrazione comunale per la distri-buzione dei servizi alle comunità locali(Services for Communities e CommunityPlanning). La nuova strategia consiste

tutte le aree residenziali. Il gruppoappoggiò inoltre la nascita della HuntersHall Housing Co-operative (HHHC), unadelle iniziative più interessanti della rige-nerazione di Niddrie, ideata e promossasu iniziativa totalmente autonoma degliabitanti. La HHHC è un’organizzazioneche lavora in modo simile ad una hou-sing association, che ha dunque rilevatoalcuni edifici precedentemente di pro-prietà comunale per ristrutturarli egestirli, con la peculiarità che il direttivodell’associazione è formato esclusiva-mente da residenti e che dal punto divista legale sono gli stessi affittuari - inquanto gruppo - ad essere proprietaridegli stabili.

La rigenerazione di Craigmillar

I programmi relativi a Niddrie vannoiscritti nel più ampio processo di rigene-razione di Craigmillar, il cui inizio coin-cide con la redazione di un piano perl’intervento sull’edilizia promosso nel1993 dal Craigmillar HousingDevelopment Project (successore diNHPRG) con la partecipazione dei resi-denti. Nel 1996 Craigmillar viene ricono-sciuta come area degradata a livellonazionale e quindi dotata di una PriorityPartnership (Craigmillar Partnership dal2000), cioè di un organo locale, stabile einvestito di un duplice ruolo: mettere inrete gli attori locali (istituzionali e non) egestire i fondi nazionali stanziati per larigenerazione promuovendo progetti pre-valentemente di natura sociale.L’iniziale ed immutato traguardo dellaPartnership è di impegnarsi affinché“entro l’anno 2010 Craigmillar sia unacomunità autosufficiente, popolare e sti-mata all’interno di Edimburgo”

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Niddrie House alla fine degli anni ottanta, prima dell’avvio degli interventi di riqualificazione. Fonte: RecollectionCraigmillar (2006) (Online) Consultabile all’indirizzo: http://www.edinphoto.org.uk

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ne e, di conseguenza, a velocizzarne ilprocesso di degrado e abbandono. Neltentativo di affrontare tali problemigestionali, il governo britannico intrapre-se, a partire dagli anni ottanta, una seriedi politiche di privatizzazione (nella fatti-specie Right to Buy e Voluntary StockTransfer, politiche applicate anche aNiddrie) che ridussero notevolmente ledimensioni dello stock pubblico ma com-portarono anche rilevanti conseguenzenegative: le tipologie e le abitazionimigliori furono vendute e le famiglie piùabbienti divennero proprietarie, contri-buendo così alla residualizzazione delresto del patrimonio. I posti lasciati vuoti da chi aveva la pos-sibilità di andarsene furono spesso occu-pati da famiglie immigrate, con un’altissi-ma componente di giovani e bambini,elemento che spiega i conflitti di tiporazziale e generazionale che hanno carat-terizzato l’edilizia pubblica. Molti altrialloggi vuoti rimasero tali dando origineal fenomeno di low demand (scarsarichiesta) altrettanto tipico di molte zonedel Regno Unito. In Italia, invece, la maggior parte dei pro-blemi sono emersi a causa della combi-nazione di un patrimonio di per sé scarsocon un sistema delle assegnazioni che dàla priorità alle situazioni di emergenza:reddito basso o nullo, sfratto e vulnerabi-lità sociale. In Italia, però, se gli abitantidelle case popolari sono tendenzialmentemulti-svantaggiati, i complessi pubblicisono in genere situati all’interno di aree

Regno Unito e Italia:elementi per un confrontoCarlotta Fioretti

I quartieri di edilizia pubblica in tuttaEuropa (e così anche nel Regno Unito ein Italia) condividono le stesse problema-tiche: il settore è ormai residuale, l’esclu-sione sociale affigge gli abitanti, il dete-rioramento fisico e le difficoltà di gestio-ne caratterizzano la più parte del patri-monio. È altrettanto vero però che ognipaese mostra caratteristiche specifiche.I quartieri pubblici –si afferma spesso-sono un problema frutto delle stesse poli-tiche che li hanno prodotti. Ma nel RegnoUnito e in Italia diverse politiche abitativehanno prodotto sistemi e problemi diver-si. La principale differenza tra i due paesiriguarda la consistenza del patrimonio: ilRegno Unito è uno dei paesi europei conuna più alta percentuale di edilizia pub-blica, il 20,8% del totale, mentre l’Italiacon il suo 5% si posiziona ai livelli infe-riori della graduatoria europea. Se questi dati si riferiscono alla situazio-ne attuale, prima dell’avvento delle politi-che di privatizzazione il patrimonio bri-tannico era ancora più consistente e lamaggior parte delle case popolari eranocostruite in enormi complessi, uniformi,separati e riconoscibili (come Craigmillar).Le dimensioni di tali quartieri contribui-vano ad aumentarne i problemi di gestio-

Partnership, che mette insieme gli sforzidi polizia, Comune, associazioni locali eresidenti nell’affrontare il problema.Sembra che questo progetto, sviluppato astretto contatto con la comunità e cheimplica la sua stessa responsabilizzazio-ne, stia ottenendo risultati migliori.Il coinvolgimento della comunità nelprocesso di rigenerazione è sempre statoalto, sia a Niddrie che più in generale aCraigmillar, e le iniziali esperienze delNiddrie House Planning andRehabilitation Group e della HuntersHall Housing Co-operative ne sono duebuoni esempi. Inoltre, anche grazie allavoro della Craigmillar Partnership, piùrecentemente sono nate varie infrastrut-ture per la rappresentanza degli abitanti:dall’unione inquilini, al consiglio diquartiere, a gruppi più specifici(Community Regeneration Forum, OlderPeople’s Forum, youth conference,Capacity Building Project). Piuttosto, illivello di partecipazione al recentissimoprogetto del Comune (PARC) non è uni-versalmente riconosciuto dagli abitantiche, nonostante le consultazioni pubbli-che e gli altri strumenti di partecipazioneadottati, denunciano la forte presenzadei partner privati e la logica speculativache sottende gli interventi, temendo chequesto possa andare a discapito delle esi-genze della comunità. Per concludere, èpossibile affermare che sono stati fattidei progressi in termini di approcciointegrato alla rigenerazione: dai primiinterventi a Niddrie esclusivamente ditipo fisico, alle iniziative dellaCraigmillar Partnership di tipo più com-plessivo. Eppure, proprio quest’ultimesono state criticate per essere esagerata-mente people focused e quindi poco inci-sive per l’assetto globale del quartiere: diqui la nascita dell’iniziativa PARC piùconcentrata sugli aspetti economici efisici, col rischio, però, che le questionisociali passino di nuovo in secondopiano.

Craigmillar Partnership (2005) Regeneration OutcomeAgreement April 2005 – March 2008. The City of Edinburgh Council (CEC) (2005) CraigmillarUrban Design Framework. Edinburgh: City of EdinburghCouncilThe City of Edinburgh Council (2007) Services forCommunities The City of Edinburgh Council (2007) CommunityPlanning;

http://www.capitalcitypartnership.orghttp://www.edinburgh.gov.uk

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Alcuni edifici gestiti dall’Hunters Hall Housing Cooperative

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miste dove sono presenti anche case inproprietà o edilizia agevolata, e che pre-sentano un profilo sociale della popola-zione variegato, dando origine a fenome-ni descrivibili come micro-sacche diesclusione sociale. Un altro grave proble-ma è legato al forte degrado fisico degliedifici, dovuto ad un’assenza di interventiconservativi e manutentivi che, a suavolta, deriva da una carenza di tipogestionale (frequente nel sistema ammini-strativo italiano e in molti paesidell’Europa meridionale). Inoltre un’edili-zia ormai obsoleta non corrisponde alleesigenze dei suoi attuali abitanti chegeneralmente sono persone anziane (datola persistenza e stabilità della popolazio-ne). Riassumendo le due diverse prospet-tive del problema, possiamo dire che nelRegno Unito i quartieri pubblici sonogeneralmente considerati come vaste areeomogenee, caratterizzate da instabilitàdella popolazione, abbandono e scarsarichiesta, esclusione sociale e una popola-zione prevalentemente immigrata e gio-vane (ritroviamo molte di queste caratte-ristiche a Niddrie); mentre in Italia le casepopolari sono associabili a micro-sacchedi disagio collocate in aree periferichediversificate, caratterizzate da una popo-lazione stabile e anziana, da degrado fisi-co e inadeguatezza degli edifici.

Le politiche di rigenerazione dei duepaesi vanno nella stessa direzione?

È abbastanza evidente che in entrambi ipaesi la rigenerazione dei quartieri pub-blici segue le stesse tendenze promosse intutta Europa. In particolare in Italia, l’in-fluenza dell’Unione Europea (attraversol’esperienza del programma Urban) èstata decisiva per passare da una tradi-zione di riqualificazione esclusivamentefisica a tentativi di rigenerazione piùcomplessa. Mettendo a confronto le espe-rienze britanniche (ad esempioCraigmillar) e i Contratti di Quartiere ita-liani, si troveranno elementi comuni,come: iniziative a base areale (AreaBased Initiatives), integrazione orizzonta-le e verticale (governance), coinvolgimen-to e messa in rete di attori locali non isti-tuzionali (privati e terzo settore), tentatividi responsabilizzazione ed empowermentdegli abitanti. Ci sono delle differenzesostanziali che è opportuno sottolineare.Nel Regno Unito (un paese storicamente

Leggere i quartieri pubblici nel Regno Unito

Power e Mumford in The Slow Death of Great Cities? Urban abandonment or urban renais-sance (York Publishing for the JRF, 1999) gettano luce sul fenomeno conosciuto come aban-donment o low demand che ha investito molti quartieri residenziali del Regno Unito formatiprincipalmente (ma non esclusivamente) da edilizia pubblica. Facendo riferimento a quattroparticolari casi studio, le autrici spiegano esaustivamente cause e caratteristiche del feno-meno, denunciano fallimenti di strategie largamente praticate quali le demolizioni e apro-no uno spiraglio su prospettive future.Bramley, Munro e Pawson nel testo Key Issues in Housing: Policies and Markets in 21st

Century Britain (Basingstoke, Palgrave Macmillan, 2004) affrontano la questione abitativanel Regno Unito, facendo particolare attenzione ai cambiamenti che hanno investito il set-tore a partire dal 1980. Gli autori toccano temi quali le politiche di privatizzazione e il pro-gressivo assottigliamento del settore pubblico, lo stock transfer e il ruolo crescente dellehousing associations, i mutamenti nel ruolo del governo e la centralità assunta recente-mente dal mercato. In particolare, il capitolo nono tratta delle questioni di rigenerazione egetta uno sguardo complessivo su politiche, pratiche e tendenze nazionali, facendo il puntonello specifico sulla questione dei quartieri pubblici.Restructuring Large Housing Estates in Europe a cura di van Kempen et al. (Bristol, PolicyPress, 2005) è il risultato di un programma di ricerca, finanziato dall’UE e portato avanti daun gruppo internazionale di ricercatori, sulla situazione presente e sulle prospettive futuredei grandi quartieri residenziali in Europa. L’originalità del libro rispetto alla maggior partedella letteratura esistente sul tema, consiste nell’avere preso in considerazione tutta Europa(dieci i paesi ospitanti i casi studio, distribuiti tra Europa centro-occidentale, meridionale eorientale) e nell’aver focalizzato il lavoro non solo sulle origini e sul declino dei quartieripubblici (per altro esaurientemente trattato) ma in particolare sulle esperienze (di teorie,politiche e pratiche) intraprese dai diversi paesi per la rinascita di tali quartieri.Sugli edifici a torre, Turkington, van Kempen e Wassenberg hanno curato nel 2004 un volu-me su High-rise housing in Europe: Current Trends and Future Prospects (Delft, UP). Più ingenerale, sul mai sopito determinismo ambientale: Coleman, A (1985) Utopia on Trial,London, Hilary Shipman. Infine, il confronto con i paesi dell’Europa meridionale e in parti-colare sui diversi sistemi di accesso alla casa è al centro dell’importante volume di Allen,Barlow, Leal, Maloutas e Padovani (2004), Housing and Welfare in Southern Europe, Oxford,Blackwell.

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Niddrie House, appena finito di costruire. Fonte: A Pictorial History Of Niddrie...EdinburghScotland (2003) (Online)Consultabile all’indirizzo: http://niddrie.tripod.com

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del quartiere (placed focused) versoapprocci più sociali focalizzati sugli abi-tanti e la comunità (people focused). Glisforzi di tali strategie erano principal-mente diretti verso questioni quali l’edu-cazione, la formazione professionale, lasalute e la sicurezza (vedi la SocialInclusion Strategy e gli obiettivi dellaCraigmillar Partnership). Per questo moti-vo oggi in Gran Bretagna (a differenzadell’Italia) sono diffuse e consolidatemisure di tipo sociale per risollevare lesorti dei quartieri in crisi.Negli ultimi anni, in Gran Bretagna, lapersistenza del fenomeno low-demand neiquartieri degradati ha portato verso l’af-fermazione di approcci nuovi, più radica-li, indirizzati verso la demolizione e rico-struzione degli edifici, per differenziarel’offerta edilizia e attrarre un flusso dipopolazione più abbiente. L’obiettivo ditale strategia focalizzata sul mercato abi-tativo è di creare una comunità bilanciatae integrata nonché un’economia piùsostenibile, in modo simile all’approcciointrapreso a Craigmillar da PARC. Alcontrario, nella situazione italiana, le casepopolari -pur isolate, degradate e stigma-tizzate- si localizzano in contesti diversi-ficati dal punto di vista della proprietàdel suolo e del tenore della popolazione.In questo caso, il mix non risolve neces-sariamente il problema, né tanto menoporta automaticamente alla formazionedi comunità coese. Al contrario, in Italia,sono numerosi gli esempi in cui gli edifi-ci di edilizia pubblica e i loro abitantisono facilmente stigmatizzati dai vicinipiù benestanti, e diventano i capri espia-tori per ogni problema. In sostanza, se lanuova strategia britannica può aver suc-cesso nel risollevare il profilo sociale diun’area (aumentando la percentuale diabitanti benestanti), i valori immobiliari ela vitalità degli esercizi commerciali, ciònon significa necessariamente che serviràa creare coesione sociale, o a migliorarele condizioni degli abitanti dell’ediliziapubblica rimasti (vedi il caso di Niddrie ela situazione delle poche case di proprietàcomunale rimaste). Come sottolineato in molte ricerche(come quella descritta in seguito di VanKempen), non è stata ancora dimostratauna corrispondenza tra la composizionesociale e fisica del contesto e le opportu-nità per gli abitanti di migliorare le pro-prie condizioni di vita.

cedure competitive (gare) che costituisco-no un’ulteriore barriera per il raggiungi-mento di progetti sostenibili nel tempo.Infine il sistema decentralizzato italiano,benché permetta una maggiore flessibilitàprobabilmente carente in quello britanni-co, contribuisce a connotare l’esperienzaitaliana come una sommatoria di singolicasi assolutamente specifici che faticanoa confrontarsi tra di loro e a riassumersiin un quadro nazionale.

Una riflessione sulle pratiche

Le pratiche italiane –come già detto-sono maggiormente focalizzate sull’aspet-to fisico del problema, come accadeva nelRegno Unito nelle iniziative degli anniottanta. Anche allora però la strategiabritannica più popolare (quasi inesistentetuttora in Italia) consisteva nella demoli-zione e ricostruzione. La popolarità di tale tradizione può esserespiegata facendo riferimento al contestoculturale ed ambientale in cui si colloca:nel Regno Unito tradizionalmente gli edi-fici multi-piano e a torre sono negativa-mente associati al settore dell’ediliziapubblica, pregiudizio accresciuto da teoriedeterministiche che vedevano negli ele-menti architettonici di tali edifici le ragio-ni di comportamenti sociali deviati; diqui la necessità di pratiche di differenzia-zione tipologica e riduzione di densità persuperare processi di stigmatizzazione,come è accaduto nelle prime fasi di inter-vento a Niddrie.Anche se neppure oggi l’impopolarità dicerte tipologie è stata completamentesuperata, verso la fine degli anni novantanel Regno Unito ci fu un netto cambia-mento di direzione: via dagli approccifisici focalizzati sull’edilizia e sugli spazi

a forte governo centrale) le politiche dirigenerazione vengono fatte tramite stra-tegie a livello nazionale: ad esempio, inScozia, nel 1999 troviamo la SocialInclusion Strategy che si pone comeobiettivo la riduzione di povertà e svan-taggio nei quartieri più critici tramite ladesignazione di organi locali, le SocialInclusion Partnerships, di cui laCraigmillar Partnership ne è un esempio. Tali strategie sono supportate da finan-ziamenti governativi costanti, nel casodelle Social Inclusion Partnership ilCommunity Regeneration Fund, allocatitramite un sistema di identificazione dellearee bisognose a livello nazionale, loScottish Index of Multiple Deprivation. Iltutto è coordinato da un organo gover-nativo specificamente incaricato per lequestioni abitative e di rigenerazione, chein Scozia è Communities Scotland. Con ladevolution, infatti, le politiche di rigene-razione e quelle abitative sono materiadei singoli governi nazionali: l’Inghilterrapresenta un sistema del tutto simile eparallelo a quello della Scozia. Questosistema è stato elaborato per implementa-re più facilmente programmi integrati,strategici e a lungo termine in rispostaalla critica delle iniziative isolate deglianni ottanta (Housing Action Areas) e aiprogrammi “competitivi” - a bando digara - dei primi anni novanta (SingleRegeneration Budget). Il sistema italianosembra a questo punto divergere estre-mamente: innanzitutto non esistono dellepolitiche di rigenerazione nazionali stra-tegiche, ma piuttosto una serie di pro-grammi, di cui solo i Contratti diQuartiere sono concepiti secondo i princi-pi integrati della rigenerazione. Inoltretali programmi sono finanziati con fondispeciali e specifici, assegnati tramite pro-

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Differenziazione tipologica: dove prima c’erano le torri sono state costruite case mono-famigliari.

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Un altro obiettivo non secondario delprogetto è quello di unire la logica ter-ritoriale “di quartiere” ad una strategiaurbana più ampia di ripensamentodella città intera secondo il modellodella città policentrica, lavorando sullespecificità locali per fare emergere unaserie di poli nella corona periferica inquanto luoghi portatori di identità pro-prie.

fronte della ricca stagione di program-mi promossi a livello europeo e nazio-nale (Urban, PRU, CdQ). Si decide chequesta struttura agisca per progetti(finanziati per la maggior parte grazieai programmi menzionati) su determi-nate aree in crisi del territorio torinese,le periferie, secondo una logica incre-mentale che faciliti lo sviluppo locale ela partecipazione attiva degli abitanti.

Buone pratiche inItaliadi C. F.

Come già sottolineato altrove, in Italiamanca una vera e propria politica dirigenerazione urbana a livello naziona-le. Tuttavia, alcuni programmi attivatia partire dagli anni ’90 hanno intro-dotto delle innovazioni al tradizionaleapproccio alla riqualificazione, soprat-tutto in termini di integrazione delleazioni e partecipazione di diversi attorial processo. Le amministrazioni localihanno reagito in maniera diversa eframmentata a questi stimoli e, inalcuni casi, in mancanza di direttivenazionali hanno tentato di sopperireall’inadeguatezza della macchinaamministrativa e alla natura contrat-tuale e sperimentale della programma-zione esistente con capacità e strumen-ti originali. Si può parlare in questicasi di buone pratiche che spessonascono come progetti pilota, sempreportati avanti da leadership forti, e cheseguono percorsi diversi verso la stabi-lizzazione. Ancora oggi molte questio-ni rimangono aperte ma sembra impor-tante, al di là delle specificità locali,sottolineare i punti di forza in unaprospettiva che auspica condivisione etrasmissibilità.

Comune di Torino, ProgettoSpeciale Periferie

Torino rappresenta nel panorama delleesperienze italiane forse il caso piùesemplare di come pur in mancanza diuna precisa politica nazionale, ma pro-prio grazie all’apertura e flessibilitàconcesse a regioni e comuni nel gestiree adattare localmente gli strumenti esi-stenti, la municipalità sia riuscita arispondere positivamente in termini diinnovazione istituzionale attraversol’esperienza del Progetto SpecialePeriferie (PSP).Il PSP nasce nel 1997 come progettosperimentale: l’obiettivo è di dotarel’amministrazione di una struttura (unufficio trasversale ai diversi settoricomunali) in grado di internalizzarecapacità e competenze che permettanodi lavorare sul territorio con politichedi rigenerazione urbana integrate, a

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Uno dei nuovi parcogiochi, sullo sfondo alloggi di Niddrie Marishal in mano alle housing associations

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urbana), sembra che il progetto abbiaperso la sua principale vocazione diessere una struttura trasversale e siadiventato qualcosa di più simile ad unsettore debole all’interno dell’ammini-strazione che, quindi, non funge più dapiattaforma per l’integrazione e ha piùlimitate influenze nella trasmissione diun modus operandi innovativo aglialtri dipartimenti. Con la nuova deno-minazione di settore anche l’intenzioneoriginaria di costituire una politica pertutta la città sembra affievolirsi e sem-bra venir meno quella idea del ricom-porsi delle azioni locali all’interno diuna visione policentrica della città, conuna conseguente minor influenza deisingoli progetti sul territorio, e unamaggior introversione che ne potrebbecompromettere il successo e la durabi-lità.

Comune di Roma, PeriferiaPartecipata

A Roma esistono noti esempi di grandiquartieri pubblici fortemente connotatidal disagio sociale, come il Corviale oTor Bella Monaca; tuttavia la prevalen-za della realtà delle periferie abusive(le borgate), ha fatto sì che gli obiettividi riqualificazione dell’amministrazioneromana si siano focalizzati principal-mente su aspetti fisici quale la realiz-

da una serie di contingenze politiche eprogrammatiche, dipendendo molto dafinanziamenti straordinari dal futuroincerto e da personalità forti che ogginon vi partecipano più (mi riferisco aidirigenti regionali e comunali chehanno contribuito alla nascita del PSP).Inoltre, nel passaggio da un’esperienzapilota (progetto speciale periferie) aorgano stabile (settore rigenerazione

Per raggiungere gli obiettivi di integra-zione caratteristici delle politiche dirigenerazione, il PSP lavora tramitegruppi intersettoriali che coinvolgonooperatori dei diversi settori comunali eche fanno da tramite tra l’amministra-zione e il territorio coniugando il lavo-ro in ufficio con quello sul campo.A livello locale il PSP si avvale distrumenti che incoraggiano la parteci-pazione responsabile degli abitanti e lamessa in rete degli attori presenti, gra-zie alla costituzione di tavoli sociali ela formazione di agenzie di sviluppolocale. Questi strumenti diventano fon-damentali nel tentativo di svincolarel’azione di rigenerazione dalla contin-genza del progetto e avviare processiautogestiti dagli attori locali e quindisostenibili nel tempo (particolarmenteriuscito il caso di Via Arquata). Nel suo percorso verso l’istituzionaliz-zazione il Progetto Speciale Periferiediventa nel 2001 Settore Periferie eoggi Settore Rigenerazione Urbana, marimangono ancora aperte alcune que-stioni critiche legate alla sua riproduci-bilità e stabilizzazione. Bisogna infatticonsiderare che il PSP nasce nella suafase sperimentale come “un’avventurapubblica” (per citare le parole dell’allo-ra assessore al Decentramento eIntegrazione Urbana Eleonora Artesio)in un particolare clima caratterizzato

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Il disegno degli spazi aperti: notare i rallentatori sulla strada e la recinzione degli spazi di pertinenza degli edifici.

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Periferie, lo Sviluppo Locale e il Lavorodà il via ad una serie di progetti epolitiche (legati a strumenti di pianifi-cazione complessa) che pongono alcentro il coinvolgimento degli abitanti,proponendosi quindi di integrare laprogettazione tecnica, caratteristicadell’intervento tradizionale sulle perife-rie, con l’accompagnamento sociale. Fra le iniziative dell’Assessorato, parti-colarmente rilevante è la stabilizzazio-ne dell’attività dell’Ufficio SpecialePartecipazione e Laboratori diQuartiere (USPEL) che dal 1996 al 2001(il medesimo periodo del PSP) avevaistituito in via sperimentale deiLaboratori Municipali di Quartiere eattivato percorsi di formazione sullaprogettazione partecipata per i dipen-denti comunali. L’USPEL viene riassor-bito dal 2001 nell’U.O. IV SviluppoLocale Ecocompatibile Partecipato delDipartimento XIX.Gli obiettivi della U.O. IV sono molte-plici, ma vale la pena sottolineareinnanzi tutto il tentativo di vincere laresistenza alla diffusione delle pratichepartecipative all’interno degli altri uffi-ci municipali, un problema che rimaneaperto ma che sembra aver riscontratoun segnale positivo con l’approvazionein Consiglio Comunale del“Regolamento della partecipazione deicittadini alle scelte di riqualificazioneurbana” (Del. n 57 del 2 marzo 2006).Inoltre la U.O. IV si propone comeponte tra le strutture amministrativecentrali e decentrate, riconoscendo imunicipi come spazi nodali per la par-tecipazione, anche a fronte delle diffi-coltà spesso insorte a causa dellediverse maggioranze politiche presentiai diversi livelli amministrativi.Infine sembra importante l’idea dicostruire nel territorio degli spazi didialogo permanente con i cittadini,idea già avanzata dall’USPEL e poiripresa con i Laboratori Territoriali.Questi costituiscono un importantestrumento di costruzione di progetticondivisi, per sopperire da un lato allelogiche concorsuali della strumentazio-ne attuale che spesso costringono atempistiche ridotte che male si adatta-no ai tempi lunghi della partecipazio-ne, e dall’altro alla carenza di finanzia-menti per la parte “immateriale” deiprocessi di rigenerazione.

numerosi gruppi di cittadini attivi, perla negoziazione attorno a temi come lequestioni ambientali, verso la finedegli anni ’90 l’amministrazione dicentro-sinistra decide di sviluppare unprogetto dal nome “PeriferiaPartecipata” che pensa il dialogo socia-le come pratica centrale e ordinaria peril governo del territorio, e che tenta diallargarne la portata a tutti gli abitanti,sia singoli che organizzati. È così chel’Assessorato alle Politiche per le

zazione di infrastrutture e servizi. Neglianni ’90, con l’attivazione dei pro-grammi Urban, anche a Roma vieneintrodotto l’approccio integrato allariqualificazione, ma l’esperienza nonrisulta molto incisiva, in particolare alivello della partecipazione: nella mag-gior parte dei casi i cittadini vengonocoinvolti solo nelle fasi avanzate dicantierizzazione delle opere. Grazie anche ad una tradizione diinterlocuzione tra le istituzioni e i

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Per saperne di più

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Urbanistica INFORMAZIONI

un’accademica esperta in politicheurbane e territoriali).Di seguito si riassumono le principaliazioni della Regione, a partire dallacreazione di nuovi strumenti di rigene-razione con il lancio nel 2006 deiProgrammi Integrati di Riqualificazionedelle Periferie (Pirp). Inoltre, la difficol-tà di coordinamento con gli strumentidi pianificazione urbanistica ordinariaviene affrontata dalla regione dandocentralità alla rigenerazione all’internodi diversi provvedimenti programmati-ci quali: il Documento Regionale diAssetto Generale (Drag) – Indirizzi, cri-teri e orientamenti per la formazionedei Piani Urbanistici Comunali, ilDocumento Programmatico del nuovoPiano paesaggistico, l’Asse prioritariodella nuova programmazione 2007-2013 dedicato alle città.Infine il passo più rilevante in terminidi costruzione delle politiche di rigene-razione è il DDL “Norme per la rigene-razione urbana” presentato lo scorsoAprile che costituisce un tentativo ori-ginale di definire un quadro normativosistematico al nuovo approccio allariqualificazione, riassumibile con le treparole chiave ricorrenti in tutte leazioni regionali in materia: integrazio-ne, partecipazione degli abitanti esostenibilità ambientale. Al di là dellaretorica di questi buzzwords fin tropposfruttati ultimamente, il DDL sembrapromettente perché promuove deglistrumenti di intervento, i “Programmiintegrati di rigenerazione urbana” chesi propongono come mezzi ordinari digoverno del territorio. Inoltre fonda-mentale è il ruolo assegnato ai Comunidi definire in un “Documento program-matico per la rigenerazione urbana”(parte dei PUG) gli ambiti territorialimarginali che necessitano di interventidi rigenerazione. Questi elementi sem-brano suggerire un passo in avantirispetto alle logiche frammentate, spe-ciali e competitive che hanno caratte-rizzato la stagione precedente.

* Dottoranda presso il Dipartimento di Studi Urbanidi Roma Tre.

limitata all’uso degli strumenti, e pocoabbia invece sedimentato in termini dipolitiche e pratiche, facendo piuttostoemergere una certa resistenza al cam-biamento delle strutture amministrativee di governance, sia a livello locale cheregionale. Inoltre in assenza di un qua-dro complessivo strategico è stata rile-vata una difficoltà di coordinamentotra gli strumenti di rigenerazione equelli urbanistici, e tra le iniziative diquartiere e la scala urbana (aspettorilevante se si considera la realtà delsud Italia, dove i quartieri degradatisono inseriti in città di per sé arretrateche necessitano di iniziative di svilup-po socio-economico).Negli ultimi anni sembra chel’Assessorato all’Assetto del Territorioabbia tentato di dare una risposta aqueste problematiche destinando allarigenerazione urbana un ruolo centralee trasversale all’interno delle nuovepolitiche territoriali regionali, attraver-so strumenti di diversa natura siastraordinari che ordinari. È opportunosottolineare come anche in questo casosia stata rilevante la contingenza poli-tica (il nuovo governo di sinistra inse-diatosi nel 2005 che ha voluto romperecon la tradizione precedente) e la pre-senza di attori chiave tra i decisori(l’assessore all’Assetto del Territorio è

Sembra inoltre interessante il tentativodi trasferimento e condivisione dell’e-sperienza, sia tramite la diffusione diinformazioni ad altre amministrazionilocali, che con il lavoro di cooperazio-ne con altre città europee all’internodel Programma europeo URBACT -“Partecipando”.

Regione Puglia, iniziative regionaliper la rigenerazione urbana

La regione Puglia ha seguito un per-corso interessante nel tentativo diadattare al contesto regionale le carat-teristiche innovative proprie della rige-nerazione urbana introdotte a livellonazionale principalmente grazie ai pro-grammi Urban e alle esperienze deiCdQ I.Con gli anni 2000 in Puglia si assiste adue principali movimenti in questosenso: da un lato viene lanciata laseconda tornata dei CdQ, come notogestita a livello regionale. Dall’altrolato si tenta di stabilizzare l’approcciointegrato e partecipato del programmaUrban con i fondi strutturali comunita-ri all’interno dell’asse “Città” delProgramma Operativo Regionale 2000-2006. Tuttavia, sembra che l’innovazioneportata da queste esperienze si sia

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Opera di demolizione a Craigmillar secondo la nuova strategia PARC

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Opinionie confronti

Questa prima stesura aveva peròlasciato irrisolti o creato molti proble-mi sia di tipo disciplinare e operativoin merito all’elaborazione dei piani, siain merito alla necessità e al valoredella autorizzazione paesaggistica e delparere delle Soprintendenze prima edopo l’approvazione dei piani (parereobbligatorio o meno, vincolante omeno), sia di tipo politico-istituzionalein merito al rapporto tra le competenzedello Stato e delle Regioni. Restavairrisolto in particolare, nell’elaborazio-ne dei piani paesaggistici, il tentativo(in base ad un accordo Stato-Regionidel 2001) di separare la tutela dei beni(da riservare allo Stato) dalla loro“valorizzazione” (da riservare alleRegioni). Parziali modifiche sono state inseritenel testo già nel 2006 (decreto Urbanin. 157) correggendo alcune norme. Traqueste- si è soppressa la ripartizione del ter-ritorio in “ambiti omogenei” (discipli-narmente incongrua), - è stato reintrodotto il parere “obbli-gatorio ma non vincolante” del soprin-tendente dopo l’approvazione delPiano Paesaggistico elaborato congiun-tamente a seguito di un accordo traStato e Regione, - il parere del soprintendente è rima-sto, invece, vincolante nel caso in cuila regione deleghi ai comuni il rilasciodelle autorizzazioni paesaggistiche(prescrizione eliminata nel 2008),- si è prescritta la “puntuale individua-zione” delle aree tutelate per legge (exlegge Galasso) e la determinazionedella loro ”specifica disciplina”, ma il

Codice del paesaggio, piani e progettiStefano Boato*

ritorio, di obbiettivi e priorità; tutto ciòanche se con una grande diversità trale varie esperienze regionali.Inoltre negli anni seguenti (dal 1986 al1991), respingendo vari ricorsi, in par-ticolare di alcune regioni, sono statericonosciute e sancite le grandi possi-bilità di prescrizione attiva della piani-ficazione paesaggistica: ripetute sen-tenze della Corte Costituzionale (inparticolare la n. 327 del 13.7.’90)hanno sancito la legittimità e la nononerosità per l’istituzione pubblica deilimiti e delle condizioni poste alla pro-prietà privata su amplissimi ambiti pergarantire un uso degli immobili e delterritorio non stravolgente le caratteri-stiche dei beni e compatibile con latutela dei valori paesaggistici (vincoli“ricognitivi”, che “riconoscono” cioél’esistenza di un valore, e non “additi-vi”, posti cioè per creare nuovi valori obeni previa acquisizione o esproprio).Con il Testo Unico del 1999 (DecretoMelandri n.490) si è cercato di fareordine e chiarezza nella legislazionerelativa ai Beni Culturali Paesaggisticie Ambientali ma non si sono sostan-zialmente innovati i contenuti. Alcuni anni dopo, nel 2004, la primaredazione del Codice dei Beni Culturalie Paesaggistici ( Decreto Urbani n. 42)si è posto invece l’obiettivo di rielabo-rare e approfondire la materia. Per quanto concerne il Paesaggio (parteIII^) il Codice per la prima volta haarticolato una serie di norme chehanno cercato di definire indirizzi,metodi, contenuti e procedure per l’ela-borazione e l’approvazione dei PianiPaesaggistici.

La “Legge per la tutela delle zone diparticolare interesse ambientale” (LeggeGalasso, n.431) nel 1985 ha creato unaprima grande “rivoluzione” culturale,disciplinare e operativa sottoponendo atutela paesaggistica (ai sensi della leggen. 1497 del 1939), senza bisogno disingoli specifici decreti, molte categoriedi aree di grande interesse per l’interopaese: territori costieri, contermini ailaghi, fiumi, montagne e ghiacciai,foreste e zone agrarie para-pubbliche,zone umide, vulcani, zone di interessearcheologico. La legge ha prescrittoinoltre che “le regioni sottopongono aspecifica normativa d’uso e di valoriz-zazione ambientale il relativo territoriomediante la redazione di piani paesisti-ci o di piani urbanistico territoriali conspecifica considerazione dei valori pae-sistici ed ambientali da approvarsientro il 31 dic.1986”. Un obbligo di pia-nificazione ancor più cogente è statoprescritto per le aree ed i beni soggettia decreti specifici (“fino all’adozionedei piani è vietata ogni modificazionedell’assetto del territorio nonché ogniopera edilizia”). La elaborazione dei piani che ne seguìin quasi tutte le regioni (ma alcunehanno trascinato per molti anni unadempimento poi risultato eluso nellasostanza) ha comportato un radicalerinnovamento di metodi e discipline(scienze dell’ambiente, della terra edella vegetazione, analisi storica delletrasformazioni, lettura del paesaggio,analisi multicriteri, ecc), di valori eindirizzi operativi (compatibilità nelbreve e sostenibilità nel lungo perio-do), di lettura e interpretazione del ter-

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vengono più chiaramente inseriti “gliulteriori immobili ed aree” individuatie sottoposti a tutela dai piani paesag-gistici, il che comporta una attentaricognizione sulle particolarità e speci-ficità di ogni diverso territorio regio-nale (art. 134).Tra i complessi di cose immobili daindividuare vengono finalmente inclusianche i centri e i nuclei storici cheancora nel decreto del 2006 eranorimasti esclusi (art. 136).

La Pianificazione paesaggistica

Si ribadisce che “lo Stato e le regioniassicurano che tutto il territorio siaadeguatamente conosciuto, salvaguar-dato, pianificato e gestito in ragionedei differenti valori … a tal fine leregioni sottopongono a specifica nor-mativa d’uso il territorio” e per laprima volta viene stabilito che, limita-tamente alle tre categorie di beni di cuisopra, “l’elaborazione dei PianiPaesaggistici avviene congiuntamentetra Ministero e Regioni”.Dopo aver confermato che i piani pae-saggistici, con riferimento a tutto ilterritorio regionale, “ne riconosconogli aspetti e i caratteri peculiari, non-ché le caratteristiche paesaggistiche, ene delimitano i relativi ambiti ... aciascun ambito si attribuiscono ade-guati obiettivi di qualità” da raggiun-gere, si riarticolano le direttive per lapianificazione: “Per ciascun ambito ipiani paesaggistici definiscono appositeprescrizioni e previsioni ordinate inparticolare: a) alla conservazione deglielementi costitutivi e delle morfologiedei beni paesaggistici… ; b) alla riqua-lificazione delle aree compromesse odegradate; c) alla salvaguardia dellecaratteristiche paesaggistiche degli altriambiti territoriali, assicurando, al con-tempo, il minor consumo del territorio;d) alla individuazione delle linee disviluppo urbanistico ed edilizio, infunzione della loro compatibilità con idiversi valori paesaggistici riconosciutie tutelati, con particolare attenzionealla salvaguardia dei paesaggi rurali edei siti inseriti nella lista del patrimo-nio mondiale dell’UNESCO” ( art. 135).Si notino in particolare il riferimentoal ‘minor consumo di territorio’ negli‘altri ambiti territoriali’ e la necessità

del paesaggio, definite in via esclusivadallo Stato, costituiscono un limiteall’esercizio delle funzioni regionali inmateria di governo e fruizione del ter-ritorio” (e viene abrogata la delega alleregioni per la individuazione e prote-zione delle bellezze naturali, che erastata conferita con il DPR n. 616 del1977).Si definisce una visione attiva e propo-sitiva della tutela: “La valorizzazionedel paesaggio concorre a promuoverelo sviluppo della cultura. A tal fine leAmministrazioni pubbliche promuovo-no e sostengono attività di conoscenza,informazione e formazione, riqualifica-zione e fruizione del paesaggio non-ché, ove possibile, la realizzazione dinuovi valori paesaggistici coerenti eintegrati. La valorizzazione è attuatanel rispetto delle esigenze di tutela …Lo Stato, le regioni, gli altri enti pub-blici territoriali … informano le loroattività ai principi di uso consapevoledel territorio e di salvaguardia dellecaratteristiche paesaggistiche e di rea-lizzazione di nuovi valori paesaggisticiintegrati e coerenti, rispondenti a crite-ri di qualità e sostenibilità” (art. 131).Relativamente alla cooperazione traamministrazioni pubbliche “IlMinistero e le regioni definiscono d’in-tesa le politiche per la conservazione ela valorizzazione del paesaggio tenen-do conto anche degli studi delle analisie delle proposte formulatidall’Osservatorio nazionale per la qua-lità del paesaggio, istituito con decretodel Ministro, nonché dagli Osservatoriistituiti in ogni regione. … Il Ministeroe le regioni cooperano altresì per ladefinizione di indirizzi e criteri riguar-danti l’attività di pianificazione territo-riale nonché la gestione dei conse-guenti interventi al fine di delle assi-curare la conservazione, il recupero ela valorizzazione degli aspetti e carat-teri del paesaggio … considerano anchefinalità di sviluppo territoriale sosteni-bile” (art. 133).Nella definizione dei Beni Paesaggisticioltre agli immobili e alle aree indivi-duati da singole “Dichiarazioni dinotevole interesse pubblico” (dellaRegione su proposta di Commissioniregionali o del Ministero su propostadel Soprintendente) e oltre alle “Areetutelate per legge” (ex legge Galasso),

piano può individuare aree nelle qualigli interventi non necessitano più del-l’autorizzazione paesaggistica ma solodella semplice verifica di conformitàalle norme del piano,- veniva posticipato di oltre due anni iltermine ( 1° maggio 2008) entro ilquale le Regioni dovevano adeguare ipiani paesaggistici (ex legge Galasso)alle nuove disposizioni. Alla data deldecreto solo la Regione Sardegnaaveva adottato il Piano Paesaggisticodel territorio della fascia costiera, mag-giormente sottoposto alla pressionedegli insediamenti turistici; pianoapprovato nel sett. 2006 (il piano delterritorio centrale è attualmente incorso di adozione).Successivamente, nel 2007, è statofinalmente ridefinito il rapporto tra lecompetenze istituzionali grazie ad unasentenza della Corte Costituzionale(n.367 del 7.11.07) che ha respinto tuttii ricorsi delle regioni contro lo stato eha ribadito che la tutela del paesaggioè “un valore primario ed assoluto erientra nella competenza esclusivadello stato” e dunque “precede e limitail governo del territorio”. E relativa-mente alla pianificazione e al governodel territorio una precedente sentenzadella Corte Costituzionale del 1996 (n.341) già recitava testualmente “il pae-saggio costituisce nel nostro sistemacostituzionale un valore etico cultura-le” (art. 9 della Costituzione: laRepubblica tutela il paesaggio e ilpatrimonio storico e artistico dellaNazione) “nella cui realizzazione sonoimpegnate tutte le pubbliche ammini-strazioni, e in primo luogo lo Stato e leRegioni, in un vincolo reciproco dicooperazione leale”.

La rielaborazione del codice delpaesaggio

Nel 2008, sulla base della recente sen-tenza e delle proposte di una commis-sione presieduta dal prof. Settis, il testodel Codice del Paesaggio (parte III^)viene rielaborato (Decreto Rutelli n.63del 26.3.08).Viene ridefinito il paesaggio comeespressione delle identità di un territo-rio derivata dall’azione di fattori natu-rali, umani e dalle loro interrelazioni.Viene sancito che “Le norme di tutela

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prescrizioni sono immediatamentecogenti e prevalenti sulle previsioni deipiani territoriali ed urbanistici”.Infine (art.145) viene ribadito l’impe-gno, sino ad ora disatteso, alla indivi-duazione, da parte del Ministero, dellelinee fondamentali dell’assetto del ter-ritorio nazionale per quanto riguardala tutela del paesaggio, con finalità diindirizzo della pianificazione (checostituisce compito di rilievo naziona-le) e che “Le previsioni dei piani pae-saggistici non sono derogabili da partedi piani, programmi e progetti nazio-nali o regionali di sviluppo economico,… stabiliscono norme di salvaguardiaapplicabili in attesa dell’adeguamentodegli strumenti urbanistici e sonoaltresì vincolanti per gli interventi set-toriali … I limiti alla proprietà derivan-ti dalle previsioni dei piani paesaggi-stici non sono oggetto di indennizzo”. Viene concessa una nuova proroga alleregioni (al 31 dicembre 2009) per laverifica di conformità e l’adeguamentoalle disposizioni di legge dei PianiPaesaggistici precedentemente redatti,e si prescrive che “le regioni e ilMinistero stipulano intese per discipli-nare lo svolgimento congiunto dellaverifica e dell’adeguamento dei pianipaesaggistici” (art. 156).

Alcuni problemi e responsabilità

Questa ultima stesura del Codice sem-bra aver finalmente decantato un testosufficientemente chiaro e definito perl’attività di PianificazionePaesaggistica e la redazione dei Piani. Sono molto belle le disquisizioni teori-che, filosofiche e letterarie sul paesag-gio (da Platone e Aristotele, passandoper Rousseau e Schelling, fino aGoethe e Schiller) ma siamo di frontead una grande sfida, più che culturale,disciplinare e operativa per la pianifi-cazione e progettazione della tutelaattiva in tutto il territorio nazionale.Vanno in particolare segnalati alcuniproblemi.Innanzitutto vi è una grande responsa-bilità per chi si troverà ad elaborare lenorme sapendo che, una volta appro-vate, i pareri delle Soprintendenzesaranno obbligatori ma non più vinco-lanti. Addirittura in alcune areepotranno non essere necessari e quin-

degradate e degli altri interventi divalorizzazione compatibili con le esi-genze della tutela;h) individuazione delle misure necessa-rie per il corretto inserimento, nel con-testo paesaggistico, degli interventi ditrasformazione del territorio, al fine direalizzare uno sviluppo sostenibile dellearee interessate;i) individuazione dei diversi ambiti edei relativi obiettivi di qualità.”Le regioni, il Ministero ed il Ministero

dell’ambiente e della tutela del territo-rio e del mare possono stipulare inteseper la definizione delle modalità di ela-borazione congiunta dei piani paesag-gistici (salvo quanto va comunque ela-borato congiuntamente, v. art 135). Però dopo l’approvazione del PianoPaesaggistico non solo il parere delsoprintendente è obbligatorio ma nonvincolante ma il piano può anche pre-vedere:a) la individuazione di aree soggette atutela per legge (ex Galasso), non inte-ressate da specifici procedimenti, nellequali la realizzazione di interventi puòavvenire previo semplice accertamentodella conformità degli interventi mede-simi alle previsioni del piano paesaggi-stico e dello strumento urbanisticocomunale adeguato;b) la individuazione delle aree grave-mente compromesse o degradate nellequali la realizzazione degli interventieffettivamente volti al recupero ed allariqualificazione non richiede il rilasciodell’autorizzazione.Il nuovo articolo 143 conferma e preci-sa una possibilità per preparare il pas-saggio alla attuazione del piano e allaprogettualità di azioni significative chedovrebbero trovare più facilmenteoccasioni di finanziamento: “il pianopaesaggistico può individuare anchelinee-guida prioritarie per progetti diconservazione, recupero, riqualificazio-ne, valorizzazione e gestione di areeregionali, indicandone gli strumenti diattuazione, comprese le misure incenti-vanti”.Il nuovo articolo inoltre prescrive che“dall’adozione del piano paesaggisticonon sono consentiti, sui beni paesaggi-stici, interventi in contrasto con le pre-scrizioni di tutela previste nel pianostesso” e conferma che “dalla approva-zione del piano le relative previsioni e

di individuare ‘linee di sviluppo urba-nistico ed edilizio compatibili’. Per gli immobili e le aree oggetto dinuove “Dichiarazione di notevole inte-resse pubblico” deve essere elaborataspecifica disciplina, relativa alle pre-scrizioni d’uso, che “costituisce parteintegrante del piano paesaggistico”(art. 140); tutte le preesistenti dichiara-zioni devono essere integrate con spe-cifica disciplina, qualora le regioni nonprovvedano alle integrazioni di lorocompetenza entro un anno ilMinistero provvede in via sostitutiva(art. 141 bis).

Il Piano paesaggistico

La nuova stesura del codice non cercapiù di definire le fasi di elaborazionedel piano, ne detta invece i contenutiminimi obbligatori (art. 143).“L’elaborazione del piano paesaggisticocomprende almeno:a) ricognizione del territorio oggetto dipianificazione, mediante l’analisi dellesue caratteristiche paesaggistiche,impresse dalla natura, dalla storia edalle loro interrelazioni;b) ricognizione degli immobili e dellearee dichiarati di notevole interessepubblico, loro delimitazione nonchédeterminazione delle specifiche prescri-zioni d’uso;c) ricognizione delle aree tutelate perlegge (ex Galasso), loro delimitazione …determinazione di prescrizioni d’usointese ad assicurare la conservazionedei caratteri distintivi e, compatibil-mente con essi, la valorizzazione;d) eventuale individuazione di ulterioriimmobili od aree, loro delimitazione erappresentazione …nonché determina-zione delle specifiche prescrizionid’uso;e) individuazione di eventuali, ulterioricontesti da sottoporre a specifiche misu-re di salvaguardia e di utilizzazione;f) analisi delle dinamiche di trasforma-zione del territorio ai fini dell’indivi-duazione dei fattori di rischio e deglielementi di vulnerabilità del paesaggio,nonché comparazione con gli altri attidi programmazione, di pianificazione edi difesa del suolo;g) individuazione degli interventi direcupero e riqualificazione delle areesignificativamente compromesse o

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avere una risposta positiva e non sielaborino piani inadeguati o, peggio,pericolosi occorre predisporre il primapossibile le condizioni operative indi-spensabili.Devono essere istituite al più presto lestrutture nazionali e regionali, in parti-colare gli Osservatori, con adeguataconsistenza e professionalità pluri-disciplinareAl più presto vengano individuate, daparte del Ministero dei BeniPaesaggistici “le linee fondamentalidell’assetto del territorio nazionale perquanto riguarda la tutela del paesag-gio” e venga predisposto, d’intesa conla conferenza Stato-regioni, “lo schemagenerale di convenzione con le regioniin cui vengono stabilite le metodologiee le procedure di ricognizione, anali-si,censimento e catalogazione degliimmobili e delle aree oggetto di tutela”(art. 156). Soprattutto il Ministero e leregioni cooperino effettivamente dasubito per la definizione degli “indiriz-zi e criteri riguardanti l’attività di pia-nificazione territoriale nonché lagestione dei conseguenti interventi”.Potrà essere molto utile che tra lediverse esperienze regionali si venganonei fatti formando ed evidenziando lesituazioni esemplari che potranno esse-re di stimolo e indirizzo ad altre inmaggior difficoltà.Da questo punto di vista occorre che leintese tra le regioni, il Ministero deiBeni Culturali e Paesaggistici ed ilMinistero dell’ambiente e della tuteladel territorio e del mare, per la defini-zione delle modalità di elaborazionecongiunta dei piani paesaggistici, nonsiano atti formali ma impegni e accor-di sostanziali sia nella definizione diindirizzi e contenuti, sia nella costitu-zione operativa di gruppi di lavoromulti-disciplinari che garantiscano lecompetenze e le conoscenze in gradodi costruire effettivamente il processodi piano che deve essere partecipato(art. 144 ) e valutato, con la compara-zione delle “ragionevoli alternative,nell’ambito della ValutazioneAmbientale Strategica (V.A.S.).

* Docente Progettazione e Pianificazione del Territorio IUAV

di non richiesti, limitandosi i Comuni averificare la semplice conformità degliinterventi alle norme di piano. A que-sto proposito sarà effettivamenteopportuno che il Piano subordini “l’en-trata in vigore delle eventuali disposi-zioni che consentono la realizzazionedi interventi senza autorizzazione pae-saggistica all’esito positivo di un perio-do di monitoraggio che verifichi l’ef-fettiva conformità alle previsioni delletrasformazioni del territorio realizzate”(art. 144.6).Questa situazione comporta una grandecapacità di articolare e diversificare leprescrizioni rispetto alle specificità nonsolo dei singoli beni ed aree, ma ancherispetto agli ambiti territoriali prece-dentemente delimitati.Non si tratta di elaborare semplicinorme di tutela passiva ma di indicarele compatibilità per azioni attive disalvaguardia, ripristino, riuso, riqualifi-cazione e valorizzazione. Nel far que-sto occorre fare sintesi degli aspettiambientali, fisico-funzionali, naturali-stici, storico-testimoniali, architettoni-ci, panoramici. La stessa elaborazionedelle prescrizioni per tutti i beni e learee, già precedentemente dichiarati dinotevole interesse pubblico, aiuterà aporre problemi disciplinari molto com-plessi e non solo in termini conservati-vi ma anche propositivi.Ma forse la maggior novità e difficoltàsarà quella di elaborare non solo speci-fici indirizzi e direttive non generici,ma anche prescrizioni quantitative equalitative per i diversi ambiti chesiano realmente in grado di dettare, aipiani territoriali settoriali e urbanisti-ci, le compatibilità per le linee di svi-luppo e i metodi e parametri per ridur-re effettivamente al minimo il consu-mo di suolo. Sarebbe anche opportuno non lasciarcadere la possibilità di “individuarelinee guida prioritarie per progetti …indicandone gli strumenti di azione ele misure incentivanti” per poteravviare prime esperienze pilota diattuazione dei piani, di tutela attivacon azioni esemplari anche per larealizzazione, ove possibile, “di nuovivalori paesaggistici integrati e coerenti,rispondenti a criteri di qualità e soste-nibilità”.Perché tutte queste aspettative possano

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INmigrati e centri storici minori

XS centri storici minori, terre di sviluppo (LaSapienza Università di Roma (centro di ricercaFOCUS e Master ACT), Monti & Taft) e URBITlanciano una call per la manifestazione d’inte-resse sul tema “migranti e centri storici mino-ri”.Si intende organizzare alla prossima manife-stazione di Urbanpromo, un incontro che vertasu alcune realtà abbastanza diffuse nel nostroPaese per mettere a confronto caratteristicheed esperienze di lavoro: la presenza di forticomponenti di migranti rispetto alla popolazio-ne autoctona nei territori dei centri storiciminori (borghi e relativa area vasta).Questo incontro fa seguito ai due precedentiattivati nelle manifestazioni di Urbanpromo2006 (immigrati e urbanistica) e 2007 (habitate immigrati). Quest’anno vorremmo affrontarepiù nel dettaglio le realtà dei centri storiciminori per due motivi:- il fenomeno si sta espandendo ed è necessa-

rio attivare politiche che contemperino unosviluppo positivo dei processi multiculturalie la promozione di azioni per il lavoro e laqualità della vita, nonché politiche condivi-se, non strettamente immobiliaristiche, voltea risolvere alcune sacche di degrado fisico

- esistono alcune peculiarità specifiche diquesto fenomeno nei centri storici rispettoalle manifestazioni più generali.

L’obiettivo dell’incontro è quello di cominciaread avviare una sorta di osservatorio, a livellonazionale e internazionale, in cui raccoglierecasi ed esperienze da discutere per far emerge-re i fermenti, positivi e negativi, che a livello dirivitalizzazione questi fenomeni comportano eper valutare possibili politiche integrate daattivare.

Si chiede di esternare la manifestazione diinteresse rispondendo alle indicazioni cheseguono e di inviarlo alla seguente mail:[email protected]

MMOODDUULLOO- soggetto interessato- territorio comunale o intercomunale

interessato- nproblematiche in atto- politiche e azioni attivate- politiche programmate

Info: [email protected]/focuswww.monti-taft.org [email protected]/arcorvieto

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nitiva (quelle pubbliche). Quanto pervalutare con i cittadini, le rappresentanzesociali e gli operatori locali, gli effetti inprospettiva che queste opere producono ele strategie che è opportuno adottare percoglierne le opportunità. Dando così con-tinuità a quella attività di regia, di gover-nance locale a cui, pur informalmente eprecariamente, i Pru avevano dato luogoe che forse è stato il contributo più dure-vole di quella esperienza all’innovazionedelle modalità di governo del territoriolocale. Perchè vale la pena ricordare che iPru e in generale le politiche per le peri-ferie hanno avuto come obiettivi di fondol’integrazione, territoriale ed economica, el’inclusione sociale. E per questo nonbastano i programmi urbanistici, maserve qualcuno che operi concretamentee con continuità per il coordinamentodelle politiche che concorrono a questiobiettivi. L’attivazione di pratiche parteci-pative avrebbe esattamente questo senso,di alimentare un forte presidio di governolocale, più radicato e più attento a racco-gliere domande sociali, ad orientare ecombinare meglio le risposte dell’ammi-nistrazione e in generale degli attori loca-li. Una regia appunto. Ma non sembrache l’amministrazione abbia le risorseculturali e finanziarie necessarie a mante-nere effettivamente questo impegno.L’altro aspetto della sostenibilità è rappre-sentato dal contenimento del consumo disuolo. La questione del consumo di suolova rivista alla luce di quello che sta acca-dendo, sia degli accordi chel’Amministrazione sta prendendo con glioperatori sotto la spinta dell’emergenzacasa, sia alla luce dei processi che nelladimensione europea e nazionale stanno

Considerazioni sul nuovo Piano di RomaRoberto Pallottini*

luogo cioè che garantisca un accessoadeguato alle informazioni sui progettidi trasformazione della città e alla cono-scenza della città stessa che ora, con ilrilevante apparato di analisi di cui èdotato il piano stesso, è disponibile piùche mai almeno per quello che riguardala dimensione fisica del territorio. Unluogo che realizzi una partecipazione“informata”; dove il gioco fra gli attoripossa avvenire con le necessarie garan-zie di rappresentanza e di diritto; dove sisvolga quella attività di monitoraggio edi valutazione, già prevista nel Piano diAzione Ambientale, approvato dalConsiglio nel 2001 e poi abbandonato,che possa dare conto degli effetti dellepolitiche e dei progetti dell’amministra-zione in tempi medio lunghi, così dasostenere una partecipazione consapevo-le e capace di visione strategica.Per i progetti urbani, sono state attivateprocedure partecipative interessanti perAcilia Madonnetta, Torrespaccata e laRomanina, centralità ancora lontane dal-l’attuazione, ma non per le altre centralitàin corso di progettazione definitiva e rea-lizzazione. È poi ancora precaria e occa-sionale la rete dei luoghi di partecipazio-ne locale che potrebbe essere rappresen-tata dai laboratori di quartiere. Per la piùvasta operazione di riqualificazione delleperiferie avviata nel 1994 con i 16 pro-grammi di riqualificazione e recuperourbano, questi mesi sono l’ultima occa-sione per attivare i laboratori e per mette-re in opera le procedure di partecipazio-ne. Non tanto per modificare le decisionigià prese sulle opere da realizzare, cheormai sono in corso di convenzionamen-to (quelle private) o di progettazione defi-

A distanza di cinque anni proviamo atornare su alcuni degli aspetti che l’InuLazio aveva sollevato con le proprieosservazioni guardando a quello che siè fatto, o non fatto.Le osservazioni che l’Inu Lazio fece alPRG adottato nel 2003 riguardavanoalmeno tre temi fondamentali: comeaumentare la sostenibilità del piano;come aumentare la fattibilità del piano,ovvero come restituire alla città la valo-rizzazione prodotta dalle trasformazioniimmobiliari; come aumentare la capacitàdel piano di perseguire l’obiettivo del-l’integrazione. A distanza di cinque anni,completato secondo le nuove regole l’iterdi approvazione del Piano, proviamo atornare su alcuni degli aspetti che l’Inuaveva sollevato con le proprie osserva-zioni. Guardando a quello che si è fatto,o non fatto, nel frattempo con le contro-deduzioni e nella conferenza di copiani-ficazione.Dicevamo nel 2003 come, per la sosteni-bilità, un passo importante fosse la deli-bera di approvazione del regolamentosulla partecipazione dello stesso anno.Rimangono le perplessità sulla praticabi-lità dei meccanismi previsti, che sembra-no farraginosi e poco adattabili alle dif-ferenti caratteristiche dei programmi del-l’amministrazione e in generale ad unapartecipazione come pratica costante,direi strutturale, delle politiche urbane.Non sembra in ogni caso che, anche conquesti limiti, la delibera sia divenuta finoad ora effettivamente operativa.Mancano soprattutto alcune componentiche definirei strutturali, decisive per daresolidità ed efficacia ai processi parteci-pativi: la casa o le case1 della città, un

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mento d’impatto sociale, la cui bozza èstata votata insieme all’adozione delPiano, sia pure rimandandone i contenu-ti ad un atto successivo. Le stesse attivitàdi progettazione partecipata dei Puacquistano un altro spessore se sostenuteda un documento di analisi e valutazio-ne degli impatti sociali delle trasforma-zioni urbanistiche. In più la bozza deldocumento d’impatto sociale impegnavacon chiarezza a progettare le centralitàinsieme al loro contesto, per dare unarisposta alla domanda degli abitanti giàinsediati. Esaltando così il loro ruolonella ricomposizione morfologica esociale della periferia diffusa.Infine va rilevato, ma questo non èimputabile al Piano, il problema deipiani di assetto dei tredici Parchi regio-nali che sono nel territorio del comunedi Roma e che sono ancora fermi all’a-dozione. E che rappresentano veri e pro-pri buchi neri nella pianificazione dellacittà e della sua rete ecologica. Non èaccettabile che una parte così rilevantedi territorio venga sottratta alla verificadi coerenza con l’insieme delle scelte ditrasformazione. Di problemi ce ne sonomolti, ma possono essere affrontati cor-rettamente soltanto avendo piani diassetto coerenti, operativi e pensatiinsieme ai territori urbani che li circon-dano.Sulla fattibilità del Piano sono stati fattiimportanti passi avanti rispetto a quantoemergeva al momento della sua adozio-ne. Esso resta, in assenza di una vera epropria pianificazione strategica, nonorientato su precise scelte di sviluppoeconomico, si presenta piuttosto come“cassetta degli attrezzi”. Il compito diidentificare la domanda insediativa difunzioni qualificate e in generale di tra-sformazione urbana rimane affidato alnegoziato interistituzionale (stato, entilocali, istituzioni pubbliche), agli opera-tori del mercato immobiliare o, nelmigliore (?) dei casi, agli urbanisti.Invece l’ultima versione delle Nta è netta-mente migliorativa per quello che riguar-da i meccanismi della perequazione, e inparticolare di recupero della valorizzazio-ne prodotta dal Piano, per finanziareinfrastrutture e i servizi pubblici. Tutte lepiù rilevanti valorizzazioni generate dalnuovo Piano vengono sottoposte a con-tributo straordinario di urbanizzazione,nella misura dei due terzi della valorizza-

attuazione rischia di peggiorare notevol-mente le cose da questo punto di vista.Perché il passaggio del territorio ruraleperiurbano verso un nuovo ruolo fun-zionale è costoso, ha bisogno di esseresostenuto da investimenti infrastrutturalie politiche attive e la sua associazionecon la riqualificazione/valorizzazionedella città periurbana, anche quandoconsuma suolo, potrebbe essere uno unacondizione progettuale e finanziaria fon-damentale. Potrebbe garantire una cor-retta combinazione di luoghi urbani,infrastrutture e paesaggio rurale (il pro-getto del limite), e pagare anche i costidelle politiche attive sostenendo le atti-vità e le aziende agricole multifunziona-li. Un Piano che non lascia spazio a que-sta combinazione, che fa largo uso dellostrumento del programma integrato manon lo prevede per mettere insieme cittàe campagna, che separa ancora unavolta la progettazione della città daquella del territorio agricolo, diventa unostacolo invece che un aiuto.L’estensione dello strumento del pro-gramma integrato (art.14 delle NTA) allearee della rete ecologica (art. 66 c.11),può però essere una grande opportunitàper rilanciare questa politica.Per l’emergenza casa, la concessione dinuova edificazione privata è usata comestrumento per avere alloggi sociali, comecontributi straordinari a carico deglioperatori immobiliari, mentre la stessaleva non la si utilizza per la riconversio-ne e qualificazione del territorio agrico-lo. Con il risultato, nel migliore dei casi,dell’abbandono (quando la natura siriprende da sola il territorio) e nel peg-giore dell’abusivismo strisciante, fatto dicambiamenti di destinazioni d’uso cheaumentano la, quella sì insostenibile,residenzialità diffusa.Riguardo alla sostenibilità del ProgettoUrbano (Pu), è positiva l’attenzione cheviene data, in modo esplicito, al sistemadegli spazi pubblici o d`uso pubblico. Inquesto modo si accentua il ruolo del Pu,che è lo strumento più potente di riorga-nizzazione urbana messo in campo dalnuovo piano, non solo nel portare fun-zioni eccellenti nelle nuove parti di città,ma anche qualità ai loro sistemi di rela-zione e quindi sostegno agli obiettivi dicoesione sociale e di sicurezza. E’ impor-tante l’aver confermato (art. 13 comma10c1) la necessità di redazione del docu-

coinvolgendo il territorio della diffusioneinsediativa e agricolo. Trattato soltanto intermini di quantità generiche, il conteni-mento ci porta molto lontano dagli obiet-tivi della sostenibilità. Se con quest’ulti-ma intendiamo riferirci alla qualità dell’e-cosistema urbano (biodiversità, integritàdel paesaggio) e alla equità sociale(accesso alle opportunità, qualità dellerelazioni, processi inclusivi), non tutto ilconsumo di suolo è insostenibile, anzi. Lecentralità, pur consumando una certaquantità di suolo, quando correttamentelocalizzate e progettate non ostacolano lafunzionalità della rete ecologica, nondistruggono paesaggio, possono anzicomprendere e finanziare interventi diriqualificazione ambientale; avvicinanoservizi e lavoro alle periferie che ne sonomeno dotate, riducendo tra l’altro lenecessità di spostamento, quindi il consu-mo di energia, e migliorando le relazionilocali. Aumentano dunque la sostenibili-tà. Il problema è che le centralità chesvolgono questo ruolo in misura rilevantesembrano stentare a decollare (Romanina,Torrespaccata, Acilia Madonnetta, PonteMammolo), mentre altre poco o per nien-te utili per questi obiettivi, vanno avanti(EUR Castellaccio, Magliana, Bufalotta).Altro discorso sono le ATO, in molti casidisperse e isolate, difficilmente in gradodi agire da fattori di ricomposizioneurbana.Poi c’è il tema delle aree rurali periurba-ne, dove la condizione di salvaguardiadel paesaggio non è data dai vincoli, madalla valorizzazione, dalle opportunità diformazione di nuove economie dovutaalla contiguità con il vasto bacino diutenti della città. Il Piano su questo temarimane ancora timido, soprattutto sullavicenda dei parchi agricoli, non coglieappieno le potenzialità di una maggioreintegrazione con le funzioni urbane.Avrebbe potuto anticipare nei contenutiquell’approccio, che si va ormai affer-mando a livello europeo, che vede il ter-ritorio rurale come un luogo multifun-zionale, a servizio di una domandasociale in forte crescita (cultura, socializ-zazione, assistenza alle persone, benesse-re psicofisico, consumi sostenibili) e pre-sidiato da attività economiche compati-bili con i valori del paesaggio. Per questatransizione veramente epocale del terri-torio agricolo verso la multifunzionalità,il nuovo PRG è inadeguato. La sua

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dalla chiusura del bando per le proposteprivate, ancora non è chiusa nemmenol’istruttoria preliminare. Con i tempi pre-vedibili sulla base dell’esperienza appenapassata, per la fase di negoziazione e leprocedure per arrivare al conveziona-mento, è probabile che siano necessariancora molti anni per arrivare allaattuazione vera e propria. Se ogni 10anni, ad essere ottimisti, si attueranno 5Print, l’attuazione completa si avrebbefra 163/5 * 10 = 326 anni. Il problemanon sta tanto nelle procedure quantonelle risorse umane chel’Amministrazione metterà in campo pergestire operazioni così complesse. Nonsembra al momento in programma que-sto potenziamento operativo. Il Pianoperde così molta credibilità e molta dellasua efficacia proprio negli obiettivi del-l’integrazione. Più in generale, il nuovoPRG è di lettura molto complessa, riccodi prescrizioni e indicazioni, di regoledettagliate, così come dettagliato è ildisegno, e allo stesso tempo lascia spazioalla negoziazione e chiede molto di piùalla progettazione attuativa. Perché pos-sano convivere positivamente regole eflessibilità, è necessaria più conoscenza epiù capacità di gestione, da entrambi ifronti, della pubblica amministrazione edegli operatori. Anche in questo casol’Amministrazione non sembra andarenella direzione giusta. Ha indebolito atal punto le strutture tecniche e ammini-strative interne, che hanno il compito digarantire il controllo e la capacità di ini-ziativa pubblica, da lasciar prevedereuna radicale riduzione di efficacia delPiano e delle sue potenzialità. Le criticità maggiori per Roma rimango-no nelle politiche urbane, incerte o maiattivate. Se il Piano sarà un facilitatoredelle politiche, anzi della governance,dell’attività integrazione sul territoriodelle politiche e di raccordo fra attori, lovedremo col tempo. Il Piano non potràmai surrogare alle politiche. Mi accon-tenterei che non le ostacolasse.

* Consulente Comune di Roma.

Note1. I municipi cominciano a prendere iniziative in questosenso. Il Municipio XI è l’unico ad averne già apertauna.

progetto della centralità. La centralitàandrebbe invece pensata come occasionedi riqualificazione del contesto, un po’come nei Pru dove le opere finanziatedalle proposte private sono per il conte-sto e non (soltanto) per la integrazionedelle stesse. Questa distinzione è molto rilevante sepensiamo al problema di come generarerisorse per migliorare la città esistente.Se non sfruttiamo la enorme rendita dif-ferenziale che le centralità producono,come troviamo le risorse se ci limitiamoa prelevarle dalle poche occasioni divalorizzazione presenti dentro i tessutida ristrutturare?L’obiettivo di facilitare l’integrazionedella città da ristrutturare con i tessutilimitrofi, pubblici e privati, o con i siste-mi ambientali, richiederebbe maggioreflessibilità nei perimetri dei Print, peresaltare il ruolo del progetto nella ricercadelle soluzioni migliori. Le norme preve-dono invece solo la possibilità di reperiregli standard pubblici all’esterno del peri-metro del Print, e solo quando risultiimpossibile reperirli all’interno, nonquindi per gli obiettivi di integrazioneterritoriale. La cosa è ben diversa. E’ pas-sata una visione del Print per la città daristrutturare come strumento ancoratutto rivolto all’interno del singolo inse-diamento e non come strumento di con-nessione fra insediamenti. Questo atteg-giamento ha effetti sull’atteggiamento dichi progetta i Print, sulla attenzione chedarà alla dimensione territoriale e al pro-blema delle relazioni, alla riaggregazionenecessaria a raggiungere soglie dimen-sionali più efficienti e maggiore qualitàin termini di complessità. Con il risultatodi favorire la soluzione delle carenzeinfrastrutturali nei termini un po’ ridutti-vi dell’autosufficienza. Per raggiungeregli obiettivi dell’integrazione l’attuazionedei Print, forse più delle centralità, è evi-dentemente fondamentale. Importanzaconfermata dalla larga diffusione di que-sto strumento attuativo nel nuovo Prg.Ne sono previsti ben 163. Ma qui sirischia l’affondamento del Piano in unadelle sue parti più qualificanti se non sicomprende che il problema maggiorenon sta nella sua approvazione, quantonella capacità di gestirlo da partedell’Amministrazione. Negli ultimi treanni, dei 163 Print, ne sono stati pro-mossi soltanto 5. E a più di un anno

zione stessa. Andrebbe però ripensato ilvincolo d’impiego di questo contributostraordinario alla sola realizzazione diopere pubbliche, almeno nei Pu, preve-dendo invece la possibilità di finanziareanche le altre politiche urbane (sostegnoall’economia locale, all’occupazione, pro-mozione di attività, contrasto del disagiosociale, animazione culturale…),Altrimenti, senza le risorse finanziarie deiPu stessi, si depotenzia decisamente lafattibilità delle politiche integrate chepure vengono previste dal documento diimpatto sociale. Sulla cessione compensa-tiva delle aree a destinazione pubblica,l’aumento stimato di carico urbanistico di400.000 mq è assolutamente irrilevantese confrontato con i benefici della loroacquisizione gratuita (soprattutto dopo larecente sentenza della C.C. che rende l’e-sproprio una strada impraticabile informa estensiva) e soprattutto degli effettiin termini di qualità urbana della mixitéfunzionale e pubblico-privata che derive-rebbe dall’avere funzioni private, comequelle previste in caso di intervento diret-to (piccole attività commerciali, serviziprivati, attrezzature collettive…) accantoai servizi pubblici. Purtroppo la suaapplicazione rimane confinata alle aree adestinazione pubblica interne ai Print equesto, come sostiene Campos Venuti,sarà un nodo da sciogliere al più presto.Ovviamente anche il premio, in terminidi potenzialità edificatorie raddoppiate,come nei Print, per chi aderisce alla ces-sione compensativa, è un incentivoessenziale ed è irrilevante per caricourbanistico. Oltretutto va a densificareladdove il suolo è già urbanizzato, esi-stono già servizi e dove se ne creano dinuovi. E’ positiva invece l’introduzionedi criteri oggettivi per la determinazionedei premi di SUL nei programmi integra-ti, così da rendere più trasparente lanegoziazione.La connessione del Progetto Urbano conil contesto è inserita nelle norme marimane vaga. Non si prevedono le moda-lità di finanziamento delle opere da rea-lizzare nel contesto, non c’è obbligato-rietà ma solamente la possibilità di iden-tificarle. Non si parla di compensazionelocale dell’impatto della centralità ma diintegrazione con il contesto locale, valea dire che quello che serve alla centralitàviene fatto, quello che manca nel conte-sto come tale non è di pertinenza del

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cambi di destinazione d’uso) sono ingran parte restituite al Comune, ossiaalla collettività, mediante la correspon-sione di oneri finanziari straordinari(contributo straordinario);- nella città intermedia (Città daristrutturare), le più vantaggiose previ-sioni urbanistiche del nuovo prg ven-gono restituite combinando la regola 1con la regola 2;- i comprensori urbanistici già compre-si nel vecchio prg e soppressi dalnuovo prg per ragioni di salvaguardiaambientale, vengono compensatimediante il trasferimento della lorocapacità edificatoria negli ambiti dicompensazione (compensazioni urbani-stiche);- le aree che nel nuovo prg sono vin-colate a destinazione pubblica, vengo-no compensate riconoscendo ai pro-prietari un diritto edificatorio commi-surato alla superficie dell’area in ces-sione, che viene trasferito negli ambitidi perequazione (acquisizione compen-sativa);- i tessuti più degradati della città esi-stente (la Città da ristrutturare e, inparte, la Città consolidata) vengonocompensati mediante incentivi urbani-stici (premi di cubatura) volti a favori-re interventi di sostituzione edilizia(incentivi per il rinnovo urbano), datrasferire negli ambiti di perequazione;i tessuti più degradati della città esi-stente vengono compensati mediantela promozione di programmi integraticon finalità di riqualificazione urbana,che utilizzano, in modo congiunto: gliincentivi per il rinnovo urbano (regola7), l’acquisizione compensativa (regola

Il sistema di perequazione nel nuovo Prg di RomaFabrizio Giordano*

fatto salvo il criterio di azzonamento edi ripartizione funzionale stabilitodalla legge urbanistica generale, ilnuovo prg ripartisce diritti e onerisecondo criteri di equità e uniformità.Conseguentemente, il Sistema di pere-quazione è volto a:ridistribuire i “vantaggi” generati dallenuove previsioni urbanistiche;compensare gli “svantaggi” generatidalle nuove previsioni urbanistiche;compensare anche gli “svantaggi”dovuti alla pregressa condizione didegrado dell’esistente.

Fattori e regole-guida

Per conseguire i suddetti obiettivi dellaperequazione, il Piano tiene quindiconto di tre fattori fondamentali:1) la disciplina urbanistica precedente(stato di diritto);2) le condizioni dell’edificazione esi-stente (stato di fatto);3) gli obiettivi urbanistici da perseguire(obiettivi)Dalla combinazione di questi fattori, èpossibile “estrarre” le sette regole-guida, tra loro intrecciate, che presie-dono alla declinazione operativa dellaperequazione urbanistica:- nei nuovi ambiti di trasformazione,l’edificabilità aggiuntiva prevista dalnuovo prg rispetto a quella attribuitadal precedente prg, viene in gran partemessa a disposizione del Comune, chela utilizza per finalità di interesse pub-blico (ambiti di perequazione);- nella città esistente (Città storica eCittà consolidata), le valorizzazionieconomiche generate dal nuovo PRG(attraverso l’edificabilità aggiuntiva o i

Il Prg di Roma, ormai in fase diapprovazione, si fonda sul principio dellaperequazione, pur non avendo il retroterradi una legislazione urbanistica regionaleinnovativa.Le procedure attuative consensuali econcorsuali si affidano alla legislazionegenerale sul procedimento amministrativo.Il nuovo PRG è in corso di approvazionepresso la Regione Lazio, con unprocedimento di co-pianificazione chesi concluderà nel mese di marzo del2008.Tra la delibera di adozione del marzo2003 e la prossima approvazione, ilPRG – soprattutto attraverso la delibe-ra di controdeduzione alle osservazionipervenute - si è arricchito di due nuoviimportanti capitoli relativi alla pere-quazione: alla perequazione urbanisti-ca si è aggiunta – integrandola – la“perequazione finanziaria”; la perequa-zione (prima limitata alla città dinuovo impianto) si è così estesa anchealla città esistente.In questo modo, la perequazione vieneeletta a vero e proprio “sistema”, com-piuto, coerente, e generalizzato; cometutti i sistemi, essa è pertanto dotata diprincipi, criteri e regole che ne fonda-no la struttura logica, ma anche di isti-tuti operativi e strumenti di attuazioneche ne declinano l’applicazione opera-tiva. Il tutto è preordinato al consegui-mento degli obiettivi principali delPiano: la tutela ambientale, la riquali-ficazione urbana, le dotazioni territo-riali.

Principi e obiettivi

II principio può essere così definito:

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L’esperienza di Roma è quindi emble-matica dell’innovazione urbanisticapraticata in assenza di un nuovo qua-dro legislativo.È auspicabile però che la legislazioneurbanistica e/o civilistica – statale eregionale – si adegui rapidamente allefinalità ed alle esigenze espresse, pre-vedendo e disciplinando appositi edintegrati istituti di perequazione, che –come è evidente – incidono sullo sta-tuto della proprietà immobiliare.

* Presidente Inu Lazio.

Comune o dal Municipio competenteper territorio;definisce preliminarmente gli obiettiviurbanistici da perseguire, gli istitutiperequativi che intende applicare,l’ambito territoriale di intervento;viene promosso mediante sollecitazionedi evidenza pubblica con modalitàconcorsuali, attraverso bandi o avvisipubblici, che fissano i tempi per l’ade-sione da parte dei soggetti interessati;raccoglie, valuta e definisce, anche conmetodo negoziale, le adesioni e le pro-poste di intervento attivate;prevede, in via subordinata, il ricorso aistituti e provvedimenti autoritativi, incaso di mancata adesione alla solleci-tazione pubblica, per conseguire, anchegradualmente, gli obiettivi prefissati.Attraverso questa procedura, gli istitutiperequativi prima elencati, pur nonavendo una espressa copertura legisla-tiva, né statale né regionale, vengono“incardinati” nei principi e nelle normedell’ordinamento vigente.

I caratteri del sistema diperequazione

Per quanto in sintesi illustrato, il siste-ma di perequazione del nuovo prg:è un sistema unitario, organico e gene-ralizzato;non incide sui diritti urbanistici pre-gressi;richiede oneri straordinari solo per lenuove e maggiori previsioni urbanisti-che;non incide sul dimensionamento delpiano;si attua mediante procedimento con-sensuale, di evidenza pubblica e acarattere concorsuale;si incardina nell’ordinamento vigente,pur non godendo di una espressacopertura legislativa.La solidità di questo impianto normati-vo risiede quindi nello sviluppo traspa-rente del principio di equità, nella con-divisione degli obiettivi pubblici e nellemodalità consensuali di attuazione.Su questi presupposti, già in fase diregime di salvaguardia tra l’adozione el’approvazione del prg, diversi ambitidi compensazione e programmi inte-grati sono stati avviati all’attuazionecon le procedure dell’accordo di pro-gramma.

5) per il reperimento degli standardurbanistici, il contributo straordinario(regola 2) per finanziare la realizzazio-ne delle opere e dei servizi pubblicimancanti.

Gli istituti di perequazione

Dalle regole sopra enunciate, si desu-mono quindi i cinque istituti operativimediante i quali la perequazione èconcretamente declinata nel nuovo prgdi Roma:gli ambiti di perequazione;il contributo straordinario;le compensazioni urbanistiche;gli incentivi per il rinnovo urbano;l’acquisizione compensativa.Occorre notare che tali istituti nonsono previsti dalla legislazione urbani-stica nazionale né, tanto meno, dallalegge urbanistica regionale del Lazio.

Procedura e strumenti di attuazione

Per l’applicazione sulla città esistentedegli istituti operativi di perequazione,il nuovo prg si avvale di uno strumen-to privilegiato che è il ProgrammaIntegrato (PRINT).Nell’ambito della città esistente occor-re, infatti, coordinare diversi interventipubblici e privati, che richiedono l’in-tervento di una pluralità di soggettiprivati; per ricondurre questi interventiin un programma operativo unitario, ilProgramma Integrato utilizza congiun-tamente, e combina tra loro, diversiistituti di perequazione.Il PRINT si definisce e si attua con unaprocedura mista: una prima fase, ditipo “consensuale”, fondata sui principie sulle modalità della “partecipazioneal procedimento amministrativo”, san-citi dalla legge 241/1990; una secondafase, da attivare in caso di fallimentoparziale o totale della prima, di tipo“autoritativo”, con il ricorso cioè agliistituti e provvedimenti coercitivi pre-visti dall’ordinamento (PianoParticolareggiato di iniziativa pubblica,comparto edificatorio, esproprio perpubblica utilità, Piani di Zona, Societàdi Trasformazione Urbana), utilizzati ecombinati in funzione delle specifichefinalità perseguite.In particolare, il PRINT:è deciso per iniziativa pubblica, dal

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re un ordine di priorità. Nell’ambito ditale ordine sono da ritenere comunqueprioritari i lavori di manutenzione, direcupero del patrimonio esistente, dicompletamento dei lavori già iniziati,ecc…”.La differenza rispetto al passato consi-ste nella soppressione della formula-zione dell’ordine di precedenza fondatosulle categorie di opere. Superfluo sot-tolineare quanto complesso e comun-que inefficace fosse operare, sia in faseprogrammatoria che gestionale, nell’ar-ticolazione di un doppio parametro.Una priorità assoluta, non più vincola-ta al rispetto dell’ordine per Categorie,è stata sicuramente una rettificaopportuna. In dettaglio vediamo ibenefici:Semplificazione nella elaborazione delProgramma;Agevolazione nella gestione/attuazionedel Programma;Tuttavia non basta.La novità più rilevante introdotta dallaLegge 166/2002 interessa proprio laprogrammazione. Essa risiede nella dif-ferenziazione che viene ora ad instau-rarsi tra le opre di importo inferiore esuperiore al milione di euro(euro1.000.000,00).Il Programma deve essere redatto nelrispetto dei documenti di programma-zione generale adottati dall’Ente, nelrispetto della normativa urbanistica.Il comma 2° dell’art. 14 della Merloni –ter, oggi art. 128 del D.Lgs.n.163/2006, indica le tre fasi del pro-cesso di formazione del Programma:a. quantificazione dei Bisogni cheimplica una analisi di tipo tecnico-

Fasi operative e contabili della programmazioneOpere PubblichePatrizio Belli*

presente legge di singolo importosuperiore a 100.000,00 euro si svolgesulla base di un programma triennale edi suoi aggiornamenti annuali”.La novità, è evidente, consiste nellaintroduzione di una soglia spartiacqueche consente la non menzione, nelProgramma Triennale, delle opere il cuiimporto complessivo non superi euro100.000,00.L’intervento normativo sembra taratosoprattutto su enti di notevoli dimen-sioni, la cui movimentazione finanzia-ria in conto capitale è tale da rendererilevanti ai fini della programmazionesolo gli investimenti che superano lasoglia definita.In merito si potrebbe osservare che pergrandi enti la nuova norma consentedi alleggerire il documento di pro-grammazione degli investimenti, consi-derando che le azioni significative, siasotto il profilo finanziario che sotto ilprofilo delle scelte politiche, sono con-tenuti in singoli importi maggiori allasoglia dei euro100.000,00.Diverse considerazioni si impongono inrelazione ad enti di minori dimensioniche non sono pochi, per i quali l’elen-co annuale ed il programma triennalepotrebbero ridursi in modo drastico.L’ulteriore novità introdotta dallaLegge 166/2002 investe il tanto pro-blematico ordine di priorità.È stato modificato l’art. 14 comma 3della Legge 109/1994, oggi art. 128 delDlgs 16372006, che interessa propriola pianificazione temporale degli inve-stimenti.La nuova versione riporta infatti che“il programma triennale deve prevede-

Il Decreto del Ministero dei LavoriPubblici del 21.06.2000 ha dato corsoalla piena applicazione della L 109/94detta Legge Merloni – Ter, oggi con-fluita nel Dlgs 163/2006.Obiettivo del legislatore, con la Legge109 e di seguito con il Decreto mini-steriale, sembra essere stato quello diattribuire alla programmazione unruolo cardine nel sistema delle OperePubbliche.Il Programma dei Lavori Pubblici èrimasto a lungo ancorato ad una disci-plina che ha consentito di farne il cosìdetto libro dei sogni, non legato adalcun provvedimento specifico, trovavacollocazione solamente negli stanzia-menti del Bilancio di Previsione.Il Titolo II della spesa presentava infat-ti caratteristiche spesso abnormi, seposto in relazione agli altri aggregatidi bilancio. Mancava una vera pro-grammazione triennale.Pertanto si può ragionevolmente affer-mare che obiettivo della Legge 109 èstato passare dal così detto libro deisogni ad una programmazione che sia:1. idonea e funzionale a modificare larealtà del proprio territorio secondo unprogetto omogeneo;2. attuabile nella sua realizzazione pra-tica, perché supportata da tutte lerisorse di cui necessita.La Legge 166/2002 ha introdotto alcu-ne rilevanti novità al complessivoimpianto della legge Merloni.Una prima significativa modifica risie-de nella formulazione della premessadell’art. 14 della L. n. 109/94, oggi art.128 del Dlgs 163/2006, dove “l’attivitàdi realizzazione dei lavori di cui alla

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ricorso a mutui, ad emissioni obbliga-zionarie, a linee di credito;- valutare ed eventualmente iniziare adallocare nel bilancio pluriennale,dando opportuna copertura finanziaria,tutte le spese di gestione delle opereprogrammate.Tutto questo evidenzia quanto stretta-mente correlate siano la programma-zione delle opere pubbliche con la con-servazione degli equilibri e la sosteni-bilità complessiva di bilancio.Inoltre evidenzia la doppia ricadutadelle scelte operate in sede di program-ma degli investimenti, poiché oltre alleobbligatorie iscrizioni di previsionidelle poste di entrata e di spesa nellasezione in Conto Capitale del bilancio,sarà necessario presidiare le conse-guenze generate sulla spesa correnteper sostenibilità delle rate di ammorta-mento e sostenibilità dei costi digestione dell’immobilizzazione realiz-zata. Le spese correnti sono finanziatecon entrate correnti le cui dinamichedunque vanno ad incidere anche sullescelte operate in sede di programma-zione delle opere.

*Funzionario della Amministrazione Provinciale diRoma.

politico;b. studio di Fattibilità che definiscecomponenti tecniche, finanziarie egestionali;c. grado di Priorità che alimental’Elenco Annuale.Un Opera che supera le prime due fasidi studio di carattere socio – ambienta-le dimostra di essere lo strumento ido-neo a soddisfare reali esigenze dellacittadinanza.Lo Studio di Fattibilità investe le carat-teristiche tecniche, economico – finan-ziarie e gestionali, avendo riguardo acomponenti storico – artistiche, archi-tettoniche, paesaggistiche, etc..La costruzione del programma delleopere pubbliche presenta infatti unavarietà di componenti e relative pro-blematiche in sede di connessione conla programmazione finanziaria.Occorre non separare il processo dicostruzione del bilancio, dalle decisioniin materia di opere pubbliche.Ciò in ragione di due rilevanti riflessicon caratteristiche normative e operati-ve.Le decisioni in tema di investimentidevono nascere complete dei riflessieconomici poiché gli impatti sull’equi-librio di bilancio sono pesanti e dure-voli.Il responsabile del servizio finanziarioè “custode” anche delle disponibilità diparte corrente, che possono essereerose dall’indebitamento generato dallarealizzazione di Opere mediante assun-zione di indebitamento.Un irrigidimento della parte correntedel Bilancio non è mai desiderabile,indipendentemente dal limite all’inde-bitamento, per altro ridotto dal 25% al12% della complessiva quota interessiin rapporto con le entrate correntiaccertate nell’ultimo rendiconto, postidal legislatore e dai vincoli oramai sta-bilmente posti dal Patto di Stabilità.Più specificamente, oltre alla evidentenecessità della individuazione di appo-site fonti di finanziamento per ognunadelle opere inserite nell’elenco annualee nel programma annuale, occorreràvalutare:- la quantificazione e l’allocazionecontabile negli esercizi successivi aquello di accensione della fonte difinanziamento, delle spese per l’am-mortamento del debito generato dal

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Paesaggidella montagna umbraA cura di Sandra Camicia

Nell’ambito del Progetto europeo LOTO(Landscape opportunities for territorialorganization), la Regione Umbria cogliel’opportunità per approfondire ed indi-viduare indirizzi di metodo e strumentioperativi attraverso cui governare letrasformazioni paesaggistiche, al fine digarantire la conservazione e valorizza-zione dei caratteri identitari più rilevan-ti del territorio.Particolarmente curato l’apparato ico-nografico di questo volume nel qualeemerge il percorso tracciato dalle foto-grafie “monumento” di Guido Guidi.

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titolo tra i contenuti pubblici della rego-lazione urbanistica e dunque rende possi-bile la variazione di destinazione d’uso diaree precedentemente destinate ad altrefinalità collettive, nel rispetto comunquedei limiti quantitativi minimi fissati dalDm 1444/68.La nuova destinazione urbanistica siassocia a specifiche modalità di gestioneattuative. Le aree destinate a ediliziasociale sono regolate dal principio pere-quativo, introdotto dalla recente legge diriforma regionale Lr 20/2001: a tutti iproprietari, senza differenze, viene attri-buito un medesimo indice edificatorio,così come i costi necessari alla produzio-ne delle parti pubbliche e private devonoessere equamente distribuiti tra tutti i pri-vati interessati. Il secondo caso non prevede invece inter-venti su aree destinate alla collettività,ma ipotizza processi di densificazione inaree già destinate dai piani urbanisticialla destinazione residenziale. La volume-tria dell’edilizia residenziale sociale è inquesto caso premiale rispetto all’edifica-bilità già attribuita e permette di svilup-pare i contenuti della città pubblica inmodo organico allo sviluppo immobiliareprivato già previsto dagli strumenti urba-nistici vigenti. Il rapporto con la disciplina urbanistica ècruciale in entrambe le modalità. La legge12/2008 richiede agli enti locali partico-lare attenzione alla qualità urbanistica eambientale degli interventi imponendo alterzo comma la “valutazione della soste-nibilità del maggiore carico insediativo edella compatibilità con i caratteri cultura-li, ambientali e paesaggistici dei luoghi”.D’altro canto, il legislatore ha tenuto in

La Lr 12/2008 della PugliaEzio Micelli*

che consentono il recupero della solarisorsa suolo destinata all’attuazione diprogrammi abitativi, oppure l’acquisizio-ne di beni immobili finiti da destinare aisoggetti socialmente meritevoli. Il secon-do comma fissa opportune misure di pro-grammazione per simili interventi: icomuni attuano gli interventi previstidalla Lr 12/2008 previa valutazione delfabbisogno di edilizia residenziale sociale.In particolare, per i comuni a elevata ten-sione abitativa – recita il comma 2 –“tale valutazione è obbligatoria e deveessere trasmessa alla Regione entro 180giorni dalla data di entrata in vigore dellapresente legge”. Lo sviluppo di progetti diedilizia residenziale sociale, in altri termi-ni, non può costituire la giustificazioneper l’attribuzione arbitraria di volumetriaa suoli altrimenti destinati a funzioni col-lettivamente più utili.Se i primi due commi si limitano a fissareopportuni quanto generali principi diazione, il terzo specifica le modalità diintervento a disposizione delle ammini-strazioni locali. Per dare soddisfazione alfabbisogno di edilizia residenziale socialei comuni possono prevedere l’utilizzazio-ne di due tipologie di aree: le aree desti-nate a servizi eccedenti rispetto alla dota-zione minima inderogabile di legge “asse-gnando a essi una previsione edificatoriasecondo il metodo della perequazioneurbanistica”; gli ambiti a prevalentedestinazione residenziale permettendo“un surplus di capacità edificatoria”.L’edilizia residenziale sociale è parte dellacittà pubblica: il legislatore pugliese assu-me a fondamento della prima ipotesi diazione il principio secondo cui l’interven-to nel settore della casa rientra a pieno

La Lr 12/2008 - un solo articolo di seicommi - traccia le nuove linee guida peril rilancio delle politiche abitative nellaRegione Puglia. La parsimonia del legis-latore non deve essere confusa con lacapacità di delineare un quadro sostan-zialmente organico del percorso che pro-cede dall’acquisizione delle aree fino allosviluppo e alla gestione dell’offerta resi-denziale a contenuto sociale, integrandogli aspetti urbanistici del processo conquelli legati alla produzione edilizia e allagestione del patrimonio. In questo modola Regione Puglia sviluppa lo spunto dellegislatore nazionale che nella Leggefinanziaria aveva introdotto due commi –il 258 e il 259 – di rilievo per le Regioniinteressate a norme più efficaci sul temadell’edilizia residenziale pubblica. Se iprimi due commi della legge pugliese sta-biliscono i principi generali dell’azionedelle amministrazioni locali, i seguentipermettono di collocare le politiche abita-tive nel quadro più ampio delle scelte dipianificazione urbana. La parte conclusi-va della legge si concentra infine sugliaspetti economici e gestionali delle nuovesoluzioni prospettate alle amministrazionilocali. In attuazione ai due commi dellaLegge finanziaria 244/2007, i comunipugliesi possono definire ambiti la cuitrasformazione è subordinata alla cessio-ne gratuita da parte dei proprietari diaree o immobili da destinare a ediliziaresidenziale sociale, in aggiunta alla stan-dard minimi di legge - il riferimento è alDm 1444/68 - per le attività collettive, ilverde pubblico e i parcheggi. Sulla basedelle norme nazionali il legislatore regio-nale pugliese consente dunque ai comunidi attivare meccanismi di partenariato

Creditie debiti urbanistici

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di vendita. La seconda possibilità è desti-nata a essere quella massimamente prefe-rita: la redditività della locazione non puòessere confrontata con quella della loca-zione con futura vendita che comunque,anche in presenza di valori convenzionati,assicura benefici nettamente superiori.L’assenza di operatori dedicati alla loca-zione sociale - nel nostro Paese limitati apionieristici soggetti promossi dalleFondazioni bancarie e da poche altre ini-ziative analoghe - rende difficilmente cre-dibile l’espansione del segmento dellalocazione sociale permanente, per quantotale segmento si riveli cruciale soprattuttonelle grandi aree urbane.Si noti che i costi sostenuti per la realiz-zazione del 10% in favore del patrimonioimmobiliare pubblico vengono scaricatisulle unità immobiliari destinate al mer-cato locativo: si tratta di un costo soste-nibile nell’ambito di un intervento checomunque non deve tenere conto delcosto del fattore suolo e che quindi godedi un vantaggio analogo a quello dei tra-dizionali piani di edilizia economica epopolare. Più in generale, il testo di leggedovrebbe essere considerato dalla ammi-nistrazioni comunali come una base perpredisporre meccanismi competitivi i cuiobiettivi devono essere declinati in fun-zione delle priorità dell’ente locale.Comuni interessati a promuovere politi-che innovative centrate sul segmento del-l’affitto mediante soggetti direttamentecontrollati possono assumere la variabileobiettivo della percentuale destinata alpatrimonio comunale. Al contrario,amministrazioni interessate a favorirel’accesso alla locazione - ed eventual-mente alla proprietà, nel medio periodo -possono attuare gare in cui la variabilesu cui competono gli operatori è quelladello sconto rispetto al valore di mercatodella quota di affitto con promessa divendita. La lettura delle molteplici opzio-ni che la Lr 12/2008 offre alle ammini-strazioni comunali trova in questo pas-saggio ulteriore conferma. Le scelte deicomuni saranno utili a testare la robu-stezza delle diverse opzioni di una leggeche conferma - pur con qualche incertez-za - spunti di interesse che superano lar-gamente i confini locali e si candidano asuggerire iniziative analoghe in altreregioni del Paese.

* IUAV, Venezia.

interventi ammessi dalla legge 12/2008. Iproprietari degli immobili ai quali siaaffidata la realizzazione degli interventidi edilizia residenziale sociale devonoimpegnarsi, sulla base di apposita con-venzione, a “cedere gratuitamente alcomune una quota minima del 10 percento degli alloggi realizzati grazie alsurplus di capacità edificatoria” e a“garantire preferibilmente l’affitto o l’af-fitto con patto di futura vendita deirestanti alloggi di edilizia residenzialesociale” a soggetti selezionati sulla basedelle graduatorie comunali.Due aspetti meritano di essere considerati.Il primo è di carattere giuridico e riguar-da una contraddizione tra il primo e ilsesto comma. Se il primo comma indicala possibilità di una semplice contribuzio-ne fondiaria – al comune si cedono areein aggiunta agli standard previsti perlegge – il sesto comma sembra contraddi-re una simile possibilità. Più precisamen-te, sembra considerare come unico inter-locutore degli interventi oggetto delladisciplina la categoria dei proprietari chesi trasformano in sviluppatori degli inter-venti e che dunque possono impegnarsi acedere quota delle unità immobiliari rea-lizzate nelle forme stabilite dal legislatoreregionale.Inoltre, è utile considerare come il legisla-tore pugliese abbia stabilito una sogliadimensionale minima per gli interventiammissibili: nell’impossibilità di ricorrerea forme di monetizzazione, ai privatispetta il compito di realizzare interventidi almeno dieci unità immobiliari com-plessive per rispondere correttamente alvincolo posto dal sesto comma configu-rando in questo modo una soglia dimen-sionale minima dei programmi promossiai sensi della nuova legge regionale. Dinuovo, la contribuzione in termini di solacessione di aree, ipotizzata al primacomma, non trova gli stessi riferimentiquantitativi minimi la cui utilità è evi-dente nell’ambito di simili processi ammi-nistrativi.E’ infine utile considerare le condizionieconomiche della partnership che la legge12/2008 propone agli operatori privati.Ad essi viene richiesto un contributo parial 10% dell’edificazione realizzata, mentrele restanti unità devono essere esseredestinate - sempre con valori calmieratirispetto al mercato - al segmento dell’af-fitto e a quello dell’affitto con promessa

conto che interventi di carattere urgentequanto socialmente rilevante debbanodisporre di iter speditivi: il comma 5 pre-vede a questo riguardo che per l’approva-zione delle varianti agli strumenti urbani-stici si applica il procedimento semplifi-cato previsto dalla legge urbanisticaregionale. I commi 4 e 6 della legge fissano i riferi-menti gestionali per l’attuazione degliinterventi. Il quarto comma stabilisce chele iniziative previste dal comma 3 posso-no essere realizzate da operatori pubblicie privati “secondo criteri di concorrenzia-lità e trasparenza”. In ragione delle inno-vazioni introdotte dalla legge di riformaurbanistica, che articola la pianificazionein piano strutturale e operativo in modoanalogo ad altre leggi regionali, le possi-bilità di interpretazione del comma con-sentono di individuare una competizionea monte e a valle del processo attuativodegli interventi. Prima del processo dipianificazione operativa, la competizionepuò avere luogo in sede di elaborazionedei contenuti del piano urbanistico – equindi nella fase di conformazione deidiritti edificatori – mediante specificibandi pubblici. La gara, in tali casi,riguarda le aree incluse nei piani dicarattere strutturale suscettibili di accede-re alla successiva fase di pianificazione.Esperienze simili sono allo studio anchein altre regioni del Paese nell’ipotesi chemeccanismi concorrenziali possano sele-zionare le proprietà maggiormente inte-ressate a progetti in partnership con l’am-ministrazione assicurando il massimobeneficio pubblico. A seguito delle sceltedi piano, procedure di evidenza pubblicasono necessarie nel caso in cui l’ammini-strazione ottenga suoli dai privati edebba assegnarli a sviluppatori privati ocooperative per l’attuazione degli inter-venti edilizi. Due esempi consentono lavalutazione delle possibilità operative disimili modelli competitivi: il primoriguarda il bando pubblico, collocato amonte del processo di piano, promossodal Comune di Ravenna per articolare icontenuti del piano strutturale oggivigente; nel secondo, a valle delle scelteurbanistiche, il Comune di Reggio Emiliaha effettuato un’asta per l’aggiudicazionedei diritti edificatori di aree del patrimo-nio pubblico. L’ultimo comma esplicita ilcontenuto pubblico a cui le amministra-zioni possono giungere tramite i nuovi

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Maurizio Di Mario*

Agricoltura Sociale èl’offerta di servizi sanitari esocio-assistenziali comerisposta europea ai problemidel mondo agricolo generatidall’instabilità dei processidi globalizzazione.A Grottaferrata si è svolto ilconvegno “La FattoriaSociale. Un confronto suglisviluppi della fattoria socia-le in Italia e nei PaesiBassi”i, i cui lavori, ricchi dicontenuti ed esperienze,sono stati utili per mettere afuoco dimensioni e caratte-ristiche dell’AgricolturaSociale, una risposta euro-pea ai problemi del mondoagricolo generati dall’insta-bilità dei processi di globa-lizzazione attraverso lo svi-lupparsi di nuove praticheconnesse all’offerta di servi-zi di natura sanitaria esocio-assistenziale.Come dimostrato dall’espe-rienza olandese, si tratta diun fenomeno particolarmen-te incisivo tanto sui modelliconvenzionali di organizza-zione del welfare quantosullo stesso concetto diurbanità, nella misura incui, come nel caso diAmsterdam trattato nel con-vegno, le nuove declinazionifunzionali introdotte nelsistema produttivo agricolosi intrecciano e concorronoal perseguimento delle più

generali politiche di integra-zione/ricomposizione dellereti di protezione e inclusio-ne sociale nella dimensionemetropolitana e segnata-mente di frontiera urbano-rurale.Sostenuto da adeguate pro-cedure di governance gestitea livello interministeriale, ilcospicuo, rapido e sponta-neo svilupparsi delle trasfor-mazioni funzionali delleattività agricole sta infattifacendo sì che, in Olanda, lefattorie sociali rispondanosempre più ai bisogni dellapopolazione urbana, in ter-mini di tutela dei diritti fon-damentali al benessere eall’inclusione sociale dei cit-tadini mediante innovativepratiche riabilitative ed edu-cative che tendono adaffrancarsi dalle tradizionalistrutture puramente assi-stenzialistiche dell’isolamen-to (gerontocomi, manicomi,e altri ghetti per soggettideboli o esclusi dai mecca-nismi sociali).Tipologicamente diversifica-te, le fattorie sociali olandesiassolvono ad una semprepiù importante fetta dell’of-ferta pubblico/privata in ter-mini di prestazioni sanitariee socio-assistenziali, occu-pandosi in modo scientifica-mente innovativo, originalee creativo, nonché produtti-

vo (in tutti i sensi, ancheterapeutico), dei problemi didisadattamento giovanile edella terza età, del disagiopsichico e della disabilitàintellettuale e psichiatrica,dell’inclusione nel mercatodel lavoro di persone abassa contrattualità, delrecupero da tossicodipen-denze e alcolismo, delle vit-time di traumi e abusi, deisenza tetto, in sintesi dellefasce cosiddette più deboli oemarginate della popolazio-ne.I dati illustrati nelconvegnoii indicano cheanche in Italia il fenomenodell’agricoltura sociale pre-senti trend di eccezionalecrescita, sinteticamentericonducibili a tre principaliaree funzionali: terapie riabilitative comeattività terapeutiche basatesull’orticoltura e con anima-li; case famiglia; comunitàterapeutiche;inclusione lavorativa comeinserimento nel mercato dellavoro di persone con dis-abilità e disagio psichico;lavoro e formazione per car-cerati; cooperative socialiper la fruizione di terre con-fiscate alla criminalità orga-nizzata;educazione e cultura comeinclusione scolastica di gio-vani con difficoltà diapprendimento e problemi diadattamento; formazioneprofessionale sui cicli dell’a-gricoltura e di sussistenzarurale e ambientale; attivitàculturali per la conservazio-ne e il recupero di tradizio-ni, costumi, e valori dellaruralità.Nonostante la cospicua ecrescente dimensione delfenomeno, i lavori del con-vegno hanno evidenziatocome in Italia l’agricolturasociale sia ancora prevalen-temente confinata nello spa-zio rurale extraurbano e

promossa dal mondo dellacooperazione sociale. Ciòcostituisce una peculiaritàdell’esperienza italiana daconservare e valorizzare;l’ancora insufficiente inte-grazione con più generalipolitiche di governo dei pro-cessi di trasformazione inatto né riduce tuttavia lemaggiori potenzialità in ter-mini di implementazione deilivelli di pressione sociale inambiti produttivi in crisi pereffetto della globalizzazione,di riqualificazione dei siste-mi di welfare e di metabo-lizzazione della competizio-ne tra urbano e ruraledovuta alla cosiddettametropolizzazione.Si sconta dunque un ritardo,che si riflette anche sullaconcreta capacità di poterintercettare con efficacia iflussi di finanziamentocomunitario sempre piùcospicui in tale direzione(Fondi strutturali FEASR -FSE – FESR); un ritardoimputabile alle carenze diintegrazione operativa, dipianificazione, di program-mazione e di governance ter-ritoriale, a livello istituzio-nale; ma anche al solipsi-smo, all’autoreferenzialitàsettoriale e disciplinare chepurtroppo ancora regnasulla “cultura” del nostropaese.Proprio per questi motivi lemanifestazioni di interesseal tema dell’agricolturasociale suscitate dal conve-gno da parte di tutti i sog-getti istituzionali e associa-zioni presenti in gran nume-ro, tra cui l’Inu Lazio, sonostate reciprocamente raccol-te con attenzione e propositidi immediata e fattiva colla-borazione. In questa epoca segnata dacontraddizioni che generanoemarginazione ed esclusionesociale, da sentimenti diinsicurezza rispetto a geo-

EventiEventiAgricoltura sociale enuove forme di urbanità

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grafie fisiche e sociali intumultuosa trasformazione,da insufficienze del sistemaad offrire adeguate reti diprotezione, l’agricolturasociale sembra poter diven-tare uno dei paradigmi perpolitiche nuove, diverse daquelle che spesso si sentonoagitare. Politiche più intelli-genti, più lungimiranti, piùcivili. La costruzione di que-sti paradigmi può e deverappresentare una missioneanche dell’urbanistica. Ilprofilo del Nuovo Pianonascente dal Congresso diAncona, l’attenzione specifi-ca al territorio “r-urbano”della metropolizzazionededicata nel Rapporto dalTerritorio 2007, l’esplicitospazio offerto alle esperienzedi agricoltura sociale nellaprossima edizione diUrbanpromo, sono il terrenogià fertile nell’IstitutoNazionale di Urbanistica perraccogliere questa occasionenuova di impegno discipli-nare e sociale.

* Segretario INU Lazio - [email protected]

Note1. Convegno organizzato in collabora-zione tra l’INEA (Istituto Nazionale diEconomia Agraria) e l’Ambasciata delRegno dei Paesi Bassi, presso laCooperativa Sociale AgricolturaCapodarco, 8.5.2008 Grottaferrata. Ilavori, aperti da Egbert Jacobs,Ambasciatore del Regno dei PaesiBassi, e Lino Carlo Rava, Presidentedell’INEA si sono sviluppati, moderatida Saverio Senni (Università dellaTuscia), con la presentazione delleseguenti relazioni: Agricoltura sociale:un processo di cambiamento partecipa-to, Francesco Di Iacovo (Università diPisa, Coordinatore EU-Sofar); Il ruolodell’Amministrazione Pubblica nellafattoria sociale nei Paesi Bassi, NicoBosma (Ministero olandese perl’Agricoltura, la Natura e la Qualitàdegli Alimenti); L’esperienza dell’INEAnel campo dell’agricoltura sociale,Francesca Giarè (INEA); Il sistemasanitario nei Paesi Bassi con particola-re riguardo alla fattoria sociale, Janvan Egmond (Ministero olandese dellaSanità, del Benessere e dello Sport);Politiche per l’Agricoltura sociale inItalia, Roberto Finuola (Ministero ita-liano dello Sviluppo Economico - Dipt.Politiche di Sviluppo e Coesione);

Sviluppi nell’organizzazione della fatto-ria sociale nei Paesi Bassi, Greet Blom-Zandstra (Università di Wageningen);Realtà e prospettive delle reti di agri-coltura sociale in Italia, AlfonsoPascale (Rete delle Fattorie Sociali);Esperienze di una fattoria sociale,Marga Waanders (agricoltore olandese);Esperienze e programmi per la fattoriasociale, Salvatore Stingo (CooperativaSociale Agricoltura Capodarco).2. fonte Dipartimento Politiche di svi-luppo e Coesione del Ministero delloSviluppo Economico.

Il rapporto del primo gruppodi lavoro dell’Intergovern-mental Panel on ClimateChange (IPCC), pubblicato afebbraio del 2007, ha postole basi scientifiche per soste-nere la teoria che le emissio-ni antropiche di CO2 hannoinfluenzato i cambiamenticlimatici.Gli scienziati hanno stabilitoche continuare ad emettereCO2, con il tasso attuale ocon un tasso superiorepotrebbe causare un riscal-damento maggiore con con-seguenze devastanti per ilnostro pianeta.Affinché si possa contrastarele cause del riscaldamentoglobale, è necessario pianifi-care spazi sufficienti per le“infrastrutture verdi”, cheportino benefici ambientaliad un livello macro e micro.Il Regno Unito sarà la primanazione ad introdurre unalegislazione specifica per ilcambiamento climatico. Ci siaspetta che il “ClimateChange Bill” diventi leggenei prossimi mesi. Assegneràdei targets di riduzione dellaCO2 entro tre-cinque annicon l’intento di ridurre com-plessivamente le emissionidi biossido di carbonioalmeno del 60% rispetto ailivelli del 1990 entro il2050. È stato fissato unobiettivo che mira a rendere

il 100% degli alloggi “car-bon neutral” entro il 2016.Le aree urbane che hannouna scarsa qualità climaticautilizzano molta più energiaper il riscaldamento inver-nale e per il condizionamen-to estivo. Al momento granparte di questa richiesta dienergia viene soddisfattacon l’emissione di CO2 equesto contribuisce adaumentare il cambiamentoclimatico indotto dall’uomo.La vegetazione può giocareun ruolo molto importantenella regolazione del climaurbano riducendo l’uso dienergia. Le risorse del verdeurbano sono anche impor-tanti per l’idrologia urbana,la biodiversità, la qualitàdell’aria, il sequestro delcarbonio atmosferico e lasalute umana.Si prevede che la produzioneglobale di petrolio raggiun-ga il picco in pochi anni perpoi declinare. Le economiericche combatteranno controle economie emergenti acausa della scarsità di risor-se. Nel mondo del dopo-picco della produzione dipetrolio, il costo crescentedell’energia a basso costo,insieme ad un clima diverso,avrà un impatto sullo svi-luppo economico. In questocontesto, progettazione edesign possono giocare un

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Luke Engleback*, Alessio Russo**

Il verde nelle città“low carbon”

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prodotta dal traffico, dagliimpianti di riscaldamento eclimatizzazione, dal cementoe dall’asfalto che catturanole radiazioni solari e blocca-no la traspirazione dei suoli.Le aree urbane subisconopesantemente gli impatti deicambiamenti climaticidiventando un pericolo perla salute umana. Basti pen-sare che il caldo che colpìl’Europa nell’estate del 2003,provocò in Francia in soli20 giorni 14.802 morti(Davido et al., 2006) e nellecittà inglesi si registrò unincremento di mortalità del17% (2.091 morti) (JohnsonH. et al., 2005).Quindi diventa sempre piùurgente il problema dellavivibilita? dell’ambienteurbano e la ricerca di stru-menti e soluzioni di mitiga-zione e compensazioneambientale da attuare permigliorare le condizionimicroclimatiche della città.Il primo e più importantestrumento di mitigazione deifenomeni dovuti all’isola dicalore urbana è quello diprogettare le “InfrastruttureVerdi”. E’ stato infatti calco-lato che le piante assorbonouna percentuale pari al 60 –90% della radiazione solarein relazione alla densitàdella chioma, alla dimensio-ne della pianta, alla persi-stenza delle foglie sullachioma ed alla velocità dicrescita e durata. Esemplaridi Acer platanoides, caratte-rizzati da un’elevata densitàdella chioma, posti a ridossodegli edifici possono deter-minare valori della tempera-tura di circa 3°C inferioririspetto a quelli registrati inanaloghi edifici protetti conGleditsia triacanthos, la cuichioma non offre ostacoliimportanti ai fini dellaschermatura dalla radiazio-ne. L’ombreggiamento dellavegetazione può contribuire

in modo rilevante al raffred-damento passivo degli edifi-ci, può determinare unariduzione delle temperatureinterne ed anche uno sfasa-mento della temperaturamassima (Alessandro S. etal., 1987).Il processo fisiologico che èalla base degli effetti dellepiante sul microclima èsoprattutto costituito dallatraspirazione, ovvero dellavaporizzazione dell’acquache avviene a livello dei tes-suti della foglia. Com’è nototale passaggio di statoavviene se è disponibile unanon trascurabile quantità dienergia (sotto forma di calo-re latente), circa 2.454 MJper Kg di acqua. L’USDAForest Service Researchdegli USA ha calcolato chela traspirazione di un alberodi grandi dimensioni ha unapotenzialità di raffredda-mento dell’ambiente circo-stante pari a quella di cin-que condizionatori di mediapotenza in esercizio percirca 20 ore al giorno(AA.VV., 1972). La traspira-zione, e quindi la possibilitàdi sottrarre calore all’ariacircostante, è naturalmentedifferente in funzione dellespecie. Un recente studio hadimostrato come l’intensitàdella traspirazione di alcuniarbusti ornamentali diffusinell’ambiente mediterraneo èstata compresa durante imesi estivi tra 229 e 1.686gr. di acqua al giorno al mq.di superficie fogliare, rispet-tivamente in Eleagno e inLantana, cui corrispondeuna sottrazione di caloreall’ambiente compresa tra133 e 978 kcal al giorno permetro quadrato (Sicurella,2003).Inoltre la presenza di vege-tazione rampicante a prote-zione delle pareti di un edi-ficio incide prevalentementesull’andamento dei flussi

CambiamentiClimatici:la sfida per il paesaggioLuke Engleback*, Alessio Russo**

Un convegno a Londra hadimostrato come un’attentaprogettazione delleInfrastrutture Verdi nellearee urbane e periurbanepossa contribuire adattenuare il fenomeno deicambiamenti climatici.A Londra si è svolto il 1 e 2novembre 2007, il ConvegnoClimate Change, the challen-ge for landscapearchitecture. Il convegno èstato organizzato dalLandscape Institute, a segui-to delle devastanti precipita-zioni che hanno colpitol’Inghilterra l’estate scorsa,provocando numerose inon-dazioni, danni all’agricolturae alla rete ferroviaria. Loscopo del convegno è statoquello di analizzare gliambiti di intervento dei pae-saggisti per risolvere il pro-blema del cambiamento cli-matico. Tra i numerosi rela-tori Tim Lang, docente dipolitiche alimentari alla CityUniversity, John Handley,docente di assetto del pae-saggio presso l’Università diManchester e Rt Hon HilaryBenn, Segretario di Stato perl’ambiente e l’alimentazione.I paesaggisti Luke Englebacke Alessio Russo dello StudioEngleback, hanno illustratodurante il workshop, glieffetti dei cambiamenti cli-matici sulla salute umana edi benefici delle infrastruttureverdi.Nel workshop è emersocome le aree urbane sonosempre più calde rispettoalle zone più esterne, perl’effetto dell’isola di calore

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ruolo importante nell’assicu-rare la “sicurezza energeti-ca”, e allo stesso tempo,possono contribuire a com-battere le cause del cambia-mento climatico. Il professorLovelock, autore della Teoriadi Gaia sul SistemaMondiale, ha scritto che sidovrebbe parlare di decre-scita sostenibile più che disviluppo sostenibile. Nuoviapprocci nella progettazione,investimenti nella “multi-funzionalita’ del paesaggio”e il risparmio delle risorse,sono uno dei modi perridurre i consumi.Questa è l’idea centrale delmovimento Transition Townin Gran Bretagna. Lo StudioEngleback ha promosso laconsapevolezza e l’adatta-mento ai cambiamenti cli-matici in diversi progetti.Progettazione a basso con-sumo energetico e reinvesti-menti nella funzione delpaesaggio sono illustrati nel“Greater AshfordDevelopment Framework”(fig. n.1), un piano perduplicare la grandezza dellacittà di Ashford nel Kent nelgiro di 30 anni. Il progettoprevedeva la creazione di31.000 nuove abitazioni e larealizzazione di una fasciaboschiva con la funzione didepurare le acque e produrrebiomassa per una strategiaenergetica a bassa produzio-ne di CO2.

* Paesaggista.** Paesaggista. Studio Engleback

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(Abram P., 2004). LeInfrastrutture Verdi fungonoinoltre da accumulatori diCO2 e giocano un ruolo fon-damentale nel combattere ilivelli sempre crescenti dianidride carbonica atmosfe-rica. Uno studio condottosul verde urbano, nella cittàdi New York, ha calcolatoche 5,2 milioni di alberisono in grado di sequestrareannualmente circa 42.329tonn. di CO2 (Gregory E.,2007).Nel convegno si è dimostra-to come un’attenta progetta-zione delle InfrastruttureVerdi nelle aree urbane eperiurbane possa contribuiread attenuare il fenomeno deicambiamenti climatici.

* Paesaggista.** Paesaggista. Studio Engleback

BibliografiaAlessandro S., Barbera G., Silvestrini G.,(1987), Stato dell’arte delle ricerche con-cernenti l’interazione energetica tra vegeta-zione ed ambiente costruito, in QUADER-NO n° 13, Consiglio Nazionale delleRicerche - Istituto per l’edilizia ed ilrisparmio energetico, Palermo.Abram P., (2004), Giardini pensili.Coperture a verde e gestione delle acquemeteoriche, Sistemi Editoriali.Bellomo A, (2003), Pareti verdi, SistemiEditoriali.Davido A., Patzak A, Dart T., Sadier M. P.,Me?raud P., Masmoudi R., Sembach N.and Cao T. H., (2006), Risk factors for heatrelated death during the August 2003 heatwave in Paris, France, in patients evaluat-ed at the emergency department of theHôpital Européen Georges Pompidou,Emergency Medicine Journal.Grant G., (2006), Green roofs and Façades,IHS BRE Press.Gregory E., McPherson, Simpson J. R.,Peper P. J., Gardener S. L., Vargas K. E.,and Xiao Q., (2007), Northeast Communitytree guide: benefit, costs, and strategicplanting. USDA.Givoni B., (1998), Climate considerationsin building and urban design, John wil-ley& sons, inc.Johnson H., Kovats R S, McGregor G.,Stedman J., Gibbs M., Walton H. Cook L.,Black E., (2005), The impact of the 2003heat wave on mortality and hospitaladmissions in England, Health StatisticsQuarterly, Spring 2005 n. 25.Sicurella A., (2003), Progettare il verde,Sistemi editoriali.

energetici tra ambienteesterno ed interno. Nei con-testi urbani edificati, il verdeparietale, green walls, e ilverde pensile, contribuisco-no al controllo della tempe-ratura superficiale degliinvolucri edilizi, miglioran-do le condizioni di benesseretermico sia negli spazi apertiche in quelli confinati(Bellomo A., 2003). In parti-colare, verde pensile e verdeparietale, concorrono adiminuire gli effetti delriscaldamento dell’atmosferaattraverso un minor riscal-damento, una minore irra-diazione e un abbassamentodelle temperature attraversol’evapotraspirazione dellavegetazione (Abram P.,2004). Con l’impiego dellavegetazione sugli edifici sipuò altresì contribuire amoderare l’uso dei condizio-natori d’aria con conseguen-te riduzione dei consumi dienergia elettrica e di emis-sioni di CO2.Secondo Hoeschle e Schmidt(1974) gli spazi posti nelleimmediate vicinanze di giar-dini pensili subiscono deimiglioramenti climatici.Oltre ad un miglioramentodella qualità dell’aria e aduna riduzione dei picchiacustici, l’inverdimento pen-sile in estate produce unariduzione del numero digiornate con massimi termi-ci.In conformità a ricercheeffettuate da Mürb (1978) incollaborazione con Hoeschlee Schmidt, è stato accertatoche l’impiego di superfici averde realizzate conCotoneaster dammeli var.radicans con l’inserimentodi diverse specie legnoseconsente di ottenere, in con-fronto con attigue superficiin ghiaia, una riduzionedelle temperature massimeestive di circa 5°C.Impiegando un inverdimen-

to su fogli di materialeespanso, Kaiser (1981) hapotuto accertare, nel corsodi calde giornate estive, unadiminuzione di temperaturadi 21 °C in confronto a unacopertura in ghiaia. Gertis eWolfsseher (1977) hannopotuto misurare differenzedi temperatura, fino a circa70°, tra impermeabilizzazio-ni in carta catramata nerasenza protezione e superficiinverdite.W. Kolb, T. Schwarz (1990)hanno condotto uno studiosull’abbattimento termicoconseguente all’impiego didiverse mescolanze di erba-cee perenni poste a dimorao seminate su inverdimentiintensivi con spessore di 20cm. Misurazioni delle tem-perature nel secondo perio-do vegetativo hannomostrato che la vegetazioneè in grado di ridurre gliestremi termici. Mediamentesono state verificate diffe-renze di temperature nelciclo giorno/notte fino a 12°C. Un ulteriore aspetto fonda-mentale è quello legato altrattenimento di una consi-stente quota delle acquemeteoriche in copertura daparte del verde pensile.Infatti, una parte di que-st’acqua è assimilata dallavegetazione e restituitaall’atmosfera attraverso iprocessi di evapotraspirazio-ne, una parte evapora diret-tamente e la quota residua,filtrata dal sistema a verde,è soggetta a cessione differi-ta nel tempo nelle conduttu-re di smaltimento. Il tratta-mento di questa quota resi-dua mediante sistemi e tec-nologie per la ritenzione el’infiltrazione in superficiedelle acque meteoriche for-nisce un contributo concretoal ripristino naturale dellafalda divenuta, negli ultimianni, un bene prezioso

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Franco Migliorini*

La FNAU, FederazioneNazionale delle Agenzie diUrbanistica francesi, nell’autun-no 2009 organizzerà la ottavaBiennale di Urbanistica dellecittà e degli urbanisti europei, aNancy, città industriale dellaLorena.Quattordici anni dopo la 1°Biennale di Lione, del 1995, lamanifestazione ritorna inFrancia per un rilancio e aggior-namento dell’iniziativa, con ilsostegno organizzativo delgruppo permanente di lavoroper la Biennale (il PIWP) espres-so dall’associazione degli urba-nisti europei, L’ECTP, cui l’INUaderisce.Quella che nel 1995 era statauna iniziativa pioniera, oggi èdiventata un appuntamento chesi inserisce nel quadro dellemolteplici iniziative di scalaeuropea che pongono al centroil tema della città e della orga-nizzazione spaziale del conti-nente. Grazie a un decennio distudi programmi e progetti, inlarga parte sostenuti dallaCommissione Europea con l’ap-poggio degli stati membri(ESDP, ESPON, Interreg), oggi lanozione di territorio europeocome spazio comune in cui unagrande società, quella europea,persegue la finalità della coesio-ne a livello territoriale rappre-senta qualcosa di sempre piùfamiliare per tutti: cittadini,amministratori e imprese. La

Biennale di Nancy si collocadunque nel solco di quello chepossiamo considerare come unodei grandi impegni europei.Garantire un buon uso di quellarisorsa comune che è il territo-rio, operando per selezionareproblemi, soluzioni e protagoni-sti. In sostanza per strutturare almeglio la nozione di territorio insenso operativo, lavorando perassociare tra loro problemicomuni, attori competenti, solu-zioni di successo. Per laBiennale del 2009 la scelta ècaduta sul tema delle medie epiccole città europee e del lororuolo nel garantire sviluppo eco-nomico, accesso ai servizi, quali-tà della vita a tanta parte dellapopolazione dell’Unione. In unadinamica competitiva della eco-nomia mondiale che concentramolti investimenti nelle grandicittà, il rischio è che tanta partedel sistema urbano europeo,quello che non rientra nei gran-di sistemi, finisca risucchiato oemarginato dai processi metro-politani. Per città medie e picco-le si intendono quei centri com-presi tra 50 e 500 mila abitanti.Dunque una accezione abba-stanza vasta che racchiude tantaparte del tessuto urbano delcontinente. Quello dove i fattoricompetitivi operano ma ad unascala in cui la qualità della vitaappare ancora gestibile, e anzicrea proprio dei presìdi per l’ac-cesso ai servizi di tante zone

periferiche o marginali rispettoai maggiori sistemi urbani.Quelli che invece, assieme allacompetitività più spinta, pongo-no i maggiori problemi di soste-nibilità ambientale e sociale.Dunque città medio piccolecome potenziali sistemi urbaniregionali, interregionali e anchetransfrontalieri, in cui si radica ilvalore del policentrismo urbanoeuropeo come precondizione peruno sviluppo sostenibile e coesodel continente. L’intreccio degliargomenti a favore di questascelta è piuttosto fitto.Da un lato si pone la questionedel rafforzamento delle identità,urbane e territoriali. Quellasomma di peculiarità culturali,artistiche e ambientali sedimen-tate dalla storia europea sotto laforma durevole di centri urbani,ben identificabili per tradizioni,specializzazioni, consuetudini,stili di vita, forme di paesaggio.Si assume dunque questasomma di diversità come unvalore da salvaguardare, inquanto vera risorsa, frutto di unintreccio di fattori materiali eimmateriali che incidono sul-l’ambiente fisico come sulla for-mazione delle persone. Questogrande patrimonio frammentatoe diffuso necessita di aggiornarela propria capacità di interagirecoi grandi processi dell’econo-mia moderna con specifici pro-getti e politiche mirate. Di porsiil problema di come aggiornarela propria capacità competitiva.Sia in termini di massa criticache di qualità.Sostegno allo sviluppo economi-co, accessibilità, rinnovo urbano,salvaguardia e valorizzazionedelle peculiarità paesisticoambientali, qualità della vita:sono tutti argomenti che ognirealtà medio-piccola si trovaormai a dover affrontare, spessocon un numero limitato di carteda giocare, e dunque con lanecessità di nuove soluzioni. Ciòche ne esce è in sostanza lanecessità di dotarsi di modelli dimarketing territoriale adatti a

interpretare le risorse delle realtàmedio-piccole, per consentireloro di crearsi uno spazio e unavisibilità grazie all’uso strategicoconsapevole delle proprie risor-se. Dunque concetti come patri-monio storico e culturale, reti dicittà, collaborazione-competizio-ne urbana, diversificazione dellabase economica, accessibilità - ascala continentale e regionale -,qualità della vita, entrano a farparte del linguaggio di unanuova capacità di gestioneurbana orientata alla innovazio-ne competitiva. Di cui l’urbani-stica è uno strumento importan-te, ma non il solo chiamato incausa. Questa Biennale appareuna grande opportunità permolte città italiane che in questianni hanno affrontato tematichedi questo genere, immettendosempre maggiori contenuti stra-tegici nei loro piani urbani, econ ciò diversificando sia il les-sico che la sostanza del fareurbanistica.L’oggetto che ne emerge è inrealtà la “politica urbana” comesintesi del rapporto che unacomunità locale intende intratte-nere col mondo esterno permigliorare il proprio quadro divita locale. Si tratta certamente di unabuona occasione data agli urba-nisti per confrontare tra lororealtà urbane e strumenti profes-sionali diversi. Ma si tratta ancorpiù di una occasione offerta agliamministratori locali di entrarein contatto con altre realtà urba-ne analoghe e di misurare leproprie con le altrui capacità diinnnovazione politica. Unaoccasione dunque di arricchi-mento per tutti, amministratori ecittà. L’ impegno dell’INU è a farsi che questa Biennale divengaper molte città italiane l’occasio-ne di mostrarsi all’esterno e diallargare la rete dei contatti peracquisire nuovi stimoli e ipotesidi lavoro alla innovazione poli-tica urbana.

* Inu Veneto.

Nancy 2009: 8° Biennaledi Urbanistica europea

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Il Consiglio Direttivo Nazionaledell’INU tenuto a Roma nei giorni 3 e4 luglio scorsi ha deliberato le nuovestrutture nazionali di elaborazionetematica e disciplinare per il prossimobiennio di mandato degli organidirettivi.Qui di seguito riporto il riepilogo diCommissioni e Gruppi di Studio nazio-nali per i quali sono giunte proposte diavvio o conferma, e il quadro dei pre-sidenti o responsabili nominati dalCDN.Occorre specificare che la differenzafra commissioni nazionali e gruppi dilavoro è che le prime sono delle strut-ture a carattere permanente, e che èstato richiesto ai consigli direttiviregionali di nominare dei referenti inciascuna di esse, al fine di garantireuna rappresentatività completa, indi-pendentemente dall’afferenza dei sin-

COMMISSIONI NAZIONALI INU presidenti

AMBIENTE/ENERGIA/CLIMA/CONSUMODISUOLO Stefano PareglioAREA VASTA Roberto GerundoPARTECIPAZIONE Donatella VentiPOLITICHE INFRASTRUTTURALI Sandro FabbroSVILUPPO OPERATIVO DEL PIANO Fausto Curti

GRUPPI DI STUDIO NAZIONALI responsabili

CITTÀ CONTEMPORANEA Guido LeoniCITTÀ DIFFUSA Maurizio PiazziniEDILIZIA RESIDENZIALE SOCIALE Vittorio Emanuele Bianchi

Carmelo TorrePAESAGGIO Attilia PeanoPIANIFICAZIONE PROVINCIALE Marco PompilioPOLITICHE AGRICOLE Maurizio Di MarioVAS Alessandra Fidanza

goli soci INU, sempre possibile.I gruppi di studio sono invece strutturepiù leggere, finalizzate a produrre spe-cifici approfondimenti, e non necessa-riamente permanenti.Ciascuna struttura potrà contare sullaapertura di una pagina web riservataall’interno del sito dell’INU, doveesporre il proprio programma e lemodalità operative prescelte, nonchépubblicare via via i propri documentied i diversi materiali documentali rite-nuti d’interesse.Contestualmente alla deliberazione dicostituzione il CDN ha raccomandatoche i lavori di commissioni e gruppi distudio trovino un adeguato modo dicoordinamento tematico e di confluen-za nell’elaborazione del Rapporto dalTerritorio, opera la cui importanza vacrescendo sia per quanto riguarda l’e-laborazione disciplinare che nel contri-

buto alla definizione della visibilitàesterna dell’Istituto. Inoltre, nella pro-spettiva della VI Rassegna UrbanisticaNazionale che nella consueta cadenzaquinquennale si terrà nel 2009, l’atti-vazione delle strutture nazionali di ela-borazione tematica svolge un ruoloimportante, per consentire l’individua-zione dei casi di studio più interessantie favorirne la presenza all’interno diquella che si configura come la massi-ma sede nazionale di dibattito sullapianificazione e il governo del territo-rio.Qui di seguito potete trovare i primiotto documenti di presentazione edavvio dei lavori sinora giunti allasegreteria nazionale, che sono anchestati inseriti nelle relative pagine web,già attivate. Nel prossimo numero dellarivista daremo pubblicazione anchedelle altre proposte programmatiche.Il continuo aumento della complessitàdei fenomeni territoriali richiama a unparallelo aumento della capacità di let-tura e interpretazione, indispensabilialla definizione degli opportuni stru-menti di governo. Il contributo, impor-tantissimo, che l’Istituto può dare in talsenso è in gran misura affidato proprioall’elaborazione delle sue strutturetematiche nazionali. Invito pertanto isoci dell’INU a voler partecipare ai lorolavori, aderendo a quelle i cui temisono più affini ai loro interessi perso-nali, ovvero a voler segnalare per tra-mite dei consigli direttivi regionalieventuali ulteriori temi d’interesse perle attività di elaborazione tematica.

Simone Ombuen

InuInuL’INU lancia le proprie strutturedi elaborazione tematica per ilprossimo biennio

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Premessa

Quali compiti assegnare allaCommissione nazionale politicheinfrastrutturali dell’INU nel prossimobiennio? E come attrezzarsi per far fronte atali compiti?Per rispondere a queste domandeponiamoci prima di tutto due altrequestioni: come intendere il rapportotra infrastrutture e pianificazione delterritorio? E poi, a quale esito tende-re?

Infrastrutture e pianificazione delterritorio

Penso, innanzitutto, che l’INU debbaporsi in termini problematici di frontea tutta la questione delle infrastruttu-re che è, tipicamente, un tema checoinvolge molte sfere della decisionee dell’azione politica e tecnica. Diinfrastrutture il Paese ha sicuramentebisogno. Ma, quali infrastrutture, e,soprattutto come legarle con le quali-tà del territorio è tema che viene datotroppo spesso per scontato o per inin-fluente mentre invece sono proprioqueste due questioni che devono stareal centro della riflessione e dell’azio-ne dell’Istituto. Va intanto riconosciuto che il temadella territorializzazione delle infra-strutture va oggi collocato in unaprospettiva di pianificazione multili-vello. Ciò deriva dal fatto che legrandi previsioni infrastrutturalinascono spesso in un contesto euro-peo (cfr. il caso della TEN), vengonosviluppate in un contesto nazionale

(cfr. il caso delle piattaforme strategi-che), devono essere ricontestualizzatein ambito regionale e, infine, trovareuna loro operatività a livello dei pianiurbanistici comunali. Si deve riconoscere, infatti, comeanche l’ultimo Rapporto dal Territoriofa, che termini come coesione e comecompetitività del territorio hanno,oggi, declinazioni diverse a livelloeuropeo, nazionale e regionale. Tracorridoi, piattaforme e policentrismiregionali non c’è una facile sintoniaanche per ragioni strettamente strut-turali e spaziali: piattaforme e poli-centrismi regionali non dialogano tradi loro se non con tentativi di sincre-tismo che rimangono tuttavia essen-zialmente nominalistici. Le piattafor-me, inoltre, non si sa come dialoghi-no con i corridoi europei mentre ipolicentrismi, da parte loro, rinuncia-no spesso a definire una chiara rela-zione con le reti ed il ruolo dellecittà. Il quadro attuale, quindi, non è deltutto esaltante: nonostante gli indub-bi sforzi e gli innegabili passi inavanti fatti verso una visione piùintegrata del territorio europeo,nazionale e regionale, sembra preva-lere una difficoltà di integrazione,delle diverse programmazioni, proprioa causa del diverso significato che siattribuisce alla nozione di territorio. Non c’è alcun dubbio, quindi, che lapianificazione territoriale multilivellocostituisca la prospettiva inevitabilein cui si devono collocare le nuovepolitiche infrastrutturali. Esito decisivo di un approccio multi-livello alla pianificazione territorialedelle infrastrutture dovrebbe essere,allora, la costruzione di una visionecondivisa, intesa come prospettivaverso la quale ridefinire e rilegittima-re gli obiettivi assunti ai diversi livel-li di elaborazione strategica (europeo,nazionale, regionale e locale).Obiettivi che, invece di esaurirsi, cia-scuno per conto proprio, nella prefi-gurazione di strategie separate,dovrebbero cercare di misurarsi conla pluralità delle visioni e dei conse-guenti strumenti di regolazione, inuna sorta di “armonizzazione” multi-livello di obiettivi e principi di rego-lazione del territorio.

Il ruolo dell’INU e dellaCommissione politicheinfrastrutturali

Chi può svolgere un compito di coor-dinamento e di raccordo fra le diverseconcezioni e visioni territoriali? Chipuò proporre modalità condivise didialogo tra i diversi livelli? E come?Per l’INU è inevitabile pensare chesiano le regioni e le reti di città acercare di operare nello spazio diintegrazione ed armonizzazione chele visioni più a monte e quelle più avalle lasciano libero, cercando di por-tare a sintesi le visioni generate dallascala europea e nazionale, da unaparte, e quelle delle città e dei sistemiterritoriali locali, dall’altra. Ma anche l’INU può svolgere unruolo centrale nel promuovere questodialogo e questa armonizzazione uti-lizzando i suoi strumenti tradizionali(riviste, seminari, convegni ecc.) maelaborando anche, con laCommissione, un pensiero originaleteso a mettere in comunicazione sog-getti diversi che tradizionalmente nonsi parlano.Se condividiamo questo ruolo genera-le dell’Istituto si tratta di capire, allo-ra, quale può essere il ruolo più spe-cifico della Commissione. La Commissione nazionale politicheinfrastrutturali dell’INU può cercaredi farsi portavoce di un modello didialogo fra le politiche spaziali euro-pee, nazionali e regionali focalizzan-do la propria attenzione in particolaresu due questioni nodali:- la costruzione di uno sfondo cono-scitivo condiviso (vedi gli Statuti delterritorio, le Carte della conoscenzadella Toscana e della Basilicata, lelinee fondamentali di assetto del pae-saggio e dell’ambiente ecc.) comecondizione della fondatezza dellevisioni infrastrutturali che, ai diversilivelli, si vanno a promuovere;- la definizione di un accompagna-mento di regole e protocolli per levalutazioni della compatibilità e dellacoerenza delle visioni infrastrutturalie per il bilanciamento degli interessieuropei, nazionali, regionali e locali. Su queste tematiche la Commissione,raccordandosi anche con le altreCommissioni affini, in modo da evita-

Sandro Fabbro*

Inu

Quali compiti per laCommissione nazionalepolitiche infrastrutturalidell’INU?

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re sovrapposizioni, può proporsi diarrivare ad organizzare, nel prossimobiennio, un convegno internazionalee può rendersi disponibile, con i suoipartecipanti, ad alimentare un dibat-tito specifico in tutte le sedi ed aidiversi livelli possibili.

*Presidente della Commissione nazionale politicheinfrastrutturali dell’INU.

Ambiente, energia enuovo pianoStefano Pareglio*

Le condizioni energetico-ambientalidelle città, piccole e grandi, delnostro Paese non si prestano a corre-zioni marginali, o a risposte mera-mente tattiche.Serve invece, e non è più rinviabile,una riforma sostanziale dei contenutie delle forme dell’azione di governoterritoriale; una riforma i cui risultatisi potranno però apprezzare solo nelmedio-lungo periodo. Assegnare unicamente al piano urba-nistico il compito di correggere squi-libri di tale portata appare velleitario.Ciò per diverse ragioni, prima tratutte la carenza di politiche, di normee di risorse adeguate, cui si somma lacomplessità del quadro delle compe-tenze e delle responsabilità, e la man-canza di innovazione istituzionale, oquanto meno strumentale, per potergovernare le trasformazioni alla scalapiù adatta, meno ristretta dell’angustoambito comunale. D’altro canto, l’ur-genza dei problemi da risolvere impo-ne al piano riformato (nuovo piano)di confrontarsi fin d’ora con alcune“grandi questioni”, tra loro stretta-mente intrecciate.Innanzi tutto deve essere messo sottocontrollo il consumo di suolo, dimen-sione tradizionalmente connessa all’e-sperienza e ai compiti della pianifica-zione, per la quale manca però unaconoscenza quantitativa sufficiente-mente affidabile e condivisa. Mancaaltresì una diffusa riflessione suibenefici e sui costi non solo ambien-tali della densità urbana, parametroda trattare con grande equilibrio nellenostre città, che dovrebbe essere il

risultato di una scelta programmatica,e che invece è il frutto, banale, diuna somma di casi. Per questo, anche se il fenomenodello sprawl non è solo italiano ed ècondizionato da determinanti socio-economiche la cui forza supera quelladel piano, è necessario richiamarecontinuamente la limitatezza dellarisorsa suolo, sia in termini quantita-tivi, sia in termini qualitativi. Altro tema di interesse per laCommissione è quello dell’energia,dimensione relativamente nuova peril pianificatore. Il tema dell’energia, asua volta, è strettamente connessoalla questione globale del cambia-mento climatico, fenomeno dovutoall’incremento di concentrazione inatmosfera dei gas ad effetto serra, ein particolare dell’anidride carbonica,la cui emissione è in costante crescitaper effetto dell’incremento nell’impie-go di combustibili fossili a fini ener-getici. In Italia, il 30% circa dei consumifinali di energia è dovuto al settoreresidenziale e terziario e una misuraanaloga è dovuta ai trasporti, a lorovolta principale determinante dellaqualità atmosferica in ambiente urba-no. Dunque, più questioni che siintrecciano, e che portano con séscale, politiche, istituzioni diverse:forse, è opportuno iniziare a scioglie-re questa matassa, a partire dal con-tributo che il nuovo piano può offrirea livello locale nel ridurre la doman-da di energia, anche concorrendo aricostruire il sistema della mobilità. Infine, il tema della qualità dell’am-biente urbano, e in particolare laqualità dell’aria. La ragione di questascelta a priori, tra le tante possibili (ilrumore, il verde, le acque, e così via),è dovuta a due ragioni: la strettarelazione con le questioni prima elen-cate (specie la mobilità e l’energia), eil ruolo di “effetto finale” delle sceltedi piano, essendo la dimensioneambientale più direttamente incidentesulla salute dell’uomo.Su questi temi e sulle loro moltepliciconnessioni, la Commissione intendesviluppare una riflessione disciplina-re, aprendosi al confronto con com-petenze e professionalità diverse eintegrandosi con il “sistema INU”

(altre Commissioni, Gruppi di lavoro,Osservatori), con l’obiettivo fonda-mentale di diffondere pratiche di suc-cesso. La lettura dei temi indicati avràaccenti particolari, di seguito elencatiin modo non esaustivo: il ruolo dellapianificazione comunale che, pur inassenza di idonee politiche nazionali(o anzi, proprio per questo), costitui-sce una risorsa fondamentale nella ri-costruzione di un nuovo ambienteurbano; la necessaria accelerazione,nella prassi e nelle norme, sul temadel risparmio e dell’efficienza energe-tica a livello urbanistico, e non piùsolo di edificio o comparto; l’incenti-vazione di mercato per le soluzioniurbanistiche più evolute sotto il pro-filo energetico e ambientale, per sti-molare la competizione e compensare,almeno in parte, la drammaticacarenza di risorse pubbliche; l’inno-vazione strumentale nella gestioneunitaria dell’ambiente urbano (comesuggerito dalla strategia tematicacomunitaria), quale soluzione sussi-diaria alla mancanza di innovazioneistituzionale. Altri temi e altri accenti potrannoovviamente aggiungersi dal confrontocon i membri e con i soci dell’Istituto.

*Presidente della Commissione nazionaleambiente/energia/clima/consumo di suolo dell’INU.

CommissioneUrbanistica parteci-pata e comunicativaDonatella Venti*

Obiettivi generali e campi di studioRiflessione, analisi, ricerca e speri-mentazione sulle forme della parteci-pazione e della comunicazione all’in-terno dei processi di pianificazione eprogettazione, con l’intento di diffon-dere prassi e metodi tra leAmministrazioni pubbliche e di moni-torarne i risultati. Azioni di supportoe referenti per le amministrazioni, leassociazioni ed i soggetti privati inte-ressati alla sperimentazione di talitematiche. Cooperazione con altriIstituti, Associazioni ed enti.

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Programma anno 2008-2009Proseguire il percorso di ricercasecondo diversi filoni tematici: parte-cipazione e sostenibilità ambientale,“Paesaggi partecipati”, la città deibambini, partecipazione e programmidi riqualificazione urbana, linguaggioe comunicazione, interpretazionedelle nuove socialità urbane; ruolo epromozione degli “urban center”;apertura verso tematiche collaterali enuove “frontiere” di interesse e anali-si critica delle esperienze finora con-dotte;Aggiornamento del censimento dipiani e progetti partecipati realizzatoa partire dalla ricerca “Cultura e pras-si della partecipazione (…)” e dalRapporto dal Territorio (anni 2003,2005 e 2007). Partecipazione in colla-borazione con il Coordinamento delleAgende 21 locali alle attività delGruppo di lavoro “Città sostenibili”coordinato dalla Provincia e dalComune di Modena (Osservatoriosulla partecipazione, workshop, semi-nari e convegni) e del gruppo di lavo-ro “Paesaggio, biodiversità e parteci-pazione” coordinato dal Politecnico diMilano, Mario Sartori (workshop,seminari e convegni).

Realizzazione di seminari tematiciOttobre 2008 Roma, collaborazionecon il coordinamento A21 locali delComune di Roma su “Ruolo e stru-menti della partecipazione nei proces-si di Agenda 21”; Genova, collabora-zione con Fac. Di Architettura.Presentazione del Manuale sulla par-tecipazione (data da individuarsi sullabase della stampa pubblicazione-InuEdizioni); anno 2009 Rimini semina-rio sulle Forme di Urban Center econfronto con altre esperienze inter-nazionali. Viaggio studio in Finlandiasu “Partecipazione e sostenibilità” incollaborazione con ANAB (date dadefinire).

Attività recente e principali iniziativeRiunioni della Commissione e parteci-pazione a convegni. Interventi deimembri della Commissione a seminarie convegni sui temi di interesse, inparticolare: anno 2008:- Redazione del “Manuale della parte-

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cipazione” per INU edizioni (in corso)- Congresso Nazionale delCoordinamento Agende 21 locali,Rimini maggio 2008. Relazione su“Urbanistica partecipata”- Gruppo di lavoro “Paesaggio, biodi-versità e partecipazione”, workshop,Rimini, Maggio 2008Inoltre:- Collaborazione alla redazione delRapporto dal Territorio 2007 con ilcontributo “Informazione e partecipa-zione dei cittadini nelle trasformazio-ni delle città” e aggiornamento casisegnalati esperienza di piani e pro-getti partecipati. - Convegno nazionale “Per una urba-nistica comunicata e partecipata”,INU, UNICAM - Relazione“Partecipazione e comunicazione aidiversi livelli di Piano e d’intervento”,Auditorium Polo culturaleSant’Agostino. Ascoli Piceno 8novembre 2007 - COMPA Bologna DipartimentoFunzione Pubblica, Comunicazionenella Pubblica AmministrazioneSeminario “Comunicazione nei pianicomunali strutturali e strategici”.Relazione introduttiva, Bologna, 7novembre 2007 - Coordinamento Nazionale Agende21, Congresso Nazionale“Osservatorio sulla Pianificazione eprogettazione partecipata”, Salerno14-15 giugno 2007 - Atelier transfrontaliero Francia-Italia sull’applicazione dellaConvenzione Europea del Paesaggio.Relazione su “Paesaggio e partecipa-zione: mappe di comunità e metodipartecipativi applicati al paesaggio”,Nizza-Mentone 26-27 aprile 2007 - Convegno Internazionale “I bambiniprogettano la città”, CNR -Comune diRoma, Roma, 26 marzo 2007- Seminario “Paesaggio partecipato epartecipazione applicata alla scala diarea vasta”, Urban Center di Bologna,8 febbraio 2007, organizzato dallaCommissione.- Convegno Nazionale su“Informazione e partecipazione deicittadini nella trasformazione sosteni-bile della città”, promosso dalComune e dalla Provincia di Modenain collaborazione con l’INU e con ilgruppo di lavoro “Città sostenibili”

del Coordinamento Agende 21 locali.Modena, 9 febbraio 2007.- Terza edizione del Concorso nazio-nale di progettazione partecipata ecomunicativa: riunioni del Comitatopromotore (Inu-Wwf-Anci-Upi ), lan-cio della terza edizione alla RUN(Venezia, 17-20 novembre 2004),riunioni con i responsabili delleamministrazioni e dei Laboratori (C/oANCI Emilia Roma-gna 2005-2006);svolgimento del concorso e sua con-clusione (maggio 2006), Giuria nazio-nale (5 e 6 giugno 2006), proclama-zione dei vincitori. Sono in corso:redazione del catalogo e pubblicazio-ni per la diffusione e la valutazionedei risultati, in collaborazione conINU edizioni, ANCI e WWF.- Organizzazione e partecipazionealla apertura della Casa della città diCatania: “La città che discute: qualerapporto con la ferrovia ed il mare?”,Catania 5, 6 e 7 maggio 2006- Legambiente: Convegno Nazionale“MODI URBANI conflitti, culture,qualità: la città educa?”. Relazione alseminario “La città si immagina. Lavoce dei bambini e delle bambinecambia la città” Perugia 22 e 23 apri-le 2006.- Fiera delle Utopie concrete, Città diCastello 12-15 ottobre 2005, “La pro-gettazione partecipata e le città ami-che dei bambini”. Relazione su casi distudio.- Trevi Flash Art Museum. “Biennalediffusa di architettura contempo-ranea”, Trevi 15-18 settembre 2005.Relazione sulla Terza Edizione delConcorso Nazionale e moderazioneall’interno della tavola rotonda“Progettazione partecipata: Umbria edEmilia Romagna a confronto”- Seminario nazionale ANCI, UPI,INU, WWF sulla progettazione parte-cipata, Castel San Pietro Terme (BO),16 dicembre 2005- Organizzazione di viaggi studio:INU, Università di Berlino, Senato diBerlino, DIFU, Viaggio studi“Riqualificazione urbana e partecipa-zione: l’esperienza di Berlino”. Berlino29 settembre, 7 ottobre 2005. Alviaggio studio hanno partecipato 23membri e non dell’INU (professionisti,tecnici e dirigenti di enti pubblici,docenti universitari, assessori)

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- Promozione della rete nazionale“Rete della partecipazione”; parteci-pazione al Seminario nazionaleNapoli, 27 e 28 maggio 2005.Realizzazione di un osservatorionazionale sulla pianificazione e pro-gettazione partecipata.- Aggiornamento del Progetto“Cultura e prassi della partecipazionenella pianificazione delle città e delterritorio”, raccolta di casi di studio eloro elaborazione per il Rapporto dalTerritorio 2005.- Coordinamento per conto dell’INUNazionale, in collaborazione con lasezione Umbria, delle attività di assi-stenza tecnica e ricerca per incaricodella Regione Umbria per i C.d.Q 2(Redazione Linee guida, seminari pertecnici e progettisti sulla partecipa-zione nei Programmi Urbani comples-si, organizzazione del Convegnonazionale e presentazione della pub-blicazione “Rinascimento Urbano.Programmi complessi per la riqualifi-cazione”, Perugia e Terni dicembre2004 e gennaio 2005.)- “Fiera delle utopie concrete”, Cittàdi Castello 8 ottobre 2004; relazioneintroduttiva e workshop su “Modellidi mobilità alternativa”.

Modalità organizzativeLa Commissione è articolata in unnucleo operativo con ruolo di coordi-namento e una rete di referenti terri-toriali, nominati dalle Sezioni regio-nali, e di esperti del settore.Il gruppo di coordinamento è costi-tuito dal Presidente e dal Segretariodella Commissione; un membro dellaCommissione fa parte della Segreteriatecnica del Concorso nazionale diprogettazione partecipata e comuni-cativa.La Commissione è referente della rivi-sta Planum

Elenco dei partecipantiFrancesco Evangelisti, AlessandraBonomini, Angelo Rispoli: SezioneEmilia-Romagna; Cristian Zanelli(sezione Lombardia); Alberto Lalli(rappr. Comune di Torino) SezionePiemonte; Maria Alberta Manzon(Sezione Friuli Venezia Giulia);Franca Balletti (Sezione Liguria);Giorgia Guarino (Sezione Veneto);

Giorgio Pizziolo, Milena Caradonna(Sezione Toscana); EvimeroCrisostomi (rappr. Prov. di Terni),Chiara Bagnetti sezione Umbria;Sergio Salustri (Sezione Marche);Alfonso De Albentiis (SezioneAbruzzo); Alessandro Giangrande,Mauro Degli Effetti (rappr. Comune diRoma), Mario Spada e AlessandroPallottini (Sezione Lazio);PierGiuseppe Pontrandolfi e RosannaArgento (Sezione Basilicata); FrancoRossi (Sezione Calabria), FabrizioMangoni e Carla Majorano (SezioneCampania); Maurizio Carta (SezioneSicilia), Valeria Monno (SezionePuglia);Giovanni Ginocchini e PatriziaGabellini (Planum); Rita Micarelli,Manuela Capelli, Lorenzo Venturini,Anna Giani, Mariolina Besio, ChiaraLuisa Pignaris, Guido Liotti (esperti)

*Presidente della Commissione nazionaleUrbanistica partecipata e comunicativadell’INU. Segretario, Maria Rosa Morello, sede ospi-tante Emilia Romagna.

Commissione sviluppooperativo del pianoFausto Curti*

La commissione si è costituita nel2006 per indagare le tematiche dellivello operativo del piano riformato,della leva fiscale, del rapporto pubbli-co/privato e delle possibili incentiva-zioni nel processo di sviluppo urbano. Nel settembre 2007, in preparazionedel XXVI Congresso dell’Istituto, èstata organizzata una giornata distudi sul tema “La città, i progetti, leopere. Pianificazione operativa egoverno della qualità urbana”, i cuiatti sono pubblicati nel n. 101/2008di Urbanistica Dossier. L’incontro hadocumentato e discusso gli indirizzinormativi e soprattutto le buone pra-tiche sperimentate nelle diverse regio-ni del paese, per confrontarne gli esitie promuovere la diffusione delleesperienze che stanno dando i risulta-ti migliori. La prospettiva di riforma propostadall’Istituto racchiude un potenzialedi innovazione gestionale ancora

poco esplorato. Il programma di lavo-ro originariamente redatto mantienedunque la sua rilevanza e viene lar-gamente riproposto, seppure con undiverso accento. Negli anni a venirebisognerà saper adattare strumentiancora poco consolidati nella prassiurbanistica corrente – la perequazio-ne territoriale e non solo urbanistica,la compensazione, l’incentivazioneselettiva – al mutare della congiuntu-ra del mercato immobiliare (che siavvia verso la flessione) e delle ambi-zioni costituenti della legislatura,messa in tensione da tentativi diriforma federalista della fiscalitàlocale e da ipotesi di riordino delsistema amministrativo, almeno per lemaggiori aree metropolitane. Tra i temi salienti che saranno ogget-to di approfondimento nel seguito deilavori:

Perequazione territoriale e intercomu-nalità solidale. Per facilitare scelteconcordate tra comuni limitrofi intema di risparmio di suolo e riduzionedelle esternalità negative sull’ambien-te e il paesaggio è fondamentale ilricorso alla perequazione/compensa-zione territoriale. Raccordo traapprocci strategici che attivano giochia somma positiva nello sviluppo loca-le, e strumenti redistributivi chebilanciano esternalità e benefici tra icomuni vicini. Dalla ripartizioneperequativa delle entrate alla pro-grammazione condivisa delle spese discale intercomunale: servizi, infra-strutture, impianti ambientali.

Perequazione/compensazione urbani-stica. Necessità di adeguamento dellostrumento al modello tripartito(PS/PO/RUE): dall’allocazione pere-quativa dei diritti edificatori all’inter-no del Piano Regolatore di tradizionealla gestione del trasferimento deidiritti (TDE) nel corso dell’implemen-tazione del PO. Il ruolo cruciale dellefluttuazioni del mercato immobiliare ele difficoltà del TDE in fase recessiva.Approcci alternativi o complementari:l’uso combinato di misure perequati-ve, compensative e incentivanti.

Il confronto concorrenziale nella tra-sformazione urbana. L’assegnazione

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dell’edificabilità col PO, più a ridossodell’attuazione, consente di usare laleva concorsuale e la leva negozialeper governare strategicamente lagestione del piano: cioè per bandiregare tra proposte alternative capaci diselezionare i progetti migliori; nonchéper negoziare con esito utile ulteriorimigliorie locali ai progetti selezionati.Si tratta di un’altra questione crucialeper erodere posizioni monopolistichesul mercato fondiario locale e perl’implementazione efficiente del PianoOperativo, su cui non si dispone distudi organici né di una rassegnaesplorativa.

Negoziazione urbanistica e valutazio-ne dei progetti urbani. Le modalitàvalutative e negoziali portate avantidai comuni coi privati sono eteroge-nee, spesso improvvisate caso percaso, quasi sempre perdenti nelloscambio. Le risorse e le dotazioniacquisite al pubblico aggiuntiverispetto a cessioni standard e oneridovuti sono state in genere esigueanche in una fase espansiva del mer-cato immobiliare. Analisi di mercato,stime di fattibilità e conseguentiquote di ripartizione pubblico/privatodelle rendite indotte in rapporto aicosti pubblici connessi devono entra-re a far parte del normale bagaglioconoscitivo degli uffici urbanistici pernegoziare in modo più coerente, nonsolo a tutela dell’interesse pubblicoma anche per assicurare equità ditrattamento nei confronti dei promo-tori, sia all’interno del comune chetra comuni diversi.

Fiscalità urbanistica e programmazio-ne delle risorse. Merita ricordare chenel nostro paese la transizione all’au-tonomia fiscale è avvenuta negli ulti-mi anni, in un periodo di ripresaimmobiliare che ha alimentato il get-tito locale anche in presenza di unrallentamento della crescita economi-ca. Nondimeno, un rapido excursussulle principali voci di entrata deibilanci comunali evidenzia comel’imposizione sul patrimonio e sullavalorizzazione immobiliare, la tassa-zione e il negoziato sulle nuove edifi-cazioni, la tariffazione degli usi urba-ni penalizzino le aree più deprivate e

i soggetti sociali più deboli, contri-buendo al complessivo trasferimentodi ricchezza dai consumi collettivi edai settori produttivi ai detentori direndite. E’ dunque necessario riconsi-derare il tema della fiscalità urbani-stica non solo con riguardo ai prelievisul trasferimento dei diritti edificato-ri, ma più in generale per un recuperoal pubblico di svariate risorse (suolo,bonifiche, infrastrutture, ediliziasociale, servizi e beni ambientali,ecc.) rapportate sia all’edificabilitàassegnata sia alle opere pubblichepredisposte nell’area. Recuperando in parte le rendite gene-rate sembra possibile favorire il ripri-stino della capacità di carico urbana(ambientale e infrastrutturale) e l’ade-guamento delle dotazioni per il wel-fare locale nel corso del processo ditrasformazione urbana.

Diversi delle questioni indicate saran-no indagate in collaborazione conaltre commissioni e gruppi di lavorodell’istituto.

*Presidente della Commissione nazio-nale sviluppo operativo del piano.

The Town PlanningReview centenary

Call for papersCentenary Papers – AESOP

In 2010 the Town Planning Review will becelebrating its centenary. To mark thisimportant milestone, the Editors are pro-posing to publish a series of review papersthat record and reflect on the state-of-the-art in a range of topics within thegeneral field of town and regional plan-ning. Appropriate topics include urbanregeneration, environmental planning andmanagement, strategic and regional plan-ning, sustainable urban development,rural planning and development, trans-port planning, planning and urban gover-nance, planning methods, planning theo-ry, urban design, planning history andplanning education. The review papers should be written for aninternational audience and should there-fore communicate in clear straightfor-ward English, avoiding wherever possiblethe extensive use of academic and profes-sional jargon. Papers may focus onresearch, on professional practice or on acombination of the two. The preferredlength of papers is 8,000 – 10,000 words.The Editors would welcome expressions ofinterest and would be pleased to discussthe scope and content of proposed papers.If you would like to contribute to thesecentenary issues of the Review, please getin touch with one or other of the Editorsbefore 30th September 2008.

Submission deadline: 30th September200

Professor Peter Batey:[email protected]

Dr David Massey:[email protected]

Professor David Shaw:[email protected]

Professor Cecilia Wong: [email protected]

Visit the official site: http://www.aesop-planning.com/

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§ 5. Indipendenza 3.05.01 Il pianificatore territo-riale deve anteporre gli interes-si del cliente a qualsiasi altrointeresse anche di natura per-sonale.

3.05.02 Il pianificatore territo-riale deve ignorare qualsiasiintervento di terzi che potrebbeinfluire sulla corretta esecuzio-ne dei propri doveri professio-nali e che possa arrecare pre-giudizio verso il cliente, ameno che tali interventi sianofatti nell’esclusivo interessepubblico.

3.05.03 Il pianificatore territo-riale deve salvaguardare sem-pre la propria indipendenza edignità professionale ed evitareogni situazione dove possa tro-varsi in conflitto di interessi.Senza restringere la generalitàdi ciò che precede ed a titolomeramente esplicativo, il piani-ficatore territoriale: a) è in conflitto di interessiquando gli interessi in oggettosono così come può essere por-tato a preferire alcuni di loro aquelli del suo cliente o che ilsuo giudizio e la sua onestàverso quest’ultimo possono esse-re sfavorevolmente destinati;b) non è indipendente quandoper un determinato atto, vitrova un vantaggio personale,diretto o indiretto, attuale oeventuale.

3.05.04 Appena constatato chesi trova in una situazione diconflitto di interessi, il pianifi-catore territoriale deve avverti-re il cliente e può continuare asvolgere l’incarico solamente sevengono rimosse le cause chehanno determinato il conflittodi interessi.

3.05.05 Quando il pianificatoreterritoriale ha nel territoriointeressato dall’incarico profes-sionale degli interessi persona-

3.03.06 Il pianificatore territo-riale non può, eccetto per unagiusta e ragionevole ragione,cessare di agire per conto di uncliente. Costituiscono a taleparticolare fine ragioni giuste eragionevoli: a) la perdita della fiducia delcliente;b) l’incitamento, da parte delcliente, di compiere atti illegali,ingiusti o fraudolenti o contrarialle norme di legge e dell’arte; c) il fatto che il pianificatoreterritoriale sia in situazione diconflitto di interesse o in uncontesto tale che la sua indi-pendenza professionale potreb-be essere messa in dubbio; d) il fatto, per il cliente, di nonadempiere sistematicamenteagli obblighi previsti dal con-tratto stesso;e) uno stato di salute che rendeil pianificatore territoriale inca-pace di eseguire l’incarico pro-fessionale.

3.03.07 Prima di rinunciareall’incarico, il pianificatore ter-ritoriale, deve fare pervenire unpreavviso di rinuncia entro untermine ragionevole ed assicu-rarsi per quanto possibile chequesta cessazione di servizionon sia pregiudizievole neiconfronti del cliente.

§§ 44.. Responsabilità 3.04.01 Il pianificatore territo-riale, nell’esercizio della profes-sione, assume interamente ogniresponsabilità civile e penale.Gli è dunque vietato inserire inun contratto di servizi profes-sionali clausole che escludanodirettamente o indirettamente,in tutto o in parte, tali respon-sabilità.3.04.02 Il pianificatore territo-riale deve identificare con lasua firma e timbro tutti i docu-menti da lui stesso redatti epreparati o sotto la sua direzio-ne e responsabilità o ai qualicollabora.

§§ 33.. Disponibilità e diligenza3.03.01 Il pianificatore territo-riale deve dare prova, nell’eser-cizio della professione, di dis-ponibilità e diligenza conside-revoli.

3.03.02 Il pianificatore territo-riale deve mettere al serviziodel cliente tutte le risorse etutto il tempo richiesti dall’im-portanza, dal carattere e dallanatura dell’incarico.

3.03.03 Oltre ai pareri ed aiconsigli, il pianificatore territo-riale deve fornire al cliente lespiegazioni necessarie per lacomprensione ed il giudizio deiservizi oggetto dell’incarico.

3.03.04 A meno che non siadiversamente precisato nelcontratto, il pianificatore terri-toriale, quando il cliente lorichiede, deve spiegare lemodalità di esecuzione dell’in-carico.

3.03.05 Il pianificatore territo-riale deve dare prova di obietti-vità e di oggettività quandopersone suscettibili di diventarepotenziali clienti gli chiedonoinformazioni.

L’Assurb, in vista della predi-sposizione di appositi Codicideontologici per le nuovefigure professionali inseritein appositi Ordini, dopo averrichiamato le premesse (UI216), presenta la secondaparte (la prima è su UI 218)del testo che si fonda su trepresupposti: a) che i pianifi-catori territoriali e urbanistihanno un ruolo costituzio-nalmente rilevante (art. 117)perché il loro lavoro è desti-nato a prendere corpo all’in-terno di una azione di livelloistituzionale; b) che i piani-ficatori territoriali e urbani-sti esercitano la loro profes-sione esclusivamente neldominio pubblico, dunquenell’interesse generale, quin-di il loro operare ha comefulcro di riferimento il patri-monio collettivo e i benicomuni; c) che i pianificatoriterritoriali e urbanisti hannoresponsabilità non solo versola loro clientela, quantoanche verso pubblico e,soprattutto, verso le genera-zioni future, per questodevono esercitare la profes-sione in modo etico eresponsabile. (gdl)

ASSOCIAZIONE NAZIONALE URBANISTIPIANIFICATORI TERRITORIALI E AMBIENTALI

Membro effettivo del Consiglio Europeo degli Urbanistiwww.urbanisti.it

Codice di Deontologia dei pianificatori territoriali italiani

(seconda parte)

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mazioni riservate e delle diver-se utilizzazioni che di esse pos-sono essere fatte.

3.06.04 Il pianificatore territo-riale non deve rivelare che unapersona ha fatto ricorso ai pro-pri servizi professionali quandodalla conoscenza di questofatto può derivarne motivo dipregiudizio nei confronti dellapersona stessa.

3.06.05 Il pianificatore territo-riale deve evitare le conversa-zioni indiscrete su un cliente esui servizi professionali che glisono resi.

3.06.06 Il pianificatore territo-riale non deve usare informa-zioni di natura confidenzialeper arrecare un qualsiasi pre-giudizio o danno ad un clienteo, per ottenere, direttamente oindirettamente, un vantaggioper sé stesso o per altri.

§ 77.. Accessibilità agli attioggetto dell’ incarico3.07.01 Il pianificatore territo-riale deve rispettare il dirittodel cliente di prendere cono-scenza dei documenti che loriguardano e di rilasciarglienecopia.

§ 8. Fissazione e pagamentodegli onorari 3.08.01 Il pianificatore territo-riale deve chiedere ed accettareonorari giusti e ragionevoli.

3.08.02 Gli onorari sono giustie ragionevoli se sono giustifi-cati dalle circostanze e sonoproporzionati ai servizi resi. Ilpianificatore territoriale devetenere conto, in particolare, deiseguenti criteri per la fissazionedel proprio onorario professio-nale: a) il tempo dedicato all’esecu-zione del servizio professionale; b) la difficoltà e l’importanzadel servizio;

c) la prestazione di servizi digrande rilevanza o che esigonouna competenza o una celeritàeccezionali.

3.08.03 Il pianificatore territo-riale deve fornire al clientetutte le spiegazioni necessariealla comprensione dei criteriper la fissazione dell’ammonta-re dell’onorario e delle modali-tà di pagamento.

3.08.04 A meno che non siadiversamente previsto nel con-tratto, Il pianificatore territo-riale deve astenersi da esigerein anticipo il pagamento deisuoi servizi. Deve d’altra parteevitare di dare al cliente indi-cazioni di costo approssimativisui servizi professionali che glisono richiesti.

3.08.05 Il pianificatore territo-riale non può percepire interes-si sulle richieste di pagamentoin sofferenza soltanto dopoavere debitamente avvertitocon mezzi certi il cliente.

3.08.06 Prima di ricorrere aprocedure giudiziarie, il pianifi-catore territoriale deve esauriregli altri mezzi di cui disponeper ottenere il pagamento delleproprie spettanze.

3.08.07 Il pianificatore territo-riale può cedere i propri creditisoltanto nelle forme previstedalla legge.

3.08.08 Quando il pianificatoreterritoriale affida ad altri il cre-dito derivante dai propri ono-rari, deve assicurarsi che questiprocedano di solito con tatto ediscrezione.

Sezione IV - Doveri ed obbli-ghi verso la professione § 11.. Incarichi e funzioniincompatibili 4.01.01 Le attività di mediazio-ne immobiliare e fondiaria

sporre atti, piani, progetti orelazioni per conto di un altrocliente che riguardano ancheuna parte qualunque del terri-torio facente parte di quellapubblica amministrazione,senza essere stato autorizzatoin anticipo e per iscritto inogni caso dall’organo consiliaredell’ente pubblico. Tale autorizzazione non è tut-tavia necessaria dopo l’interve-nuta approvazione degli studi,piani, progetti o relazioni effet-tuate per conto della pubblicaamministrazione.

3.05.11 Ai sensi dell’art. 41 bisdella Legge n. 1150 del 17 ago-sto 1942, come integrata emodificata, i professionistiincaricati della redazione di unpiano regolatore generale o diun programma di fabbricazionepossono, fino alla approvazio-ne del piano regolatore genera-le o del programma di fabbri-cazione, assumere nell’ambitodel territorio del Comune inte-ressato soltanto incarichi diprogettazione di opere edimpianti pubblici.

§§ 66.. Segreto professionale 3.06.01 Il pianificatore territo-riale deve rispettare il segretodi ogni informazione di naturaconfidenziale ottenuta nell’e-sercizio della professione.

3.06.02 Il pianificatore territo-riale può essere esonerato dalsegreto professionale soltantocon l’autorizzazione esplicitadel suo cliente o del suo datoredi lavoro o quando gli vieneordinato dalla legge.

3.06.03 Quando un pianifica-tore territoriale chiede ad uncliente di rivelargli informazio-ni di natura riservata o quandotali informazioni gli sono affi-date, deve assicurarsi che ilcliente sia interamente al cor-rente dello scopo di tali infor-

li, in particolare fondiari,suscettibili di influenzare i pro-pri servizi professionali, èobbligato ad informare il clien-te e, se necessario, rifiutarel’incarico o proporre l’annulla-mento.

3.05.06 Il pianificatore territo-riale può condividere i proprionorari con altri professionistisoltanto nella misura in cuiquesta divisione corrisponde aduna ripartizione dei servizi edelle responsabilità.

3.05.07 Il pianificatore territo-riale, fatta eccezione per laremunerazione alla quale hadiritto, deve astenersi di riceve-re, di versare o promettere diversare ad altri somme relativeall’espletamento dell’incaricoprofessionale.

3.05.08 A fronte del servizioprofessionale offerto, il pianifi-catore territoriale deve accetta-re le somme relative all’onora-rio pattuito dal solo cliente, ameno d’intesa esplicita o diver-sa tra tutte le parti interessate.Deve accettare il pagamentodell’onorario soltanto del clien-te o suo rappresentante.

3.05.09 Il pianificatore territo-riale deve generalmente agire,nello stesso incarico, soltantoper una delle parti in causa. Sei propri doveri professionaliesigono che agisca diversamen-te, deve precisare la naturadelle proprie responsabilità edeve tenere tutte le parti inte-ressate informate cessando diagire se la situazione diventainconciliabile con il propriodovere d’imparzialità.

3.05.10 Quando il pianificatoreterritoriale agisce come consu-lente nominato nelle materie dicompetenza, per conto di unapubblica amministrazione, nonpuò effettuare studi o predi-

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dere di essere esonerato.

4.03.08 Il pianificatore territo-riale, nella necessità che vi èoggi di una sempre maggioreintegrazione fra diversi apportidisciplinari e pratiche profes-sionali che non deve intaccarei fondamenti di ogni professio-ne o portare all’omologazione,ma semmai arricchire e dotaredi flessibilità ed apertura ognisingola professione, si adoperaper dare visibilità ed eventual-mente consolidare la propriaprofessionalità, nella convin-zione che solo attraverso unasolida e chiara identità profes-sionale è possibile cooperarecon altri per costruire progetti,piani, programmi ed interventiintegrati.

4.03.09 Il pianificatore territo-riale, è consapevole che lediverse professioni hannonorme etiche e deontologicheche orientano e guidano il lorolavoro. La reciproca conoscen-za diviene una responsabilitàetica di ogni professionista permeglio comprendere i valori, iprincipi operativi, i doveri cuiogni professione si vincola, pervalorizzare i contenuti comuni,per sostenerli insieme nell’eser-cizio professionale a vantaggiodel bene comune in tute le suedimensioni.

4.03.10 Il pianificatore territo-riale, nel lavoro in équipemono o pluriprofessionale,deve adoperarsi affinché sigiunga a decisioni, progetti,programmi, interventi, sceltecondivisi, dei quali ogni com-ponente professionale si senta esia personalmente responsabile,e l’équipe assuma responsabili-tà comune e la gestisca cometale.

4.03.11 Il pianificatore territo-riale, è consapevole che nellacollaborazione tra professioni-

sti è necessario che venganoesercitate una cultura e dellemodalità di lavoro idonee arispettare le specificità e l’auto-nomia di ogni professione e lapari dignità di ogni professio-nista.

4.03.12 Il pianificatore territo-riale è consapevole che nellavoro interdisciplinare i singo-li professionisti rispettano iparadigmi scientifici, metodo-logici e tecnici delle diversediscipline, si adoperano perrenderli chiari, comprensibili econdivisi ai professionisti dialtre discipline, si impegnano aconsiderare le differenze disci-plinari come una ricchezza dautilizzare per affrontare biso-gni, domande e problemi dellasocietà e a discernere gliapprocci disciplinari che possa-no meglio sostenere l’impegnoprofessionale.

§ 4. Contributo all’accrescimen-to della professione4.04.01 Il pianificatore territo-riale deve, nella misura dellesue possibilità, favorire ed aiu-tare lo sviluppo della professio-ne mediante l’interscambiodelle conoscenze e dei saperiacquisiti e della propria espe-rienza con i colleghi, gli stu-denti ed ogni persona cheopera anche in altri settoridisciplinari, e partecipare acorsi e stages di formazionecontinua ed a programmi diinformazione afferenti la piani-ficazione territoriale, urbanisti-ca ed ambientale.

4.04.02 Il pianificatore territo-riale in considerazione dellacomplessità dei problemi di cuisi occupa ha il diritto-dovere dicurare la propria formazionecontinua, personale e profes-sionale, e l’aggiornamentorispetto alle evoluzioni discipli-nari ed al progresso scientificoe tecnologico al fine di garan-

corrispondenza che provienedall’Ordine.

4.03.03 Il pianificatore territo-riale deve rispettare i propricolleghi ed in genere tutti iprofessionisti iscritti ad altrialbi ed elenchi. Se li critica,deve dare prova di obiettività,di giustizia e di moderazione.

4.03.04 Il pianificatore territo-riale non deve carpire la buonafede di un altro collega o ren-dersi colpevole verso lui di unabuso di fiducia o dell’adozionedi metodi sleali. Deve in parti-colare astenersi da:a) comportamenti che tendonoad ottenere da un cliente unincarico per il quale, come giàa sua conoscenza, è stato inter-pellato e presa in considerazio-ne l’offerta di servizi di unaltro collega; b) qualsiasi offerta di serviziprofessionali a persone con lequali il proprio datore di lavoroha regolari rapporti professio-nali inerenti un atto di pianifi-cazione in corso di elaborazio-ne, quando quest’offertariguarda tale medesimo atto.

4.03.05 Il pianificatore territo-riale non deve attribuirsi ilmerito di un lavoro svolto daun altro collega. È obbligato acitare le fonti utilizzate per l’e-laborazione dei piani, progetti,relazioni che elabora.

4.03.06 Il pianificatore territo-riale che viene consultato daun collega deve fornire nonappena possibile a quest’ultimola propria opinione e le proprieraccomandazioni.

4.03.07 Il pianificatore territo-riale che collabora con un col-lega deve garantire la propriaindipendenza professionale. Segli viene affidato un compitocontrario alla propria coscienzao ai propri princìpi, può chie-

sono incompatibili con l’eserci-zio della professione di pianifi-catore territoriale nel territoriooggetto di incarico.

§ 2. Atti in deroga 4.02.01 Oltre a quelli checostituiscono violazione dellenorme di legge, sono in viola-zione della dignità della profes-sione, i seguenti atti: a) il fatto di indurre qualcunoin maniera insistente o ripetu-tamente a ricorrere ai suoi ser-vizi professionali; b) l’impiego di agenti per pro-cacciare o per sollecitare even-tuali clienti;c) il fatto di comunicare con ilsoggetto reclamante senza ilpermesso scritto dell’Ordine,quando è informato di un’inda-gine sulla propria condotta o lapropria competenza professio-nale o quando ha ricevutonotizia di un reclamo sul pro-prio conto; d) non segnalare all’Ordine,quando ne viene a conoscenza,che un pianificatore territorialederoghi dalle norme di deonto-logia professionale; e) corrompere o colludere alloscopo di ottenere un incaricoprofessionale o qualsiasi altrovantaggio personale diretto oindiretto;f) colludere con chiunque alloscopo di favorire o impedire larealizzazione o la modifica diun progetto.

§ 3. Rapporti e relazioni conl’ordine ed i colleghi4.03.01 Il pianificatore territo-riale a cui l’Ordine richiede dieseguire il tutoraggio in unoccasione del tirocinio, di par-tecipare ad un collegio arbitra-le, etc. , deve accettare questafunzione a meno che non visiano ragioni eccezionali.

4.03.02 Il pianificatore territo-riale deve rispondere nonappena possibile a qualsiasi

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Sezione VI - Sanzioni6.01.01 La vigilanza del rispet-to delle vigenti norme deonto-logiche e l’applicazione scrupo-losa e tempestiva di quanto inesse previsto costituisce obbli-go inderogabile per i compo-nenti del Consiglio dell’Ordine.

6.01.02 Le sanzioni previsteper le violazioni alle presentinorme sono, per analogia:l’avvertimento, la censura, lasospensione e la cancellazioneai sensi dell’art. 45 del R.D.23.10.1925, n. 2537.Sono fatte salve, comunque, lesanzioni disposte dalle leggidello Stato.

6.01.03 Ogni infrazione relati-va ad incompatibilità, concor-renza sleale, partecipazione aconcorsi diffidati, mancatorispetto dei principi generali dicui alla Sezione III, e comun-que in grado di arrecare danno materiale o morale a terzi,comporta la sanzione dellasospensione fino a tre mesi.

6.01.04 Le violazioni non pre-viste all’articolo precedentecomportano la sanzione del-l’avvertimento o della censura.

6.01.05 Nei casi di recidivitàrelativi ad infrazioni previste aiprecedenti articoli sono com-minabili sanzioni corrispon-denti alla categoria di infrazio-ne immediatamente superiore, ecomunque, nei limiti dellasospensione di mesi sei.

6.01.06 La sospensione per unperiodo superiore ai sei mesi ela cancellazione saranno dispo-ste nei casi previsti dalle Leggie nei casi di recidività, o diperdita dei diritti necessari perl’iscrizione all’albo.

taria, è sempre responsabile delrispetto delle norme relativealla pubblicità, a meno che ilmessaggio pubblicitario indichichiaramente il nome del piani-ficatore territoriale che ne èdirettamente responsabile.

5.01.07 Il pianificatore territo-riale deve conservare una copiaintegrale di qualsiasi pubblicitànella sua forma originale, perun periodo non inferiore ad unanno decorrente dalla data del-l’ultima diffusione o pubblica-zione. A richiesta del Consigliodell’Ordine di appartenenza lacopia deve essere esibita.

§ 2. Simbolo grafico della pro-fessione5.02.01 Il settore della pianifi-cazione territoriale dell’Ordineè contraddistinto da un simbo-lo grafico conforme all’origina-le detenuto dal segretario delConsiglio Nazionale. Quandoun pianificatore territorialeriproduce il simbolo grafico inuna dichiarazione o un mes-saggio pubblicitario, deve assi-curarsi che sia conforme all’o-riginale detenuto dal segretariodel Consiglio Nazionale.

5.02.02 Il simbolo grafico checontraddistingue il Settoredella Pianificazione territorialeè costituito da un sole giallo,simbolo della luce e della crea-zione, somigliante ad una rosadei venti per significare lacapacità di posizionarsi neltempo e nello spazio. Ciò pren-de ispirazione dalla Carta diAtene del 1928 che fu la primapresa di posizione ecologica edello sviluppo sostenibile.

5.02.03 Il simbolo grafico checontraddistingue il Settoredella Pianificazione territorialeè riprodotto nel timbro identifi-cativo di ogni pianificatore ter-ritoriale.

tire prestazioni qualificate,competenti ed appropriate. Siimpegna per tale motivo ancheper promuovere il coinvolgi-mento di chi ha la responsabi-lità di favorire azioni formativee di cercare le condizionimigliori per attuarle.

Sezione V - Restrizioni edobblighi relativi alla pubblicità 5.01.01 Il pianificatore territo-riale non può fare o permettereche sia fatto, con qualunquemezzo, pubblicità falsa, ingan-nevole, incompleta o suscettibi-le di indurre in errore.

5.01.02 Il pianificatore territo-riale non può attribuirsi qualitào capacità professionali parti-colari, in riferimento sia versoil proprio livello di competenzao nei riguardi della dimensioneo dell’efficacia dei propri servi-zi professionali, soltanto se è ingrado di giustificarli dietro spe-cifica richiesta.

5.01.03 Il pianificatore territo-riale non può utilizzare metodipubblicitari che possono deni-grare o sminuire un altro pia-nificatore territoriale o un altrocollega, in genere.

5.01.04 Il pianificatore territo-riale, nella pubblicità, devepreoccuparsi che le precisazio-ni ed indicazioni del messag-gio pubblicitario devono esseretali da informare una personache non è a conoscenza delsettore della pianificazione ter-ritoriale, urbanistica edambientale.

5.01.05 Il pianificatore territo-riale deve, in qualsiasi dichia-razione o ogni messaggio pub-blicitario, indicare il proprionome ed il titolo professionale.

5.01.06 Il pianificatore territo-riale, sia in forma individualeche in forma associata o socie-

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a cura di Ruben Baiocco

Librie altroviene analizzato il peso cheassume la copianificazionetra enti e attraverso qualistrumenti metodologici eprocedurali venga messa inatto. La descrizione è accura-ta e dettagliata, l’iter legisla-tivo è letto in relazione all’obbligatorietà o meno dellacopianificazione tra Comuni,Province e Regioni, alla tem-pistica, alla scelta adottatadalle singole regioni rispettoalle procedure attuative,quali la Conferenza deiServizi e la Conferenza diPianificazione. Le pratiche dicopianificazione, riassunte intavole sinottiche per ciascu-na regione, permettono divalutare per ciascun caso, edanche di porre a confronto,le differenti modalità diinclusione previste dallelegislazioni regionali, nonsolo per quanto concernel’approccio collaborativo tragli enti, ma soprattutto l’a-pertura alla cittadinanza,associazioni e gruppi di inte-resse nel processo di Piano,evidenziando al contempoperò l’assenza della figuradello Stato all’interno di que-ste procedure.Emerge così un panoramavariegato che pur mostrandodifferenti gradi di avanza-mento del processo di copia-nificazione, rende chiaro cheesso è ormai divenuto se nonuna prassi in tutte le realtàlocali, un obiettivo da rag-giungere come miglioramen-to dell’iter di Piano, sia essocomunale, provinciale oregionale. Alcuni regionicome Toscana ed EmiliaRomagna mostrano di averraggiunto un grado avanzatodi copianificazione, mentrealtre come il Lazio e laPuglia non hanno ancoraadottato procedure esplicitein tal senso. In tutte le legis-lazioni regionali emergecomunque una tensionecostante al superamento del

Piano cosiddetto “a cascata”,ossia con una procedura diapprovazione gerarchica tragli enti, e di un “rovescia-mento” delle responsabilitàdel Piano verso la realtàlocale più legata al territorio,vale a dire il Comune. Se lacopianificazione è quindiassurta a valore positivo,perché espressione di un rap-porto collaborativo, di rela-zione “orizzontale” ossiaparitetica tra gli enti, allostesso modo viene sottolinea-to il pericolo che essa siriduca ad una mera procedu-ra burocratica che consentelo snellimento dell’iter delPiano, anziché un processoconcreto e reale di coproget-tazione che si sviluppi assie-me al Piano stesso, dai docu-menti e relazioni preliminari,fino alla stesura degli elabo-rati grafici. E’ quindi un pro-cesso ancora suscettibile dimigliorie nella sua concretarealizzazione dove le pratichepartecipative giocano unruolo fondamentale.Le considerazioni conclusivesono demandate ai curatoridel volume: si tratta di unbilancio delle esperienze pre-sentate e viene preso inesame lo stato di avanza-mento del disegno di leggesul governo del territorio inPiemonte.Anche qui la Conferenza diCopianificazione tiene insie-me tutte le fasi del Piano, dalreperimento dei dati necessa-ri alla stesura del QuadroConoscitivo, dei DocumentiPreliminari e dellaValutazione Ambientale sinoai veri e propri elaborati diPiano. Gli autori riconoscono comeil processo sussidiario ecooperativo tra enti sia l’ele-mento cardine dei piani dicosiddetta “terza generazio-ne” ma ammoniscono sullanecessità di costruire ancoraun lessico e delle pratiche

Le Conferenze diPianificazione per il Governodel TerritorioCarolina Giamo (a cura di)Centro Stampa RegionePiemonte, Torino, Novembre2007

La riforma del Titolo V dellaCostituzione ( legge costitu-zionale 3/2001) ha prodottoun cambiamento strutturalenei rapporti non solo traStato e Regioni, ma ancorpiù in quelli tra gli enti loca-li, modificandone la naturain maniera radicale. Questosovvertimento legislativoinveste in maniera sostanzia-le la legislazione urbanistica,ove si afferma la natura con-corrente della materia riguar-dante il governo del territo-rio, traslando così verso il“basso” i centri di decisionein tale ambito e i comuni,più di tutti gli altri enti loca-li, vedono incrementato illoro ruolo.Questo è lo scenario da cuiprende avvio la ricerca coor-dinata dall’INU Piemonte eValle d’Aosta, in occasionedella stesura della nuovaLegge urbanistica Regionaledella Regione Piemonte.Oggetto della ricerca sono leConferenze di Pianificazione,come strumento metodologi-co cardine su cui impostarela cooperazione tra gli enti

locali. Questo tema diviene lalente attraverso cui si appro-fondiscono i due principalifiloni di indagine: una valu-tazione complessiva dellostato dell’arte in materiaurbanistica, ossia a chepunto si è arrivati, e conquali esiti, nella pianificazio-ne urbanistica, oggetto delprimo e secondo capitolo delvolume; e una riflessionesugli strumenti di coopera-zione e copianificazione, pre-sentata nel capitolo conclusi-vo. Il Capitolo terzo e quartosono uno specifico studiodella realtà del Piemonte:sono presentati i caratteriprincipali dei comuni, facen-do il punto sullo stato legis-lativo della Regione e suquali siano le prospettive digovernance del territoriosecondo un’ottica di copiani-ficazione.La descrizione degli strumen-ti posti in essere da ciascunalegge regionale è affidata adun autore ogni volta diverso:vengono prese in esameundici regioni divise in duemacro – famiglie. Lombardia,Toscana, Umbria, Campania,Veneto, Calabria e Pugliahanno adottato una nuovaLur dopo la Riforma delTitolo V, mentre le leggi anteRiforma sono quelle diEmilia Romagna, Basilicata,Lazio e Liguria. Per ciascuna

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Urbanistica INFORMAZIONI

comuni in tal senso. Le dis-parità legislative tra le singo-le realtà regionali generanoconfusione anche sugliaspetti sostanziali del signifi-cato di copianificazione esulla genericità delle indica-zioni tanto che di frequentele Conferenze non vengonoconcluse con la stipula diAccordi di Pianificazione. Il testo è dunque un utilestrumento per fare il puntosu i nuovi processi di gover-nance dai quali emerge sìuna “frammentazione gestio-nale” del territorio regionalee nazionale, causando talvol-ta la marginalizzazione dialcune aree, ma anche unchiaro segno di come lagestione territoriale stia dive-nendo sempre più un proces-so cooperativo e partecipati-vo, gestito e promosso daquegli enti che più sono vici-ni al territorio stesso.

Valentina AntoniucciOmar Tommasi

Roberto Gallia, Manuale dilegislazione urbanistica eregolamentazione edilizia. Laregola dell’arte,Legislazione Tecnica Editrice,Roma, 2007, pp. 223, euro36,00.

A soli otto mesi dalla primaesce la seconda edizione,ampliata e rielaborata, delManuale di legislazioneurbanistica ed edilizia. Laregola dell’arte di RobertoGallia. Concepito in forma“manualistica”, il libro èfinalizzata a mettere ordineal complesso insieme dinorme e procedure che rego-lano il “governo del territo-rio”. La seconda edizione siarricchisce di approfondi-menti, ed è articolata in ottocapitoli: Norme e regole; Lalegislazione urbanistica; Ilpiano comunale; I pianisovracomunali; La normativa

tecnica del territorio; I pro-grammi di attuazione; Laregolamentazione dell’attivitàedilizia; La normativa tecnicadell’edilizia.Il primo capitolo getta le basiconcettuali per l’intera tratta-zione, introducendo il con-cetto di “norma giuridica” eillustrando il sistema dellefonti del diritto, per poigiungere alle definizioni spe-cifiche di “norma e regolatecnica”. Dalla Costituzionedel 1948 alla “regionalizza-zione”, alla riforma costitu-zionale e amministrativa, perchiarire a quali soggetti isti-tuzionali sia attribuito ilpotere normativo e regola-mentare. Il capitolo si con-clude con un approfondi-mento sulla questione “poterie competenze” nelle materiedi cui all’art. 117 del rifor-mato Titolo V dellaCostituzione, la cui attribu-zione, soprattutto nei casi diconcorrenza Stato-Regioni,ha generato innumerevoliconflitti giurisprudenziali. Lacosiddetta “legge La Loggia”(di attuazione della riformadel 2001), prevedendo decretilegislativi di ricognizione deiprincipi fondamentali dellematerie, ha inoltre sollevatoulteriori osservazioni sullanatura stessa dei “principifondamentali”, rimesse inevi-tabilmente al giudizio dellaCorte costituzionale.Fa da premessa al secondocapitolo una descrizione del-l’attuale situazione legislativain materia di governo delterritorio. I tentativi falliti diriforma, sia in sede parla-mentare – con l’approvazio-ne di un testo di legge unifi-cato dei provvedimenti pre-sentati nel corso della XIVlegislatura – che governativa,con la redazione di un decre-to legislativo di ricognizionedei principi fondamentalidella materia, tratti dallalegislazione vigente. Ciò pre-

messo l’autore ricostruisce lastoria della legislazione urba-nistica, dalle origini a oggi,dalle leggi nazionali a quelleregionali, evidenziando diqueste la portata innovativa– articolazione strutturale-operativa del piano, mecca-nismi perequativi e compen-sativi – che in condizione dilassimo/incapacità delloStato, ha avviato nei fatti ilprocesso di riforma in corso.Segue un’analisi più detta-gliata e aggiornata, rispettoalla prima edizione, deglistrumenti relativi ai duelivelli fondamentali di piani-ficazione: comunale e sovra-comunale (rispettivamentecapitoli terzo e quarto). Eparimenti viene ampliato iltema della “normativa tecni-ca del territorio”, così defini-ta dall’autore (capitolo quin-to): si tratta in pratica del-l’insieme di regolamentazionia carattere essenzialmentetecnico, che interferisconocon le regolamentazioni diordine urbanistico, ovvero leprescrizioni in materia di:barriere architettoniche,rischio sismico, controllo deipericoli da incidenti rilevanti,disciplina delle infrastrutturedi trasporto, gestione delrumore ambientale, conteni-mento dell’inquinamentoluminoso e dell’esposizioneai campi elettrici e magnetici.Il sesto capitolo riproponequasi integralmente il temadei “programmi di attuazio-ne”.Data la crescente rilevan-za del “fattore localizzativo”nel contesto delle politicheper lo sviluppo, appareopportuno, secondo l’autore,trattare da un lato le regolealla base della allocazione eripartizione delle risorsefinanziarie pubbliche, dall’al-tro la finalizzazione di questeall’attuazione di obiettivispecifici, coerenti con l’attua-le modello di sviluppo, più omeno “sviluppo sostenibile”.

Ciò premesso, l’autore tentauna ricostruzione storica(dalla seconda metà del ’900ad oggi) delle politiche disviluppo in Europa e inItalia, illustrando poi i pro-grammi di sviluppo presentinella normativa nazionale,utilizzati “pressoché esclusi-vamente per giustificare laspesa pubblica”, e solo spo-radicamente per coordinaregli obiettivi di sviluppo in undeterminato territorio dicompetenza.Segue un richiamo alla Vas,recepita prima da alcuneregioni, e poi, a seguito diuna procedura di infrazione,a livello nazionale (Dlgs152/06), procedendo poi aillustrare gli strumenti diprogrammazione su scalaurbana, ricostruendo glieventi che hanno portato allagraduale introduzione gra-duale dei “programmi com-plessi”.Infine il tema della program-mazione delle infrastrutture,in linea con le attuali ten-denze delle politiche comuni-tarie di sviluppo, dirette apromuovere la competitivitàe la attrattività dei territori,attraverso opportune “azioniorizzontali”, ovvero investi-menti volti a potenziare lereti infrastrutturali – ricor-rendo anche a complesse tec-niche di finanziamento, com-prendenti diverse soluzioni dipartenariato pubblico-privato– la ricerca, la formazione el’aggiornamento. Coerentecon l’orientamento europeo,la normativa italiana diregolamentazione dell’usodelle risorse finanziarie tendea promuovere gli investi-menti in infrastrutture conl’obiettivo di creare “esterna-lità” favorevoli al generalesviluppo del territorio.Effettuata una ricostruzionedelle vicende normative egiurisprudenziali relative aquesta materia, l’autore

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affronta tre importanti que-stioni connesse: la program-mazione dei lavori pubblici;la gestione dei vincoli preor-dinati all’esproprio; il Pianoeconomico finanziario (Pef)delle infrastrutture.Il settimo capitolo tratta laregolamentazione dell’attivitàedilizia, soffermandosi inparticolare sulla disciplinadei titoli abilitativi, sul con-tributo di costruzione, sull’a-gibilità degli edifici e sulcontrollo dell’attività ediliziae terminando con una brevetrattazione sugli istituti di“semplificazione” ammini-strativa: sportello unico perl’edilizia e per le imprese e“modello unico digitale perl’edilizia”, sul quale si infor-ma il lettore dello stato diattuazione.L’ultimo capitolo si apre conuna premessa-denuncia del-l’autore, secondo il quale ilDpr 380/01 avrebbe potutosegnare un passo avantiverso la definizione di un“codice unitario per il gover-no del territorio”, mente lacarenza di norme relative atemi strettamente connessialla normativa tecnica dell’e-dilizia, lo porta ad affermareche “non sembra ... che sidelinei una evoluzione intale direzione».Fornite le definizioni prelimi-nari di “specifica tecnica”,“norma” e “regola tecnica”,l’autore analizza le normedella seconda parte del T.U.Edilizia – in particolareriguardo: sicurezza staticadegli edifici e delle fondazio-ni; eliminazione delle barrirearchitettoniche; sicurezzadegli impianti; contenimentodei consumi energetici – equelle invece “trascurate”dalllo stesso: requisiti igieni-co-sanitari dei locali di abi-tazione; requisiti acusticipassivi degli edifici; protezio-ne delle costruzioni dagliincendi; efficienza energetica

degli edifici; autorizzazioneintegrata ambientale. Chiudeil volume un approfondi-mento sul tema dell’edilizia“sostenibile” nelle politichedell’Unione europea e nellenorme regionali,Nel testo sono distribuitenumerose, e utili, “tabelle” disintesi delle disposizionilegislative, anche regionali, e“riquadri fuori testo” cheracchiudono definizioni, spe-cificazioni, citazioni normati-ve e “antologie” varie. Infine,l’appendice (Norme nazionalie Leggi regionali), aggiornatae ampliata, mentre i testi deiprovvedimenti elencati sononel Cd-Rom allegato al volu-me.Nel complesso il volumerisulta ancora di chiara efacile lettura e consultazione,con il lodevole intento diintegrare in un unico testo,trattazioni “manualistiche”relative ad aspetti normativicon costanti richiami a scrittidi antologia riguardanti lostesso oggetto.Rossana Corrado

Maurizio Tira e MicheleZazziPianificare le reti ciclabiliterritoriali Editore Gangemi, Roma,2007

Nell’esiguo panorama nazio-nale degli studi specificata-mente dedicati alla mobilitàciclistica, il testo curato escritto da Maurizio Tira eMichele Zazzi per l’editoreGangemi colma una lacuna,ponendosi come un supportometodologico e conoscitivo atutti i soggetti coinvolti neiprocessi di pianificazione ter-ritoriale. Le fonti e moltidegli spunti di questo lavorosono recepiti prevalentemen-te dalla letteratura nord ame-ricana, soprattutto per quelche riguarda gli aspetti

ambientali e paesaggistici(green way), e nord europea(in riferimento ai parametriinfrastrutturali ed ai datisulla mobilità ciclistica).Questo studio non solo costi-tuisce un insieme di cono-scenze tecniche e scientificheutili agli amministratori pub-blici o agli altri attori chepartecipano alla programma-zione locale, ma ambisceanche ad inquadrare la mate-ria trattata nel più vastoambito di una nuova accessi-bilità al territorio (e quindidella fruizione dello stesso), e- più in generale - nel conte-sto della crescente attenzioneverso il tema della responsa-bilità sociale nei confrontidell’ambiente e delle risorselocali.La ricerca qui presentata ori-gina da una semplice consta-tazione: in Italia non esisteuna rete di itinerari ciclabiliestesa ed organizzata comein molti altri paesi europei, e,forse in misura ancora mag-giore, manca l’idea stessadella pianificazione su scalaterritoriale di tale rete: gli iti-nerari ad oggi esistenti sonoepisodici, sorti con finalitàfortemente specializzate. Dalla ricognizione dellasituazione attuale emerge inparticolare come le iniziativeintraprese siano circoscrittead aree prevalentementeurbane o periurbane, limitan-dosi di fatto al solo raggiocomunale. Se, da un lato,manca una regia pubblicanella creazione di una retecoordinata di percorsi ed iti-nerari ciclabili, dall’altro latosi possono rintracciare nelfenomeno dell’associazioni-smo sportivo positivi segnalidi attivismo, che possonofunzionare da traino per unanuova gestione del problema.La Federazione ItalianaAmici della Bicicletta (FIAB)ha avanzato la proposta dicreare una rete nazionale,

che si inserisca nella retedegli itinerari europeiEurovelo, promossadall’European CyclistFederation (ECF), ed ancheuna rete di itinerari locali. Nonostante questi percorsinon siano ufficialmente rico-nosciuti o inseriti in alcunospecifico strumento di piani-ficazione, ma visto tuttavia ilcrescente interesse nei con-fronti del tema, è opinionedegli autori che tali itineraricostituiscano una grandepotenzialità, e debbano altre-sì rappresentare un indirizzovincolante per ogni azioneda intraprendere. Tra leosservazioni che emergono, eche possono fungere daspunto nella creazione di unarete di percorsi ciclabili risul-tano: la conservazione delterritorio, lo sviluppo di eco-nomie di piccola scala, lavalorizzazione dell’intermo-dalità del trasporto.Quali sono i riferimenti nor-mativi in vigore in Italia? Lalegislazione statale, necessa-ria per uniformare e coordi-nare gli interventi e i criteridi valutazione, si basa prin-cipalmente su due provvedi-menti:- legge 366/98, “Norme per ilfinanziamento della mobilitàciclistica”;- Decreto Ministeriale557/99, Regolamento recantenorme per la definizionedelle caratteristiche tecnichedelle piste ciclabili”.La legge 366/98 di fatto pre-vede un incentivo per leamministrazioni locali a pre-sentare dei progetti, anche inbase all’emanazione di unaspecifica legislazione regio-nale. Il successivo decreto èin pratica un documento tec-nico, in cui all’articolo 3vengono definiti gli strumen-ti della pianificazione: i“Progetti degli itinerari” e, alfine della loro individuazio-ne, il “Piano della rete degli

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Page 100: Agenda La riqualificazione di Niddrie, Edinburgh Indice · a cura di Daniela De Leo, p. 33 QSN 2007/2013: specificità Vs emergenza Massimo Zupi, p. 34 ... Cartasì Visa Mastercard

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itinerari ciclabili”.Particolarmente rilevante èl’articolo 2, che stabiliscefinalità e criteri della proget-tazione, puntando sullamobilità ciclistica comealternativa al trasporto amotore, sulla riconoscibilitàdell’itinerario, sulla redditivi-tà dell’investimento, sullafattibilità e l’utilizzo realedegli itinerari.Ed è proprio intorno a questiquattro punti che, per cercaredi fornire un importantecontributo scientifico, la pre-sente ricerca si è soffermatacon incisività, nei capitolidedicati alla definizione delquadro delle conoscenze pro-pedeutiche e dei criteri dipianificazione della mobilitàciclistica territoriale.Se un pregio di questa legis-lazione è quello di lasciareuna certa libertà d’azioneagli enti locali - visto ancheche si ha a che fare con ter-ritori aventi caratteristichepeculiari e molto diverse traloro - un difetto vieneriscontrato nella mancanzadi una differenziazione tra ivari livelli dei finanziamenti:sia per i singoli progetti, siaper la programmazione suscala più vasta questi sonoposti sullo stesso piano, conil rischio dell’assenza di unavisione generale.Il primo aspetto trattatoriguarda l’offerta territoriale:questa viene intesa corretta-mente come l’insieme delledestinazioni e dei percorsi dipotenziale interesse per ifruitori, ed appare chiarocome essa possa variare aseconda della tipologia diutenti ai quali ogni itinerarioè rivolto.Per indicare coerentemente lefinalità e gli obiettivi di unpiano della mobilità ciclisti-ca, appare opportunocostruire il quadro dellemodalità con cui ci si muovesul territorio, a maggior

ragione se la mobilità cicli-stica è intesa, nell’insiemedei trasferimenti quotidiani,come una delle modalità ditrasporto alternative, o inte-grate, all’uso dell’auto priva-ta e dei mezzi pubblici.Si riscontra una certa diffi-coltà nell’analisi della sicu-rezza della mobilità ciclistica:per quanto esistano, a livelloeuropeo e nazionale, alcunicasi di raccolta mirata degliincidenti coinvolgenti i cicli-sti, è considerato il problemadella sottostima (Under-reporting) nella registrazionedegli incidenti occorsi agliutenti deboli della strada, eai ciclisti in particolare.Per stabilire il grado di com-patibilità nell’uso promiscuodegli itinerari territoriali, ènecessario individuare i com-portamenti delle tipologie deiciclisti. Escludendo il casoparticolare del corridore pro-fessionista, in cui prevalel’interesse a scegliere gli iti-nerari di gara, le principalidifferenziazioni stanno nellavelocità di percorrenza e nel-l’esperienza del ciclista.Molto pertinente ci sembral’assunzione – da parte degliautori – dell’approccio pru-dente derivato dall’OregonBicycle and Pedestrian Plan,che suggerisce di non adotta-re una classificazione dell’u-tenza ciclistica: un’eccessivaspecializzazione potrebbenon portare alla soddisfazio-ne della maggior quantitàpossibile di ciclisti nel mede-simo tempo, e con la medesi-ma infrastruttura. A questo punto, dopo avertrattato l’offerta, si rivelacruciale affrontare il nododella domanda esistente, e diquella potenziale. Ci trovia-mo nuovamente di frontealla difficoltà di stimarequalcosa di molto sfuggente,tuttavia le opzioni possibiliper una valutazione vengonoindividuate in:

- comparazione dei progettiproposti con altri esistenti incontesti simili;- stima basata su dati cen-suari o altre banche dati;- modelli comportamentali;- inclusione dei fattori cheinfluenzano la mobilità cicli-stica nei modelli di previsio-ne della mobilità veicolareesistente.La prima opzione è quellasicuramente più restrittiva evicina alla stima di mercato,mentre le altre, pur necessariea valutare correttamente ogniipotesi, risentono della quan-tità di dati disponibili, e pos-sono fornire esiti molto varia-bili, secondo l’accuratezzadella rilevazione. Assumendola costruzione di un “Piano”come prodotto dell’attività diprogrammazione, vengonoevidenziati tre principi consi-derati ineludibili:- coinvolgimento diretto dicoloro che saranno gli attua-tori del piano;- analisi di singoli progetti,anche specifici o su piccolascala, che possono costituiredei precedenti significativi;- integrazione della pianifi-cazione della mobilità cicli-stica con la pianificazionegenerale del territorio.Un ulteriore elemento di cuila ricerca ha sottolineatol’importanza, e che deveaffiancarsi alla progettazionedel sistema infrastrutturale, èquello della promozione dellarete degli itinerari ciclabili.Secondo gli autori i punti damettere in luce per valorizza-re (e quindi rendere attuabi-le) una proposta ciclo-turisti-ca sono:- il concetto di destinazione,che, pur non essendo di fattoun prodotto materiale tangi-bile, può diventare una fontedi attrazione;- il valore dell’esperienza,quale fattore legato essen-zialmente alla sfera emotivadel fruitore.

Entrambi questi aspetti, lega-ti al marketing territoriale, epertanto fondamentali ancheper il mercato del turismo,hanno a che fare con l’iden-tità (presente o da creare) diun luogo, e soprattutto conla capacità, espressa da tuttele parti coinvolte, di predi-sporre una strategia sinergi-ca, coordinata, e mirata alraggiungimento degli obietti-vi di sviluppo.

Francesco Gastaldi

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a cura di Marco Pompilio eLuisa Gottardi

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