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Anno XXV - Numero 4 - 2012 - Bimestrale di approfondimento dell’Associazione Italiana Genitori In famiglia, dove siamo chiamati a educare, non a punire. A scuola, dove bocciatura non è sinonimo di serietà, rigore e merito. Promozione è la parola di chi fa credito al futuro ONLUS STAMPA 4 numero Promuoviamoli Promuoviamoli tutti

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Promuoviamoli tutti! In famiglia, dove siamo chiamati a educare, non a punire. A scuola, dove bocciatura non è sinonimo di serietà, rigore e merito. Promozione è la parola di chi fa credito al futuro

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Anno XXV - Numero 4 - 2012 - Bimestrale di approfondimento dell’Associazione Italiana Genitori

In famiglia, dove siamo chiamati a educare, non a punire.A scuola, dove bocciatura non è sinonimo di serietà, rigore e merito. Promozione è la parola di chi fa credito al futuro

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Promuoverevoce del verbo educare

EDITORIALE

Ripartiamo da noidi Davide Guarneri

Non sono da sottovalutare le proteste indignate che attraver-sano l’Europa e in Italia si caratterizzano con i cortei di studen-ti contro la polizia, o con rudimentali ordigni di fronte a sedi di istituzioni economiche. Probabilmente non sono le consuete e consunte dimostrazioni tipiche di un autunno caldo. Covano rancore. Sono anche figlie della depressione economica unita allo sconcerto di fronte a politici indifferenti alla quotidianità delle famiglie, asserragliati in fortini dorati. Sono, soprattutto, figlie di un futuro bloccato, non solo incerto, ma opaco, triste.Non è forse questo il momento nel quale tocca a noi genitori dare una seconda volta la vita? Non è forse il momento in cui la generazione adulta deve prendere in carico questi ragazzi e giovani, lasciando da parte i suoi egoismi e persino qualche diritto acquisito?

Abbiamo scelto, per la copertina di questo Agestampa, un titolo che è insieme una provocazione e un appello: promuo-viamoli tutti! Non certo un invito al lassismo, ma, anzi, la seria consapevolezza che essere genitori ed educatori è “mettere in movimento” i nostri figli, farli crescere, farli sbocciare. Questi ragazzi hanno bisogno di adulti più sereni, meno rancorosi, più attivi e non ripiegati su se stessi. Questi ragazzi, per essere pro-mossi, hanno bisogno di adulti che si parlino, che si fidino di loro e tra di loro. Di fronte al loro bisogno di futuro quanto sono vecchie e stantie le contrapposizioni tra scuola e famiglia, o le pretese di potere, o le istituzioni chiuse in se stesse. Di fronte al bisogno di futuro dei ragazzi e del nostro Paese serve uno scatto in avanti, un serio e determinato investimento, anche economico, nella ricerca, nell’istruzione, nell’innovazione.

Può essere una sfida anche per l’associarsi, e per la nostra associazione di genitori in particolare, aprendo l’anno che ci condurrà, non molto lontano nel tempo, al congresso per il rin-novo delle cariche. In questo Paese incerto e bloccato, serve l’associazionismo come concreta risposta di persone adulte che scelgono ancora di tessere legami, di porre domande e offrire risposte non individuali e isolate, ma condivise, solidali. Che tipo di associazionismo serve? E come dovrà trasformarsi, magari superando qualche rito, tradizione e consuetudine che ha fatto il suo tempo, andando alla radice delle originali motivazioni ancora nuove? Come può, e deve, la nostra as-sociazione essere riserva di speranza e progettualità? Quale contributo potrà offrire perché si promuovano la riflessività, l’argomentazione pacata, la proposta seria, l’impegno col-laborativo, fronteggiando le logiche semplificatorie, banali e superficiali che spingono alla parola urlata, al comunicato seduttivo, alla sola contrapposizione. È più rassicurante stare in uno schieramento, distinguere il mondo fra buoni e cattivi, tro-vare un colpevole: ma tutto ciò non fa crescere nessuno, non promuove proprio nulla.

Ripartiamo da noi, dal nostro essere genitori, persone che ge-nerano, ogni giorno. Riprendiamoci il gusto e l’entusiasmo di partecipare, nel sociale e nella scuola. Ripartiamo dalla nostra presenza quotidiana, dalla nostra pazienza, quella che abbia-mo con i nostri figli, e non temiamo di approfondire, di ragio-nare ed argomentare. Senza paura di schierarci, perché già siamo di parte: dalla parte dei nostri figli. C’è proprio da farci un congresso. Ascoltando seriamente quali domande i nostri figli ci pongono, incontrando i genitori più giovani che spesso si ritrovano disorientati, sollecitando i genitori più avanti negli anni ad accompagnarci con saggezza ed equilibrio.

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•Copie aggiuntive di ageStampa•Eventuali copie aggiuntive della nostra rivista possono essere richieste direttamente alla se-de nazionale.

Ecco i recapiti:Associazione Italiana Genitori A.Ge. OnlusVia Aurelia, 796 - 00165 RomaTel. 06.66514566 Fax 06.66510452

È richiesto un contributo per le spese postali.

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Direzione Amministrativa: Via Aurelia 796 - 00165 ROMATel 06.66514566 - Fax 06.66510452

Direttore Responsabile: Paolo FerrariE.mail: [email protected]

Sito Internet: www.age.itRegistr. Trib. Roma n° 519/88 del 18.10.88

Abbonamento annuo: € 20,00 per i non socic/c postale 15359003c/c bancario 1000/1369 Banca Prossimacodice IBAN IT05 W033 5901 6001 0000 0001 369

Progetto grafico: Annamaria GuerriniFotocomposizione e stampa:Com&Print s.r.l. Brescia

In copertina: Il Presidente Giorgio Napolitano contorniato dai ragazzi durante la festa in Quirinale per l’inizio anno scolastico.

Anno XXV - Numero 4 - 2012 - Bimestrale di approfondimento dell’Associazione Italiana Genitori

In famiglia, dove siamo chiamati a educare, non a punire.A scuola, dove bocciatura non è sinonimo di serietà, rigore e merito. Promozione è la parola di chi fa credito al futuro

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Promuovere, voce del verbo educare

Scuola, s’è fermato l’ascensore sociale?

Ora di religione, no all’ideologia

Progetto Andrea, il nuovo concorso

Il risparmio energetico fatto in casa

Tutti i pericoli della cannabis

Csi, parla il presidente Massimo Achini

Age e terremoto, la solidarietà continua

Cremona, aiuto per genitori separati

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Promuoverevoce del verbo educare

PRIMO PIANOONLUS

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Promuoverevoce del verbo educare La promozione, a scuola ma anche in famiglia, deve essere il vero obiettivo di ogni azione educativa. Perché è l’atteggiamento di chi anticipa il futuro

Promuovere: man-dare avanti, facilitare, sostenere, incoraggiare. Tutte azioni che coniu-gano variamente il verbo “educare”. Perché nell’e-ducazione c’è un’idea di bene, di evoluzione posi-tiva. Forse un po’ diver-sa da quell’antico “pro-muovere per rimuovere”, o dalla più moderna promozione contrapposta alla bocciatura. La prospettiva educativa guarda al bene e alla crescita dei ragazzi, promuovendo il loro slancio verso il futuro. Che non significa non dire mai di no: significa porre davanti idealità e traguardi, e segnala-re, quando necessario, se la strada percorsa finora è quella giusta, oppure ha condotto lontano e deve es-sere raddrizzata.

“Promuoviamoli tutti”, dunque, come abbiamo titolato questo numero di Age Stampa. Promuoviamoli in famiglia, dove l’atteggiamento deve essere concen-trato non tanto sulla punizione fine a se stessa, quanto alla promozione dell’autonomia, di una personalità matura e completa, come ci invita a fare la campagna “A mani ferme”, promossa da Save the children, di cui parliamo nelle pagine che seguono, ponendo domande al nostro modo di essere genitori.

Ma, “promuoviamoli tutti” a scuola, forse perché la loro non promozione è un po’ una bocciatura anche del sistema nell’insieme, più che segnale di bontà, serietà e valorizzazione del merito.

Andando un poco a frugare nelle notizie inter-nazionali, scopriamo, per esempio, che vi sono paesi avanzati nei quali non è nemmeno prevista la boccia-tura scolastica. È il caso di Norvegia e Giappone. E se l’Italia si colloca al 22° posto nella classifica dei paesi che bocciano di più, dietro di lei si collocano i civilissimi Stati Uniti, Svezia e Danimarca.

Può capitare, tal-volta, che bocciature e promozioni siano per-sino inique: magari non si è ammessi agli esami per un voto insufficiente in una materia, oppure, per assicurare l’ammis-sione, che si porti a suf-ficienza quanto invece sufficiente non era. Po-

trebbe essere più veritiera l’ammissione con una media “complessivamente sufficiente”, pur ammettendo che in una materia lo studente ancora non abbia raggiunto i risultati richiesti, segnalando così le lacune, non oc-cultandole dietro un sei finto. È il caso dell’autonoma provincia di Trento, che probabilmente introduce nella valutazione anche la variabile del tempo e la consape-volezza dell’incertezza: un allievo è in crescita, ci vuole tempo perché questa sia equilibrata in tutti i suoi aspet-ti, e l’educazione è consapevole che il tempo della se-minagione prevede anche una indeterminatezza circa i risultati.

Per promuovere ci vuole fiducia, ci vuole fede, non scorgendo ancora distintamente un traguardo. Per bocciare ci vuole coerenza, poiché la sentenza nega-tiva deve corrispondere al massimo sforzo di qualità operato nel tempo precedente da parte degli adulti e dell’istituzione.

Certamente non è facile né l’una né l’altra scelta: evitiamo, perciò, di banalizzare, di procedere per sem-plificazioni su merito, eccellenza, serietà, promozione, qualità. Discorsi molto complicati, questi, forse astrusi. Più comprensibili, però, di fronte alla concretezza delle persone in gioco: stiamo parlando di bambini, ragazzi e adolescenti, stiamo parlando di famiglie e di insegnanti che svolgono, in genere seriamente, un lavoro che è un po’ anche una missione. Ogni bocciatura, ogni pro-mozione, lascia un segno. Come uno schiaffo, così un voto. Ecco perché non sono discorsi semplici.

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Lo schiaffo che non fa crescere Age insieme a Save the ChildrenA mani ferme, una campagna contro le punizioni fisiche sui bambini, propone anche i consigli della guida pratica alla genitorialità positiva

Essere genitore è una delle esperienze più straor-dinarie della vita. Ci spinge a dare il meglio di noi, ma allo stesso tempo può mettere alla prova la nostra pa-zienza e la nostra capacità di gestire lo stress. A volte, situazioni di pericolo, preoccupazione o ansia ci porta-no a fare e a dire delle cose che in realtà non vorremmo dire o fare e di cui poi ci pentiremo. In alcune situazioni, i genitori si sentono costretti ad utilizzare le punizioni fisiche per educare i propri figli. In realtà, ogni volta che utilizziamo punizioni fisiche o umilianti, i nostri figli imparano cose ben diverse da quello che vorremmo insegnare loro.

Da importanti studi internazionale si constata che le punizioni fisiche o altre punizioni umilianti indeboli-scono il legame tra genitori e figli, compromettono lo sviluppo emotivo del bambino, generano sentimenti di rancore e ostilità nei confronti dei genitori che i bambini non riescono a esprimere direttamente, aumentano la probabilità di lesioni fisiche del bambino poiché chi le infligge diventa sempre più violento. Oltre a essere un inefficace strumento educativo, le punizioni fisiche e umilianti insegnano l’uso della violenza come modo di risolvere i conflitti. Chi subisce punizioni di questo tipo dai propri genitori durante l’infanzia, probabilmente le userà anche con i propri figli.

In Italia, il 27% dei genitori ricorre più o meno di frequente allo schiaffo con i propri figli. Di questi, un quarto ritiene che lo schiaffo sia un metodo educativo efficace. Per il 57% dei genitori dare uno schiaffo una volta ogni tanto non provoca conseguenze negative, per il 26% lo schiaffo può avere un effetto benefico.

Save the Children, la più grande organizzazione internazionale indipendente che si occupa della promo-zione e della tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adole-scenza, è impegnata in tutto il mondo per l’eliminazione di ogni forma di punizione fisica nei confronti dei minori in tutti i contesti, al fine di garantire il rispetto dei diritti di tutti i bambini. Per questo motivo dal 2008, anno in cui è stato organizzato il primo incontro pubblico sul tema, si è impegnata anche in Italia per portare all’at-tenzione dell’opinione pubblica e dei più importanti referenti istituzionali la tematica.

Dal 2011, Save the Children Italia coordina il pro-getto Educate, do not punish finanziato dalla Com-missione Europea nell’ambito del programma Daphne III, che ha come obiettivo proteggere i minori dalle punizioni fisiche e dalle altre forme di punizioni umilianti e degradanti in tutti i contesti, compreso quello familia-

re, attraverso la promozione della genitorialità positiva e la realizzazione di azioni di sensibilizzazione rivolte a referenti istituzionali, genitori e pediatri, grazie alla collaborazione con la Società Italiana Pediatri e dell’As-sociazione Nazionale Pedagogisti. Il Progetto, della durata di due anni, vede il coinvolgimento di tre partner europei (Save the Children Svezia, Save the Children Romania e Save the Children Lituania). I quattro Paesi coinvolti, pur avendo normative diverse in merito (in Ita-lia e Lituania l’utilizzo di punizioni corporali nei confronti dei bambini in ambito familiare non è espressamene vietato per legge, mentre in Svezia è vietato dal 1979 ed in Romania dal 2004), stanno realizzando attività di sensibilizzazione sulla genitorialità positiva, considerata essenziale anche per i Paesi che hanno già inserito un esplicito divieto normativo di punizioni corporali.

Il vostro impegno permetterà a vostro figlio di imparare a gestire la frustrazione, le situazioni conflit-tuali e la rabbia, aiutandolo ad acquisire le capacità ne-cessarie per vivere senza far ricorso alla violenza, una maggiore autostima, più rispetto per voi e per gli altri. Il vostro legame si rafforzerà e si confronterà con voi an-che nei momenti più “difficili” della sua crescita.

Una guida praticaalla genitorialità positiva

Nell’ambito del progetto europeo, Save the Children ha lanciato la campagna A mani ferme. Per dire no alle punizioni fisiche contro i bambini, con la presentazione dei risultati del sondaggio I metodi educativi e il ricorso a punizioni fisiche. Vissuto e opi-nioni di genitori e figli, realizzato da Ipsos per Save the Children Italia. È stata inoltre lanciata una Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitori-figli, uno strumento di facile consultazione per genitori, professionisti e per tutti co-loro che guidano i bambini, le bambine e gli adolescenti nel percorso di crescita, con esercizi facili che permet-tono di approcciarsi facilmente a modelli educativi po-sitivi e con un’utile bibliografia di riferimento.

La Guida pone alla base di un buon rapporto geni-tori–figli quattro principi della genitorialità:

• Individuare i nostriobiettivi di lungo termine: avendo una visione più ampia, comprenderemo meglio i motivi del comportamento di nostro figlio

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e quale insegnamento apprenderà a seconda della nostra reazione.

• Fare sentire il nostroaffetto (protezione fisica e emotiva) e fornire punti di riferimento (dare ai no-stri figli gli strumenti di cui hanno bisogno per rag-giungere i loro obiettivi in modo autonomo).

• Comprenderecosa pensano e cosa provano i nostri figli: per riuscire a educare i nostri figli con successo dobbiamo avere aspettative realistiche sulle loro capacità, comprendere che potrebbero non avere l’esperienza o le informazioni di cui hanno bisogno per riuscire in quello che stanno facendo.

• Assumereunapprocciochemiraalla risoluzione dei problemi, piuttosto che un approccio puniti-vo, concentrandoci sugli obiettivi di lungo termine, ricordandoci di far sentire il nostro affetto e di dare loro tutte le informazioni di cui hanno bisogno per imparare.

Un esempio dalla guida. Far sentire il proprio affetto

Per comprendere perché l’affetto è importante nel rapporto genitori-figli e per l’apprendimento del bambino svolgete il seguente esercizio. Immaginate di aver deciso di imparare una lingua straniera. A ogni domanda segna-te la risposta più adatta a voi.

• Impareretemeglio se il vostro insegnante vi dice

quando state lavorando bene, o vi dice solo quando sbagliate?

• Impareretemegliosevisentitealsicuroconilvostroinsegnante, o avete paura che vi possa picchiare se commettete un errore?

• Impareretemeglio se pensate chequando com-metterete degli errori il vostro insegnante vi resterà accanto e vi aiuterà, oppure uscirà dall’aula arrab-biato?

• Preferiteavereun insegnantecheègentileecom-prensivo, o vi mette in imbarazzo e vi critica?

• Vi sentiretemotivati a impararedipiù se il vostroinsegnante mette in evidenza le vostre capacità, o vi dice che siete stupidi?

• Avretevogliadidirealvostroinsegnantecheavetedei problemi se vi aspettate che vi ascolti e vi aiuti, o si arrabbi e vi punisca?

Proprio come noi, anche i bambini, se hanno paura, perdono la motivazione a impegnarsi. Possono provare rancore, ansia o tristezza. E proprio come noi i bambini imparano meglio quando si sentono rispettati, compresi, protetti e amati. Questo è l’affetto. Per affetto intendia-mo protezione fisica ed emotiva. In un’atmosfera di affetto il bambino si sente al sicuro anche se commette errori. Si fida dei suoi genitori e in questo modo diventa più sicuro di sé ed è più motivato a impegnarsi. Impara inoltre l’importanza dell’empatia e del rispetto per i senti-menti altrui.

Bambini di vetro Maneggiare con cura

“Bambini di vetro”, il tema del congresso nazio-nale della Società italiana di Pediatria preventiva e sociale (Sipss), che si è svolto a Caserta dal 12 al 15 settembre, con la partecipazione dell’Age al dibatti-to inaugurale, nel quale, oltre al presidente Davide Guarneri, sono intervenuti Maria Luisa De Natale, professore di Pedagogia all’Università Cattolica di Milano, il Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza del-la Regione Campania Cesare Romano, il pediatra Luigi Falco, con la moderazione della giornalista Maria Giovanna Faiella. Un’occasione per confer-mare l’alleanza fra genitori e pediatria, in un’ottica di promozione di stili di vita salutari.

“Maneggiare con cura”, si potrebbe dire pen-sando ai nostri figli: sono fragili, sono trasparenti, ri-chiedono attenzione educativa, sguardi globali e non esclusivamente settoriali. Chiedono che gli adul-ti si parlino, si confrontino, realizzino intorno a loro reti di sicurezza, ponendosi come educatori.

La presenza dell’Age a questo congresso con-ferma un impegno, in atto da tempo, caratterizzato

dall’attenzione alla salute e all’ambiente, soprattutto at-traverso cam-pagne di sensi-bilizzazione ed educaz ione: pensiamo alla campagna “La salute di mano in mano” sulla pulizia accurata del-le mani, alla collaborazione con la ditta “Fami” per la corretta postura nelle aule scolastiche, al protocollo d’intesa con la società pediatrica Sipo, al questiona-rio sull’accoglienza dei bambini e genitori in pronto soccorso pediatrico. Queste e altre azioni che potrem-mo definire figlie del Progetto Andrea, ancora attuale, relativo all’umanizzazione delle cure e dell’accoglien-za in area pediatrica. Auguri anche alla dirigenza Sip-ss, con cui auspichiamo si possa ulteriormente conso-lidare la collaborazione.

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Come nocciòli in fondo al mare I tre riti dell’educazione familiareIl rituale del risveglio, dei pasti e della buonanotte hanno un valore chiave nel processo educativo all’interno della famiglia. Ecco come viverli al meglio

di Mariaelena Barbaro *

L’immagine degli alberi di nocciolo in fondo al mare è tratta da un’antica leggenda celtica legata all’acqui-sizione della conoscenza: il nocciolo era considerato indispensabile per convogliare le energie creative nella giusta direzione. Il porre quest’albero in fondo al mare spostava il gesto della raccolta di energie dalla realtà più immediata, volta alla sopravvivenza in vista delle stagioni fredde, a quella intellettuale e spirituale, finalizzata alla formazione e trasmissione d’identità culturali. L’associa-zione tra conoscenza e nocciole risultava facile: la prima risponde a un bisogno inerente alla visione della vita, all’origine e al senso che le si vuole attribuire, un bisogno umano fondamentale quanto quello del nutrimento mini-mo necessario alla sopravvivenza. Il nocciolo era l’albero della poesia, della profezia, dell’ispirazione mistica, ma soprattutto della meditazione, della saggezza e della me-diazione tra emozioni profonde e linguaggio, tra passato e futuro, tra visibile ed invisibile, tra realtà sostanzialmen-te diverse. Nel rito, inoltre, si crea concretamente, qui e ora, un passaggio agevolato - una reale possibilità di re-lazione, adattamento e scambio - tra l’individuo e la sua comunità, ponendo entrambi sulla linea del tempo, all’in-terno di una rete di relazioni aperte, in grado di preparare e sostenere il contatto e il cambiamento.

L’alleanza tra riti ed educazione

Il rito è un gesto di raccolta, un luogo di incon-tro, chiarimento e orientamento ripetuto regolarmente perché ritenuto indispensabile alla vita dell’individuo e della comunità. Nella maggior parte dei casi i riti si for-mano semplicemente per abitudine, seguendo l’esem-pio di chi si ha vicino, senza particolari ragionamenti. Ciò non toglie nulla alla loro funzione e al loro valore: la ripetizione di gesti, secondo modi e tempi stabiliti, produce infatti fiducia, ordine, sicurezza, calma, crea quadri di orientamento e riferimento. L’educazione ha bisogno di tempi molto lunghi e di ambienti conosciu-ti o conoscibili in maniera semplice: per questo da sempre trova alleati straordinari nei riti. Oggi è netta la percezione di un’importante crisi della famiglia: lo smarrimento sembra ormai così forte da richiedere o dosi di anestetico massicce, tali da rischiare seriamente di compromettere la lucidità generale, o una presa di coscienza che scuota le radici.

I tre riti da vivere in famiglia

Tra i molti riti che costellano la vita delle persone, in primo luogo è opportuno riflettere sui riti familiari, quelli più nascosti che vedono protagonisti i genitori, quotidianamente dentro e fuori casa. Tre sono i prin-cipali rituali quotidiani che si svolgono in casa, ed un tempo, nella cultura occidentale erano anche sottoli-neati dal segno della croce: il risveglio, ovvero il luogo dell’accoglienza e dell’apertura alla vita; i pasti, ovvero il luogo dell’incontro e del nutrimento; la buonanotte, ovvero il luogo della separazione e del passaggio.

Anche senza fare il segno della croce, è ancora utile riuscire a staccare questi tre momenti dalle altre attività quotidiane per caricarli di un significato par-ticolare, “benedirli” come doni speciali. Questi gesti possono infatti trasmettere valori vitali quanto il cibo e

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il sonno a cui si accompagnano. Siccome i loro mes-saggi non valgono solo per la conduzione della giornata ma svolgono una funzione di base nella costruzione della visione del mondo dei figli, essi vanno tenuti bene a mente e protetti dagli umori del giorno o del periodo.

Il rituale del risveglio può affermare che qua-lunque sia la giornata si può avere voglia di viverla, può trasmettere quindi una visione positiva della vita. Servono in questo momento giovialità, gradualità e attenzione a non giustificare ed assecondare un atteg-giamento di rinuncia, sfiducia o timore verso il mondo esterno. L’adulto deve farsi promotore e guida di cre-scita ed emancipazione.

Il rituale dei pasti può affermare che il frutto del-la giornata di ciascuno fuori e dentro casa può venire condiviso a tavola, dando valore all’essere famiglia, al senso di appartenenza, al fare e mangiare insieme, offrendo un’identità di base solida da cui muoversi verso il mondo esterno. Bisogna allora trasmettere in quest’occasione le “buone maniere”, quelle che, rispet-tando sia il contesto che i singoli, favoriscono il nutri-mento e lo scambio prima all’interno della famiglia, poi tra questa e chi le è prossimo, per aprirsi all’esterno.

Il rituale della sera può affermare che, qualunque sia stata la giornata, si può lasciarla e addormentarsi in pace, può agevolare quindi la separazione e i passaggi di crescita emotiva. È importante creare alla sera un ambiente tranquillo e accompagnare i figli anche attra-

verso i sogni, le fantasie, le inquietudini e talvolta le an-gosce del loro mondo interno. I processi di separazione comportano vissuti di morte.

Altri due riti familiari

Altri due rituali si affiancano in casa a questi primi tre. I rituali per l’igiene personale e l’abbigliamento, che predispongono alla cura del corpo (dal bagnetto, al vasino, alle mestruazioni) e della relazione con se stes-si, con la propria sessualità e genitorialità; i rituali per il tempo libero e il tempo dell’impegno, che aprono alla riflessione e all’espressione di sé, all’esplorazione del mondo esterno, al coraggio di parteciparvi, costruir-lo, consolidarlo o provare a cambiarlo.

Attraverso questi ultimi si possono trasmettere ai figli i primi rudimenti della cura di sé e del mondo circo-stante, alla scoperta della propria identità in vista di un percorso personale di autonomia, libertà e responsabi-lità. Tutti i riti familiari svolgono funzione di apertura tra bambino/adolescente e genitore, famiglia, comunità. Lo scambio tra le dimensioni messe in contatto è sempre reciproco.

Quando le attività coinvolte nei riti familiari si svol-gono in tranquillità, quasi non ci si accorge di educare; se però qualcosa al loro interno salta, i comportamenti dei bambini possono diventare particolarmente distur-bati e, in alcuni casi, patologici.

* Esperta Irsef in educazione di ambito familiare

PRIMO PIANO

Trentino, un caso di assurda discriminazione verso i bambini

«Al ritorno dalle vacanze, abbiamo sostato al bar A. di San Michele d’Adige, dove abbiamo fatto una consumazione e utilizzato il bagno per il bim-bo si di 16 mesi.

Ho cambiato mio figlio e buttato il pannolone nell’unico cestino della spazzatura disponibile. Ho lasciato il bagno pulito.

All’uscita, il barista mi ha insultata per aver buttato il pannolone nella spazzatura. Dopo aver chiesto dove avrei dovuto buttarlo, il barista mi ha risposto che non lo sapeva, ma non nel suo locale. Mi sembra un comportamento di insofferenza nei confronti dei bambini».

La segnalazione viene dalla signora Costan-za, che il 25 agosto, di rientro dalle ferie estive, si è imbattuta in questo fatto di insofferenza verso i più piccoli e si è rivolta alla nostra Associazione per “denunciare” l’ostilità dell’esercente nei confronti del proprio figlio.

Abbiamo già risposto privatamente a questa mamma. Non mancano buone esperienze, episo-di di cordialità e gentilezza per mamme e bam-

bini: la signora Costanza stessa, nell’inviarci la se-gnalazione, racconta, al contrario, di altri episodi positivi, per esempio nella provincia di Bolzano, dove in alcuni parchi pubblici ci sono casette con fasciatoi per il cambio, acqua e scalda biberon.

Sono giunte anche le scuse ufficiali da parte dell’Assessore provinciale al Turismo dell Trentino: «Ho preso atto - ha scritto alla signora - e sono ram-maricato dello spiacevole episodio accadutole in un esercizio di San Michele.

La buona educazione non si impara sui libri di scuola e talvolta i comportamenti delle persone non sempre sono ispirati al rispetto reciproco.

Certamente farò fare le verifiche del caso agli ispettori del Servizio Turismo, pregandola nel frattempo di accettare le mie personali scuse per quanto successo».

Vogliamo, però, che tutti i lettori siano consa-pevoli di quanta strada ancora deve percorrere il nostro Paese per essere normale, a misura di fa-miglia e di bambino. Non c’è sviluppo e crescita senza fiducia e accoglienza dei più piccoli.

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Adolescenti, al bando le paure Sono solo fiaccole da accendereIn questa fase di cambiamento i nostri figli ci chiedono uno sguardo che apra a un futuro possibile. Diamo loro le ali per imparare a volare

di Miriam Galmozzi *

«Non lo riconosco più. Da chi ha preso questi atteggiamenti?». Ma anche: «Non so più chi sia, sem-bra quasi che non sia mio figlio». E ancora: «Con tutto quello che facciamo». Per finire con: «Nessuno mi ca-pisce». Sono le frasi che emergono quando nella vita di un genitore si presenta all’improvviso un “estraneo famigliare”. Per un adolescente “crescere” significa la-sciare per sempre tutto ciò che sente protettivo ma che lo imprigiona. In questo periodo particolare della vita il genitore è chiamato ad adottare una strategia del bene che ha come orizzonte il senso. La vita si rivela un “be-ne”, è “sana” quando si tiene conto del contesto - che sillabato suona così: con-te-sto, “sto con te” come pre-cisa Pietro Lombardo - quando i rapporti sono basati sulla fiducia, l’ottimismo e il rispetto, costantemente alimentati da proposte, regole e comportamenti di accettazione totale, anche attraverso piccole pratiche quotidiane di convivenza e rispetto reciproco.

In questo momento di “cambiamento” i nostri figli ci chiedono uno sguardo che apra a un futuro possibile e desiderabile, che permetta loro di esistere proprio per quello che sono e non per come li vorremmo noi; quello sguardo che, pur nella fatica quotidiana, non si perde mai d’animo e sa sperare il meglio. È innegabile: ogni equilibrio è sovvertito. In questo momento di passaggio qualcosa di prepotente li invade, li può rendere fragili, vulnerabili ma anche incredibilmente liberi. Talvolta noi genitori ci possiamo sentire abbandonati nell’inutilità dei nostri sforzi quando chiediamo loro di ascoltarci, perché vogliamo che abbiano il meglio della vita e rite-niamo di essere depositari di questa ricetta. In realtà in-seguiamo soltanto le nostre aspettative e ci giustifichia-mo dicendo che «lo facciamo per il loro bene». Ma qual è il bene di questi figli in “età difficile”? È permettere loro di sentirsi disorientati, confusi, fraintesi, incompresi e subito dopo meravigliati, stupiti, euforici, felici ma soprattutto da parte nostra amati incondizionatamente.

In questo momento di trasformazione, proprio come nella metamorfosi del bruco che diventa poi una coloratissima farfalla, hanno importanza l’esempio, l’ac-compagnamento, la correzione e il sostegno. Si tratta di qualità che si trasmettono solo con la vita, attraverso l’amore sincero e fattivo, un amore del cuore e delle mani che accolgono e sostengono, un amore fatto di

dialogo paziente e che non emette giudizi ma apprez-zamento e stima. Questa modalità ci permetterà di “es-serci” proprio quando “essere contro” sembra la parola d’ordine. Il genitore di un adolescente ha dunque l’op-portunità di essere come un tappeto elastico, promoto-re di un movimento che scuote, accoglie e indirizza di nuovo alla ricerca di speranze e slanci vitali! Il filosofo greco Plutarco ebbe a dire: «I ragazzi non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere».

Quando l’adolescente si sentirà di nuovo parte di una certa storia, sentirà ancora familiare una certa visio-ne della vita fatta di idee, esperienze, convincimenti che possono a quel punto definirsi davvero suoi si sentirà fi-nalmente figlio del mondo di oggi e di domani, attraver-so la stabilità di un terreno e di una direzione verso cui andare, solo emergendo dai suoi dubbi potrà riscoprirsi strumento di solidità e di apertura agli altri, capace di non bloccarsi di fronte alle proprie incoerenze e porta-voce di un atteggiamento positivo difficilmente attac-cabile. Compito della famiglia è fornire le “ali” per spic-care il volo e imparare a volare. Ecco perché dobbiamo smettere di esprimerci con frasi come: «Non posso aver sbagliato tutto» e allenarci a pensare che «le relazioni migliori non sono quelle con delle persone perfette, ma quelle nelle quali ogni individuo impara a vivere con i di-fetti degli altri e ad ammirarne le qualità».

* Esperta Irsef in educazione di ambito familiare

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Scuola, s’è fermatol’ascensore sociale?

SCUOLA

Secondo i dati dell’Ocse, il nostro Paese è agli ultimi posti nel rapporto Pil e spesa per l’istruzione. Scuola e università non sono più fattori di ascesa

di Gianni Nicolì *

Meno istruiti, meno occupati? Sì e no, secondo l’Ocse: vediamo perché. Anche quest’anno, sui dati dello scorso biennio 2008 – 2010, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha pubblicato il 12esimo rapporto Education at a glance, l’educazione in uno sguardo. Il volume di 600 pagine compara tutti i dati statistici dei Paesi aderenti e pur-troppo ci segnala, per il comparto della formazione scolastica e universitaria, tra gli ultimi della scala. La principale indicazione evidenziata, dal rapporto di quest’anno, parzialmente disponibile in inglese nel sito  www.oecd.org, riguarda la correlazione tra la condizione sociale della famiglia e successo sco-lastico: più povera è la famiglia, minori sono le proba-bilità di successo negli studi.

Come riportato anche da Tuttoscuola Focus del 17 settembre 2012 nella scheda di sintesi che riguarda l’Italia, la spesa pubblica per l’istruzione ammonta al 4,9% del Pil, contro una media Ocse del 6,2% calcolata su 37 Paesi, percentuale che colloca l’Italia al 31° posto sul totale, quindi nella posizioni di coda. Ancora peggiore è il dato che riguarda la percentuale della spesa per l’istruzione sul totale della spesa

pubblica: solo il 9% contro una media Ocse del 13%, che ci colloca sempre al 31esimo posto su 32. Nel contesto di una serie di dati comparativi comples-sivamente preoccupanti per l’Italia viene fatto poi nota-re un ulteriore squilibrio: se la spesa annua per studen-te è di 9.055 dollari, contro una media Ocse di 9.249, quella per studente di scuola materna ed elementare è un po’ sopra la media di questa fascia di scuola, mentre quella per studente universitario è decisamente sotto: 9.561 dollari contro una media di 13.719.

Percentuale bassa di laureati

Le riflessioni che si possono fare sono molte. La prima riguarda i dati che riguardano la situazione ita-liana di due anni fa. Difatti la linea di intervento dell’at-tuale ministro Francesco Profumo sta affrontando almeno alcuni dei punti critici nodali. Troppo presto per vedere i risultati in un’Italia praticamente “com-missariata”, ma la direzione è quella giusta. Bisogna dare atto a questo ministro che ha mantenuto fino a ora coerenza con le parole spese anche nel suo di-scorso di fine anno scolastico, di cui riportiamo alcuni passaggi in queste pagine.

Inoltre, se non è una novità che dove la situazio-ne economica è più povera ci sono meno opportunità di evoluzione sociale attraverso lo studio, è vero an-che un dato preoccupante per l’Italia. Abbiamo una percentuale tra le più basse di laureati dell’area Oc-se: solo il 15% della popolazione tra i 25 e i 64 anni contro una media Ocse del 31 per cento. Purtroppo a questo basso numero di laureati non consegue un ele-vato numero di occupati perché la disoccupazione è aumentata significativamente proprio tra i laureati, più che tra i diplomati.

Meno giovani, i nostri figli, liberi e autonomi, ca-paci di giocarsi la vita anche esprimendosi bene in una professione. Per cui, lo Stato investe meno, e me-no sono coloro che completano un ciclo di studi co-ronandolo con una laurea per non avere poi occupa-zione. Ciò innesca, come è comprensibile, un circuito vizioso e disincentivante anche sul calo delle iscrizioni universitarie.

Scuola, s’è fermatol’ascensore sociale?

| Immagine ripresa nella festa per l’inaugurazione dell’anno scolastico 2012-2013

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Profumo: «Un programma quasi temerario, ma adesso è il momento di cambiare»di Francesco profumo, ministro dell’istruzione

Cari studenti, cari insegnanti e professori, cari ricercatori, cari genitori, cari impiegati del persona-le amministrativo, tecnico e ausiliario, cari dirigenti, desidero condividere con voi alcune riflessioni sui mesi che ci aspettano con il nuovo anno scolasti-co, che saranno senz’altro intensi ma che possono nondimeno, se tutto il nostro sforzo sarà collettivo, rivelarsi perfino entusiasmanti. Il nostro programma di azione è quasi temerario, se si pensa alle fragilità del nostro Paese. Eppure sono certo che esso è alla nostra portata.

Troppo spesso infatti le fragilità italiane sono in-vocate come alibi e non, invece, usate come stimolo a fare di più e con maggior impegno. È nella storia del nostro Paese sia la prima sia la seconda possibi-lità. Noi scegliamo la seconda.

Del resto, non partiamo da zero. Alcune azioni sono state già impostate. Per esempio, il nuovo sito Universitaly, che mette a disposizione le informazio-ni sempre aggiornate su tutti i percorsi di studio in Italia. Così come il sito Scuola in chiaro arricchito di nuove informazioni. Saranno anche disponibili dati sul mercato del lavoro e in particolare sulla do-manda delle aziende in modo da collegare meglio formazione e lavoro. Una accelerazione importante avrà anche il piano di innovazione digitale nella scuola, che vedrà anche un primo passo verso la costruzione di un ambiente assai ambizioso e inno-vativo: una “nuvola della scuola”.

Un ambiente non solo di contenuti digitali ma anche di spazi personali e sociali.

Il processo di innovazione vedrà poi un deciso impulso alla “dematerializzazione” dei processi, eliminando progressivamente la carta e facilitando in questo modo le iscrizioni, che dal prossimo anno si faranno solo online, così come tutti i processi am-ministrativi, l’archiviazione e la gestione documenta-le delle scuole e di tutto il Ministero.

  Lo possiamo progettare e fare perché i lavo-ratori pubblici sono una risorsa preziosa del paese e non certo un ramo secco da tagliare, capace – spesso in condizioni di lavoro assai difficili - di gran-de spirito di servizio e perfino di sacrificio. Per questo ho deciso di programmare molto presto un nuovo concorso per insegnanti: perché è giusto e anzi ne-cessario per la salute di tutto il sistema formativo che anche le generazioni più giovani possano dare il loro insostituibile ed originale apporto alla forma-zione dei futuri italiani.

Una scelta che ha molto pesato nella mia deci-sione di sbloccare il sistema di reclutamento anche nel sistema universitario, con il varo dell’abilitazione nazionale. Insomma, stiamo lavorando a una scuola e a un sistema di formazione e di ricerca al passo con i tempi e capace di primeggiare in Europa e nel mondo, non solo come già accade per casi in-dividuali ma anche per la complessiva forza stessa del sistema. Si tratta di una sfida ardua ma alla no-stra portata. Perché quando siamo capaci di unirci, siamo davvero un grande paese. E allora nulla ci è precluso.

Come uscirne

Le domande sono tante: come sarà l’Italia fra pochi anni? Se non interveniamo presto e bene po-tremo recuperare anche forze giovani a contribuire al sistema economico? La perplessità riguarda anche il sistema scolastico. Se ce la caviamo per la scuo-la dell’infanzia molto meno lo sappiamo fare su altri fronti. Gli insegnanti tra i meno pagati del mondo e che lavorano in condizioni sempre più difficili; l’edilizia scolastica; la riduzione dei vari servizi ci collocano in fondo alla lista, proprio tra gli ultimi.

Ciò fa sentire sempre meno la vicinanza con le istituzioni e i legami di aggregazione, partecipazione e solidarietà sociale. Sempre più la famiglia si trova sola di fronte alla necessità di educare e istruire i figli, che è la sua prerogativa primaria, ma è anche compi-to delle istituzioni, che non debbono abbandonare le famiglie a se stesse. Ritorna il caso di coloro che pos-sono rispetto a chi non ha, creando discriminazione e favorendo la distanza delle classi sociali. Il cosiddetto

ascensore sociale che l’istruzione rappresenta viene salito da meno persone. Ciò impoverisce l’intera so-cietà, la rende meno qualificata e più individualista, meno coesa e incapace di confrontarsi sugli scenari internazionali con gli aggressivi popoli emergenti in grande sviluppo.

È altrettanto vero che il Bel Paese viene da una lunga storia e da un coacervo di culture distinguibili, e ancora non ben integrate, che costituiscono la sua ricchezza. Sta affrontando con fatica l’integrazione europea, l’arrivo e la permanenza di nuove etnie, la sfida alla globalizzazione con relativa crisi, l’ammoder-namento istituzionale e amministrativo che ha fatto di questo Paese la culla della burocrazia come fonte di lavoro, inutile e passivo. Sono certo che i politici che ci governeranno dovranno seriamente confrontarsi con questo specifico investimento nell’area culturale ed educativa se vorranno premiare questa nazione ed esserne ricambiati.

* Responsabile nazionale Ufficio Scuola e Università Age

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Piccoli segni in controtendenza contro tutte le psicosi da spreadDopo anni di impoverimento del sistema scolastico, primi timidi segnali di segno opposto. E si riapre lo spazio per il dialogo tra scuola e famiglia

di Gianni Nicolì

Non è certamente il nostro primo giorno di scuola, oramai diventati adulti genitori, perché archiviato nei tempi andati, ma che a volte si ripropone con emozioni ancora vive. È quello dei nostri figli, che ancor di più ci prende, in un insieme di sentimenti positivi e negativi, non sempre ben compensati. Torniamo a chiederci come andrà quest’anno scolastico, come saremo a metà giu-gno prossimo, e come saranno i nostri figli: sicuramente più stanchi, ma si spera anche “più” in e di tanti altri aspetti: istruiti, educati, consapevoli…

Sono sfumate le vacanze che ci hanno dato il me-ritato riposo (per chi è riuscito a farle in tempo di crisi) e nuove fatiche si presentano. Per i nostri figli, anche se non si applicheranno molto, non è comunque una passeggiata andare a scuola. Per noi che dobbiamo dare tutti i supporti affettivi, relazionali e logistici è vero altrettanto. Non si dirà mai abbastanza che quando inizia la frequenza del nuovo anno scolastico tutta la famiglia va a scuola. Dagli orari di presenza a casa, all’impegno psicologico da sostenere, dalle preoccupazioni per le interrogazioni ai compiti e le relazioni con i compagni e i docenti si profila un coinvolgimento di tutta la sfera familiare.

Si spera bene, ma si sa che le incognite sono tante. Si commenta con altri colleghi genitori su come sono cresciuti i propri figli, cosa manifestano per questo nuo-

vo inizio, le notti passate ad aiutarli, a completare i com-piti per le vacanze. Cerchiamo negli altri genitori confer-me e supporto alle nostre ansie che, comunque, anche i nostri figli dovranno affrontare e ciò, se non è traumatico, li aiuterà a crescere.

Quali novità presental’anno scolastico 2012-2013?

La scuola, per certi versi sa sempre di antico, ma il mondo cambia e con essa anche i soggetti che la fanno. Sotto il profilo generale, dopo le ulteriori riduzioni della spending review, sembra sia cessata la sferza dei tagli economici continui, non sempre ben inferti e motivati, ai quali il sistema scolastico e universitario italiano si sono dovuti piegare con grande sofferenza negli ultimi anni. Ciò non vuol dire che stiano arrivando altre risorse economiche, ma un piccolo segnale in controtendenza viene dall’annuncio dei concorsi per i docenti. Non è un grande numero di posti messi a concorso e compen-serà solo in piccola parte la piaga del precariato e dei pensionamenti.

Dà comunque il senso di inversione di una direzio-ne a dismettere che sembrava l’unica logica governativa da adottarsi. In questa ottica la nostra associazione riba-disce la necessità di dare veloce compimento ai con-corsi per dirigenti scolastici e alle relative assegna-zioni definitive. Oggi molti istituti sono dati a reggenza con difficoltà oggettive sia di chi gestisce che di chi è gestito. Non ci sono investimenti, almeno ci sia stabilità, innovazione e capacità progettuale e prospettica. L’avvio di nuovi istituti comprensivi, frutto dei recenti ulteriori dimensionamenti, speriamo non limiti la qualità del ser-vizio, in alcuni casi già scarsa. Sul tema l’Age è vigile e non intende trascurare le segnalazioni che perverranno.

In Parlamento è in corso il confronto relativo al rior-dino degli organismi di governance della scuola: una partita che riguarda da vicino anche i genitori. Prendia-mo atto delle buone intenzioni e azioni del ministro Fran-cesco Profumo che sta facendo del suo meglio, e con quello che ha a disposizione, per normalizzare un sistema complesso, cercando di renderlo trasparente, efficiente e più moderno. Nelle dichiarazioni di fine anno scolasti-co il Ministro ha indicato una linea di alleggerimento della burocrazie spesso ridondante, inutile e costosa. In quelle di pre-inizio anno scolastico ha indicato nell’ac-certamento dei dati e nel controllo qualità lo sviluppo del

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Abbandono scolasticol’Italia perde il treno

Qualche dato induce a riflettere, ma soprattutto a operare, circa i risultati della proposta scolastica italiana. Non stiamo parlando di eccellenza, merito e cose simili, discorsi sui quali spesso si pronunciano frasi-slogan. Ci riferiamo ai dati proposti dal sotto-segretario al Miur Marco Rossi Doria, relativi all’ab-bandono e dispersione scolastica, commentati nel corso di un convegno svoltosi a Torino il 27 e 28 set-tembre, a cui anche l’Age è intervenuta.

Tra gli obiettivi fissati dall’Europa sull’istruzio-ne si chiede ai paesi membri di ridurre gli abban-doni scolastici sotto il 10%. Si stabilisce, inoltre, che entro i 34 anni ci sia almeno il 40% della popolazione con titolo di studio universitario. L’Italia è partita con grande svantaggio e, nonostante ampio dibattito sul tema, siamo fortemente in ritardo. I giovani che ab-bandonano prematuramente gli studi (cioè persone che a 24 anni sono in possesso di licenza media, non hanno concluso altri studi, non frequentano per-corsi formativi) sono in Italia ben al di sopra del 10%, anche se in tutte le regioni si va lentamente miglio-rando: dal 22% di media stiamo giungendo al 18%.

Il tasso di scolarizzazione (cioè coloro che fino a 24 anni sono inseriti in un percorso formativo) è del 78% nel centro-Nord: l’obiettivo europeo è all’85%. Poiché fra le cause dell’abbandono scolastico è provato esserci anche l’avere scarse conoscenze e competenze (dunque, poiché “vado male a scuola”, mi ritiro), diamo uno sguardo ai risultati Ocse-Pisa.

Gli studenti con scarse competenze in lettura all’età di 15 anni sono in Campania al 31,5%, nel Mezzogiorno al 27,5%. Il target europeo è stabili-to al 20%. Può parzialmente essere soddisfacente il calo generalizzato di queste situazioni (per esempio di quasi 10 punti nel Mezzogiorno in soli 5 anni!). C’è, inoltre, il “caso Puglia”, un caso, però, straordinaria-mente positivo: i ragazzi con scarse competenze nel-la lettura sono calati dal 36,3% al 17,6% in tre anni. Che è successo, ci si chiede? La Regione Puglia ha stanziato 75 milioni di euro su questo obiettivo.

A completare il quadro vi sono i “giovani Neet” (not in education, employment or training, cioè colo-ro che né studiano né lavorano in alcun modo) nella fascia 15-29 anni: abbiamo un consistente peggiora-mento nel centro Nord, passando dal 12,2 al 16,1% nel periodo 2006-2010. Nel Mezzogiorno passiamo dal 29 al 30,9% nello stesso periodo.

Le cause di tutto ciò? Le analisi ne individua-no molte, spesso intrecciate fra loro: povertà, con-testi urbani, debolezze adulte, rigidità del sistema, il mancato consolidamento entro i 10 anni di vita di competenze fondamentali, specifiche disabilità e fragilità non riconosciute. Le situazioni di povertà, inoltre, corrispondono ai più elevati tassi di disper-sione scolastica: sovrapponendo la mappa della povertà e quella dell’abbandono, abbiamo diretta corrispondenza.

comparto. Lodevoli iniziative che meritano attenzione, anche critica, per la loro migliore attuazione, ma che non avranno successo se tutte le componenti sco-lastiche, genitori compresi, non si aggiorneranno su modalità sociali più moderne e qualificate.

Oltre la psicosi da spread

Si parla troppo spesso di crisi, si diffonde quasi una psicosi da spread, una crisi esponenziale al quadrato. L’umanità è stata capace di tirasi fuori da momenti e contingenze ben peggiori e il popolo ita-liano ha nel Dna della sua storia ricordi vividi del suo riscatto. Ce la faremo a migliorare solo se lo faremo insieme, uniti, convergenti. Il problema è pesante lo potremo spostare solo unendo gli sforzi. Riusciremo a farcela se punteremo su priorità reali. Ci occupia-mo stupidamente di cose effimere e trascuriamo l’essenziale. Le grandi provocazioni dell’ecosistema (carenza dell’acqua, scioglimento dei ghiacciai, innal-zamento della temperatura del mare, inquinamento dell’aria, riduzione e aumentati costi delle energie convenzionali) ci debbono seriamente preoccupare per il presente, in quanto siamo già in ritardo, e per il futuro che sarà lo scenario di vita dei nostri figli. Difatti quest’umanità di conseguenza risente di squi-libri, ingiustizie, conflitti e migrazioni disperate. L’in-vestimento educativo per la produzione culturale e di persone consapevoli e responsabili deve essere il pri-mo obiettivo che dobbiamo perseguire. Solo tirando fuori da noi stessi e dai nostri figli il meglio saremo in grado di dare al nostro vivere individuale e sociale del prossimo futuro la speranza di una qualità che oggi non ha. Costa tanto mandare i figli a scuola: che ci sia almeno un riscontro.

Ripartiamo quindi dalle scuole, dall’istruzione, dall’educazione, dalla formazione professionale e dai mestieri. Ripartiamo convinti perché non abbiamo alternativa. Solo un salto di qualità di intelligenza e di coscienza, anche collettiva, ci permetterà di scol-linare verso la soluzione. Qualcosa muore. Questo tipo di sistema economico manifesta i suoi limiti e comporta di conseguenza una rivalutazione di tutta la nostra socialità. Oggi dobbiamo avere una coscienza più sensibile e matura anche quando schiacciamo un interruttore della luce. A questa coscienza dobbiamo portare i nostri figli perché assumano, fin da ora, il possesso e il controllo del mondo in cui vivranno.

Quanto tutta l’umanità deve ai vari geni che ci hanno donato scoperte scientifiche e applicazioni tecnologiche in tutti i campi. Grandi menti che ci han-no donato grandi invenzioni.

Non abbiamo paura che anche tra i nostri figli ci saranno persone valide che governeranno bene il mondo. Le dobbiamo solo formare e aiutarli così a crescere bene. Quest’anno potrebbe non essere il solito primo giorno di scuola.

Dipende anche da tutti noi.

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La settima volta di Napolitano La scuola è il collante del PaeseIl presidente della Repubblica, alla sua ultima cerimonia di apertura dell’anno scolastico, chiede all’Italia di investire nel capitale che conta

«Saluto tutti i partecipanti a questa bella cerimonia e meritano un saluto e un augurio speciale le scuole delle zone colpite dal terremoto perché sono riuscite con grande impegno a iniziare comunque questo anno scolastico». Così il presidente della Repubblica, Gior-gio Napolitano, ha aperto il suo messaggio di apertura dell’anno scolastico nella cerimonia svoltasi nel Cortile d’onore del Palazzo del Quirinale.

«Questa è la settima volta - ha continuato il Capo dello Stato - che ho il piacere di prendere parte alla festa per l’inaugurazione dell’anno scolastico e colgo quindi l’occasione per ringraziare a mia volta tutto il mondo dell’istruzione per le molte iniziative che abbia-mo costruito insieme in diverse occasioni, sempre con calore e convinzione». 

«Il fatto che questo sia l’incontro con il mondo della scuola che precede di pochi mesi la conclusione del mio mandato di Presidente della Repubblica mi suggerisce qualche riflessione di fondo. Non ci si può abbandonare alla sfiducia nelle nostre possibilità, sot-tovalutando i progressi compiuti dall’Italia. Progressi straordinari anche nel campo dell’istruzione, se penso alle condizioni in cui eravamo quando cominciavo ad andare a scuola. Guardando ai cambiamenti nel corso degli ultimi anni, da quando sono diventato Presidente, vedo che l’istruzione italiana ha continuato a fare pro-gressi in senso quantitativo e anche qualitativo. I pro-gressi compiuti dimostrano come l’Italia possa farcela, possa migliorare quando si impegna con sforzi collettivi e condivisi. E tuttavia limiti e problemi persistono, ed è lungo il cammino da compiere per annullare alcune distanze rispetto ad altri paesi avanzati. Cosa è dunque

necessario per far progredire ulteriormente la scuola italiana?». Richiamando l’intervento del ministro Pro-fumo il presidente della Repubblica ha aggiunto che è essenziale rafforzare il rapporto tra «insegnanti, studenti e famiglie nella scuola». Ma è anche necessaria al be-nessere dell’istruzione «una società che creda e pratichi la superiorità dell’istruirsi bene rispetto al contare sulla raccomandazione, un mondo del lavoro che contribui-sca alla formazione dei giovani e premi le loro compe-tenze, un’azione pubblica che riconosca il ruolo cardine dell’istruzione e in essa investa idee e risorse». 

Una strada da non abbandonare

«Ho potuto tuttavia rilevare - ha continuato il Capo dello Stato - con favore una certa costanza negli obiet-tivi perseguiti dai governi che si sono succeduti durante la mia presidenza. Penso, ad esempio, alla comune volontà di incentivare la qualità e il merito anche at-traverso meccanismi sempre più estesi di valutazione. Riscontro una costante riaffermazione dell’obbiettivo di modernizzare la didattica rendendola più attraente per i giovani. Un’attenzione crescente delle politiche dell’i-struzione è stata inoltre rivolta a ridurre i troppi squilibri fra le diverse parti del Paese, soprattutto fra Nord e Sud. La ridistribuzione di competenze e di capacità a favore delle zone più povere di mezzi e di saperi può rivelarsi sui tempi lunghi una strategia più ricca di ri-sultati per il Mezzogiorno: molto meglio che distribuire sussidi, come si è per tanto tempo continuato a fare! Ma occorre anche che le competenze acquisite in

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queste aree rimaste indietro trovino rispondenza in una reale richiesta di lavoro qualificato. Dobbiamo costruire opportunità, dobbiamo farlo, perché questo è l’assillo di tutte le famiglie. Dobbiamo farlo se vogliamo limita-re l’emigrazione dei giovani, in particolare dei giovani più ricchi di istruzione. In questi anni si è tentato di in-centivare il ritorno dei cervelli emigrati e si è cercato di costruire per i ricercatori un ambiente più favorevole in patria. Mi auguro che si prosegua con decisione su questa strada, che non si facciano inversioni di marcia neanche in tempo di crisi. Un paese non può trascurare il suo capitale più importante: la conoscenza». 

Un luogo che costruisce comunità

«Nello stesso tempo - ha sottolineato il presidente Napolitano - la scuola è anche, e molto, un’istituzione che educa alla cittadinanza, promuovendo la condivi-sione di quei valori sociali e civili che tengono unite le comunità vitali, le società democratiche». Il Capo dello Stato ha quindi ricordato che «tra i valori che la scuola ha cercato di promuovere con costanza e impegno in questi anni spicca il valore della legalità. Purtroppo, anche di recente la cronaca ci ha rivelato come nel di-sprezzo per la legalità si moltiplichino malversazioni e fenomeni di corruzione inimmaginabili, vergognosi. Non è questo un contesto accettabile per persone sensibili al bene comune, per cittadini onesti, né per chi voglia avviare un’impresa.

Chi si preoccupa oggi giustamente per l’antipoliti-ca deve sapere risanare in profondità la politica. E risa-nare la politica, far vincere la legalità si può! Così come si può far vincere la legge contro la mafia. Ce l’hanno dimostrato venti anni fa e li abbiamo ricordati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma la legalità si deve pra-ticare a tutti i livelli, e dunque anche nel nostro piccolo mondo quotidiano. E nella vita scolastica legalità vuole dire rispetto delle sue regole, rispetto dei compagni, specie di quelli più deboli, e soprattutto, vorrei sottoli-nearlo, rispetto degli insegnanti che sono il cuore pul-sante della scuola, e guai a indebolirlo. In questo grave momento di crisi per le famiglie italiane è importante che la scuola promuova e pratichi un altro fondamen-tale valore: quello della solidarietà, mostrandosi capace di stare al fianco di chi ha maggiori difficoltà, e anche di sollecitare gli interventi necessari sia al livello pubblico, sia al livello di privato sociale, di fondazioni ed enti pri-vati». 

Il contributo della scuola per i 150 anni

Il presidente della Repubblica ha concluso il suo intervento ricordando che «in occasione delle celebra-zioni per i 150 anni dell’Unità di Italia, la scuola italiana ha compiuto un’opera magnifica. Ha dato un contributo fondamentale per consolidare l’identità nazionale e incardinarla sui valori democratici della nostra Costitu-

zione. Grazie ancora a tutti coloro che hanno reso pos-sibile questa straordinaria impresa. Quelle nostre cele-brazioni hanno coinciso col radicarsi di una grave crisi finanziaria e economica internazionale che ha colpito con durezza il nostro Paese. Ebbene, dobbiamo met-tere a frutto il rinnovato sentimento di unità nazionale, scaturito da quel vasto movimento per il 150°. E insie-me dobbiamo essere fino in fondo consapevoli di come le sorti dell’Italia siano legate a quelle dell’Europa. An-che nel mondo della scuola c’è bisogno di rafforzare la fiducia nell’Europa e nell’impegno comune per renderla più democratica e più forte. Al nuovo Presidente che verrà auguro, invece, di poter provare la stessa emozio-ne e lo stesso piacere che ho avuto io a stare con voi in questi anni, e alla scuola italiana auguro tutto il bene di cui ha bisogno e che merita, assicurandovi che le reste-rò vicino».

Il messaggio del ministro Profumo

Durante la cerimonia ha preso la parola anche il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo che ha indicato la strada che ha in mente per rinnovare il sistema scolastico italiano. «Siamo nell’era della co-noscenza diffusa - ha detto -. La scuola deve e può governare questa rivoluzione». Il ministro immagina che non ci siano più solo lezioni frontali, ma collaborazione, confronto, coinvolgimento attivo dei ragazzi che impe-dirà loro di annoiarsi e di conoscere il mondo da una sola angolazione. Secondo Profumo, il cambiamento di prospettiva gioverà anche ai docenti, che certamente meritano di più in termini di rispetto, formazione e car-riera. «Come direttori d’orchestra i docenti aiuteranno i ragazzi ad armonizzare i loro saperi. Immaginiamo la scuola come un vero e proprio centro civico, aperto alla conoscenza. Ciò richiede, doverosamente, un progetto di messa in sicurezza di tutti gli edifici, e la realizzazio-ne di nuove scuole. La scuola - ha concluso il ministro - o è per i ragazzi o non è scuola. Solo un cammino di corresponsabilità fra studenti, famiglie e scuola con-sentirà di affrontare questi traguardi. Ragazzi, sfruttate al meglio ogni minuto che avrete a disposizione. Ponete domande, saremo al vostro fianco».

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Il dibattito sull’ora di religione Sì al confronto, no all’ideologiaVogliamo un confronto sereno e non ideologico. L’autentica religione non teme una scuola aperta, multietnica, in grado di dialogare con tutti

Come Associazione che da lungo tempo è pre-sente a servizio delle famiglie, dei ragazzi e dell’edu-cazione, riteniamo che il dibattito su temi di questa ri-levanza non possa essere ridotto alla contrapposizione semplificatoria di due schieramenti, pro o contro l’ora di religione. Probabilmente in Italia non si è mai sopita la “questione romana”, probabilmente ogni riflessione sul-la religione e sulla sua presenza pubblica deve divenire una sorta di referendum sulla Chiesa cattolica, presente nel nostro Paese in molte modalità differenziate, da quella della liturgia al servizio ai poveri, dall’educazione diffusa alla cura e animazione di ragazzi, adolescenti e giovani.

Due discorsi da leggere insieme

«Il paese è cambiato, nelle scuole ci sono studenti che vengono da culture, religioni e paesi diversi. Credo che debba cambiare il modo di fare scuola, che debba essere più aperto - ha detto il ministro dell’Istruzione -. Ci vuole una revisione dei nostri programmi in questa direzione. Un discorso che vale per l’ora di religione, ma anche per l’ora di geografia, che si può studiare anche ascoltando le testimonianze di chi viene da altri Paesi. La scuola è più aperta e multietnica e capace di

correlarsi al mondo di oggi».Non tocca a noi, certo, interpretare le parole del

professor Profumo, né parlare a nome della Chiesa, che già si è espressa con autorevoli e pacate riflessioni, as-sai serene perché non politicizzate.

Il nostro contributo vorrebbe proprio leggere le affermazioni sull’ora di religione unitamente alle parole del ministro stesso pronunciate al Quirinale, nelle qua-li ha sottolineato il grande compito che la scuola ha svolto nella trasmissione di tradizioni e anche di valori. «A partire dal 1861 - ha ricordato nella cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico - la scuola ha uni-to il Paese, intrecciandone il destino. Ha combattuto l’analfabetismo; ha diffuso l’italiano come strumento per comunicare e condividere un patrimonio comune; ha veicolato le tradizioni culturali e letterarie, locali e nazionali, che sono diventate le nostre radici; ha tra-smesso i valori che ci hanno rafforzato all’interno delle nostre famiglie, delle nostre comunità sociali e civili, e all’interno della nazione. Adesso anche la scuola, come tutto il Paese, - ha aggiunto Profumo - è chiamata a fare un salto di qualità. Le sfide che ci attendono sono molte e impegnative, e richiedono coraggio, gambe e fiato, oltre a uno sguardo lungo, come uno scalatore che si appresti a conquistare una cima impervia».

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Si riferiva alla scuola tutta, evidentemente anche alla scuola che ha in sé, appunto dal 1984, quell’ora di religione discussa. La presenza di quell’ora non è di-pendente dal volere dell’uno o dell’altro schieramento, ma dal solenne pronunciamento espresso nell’articolo 9.2 dell’Accordo: «La Repubblica italiana, riconoscen-do il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i princìpi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado. Nel rispetto della libertà di coscienza e della responsabilità educativa dei genitori, è garantito a ciascuno il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento».

Un approccio storico e culturale

Dunque, un’ora di religione che è approccio cultu-rale e storico, non catechistico, all’interno delle finalità della scuola, assicurando comunque la libertà di co-scienza. La storia seguente ci dice di un’ora offerta a tutti, scelta anche da non credenti, o da appartenenti ad altre fedi, desiderosi di conoscere meglio il nostro Paese, che è Divina Commedia insieme a storia dell’ar-te, pietà popolare insieme a musica sacra, ma anche una storia di cooperative, casse mutue, leghe sindacali che ha innervato il nostro tessuto sociale.

Un’ora di religione continuamente sottoposta, per legge, a verifiche, a successive intese e revisioni di programmi. Un’ora di religione che richiede insegnanti sempre “nuovi” nell’approccio alla disciplina. Certo, un’ora che, per la sua stessa natura, mai completamen-te sarà all’altezza del compito, rivelando la necessità continua di aggiornamento e formazione dei docenti, nonché il bisogno di essere ripetutamente scelta dalle famiglie, ridiscussa nel Paese.

Le nostre domande

Nelle parole del ministro ci piacerebbe leggere una domanda: quale il contributo che l’ora di religione può offrire al dialogo fra le culture e le religioni che an-che nel nostro Paese si deve aprire, superando la sola fase dell’integrazione? Può l’ora di religione scavare nella sua profondità e pienezza, rivelando nel “patri-monio storico” il contributo cattolico alla democrazia, all’idea di persona e di cittadino, al valore del lavoro e della solidarietà, così come mirabilmente presenti nella Costituzione italiana? Può l’ora di religione, insieme alle altre discipline scolastiche (prima di tutte l’ora al-ternativa, sovente non organizzata nelle scuole, e poi la geografia, come dice il Ministro, ma perché no l’econo-mia, la storia, la filosofia, ancora insegnate per lo più in prospettiva solo eurocentrica!), proprio perché rafforza le nostre radici, contribuire al salto di qualità di cui la scuola ha bisogno, offrendo «coraggio, gambe, fiato e

sguardo lungo», come ha detto il ministro nel discorso al Quirinale?

Noi siamo convinti di sì, e perciò abbiamo soste-nuto sempre questo insegnamento, chiedendo che fos-se di qualità, impartito da insegnanti che, proprio per la loro formazione, sapessero essere esempio e stimolo anche ai colleghi nella serietà professionale, nel dialogo con studenti e genitori, e sapessero proporre agli allievi il sapore della ricerca, dell’impegno, dell’apprendere.

In questa prospettiva volentieri dialogheremo con il ministro e con quanti vorranno ragionare davvero di educazione e cultura, in un’Italia che cambia. Ci inco-raggiano anche le parole pronunciate dal presidente Napolitano, sempre in occasione della festa svoltasi in Quirinale: «La scuola è anche, e molto, un’istituzione che educa alla cittadinanza, promuovendo la condivi-sione di quei valori sociali e civili che tengono unite le comunità vitali, le società democratiche».

Vogliamo operare una gigantesca rimozione, espungendo la dimensione religiosa dalla formazione e dalla ricerca, oppure scegliamo, con convinzione, un confronto sereno e non ideologico, cogliendo questa presenza come un’opportunità? L’autentica religione non teme una scuola aperta, multietnica, capace di correlarsi al mondo di oggi, proprio come chiede il mi-nistro. Ci piacerebbe, da genitori, che la scuola tutta sia aperta, sempre: aperta alle famiglie (credenti e non), aperta al territorio e alla pluralità di ricchezze che pro-pone.

Non sempre è la scuola che incontriamo, purtrop-po. Di certo, finché il dibattito sarà solo ideologico, ci si dimenticherà che i ragazzi sono tutti uguali. Compresi quelli che hanno scelto l’ora di religione.

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Sicurezza degli edifici scolastici Una crepa che incrina la fiduciaCittadinanzattiva, decimo rapporto di sulle scuole del nostro Paese Uno spaccato preoccupante degli ambienti in cui studiano i nostri figli

“Cittadinanzattiva” ha pre-sentato il suo decimo rapporto sulla sicurezza delle scuole italia-ne: dati sui quali genitori e studen-ti hanno diritto di preoccuparsi. Ma, soprattutto, di fronte ai quali devono velocemente rimboccarsi le maniche amministrazioni comu-nali e provinciali, rispettivamente responsabili della scuola del primo ciclo (medie comprese, per capir-ci) e superiore.

Siamo in presenza di oltre una scuola su cinque assoluta-mente inadeguata sotto il profilo della sicurezza.

Solo un quarto delle scuole è in regola con tutte le certifica-zioni di sicurezza e la manuten-zione è ridotta a lumicino, tanto che ad esempio nel 45% delle scuole monitorate da Cittadinanzattiva sono stati richiesti interventi strutturali, ma in oltre la metà dei casi l’ente proprietario non è mai intervenuto. Lesioni strutturali in una scuola su dieci, distacchi di intonaco in una su cinque, muffe ed infiltrazioni in una su quattro.

E mentre il Miur insiste e sostiene l’innovazione tecnologica e la diffusione di scuole 2.0, un terzo degli edifici è privo anche della più semplice aula com-puter e quasi la metà di laboratori didattici. Il 46% non ha una palestra al proprio interno, in un terzo dei casi i cortili sono usati come parcheggio.

Si registrano crolli di intonaco in corridoi (19%), aule (14%) e bagni (14%); muffe, infiltrazioni e umidità in bagni ed aule (24%), mense (18%), palestre (17%).

Il 21% delle scuole presenta uno stato di manu-tenzione del tutto inadeguato. Nell’87% dei casi è stato richiesto intervento mantenutivo all’ente interessato, ma quest’ultimo, nel 15% delle situazioni, non è mai intervenuto o l’ha fatto con estremo ritardo. Gli inter-venti di tipo strutturale, che richiedono più soldi e tempo, sono stati richiesti nel 45% delle scuole ma in ben il 58% non hanno ottenuto alcuna risposta da parte dell’ente proprietario.

Il cattivo stato di manutenzione fa sì che in un’aula su quattro (24%) siano presenti segni di fatiscenza, come umidità muffe, infiltrazioni di acqua oltre che distacchi di intonaco visibili in più di un’aula su 10 (14%). Barriere architettoniche (11%) e pavimen-

ti sconnessi (10%), ostacolano la vita agli studenti con disabilità. Stare a scuola risulta dannoso per la salute: temperature e aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule, visto che il 49% di esse è senza tapparelle o persiane e il 57% ha le finestre rotte. E ancora il 10% delle sedie e il 12% dei banchi è rotto e in oltre la metà dei casi gli arredi non sono a nor-ma, adeguati ad esempio all’altez-za degli alunni (su questo fronte segnaliamo proprio la campagna AGe, relativa alla corretta postura nei banchi scolastici e alla propo-sta del “banco che cresce con il bambino”).

Capitolo dolente è quello del sovraffollamento: una classe su 4 del campione ha più di 25 alunni, dunque non è adeguata alla normativa antincendio. E pur facendo riferimento al discusso e contestato art.64 della legge 133/2008, che ha innalza-mento il limite di alunni per classe, si sono riscontrate ben 60 classi fuorilegge. I dati sul sovraffollamento van-no letti insieme ad altri fattori relativi alla sicurezza in-terna come: le porte con apertura antipanico assenti nel 78% delle scuole monitorate, le scale di sicurezza assenti nel 21% dei casi, le uscite di emergenza as-senti nel 16% e non segnalate nel 15%, la larghezza dei passaggi di almeno 120 cm non rispettata nel 18% dei casi.

Da alcuni anni, almeno, è cresciuta l’attenzione nei confronti di aspetti relativi alla prevenzione e alla vigilanza all’interno degli edifici scolastici. Le prove di evacuazione sono effettuate almeno due volte l’anno dal 93% delle scuole, il piano di evacuazione è presente nel 98% dei casi, i cancelli sono tenuti chiusi durante l’ora-rio scolastico nel 64% delle scuole. La segnaletica è in parte carente: un 20% di scuole non presenta ovunque la piantina di evacuazione, il 15% non segnala le usci-te di emergenza, il 24% non espone il divieto di fumo. Siamo convinti che la qualità degli ambienti e l’ordine che li caratterizza sia, già in sé, una proposta educativa. Le segnalazioni che i genitori effettueranno, indirizzate agli enti competenti non potranno restare lettera morta. Soprattutto i genitori eletti negli organismi collegiali della scuola hanno in questo un ruolo importante.

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L’Invalsi alla prova della maturità Per ora solo una sperimentazioneDopo la richiesta dell’Age di toglierlo dall’esame di terza media ora è il turno della scuola superiore. Paolo Sestito: preferirei fuori dall’esame

di Emanuela Micucci

Maturità 2013 con la prova Invalsi. Potrebbero partire a giugno le prime sperimentazioni in alcune scuole, su base volontaria, per l’introduzione della terza prova nazionale Invalsi all’esame di stato, come già avviene in terza media. A darne la notizia Roberto Ricci, il responsabile del servizio di nazionale di valu-tazione Invalsi, che precisa però: «Stiamo ancor stu-diando la situazione». Tuttavia, una prova nazionale e standardizzata “sarebbe necessaria” per completare il quadro della valutazione degli apprendimenti. E «si po-trebbe tecnicamente produrre nel giro di un anno». Ma l’ultima parola spetta al ministero dell’istruzione che deve ancora decidere. Un test come quello dell’Invalsi, secondo Ricci, ha bisogno di essere provato prima di essere effettivamente introdotto come prova per i ma-turandi. Per questo motivo il 2013 non segnerà la fine del quizzone, ma l’avvio delle sperimentazioni dell’In-valsi all’esame di stato. «Tuttavia, già da ora si può affermare con sicurezza che, quando verrà introdotta una prova standardizzata alla maturità, gli studenti lo sapranno fin dal 1° settembre». Nessun cambiamento in corsa, dunque.

Dal commissario straordinario dell’Invalsi Paolo Sestito l’annuncio che si lavora per introdurre una rilevazione degli apprendimenti al quinto anno del-le superiori dal giugno 2013. «Se il test sarà inserito nella prova di maturità - aggiunge - non spetta a noi deciderlo. Io tenderei a separare i due ambiti». Posi-zione simile a quella dell’Age: «Vorremmo che le prove Invalsi contribuissero a rendere comparabili le scuole fra loro – sottolinea il presidente Davide Guarneri -. Vorremmo che contribuissero a smuovere la ricerca didattica. Potremmo dunque essere favorevoli a som-ministrazioni periodiche e frequenti di test Invalsi, così che anche gli alunni stessi si rendano conto dei loro punti di forza e delle difficoltà, confrontandosi con i risultati dei loro pari italiani ed europei. Ma, perché la prova Invalsi anche nell’esame di terza media, contri-buendo a determinare il voto finale?». Con un possibile danno economico alle famiglie: l’esito finale della terza media condiziona l’attribuzione di borse di studio e buono “dote scuola”, nonché agevolazioni per acqui-sto di libri o altro.

Altre novità in arrivo dall’Invalsi per l’anno scola-

stico 2012-13. Prove con il pc in un percorso triennale di sperimentazioni campione. Rivelazioni su base cam-pionaria in scienze e in inglese, sul quale nel 2012 già si è fatta una sperimentazione in terza media che ha coinvolto oltre 2.000 studenti. Un rapporto biennale dalla prossima primavera per individuare le scuole in situazioni critiche e i contesti in cui operano. Uno stu-dio sul concetto di valore aggiunto seguendo la carrie-ra del singolo studente. «Il miglioramento deve iniziare dal lavoro sulle singole scuole – commenta il sotto-segretario all’istruzione Elena Ugolini -. Per questo stiamo ripensando al sistema nazionale di valutazione della scuola, partendo dai dirigenti scolastici. Spero che si possa avere presto il regolamento, che si basa sull’assunto che non è possibile una valutazione ester-na efficace senza una valutazione interna, per la quale le scuole devono essere aiutate. Anche la comunità scientifica dovrebbe utilizzare il rapporto Invalsi, per esempio per la formazione dei nuovi docenti».

Intanto, il 20 luglio scorso, l’Invalsi ha presentato a Roma i risultati delle prove somministrate tra mag-gio e giugno a circa 2.900.000 studenti in 31.0000 scuole (www.invalsi.it), mostrando che gli alunni non sanno leggere i normali testi espositivi presenti nei libri scolastici e in molti testi d’uso. Già al secondo anno della primaria, dove hanno arrancato su un brano sulle abitudini degli eschimesi, e ancora all’esame di terza media, dove sono inciampati sulla comprensione di un biglietto ferroviario. «Promuovere la comprensio-ne precisa, analitica del testo espositivo è compito trasversale di tutti gli insegnati della classe, non solo del docente di italiano – spiega Daniela Bertocchi dell’Invalsi -. Se i ragazzi faticano a capire questo tipo di testo, non sono in grado di avere un metodo di stu-dio né di apprendere dai testi scolastici come manuali o testi espositivi misti». «C’è un filo rosso evidente dal secondo anno della primaria alla seconda superiore – aggiunge Ricci -: i ragazzi hanno difficoltà ad argo-mentare le risposte», soprattutto in matematica, dove la bestia nera è geometria. Il rapporto conferma il diva-rio tra Nord e Sud, che «tende ad aumentare nei diver-si livelli di istruzione – precisa il ministro dell’istruzione Francesco Profumo -. Tuttavia, soprattutto nel primo ciclo, Puglia, Abruzzo e Basilicata hanno ridotto la di-stanza rispetto al dato nazionale, fino a raggiungere in alcun i casi i livelli medi italiani».

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Il bando del Progetto Andrea A Vicenza il nuovo convegno “La salute comincia in famiglia e nell’ambiente in cui viviamo” è il tema del dodicesimo meeting scientifico promosso dagli Ospedali di Andrea

Pediatri, infermieri, associazio-ni di genitori e di volontari, scuole. Tutti insieme dal 15 al 17 novembre per migliorare la qualità dell’acco-glienza dei bambini e delle famiglie negli ospedali.

“La salute comincia in fami-glia e nell’ambiente in cui vivia-mo” sarà il tema del dodicesimo Convegno scientifico degli Ospe-dali di Andrea, ospitato quest’anno a Vicenza, nell’auditorium dell’Issr “Santa Maria di Monte Berico” in viale Cialdini 2.

Interventi di alto livello scienti-fico, uniti alla presentazione di con-crete esperienze e progetti attuati, segneranno un ulteriore approfondi-mento sull’accoglienza e l’umaniz-zazione, sviluppando in particolare, quest’anno, i temi della prevenzio-ne, dell’educazione alla salute, del rapporto tra famiglie, ambiente sociale e ambiente sanitario.

L’avvio del convegno sarà nel pomeriggio di gio-

vedì 15 novembre: oltre al saluto delle autorità, previsti i due inter-venti di apertura da parte del pro-fessor Claudio Ronco, primario di Nefrologia nell’Ospedale San Bor-tolo, e di don Edmondo Lancia-rotta, responsabile della pastorale della scuola e dell’educazione del Triveneto. La sera, concerto aperto alla città, in Basilica.

Il venerdì sarà particolarmente dedicato agli operatori della sanità e, come tradizione, per la presen-tazione delle esperienze sono stati promossi alcuni premi: uno dedi-cato alla cooperazione fra il mondo della sanità e quello della scuola (concorso “Guido e Marcella Cac-cia”), uno riservato alla qualità delle strutture sanitarie pediatriche ospe-daliere e territoriali italiane (concor-so “Daniela Sardella”), un altro an-

cora relativo alla qualità dell’assistenza infermieristica in area pediatrica (concorso “Lavinia Castagna”). Infine, il sabato uno spazio è riservato ai bambini e ragazzi, che

esprimeranno le loro esperien-ze e le loro idee sulla salute nel concorso “Star bene: la salute comincia in famiglia e nell’am-biente in cui viviamo. Chi mi può aiutare, e io che posso fare per me e per gli altri?”. Il bando è pubblicato nella pagina a fian-co. Nella stessa mattinata altri in-terventi per genitori e insegnanti. Inoltre, il premio speciale “Paolo Dal Prà”, che individuerà un’as-sociazione genitori del Veneto di-stintasi in modo particolare nella dedizione alla salute dei bambini.

Per ogni informazioni è pos-sibile rivolgersi all’Age Veneto ([email protected]), organizzatrice dell’edizione di quest’anno: a tutti gli amici delle associazioni del Ve-neto e all’associazione regionale in particolare il ringraziamento di tutti, soprattutto dei bambini.

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| L’ISSR “Santa Maria di Monte Berico“, sede del Convegno

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Star bene: la salute comincia in famiglia e nell’ambiente in cui viviamo.Chi mi può aiutare e io che posso fare per me e per gli altri

Edizione 2012 sul tema del diritto alla salute, riservato ai bambini e ai ragazzi delle scuole dell’infanzia, primarie, secondarie di primo e secondo grado

Art. 1 – Finalità del concorso L’A.Ge. (Associazione Italiana Genitori) - Network “Gli Ospe-dali di Andrea” e la Fondazione PinAC –Pinacoteca Interna-zionale dell’età evolutiva Aldo Cibaldi di Rezzato (BS), con la collaborazione della Direzione Generale per lo Studente del Ministero Istruzione Università e Ricerca e dell’Ufficio Scola-stico Regionale, indicono il concorso “Star bene: la salute comincia in famiglia e nell’ambiente in cui viviamo. Chi mi può aiutare e io che posso fare per me e per gli altri”.

L’edizione 2012 del concorso è organizzata inoltre in collabo-razione con l’Ospedale San Bortolo di Vicenza e con l’Istitu-to Comprensivo Valdagno 2 (VI). L’iniziativa è promossa dal “Progetto Andrea”, che ha l’obiettivo di migliorare la quali-tà della vita del bambino in ogni ambiente. Il Network ”Gli Ospedali di Andrea” persegue questo obiettivo nell’ambito dell’assistenza sanitaria in area pediatrica.

Il concorso ha finalità educative: scopo del premio è stimo-lare la cultura del diritto alla salute come un bene da posse-dere e da preservare sia nei propri confronti, nel contesto in cui si hanno relazioni e in cui si vive, sia nei confronti di tutti i bambini del mondo. L’obiettivo specifico è quello di promuo-vere una sempre maggiore consapevolezza sui diritti alla sa-lute, a partire dalle esperienze concrete dirette e indirette dei giovani e dalle loro conoscenze in materia. I genitori, il mondo della scuola e gli operatori della sanità sono invitati a stimolare ed aiutare i partecipanti ad esplora-re il tema del concorso.

Art. 2 – Termini e modalità di partecipazione Il concorso è indirizzato ai bambini ed ai ragazzi delle scuole pubbliche, statali e paritarie, di ogni ordine e gra-do del territorio nazionale. È articolato in quattro sezioni: • Sezione Scuola dell’Infanzia • Sezione Scuola Primaria • Sezione Scuola Secondaria di I grado • Sezione Scuola Secondaria di II grado

Il concorso è indirizzato, inoltre, alle Associazioni dei Genito-ri, alle organizzazioni di Volontariato e di cittadinanza attiva che si occupano dell’età evolutiva. Si può partecipare al Concorso, singolarmente o in gruppo, inviando: • Produzioni grafico-pittoriche realizzate individualmente

(solo Sezione Scuola dell’Infanzia, Scuola Primaria) • Canzoni, su CD per una durata massima di tre minuti

(ogni ordine e grado di scuola). • Temi, poesie o racconti (solo Sezione Scuola Secondaria

di I e II grado) • Brevi video-spot, per una durata massima di un minuto

(solo Sezione Scuola Secondaria di II grado). • Ipertesti (solo Sezione Scuola Secondaria di II grado) • Cortometraggi della durata massima di cinque minuti,

titoli di coda compresi (solo Sezione Scuola Secondaria di II grado)

Gli elaborati dovranno pervenire in busta chiusa entro il 27 Ottobre 2012.

Le produzioni grafico-pittoriche vanno indirizzate alla Fon-dazione PInAC – Via Disciplina 60 – 25086 Rezzato (Bs). Ogni altro elaborato va indirizzato all’Istituto Comprensivo Valdagno 2 – Via Zanella 1 – 36078 VALDAGNO (VI).

Gli elaborati dovranno riportare il nome della scuola/as-sociazione/organizzazione di appartenenza, il nome della classe e degli studenti partecipanti. Per le produzioni grafico pittoriche le indicazioni dovranno essere riportate sul retro dell’elaborato. Il materiale pervenuto non verrà restituito e sarà conservato presso la segreteria organizzativa. L’organizzazione si riserva di pubblicare, in un apposito vo-lume o in altre forme, i migliori lavori selezionati tra i vinci-tori. I migliori prodotti artistici, relativamente alle sezioni di Scuola dell’Infanzia e di Scuola Primaria potranno essere esposti al pubblico, per entrare poi a far parte della rac-colta museale della Fondazione PinAC. Al momento stesso dell’invio dell’opera si intende automaticamente rilascia-ta all’organizzazione la liberatoria in merito alla disponibi-lità del prodotto.

Le scuole partecipanti saranno informate sugli esiti del con-corso entro il 7 novembre 2012.La premiazione sarà effettuata in occasione del Convegno del Network di Andrea che si terrà a Vicenza nei giorni 15-16-17 novembre 2012 presso ISSR “Santa Maria di Monte Berico” Viale Cialdini n. 2 36100 Vicenza.

Art. 3 – Premi e riconoscimenti I lavori pervenuti saranno valutati da una commissione, composta da un rapprentanti del Network, della PinAC, dell`Istituto Comprensivo Valdagno 2, dell’ Ospedale San Bortolo di Vicenza, del mondo della scuola e della sanità. Essa selezionerà, a suo insindacabile giudizio, per ogni se-zione, i dieci migliori lavori, che saranno pubblicati sul sito www.pinac.it e sul sito www.age.it. Ai primi classificati delle quattro sezioni sarà assegnato un premio di riconoscimento.

Art. 4 – Trattamento dati personali Partecipando al Concorso, l’alunno e/o l’esercente la patria potestà prende atto ed acconsente ai sensi del D.lgs. 196/03 che i dati personali saranno utilizzati dall’Associazione Italia-na Genitori A.Ge. con sede in Roma, via Aurelia 796 e dagli organizzatori del concorso per motivi legati all’espletamento dello stesso e che saranno trattati anche con mezzi elettro-nici, ma non saranno diffusi a terzi. L’A.Ge. potrà utilizzare i dati per l’invio di materiale relativo alle proprie attività. L’in-teressato potrà chiedere in ogni momento la cancellazione dei dati.

Art. 5 - Segreteria organizzativa del concorso Per ogni informazione sul concorso è possibile rivolgersi a:Chiara Crivelli 345 9885268o Fabrizio Azzolini 348 7201323

BANDO DI CONCORSO PER LE SCUOLE

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Alcol ai minoriFacciamochiarezzadi gabriele Rossi*

La recente emanazione del cosiddetto “decreto Balduzzi” in materia di salute non contiene ri-ferimenti alla vendita e/o sommi-nistrazione di bevande alcoliche a minori. I riferimenti di legge già esistenti, nel contempo, sono già molto chiari.

Il Codice penale all’articolo 689 vieta «la vendita per asporto e la somministrazione di alcolici a minori di anni 16, a persone che appaiano affette da malattia di mente e a persone che si trovino in condizioni di manifesta defi-cienza psichica a causa di altra infermità».

In proposito il ministero dell’In-terno, con la nota 557/ P.S.A. 3854.I2000A del 24 marzo 2009, ha però chiarito che il divieto non riguar-

da la sola somministrazione, ma anche la vendita per asporto e pertanto le bevande alcoliche non possono essere consegnate nemmeno in confezioni a chi ha meno di 16 anni.

La Corte di Cassazione, inol-tre, con la pronuncia n. 27706 del luglio 2011, ha precisato che «nella previsione normativa del reato di somministrazione di bevande  al-coliche a minori o infermi di men-te (art. 689 c.p.) non rientra solo il titolare dell’esercizio, ma anche chi, in maniera legittima o abu-siva, gestisce per lui l’esercizio», fissando, quindi la regola per la quale «chi somministra alcolici ai minori, pur non essendo il titolare del locale, risulta pienamente re-sponsabile».

Tale divieto spesso è aggirato e violato, in particolar modo nel-le discoteche e nei pub. Esistono sentenze che hanno imposto la sospensione dell’attività a gestori di esercizi pubblici che non hanno osservato tale divieto. I dati circa il consumo di alcol da parte dei mi-nori sono sempre più preoccupan-ti. «Cresce fortemente il consumo di alcol fuori pasto dei giovanissi-mi», ci dice l’Istat. La quota di 14-

17enni che consuma alcol fuori pasto passa dal 15,5% del 2001 al 18,8% del 2011. Sempre dai dati ufficiali sappiamo che nel 2011 ha consumato almeno una bevanda alcolica nell’anno il 65% della po-polazione di 11 anni e più: beve vino il 53,3%, birra il 46,2% e ape-ritivi alcolici, amari, superalcolici o liquori il 40,6%; beve vino tutti i gior-ni il 23,6% e birra il 4,5%. Sul tema, in Italia, nonostante gli appelli di medici, scienziati, forze dell’ordine ed educatori, c’è molta distrazione, forse perché l’alcol è socialmente e culturalmente accettato, sembra non fare paura, né danno. L’Age da sempre è impegnata nel cam-po della formazione e informa-zione, non solo ai genitori ma an-che agli studenti circa i pericoli e i danni che derivano dall’assume-re sostanza alcoliche in giovane età. Dalla collaborazione scuola-famiglia può nascere un percorso educativo importante per i nostri figli. Una ragione in più per essere presenti nella scuola anche quan-do i figli sono nella secondaria: sembrano già grandi, ma hanno bisogno di noi.

* Responsabile nazionale Ufficio Age Famiglia, adolescenti e giovani

Allarme movida Ma i giovani chiedono di più

Non tutti i giovani sono “sballati”. Ne siamo con-vinti, da sempre lo sosteniamo, anche se i media presentano per lo più un solo volto giovanile.

Anche l’estate ormai alle nostre spalle è stata costellata di notizie, purtroppo consuete e dramma-tiche: incidenti notturni per guida pericolosa in stato d’ebbrezza, svenimenti, coma e vittime per consumo di sostanze, risse fuori dalla discoteca.

Ci sono tanti giovani che hanno voglia di diver-tirsi in modo sano, tranquillo, senza ricorrere a nes-sun “artificio” e soprattutto chiedono alle istituzioni politiche e civili di venire loro incontro: dall’offerta di iniziative culturali, a maggior sicurezza per strada, a luoghi in cui potersi incontrare.

Effettuando un viaggio in internet, luogo che nella sua libertà assoluta offre anche la possibilità di incontrare buone notizie, scopriamo qualche feno-meno alternativo, almeno diverso: è il caso di zone

della capitale.Sono sempre di più infatti i giovani che scelgo-

no di vivere la notte tra quattro chiacchiere e un bic-chiere di birra. Le piazze si popolano al calar del sole di ragazzi e ragazze pronti a condividere giornate, risate, divertimento e una buona birra seduti sotto il cielo capitolino.

Serpeggia una domanda: la movida romana soddisfa realmente i giovani che vivono la capitale by night? E di certo la domanda vale anche per al-tre città.

Molti, anche fra i giovani, vorrebbero una cit-tà più sicura, e soprattutto dalle ragazze emerge la paura a tornare a casa da sole. C’è anche il deside-rio di una città a dimensione delle loro tasche, delle tasche di quei ragazzi che studiano e vivono fuori da casa tutto l’anno e fanno fatica a mantenersi da soli.

Ci sono giovani che chiedono iniziative cultura-li, escono per concerti, vorrebbero magari qualche iniziativa artistica in più. Non disdegnano controlli più mirati da parte delle forze dell’ordine, vorrebbero usare le metropolitane, desolatamente chiuse dopo una certa ora.

Come genitori cogliamo e appoggiamo con soddisfazione queste sollecitazioni. [g.r.]

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Il “postino” che fa risparmiare misurando i consumi energeticiCome ridurre di almeno il 15% le nostre bollette elettriche, senza sostituire niente dentro le nostre case. Una strada facilmente percorribile da ognuno

di Alessandro Ronca *

Il risparmio energetico si ottiene mettendo in cam-po molti piccoli accorgimenti, scelti in base alle ca-ratteristiche individuali di ogni abitazione e di ogni famiglia. Non immaginiamo che esista una soluzione unica, buona per tutti e che risolva “magicamente” il problema, in un colpo solo. Ogni vantaggio individuale che proporremo ha l’immenso pregio aggiunto di ridon-dare anche a favore dell’ecosistema planetario, in uno spirito di vera collaborazione con tutto il creato.

Non so se lo ricordate, ma qualche anno fa, pre-cisamente nel 1983, la Fiat presentò un nuovo modello “Ritmo”, la Es, che stava per energy saving. Quest’auto montava nel cruscotto, oltre a una serie di accorgimenti per ridurre i consumi, uno strumento alquanto utile: il “consumimetro”, tecnicamente detto vacuometro. Questo strumento, molti potranno ricordarlo, assomi-gliava a un orologio e aveva una lancetta che segnala-va, tramite delle bande colorate (verde, giallo, rosso), il livello di consumo di carburante dell’auto. L’effetto di questa informazione sul guidatore era molto potente, tale che il conducente vedendo la lancetta avvicinarsi al rosso, era portato ad alzare il piede dall’acceleratore, generando una riduzione media del consumo di carbu-rante, del 15%. Potenza della consapevolezza. Incredi-bilmente, e soltanto per accennarlo, dopo pochi anni, questo strumento è scomparso da tutte le auto, per riapparire 20 anni dopo. Ma questa è un’altra storia.

Pensate, ora, a quello che accade nella vostra casa,magari proprio in questo momento. Quanta ener-gia state realmente consumando, ne avete idea? Sicu-ramente, per comprare o costruire la vostra casa avete investito la più ingente somma di denaro della vostra vita, indebitandovi, magari, per i prossimi vent’anni. Sono altrettanto sicuro che l’unica interfaccia tra voi e la vostra casa, a livello energetico, sia un simpatico si-gnore che circa sei volte all’anno bussa alla vostra por-ta: il postino, oggi sostituito magari da un portalettere elettronico o da un Rid bancario. Questo messaggero dei vostri consumi casalinghi, con grande distacco vi consegna la “notula”, alla quale non potete più sottrar-vi: magari lo fate brontolando, ma comunque pagate.

E ora la buona notizia! Esiste un semplice stru-mento elettronico, molto economico, chiamato “mi-suratore dei consumi energetici” che, facilmente collegato al vostro impianto domestico (operazione fat-tibile da chiunque), registra e visualizza, in tempo reale,

i consumi elettrici della vostra abitazione e trasforma la misura di consumo energetico in una previsione di spesa sulla bolletta finale. A seguito di una autorevole ricerca effettuata dal motore di ricerca Google e anche a seguito di una lunga conferma sperimentale effettua-ta al Parco delle energie rinnovabili (http://www.per.umbria.it/) questo strumento è effettivamente in grado di suscitare, come accade con il misuratore dei con-sumi dell’auto, il comportamento energetico virtuoso all’interno della casa, giungendo a un risparmio anche del 20%.

Facciamo due conti: se la vostra bolletta è nell’or-dine di 100 euro bimestrali e, con questo strumento riuscite a risparmiare il 15%, significa che in un anno avrete risparmiato facilmente 90 euro. Proviamo ora a sommare il risparmio ottenibile sommando questo consiglio con quello apparso sul numero precedente di Age Stampa, relativo al risparmio di acqua: 90 euro sulla bolletta elettrica + (assumendo che la bolletta dell’acqua si aggiri intorno ai 40 euro bimestrali e cal-colando un risparmio del 40%) 96 euro annui + un ri-sparmio del 15% sulla bolletta del gas (prendendo una media di 1.200 euro all’anno) pari a 180 euro. In totale, con un investimento in tecnologia inferiore a 100 euro, otteniamo un beneficio annuo di 366 euro. Non male. Vi hanno mai proposto in banca un investimento mi-gliore? Buon risparmio a tutti.

* Parco energie rinnovabili Umbria www.per.umbria.it

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La cannabis e i suoi derivati La necessità di fare chiarezzaChiarimenti sui danni alla salute, sull’uso medico dei farmaci a base di Thc e sull’uso voluttuario, a cura del Dipartimento politiche antidroga

Sempre più spesso compaiono sui media naziona-li notizie ed informazioni sulla Cannabis e i suoi derivati con contenuti spesso imprecisi e fuorvianti soprattutto in relazione al possibile uso medico di alcuni suoi prin-cipi attivi. Soprattutto le giovani generazioni, in relazio-ne alla pubblicizzazione di queste potenzialità in ambito medico, molte volte impropriamente amplificate e for-temente esaltate, sviluppano spesso delle percezioni e delle credenze errate sulle reali potenzialità positive per la salute che la Cannabis illegale, cioè prodotta e venduta dalle organizzazioni criminali, dovrebbe analo-gamente avere.

Vengono spesso elencate infatti le potenzialità di utilizzo medico di queste sostanze, estendendo in maniera impropria i giudizi e le riflessioni scientifiche alle sostanze “di strada” prodotte in modo artigianale, fuori da ogni controllo igenico-sanitario e di qualità far-macologica del prodotto, equiparandole implicitamente a quelle prodotte mediante processi farmaceutici indu-striali controllati e sicuri, per finalità mediche.

Vi è inoltre la necessità di chiarire e non confonde-

re i piani di utilizzo di tali sostanze psicoattive per scopi voluttuari ed edonistici con quelli per finalità mediche. Si tende infatti ad estendere, per giustificarne l’uso voluttuario esaltandone le potenziali attività medica-mentose, alcune utilità riscontrate nei farmaci a base di Thc al supporto alle cure di certe patologie o lenitive di sintomi particolarmente disagianti (come la nausea, i dolori e la rigidità muscolare, l’ansia, ecc.), anche alle droghe di strada per dichiararne implicitamente l’inno-cuità se non addirittura la loro presupposta bontà per la salute e giustificarne cosi l’uso voluttuario .

Si pubblicizzano inoltre possibili attività anticancro del Thc o del cannabidiolo senza che questo finora ab-bia avuto nessun riscontro positivo sulla ricerca scien-tifica. Tutto questo è fonte di confusione soprattutto nelle giovani generazioni e potrebbe creare false ras-sicurazioni relativamente alla pericolosità legata all’uso di tali sostanze stupefacenti facendo diminuire quindi un importante fattore di protezione e cioè la percezione del rischio. Oltre a questo, va considerato che vi sono molte spinte e pressioni di vario genere a voler rendere

legale la coltivazione domestica della cannabis, giustificandola per un uso medico, ma fortemente autogestito sia nella fase prescrittiva, produttiva che di controllo della somministrazione.

Infine va considerata l’alta variabi-lità della percentuale di principio attivo che, in virtù delle nuove tecniche di cul-tura intensiva e modificazione genetica della pianta di Cannabis, continua ad aumentare, con percentuali che in al-cuni casi hanno raggiunto il 34% e, per alcuni suoi derivati, il 64%. Il mercato illegale infatti sta proponendo cannabis e suoi derivati con sempre più elevata concentrazione di Thc. Vi è quindi la ne-cessità di fare chiarezza.

Principali effetti

Innanzitutto va chiarito che la Can-nabis e i suoi derivati (hascisc, olio di hascisc ecc.) sono sostanze stupefa-centi tossiche e pericolose per l’orga-nismo ed in particolare per le altera-zioni che sono in grado di creare sulle

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funzioni neuropsichiche, i processi cognitivi, i riflessi la vigilanza e il coordinamento psicomotorio. I principi attivi della cannabis infatti sono in grado di produrre nel tempo alterazioni della memoria, delle funzioni cogniti-ve superiori quali l’attenzione, compromettendo quindi l’apprendimento e i tempi di reazione. Queste sostan-ze, tanto più se usate precocemente e costantemente, sono in grado di compromettere inoltre il fisiologico sviluppo del cervello negli adolescenti.

Sono state immesse nel mercato illegale varietà di Cannabis capaci di fornire un titolo di THC 20-40 volte più elevato, rispetto a quelle storicamente di-sponibili, che hanno una maggiore capacità di indurre dipendenza, che compromettono in modo più marcato le funzioni cognitive e la memoria e che facilitano mag-giormente l’insorgenza di sintomi psicotici in individui vulnerabili. Il loro uso infatti si è dimostrato in grado di incrementare i rischi di comparsa di importanti disturbi psichiatrici. L’incremento del rischio di ammalarsi di un disturbo psicotico, quale la schizofrenia, anche a distanza di tempo, è significativamente correlato all’uso di cannabis durante l’adolescenza. Va sottolineato che questo periodo della vita è caratterizzato da una fase di sviluppo delle strutture cerebrali e che le modificazioni neuro-chimiche indotte dall’uso di cannabis incremen-tano significativamente la possibilità di manifestazioni psicotiche in soggetti vulnerabili anche per la presenza di altri fattori di rischio.

La cannabis inoltre induce un aumento del rischio di incidentalità stradale. L’uso di queste sostanze, an-cor di più se prolungato o vicino o addirittura durante l’attività lavorativa, può essere causa di aumentato rischio di infortuni per il lavoratore e per persone terze, soprattutto in attività come la guida di autoveicoli su strada o in azienda, o in mansioni che richiedono at-tenzione e adeguati tempi di reazione. L’uso di queste sostanze inoltre può facilitare la comparsa di com-portamenti antisociali e criminali. Studi approfonditi molto recenti hanno evidenziato un rischio di cancro del polmone associato al fumo di cannabis venti volte superiore oltre alla presenza di altre importanti pato-logie respiratorie. La pericolosità di queste sostanze è attualmente molto sottovalutata in relazione anche alla funzione “gateway” e cioè di sensibilizzazione cere-brale, che possono produrre rendendo più vulnerabile e disponibile l’individuo ad utilizzare successivamente sostanze stupefacenti quali l’eroina e la cocaina.

L’uso continuativo di cannabis può dare dipen-denza e può indurre un grande potenziale d’abuso ed evolutivo verso dipendenze da eroina ecocaina in persone vulnerabili. L’uso precoce e prolungato inoltre produce fenomeni di neuroplasticità con alterazione dello sviluppo micro strutturale della sostanza grigia e della sostanza bianca cerebrale con associata alte-razione funzionale dei recettori cerebrali del sistema endocannabinoide. L’uso di queste sostanze è incom-patibile con la guida e lo svolgimento di mansioni lavo-rative a rischio per terzi.

Diritti a colori, disegno per ragazziUn nuovo concorso

L’undicesima edizione del concorso interna-zionale di disegno “Diritti a Colori”, Festival itine-rante promosso dalla Fondazione Malagutti per ricordare la  Convenzione sui Diritti dell’ Infanzia approvata dall’Assemblea dell’ Onu il 20 novem-bre 1989, data proclamata “Giornata universale sui diritti dell’infanzia”, quest’anno promuove  i Di-ritti che tutelano i minori da ogni forma di vio-lenza, maltrattamenti, sfruttamenti (articoli 19 e 20). La convenzione prevede, in caso di bisogno, la creazione di programmi sociali finalizzati a forni-re l’appoggio di cui il fanciullo necessita. Nel caso di allontanamento dall’ambiente familiare, lo Sta-to deve prevedere una soluzione, tenendo conto dell’importanza e dell’esigenza di una determinata continuità nell’educazione del fanciullo, della sua origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.

La partecipazione al Concorso è aperta a tutti i bambini di età compresa tra i 3 e i 14 anni, che do-vranno allegare al disegno la scheda di partecipa-zione compilata e firmata da un genitore. Il tema, la tecnica e il formato per la realizzazione del disegno sono liberi. Gli elaborati realizzati individualmente o in gruppo, dovranno essere consegnati o spediti, presso la Fondazione Malagutti onlus, entro le date indicate nella scheda di partecipazione e nel sito internetwww.dirittiacolori.it

“Diritti a Colori” organizzerà sul territorio nazio-nale iniziative rivolte ai piccoli artisti  che coin-volgeranno: docenti delle scuole, biblioteche, lu-doteche, librerie, negozi per bambini, associazioni di genitori, associazioni culturali, associazioni artisti musicisti, servizi sociali dei Comuni del territorio na-zionale. Attraverso l’aiuto di volontari e delegazioni umanitarie l’iniziativa sarà divulgata in tutto il mon-do, con una particolare attenzione per quei Paesi dove è in corso una guerra.

I disegni devono essere inviati a: Fondazione Malagutti onlus, via dei Toscani, 8 - 46010 Curtatone (Mn). Le date di scadenza variano a seconda del-la Regione di provenienza: 22 ottobre 2012: Valle d’Aosta / Piemonte / Liguria / Trentino Alto Adige / Veneto / Friuli Venezia Giulia / Emilia Romagna / Marche / Toscana / Umbria. 29 ottobre 2012: La-zio / Abruzzo / Sardegna / Molise / Campania / Puglia / Basilicata / Calabria / Sicilia. 31 ottobre 2012: Estero. 3 novembre 2012: Lombardia.

La festa finale di premiazione, con la Mostra dei disegni è prevista per domenica 25 novembre 2012 al PalaBam di Mantova. Primo premio assolu-to soggiorno in un Resort europeo per tre persone (convertibile in beni di pari valore in caso di vincita di bambini provenienti da Paesi in difficoltà). Tanti altri premi per i partecipanti offerti dalle aziende sponsor.

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Stampa Stampa26 SPORT

Il diritto di non essere campione Csi, consigli per uno sport sanoIl presidente del Centro sportivo italiano Massimo Achini rivela la ricetta che permette di fare dell’attività sportiva una grande occasione educativa

a cura di Gabriele Rossi

Non solo molte società sportive, ma anche tanti genitori sono convinti che i loro piccoli siano già dei “talenti” e li indirizzano troppo presto all’agonismo, alla ricerca del successo a tutti i costi. Non è così per il Centro sportivo italiano (Csi), la federazione sportiva che raccoglie in tutta Italia, in 73 discipline sportive, quasi un milione di tesserati e più di 13mila società af-filiate. «Qualche anno fa - racconta il presidente nazio-nale Massimo Achini - l’Unesco ha codificato i diritti del ragazzo nello sport. Tra di essi c’è il diritto di non essere un campione: il diritto di non dovere affrontare le aspettative eccessive di familiari, allenatori e della stessa società sportiva, che possono vedere in lui non più una “persona” in formazione, da fare crescere in serenità, ma un “talento” che va spronato e finanche “spremuto”». È la filosofia del Csi, che si basa sulla centralità delle persona umana, sulla considerazione dell’attività sportiva come strumento educativo e sulla funzione della società sportiva come agenzia educati-va. Insomma, offrire a tutti la possibilità di fare pratica sportiva, combinando gioco e impegno, regole e di-vertimento. Anche perché nel nostro Paese ancora in troppe scuole l’educazione fisica è ancora oggi vista come una materia marginale e l’avviamento alla pratica sportiva è spesso “sopportato” nell’ambito dell’offerta formativa d’istituto.

Presidente Achini possiamo rispondere a questa la-cuna con un’alleanza fra scuola-associazioni spor-tive-Csi e Coni?

«Lo sport ha cercato in tante occasioni di instaura-re un rapporto più significativo e proficuo con la scuola. Il Csi, per esempio, ha cominciato a battersi per questo obiettivo già nel 1945, e per più di due decenni ha or-ganizzato i campionati studenteschi. Anche il Coni è sensibile al problema e ancora nell’autunno del 2010 il presidente Petrucci e l’allora ministro dell’istruzione Gelmini hanno firmato un accordo di collaborazione. Esistono purtroppo fattori che ostacolano l’avvicina-mento tra sport e scuola, tra cui anche un ritardo cul-turale del mondo docente. Il problema è che si stenta a capire che lo sport è uno strumento formativo di tutto rispetto».

Come si percorre questa opportunità educativa?«L’educazione attraverso lo sport si attua con

proposte specifiche che esaltino la capacità dell’attività sportiva di essere scuola di valori come la cooperazio-ne, l’assunzione di responsabilità, il rispetto delle rego-le, il dialogo, la necessità del sacrificio e della perseve-ranza in vista di un risultato».

Serve però preparazione…«Ovviamente parliamo di uno sport con qualcosa

in più, un valore aggiunto costituito dall’intenzionalità educativa, espressa in primo luogo da operatori appo-sitamente formati. Se si fanno le cose per bene, davve-ro non c’è controindicazione all’inserimento di un’attivi-tà sportiva adeguata negli istituti scolastici».

Anche la Chiesa è attenta a questa dimensione. Il Csi ha una chiara matrice ecclesiale…

«Nel secolo scorso il magistero è intervenuto in numerose occasioni per definire il senso e il ruolo dello sport nella società moderna. Nella “sfida educativa” che la Conferenza episcopale italiana ha lanciato per il decennio in corso, lo sport è proposto proprio come mezzo di educazione alla vita. Anche in parrocchia una sana attività sportiva si integra bene con il resto delle proposte educative».

Nonostante tutta questa ricerca di alleanze tra sport, scuola e parrocchia, studi recenti denuncia-no preoccupanti dati di sedentarietà in età pediatri-

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Stampa Stampa 27SPORT

ca e adolescenziale. Con serie conseguenze.«L’Organizzazione mondiale della Sanità ha di-

mostrato, studi alla mano, quanto un’attività sportiva regolare riduca l’insorgenza di molte malattie, con con-seguenti risparmi in termine di spese sanitarie. Il diffon-dersi dell’obesità, già a livello giovanile, è vista come la grande minaccia sanitaria dell’immediato futuro. Per contrastarla basterebbe almeno un’ora giornaliera di attività motoria aerobica. Di questo aspetto sono poco informate le famiglie, mentre le istituzioni stentano a comprendere la necessità di fare investimenti per af-fermare lo sport come prevenzione sanitaria. Anche qui c’è una grande battaglia culturale da combattere. Con-dividerla è la strada per vincerla».

Le recenti Paralimpiadi hanno messo al centro dell’attenzione la disabilità. Quali difficoltà incon-trano oggi le persone diversamente abili ad avvici-narsi alla pratica sportiva?

«Gli steccati culturali sono caduti da un pezzo. Continuano a persistere purtroppo ostacoli più concre-ti, a cominciare dalla disponibilità di impianti a misura di disabile. C’è un altro aspetto da non trascurare, che

il Csi ha ben presente. In gran parte oggi i disabili afflu-iscono in società sportive per così dire “di categoria”. Non è la soluzione migliore, si rischia di costruire ghetti sportivi. Molto meglio sarebbe se le società sportive “normali” aprissero sezioni per disabili, per un’effettiva integrazione. Noi ci stiamo lavorando».

La festa delle Olimpiadi di Londra è stata macchia-ta dal caso doping di Alex Schwazer. Quali risposte possiamo dare ai nostri figli, molti dei quali ancora sognano un diverso sport?

«Questi problemi toccano frange ridotte dello sport di vertice. Purtroppo, per via della notorietà de-gli atleti coinvolti, i media tendono ad enfatizzare certi episodi, facendo pensare a un degrado etico molto più diffuso di quanto sia in realtà. Doping, sia farmaceutico che economico, e corruzione sono nemici dello spirito sportivo, perciò vanno combattuti e ridotti, anche per-ché il grande sport ha il compito insostituibile di fornire ai ragazzi esempi positivi. Ai ragazzi va insegnato che lo sport è altro, che certe scorciatoie e certi pericoli vanno evitati. La funzione dell’allenatore come educa-tore è la chiave per riuscirci».

Age e terremoto La solidarietà deve continuare

Riceviamo da Cristina Bassoli, del Centro ita-liano femminile (Cif) di Reggio Emilia, una nota di ringraziamento per quanto (sempre poco!) i nostri associati Age hanno finora fatto a sostegno delle popolazioni colpite dal terremoto. Il Cif, infatti, è stato scelto, d’intesa con Age Carpi e con il nostro con-sigliere nazionale Gabriele Rossi, di Reggio Emilia, come interlocutore per coordinare alcune azioni e la raccolta di generi necessari. A ciò si aggiunga la pre-senza operativa di Age Terni, attiva nella tendopoli di Bomporto.

Nel corso dell’estate si sono mobilitati gli amici di Age Bergamo per l’ospitalità di alcune famiglie in una casa in montagna. Da Age Avetrana sono per-venuti abiti per bambini e per adulti, donati a chi ha perso tutto sotto le macerie. Associazioni locali e soci

hanno raccolto fondi, e continuano a farlo.Ora la generosità Age deve proseguire, poi-

ché il Cif ha necessità di acquistare materiali per le scuole e le famiglie (quaderni, zaini, colori, ecc.), e servono abiti invernali. Perciò invitiamo tutti i lettori a compiere ancora gesti di solidarietà nei modi seguenti:

• versando contributi in denaro per acquisti materiale scolastico e vestiario a Cif Reg-gio Emilia (Anna Maria Merciadri/Cristina Bas-soli), c/c postale 000031229529 oppure IBAN IT51R0760112800000031229529;

• contattando Age Terni per riparazioni scuo-la Bomporto (Mo): presidente Maurizio Valentini [email protected].

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Siamo tutti pedoni, Una campagna contro le stragi della strada

In dieci anni sono stati uccisi sulla strada 8.000 pedoni e più di 200.000 sono rimasti feriti. Sono i numeri di una strage a cui, purtroppo, in Italia ci siamo rassegnati co-me a una tragedia ine-luttabile. Ma questi lutti sulla strada si possono prevenire: generalmen-te si parla di “inciden-ti”, come se si trattasse di eventi casuali, fatalità che non possono essere evitate. Si tratta invece di tragedie che hanno cause pre-cise che possono essere rimosse.

Dietro a tante tragedie c’è in-nanzitutto il mancato rispetto delle regole e del buon senso, basti pensare che circa un terzo dei pedoni morti vengono falciati mentre attraversano sulle strisce.

Da qui la necessità di un impegno diffuso per cambiare la cultura della strada, abbandonando valori come la velocità e la prepotenza per abbracciare quelli del rispetto per gli altri.

Per questo è tornata anche a Barletta la cam-pagna “Siamo tutti pedoni” che porta a livello locale, per iniziativa dell’Age, l’iniziativa voluta dai sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl, Uilp-Uil, dal Centro Antartide e dall’Osservatorio per l’educazione stradale e la sicurezza della Regione Emilia-Romagna sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica. L’ini-ziativa è fatta propria da associazioni, scuole ed isti-tuzioni ed è sostenuta da tanti volti noti come Piero

Angela, Milena Gabanelli, Massimo Gramellini, Licia Colò, gli attori di “Un posto al sole” Patrizio Rispo e Marzio Honorato, Margherita Hack, Vito, lo scrittore Valerio Varesi, i fumettisti Pillinini, Vauro, Rebori, Pat Carra, Guerrini, Ricci, Mausoli e Giuliano. Ci sono anche Diabolik e Luporosso dise-gnato da Mario Gomboli.

A livello locale i bambini delle scuole cittadine hanno messo in mostra i loro lavori in tema di sicu-rezza stradale, con filastrocche, cartelloni, canti, balli, mini vigili. Nel loro tragitto hanno elevato multe morali agli automobilisti indisciplinati e segnalato con dei

“piedoni” i punti non in regola con il cammi-namento pedonale.

Un libretto con vignette, mes-saggi associati ai personaggi e

testi scientifici di Franco Tag-gi e Pietro Marturano è sta-to diffuso in tutta Italia. Lo scopo dell’iniziativa è quello di far crescere la consa-pevolezza che la strage di pedoni può essere drasti-camente ridot ta. Come? Facendo rispettare le rego-

le, educando ad una nuova cultura della strada, renden-

do strutturalmente più sicure le strade, attuando un’azione preven-

tiva e repressiva più intensa ed incisi-va, suscitando un protagonismo diffuso a

favore di questa impresa civile nelle istituzioni, nelle scuole e nella società.

La campagna inoltre vuole sensibilizzare al ri-spetto del diritto alla mobilità dei disabili e sottoline-are il valore del camminare con i suoi benefici per la salute e l’ambiente.

Un passo importante è stato fatto con le modi-fiche del codice della strada che riconoscono espli-citamente il diritto alla precedenza dei pedoni sulle strisce. Quello che manca è la cultura del rispetto di chi cammina. La sfida è riuscire a determinare adesso un cambiamento culturale. Anche per questo la cam-pagna “Siamo tutti pedoni” ha promosso iniziative in tante città, da Bologna a Roma, da Napoli a Milano, da Venezia a Trieste dove bambini e anziani hanno porta-to il loro messaggio di speranza per strade dove regni di più la civiltà.

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OrvietoGemellaggio con la Norvegia sotto il segno di Città Slow

di Monica Zannini

L’Associazione genitori ha partecipato come partner al ge-mellaggio “Orvieto-Levanger” nell’ambito del progetto finanziato dalla Comunità europea per il circuito di Città Slow. L’iniziativa si è svolta lo scorso 23 giugno a Rocca Ripesena e ha messo in dialogo la città umbra con quella norvegese.

L’Age, grazie ai volontari che hanno dato la loro più com-pleta disponibilità, ha organizzato un’intera giornata per i ragazzi tra i 14-18 anni che hanno preso parte al progetto.

Dopo un pranzo veloce e molto salutare, i giovani si sono avventurati in una passeggiata attraverso i sentieri che da Rocca Ripesena portano al Castello di San Quirico accompagnati dalle

CremonaGenitori separati Relazioni d’aiuto

di Piervincenzo Gabbani - Coordinatore provinciale

Ci siamo ritrovati, all’inizio di settembre, come altre vol-te nei mesi precedenti. La casa del parroco don Aldo si è di nuovo aperta, accogliente, discreta, calda d’amicizia.

È un gruppetto di genitori-separati che al termine di una “scuola genitori separati”, organizzata nell’ottobre 2011 dall’Age di Cremona, coordinata da Maria Grazia Ferrari Trovati, ha sentito il “bisogno” di continuare a trovarsi sep-pur saltuariamente per cercare assieme un nuovo equilibrio alla propria solitudine e confrontarsi sulle modalità più effica-ci nel vivere la “genitorialità” con i figli.

Si tratta di una forma di “mutuo aiuto”. Vi partecipa chi vuole. Di volta in volta si fissa insieme la data del successivo incontro.

L’Age provvede all’essenziale supporto organizzativo. Don Aldo offre l’ospitalità, mette a disposizione la sua sag-gezza pedagogica e pastorale fatta di ascolto, di condivisio-ne, di delicata proposta, di incoraggiamento.

Per chi vi partecipa è una boccata d’ossigeno per af-frontare più serenamente il domani, sapendo che il proprio vissuto non muterà radicalmente, consapevoli del resto che

ogni separazione ha la sua storia, un suo vissuto, diverse le risoluzioni, anche dove c’è un dis-amore condiviso permane un dolore psichico non semplice da gestire. Il partner ab-bandonato o che abbandona si trova a vivere una situazione emotiva che varia per ogni storia ma che è spesso accom-pagnata da vissuti negativi: dolore, rabbia, sensi di colpa soprattutto rispetto ai figli, disagio rispetto ad una nuova collocazione sociale ed ecclesiale.

Le risposte che possono essere date sono tante, mo-tivate il più delle volte da meccanismi di difesa: amori oc-casionali e brevi, chiudersi con blocchi emotivi; coltivare la sensazione angosciante di non essere più capaci di amare. Soprattutto vivere una intensa solitudine.

Ecco come è nata la proposta di condividere con altri genitori separati il proprio vissuto: ciò potrebbe aiutare a scoprire una compagnia che ti accoglie e ti comprende nel profondo del tuo sentire; ma anche come confronto sulle di-verse dinamiche pedagogiche che “la nuova famiglia” incon-tra e sulle possibili modalità di approccio e soluzione.

È un aiutarsi a costruire una nuova immagine di sé, capace di condividere il grande bisogno di amare, fiduciosa rispetto ad un futuro da vivere. Poiché la proposta era nata a seguito di quattro incontri della “scuola genitori”, è parso utile proseguire sulla linea dei “bisogni della persona” (figli, ma anche genitori) tenendo conto che, se da una parte i figli “stanno a cuore”, di fatto spesso si vive la difficoltà di conci-liare i bisogni dell’adulto con quelli dei figli. Anche in questo caso può essere di aiuto la “rete” di genitori che condividono la stessa situazione per trovare soluzioni che facciano sentire “affiancati” ed “incoraggiati”. Ecco perché si continua a tro-varsi, liberamente e anche (si spera) utilmente.

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AnconaGiuseppe Varagona, la sua casa per tutti

a cura del Direttivo Age

Nel mese di luglio 2012 è ritornato alla casa del Padre all’età di 82 anni l’ingegner Giuseppe Varagona, mem-bro del direttivo Age di Ancona fin dai primi anni di attività dell’Associazione. Funzionario delle Ferrovie dello Stato, stimato per la sua alta professionalità, ha sempre saputo conciliare l’alta competenza nel lavoro e un forte senso della famiglia. Due dei suoi 5 figli, Vincenzo, giornalista Rai, e Don Giovanni, impegnatissimo nel settore giovanile, sono sempre stati disponibili per ogni forma di collaborazione nella realiz-zazione dei corsi di “Scuola Genitori”. La presenza costante dell’ingegnere in associazione e la saggezza delle sue propo-ste ci hanno aiutati a crescere, ad assumerci responsabilità nel percorso operativo, a trovare soluzioni positive nei mo-menti difficili. Riservato nei modi, pacato nelle discussioni, ha dato sempre grande disponibilità nel volontariato del mondo cattolico, ricoprendo incarichi prestigiosi. Esperto in informatica, aveva predisposto da diversi anni il sito Age per favorire la visibilità e l’operatività associativa.

Così lo ricorda il figlio Vincenzo: «Si va verso casa»: così papà, serenamente, aveva det-

to a mio fratello, don Giovanni, che lo assisteva in quel mo-mento in ospedale, quando ha avvertito avvicinarsi il periodo più critico della sua malattia, una fibrosi polmonare. Giovanni aveva capito di quale “casa” papà stesse parlando. L’idea di casa, tuttavia, ha sempre fatto da cornice alla sua esistenza. Era partito per l’ospedale facendosi però promettere che sa-rebbe “tornato a casa”.

Durante la malattia chiedeva spesso ma con dolcezza di poter tornare nella sua abitazione, che gli mancava tan-to. Il cruccio di non riuscire a soddisfare questo desiderio lo velava di tristezza. Alla fine è riuscito a rientrare ed è lì che parenti e amici hanno potuto salutarlo ancora una volta.

Un’altra sua casa è stata la Chiesa salesiana. Veniva dalla comunità salesiana di Marsala, dove era cre-sciuto e dove aveva sposa-to la mamma. Non appena arrivato ad Ancona, aveva “cercato” questa casa e - trovata, a poche decine di metri dal luogo dove abi-tavamo e lui lavorava, non l’aveva mai abbandonata.

Ogni mattina, alle 7, entrava in questa casa del Signore e in queste mura ha volu-to congedarsi, almeno fisicamente, dalla sua comunità. Una casa per tutti: per quanti volessero semplicemente parlare, o anche per persone con fragilità che avessero bisogno di un sostegno, per alcuni giorni o anche per mesi… casa per i fidanzati che si preparavano in parrocchia al matrimonio, casa per gli amici dei figli, per il gruppo dell’Azione Cattolica, naturalmente per i tanti amici dell’Age.

Insomma, casa veramente per tutti quelli che avessero bisogno di un po’ di calore. Ricorda una nostra amica che la sua presenza si sentiva nei momenti difficili: «Parlava poco, ma comunicava tanto, una grande pazienza e saggezza con la quale - afferma - ci ha guidato nei nostri momenti più dif-ficili, un padre anche per gli amici».

Un’altra amica dice: «Discreto e solido come una roccia; nell’obbedienza alla Chiesa coniugata alla autonomia dei laici, all’assunzione delle responsabilità; nel servizio alla società, con correttezza, professionalità, sobrietà».

Oggi che non c’è più è umano avvertire dolore, soprat-tutto avvertiamo la mancanza della fisicità del rapporto con lui, che durante la malattia voleva stringere e farsi stringere la mano, come anche un massaggio in alcune parti del corpo che lo stavano abbandonando.

Ma è anche il momento della letizia, direi della gioia, perché si realizza tutto quello per cui papà ha vissuto, lottato. È il momento della ri-nascita che non può non essere festeg-giato. In culture non lontane dalla nostra la morte è non solo una festa ma una grande festa, perché sentono la presenza divina molto più di noi.

Dobbiamo semplicemente pensarlo come lui è adesso, più vivo e vicino che mai nei nostri cuori».

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| Giuseppe Varagona

guide del Cai, partner ormai collaudato dell’Age, e nonostante il gran caldo hanno partecipato con molto entusiasmo.

L’Associzione genitori, con l’importantissimo sostegno dei genitori ospitanti, ha organizzato una cena nella piazza del piccolo paese, rendendo l’ambiente molto colorato e accogliente.

Il clima estivo ha permesso alle circa 150 persone presen-ti, di godersi una serata in allegria in un ambiente molto naturale quale è la splendida cornice di Rocca Ripesena.

Al calare del sole l’ambiente si è fatto ancora più sugge-

stivo: il percorso che porta al Pianoro della Rocca si è comple-tamente illuminato di fiaccole. È stato così possibile salire nella parte più alta della Rupe dove erano già in postazione esperti delle le stelle, con tanto di telescopio e raggio laser che hanno permesso a tutti di osservare le meraviglie del cielo estivo rac-contando il fantastico mondo delle costellazioni.

Un grazie speciale ai volontari di Mr. Tamburino, ragazzi veramente straordinari, e fondamentali collaboratori in un pro-getto in cui l’Age era alla sua prima esperienza.

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AndriaPianeta droga Liberi di essere liberi

La  Giornata internazionale contro il consumo e il traffico illecito di droga, indetta dall’Assemblea delle Nazioni Unite, si celebra ogni anno, dal 1987, il 26 giugno. Ad Andria ha segnato quest’anno la conclusione del Progetto “Liberi di essere liberi”. L’iniziativa aveva preso il via in aprile all’Istituto Riccardo Lotti, su iniziativa congiunta dell’Age locale, del Coordinamento genitori democratici e del Centro antiviolenza “Riscoprirsi”. Fondamen-tale, per il buon esito delle attività, è stata la collaborazione del Sert di Andria.

Il progetto ha avuto l’obiettivo di informare i ragazzi sui

deprecabili effetti per la salute determinati dall’abuso di alcol e dal consumo di sostanze stupefacenti  oggi  in commercio, e sulla necessità quindi di adottare stili di vita più salubri e salu-tari. Infatti, a differenza della vecchie concezioni che tendevano esclusivamente  a demonizzare le droghe, oggi si tende a porre maggiormente in risalto i danni causati dall’assunzione delle so-stanze, a volte anche irrimediabili  per la salute umana.

A conclusione di tutte le attività previste dal progetto, ed in occasione della “Giornata Internazionale contro il Consumo ed il Traffico Illecito di Droga”, i promotori dell’iniziatica, sono scesi in strada per ribadire i concetti della campagna. Un punto d’ascolto e di informazione è stato allestito il 26 giugno in via Crispi. Gli operatori del Sert hanno fornito a giovani e famiglie approfondi-menti sull’argomento distribuendo un opuscolo informativo, che con un linguaggio semplice ed immediato, spiega quali sono i danni per la salute dovuti all’assunzione delle varie tipologie di sostanze. L’iniziativa ha ottenuto il patrocinio del Comune di An-dria e della Provincia Barletta-Andria-Trani.

CarpiL’Apocalisse di Romano Pelloni, padre storico dell’Age locale

di Giuseppe Adriano Rossi

Alla vigilia dell’apertura dell’Anno della Fede, l’artista carpigiano Romano Pelloni propone una significativa lettura del “Libro dell’Apocalisse” attraverso settanta opere pittoriche esposte dal 4 ottobre a Roma alla Galleria “La Pigna”. Pelloni, nato a Carpi nel 1931, ha frequentato l’Istituto d’Arte “Venturi di Modena”; si è dedicato all’insegnamento e ha costante-mente operato nella medaglistica. Ha promosso nel 1975 la fondazione dell’Associazione italiana genitori a Carpi nel 1975; è stato incaricato regionale dell’Age negli anni ’80 nonché vi-cepresidente nazionale per l’Italia Settentrionale, occupandosi della politica familiare. Coinvolgendo la scuola e la famiglia, Romano Pelloni si è anche fatto promotore di concorsi come “Ecco la mia famiglia”, che ha visto l’esposizione a Salsomag-giore di diecimila opere.

Per illustrare l’Apocalisse, Pelloni ha scelto il linguaggio pittorico per rendere al meglio il fondamentale significato che figure e colori rivestono; lo spazio circolare entro cui le figure sono racchiuse è particolarmente caro all’artista ed è frutto delle sue ricerche sullo spazio curvo attraverso il quale ha potuto sviluppare al meglio le scene macro e micro descritte nello stra-ordinario testo sacro. Scrive lo stesso Pelloni: «In un tempo di

relativismo diffuso che tende a svuotare ogni valore, il rileggere con immagini questo testo, che sostanzialmente è una battaglia tra bene e male, confido possa servire alla causa del bene».

E il carpigiano monsignor Ermenegildo Manicardi, bibli-sta e rettore dell’Almo Collegio Capranica, annota: «Un pittore nostro contemporaneo rilegge l’Apocalisse con le immagini frut-to di una meditazione credente e di una lunga militanza artistica e ci fa scoprire che le pagine che chiudono la Bibbia più che parole sono immagini. Pelloni ha percorso un lungo cammino lasciando crescere nella meditazione le immagini di questo testo e ci propone di seguirlo. Si mette accanto a Giovanni di Patmos perché anche noi possiamo cogliere meglio la parola di Dio e la testimonianza di Gesù Cristo».

| “I quattro cavalieri dell’Apocalisse” secondo Romano Pelloni

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