Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

159
ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA’ DI BOLOGNA FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE Corso di Laurea specialistica in Responsabile nella Progettazione e Coordinamento dei Servizi Sociali Tesi di laurea specialistica in Sociologia dei servizi sociali Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora: l’esperienza di Avvocato di strada Onlus Candidato Relatore Emanuela Ferrucci Maurizio Bergamaschi Sessione III Anno Accademico 2007-2008

Transcript of Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

Page 1: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE

Corso di Laurea specialistica in Responsabile nella Progettazione e Coordinamento dei Servizi Sociali

Tesi di laurea specialistica in Sociologia dei servizi sociali

Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora: l’esperienza di Avvocato di strada Onlus

Candidato Relatore Emanuela Ferrucci Maurizio Bergamaschi

Sessione III Anno Accademico 2007-2008

Page 2: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

2

Indice Introduzione…………………………………………………....p. 4 1. Il terzo settore e l’Advocacy…………………………………p.8 1.1. Una definizione del terzo settore…………………………....p.8 1.2 Terzo settore e crisi del Welfare State……………………….p.9 1.3 Le caratteristiche organizzative……………………………..p.10 1.4 La legge-quadro sull’assistenza 328/2000 e il ruolo del Terzo Settore……………………………………...p.13 1.5 Il volontariato di Advocacy…………………………………p.18 1.6 Advocacy. Un excursus normativo…………………………p.20 1.7 Le prospettive dell’Advocacy………………………………p.24 1.8 Avvocato di strada e l’Advocacy…………………………...p.25 1.9 Avvocato di strada e il gratuito patrocinio………………….p.27 1.9.1 Una definizione del gratuito patrocinio…………………...p.27 1.9.2 Il gratuito patrocinio. Un excursus storico………………..p.28 1.9.3 La tutela delle persone senza dimora……………………..p.32 1.9.4 L’esperienza di Avvocato di strada……………………….p.34 2. L’Associazione Avvocato di strada Onlus………………...p.36 2.1 La nascita del progetto all’interno di Piazza Grande……….p.36 2.2 Gli obiettivi…………………………………………………p.40 2.3 Sviluppi futuri………………………………………………p.41 2.4 Progetti……………………………………………………...p.45

2.4.1. I diritti degli esclusi…………………………………….p.45 2.4.2 Strada femminile singolare……………………………...p.46 2.4.3 Anziani senza dimora……………………………………p.47

2.5 Il protocollo con l’UNAR…………………………………..p.49 2.6 La collaborazione con la FIO.PSD…………………………p.49 2.7 L’Housing Rights Watch…………………………………...p.50 2.8. Il protocollo d’intesa con l’INMP………………………....p.50

Page 3: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

3

3. Il diritto alla residenza e i principali casi seguiti…………p.52 3.1 Il diritto alla residenza. Un quadro normativo……………...p.52 3.2 Concetto di domicilio e concetto di residenza……………...p.60

3.2.1 Il concetto di domicilio………………………………….p.60 3.2.2 Il concetto di residenza anagrafica………………………p.60

3.3 Tre percorsi di esclusione…………………………………...p.64 3.3.1 Caso n° 1………………………………………………...p.64 3.3.2 Caso n° 2………………………………………………...p.66 3.3.3 Caso n° 3………………………………………………...p.67

3.4 Il diritto alla residenza e rapporti con i Servizi Sociali……..p.70 3.5 Il diritto alla residenza nelle varie città……………………..p.72 4. Avvocato di strada: quattro studi di caso………………….p.78 4.1 Le quattro città……………………………………………....p.79

4.1.1 Bologna…………………………………………………..p.79 4.1.2 Padova…………………………………………………....p.80 4.1.3 Reggio Emilia……………………………………………p.81 4.1.4 Foggia……………………………………………………p.83

4.2 Comparazione e analisi delle interviste....………………......p.84 Conclusioni……………………………………………………p.118 Appendice……………………………………………………..p.125 Bibliografia…………………………………………………....p.154 Sitografia…………………………………………………..….p.157 Allegati - Regolamento, statuto e organigramma Avvocato di strada

Page 4: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

4

Introduzione Da ormai molti anni in Italia il problema delle persone senza dimora è cresciuto

e si è reso via via più complesso. Il mondo dell’esclusione sociale appare come un universo multiforme, nel quale le cose mutano rapidamente e dove luoghi comuni e semplificazioni possono apparire fuorvianti.

Le dinamiche che portano le persone a vivere in strada sono cambiate molto, sembra evidenziarsi sempre più chiaramente una figura nuova di homeless, e nuove sono le cause che ne hanno originato tale condizione. Se un tempo a finire in strada era una categoria più uniforme di persone, formata da uomini adulti, soli e non scolarizzati, oggi a finire in strada sono indifferentemente uomini e donne, giovani e anziani, abili e diversamente abili, italiani e stranieri, analfabeti e altamente scolarizzati. Tutte persone che sempre più spesso hanno conosciuto una vita stabile, hanno una buona istruzione, hanno avuto un lavoro e una famiglia e non hanno avuto un rapporto precoce con il carcere, con la droga, con i centri di igiene mentale, o con i servizi sociali.

Per finire in strada può essere sufficiente il verificarsi di un semplice evento che tutti nella vita hanno dovuto affrontare: un lutto, una separazione, una malattia o la semplice perdita del lavoro. A tutto si può reagire e non basta uno solo di questi eventi a spingere automaticamente nell’indigenza. Ma se si è impreparati ad esso e non si ha alle spalle un solido contesto amicale o familiare ecco che possono spalancarsi le porte della strada.

Un importante fattore da evidenziare è proprio la frantumazione sempre più acuta della società, e il venire meno dei vincoli familiari, che uniti ad altri fattori contribuiscono a creare una parte dei nuovi disagi. Oggi la povertà è un fenomeno diffuso: secondo Eurostat il 13,2% della popolazione italiana vive in condizioni di povertà relativa, mentre in Europa sono circa 72 milioni i cittadini a rischio di povertà. Uno studio della Caritas Diocesana pubblicato nel 2006 dice che in Italia circa la metà delle persone che si sono rivolte alle mense per i poveri gestite dall’associazione cattolica per ricevere un pasto gratuito sono persone che hanno una casa ma non i soldi per fare la spesa.

Page 5: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

5

Paradossalmente, e colpevolmente, mentre la famiglia e la comunità perdono forza, mentre la povertà si diffonde e aumentano le persone a rischio di vulnerabilità, lo stato sociale nei vari paesi occidentali viene sgretolato da una lenta ma ineluttabile erosione, e sempre meno risorse vengono riservate agli interventi a sostegno delle persone in difficoltà, al mondo del volontariato e dell’associazionismo. In questa situazione nella lotta all’esclusione sociale e alla povertà estrema una grande importanza è stata assunta dal grande mondo dell’associazionismo e del volontariato, che supportano le carenze del welfare, e riescono a fornire un aiuto non standardizzato ma che sappia mutare a seconda dei bisogni e delle necessità delle persone: è questo il caso dell’Associazione Avvocato di strada Onlus.

Chi si trova a vivere in strada è costretto ad affrontare una lunga serie di problemi. In tutto questo un ruolo particolare viene giocato dalle problematiche di tipo legale, che affliggono pressoché la totalità delle persone senza dimora: multe non pagate che si moltiplicano, problematiche legate al diritto di famiglia, permessi di soggiorno scaduti e non rinnovati o mai ottenuti, crediti da lavoro nero, fogli di via non ottemperati. Un capitolo a parte merita la questione della residenza anagrafica. In Italia è un requisito fondamentale, cui sono legati una serie di diritti civili tra cui il voto, l’assistenza sanitaria, la casa ed è importante che chiunque la perda, a chi finisce in strada succede spesso, possa riacquistarla prima possibile. Le Amministrazioni Comunali, tuttavia, e i servizi sociali di molte città, invece di fare di tutto per aiutare chi chiede la residenza, andando contro la legge oppongono spesso rifiuti immotivati.

Le fattispecie legali che interessano le persone senza casa sono molte, e devono attirare l’attenzione di chi si occupa di marginalità e di esclusione sociale. Chi vive in strada e accumula questi problemi, infatti, difficilmente riuscirà da solo a reinserirsi in società e rischia di rimanere a vita in una condizione di dipendenza e assistenzialismo.

L’Associazione Avvocato di strada Onlus si occupa specificatamente di questi argomenti, e dal 2001 lotta per il riconoscimento dei diritti delle persone senza dimora. L’Associazione, che in pochi anni e senza una significativa disponibilità di mezzi, è riuscita a crescere molto e ad espandersi in tutto il territorio nazionale e può costituire un esempio di come il privato sociale possa ideare e realizzare un intervento efficace nella lotta all’esclusione sociale e che si pone come esempio e monito alle istituzioni pubbliche.

Page 6: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

6

In questo lavoro dopo aver introdotto il tema delle problematiche legali delle persone senza dimora, si intende approfondire le conoscenze dell’Associazione e l’ambito in cui essa si muove, e dopo averne delineato le caratteristiche principali dell’associazione se ne studieranno le dinamiche di intervento.

Nel primo capitolo, intitolato “Il terzo settore e l’Advocacy”, verrà presentato il terzo settore, un fenomeno che la crisi del welfare state degli ultimi decenni ha fatto crescere enormemente. Dopo aver definito in termini generali il terzo settore e averne illustrato le caratteristiche principali verrà dedicato spazio ad un ambito specifico del volontariato forse non ancora pienamente affermato in Italia e che riguarda da vicino quello che fa Avvocato di strada: l’advocacy. Advocacy letteralmente significa farsi promotore e patrocinatore della causa di qualcun altro. Nel campo dei diritti l’Advocacy consiste nell’uso strategico di risorse diverse (economiche, strumentali, politiche, etc) per modificare decisioni politiche o comportamenti collettivi ed individuali allo scopo di migliorare la salute di singoli o comunità. In Italia il termine Advocacy è traducibile con quello di "tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione”, in qualche modo proprio quello che fa Avvocato di strada.

Dopo aver dedicato spazio al concetto di Advocacy si parlerà del gratuito patrocinio, che viene spesso confuso con l’attività di Avvocato di strada e che invece rappresenta la forma di difesa legale che lo stato italiano garantisce alle persone non abbienti, ma che troppo spesso si rivela insufficiente nel caso delle persone senza dimora.

Il secondo capitolo, intitolato “L’Associazione Avvocato di strada Onlus” sarà interamente dedicato alla presentazione dell’Associazione. Dopo averne ricostruito le origini interne all’Associazione bolognese Amici di Piazza Grande Onlus, verranno descritte le modalità di intervento, i progetti attivi e i prossimi obiettivi.

Nel terzo capitolo “Il diritto alla residenza anagrafica e i principali casi seguiti” verrà analizzata a fondo una delle fattispecie legali più delicate che interessano le persone senza dimora. Dopo aver delineato un quadro normativo del diritto alla residenza in Italia, e aver distinto tra concetto di domicilio e di residenza, verranno raccolte le storie di tre persone senza dimora che hanno avuto la residenza anagrafica grazie ad Avvocato di strada ed è stato approfondito il rapporto tra i servizi sociali e l’Associazione.

Page 7: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

7

Nel quarto capitolo, “Avvocato di strada nei diversi contesti”, si intende analizzare come l’intervento degli avvocati di strada cambi di volta in volta a seconda dei contesti e delle problematiche più urgenti. Sono stati scelti quattro sportelli, Bologna, Padova, Reggio Emilia e Foggia, ognuno dei quali è rappresentativo di un ambito particolare, ed attraverso un’intervista strutturata ai loro referenti, la presentazione delle associazioni ospitanti e l’analisi dei dati delle attività ne verranno evidenziate le analogie e le differenze principali.

Page 8: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

8

Capitolo primo Il terzo settore e l’Advocacy 1.1 Una definizione del terzo settore Il terzo settore è quel complesso di istituzioni che all'interno del sistema

economico si collocano tra lo stato e il mercato, ma non sono riconducibili né all’uno né all’altro; sono cioè soggetti organizzativi di natura privata ma volti alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, associazioni no profit, ONG, ecc.). È opportuno ricordare che qualunque definizione si voglia sostenere, il fenomeno studiato non si presta ad essere ricondotto a semplici e definitivi schemi trattandosi di una realtà sociale, economica e culturale in continua evoluzione.

La prima definizione di terzo settore si ritrova in Europa (UE) a partire dalla metà degli anni '70; viene usata per la prima volta nel rapporto "Un progetto per l'Europa" in ambito comunitario nel 1978 assegnando al Terzo settore una posizione che lo separa concettualmente dallo Stato e dal Mercato, favorendo l'equiparazione dei tre settori. È quindi un fenomeno economico e non un insieme di forme organizzative extra-economiche, come inizialmente sostenuto. Con questo si vuole sottolineare il contributo non residuale che le organizzazioni del terzo settore forniscono al benessere della società, un contributo non inferiore, anche se di natura diversa, da quello dello Stato e del Mercato.

Le ricerche che assumono questo concetto si sviluppano soprattutto a partire dagli anni della crisi del welfare. Lo svantaggio dell’inquadratura data dal termine Terzo Settore sta nella tendenza a “nascondere” la sfera informale, il mondo vitale, la partecipazione civile che ha spesso rappresentato la spinta per la nascita di organizzazioni all'interno del settore.

Questo capitolo introduttivo intende presentare i tratti caratteristici del terzo settore in Italia ed evidenziare il ruolo che il terzo settore è chiamato ad assumere in base alle disposizioni della legge quadro 328/2000 per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, che sancisce la collaborazione tra Stato,

Page 9: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

9

Regioni, Comuni e Onlus nella programmazione e nella gestione delle attività a favore delle fasce più disagiate della popolazione.

1.2 Terzo settore e crisi del Welfare State Negli ultimi decenni del ventesimo secolo si sono succeduti profondi mutamenti

sociali che hanno causato in maniera diretta un aumento considerevole della fascia più anziana della popolazione, l’indebolimento dei rapporti sociali e familiari, l’incremento dei tassi di devianza e di solitudine, e una complessità sempre crescente del mercato del lavoro.

Questi fenomeni intrecciati tra loro hanno contribuito a creare una realtà problematica e complessa, caratterizzata da una maggiore diffusione dell’emarginazione e del disagio, e hanno allargato la fascia di popolazione a rischio di esclusione sociale. I servizi sociali pubblici, tradizionalmente abituati ad altri tipo di problematiche, sono stati chiamati ad assistere con una vasta gamma di interventi un numero sempre più elevato di utenti. Il welfare state, non più in grado di rispondere in modo pronto ed efficace a tutte le necessità espresse dalle fasce più deboli della popolazione, in questa maniera ha vissuto una profonda crisi finanziaria e culturale. Questa crisi, tuttavia, di fatto ha stimolato un ricco dibattito sull’impostazione delle politiche sociali e sulle modifiche necessarie ai tradizionali sistemi d’intervento. Tra gli studiosi di settore a tutt’oggi sembra prevalere la volontà di favorire lo sviluppo di politiche sociali che intervengano dal basso, attraverso la chiamata in causa e la responsabilizzazione dei cittadini-utenti, la promozione di iniziative solidaristiche e soprattutto lo sviluppo di una modalità di approccio e di intervento di rete.

Per favorire un efficace reinserimento in società di un soggetto svantaggiato sembra necessario l’intervento contemporaneo di soggetti diversi, appartenenti alla sfera pubblica e a quella privata: servizi pubblici del territorio e famiglie, sistema economico e associazionismo. La sfida è costituita dalla necessità di costruire una prospettiva complessa capace di integrare risorse pubbliche, private e di volontariato e caratterizzata da una forte flessibilità, differenziazione e personalizzazione delle

Page 10: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

10

prestazioni. In tale prospettiva da parte dello stato sembra preferibile privilegiare e le forme più innovative del privato sociale, che possono fornire indicazioni importanti riguardo pratiche e modalità d’azione nuove ed efficaci.

Di fronte alla lentezza dell’apparato del welfare un’ulteriore opportunità si presenta nelle risposte immediate ai bisogni dei nuovi poveri e nell’assistenza ai sempre più numerosi soggetti sgraditi ad alcuni settori dell’opinione pubblica (nomadi, senza dimora, immigrati, malati di Aids, tossicodipendenti, ecc.). Negli ultimi venti anni il privato sociale ha saputo creare molto in merito alla tipologia e alle motivazioni degli operatori, ai percorsi formativi, agli aspetti strutturali e giuridici, al profilo economico e sono nate molte realtà anche profondamente diverse per ispirazione, organizzazione, tipo di intervento, rapporti con le istituzioni e il territorio.

1.3 Le caratteristiche organizzative In ogni realtà economica, associativa e istituzionale l’aspetto organizzativo

assume un’importanza fondamentale. Nell’ambito del terzo settore, tuttavia, questa dimensione riveste valenze complesse. Gran parte delle strutture appartenenti al privato sociale, infatti, sono nate grazie all’intraprendenza di volontari non avvezzi alle dinamiche organizzative, e, soprattutto, con lo scopo di fornire servizi ad un’utenza specifica in un’ottica relazionale. Tutto ciò non si presta immediatamente a discorsi di inquadramento giuridico e per tale motivo una buona parte delle associazioni di terzo settore ha finito per tralasciare a lungo la dimensione organizzativa, gli aspetti amministrativi e direttivi, la selezione e la formazione del personale. Questa fase che si potrebbe definire pionieristica e ricca di diffidenza nei confronti della formalizzazione delle proprie attività di volontariato è stata necessariamente superata, almeno in parte, negli ultimi anni. A tutt’oggi a grandi linee sembra possibile individuare due diversi modi di concepire la propria organizzazione:

A) Alcune associazioni si sono date una struttura formalizzata, con figure direttive ben definite, processi decisionali determinati da uno statuto e da un regolamento, meccanismi di selezione del personale e attenzione alle caratteristiche e

Page 11: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

11

alle competenze delle persone, forme di verifica delle attività svolte, attenzione per le nuove modalità di ricerca dei fondi. Questo modello viene adottato quando si comprende che una struttura organizzativa adeguata è indispensabile per migliorare la qualità e l’efficacia del proprio intervento, e che, fare questo non significa inesorabilmente tradire lo spirito originario e la ragione d’essere dell’associazione. Questo passaggio non è tuttavia indolore e occorre valutare il rischio di alcuni aspetti negativi. E’ possibile, ad esempio, che i rapporti più frequenti con gli enti pubblici e una maggiore attenzione agli aspetti burocratici della gestione amministrativa rallentino le attività di queste organizzazioni e portino ad una progressiva spersonalizzazione degli interventi. Ci si può inoltre domandare come comportarsi nei confronti dei volontari meno efficienti, che non offrono sufficienti garanzie, come decidere di operare nel caso in cui non ci siano fondi per una emergenza, e cosa fare nel caso in cui si voglia intervenire in un ambito sgradito all’opinione pubblica o alle pubbliche istituzioni.

L’unica possibilità è quella di cercare un giusto (e non facile) equilibrio tra la ricerca di un’organizzazione aziendalistica e il riferimento ai valori che hanno determinato la nascita e lo sviluppo dell’organizzazione, coniugando solidarietà ed efficienza, razionalizzando le risorse, e investendo in formazione e professionalità.

B) Il secondo di gruppo di organizzazioni si differenzia dal primo perché ha scelto di adottare un modello organizzativo meno formale. Appartengono a questo gruppo associazioni piccole o medio piccole, formate da un basso numero di operatori e che effettuano un numero non altissimo di interventi a favore degli utenti. A favore di queste organizzazioni depone il forte legame che rimane alle passioni e ai valori alla base della loro nascita e la capacità di mantenere legami con la propria utenza e con le problematiche insorgenti. I limiti consistono nelle numerose carenze organizzative, che non hanno un personale strutturato e formato e difficilmente riescono ad operare in una logica di rete. Non si autopromuovono e, in costante difficoltà finanziarie, non possono dotarsi di una programmazione reale degli interventi. Le attività vanno avanti senza grandi certezze e il futuro stesso dell’organizzazione è in costante pericolo visto lo scarso ricambio generazionale e la mancanza di mezzi.

Page 12: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

12

Le organizzazioni di entrambi i gruppi traggono giovamento dall’essere affiliate a una o più federazione o coordinamento a livello provinciale, regionale o nazionale. Il legame con questi organismi permette una migliore valorizzazione della propria attività e una maggiore promozione delle problematiche sulle quali si interviene. Questi organismi inoltre possono essere molto utili nella ricerca dei fondi, nella formazione, e nella maggiore pianificazione delle attività e rappresentano, in definitiva, un chiaro punto di riferimento.

Un altro punto cui occorre dedicare attenzione è il rapporto tra le organizzazioni del terzo settore e le istituzioni pubbliche che può essere reciprocamente scorretto e non inteso in senso pieno. Le organizzazioni spesso guardano in senso utilitaristico alle istituzioni, che vengono viste più che altro come una possibile fonte di finanziamento, o come un mezzo da sfruttare per raggiungere i propri scopi. Sono in numero minore, invece, le organizzazioni che comprendono a fondo l’importanza di una piena collaborazione nell’individuazione di problemi e soluzioni, nella programmazione e gestione delle politiche sociali e che arrivano a ricoprire davvero un ruolo importante nell’ambito della società civile e del Welfare che sta cambiando. Gli Enti Pubblici, a loro volta, devono imparare a considerare in modo diverso il rapporto con il terzo settore, cercandone la collaborazione e la partecipazione a livello decisionale ed operativo e non attribuendo ad esso solo la funzione di “stampella” di un welfare traballante.

Quanto al lato economico le istituzioni pubbliche dovrebbero con estrema cautela valutare come contenere o diminuire le spese in settori chiave. A volte per mantenere bassi i costi si finisce per creare una concorrenza al ribasso, e favorire in questa maniera enti privati senza scrupoli che pur di ottenere un appalto abbassano le proprie pretese a tutto discapito della qualità del servizio che sarà possibile offrire.

Un ulteriore punto delicato, come evidenziato precedentemente, è quello della formazione, il cui ruolo strategico non viene compreso da tutte le realtà del non profit. Alcune associazioni intendono la formazione come una preparazione di tipo tecnico, e dunque come una sorta di automatica trasmissione di saperi. Solo poche, invece, hanno un concetto più ampio e articolato dei percorsi formativi, e studiano come motivare i volontari, come stimolare il senso di appartenenza al gruppo, la gestione

Page 13: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

13

dei conflitti, la relazione di aiuto. Se è importante “saper fare”, quindi, è ancora più importante “saper essere”.

Nella formazione è fondamentale anche un intervento permanente, anche su soggetti che da molto tempo operano nei servizi, in modo da facilitarne la crescita costante e la conoscenza dei problemi insorgenti. L’importanza della dimensione formativa viene compresa nel caso in cui la selezione del personale avviene secondo criteri precisi che tengano conto di competenze e capacità globali del soggetto in esame: tutto questo non accadrà nelle associazioni che trascurano il momento della selezione del personale, e non prevedono momenti di aggiornamento e verifica delle attività svolte.

Visto che la qualità dell’intervento e della relazione con l’utenza dovrebbero essere cardini fondamentali dei servizi forniti dal terzo settore sembra utile rimarcare l’utilità di una maggiore attenzione ai processi di selezione e valutazione, sia da parte delle associazioni più strutturate, sia da parte di quelle a carattere maggiormente informale.

1.4 La Legge-quadro sull’assistenza 328/2000 e il ruolo del terzo settore In questo capitolo dedicato al terzo settore non è possibile evitare di parlare della

legge 328 del 2000, legge quadro per la realizzazione di un sistema integrato di interventi e servizi sociali, che ha cambiato il profilo del welfare italiano. La 328 è un atto legislativo di fondamentale importanza perché ha colmato un vuoto normativo durato per oltre un secolo (per trovare una legge sull’assistenza, infatti, bisogna risalire alla legge Crispi del 1890, la cui inadeguatezza è facile comprendere considerati i grandi mutamenti sociali intervenuti in un così ampio lasso di tempo) e che ha rappresentato il punto di arrivo di un lungo dibattito parlamentare che prende avvio nel 1969 con il primo progetto di legge di riforma dell’assistenza.

I contenuti della legge si articolano lungo cinque direttrici: 1) l’enunciazione di principi generali, ripresi dalla Carta Costituzionale e dalla

produzione normativa di questi ultimi anni;

Page 14: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

14

2) una nuova articolazione di competenze fra Stato, Regioni ed Enti locali, ripresa dal Decreto Legislativo 112/98 sul decentramento amministrativo (Legge Bassanini);

3) l’individuazione di nuovi strumenti di pianificazione e di omogeneizzazione degli interventi, nonché di nuove modalità di relazione con i cittadini;

4) la valorizzazione e il sostegno delle responsabilità familiari, anche con l’erogazione di particolari interventi di integrazione per le famiglie che vivono le situazioni più complesse e problematiche;

5) l’attribuzione di alcune deleghe per la revisione di norme di fondamentale importanza nell’espletamento dei servizi e delle prestazioni, anche economiche (reddito minimo di inserimento, invalidità civile, ecc.).

La legge n. 328/2000 pone le radici delle nuove politiche sociali e familiari e non è una legge “di riordino” ma “di riforma” che definisce il passaggio dal “paradigma assistenziale” (i “luoghi dei bisogni”) e dal “modello categoriale” (“appartenenza ad una categoria”) ad un sistema di “protezione sociale attiva”(“spazi dei diritti sociali di cittadinanza”).

La legge non si rivolge solo alle fasce deboli con interventi “riparativi” ma a tutti i cittadini per garantire i diritti essenziali, soddisfare i bisogni connessi alla centralità della persona. Mira a garantire interventi per la qualità della vita, le pari opportunità, la non discriminazione e i diritti di cittadinanza, nonché a prevenire, eliminare o ridurre le condizioni di disabilità, di bisogno e di disagio individuale e familiare, derivanti da inadeguatezza del reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia.

Il primo principio enunciato dalla nuova legge è quello dell’universalismo da realizzarsi attraverso un sistema integrato di servizi ed interventi che garantisca, su scala nazionale, i livelli essenziali delle prestazioni sociali (LIVEASS), così come accade in altri comparti di welfare (es. Sanità) costituiti da: - Servizio sociale professionale e segretariato sociale per Informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari; - Servizio di pronto intervento sociale per le situazioni di emergenza personali e familiari; - Assistenza domiciliare;

Page 15: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

15

- Strutture residenziali e semiresidenziali per soggetti con fragilità sociale; - Centri di accoglienza residenziali o diurni a carattere comunitario.

Ogni cittadino ha diritto ad usufruire di uno standard di prestazioni e in particolare tutti hanno diritto di essere ascoltati: chi vive una condizione di bisogno, chi vive una condizione di disagio, chi vive una difficoltà sociale. In sintesi si stabilisce che deve essere data attenzione alla generalità delle problematiche, alla generalità dei cittadini e alla vita quotidiana delle persone e delle famiglie.

Nelle nuove politiche di welfare un ruolo centrale è assegnato al cittadino, alle famiglie e all’intera comunità locale. Il tessuto locale è soggetto e al tempo stesso l’oggetto delle nuove politiche. Si tratta di un vero e proprio mutamento culturale: le persone vengono riconosciute sia come soggetti attivi, capaci di produrre aiuti, sia come destinatari degli stessi. La legge propone un sistema in cui il cittadino non è solo utente, le famiglie non sono solo portatrici di bisogni, la rete non si rivolge solo agli ultimi, l’assistenza non è solo sostegno economico, l’approccio non è solo riparatorio, il disagio non è solo economico, il sapere non è solo professionale e gli interventi sociali non sono opzionali. Da un modello di assistenza incentrato sull’asse individuo-domanda-emergenza, che storicamente è stato supportato sotto il profilo organizzativo da strutture centralizzate di erogazione su domanda, si passa ad un modello di promozione che poggia sull’asse comunità-bisogni-sviluppo.

L’accesso alle prestazioni e ai servizi della rete integrata è previsto per tutti i cittadini, con priorità di risposta alle persone in stato di povertà, con incapacità totale o parziale, con difficoltà di inserimento. Si tratta di un’innovazione importante perché il criterio dell’universalismo in Italia precedentemente aveva riguardato solamente la sanità (legge 833/78) e l’istruzione. È importante sottolineare che l’universalità si rende possibile solo in presenza di un servizio sociale pubblico diffuso sul territorio che ascolta, orienta, comunica, aiuta le persone senza “etichette” (le categorie di sfortunati) e senza “etichettarle” per essere aiutate. La programmazione e l’organizzazione del nuovo sistema sono affidate alle regioni e agli enti locali cui devono concorrere gli organismi non lucrativi di utilità sociale, della cooperazione, delle associazioni e degli enti di promozione sociale, delle fondazioni e degli enti di

Page 16: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

16

patronato, delle organizzazioni di volontariato e degli enti riconosciuti e delle confessioni religiose.

La 328/00 non introduce nuove tipologie di servizio sociale, ma costituisce una sorta di nuovo circuito cui i servizi sono chiamati ad adeguarsi, attrezzandosi in base alle sue caratteristiche innovative. Il sistema integrato di servizi sociali viene definito all’art. 22: L’insieme di politiche e prestazioni coordinate nei diversi settori della vita sociale, integrando servizi alla persona (e al nucleo familiare) con eventuali misure economiche, e la definizione di percorsi attivi volti ad ottimizzare l’efficacia delle risorse, Impedire sovrapposizioni di competenze e settorializzazione delle risposte.

Le nuove politiche sociali promuovono un sistema allargato di governo. Viene adottato il metodo della programmazione, elemento di assoluta novità nel comparto socioassistenziale, che interessa più livelli: - Il livello nazionale con il Piano nazionale per le politiche sociali; - Il livello regionale con il Piano sociale regionale; - Il livello locale con i Piani di zona.

Vengono coinvolti nella realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali soggetti pubblici e privati. In ambito pubblico vengono coinvolti lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, le ASL, le Aziende speciali, i Consorzi tra gli enti locali, le Unioni dei Comuni, le IPAB, gli IACP In ambito privato vengono coinvolte le imprese, le famiglie, e naturalmente tutti i soggetti del terzo settore. L’aggregazione e l’autorganizzazione degli utenti, delle famiglie, delle persone è fattore di arricchimento della rete dei servizi. Le Onlus, la cooperazione, il volontariato, le associazioni e gli enti di promozione sociale, le fondazioni, gli enti di patronato, concorrono alla programmazione, all’organizzazione e alla realizzazione del sistema integrato e provvedono insieme ai soggetti pubblici all’offerta e alla gestione dei servizi. Tutti i livelli di governo, Comuni, Province, Regioni e Stato, ognuno nell’ambito delle proprie competenze, concorrono a formulare, realizzare e valutare le politiche sociali.

Page 17: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

17

Le organizzazioni sindacali e le associazioni di tutela degli utenti partecipano a formulare gli obiettivi e il benessere sociale e valutarne il raggiungimento. Le comunità locali, le famiglie e le persone sono soggetti attivi delle politiche e, in quanto tali, svolgono un ruolo da protagonista nella stessa progettazione e nella realizzazione del sistema.

L’intervento sociale proveniente dalla comunità è alternativo ai servizi sociali forniti dall’Ente pubblico e si inserisce in un quadro solidaristico. Gli enti locali hanno funzioni di lettura, di pianificazione e programmazione dei servizi e degli interventi di valutazione, della qualità e dei risultati, sostegno costante alle risorse della società civile e ai legami solidaristici, sorveglianza sul sistema complessivo; garanzia di imparzialità e completezza della rete di interventi e dei servizi presenti sul territorio.

Il sistema integrato degli interventi e servizi sociali deve essere progettato e realizzato a livello locale promuovendo la partecipazione attiva di tutte le persone, incoraggiando le esperienze aggregative, assicurando livelli essenziali in tutte le realtà territoriali, potenziando i servizi alla persona, favorendo la diversificazione e la personalizzazione degli interventi, valorizzando le esperienze e le risorse esistenti, valorizzando le professioni sociali, valorizzando il sapere quotidiano, promuovendo la progettualità verso le famiglie, promuovendo un sistema allargato di governo, più vicino alle persone.

Si inizia a parlare di “comunità solidale" o di “welfare community” per indicare un modello di politica sociale che, modificando profondamente i rapporti tra istituzioni e società civile, garantisca maggiore soggettività e protagonismo alla società civile, aiutandola nella realizzazione di un percorso di auto-organizzazione e di autodeterminazione fondato sui valori comunitari della solidarietà, della coesione sociale e del bene comune: un sistema capace di rispondere alla domanda di protezione individuale attraverso una pluralità di canali pubblici e privati, di mercato e di solidarietà, statali e centrali, di mobilitare tutte le potenzialità esistenti sul territorio per offrire prestazioni sociali efficienti ed efficaci.

Il nuovo welfare, tuttavia, nelle idee di chi ha scritto la legge 328, non deve significare “meno” welfare. Lo stato sociale è da intendersi come qualità della vita complessiva della nostra società, come risorse umane e come sviluppo: tre nuovi

Page 18: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

18

percorsi sui quali lavorare per una riforma dello stato sociale che, altrimenti, rischia di risultare già vecchia e di non riuscire a gestire le sfide poste dall’attualità.

1.5 Il volontariato di Advocacy Dopo aver cercato di definire in termini generali il terzo settore, e averne

illustrato le caratteristiche principali, sembra utile dedicare attenzione ad uno specifico ambito del volontariato e che riguarda da vicino l’associazione Avvocato di strada: l’advocacy. L’emersione dell’esplicitazione a livello normativo della tipologia del "volontariato di advocacy" è stata piuttosto lenta ed è un aspetto normativo piuttosto recente.

Occorre innanzi tutto precisare il concetto di advocacy , che direttamente le norme non esplicitano; occorre quindi rifarsi alla prassi del volontariato che ha preceduto il riconoscimento normativo della apposita tipologia.

Advocacy significa farsi promotore e attivamente patrocinare la causa di qualcun altro. Nel campo dei diritti l’Advocacy consiste nell’uso strategico di informazioni e altre risorse (economiche, politiche, etc) per modificare decisioni politiche e comportamenti collettivi ed individuali allo scopo di migliorare la salute di singoli o comunità. L’advocacy consiste nello sforzo di modificare gli esiti di politiche pubbliche o di decisioni allocative che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone.

In Italia il termine advocacy è traducibile con quello di "tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione". In tal senso si parla esplicitamente di "volontariato dei diritti"1

Le ragioni di questo ritardo, rispetto ad esempio ai Paesi di diritto anglosassone, sono dovute alla visione individualistica della tutela dei diritti, fondata "sull’interesse personale ad agire in giudizio" (in gergo giuridico, detto "legittimazione"), di derivazione romanistica ed assai dura a cedere spazio ad una visione più ampia e meno formalistica.

1 F.Santanera, A. M. Gallo, Volontariato, Utet, Torino 1998, p. 111.

Page 19: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

19

L’evoluzione verso la nuova visione è frutto di una lenta gestazione giurisprudenziale che ha portato al concepimento del concetto secondo cui l’interessato può farsi sostenere in un giudizio concernente la tutela dei suoi diritti anche da un’associazione, cui abbia conferito la delega a tal fine.

L’associazione non si sostituisce all’interessato, ma lo affianca “ad adiuvandum".

Un passaggio ulteriore si è avuto, quando sempre la Giurisprudenza, ha riconosciuto la legittimazione ad agire ad associazioni che non promuovevano un giudizio per la tutela di interessi propri, ma di "interessi diffusi", cioè di tutta la collettività. La visione formalistica impediva di fatto la tutela di tali diritti, dal momento che nessun cittadino ne era titolare "individuale", né un’associazione poteva considerarsi titolare di tali interessi diffusi, che erano imputabili a tutta la collettività. Si pensi alla tutela di beni ambientali e paesaggistici, della salute pubblica, della libertà religiosa e di tutte le situazioni giuridiche rientranti negli art. 2 e 3 della Costituzione. La Giurisprudenza ha riconosciuto, non senza contrasti, che le associazioni, che per finalità statutarie perseguivano la tutela di tali beni, avevano legittimazione ad agire per ottenere l’interdizione di opere edilizie o di interventi lesivi dei diritti, che danneggiavano tali beni, costituzionalmente garantiti.

Altra ragione ostativa all’emersione del concetto di advocacy in Italia è stata la considerazione che la tutela di un interesse individuale o collettivo da parte di un soggetto diverso dal singolo interessato è compito dello Stato, che, nei casi di lesioni più gravi interviene tramite le azioni penali promosse dal Pubblico Ministero.

Anche su questo versante la vecchia concezione cominciò a mostrare delle crepe, grazie al crescente ruolo dei Sindacati, che forti delle deleghe ricevute dalle migliaia dei loro iscritti, cominciarono a premere con ricorsi sempre più frequenti sia per affiancarsi ai lavoratori nelle controversie individuali che li interessavano, sia per sostituirli in tutta una serie di pratiche concernenti atti amministrativi giuridici, quali riscossione di liquidazioni, pratiche per pensioni etc. Anzi da questa prassi nacquero gli Istituti di Patronato, che la L.n. 328/00 colloca nell’art. 5, nel coacerbo dei soggetti del "terzo settore", accanto alle associazioni, fondazioni, organizzazioni di volontariato etc.

Page 20: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

20

La L.n. 152/01 di riforma dei Patronati recepisce questa visione e la razionalizza.

Come si vedrà qui di seguito, le prassi innovative introdotte dalla Giurisprudenza vengono poi formalmente recepite in atti legislativi.

Occorre pure chiarire che, in questo breve excursivo, si darà al termine "volontariato" un significato più ampio di quello che una rigorosa interpretazione della normativa gli assegna, alla luce della L.n. 266/91, e cioè di attività di solidarietà sociale svolta spontaneamente e senza fini di lucro a favore di persone estranee all’organizzazione di volontariato. 2

Infatti la prassi di advocacy mostra, e le norme ne prendono atto, che tale attività viene svolta, senza fini di lucro, non solo dalle organizzazioni di volontariato di cui alla L.n. 266/91, ma anche da altri soggetti, quali associazioni di promozione sociale, di cui alla L.n. 383/2000, associazioni e fondazioni e comitati, di cui al Codice Civile.

1.6 Advocacy. Un excursus normativo Il termine di "tutela dei diritti civili" si rinviene, per la prima volta, nell’art. 10

del decreto legislativo n. 460/97, concernente, tra l’altro, le ONLUS, Organizzazioni non lucrative di utilità sociale, che concede agevolazioni contabili e fiscali ad organizzazioni private senza fini di lucro che svolgono attività di solidarietà sociale a favore di persone che versano in stato di svantaggio fisico, psichico, economico, sociale o familiare.

E’ ormai comunemente accettato che il termine ONLUS non rappresenti una ulteriore figura soggettiva da aggiungere a quelle previste dal Codice civile o da altre leggi, che sono comunque esplicitazione delle figure civilistiche di "associazione e fondazione". Il termine ONLUS è una categoria fiscale, entro il quale il legislatore ha raggruppato una serie di soggetti giuridici collettivi , a favore dei quali ha concesso agevolazioni varie in forza dei destinatari "svantaggiati" cui si indirizzano le attività di solidarietà sociale. Queste attività sono state e sono considerate prevalentemente quelle di "servizi " a favore delle persone. Per la prima volta in questo testo normativo 2 S. Nocera, La legge di riforma dei servizi sociali, Centro servizi Il Melograno di Larino, FIVol,MoVI, 2001, pp. 46 – 50.

Page 21: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

21

invece compare anche la categoria della "tutela dei diritti". E infatti, se si guarda l’art. 1 comma 1 della L.n. 266/91 le finalità che essa prende in considerazione sono quelle di "carattere sociale, civile e culturale".

Il termine di "tutela dei diritti" in esso non compare ma il concetto di advocacy si deve ritenere implicito nel termine "finalità di carattere civile", che, tuttavia, nella prassi delle attività prevalenti, almeno a quell’epoca, erano principalmente un tutt’uno con quelle sociali e si traducevano quindi in servizi, attraverso i quali si ha pure la tutela dei diritti civili delle persone svantaggiate; ma tali attività non erano in prevalenza indirizzate direttamente alla "tutela dei diritti civili".

A partire dalla Legge n. 266/91 si vengono esplicitando attività di volontariato di advocacy a favore di singole categorie di fasce deboli di popolazione.

Si veda ad es. la Ln. 104/92 sui diritti delle persone handicappate, che, all’art. 36 comma 2, in caso di procedimenti penali per violenza sulle minori con handicap, consente la costituzione di parte civile anche all’associazione cui è iscritta la vittima del reato o un suo familiare.

Così pure la L.n. 40/98, all’art. 42 comma 12 parla di associazioni di immigrati, per attribuire loro anche compiti di tutela dei diritti.

Ma un’affermazione generalizzata del ruolo di advocacy attribuita alle associazioni si ha con la L.n. 281/98, sulle associazioni di tutela degli utenti e dei consumatori. E’ vero che i beneficiari delle disposizioni possono considerarsi due categorie di cittadini; ma la loro ampiezza non solo numerica ma di presenza sul mercato e nella società, assicura un riconoscimento generalizzato di tali associazioni. Infatti l’art. 2 della legge definisce le associazioni come quelle "che hanno per scopo statutario la tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori e degli utenti." Il successivo articolo 3 attribuisce espressamente la funzione di advocacy alle associazioni, essendo esse legittimate ad agire in giudizio per inibire azioni lesive dei diritti degli utenti, per rimuoverne gli effetti dannosi e per ottenere la pena accessoria della pubblicazione su quotidiani delle sentenze di condanna. A somiglianza di quanto da tempo è stabilito a favore dei Sindacati, le associazioni possono avviare il giudizio di conciliazione davanti le apposite commissioni presso le Camere di commercio.

L’art. 4 prevede un Consiglio nazionale di tali associazioni con compiti di consulenza e proposta nei confronti del Governo, anche in relazione alle politiche

Page 22: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

22

comunitarie; esso può promuovere studi e ricerche sui diritti degli utenti e dei consumatori, sulla qualità dei servizi e dei prodotti; può promuovere programmi di informazione degli utenti, favorire iniziative per l’accesso degli utenti alla Giustizia, raccordi fra politiche nazionali e locali a favore dei consumatori e degli utenti, e può stabilire rapporti con organismi a livello internazionale.

L’art. 5 fissa, tra le condizioni di ammissione al registro nazionale, l’obbligo di prevedere nello statuto l’assenza di fini di lucro, nonché una serie di incompatibilità per i dirigenti.

La L.n. 383/00 rafforza il ruolo delle associazioni di promozione sociale, anche nella loro funzione di advocacy. Infatti l’art. 26 riconosce alle associazioni che hanno come scopo "di svolgere attività di utilità sociale a favore degli associati e di terzi" (art. 2) il potere di accesso agli atti amministrativi di cui all’art. 22 L.n. 241/90; l’interesse che le legittima all’accesso è costituito dalle "stesse finalità statutarie".

Ancora più interessante l’art. 27 comma 1, secondo il quale tali associazioni hanno il potere di promuovere azioni giurisdizionali o intervenire in giudizi promossi da terzi "a tutela dell’interesse dell’associazione" ( lett. a ). Ormai l’interesse dell’associazione è quello dello scopo per cui si è costituita, senza la limitazione che essa debba intervenire, solo in aiuto di un proprio associato coinvolto in un procedimento giudiziario.

Anche le lett. b e c dello stesso comma evidenziano un rafforzamento del potere di advocacy. Infatti le associazioni possono promuovere giudizi civili o penali o intervenire in quelli promossi da terzi, "per il risarcimento di danni derivanti dalla lesione di interessi collettivi, concernenti le finalità perseguite dall’associazione". Possono inoltre promuovere ricorsi al TAR contro atti amministrativi illegittimi, "lesivi degli interessi collettivi relativi alle finalità" dell’associazione.

Come si vede è ormai coperto tutto l’arco dei possibili interventi giurisdizionali, cui le associazioni di promozione sociale sono legittimate.

Il secondo comma dello stesso art. 27, rende esplicita una norma generale contenuta nell’art. 9 della L.n. 241/09, concernente la possibilità per qualunque soggetto di intervenire durante l’iter formativo di un procedimento amministrativo. Questo potere, già ampiamente riconosciuto con la L.n. 241/90, a seguito di un radicale cambiamento nella concezione giuridica degli atti amministrativi, il cui

Page 23: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

23

contenuto non è più considerato monopolio esclusivo dell’autorità amministrativa, collocato a conclusione di questa norma dell’art. 27, assume un significato di prevenzione giuridica; esso consente infatti all’associazione di intervenire per ottenere che dall’atto siano eliminati gli elementi che potrebbero costituire causa di successiva azione giudiziale.

Come si vede il quadro a livello nazionale può dirsi completo, potendo le organizzazioni di "volontariato" di advocacy svolgere attività amministrativa, consultiva, di proposta agli organi istituzionali, di azioni giurisdizionale e di informazione non solo agli associati, ma anche a tutta la popolazione. Si pensi alla diffusione crescente dell’approntamento di siti web e di reti di discussione e collegamento che costituiscono la base amplificata di una effettiva tutela dei diritti.

La L.n. 448/01, in occasione della riforma delle fondazioni bancarie, operata con l’art. 11 ha perduto l’occasione di generalizzare anche a favore di tali fondazioni gli orientamenti normativi in tema di advocacy. Infatti tra i vari settori di intervento che potranno essere finanziati dalle fondazioni bancarie non compare quello della tutela dei diritti, ma si prevedono solo interventi in beni e servizi. Anche la tutela dei consumatori, come è stato fatto osservare da Tiziano Vecchiato3 della Fondazione Zancan, collocata in questo contesto, sembra tutelare solo i consumatori abbienti e non anche quelli che non possono esserlo a causa della loro condizione di povertà.

Da anni si muovono a livello europeo ed internazionale molte organizzazioni non governative che svolgono attività non lucrativa di impegno politico apartitico per la tutela dei diritti di larghi strati di popolazione e/o di interi popoli. Questi organismi e movimenti sono stati frequentemente sotto i riflettori dei mezzi di comunicazione di massa, a causa della lotta, talora anche con metodi violenti, contro la globalizzazione.

Questi movimenti hanno anche sedi operative in Italia, come Amnesty International, Medici senza Frontiere, Nessuno tocchi Caino, Non c’è pace senza giustizia. I risultati di questo impegno sono cospicui.

Le norme internazionali di cui tali movimenti si avvalgono sono quelle relative alle ONG in generale ed i mezzi finanziari di sostentamento sono, oltre a quelli delle libere offerte, i proventi dei Progetti europei o internazionali cui essi partecipano. In

3 T.Vecchiato, Intervento nella seduta dell’11.11.98 della VI Commisione Finanze: Indagine conoscitiva sulle agevolazioni fiscali in favore della famiglia.

Page 24: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

24

Italia tali organismi, se posseggono i requisiti previsti per le diverse tipologie del privato sociale, godono della libertà di azione e di finanziamento alla pari di tutti gli organismi italiani che si occupano di advocacy.

1.7 Le prospettive dell’Advocacy Le politiche sociali degli ultimi anni stanno riducendo la tutela dei diritti in molti

ambiti, da quello dell’emigrazione, a quello delle malattie mentali, da quello delle tossicodipendenze, a quello della disabilità, da quello dei tribunali minorili a quello dei livelli essenziali delle prestazioni sanitarie e sociosanitarie.

In tale situazione il ruolo del volontariato di advocacy sembra avere ampi spazi di azione a cominciare dall’informazione capillare fra le stesse fasce deboli della popolazione e dalle stesse associazioni di volontariato e dai soggetti del terzo settore che erogano servizi alla persona, per evitare che si riducano a svolgere, come scrive Luciano Tavazza, il ruolo di "barellieri della storia"4.

Ma il ruolo di advocacy, specie alla luce della "Carta dei valori del volontariato, predisposta dalla FIVol e dal Gruppo Abele nel 2001, sembra poter mirare oltre. Infatti occorre arginare la crisi di sfiducia nella legalità che sta pervadendo larghi strati della popolazione e la crescente disaffezione al principio di tutela dei diritti che rischia di essere soppiantato da quello del filantropismo compassionevole e dal ritorno alle logiche assistenzialistiche, che sono antagoniste a quelle della tutela dei diritti.

In questo clima culturale e politico, le associazioni di tutela dei diritti, specie quelle che stanno svolgendo un forte ruolo critico e propositivo a livello internazionale, potrebbero costituire il volano di rilancio del volontariato di advocacy, che è il volontariato delle nuove frontiere del sociale.

4 L.Tavazza, Cenni sulla normativa relativa al volontariato di Advocacy in Italia

Page 25: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

25

1.8 Avvocato di strada e l’advocacy Nel suo saggio La funzione del volontariato di advocacy Maurizio Giordano

sostiene che la funzione di advocacy come promozione e tutela dei diritti è componente essenziale dell’azione del volontariato che, quale che sia il campo di azione, non può ridursi al momento riparatorio ma è pratica di cittadinanza solidale, impegno nella rimozione delle cause di emarginazione e di disuguaglianza, denuncia dei diritti negati, anche per inadeguatezza e non applicazione delle normative5.

Tale funzione è svolta sia attraverso un’azione politica di coinvolgimento della comunità, sia attraverso la puntuale assunzione su di sé della singola situazione. L’adempimento di tale funzione presuppone la capacità di lettura della situazione e delle sue cause, la capacità di analizzare le risposte esistenti e di proporne altre, la capacità di coinvolgimento della comunità.

Il volontariato organizzato si deve esplicare attraverso la combinazione di attività di vario tipo che vanno dallo svolgimento di una funzione esclusiva di advocacy all’organizzazione di azioni di sostegno e di servizio.

Funzioni di advocacy e funzioni di servizio possono accompagnarsi e completarsi a vicenda.

La specificità della funzione di advocacy del volontariato sta nell’essere un’azione organizzata che, a partire da situazioni concrete che esso assume su di sé per il riconoscimento del diritto negato, svolge un ruolo di prevenzione e rimozione delle cause, di proposta di cambiamento e di crescita della comunità, di promozione di risposte alternative a bisogni vecchi e nuovi. Dando voce a chi non ne ha concorre a realizzare fini di interesse generale.

È molto importane il lavoro di rete tra tutte le realtà che si occupano della tutela dei diritti della persona e il continuo interscambio di esperienze e di reciproca informazione. Secondo Giordano per un’azione di advocacy sono necessari i seguenti elementi:

- formazione dei volontari; - metodo di azione (conoscenza della situazione nella quale si interviene, e

capacità di individuare gli snodi significativi);

5 M.Giordano, La funzione del volontariato di Advocacy, Studi Zanca, n.1 - 2003

Page 26: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

26

- programmazione: capacità di individuare i problemi prioritari, organizzare risorse, lavorare per progetti;

- monitoraggio: individuazione dei problemi e verifica dei risultati ottenuti - comunicazione: sensibilizzazione della comunità, iniziative di promozione, etc; - advocacy con chi: trasparenza, capacità di lavorare in rete. Giordano parla di due azioni distinte: la presa in carico della situazione (azione

di sostegno e servizio) e la capacità di analizzare bisogni e di dare risposte e di coinvolgere la comunità (advocacy). Avvocato di strada svolge entrambe, anche se la seconda funzione è svolta ancora in maniera non troppo sviluppata: si analizzano bisogni, si studiano risposte, si cerca di comunicare (attraverso sito, pubblicazioni, articoli sui giornali) quello che si fa, ma il tutto ad un livello ancora da implementare. Ad esempio nel 2007 Avvocato di strada, attraverso Katia Zanotti, al tempo parlamentare DS, ha presentato una proposta di legge in tema di sanità, proponendo di far accedere al servizio sanitario nazionale anche chi non ha la residenza. Azioni come queste dovrebbero essere più frequenti, l’associazione dovrebbe sviluppare azioni di lobbing a sostegno, campagne mirate, ma vista la sua giovane età (si è costituita formalmente nel 2007) e la scarsità di mezzi economici forse non ne ha ancora la forza necessaria.

Avvocato di strada sembra possedere, almeno a livello minimo, gli elementi

base per svolgere azione di advocacy. Si formano i volontari con corsi di formazione specifici, grazie alle associazioni di supporto si ha una grande conoscenza delle problematiche, si lavora per progetti (nel 2008 stanno partendo un progetto specifico sulle donne e uno sugli anziani), si monitorano le pratiche aperte e i risultati ottenuti, si lavora sulla comunicazione, si cerca la trasparenza verso donatori e istituzioni, e si lavora molto per la costruzione di una rete.

Page 27: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

27

1.9 Avvocato di strada e il gratuito patrocinio

Come più volte ribadito nei capitoli precedenti, l’Associazione Avvocato di strada Onlus offre tutela legale gratuita alle persone senza dimora. L’attività dell’Associazione, tuttavia, viene spesso fraintesa e confusa con un'altra forma di tutela legale delle persone meno abbienti, e cioè il gratuito patrocinio. Scopo di questo capitolo è spiegare il concetto di gratuito patrocinio, analizzare gli aspetti positivi e negativi di questo istituto, ed evidenziare come l’attività dell’Associazione non svolga una funzione sostitutiva del gratuito patrocinio, né che ne sia una sorta di complemento, ma piuttosto che le attività dell’Associazione ne costituiscono una sorta di completamento finendo molto spesso per supplirne le lacune.

1.9.1 Una definizione del gratuito patrocinio Con l'espressione “gratuito patrocinio” s’intende il diritto di assistenza legale

gratuita per le persone che non hanno un reddito sufficiente per pagare un avvocato. Attualmente l’ordinamento giuridico italiano riconosce e garantisce il diritto al gratuito patrocinio come diritto fondamentale della persona ai sensi degli artt. 3 e 24 Cost.

L'art. 24, che definisce il diritto alla difesa come un diritto inviolabile dell'individuo, stabilisce che: "Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e per difendersi davanti ad ogni giurisdizione" e prevede un vero e proprio obbligo per lo Stato di garantire effettivamente a tutti l'esercizio del diritto di difesa.

Le previsioni contenute nell'art. 24 Cost., ai commi 1º e 3º, rappresentano quindi l'attuazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost.. Infatti la garanzia di un'effettiva assistenza legale per i non abbienti rappresenta uno degli obblighi dello Stato diretti a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.6 6 Cfr. G. Cascini, L'assistenza legale ai meno abbienti: una riforma che non può più attendere, in "Questione Giustizia", 1998, p. 668.

Page 28: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

28

Il diritto al gratuito patrocinio rappresenta un diritto sociale anche ai sensi dell’art.3 comma 2 Cost.7, in quanto il suo esercizio garantisce al titolare la partecipazione effettiva all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Nonostante i diritti affermati dalla Costituzione, la difesa legale garantita ai meno abbienti in Italia ha attraversato diverse fasi, e ha sempre mostrato non poche lacune: a testimonianza di ciò è da ricordare che nel 1980, la Corte Europea dei diritti dell'uomo, nel cosiddetto "caso Artico", ha condannato l'Italia al risarcimento dei danni derivanti ad un cittadino italiano dal mancato godimento dell'assistenza giudiziaria gratuita.8

Per capire le ragioni di queste mancanze appare utile fare alcuni passi indietro, e ripercorrere le tappe che hanno portato all’attuale situazione.

1.9.2 Il gratuito patrocinio. Un excursus storico Le origini del gratuito patrocinio sono molto antiche e si possono far risalire

all'impero romano. Nel corso dei secoli i diversi ordinamenti giuridici hanno sviluppato sistemi differenti per realizzare tale beneficio. Tradizionalmente il diritto al gratuito patrocinio è stato realizzato secondo due modelli: il primo fondato sull'istituzione di uffici legali pubblici e caratterizzato dall'intervento dello Stato per il pagamento delle spese legali. L'altro, assai diverso, costituito pressoché esclusivamente dalla “buona volontà” degli appartenenti alla classe forense, sulla quale gravava il peso dell’assistenza gratuita alle persone aventi diritto.

Nel 1861 con l'unificazione dell'Italia viene esteso all’intera penisola l'istituto dell'Avvocatura dei poveri, che affida la difesa dei non abbienti agli uffici statali preposti, dove erano impiegati avvocati nominati e stipendiati dallo Stato.9 L'Avvocatura dei poveri, nata all’interno del Regno di Sardegna, nello Stato unitario non ha lunga vita. Per ridurre la spesa pubblica nel 1865 il Governo con la legge Cortese abolisce l’Avvocatura dei poveri ed introduce il sistema del patrocinio gratuito come ufficio onorifico ed obbligatorio del ceto forense.

7 Art.2 comma 3 Cost. 8 Cfr. Sentenza CEDU, 13 maggio 1980, in Foro italiano, IV, pp. 141 ss., con nota di A. Pizzorusso. 9 Cfr. Caldara e Cavagnari, Avvocatura dei poveri, in Dig. it, Torino, 1893, IV, 2, p. 715.

Page 29: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

29

Nel 1923 con il R.D. n. 3282, la tutela delle persone non abbienti viene disciplinata in maniera più organica e si passa da un sistema di assistenza pubblica ad uno basato esclusivamente sulle prestazioni dei liberi professionisti.10 Le nuove disposizioni, tuttavia, ricalcano sostanzialmente il sistema precedente in vigore dal 1865 e sono lontane dal creare un sistema efficace: in base al R.D. del 1923, infatti, ha diritto al gratuito patrocinio solamente chi si trova in stato di povertà e nello stesso momento ha buone probabilità di vincere la causa. La decisione sull'ammissione al gratuito patrocinio, inoltre, è affidata ad una commissione mista a carattere amministrativo e non giudiziario, che difficilmente può avere gli strumenti per valutare in maniera equilibrata i vari casi. In particolare sarà questo aspetto a raccogliere le critiche più aspre dalla futura assemblea costituente: con la nuova costituzione repubblicana il far dipendere la decisione da un organo amministrativo costituiva una violazione del principio contenuto nell'art. 24, comma 1, Cost., e il principio del giudice naturale di cui all'art. 25 Cost.11

Dal 1948 in poi quello del gratuito patrocinio diviene un problema molto dibattuto: da più parti si riconosce la sua inidoneità a garantire un effettivo rispetto del diritto previsto dall'art. 24, coma 3 Cost. ma le prime modifiche tardano ad arrivare.

Le prime reali novità arrivano con la l. n. 533 del 1973 che introduce nell’ordinamento italiano il principio della retribuzione a carico dello Stato degli avvocati che prestano la propria opera a favore dei non abbienti. Questa legge, tuttavia, prevede il gratuito patrocinio a spese dello Stato solamente nelle controversie di lavoro e di previdenza sociale.

Nel 1988 entra in vigore la l. n. 117 che disciplina il patrocinio a spese dello Stato nei giudizi per la responsabilità civile dei magistrati e solo nel 1990, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la legge n. 217 introduce il patrocinio a spese dello Stato anche nel processo penale e nei procedimenti civili per il risarcimento dei danni derivanti da reato.

10 Il regio decreto fascista del 1923, nacque come legge finanziaria dello Stato e fu emanato come legge delegata, in attuazione della legge 3 dicembre 1922, n. 1601 che aveva affidato al governo il compito di riordinare il sistema tributario. Con riferimento a quest'epoca, gli studiosi (Cfr. Cappelletti) parlano infatti di concezione fiscale del gratuito patrocinio, in contrapposizione alla concezione sociale, che nasce con la Costituzione repubblicana. 11 Così si esprime Gallo, Assistenza giudiziaria ai non abbienti, (diritto costituzionale), in Enc. giur. Treccani, III, Roma, 1991, p. 4.

Page 30: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

30

La legge n. 217 del 1990, si applica ai procedimenti penali, a quelli penali militari ed ai giudizi civili limitatamente all'esercizio dell'azione per il risarcimento del danno e le restituzioni derivanti da reato, sempre che le ragioni del non abbiente, risultino non manifestamente infondate.

Ne rimangono esclusi, mantenendosi quindi la vecchia disciplina: 1). i procedimenti penali concernenti contravvenzioni, salvo se riuniti o

comunque connessi a procedimenti per delitti, 2) i procedimenti per reati commessi in violazione delle norme per la

repressione dell'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto. La legge in questione pone come limite temporale di efficacia delle proprie

norme quello dell'entrata in vigore della disciplina generale del patrocinio dei non abbienti davanti ad ogni giurisdizione12, si propone quindi, come una sorta di legge-ponte, tutt'altro che esaustiva, nel passaggio dal patrocinio gratuito alla difesa in giudizio a spese dello Stato.13

La legge n. 3282 del 1923 subordinava l'ammissione al gratuito patrocinio a due condizioni, lo stato di povertà e la probabilità dell'esito favorevole della causa o dell'affare (art. 15, comma 1), salvo che nelle materie penali per le quali era richiesta soltanto la prima condizione. L’attuale normativa, seppur in termini più aggiornati, non si discosta da tali premesse. Nei procedimenti penali le condizioni per l'ammissione al patrocinio, riguardano esclusivamente il reddito dell'interessato, l'art. 3 della legge prevede, infatti, un tetto massimo di reddito annuale di lire otto milioni per il 1990, di lire dieci milioni per il 1991, e in seguito della somma che verrà biennalmente stabilita con decreto del Ministero di Grazia e Giustizia, con adeguamento rispetto all'indice ISTAT. Tale tetto è aumentato di due milioni per ciascun familiare convivente.

Normalmente, e cioè tranne che sussista conflitto di interessi, i redditi dell'istante si cumulano a quelli dei familiari conviventi e si considerano pure le entrate che non debbono essere denunciate nella dichiarazione dei redditi. Nei processi civili (in cui si applica la legge n. 217), invece, ulteriore condizione per

12 Cfr. art. 1, comma 7, legge n. 217, cit. 13 Cfr. F. Manna, Osservazioni sulla legge di istituzione del patrocinio dello Stato per i non abbienti, in "Iustitia", 1991, p. 310.

Page 31: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

31

l'ammissione al patrocinio è anche la “non manifesta infondatezza” delle ragioni del non abbiente.14

Competente a disporre l'ammissione al patrocinio è il giudice che procede in sede penale, oppure, il giudice dinanzi al quale pende la controversia in sede civile. Se, il processo non è ancora instaurato, competente a decidere dell'ammissione al patrocinio è il giudice che è anche competente per il merito.

Da ultimo, la l.n. 134 del 200115 riforma l’intero istituto e finalmente introduce il gratuito patrocinio per i non abbienti a spese dello stato anche nei giudizi penali, civili, amministrativi e in quelli di volontaria giurisdizione. Dal punto di vista dei soggetti che ne possono beneficiare vi sono inclusi tutti i cittadini, gli apolidi, gli stranieri con regolare permesso di soggiorno, e inoltre gli enti non aventi scopo di lucro, senza distinzione alcuna, ma semplicemente al fine di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'uguaglianza di tutti i cittadini». Tale legge ha fornito per la prima volta in Italia una disciplina unificata dell'istituto. Bisogna ricordare però, che la l. n. 134 che doveva entrare in vigore il 1º luglio 2002 non è stata mai messa in pratica, in quanto è stata trasfusa nel testo unico in materia di spese di giustizia, ovvero d.lgs. 30 maggio 2002, n.115, che ha in parte innovato anche la l. n. 134 e che rappresenta l’unico riferimento oggi valido in tema di gratuito patrocinio.

Una delle novità di maggiore rilievo è rappresentata dal requisito reddituale richiesto per ottenere il beneficio e valido per tutti i tipi di processo. L'art. 76 T.U. infatti stabilisce che «può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 9.296,22».

Con il testo unico, è scomparsa una delle condizioni per accedere al patrocinio a spese dello Stato nei giudizi civili ed amministrativi, ovvero: «la probabilità dell'esito favorevole della causa od affare», da accertarsi in contraddittorio con l'altra parte, ed è stata sostituita da una nuova condizione, quella della «ragione non manifestamente infondata», da dedursi dalle sole allegazioni della parte istante.

Infine con questo testo, sono stati ideati degli agevoli strumenti procedurali per accedere al patrocinio, rafforzando il ruolo della classe forense e abolendo tutti quei 14 Cfr. art. 1, comma 2, legge 217, cit. 15 L. 30 luglio 1990, n. 217, recante Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti

Page 32: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

32

meccanismi che vedevano assoggettati i comportamenti professionali degli avvocati al controllo e alla disciplina della pubblica autorità.

In questa rapida carrellata, che avrebbe meritato uno spazio ben più ampio e non consentito dal tipo di lavoro che si intende svolgere, si è cercato di mostrare come nei vari anni sul tema del gratuito patrocinio per i non abbienti si siano susseguite disposizioni di difficile applicazione, spesso inefficaci e incomplete.

Tutti gli interventi del legislatore in attuazione dell'art. 24 della Costituzione non

hanno fornito una disciplina unitaria del gratuito patrocinio ma si sono limitati a previsioni specifiche nell'ambito delle singole giurisdizioni. Inoltre va sottolineato che per circa ottanta anni e attraversando epoche assai diverse tra loro, il R.D. del 1923 ha rappresentato l'unica normativa di riferimento in tema di assistenza giudiziaria dei non abbienti nel giudizio civile ed amministrativo e che solo con l’emanazione della legge 29 marzo 2001 n. 134 è stato possibile chiudere quella lunga parentesi.

1.9.3 La tutela delle persone senza dimora Da quanto si è visto nei paragrafi precedenti, oggi in Italia possono chiedere il

gratuito patrocinio tutti coloro che hanno un reddito annuale inferiore ai 9.296,22 euro. Le persone senza dimora, dunque, che si presume siano nullatenenti, avrebbero in linea di massima tutte accesso al gratuito patrocinio. La questione, tuttavia, è che ad una piena applicazione dell’istituto del gratuito patrocinio non vengono tenuti in conto alcuni problemi di carattere concreto come l’assenza di documentazione in capo al soggetto assistito, l’assenza del requisito della residenza anagrafica, e altri importanti fattori che potrebbero condizionare l'effettività del diritto all'assistenza legale delle persone senza dimora.

Le persone senza dimora molto spesso non sanno neppure di possedere dei diritti. Collocate ai margini della società civile, sono persone alle prese con gravi problemi materiali: il dormire, lavarsi, mangiare, curarsi: in una sola parola, sopravvivere. Costoro sono molto spesso individui finiti in strada dopo aver interrotto i propri legami familiari o amicali, talvolta con problemi di tossicodipendenza o di

Page 33: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

33

alcoolismo e che presentano molte fragilità: sono anziani abbandonati, disoccupati cronici, inabili al lavoro, giovani depressi, persone con problematiche psichiatriche e la maggior parte di essi si trova nelle grandi città, dove sono presenti più servizi, e dove è più semplice mimetizzarsi.

Non va peraltro dimenticato come oggi una componente importante della povertà estrema sia rappresentata dagli stranieri irregolari presenti sul territorio italiano che non riescono ad inserirsi e a trovare un lavoro regolare. Molti di questi stranieri, come naturale, non parlano bene l’italiano, non conoscono l’ordinamento giudiziario del paese che li ospita, e non sono in contatto con istituzioni pubbliche o private che possano aiutarli a integrarsi.

E’ difficile pensare che persone in simili condizioni percepiscano un problema legale come la loro urgenza più grave e capita molto spesso che finiscano per disinteressarsene e per non cercare una soluzione, che comunque richiede notevoli sforzi e possibili umiliazioni: per richiedere il gratuito patrocinio occorre conoscerne l’esistenza, bisogna recarsi presso la cancelleria del tribunale della città, è necessario raccontare la propria situazione, e mettere insieme tutta la documentazione richiesta per poterne usufruire.

Nella maggior parte dei casi, per giunta, proprio a questi soggetti, che più di ogni altro vivono nella miseria e nella povertà, non viene data la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato per poter sopperire alle spese legali. Questo perché non possiedono la documentazione necessaria a causa della perdita di residenza o perché il giudice decide di respingere l'istanza di ammissione in quanto ritiene che il soggetto possieda un reddito sufficiente legato all'attività illecita che egli svolge e che gli permette di conseguenza di sostenere sia le spese processuali che quelle della difesa.

Va sottolineato poi il problema della residenza anagrafica, di cui si parla diffusamente nel terzo capitolo di questa tesi. Per un senza dimora, non è affatto difficile venirne privato: può bastare non essere rintracciabili durante un censimento, uscire da uno stato di famiglia o avere la carta d'identità scaduta e non più rinnovata. Questo basta, per far perdere ad un soggetto tutta una serie di diritti: non avere più documenti di riconoscimento, non poter accedere al servizio sanitario16, non potersi

16 Morleo, A., Il diritto alla salute delle persone senza fissa dimora, in Sanità pubblica, 2005, 5, p.18

Page 34: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

34

iscrivere nelle liste di collocamento, non poter istruire una domanda di pensione o di invalidità, non poter stipulare contratti né votare, e neppure chiedere ad un giudice l'ammissione al gratuito patrocinio qualora si presentasse il bisogno di agire o di difendersi in giudizio.

Per poter presentare istanza di ammissione al gratuito patrocinio, infatti, le leggi italiane che si sono susseguite negli anni, hanno richiesto e continuano a richiedere la presentazione di idonea documentazione di riconoscimento da allegare alla domanda di patrocinio assistito, sia in materia civile (nella vecchia legge del 1923, da presentare alle commissioni per il gratuito patrocinio, nel t.u. in materia di spese di giustizia al Consiglio dell'Ordine degli avvocati), sia in materia penale (da presentare direttamente al giudice competente nel merito).

Un senza dimora che non riesce ad ottenere la residenza anagrafica, dunque, non può nemmeno far causa al comune che pone l’ostacolo, perché, privo di quel requisito non avrà mai accesso al gratuito patrocinio.17 Si tratta di un circolo vizioso, che negli anni ha causato inevitabili ingiustizie.

1.9.4 L’esperienza di Avvocato di strada Avvocato di strada nasce proprio per colmare questa lacuna e per fornire aiuto

legale a tutte quelle persone che non potrebbero pagarsi un avvocato, né tantomeno ottenere il gratuito patrocinio. Gli avvocati prestano gratuitamente la propria opera, e non percepiscono nulla per quello che fanno all’interno dell’Associazione. Le persone senza dimora non devono spendere nulla, e vengono seguiti in tutto l’iter della loro pratica da avvocati specializzati nelle problematiche legali di chi vive in strada, e da volontari formati per lavorare nell’ambito dell’esclusione sociale. Le spese di giustizia invece, quando ci sono, vengono sostenute direttamente dall’Associazione che si finanzia grazie a donazioni di enti privati. Nel caso in cui sia possibile ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio i fondi servono per pagare le spese legali e se avanza qualcosa viene girato nelle casse dell’Associazione, a rimpolpare il budget che servirà per le future spese legali. 17 Mumolo, A., Avvocati di strada: considerazioni a margine di un’esperienza, in Questione Giustizia, 2006, 6, p.1108

Page 35: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

35

Dopo i primi anni di attività è stato possibile osservare che la totalità delle persone che si sono rivolte all’associazione per ricevere assistenza (più di millecinquecento) non avrebbe potuto sostenere i costi necessari per un'azione giudiziaria o, in ogni caso, per richiedere una consulenza legale ad un professionista. Gli utenti che hanno usufruito del servizio, infatti, non solo non avrebbero potuto corrispondere gli onorari agli avvocati, ma, nella maggior parte dei casi, non avrebbero nemmeno potuto sostenere i costi delle spese vive necessarie per agire o difendersi in giudizio (bolli, diritti di cancelleria, tasse di registrazione degli atti).

Va infine segnalato che il problema non si pone solo per i casi di assistenza in giudizio, ma anche per tutte quelle situazioni in cui gli utenti necessitano di una consulenza legale qualificata, magari per prevenire una controversia oppure per risolverla in via stragiudiziale, ad esempio con una lettera o con una trattativa tra legali. Da un esame dell’esperienza maturata dall’Associazione si evidenzia che la maggior parte delle pratiche aperte dai legali volontari riguarda proprio questioni di questo tipo, che con un aiuto qualificato possono essere superate senza fatica.

Page 36: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

36

Capitolo secondo L’Associazione Avvocato di strada Onlus

Il progetto “Avvocato di strada”, realizzato per la prima volta nell’ambito

dell’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus, nasce a Bologna alla fine del 2000, con l'obiettivo fondamentale di tutelare i diritti delle persone senza dimora. L'esperienza nasceva dalla necessità, avvertita da più parti, di garantire un apporto giuridico qualificato a quei cittadini oggettivamente privati dei loro diritti fondamentali.

Gli sportelli legali di Avvocato di strada sono legati dall'Associazione Avvocato di strada Onlus, nata nel febbraio 2007 per cercare di favorire una crescita comune delle esperienze, condividere, attraverso il confronto di esperienze, un’idea comune sugli obiettivi e le modalità di intervento del Progetto Avvocato di strada, riflettere sulle caratteristiche e sui cambiamenti del contesto sociale, favorire lo scambio di informazioni tra gli operatori di territori diversi per migliorarne le competenze e renderle più specifiche ed aderenti alle diverse realtà.

2.1 La nascita del progetto all’interno di Piazza Grande A Bologna dal 1993 esiste l’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus, che si

occupa di varie forme di marginalità e che promuove iniziative concrete per contrastare l’esclusione sociale e affermare i diritti dei senza tetto. L’Associazione pubblica il giornale di strada Piazza Grande, ha una compagnia teatrale, un’officina di biciclette, una sartoria, un’unità mobile di sostegno, e una cooperativa che effettua sgomberi e traslochi.

Nel corso degli anni l’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus ha rappresentato una modalità nuova di intervento sociale. L’aiuto che viene fornito alle persone che vivono in strada non è di tipo assistenziale. Tutte le attività interne coinvolgono direttamente le persone senza dimora che affrontano percorsi di recupero. Queste persone non solo partecipano alle attività, ma prendono anche parte alle decisioni che determineranno il percorso dell’Associazione. Chi collabora con

Page 37: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

37

Piazza Grande viene investito di fiducia e responsabilità e in questo modo, lentamente, può smettere di considerarsi e di essere considerato un peso per la società, e diventa il protagonista e l’artefice principale del proprio cambiamento.

Dal 2001 alle attività già indicate si aggiunge un ufficio legale, lo sportello Avvocato di strada. Lo sportello legale premiato dalla Fondazione Italiana per il Volontariato quale miglior progetto in Italia nell’anno 2001, ha come obiettivo fondamentale la tutela gratuita dei diritti dei senza dimora, che subiscono quotidianamente soprusi e prevaricazioni di ogni genere senza potersi difendere.

Lo sportello, coordinato dall’Avv. Antonio Mumolo, è costituito prevalentemente da avvocati e laureati in giurisprudenza che forniscono gratuitamente consulenza e assistenza legale. La consulenza allo sportello è fornita, a turno, da circa cinquanta avvocati del foro di Bologna.

Altri avvocati dello stesso Foro, inoltre, pur non partecipando direttamente all’attività dello sportello, danno la loro disponibilità a patrocinare gratuitamente uno o due casi l’anno riguardanti persone senza dimora.

“Ci siamo resi conto – racconta Antonio Mumolo in una intervista che racconta gli inizi dello sportello – che chi non aveva un tetto subiva con frequenza abusi e prevaricazioni. Quasi come se fosse una colpa essere poveri. Chi vive in strada ha più bisogno degli altri di un avvocato, solo che non ha i soldi per pagarlo. Così è nata l’idea dello sportello, per offrire a queste persone una tutela giuridica, gratuita e qualificata.”

Le persone senza dimora, presenti nel territorio bolognese, spesso arrivano allo sportello dopo avere girovagato per tutto il paese. Pertanto, in molti casi, la competenza territoriale relativa alle questioni che si debbono affrontare appartiene ad un altro foro. Per questa ragione lo sportello si avvale di legali presenti in altre città d’Italia, presso i quali si elegge il domicilio legale, e che, di volta in volta, sono individuati anche con l’aiuto di altre organizzazioni e associazioni presenti sul territorio di riferimento. Avvocato di strada riesce quindi ad esercitare la propria azione su tutto il territorio nazionale, fermo restando che la vertenza giuridica viene attivata dal territorio bolognese.

In concreto, la tutela legale viene prestata presso un ufficio, il cosiddetto “sportello”, organizzato come un vero e proprio ufficio legale nell’accoglienza, nella

Page 38: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

38

consulenza e nella apertura delle pratiche, ubicato presso la sede di Piazza Grande, la cui segreteria è aperta tutti i giorni dal lunedì al venerdì dalle ore 9.30 alle 13.30. Il ricevimento avviene due pomeriggi alla settimana, il lunedì e il giovedì dalle ore 15 alle 17, di cui uno è dedicato al diritto civile e l’altro al penale.

Inoltre, siccome molto spesso le persone senza dimora non conoscono l’esistenza dello sportello oppure dimostrano scarsa consapevolezza dei propri diritti, il servizio ha deciso di “scendere in strada” assicurando la propria presenza direttamente presso i centri di accoglienza e i dormitori pubblici ove dimorano, di notte, le persone che sono prive di alloggio. Le strutture interessate al servizio sono il dormitorio di Via del Lazzaretto, il secondo e il quarto giovedì del mese dalle ore 19 alle 20 e quello di Viale Lenin, il quarto giovedì del mese dalle ore 19.30 alle ore 20.30.

I soci fondatori dell’Associazione Amici di Piazza Grande fin dall’inizio hanno sostenuto con fermezza un principio basilare: non può esistere uno stato sociale senza il rispetto dei diritti fondamentali del cittadino. La linea che si è scelto di seguire è quella della cultura dei diritti e della solidarietà, e la realizzazione del progetto Avvocato di strada si colloca all’interno del percorso intrapreso dall’Associazione. A sette anni dalla fondazione dell’Associazione, lo Sportello legale sembra decisivo per continuare a segnalare le lacune del sistema e a sviluppare nuove strutture che assicurino l’effettivo riconoscimento dei diritti di tutti, nessuno escluso.

L’attivazione del progetto di Avvocato di strada si distingue per la propria originalità. In primo luogo è un intervento di supporto legale nell’ambito delle povertà urbane estreme che arriva dal settore privato. In secondo luogo tenta di colmare un vuoto del servizio sociale pubblico. Piazza Grande ha sempre promosso sinergie con le Istituzioni, gli enti pubblici e privati, non proponendosi mai come intervento alternativo a tutto e a tutti, e il tentativo di attivarsi concretamente nella tutela giuridica quotidiana dei diritti fondamentali è una costante dell’intervento dell’Associazione. Investire energie e attività per garantire il pieno esercizio dei diritti fondamentali delle persone senza dimora significa porre la tutela della cittadinanza alla base della lotta all’esclusione sociale.

L’importanza del progetto Avvocato di strada, inoltre, si comprende in pieno se si considera anche l’impatto che le nuove povertà hanno sulla società di oggi. “L’idea

Page 39: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

39

romantica del vagabondo – dice Antonio Mumolo in un’intervista – va ripensata. Oggi a chiedere l’elemosina, a cercare un letto al dormitorio è anche chi ha la pensione minima. Ma anche chi deve affrontare una separazione, che deve pagare gli alimenti. Tutto questo a volte basta a far saltare il difficile equilibrio reddito-casa”. Da qui la necessità di difendere una fascia sempre più larga di persone.

Secondo i dati aggiornati al dicembre 2007, l’Associazione Avvocato di strada ha affrontato dalla sua nascita più di millecinquecento casi tra diritto civile e penale. Il numero di consulenze effettuate, invece, è impossibile da calcolare. Nel capitolo successivo verranno descritti alcuni dei principali casi seguiti dagli avvocati di strada, con particolare attenzione ai casi relativi alla residenza anagrafica.

Nel corso degli anni l’attività dello sportello di Avvocato di strada è stata scandita da diverse pubblicazioni. Questo per rispondere a diverse esigenze. In primo luogo per documentare le esperienze che nel corso del tempo venivano accumulate. In secondo luogo per diffondere il più possibile le proprie conoscenze a tutti coloro che ne erano interessati.

Avvocato di strada nel 2001 ha pubblicato un opuscolo Lascia che la giustizia scorra come l’acqua che presenta il progetto e illustra le finalità e gli obiettivi del servizio offerto.

Nel settembre del 2003 ha pubblicato la prima edizione dell’opuscolo intitolato Dove andare per…, una guida che fornisce indicazioni utili a tutti i senza dimora, che possono trovarvi informazioni su dove andare per nutrirsi, vestirsi, lavarsi, dormire, curarsi, trovare un lavoro e, naturalmente, per avere consulenza ed assistenza legale. Il libretto viene distribuito in stazione, in strada durante gli interventi sul territorio, nei luoghi di ritrovo e in tutte le strutture che operano nell’ambito dell’assistenza e il recupero delle persone in difficoltà. L’opuscolo, di formato tascabile, è stato stampato grazie al contributo dell’Assessorato alla Politiche Sociali della Provincia di Bologna, si è rivelato di grande utilità pratica e ha avuto un grande successo proprio grazie alla sua semplicità di utilizzo e alla completezza delle informazioni. Dopo la prima pubblicazione del 2003, ogni anno Avvocato di strada pubblica la versione aggiornata dell’opuscolo.

Page 40: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

40

Nel marzo 2004, Avvocato di strada ha pubblicato nella Collana dei Quaderni di Nuovamente il libro I diritti e la povertà (Edizioni Sigem), che racconta i primi anni e le più importanti conquiste dello sportello.

Nell’ottobre 2007 ha pubblicato I diritti dei minori (Arena Editore), un libro sull’esperienza di Avvocato di strada e le problematiche legali legate al mondo dell’infanzia, dove vengono riportare una serie di testimonianze che presentano vicende risolte o da risolvere, relative a minori che vivono in situazioni di forte disagio sociale.

2.2 Gli obiettivi

Avvocato di strada ha dato visibilità al processo di perdita della residenza e ha

dimostrato come questa dinamica possa, a volte, condurre ad una situazione di povertà estrema. È anche opportuno sottolineare come le persone senza dimora costituiscano una realtà in continua espansione e il fenomeno dell’esclusione sociale è uno dei più rilevanti fra quelli con cui la società deve confrontarsi. Come ha sottolineato l’avvocato Antonio Mumolo in occasione dell’incontro di presentazione del progetto, svoltosi a Bologna presso la Facoltà di Giurisprudenza il 5 novembre 2003, molte persone si possono trovare improvvisamente costrette a vivere senza casa, a volte basta poco: una separazione, la perdita di un posto di lavoro e l’individuo si trova proiettato in una situazione di cui perde il controllo e finisce in strada.

L’obiettivo fondamentale dell’Associazione è la tutela dei diritti delle persone senza dimora che sono sovente oggetto di prevaricazioni e soprusi. La difesa prestata dai legali che partecipano alla realizzazione del progetto interviene ogni volta in cui nell’erogazione dei servizi sociali viene riscontrato un comportamento illegittimo.

L’Associazione si prefigge anche lo scopo di raccogliere tutta la normativa e la giurisprudenza in materia di esclusione sociale, di stilare una carta dei diritti e di costruire un centro dei diritti della povertà e del disagio. Il raggiungimento di questi obiettivi prevede sei azioni immediate.

Page 41: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

41

1. La costituzione di una rete che coinvolga i sindacati unitari, la Consulta Cittadina contro l’esclusione sociale, le realtà “no profit” e i centri dei diritti presenti nel territorio cittadino, oltre al coinvolgimento dell’Università. Questa rete che potremmo definire “di protezione” ambisce a divenire un vero e proprio strumento di tutela a disposizione delle persone senza dimora.

2. La costituzione di un archivio dei casi trattati e la produzione di materiale informativo per gli operatori.

3. La raccolta della normativa e della giurisprudenza riguardante il problema dell’esclusione sociale.

4. La costituzione di un gruppo di avvocati civilisti, amministrativi e penalisti disponibili ad assistere le persone senza dimora, anche attraverso l’utilizzo del gratuito patrocinio.

5. L’istituzione di campagne informative rivolte alla cittadinanza e agli utenti del servizio.

6. La redazione di una Carta dei Diritti e la costituzione di un centro diritti per la povertà e il disagio.

2.3 Sviluppi futuri Oggi gli sportelli di Avvocato di strada sono presenti a Ancona, Bari, Bologna,

Bolzano, Ferrara, Foggia, Jesi, Lecce, Macerata, Modena, Napoli, Roma, Padova, Pescara, Reggio Emilia, Rovigo, Taranto, Trieste. Tutti gli sportelli sono attivi all’interno di Associazioni di volontariato che si occupano specificatamente delle persone senza dimora. Ogni sportello è organizzato come un vero e proprio studio legale, con orari e giorni di ricevimento durante tutto l’arco dell’anno.

Ogni sportello di Avvocato di strada gode di piena autonomia organizzativa e fa parte della Associazione nazionale Avvocato di strada. Ogni sportello, all'atto della sua costituzione, si impegna a collaborare con gli altri omologhi sportelli presenti nel territorio nazionale, oltre che con l’Associazione nazionale, fornendo, a scopi meramente statistici, i dati relativi all'attività svolta a vantaggio delle persone senza

Page 42: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

42

dimora. Ad oggi in Italia collaborano con l’Associazione Avvocato di strada oltre 400 avvocati, tra volontari degli sportelli già aperti e professionisti che si sono dichiarati disponibili a lavorare gratuitamente in caso di domiciliazioni nelle città in cui non è ancora aperto uno sportello.

Tabella n° 1 Distribuzione territoriale sedi Avvocato di strada per anno di attivazione e

Associazione ospitante

Città Associazione Anno di nascita

Bologna Piazza Grande 2001

Foggia Fratelli della Stazione 2004

Padova Granello di senape 2004

Ferrara Viale k 2005

Bolzano Caritas 2005

Bari Percorsi 2005

Taranto Nessuno escluso 2006

Lecce Migrantes 2006

Pescara Mensa di S.Francesco 2006

Reggio Emilia Gruppo laico missionario 2006

Rovigo Centro francescano

di ascolto

2006

Trieste San Martino in Campo 2006

Modena Porta aperta 2007

Ancona Mensa del povero 2007

Napoli Caritas 2007

Jesi Gruppo umano solidarietà 2007

Macerata Gruppo umano solidarietà 2008

Roma Istituto nazionale per la

promozione della salute delle

popolazioni migranti e per il

contrasto delle malattie della

povertà

2008

Fonte: nostra elaborazione su dati Associazione Avvocato di strada

Page 43: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

43

Figura n°1 Sedi Avvocato di strada anno 2001

Fonte: nostra elaborazione su dati Associazione Avvocato di strada

Figura n° 1 Sedi Avvocato di strada anno 2004

Fonte: nostra elaborazione su dati Associazione Avvocato di strada

Page 44: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

44

Figura n°3 Sedi di Avvocato di strada anno 2006

Fonte: nostra elaborazione su dati Associazione Avvocato di strada

Figura n° 4 Sedi di Avvocato di strada anno 2008

Fonte: nostra elaborazione su dati Associazione Avvocato di strada

Page 45: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

45

Oggi fra i principali obiettivi dell’Associazione vi è quello di aprire sportelli di Avvocato di strada in tutte le città italiane dove vivono persone senza dimora. Sin dall'inizio dell'attività l’Associazione ha organizzato incontri con legali di altri Fori e associazioni di volontariato di altre città interessati a replicare questa esperienza. In tali incontri sono stati illustrati gli obiettivi del progetto e le sue caratteristiche, ed è stato offerto ogni possibile aiuto a coloro che intendevano provare a ripetere questa esperienza nel proprio territorio. Allo stato attuale è in fase avanzata l'apertura di sportelli a Arezzo, Piacenza, Milano, Livorno, Firenze, Marsala, Palermo, Parma e Caserta.

2.4 Progetti

Avvocato di strada fin dalla propria nascita ha operato come progetto generale di tutela legale alle persone senza dimora. Una volta costituitisi in Associazione (febbraio 2007), i soci di Avvocato di strada hanno iniziato a lavorare a progetti specifici. Dopo aver pensato allo sviluppo e al coordinamento delle attività (Progetto I diritti degli esclusi) il primo obiettivo di questa nuova attività di progettazione è stato quello di intervenire a favore di particolari categorie svantaggiate come le donne (Progetto Strada femminile singolare) e gli anziani (Progetto Anziani senza dimora).

2.4.1 "I diritti degli esclusi" Il progetto I diritti degli esclusi, iniziato nel gennaio del 2008, ha come obiettivi

primari la tutela legale gratuita ai senza dimora, l'apertura di nuovi sportelli in altre città italiane, la crescita dell'esperienza comune dell'Associazione e il suo stesso rafforzamento, e la sensibilizzazione di istituzioni e cittadinanza sui temi dell'esclusione sociale e della tutela dei diritti.

Per difendere i diritti delle persone che in numero sempre maggiore finiscono in strada, l'Associazione intende rendere più semplice e veloce lo scambio di dati e informazioni tra tutti i soci dell'Associazione, e tra l'Associazione e l’esterno. Per fare

Page 46: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

46

questo l'Associazione lavora alla creazione di una banca dati che riunisca tutte le buone prassi trovate, e all'individuazione di una metodologia di conservazione e di consultazione di queste stesse prassi.

Nella società di oggi è fondamentale comunicare quello che si realizza, e divulgare in maniera adeguata quello che Avvocato di strada fa con gli sforzi dei propri volontari significa forse non disperdere qualcosa di importante.

Avvocato di strada intende dunque promuovere incontri, seminari e convegni sul tema dell'esclusione sociale e della tutela dei diritti, e realizzare pubblicazioni sugli stessi temi.

L’Associazione nazionale rappresenta una rete formata da molte importanti realtà territoriali del volontariato e un punto di vista privilegiato per osservare cosa accade nelle diverse aree geografiche dell'Italia. Grazie alla propria attività Avvocato di strada potrà dunque comunicare all’esterno, con i privati ma anche con le istituzioni pubbliche, le necessità, e le lacune dello stato sociale e del sistema giuridico, che ogni giorno si disvelano sotto gli occhi dei volontari che ricevono agli sportelli.

2.4.2 Strada femminile singolare Con la precarizzazione del lavoro e l'allentamento dei tradizionali legami sociali

un numero sempre più grande di persone finisce a vivere in strada, senza lavoro, senza un posto dove stare, senza la possibilità di tornare ad una vita comune. Tra queste persone ai margini forse il gruppo più vulnerabile è rappresentato da donne sole o con figli minori.

Strada: femminile, singolare è un progetto dell'Associazione Avvocato di strada Onlus attuato in collaborazione con Fiori di Strada Onlus, che ha come obiettivo la tutela legale delle donne senza dimora e in condizione di esclusione sociale, la sensibilizzazione sui temi dell'esclusione e della tutela dei diritti, il monitoraggio del fenomeno delle donne in condizione di indigenza ed emarginazione.

Page 47: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

47

Obiettivi del progetto - Offrire tutela legale alle donne senza dimora e in condizione di esclusione

sociale; - Sensibilizzare le istituzioni e la cittadinanza sui temi dell'esclusione sociale e

della tutela dei diritti; - Monitorare il fenomeno delle donne in condizione di indigenza ed

emarginazione sociale. Azioni previste - Implementazione di uno staff di professionisti per l’effettuazione di consulenze

ed assistenza legale a tutela dei diritti delle donne senza dimora; - Attivazione di un operatore di sostegno per le utenti dello sportello legale; - Promozione di momenti di sensibilizzazione e pubblicazione di materiali

inerenti il tema delle marginalità sociali e della tutela dei diritti delle donne senza dimora;

- Produzione di un report di monitoraggio del fenomeno. 2.4.3 Anziani senza dimora Il progetto Anziani senza dimora, realizzato sul territorio del Comune di

Bologna, ha come obiettivo quello di garantire tutela legale ad anziani senza dimora e in condizione di grave marginalità sociale, al fine di promuoverne il riconoscimento dei diritti e l’accesso a percorsi di reinserimento sociale.

A tal fine verrà realizzato uno sportello presso il quale verranno gratuitamente fornite ai destinatari consulenza ed assistenza legale. Per un funzionamento ottimale lo sportello sarà in rete con i principali servizi cittadini rivolti alla terza età ed usufruirà di un nucleo di operatori volontari che si preoccuperanno di agevolare l’accesso dell’utenza agli sportelli mediante processi di divulgazione, orientamento, invio diretto ed accompagnamento.

Page 48: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

48

Scopo del progetto è anche sensibilizzare ed informare in merito al tema degli anziani in condizione di emarginazione ed alla tutela dei diritti. A tale scopo verrà realizzata una pubblicazione divulgativa.

Il contesto di riferimento Se un tempo a finire in strada era una categoria più uniforme di persone oggi

vanno emergendo nuove forme di marginalità. La figura dell'anziano solo appare connotata da particolare fragilità: privo di

reddito o con un reddito minimo e sprovvisto di rete familiare, versa spesso in condizioni di isolamento, povertà e degrado sociale.

Il passo che separa tali soggetti dall’ingresso nei circuiti di esclusione sociale è breve, considerazione avvalorata dalla crescente incidenza registrata dalle organizzazioni di settore della popolazione ultrasessantacinquenne tra i senza tetto.

Il tema degli anziani fragili è oggetto di particolare attenzione e trova riscontro in una tipologia variegata di servizi in ambito di welfare. Esiste tuttavia una fascia di anziani che gravitano al di fuori di qualsiasi possibilità di accesso a tali servizi e dei quali, in ragione del fatto che risultano senza dimora, nessuno si sente chiamato a farsi carico. Il Progetto propone inoltre un approccio inedito al problema degli anziani fragili, incentrando la propria attenzione su una fascia di persone che, pur manifestando le difficoltà socio-sanitarie e relazionali-affettive tipiche della terza età, si trovano nella condizione di non poter accedere ai servizi essenziali e vive una condizione, quella dell’isolamento e della strada appunto, proibitiva in relazione alla propria condizione psico-fisica correlata all’età.

2.5 Il Protocollo con l'Unar Al fine di incrementare la rete di collaborazione con il mondo

dell'associazionismo non economico, l'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, ha siglato un protocollo d'intesa con l’Associazione "Avvocato di strada".

Page 49: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

49

L'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, ha la funzione di garantire, in piena autonomia di giudizio e in condizioni di imparzialità, l'effettività del principio di parità di trattamento fra le persone, di vigilare sull'operatività degli strumenti di tutela vigenti contro le discriminazioni e di contribuire a rimuovere le discriminazioni fondate sulla razza e l'origine etnica analizzando il diverso impatto che le stesse hanno sul genere e il loro rapporto con le altre forme di razzismo di carattere culturale e religioso. L'obiettivo del protocollo è quello di gettare un ponte fra le vittime e le associazioni legittimate ad agire ed il mondo forense. In virtù di tale accordo l'UNAR potrà indirizzare le persone senza dimora che si ritengano vittima di discriminazioni razziali presso gli sportelli di Avvocato di strada, che offrirà il proprio contributo alla lotta quotidiana contro ogni forma di discriminazione

2.6 La collaborazione con la FIO.PSD Dall'aprile 2008 Avvocato di strada Onlus è membro della Fio.PSD, Federazione

Italiana Organismi per Persone Senza Dimora. La prima iniziativa che vede collaborare Avvocato di strada con la Fio.PSD concerne la rilevazione nazionale sul numero delle persone che vivono in strada in Italia, una ricerca iniziata nel 2008 e portata avanti da Istat, Caritas e Fio.PSD.

2.7 L’“Housing Rights Watch”

Dal 2008 Avvocato di strada è stata invitata dalla Feantsa (European Federation of National Organisations Working with the Homeless) a rappresentare l’Italia nel nascente Housing Rights Watch, una rete europea costituita da un gruppo interdisciplinare di associazioni, avvocati e accademici provenienti da diverse nazioni, che hanno come obiettivo la promozione del diritto alla casa per tutti.

Page 50: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

50

Gli obiettivi dell’Housing Rights Watch: - condividere informazioni sulle leggi e sulle iniziative legali (un database di

casi, analisi legali, monitoraggio di nuove normative); – supportare cause legali a livello nazionale e locale; – monitorare e intervenire nei casi di sistematici ostacoli al diritto alla casa; – monitorare lo sviluppo della situazione abitativa da un punto di vista dei diritti

di base; – sostenere i cambiamenti nelle politiche pubbliche a livello locale ed europeo

che abbiano l’obiettivo di implementare il diritto alla casa; – sostenere la nascita di reti nazionali che in Europa si battano per il diritto alla

casa. 2.8 Il protocollo d’intesa con l’INMP Nel maggio 2008 Avvocato di strada ha siglato un protocollo d’intesa con

l’INMP, Istituto Nazionale per la Promozione della Salute delle Popolazioni Migranti e per il Contrasto delle Malattie della Povertà, avente sede presso l’Ospedale San Gallicano di Roma e diretto dal Dott. Aldo Morrone.

L’INMP e Avvocato di strada intendono sviluppare attività convergenti con le proprie energie e funzioni per determinare concretamente il diritto alla salute per le persone senza dimora ed in stato di emarginazione.

La Struttura Complessa di Medicina Preventiva all’Ospedale San Gallicano di Roma, in oltre trent’anni di lavoro ha seguito oltre il 40% degli homeless di Roma. 11 mila persone in generale malnutrite o denutrite, sottoposte a stress psico/emotivi; immunodepressi sulla strada o in ambienti sovraffollati vittime di patologie della povertà per vettori a trasmissione interumana: rosolia, tbc, e tutte le malattie per contagio sessuale (12% seriopositivo ed il 17% con disturbi sessuali), mali neuropsichiatrici (10,2%), malattie epatiche per alcolismo e/o tossicodipendenza (il 15%). È la gente che vive nelle favelas di Roma, il 20% non raggiunge i 25 anni, un’età media maschile tra i 18 ed i 34 anni, più alta per le donne, il 20% dei senza dimora. Ma il popolo indigente comprende anche frange disperate dei 50.000

Page 51: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

51

pensionati che vivono con la pensione sociale, per le strade a chiedere soldi insieme agli 8000 minori che vivono d’accattonaggio e che difficilmente raggiungeranno i 55 anni di età.

Ad iniziare dalla sede di Roma, la prima in una grande metropoli, Avvocato di strada Onlus e l’INMP, a fronte delle grandi sfide che le attendono, collaboreranno a livello locale e nazionale attraverso le proprie strutture territoriali allo scopo di raccogliere dati, monitorare le singole realtà locali, favorire l’emersione di buone prassi di tutela socio-sanitaria delle persone emarginate.

Page 52: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

52

Capitolo terzo Il diritto alla residenza anagrafica e i principali casi seguiti

Secondo i dati aggiornati al dicembre 200718 Avvocato di strada ha aperto più di

millecinquecento pratiche relative a differenti fattispecie legali. Tra queste una particolare importanza, per le implicazioni ad essa correlate, è la questione della residenza anagrafica. Dopo aver delineato un quadro normativo del diritto alla residenza, e aver distinto tra concetto di domicilio e di residenza, in questo capitolo verranno riportati i racconti di tre persone senza dimora che per ottenere il diritto alla residenza anagrafica si sono rivolti con successo ai volontari di Avvocato di strada. Spesso le persone senza dimora che desiderano ottenere la residenza devono scontrarsi con atteggiamenti negativi da parte dei Servizi Sociali. Nel penultimo paragrafo di questo capitolo analizzeremo dunque i rapporti che sono intercorsi in questi anni tra i Servizi Sociali e i legali di Avvocato di strada. Concluderà il secondo capitolo un paragrafo dedicato alle vie fittizie che, su suggerimento dell’Istat, in questi anni sono nate in varie città d’Italia, come espediente utile per concedere la residenza anche a quelle persone che pur vivendo in un dato territorio, non hanno una dimora fissa e un indirizzo specifico.

3.1 Il diritto alla residenza. Un quadro normativo

La storia del diritto alla residenza anagrafica delle persone senza dimora in Italia è caratterizzata da lenti cambiamenti, da interpretazioni di volta in volta divergenti, e da un costante dibattito. L’art.16 Cost.19 riconosce a chiunque, e dunque anche ai senza dimora, il diritto alla residenza:

Art. 16. Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi

parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via

18 Avvocato di strada Onlus “Rapporto sull'assistenza legale in Italia a favore delle persone senza dimora Anno 2007”, Bologna 19 Art.16 della Cost.

Page 53: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

53

generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Tale diritto, tuttavia, è stato poi spesso negato a queste persone. Le ragioni di

ciò sono molteplici, e sono da ricercarsi nelle disfunzioni dell’apparato burocratico che ha il compito di concedere il diritto alla residenza anagrafica. Tali disfunzioni sono spesso imputabili all’ignoranza o alla scarsa conoscenza del diritto di chi lavora in questi apparati. Ancora oggi chi perde il diritto alla residenza anagrafica, e cerca di ritornarne in possesso, spesso si imbatte in un solido muro di indifferenza e incomprensione posto dalle istituzioni. Cosa che appare davvero incomprensibile, se si pensa alla residenza come a un diritto fondamentale della persona, la cui privazione può comportare sgradevoli disagi o seri pregiudizi.

Dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana, avvenuta nel 1948, le leggi riguardanti la residenza anagrafica dei cittadini italiani sono state parzialmente modificate, seguendo le necessità individuate dal legislatore. I cambiamenti più significativi sono stati apportati dalla legge n°1228 del 24 dicembre 1954, che fissa l’Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, e dal Decreto del Presidente della Repubblica n°23 del 30 maggio 1989, che approva il nuovo regolamento anagrafico. In seguito, due circolari del Ministero dell’Interno, datate 29 maggio 1995 e 15 gennaio 1997, recano precisazioni indirizzate dal Governo Italiano alle Amministrazioni al fine di fornire maggiore chiarezza nell’interpretazione di tali norme.

La prima legge, la n°1228 del 195420, all’Art. 1 stabilisce che in ogni Comune italiano deve essere tenuta l’Anagrafe della popolazione residente. In tale anagrafe devono essere registrate le informazioni relative alle singole persone, alle famiglie, e alle convivenze. La legge, inoltre, stabilisce che le persone senza dimora possono comunque stabilire in un dato Comune il proprio domicilio, e che l’Anagrafe di quel Comune conservi le informazioni relative a queste persone.

20 Legge 1954 n°1228 Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente

Page 54: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

54

Art 1. In ogni Comune deve essere tenuta l’anagrafe della popolazione residente. Nell’anagrafe della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie alle convivenze,che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio in conformità del regolamento per l’esecuzione della presente legge. Gli atti anagrafici sono atti pubblici.

All’articolo 2, la stessa legge stabilisce che l’assenza temporanea dal Comune di dimora abituale non produce effetti sul riconoscimento della residenza. Chi è senza dimora deve essere considerato residente nel Comune dove ha il proprio domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita. Art.2 (…) Ai fini dell’obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita. (…)

Già a partire da questa legge, dunque, la tematica delle persone senza dimora viene espressamente considerata. Al fine di garantire ad ognuno i propri diritti di cittadino, la legge stabilisce che nessuno, almeno in linea teorica, possa perdere il diritto alla residenza. Anche chi non ha un domicilio fisso, infatti, può essere iscritto all’anagrafe del Comune dove è nato.

Le indicazioni della legge del 1954, che dovevano tutelare chiunque, non permettono un buon funzionamento dell’apparato burocratico. Nel 1989 viene approvato il il DPR 22321, che approva un nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente, e introduce norme più dettagliate sulle iscrizioni, sulle mutazioni e sulle cancellazioni anagrafiche, anche al fine di sopperire alle lacune della previgente disciplina.

La legge stabilisce che l’iscrizione anagrafica può avvenire per nascita, per esistenza giudizialmente dichiarata, o per trasferimento di residenza. Gli uffici anagrafe dei vari Comuni, inoltre, per specifica indicazione della legge, sono tenuti a

21 DPR 1989 n°223 Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente

Page 55: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

55

collaborare tra loro, per comunicarsi reciprocamente informazioni sui cambi di residenza dei cittadini.

Art 7 Capo 2 Iscrizioni, Mutazioni e cancellazioni anagrafiche 1. L’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente viene effettuata: a) per nascita, nell’anagrafe del Comune ove sono iscritti i genitori o nel Comune ove è iscritta la madre qualora i genitori siano iscritti in anagrafi diverse, ovvero, quando siano ignoti i genitori, nell’anagrafe ove è iscritta la persona o la convivenza cui il nato è stato affidato; b) per esistenza giudizialmente dichiarata; c) per trasferimento di residenza da altro Comune o dall’estero dichiarato dall’interessato oppure accertato secondo quanto è disposto dall’art. 15, comma 1, del presente regolamento, tenuto conto delle particolari disposizioni relative alle persone senza fissa dimora di cui all’art. 2, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, nonché per mancata iscrizione nell’anagrafe di alcun Comune. 2. Per le persone già cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse devesi procedere a nuova iscrizione anagrafica. (…)

I nominativi delle persone risultate irreperibili devono essere comunicate dall'Ufficiale di anagrafe al Prefetto entro 30 giorni dall'avvenuta cancellazione per irreperibilità. Entro questo stesso termine devono essere segnalate anche le eventuali reiscrizioni: Art. 11 Comma 2 I nominativi delle persone risultate irreperibili devono essere comunicati, a cura dell’ufficiale di anagrafe, al Prefetto entro trenta giorni dall’avvenuta cancellazione per irreperibilità; entro pari termine devono essere segnalate anche le eventuali reiscrizioni. Per le cancellazioni dei cittadini stranieri la comunicazione è effettuata al Questore anche le eventuali reiscrizioni. Per le cancellazioni dei cittadini stranieri la comunicazione è effettuata al Questore (2).

Page 56: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

56

A seguito dei censimenti i Comuni devono provvedere alla revisione dell’anagrafe, in modo che i dati statistici corrispondano alla realtà.

Capo 8 Revisioni da effettuarsi in occasione dei censimenti; altri adempimenti statistici. Art. 46 Revisione delle anagrafi 1. A seguito di ogni censimento generale della popolazione, i Comuni devono provvedere alla revisione dell’anagrafe al fine di accertare la corrispondenza quantitativa e qualitativa di essa con le risultanze del censimento.

2. la documentazione desunta dai censimenti per la revisione delle anagrafi è soggetta alle norme che tutelano la riservatezza dei dati censuari.

3. la revisione viene effettuata secondo modalità tecniche stabilite nell’occasione dall’Istituto centrale di statistica.

4. nell’intervallo tra due censimenti l’anagrafe deve essere costantemente aggiornata, in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni momento, con la situazione di fatto relativa al numero delle famiglie, delle convivenze e delle persone residenti nel Comune.

Il D.P.R. n.23/89, dunque, ha l’obiettivo di attribuire compiti più precisi ai

Comuni sul tema della residenza anagrafica. Gli uffici anagrafe vengono riorganizzati per renderli più funzionali ed efficaci. Stupisce che per aspettare di dare indicazioni più dettagliate il Parlamento italiano abbia fatto passare ben trentacinque anni dall’approvazione della prima legge del 1954. Trentacinque anni caratterizzati da importanti fenomeni che hanno interessato la composizione della popolazione italiana tra i quali una forte immigrazione di ritorno, e l’altrettanto forte crescita demografica che ha accompagnato gli anni del cosiddetto “boom” economico.

Sei anni dopo l’approvazione della legge del 1989, il 29 maggio 1995, il Ministero dell’Interno redige la circolare n°8, “Precisazioni sull'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente di cittadini italiani”. La circolare è destinata ai Prefetti della Repubblica, ai Commissari di Governo delle regioni italiane a statuto speciale, e all'Istituto nazionale di statistica, ed è da intendersi come un richiamo alle amministrazioni che creano impedimenti ai cittadini regolari che vogliono ottenere la residenza.

Page 57: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

57

La circolare ricorda che ogni Sindaco, in qualità di ufficiale di anagrafe e di Governo, nell'esaminare le domande di iscrizione anagrafica presentate dai cittadini italiani, deve osservare scrupolosamente la legislazione vigente che è costituita dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal decreto del presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223. La richiesta di iscrizione anagrafica costituisce un diritto soggettivo del cittadino e non appare vincolata ad alcuna condizione, perché se lo fosse si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di insediamento dei cittadini sul territorio nazionale, in palese violazione dell'art. 16 della Carta costituzionale.

(…)Pertanto il Sindaco quale ufficiale di anagrafe e di Governo, nell’esaminare le domande di iscrizione anagrafica presentate dai cittadini italiani, deve osservare scrupolosamente la legislazione vigente che è costituita dalla legge 24 dicembre 1954, n°1228, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n°223, per quel che concerne la popolazione residente in Italia, e dalla legge 27 ottobre 1988, n°470, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 6 settembre 1989, n°323, relativamente ai cittadini italiani residenti all’estero.

Orbene dall’esame di detta normativa si evince che la richiesta d’iscrizione anagrafica, che costituisce un diritto soggettivo del cittadino, non appare vincolata ad alcuna condizione, ne potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dell’articolo 16 della Carta Costituzionale.(…)

La circolare sottolinea che sono irregolari i comportamenti adottati da alcune amministrazioni comunali che, nell'esaminare le richieste di iscrizione anagrafica, chiedono una documentazione comprovante lo svolgimento di una attività lavorativa nel territorio comunale o procedono all'accertamento dell'eventuale esistenza di precedenti penali a carico di chi richiede l'iscrizione.

(…) Appaiono pertanto contrarie alla legge e lesivi dei diritti dei cittadini, quei comportamenti adottati da alcune amministrazioni comunali che, nell’esaminare le richieste di iscrizione anagrafica, chiedono una documentazione comprovante lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio comunale, ovvero la disponibilità di

Page 58: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

58

una abitazione, e magari, nel caso di persone coniugate, la contemporanea iscrizione di tutti i componenti il nucleo familiare, ovvero procedono all’accertamento dell’eventuale esistenza di precedenti penali a carico del richiedente l’iscrizione.

Non può costituire un fattore discriminante nemmeno la mancanza di disponibilità di un'abitazione: la residenza può essere concessa in qualunque luogo, sia esso un fabbricato privo di licenza di abitabilità, una grotta o una roulottes. L’Amministrazione comunale non può opporsi in alcun modo alla concessione della residenza a chi ne fa richiesta, dovendo solamente accertare la presenza effettiva nel proprio territorio del richiedente. Comportandosi in maniera differente, le amministrazioni comunali possono incorrere in sanzioni penali e amministrative.

(…) La funzione dell’anagrafe è essenzialmente di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti sul territorio comunale, né tale funzione può essere alterata dalla preoccupazione di tutelare altri interessi anch’essi degni di considerazione, quale ad esempio l’ordine pubblico, l’incolumità pubblica, per la cui tutela dovranno essere azionati idonei strumenti giuridici, diversi tuttavia da quello anagrafico.

Da parte del Ministero dell’Interno, dunque, si avverte la necessità di indicare ulteriori puntualizzazioni sul tema della residenza, in modo da far adottare a ciascuna Amministrazione comunale una condotta uniforme e coerente, al fine di evitare confusione e discriminazioni a danno di cittadini dello Stato italiano.

Appena due anni dopo, il 15 gennaio 1997 il Ministero dell’Interno emana una nuova circolare, che torna di nuovo sul tema della residenza anagrafica.22 Nella nuova circolare, il Ministero ricorda la Circolare del 1995, e sottolinea come, nonostante i chiarimenti intervenuti alcune amministrazioni comunali abbiano proseguito a respingere legittime richieste di iscrizione in anagrafe a cittadini che abbiano precedenti penali. Tali comportamenti vengono definiti inammissibili dalla Circolare, e si invitano nuovamente le amministrazioni a rispettare la legge.

22 Circolare Ministero dell’Interno 15 gennaio 1997, n. 2 recante “Anagrafe della popolazione residente - iscrizione - apposizione di condizioni - inammissibilità.”

Page 59: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

59

(…) Con precedente circolare MIACEL n. 8 del 29 maggio 1995, questo Ministero ha diramato precise disposizioni sulla puntuale ed esatta gestione dell'anagrafe da parte di signori sindaci, nella loro qualità di ufficiali di Governo, richiamando l'attenzione degli stessi sulle conseguenze, non solo di ordine penale ma anche amministrative, cui può dare luogo, la creazione di impedimenti, non previsti da norme legislative, all'iscrizione in anagrafe. Il particolare veniva sottolineato che l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente dei cittadini italiani, non è sottoposta ad alcuna condizione, come si evince chiaramente non solo dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, ma altresì dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione. Unico requisito, è la corrispondenza che deve intercorrere tra la situazione di fatto e quanto dichiarato dall'interessato. Tuttavia, si è già verificato e continua a verificarsi, anche alcune amministrazioni comunali proseguono a respingere richieste di iscrizione in anagrafe a cittadini che abbiano precedenti penali. Nel premettere che in ogni caso, provvedimenti del genere devono essere formalizzati ed, ai sensi dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, adeguatamente motivati, onde permettere agli interessati una eventuale impugnativa, si evidenzia che tale comportamento viene a concretizzare l'irrogazione di una sanzione non prevista da alcuna normativa, ed è in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta costituzionale e con successivo art. 16 che prevede la libertà di movimento e, quindi, di stabilimento su tutto il territorio nazionale. Ciò premesso, atteso il ripetersi di tali inammissibili episodi cui si aggiunge, da ultimo, il rifiuto ad esaminare pratiche di iscrizione anagrafica a cittadini non abbienti, si invitano le SS.LL. ad effettuare la più accurata sorveglianza sulla gestione delle anagrafi da parte di signori sindaci, procedendo, se del caso, ad adottare tutti qui provvedimenti a tutela della dignità della persona, non esclusa la segnalazione dell'autorità giudiziaria. (….)

3.2 Concetto di domicilio e concetto di residenza Il nostro ordinamento giuridico definisce espressamente le nozioni di domicilio

e di residenza, a prova dell’importanza che il legislatore ha riconosciuto a questi temi.

Page 60: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

60

Purtroppo, l’ambito di discussione non è di immediata definizione, e di volta in volta possono esserci difficoltà nell’attuazione delle norme che regolano la materia, mettendo in pericolo, a volte, la tutela dei diritti dei cittadini.

3.2.1 Il concetto di domicilio

Per quanto riguarda il concetto di domicilio, rispetto al concetto di residenza, le cose sono più semplici. L’Articolo 43 c.c, infatti, qualifica il domicilio della persona fisica come il luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e dei suoi interessi. In questa maniera si sancisce un concetto di domicilio che è autonomo rispetto a quello di residenza, e si sottolinea l’elemento volontario ed intenzionale della persona nel fissare il proprio domicilio. Con il termine “sede principale”, invece, si sottintende una scelta comparativa fra le possibili sedi del soggetto, e si esclude la pluralità di domicili.

3.2.2 Il concetto di residenza anagrafica Se si parla di residenza anagrafica, rispetto al concetto di domicilio, le cose si

complicano. L’Art. 43, comma 2, c.c., individua la residenza nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale. La nozione giuridica di residenza si riferisce non solo alla normativa civilistica, ma anche alla legge sull’anagrafe, il che, in qualche modo, crea delle difficoltà, dal momento che le due normative non sono mai state armonizzate in maniera ragionevole, e tra le due sorgono spesso problemi di compatibilità. Il problema maggiore è che mentre la nozione di residenza identifica essenzialmente una situazione di fatto, le registrazioni anagrafiche sono necessariamente degli atti, e al momento degli accertamenti della residenza sorgono spesso difficoltà di coordinamento. Il bisogno di risolvere in maniera più definita tali questioni si palesa se si pensa a come le questioni giuridiche riguardanti la residenza anagrafica coinvolgano la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, affermati e riconosciuti a livello costituzionale all’uomo in quanto tale, a prescindere dalla sua

Page 61: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

61

condizione sociale. L’esperienza di Avvocato di strada testimonia che spesso tale tutela non viene riconosciuta a persone che vivono in condizioni di estrema precarietà. I pregiudizi, le violazioni, gli abusi riscontrati nei casi seguiti allo sportello hanno più volte costretto gli utenti che si rivolgono ad Avvocato di strada ad agire in giudizio per ottenere l’accertamento e il riconoscimento dei propri diritti fondamentali, in particolare il diritto soggettivo alla residenza.

Nell’ordinamento giuridico italiano la nozione e la disciplina del diritto alla residenza è contenuta nella Carta Costituzionale, nel Codice Civile e nella Legislazione Speciale. In virtù del principio di gerarchia delle fonti, è necessario partire dall’analisi delle norme costituzionali. Nell’ambito dei Principi Fondamentali, l’Art. 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo. Questi ultimi sono i diritti fondamentali attraverso i quali la persona umana può affermare la propria libertà ed autonomia, appartengono alla sfera più intima e personale dell’uomo e, per tale motivo, sono inalienabili, intrasmissibili, irrinunciabili, indisponibili ed insopprimibili: questo articolo, dunque, connota il nostro sistema come Stato di Diritto. Tra i diritti inviolabili dell’uomo rientrano tutti quelli riconosciuti dagli Art. 13 e ss., ma anche quelli che rappresentano i cosiddetti “nuovi valori”, costituendo l’Art. 2, secondo la dottrina oggi dominante, una norma a “fattispecie aperta”. La disposizione in esame proclama altresì l’attuazione di un principio di solidarietà laddove, oltre a riconoscere i diritti inviolabili, richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale: quest’ultimo profilo è strettamente connesso al dettato dell’Art. 323 e, dunque, al rispetto e all’attuazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale. Nella parte della Costituzione dedicata alle libertà fondamentali, la tutela garantita dall’Art. 14 24rappresenta una tra le 23 Art. 3 Cost.: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 24 Art. 14 Cost.:” Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettivIl domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di

Page 62: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

62

principali forme di manifestazione delle libertà personali. Questo articolo riconosce la libertà di domicilio come inviolabile e ne disciplina la tutela, reprimendo qualsiasi forma di limitazione o violazione non giustificabile dalla legge. La nozione di domicilio accolta dall’Art. 14 è molto ampia, comprendendo ogni luogo chiuso ed isolato dall’ambiente esterno dove il singolo intenda svolgere la propria vita privata e curare i propri interessi. La nozione comprende quindi l’abitazione intesa come residenza, il luogo di esercizio di un’attività, il luogo di dimora occasionale e ogni luogo comunque adibito allo svolgimento delle attività della vita. In sintesi, è il principale ambiente in cui il singolo esercita la sua libertà personale e per tale motivo è inviolabile e gode delle stesse garanzie previste dall’Art. 1325 per la libertà personale.

Tutto ciò è confermato dalle norme del Codice civile che attuano la disciplina costituzionale e i suddetti principi al più ristretto ambito del domicilio e della residenza. Secondo quanto disposto dall’Art. 43 cc26: «il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi. La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale». La giurisprudenza, soprattutto tra gli anni 1970-‘80, ha contribuito a chiarire entrambe le nozioni. Innanzitutto numerose sono le pronunce che sottolineano i due elementi costitutivi della residenza: a) un elemento oggettivo, rappresentato dalla permanenza abituale della persona in un determinato luogo e b) un elemento soggettivo costituito dalla volontarietà di tale permanenza, dall’intenzione di abitare stabilmente nella dimora indicata. In relazione a questo ultimo elemento, la Cassazione ha avuto modo di rilevare che «l’intenzione è rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali».27

Secondo la Suprema Corte, inoltre, «per determinare il momento in cui può ritenersi acquistata la residenza non è necessario, peraltro, che la permanenza in un determinato posto si sia già protratta per un tempo più o meno lungo, ma è sufficiente accertare che la persona abbia fissato in quel posto la propria dimora con l’intenzione, sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.a partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. 25 Art. 13 Cost. 26 Codice Civile, Libro Primo: Delle persone e della famiglia. Titolo III: Del domicilio e della residenza. Art. 43 Domicilio e residenza 27 Ricitazione di sentenza Cass., 14 marzo 1986, n. 1738, cit., 3.

Page 63: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

63

desumibile da ogni elemento di prova anche con giudizio ex post, di stabilirvisi in modo non temporaneo28».

Del resto, sempre secondo quanto stabilito dalla Cassazione: «la residenza è un fatto giuridico che incide in modo obiettivo su una situazione giuridica, fonte di diritti e doveri in un determinato Comune. L’interessato, pertanto, è legittimato a proporre in via autonoma azione di accertamento giudiziale sull’effettiva sua residenza in un Comune»29. In definitiva, il combinato disposto delle norme sopra citate e l’interpretazione della giurisprudenza, riconoscono l’esistenza di un diritto alla residenza, qualificandolo come diritto soggettivo.

Un altro profilo fondamentale riguardante la disciplina della residenza riguarda il ruolo riconosciuto alla Autorità Amministrativa: generalmente si è soliti pensare che la residenza venga “concessa” dal Comune, e che tutto dipenda dai Vigili Urbani. La realtà è molto differente: la normativa in materia è chiara e anche la giurisprudenza si è già più volte espressa in merito. In materia d’iscrizione e cancellazione dai registri della popolazione, la legge non attribuisce all’autorità amministrativa alcuna sfera di discrezionalità ma le conferisce compiti di mero accertamento. Ciò significa che il cittadino che faccia richiesta di essere iscritto nei registri della popolazione residente in un comune, essendo titolare di un diritto soggettivo, non deve far altro che manifestare all’Ufficiale d’anagrafe l’intenzione di fissare la propria residenza nel territorio di quel comune e dare attuazione a tale volontà.

È opportuno, inoltre, sottolineare che la iscrizione nei registri della popolazione anagrafica è un atto vincolato da inquadrasi nella categoria degli atti amministrativi non negoziali o meri atti amministrativi, i cui effetti derivano direttamente dalla legge, senza che la Pubblica Amministrazione abbia alcuna facoltà di scelta dei mezzi per il raggiungimento del fine.

Se è dunque vero, come riconosciuto dalla giurisprudenza, che l’Amministrazione non ha alcuna sfera di discrezionalità in materia di iscrizione e cancellazione nei registri della popolazione, nei casi seguiti dai legali del gruppo Avvocato di strada, l’Ufficiale dell’Anagrafe si sarebbe dovuto limitare, conformemente a quanto prescritto dalla legge, ad accertare tale situazione e,

28 Cass. Civ. n°6 luglio 1983, n°4525 29 Cass. 1968 n°1081

Page 64: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

64

conseguentemente, a procedere alla iscrizione nel registro della popolazione residente nel Comune di Bologna.

3.3 Tre percorsi di esclusione Nei paragrafi successivi di questo capitolo vengono ricostruiti alcuni dei

principali casi relativi alla residenza anagrafica affrontati da Avvocato di strada. Per ricostruirli sono stati utilizzati materiali forniti dall’Associazione, e sono stati intervistati alcuni dei responsabili.

3.3.1 Caso n° 1 Tra i casi affrontati, uno in particolare ha assunto notevole importanza per la

realizzazione degli obiettivi del progetto. Il gruppo degli Avvocati di strada ha dovuto affrontare una causa pilota contro il Comune di Bologna, per la tutela del diritto alla residenza. Quello della residenza, infatti, è un problema che gli Avvocati di Strada devono spesso affrontare. “Il diritto a una residenza è contemplato dalla Costituzione – dice Antonio Mumolo in una intervista – ma molte amministrazioni fanno fatica a riconoscerlo a quei cittadini che per un motivo o per un altro, si trovano in strada. Allora interveniamo noi.”

L’azione giudiziale si era resa necessaria a causa del comportamento illegittimo tenuto dall’Amministrazione comunale bolognese che aveva negato ad una persona senza dimora un diritto soggettivo, quello alla residenza. L’utente, che chiameremo Mario (nome di fantasia), nel 1997 chiede di poter ottenere la residenza presso il Comune di Bologna. Dopo quattro anni di risposte evasive da parte delle istituzioni in cui non era riuscito nemmeno a conoscere la sua posizione nella lista d’attesa per ottenere la residenza, nel marzo del 2001 il Sig. Mario chiede l’aiuto degli operatori di Avvocato di strada. Come prima mossa Avvocato di strada suggerisce di inviare nuovamente al Comune di Bologna una richiesta di residenza, da ottenere presso via Sabatucci 2, il luogo dove il Sig. Mario era domiciliato dal 1999. Oltre a rinnovare la propria richiesta, il Sig. Mario chiedeva delucidazioni sul funzionamento della

Page 65: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

65

concessione della residenza presso il Comune di Bologna e sull’avanzamento della pratica che lo riguardava. La risposta, che questa volta non tarda ad arrivare, è sorprendente. Dopo quattro anni dalla prima richiesta, il procedimento per la concessione della residenza al Sig. Mario non era ancora iniziata.

Nell’aprile del 2001 il Sig. Mario si rivolge in via d’urgenza al Tribunale di Bologna, per far valere i propri diritti di cittadino. Questa volta, a soli sette giorni dalla presentazione del ricorso, il Tribunale di Bologna riconosce al Sig. Mario il diritto alla residenza, e condanna il Comune di Bologna al pagamento delle spese processuali. Il Sig Mario, dopo un’odissea di quattro anni, può finalmente tornare a godere dei propri diritti di cittadino. Può iscriversi nuovamente negli albi professionali della propria categoria, e tornare a lavorare.

Tale provvedimento, unico in Italia, costituisce un precedente giurisprudenziale fondamentale. A seguito della pronuncia del giudice tutte le persone senza dimora, in tutto il territorio nazionale, oggi possono richiedere e ottenere la residenza anagrafica presso i dormitori, i centri di accoglienza, le associazioni. A Bologna i senza dimora che fanno richiesta ottengono la residenza in via Senzatetto: “Una strada che non appare su alcuna cartina, dice Antonio Dercenno in una intervista, primo responsabile della Segreteria di Avvocato di strada, ma che ha un’ importanza fondamentale.”

Il risultato è ancora più importante se si pensa che l’iscrizione nei registri anagrafici è il presupposto imprescindibile per beneficiare dell’assistenza sanitaria nazionale, per esercitare il diritto di voto, per iscriversi alle liste di collocamento, per aprire una partita IVA e, in generale, per godere dei diritti riconosciuti dallo stato sociale.

3.3.2 Caso n° 2 Vittorio ha sessant’anni e oggi vive a Bologna in una casa popolare. Bolognese

di nascita, ha vissuto grande parte della sua vita in Bulgaria, dove per tanti anni ha diretto la sua fabbrica che produceva lenti da vista. Come imprenditore ha sempre condotto una vita più che dignitosa e non ha mai avuto problemi particolari. A causa di un brutto infarto è costretto a lasciare la Bulgaria e a rientrare in Italia per curarsi.

Page 66: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

66

Appena arrivato a Bologna, dopo un primo periodo passato in ospedale, prende una casa in affitto e comincia a sottoporsi a lunghe e costose cure cardiologiche. La sua azienda in Bulgaria, abbandonata a se stessa, in poco tempo deve chiudere e i soldi che Vittorio aveva da parte finiscono presto. Quando Vittorio non riesce più a pagare l’affitto è costretto ad andare a vivere in macchina, non certo il luogo più indicato per un uomo nelle sue condizioni di salute. In dormitorio preferisce non andare. Ci ha provato ma dopo una notte passata su una branda in una stanza maleodorante in compagnia di varie decine di persone ha preferito andarsene. Alla sua età è quasi impossibile trovare un lavoro, e la sua situazione sembra senza uscita. L’unica possibilità è riuscire ad ottenere una pensione con la quale poter accedere alle graduatorie per la casa popolare. I requisiti per la pensione di invalidità ci sarebbero tutti, ma per ottenerla è necessaria la residenza anagrafica, che Vittorio non possiede più. Senza quella l’INPS non sa dove inviare la pensione e la pratica rimane bloccata per lunghi mesi. Vittorio vive in macchina, e non sa dove chiedere la residenza. Dopo lunghi mesi passati a dormire in strada Vittorio si reca ad uno sportello di Avvocato di strada dove viene aperta una pratica a suo nome. Secondo la legge la residenza può essere ottenuta in qualsiasi luogo, anche in una grotta o in una macchina, l’importante è che la persona sia rintracciabile all’indirizzo comunicato.

Gli avvocati suggeriscono a Vittorio di parcheggiare la macchina di fronte ad una sede dei vigili urbani, in via Libia 68, e di chiedere a quell’indirizzo la residenza. Vittorio, vincendo un comprensibile imbarazzo parcheggia la sua macchina dove gli è stato indicato, e si reca presso l’anagrafe a fare regolare richiesta. Dopo pochi giorni i vigili urbani arrivano per un controllo, ma quando si rendono conto che Vittorio vive in una macchina fanno resistenze e decidono di non concedergli la residenza anagrafica che gli consentirebbe di sperare in un futuro. A quel punto Vittorio chiama i suoi avvocati che giungono sul posto e iniziano una lunga discussione con i vigili. La domanda di Vittorio può venire respinta, ma gli avvocati di strada pretendono che i vigili diano una risposta scritta da poter poi impugnare in una causa da intentare al Comune. A quel punto i vigili hanno più problemi ad opporre il rifiuto senza dare motivazioni, e dopo essersi consultati con l’Ufficio anagrafe decidono di concedere a Vittorio la tanto agognata residenza. Grazie a questo la pratica della pensione viene finalmente sbloccata e Vittorio può entrare in graduatoria per una casa popolare. Viste

Page 67: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

67

le sue problematiche (è solo, senza lavoro, in difficili condizioni fisiche) ottiene un alto punteggio e in un breve lasso di tempo riesce ad ottenere la casa.

3.3.3 Caso n° 3 Un matrimonio che fallisce, una malattia, la perdita di un contesto familiare o

amicale. Non si finisce in strada per un solo motivo, da un giorno all'altro. Solitamente sono tante le cause che combinate insieme portano al tracollo. Di certo quando si perde il proprio lavoro è difficile risalire. Anna è una signora di 44 anni originaria di Taranto. E' a Bologna da più di trent'anni, da quando era una bambina. Per tanti anni ha avuto una vita normale: le scuole finite presto, un matrimonio con un uomo che ama, e un piccolo lavoro part- time in una sartoria, tanto per contribuire un po' al bilancio familiare. Figli non ne sono arrivati, il destino ha deciso così. Suo marito fa il camionista, ed è spesso fuori per lavoro. Per avere un po' di compagnia durante le lunghe assenze del marito Anna ha preso un cane, a cui vuole molto bene. Tutto sembra andare per il meglio quando un giorno inizia quello che per Anna è "un incubo da film, proprio mi sembrava di vivere uno di quei film dove lui esce a prendere le sigarette e non torna più". Il marito di Anna si assenta con una scusa qualsiasi e non torna più. Lei rimane sola a casa con il cane, e per lunghe settimane rimane come inebetita: "Ho iniziato a immaginare tutte le cose peggiori del mondo. Prima ho avuto paura che gli fosse successo qualcosa, che fosse morto, o che fosse malato da qualche parte. Poi ho iniziato a pensare che lui avesse una doppia vita, e che io conoscevo di lui solo una faccia. Pensavo che forse era un criminale, che aveva un altro cognome. Forse, mi dicevo, nel suo camion trasportava merce rubata, o cose così, e mi davo della stupida per non averlo capito prima." Passati i primi tempi di riassestamento, rivolti all'inutile ricerca di un nuovo equilibrio, per Anna iniziano i guai seri. L'affitto dell'appartamento dove viveva con suo marito diventa troppo alto. Con il suo stipendio part-time non può permettersi una casa di tre stanze. Come primo passo decide di chiedere un anticipo sullo stipendio al suo datore di lavoro. Ma è una cosa che non può reggere, ben presto capisce che non ce la farà mai. Chiede informazioni in giro, e qualcuno gli consiglia di rivolgersi ai servizi sociali per avere

Page 68: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

68

un alloggio popolare. I servizi sociali, però, purtroppo non possono aiutarla. E' un caso particolare, ha un lavoro, una casa, e anche se tutto sta per crollare, non c'è nulla da fare. I requisiti non ci sono, i servizi non faranno nulla. Per dare un alloggio d'emergenza devono concorrere una serie di condizioni. In genere si privilegiano le donne sole con figli minori, poi bisogna vedere che disponibilità di posti c'è in quel momento. Purtroppo esistono molti casi limite che meriterebbero attenzione, ma su cui i servizi non possono intervenire. Il caso della signora Anna è uno di questi.

Le cose sono andate troppo avanti, le spese della casa non sono più sostenibili e Anna decide di abbandonare la casa. Mette alcuni mobili nelle cantine dei vicini che la conoscono bene, altri mobili li vende. La macchina invece la tiene, è li che andrà a vivere con il suo cane. Parcheggia in via Lombardi, in Bolognina, vicino a un bar dove le fanno usare il bagno la mattina. I casi di persone che per vari motivi si trovano a vivere in strada sono frequenti, anche se il fenomeno non è molto conosciuto. Sono difficilmente censibili perché non sono riconoscibili, la gente passa accanto ad una macchina e non guarda dentro. In genere si tratta di persone che cercano di evitare la strada e provano a resistere ad oltranza in attesa di trovare un alloggio o una stanza. Il problema è che vivere in macchina comporta moltissimi disagi a cui generalmente non si pensa: oltre a dover vivere in una condizione di precarietà estrema, senza privacy, senza poter riposare, senza potersi curare della propria persona, non si ha nemmeno un indirizzo dove ricevere comunicazioni. E' facile che in simili condizioni nascano moltissimi nuovi problemi che si vanno ad aggiungere agli altri.

Anna dunque da quando ha lasciato casa sua non ha più un posto dove stare, ma ha ancora il suo lavoro, e pensa di poter andare avanti ancora un po’. In un dormitorio comunale non può andare, perché dovrebbe lasciare il suo cane a cui è legatissima. Certo in queste condizioni non si possono fare grandi progetti, però c'è sempre la speranza che i servizi decidano di muoversi. Ad un certo punto arriva il colpo finale. La vita in una macchina è dura: non si può curare la propria persona, ci si lava poco e si dorme ancora meno, ed è difficile essere sempre presentabili. Anna inoltre spesso deve assentarsi dal lavoro per recarsi ai servizi. E' diventata una dipendente scomoda. Una scusa qualsiasi è sufficiente, viene licenziata ed è il tracollo. A questo punto l'aiuto dei servizi diviene necessario ed ancora più urgente. Molti che vivono la stessa

Page 69: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

69

situazione a questo punto si lascerebbero andare per la delusione e per le mancate risposte. Il suo dramma è iniziato ormai da tanti mesi, e le cose sono solamente peggiorate. Anna invece non si da per vinta, continua a fare domande ai servizi sociali, ma c'è una brutta sorpresa. Per entrare nella graduatoria necessaria per avere un alloggio popolare, occorre avere un reddito anche minimo, ma che consenta di pagare il piccolo affitto necessario. In più lei risulta ancora sposata, e questo le impedisce di entrare in graduatoria. E' a questo punto che si rivolge allo sportello di Avvocato di strada. Allo sportello arrivano spesso casi simili: situazioni particolari che con il passare del tempo, e con l'impotenza dei servizi si aggravano di giorno in giorno. Come prima cosa gli avvocati cercano di raccogliere tutte le informazioni utili e scoprono che aveva dei procedimenti in corso per delle multe che non le erano state notificate. Le multe per moltissime persone che finiscono in strada sono un problema grave. Se si vive in strada, infatti, aumentano in maniera esponenziale i rischi di ricevere sanzioni: si prendono multe sugli autobus dove la gente si siede tutto il giorno per ripararsi dal freddo, sui treni dove si viaggia senza biglietto, ma anche in situazioni del tutto comuni.

Se le multe non vengono pagate, poi, si raddoppiano in poco tempo, e la somma di queste cifre può diventare molto alta, al punto di poter impedire a una persona di rientrare in un percorso di vita comune. Ma i problemi non finiscono qui: se una persona ha tante multe in genere rischia il foglio di via dalla Questura, che è un provvedimento che dovrebbe riguardare solamente le persone socialmente pericolose. Generalmente è possibile togliere le multe ai senza dimora che dimostrano di essere nullatenenti, e l’annullamento riesce anche nel caso della signora Anna.

Dopo aver provveduto a cancellare le multe gli avvocati si dedicano alla pratica della separazione. In casi come questi la separazione deve essere necessariamente giudiziale, dunque non consensuale, ed è più difficile perché bisogna comunque notificare gli atti al coniuge irreperibile secondo quanto prevede il Codice e cioè presso la casa comunale dell'ultima residenza conosciuta. Una volta ottenuta la separazione, gli avvocati hanno aiutato la signora Anna che è riuscita ad ottenere un piccolo alloggio popolare, e a ritrovare la serenità necessaria per cercare un nuovo lavoro. Oggi la situazione drammatica di pochi mesi fa è lontana, ma per lei è difficile dimenticare. "Ho vissuto un incubo lungo troppi mesi, conclude amara la signora

Page 70: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

70

Anna, senza l'aiuto di nessuno, senza sapere perché capitava proprio a me. Nel frattempo gli amici di prima sono scomparsi, e anche se vorrei lasciarmi tutto alle spalle non è semplice fare come se niente fosse.”

3.4 Il diritto alla residenza e rapporti con i Servizi Sociali

Dall’esperienza di Avvocato di strada emerge che a volte i Servizi Sociali non agiscono come dovrebbero a favore degli utenti che hanno bisogno di ottenere la residenza anagrafica. Da colloqui approfonditi avuti dagli avvocati dello sportello con alcuni utenti è risultato chiaro più volte come spesso alcuni assistenti sociali agiscano per evitare che gli utenti riescano ad ottenere la residenza nella città di Bologna. “Gli utenti che arrivano da noi, dice Antonio Dercenno, responsabile della segreteria dello Sportello, generalmente sono molto soddisfatti o molto delusi dei propri assistenti sociali. E’ raro che ci sia una via di mezzo. Quando approfondiamo i nostri rapporti con gli utenti, solitamente scopriamo che gli assistenti che si comportano male sono sempre gli stessi. Questo può fa pensare che il buon funzionamento dei Servizi Sociali sia troppo legato alla discrezionalità con cui gli assistenti sociali svolgono il proprio mestiere”. “A volte, continua Antonio Dercenno”, ci rendiamo conto che gli assistenti sociali invece di facilitare le cose agli utenti che chiedono la residenza, agiscono in modo contrario. E questo, probabilmente, su precise direttive del Comune”.

Con il passare degli anni, i volontari di Avvocato di strada hanno imparato a riconoscere i vari modi in cui gli assistenti sociali cercano di impedire l’ottenimento della residenza da parte dei propri utenti. Dal momento che non possono usare metodi “ufficiali”, utilizzano strumenti subdoli. A volte sconsigliano gli utenti che manifestano la volontà di ottenere la residenza con affermazioni false, secondo cui la residenza non serve, o che l’ottenimento della residenza può comportate svariati problemi. Quando gli utenti non sembrano accettare simili consigli, gli assistenti sociali arrivano a minacciare gli utenti. “Se chiedi la residenza presso la nostra struttura noi diciamo che non ti abbiamo visto, che non ti conosciamo.”

Altre volte, invece, il limite opposto è quello rappresentato da presunti ostacoli burocratici. Alcuni assistenti sociali prima di concedere la residenza ad un utente

Page 71: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

71

chiedono l’autorizzazione del responsabile della struttura o del dormitorio indicato come residenza dall’utente. Una volta inoltrata questa domanda, il capo della struttura chiede il parere favorevole ad una commissione di assistenti sociali che deve dare parere positivo senza aver mai visto la persona e senza conoscerne il percorso o le problematiche. Intanto i mesi passano e la pratica può subire infiniti rallentamenti. Senza alcuna garanzia di un esito positivo, l’utente è costretto ad aspettare anche dei mesi senza vedersi riconosciuto un diritto fondamentale.

Molte volte, infine, la residenza anagrafica viene negata a chi non accetta di seguire un percorso, chi non accetta di essere seguito dai servizi. Se l’utente non accetta di essere “aiutato” gli viene negato tutto. Questo è un meccanismo che tutti gli utenti stigmatizzano in maniera molto forte.

Quando gli utenti arrivano agli sportelli di Avvocato di strada, se gli avvocati ravvisano qualche comportamento sospetto da parte degli assistenti sociali, cercano di mettersi in contatto con loro. Il più delle volte quando gli assistenti vengono contattati dagli avvocati su tali questioni, spesso tergiversano, reagiscono negando tutto, e danno la colpa a presunti malintesi.

Queste prassi evidenziate da Avvocato di strada ci sembrano particolarmente gravi e degne di nota. Se si considera che uno dei compiti principali dei Servizi Sociali è quello di favorire i reinserimento nel tessuto sociale degli individui in stato di disagio, ciò non può non apparire grave. Certo, per un Comune concedere la residenza anagrafica ad una persona senza dimora rappresenta uno sforzo. La persona poi avrà diritti maggiori, potrà chiedere una casa e altre forme di sostegno, che per il Comune rappresenteranno una spesa. Ma ciò non può giustificare il comportamento di un’Istituzione che chiede ai propri assistenti sociali, in maniera più o meno velata, di rendere più difficile la soddisfazione di un diritto fondamentale come quello della residenza da parte di un utente svantaggiato.

3.5 Il diritto alla residenza nelle varie città

Come si è visto nel capitolo dedicato al diritto alla residenza, il servizio

anagrafico, che viene amministrato dai comuni per conto dello Stato, è strettamente

Page 72: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

72

connesso ai diritti della persona. Non avere il diritto alla residenza comporta la perdita di molti altri diritti, e significa essere condannati a una “morte civile”.

Quando una persona viene privata del proprio diritto alla residenza, tuttavia, essa non è la sola a subirne le conseguenze: anche lo Stato, infatti, subisce una dura sconfitta. Una cosa, infatti, non va dimenticata: il buon funzionamento del servizio anagrafico rappresenta un obiettivo fondamentale dello Stato, non solo per garantire a tutti i cittadini la pur fondamentale parità dei diritti, ma anche per assicurare una migliore amministrazione. Sapere con precisione quante persone risiedono in un dato luogo, ad esempio, è un’informazione necessaria per ogni attività di governo, locale o nazionale, che in base alla popolazione residente può distribuire le risorse economiche e decidere le proprie politiche.

L’anagrafe, inoltre, è uno strumento di primaria importanza per assicurare allo stato l’adempimento da parte dei cittadini di obblighi e doveri patrimoniali, ma anche il diritto allo studio o, come è stato fino a pochi anni fa, l’obbligo di leva. Anche l’esercizio dei diritti politici è collegato alla residenza anagrafica: chi non ha una dimora fissa, infatti, non può essere registrato nella lista degli aventi diritto al voto, attivo o passivo. Per concludere, va ricordata l’importanza della residenza anagrafica per la possibilità di ottenere il rilascio di documenti e certificazioni anagrafiche di vario tipo, che possono essere richieste ai fini più diversi. Il servizio anagrafico, dunque, appare nella nostra società come un servizio di primaria importanza, che deve sempre funzionare correttamente anche quando il diritto alla residenza viene richiesto da una persona senza dimora.

Per superare le problematiche relative al preaccertamento della effettiva residenza in un dato territorio da parte di una persona senza dimora l’Istat, l’istituto di statistica che ha compiti di supervisione in tema di registrazioni anagrafiche, nelle note illustrative della legge anagrafica e del regolamento, suggerisce l’istituzione in ogni Comune di una sessione speciale “non territoriale”, una via che non esiste fisicamente, ma nella quale tutti i senza dimora che desiderano ottenere la residenza anagrafica, possono fissare il proprio domicilio.

Ecco cosa dice la seconda circolare del Ministero dell’Interno (Direz. Amm. Civile, circolare N°1/97): “Per alcune particolari categorie di persone nei cui confronti non è riscontrabile il requisito della dimora abituale, la legge anagrafica

Page 73: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

73

n°1228 del 24 dicembre 1954 ha preso in considerazione un solo Comune, e cioè quello eletto a domicilio dall’interessato”

Nel caso di un senza dimora che richiede la residenza, dunque, l’ufficiale giudiziario non è tenuto a verificare l’effettiva esistenza del domicilio del senza dimora. Scegliere il proprio domicilio è una scelta libera ed esclusiva del richiedente, cosa che esclude l’opportunità e la legittimità stessa di un preaccertamento ai fini dell’accoglimento della domanda. Al fine di accertare la condizione di senza dimora del richiedente, non occorrono indagini particolari, essendo sufficienti una segnalazione da parte dei servizi sociali, di associazioni di volontariato, o di semplici cittadini degni di fiducia. Un possibile problema è rappresentato dalla mancanza dei documenti da parte della persona che richiede la residenza. In questo caso, come già in passato, può essere applicata la procedura prevista dall’Art. 34 del Decreto del Presidente della Repubblica 445/200030, secondo cui due testimoni, dotati di documenti, possono garantire per la persona, assicurandone l’autenticazione della foto.

Questa soluzione è funzionale anche a difendere la privacy dei senza dimora e la loro stessa dignità. In passato, infatti, nel caso di una persona senza residenza, i Comuni rilasciavano una carta d’Identità che recava la scritta “S.F.D.”, ovvero Senza Fissa Dimora, che in alcuni contesti può funzionare da marchio infamante, una sorta di lettera scarlatta moderna, in base alla quale l’onorata società può additare il “diverso”, il reietto”. Un “marchio” in grado di rendere difficile, se non impossibile, la realizzazione di pratiche comuni a tutti, come, ad esempio, l’ottenimento di un lavoro. Avere sulla propria carta d’identità il nome di una via inesistente, ma plausibile, può facilitare la vita di un individuo, le cui problematiche personali non hanno bisogno di ulteriori carichi.

Assegnare la residenza in una via fittizia è una scelta che, ad oggi, è stata adottata da diversi Comuni italiani. Tra questi, Roma, Bologna, Firenze, Napoli, Verona, Foggia e Bari. Le città che hanno seguito questa scelta sono quelle che tradizionalmente si sono mostrate più sensibili alle problematiche delle persone senza dimora, e che possono vantare l’esistenza di varie associazioni esistenti nel proprio

30 Art. 34 - Legalizzazione di fotografie, D.P.R. n. 445/2000, SEZIONE VI - Legalizzazione di firme e di fotografie

Page 74: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

74

territorio. Come detto più volte in precedenza, anche se la Costituzione Italiana all’Art. 16 garantisce a tutti il diritto alla Residenza, per far rispettare tale diritto occorre la forza e l’interessamento da parte di quelle realtà capaci non solo di fornire servizi importanti alla persona, ma anche di esercitare una pressione costante sull’opinione pubblica e sulle istituzioni.

Un caso esemplare è quello di Bologna, una delle prime città a dotarsi di una via fittizia. Da sempre nota per l’importanza data ai valori della solidarietà e della tolleranza, Bologna può vantare forti realtà private che lavorano nel campo del disagio sociale. L’Opera Padre Marella, fondata da Don Olinto Marella, mette a disposizione dei senza tetto della città due dormitori, e offre alcune possibilità di lavoro e di reinserimento a chi vive in strada. Bologna, inoltre, è la città di Piazza Grande, l’Associazione che dal 1993 pubblica il primo giornale di strada italiano, e che nel 2001 ha dato la luce alla prima esperienza italiana di Avvocato di strada. Anche grazie al lavoro degli avvocati volontari, a Bologna i senza dimora possono prendere la residenza in via Senzatetto, una via che non esiste nello stradario della città, ma nella quale hanno la residenza varie decine di persone.

A Verona, oltre ad alcune associazioni legate al mondo cattolico, da molti anni esiste ed opera a favore del mondo dell’esclusione sociale l’Associazione Comunità dei Giovani, che nel 2004 ha creato uno sportello di Avvocato di strada. Da poco tempo a Verona il Comune concede a chi la richiede la residenza in una via fittizia. Un cittadino italiano che aveva perso il lavoro e la propria famiglia, per poter lavorare, e per rientrare in un percorso di vita comune, aveva chiesto al Comune di Verona di concedergli la residenza in una via fittizia. E’ nata così via dell’Ospitalità, dove oggi hanno la residenza varie decine di persone.

A Torino l’amministrazione comunale fin dal 2000 concede la residenza in via della Casa Comunale, n. 1. In quella via non chiedevano la residenza solamente persone che versavano in forte stato di disagio e che avevano bisogno di assistenza, ma anche quelle persone, come i giostrai o gli ambulanti, che per via del proprio mestiere si devono spostare in continuazione e non hanno un domicilio fisso. Dal 2000 la giunta comunale, sulla base del successo della precedente iniziativa, ha deciso di istituire anche il n°2 della stessa via fittizia, dedicata esclusivamente alle persone senza dimora in situazione di estrema povertà. In via della Casa Comunale 2

Page 75: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

75

attualmente viene data la residenza a tutti i senza tetto in carico ai servizi sociali di Torino.

Nei primi due anni (dal 2000 al 2002) dall’istituzione della via fittizia a Torino, è stata concessa la residenza a 1746 persone. 1114 hanno preso la residenza in via della Casa Comunale n°1. 632 invece sono le persone senza dimora in carico ai servizi sociali che hanno preso la residenza in via della Casa Comunale 2.

A Firenze sono attive sul territorio numerose associazioni al servizio delle persone in stato di disagio, e l’importanza data ai senzatetto è testimoniata dalla presenza in città del mensile di strada Fuori Binario, edito dall’omonima associazione. In città negli scorsi anni si è assistito a un vivo dibattito tra associazionismo, servizi sociali e questura, sul tema della residenza, che ha portato risultati altalenanti. Le associazioni e i servizi premevano per concedere ai senza dimora la residenza in via dei Leoni 3, la sede dell’anagrafe, ma la proposta non era mai stata accettata positivamente dal Prefetto. Finalmente, dopo alcuni anni, anche a Firenze si è giunti a creare una via fittizia, via Lastrucci. Secondo i dati forniti da Fuori Binario, si calcola che in questa via abbiano preso la residenza circa milletrecento senza dimora. Purtroppo la stessa redazione di Fuori Binario, negli ultimi mesi del 2005, ha registrato un nuovo inasprimento nelle consuetudini tramite cui il Comune concede la residenza ai senza dimora. Chi la richiede è nuovamente sottoposto al giudizio degli assistenti sociali del Comune. Dopo un lungo percorso all’interno dei Servizi, una speciale Commissione decide se concedere o meno la residenza al senza dimora che ne fa richiesta, un inequivocabile passo indietro nella lotta contro l’esclusione sociale.

Una storia particolare, degna di essere menzionata, è quella di Roma, la prima città d’Italia a dedicare una via fittizia alla memoria di una persona realmente esistita, morta in strada in condizioni di estrema povertà, Modesta Valenti, una signora senza dimora morta nel 1982 alla Stazione Termini, che non era stata soccorsa perché sporca e vestita male. Tutti gli anni si celebra una messa a cui partecipano moltissimi senza dimora di Roma. L’iniziativa, proposta dalla Comunità di Sant’Egidio, una realtà molto attiva a Roma, rivela un altro aspetto di originalità, che appare molto utile, il coinvolgimento diretto dei Servizi Sociali di Roma. Gli assistenti sociali del Comune, infatti, sono incaricati di effettuare un primo contatto con le persone che

Page 76: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

76

richiedono l’assegnazione della residenza. Dopo il primo contatto, in caso di esito positivo, alle persone che fanno richiesta di residenza viene rilasciata una certificazione di disponibilità all’iscrizione anagrafica presso via Modesta Valenti. Coinvolgere in maniera diretta i Servizi Sociali in questa procedura appare decisamente appropriato, utile per velocizzare l’iter delle pratiche, e per fornire un servizio efficiente. In questa maniera il Comune di Roma, e gli uffici anagrafici possono avvalersi delle conoscenze che i Servizi Sociali hanno del mondo del disagio sociale.

Nei primi anni di sperimentazione, queste pratiche hanno dato buoni risultati a Roma. L’unico problema che può essere rilevato, è l’assenza di cittadini stranieri che chiedono la residenza in via Modesta Valenti. Attualmente il servizio, infatti, è stato utilizzato da una stragrande maggioranza di cittadini italiani. Questo sicuramente è dovuto alle problematiche legate alla difficile concessione del permesso di soggiorno. Rimane tuttavia da domandarsi se in questo campo non ci sia un difetto di comunicazione verso i cittadini extra-comunitari. Probabilmente migliorare la comunicazione sociale destinata agli stranieri potrebbe portare un miglioramento nelle condizioni di vita di chi si trova a vivere da clandestino, senza soldi e senza protezioni, in un paese straniero.

Dopo aver presentato i casi positivi di tutte le città che hanno creato una via fittizia per concedere la residenza ai senza tetto, sembra utile citare, come esempio negativo, il caso di Trento. Come racconta Charlie Barnao, ricercatore presso l’Università di Trento, nel suo libro “Sopravvivere in strada”31, fino a pochi anni fa il comune di Trento negava il problema delle persone senza dimora nella città. Semplicemente, le Istituzioni pubbliche ritenevano che in città non ci fossero persone in forte stato di disagio, e che dunque non fosse necessario studiare misure particolari per tale problema. Grazie all’insistenza delle associazioni della città, e alla stessa ricerca di Barnao, il Comune di Trento nel 2004 ha preso atto della presenza in città di circa trecento senza tetto, ed ha deciso di istituire due dormitori pubblici dove queste persone potessero trovare ricovero. Nonostante questa presa di coscienza, Trento mette tuttora in luce alcune forti lacune nell’assistenza sociale. In particolare, risultano assolutamente insufficienti i criteri in base ai quali viene rilasciata la

31 Barnao, C. Sopravvivere in strada, Franco Angeli, 2004

Page 77: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

77

residenza. O, per meglio dire, in base ai quali la residenza non viene rilasciata. A Trento la residenza viene data solamente ai senza dimora che accettano una qualche forma di progetto educativo da concordare con i servizi sociali.

La residenza, dunque, in questa maniera viene concessa unicamente a chi viene giudicato meritevole dai servizi sociali e la residenza anagrafica risulta essere il frutto di una concessione, e non di un diritto. Tale concessione, inoltre, viene data a seconda dei casi, sulla base di criteri che cambiano di volta in volta, e che risultano arbitrari e poco chiari. Una discrezionalità esagerata, e che probabilmente dovrebbe essere estranea alle dinamiche che regolano la garanzia di un diritto fondamentale sancito dalla Costituzione, come quello alla residenza anagrafica.

Page 78: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

78

Capitolo quarto Avvocato di strada: quattro studi di caso.

Come anticipato nel precedente capitolo l’Associazione Avvocato di strada oggi

(novembre 2008) ha una propria sede in diciotto città italiane dislocate sull’intero territorio nazionale.

Ogni città presenta caratteristiche molto diverse e gli avvocati si trovano ad operare in contesti differenti. Le variabili che possono influenzare questi contesti sono molti: alcune città per la propria localizzazione possono essere considerate come luoghi di passaggio dove le persone senza dimora transitano, si fermano un dato periodo e se ne vanno, per poi magari fare ritorno successivamente. Altri luoghi, situati alla “periferia” dell’Italia, sono più difficili da raggiungere, e ciò comporta una diversa durata della permanenza.

La città influisce direttamente sul numero delle persone senza dimora presenti, ma anche sulla maniera in cui le istituzioni pubbliche e private sono “attrezzate” per fare fronte alle necessità dei più deboli.

Un altro dato da considerare è la presenza o meno di centri in grado di assorbire un buon numero di lavoratori. In luoghi dove è più semplice lavorare in nero (ad esempio nei cantieri delle grandi città, o nei terreni agricoli delle campagne del sud) sarà più probabile trovare una buona presenza di stranieri clandestini.

Tutte queste variabili, insieme ad altre, incidono direttamente anche sulla sensibilità con cui un dato territorio percepisce e “accetta” determinate problematiche. E’ probabile che una città dove storicamente sono state presenti persone senza dimora (basti pensare alle città del nord) riesca ad accettare e sopportare meglio di una città povera queste problematiche. E le stesse persone senza dimora piuttosto che rimanere in una città dove sono malvisti, e dove c’è assenza di servizi è più semplice che “migrino” verso altri lidi. Tutto questo pesa molto sulle diverse problematiche legali e non delle persone, e anche sul modo in cui gli avvocati possono agire per tutelarli.

Per questo motivo si è scelto di presentare quattro sportelli di Avvocato di strada afferenti a diversi territori. Le quattro città scelte sono Bologna, Padova, Reggio Emilia e Foggia. La scelta è caduta su queste città per diversi motivi:

Page 79: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

79

- Bologna è stata selezionata in quanto è la città dove è nato il progetto che si è poi sviluppato nel resto d’Italia e che vanta la maggiore esperienza;

- Padova è stata selezionata perché è una delle sedi più “navigate” dell’Associazione, vanta un’esperienza consolidata, e ha saputo dare vita a numerosi progetti.

- Reggio Emilia è stata scelta come esempio di uno sportello in una città medio piccola, in un territorio ricco, che negli ultimi anni ha visto aumentare a dismisura la presenza di stranieri immigrati clandestinamente e di italiani che a causa della precarizzazione del lavoro sono finiti in strada.

- Foggia è stata scelta in rappresentanza del sud Italia. In un contesto “povero” di opportunità regolari di lavoro e di servizi alla persona, lo sportello negli anni si è trovato ad affrontare le moltissime problematiche e in particolare quelle degli stranieri clandestini attirati dalle possibilità di un lavoro in nero nelle campagne.

Tramite la presentazione delle associazioni ospitanti, la comparazione di quattro interviste strutturate ai referenti degli sportelli e l’analisi dei numeri relativi alla loro attività, in questo capitolo si cercheranno di evidenziare le affinità e le differenze principali dei vari sportelli.

4.1 Le quattro città 4.1.1 Bologna

Il primo sportello di Avvocato di strada è nato nel 2001 all’interno dell’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus. Come anticipato nel secondo capitolo di questo lavoro, Piazza Grande si occupa di varie forme di marginalità e promuove iniziative concrete per contrastare l’esclusione sociale e affermare i diritti dei senza tetto attraverso varie attività: un giornale di strada, un servizio mobile di sostegno, un laboratorio di sartoria, un’officina di riparazione bici, un laboratorio teatrale, etc. Nel gennaio 2001 a queste attività si è aggiunto un ufficio legale, lo sportello di Avvocato di strada. Lo Sportello, coordinato dall’Avv. Antonio Mumolo, è costituito da avvocati e laureati in giurisprudenza che forniscono gratuitamente consulenza e assistenza legale. La consulenza allo sportello è fornita mediamente da

Page 80: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

80

circa 50 avvocati del foro di Bologna. Altri avvocati dello stesso Foro, inoltre, pur non partecipando direttamente all’attività dello sportello, danno la loro disponibilità a patrocinare gratuitamente uno o due casi l’anno riguardanti persone senza dimora.

Dati sull’attività dello sportello bolognese nel 2007 Totale delle pratiche: 147 Uomini: 106 (72%) Donne: 41 (28%) Cittadini italiani: 82 (56%) Cittadini comunitari: 13 (9%) Cittadini extracomunitari: 52 (35%) 4.1.2 Padova La segreteria di Avvocato di strada è attiva dall'1 dicembre 2004 presso la sede

padovana dell'Associazione di volontariato penitenziario "Il Granello di senape”. Aderiscono al progetto oltre 40 tra Avvocati e praticanti volontari.

L’Associazione "Il Granello di Senape" si è costituita nel 1996, con l’obiettivo di sviluppare una maggiore attenzione e una più forte solidarietà nei confronti dei detenuti, favorire il loro reinserimento sociale e garantire eventuale sostegno a loro e alle loro famiglie.

L’Associazione si è impegnata e si impegna sia a Padova che a Venezia, soprattutto all’interno del carcere femminile della Giudecca, a raggiungere le seguenti finalità:

- sensibilizzare la pubblica opinione sulle tematiche della pena, del carcere e dei rapporti con il territorio; - promuovere intese su problemi specifici tra amministrazione penitenziaria, magistratura, enti locali, forze politiche, privato sociale e volontariato;

Page 81: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

81

- promuovere progetti finalizzati all’inserimento di detenuti e detenute nel mondo del lavoro potenziando le misure alternative alla detenzione; - organizzare nelle carceri attività culturali, ricreative e lavorative; - realizzare programmi, anche sperimentali, mediante la raccolta di fondi e contributi, mirati a sviluppare la solidarietà a favore dei detenuti, il loro reinserimento sociale e il sostegno alle loro famiglie.

Dati sull’attività dello sportello padovano nel 2007

Totale delle pratiche: 186 Uomini: 98 (53%) Donne: 88 (47%) Cittadini italiani: 52 (28%) Cittadini comunitari: 25 (13%) Cittadini extracomunitari: 109 (59%)

4.1.3 Reggio Emilia Lo sportello di Reggio Emilia è attivo dal dicembre 2006 all'interno

dell’Associazione Gruppo Laico Missionario di Reggio Emilia. Il GLM, Gruppo Laico Missionario, è nato negli anni '60 sull’onda del Concilio Vaticano II. Molti dei suoi soci hanno fatto esperienza di volontariato in Brasile. Negli anni ‘70 c’è stato il naturale incontro con il disagio sociale e la tossicodipendenza in particolare, che ha portato alla nascita di tre Cooperative Sociali, al contempo Comunità Terapeutiche (La Quercia, La Collina, La Vigna) e alla sezione reggiana dell’ANFAA (Associazione famiglie adottive e affidatarie).

L’Associazione ha lo scopo di offrire strumenti di riflessione ed operativi per sperimentare e promuovere modelli di vita sociale solidale, pacifica, rispettosa

Page 82: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

82

dell’ambiente, mediante l’approfondimento e la testimonianza dei valori evangelici sia a livello individuale che sociale. In particolare si prefigge lo scopo di:

- organizzare e sostenere attività che facilitino l’interscambio tra culture diverse, quale presupposto per un nuovo modello di sviluppo fondato sul riconoscimento della dignità di ogni persona e di ogni cultura e di promuovere, di conseguenza, la diffusione di una cultura di pace fondata sulla giustizia, sulla fratellanza e sulla libertà;

- favorire, ritenendoli strumenti privilegiati, l’ascolto, l’interscambio e la cooperazione solidale con le fasce emarginate del Terzo Mondo. Si sottolinea, a questo riguardo, l’importanza che riveste per il GLM il legame e l’ascolto delle Comunità Ecclesiali di Base dell’America Latina, le quali sanno valorizzare la vita prima della parola, la ricerca concreta prima dell’ideologia, la dimensione sociale e comunitaria come naturale momento di integrazione della dimensione individuale e privata;

- prestare ascolto e allargare il proprio interesse alle fasce sociali disagiate del nostro Paese, nella convinzione che le cause che generano emarginazione ed ingiustizia abbiano radici comuni e planetarie, che provocano legami di interdipendenza fra le fasce di popolazione ricche e le fasce di popolazioni povere.

Per raggiungere i propri scopi, l’Associazione GLM, promuove, collabora e sostiene:

- attività culturali, di studio e di ricerca (conferenze, seminari, corsi, convegni, …), per educare alla mondialità e stimolare, specialmente tra i giovani, l’individuazione di un nuovo modello di sviluppo, che apra alle nuove generazioni un futuro fondato sulla pace, sulla giustizia, sulla solidarietà, sulla collaborazione tra tutti i popoli;

- l’attività di cooperative sociali volte al recupero di tossicodipendenti, collaborando con le altre Comunità Terapeutiche;

- esperienze di interscambio e di cooperazione solidale con i popoli del Terzo Mondo (visite guidate di gruppi in Brasile, campi di lavoro);

- attività orientate al recupero ed al reinserimento sociale delle fasce emarginate del nostro Paese, in particolare dei tossicodipendenti, degli alcoolisti, dei minori, dei portatori di handicap e degli immigrati.

Page 83: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

83

Dati sull’attività dello sportello di Reggio Emilia nel 2007 Totale delle pratiche: 42 Uomini: 30 (71%) Donne: 12 (29%) Cittadini italiani: 11 (26%) Cittadini comunitari: 2 (5%) Cittadini extracomunitari: 29 (69%)

4.1.4 Foggia Lo sportello di Foggia, nato nell'aprile del 2005, è attivo all'interno

dell'Associazione Fratelli della Stazione. L’Associazione di volontariato ONLUS “Fratelli della Stazione”, sorta dalla

quasi decennale esperienza di un gruppo di giovani volontari, si occupa di assistere, moralmente e materialmente, i senza dimora, i poveri, italiani e immigrati, che sostano o vivono nei pressi della stazione FS di Foggia, proponendosi anzitutto l’accoglienza del prossimo, nello spirito evangelico. Più specificamente, il servizio ai poveri consiste nell’incontro, nel piazzale antistante lo scalo ferroviario foggiano, dei bisognosi, cui i volontari portano latte caldo e biscotti, ma soprattutto calore umano, consigli, informazioni.

Oltre all’unità di strada tra le principali attività dell’Associazione c’è un servizio di assistenza domiciliare a persone affette da handicap, la gestione dell’Help Center della Stazione di Foggia e la realizzazione del giornale di strada “Foglio di Via”, che viene distribuito gratuitamente in strada da persone senza dimora.

Dati sull’attività dello sportello foggiano nel 2007 Totale delle pratiche: 149

Page 84: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

84

Uomini: 104 (69%) Donne: 45 (31%) Cittadini italiani: 38 (26%) Cittadini comunitari: 0 (0%) Cittadini extracomunitari: 111 (74%) 4.2 Comparazione e analisi delle interviste Per approfondire la storia e le principali caratteristiche dei quattro sportelli di

Avvocato di strada presi in esame ne sono stati intervistati i vari referenti: - Avvocato Antonio Mumolo, Presidente dell’Associazione Avvocato di strada e

referente dello sportello di Bologna; - Nicola Sansonna, membro del Direttivo nazionale dell’Associazione Avvocato

di strada e referente dello sportello di Padova; - Dott.Vittorio Gazzotti, socio dell’Associazione Avvocato di strada e referente

dello sportello di Reggio Emilia; - Avvocato Massimiliano Arena, membro del Direttivo nazionale

dell’Associazione Avvocato di strada e referente dello sportello di Foggia. Per garantire la maggiore uniformità possibile delle risposte, agli intervistati è

stata sottoposta la stessa traccia strutturata, che non prevedeva l’intervento dell’intervistatore e la possibilità di domande ulteriori.

Le interviste sono state realizzate nel mese di settembre 2008. Una volta raccolte le risposte sono state comparate e ne sono state analizzate analogie e differenze. Di seguito vengono riportati gli stralci più significativi delle interviste e i relativi commenti.

1. Di cosa si occupa prevalentemente l’associazione che ospita lo sportello?

Page 85: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

85

Bologna “Lo sportello bolognese di Avvocato di strada è nato all’interno di Piazza Grande, che si occupa dal 1993 di persone senza dimora attraverso molti progetti di auto aiuto. Il fatto che lo sportello sia dentro Piazza Grande è importantissimo, perché significa essere in contatto più o meno diretto, con tutte le persone che vivono in strada a Bologna. Il Servizio mobile di Piazza Grande, ad esempio, svolge una funzione fondamentale: i volontari uscendo tre o quattro volte a settimana oltre a frequentare e conoscere le difficoltà di tutti quelli che stanno in strada, incontrano tutti quelli che sono appena arrivati a Bologna e non hanno contatti con la città. Spesso, se hanno problemi legali, li orientano verso il nostro sportello.

Piazza Grande inoltre, lavorando da quindici anni in questo settore, è in rete con tutte le associazioni e gli enti che operano a favore dei senzatetto. Gli stessi cittadini bolognesi che vengono a conoscenza di un problema spesso si rivolgono direttamente all’Associazione. I casi di segnalazioni da parte dei cittadini che ci chiedono di aiutare delle persone sono praticamente quotidiani.”

Padova “Lo sportello padovano di Avvocato di strada è ospitato

dall’Associazione Il Granello di Senape che si occupa di informazione dal e per il carcere e svolge attività in carcere, nelle scuole e nel tessuto sociale.”

Reggio Emilia “L’Associazione GLM si interessa in particolare di

Tossicodipendenza: dal GLM sono nate tre coop. sociali, tre fasi di un unico programma terapeutico di recupero ed inserimento sociale di utenti affetti da dipendenza da sostanze. Una di queste gestisce anche il Centro diurno a bassa soglia.”

Foggia “Lo sportello è ospitato dall’Associazione “I Fratelli della Stazione”,

che ha una sede presso la Stazione F.S di Foggia e offre assistenza e orientamento alle persone che vivono in strada o in condizione di estrema povertà, pubblica il giornale di strada “Foglio di via” e promuove progetti vari di interesse sociale.”

Gli sportelli di Avvocato di strada in ogni città sono interni ad Associazioni di volontariato preesistenti sul territorio e che con le proprie molteplici attività sono

Page 86: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

86

inserite in vaste reti cittadine conosciute anche dai cittadini. Le Associazioni si occupano tutte di esclusione sociale, e di persone senza dimora e sono strutturate in maniera simile. Si possono tuttavia riscontrare alcune differenze: mentre Piazza Grande e i Fratelli della Stazione si occupano prevalentemente e specificatamente di persone senza dimora, Il Granello di Senape si occupa molto di temi carcerari, il GLM si occupa da anni di tematiche legale alla tossicodipendenza.

2. Quali sono le caratteristiche della vostra città per quanto riguarda il

mondo dell’esclusione sociale? (Es. Numero di senza dimora, italiani o stranieri, presenza/carenza di servizi, associazionismo, etc)

Bologna “Bologna è una città particolare, dove sono nate molte esperienze

originali. Lavorano in città moltissime associazioni di volontariato, e nei confronti dei senza tetto c’è sempre stata molta attenzione, anche se oggi sembra di notare una leggera stretta riguardo le politiche dell’accoglienza. Considerando la media grandezza della città in termini di popolazione il numero dei senza tetto è abbastanza cospicuo. Anche se non raggiunge i numeri di Milano o di Roma, si parla di cifre di tutto rispetto. In città ci sono 5 dormitori pubblici e alcune strutture private capaci di ospitare più di 500 senza tetto, in maggioranza italiani. Nei dormitori pubblici infatti possono entrare solo gli italiani o gli stranieri regolari (che in dormitorio lo restano per poco). Restano fuori, privi di qualsiasi tipo di tutela, alcuni italiani che non trovano posto o che non vogliono entrare nel circuito dei servizi e tutti gli stranieri irregolari.”

Padova “In strada è sempre difficile fare statistiche. I dati ufficiali parlano di

circa trecento senza dimora che vivono a Padova. Sicuramente il numero degli stranieri è in aumento e stimiamo siano il 60 % del totale. Le istituzioni pubbliche danno risposte che generalmente tamponano le emergenze (Es. il progetto emergenza) ma non danno soluzioni stabili che prevengano il disagio. Noi pensiamo che per non trovarsi in emergenza bisogna cercare, e trovare, delle risposte.

Page 87: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

87

A Padova l’associazionismo è molto attivo e le associazioni, soprattutto quelle laiche, si muovono sul territorio coprendo bisogni altrimenti irrisolti.”

Reggio Emilia “La città di Reggio Emilia è passata in 10 anni da 135 mila a

150 mila abitanti: il fenomeno migratorio in questo periodo è stato veramente molto forte. Siamo la seconda provincia in Italia come percentuale di presenza di immigrati. La nostra è una provincia ricca, che richiama manodopera: alta velocità, edilizia, agricoltura, meccanica… Ci sono però anche problemi, che si stanno evidenziando.

I Servizi pubblici sono a buon livello per gli aventi diritto, per quanto riguarda invece gli “esclusi” c’è una certa ipocrisia.

Molto è lasciato alla Caritas, molto presente con una capillare rete di punti di ascolto (migliaia le persone “ascoltate”) ed ambulatori gestiti da volontari.

Molte sono le associazioni di stranieri appartenenti alle varie etnie presenti nel territorio provinciale (più di 70) che hanno il ruolo di auto aiuto.

E’ presente da 9 anni una esperienza di un Centro diurno di accoglienza a bassa soglia per Tossicodipendenti, con una presenza media di più di 100 utenti (molti di costoro sono senza dimora), finanziato dall’Ausl e gestito da una coop. sociale(emanazione del GLM).

Un problema grave, e non risolto dalle Amministrazioni per problemi di consenso, è quello dei dormitori pubblici, gravemente insufficienti rispetto ai bisogni.”

Foggia “Gli italiani che vivono in strada sono molto pochi. Attualmente

sappiamo che ce ne sono circa 50. Gran parte delle persone che vivono in difficoltà senza un tetto sopra la testa sono stranieri irregolari, giunti qui per lavorare nelle campagne nella raccolta del pomodoro e nella vendemmia. Finito il lavoro, generalmente mal pagato e privo di garanzie, rimangono in zona senza molte possibilità.”

Per quanto riguarda il numero delle persone senza dimora e la presenza di

servizi ad esse dedicati le città prese in esame differiscono significativamente. Da una parte abbiamo Bologna (374.000 abitanti) e Padova (300.000 abitanti), che

Page 88: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

88

rappresentano due grandi centri, dove il numero delle persone in strada consiste in svariate centinaia di persone. Dall’altra abbiamo Reggio Emilia (162.000 abitanti) e Foggia (153.000 abitanti), dove il problema è rappresentato da cifre di minore impatto ma che stanno in qualche modo salendo.

Com’è naturale, nelle città dove i senza tetto sono in numero maggiore e stazionano da più tempo troviamo più servizi pubblici e privati, e la presenza di una forte rete di associazionismo. Bologna, ad esempio è sempre stata una città all’avanguardia riguardo i servizi alla persona. Asili, centri per giovani e anziani, la città è disseminata di luoghi che favoriscono un determinato tipo di socialità. In particolare, in città è sempre stata molto forte l’attenzione nei confronti delle persone in difficoltà. Non a caso sono sorte qui sia Piazza Grande che Avvocato di strada, che in pochi anni è un’esperienza che si è allargata a tutto il resto d’Italia. Posta in un luogo molto ricco, crocevia perfetto tra sud e nord, est e ovest, è sempre stata capace di attrarre persone di ogni tipo e sempre più negli ultimi anni ha visto aumentare il numero delle persone straniere.

Padova è una città inserita in un territorio ricco, ma denso di grandi contraddizioni. Molte persone, specialmente straniere, arrivano in città alla ricerca di un lavoro. In pochi tuttavia riescono a regolarizzarsi, e la precarietà dei lavori irregolari spinge molti sulla strada. L’associazionismo presente in città è una realtà ricca, che ha saputo costruire una vasta rete, che tuttavia non sempre sembra riuscire a sostenere tutte le persone in difficoltà.

A Reggio Emilia e Foggia le associazioni, che pure esistono e svolgono attività di tutto rispetto, sembrano avere una organizzazione più “provinciale”, più tarata sulla dimensione ridotta delle città.

Un punto degno di attenzione appare la presenza in strada di persone italiane e straniere. Se a Bologna e Padova (le città più grandi) troviamo sia italiani che stranieri, nei centri minori la presenza di italiani sembra minoritaria.

3. Come e quando siete venuti a conoscenza del progetto Avvocato di

strada? Bologna // //

Page 89: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

89

Padova “Ne siamo venuti a conoscenza nel 2003 leggendo un articolo su una rivista. A quel tempo l’Associazione Granello di Senape di Padova, che pubblica la rivista Ristretti Orizzonti aveva organizzato un gruppo che curava una rassegna stampa dei temi sociali che apparivano sui giornali. La notizia di Avvocato di strada ci aveva molto colpito e ci siamo subito dati da fare per avere maggiori informazioni. A quel tempo Avvocato di strada esisteva solo a Bologna e quasi sembrava impossibile pensare di fare lo stesso progetto in un’altra città.”

Reggio Emilia “Nel 2006 alcune persone della nostra Associazione ne avevano

sentito parlare su internet e su qualche giornale, e subito avevano riportato la notizia al direttivo.”

Foggia “Nel 2004 mi è capitato di leggere su internet un articolo che

raccontava quello che si stava facendo a Bologna. Io per interesse personale mi sono sempre interessato di volontariato. Sono avvocato e quando ho letto quella notizia mi è venuto naturale pensare di prendere contatti per cercare di portare quella realtà anche nella mia città.”

I futuri volontari degli sportelli di Padova, Reggio Emilia e Foggia hanno

scoperto l’esistenza di Avvocato di strada attraverso internet e la stampa. Una volta appresa la notizia in maniera simile hanno subito pensato di replicare l’esperienza nella propria città.

Da segnalare l’importanza della circolazione delle informazioni nel mondo del volontariato: se la notizia della nascita del progetto a Bologna non fosse trapelata attraverso i principali media forse nelle altre città non sarebbero nati i successivi sportelli.

4. Com’è nata l’idea di aprire uno sportello nella vostra città? Quali le

principali difficoltà/ostacoli incontrati. Bologna “Io sono uno dei soci fondatori dell’Associazione Amici di Piazza

Grande. Come avvocato spesso mi era capitato di aiutare le persone senza dimora

Page 90: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

90

che passavano da Piazza Grande e che avevano problemi legali. Spesso però i problemi erano complessi, e a volte di natura diversa da quella di cui mi occupo io normalmente. Io sono un avvocato giuslavorista e non mi sono mai occupato, ad esempio, di penale o di diritto di famiglia. Quando c’erano queste problematiche dovevo sempre chiedere un favore a questo o quell’altro collega. Visto che nel tempo avevo percepito sempre di più quanto i problemi legali potessero impedire alle persone di tornare ad una vita comune ho pensato di organizzare un progetto dedicato, capace di avere una struttura fissa che potesse rispondere meglio a tutte le esigenze.”

“All’inizio sembrava una sfida impossibile perché un progetto simile non era mai stato fatto. Noi non volevamo fare un centro d’ascolto dove ci si limitasse a ricevere le persone e ascoltarle. Volevamo fare un vero e proprio studio legale dedicato alle persone senza dimora e dunque avevamo bisogno di un posto consono dove far incontrare avvocati e senza tetto, che fosse attrezzato con pc, internet e fotocopiatrice, e che garantisse la privacy dei nostri utenti. Quando si apre una pratica c’è bisogno di copiare tutti i documenti, e di conservarli per tutto il tempo necessario a che l’iter legale compia il suo corso. Dunque c’era bisogno di una vera e propria segreteria che seguisse questa parte, che non poteva spettare agli avvocati, che nella vita di tutti i giorni lavorano presso i propri studi legali. Piazza Grande ci ha messo subito a disposizione una stanza riservata dove fare i ricevimenti due volte a settimana, e due signore pensionate che avevano lavorato tutta la vita come segretarie ci hanno organizzato la segreteria.

Queste sono state le difficoltà di tipo pratico, ma ce n’era un’altra che ci metteva molta inquietudine. Sapevamo infatti che l’ordine degli avvocati non vedeva di buon occhio questa iniziativa perché agli avvocati è vietato lavorare al di sotto del minimo sindacale. Avvocati che lavorano gratuitamente, e dunque molto al di sotto del minimo sindacale, possono portare via clienti ad altri avvocati che svolgono la professione, e dunque correvamo il rischio di essere accusati di accaparramento di clientela. La nostra tesi, tuttavia, era diversa: noi non volevamo portare via clienti a nessuno, volevamo solo aiutare persone che non potevano pagarsi un avvocato, e che mai sarebbero ricorso ad un legale sconosciuto e lontano da loro. Prima di inaugurare lo sportello abbiamo inviato una richiesta di parere al Consiglio

Page 91: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

91

dell’Ordine di Bologna che tuttavia non ci ha mai risposto formalmente. Per fortuna dopo aver presentato il progetto l’Avv. Remo Danovi32, famoso esperto di deontologia forense, (io stesso ho preparato sui suoi libri un esame universitario) senza che noi lo avessimo richiesto si è espresso in nostro favore con un suo articolo, e molti dubbi si sono dissipati. Subito dopo sono arrivati moltissimi avvocati che volevano fare volontariato e il progetto ha potuto svilupparsi enormemente.”

Padova “L’idea di aprire uno sportello nasceva da un bisogno reale.

L’Associazione di cui facevo e faccio parte si occupa di carcere e sapevamo quali erano i problemi di chi stava in strada. Da un’indagine di quel tempo svolta in alcuni dei maggiori penitenziari italiani risultava che il 30% degli intervistati di chi era o era stato in carcere era stato anche per strada in un periodo della sua vita. La ricerca testimoniava che strada e carcere sono vasi comunicanti e noi ritenevamo che tutelando i diritti di chi era in strada potevamo aiutare le persone a non tornare in carcere o a non finirci per la prima volta.”

Reggio Emilia “Nel 2006 Don Renzo Braglia, fondatore e presidente

dell’associazione di volontariato GLM (Gruppo Laico Missionario) di Reggio Emilia voleva realizzare un progetto di consulenza ed assistenza legale a persone che versano in gravi situazioni. Viene a conoscenza del progetto Avvocato di strada e prende contatto con la sede di Bologna, e l’avv. Mumolo in particolare. Si realizzano alcuni incontri, a Bologna e a Reggio e si decide di procedere. Si prende contatto con alcuni giovani avvocati, che allargano la rete delle conoscenze e delle persone disponibili. Nel dicembre 2006 il progetto viene presentato direttamente alla cittadinanza con un avvenimento pubblico, preceduto da una buona campagna di stampa.

La maggiore difficoltà è stata rappresentata da una certa diffidenza da parte dell’Ordine Forense, che vedeva in questa iniziativa il rischio di concorrenza sleale. C’è stata un’opera di convincimento abbastanza lunga, ma alla fine si è ottenuto il benestare dell’Ordine.”

32 R.Danovi. Come e dove fare l’Avvocato. L’Avvocato nel camper e l’Avvocato di strada. Bologna Forense, Gennaio 2001.

Page 92: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

92

Foggia “L’idea è nata con il desiderio innato di fare sempre qualcosa controcorrente per cercare di aiutare i più sfortunati. Ne ho parlato subito con i “Fratelli della Stazione”, associazione con cui già collaboravo, e ho avuto una risposta entusiastica. La principale difficoltà è legata al modo in cui è stata accolta la proposta a Foggia. Molti avvocati, specialmente tra quelli anziani, hanno storto il naso e non hanno accettato di buon grado quello che volevamo fare.”

Gli sportelli di Avvocato di strada che sono nati successivamente al primo

esperimento bolognese hanno avuto una gestazione simile. I futuri volontari si erano già imbattuti nelle problematiche legali delle persone senza dimora, e appena avuta notizia della nascita del progetto attraverso internet o la stampa hanno contattato la sede bolognese per avviare il progetto.

A Bologna è nato il primo sportello di Avvocato di strada, un progetto

innovativo, mai tentato prima, che ha guadagnato immediatamente l’attenzione dei media nazionali e degli osservatori di settore, tanto da meritarsi il riconoscimento Fivol quale miglior progetto italiano per le persone senza dimora. L’idea di creare uno sportello organizzato è nata spontaneamente in seguito all’osservazione delle difficoltà delle persone senza dimora che quotidianamente frequentavano l’Associazione Piazza Grande e ponevano i propri bisogni ai volontari. Oltre ai consueti problemi relativi alla mancanza di una casa, di un posto dove lavarsi, cambiarsi, alla necessità di cibo, cure, vestiti, molte persone dovevano affrontare problematiche legali di vario genere. Tali problematiche non sempre erano vissute come urgenti e importanti, ma di fatto contribuivano a impedire alle persone di intraprendere un percorso di uscita dalla condizione di esclusione. Le modalità di auto aiuto di Piazza Grande, che si basavano e si basano sulla stimolazione delle capacità residue dell’individuo, trovavano un ostacolo pressoché insormontabile nei problemi legali.

La nascita di un progetto sociale necessita sempre di molte risorse e implica il superamento di molte difficoltà. Occorre organizzare una struttura, reperire volontari che dedichino il proprio tempo al progetto, trovare una sede dove portare avanti le attività e incontrare gli utenti, trovare dei fondi per coprire le spese di gestione. Tutte

Page 93: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

93

queste necessità divengono maggiori nel caso di un progetto particolare come quello di Avvocato di strada, che comporta la creazione di un vero e proprio studio legale, che prevede l’avvicendamento di molti volontari e un’organizzazione rigida dei turni, e richiede che una pratica venga seguita per lungo tempo. Nel momento della nascita di Avvocato di strada a tutte queste difficoltà se n’è aggiunta una di etica professionale: gli avvocati in Italia non possono lavorare gratuitamente e gli è impedito fare volontariato. Per superare tale ostacolo i volontari hanno dovuto richiedere un permesso speciale al Consiglio dell’Ordine di Bologna. Gli avvocati secondo norme deontologiche non potrebbero lavorare gratuitamente, perché ciò significherebbe fare una “concorrenza sleale” e portare via potenziali clienti agli altri colleghi. Il Consiglio dell’Ordine una volta comprese le intenzioni degli avvocati di strada ha dato il proprio lasciapassare. Gli avvocati di strada non volevano portare via clienti a nessuno: volevano solamente tutelare gratuitamente solo le persone senza dimora, e dunque persone che mai si sarebbero rivolte ad altri legali e che spesso non avrebbero avuto diritto nemmeno al gratuito patrocinio. A pesare sull’atteggiamento del Consiglio dell’Ordine è stato anche il parere di un noto esperto di deontologia forense, Remo Danovi, che in un proprio articolo del 2001 apparso su Bologna Forense (in allegato) aveva espresso il proprio apprezzamento per la nascente iniziativa.

Come nel caso di Bologna, l’idea di attivare uno sportello legale a Padova, a Reggio Emilia e Foggia è legata all’attività quotidiana dei volontari delle associazioni, che lavorando in carcere, in stazione, o nelle comunità e seguendo il percorso di tante persone avevano potuto osservare quanta parte le difficoltà legali avevano nel difficile reinserimento in società.

5. Lo sportello è in rete con i servizi sociali? (Gli assistenti sociali si

rivolgono allo sportello? Inviano persone? Voi li inviate?) Bologna “Con i servizi sociali abbiamo un rapporto generalmente molto buono:

sono moltissimi gli invii che ci vengono fatti dai servizi, e sono moltissimi gli utenti che vengono allo sportello accompagnati dal/la proprio/a assistente sociale. Quando apriamo una pratica la prima cosa che facciamo è chiedere se la persona è in

Page 94: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

94

contatto con qualche servizio, un SERT, un Centro di Salute Mentale o altri, e se ha un’assistente sociale che la segue. Un rapporto di scambio con un professionista che conosce già una situazione è molto importante, perché sa cosa è già stato fatto, e può suggerirci se conviene tentare determinate strade. Se invece arriva da noi una persona che non è stata mai in contatto con i servizi sociali (è il caso di sempre più persone che si trovano in strada da un giorno all’altro dopo aver condotto una vita “normale”) siamo noi a consigliare di cercare i servizi. Il rapporto con i servizi sociali si è creato nel tempo, e dopo un primo periodo di scarsa conoscenza reciproca è cresciuto sempre di più e oggi per noi rappresenta un elemento fondamentale. Purtroppo bisogna dire che in alcuni casi abbiamo avuto dei rapporti conflittuali con i servizi perché si erano presentate da noi delle persone che denunciavano il mancato o inadeguato intervento da parte dei servizi. Non capita spesso per fortuna, ma se succede i nostri volontari si adoperano per far attivare un intervento adeguato.”

Padova “I nostri avvocati collaborano molto con i servizi sociali. La prima

cosa che facciamo quando una persona viene da noi è capire se è già in contatto con i servizi. Gli assistenti sociali inviano persone a noi e noi facciamo lo stesso con loro. Molto spesso se le persone non sono in grado di muoversi o di raggiungere lo sportello sono gli stessi assistenti sociali (quelli che fanno bene il loro lavoro!) che li accompagnano al nostro sportello.”

Reggio Emilia “In questi due anni di attività si è cercato di lavorare in rete. Esiste un buon rapporto con i servizi sanitari, le associazioni di volontariato, i sindacati. Non ci sono ostacoli da questo punto di vista. Utenti vengono inviati in particolare dalla bassa soglia, dalla Caritas e dalla scuola per stranieri “Passaparola”, ma anche dai Servizi. La rete potrebbe essere ampliata e maggiormente curata, ma adesso le nostre forze non sono adeguate a svolgere questo compito.”

Foggia “Da quanto è nato lo sportello ha cercato di mettersi in rete con tutti i servizi sociali e i centri che si occupano di dritto e di povertà della città e della provincia.”

Page 95: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

95

Gli utenti che arrivano allo sportello di Avvocato di strada a volte non sono in contatto con i servizi sociali. Questo avviene specialmente nel caso di persone straniere, frequentemente irregolari, che generalmente non possono avere contatti con gli uffici pubblici. Nel caso di italiani che vivono in strada da molti anni, invece, è quasi certo che sono seguiti (o lo sono stati per periodi più o meno lunghi) da qualche servizio sociale di riferimento. In questo caso per Avvocato di strada diviene molto importante riuscire a contattare il servizio, per avere informazioni aggiuntive, per conoscere la storia pregressa della persona, per sapere cosa è già stato fatto e cosa è meglio fare per risolvere un dato problema. In alcuni casi, inoltre, Avvocato di strada può agire per stimolare il mancato o inadeguato intervento da parte dei servizi sociali e favorirne l’attivazione.

7. Lo sportello è in rete con le altre associazioni? Quali? Bologna “Attraverso Piazza Grande lo sportello è in contatto con la grande

rete dell’associazionismo della città. In particolare collaboriamo con l’Opera Padre Marella che gestisce dei dormitori privati, con la Caritas che in città ha moltissimi servizi per italiani e stranieri, con l’Antoniano che gestisce un importante mensa, con SOKOS che mette a disposizione medici volontari che curano le persone che non vengono accettate dal Servizio Sanitario Nazionale, con Fiori di Strada che lavora a stretto contatto con le vittime di sfruttamento sessuale. Oltre queste realtà abbiamo stretti contatti anche con le cooperative sociali (Rupe, La Strada, Dolce, Nuova Sanità) che gestiscono centri diurni e dormitori e che possono offrire un lavoro alle persone in stato di necessità. Tutto questo ci permette di aiutare maggiormente le persone, perché significa che possiamo attivare tutte le risorse esistenti sul territorio. Spesso il nostro intervento è complesso e richiede un lungo periodo, e durante quel frangente diviene necessario sostenere comunque la persona trovandogli un posto dove stare, o facendolo curare, in attesa che la situazione si modifichi in modo definitivo.”

Padova “Siamo in rete con tutte associazioni che a Padova. Tra queste segnalo

in particolare le più grandi come la Caritas Diocesana e le Acli. Poi siamo in rete

Page 96: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

96

anche con molte altre associazioni piccole ma molto attive che si occupano di senza dimora e di grave disagio sociale. Fin dall’inizio abbiamo sempre cercato di lavorare in rete con tutti e, sull’esempio di Bologna, qualche anno fa abbiamo pubblicato anche un opuscolo intitolato La Strada, che conteneva tutte le informazioni utili per chi vive in strada.”

Reggio Emilia “Si come dicevo siamo in rete con tutte le realtà associative del

territorio, in particolare con la Caritas e con la scuola per stranieri “Passaparola”. Per noi la collaborazione con le altre associazioni è molto importante ed è un aspetto fondamentale del nostro lavoro.”

Foggia “Le associazioni principali che si occupano di disagio in città e con cui

collaboriamo sono l’ARCI e la Caritas.” Le realtà pubbliche e private del territorio delle varie città svolgono una

funzione molto importante, e riescono ad offrire alle persone in difficoltà molte possibilità. Gli sportelli legale di Avvocato di strada, che seguono una persona durante tutto l’iter di una pratica, cercano sempre il supporto delle altre realtà per favorirne il reinserimento. Le pratiche legali possono durare molto tempo, e prima di vederne gli effetti di un intervento legale (Es. la vincita di una causa, l’ottenimento di una pensione, l’assegnazione di una casa di edilizia pubblica, etc) è possibile che passino molti mesi. In questo caso una rete di associazioni che possano offrire un aiuto (Es. una casa di transizione, un aiuto medico, un aiuto economico, cibo, vestiti, etc) può rivelarsi fondamentale perché può consentire alle persone di poter affrontare con minori affanni la soluzione dei propri problemi legali.

8. Qual è il rapporto con le istituzioni pubbliche? Bologna “All’inizio della nostra esperienza abbiamo avuto un forte scontro con

il Comune di Bologna, che non voleva concedere la residenza ad un nostro utente che viveva presso il Centro Beltrame, il primo dormitorio cittadino. Abbiamo dovuto intentare una causa d’urgenza che abbiamo vinto, e il Comune è stato costretto a

Page 97: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

97

darci ragione. Da quel momento, in qualche modo scioccante, le cose sono cambiate e migliorate, anche se ogni tanto su temi quali la residenza o il rapporto con i servizi sociali dobbiamo farci “gentilmente” sentire….”

Padova “Qui a Padova abbiamo un discreto rapporto di collaborazione e

ognuno cerca di muoversi nel rispetto del proprio ruolo.” Reggio Emilia “Non particolarmente curato. Foggia “Abbiamo col loro un ottimo rapporto. Sanno che lavoriamo per ridurre

il disagio delle persone e ci è capitato spesso di collaborare per cercare insieme soluzioni.”

I rapporti tra gli sportelli di Avvocato di strada e le istituzioni pubbliche sono

ambivalenti e, se così si può dire, di odio/amore. La causa numero uno di Avvocato di strada è stata contro il Comune di Bologna che non voleva concedere la residenza anagrafica ad una persona senza casa che viveva in un dormitorio comunale. Dopo questo inizio traumatico nelle varie città i rapporti sono migliorati, e in alcuni casi sono decisamente buoni, ma ancora oggi gli sportelli non sembrano poter contare su un pieno appoggio delle istituzioni pubbliche.

Il caso di assistenti sociali che accompagnano i propri utenti agli sportelli, o che chiamano le segreterie dell’Associazione per avere un supporto legale, sta diventando sempre più frequente. Questo fenomeno, cresciuto nel corso degli ultimi anni e con la maggiore fama di Avvocato di strada, merita attenzione, e sembra suggerire nuove strade, la ricerca di una maggiore collaborazione e la ricerca di prassi di collaborazione più efficaci.

9. Quali sono le maggiori difficoltà delle persone che vivono in strada nella

vostra città? (casa, lavoro, salute, etc). Bologna “I problemi che hanno i senza tetto di Bologna sono uguali a quelli

che hanno i senza tetto nelle altre città. Per chi è in strada ogni piccolo impedimento

Page 98: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

98

può rappresentare una montagna da scavalcare. Sono persone sole che non dispongono di aiuto e che anche facendo appello alle proprie risorse incontrano molti limiti: è difficile lavorare in quella situazione, se si ammalano non hanno un posto dove curarsi e riposare. Sono esposti al freddo e al caldo delle stagioni e i loro diritti spesso vengono calpestati. Per fortuna la grande rete dell’associazionismo bolognese riesce ad intervenire spesso, e ad evitare le situazioni più spiacevoli.”

Padova “A nostro avviso le difficoltà maggiori sono legate alla soddisfazione

dei bisogni primari come dormire, mangiare, lavarsi, curarsi. Poi naturalmente è molto importante la socializzazione, poter avere un luogo dove ritrovarsi, dove trovare qualcuno che ti ascolta e che ti fa sentire un essere umano.”

Reggio Emilia “La difficoltà maggiore con le quali abbiamo a che fare sono

quelle della casa (mancanza di dormitori) e della perdita della residenza, la situazione di clandestinità.”

Foggia “Ovviamente i problemi maggiori sono legati alla mancanza di una

casa, e quindi di un posto dove riposare, mangiare, lavarsi, e condurre una vita decente. Chi vive in strada poi ha tutta una serie di problemi che discendono dalla propria condizione: difficilmente trova lavoro, spesso, anche se si ammala più spesso di altri, non ha accesso alla sanità, e viene privato di vari diritti fondamentali.”

Chi vive in strada si trova a dover affrontare molte difficoltà che possono peggiorarne la situazione. Gli avvocati degli sportelli, che seguono a lungo le pratiche degli utenti, hanno un punto di vista privilegiato sulla persona e possono osservare con puntualità le difficoltà maggiori da loro incontrate e queste possono essere di tipo materiale, ma anche e soprattutto di tipo sociale, legate ad una fortissima condizione di marginalità.

10. Quali sono le problematiche più difficili che vengono affrontate dai

vostri avvocati?

Page 99: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

99

Bologna “Se si esclude la residenza, oggi in qualche modo una battaglia vinta, le pratiche più difficili sono quelle delle persone che devono recuperare crediti di lavoro, che hanno avuto un foglio di via, che hanno avuto diverse multe o che hanno subito il diniego di un permesso di soggiorno per via di una domanda fatta male. In tutti questi casi, come in altri, l’importante per noi è poter studiare la situazione, e avere il tempo di poter lavorare senza che la situazione precipiti per l’insorgere di altri problemi.”

Padova “Qui a Padova negli ultimi anni sono aumentate moltissimo le domande

di chi richiede asilo politico. E’ un lavoro mastodontico e che non sempre porta a risultati favorevoli. A volte le persone arrivano qui dopo che gli è già stato negato l’asilo per una domanda fatta male, e non sempre si riesce a recuperare. Per questo sarebbe molto importante che le persone non cadessero nelle mani di Avvocati e altri approfittatori che cercano un guadagno facile, fanno una domanda generica tanto per farla e incassare i soldi dei propri clienti che poi vengono lasciati allo sbando.”

Reggio Emilia “Problematiche relative all’alloggio; per i clandestini: decreti di

espulsione, fogli di via, cause relative al lavoro nero non pagato.” Foggia “La stragrande maggioranza delle persone che seguiamo, come dicevo

prima, sono stranieri irregolari. I loro problemi maggiori sono legati al permesso di soggiorno e all’ottenimento dello status di rifugiato.”

Gli sportelli di Avvocato di strada affrontano ogni settimana diversi tipi di

problematiche che differiscono soprattutto in base alla presenza o meno di stranieri. Allo sportello bolognese arrivano persone italiane e straniere quasi in ugual misura, e non ci sono particolari aspetti più ricorrenti di altri. Circa il sessanta per cento degli utenti che arrivano allo sportello padovano per chiedere un aiuto è rappresentato da stranieri le cui problematiche sono legate ad una mancata regolarizzazione per il diniego di un permesso di soggiorno o del diritto d’asilo. L’attuale legge Bossi Fini che lega la possibilità di regolarizzazione unicamente all’ottenimento di un lavoro

Page 100: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

100

contribuisce in maniera decisa a spingere verso i margini della società un numero sempre più altro di stranieri. A Reggio Emilia e Foggia, invece, la stragrande maggioranza degli utenti è straniera, e dunque le problematiche principali sono legate alla mancanza del permesso di soggiorno o alla richiesta di asilo politico.

11. Quali sono state le vittorie più importanti e significative dello sportello?

Bologna “Sicuramente la vittoria della prima causa per la residenza è stata

molto importante per noi, anche perché possiamo dire che “ha fatto giurisprudenza”, anche fuori Bologna. Tra le altre metterei i ricorsi vinti contro i fogli di via, i crediti di lavoro recuperati, le pensioni ottenute che hanno aperto ai nostri utenti la possibilità di avere un alloggio di edilizia residenziale pubblica.”

Padova “Uno dei casi che ricordo con maggior soddisfazione è il caso di una

ragazza serba portata in Italia con l’inganno dietro promessa di un lavoro. Subito dopo era stata messa in strada e costretta a prostituirsi. Una volta arrestata senza documenti era stata portata Centro di Permanenza Temporanea di Modena. Nonostante le ovvie difficoltà siamo riusciti a farla tornare a Padova, a sistemare la sua situazione ed aiutarla a tornare a casa. Poi ricordo altri casi di permessi di soggiorno che erano stati negati senza una corretta valutazione e che siamo riusciti a far ottenere ai nostri assistiti. Altri casi importanti sono stati quelli di persone che erano costrette in strada con gravi malattie e che siamo riusciti ad aiutare facendogli ottenere una pensione e poi una casa.”

Reggio Emilia “L’ottenimento delle prime residenze anagrafiche per i senza

dimora.” Foggia “Per tante persone abbiamo fatto il recupero di crediti di lavoro che

non erano stati pagati, abbiamo riscosso somme da infortunio che erano attese da molti anni, abbiamo aiutato e favorito molti ricongiungimenti familiari. Un altro aspetto, meno legato al diritto, ma che abbiamo seguito molto è l’orientamento e l’accompagnamento al lavoro di tante badanti.”

Page 101: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

101

12. Nella vostra città esiste il problema della concessione della residenza anagrafica?

“Come dicevo, la nostra vittoria contro il Comune per molto tempo ci ha

consentito di far ottenere facilmente a tanti senza dimora la residenza anagrafica. Oggi però sappiamo che il Comune tende a concedere difficilmente la residenza a chi non era già residente in città. Questo ovviamente non va bene e l’anno scorso, dopo un caso particolarmente spinoso, abbiamo chiesto la convocazione di un’udienza conoscitiva al Comune sul tema in cui abbiamo potuto far presente tutte le implicazioni di una mancata concessione della residenza. Nonostante tutto anche in quest’ultimo periodo abbiamo avuto il caso di una persona che non riesce ad ottenere la residenza anagrafica e stiamo valutando se intentare una nuova causa d’urgenza al Comune.”

Padova “Il problema della residenza esiste ovunque. Qui a Padova la

affrontiamo caso per caso, e la facciamo ottenere di volta in volta nei dormitori pubblici, presso la via fittizia, o presso strutture gestite da associazioni. Le difficoltà comunque ci sono sempre, nonostante gli anni passati e le tante battaglie vinte.”

Reggio Emilia “Oggi il meccanismo è abbastanza oleato. Uno degli Avvocati

segue in modo specifico questa problematica, avendo messo in piedi una serie di contatti tecnici e istituzionali.”

Foggia “Sì, il problema della residenza c’è sempre stato. Su nostra

sollecitazione il Comune ha fatto passi in avanti con l’istituzione, nel 2006 della via fittizia VIA della CITTA’ DI FOGGIA, ma le cose non sono ancora del tutto a posto e a molte persone la residenza viene ancora negata.”

La prima causa di Avvocato di strada è stata intentata contro il Comune affinché

concedesse la residenza ad una persona senza dimora. Nonostante la vittoria della causa, e le altre battaglie vinte in città il problema della residenza non sembra ancora completamente risolto. Gli avvocati di Padova molto spesso si devono adoperare per

Page 102: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

102

far avere ai propri utenti una residenza anagrafica. Anche qui, nonostante le molte resistenze vinte dai legali volontari, chi vive in strada deve affrontare una battaglia per avere una residenza. Se a Reggio Emilia la situazione sembra migliore, a Foggia, dove gli avvocati sono riusciti a far istituire una via fittizia, l’ottenimento della residenza anagrafica non è un fatto così scontato per nessun senza tetto.

13. Può descrivere un caso emblematico che si è presentato allo sportello?

Bologna “Voglio raccontare un caso che ho seguito io: due persone straniere

che si erano presentate allo sportello avevano lavorato in nero in un cantiere ma non erano stati pagate. Molti non sanno che chi lavora in nero ha gli stessi diritti di chi ha un contratto. L’importante è avere qualcuno che può testimoniare l’effettivo svolgimento di un dato lavoro. Il problema in questo caso era che uno dei due era regolare, l’altro no. Al momento della causa lo straniero clandestino (rappresentato da un sindacalista grazie ad una procura) ha potuto godere della testimonianza del suo amico regolare. L’altro, invece, non aveva nessuno che testimoniasse a suo carico: lo straniero irregolare, infatti, non poteva presentarsi davanti al giudice e la sua testimonianza non era valida. Paradossale ma vero: siamo riusciti a far avere quanto dovuto al clandestino, ma non allo straniero regolare.”

Padova “Per noi i casi sono tutti importanti, ed emblematici. In quattro anni

abbiamo aperto più di mille pratiche e ogni incontro tra utenti ed avvocati meriterebbe di essere raccontato.”

Reggio Emilia G. L. 21 anni, nato a Lecce 1° colloquio Viene con operatore di strada Dall’età di 15 anni a Reggio. Ha problemi di droga e di salute. Non può essere curato perché senza dimora e

vive per strada.

Page 103: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

103

Richiesta di certificato di residenza e disconoscimento di paternità per un figlio che dichiara avere avuto da una ragazza brasiliana (c’è un accertamento da parte degli assistenti sociali su questo figlio, forse avuto con una certa P. B.)

Secondo colloquio Si parla con la responsabile del Servizio a bassa soglia, P.B., in quanto G. si

appoggia alla Villetta Svizzera, nome con cui si definisce a Reggio il Servizio a Bassa Soglia.

Ci dice che G.L. ha problemi psichiatrici. Non ha residenza , è un senza dimora, non può usufruire dei servizi sociali.

In via Porta Brennone viveva la ragazza brasiliana da cui forse ha avuto il figlio.

G. è stato ospite (settembre 2007) presso una comunità per tossicodipendenti per un breve periodo. Poi ha abbandonato la struttura (è scappato) perché diceva di volere cominciare la scuola.

Novembre 2007 E’ stata presentata richiesta di residenza all’anagrafe di Reggio Emilia.

Presenti due operatori dello sportello e due operatori testimoni (F. della Unità di Prevenzione + J.M. della Villetta Svizzera).

Gianluca torna spesso allo Sportello, per bisogno di compagnia. Dice che studia in biblioteca, perché è l’unico posto dove si sente uguale agli altri ragazzi.

Dicembre 2007 – G. ottiene la residenza presso la sede del Comune di Reggio -

Piazza Prampolini, n.1 (RE) Foggia “Racconto una storia che ho seguito personalmente lo scorso anno. Si

era presentato allo sportello un bracciante rumeno che era stato investito da un trattore mentre lavorava in nero: il padrone lo aveva allontanato senza l’ultimo stipendio dovuto, e aveva rifiutato di fare la denuncia di sinistro stradale. Grazie al nostro intervento il nostro assistito ha ottenuto lo stipendio, e ha avuto un risarcimento danni per 10mila euro.”

Page 104: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

104

Tra i casi più significativi i referenti di Foggia e Bologna hanno indicato quelli di persone straniere, mentre a Reggio Emilia hanno citato il caso di un ragazzo italiano.

Negli ultimi anni il numero delle persone straniere che a Bologna chiedono l’intervento di Avvocato di strada è andato lentamente aumentando. Questo si spiega con l’accresciuta “notorietà” del progetto e con i numeri relativi alle persone straniere residenti in città in aumento. Una delle problematiche principali delle persone straniere è legata al mancato pagamento di lavori prestati senza un regolare contratto.

14. Obiettivi per il futuro? Bologna “Gli obiettivi per il futuro sono strettamente legati a quelli

dell’Associazione nazionale, che ha la sede centrale proprio a Bologna e con cui collaboriamo in diretto contatto. Vogliamo sviluppare nuovi progetti dedicati alle categorie più deboli tra i senza dimora: i minori, le donne e gli anziani. Vogliamo produrre pubblicazioni, e collaborare alla messa in rete della nostra esperienza.”

Padova “Vorremmo riuscire a portare avanti i nostri progetti con successo, e

farne nascere di nuovi, ma per fare questo abbiamo bisogno di fondi che sempre più arrivano con difficoltà. Ci piacerebbe riuscire a collaborare sempre di più a livello nazionale con tutti gli altri nostri sportelli e con tutte le altre realtà che si occupano dei diritti di chi sta in strada. Vorremmo portare a livello nazionale e poter condividere tutte le buone prassi che siamo riusciti a trovare e poter trovare soluzioni che sono state adottate altrove.”

Reggio Emilia “Allargare il n° dei collaboratori (avvocati in particolare), ma

anche di volontari che seguano gli aspetti relativi alla “rete” di rapporti con le Istituzioni, i sindacati, le associazioni, la Caritas. Su questo sentiamo un po’ la ns. inadeguatezza.”

Page 105: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

105

Foggia “Nel futuro ci piacerebbe portare il nostro servizio in altri grandi comuni della Provincia dove sappiamo che ci sono molte persone in difficoltà, e magari riuscire ad organizzare uno sportello ambulante. Gli altri obiettivi, naturalmente, sono legati alla collaborazione con tutte le future iniziative dell’Associazione nazionale Avvocato di strada.”

Gli obiettivi dei vari sportelli di Avvocato di strada sembrano essere simili e

prevedono in primo luogo il mantenimento e lo sviluppo delle attività esistenti, ma anche una stretta collaborazione con le attività future di Avvocato di strada.

In questo paragrafo finale vengono confrontati i dati delle attività relative al

2007 dei quattro sportelli di Avvocato di strada presi in esame. Il confronto tra l’attività di progetti sociali simili, ma con sede in luoghi diversi, non è sempre agevole, e rappresenta una difficoltà per tutte le realtà che come Avvocato di strada si trovano ad operare in ambito nazionale. Una efficace analisi delle attività, tuttavia, può risultare utile all’organizzazione, che in questa maniera può valutare se c’è bisogno di un intervento da parte centrale, se ci sono problemi insorgenti di particolare entità, se le risorse (in termini economici e di personale) sono allocate nella giusta maniera. Non ultimo, la possibilità di quantificare la propria attività e il numero dei propri utenti può rivelarsi molto utile all’Associazione, che in questa maniera può rappresentare all’esterno quello che fa e valorizzare meglio l’entità del proprio intervento. Tutte cose molto importanti nel momento in cui ci si vuole relazionare con le istituzioni pubbliche, per richiedere finanziamenti, proporre interventi e cercare di interagire con esse nella costruzione delle politiche sociali.

Dopo i primi anni “pionieristici”, la sede centrale di Avvocato di strada ha fornito a tutte le sedi decentrate la stessa documentazione utile per la compilazione dei dati e grazie a questo nel 2007 è stato possibile quantificare l’attività globale dell’Associazione.

Ogni volta che un utente arriva ad uno sportello viene aperta una pratica, all’interno della quale vengono inseriti i riferimenti della persona (domicilio, servizio presso cui è in carico, telefono, etc) e tutti i documenti utili. Una volta valutata la problematica, gli avvocati che aprono la pratica devono indicare se si tratta di un caso

Page 106: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

106

civile, amministrativo o penale. In base a questa suddivisione, gli avvocati possono scegliere all’interno di una griglia di possibilità la definizione che meglio identifica il tipo di problematica.

Successivamente la segreteria dello sportello provvede a riportare all’interno del database generale i dati identificativi della nuova pratica. In questa maniera di ogni sportello si conosce il numero globale delle pratiche aperte, quanti sono stati gli uomini e le donne, gli italiani, i comunitari e gli extracomunitari, quante sono state le pratiche di tipo civile, penale e amministrativo, e quali sono state le fattispecie più frequenti.

Per questo lavoro, dopo aver raccolto i dati dei quattro sportelli presi in analisi, Bologna, Padova, Reggio Emilia e Foggia, sono state costruite tre diverse tabelle (civile, penale e amministrativo) che mettono a confronto i dati di ciascuno sportello sia in valore assoluto che in valore percentuale. Le tabelle vengono riportate nelle seguenti pagine.

Page 107: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

107

Figura n° 5 Pratiche di diritto civile

Fonte: nostra elaborazione su dati dell’Associazione Avvocato di strada

Page 108: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

108

Figura n°6 Pratiche di diritto penale

Fonte: nostra elaborazione su dati dell’Associazione Avvocato di strada

Page 109: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

109

Figura n°7 Pratiche di diritto amministrativo

Fonte: nostra elaborazione su dati dell’Associazione Avvocato di strada

Page 110: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

110

Numero globale pratiche Nel corso del 2007 a Bologna sono state aperte 147 pratiche, a Padova

186, a Reggio Emilia 42 e a Foggia 149. In totale sono state aperte presso i quattro sportelli 524 pratiche. Di queste 198 (38%) riguardano questioni civili, 31 (6%) questioni penali, 295 (56%) questioni amministrative.

A Bologna Foggia e Padova il numero delle persone che nel 2007 sono ricorse agli avvocati di strada è simile e molto cospicuo. A Reggio Emilia, invece, il numero degli utenti scende considerevolmente. Tale anomalia può derivare sicuramente dal minore numero di persone senza dimora che vivono in quella città, ma, probabilmente, anche alla minore anzianità dello sportello, che al contrario degli altri opera solamente dalla fine del 2006.

Sesso A Bologna gli uomini sono il 72% del totale, a Padova il 53%, a Reggio

Emilia il 71% e a Foggia il 69%. Per quanto riguarda il sesso è possibile riscontrare similitudini tra

Bologna, Reggio Emilia e Foggia, dove il numero degli uomini si attesta decisamente intorno al 70%, mentre a Padova gli uomini e le donne si sono rivolti in quasi ugual misura allo sportello. Questo dato può far pensare che a Padova sono presenti in strada più donne che altrove, e/o che a Bologna, Reggio Emilia e Foggia esistono altri progetti capaci di rispondere alle esigenze delle donne che si trovano in situazione di disagio. Quest’ultimo è sicuramente il caso del capoluogo emiliano, dove sono presenti numerose strutture pubbliche e private dedicate alle donne sole o con minori. Nel 2006 l’Iress “Istituto regionale emiliano-romagnolo per i servizi sociali e sanitari”, nell’ambito del progetto SIID “Servizio Itinerante Inserimento Donne”33 con capofila l’Associazione Amici di Piazza Grande Onlus, ha realizzato una

33 Progetto FSE Regione Emilia Romagna. Ob.03 3B1 Rif. PA n.2006 0119/Rer., Realizzato dall' Associazione Amici di Piazza Grande Onlus di Bologna, "Interventi a sostegno dell'integrazione sociale e lavorativa di donne in situazione di estrema povertà'", ottobre 2006 - dicembre 2007

Page 111: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

111

mappatura delle organizzazioni, pubbliche e del privato sociale che si occupano di donne in condizione di estrema povertà in alcune province dell’Emilia Romagna. Dalla ricerca è emerso che solo a Bologna esistono ventuno organizzazioni di volontariato che realizzano azioni genericamente a contrasto della povertà e del disagio, quattordici organizzazioni che realizzano azioni specificatamente a contrasto della povertà e del disagio femminile, quindici organizzazioni che realizzano azioni relative a problematiche e tematiche di genere femminile, otto progetti pubblici gestiti da enti comunali e finalizzati all’aiuto delle donne. In una simile “abbondanza” di servizi, è comprensibile che a Bologna le donne che si sono rivolte ad Avvocato di strada siano solo il 28% del totale e sarebbe interessante studiare quali e quanti sono i servizi simili presenti nelle altre città prese in esame.

Provenienza A Bologna il 56% degli utenti è rappresentato da italiani, il 13% da comunitari,

il 35% da extracomunitari. A Padova gli italiani sono il 28%, i comunitari il 13%, gli extracomunitari il

59%. A Reggio Emilia i cittadini italiani sono il 26%, i comunitari il 5%, gli

extracomunitari il 69%. A Foggia gli italiani sono il 26%, i comunitari lo 0%, gli extracomunitari il 74%. Per quanto riguarda la provenienza è da sottolineare che a Padova, Reggio

Emilia e Foggia il numero degli italiani che si rivolge agli sportelli è molto simile, e si attesta appena sotto al 30%, mentre a Bologna gli italiani sono praticamente il doppio, intorno al 60% del totale. Le ragioni di questo dato possono derivare dal fatto che a Bologna esistono molte realtà che si occupano di stranieri (Centro Stranieri CGIL, Forum Metropolitano, Coordinamento Migranti, etc) e riescono ad offrire un aiuto per le problematiche relative all’asilo politico o al permesso di soggiorno. Dunque è ipotizzabile che siano meno quelli che, senza alcuna tutela, devono ricorrere ad Avvocato di strada.

Page 112: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

112

Il dato che proviene dallo sportello di Padova è confermato da una ricerca realizzata dalla Regione Veneto nell'ottobre 2005 “Presenze nascoste. Viaggio nelle povertà estreme in Veneto”, che, a partire dalla mappatura delle strutture destinate alle persone senza dimora presenti nelle sette città capoluogo, intendeva “censire” i senzatetto al fine di predisporre politiche adeguate alle reali necessità della popolazione di riferimento.

Per far ciò il Tavolo Tecnico Regionale aveva scelto di rilevare, per mezzo di apposite schede, i luoghi formali e informali frequentati dalle persone senza dimora e di raccogliere, tramite interviste strutturate, il punto di vista sia degli utenti dei servizi, che degli operatori, che dei funzionari delle Questure e della Polizia Municipale.

Per individuare le persone senza dimora erano state stabilite tre caratteristiche ritenute primarie e imprescindibili:

- il vivere fuori casa, inteso come la mancanza di un alloggio e di conseguenza il dover passare la notte nei luoghi che offrono asilo notturno per le persone che vivono in una situazione di grave povertà;

- il dormire fuori, inteso come la necessità di passare la notte per strada o nei luoghi che offrono asilo notturno per le persone che vivono in una situazione di grave povertà;

- l’essere privo di legami comunitari. Dall’analisi dei dati ottenuti dalla ricerca si possono ricavare alcune

informazioni comuni: i senza dimora risultano prevalentemente maschi, e si collocano soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni.

Rispetto alla provenienza, secondo il punto di vista delle persone senza dimora il 42,2 % del totale è costituito da soggetti italiani, mentre il 57,8% proviene da altri Paesi. Tale dato è confermato dagli operatori, che forniscono anche una suddivisione per nazionalità: il 21,5% dei senza dimora proviene dall’Europa dell’Est; il 4,7% da un altro Paese Europeo; il 27,2% dall’Africa, l’1,5% dall’Asia e l’1,5% dalle Americhe.

Page 113: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

113

Pratiche A Bologna le pratiche civili sono il 52% del totale, le pratiche penali sono il

13%, le pratiche amministrative sono il 35%. A Padova le pratiche civili sono il 37%, le pratiche penali sono il 4%, le pratiche

amministrative sono il 59%. A Reggio Emilia le pratiche civili sono il 43%, le pratiche penali sono il 9%, le

pratiche amministrative sono il 48%. A Foggia le pratiche civili sono il 23%, le pratiche penali sono lo 0% , le

pratiche amministrative sono il 77%. Riguardo il tipo di pratiche aperte, sembra utile notare che a Bologna, Padova e

Reggio Emilia il numero delle pratiche civili oscilla tra il 37% e il 52%, mentre a Foggia sono solamente il 22%, dunque quasi la metà. In tutte le quattro città prese in esame, invece, le pratiche penali sono le meno frequenti: si va dal minimo dello 0% di Foggia al massimo di Bologna, dove sono il 13%. Questo dato afferma che in strada, contrariamente a quanto si possa pensare, raramente si trovano criminali o ex criminali con pesanti debiti con la giustizia. E’ molto più frequente trovare persone “normali”, finite in strada per motivi comuni e che hanno problemi legali principalmente di tipo civile o amministrativo.

Un numero importante, inoltre, sembra quello che si riferisce alle pratiche amministrative aperte a Foggia, e che rappresenta il 77% del totale: un dato costituito interamente dalle tantissime pratiche per l’ottenimento del permesso di soggiorno e contro fogli di via e decreti di espulsione.

Dati a confronto - Diritto civile Come anticipato sopra, i quattro sportelli nel corso del 2007 hanno aperto 198

pratiche civili, che rappresentano il 38% del totale. Nell’ambito del diritto civile gli avvocati dei quattro sportelli si trovano ad avere a che fare con una vasta gamma di

Page 114: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

114

problematiche e il numero delle pratiche civili viene diviso in quindici fattispecie legali. Una particolare importanza sembra avere il diritto alla residenza: nelle quattro città nel 2007 sono state aperte 24 pratiche, ovvero il 12% del totale delle pratiche civili.

Nei quattro sportelli nel 2007 sono state aperte 30 (15%) pratiche che riguardano il diritto al lavoro per ingiusti licenziamenti, crediti dovuti per lavori in nero e non corrisposti e infortuni sul lavoro.

A Bologna sono state aperte 14 pratiche che riguardano sfratti e problematiche relative alle locazioni, mentre nelle altre città questo problema è stato meno frequente: un dato che sembra sottolineare che a Bologna quella abitativa è un’emergenza per molti, e non solo per le persone che vivono in strada da molto.

Un ultimo dato da segnalare è quello che riguarda le separazioni e/o i divorzi, che nel 2007 sono state 29, ovvero il 15% del totale. Questo dato non deve sorprendere: molto spesso si finisce in strada proprio dopo la rottura di un matrimonio, e capita che persone che risultano ancora sposate non si vedano da molti anni e non sappiano nulla dell’altro. In casi come questi gli avvocati di strada aiutano le persone a separarsi, ratificando una situazione esistente da lungo tempo. In questa maniera per chi vive in strada diviene più facile fare una domanda per una casa popolare e per avere sussidi di altro genere.

- Diritto penale Come anticipato nel paragrafo precedente, le pratiche di diritto penale sono

quelle aperte con meno frequenza da Avvocato di strada. Nelle quattro città nel corso del 2007 sono state aperte 31 pratiche di diritto penale, equivalenti al 6% del totale.

A Reggio Emilia il dato più significativo riguarda le pratiche relative a richieste di pene alternative alla detenzione, che sono 2, ovvero il 50% del totale.

A Bologna sembra utile notare che i procedimenti che vedono le persone senza dimora vittime di aggressioni, minacce e violenze sono 6, ovvero il 32% del totale. Lo stesso numero riguarda i procedimenti penali per reati legati a stupefacenti.

Page 115: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

115

Mentre a Foggia in tutto il 2007 non è stata aperta una sola pratica di diritto penale, a Padova il 38% riguarda procedimenti che vedono le persone senza dimora colpevoli di diffamazione, offesa o resistenza a pubblico ufficiale.

Anche in questo caso è possibile che i numeri che arrivano dagli sportelli possano stupire. Il dato che riguarda le pratiche di diritto penale, e che le mette all’ultimo posto tra le problematiche seguite dagli avvocati di strada, non deve sorprendere. Molto spesso si pensa a chi vive in strada come ad un malvivente, o come a chi deve avere alle spalle chissà quale carriera criminale. Nella stragrande maggioranza dei casi non è così: in strada ci sono persone comuni, che molto spesso non hanno avuto problemi con la legge nella loro vita “regolare”. Lo testimonia il fatto che i loro problemi legali non sono quasi mai di tipo penale, e che molto spesso sono essi stessi vittime di reati, di truffe o di aggressioni.

- Diritto amministrativo Le pratiche di diritto amministrativo sono quelle aperte più frequentemente dagli

avvocati di strada. Nel corso del 2007 sono state aperte presso i quattro sportelli presi in esame ben 295 pratiche amministrative, equivalenti al 56% del totale.

Per quanto riguarda il diritto amministrativo il dato più significativo è quello delle problematiche relative ai permessi di soggiorno. In queste sole quattro città sono 229 gli stranieri (per lo più clandestini) che per ottenere il permesso di soggiorno o il rinnovo dello stesso si sono rivolti ad Avvocato di strada.

A Padova questi casi sono stati 102, ovvero il 94% delle pratiche amministrative, e addirittura la metà del numero globale delle pratiche aperte durante tutto l’anno dallo sportello.

Segue Reggio Emilia, dove le pratiche per i permessi di soggiorno sono 16, ovvero l’80% delle pratiche amministrative aperte durante il 2007, e pari al 40% del totale.

A Foggia le pratiche per i permessi di soggiorno sono state 81, ovvero il 70% delle pratiche amministrative e circa la metà del numero globale delle pratiche.

Page 116: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

116

In coda in questa speciale classifica troviamo Bologna, dove le pratiche che hanno riguardato i permessi di soggiorno sono state 30, ovvero il 58% del totale. In questo caso vale lo stesso discorso di cui sopra, quando si notava che gli stranieri a Bologna facevano meno ricorso ad Avvocato di strada rispetto alle altre città. In città dove sono presenti molte associazioni e molti centri di diritto che operano a favore dei migranti è facile che le domande di aiuto si disperdano.

Riguardo le pratiche amministrative c’è un'altra fattispecie interessante, quella che riguarda i ricorsi contro i fogli di via e i decreti di espulsione. In totale nelle quattro città sono stati 45, ovvero il 15% del totale.

A Foggia sono state aperte a tale fine 34 pratiche (30% del totale), a Bologna 6 (12%), a Reggio Emilia 4 (20% del totale). A Padova, invece, è stata aperta una sola pratica di questa fattispecie, pari all’1% del totale. I fogli di via e i decreti di espulsione sono misure che vengono assegnate in maniera discrezionale dalla polizia: da queste cifre sembra di poter notare che tali misure vengono applicate con grande frequenza a Foggia, a Bologna e a Reggio Emilia.

In particolare, andando a valutare il numero dei ricorsi intentati da Avvocato di strada, è possibile affermare che l’uso del foglio di via comminato alle persone senza dimora è sovente scorretto. Il foglio di via è una vecchia misura, che dovrebbe servire ad allontanare dalla città un soggetto pericoloso. Chi lo riceve deve allontanarsi dalla città dove si trovava e non vi può più fare ritorno per almeno tre anni. Come si faceva notare sopra, le persone che vivono in strada soventemente non sono persone pericolose, e dunque molto spesso il foglio di via che gli viene comminato serve solo ad allontanare persone che non rappresentano un pericolo, ma sono semplicemente sgradite. La cosa grave, in questi casi, è che una persona deve allontanarsi da una città dove, anche se viveva in strada, probabilmente aveva dei punti di riferimento come un servizio sociale, una mensa, i volontari delle associazioni, per ricominciare tutto da capo magari trenta chilometri più in là. Chi non rispetta il foglio di via e viene trovato in città, inoltre, rischia delle misure penali per non aver ottemperato alla sanzione amministrativa. Il più delle volte, dunque, per una persona che vive in strada e che ha ricevuto il foglio di via è consigliabile allontanarsi per non appesantire la propria situazione, ed è praticamente impossibile per tutti tentare un ricorso che, a patto di trovare un avvocato volontario, costa solamente di tasse più di cinquecento euro. Gli

Page 117: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

117

avvocati di strada, che possono attingere al fondo dell’associazione per simili spese, tentano spesso il ricorso, specialmente in quei casi in cui il foglio di via è stato dato ad una persona non pericolosa, in circostanze chiare, e solamente perché risultava sgradita a chi in quel momento emetteva la sanzione. Come in altri esempi, tuttavia, sarebbe opportuno che le forze di Polizia usassero in maniera più oculata tali misure, anche perché non si può demandare ad associazioni private come Avvocato di strada la soluzione di tutti i casi opinabili.

Page 118: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

118

Conclusioni

Negli ultimi anni la società italiana ha subito profondi mutamenti sociali e culturali. La concomitanza di vari fattori tra cui la precarizzazione del lavoro e la frantumazione delle tradizionali organizzazioni sociali (famiglia, gruppi amicali, gruppi associativi di vario tipo) hanno portato all’indebolimento di una fascia sempre più ampia di persone che vivono “al limite” e che finiscono, o rischiano di finire, in strada, senza grandi possibilità di risalita. Chi vive in strada, infatti, è costretto ad affrontare una lunga serie di problemi. Tra questi un posto speciale viene ricoperto dai problemi legali che si accumulano rapidamente: multe non pagate, fogli di via, problemi di diritto familiare, permessi di soggiorno non ottenuti, separazioni e divorzi, eredità contese, crediti non ottenuti. Queste fattispecie legali rischiano di appesantire molto la già non invidiabile situazione di chi vive in forte disagio, e di rendere impossibile, o quantomeno molto difficile, il ritorno ad una vita comune. Proprio queste persone, che più di altri potrebbero avere bisogno di un’assistenza legale qualificata, non hanno la disponibilità finanziaria per pagare un avvocato e non sono nelle condizioni di poter facilmente accedere al gratuito patrocinio.

In questo contesto negli ultimi anni, a partire dal 2001, è nata a Bologna e si è sviluppata in tutta Italia l’Associazione Avvocato di strada. Nata successivamente alla costatazione e all’osservazione di un problema che coinvolgeva molti, in poco tempo ha saputo crescere molto, e rappresenta a nostro modo di vedere un esempio originale efficace e concreto di come il privato sociale può affiancare e coadiuvare gli enti pubblici nella lotta all’esclusione sociale. Per questo motivo è sembrato utile provare ad analizzare in dettaglio l’attività dell’Associazione al fine di evidenziarne i punti di forza e le eventuali lacune, per osservare come i suoi operatori interagiscono con gli enti pubblici, e come questa esperienza può fare da guida e da esempio ad altre realtà del privato sociale che probabilmente sempre più dovranno cercare di sopperire alle lacune di uno stato sociale che, senza risorse e senza energie, si dimostra ogni giorno sempre più deficitario e inadeguato.

Page 119: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

119

Nel primo capitolo, intitolato “Il terzo settore e l’Advocacy” è stato presentato il terzo settore, un ambito che pochi decenni fa praticamente non esisteva e che la crisi del welfare state degli ultimi anni ha fatto crescere enormemente: oggi il terzo settore è formato da innumerevoli realtà private a sfondo volontaristico e non che hanno affiancato lo stato nell’attività di tutela alle fasce più deboli. Lo sviluppo e la sempre crescente professionalizzazione delle realtà che compongono il terzo settore pongono vari problemi: tra questi i più importanti sono l’allontanamento dai valori originari che hanno portato alla nascita di associazioni e cooperative e il possibile gioco al ribasso da parte di chi vuole ottenere appalti pubblici e che può facilmente nuocere alla qualità dei servizi. Come si vede non sono questioni semplici e di poco conto, ma domande sulle quali gli esperti del settore faranno bene ad interrogarsi partendo da un presupposto: il terzo settore è diventato una parte imprescindibile dello stato sociale, al quale difficilmente sarà possibile rinunciare.

Dopo aver definito in termini generali il terzo settore e averne illustrato le caratteristiche principali è stato dedicato spazio ad un ambito specifico del volontariato che non sembra ancora pienamente affermato in Italia e timidamente si sta affacciando alla ribalta, ovvero l’Advocacy. Con il termine inglese si intende farsi promotore e patrocinatore della causa di qualcun altro. Nel campo dei diritti l’Advocacy consiste nell’uso strategico di risorse diverse (economiche, strumentali, politiche, etc) da parte di enti privati che vogliono modificare decisioni politiche o comportamenti collettivi ed individuali allo scopo di migliorare la salute di singoli o comunità. L’Advocacy consiste nello sforzo di modificare gli esiti di politiche pubbliche o di decisioni allocative che hanno un impatto diretto sulla vita delle persone. In Italia con il termine Advocacy si intende la "tutela dei diritti delle fasce deboli di popolazione”, e sembra appropriato usare il termine per descrivere le attività di Avvocato di strada, che in primo luogo svolge attività di supporto legale a favore di chiunque si presenti agli sportelli dell’Associazione, ma cerca anche di agire per sensibilizzare pubblico e privato sul tema del rispetto dei diritti dei più deboli, e realizza proposte di carattere generale che possano migliorare la situazione. Si tratta di una politica di azione non scontata, che guarda al futuro, i cui effetti potranno mostrarsi in tutta la loro portata solo sulla grande distanza, ma

Page 120: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

120

che sembra quanto mai importante, e che come tale viene percepita dai soci di Avvocato di strada: è necessario operare sulle lacune di oggi e fornire un aiuto immediato, ma altrettanto necessario può essere lavorare perché tali lacune vengano colmate e un domani per le persone senza dimora si pongano meno problemi.

Dopo aver parlato dell’Advocacy, la parte finale del primo capitolo è stato dedicato al gratuito patrocinio, con cui spesso viene confusa l’attività di Avvocato di strada, alle modifiche legislative che si sono succedute in Italia dall’unificazione ad oggi e che hanno portato alla forma di oggi di tale istituto, e alle difficoltà che le persone senza dimora ad accedervi. Il gratuito patrocinio è la forma di difesa legale che attualmente lo stato italiano garantisce alle persone che hanno un reddito inferiore ai 9300 euro annui. Per richiederlo, tuttavia, è necessario avere una residenza anagrafica o un domicilio, occorre poter disporre di tutta la documentazione relativa al proprio caso e recarsi presso la cancelleria del tribunale della propria città: in questa maniera si ha diritto ad un legale che non si conosce e che verrà pagato dallo Stato con molti anni di ritardo. Va da se che molte persone senza dimora, prive di residenza e di domicilio, che non dispongono della propria documentazione e che, soprattutto, presi da altre necessità non percepiscono come reali ed urgenti i propri problemi legali. Per questi motivi è facilmente immaginabile come sia difficile per una persona che vive in strada accedere al gratuito patrocinio. Avvocato di strada, partendo da tale consapevolezza, svolge gratuitamente la propria azione e va incontro alle persone in stato di bisogno. Operando presso le associazioni di volontariato di varie città, ricevendo presso i dormitori pubblici e privati sono gli stessi volontari che propongono il proprio aiuto gratuito.

Il secondo capitolo, intitolato “L’Associazione Avvocato di strada Onlus” è stato interamente dedicato alla presentazione dell’Associazione. Dopo averne ricostruito le origini interne all’Associazione bolognese Amici di Piazza Grande Onlus e le ragioni che hanno portato alla nascita dell’Associazione nazionale, sono state descritte le modalità di intervento, e i grandi sviluppi che ne hanno caratterizzato gli ultimi anni. Dopo aver rafforzato la propria rete, ed aver esteso la propria area di intervento all’intera penisola, negli ultimi due anni l’Associazione

Page 121: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

121

ha dato il via a numerosi progetti dedicati a particolari categorie svantaggiate tra cui le donne e gli anziani che vivono in strada. L’Associazione è inoltre entrata a far parte della fio.PSD, la Federazione italiana degli organismi che operano per le persone senza dimora, collabora attivamente con la Federazione nello svolgimento di vari progetti e ne rappresenta una sorta di “consulente legale”.

Nel terzo capitolo, intitolato “Il diritto alla residenza anagrafica e i principali casi seguiti”, è stato analizzato uno dei problemi più sentiti dalle persone senza dimora: quello che deriva dalla perdita della residenza anagrafica, e dal relativo mancato riottenimento. Chi vive in strada e perde la residenza anagrafica, purtroppo, finisce per perdere molti diritti fondamentali che gli sono garantiti dalla Costituzione: tra questi, la possibilità di accedere al Servizio Sanitario Nazionale e di essere curato per prestazioni che non siano di pronto soccorso, la possibilità di ottenere una casa di edilizia pubblica, di votare o di essere votato, di ricevere una pensione. I comuni, che sarebbero obbligati a concedere la residenza anagrafica a chiunque viva sul proprio territorio, spesso andando contro la legge preferiscono porre degli ostacoli, non dare la residenza a chi vive in strada ed evitare in seguito di dover concedere benefici. Contro questo stato di cose si sono dovuti spendere spesso gli avvocati di strada: dopo aver delineato un quadro normativo del diritto alla residenza in Italia, e aver distinto tra concetto di domicilio e di residenza, sono state raccolte le storie di tre persone senza dimora che hanno avuto la residenza anagrafica grazie ad Avvocato di strada. Tramite il racconto di queste storie, raccolte grazie al materiale fornito dall’Associazione e tramite delle interviste ad alcuni responsabili, è stato possibile ricostruire l’importante lavoro svolto dagli avvocati, e la situazione, spesso paradossale, in cui si trovano ad operare.

Nel quarto, ed ultimo capitolo di questo lavoro, intitolato “Avvocato di strada nei diversi contesti”, sono state presentate e approfondite le attività di quattro sportelli dell’Associazione: Bologna, Padova, Reggio Emilia e Foggia ognuno dei quali è rappresentativo di un ambito particolare. Scopo del capitolo era analizzare come l’intervento degli avvocati di strada cambi di volta in volta a seconda dei contesti e delle problematiche più urgenti in un dato territorio. Attraverso un’intervista somministrata ai referenti delle strutture è stato possibile presentare le associazioni all’interno delle quali operano gli avvocati, e le varie caratteristiche

Page 122: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

122

locali. Quello che ne è emerso è l’immagine di un forte legame degli sportelli con il proprio territorio e di un folto gruppo di avvocati che, in città lontane e con caratteristiche dissimili, lavorano in stretto contatto con la rete costituita dai servizi sociali e dalle altre realtà private. Sono emersi, purtroppo, anche degli aspetti problematici tra i quali la diffidenza di alcuni enti pubblici, la scarsa sensibilità degli amministratori locali, le difficoltà organizzative che incontra un’associazione che per statuto non può autofinanziarsi, e il rapporto problematico con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, che in alcune città ha fatto resistenza e ha guardato senza benevolenza all’esperienza che nasceva e si affermava.

Dopo aver raccolto e confrontato le risposte dei referenti dei vari sportelli si è passati ad una analisi dei dati delle attività, con cui si chiude il quarto capitolo. Nel 2007, per la prima volta, l’Associazione è riuscita a raccogliere i dati relativi alle pratiche aperte presso i vari sportelli italiano. Grazie a questi dati è stato possibile mettere a confronto le attività delle diverse sedi, analizzarne le analogie e le differenze. Si è visto, ad esempio, che quello della residenza anagrafica è un problema costante, che in tutte le città prese in esame, che uomini e donne tendono a presentarsi in misura simile agli sportelli, o che in alcune città come Padova e Foggia il numero degli stranieri che ricorrono ad Avvocato di strada è molto maggiore che in altre. Tra i dati costanti, invece, è importante notare che in tutte le città il numero maggiore delle pratiche aperte riguarda casi di diritto amministrativo (56%). In seconda posizione il numero dei casi di diritto civile (38%), e sul gradino più basso, molto distanziati, i casi di diritto penale (6%). Questa tendenza, che si evidenzia in maniera molto forte, sembra poter suggerire delle conclusioni importanti: contrariamente a quanto si pensa, le persone che vivono in strada non sono delinquenti con alle spalle “importanti” precedenti penali. Il più delle volte sono persone comuni, che non sono mai state in carcere e che non hanno mai compiuto atti illegali, ma che semplicemente accumulano problematiche civili e amministrative susseguentemente alla propria condizione di emarginazione.

Page 123: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

123

Concludendo, la speranza di chi ha realizzato questo lavoro è quella di aver presentato adeguatamente un’esperienza come quella di Avvocato di Strada che si pone come un importante esempio di intervento pensato dalla società civile per contribuire alla lotta contro l’esclusione.

Come anticipato all’inizio di questo capitolo finale, negli ultimi anni la società è cambiata molto. Molte politiche sociali sono fallite, e le statistiche ci dicono che sempre più persone stanno scivolando verso la fascia delle nuove povertà, e dunque verso una situazione a rischio di esclusione sociale. L’Associazione Avvocato di Strada è una importante iniziativa che tenta di ristabilire i diritti dove questi siano stati lesi. Dai casi trattati in questi anni dai legali volontari, sono emerse due considerazioni importanti: la prima è che mai come in questo particolare momento, in cui quasi ogni strumento dello stato sociale viene messo in discussione, e lo Stato stenta a mantenere i servizi di assistenza alla persona, l’uso arbitrario del potere pubblico e di determinate sanzioni, e le mancanze dei servizi sociali, per molte persone possono significare l’impossibilità di veder riconosciuti i propri diritti fondamentali. Nei molti casi (nel 2007 Avvocato di strada ha aperto più di mille pratiche in tutta Italia) in cui la negazione di un diritto impediva di poter uscire dalla propria condizione di emarginazione, l’intervento degli avvocati di strada ha permesso di sanare moltissime situazioni di fronte alle quali lo stato si era mostrato assente se non nemico.

In secondo luogo, l’azione concreta di ripristino dei diritti dell’individuo si è dimostrata uno strumento importante, capace di favorire l’inclusione sociale. Il diritto scende in strada e si avvicina a chi ne ha più bisogno: la presenza del servizio legale è estesa ai dormitori cittadini perché l’esperienza ha dimostrato come sia importante sollecitare la consapevolezza dei diritti. La persona che ha rotto molti legami con la società necessita di un aiuto forte nel suo cammino verso l’integrazione. Sovente non sa neppure che è titolare di diritti inalienabili e che questi sono stati lesi.

L’idea che guida l’Associazione Avvocato di strada è quella di creare un circolo virtuoso di recupero della fiducia verso le istituzioni e verso gli altri: un

Page 124: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

124

ponte che colleghi due mondi che sono reciprocamente separati dalla diffidenza e dal pregiudizio, mantenendo aperti gli orizzonti e le possibilità di ognuno. Ogni persona ha diritto a godere dei propri diritti fondamentali, e uno stato che nega il diritto alla residenza non può dirsi democratico. I servizi sociali che oggi faticano a mantenersi aggiornati, a seguire i mutevoli problemi delle persone bisognose, forse possono prendere come modello l’esempio fornito da Avvocato di strada nella lotta per il diritto alla residenza.

Page 125: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

125

Appendice

L 24/12/1954 Num. 1228 Legge 24 dicembre 1954, n. 1228 (in Gazz. Uff., 12 gennaio 1955, n. 8).

Ordinamento delle anagrafi della popolazione residente (1). Preambolo

(Omissis). Articolo 1 In ogni Comune deve essere tenuta l'anagrafe della popolazione residente.

Nell'anagrafe della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze, che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio, in conformit del regolamento per l'esecuzione della presente legge. Gli atti anagrafici sono atti pubblici.

Articolo 2 Fatto obbligo ad ognuno di chiedere per se e per le persone sulle quali esercita la

[patria potestà] o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'art. 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza. L'assenza temporanea dal Comune di dimora abituale non produce effetti sul riconoscimento della residenza. Ai fini dell'obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel Comune ove ha il domicilio, e in mancanza di questo, nel Comune di nascita. Per i nati all'estero si considera Comune di residenza quello di nascita del padre o, in mancanza, quello della madre. Per tutti gli altri, soggetti all'obbligo della residenza, ai quali non possano applicarsi i criteri sopra indicati, istituito apposito registro presso il Ministero dell'interno. Il personale diplomatico e consolare straniero, nonch il personale straniero da esso dipendente, non sono soggetti all'obbligo dell'iscrizione anagrafica.

Page 126: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

126

Articolo 3 delegare e revocare, in tutto o in parte, le funzioni di ufficiale d'anagrafe al

segretario comunale o ad altri impiegati idonei del Comune. Ogni delegazione, munita della firma autografa del delegato, ed ogni revoca devono essere approvate dal prefetto.

Articolo 4 interpellare, allo stesso fine, gli enti, amministrazioni ed uffici pubblici e privati.

Il personale dell'anagrafe ha l'obbligo di osservare il segreto su tutte le notizie di cui viene a conoscenza a causa delle sue funzioni.

Articolo 5 L'ufficiale d'anagrafe che sia venuto a conoscenza di fatti che comportino la

istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, per i quali non siano state rese le prescritte dichiarazioni, deve invitare gli interessati a renderle. In caso di mancata dichiarazione, l'ufficiale di anagrafe provvede di ufficio, notificando all'interessato il provvedimento stesso. Contro il provvedimento d'ufficio ammesso ricorso al prefetto.

Articolo 6 Gli ufficiali di stato civile devono comunicare il contenuto degli atti dello stato

civile e delle relative annotazioni all'ufficio d'anagrafe del Comune di residenza delle persone cui gli atti o le annotazioni si riferiscono.

Articolo 7 (…) Articolo 8 In ogni Comune deve essere tenuto lo schedario della popolazione temporanea.

La popolazione temporanea costituita dalle persone che, dimorando nel Comune da non meno di quattro mesi, non vi abbiano, tuttavia, fissata la residenza.

Page 127: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

127

Articolo 9 (…) Articolo 10 (…) Articolo 11 (…) Articolo 12 (…) Articolo 13 (…) ---

NOTE: (1) In luogo di Ministro/Ministero del tesoro e di Ministro/Ministero del bilancio e della programmazione economica, leggasi Ministro/Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, ex art. 7, l. 3 aprile 1997, n. 94.

(2) Potestà dei genitori.

(3) Vedi, ora, l. 10 febbraio 1961, n. 5. (4) La sanzione originaria dell'ammenda stata depenalizzata dall'art. 32, l. 24

novembre1981, n. 689. L'importo della sanzione stato cos elevato, da ultimo, dall'art. 27, d.l. 28 febbraio 1983, n. 55, conv. in l. 26 aprile 1983, n. 131. (5) Vedi, ora, l'art. 16, l. 24 novembre 1981, n. 689. (6) In origine "ammenda".

Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223 (in Gazz.

Uff., 8 giugno, n. 132). - Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente (1).

Page 128: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

128

(1) A decorrere dalla data di nomina del primo governo costituito a seguito delle

prime elezioni politiche successive all'entrata in vigore del d.lg. 30 luglio 1999, n. 300, le prefetture sono trasformate in uffici territoriali del governo; il prefetto preposto a tale ufficio nel capoluogo della regione assume anche le funzioni di commissario del governo (art. 11, d.lg. 300/1999, cit.).

Preambolo (Omissis) DECRETO [1/2] Articolo 1 (Omissis). Preambolo (Omissis) Capo I ANAGRAFE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE, UFFICIALE DI

ANAGRAFE DELEGATO, FAMIGLIE E CONVIVENZE ANAGRAFICHE Articolo 1 Anagrafe della popolazione residente. 1. L'anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell'insieme

delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che

Page 129: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

129

hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.

2. L'anagrafe è costituita da schede individuali, di famiglia e di convivenza. 3. Nelle schede di cui al comma 2 sono registrate le posizioni anagrafiche

desunte dalle dichiarazioni degli interessati, dagli accertamenti d'ufficio e dalle comunicazioni degli uffici di stato civile.

Articolo 2 Delega delle funzioni di ufficiale di anagrafe 1. Il sindaco può delegare e revocare in tutto o in parte le funzioni di ufficiale di

anagrafe ad un assessore, al segretario comunale o ad impiegati di ruolo del comune ritenuti idonei.

2. In caso di assenza del sindaco, la funzione di ufficiale di anagrafe può essere esercitata dall'assessore delegato o dall'assessore anziano ed, in mancanza degli assessori, dal consigliere anziano.

3. Ogni delega o revoca deve essere approvata dal prefetto come previsto dall'ultimo comma dell'art. 3 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228.

Articolo 3 Popolazione residente 1. Per persone residenti nel comune s'intendono quelle aventi la propria dimora

abituale nel comune. 2. Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone

temporaneamente dimoranti in altri comuni o all'estero per l'esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata.

Articolo 4 Famiglia anagrafica

Page 130: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

130

1. Agli effetti anagrafici per famiglia si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune.

2. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona. Articolo 5 Convivenza anagrafica 1. Agli effetti anagrafici per convivenza s'intende un insieme di persone

normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso comune.

2. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sé stanti.

3. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica.

Articolo 6 Responsabili delle dichiarazioni anagrafiche 1. Ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le persone sulle

quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui all'art. 13. Ciascun componente può rendere inoltre le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni degli altri componenti della famiglia.

2. Agli effetti degli stessi adempimenti la convivenza ha un suo responsabile da individuare nella persona che normalmente dirige la convivenza stessa.

3. Le persone che rendono le dichiarazioni anagrafiche debbono comprovare la propria identità mediante l'esibizione di un documento di riconoscimento.

Capo II ISCRIZIONI, MUTAZIONI E CANCELLAZIONI ANAGRAFICHE

Page 131: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

131

Articolo 7 Iscrizioni anagrafiche 1. L'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente viene effettuata: a) per nascita, nell'anagrafe del comune ove sono iscritti i genitori o nel comune

ove è iscritta la madre qualora i genitori siano iscritti in anagrafi diverse, ovvero, quando siano ignoti i genitori, nell'anagrafe ove è iscritta la persona o la convivenza cui il nato è stato affidato;

b) per esistenza giudizialmente dichiarata; c) per trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero dichiarato

dall'interessato oppure accertato secondo quanto è disposto dall'art. 15, comma 1, del presente regolamento, tenuto conto delle particolari disposizioni relative alle persone senza fissa dimora di cui all'art. 2, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, nonché per mancata iscrizione nell'anagrafe di alcun comune.

2. Per le persone già cancellate per irreperibilità e successivamente ricomparse devesi procedere a nuova iscrizione anagrafica.

3. Gli stranieri iscritti in anagrafe hanno l'obbligo di rinnovare all'ufficiale di anagrafe la dichiarazione di dimora abituale nel comune, entro 60 giorni dal rinnovo del permesso di soggiorno, corredata dal permesso medesimo. Per gli stranieri muniti da carta di soggiorno, il rinnovo della dichiarazione di dimora abituale è effettuato entro 60 giorni dal rinnovo della carta di soggiorno. L'ufficiale di anagrafe aggiornerà la scheda anagrafica dello straniero, dandone comunicazione al questore (1).

4. Il registro di cui all'art. 2, comma quarto, della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e tenuto dal Ministero dell'interno presso la prefettura di Roma. Il funzionario incaricato della tenuta di tale registro ha i poteri e i doveri dell'ufficiale di anagrafe.

(1) Comma così sostituito dall'art. 15, comma 2, d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394. Articolo 8 Posizioni che non comportano l'iscrizione anagrafica

Page 132: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

132

1. Non deve essere effettuata, né d'ufficio, né a richiesta dell'interessato, l'iscrizione anagrafica nel comune, per trasferimento di residenza, delle seguenti categorie di persone:

a) militari di leva, nonché pubblici dipendenti e militari di carriera (compresi i carabinieri, il personale di polizia di Stato, le guardie di finanza ed i militari che abbiano, comunque, contratto una ferma) distaccati presso scuole per frequentare corsi di avanzamento o di perfezionamento;

b) ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purché la permanenza nel comune non superi i due anni; tale periodo di tempo decorre dal giorno dell'allontanamento dal comune di iscrizione anagrafica;

c) detenuti in attesa di giudizio. Articolo 9 (…) Articolo 10 Mutazioni anagrafiche 1. La registrazione nell'anagrafe della popolazione residente delle mutazioni

relative alle posizioni anagrafiche degli iscritti viene effettuata: a) ad istanza dei responsabili di cui all'art. 6 del presente regolamento; b) d'ufficio, per le mutazioni conseguenti alle comunicazioni di stato civile e per

movimenti nell'ambito del comune, non dichiarati dall'interessato ed accertati secondo quanto è disposto dall'art. 4 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dall'art. 15, comma 1, del presente regolamento.

Articolo 11 Cancellazioni anagrafiche 1. La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente viene effettuata: a) per morte, compresa la morte presunta giudizialmente dichiarata; b) per trasferimento della residenza in altro comune o all'estero, nonché per

trasferimento del domicilio in altro comune per le persone senza fissa dimora;

Page 133: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

133

c) per irreperibilità accertata a seguito delle risultanze delle operazioni del censimento generale della popolazione, ovvero, quando, a seguito di ripetuti accertamenti, opportunamente intervallati, la persona sia risultata irreperibile, nonché, per i cittadini stranieri, per irreperibilità accertata, ovvero per effetto del mancato rinnovo della dichiarazione di cui all'art. 7, comma 3, trascorso un anno dalla scadenza del permesso di soggiorno o della carta di soggiorno, previo avviso da parte dell'ufficio, con invito a provvedere nei successivi 30 giorni (1).

2. I nominativi delle persone risultate irreperibili devono essere comunicati, a cura dell'ufficiale di anagrafe, al prefetto entro trenta giorni dall'avvenuta cancellazione per irreperibilità; entro pari termine devono essere segnalate anche le eventuali reiscrizioni. Per le cancellazioni dei cittadini stranieri la comunicazione è effettuata al questore (2).

(1) Lettera così sostituita dall'art. 15, d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394. (2) Comma così modificato dall'art. 15, d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394. Capo III ADEMPIMENTI ANAGRAFICI Articolo 12 Comunicazioni dello stato civile. 1. Devono essere effettuate dall'ufficiale di stato civile le comunicazioni

concernenti le nascite, le morti e le celebrazioni di matrimonio, nonché le sentenze dell'autorità giudiziaria e gli altri provvedimenti relativi allo stato civile delle persone.

2. Le comunicazioni relative alle nascite, alle morti ed alle celebrazioni di matrimonio devono essere effettuate mediante modelli conformi agli appositi esemplari predisposti dall'Istituto centrale di statistica.

3. Nei comuni in cui l'ufficio di stato civile è organicamente distinto dall'ufficio di anagrafe, le comunicazioni a quest'ultimo ufficio devono essere effettuate nel termine di tre giorni dalla formazione dell'atto di stato civile, ovvero dalla trascrizione di atti o verbali formati da altra autorità competente, ovvero dall'annotazione in atti già esistenti di sentenze e provvedimenti emessi da altra autorità.

Page 134: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

134

4. Nei comuni in cui l'ufficio di stato civile non è organicamente distinto da quello di anagrafe, la registrazione sugli atti anagrafici delle notizie relative agli eventi di cui al comma 1, deve essere effettuata nel termine stabilito all'art. 17 del presente regolamento.

5. Le comunicazioni concernenti lo stato civile riflettenti persone non residenti nel comune devono essere effettuate al competente ufficio del comune di residenza entro il termine di dieci giorni con l'osservanza delle disposizioni sull' «ordinamento dello stato civile». Per le persone residenti all'estero le comunicazioni devono essere effettuate con le stesse modalità al competente ufficio del comune nella cui AIRE sono collocate le schede anagrafiche delle stesse persone.

Articolo 13 Dichiarazioni anagrafiche. 1. Le dichiarazioni anagrafiche da rendersi dai responsabili di cui all'art. 6 del

presente regolamento concernono i seguenti fatti: a) trasferimento di residenza da altro comune o dall'estero ovvero trasferimento

di residenza all'estero; b) costituzione di nuova famiglia o di nuova convivenza, ovvero mutamenti

intervenuti nella composizione della famiglia o della convivenza; c) cambiamento di abitazione; d) cambiamento dell'intestatario della scheda di famiglia o del responsabile della

convivenza; e) cambiamento della qualifica professionale; f) cambiamento del titolo di studio. 2. Le dichiarazioni di cui alle lettere precedenti devono essere rese nel termine di

venti giorni dalla data in cui si sono verificati i fatti. Le dichiarazioni di cui alla lettera a) devono essere rese mediante modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica; ai dichiaranti deve essere rilasciata ricevuta.

3. Le dichiarazioni di cui alle lettere b), c), d), e) ed f), possono essere rese anche a mezzo di lettera raccomandata; le dichiarazioni di cui alle lettere e) ed f) devono essere corredate dalla necessaria documentazione.

4. Le dichiarazioni anagrafiche sono esenti da qualsiasi tassa o diritto.

Page 135: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

135

Articolo 14 Documentazione per l'iscrizione di persone trasferitesi dall'estero. 1. Chi trasferisce la residenza dall'estero deve comprovare all'atto della

dichiarazione di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), la propria identità mediante l'esibizione del passaporto o di altro documento equipollente. Se il trasferimento concerne anche la famiglia, deve esibire inoltre atti autentici che ne dimostrino la composizione, rilasciati dalle competenti autorità dello Stato di provenienza se straniero o apolide, o dalle autorità consolari se cittadino italiano.

2. (Omissis) (1). (1) Comma abrogato dall'art. 13, d.l. 30 dicembre 1989, n. 416, conv. in l. 28

febbraio 1990, n. 39. Articolo 15 Accertamenti di ufficio in caso di omessa dichiarazione delle parti. 1. Qualora l'ufficiale di anagrafe accerti, a seguito delle indagini di cui all'art. 4

della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, che non siano state rese, per fatti che comportino l'istituzione o la mutazione di posizioni anagrafiche, le prescritte dichiarazioni di cui all'art. 13 del presente regolamento, deve invitare gli interessati a renderle.

2. Nel caso di mancata dichiarazione, l'ufficiale di anagrafe provvede ai conseguenti adempimenti e li notifica agli interessati entro dieci giorni.

Articolo 16 Segnalazioni particolari. 1. Quando risulti che una persona o una famiglia iscritta nell'anagrafe del

comune abbia trasferito la residenza in altro comune dal quale non sia pervenuta la richiesta di cancellazione, l'ufficiale di anagrafe deve darne notizia all'ufficiale di anagrafe del comune nel quale la persona o la famiglia risulta di fatto trasferitasi, per i conseguenti provvedimenti.

Page 136: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

136

2. Nel caso di persona che dichiari per sé e/o per i componenti della famiglia di provenire dall'estero, l'ufficiale di anagrafe del comune nel quale essa intende stabilire la residenza, prima di procedere all'iscrizione, deve segnalare tale fatto, mediante l'inoltro di una regolare pratica migratoria, all'ufficiale di anagrafe del comune di eventuale precedente iscrizione anagrafica affinché questo, qualora non sia stata a suo tempo effettuata la cancellazione per l'estero, provveda alla cancellazione per emigrazione nel comune che ha segnalato il fatto. L'iscrizione viene pertanto effettuata con provenienza dal comune di precedente iscrizione e non dall'estero; ove la cancellazione per l'estero sia stata invece a suo tempo effettuata, si procede ad una iscrizione con provenienza dall'estero.

Articolo 17 Termine per le registrazioni anagrafiche. 1. L'ufficiale di anagrafe deve effettuare le registrazioni nell'anagrafe entro tre

giorni dalla data di ricezione delle comunicazioni dello stato civile o delle dichiarazioni rese dagli interessati, ovvero dagli accertamenti da lui disposti.

Articolo 18 Decorrenza dell'iscrizione e cancellazione anagrafica. 1. Le dichiarazioni rese dagli interessati, di cui all'art. 13, comma 1, lettera a),

del presente regolamento, relative ai trasferimenti di residenza da altro comune o i provvedimenti che le sostituiscono, devono essere trasmessi, entro venti giorni, dall'ufficiale di anagrafe che li ha ricevuti o adottati al comune di precedente iscrizione anagrafica per la corrispondente cancellazione. Le notizie anagrafiche rese dagli interessati all'atto delle dichiarazioni di cui all'art. 13 devono essere controllate, ed eventualmente rettificate, dal comune di precedente iscrizione anagrafica, sulla base degli atti anagrafici in suo possesso. Lo stesso comune, ove lo ritenga necessario, deve disporre gli opportuni accertamenti per appurare se sussistono i motivi per la cancellazione dall'anagrafe. I termini per la registrazione anagrafica di cui all'art. 17 decorrono dal giorno di ricezione della conferma di cancellazione.

Page 137: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

137

2. La cancellazione dall'anagrafe del comune di precedente iscrizione e l'iscrizione nell'anagrafe di quello di nuova residenza devono avere sempre la stessa decorrenza, che è quella della data della dichiarazione di trasferimento resa dall'interessato nel comune di nuova residenza.

3. Il comune di precedente iscrizione, che per giustificati motivi non sia in grado di ottemperare alla richiesta di cancellazione nel termine di venti giorni, deve darne immediata comunicazione al comune richiedente, precisando le ragioni e fissando il termine entro il quale provvederà agli adempimenti richiesti.

4. Qualora, trascorso quest'ultimo termine, non si fosse fatto luogo agli adempimenti richiesti, il comune richiedente ne solleciterà l'attuazione, dando nel contempo comunicazione alla prefettura dell'avvenuta scadenza dei termini da parte del comune inadempiente.

5. Quando, a seguito degli accertamenti, l'ufficiale di anagrafe ritiene di non accogliere la richiesta di iscrizione, deve darne immediata comunicazione all'interessato, specificandone i motivi.

6. Per le persone non iscritte in anagrafe e risultanti abitualmente dimoranti nel comune in base all'ultimo censimento della popolazione, l'iscrizione anagrafica decorre dalla data della dichiarazione resa dall'interessato di cui all'art. 13, comma 1, lettera a), del presente regolamento.

7. Le vertenze che sorgono tra uffici anagrafici in materia di trasferimento di residenza sono risolte dal prefetto se esse interessano comuni appartenenti alla stessa provincia e dal Ministero dell'interno, sentito l'Istituto centrale di statistica, se esse interessano comuni appartenenti a province diverse.

8. Le segnalazioni al Ministero dell'interno vengono effettuate dalle competenti prefetture, dopo aver disposto gli opportuni accertamenti il cui esito viene comunicato, corredato degli atti dei comuni interessati, con eventuale parere.

Articolo 19 Accertamenti richiesti dall'ufficiale di anagrafe. 1. Gli uffici di cui all'art. 4, comma terzo, della legge 24 dicembre 1954, n.

1228, sono tenuti a fornire all'ufficiale di anagrafe le notizie da esso richieste per la regolare tenuta dell'anagrafe della popolazione residente.

Page 138: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

138

2. L'ufficiale di anagrafe è tenuto a verificare la sussistenza del requisito della dimora abituale di chi richiede l'iscrizione anagrafica. Gli accertamenti devono essere svolti a mezzo degli appartenenti ai corpi di polizia municipale o di altro personale comunale che sia stato formalmente autorizzato, utilizzando un modello conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica.

3. Ove nel corso degli accertamenti emergano discordanze con la dichiarazione resa da chi richiede l'iscrizione anagrafica, l'ufficiale di anagrafe segnala quanto è emerso alla competente autorità di pubblica sicurezza.

Capo IV FORMAZIONE ED ORDINAMENTO DELLO SCHEDARIO ANAGRAFICO

DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE. SCHEDARIO DEGLI ITALIANI RESIDENTI ALL'ESTERO (AIRE)

Articolo 20 Schede individuali 1. A ciascuna persona residente nel comune deve essere intestata una scheda

individuale, conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica, sulla quale devono essere indicati il sesso, la data e il comune di nascita, lo stato civile, la professione, arte o mestiere abitualmente esercitato o la condizione non professionale, il titolo di studio, nonché l'indirizzo dell'abitazione.

2. L'inserimento nelle schede individuali di altre notizie, oltre a quelle già previste nella scheda stessa, può essere effettuato soltanto previa autorizzazione da parte del Ministero dell'interno, d'intesa con l'Istituto centrale di statistica, a norma dell'art. 12 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228. Nella scheda riguardante i cittadini stranieri sono comunque indicate la cittadinanza e la data di scadenza del permesso di soggiorno o il rilascio o rinnovo della carta di soggiorno (1).

3. Per le donne coniugate o vedove le schede devono essere intestate al cognome da nubile.

Page 139: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

139

4. Le schede individuali debbono essere tenute costantemente aggiornate e devono essere archiviate quando le persone alle quali sono intestate cessino di far parte della popolazione residente del comune.

(1) Comma così modificato dall'art. 15, d.p.r. 31 agosto 1999, n. 394. Articolo 21 Schede di famiglia 1. Per ciascuna famiglia residente nel comune deve essere compilata una scheda

di famiglia, conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla famiglia ed alle persone che la costituiscono.

2. La scheda di famiglia deve essere intestata alla persona indicata all'atto della dichiarazione di costituzione della famiglia di cui al comma 1 dell'art. 6 del presente regolamento. Il cambiamento dell'intestatario avviene solo nei casi di decesso o di trasferimento.

3. In caso di mancata indicazione dell'intestatario o di disaccordo sulla sua designazione, sia al momento della costituzione della famiglia, sia all'atto del cambiamento dell'intestatario stesso, l'ufficiale di anagrafe provvederà d'ufficio intestando la scheda al componente più anziano e dandone comunicazione all'intestatario della scheda di famiglia.

4. Nella scheda di famiglia, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della famiglia e cancellate le persone che cessino di farne parte; in essa devono essere tempestivamente annotate altresì le mutazioni relative alle posizioni di cui al comma 1.

5. La scheda deve essere archiviata per scioglimento della famiglia o per trasferimento di essa in altro comune o all'estero.

Articolo 22 Schede di convivenza.

Page 140: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

140

1. Per ciascuna convivenza residente nel comune deve essere compilata una scheda di convivenza, conforme all'apposito esemplare predisposto dall'Istituto centrale di statistica, nella quale devono essere indicate le posizioni anagrafiche relative alla medesima, nonché quelle dei conviventi residenti.

2. Sul frontespizio della scheda devono essere indicati la specie e la denominazione della convivenza ed il nominativo della persona che normalmente la dirige.

3. Nella scheda di convivenza, successivamente alla sua istituzione, devono essere iscritte le persone che entrano a far parte della convivenza e cancellate le persone che cessano di farne parte.

4. La scheda di convivenza deve essere tenuta al corrente delle mutazioni relative alla denominazione o specie della convivenza, al responsabile di essa, alla sede della stessa ed alle posizioni anagrafiche dei conviventi.

5. La scheda di convivenza deve essere archiviata per cessazione della convivenza o per trasferimento di essa in altro comune o all'estero.

Articolo 23 Conservazione delle schede anagrafiche nelle anagrafi gestite con

elaboratori elettronici. 1. Le schede individuali, di famiglia e di convivenza devono essere conservate e

costantemente aggiornate anche se le anagrafi sono gestite con elaboratori elettronici, salvo in casi in cui una diversa gestione sia stata, a richiesta, autorizzata da parte del Ministero dell'interno, d'intesa con l'Istituto centrale di statistica.

2. Gli uffici anagrafici che utilizzano elaboratori elettronici devono adottare tutte le misure di sicurezza atte a garantire nel tempo la perfetta conservazione e la disponibilità dei supporti magnetici contenenti le posizioni anagrafiche dei cittadini.

Articolo 24 Ordinamento e collocazione delle schede individuali. 1. Le schede individuali devono essere collocate in ordine alfabetico di cognome

e nome dell'intestatario. È data facoltà all'ufficiale di anagrafe di raccoglierle in schedari separati, per sesso.

Page 141: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

141

2. Le schede degli stranieri devono essere collocate in uno schedario a parte. Articolo 25 (…) Articolo 26 (…) Articolo 27 (…) Capo V UFFICI ANAGRAFICI PERIFERICI, ANAGRAFI SEPARATE, SCHEDARIO

DELLA POPOLAZIONE TEMPORANEA Articolo 28 (…) Articolo 29 (…) Articolo 30 (…) Articolo 31 (…)

Articolo 32 Schedario della popolazione temporanea. 1. Lo schedario della popolazione temporanea concerne i cittadini italiani o gli

stranieri che, essendo dimoranti nel comune da non meno di quattro mesi, non si

Page 142: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

142

trovano ancora in condizione di stabilirvi la residenza per qualsiasi motivo. Gli stranieri dimoranti nel comune da non meno di quattro mesi sono comunque iscritti nello schedario della popolazione temporanea quando non siano in possesso del permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno di cui al comma 2 dell'art. 14.

2. L'iscrizione viene effettuata a domanda dell'interessato o d'ufficio quando l'ufficiale di anagrafe venga a conoscenza della presenza della persona nel comune da non meno di quattro mesi.

3. L'iscrizione nello schedario della popolazione temporanea esclude il rilascio di certificazioni anagrafiche.

4. La revisione dello schedario della popolazione temporanea deve essere effettuata periodicamente, almeno una volta l'anno, allo scopo di eliminare le schede relative a persone non più dimoranti temporaneamente nel comune:

a) perché se ne sono allontanate o sono decedute; b) perché vi hanno stabilito la dimora abituale. 5. Ogni iscrizione o cancellazione dallo schedario deve essere comunicata

all'ufficiale di anagrafe dell'eventuale comune di residenza.

Capo VI CERTIFICAZIONI ANAGRAFICHE Articolo 33 Certificati anagrafici. 1. L'ufficiale di anagrafe rilascia a chiunque ne faccia richiesta, fatte salve le

limitazioni di legge, i certificati concernenti la residenza e lo stato di famiglia. 2. Ogni altra posizione desumibile dagli atti anagrafici, ad eccezione delle

posizioni previste dal comma 2 dell'art. 35, può essere attestata o certificata, qualora non vi ostino gravi o particolari esigenze di pubblico interesse, dall'ufficiale di anagrafe d'ordine del sindaco.

3. Le certificazioni anagrafiche hanno validità di tre mesi dalla data di rilascio (1).

Page 143: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

143

(1) Vedi ora l'art. 2, comma 3, l. 15 maggio 1997, n. 127. Articolo 34 (…) Articolo 35 (…) Articolo 36 Ricorsi in materia di certificazioni anagrafiche 1. Avverso il rifiuto opposto dall'ufficiale di anagrafe al rilascio dei certificati

anagrafici e in caso di errori contenuti in essi, l'interessato può produrre ricorso al prefetto.

Articolo 37 (…) Capo VII ADEMPIMENTI TOPOGRAFICI ED ECOGRAFICI Articolo 38 (…) Articolo 39 (…) Articolo 40 (…)

Page 144: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

144

Articolo 41 (…) Articolo 42 (…) Articolo 43 (…) Articolo 44 (…) Articolo 45 (…) Capo VIII REVISIONI DA EFFETTUARSI IN OCCASIONE DEI CENSIMENTI;

ALTRI ADEMPIMENTI STATISTICI

Articolo 46 Revisione delle anagrafi 1. A seguito di ogni censimento generale della popolazione, i comuni devono

provvedere alla revisione dell'anagrafe al fine di accertare la corrispondenza quantitativa e qualitativa di essa con le risultanze del censimento.

2. La documentazione desunta dai censimenti per la revisione delle anagrafi è soggetta alle norme che tutelano la riservatezza dei dati censuari.

3. La revisione viene effettuata secondo modalità tecniche stabilite nell'occasione dall'Istituto centrale di statistica.

Page 145: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

145

4. Nell'intervallo tra due censimenti l'anagrafe deve essere costantemente aggiornata, in modo che le sue risultanze coincidano, in ogni momento, con la situazione di fatto relativa al numero delle famiglie, delle convivenze e delle persone residenti nel comune.

Articolo 47 (…) Articolo 48 Rilevazioni statistiche concernenti il movimento della popolazione

residente 1. Le rilevazioni statistiche concernenti il movimento naturale della popolazione

residente ed i trasferimenti di residenza vengono effettuate dall'ufficiale di anagrafe in conformità ai modelli predisposti ed alle istruzioni impartite dall'Istituto centrale di statistica.

2. Ai fini predetti l'ufficiale di anagrafe deve riportare su registri conformi agli appositi esemplari predisposti dall'Istituto centrale di statistica il numero delle iscrizioni e delle cancellazioni effettuate per fatti derivanti dal movimento naturale della popolazione residente e per trasferimenti di residenza.

Articolo 49 (…) Articolo 50 (…) Capo IX VIGILANZA, SANZIONI E DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 51 Particolari compiti del sindaco

Page 146: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

146

1. Il sindaco è tenuto a provvedere alle attrezzature occorrenti per la conservazione e la sollecita consultazione degli atti anagrafici, tenendo presenti le metodologie e le tecnologie più avanzate per la gestione delle anagrafi.

2. Inoltre il sindaco assicura la regolare esecuzione degli adempimenti topografici ed ecografici.

Articolo 52 Vigilanza del prefetto 1. Il prefetto vigila affinché le anagrafi della popolazione residente e gli

ordinamenti topografici ed ecografici dei comuni della provincia siano tenuti in conformità alle norme del presente regolamento e che siano rigorosamente osservati le modalità ed i termini previsti per il costante e sistematico aggiornamento degli atti, ivi compresi gli adempimenti di carattere statistico.

2. La vigilanza viene esercitata a mezzo di ispezioni da effettuarsi, almeno una volta all'anno in tutti i comuni, da funzionari della prefettura appartenenti alle carriere direttiva e di concetto, competenti in materia anagrafica e statistica.

3. L'esito dell'ispezione deve essere comunicato all'Istituto centrale di statistica. Articolo 53 (…) Articolo 54 Vigilanza esercitata dal Ministero dell'interno e dall'Istituto centrale di

statistica 1. L'alta vigilanza sulla regolare tenuta delle anagrafi è esercitata dal Ministero

dell'interno e dall'Istituto centrale di statistica per mezzo di propri funzionari ispettori. 2. L'Istituto centrale di statistica vigila, tra l'altro, affinché da parte di tutti i

comuni siano adottati modelli conformi agli appositi esemplari predisposti dall'Istituto stesso e promuove da parte dei comuni l'adozione di sistemi organizzativi e funzionali

Page 147: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

147

dei servizi anagrafici rispondenti ai progressi della tecnica amministrativa ed alle esigenze dei servizi stessi.

Articolo 55 Irregolarità ed inadempienze anagrafiche da parte dei comuni 1. Qualora, a seguito delle ispezioni di cui agli articoli precedenti, risultassero

situazioni irregolari nella tenuta delle anagrafi e degli ordinamenti topografici ed ecografici, il prefetto o, rispettivamente, il Ministero dell'interno e l'Istituto centrale di statistica possono disporre ispezioni di carattere straordinario, il cui onere viene posto a carico dei comuni inadempienti, salvo rivalsa nei confronti degli eventuali responsabili.

Articolo 56 Procedura per l'applicazione delle sanzioni 1. Le contravvenzioni alle disposizioni della legge 24 dicembre 1954, n. 1228,

ed a quelle del presente regolamento commesse dalle persone aventi obblighi anagrafici devono essere accertate, con apposito verbale, dall'ufficiale di anagrafe.

2. Il verbale deve espressamente indicare se al contravventore sia stata o meno personalmente contestata la contravvenzione.

3. Al contravventore ammesso a pagare all'atto della contestazione la somma stabilita dall'articolo 11, comma terzo, della citata legge l'ufficiale di anagrafe è tenuto a rilasciare ricevuta dell'eseguito pagamento sull'apposito modulo, da staccare da un bollettario a madre e figlia, vidimato dal sindaco o da un suo delegato.

Articolo 57 (…) Articolo 58

Page 148: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

148

Abrogazione di precedenti norme in materia anagrafica. 1. Sono abrogati il «Regolamento di esecuzione della legge 24 dicembre 1954,

n. 1228, sull'ordinamento delle anagrafi della popolazione residente», approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1958, n. 136, ed ogni altra disposizione regolamentare contraria al presente regolamento.

MINISTERO DELL'INTERNO CIRCOLARE 29 maggio 1995, n. 8 Precisazioni sull'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, di cittadini italiani. Ai prefetti della Repubblica Al commissario di Governo per la provincia di Trento Al commissario di Governo per la provincia di Bolzano Al presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta All'Istituto nazionale di statistica e per conoscenza: Al Gabinetto del Ministro In relazione a recenti notizie, riportate con evidenza dagli organi di stampa,

circa il comportamento seguito da un'amministrazione comunale nell'esaminare le richieste di iscrizione anagrafica avanzate da cittadini italiani, questo Ministero, nell'ambito delle proprie competenze istituzionali, ritiene necessario effettuare alcune puntualizzazioni sulla tematica in questione, affinche' da parte dei sindaci venga adottata una linea di condotta uniforme su tutto il territorio nazionale evitando, cosi', discriminazioni a danno dei cittadini da comune a comune. Innanzitutto, va ricordato che il servizio anagrafico, unitamente ad altri, e' un servizio di competenza dello Stato, gestito dai comuni per conto dello stesso ed il sindaco, nel gestire tale

servizio in veste di ufficiale di anagrafe, agisce quale ufficiale di Governo cioe' quale organo dello Stato e non quale capo dell'amministrazione comunale (art. 10 della legge 8 giugno 1990, n. 142).

Page 149: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

149

Ne consegue, pertanto, che necessariamente nella gestione di tale servizio il sindaco deve uniformarsi alla vigente legislazione nazionale che non puo', peraltro, subire interferenze da parte di altre normative ed, in particolare, di quelle regionali, nonche' alle direttive impartite nella materia dai competenti organi governativi.

Pertanto il sindaco quale ufficiale di anagrafe e di Governo, nell'esaminare le domande di iscrizione anagrafica presentate dai cittadini italiani, deve osservare scrupolosamente la legislazione vigente che e' costituita dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, per quel che concerne la popolazione residente in Italia, e dalla

legge 27 ottobre 1988, n. 470, e dal decreto del Presidente della Repubblica 6 settembre 1989, n. 323, relativamente ai cittadini italiani residenti all'estero.

Orbene, dall'esame di detta normativa si evince che la richiesta di iscrizione anagrafica, che costituisce un diritto soggettivo del cittadino, non appare vincolata ad alcuna condizione, ne' potrebbe essere il contrario, in quanto in tal modo si verrebbe a limitare la libertà di spostamento e di stabilimento dei cittadini sul territorio nazionale in palese violazione dell'art. 16 della Carta

costituzionale. Alla luce delle suesposte considerazioni, appaiono pertanto contrari alla

legge e lesivi dei diritti dei cittadini, quei comportamenti adottati da alcune amministrazioni comunali che, nell'esaminare le richieste di iscrizione anagrafica, chiedono una documentazione comprovante lo svolgimento di attività lavorativa sul territorio comunale, ovvero la disponibilità di un'abitazione, e magari, nel caso di persone coniugate, la contemporanea iscrizione di tutti i componenti il nucleo familiare, ovvero procedono all'accertamento dell'eventuale esistenza di precedenti penali a carico del richiedente l'iscrizione.

Tali comportamenti sembrano richiamare in vigore quei provvedimenti contro l'urbanesimo, risalenti alla legge 6 luglio 1939, n. 1092, che venne abrogata con successiva legge 10 febbraio 1961, n. 5.

Nel rammentare che il concetto di residenza, come affermato da costante giurisprudenza e da ultimo dal tribunale amministrativo regionale del Piemonte con sentenza depositata il 24 giugno 1991, e' fondato sulla dimora abituale del soggetto

Page 150: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

150

sul territorio comunale, cioe' dall'elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e soggettivo dell'intenzione di avervi stabile dimora, rilevata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle relazioni sociali, occorre sottolineare che non puo' essere di ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell'alloggio, quale ad esempio un fabbricato privo di licenza di abitabilita' ovvero non conforme a prescrizioni urbanistiche, grotte, alloggi in roulottes.

Tale assunto, che da sempre costituisce uno dei criteri guida nella gestione delle anagrafi comunali, condiviso sia da questo Ministero che dall'Istituto nazionale di statistica, e' conseguente al fine cui e' ispirata la legislazione anagrafica e cioe' la rilevazione delle situazioni di fatto.

In pratica la funzione dell'anagrafe e' essenzialmente di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti sul territorio comunale, ne' tale funzione puo' essere alterata dalla preoccupazione di tutelare altri interessi anch'essi degni di considerazione, quale ad esempio l'ordine pubblico, l'incolumita' pubblica, per la cui tutela dovranno essere azionati idonei strumenti giuridici, diversi

tuttavia da quello anagrafico. Dalle suesposte considerazioni emerge che compito precipuo dell'ufficiale

di anagrafe e' quello di accertare la corrispondenza tra quanto dichiarato dal cittadino, cioe' l'intenzione di risiedere nel comune, e la res facti, ovverosia l'effettiva presenza abituale dello stesso, che dovra' formare oggetto di apposito accertamento disposto dall'ufficiale di anagrafe, cui spetta esclusivamente la decisione finale - accoglimento o meno - della richiesta di iscrizione anagrafica.

A formare tale convincimento ben possono concorrere altri elementi di valutazione, quale l'esercizio di un qualsiasi tipo di attivita' lavorativa, l'acquisto o la locazione di un immobile da adibire ad abitazione, ma non puo' certo presumersi che in mancanza di tali elementi il soggetto non potra' dimorare abitualmente.

Un simile comportamento adottato dall'ufficiale di anagrafe e' censurabile non solo avuto riguardo alla legislazione anagrafica, ma, oltretutto, alla luce del disposto dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che impone l'obbligo della motivazione dei provvedimenti adottati dalle pubbliche amministrazioni. In effetti, in presenza di quello che costituisce un diritto-dovere del cittadino, richiedere

Page 151: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

151

ed avere la residenza anagrafica, non si puo' assolutamente ipotizzare l'esistenza di una discrezionalita' dell'amministrazione comunale, ma soltanto il dovere di compiere un atto dovuto ancorato all'accertamento obiettivo di un presupposto di fatto, e cioe' la presenza abituale del soggetto sul territorio comunale.

Con cio' non si vuol certo sostenere che vadano accolte indiscriminatamente le richieste di iscrizione anagrafica in base alla sola manifestazione di volonta' dell'interessato, ma affermare la necessita' di attenersi scrupolosamente alla vigente legislazione ed alle istruzioni impartite sia da questo Ministero che dall'Istituto nazionale di statistica, che ai sensi dell'art. 12 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, esercitano la vigilanza sulla regolare tenuta delle anagrafi. Infatti, d'intesa con il suddetto Istituto, e' stato predisposto il verbale di accertamento da usarsi dalla polizia municipale, su richiesta dell'ufficiale di anagrafe, per gli accertamenti da effettuare in caso di cambio di residenza e di abitazione.

Dall'esame dell'esemplare di tale verbale riportato a pag. 120 del volume "Note ed Avvertenze" edito dall'Istat si trae un complesso di notizie che, nel loro insieme, sono mirate a determinare il convincimento dell'ufficiale di anagrafe sull'abitualita' della dimora del soggetto.

Ovviamente l'accertamento non si esaurira' nella compilazione del predetto verbale e l'ufficiale di anagrafe potra' assumere aliunde ulteriori elementi utili allo scopo, ma non puo' assolutamente sostenersi che le risposte alle domande indicate nel verbale in questione devono essere necessariamente confortate da idonea documentazione a carico dell'interessato. Nel ribadire l'importanza della problematica in questione, che investe un settore dell'attivita' amministrativa dei comuni particolarmente delicato anche per la stretta connessione con la materia elettorale, si pregano le SS.LL. di voler dare la massima diffusione al presente documento presso i comuni della provincia, richiamando la particolare attenzione dei signori sindaci sulle

responsabilita' sia di ordine penale che amministrativo, che potrebbero loro derivare da una impropria gestione del servizio anagrafico.

Page 152: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

152

Cio' anche al fine di prevenire il verificarsi di ulteriori episodi, che danneggiano non solo il cittadino ma anche l'immagine dei pubblici poteri.

Si prega, infine, di segnalare a questo Ministero se, nell'ambito della provincia, si siano verificate situazioni analoghe a quella segnalata, dando notizie degli interventi svolti.

Il Ministro: BRANCACCIO (GU n. 141 del 19-6-1995) Circ. 15-1-1997 n. 2 Anagrafe della popolazione residente - iscrizione - apposizione di condizioni

- inammissibilità. Emanata dal Ministero dell'interno. Circ. 29 maggio 1995, n. 8 L. 24 dicembre 1954, n. 1228 D.P.R. 30 maggio 1989, n. 223 L. 7 agosto 1990, n. 241 Circ. 15 gennaio 1997, n. 2 (1). Anagrafe della popolazione residente - iscrizione - apposizione di condizioni - inammissibilità. ------------------------ (1) Emanata dal Ministero dell'interno.

Page 153: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

153

Con precedente circolare MIACEL n. 8 del 29 maggio 1995, questo Ministero

ha diramato precise disposizioni sulla puntuale ed esatta gestione dell'anagrafe da parte di signori sindaci, nella loro qualità di ufficiali di Governo, richiamando l'attenzione degli stessi sulle conseguenze, non solo di ordine penale ma anche amministrative, cui può dare luogo, la creazione di impedimenti, non previsti da norme legislative, all'iscrizione in anagrafe.

Il particolare veniva sottolineato che l'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente dei cittadini italiani, non è sottoposta ad alcuna condizione, come si evince chiaramente non solo dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal successivo decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, ma altresì dalla costante giurisprudenza della Corte di cassazione. Unico requisito, è la corrispondenza che deve intercorrere tra la situazione di fatto e quanto dichiarato dall'interessato.

Tuttavia, si è già verificato a continua a verificarsi, anche alcune amministrazioni comunali, proseguono a respingere richieste di iscrizione in anagrafe a cittadini che abbiano precedenti penali.

Nel premettere che in ogni caso, provvedimenti del genere devono essere formalizzati ed, ai sensi dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, adeguatamente motivati, onde permettere agli interessati una eventuale impugnativa, si evidenzia che tale comportamento viene a concretizzare l'irrogazione di una sanzione non prevista da alcuna normativa, ed è in contrasto con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Carta costituzionale e con successivo art. 16 che prevede la libertà di movimento e, quindi, di stabilimento su tutto il territorio nazionale.

Ciò premesso, atteso il ripetersi di tali inammissibili episodi cui si aggiunge, da ultimo, il rifiuto ad esaminare pratiche di iscrizione anagrafica a cittadini non abbienti, si invitano le SS.LL. ad effettuare la più accurata sorveglianza sulla gestione delle anagrafi da parte di signori sindaci, procedendo, se del caso, ad adottare tutti qui provvedimenti a tutela della dignità della persona, non esclusa la segnalazione dell'autorità giudiziaria.

Si resta in attesa di assicurazione. Il Ministro: NAPOLITANO

Page 154: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

154

Bibliografia AA.VV., I diritti e la povertà, l’esperienza di Avvocato di strada, Edizioni

Sigem, Bologna, 2004 AA.VV., I diritti dei minori. Avvocato di strada e la tutela legale delle persone

senza dimora, Edizioni Arena, Foggia, 2007 AA.VV., Volontariato di Advocacy, istituti religiosi e servizi alle

persone, in “Studi cancan”, n°1, 2003 Barnao, C. Sopravvivere in strada, Franco Angeli, Milano, 2004 Bergamaschi, M. Ambiente urbano e circuito della sopravvivenza, Franco

Angeli, Milano, 1999

Bonadonna, F. Il nome del barbone. Vite di strada e povertà estreme in Italia, DeriveApprodi, Roma, 2001

Castaldi, M., Mutamenti nelle posizioni anagrafiche, in “Lo Stato Civile

Italiano”, 2004, Fasc.2 Di Nallo, E. Il significato sociale del consumo, Laterza, Bari, 1997 Donati, P., Sociologia del terzo settore, Carocci, Roma, 2006 FIO.psd, Grave emarginazione e interventi di rete. Strategie e opportunità di

cambiamento. Franco Angeli, Milano, 2007 Franzoni, F., Anconelli, M., La rete dei servizi alla persona, Carocci Faber,

Roma, 2003

Page 155: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

155

Granelli, M., Advocacy del volontariato o volontariato di Advocacy?, in “Studi Cancan”, n°3, 2004

Guidicini, P., Pieretti, G, Bergamaschi, M. (a cura di), Povertà urbane estreme

in Europa, Franco Angeli, Milano, 1995

Guidicini, P., Pieretti, G, Bergamaschi, M. (a cura di) Gli esclusi dal territorio, Franco Angeli, Milano,1997

Manese, G., Una rilettura dell’iscrizione in anagrafe dei senza dimora, in “Lo

Stato Civile Italiano”, 2006, Fasc.1 Martelli, A., Politiche sociali: cultura organizzativa e contesto sociale, Franco

Angeli, Milano, 2002 Martelli, Tagliaventi, Zurla, “I laboratori di Piazza Grande” tra lavoro e intervento sociale, Franco Angeli, Milano, 1999 Minardi, R., Senza fissa dimora, senza tetto, senza diritti, in “I Servizi

Demografici”, n°4/2005, Maggioli Editore Minardi, R., Residenza fittizia: un diritto per le persone senza fissa dimora e per

i senza tetto, Fio.PSD, 2005 Morleo, A., Il diritto alla salute delle persone senza dimora, in “Sanità

pubblica”, 2005, Fasc.5 Mumolo, A., Avvocati di strada: considerazione a margine di un’esperienza, in

Questione Giustizia, 2006, Fasc. 6 Paltrinieri, R. Il consumo come linguaggio, Franco Angeli, Milano,1998

Page 156: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

156

Pasini, G., Advocacy, una funzione da riscoprire, in “Rivista del volontariato” n°12, 2002

Pavarin R. M., Disagio sociale e marginalità a Bologna. Carocci, Roma, 2006 Pieretti, G., Per una cultura dell’essenzialità, Franco Angeli, Milano, 1996 Ranci, C., Politica sociale. Bisogni sociali e politiche di welfare, Il Mulino,

Bologna, 2004 Rotaris M., Il rumore dei poveri. Grandi Stazioni, Milano, 2007 Scandurra, G. Tutti a casa. Il Carracci: un’etnografia dei senza fissa dimora in

Italia, Guaraldi, Rimini, 2006 Tosi Cambini, S., Gente di sentimento. Per un’antropologia delle persone che

vivono in strada. Cisu, Roma, 2004 Vaccà, C., Accesso alla giustizia e legal aid: un’esperienza italiana, in “I

contratti”, 2006, Fasc.11 Vercelli, O., La categoria anagrafica dei senza dimora, quale significato

ancora, in “Lo Stato Civile Italiano”, 2006, Fasc.7

Zuccari F., Via modesta valenti una strada per vivere. Armando editore, Roma, 2004

Page 157: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

157

Sitografia http://www.avvocatodistrada.it Avvocato di strada Onlus http://www.piazzagrande.it Associazione Amici di Piazza Grande Onlus http://www.sokos.it Associazione SOKOS, assistenza medica per stranieri senza permesso di

soggiorno e persone senza dimora http://www.fondazionezancan.it/ Fondazione Studi Zancan http://www.iress.it/ Istituto di ricerca e formazione per i servizi sociali e sanitari http://www.fiopsd.org/ Federazione Italiana Organismi Persones Senza Dimora http://www.feantsa.org European Federation of National Organisations Working with the Homeless http://www.fratellidellastazione.com/ Il sito dell’Associazione Fratelli della Stazione, che ospita lo sportello foggiano

di Avvocato di strada http://www.ristretti.it/ Ristretti Orizzonti, rivista carceraria di Padova e Venezia

Page 158: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

158

http://www.granellodisenape.org/ Il sito dell’Associazione “Il Granello di Senape” che ospita lo sportello

padovano di Avvocato di strada http://www.nonprofitonline.it/ News e aggiornamenti sul mondo del non profit http://www.fivol.it/ Fondazione Fivol http://www.vita.it Vita.it La voce del non profit http://www.gruppoabele.org/ Il sito del Gruppo Abele http://www.redattoresociale.it/ Agenzia giornalistica quotidiana dedicata al disagio ed all’impegno sociale in

Italia e nel mondo http://www.comunitadicapodarco.it/ Comunità di Capodarco http://www.emiliaromagnasociale.it/ Emilia Romagna Sociale http://www.bandieragialla.it/ Rivista on line dedicata ai temi del volontariato http://www.caritasitaliana.it/ Caritas Italiana

Page 159: Advocacy e tutela legale delle persone senza dimora

159

http://www.exclusion.net/ Cooperazione internazionale che lotta contro l'esclusione sociale e costruisce

programmi di sviluppo per i diritti dell'uomo e dei bambini. http://viadelporto.splinder.com Il blog delle persone senza dimora di Bologna http//www.marketingsociale.net Marketing sociale e Comunicazione per la salute http://www.inmp.it Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e il

contrasto delle malattie della Povertà

http://www.onds.it/ Osservatorio Nazionale sul Disagio e la Solidarietà nelle Stazioni Italiane