Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

31
Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXXIII (2011), pp. 197-226. Ricerche critiche Adriano Ardovino DAL LOGOS AL FUOCO HEIDEGGER E L’ECO DI ERACLITO 1. DAL LOGOS AL FUOCO? Nella decima sessione del celebre seminario su Eraclito (1966/ 67), Heidegger si rivolge a Fink in questi termini: “La Sua via di in- terpretazione di Eraclito va dal fuoco al l“goj, la mia via di interpre- tazione di Eraclito va dal l“goj al fuoco” 1 . In questa sede ci propo- niamo di analizzare e discutere esclusivamente la seconda parte del- l’affermazione, di evidente natura autodescrittiva e autointerpretati- va. L’obiettivo è valutarne il contributo ai fini di un inquadramento dello specifico teoretico che segna, nel suo complesso, l’interpretazio- 1 M. Heidegger, Gesamtausgabe, Bd. 15: Seminare, Klostermann, Frankfurt a.M. 1986, p. 181 (trad. it. a cura di A. Ardovino, Eraclito. Seminario del semestre invernale 1966/67, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 153-154). D’ora in avanti i volumi della Ge- samtausgabe (secondo la quale vengono citati tutti gli scritti di Heidegger) saranno indi- cati con la sigla GA, seguita dal numero del volume e in parentesi (dove esistente e sem- pre liberamente utilizzata) dalla corrispondente traduzione italiana. – Per un inquadra- mento generale del seminario, cfr. soprattutto J. Sallis-K. Maly (edd.), Heraclitean Frag- ments. A Companion Volume to the Heidegger/Fink Seminar on Heraclitus , University of Alabama Press, Tuscaloosa (AL) 1980; M. Ruggenini, “Il pensiero e l’origine”, in M. Heidegger-E. Fink, Dialogo intorno a Eraclito, Coliseum, Milano 1992, pp. 3-20; E. Lei- bovich, “Logos, keraunos et sêmainein. A propos du séminaire ‘Heraclite’”, in N. Depraz-M. Richir (edd.), Eugen Fink. Actes du Colloque de Cerisy-la-Salle 23-30 julliet 1994, Atlanta, Amsterdam 1997, pp. 303-315.

description

.

Transcript of Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Page 1: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 197

Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXXIII (2011), pp. 197-226.

Ricerche critiche

Adriano Ardovino

DAL LOGOS AL FUOCOHEIDEGGER E L’ECO DI ERACLITO

1. DAL LOGOS AL FUOCO?

Nella decima sessione del celebre seminario su Eraclito (1966/67), Heidegger si rivolge a Fink in questi termini: “La Sua via di in-terpretazione di Eraclito va dal fuoco al l“goj, la mia via di interpre-tazione di Eraclito va dal l“goj al fuoco”1. In questa sede ci propo-niamo di analizzare e discutere esclusivamente la seconda parte del-l’affermazione, di evidente natura autodescrittiva e autointerpretati-va. L’obiettivo è valutarne il contributo ai fini di un inquadramentodello specifico teoretico che segna, nel suo complesso, l’interpretazio-

1 M. Heidegger, Gesamtausgabe, Bd. 15: Seminare, Klostermann, Frankfurt a.M.1986, p. 181 (trad. it. a cura di A. Ardovino, Eraclito. Seminario del semestre invernale1966/67, Laterza, Roma-Bari 2010, pp. 153-154). D’ora in avanti i volumi della Ge-samtausgabe (secondo la quale vengono citati tutti gli scritti di Heidegger) saranno indi-cati con la sigla GA, seguita dal numero del volume e in parentesi (dove esistente e sem-pre liberamente utilizzata) dalla corrispondente traduzione italiana. – Per un inquadra-mento generale del seminario, cfr. soprattutto J. Sallis-K. Maly (edd.), Heraclitean Frag-ments. A Companion Volume to the Heidegger/Fink Seminar on Heraclitus, University ofAlabama Press, Tuscaloosa (AL) 1980; M. Ruggenini, “Il pensiero e l’origine”, in M.Heidegger-E. Fink, Dialogo intorno a Eraclito, Coliseum, Milano 1992, pp. 3-20; E. Lei-bovich, “Logos, keraunos et sêmainein. A propos du séminaire ‘Heraclite’”, in N.Depraz-M. Richir (edd.), Eugen Fink. Actes du Colloque de Cerisy-la-Salle 23-30 julliet1994, Atlanta, Amsterdam 1997, pp. 303-315.

Page 2: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

198 Adriano Ardovino

ne heideggeriana di Eraclito2. Per quanto riguarda la prima parte,dobbiamo limitarci ad accennare che l’interpretazione finkiana per-segue un ordinamento speculativo dei frammenti eraclitei, prenden-do le mosse dal primo emblema del fuoco, il fulmine del fr. 64 DK,e seguendo uno schema già adottato nel corso friburghese del 1947/483. Come emerge da una considerazione complessiva del semina-

2 Per un bilancio, da diverse prospettive, del confronto heideggeriano con Eraclito,cfr. almeno J. Sallis, “Heraclitus and Phanomenology”, in L. Rossetti (a cura di), Atti delSymposium Heracliteum 1981, vol. 2: La ‘fortuna’ di Eraclito nel pensiero moderno, Edi-zioni dell’Ateneo, Roma, 1984, pp. 267-277; K. Maly-P. Emad (edd.), Heidegger onHeraclitus. A New Reading, Mellen, Lewiston N.Y. 1986; M. Ruggenini, “Parole fonda-mentali. Heidegger in ascolto di Eraclito”, in G. Moretti (a cura di), Heideggeriana. Sag-gi e poesia nel decennale della morte di Martin Heidegger (1889-1976), Itinerari, Lanciano1986, pp. 149-177; J. Derrida, “L’orecchio di Heidegger. Filopolemologia”, in Id., Lamano di Heidegger, Laterza, Roma-Bari 1991, pp. 81-170; I. De Gennaro, Logos. Hei-degger liest Heraklit, Duncker & Humblot, Berlin 2001; F. Aronadio, Un colloquio diHeidegger con Eraclito, Bibliopolis, Napoli 2004; P. Emad, “De-cision: HermeneuticPre-condition of Heidegger’s Interpretation of Heraclitus”, in H.-C. Günther-A. Renga-kos (Hrsgg.), Heidegger und die Antike, Beck, München 2006, pp. 115-132.

3 Cfr. E. Fink, Grundfragen der antiken Philosophie, Königshausen & Neumann,Würzburg 1985, p. 114: “Noi prendiamo le mosse (gehen aus) da quello che già per lacoscienza antica si presentava come il carattere dominante della filosofia eraclitea: la suadottrina del fuoco. A partire di lì, ci volgiamo alla sua dottrina delle opposizioni. Succes-sivamente, tentiamo l’interpretazione dell’autentica dottrina dell’essere e del logos e, da ul-timo, il chiarimento dei frammenti sulla physis. Questa articolazione della via (Weg) nonha però nulla a che vedere con una partizione (Einteilung) della filosofia eraclitea in di-scipline. Voler distinguere in Eraclito una cosmologia, o filosofia della natura, un’onto-logia generale e infine una psicologia e simili è del tutto errato. La filosofia di Eraclito haun tema soltanto: l’ente in totalità. Eraclito, come gli altri physiologoi, pensa unicamenteil mondo. La filosofia occidentale ha inizio allorché concepisce il rapporto tra essere e dive-nire come struttura fondamentale del mondo”. – Sullo specifico dell’interpretazione finkia-na, cfr. R. Berlinger, “Heraklit – Eine Herausforderung. In freundschaftlichem Geden-ken an Eugen Fink”, Perspektiven der Philosophie 22 (1996), pp. 11-28; A. Ardovino,“Dal fuoco al logos. L’interpretazione finkiana di Eraclito”, in Id. (a cura di), EugenFink. Interpretazioni fenomenologiche, Nuova Editrice Universitaria, Roma 2011, pp.125-163. Sulla “differenza” tra Heidegger e Fink, cfr. F.-W. v. Herrmann, “Remarks onthe Difference between Fink’s and Heidegger’s Approaches to Heraclitus”, in J. Sallis-K. Maly (edd.), Heraclitean Fragments, cit., pp. 19-21, che sottolinea il contrasto tral’enfasi iniziale di Fink sulla percezione visiva dei fenomeni di volta in volta nominati daEraclito e l’enfasi di Heidegger su un “vedere fenomenologico” sempre mediato dall’er-meneutica del linguaggio (ossia dalla liberazione di un potenziale visivo già insito nelleparole fondamentali dell’inizio eracliteo): da questo punto di vista, la via che va “dalfuoco al l“goj” (Fink) mirerebbe a portare al linguaggio e al concetto ciò che innanzitut-to si mostra, mentre la via che va “dal l“goj al fuoco” mirerebbe a scorgere ciò che simostra soltanto dentro il linguaggio e grazie all’ascolto della parola.

Page 3: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 199

rio, che qui non possiamo esplicitare, Heidegger sottolinea più voltela problematica metafisica, già discussa da Hegel e Nietzsche, dell’ar-ticolazione tra dimensione fenomenica e non-fenomenica, tra ele-mento igneo (fulmine, sole, fuoco) ed elemento “logico” (uno-tutto,armonia): nei termini di Fink, tra filosofia simbolica e filosofia insenso proprio; nei termini di Heidegger, tra piano ontico e pianoontologico. In certo qual modo, questa è la Sache selbst, la cosa incausa nel pensiero “pre-metafisico” di Eraclito. Ma che senso ha, al-lora, l’inversione della “polarità” tra fuoco e l“goj che Heidegger ri-vendica come propria rispetto a Fink? Che significa, per chi si pongadi fronte all’interpretazione heideggeriana di Eraclito nel suo com-plesso, riconoscere che la sua via procede “dal l“goj al fuoco”?

L’apparente semplicità della domanda cela un’inapparente com-plessità. Innanzitutto: posto che nel corso del seminario, in cui l’af-fermazione ricorre, Heidegger non espone mai in modo esplicito ediretto la propria interpretazione, ma si limita, maieuticamente, a la-sciare emergere l’interpretazione di Fink, vigilando rigorosamente suisuoi passi e sulla sua tenuta, dobbiamo chiederci che cosa egli inten-da dire rinviando appunto a una “propria” interpretazione. Moltesono le risposte possibili. Per affrontarle occorre richiamare breve-mente la complessità della base documentale e cronologica del suoconfronto con Eraclito.

Già nel corso del 1926 I concetti fondamentali della filosofia anti-ca, Heidegger aveva dedicato alcune brevi considerazioni, non privedi spunti importanti, ad Eraclito4, menzionando in particolare, oltreall’interpretazione di Hegel e Windelband, soprattutto il Parmenidesdi Karl Reinhardt, che sarà tra gli stimoli decisivi della sua interpre-tazione dei Presocratici durante la “revisione” dell’ontologia fonda-mentale di Essere e tempo. Nondimeno, la sommaria trattazione del1926 è incomparabile rispetto agli accenni, più o meno estesi, chegià compaiono, senza che qui sia possibile soffermarsi sul loro esserespia e sintomo di un’interpretazione già coerente nel suo sfondo, incorsi come Principi metafisici della logica (1928, ripreso e rielaborato

4 Cfr. GA 22: Die Grundbegriffe der antiken Philosophie, Klostermann, Frankfurta.M. 1993, pp. 57 ss. (trad. it. a cura di G. Gurisatti, I concetti fondamentali della filo-sofia antica, Adelphi, Milano 2000, pp. 132 ss.).

Page 4: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

200 Adriano Ardovino

nello scritto del 1929 Dell’essenza del fondamento), Concetti fonda-mentali della metafisica (1929/30), L’essenza della verità (1931/32) eGli inni di Hölderlin “Germania” e “Il Reno” (1934/35). Soprattutto,la trattazione del 1926 è incomparabile rispetto al primo vero mo-mento pubblico della Auseinandersetzung con Eraclito, il corso del1935 Introduzione alla metafisica. Il secondo momento essendo costi-tuito dai due corsi, stavolta integralmente dedicati a Eraclito, L’ini-zio del pensiero occidentale (1943) e Logos (1944), mentre il terzo è darintracciare nel saggio e nella conferenza che rispettivamente sintetiz-zano, ma anche ripensano e rielaborano, i due corsi appena citati:Aletheia (Eraclito, fr. 16) del 1950 e Logos (Eraclito, fr. 50) del 1951.Il quarto momento, infine, si può rinvenire proprio nel seminario suEraclito del 1966/67 e nel prezioso resoconto parziale del Seminariodi Le Thor del 1966, articolato in sette colloqui, di cui cinque suEraclito.

Stando a questa grossolana ricognizione, il confronto pubblico diHeidegger con Eraclito copre un arco di oltre quattro decenni(1935-1967), ognuno dei quali è contrassegnato da diverse modalitàdi comunicazione (dal corso di lezioni al saggio, dalla conferenza alseminario). Se però torniamo alla nostra domanda – che cosa inten-de Heidegger, nel contesto del seminario del 1966/67, parlandodella propria interpretazione –, e scartiamo, per le ragioni già ricor-date, l’ipotesi che si riferisca solo a ciò che di essa traspare, in modoobliquo e incompleto, nel seminario stesso, si può ipotizzare in pri-mo luogo che egli si riferisca alla propria interpretazione di Eraclitoin tutta la sua quarantennale ampiezza. Ma è davvero corretta questaipotesi? Mentre in effetti il corso del 1935 Introduzione alla metafi-sica era stato già pubblicato all’epoca del seminario (e precisamentenel 1953), e il saggio e la conferenza del 1950 e del 1951 erano statiriuniti nella raccolta Saggi e discorsi (apparsa nel 1954), i due corsidel 1943 e del 1944 erano ancora inediti e sarebbero apparsi soltan-to postumi (1979). Poiché qui non possiamo inoltrarci in congettu-re relative all’ampia circolazione delle Nachschriften e al rapportopersonale di Heidegger con Fink (che nulla vieta fosse stato messo aparte del contenuto di quei corsi), dobbiamo ragionevolmente esclu-dere che Heidegger, parlando della propria interpretazione come di

Page 5: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 201

qualcosa di noto e accessibile anche agli altri partecipanti al semina-rio, potesse riferirsi ai due corsi eraclitei degli anni ’40. Restano dun-que il corso del 1935 e i testi del 1950-1951.

A ben vedere, però, l’interpretazione del 1935, in cui ricorre cer-tamente la più idiosincratica delle operazioni concettuali heidegge-riane – ossia la “riconduzione” del l“goj eracliteo al “significato ori-ginario” della “raccolta”, che marca uno spostamento sostanzialerispetto all’interpretazione ancora aristotelizzante del l“goj come¢p“fansij in Essere e tempo –, non risulta affatto disposto secondo unmovimento “dal l“goj al fuoco”. Non da ultimo perché il fuoco nonè mai oggetto di considerazione specifica, se non in appendice allaben più ampia e celebre rilettura della schiusura dell’essere (f⁄sij) apartire dalla sua connessione con il nascondimento (123 DK), ossiain base all’essenza del disvelamento (¢lªqeia). Se ne deve concludereche Heidegger non possa riferirsi prioritariamente nemmeno al corsodel 1935, ma soltanto, eventualmente, ai due testi inclusi in Saggi ediscorsi. A questo punto, tuttavia, si affacciano ancora una volta ipo-tesi diverse per cercare di capire dove e in che senso Heidegger pro-ceda “dal l“goj al fuoco”. Vediamo.

La prima ipotesi è di carattere schiettamente redazionale e attie-ne all’ordine con cui Heidegger ha disposto i testi che compongonoSaggi e discorsi. La loro sequenza prende avvio dalla celebre conferen-za La questione della tecnica – dunque dalla stazione conclusiva dellastoria della metafisica, configurazione “ultima e attuale” dell’esse-re –, per poi effettuare il “passo indietro”, con la “mediazione” dellaconferenza La cosa, verso l’inizio aurorale del pensiero e delle sue pa-role fondamentali. Secondo questa disposizione, il saggio intitolatoLogos (che è il terzultimo della raccolta) precede il saggio intitolatoAletheia (che invece la conclude). Ora, quest’ultimo saggio è essen-zialmente dedicato al fr. 16 DK: “a ciò che non tramonta mai comepotrebbe uno rimanere nascosto?” Com’è noto, Heidegger “traduce”l’“intramontante” di Eraclito come “il non mai fare ingresso nel ve-lamento” e lo reinterpreta come “il perdurante sorgere a partire dalvelarsi”5. E poiché è in tale precisa “modalità” che “arde e risplende

5 GA 7: Vorträge und Aufsätze, Klostermann, Frankfurt a.M. 2000, p. 268 (trad. it.a cura di G. Vattimo, Saggi e discorsi, Mursia, Milano 1976, p. 189).

Page 6: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

202 Adriano Ardovino

e medita il fuoco cosmico (Weltfeuer)”, sembrerebbe piuttosto agevo-le pensare che la disposizione dei due saggi – da Logos ad Aletheia –rispecchi esattamente il procedere dell’interpretazione “dal l“goj alfuoco”. La disposizione redazionale, cioè, “rifletterebbe” il movimen-to ermeneutico e la sua direzione speculativa, dando conto finalmen-te del senso dell’affermazione di Heidegger. E si potrebbero ancheaggiungere, a suffragio dell’“inizialità” del l“goj, le osservazioni delSeminario di Le Thor, in cui Heidegger si chiede:

su quale parola di Eraclito deve innanzitutto orientarsi l’interpretazio-ne? Siamo in effetti di fronte a svariate parole: logos, physis, conflitto,mondo, fuoco, uno-unico, ecc. Partendo da un’indicazione di Aristo-tele [Rhet. G 5 1407 b 11], possiamo considerare il fr. 1 dell’edizioneDiels-Kranz, in accordo con la tradizione, come l’inizio stesso diquello scritto di Eraclito che, secondo Diogene Laerzio, egli lasciò incustodia nel tempio di Artemide a Efeso. Gli altri frammenti sonoclassificati da Diels-Kranz secondo l’ordine alfabetico degli autori –da Aezio a Teofrasto – che li hanno citati, a eccezione del fr. 2, tra-mandato da Sesto Empirico e da lui fatto seguire pressoché immedia-tamente al fr. 1 […]. Prendiamo quindi come filo conduttore (Leit-faden) il logos, di cui si parla proprio all’inizio del fr. 1 […]6.

Il principio e il punto di partenza – dal punto di vista ermeneu-tico-speculativo non meno che dal punto di vista storico-filologico –va rintracciato nel l“goj, che diventa al contempo un “filo condutto-re”. Lo stesso che Fink, guardando invece al fuoco, si era detto inte-ressato ad enucleare, onde far emergere una traccia per l’interpreta-zione dei detti. Ci chiediamo tuttavia: è sufficiente, per comprenderel’autodescrizione della via heideggeriana “dal l“goj al fuoco”, arre-

6 GA 15, cit., pp. 271-272 (trad. it. a cura di M. Bonola, Seminari, Adelphi, Milano1992, p. 20). Più avanti nel testo, viene ribadito che “il l“goj deve essere per noi il filoconduttore per leggere i frammenti di Eraclito (tanto più che questi frammenti non rap-presentano frammenti in senso proprio, quanto piuttosto citazioni di un testo oggi per-duto)” (ivi, p. 274; trad. it., cit., p. 24). È in questo punto che Jean Beaufret, al quale sidevono i verbali del seminario, inserisce in parentesi la seguente nota “esplicativa”, chetuttavia, com’è evidente, non è di particolare aiuto per la risoluzione dei problemi che siaddensano nell’affermazione heideggeriana che andiamo commentando, ovvero per lasua comprensione filosofica: “(Le osservazioni precedenti spiegano la riserva di Heideg-ger, qualche mese dopo, durante il seminario su Eraclito che ebbe luogo, sotto la guidadi Eugen Fink, nel semestre invernale 1966/67 all’Università di Friburgo […] ‘La Sua[sc. di Eugen Fink] via di interpretazione di Eraclito va dal fuoco al l“goj, la mia via diinterpretazione di Eraclito va dal l“goj al fuoco’)” (ivi, p. 275; trad. it., cit., p. 24).

Page 7: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 203

starsi alle considerazioni esterne, di ordine redazionale e filologico,svolte fin qui? In secondo luogo: non rientra tra le peculiarità dell’in-terpretazione fenomenologico-speculativa di Eraclito il fatto di disat-tivare simili motivazioni, che in nessun caso possono trasformarsi inmoventi dell’interpretazione stessa e della sua proposta di ordinamen-to dei detti? Infine e in terzo luogo: non ci sono forse ulteriori pro-nunciamenti di Heidegger sull’“inizio” dell’interpretazione e sul pos-sibile ordinamento dei frammenti?

La risposta alla prima domanda è evidentemente negativa. Men-tre è positiva nel caso della seconda. Come infatti la via di Fink an-dava dal “fuoco al l“goj” innanzitutto per ragioni intrinseche alla suainterpretazione, a maggior ragione la via di Heidegger non può fon-darsi su questioni come quelle menzionate qui sopra, che tutt’al piùvanno intese come esiti o come effetti, ma non come cause dell’in-terpretazione. Per il momento, differiamo ancora ogni considerazio-ne sul nodo teoretico più specifico dell’interpretazione heideggeria-na, su cui torneremo più avanti. Prima di tutto, infatti, occorre ten-tare di rispondere alla terza delle domande appena poste. Torniamoancora una volta al testo del seminario del 1966/67 e in particolarea quanto si dice nella settima sessione:

HEIDEGGER: Il signor Fink ha iniziato dunque l’interpretazione diEraclito con il fulmine. È ovvio, questo inizio (Anfang)? Non sor-prende?PARTECIPANTE: Se si pensa agli approcci che di solito vengono pratica-ti, tale inizio è senz’altro inusuale.HEIDEGGER: Il signor Fink, che incomincia con il fulmine, è comecolto, per dir così, dal fulmine. Con che cosa inizia Heidegger?PARTECIPANTE: Con il L“gojHEIDEGGER: e oltre a ciòPARTECIPANTE: con la 'Alªqeia.HEIDEGGER: Ma in che modo Heidegger perviene alla 'Alªqeia?PARTECIPANTE: Attraverso il fr. 16: t’ mæ d‡n“n pote pÓj £n tij l£qoi;HEIDEGGER: Nel luogo in cui tale frammento viene posto a fonda-mento (zugrundegelegt) di un’interpretazione di Eraclito, si dice ancheche lo si dovrebbe leggere come primo frammento. Ma come si con-ciliano i frr. 64 e 16, e in che modo, in particolare, il fr. 64 si distin-gue dal fr. 16? In che consiste la distinzione (Unterschied) tra i dueinizi?

Page 8: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

204 Adriano Ardovino

PARTECIPANTE: t’ mæ d‡n“n pote è il fulcro del fr. 16, keraun“j del fr.64.HEIDEGGER: I due frammenti, e con ciò i due inizi, sono identici?PARTECIPANTE: No.HEIDEGGER: Prenda il fr. 16 nella sua interezza e lo confronti con ilfr. 64.PARTECIPANTE: La distinzione tra i due frammenti consiste nel fattoche nel fr. 64 si parla soltanto di t¶ p£nta, mentre nel fr. 16 entra ingioco l’uomo.HEIDEGGER: Si tratta pertanto di una grossa distinzione. La domandasarà che cosa debba significare il diverso inizio, con il 64 in un caso,con il 16 nell’altro, e se qui vi sia o meno una contrapposizione (Ge-gensatz) […]7.

Il passo riserva molteplici indicazioni. Heidegger ce le fornisce inprima persona, ma anche “attraverso” l’interrogazione maieutica delsuo interlocutore occasionale. Innanzitutto, non si parla ancora diuna duplice “via” dell’interpretazione, ma di due distinti “inizi”,coincidenti con le nozioni-chiave evocate in due diversi frammenti.L’uno (64 DK) nomina l’emblema istantaneo del fuoco eterno, ossiala temporalità del fulmine che guida il tutto, l’altro (16 DK)l’“intramontante” che esprime la modalità d’essere del fuoco nel sen-so del k“smoj e della f⁄sij. Entrambi i frammenti riguardano quindiil fuoco, nessuno dei due il l“goj. Anche Heidegger sembra dunquecominciare dal fuoco. Eppure, quando egli stesso domanda, con uncerto sussiego, Womit fängt Heidegger an, con che cosa – con qualiparole fondamentali – inizia Heidegger, l’interlocutore nomina ilL“goj. E subito dopo viene incalzato e indotto, dall’inciso diHeidegger, a integrare la sua risposta con il riferimento alla 'Alªqeia.Il che, come minimo, revoca parzialmente in dubbio il criterio ri-chiamato poco sopra, cioè quello di un rispecchiamento intenzionaledel movimento ermeneutico “dal l“goj al fuoco” nella “progressione”redazionale dal (saggio sul) Logos alla (trattazione sulla) Aletheia.Stando al passo appena riportato, infatti, il Grundwort a cui è consa-crato il secondo saggio non rappresenta affatto una conclusione, ben-sì un contributo al “duplice” inizio della via heideggeriana, il cuimovimento, dovremmo dire ora, va come minimo “dal l“goj, e an-

7 Ivi, pp. 119-120 (trad. it., cit., pp. 98-99).

Page 9: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 205

che, al tempo stesso, dalla ¢lªqeia, al fuoco”.Eppure, nel passo appena citato si parla del “luogo” in cui il fr.

16 DK viene posto a fondamento dell’interpretazione di Eraclito. Epoiché il menzionato corso del 1943, in cui ciò effettivamente e perla prima volta accade, va lasciato sullo sfondo, non resta che identi-ficare tale luogo con il quinto capoverso del saggio Aletheia, in cui siafferma: “per ciò che concerne il suo rango intrinseco e la portata diciò che indica” il fr. 16 DK dovrebbe “diventare il primo”8. Per in-ciso, nel corso del 1943 (che sta alla base del saggio), Heidegger erastato ben più esplicito: “Con il frammento di Eraclito, che adessointroduciamo per primo nella successione (Reihenfolge) tentata inquesta sede, il pensiero intende giungere nel centro determinante(bestimmende Mitte) che per i pensatori dell’inizio in genere – equindi anche per Eraclito – è ciò che è da pensare in senso iniziale.Collochiamo all’“inizio” il fr. 16 […]”9. Col che la “successione” ar-rischiata nel corso si distingue recisamente da ogni “disposizione(Folgeordnung) divenuta abituale”10, perché “antepone” a tutti glialtri quello che è “il primo detto secondo il rango (rangmäßig)”11,confermando così il proprio intento di fondo, che è speculativo insenso ampio.

Se a tutto questo aggiungiamo un’affermazione del corso del1944, secondo cui il fr. 119 DK (¬qoj ¢nqrËpJ daÖmwn), che “è daconsiderarsi tra i più essenziali che ci siano stati tramandati”, può es-sere chiarito soltanto se posto “alla fine [c.n.] di un’interpretazioneconchiusa (geschlossene) di Eraclito”12, saremmo legittimati a conclu-derne, dato l’arco ordinamentale che si tende tra il fr. 16 e il fr. 119,che la via dell’interpretazione heideggeriana, ben lungi dal procedere“dal l“goj al fuoco”, sembrerebbe transitare invece da una dimensio-ne in senso ampio “cosmologica” (in cui pure emerge, a differenzadell’inizio finkiano dai p£nta, “indistintamente” governati dall’uno-folgore, l’eccellenza dell’uomo e forse del dio, unici “enti” che pos-

8 GA 7, cit., p. 251 (trad. it., cit., p. 177).9 GA 55: Heraklit, Klostermann, Frankfurt a.M. 1979, p. 44 (trad. it. a cura di F.

Camera, Eraclito, Mursia, Milano 1993, p. 34).10 Ivi, p. 62 (trad. it., cit., p. 45).11 Ivi, p. 97 (trad. it., cit., p. 67).12 Ivi, p. 350 (trad. it., cit., p. 228).

Page 10: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

206 Adriano Ardovino

sono essere chiamati in causa dal pronome personale, tij) ad una insenso ampio “etico-antropologica”, sebbene pur sempre riferita al di-vino (daÖmwn). Potremmo dire allora: “dal fuoco all’uomo”, o, neitermini dell’ontologia fondamentale, “dall’ente (in totalità) all’esser-ci”. Il che darebbe conto della “diffidenza” di Heidegger nei con-fronti della cosmologia finkiana e della sua ambivalenza rispetto allacrucialità del Dasein13 come indicazione, al tempo stesso individualee collettiva, del Menschsein.

La nostra domanda di fondo, a questo punto, non fa che ripro-porsi con più acutezza. In che senso l’interpretazione heideggerianadi Eraclito, che comincia – a prescindere da ogni criterio redazionale– con il fr. 16 DK (l’intramontante, cioè il fuoco stesso), seguirebbeinvece (o sarebbe comunque descrivibile come) un percorso inverso,“dal l“goj al fuoco”, o meglio ancora, come siamo costretti a rifor-mulare ora secondo l’integrazione sollecitata da Heidegger stesso,“dal l“goj e dalla ¢lªqeia al fuoco”? È conciliabile un ordinamentodei frammenti che inizi dal mæ d‡non e si concluda nell’¬qoj con l’uni-ca via che nel 1966/67 Heidegger rivendica per sé in modo esplicitoe ultimativo, la via che va “dal l“goj al fuoco”? Ma soprattutto: èpossibile rispondere a simili domande senza chiedersi che cosa signi-fichi, per Heidegger, il l“goj, e che cosa, a maggior ragione, il “fuo-co”? È cioè possibile comprendere l’interpretazione heideggeriana del“primo inizio” (Eraclito) senza riformularne la lingua nella linguadell’“altro inizio” (Heidegger)14, ossia senza esplicitare la natura in-tegralmente speculativa e la specificità teoretica del Gespräch di Hei-degger con Eraclito?

13 Su cui cfr. le considerazioni di G. Carchia nella sua lucida introduzione a R.Schürmann, Dai principî all’anarchia. Essere e agire in Heidegger, Il Mulino, Bologna1995, pp. 15 ss.

14 Sulle “categorie” del primo inizio e dell’altro inizio cfr. soprattutto GA 65:Beiträge zur Philosophie (Vom Ereignis), Klostermann, Frankfurt a.M. 1989 (trad. it. acura di F. Volpi, Contributi alla filosofia (Dall’evento), Adelphi, Milano 2007), su cuicfr., tra gli altri, G. Strummiello, L’altro inizio del pensiero. I “Beiträge zur Philosophie”di Martin Heidegger, Levante, Bari, 1995.

Page 11: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 207

2. IL FUOCO È IL LOGOS

A ben vedere, al di là delle ambiguità emerse fin qui e della diffi-coltà di determinare in modo univoco la seconda parte dell’afferma-zione heideggeriana, si sarebbe potuta sollevare già da tempoun’obiezione relativa alla legittimità del “movimento” stesso dell’in-terpretazione, ovvero al “senso” della sua “direzionalità”. Non è in-fatti Eraclito stesso a sconfessare ogni possibilità di distinguere, entrola circolarità e la coappartenenza delle nozioni-chiave del suo pensie-ro, un punto di partenza e un punto di arrivo? E non è Heideggerstesso a richiamare il “circolo ermeneutico” come Grundschwierigkeitdell’interpretazione di Eraclito, onde il chiarimento lineare di singolenozioni e di “frammenti essenziali” presuppone già sempre un’inter-pretazione complessiva (e dunque circolare) dei frammenti stessi?15

Vale la pena, prima di enunciare la nostra tesi circa il possibile signi-ficato della seconda parte dell’affermazione heideggeriana, soffermar-si brevemente su alcune questioni di fondo.

Innanzitutto, è noto che l’esito più estremo dell’interpretazioneheideggeriana dell’intera storia della metafisica – della metafisicacome storia e in modo particolare dei tre pensatori del suo inizio es-senziale: Anassimandro, Eraclito, Parmenide –, si pone in ultimaistanza sotto il segno di un “pensiero tautologico”, che è peraltro “ilsenso originario della fenomenologia”16. È l’eco del pensiero inizialedi Parmenide, ossia della “tautologia autentica”17 che “non nominache lo stesso (das Selbe) e precisamente in quanto tale” – ústi g¶reçnai (6,1 DK) – e della “tautologia perfetta”18: taŸt“n t'ôn taŸtÓ temönon kaq'òaut“ te keãtai (8,29 DK), “esso Stesso dimorando nelloStesso risiede in se stesso”. Si tratta, afferma Heidegger, di “ricono-scere che la tautologia è l’unica possibilità di pensare ciò che la dia-lettica può soltanto velare (verschleiern)”19 e che solo “se si è in grado

15 GA 15, cit., pp. 32 ss. (trad. it., cit., pp. 21 ss.)16 Ivi, p. 399 (trad. it., cit., p. 179).17 Ivi, p. 397 (trad. it., cit., p. 176).18 Ivi, p. 398 (trad. it., cit., p. 177).19 Cfr. ivi, pp. 277-278 (trad. it., cit., pp. 27-28): “In tutto ciò di cui il l“goj dà la

misura, si tratta certo di un di£, ma esso non è mai determinato dialetticamente, cioècome la contrapposizione di opposti (Gegensätze) permanenti. Il diafer“menon di Eraclito

Page 12: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

208 Adriano Ardovino

di leggere Eraclito partendo dalla tautologia parmenidea, allora eglistesso apparirà in stretta prossimità con la medesima tautologia[…]”20.

Ora, in Eraclito la “tautologicità” dell’essere si declina in moltimodi. In base a quello “stesso” che sono vivo e morto, desto e dor-miente, giovane e vecchio (88 DK) o Dioniso e Ade (15 DK), maanche in base alla mÖa f⁄sij dei giorni (106 DK) o allo ûn di giorno enotte (57 DK). E, soprattutto, in base a quella forma raccolta delloStesso che risuona nel Gesamt dello —m“n, ossia in base al pensiero cheaccade come —m“logeãn (50 DK), come quel dire con-sentendo che èreso possibile dall’ascolto del L“goj e grazie al quale soltanto Eraclitopuò pronunciare e pensare – nel senso di discernere e raccogliere(lögein) – la sinassi di tutte le sinassi (cioè la mobilità intrinseca del-l’uno): ûn p£nta. Che non è “ciò” che il L“goj “dice”, bensì il “modo”in cui il L“goj – che “si presenta”21 come lo xun“n (2 DK) rispetto alquale i più non cessano di farsi e di restare ¢x⁄netoi (1 DK) – dispie-ga la sua durevole essenza. In Eraclito, cioè, la tautologia presenta ilvolto dell’omologia22, sulla quale “poggiano” ogni paratassi e ognicircolazione interna allo Stesso.

L’eco di Eraclito, ancor più che di Parmenide, si avverte in pie-nezza allorché Heidegger assume che tutte le parole fondamentali delpensiero iniziale23 non sono altro che nomi dell’essere, accostati dap-prima in una vertiginosa paratassi e poi fatti circolare incessantemen-te l’uno nell’altro – come “l’uno-nell’altro” –, per essere infine inter-

è piuttosto il dispiegamento dei reciprocamente contrastanti (Widerwendigen) e ha il suofondamento nell’inapparente del l“goj […]. Gli opposti si escludono a vicenda, mentrei contrastanti si corrispondono facendosi risaltare reciprocamente […]”. Sulla difficile eper molti versi irrisolta questione della dialettica nel pensiero di Heidegger, cfr. L.Samonà, Heidegger. Dialettica e svolta, L’Epos, Palermo 1990 e più di recente Id., “Laverità tra dialettica ed ermeneutica”, Giornale di Metafisica 31 (2009), pp. 25-42.

20 GA 15, cit., p. 400 (trad. it., cit., p. 180).21 Ivi, p. 275 (trad. it., cit., p. 25).22 Cfr. I. De Gennaro, Logos, cit., in part. pp. 234 ss. sullo homologisches Denken des

Seins, ma già in altro contesto, in riferimento al confronto con Aristotele, F. Volpi,“‘Sein und Zeit’: Homologien zur ‘Nikomachischen Ethik’”, Philosophisches Jahrbuch 96(1989), pp. 225-240.

23 Su cui cfr. l’ampio studio di M. Zarader, Heidegger e le parole dell’origine, Vita ePensiero, Milano 1997 e la breve, ma densa sinossi delle categorie del “cominciamentopresocratico” in R. Schürmann, Dai principî all’anarchia, cit., pp. 331-359.

Page 13: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 209

pretati come “l’uno-a-partire-dall’altro”. È ciò che accade già inIntroduzione alla metafisica, dove f⁄sij, ¢lªqeia, dÖkh, l“goj “sono”lo Stesso – l’essere dello Stesso che appare nel loro “essere-lo-Stes-so” –, colto nella sua articolazione e nel suo accadimento storico-epocale. Mentre in Essere e tempo l’“essere” doveva dapprima venireinterpretato a partire dalla pura “ostensione” trascendentale dellaTemporalität e solo successivamente – nella seconda parte, non pub-blicata – “illustrato” nella sua vicenda storica grazie alla “decostru-zione fenomenologica della storia dell’ontologia sul filo conduttoredella problematica della temporalità (Temporalität)”24 – in particola-re da Kant indietro fino ad Aristotele –, dopo la crisi di quel progettol’essere viene “ridotto” – oramai da Nietszche indietro fino ad Anas-simandro – alla sua stessa storia e sottoposto a un’interpretazione“epocale”. Basata, cioè, sull’“ôpocª dell’essere”, che si trattiene in sé(an sich hält), e il cui epochales Wesen, per l’appunto, “rientra nel ve-lato carattere temporale dell’essere e contrassegna l’essenza del tempopensata nell’essere”25. Che non è più “termine” di una demonstratiotrascendentale, bensì si annuncia, in modo “semplice”, nella suatemporalità epocale (nel suo sottrarsi storico), ossia nel suo accaderein parole ed esperienze fondamentali senza mai “ridursi” a nessunadi esse, e pertanto “operando” come pura sponda, come puro fonda-mento assente e come puro accadimento di un non-avvento, chenondimeno ha la forza di trattenere, raccogliere e unificare – nel loroincessante e reciproco deferimento – tutti i suoi nomi, non soltantoquelli del pensiero aurorale, ma quelli di tutto il pensiero occidenta-le. È l’immane omologia (tautologica) dell’essere che non nega ilmovimento della storia, perché piuttosto lo raccoglie, storicamente,nel suo fondamento sospeso.

Il caso del l“goj, per tornare alla “via” di Heidegger, è del tuttoparadigmatico. Nell’omonimo saggio del 1951, il l“goj eracliteo èdas reine versammelnde lesende Legen o, più semplicemente, dielesende Lege, ossia quel “porre” e quella “posizione” – un porre (set-zen) che è posto dal fondamento (Grund), facendosi posizione di

24 GA 2: Sein und Zeit, Klostermann, Frankfurt a.M. 1977, p. 53 (trad. it. a cura diP. Chiodi, riv. da F. Volpi, Essere e tempo, Longanesi, Milano 2005, p. 56).

25 GA 5, cit., p. 338 (trad. it., cit., p. 314).

Page 14: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

210 Adriano Ardovino

principio (Grund-Satz) e principio di ragione (Satz vom Grund)26 –che si esplicano come cernita (Lesung), adunamento (Sammlung) eraccolta (Versammlung), nel beisammen-vor-liegen-Lassen, in quel “la-sciare” che raccoglie e concede l’orizzonte della presenza (del Vor-liegende) prima di qualsiasi intervento della soggettività umana. In-terpretato in base al suo “senso autentico”, il l“goj è al contempo laparola-guida (Leitwort) del pensiero eracliteo e il nome (Name) del-l’essere – dell’essere-già-posto dell’ente in quanto essere-già-raccoltonel raccoglimento –, ossia la modalità storica con cui l’essere “habrillato” per un istante, concedendo al pensiero aurorale di Eraclitola qualità del suo sguardo. All’altro estremo della storia dell’esserecome posizione si colloca la forma compiuta del porre (Stellen), cheè l’essenza della tecnica moderna, ossia la dispositività (Gestellnis) cheabbraccia l’orizzonte destinale di ogni disporre (Bestellen) e di ognidispositivo. Afferma allora Heidegger, omologicamente: “Nella paro-la ‘disposizione’ (Gestell) parla la raccolta del porre, nella ‘raccolta’parla l’eco del L“goj, nel ‘porre’ parla l’eco della Qösij (PoÖhsij). LaQösij è l’eco in-audita della F⁄sij”27. L“goj e Gestell, il nome inizialee il nome destinale dell’essere, sono lo Stesso. Essi hanno “luogo”,come inizio e compimento, in quel “movimento” tautologico-omo-logico “dallo Stesso allo Stesso” che è la storia dell’Occidente. È ilmovimento perfetto – accaduto, ma non ancora avvenuto – vom Sel-ben auf das Selbe zu das Selbe, secondo le parole con cui Heideggeresplicita la propria tautologia autentica – das Ereignis ereignet28 –,sulla quale torneremo fra un attimo.

Ma una volta assodato che il l“goj, capitalizzato come il L“gojdella tautologia essenziale — L“goj lögei, è l’essere, che cosa ne è del“fuoco”? Scrive Heidegger nel saggio Aletheia:

26 Cfr. GA 10: Der Satz vom Grund, Klostermann, Frankfurt a.M. 1997 (trad. it. acura di F. Volpi e G. Gurisatti, Il principio di ragione, Adelphi, Milano 1991) e GA 79:Bremer und Freiburger Vorträge, Klostermann, Frankfurt a.M. 1994, pp. 78-176 (trad.it. a cura di G. Gurisatti, Conferenze di Brema e Friburgo, Adelphi, Milano 2002, pp.109-219).

27 GA 76: Leitgedanken zur Entstehung der Metaphysik, der neuzeitlichen Wissenschaftund der modernen Technik, Klostermann, Frankfurt a.M. 2009, p. 320.

28 GA 14: Zur Sache des Denkens, Klostermann, Frankfurt a.M. 2007, p. 29 (trad.it. a cura di E. Mazzarella, Tempo ed essere, Guida, Napoli 1980, p. 130).

Page 15: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 211

L’essenza del fuoco che Eraclito pensa non è così immediatamenteevidente come potrebbe farci credere l’immagine di una fiamma chedivampa. Occorre che facciamo attenzione all’uso della lingua cheadopera la parola fuoco sotto rispetti molteplici e fornisce così un’in-dicazione circa la pienezza essenziale di ciò che si dà per via di allusio-ne nel dire pensante della parola.P‡r designa il fuoco sacrificale, il fuoco del focolare, il fuoco del bi-vacco, ma anche il bagliore delle fiaccole, il rilucere degli astri. Nel“fuoco” vige la luminosità dell’aperto, l’incandescenza, il divampare,il tranquillo risplendere, ciò che distende un’estensione nella lumino-sità. Ma nel “fuoco” vige anche il danneggiare, il rompere, il chiudereed estinguere. Quanto Eraclito parla del fuoco egli pensa precipua-mente al vigere diradante, all’assegnare che dà e sottrae misura. Se-condo un frammento scoperto da Karl Reinhardt […] in Ippolito, eabbastanza certamente autentico, t’ p‡r è per Eraclito nello stessotempo t’ fr“nimon, il meditante. A ognuno esso mostra la direzione, aognuno presenta il luogo in cui questi ha il suo posto. Il fuoco medi-tante è il raccoglimento (Versammlung) che pone dinanzi (nella pre-senza) ed espone. T’ P‡r è — L“goj. […] Nella molteplicità di nomidiversi: f⁄sij, p‡r, l“goj, ¢rmonÖh, p“lemoj, úrij, (filÖa), õn, Eraclitopensa la pienezza essenziale dello Stesso29.

Sulla base di questo passo e delle considerazioni svolte fin qui,l’obiezione a cui accennavamo poc’anzi può essere definitivamenteesplicitata in questi termini: ha senso parlare di un movimento “dall“goj al fuoco” (o viceversa), dal momento che per Heidegger “ilfuoco è il l“goj” – come del resto “la f⁄sij è la ¢lªqeia” –, giacchéentrambi sono “lo Stesso”? Ha senso, cioè, indicare una direzione ouna via all’interno dell’identità e della circolazione degli identici? La

29 Cfr. anche GA 10, cit., p. 168 (trad. it., cit., p. 192): “solo pensando attentamen-te che cosa dice la parola l“goj nel primo pensiero greco, in Eraclito, è divenuto chiaroche essa nomina nello stesso tempo l’essere e il fondamento, ed entrambi in base allaloro coappartenenza. Ciò che Eraclito chiama l“goj, egli lo dice anche con altri nomi,che sono le parole-guida del suo pensiero: f⁄sij, “ciò che si schiude da sé” e che al tem-po stesso è essenzialmente in quanto “velarsi”; k“smoj, parola che in greco significa nellostesso tempo ordine, commessura e ornamento, che, in quanto fulgore e folgore, portaa risplendere; infine, Eraclito nomina ciò che gli si rivolge come l“goj, e cioè come loStesso di essere e fondamento, con il termine aÑËn. Questa parola è difficile da tradurre.Si dice: “tempo del cosmo”. È il cosmo, il mondo che si fa mondo e tempo, portando inquanto k“smoj (fr. 30) la commessura dell’essere a un fulgore incandescente. Dopoquanto detto, nei nomi l“goj, f⁄sij, k“smoj e aÑËn possiamo udire quel non detto chechiamiamo destino dell’essere”.

Page 16: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

212 Adriano Ardovino

progressione “dal l“goj e dalla ¢lªqeia, che sono entrambi lo Stesso30,al fuoco” – non meno di quella “dall’intramontante all’¬qoj” – èdavvero conciliabile con una fenomenologia omologico-tautologicadell’essere e dei suoi nomi?

Si potrebbe rispondere, ovviamente, che nel “pensiero iniziale”,all’interno del quale Eraclito sperimenta e nomina l’essere – nel l“gojentro cui egli ascolta e dice il più ampio L“goj dello ïEn P£nta –, lavia in su e la via in giù sono appunto una e la medesima (60 DK), eche nel circolo (che per Heidegger è sempre ermeneutico), l’inizio ela fine sono lo Stesso. Ovvero, che ciò che diverge è anche ciò checonverge e che ogni differenza riposa su un’incessante identificazio-ne, come l’identità su una differenziazione.

Tuttavia, vogliamo provare a percorrere un’altra strada. Quella inbase alla quale Heidegger pensa non già la differenza a partire dal-l’identità (e viceversa), ma, entrambe, l’identità e la differenza, comearticolazione unitaria dello Stesso, che “non è mai l’uguale” e “tanto-meno è l’indistinta coincidenza dell’identico”, ma è tutt’al più “l’ap-partenenza (Verhältnis) della distinzione (Unterschied)”, posto chequalifichiamo come lo “stesso” “ciò che è tenuto (gehalten), ossiaprotetto, custodito e così, in senso rigoroso, trattenuto (verhalten), inquesta appartenenza appropriantesi”31.

Per comprendere in che senso la via di Heidegger all’interpreta-zione di Eraclito proceda “dal l“goj al fuoco” non nonostante, maproprio perché il l“goj e il fuoco sono lo Stesso, non si può più dif-ferire, a questo punto, il vero differenziale dell’interpretazione diHeidegger, che si dà soltanto nell’esplicitazione delle parole di Era-

30 Cfr. GA 7, cit., p. 212 (trad. it., cit., p. 150): “Nella misura in cui il L“goj lasciastare-dinanzi ciò che sta-dinanzi in quanto tale, esso disvela ciò che giunge nella presenzanel suo giungere alla presenza. Ma il disvelare è la 'Alªqeia. Questa e il L“goj sono lo Stesso”.

31 GA 79, cit., p. 52 (trad. it., cit., p. 78). Sulle ragioni della resa del termineVerhältnis con “appartenenza”, cfr. l’Avvertenza del Curatore dell’edizione italiana in M.Heidegger - E. Fink, Eraclito, Laterza, cit., p. XXI. Per un’altra declinazione della crucia-lità del Verhältnis nell’ambito di un’interpretazione rigorosamente fenomenologica, cfr.il volume fondamentale di K. Held, Heraklit, Parmenides und der Anfang der Wissen-schaft. Eine phänomenologische Besinnung, de Gruyter, Berlin-New York 1980, su cui cfr.A. Ardovino, “Teoresi e storia. Note sull’interpretazione fenomenologica di Eraclito diKlaus Held”, in D. Bosco et al. (a cura di), Logica, ontologia ed etica. Studi in onore diRaffaele Ciafardone, Franco Angeli, Milano 2010, pp. 48-66.

Page 17: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 213

clito – del l“goj e del fuoco – con e nelle parole di Heidegger. Oc-corre cioè riconoscere in che modo l’altro inizio, custodendo e tra-ducendo in se stesso il primo inizio, trasporti e deferisca il primoinizio – Eraclito stesso – a se stesso32, restituendogli circolarmenteun’identità che già da sempre esso gli ha dato in concessione. L’altroinizio “non è un secondo inizio, bensì il primo e l’unico, in un altromodo”33. Occorre dunque riconoscere in che misura, muovendosidentro Eraclito, e pertanto procedendo attraverso Eraclito – “dall“goj al fuoco” –, l’interpretazione heideggeriana metta in risonanza(Anklang) le parole di Eraclito – il l“goj e soprattutto il fuoco – fa-cendosene eco (Nachklang) entro un puro gioco di rispecchiamentoe mostrando come l’appropriazione e l’espropriazione reciproca dei“due” inizi si sostenga entro la circolarità di una più ampia “traspro-priazione” – e con ciò della traduzione, o meglio del tradursi in sestesso – dell’unico inizio, ossia del movimento dell’identità e delladifferenza interne alla storia dello Stesso. Occorre riconoscere in chemodo, nel Gespräch con Eraclito, Heidegger affronti un movimentocircolare (Kreisgang) che, come tale, può e deve essere percorso, divolta in volta, come una via (Weg), intraprendere la quale – e restaresulla quale – è per Heidegger das Fest des Denkens34.

3. DALL’ESSERE AL MONDO

Posto che per l“goj significhi “essere” e che l’essere, a partire daSein und Zeit, rinvii già sempre a una certa forma del tempo, checosa significa, ci chiediamo per l’ultima volta e con più precisione,

32 Cfr. D. Franck, Heidegger et le christianisme. L’explication silencieuse, PUF, Paris2004, in part. pp. 57 ss.

33 H. Arendt-M. Heidegger, Briefe 1925 bis 1975, Klostermann, Frankfurt a.M.1998, p. 234 (trad. it. a cura di M. Bonola, Lettere 1925-1975, Edizioni di Comunità,Torino 2001, p. 182).

34 GA 5, cit., p. 3 (trad. it., cit., p. 4). Sulla connessione tra il “pensiero” e la “via”,interpretata come Urwort der Sprache e come Leitwort anche del pensiero orientale – ilTao come der alles be-wëgende Weg –, onde Alles ist Weg (“tutto è via” perché “la via ètutto”), cfr. GA 12: Unterwegs zur Sprache, Klostermann, Frankfurt a.M. 1985, p. 187(trad. it. a cura di A. Caracciolo e M. Caracciolo Perotti, In cammino verso il Linguaggio,Mursia, Milano 1973, p. 156).

Page 18: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

214 Adriano Ardovino

“fuoco”? Richiamandosi ancora al fr. 30 DK, nel saggio AletheiaHeidegger afferma:

Mediante la parola “fuoco” Eraclito nomina quello (Jenes) […] “chenessuno tra gli dèi o gli uomini ha pro-dotto”, ma che piuttosto giàsempre, prima degli dèi e degli uomini, e per essi, riposa in sé comef⁄sij, in sé permane e così preserva ogni venire. Ma questo è ilk“smoj. Noi diciamo “il mondo” [c.n.], e lo pensiamo in maniera ina-deguata fintantoché ce lo rappresentiamo esclusivamente, o anchesolo in via principale, secondo prospettive cosmologiche o di filosofiadella natura35.

Per lo Heidegger che legge e ascolta Eraclito, il k“smoj è “fuocoperdurante, perdurante sorgere secondo il senso più pieno di f⁄sij”,perché t’ p‡r ¢eÖzwon – il fuoco di eterna vita (30 DK) – non è altro,ancora una volta tautologicamente, che das Welten der Welt, “il farsimondo del mondo”36. La tesi che vogliamo sostenere è allora la se-guente: è possibile comprendere il senso del Weg dell’interpretazione– “dal l“goj (e dalla ¢lªqeia) al fuoco” – soltanto riformulandolo inbase al Denkweg37 che Heidegger percorre “in proprio” e che si puòsintetizzare in questi termini: dall’“essere”, attraverso il “tempo”, al“mondo”.

Per chiarire tutto ciò, ripartiamo ancora una volta da ciò cheHeidegger dice “su” Eraclito, ma anche, attraverso Eraclito, “sul”proprio pensiero. Nel saggio Aletheia ricorre infatti un’affermazionelapidaria: Das Ereignis der Lichtung ist die Welt38. Lungi dal poter ri-percorrere, anche solo sommariamente, la vicenda pluridecennale el’evoluzione semantica di nozioni-cardine del Denkweg heideggeria-no come Welt, Ereignis, Lichtung, ci limitiamo, ai fini della tesi appe-na esposta, a mettere in luce la loro coappartenenza di fondo, assu-mendo contestualmente la responsabilità, specialmente nel secondoe nel terzo caso, di una resa italiana dei termini.

Cominciamo dal “mondo” e ricorriamo – come Heidegger stesso,lo abbiamo ricordato più volte, ci invita a fare sulla base della dispo-

35 GA 7, cit., p. 267 (trad. it., cit., p. 188).36 Ibidem.37 L’espressione rinvia naturalmente a O. Pöggeler, Il cammino di pensiero di Martin

Heidegger, Guida, Napoli 1991.38 GA 7, cit., p. 268 (trad. it., cit., p. 189).

Page 19: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 215

sizione di Saggi e discorsi –, alla “mediazione” della conferenza Lacosa. Tanto più che in una comunicazione epistolare39 egli la defini-sce l’unico testo (tra quelli pubblicati) in cui espone il proprio pen-siero “a partire puramente da se stesso”, ovvero senza passare attra-verso lo schermo di autori, testi e concetti della tradizione metafisica,dall’interno dei quali far “balenare” il presagio di un pensiero nonpiù metafisico. Per estensione, attribuiamo un valore cruciale all’in-tera serie delle conferenze di Brema, Sguardo in ciò che è (1949), dicui fa parte appunto La cosa. Esse costituiscono fin dal titolo – losguardo (Einblick) pensato a partire dal fulmine e precisamente dal“lampo (Einblitz) del mondo” in quanto Ereignis di un “rivolgimen-to (Kehre) nell’essere” – il testo per così dire più eracliteo di Heideg-ger. In queste conferenze non ricorre soltanto la celebre “evocazione”del mondo come Ereignen della quaternità (Geviert) – o della qua-dratura (Vierung) – di “terra e cielo, divini e mortali”, ma si affermaperentoriamente: “Il mondo non è un modo dell’essere ad esso sot-tomesso. L’essere ha in proprietà (zu eigen) la sua essenza a partiredal farsi mondo del mondo. Ciò indica che il farsi mondo del mon-do è l’Ereignen in un senso non ancora esperito della parola. Allor-ché per la prima volta il mondo propriamente si appropria (sicheigens ereignet) l’essere svanisce (entschwindet) nel farsi mondo”40.

Com’è noto, quel “rivolgimento nell’essere” che Heidegger avevamesso a tema in termini “metaontologici” già all’indomani di Esseree tempo41 e che contrassegna dal punto di vista strutturale l’intero

39 Aus einem Brief Heideggers an den Verfasser [24.9.1964], in D. Sinn, Ereignis undNirwana, Bouvier, Bonn 1991, p. 172.

40 GA 79, cit., pp. 48-49 (trad. it., cit., pp. 74-75).41 GA 26: Metaphysische Anfangsgründe der Logik im Ausgang von Leibniz, Kloster-

mann, Frankfurt a.M. 1978, pp. 201 ss. (trad. it. a cura di G. Moretto, Principi meta-fisici della logica, Il Melangolo, Genova 1990, pp. 188 ss.), su cui cfr. A. Ardovino, Hei-degger. Esistenza ed effettività – Dall’ermeneutica dell’effettività all’analitica esistenziale(1919-1927), Guerini, Milano 1998, pp. 281 ss. Detto solo di passaggio, la “svolta” dal-l’ontologia alla metaontologia è al contempo un “ampliamento” dell’analitica dell’essercinel pensiero della totalità dell’ente e dell’ente in totalità, ma anche, nelle parole di Hei-degger, un “capovolgimento” e un “riflusso” dell’ontologia esistenziale nell’ontica(Ontik) che da sempre la ingloba e la precede (ossia nell’automovimento della natura,che si dà come storia). Nell’ottica del seminario del 1966/67, allora, se la via finkianapuò ben apparire come una “processione” dal piano “ontico-simbolico” (l’insieme ditutti gli enti in quanto governati-illuminati dalla folgore) al piano “onto-logico” (l’essere

Page 20: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

216 Adriano Ardovino

sviluppo del suo pensiero a partire dagli anni ’3042, viene incessante-mente ripensato attraverso nozioni quali l’“epocalità” o la “sottrazio-ne”, ma anche attraverso interventi (ancora una volta tautologici) sulcorpo stesso della parola, in vista di una più originaria riformulazio-ne (“dal Sein al Seyn”) o addirittura della sua contemporanea cancel-lazione e articolazione attraverso la barratura a croce che rinvia allaDurchkreuzung della quaternità43. Nelle conferenze di Brema, tutta-via, Heidegger si spinge a parlare di un’evanescenza dell’essere, diuna sua vera e propria scomparsa “in favore” del mondo – descrittonon a caso come l’Ereignis di un Vorenthalt, perché pensato in baseal non-avvento e al diniego (Verweigerung) del mondo in quantotale, ossia al vigere della disposizione (Gestell) come mondo dellatecnica –, che Heidegger ribadisce anche altrove in due tesi nonnegoziabili: “L’essere svanisce (verschwindet) nell’Ereignis”44 e “Conl’essere svanisce anche la differenza ontologica”45. A partire dal-l’Ereignis, infatti, il “rapporto” di essere ed ente “si mostra come Ver-hältnis di mondo e cosa” – altrove Heidegger parla anche del durch-tragender Austrag di entrambi46 –, il quale, “di primo acchito”, po-trebbe bensì essere “ancora concepito come il Verhältnis di essere edente”, ma così facendo “andrebbe persa la sua peculiarità più propria(Eigentümliche)”47. Non è un caso che nel seminario su Eraclito,Heidegger affermi di non utilizzare più di buon grado la parola “es-sere”48 e inviti persino, ancora una volta con ampie risonanze feno-menologiche, a mettere in parentesi (einklammern) sia l’essere che il

degli enti come essere-uno nell’essere-lo-stesso), la via heideggeriana potrebbe apparire,almeno a certe condizioni, come una “retrocessione” dall’ontologico all’ontico, ossia dal-l’articolazione puramente trascendentale del Sein überhaupt alla fatticità storico-tempo-rale di un essere già sempre “incluso” nel mondo e solo così diradato nella sua appro-priazione.

42 Cfr. M. Ruggenini, “La questione dell’essere e il senso della ‘Kehre’”, Aut-Aut248-249 (1992), pp. 93-119.

43 Cfr. GA 9: Wegmarken, Klostermann, Frankfurt a.M. 1976, pp. 411 ss. (trad. it.a cura di F. Volpi, Segnavia, Adelphi, Milano 1987, pp. 360 ss.).

44 GA 14, cit., p. 27 (trad. it., cit., p. 128).45 GA 15, cit., p. 366 (trad. it., cit., p. 139).46 GA 12, cit., p. 22 (trad. it., cit., p. 37).47 GA 14, cit., p. 46 (trad. it., cit., p. 148).48 GA 15, cit., p. 20 (trad. it., cit., p. 11).

Page 21: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 217

tempo49. Se in definitiva, come abbiamo rapidamente accennato, ill“goj è il nome dell’essere e il fuoco è il nome del mondo, si puòsostenere che in tanto l’interpretazione heideggeriana di Eraclito puòandare “dal l“goj al fuoco”, in quanto il suo pensiero interpretante pro-cede, contestualmente, a una radicalizzazione della Sache des Denkensdall’essere (e dal tempo come suo orizzonte trascendentale) al mondo.

Ma il “mondo”, al quale il pensiero (non più metafisico) si rivol-ge prendendo le mosse dall’essere (inseparabile invece dalla me-tafisica), è “definito” come l’Ereignis della Lichtung. Ereignis è com’ènoto la “parola-guida” del pensiero di Heidegger a partire dal193650: ancora nel 1969, egli ne avalla una traduzione francese conappropriement, ritenendo inadeguata la parola avènement51 e segna-lando così la priorità di un ascolto indirizzato non tanto alla seman-tica dell’evento, quanto a quella del proprio (eigen, Eignis)52 e dellasua fruizione (Brauch). Accogliendo questa indicazione, rendiamoEreignis con “appropriazione”. Lichtung, per converso, è parola checompare fin da Essere e tempo, come radicalizzazione dell’immagineontica e intuitiva del lumen naturale53. Nelle battute conclusive delseminario su Eraclito, Heidegger ribadisce che essa non ha nulla ache fare con la luce (Licht), perché piuttosto significa “diradare(lichten), disancorare, sfrondare”, ossia alleggerire e liberare. Acco-gliendo questa indicazione, rendiamo Lichtung non tanto nel senso,tendenzialmente statico e spazializzante, di “radura”, quanto in quel-lo processuale e temporale di “diradamento”, del liberarsi di unaqualche apertura. È mediante il “diradamento” che Heidegger cerca

49 Ivi, p. 123 (trad. it., cit., p. 101).50 GA 9, cit., p. 316; p. 270.51 GA 15, cit., p. 365 (trad. it., cit., pp. 137-38).52 Sul nesso che Heidegger stabilisce tra l’ap-propriare (er-eignen) e il fare proprio (an-

eignen) nello scorgere (er-äugen, er-blicken), cfr. GA 11, cit., p. 45 (trad. it., cit., p. 41).53 Cfr. GA 2, p. 177; p. 226 (trad. it., cit., p. 165; p. 209): intanto l’esserci è lo

erleuchtetes Seiende in quanto, come essere-nel-mondo, è in se stesso gelichtet. Non cioèin base a un altro ente, ma insistendo per se stesso nella Lichtung che sta “a monte” diogni alternativa tra luce e oscurità e che pertanto non si riduce mai a un’illuminazionein senso ontico. Il Dasein è il gelichtetes Seiende nel senso che si colloca tra apertura echiusura, ossia è “nella verità” in quanto ¢lªqeia, non-velatezza. Sulle diverse declinazio-ni della Lichtung in Heidegger, cfr. L. Amoroso, Lichtung. Leggere Heidegger, Rosenberg& Sellier, Torino 1993, pp. 11 ss.

Page 22: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

218 Adriano Ardovino

di “tradurre” – ossia di traspropriare nel suo appropriazione – il mo-vimento della ¢lªqeia senza più fare riferimento alla “verità”54.

Ora, se “Luce e fuoco possono trovare la loro collocazione soltan-to e per la prima volta nel diradamento”55, ciò accade soltanto per-ché “fuoco” significa “farsi mondo del mondo”, il mondo come ap-propriazione – il fare ingresso nel proprio, appropriandosi in base auna traspropriazione – del diradamento stesso: das Ereignis der Licht-ung. Ancora una volta, intanto Heidegger può “approdare” al fuoco,“partendo” dal l“goj, in quanto il suo pensiero, ripensando il p‡raeÑzwon premetafisico e la diak“smhsij del k“smoj eracliteo – del qualeil Welt-Geviert, cioè il “polemico” Spiegel-Spiel di “terra e cielo, divi-ni e mortali”, è manifestamente l’eco speculare e la traduzione ap-propriante –, interpreta il mondo come l’“appropriazione del dirada-mento” nel quale rientrano, fino a scomparirvi, le determinazionimetafisiche di “essere” e “tempo”.

In precedenza, ci siamo posti il problema di quali documenti del-l’interpretazione heideggeriana di Eraclito potessero fungere da rife-rimenti condivisi per i partecipanti al seminario. Tra questi, ne ab-biamo intenzionalmente tralasciato uno, che pur non essendo tema-ticamente dedicato a Eraclito, ne conserva, se ascoltato attentamente,echi molteplici. Si tratta della conferenza del 1962 Tempo ed essere,che Heidegger tenne presso lo Studium Generale dell’Università di

54 Afferma infatti Heidegger: “La ¢lªqeia in quanto non-velatezza mi ha impegnatogià fin da sempre, nondimeno ci si è messa di mezzo la “verità” […]. Nella conferenzaDell’essenza della verità, là dove parlo della “libertà”, avevo di mira il diradamento, sol-tanto che, anche in questo caso, faceva sempre seguito la verità” (GA 15, cit., p. 262;trad. it., cit., p. 223). Poco prima Heidegger aveva affermato che la ¢lªqeia è l’autenticoimpensato (Ungedachte) che “determina tutta la storia”, ma che come tale – come ciòche è rimasto impensato – “si mostra soltanto per il nostro sguardo”: “In tutta la filoso-fia greca non c’è nulla sulla ¢lªqeia in quanto ¢lªqeia” (ivi, p. 261; trad. it., cit., p.224). Altrove, del resto, Heidegger aveva già affermato: “Allorché anche il giungere allapresenza è pensato come apparire, in esso vige il venir fuori nel rado (ins Lichte) nel sen-so della non-velatezza. Questa si appropria nel disvelare come diradare. Ma questo stessodiradare resta sotto ogni aspetto, in quanto appropriamento, impensato. Abbandonarsial pensiero di questo impensato significa: seguire in modo più originario ciò che è pen-sato in modo greco, scorgerlo nella sua provenienza essenziale. Questo sguardo è a suomodo greco e tuttavia, rispetto a ciò che è scorto, non più e in nessun modo greco” (GA12, cit., p. 127; trad. it., cit., p. 113).

55 GA 15, cit., p. 262 (trad. it., cit., p. 224).

Page 23: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 219

Friburgo (guidato proprio da Eugen Fink) e che un partecipante no-mina, esplicitamente, come lo sfondo delle discussioni sul tempo cheoccupano la sesta sessione56. È il testo in cui Heidegger riannoda ilfilo interrotto della terza sezione della prima parte di Essere e tempo,cioè del progetto arrestatosi inizialmente alla temporalità estatica del-l’esserci e radicalizzato, nei decenni successivi, in base alla tempora-lità epocale dell’essere. Nella celebre lettera, di pochi mesi successi-va, a William J. Richardson – in cui l’essere (Seyn) è definito comel’“‘accadere’ del rivolgimento”, al quale fa eco, precisamente, il “ca-povolgimento” “da ‘essere e tempo’ a ‘tempo ed essere’” –, Heideg-ger commenta il titolo della conferenza suggerendo di porre ormai“al posto di ‘tempo’” – e dunque dell’orizzonte di ogni comprensio-ne “trascendentale” dell’essere – la Lichtung des Sichverbergens vonAnwesen, il “diradamento del velarsi del giungere alla presenza”57 ecioè la connessione tra manifestazione e negazione che ha nome“tempo”. Ma in che senso, ora, questa “sostituzione” è rilevante perla tesi che andiamo sostenendo?

La “temporalità estatico-orizzontale” di Essere e tempo – che come“temporalità dell’esserci” si identificava ancora con l’“essere-diradato(Gelichtetheit) del Ci”58 – non equivale in alcun modo al “più pro-prio (Eigenste) del tempo”59, che Heidegger invece vuol porre al cen-tro della conferenza del 1962. L’“essere” e il “tempo” vi vengono in-fatti pensati come dono (Gabe) e proprietà (Eigentum) dell’appro-priazione, che in definitiva è il Verhalt, ciò che trattiene insieme, la-sciandoli consentire-assieme (zusammengehören) e riconducendoli inciò che è loro proprio (Eigene), l’“essere” e il “tempo”. Come “dono”di appropriazione, ogni “darsi” del tempo è un Reichen der Lichtung,o anche das lichtende Reichen, l’enigmatica “quarta dimensione”,come la chiama Heidegger, che raccoglie e unifica le tre estasi dellatemporalità60. Come l’essere, dunque, anche il tempo va integralmenteripensato in base all’appropriazione del diradamento e pertanto in base

56 Cfr. GA 15, cit., p. 105 (trad. it., cit., p. 85).57 GA 11: Identität und Differenz, Klostermann, Frankfurt a.M. 2006, p. 151.58 GA 2, cit., p. 539 (trad. it., cit., p. 478).59 GA 11, cit., p. 147.60 Sul dire (Sagen) come dar-reichen, ossia come das lichtend-verhüllende, schleiernde

Reichen, del mondo stesso, cfr. GA 12, cit., p. 188 (trad. it., cit., p. 157).

Page 24: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

220 Adriano Ardovino

61 Sul L“goj come Gegenwart, cfr. GA 55, cit., pp. 295 ss. (trad. it., cit., pp. 187 ss.).62 GA 15, cit., p. 118 (trad. it., cit., p. 97).63 GA 5, cit., p. 356 (trad. it., cit., p. 332).64 Sul Weilen di ciò che si spinge nella presenza – di ciò che “mentre arriva già va via

dalla non-velatezza verso la velatezza” –, in quanto “passaggio dal venire all’andare” e inquanto “soggiorno” “nel venire e nell’andare”, cfr. ivi, p. 350 (trad. it., cit., p. 326).

al mondo. In particolare, al di là di ogni tempo oggettivato, misura-to, calcolato – ma anche di ogni sua “soggettivazione” –, la matura-zione temporale (Zeitigung), che è la tautologia del “temporalizzarsi”o del “farsi tempo del tempo”, è pensata non più come “successionedi ‘adesso’”, bensì come un Reichen: un estendersi e un indirizzarsi,un pervenire e un toccare, un porgere e un apportare. È il movimen-to stesso del giungere alla presenza (An-wesen), ossia dell’essere a noirivolto (gegen-wärtig) dell’autentica presenza, di quella Gegen-wart61

che ci raggiunge e ci avviene soltanto allorché ci riguarda e ci concer-ne. È quel tempo che, sebbene per Heidegger “non compaia affattoin Eraclito”62 – perché Eraclito non lo esplicita, né tanto meno, ov-viamente, lo oggettiva – resta uno dei temi portanti del seminariodel 1966/67, a partire soprattutto dall’interpretazione finkiana delp‡r ¢eÖzwon non già come “ciò” che il k“smoj dei p£nta era, è e sarà(30 DK), bensì come la “fonte” del tempo, la pura “concessione”dell’essere-stato, dell’essere-ora e dell’essere-venturo.

Nell’ambito di una discussione condotta a più riprese, che quinon possiamo ripercorrere, Fink menziona la crucialità del fr. 100DK: Èraj aÜ p£nta förousi. I tempi (Zeiten), intesi come stagioni(Jaherszeiten) – e dunque il volgere annuale del fuoco eliaco che, mi-grando sulla volta celeste, stabilisce anche le misure e i tempi delgiorno e della notte – fanno segno verso un orizzonte velato (speri-mentabile, ma non esplicitabile) del tempo, che non è mai caratte-rizzato da quella che Heidegger, commentando l’¢dikÖa di Anassi-mandro, aveva chiamato l’“insurrezione”63 della costanza control’autentica presenza o l’ostinato irrigidirsi degli enti nella loro volon-tà di durare e permanere, bensì dall’intero movimento dello An-wesen come gioco di presenza e assenza, come avvento e ritiro di in-dugio e provvisorietà, in ultima analisi come la Je-Weiligkeitnietzscheana del “giusto” soggiorno degli enti, come la “stagionalità”del loro andare e venire64. Si tratta di un’eco della “rappresentazione

Page 25: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 221

65 GA 15, cit., p. 102 (trad. it., cit., p. 82).66 Ivi, pp. 63-64 (trad. it., cit., pp. 48-49).67 Cfr. E. Mazzarella, Tecnica e metafisica. Saggio su Heidegger, Guida, Napoli 1980,

pp. 15 ss. Per un rapido raffronto tra l’interpretazione dialettica di Eraclito nelle Lezionisulla storia della filosofia di Hegel e il “rivolgimento” della “via ermeneutica” nel semina-rio di Heidegger e Fink, cfr. A. Ardovino, “Dal fuoco al logos”, cit. p. 160, n. 100, incui si sottolinea come Hegel, esponendo la dottrina di Eraclito dal principio logico (lanatura) a quello igneo (lo spirito), “proceda” al contempo dal principio igneo (il tempo)

arcaica del tempo”, che giunge fino a Pindaro e a Sofocle65, i qualinon parlano mai del tempo come “successione”, ma piuttosto comedi ciò che la concede (gewährt). Qui, afferma Heidegger,

Non ci è concesso separare il contenuto del tempo (Zeitinhalt) dallaforma del tempo (Zeitform). Al tempo appartiene il carattere del por-tare (Bringen). Diciamo anche, nella nostra lingua: il tempo porta consé, ovvero lo porterà il tempo. Fintantoché comprendiamo il tempocome mera successione, non c’è posto per il portare […]. Il fr. 100 cipone di fronte a diverse questioni: fino a che punto si possono assu-mere insieme le Ore e i p£nta, in che modo il tempo, se di esso qui sivuol parlare, deve essere pensato, tanto più se di esso si dice che por-ta. Dobbiamo venire in chiaro, secondo la cosa, sul senso in cui iltempo porta. […] Dobbiamo pensare il tempo insieme alla f⁄sij66.

Se il passaggio da “essere e tempo” a “tempo ed essere” ha a chevedere con il passaggio dalla temporalità dell’esserci al diradamentovelante-disvelante della presenza, e se il “fuoco”, in quanto k“smoj ef⁄sij, è il “farsi mondo del mondo”, si comprende, ancora una vol-ta, in che senso il movimento “dal l“goj al fuoco” sia tale soltanto setradotto, traspropriato e radicato in un movimento speculare – con-dotto bensì in proprio, ma al contempo, posto che il proprio è sem-pre concesso da una traspropriazione, attraverso Eraclito – “dall’esse-re al mondo”, dalla presenza in senso metafisico all’aÑËn come Spieldella Weltzeit, che è solo un altro nome dell’appropriazione del dira-damento. Al fuoco di Eraclito, insomma, replica l’Ereignis di Hei-degger, il cui Denkweg procede “dall’essere all’approriazione”: permolti versi, rivolgendosi a Fink – “rivoltandone” cioè la via (“dalfuoco al l“goj”, “dal l“goj al fuoco”) e ritraducendo il Weltfeuercome Weltzeit dopo aver tradotto il l“goj nell’essere e l’essere con ill“goj –, Heidegger non fa che rivolgersi a se stesso e contro se stesso,svolgendo il filo della Seinsfrage come Kehre e come Denkweg67. “Es-

Page 26: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

222 Adriano Ardovino

a quello logico (l’eternità), “accordando” così speculativamente, nella palÖntropojarmonÖh (51 DK) di un’interpretazione in ogni senso unica, le due “vie” percorse in pro-prio da Heidegger e Fink.

68 Cfr. A. Ardovino (a cura di), Sentieri della differenza. Per un’introduzione a Hei-degger, Nuova Editrice Universitaria, Roma 2008 e in part. A. Le Moli, Gli anni ’40. Ladifferenza ontologica nella storia dell’essere, ivi, pp. 89-122.

69 GA 6.2: Nietzsche II, Klostermann, Frankfurt a.M. 1997, p. 186 (trad. it. a curadi F. Volpi, Nietzsche, Adelphi, Milano 1994, p. 705).

70 GA 11, cit., p. 75 (trad. it. a cura di G. Gurisatti, Identità e differenza, Adelphi,Milano 2009, p. 92).

71 M. Heidegger, Questions I, Gallimard, Paris 1968, p. 299.72 GA 11, cit., p. 71 (trad. it., cit., p. 85). Cfr. anche GA 15, cit., p. 438 (trad. it.,

cit., pp. 208-209): “È vero che Lei usa anche altre denominazioni per indicare la “diffe-renza ontologica”? / HEIDEGGER: È verissimo che io chiamo oggi la differenza ontologica,ciò che sta in questa differenza, in tutt’altro modo, perché si tratta di una denominazio-ne e di un concetto che provengono dalla metafisica; ed è vero che la vedo anche diver-samente per quanto riguarda il suo contenuto. / È esatto che questa differenza (Dif-ferenz), dia-phora, questo deferimento (Austrag) di essere ed ente ha a che fare con ciòche chiamo il diradamento […]”.

sere e tempo”, “tempo ed essere”, ossia il rivolgimento nell’essere inquanto rivolgimento “dall’essere – attraverso il tempo – al mondocome appropriazione e diradamento”.

Vi è solo un ultimo riferimento da esplicitare, in conclusione, asostegno della tesi proposta, che individua nella traspropriazione delprimo e dell’altro inizio l’approccio più autentico all’affermazioneheideggeriana. Nel corso della sua decennale messa in questione del-l’essere a partire dal tempo, Heidegger ha infatti riformulato più vol-te il problema della distinzione (Unterschied) di essere ed ente, dap-prima come differenza (Differenz) e poi, tra l’altro, come deferimen-to (Austrag)68. Quest’ultimo termine indica l’essere “in qualchemodo l’un-l’altro-de-feriti”, ovvero “separati e, al tempo stesso, l’unl’altro riferiti”69, di essere ed ente nella loro reciproca circolazione(Kreisen)70. Come Heidegger scrive, alludendo al senso giuridico-de-cisionale dello Austrag, il deferimento indica propriamente una“conciliazione (Versöhnung) della contesa”71. Questa conciliazioneavviene precisamente mediante la traspropriazione dalla “differenzadi essere ed ente” al “deferimento di mondo e cosa”: ancora una vol-ta, dunque, nella svolta “dall’essere al mondo” (l’Ereignen del Ge-viert). Ora, se è vero che nel deferimento “vige il diradamento di ciòche, nascondendo, si chiude”72 e che tra deferimento e appropriazio-

Page 27: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 223

ne vige uno Einklang 73 – termine con cui Heidegger traduce inmolti luoghi la ¢rmonÖh eraclitea –, cioè un “accordo” che si tratta disaper ascoltare, più che di scorgere, allora il deferimento risulta pensa-to anch’esso in base all’appropriazione del diradamento. E se si rifor-mula il movimento del Denkweg heideggeriano come un procedere“dalla Differenz allo Austrag” attraverso l’ascolto appropriante delladiafor£, del diafer“menon (10 DK) in quanto Ausgetragene74 e infinedel diaföresqai (72 DK) in quanto sich auseinanderbringen75, si faparticolarmente “sonora” la catena paratattica e omologica del föreine del ferre, del Bringen e del Tragen. E poiché per Heidegger il Legendella lesende Lege – il lögein in cui si raccoglie “il diradamento delL“goj”76 che precede ogni dialögesqai e ogni dialettica – è dasTragende im Austrag, e inoltre, secondo l’eco che si propaga inces-santemente da Platone a Hölderlin, è lo ïEn stesso ad essere in sestesso austragend 77 (ün diaföron òaut˘), la via “dal l“goj al fuoco” si faesplicita, in quanto via “dall’essere al mondo”, proprio laddove Hei-degger ripensa l’essere in quanto differenza e il tempo in quanto de-ferimento. Perché? Perché il diradarsi del tempo, cioè la sua appro-priazione, è esattamente l’articolarsi delle sue giunture e delle sue“stazioni”. Secondo la parola di Eraclito, sono le stagioni stesse, nelloro “stagionare”, a “portare” tutte le cose: Èraj aÜ p£nta förousi.

Il tempo che viene pensato “insieme alla f⁄sij” è insomma iltempo come diradamento nello õn t’ sof“n: è l’irruzione del keraun“j,che illumina e nasconde i p£nta, non meno del p‡r che li fa sorgeree tramontare78. È il tempo come deferimento e coappartenenza del-

73 GA 11, cit., p. 29 (trad. it., cit., p. 26).74 GA 7, cit., p. 213 (trad. it., cit., p. 151).75 Ivi, p. 272 (trad. it., cit., p. 192).76 Ivi, p. 273 (trad. it., cit., p. 192).77 Ivi, p. 213 (trad. it., cit., p. 151).78 Nell’ordinamento dei frammenti proposto nel corso eracliteo del 1943, Heidegger

nomina il fr. 64 DK come “sesto” e “riformula” il governare-guidare del fulmine (Blitz),“in cui si raccoglie l’essenza del fuoco”, affermando che il keraun“j “abbraccia con losguardo (überblickt), domina in anticipo la totalità e la percorre illuminandola (vorleuch-tend), di modo che ogni volta la totalità, in ciò che scorge soltanto un batter d’occhio(Blick des Auges), si inserisce nella sua strutturata compagine, si accende e si scinde” (GA55, p. 162; trad. it., cit., p. 107). Sulla base del nesso tra fachen e fangen, Heidegger leg-ge l’anfangen, ovvero l’inizialità del fulmine, come l’elemento semplice che accende (das

Page 28: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

224 Adriano Ardovino

l’unico k“smoj e dei suoi p£nta, del “mondo” e delle “cose” la cuipienezza e il cui avvento, per Heidegger, si sottrae e si tiene enigma-ticamente in serbo, oggi, nella dispositività e nei dispositivi della tec-nica e il cui circolare e girare in tondo si sottrae e si tiene in serbonella Zirkulation e nella Rotation della technische Welt. Il tempo“porta” – nel senso che reca con sé – la conciliazione della differenzaapportando “giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame”(67 DK). Il tempo come appropriazione è la fiamma del mondo cheavvampa e sopisce, è cioè il fuoco stesso, che muta, mescolandosiincessantemente ai diversi aromi da cui riceve differenti nomi, senzamai dismettere la sua unità. Cosicché esso è di nuovo, circolarmente,anche il l“goj, in quanto Miteinanderzusammenghörigkeit dei p£ntanello xun“n. È cioè la coappartenenza “di ciò che è essenzialmentediverso: t’ diafer“menon”, che soltanto “può mettere insieme (zusam-menbringen), nel senso latino di conferre, di portarsi da una stessaparte, di volgersi ad essa, per appartenere in questo modo al “conve-nire in uno” (“Übereinkommen”): in greco sumföresqai, nella stessitàdi di£ e di s⁄n. Esempio: giorno e notte”79. È l’¬qoj medesimo in

Einfachende und das Einfache) e che a suo modo “‘suscita’ (entfacht) il rado”, cioè dirada:il fulmine è emblema del fuoco in quanto diradamento. In questo senso, il “carattere dif⁄sij del fuoco, ma anche il carattere di fuoco della f⁄sij” non sono pensabili in basealla sola affinità con la luce (f£oj, Licht), bensì fanno appello all’inapparente della f⁄sijcome die aus sich wesende Lichtung, come il diradamento dell’apparire e dello schiudersiche Heidegger chiama anche das reine Scheinen des entfachenden Einfachen im lichtendenAufgehen (ivi, p. 163; p. 108). Da questo punto di vista, accostando la dimensione aned-dotica e quella speculativa, afferma giustamente H.-G. Gadamer, Eraclito. Ermeneuticae mondo antico, Donzelli, Roma 2004, pp. 85-86: “Chi è stato ospite nella baita diHeidegger si ricorda della sentenza incisa sulla corteccia sopra l’architrave della porta: t¶dù p£nta oÑakÖzei keraun“j, “Il fulmine governa ogni cosa” (fr. 64). Queste parole sonoallo stesso tempo una sentenza oracolare e un paradosso. Perché certamente in questasentenza non viene inteso l’attributo del signore del cielo, attraverso cui egli fa tuonarele sue decisioni sulla terra, ma piuttosto l’improvviso e lampeggiante rischiararsi cherende di colpo ogni cosa visibile, ma in modo tale da essere di nuovo inghiottita dal-l’oscurità. Così almeno Heidegger legò le sue domande al senso profondo delle parole diEraclito”.

79 GA 15, cit., p. 276 (trad. it., cit., pp. 25-26). Prosegue Heidegger: “Non c’è ungiorno ‘da solo’, né una notte ‘isolata, a sé’, ma proprio la coappartenenza dell’uno edell’altra, di giorno e notte, è il loro essere. Se io dico soltanto giorno, non so ancoraniente dell’essere del giorno. Per pensare il giorno, bisogna pensarlo fino alla notte, eviceversa. La notte è il giorno in quanto giorno tramontato. Nel lasciare che il giorno ela notte appartengano l’uno all’altra è insito tanto l’essere quanto il l“goj. È precisamen-

Page 29: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Dal l“goj al fuoco 225

quanto Aufenthalt nel movimento incessante della f⁄sij, l’avventointegrale del mondo in cui possono soggiornare e trattenersi, secon-do il tempo loro concesso dal concedersi del tempo (in quanto ap-propriazione e diradamento della presenza), i mortali80.

L’eco di Eraclito risuona a tal punto nel pensiero interpretante diHeidegger, che quest’ultimo è spinto a completare il movimentodella sua interpretazione – rimettendo circolarmente in moto la ruo-ta della sua via – facendo proprie le parole di Eraclito, non più tradu-cendole in parole proprie (“dal l“goj al fuoco” come “dall’essere almondo”), bensì, addirittura, traspropriandole nelle proprie parole,ossia trasponendo il Weg (la —d“j del fr. 60 DK) nel Feldweg, resti-tuendo con ciò una voce appropriata a quella voce iniziale di cuil’interpretazione è l’eco appropriante e rovesciando quella voce nellasua stessa eco, ossia facendo del primo inizio l’altro inizio. Eraclito,si legge nel Seminario di Le Thor,

chiama il diafer“menon come sumfer“menon: “Dio? Giorno-notte!”. Èquesto il senso della f⁄sij. In altre parole, Eraclito nomina l’apparte-nere a un’unica presenza di tutto ciò che si stacca da qualcos’altro,soltanto per volgervisi ancora più intimamente, nel senso in cui sullavia che attraversa i campi (Feldweg) “si incontrano la tempesta inver-nale e il giorno della mietitura, si danno appuntamento il vivace ri-sveglio della primavera e il placido morire dell’autunno, si rimiranotra loro il gioco della giovinezza e la saggezza dell’età. Eppure inun’unica armonia, di cui la via attraverso i campi porta silenziosa-mente con sé avanti e indietro l’eco, tutto è rasserenato”81.

te ciò che non aveva saputo discernere Esiodo, il quale, del giorno e della notte, avevavisto soltanto l’alternarsi, poiché ci dice nella Teogonia (v. 751): ‘Giammai la casa li ac-coglie entrambi nel medesimo tempo’. Per Eraclito è esattamente il contrario. La casadell’essere è quella del giorno-notte presi insieme” (ibidem).

80 Cfr. GA 9, cit., p. 354 (trad. it., cit., p. 306): “ëHqoj significa soggiorno, luogodell’abitare. La parola nomina la regione aperta dove abita l’uomo. L’apertura del suosoggiorno lascia apparire ciò che viene incontro all’essenza dell’uomo e, così avvenendo,soggiorna nella sua vicinanza. Il soggiorno dell’uomo contiene e custodisce l’avvento diciò che appartiene all’uomo nella sua essenza”.

81 GA 15, cit., p. 279 (trad. it., cit., p. 29). La citazione conclusiva è tratta dal brevescritto del 1949 Der Feldweg (cfr. GA 13: Aus der Erfahrung des Denkens, Klostermann,Frankfurt a.M. 1983, p. 90 [trad. it. a cura di C. Angelino, Il sentiero di campagna, IlMelangolo, Genova 2002, p. 25]).

Page 30: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

226 Adriano Ardovino

Adriano Ardovino

FROM LOGOS TO FIREHEIDEGGER AND THE ECHO OF HERACLITES

Abstract

The article discusses an affirmation formulated by Heidegger during thefamous seminar organized with Eugen Fink (1966/67), relating to his owninterpretation of Heraclites, which would proceed “from logos to fire.” Inparticular it is shown that it cannot be understood simply on the basis of the“direction” of the hermeneutic procedure or of the hypothetical arrange-ment of the Heraclitean fragments, but needs to be clarified on the basis ofthe more specific theoretical characteristic of Heideggerian interpretation,which consists in the “speculative” movement of his double “appropriatingtranslation”: of his own thought through the thought of Heraclites and thelatter’s thought through his own. In this sense, according to the thesis ex-plicitly formulated in the last part of the article, the way that leads “fromlogos to fire” is clarified as a mirroring of the switch “from being to theworld” that Heidegger makes, also thanks to the experience with Heraclites,in his own mental pathway.

Page 31: Adriano Ardovino-Dal Logos al Fuoco: Heidegger e l'eco di Eraclito

Copyright of Giornale di Metafisica is the property of Tilgher-Genova Publishing and its content may not be

copied or emailed to multiple sites or posted to a listserv without the copyright holder's express written

permission. However, users may print, download, or email articles for individual use.