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    Sartre, Heidegger, Foucault Concezioni delluomo nella seconda met del Novecento

    J. P. Sartre - L'esistenzialismo un umanismo

    M. Heidegger Lettera sullumanismo

    M. Foucault La morte dellumanismo e la cura di s

    J. P. Sartre - L'esistenzialismo un umanismo

    Vorrei qui difendere l'esistenzialismo da un certo numero di critiche che glisono state mosse. Innanzitutto lo si accusato di indurre gli uomini ad unquietismo di disperazione, poich, precluse tutte le soluzioni, si dovrebbeconsiderare in questo mondo l'azione del tutto impossibile e sfociare, comeconclusione, in una filosofia contemplativa; il che, essendo la contemplazione unlusso, ci riconduce ad una filosofia borghese. Tali soprattutto le critiche deicomunisti.

    Ci hanno accusati, d'altra parte, di mettere in evidenza i lati peggiori dell'uomo, dimostrare ovunque il torbido, il sordido, il vischioso, e di trascurare le bellezzeridenti e gli aspetti luminosi della natura umana; per esempio, secondo la Mercier,scrittrice cattolica, d'aver dimenticato il sorriso del bambino. Tanto i comunistiquanto i cattolici ci accusano di essere venuti meno della solidariet umana, diconsiderare l'uomo come isolato, soprattutto perch noi muoviamo a detta deicomunisti dalla soggettivit pura, dall'io penso di Cartesio, cio dal momento incui l'uomo raggiunge la coscienza di s nella solitudine1; e questa nostra posizionenon ci permetterebbe pi di tornare alla solidariet con gli uomini che sono fuoridell'io e che l'io non pu raggiungere nel cogito. Da parte dei cristiani ci sirimprovera di negare la realt e la consistenza dell'agire umano, giacch, sesopprimiamo i comandamenti di Dio ed escludiamo valori stabiliti in eterno, non

    resterebbe altro che la gratuit pura e semplice, per cui ciascuno pu fare ci chevuole, essendo tra l'altro incapace, dal suo punto di vista, di condannare le idee egli atti degli altri.A tutte queste disparate critiche cerco di rispondere oggi ed ecco perch hointitolato questa breve esposizione L'esistenzialismo un umanismo. Molti

    potranno meravigliarsi che si parli qui di umanismo. Vedremo in qual sensol'intendiamo. In ogni caso possiamo dire subito che intendiamo per esistenzialismouna dottrina che rende possibile la vita umana e che, d'altra parte, dichiara che ogniverit e ogni azione implicano sia un ambiente, sia una soggettivit umana.Si sa che l'accusa principale che ci muovono che l'esistenzialismo mette in risaltoil lato deteriore della vita umana. Una signora di cui mi si parlato recentemente,

    1 Fin dalla speculazione di S. Kierkegaard (1813-1855), il filosofo danese considerato il padredell'esistenzialismo, la filosofia dell'esistenza ha rivendicato l'assoluta irriducibilit del singolo individuoa qualunque altra categoria e l'impossibilit di riassorbirlo in qualsiasi altra entit superiore, quali peresempio lo Spirito o lo Stato, come era avvenuto nel sistema di Hegel. Qui Sartre menziona Cartesio(1596-1650) che, con il suo celebre Cogito ergo sum, pu essere considerato all'origine del modernosoggettivismo che chiuderebbe l'uomo in se stesso, precludendogli la possibilit di un reale rapporto congli altri. Ci per i marxisti, convinti sostenitori della fondamentale e costitutiva socialit dell'essereumano, inaccettabile, anche perch non permetterebbe quella solidariet fra i pi deboli e oppressi, che condizione decisiva per attuare la rivoluzione anticapitalista.

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    quando si lascia sfuggire, per mancanza di controllo, una parola volgare, dice a mo'di scusa: sto diventando esistenzialista. La maggior parte di coloro che adoperano questo termine sarebbero gravementeimbarazzati nel darne giustificazione, poich oggi, che divenuto dimoda, si dice volentieri che un musicista o un pittore esistenzialista Ci che rende complesse le cose il fatto che vi sono due specie di esistenzialisti:

    gli uni che sono cristiani, e fra questi metterei Jaspers2 e Gabriel Marcel3,quest'ultimo di confessione cattolica; e gli altri che sono gli esistenzialisti atei, fra iquali bisogna porre Heidegger, gli esistenzialisti francesi e me stesso. Essi hanno incomune soltanto questo: ritengono che l'esistenza preceda l'essenza, o, se volete,che bisogna partire dalla soggettivit. In che modo da intendere la cosa? Quandosi considera un soggetto fabbricato, come, ad esempio, un libro o un tagliacarte, sisa che tale oggetto opera di un artigiano che si ispirato ad un concetto.L'artigiano si riferito al concetto di tagliacarte e, allo stesso modo, ad una

    preliminare tecnica di produzione, che fa parte del concetto stesso e che in fondo una ricetta. Quindi il tagliacarte da un lato un oggetto che sifabbrica in una determinata maniera e dall'altro qualcosa che ha un'utilit bendefinita, tanto che non si pu immaginare un uomo che faccia un tagliacarte senza

    sapere a che cosa debba servire. Diremo dunque, per quanto riguarda iltagliacarte, che l'essenza cio l'insieme delle conoscenze tecniche e dellequalit che ne permettono la fabbricazione e la definizione precede lesistenza; ecos la presenza davanti a me di un certo tagliacarte o di un certo libro determinata. Ci troviamo dunque in presenza di una visione tecnica del mondo, percui si pu dire che la produzione precede l'esistenza. Allorch noi pensiamoun Dio creatore, questo Dio concepito in sostanza alla stregua di un artigianosupremo; e qualsiasi dottrina noi consideriamo si tratti di dottrina simile a quelladi Descartes o a quella di Leibniz4 ammettiamo sempre la volont come inqualche modo posteriore all'intelletto o almeno come ci che si accompagna adesso, e che Dio, quando crea, sa con precisione che cosa crea.Cos il concetto di uomo, nella mente di Dio, come l'idea del tagliacarte nella

    mente del fabbricante, e Dio crea l'uomo servendosi di una tecnica determinata eispirandosi ad una determinata concezione, cos come l'artigiano che produce iltagliacarte. In tal modo l'uomo individuale incarna un certo concetto che

    2 Karl Jaspers (1883-1969) fu, insieme a Martin Heidegger, il maggiore esponente dellesistenzialismotedesco. Il suo pensiero muove dalla constatazione dello scacco e del fallimento delle umane possibilit.Egli tuttavia convinto che a partire proprio da tale naufragio l'uomo possa aprirsi alla Trascendenza e, incerto modo, intravedere Dio stesso; di qui la possibilit, per altro abbastanza problematica, di ravvisarenel pensiero jaspersiano una tonalit chiaramente religiosa, presente soprattutto nella convinzione cheDio, per quanto inaccessibile, si comunichi, magari indirettamente, all'uomo.3 Gabriel Marcel (1889-1973) fu, come Sartre, autore teatrale oltre che filosofo. Il suo esistenzialismo,chiamato pure neosocratismo cristiano, si impernia sulla difesa della singolarit dell'uomo e sul mistero

    dell'Essere, che, a suo giudizio, non tollerano riduzioni razionalistiche o empiristiche: Dio e la personaumana non rientrano tra le realt scientificamente verificabili. L'uomo secondo Marcel al di l deiproblemi finisce per incontrare il Mistero, che lo sospinge verso la fede in Dio, un Dio che si invoca, chesi ama e in cui si spera, ma che mai potr essere dimostrato in termini scientifico-razionali.4 Per Leibniz Dio occupa un posto assolutamente centrale: Egli il creatore del mondo e la libert e labont che detiene in grado supremo ci rassicurano del fatto che al momento della creazione abbia scelto ilmigliore degli universi possibili. Tale - in estrema sintesi - la celebre teoria ottimistica di cui Leibniz sifece paladino. Come si pu notare facilmente, sia la posizione cartesiana che quella leibniziana possonoessere adottate a buon diritto da Sartre come esempi di concezioni che accettano l'idea di un Dio creatore,idea che - aggiungiamo noi - conduce i due filosofi verso convinzioni ottimistiche del tutto estraneeall'esistenzialismo sartriano.

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    nell'intelletto di Dio. Nel secolo XVIII, con i filosofi atei, la nozione di Dio vieneeliminata, non cos per l'idea che l'essenza preceda l'esistenza.Questa idea noi la ritroviamo un po' dappertutto: in Diderot5, in Voltaire6 e nellostesso Kant7. L'uomo possiede una natura umana: questa natura, cio il concetto diuomo, si trova presso tutti gli uomini, il che significa che ogni uomo un esempio

    particolare di un concetto universale: l'uomo. In Kant da questa universalit risulta

    che l'uomo delle foreste, l'uomo della natura, come l'uomo civile, sonosoggetti alla stessa definizione e possiedono le stesse qualit fondamentali. Cosanche nel pensiero di Kant l'essenza di uomo precede quell'esistenza storicache incontriamo nella natura.L'esistenzialismo ateo, che io rappresento, pi coerente. Se Dio non esiste,esso afferma, c' almeno un essere in cui l'esistenza precede l'essenza, un essereche esiste prima di poter essere definito da alcun concetto: quest'essere l'uomo, o,come dice Heidegger, la realt umana8. Che significa in questo caso che l'esistenza

    precede l'essenza? Significa che l'uomo esiste innanzi tutto, si trova, sorge nelmondo, e che si definisce dopo. L'uomo, secondo la concezione esistenzialistica,non definibile in quanto all'inizio non niente. Sar solo in seguito, e sar qualesi sar fatto. Cos non c' una natura umana, poich non c' un Dio che la

    concepisca. L'uomo soltanto, non solo quale si concepisce, ma quale si vuole, eprecisamente quale si concepisce dopo l'esistenza e quale si vuole dopo questoslancio verso l'esistere: l'uomo non altro che ci che si fa. Questo il principio

    primo dell'esistenzialismo.Ed anche quello che si chiama la soggettivit e che ci vien rimproverata conquesto stesso termine. Ma che cosa vogliamo dire noi, con questo, se non chel'uomo ha una dignit pi grande che non la pietra o il tavolo? Perch noi vogliamodire che l'uomo in primo luogo esiste, ossia che egli in primo luogo ci che sislancia verso un avvenire e ci che ha coscienza di progettarsi verso l'avvenire.L'uomo , dapprima, un progetto che vive se stesso soggettivamente, invece diessere muschio, putridume o cavolfiore; niente esiste prima di questo

    progetto; niente esiste nel cielo intelligibile; l'uomo sar anzitutto quello che

    avr progettato di essere. Non quello che vorr essere. Poich quello cheintendiamo di solito con il verbo volere una decisione cosciente, posteriore, perla maggior parte di noi, a ci che noi stessi ci siamo fatti. Io posso voler aderire aun partito, scrivere un libro, sposarmi: tutto questo non che la manifestazione diuna scelta pi originaria, pi spontanea di ci che si chiama volont9. Ma, severamente l'esistenza precede l'essenza, l'uomo responsabile di quello che . Cos

    5 Denis Diderot (1713-1784) fu una delle figure di primo piano dell'Illuminismo francese e si fecesostenitore di convinzioni deiste e materialiste contro le religioni rivelate che propongono la figuradi un Dio supremo ordinatore dell'universo.6 Francoise-Marie Arouet (1694-1778), conosciuto con lo pseudonimo di Voltaire, il pi notointellettuale illuminista. Polemizz contro la tradizione religiosa e il facile ottimismo di stampo

    leibniziano e soprattutto si impegn in una grande battaglia per la tolleranza in campo religioso e politico.7 indubbio che Kant fosse convinto della possibilit di far appello a concetti universali per definire levarie realt: volendo semplificare al massimo, si pu dire che secondo Kant tali concetti risiedono nellaragione umana, piuttosto che nella mente di Dio.8 Sartre richiama qui l'ampia e densa Introduzione che Heidegger pose all'inizio del suo capolavoroEssere e tempo, intitolata Esposizione del problema del senso dellessere, nella quale egli introdusse ilconcetto di "Esserci" per definire luomo (vedi nota 24).9 Nella quarta parte de L'essere e il nulla, Sartre aveva affrontato anche il grande tema della libert,dedicandogli pagine fra le pi celebri della sua opera e delucidando pure il rapporto che intercorre tralibert e volont: riprendendo quelle considerazioni, qui egli distingue la libert come condizioneoriginaria dell'essere umano dalla volont che segue tale libert originaria e di essa manifestazione.

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    il primo passo dell'esistenzialismo di mettere ogni uomo in possesso di quello cheegli e di far cadere su di lui la responsabilit totale della sua esistenza. E, quandodiciamo che l'uomo responsabile di se stesso, non intendiamo che l'uomo siaresponsabile della sua stretta individualit, ma che egli responsabile di tutti gliuomini. La parola soggettivismo ha due significati e su questa duplicit giocano inostri avversari. Soggettivismo vuol dire, da una parte, scelta del soggetto

    individuale per se stesso e, dall'altra, impossibilit per l'uomo di oltrepassare lasoggettivit umana. Questo secondo il senso profondo dell'esistenzialismo.Quando diciamo che l'uomo si sceglie, intendiamo che ciascuno di noi si sceglie,ma, con questo, vogliamo anche dire che ciascuno di noi, scegliendosi, sceglie pertutti gli uomini. Infatti, non c' un solo dei nostri atti che, creando l'uomo chevogliamo essere, non crei nello stesso tempo una immagine dell'uomo quale noigiudichiamo debba essere. Scegliere d'essere questo piuttosto che quello affermare, nello stesso tempo, il valore della nostra scelta, giacch non possiamomai scegliere il male; ci che scegliamo sempre il bene e nulla pu essere

    bene per noi senza esserlo per tutti.Se l'esistenza, d'altra parte, precede l'essenza e noi vogliamo esistere nellostesso tempo in cui formiamo la nostra immagine, questa immagine valida

    per tutti e per tutta intera la nostra epoca. Cos la nostra responsabilit moltopi grande di quello che potremmo supporre, poich essa coinvolge l'umanitintera. Se io sono operaio e scelgo di far parte di un sindacato cristiano piuttostoche essere comunista; se, con questa mia scelta, voglio mostrare che larassegnazione , in fondo, la soluzione che conviene all'uomo, che il regnodell'uomo non su questa terra, io non metto in causa solo il mio caso personale: iovoglio essere rassegnato per tutti e, di conseguenza, il mio atto ha coinvolto l'interaumanit. E se voglio fatto ancor pi individuale sposarmi, avere dei figli,anche se questo matrimonio dipende unicamente dalla mia situazione, o dalla mia

    passione, o dal mio desiderio, in questo modo io impegno non solo me stesso, mal'umanit intera sulla via della monogamia. Cos sono responsabile per me stesso e

    per tutti e creo una certa immagine dell'uomo che scelgo. Scegliendomi, io scelgo

    l'uomo.Questo ci permette di comprendere ci che sta sotto a certe parole un pocomagniloquenti, come angoscia10, abbandono, disperazione. Come vedrete, estremamente semplice. Intanto, che cosa si intende per angoscia?L'esistenzialista dichiara volentieri che l'uomo angoscia. Questo significa:l'uomo che assume un impegno ed consapevole di essere non soltanto colui chesceglie di essere, ma anche un legislatore che sceglie, nello stesso tempo, e per s e

    per l'intera umanit, non pu sfuggire al sentimento della propria completa eprofonda responsabilit.Certo, molti uomini non sono angosciati, ma noi affermiamo che essi celano a sestessi la propria angoscia, che la fuggono; certo, molti uomini credono, quandoagiscono, di non impegnare che se stessi e, quando si dice loro: Ma se tutti

    facessero cos?, alzano le spalle e rispondono: non tutti fanno cos. Ma, in verit,ci si deve sempre chiedere: che cosa accadrebbe se tutti facessero altrettanto? Enon si sfugge a questo pensiero inquietante che con una specie di malafede.

    10 Angoscia una delle parole-simbolo della filosofia esistenzialista fin dalle sue origini: basti ricordareche il titolo di una delle pi note opere di Kierkegaard proprio II concetto dell'angoscia. Tale concettoha avuto valenze varie e diverse, specialmente in relazione alle convinzioni dei singoli filosofi riguardoall'esistenza di Dio. L'ateo Sartre collega l'angoscia da una parte (cfr.La nausea) all'insensatezza eall'insignificanza della vita umana, dall'altra, come accade in queste pagine, alla terribile responsabilitche incombe sull'uomo quando compie le proprie scelte.

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    Colui che mente e si scusa dicendo: non tutti fanno cos, qualcuno che si trova adisagio con la propria coscienza, perch il fatto di mentire implica un valoreuniversale attribuito alla menzogna. Anche quando si maschera, l'angoscia appare.E questa l'angoscia che Kierkegaard chiamava l'angoscia di Abramo11.Conoscete la storia. Un angelo ha comandato ad Abramo di sacrificare suo figlio:tutto va bene, se veramente un angelo quello che venuto e ha detto: tu sei

    Abramo, sacrificherai tuo figlio. Ma ciascuno pu, anzitutto, domandarsi: veramente un angelo? Sono io veramente Abramo? Che cosa me lo prova? C'erauna pazza che aveva delle allucinazioni: le pareva che qualcuno le parlasse pertelefono, che le desse degli ordini. Il medico le chiese: Ma chi le parla?. Ellarispose: Lui dice di essere Dio. Ma che cosa le provava che fosse veramenteDio? Se un angelo viene a me, che cosa mi prova che sia un angelo? E se odo dellevoci, che cosa mi prova che vengano dal cielo e non dall'inferno, o da unsubcosciente o da uno stato patologico? Chi prova che si rivolgano proprio a me?Chi pu provare che io sia veramente designato a imporre la mia concezionedell'uomo e la mia scelta all'umanit? Non trover mai alcuna prova, alcun segno

    per convincermene. Se una voce si rivolge a me, sar sempre io che decider chequesta voce la voce dell'angelo: se considero buona una certa azione, sar io a

    scegliere di dire che quest' azione buona piuttosto che cattiva. Nulla midesigna ad essere Abramo, eppure io sono obbligato in ogni istante a compieredegli atti esemplari. Ogni cosa accade come se, per ogni singolo uomo, tuttal'umanit avesse gli occhi fissi su ci che egli fa e si regolasse su ci che egli fa. Edogni uomo deve dirsi: sono io davvero colui che ha il diritto di operare in modo taleche l'umanit si regoli sui miei atti? E, se non se lo dice, perch maschera la

    propria angoscia. Non si tratta qui di un'angoscia che condurrebbe al quietismo,all'inazione. Si tratta di un'angoscia semplice, che tutti coloro che hanno delleresponsabilit conoscono bene. Quando, ad esempio, un capo militare si assume laresponsabilit di un assalto e manda un certo numero di uomini alla morte, eglisceglie di far ci e, in sostanza, sceglie da solo. . Tutti i capi conoscono questaangoscia. Essa non impedisce loro di agire; al contrario, la condizione stessa

    della loro azione, poich ci presuppone che essi esaminino attentamente unapluralit di soluzioni possibili e che, quando ne scelgono una, si rendano conto cheessa non ha valore se non in quanto stata scelta. questa specie di angoscia cheviene messa in luce dall'esistenzialismo; vedremo che si manifesta inoltre comeresponsabilit diretta di fronte agli altri uomini che coinvolge. Non una cortinache ci divida dall'azione, ma fa parte dell'azione stessa.E quando si parla di abbandono12, espressione cara a Heidegger, intendiamosoltanto che Dio non esiste e che bisogna trarne le conseguenze fino in fondo.L'esistenzialismo si oppone energicamente ad un certo tipo di morale laica chevorrebbe togliere di mezzo Dio con la minima spesa.

    11 Facendo perno sulla figura del biblico patriarca Abramo, Kierkegaard nell'operaTimore e tremore(vediletture relative a Kiekegaard) del 1843 chiar l'opposizione esistente tra moralit e fede religiosa: Abramoobbed al comando di Dio che gli ingiungeva di uccidere il figlio Isacco, venendo meno a qualsiasi codiceetico e affidandosi esclusivamente alla fede. Al filosofo danese premeva dimostrare l'assolutascandalosit e paradossalit dell'atto di fede, che non risponde ad alcuna logica: credere in Dio significadire un s non sorretto da giustificazioni razionali. 12 Anche questo termine tipico del vocabolario esistenzialista: per Heidegger sta a indicare la situazionepropria dell' esserci, dell'uomo che si trova gettato nel mondo, quella situazione che sotto il segnodell'angoscia, perch l'uomo stesso la subisce senza poterne dare alcuna esauriente spiegazione.

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    Allorch, verso il 1880, alcuni professori francesi13 tentarono di costituire unamorale laica, ragionarono press'a poco cos: Dio un'ipotesi inutile e costosa:eliminiamola; ma necessario tuttavia, perch ci siano una morale, una societ, unmondo civile, che certi valori siano presi sul serio e considerati come esistenti a

    priori; bisogna che sia obbligatorio a priori essere onesti, non mentire, non batterela propria donna, fare figli, ecc. ecc.

    Dobbiamo fare quindi un piccolo lavoro che permetter di mostrare che quei valoriesistono ugualmente, iscritti in un cielo intelligibile, anche se Dio non esiste.In altre parole ed , credo, la tendenza di quel che in Francia si chiamaradicalismo niente muter se Dio non esiste; ritroveremo le stesse norme dionest, di progresso, di umanismo e avremo fatto di Dio un'ipotesi obsoleta, chemorir tranquillamente da sola. L'esistenzialista al contrario pensa che moltoscomodo che Dio non esista, poich con Dio svanisce ogni possibilit di ritrovaredei valori in un cielo intelligibile; non pu pi esserci un bene a priori poichnon c' nessuna coscienza infinita e perfetta per pensarlo; non sta scritto danessuna parte che il bene esiste, che bisogna essere onesti, che non si deve mentire,e per questa precisa ragione: siamo su di un piano su cui ci sono solamente degliuomini.

    Dostoevskij14

    ha scritto: Se Dio non esiste tutto permesso. Ecco il punto dipartenza dell'esistenzialismo. Effettivamente tutto lecito se Dio non esiste, e diconseguenza l'uomo abbandonato perch non trova, n in s n fuori di s,

    possibilit d'ancorarsi. E anzitutto non trova delle scuse. Se davvero l'esistenzaprecede l'essenza non si potr mai fornire spiegazioni riferendosi ad una naturaumana data e fissata; in altri termini non vi determinismo: l'uomo libero, l'uomo libert.Se, d'altro canto, Dio non esiste, non troviamo davanti a noi dei valori o degliordini che possano legittimare la nostra condotta. Cos non abbiamo n dietro dinoi n davanti a noi, nel luminoso regno dei valori, giustificazioni o scuse. Siamosoli, senza scuse. Situazione che mi pare di poter caratterizzare dicendo che l'uomo condannato a essere libero. Condannato perch non si creato da solo, e ci non

    di meno libero perch, una volta gettato nel mondo, responsabile di tutto quantofa.L'esistenzialista non crede alla potenza della passione. Mai penser cheuna bella passione un torrente devastatore che porta fatalmente l'uomo a certeazioni e che quindi vale da scusa. Ritiene l'uomo responsabile della passione.L'esistenzialista non penser neppure che l'uomo pu trovare aiuto in un segnodato sulla terra, per orientarlo: pensa invece che l'individuo interpreta da solo ilsegno a suo piacimento. Pensa dunque che l'uomo, senza appoggio n aiuto, condannato in ogni momento a inventare l'uomo. Ma in tal caso siamo abbandonati. Per darvi un esempio che permetta dicomprendere meglio che cosa intendo per abbandono, citer il caso di un mioallievo, venuto a chiedermi consiglio nelle circostanze seguenti. Nella sua famiglia

    i rapporti tra il padre e la madre si erano guastati e d'altra parte il padre tendeva a

    13 Sartre allude qui ad alcuni esponenti delle correnti positivista e naturalista, i quali, a suo giudizio,tentarono la fallimentare impresa di negare Dio mantenendo per inalterato un certo quadro di valorimorali, nella convinzione che tali valori, con la loro vincolante universalit, potessero sussisterenonostante l'ateismo conclamato.14 Fdor Michajlovic Dostoevskij (1821-1881), oltre che uno fra i maggiori scrittori di tutti i tempi, statoun notevole pensatore, e i personaggi dei suoi grandi romanzi sono spesso portatori di profondeproblematiche filosofiche, prima fra tutte quella religiosa. Egli, come fa qui notare Sartre, compresebenissimo che l'ateismo conduce inevitabilmente verso un totale relativismo etico.

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    collaborare con i tedeschi; il figlio maggiore era caduto durante l'offensivagermanica del '40, mentre il figlio minore, il mio allievo, giovane dotato disentimenti un po' primitivi ma generosi, lo voleva vendicare. La madre viveva solacoll'unico figlio rimastole, affranta per il mezzo tradimento del marito e per la finedell'altro figlio, e vedeva in lui la sola consolazione. Quel giovane in quel momento

    poteva scegliere tra partire per l'Inghilterra e arruolarsi nelle Forze Francesi di

    Liberazione e quindi abbandonare la madre o restare presso la madre econsolarne l'esistenza. Si rendeva ben conto che la donna viveva solo per luie che il suo andarsene via e forse la sua morte 1'avrebbero gettata nelladisperazione. Si rendeva anche conto che in fondo, su di un piano concreto, ilrimanere con la madre voleva senz'altro dire aiutarla a vivere, mentre la scelta di

    partire e combattere era un atto il cui risultato poteva essere incerto, perdersi nellasabbia, non servire a niente: per esempio, partendo per l'Inghilterra, passandoattraverso la Spagna avrebbe potuto essere preso e tenuto chiss sino a quando inun campo di concentramento spagnolo; poteva giungere in Inghilterra o ad Algeri efinire in un ufficio a riempire dei fogli.Si trovava quindi di fronte a due tipi di condotta assai differenti: una concreta,immediata, ma che si rivolgeva a un individuo soltanto; un'altra che si rivolgeva a

    un insieme infinitamente pi vasto, a una collettivit nazionale, ma che era, perquesto fatto stesso, incerta e che poteva interrompersi per strada.E, nello stesso tempo, egli esitava tra due tipi di morale. Da una parte la moraledella simpatia, della devozione individuale; dall'altra, una morale pi ampia ma lacui efficacia si poteva discutere. Bisognava scegliere tra le due. Chi poteva aiutarloa scegliere?. La dottrina cristiana? No. La dottrina cristiana dice: siate caritatevoli,amate il prossimo, sacrificatevi per gli altri, scegliete la via pi aspra, ecc. ecc. Maqual la via pi aspra? Chi amare come il proprio fratello, la madre o chicombatteva? Qual l'utilit pi grande, quella, vaga, di combattere con tanti altri, oquella, precisa, di aiutare a vivere un essere ben definito? Chi pu decidere a

    priori? Nessuno. Nessuna morale precostituita lo pu dire. La morale kantiana dice:non trattate mai gli altri come mezzo ma come fine15. Perfetto: se rimango vicino a

    mia madre la tratto come fine e non come mezzo, ma, appunto perci, corro ilrischio di trattare come mezzo chi combatte attorno a me; d'altro canto se vado araggiungere chi combatte lo tratto come fine, ma rischio di trattare come mezzomia madre.Se i valori sono vaghi e sempre troppo vasti e indefiniti per il caso concretoe preciso che consideriamo, non ci rimane che affidarci all'istinto. quanto hatentato di fare il giovane in questione; quando l'ho visto egli diceva: in fondoquello che conta il sentimento; dovrei scegliere quello che mi spinge veramentein una certa direzione e sento d'amare tanto mia madre da sacrificare a lei tutto ilresto il mio desiderio di vendetta, il mio desiderio d'azione, il mio desideriod'avventure rimango presso di lei. Se sento quell'amore insufficiente, parto.Ma come si pu determinare il valore di un sentimento? Che cosa determinava il

    valore del suo sentimento per la madre? Proprio il fatto che egli restava per lei. Ioposso dire: amo abbastanza quel mio amico da sacrificargli quella somma didenaro; ma non posso dirlo che quando l'ho fatto. Io posso dire: amo abbastanza

    15 Sartre ricorda qui la seconda formula dell'imperativo categorico con la quale Kant, nella Fondazionedella metafisica dei costumi, mette in luce uno degli aspetti fondamentali dell'autentica moralit, quelloconnesso al riconoscimento del superiore valore dell'uomo rispetto a qualsiasi altra realt, un valore chenon pu mai essere messo in secondo piano. Come noto, Kant fu convinto assertore di un'etica oggettivafondata sull'universalit della ragione, e Sartre, al contrario, vuol qui dimostrare che i concreti casi dellavita escludono la possibilit di ricorrere a criteri morali universali.

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    mia madre da restare con lei, se sono rimasto con lei. Non posso determinare ilvalore del mio affetto se non quando ho fatto appunto un atto che lo convalidi e lodefinisca. Ora, non appena chiedo a quel sentimento di giustificare il mio atto, mitrovo avvolto in un circolo vizioso. In altre parole il sentimento si forma con gli atti che si compiono: non posso quindiconsultarlo perch mi serva da guida.

    Questo vuol dire che non posso n cercare in me lo stato autentico che mi spingerad operare, n chiedere ad una morale i concetti che mi permetteranno di operare.Almeno, direte voi, quel giovane andato da un professore per chiedergliconsiglio.Ma se voi cercate consiglio, ad esempio, da un prete, nello scegliere quel

    prete voi sapete gi, in fondo, pi o meno, quello che vi consiglier. In altre parole,scegliere il consigliere ancora impegnare se stessi. La prova che, se sietecristiani, penserete di consultare un prete. Ma ci sono preti collaborazionisti,

    preti attendisti, preti della Resistenza. Quale scegliere? E se un giovanesceglie un prete della Resistenza o un prete collaborazionista, ha gi deciso ilgenere di consiglio che ricever. Cos, venendomi a trovare, quel giovaneconosceva la risposta che gli avrei dato, e io stesso non potevo dargliene

    altra: tu sei libero, scegli, cio inventa. Nessuna morale generale ti puindicare ci che da fare, non vi sono segni pregiudiziali nel mondo. I cattolicirisponderanno: ma ci sono dei segni. Ammettiamolo pure; in ogni caso, per, iosolo scelgo il senso che essi hanno. L'abbandono implica che scegliamo noi stessi il nostro essere. L'abbandono va di

    pari passo con l'angoscia.Quanto alla disperazione, questa parola ha un senso estremamente semplice. Essavuol dire che noi ci limiteremo a far assegnamento su ci che dipende dalla nostravolont o sull'insieme delle probabilit che rendono la nostra azione possibile16.Quando si vuole qualche cosa, ci sono sempre degli elementi probabili. Io possofare assegnamento sulla venuta di un amico. Questo amico verr in treno oin tram; ci suppone che il treno arrivi all'ora indicata e che il tram non esca dalle

    rotaie. Io rimango nel dominio delle possibilit; ma si tratta di fare assegnamentosulle cose possibili soltanto nella stretta misura in cui queste sono implicate dalnostro agire. Dal momento in cui le possibilit che io considero non sonorigorosamente coinvolte nella mia azione, non me ne devo pi curare, perchnessun Dio, nessun destino pu adattare il mondo e i suoi possibili alla miavolont. I marxisti, ai quali ho parlato, mi rispondono: Lei pu, nella sua azione, chesar, evidentemente, limitata dalla morte, contare sull'appoggio degli altri. Cisignifica fare assegnamento da un lato su quello che gli altri faranno altrove, inCina, in Russia, per aiutarla, e dall'altro lato su quello che faranno pi tardi, dopo lasua morte, per riprendere l'azione e portarla verso il suo compimento, che sar larivoluzione. Lei deve anche confidare in questo, altrimenti lei non morale.

    Io rispondo, prima di tutto, che far sempre assegnamento sui compagni di lotta,nella misura in cui questi compagni sono impegnati con me in una lotta concreta ecomune, nell'unit di un partito o di un raggruppamento che io posso, pi o meno,controllare, nel quale io sia cio militante e del quale conosca ad ogni istante i

    16 Anche il concetto di disperazione tipico della filosofia esistenzialista. Con esso, Kierkegaard indica ildramma continuo che vive l'individuo che non riesce mai a trovare una piena realizzazione interiore e unpieno equilibrio, proprio perch ogni uomo pur sempre possibilit mai completamente risolta. Sartrecollega il sentimento della disperazione proprio al concetto di possibilit, che esclude la padronanzacompleta dell'uomo sul proprio destino.

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    movimenti. In tal caso, far conto sull'unit e sulla volont del proprio partito ,esattamente, come far conto che il treno arrivi in orario e che il tram non deragli.Ma non posso fare assegnamento su uomini che non conosco, fondandomi sulla

    bont umana o sull'interesse dell'uomo per il bene della societ, dato che l'uomo libero e che non c' natura umana su cui io possa fondarmi. Non so che cosadiverr la rivoluzione russa; posso ammirarla e portarla ad esempio nella misura in

    cui oggi essa mi prova che il proletariato ha in Russia una importanza che non ha inalcun'altra nazione. Ma io non posso affermare che essa condurr ineluttabilmenteal trionfo del proletariato: mi devo limitare a quello che vedo; non posso essersicuro che i compagni di lotta riprenderanno la mia opera dopo la mia morte per

    portarla a un massimo di perfezione, dato che questi uomini sono liberi edecideranno liberamente quello che sar l'uomo; domani, dopo la mia morte, alcuniuomini possono decidere di ristabilire il fascismo e gli altri possono essereabbastanza vili e sprovveduti da lasciarli fare; in quel momento il fascismo sar laverit umana, e tanto peggio per noi; in realt, le cose saranno come l'uomo avrdeciso che siano.Significa forse questo che io devo abbandonarmi al quietismo? No. Prima iomi devo impegnare, poi devo operare secondo la vecchia formula: Non c'

    bisogno di sperare per agire. Questo non vuol dire che io non debba appartenere aun partito, ma che sar senza illusioni e che far ci che posso. Poniamo adesempio che mi domandi: Arriveremo alla collettivizzazione vera e propria?,ebbene, non ne so nulla: so soltanto che far tutto quello che sar in mio potere

    perch ci si arrivi: a parte questo, non posso contare su niente.Il quietismo l'atteggiamento di coloro che dicono: gli altri possono fare ci che ionon posso fare. La dottrina che vi presento proprio l'opposto del quietismo,

    perch essa dice: non c' realt che nell'azione. Essa va ancora pi lontano, perchaggiunge: l'uomo non niente altro che quello che progetta di essere; egli nonesiste che nella misura in cui si realizza; non , dunque, niente altro che l'insiemedei suoi atti, niente altro che la sua vita.Dopo di che possiamo comprendere perch la nostra dottrina faccia orrore a un

    certo numero di persone. Perch, spesso, esse hanno un solo modo di sopportare laloro miseria, ed di pensare: Le circostanze sono state contro di me, io valevomolto di pi di quello che sono stato; vero, non ho avuto grandi amori, grandiamicizie, ma questo avvenuto perch non ho incontrato un uomo o una donna chene fossero degni; non ho scritto ottimi libri, perch me ne mancato l'agio; non hoavuto figli a cui dedicarmi, perch non ho trovato l'uomo con il quale avrei potutocostruire la mia vita. rimasta, dunque, in me, non usata eppure vitale, unaquantit di disposizioni, di inclinazioni, di possibilit, che mi danno un valore chela semplice serie dei miei atti non permette di misurare.Ora, in realt, per l'esistenzialista non c' amore all'infuori di quello che si realizza,non c' possibilit d'amore all'infuori di quella che si manifesta in un amore; nonc' genio all'infuori di quello che si esprime in opere d'arte: il genio di Proust 17

    l'opera globale di Proust. Un uomo s'impegna nella propria vita, disegna ilproprio volto e, fuori di questo volto, non c' niente. Evidentemente questa ideapu parer dura a qualcuno che non riuscito nella vita. Ma, d'altra parte, essadispone gli animi a comprendere che soltanto la realt vale; che i sogni, le attese, lesperanze permettono soltanto di definire un uomo come un sogno deluso, come una

    17 Marcel Proust (1871-1922), autore del ciclo di romanzi Alla ricerca del tempo perduto, uno deigrandissimi protagonisti della letteratura contemporanea. Rinnov profondamente lo stile narrativo e lasua opera contiene pure importanti elementi collegabili con la riflessione filosofica, in specie per ci checoncerne le delicate tematiche del tempo e della memoria.

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    speranza mancata, come un'attesa inutile; cio di definirlo negativamente e nonpositivamente.Tuttavia, quando si dice: tu non sei altro che la tua vita, questo non implica chel'artista sar giudicato unicamente in base alle sue opere d'arte: mille altre cosecontribuiscono egualmente a definirlo.

    Noi vogliamo dire che un uomo non altro che una serie di iniziative, che egli

    la somma, l'organizzazione, l'insieme delle relazioni che costituiscono questeiniziative. In queste condizioni, ci che ci viene rimproverato non , in fondo, ilnostro pessimismo, ma un rigore ottimista. Se la gente ci rimprovera i nostriromanzi, nei quali descriviamo degli uomini fiacchi, deboli, vili e, talvolta,veramente malvagi, non solo perch questi uomini siano fiacchi, deboli, vili omalvagi: perch se, come Zola18, noi affermassimo che sono cos a causa di maliereditari, dell'influenza dell'ambiente o della societ, in virt di un determinismoorganico o psicologico, la gente sarebbe rassicurata e direbbe: ecco, noi siamo cos,nessuno pu farci niente. Ma l'esistenzialista quando descrive un vile, dice chequesto vile responsabile della sua vilt. Questo vile non cos per il fatto che haun cuore, un polmone o un cervello vile; non cos in base ad una particolareorganizzazione fisiologica: cos perch coi suoi atti si dato la forma di

    un vile. Non c' temperamento vile: ci sono temperamenti nervosi, c' ilsangue povero, come dice la brava gente, ci sono temperamenti ricchi, mal'uomo che ha un sangue povero non vile per questo, perch ci che fa la vilt l'atto di rinunciare o di cedere; un temperamento non un atto, il vile definito talein base all'atto che ha compiuto. La gente ha una oscura sensazione e prova orrore

    per il fatto che il vile che presentiamo sia colpevole d'esser vile. La gente vuole chesi nasca o vili o eroi. Uno dei rimproveri che si rivolgono pi spesso a Le vie dellalibert19 si esprime cos: ma, alla fine, di questi uomini cos deboli come potretefare degli eroi? Questa obiezione muove piuttosto al riso, perch suppone che eroisi nasca. E, in realt, quello che la gente desidera pensare: se nascete vili, saretedel tutto tranquilli, voi non ne avete alcuna colpa, sarete vili per tutta la vita,qualunque cosa facciate; se nascete eroi, sarete pure del tutto tranquilli, sarete eroi

    per tutta la vita, berrete come un eroe, mangerete come un eroe.L'esistenzialista, invece, dice che il vile si fa vile, che l'eroe si fa eroe; c' sempreuna possibilit per il vile di non essere pi vile e per l'eroe di cessare d'essere uneroe. Quello che conta l'impegno totale, e non sono un caso particolare, un'azione

    particolare a impegnarvi totalmente.Cos abbiamo risposto, credo, ad alcuni rimproveri riguardanti l'esistenzialismo.Appare chiaro che non lo si pu considerare come una filosofia del quietismo, datoche definisce l'uomo in base all'azione, n come una descrizione pessimistadell'uomo: non c' anzi dottrina pi ottimista, perch il destino dell'uomo nell'uomo stesso; n come un tentativo di scoraggiare l'uomo distogliendolodall'operare, perch l'esistenzialismo gli dice che non si pu riporre speranzase non nell'agire e che la sola cosa che consente all'uomo di vivere l'azione. Di

    conseguenza, su questo piano, noi abbiamo a che fare con una moraledell'azione e dell'impegno. Senonch ci si rimprovera anche, movendo da qualcuno

    18 mile Zola (1840-1902) fu uno dei maggiori esponenti del naturalismo o realismo, assertore convinto, ea volte schematicamente ingenuo, dei canoni poetici di quella corrente letteraria.19 Si tratta di un ciclo di romanzi pubblicati dallo stesso Sartre tra il 1945 e il 1946, i cui personaggi esituazioni spesso ben rappresentano idee e convinzioni che ritroviamo anche nella sua produzionefilosofica, in sintonia con la scelta da lui operata di affidare i propri messaggi alle pi diverse formeespressive.

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    di questi concetti, di murare l'uomo nella sua soggettivit individuale. Anche qui cisi capisce molto male.Il nostro punto di partenza in effetti la soggettivit dell'individuo, e questo perragioni strettamente filosofiche. Non perch siamo borghesi, ma perchvogliamo una dottrina fondata sulla verit e non un complesso di belle teorie pienedi speranza, ma senza un fondamento reale. Non vi pu essere, all'inizio, altra

    verit che questa: io penso, dunque sono. Questa la verit assoluta della coscienzache coglie se stessa. Ogni teoria che considera l'uomo fuori dal momento nel qualeegli raggiunge se stesso , anzitutto, una teoria che sopprime la verit, perch, fuoridel cogito cartesiano, tutti gli oggetti sono soltanto probabili; ed una dottrina di

    probabilit, che non sia sostenuta da una verit, affonda nel nulla. Per definire ilprobabile, bisogna possedere il vero. Dunque, perch ci sia una qualunque verit,occorre una verit assoluta; e questa semplice, facile a raggiungersi, pu esserecompresa da tutti e consiste nel cogliere se stessi senza intermediario.E poi, questa teoria la sola che dia una dignit all'uomo, la sola che non facciadi lui un oggetto. Ogni materialismo ha per effetto di considerare gli uomini,compreso il materialista stesso, come oggetti, cio come una somma di reazionideterminate che nulla distingue dalla somma delle qualit e dei fenomeni che

    formano un tavolo, o una sedia, o una pietra. Noi vogliamo istituire per l'appunto ilregno umano come un insieme di valori distinti dal regno materiale. Ma lasoggettivit che raggiungiamo a titolo di verit non una soggettivitrigorosamente individuale, dato che abbiamo dimostrato che nel cogito nonsi scopre soltanto se stessi, ma anche gli altri. Con l'io penso, contrariamente allafilosofia di Descartes, contrariamente alla filosofia di Kant, noi raggiungiamo noistessi di fronte allaltro e laltro tanto certo per noi quanto noi siamo certi di noimedesimi. In questo modo l'uomo, che coglie se stesso direttamente col cogito,scopre anche tutti gli altri, e li scopre come la condizione della propria esistenza.Egli si rende conto che non pu essere niente (nel senso in cui si dice che un uomo spiritoso, o che cattivo, o che geloso), se gli altri non lo riconoscono cometale. Per ottenere una verit qualunque sul mio conto, bisogna che la ricavi tramite

    laltro. L'altro indispensabile alla mia esistenza, cos come alla conoscenza che ioho di me. In queste condizioni, la scoperta della mia intimit mi rivela, nello stessotempo, laltro come una libert posta di fronte a me, la quale pensa e vuole soltanto

    per me o contro di me.Cos scopriamo subito un mondo che chiameremo l'intersoggettivit, ed inquesto mondo che l'uomo decide di ci che egli e di ci che sono gli altri.Inoltre, se impossibile trovare in ciascun uomo una essenza universale, chesarebbe la natura umana, esiste per una universalit umana di condizione. Nona caso i pensatori d'oggi parlano pi volentieri della condizione dell'uomo chenon della sua natura. Per condizione essi intendono, con maggiore o minorechiarezza, l'insieme dei limiti a priori che delineano la situazione fondamentaledell'uomo nell'universo. Le condizioni storiche variano: l'uomo pu nascere

    schiavo in una societ pagana, o signore feudale, o proletario. Ma non varia per luila necessit d'essere nel mondo, di lavorarvi, di esistere in mezzo ad altri, di esseremortale. I limiti non sono n soggettivi n oggettivi, o, piuttosto, essi hanno unaspetto oggettivo e un aspetto soggettivo. Sono oggettivi, perch si incontranodappertutto e sono dappertutto riconoscibili; soggettivi, perch sono vissuti e nonsono nulla se l'uomo non li vive, cio se non si determina liberamente nella propriaesistenza in relazione ad essi. E, bench i progetti possano essere diversi, nessuno

    potr riuscirmi del tutto estraneo, perch essi si presentano tutti come un tentativodi superare quei limiti, o di farli arretrare, o di negarli, o di adattarvisi. Diconseguenza, ogni progetto, per quanto individuale esso sia, ha un valore

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    universale. Ogni progetto, anche quello d'un cinese, di un indiano o d'un negro, puessere compreso da un europeo. Esso pu essere compreso: questo vuol dire chel'europeo del 1945 pu comportarsi, rispetto a una situazione che locondiziona, nello stesso modo, e che pu rifare in s il progetto del cinese,dell'indiano o dell'africano.Esiste una universalit di ogni progetto, nel senso che ogni progetto

    comprensibile da ogni uomo. Ci non significa per nulla che il progettodefinisca l'uomo per sempre, ma che esso pu essere ritrovato. Esiste sempre unamaniera di comprendere l'idiota, il bambino, il primitivo o lo straniero, purch siabbiano informazioni sufficienti. In questo senso possiamo dire che c' unauniversalit dell'uomo; ma essa non data, essa perpetuamente costruita. Iocostruisco l'universale scegliendomi, lo costruisco comprendendo il progetto diogni altro uomo, di qualunque epoca egli sia. Questo assoluto della scelta nonsopprime la relativit di ciascuna epoca. All'esistenzialismo preme dimostrare illegame tra il carattere assoluto del libero impegno mediante cui ogni uomo sirealizza realizzando un tipo di umanit: impegno sempre comprensibile inqualunque epoca ed a qualunque persona e la relativit del complesso culturaleche pu risultare da una simile scelta. Bisogna mettere in rilievo, insieme, e la

    relativit del cartesianesimo e il carattere assoluto dell'impegno cartesiano. Inquesto senso si pu dire, se volete, che ciascuno di noi fa l'assoluto, respirando,mangiando, dormendo ed operando in qualsiasi maniera. Non c' alcuna differenzatra essere liberamente, essere come progetto, come esistenza che sceglie la propriaessenza, ed essere assoluto; e non c' alcuna differenza tra essere un assolutolocalizzato nel tempo cio che si localizzato nella storia ed esserecomprensibile universalmente.Questo non risponde del tutto all'obiezione di soggettivismo. Infatti questaobiezione prende ancora molte forme. La prima la seguente: allora voi ci viendetto potete fare tutto ci che volete, e quest'affermazione viene espressa indiversi modi. Anzitutto ci si accusa d'anarchia; poi si sostiene: voi non potetegiudicare gli altri, perch non c' ragione di preferire un progetto ad un altro; infine

    ci si pu dire: tutto gratuito in ci che scegliete, voi date con una mano ci chefingete di ricevere con l'altra. Queste tre obiezioni non sono molto serie. La primaobiezione voi potete scegliere qualunque cosa non esatta. La scelta

    possibile in un certo senso, ma ci che non assolutamente possibile nonscegliere. Io posso sempre scegliere, ma devo sapere che, se non scelgo, io scelgocomunque. Questo, sebbene appaia strettamente formale, ha una grandissimaimportanza per limitare la fantasia e il capriccio. Se vero che di fronte ad unasituazione per esempio, la situazione che fa di me un essere sessuato che puavere rapporti con un essere dell'altro sesso, che pu avere dei figli io sonoobbligato a scegliere un atteggiamento e che, in ogni modo, io porto laresponsabilit di una scelta che, impegnandomi, impegna anche l'intera umanit,anche se nessun valore a priori determina la mia scelta, questo non ha nulla a che

    vedere col capriccio; e se si crede di trovare qui la teoria gidiana dell'atto gratuito, perch non si riesce a scorgere l'enorme differenza che passa tra questadottrina e quella di Gide20. Gide non sa che cosa sia una situazione; egli agisce persemplice capriccio. Per noi, al contrario, l'uomo si trova in una situazione

    20 Andr Gide (1869-1951) fu una personalit assai complessa. Educato al calvinismo, si distacc poi inmaniera radicale da ogni fede religiosa e nelle sue opere fin per sostenere convinzioni estreme circa laliceit di qualsiasi piacere, contro ogni norma socialmente accettata. Scrittore di notevole talento, capacedi analizzare i recessi pi nascosti e inquietanti dell'animo umano, ricevette il premio Nobel nel 1947.

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    organizzata, nella quale egli stesso impegnato; egli impegna con la sua sceltal'umanit intera e non pu evitare di scegliere: rester casto o si sposer senzaaver figli, o si sposer e avr dei figli. In ogni modo, qualunque cosa faccia, impossibile che non prenda una intera responsabilit di fronte a questo problema.Senza dubbio sceglie senza riferirsi a valori prestabiliti, ma ingiustotacciarlo di capricciosit.

    Diciamo, piuttosto, che bisogna paragonare la scelta morale alla costruzione diun'opera d'arte. E qui necessario fermarci allo scopo di precisare che non si trattadi una morale estetica, perch i nostri avversari sono cos in malafede che cirimproverano anche questo. L'esempio che ho scelto non che un paragone. Messoin chiaro questo, si mai rimproverato a un artista che fa un quadro di non ispirarsia regole stabilite a priori? Gli si mai detto il quadro che deve fare? E chiaro chenon c' un quadro determinato da fare, che l'artista si impegna nella costruzione delsuo quadro e che il quadro da fare precisamente il quadro che egli avr fatto; chiaro che non ci sono valori estetici a priori, ma che ci sono valori che si colgonoin seguito, nell'armonia del quadro, nei rapporti che ci sono tra la volont creatricee il risultato. Nessuno pu dire quello che sar la pittura di domani; non si pugiudicare la pittura che quando essa compiuta. Quale rapporto ha tutto questo con

    la morale? Noi siamo nella stessa situazione creatrice. Non parliamo mai dellagratuit di un'opera d'arte. Quando parliamo di una tela di Picasso, non diciamomai che gratuita; comprendiamo benissimo che l'artista si formato, cos come ,nello stesso tempo in cui dipingeva e che l'insieme della sua opera fa corpo unicocon la sua vita.Lo stesso accade nell'ordine morale. L'arte e la morale hanno in comune lacreazione e l'invenzione. Non possiamo decidere a priori su ci che si devefare. Credo di averlo mostrato a sufficienza, parlando del caso di quell'allievo chevenne a visitarmi e che poteva rivolgersi a tutte le morali kantiana od altre senza trovarvi alcuna indicazione; egli era obbligato a inventare da s la propriamorale. Non diremo mai che quest'uomo che pu aver scelto di restare con suamadre, prendendo come fondamento morale i sentimenti, l'azione individuale e la

    carit concreta, o di andarsene in Inghilterra, preferendo il sacrificio abbiacompiuto un scelta gratuita.L'uomo si fa; non qualcosa di bell'e fatto in partenza; egli si fa scegliendo la

    propria morale, e la pressione delle circostanze tale che non pu non sceglierneuna. Noi non definiamo l'uomo che in relazione a un impegno.E dunque assurdo rimproverarci la gratuit della scelta.[Unaltra ] obiezione la seguente: voi ricevete con una mano quello che date conl'altra; ci vuol dire, in sostanza: i valori non sono cose serie, perch voi liscegliete. A questo io rispondo di essere molto spiacente che sia proprio cos; ma,siccome ho soppresso Iddio padre, pur necessario qualcuno per inventare valori.Bisogna prendere le cose come sono. E, d'altra parte, dire che noi inventiamo ivalori non significa altro che questo: la vita non ha senso a priori. Prima che voi la

    viviate, la vita di per s non nulla, sta a voi darle un senso, e il valore non altroche il senso che scegliete.Cos vedete che c' la possibilit di creare una comunit umana. Mi si rimproverato di domandare se l'esistenzialismo sia un umanismo. Mi stato detto:ma lei ha scritto ne La nausea21 che gli umanisti avevano torto, si fatto beffe diuna certa specie di umanismo; perch si ricrede ora?

    21 La nausea un romanzo che Sartre aveva scritto nel 1938 e nel quale aveva anticipato, in formaletteraria, molti dei temi fondamentali del suo esistenzialismo: la gratuit della vita e del mondo, lalibert, l'assurdo, l'angoscia eccetera.

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    In realt, la parola umanismo ha due sensi molto differenti. Per umanismo sipu intendere una dottrina che considera l'uomo come fine e come valoresuperiore. C' umanismo in questo senso, per esempio, in Cocteau22, quando, nelracconto II giro del mondo in ottanta ore, un personaggio, perch sorvola lemontagne in aeroplano, proclama: l'uomo stupefacente. Questo vuol dire che io,

    personalmente, che non ho costruito gli aeroplani, trarr beneficio da queste

    particolari invenzioni e che potr personalmente in quanto sono uomo considerarmi responsabile ed onorato per certi atti propri di alcuni uomini. Ilche presuppone che noi possiamo attribuire un valore all'uomo in seguito agli atti

    pi elevati compiuti da alcuni uomini. Questo umanismo assurdo, perch soltantoil cane o il cavallo potrebbero dare un giudizio complessivo dell'uomo ed affermareche l'uomo stupefacente, e questo essi non si curano di fare, per quanto io nesappia, almeno. Non si pu ammettere che l'uomo possa dare un giudiziosull'uomo. L'esistenzialismo ci dispensa da ogni giudizio di questo genere;l'esistenzialista non prender mai l'uomo come fine, perch l'uomo sempre dafare. Ma l'umanismo ha un altro senso ed , in sostanza, questo: l'uomo costantemente fuori di se stesso; solo progettandosi e perdendosi fuori di s egli fa

    esistere l'uomo e, d'altra parte, solo perseguendo fini trascendenti, egli pu esistere;l'uomo, essendo questo superamento e non cogliendo gli oggetti che in relazione aquesto superamento, al cuore, al centro di questo superamento. Non c' altrouniverso che un universo umano, l'universo della soggettivit umana. Questaconnessione fra la trascendenza come costitutiva dell'uomo, non nel senso che sid alla parola quando si dice che Dio trascendente, ma nel sensodell'oltrepassamento, e la soggettivit, nel senso che l'uomo non chiuso inse stesso, ma sempre presente in un universo umano, quello che noichiamiamo umanismo esistenzialista. Umanismo, perch noi ricordiamo all'uomoche non c' altro legislatore che lui e che proprio nell'abbandono egli decider di sestesso; e perch noi mostriamo che, non nel rivolgersi verso se stesso, ma semprecercando fuori di s uno scopo, che quella liberazione, quell'attuazione

    particolare, l'uomo si realizzer precisamente come umano.Si vede, dopo queste riflessioni, che nulla pi ingiusto delle obiezioni che civengono mosse. L'esistenzialismo non altro che uno sforzo per dedurre tutte leconseguenze da una posizione atea coerente. Tale posizione non cerca per nulla disprofondare l'uomo nella disperazione. Ma se come i cristiani si definiscedisperazione ogni atteggiamento di incredulit, esso muove dalla disperazioneoriginaria. L'esistenzialismo non vuole esser ateo in modo tale da esaurirsi neldimostrare che Dio non esiste; ma preferisce affermare: anche se Dio esistesse, cinon cambierebbe nulla, ecco il nostro punto di vista. Non che noi crediamo che Dioesista, ma pensiamo che il problema non sia quello della sua esistenza; bisogna chel'uomo ritrovi se stesso e si persuada che niente pu salvarlo da se stesso, fosse

    pure una prova valida dell'esistenza di Dio. In questo senso l'esistenzialismo un

    ottimismo, una dottrina d'azione, e solo per malafede confondendo la lorodisperazione con la nostra, i cristiani possono chiamarci disperati.

    Estratti da J. P. Sartre, Lesistenzialismo un umanismo, http://cultura-non-a-pagamento.blogspot.it/, pag. 24-66

    22 Jean Cocteau (1889-1963) fu uno scrittore ricco di talento e particolarmente prolifico; segu e influenzle mode culturali e letterarie nel periodo fra le due guerre e la sua opera appare assai rappresentativa delclima artistico di quegli anni.

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    M. Heidegger Lettera sullumanismo

    Introduzione

    La lettera sull'umanismo (1947), originariamente inviata a Jean Beauffret, uno

    studioso francese del filosofo, chiarisce in maniera decisiva che il pensiero diHeidegger non pi riconducibile al soggettivismo ed all'esistenzialismo. Nel1946, Jean Paul Sartre aveva pubblicatoL'esistenzialismo un umanismo, testo nelquale veniva enunciata la tesi del necessario sbocco politico della linea elaboratacon L'essere e il nulla. Se l'esistenza viene prima dell'essenza, questa era la

    posizione di Sartre, allora occorre partire dalla soggettivit. L'uomo in ognicircostanza costretto ad inventare l'uomo; su di lui cade la responsabilit totaledell'esistenza. Egli deve cercare uno scopo fuori di s, solo cos si realizzer comeessere umano. Heidegger risponde a Sartre, sostenendo che luomo giunge alcentro di ogni discorso solo dopo aver spodestato l'essere dalla sua centralit.In Essere e tempo (1926)23 Heidegger aveva sostenuto che la domandafondamentale della filosofia doveva tornare ad essere quella dei primi filosofi,

    ovvero la domanda sullessere.La domanda sullessere si configura cos: che senso ha essere? Questo significatentare la comprensione della realt nel modo pi originario e radicale, a partirecio non da determinate regioni dellessere gi disegnate (come fanno le scienzespecifiche, es. la biologia il cui oggetto il mondo organico), ma dal fondamentostesso dogni realt.Il filosofo tedesco nota come per l'intera ontologia tradizionale del passato l'essere qualcosa che si d per scontato che esista, al di l dell'apparenza del mondo, percui l'essere una presenza che mai si mostra ma che si intende fondare comequalcosa di necessario in modo da impedire una caduta nel niente degli enti, i quali,secondo una distinzione platonica, sono corruttibili nel mondo fisico mentre sonoincorruttibili (una loro parte essenziale) in un mondo metafisico al di l

    dell'apparenza.Solitamente si dice che essere il concetto pi generale di tutti: di qualunque cosa,infatti, si pu dire che . Ma se il concetto pi generale, esso no pu esseredefinito, dal momento che una definizione richiede l'esibizione del genere entro ilquale l'oggetto da definire viene distinto mediante una differenza specifica; mal'essere, essendo il concetto pi generale, non pu essere incluso in un genere piampio. Per giungere al concetto di essere occorre allora percorrere un'altra strada.Heidegger osserva che nella domanda: Che cos' l'essere? si possono distinguere 3cose: 1) ci che si domanda, 2) ci a cui domandato, 3) ci che si trovadomandando.Ci che si domanda l'essere stesso, ci che si trova domandando il sensodell'essere, mentre ci a cui si domanda non pu essere che un ente, visto che

    l'essere sempre proprio di un ente. Il primo problema dell'ontologia quello dideterminare qual l'ente che dev'essere interrogato. Heidegger spiega che questoente l'uomo stesso, il quale ha un primato ontologico sugli altri enti (ad esempioanimali e piante), visto che lui che viene interrogato, e viene designato daHeidegger con il termine Esserci24 (Dasein, in tedesco).

    23Essere e tempodi Martin Heidegger, pubblicato nel 1927, uno tra i pi importanti testifilosofici del Novecento.24 Heidegger designa questo ente, che noi stessi sempre siamo, con il termine "Dasein"("e-sistenza", "esser-ci") e non usa la parola "uomo", per rispettare la differenza ontologica

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    L'analisi del modo d'essere dell'Esserci dunque essenziale, perch solointerrogandolo si pu conoscere cos' l'essere e trovarne il senso. Il modo d'esseredell'Esserci l'esistenza e quindi il primo compito del filosofo sar conoscere lecaratteristiche dell'esistenza.Il forte influsso esercitato da Essere e temposulla cultura del tempo aveva contri-

    buito a mettere in rilievo l'orientamento esistenzialista e antropologico dell'opera,

    cio la sua attenzione ai fenomeni e ai problemi dell'esistenza concreta dell'uomo.Tuttavia, proprio a partite dallaLettera sullumanismoHeidegger smentisce questainterpretazione, sottolineando che l'indagine sull'uomo condotta nel suo librodoveva essere solo la preparazione per una fase pi importante, dedicata al proble-ma dell'essere. Nella Lettera sull'umanismo, infatti, Heidegger ritiene necessariauna svolta che abbandoni l'impostazione antropologica adottata in Essere etempo.Dopo la svolta Heidegger concepisce la storia non pi come il frutto dell'agireumano, ma come storia dell'essere. Con tale espressione Heidegger non intendealludere ad un essere superiore che dirige gli avvenimenti, ma al contrario vuolesottolineare che la storia riguarda l'essere, cio il semplice manifestarsi di ci che .La storia il puro accadere, venire alla presenza degli enti senza un principio

    identificabile che ne governi l'apparire25

    . Questo manifestarsi degli enti unosvelamento senza autore n causa, perch possiede un carattere unico eimprevedibile che non si lascia derivare da nessun ente o stato di cose. Lo stessomanifestarsi degli enti nel pensare e nell'agire non prodotto dall'uomo. In questosenso l'uomo non autore del pensare e dell'agire, perch in queste attivit c unessere, vale a dire uno svelarsi, un accadere, che nella sua imprevedibilit non puessere dominato dall'uomo26.

    tra lesserci e gli altri enti, le semplici "cose". Parlare di "uomo" significherebbe, infatti,assumere gi in partenza un'interpretazione determinata dell'essere dell'uomo che comequalsiasi altro ente, sarebbe l'oggetto di scienze positive quali l'antropologia, la biologia ola psicologia. Qui invece in questione il senso stesso dell'essere e proprio l'essere

    dell'uomo, in quanto irriducibile a quello di tutti gli altri enti, deve aprirci la viadell'indagine.Spesso lo stile testi heideggeriani diviene esoterico e dai toni oracolari e si serve di terminiche, sulla base di ricostruzioni filologiche a volte anche molto controverse, vengonoalterati e riscritti.A vent'anni di distanza, Heidegger affermava che Essere tempo rimasto incompiutoperch il pensiero non riusciva a dire in modo adeguato questa svolta e non ne venivacapo con l'aiuto del linguaggio della metafisica. Se il linguaggio non un semplicestrumento, ma trasporta un mondo, non si pu preparare una nuova dimensione delpensiero e dell'essere senza forzare le vie gi tracciate nella lingua, per farne scaturirenuove possibilit. Nelle parola della nostra tradizione filosofica e poetica bisogna farrisuonare, al di l di ci che esse esprimono esplicitamente, lalone oscuro del "non-detto"da cui emergono e che in qualche modo da esse evocato. Al di l delle proposizioni,

    occorre ascoltare, quello che Heidegger chiama, l"appello del silenzio" che provienedall'essenza stessa del linguaggio.25 L'essere per Heidegger infatti qualcosa che mette in luce gli enti, che ne fa da sfondo.26 L'essere verit, ma non come adeguazione del pensiero alla cosa, la verit perHeidegger aletheia (vedi nota 60), disvelamento, apertura. La verit si disvela, edisvelandosi si apre, cosicch in essa uomo ed enti si possono incontrare. Ma se disvelamento, c' anche una parte celata: l'essere stesso, che niente (= non-ente), implicauna parte negata, nascosta. Per questo si pu fare esperienza della verit come camminoche non giunge a compimento, cosicch Heidegger pu presentarsi come un "viandantediretto nelle vicinanze dell' essere". Un pensatore, che in cammino e non giunto n pu

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    Lanalisi esistenziale vieni quindi sostituita dalla meditazione storica comefedelt al puro accadere che sottratto al potere umano di calcolo e di previsione.La meditazione viene rivolta in particolare ai testi della tradizione occidentale.Secondo Heidegger nelle parole dei pensatori e dei poeti del passato si conservatolo svelamento dell'essere. Questo possibile perch nel linguaggio l'uomo rivela lasua prerogativa di essere "immerso" nel modo pi profondo nell'essere, cio nello

    svelamento. Nel parlare, infatti, l'uomo svela continuamente gli enti e se stesso. Inrealt l'uomo non Autore del parlare, ma il linguaggio stesso che parla, perch il

    parlare, come ogni altra forma di svelamento, riguarda l'essere ed un evento nonriducibile a opera dell'uomo o di un altro ente. Tuttavia il rilievo che nel parlare hal'ascolto consente all'uomo di rispondere agli appelli del linguaggio. Lameditazione sulla tradizione storica ha proprio il compito di far emergere lo sve-lamento che i pensatori e i poeti hanno espresso dando ascolto e risposta all'appellodel linguaggio.

    n.b.: la lettura delle note indispensabile per la comprensione del testo.

    Lettera sullumanismo

    Noi non pensiamo ancora in modo abbastanza decisivo l'essenza dell'agire. Non siconosce l'agire se non come il produrre un effetto la cui realt valutata in basealla sua utilit. L'essenza dell'agire invece il portare a compimento. Portare acompimento significa: dispiegare qualcosa nella pienezza della sua essenza,condurre-fuori a questa pienezza, producere. Dunque pu essere portato acompimento in senso proprio soltanto ci che gi . Ma ci che prima di tutto "", l'essere27. Il pensiero porta a compimento il riferimento dell'essere all'essenzadell'uomo. Non che esso produca o provochi questo riferimento. Il pensiero lo offre

    all'essere soltanto come ci che gli stato consegnato dall'essere. Questa offertaconsiste nel fatto che nel pensiero l'essere viene al linguaggio. Il linguaggio lacasa dell'essere28. Nella sua dimora abita l'uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi

    giungere alla meta, non ha dunque dottrine da comunicare e trasmettere , ma pu soltantoindicare, a sua volta, itinerari possibili e cos preparare l' avvento di una nuova epoca. Delresto all' edizione delle sue opere Heidegger stesso appose il motto: "Cammini, non opere".27 L'essere ci che entifica l'ente (ovvero tutto ci che e con cui possiamo entrare inrapporto, compresi noi stessi) ) e lo rende accessibile, pur non riducendosi a esso. InEsseree tempo l'essere si configura come un'incognita che si sottrae a ogni definizionetradizionale e che stimola alla ricerca: L'indefinibilit dell'essere non dispensa dal pro-blema del suo senso, ma, al contrario, lo rende necessario .28 La stessa storia della metafisica una storia di parole cariche di destino ("anima", "idea","verit"), che istituiscono gli orizzonti di senso in cui, di epoca in epoca, siamo gettati. Lanostra abituale percezione delle cose, il pensare e lagire quotidiani sono gi sempre guidatidal linguaggio in cui "abitiamo", dalle dimensioni di senso che ci permettono accedere almondo e a noi stessi. Le parole e le strutture grammaticali di cui disponiamo aprono alcunedirezioni possibili del pensare e del vivere, mentre ne chiudono altre. Noi possiamogiungere alle cose e a noi stessi solo attraversando, in modo per lo pi inconsapevole, leparole che ci sono familiari: se andiamo alla fontana, se attraversiamo un bosco,attraversiamo gi sempre la parola "fontana", la parola "bosco", anche se non pronunciamoqueste parole e non ci riferiamo a nulla di linguistico.

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    di questa dimora. Il loro vegliare il portare a compimento la manifestativitdell'essere; essi, infatti, mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nellinguaggio la custodiscono.Il pensiero non si fa azione perch da esso scaturisca un effetto o una applicazione.Il pensiero agisce in quanto pensa. Questo agire probabilmente il pi semplice enello stesso tempo il pi alto, perch riguarda il riferimento dell'essere all'uomo.

    Ma ogni operare riposa nell'essere e mira allente. Il pensiero, invece, si lascia re-clamare dall'essere per dire la verit dell'essere. Il pensiero porta a compimento questolasciare. Pensare l'engagement par l'Etre pour l'Etre.Non so se linguisticamente sia

    possibile dire insieme questi due (par e pour) ed esprimerli nell'unica formula:penser, c'est l'engagement de l'Etre29. Qui, infatti, la forma del genitivo de 1'... deve esprimere nello stesso tempo un genitivo soggettivo e uno oggettivo30. Soggetto e oggetto sono infatti denominazioni improprie della metafisica31, che fin dall'inizio si impossessata dell'interpretazione del linguaggio nella forma della logica e della grammatica occidentali. Ci che si nasconde in questo accadimento, oggi lo possiamosolo sospettare. La liberazione del linguaggio dalla grammatica per una strutturazione pioriginaria della sua essenza tocca al pensare e al poetare. Il pensiero non solol'engagement dans l'action per e mediante l'ente, nel senso del reale della situazione

    presente. Il pensiero l'engagementper e attraverso la verit dell'essere, la cui storia non mai passata, ma sta sempre per venire32. La storia dell'essere sostiene e determina ogni

    29 Limpegno nellessere per lessere; Pensare limpegno dellessere30 Vedi nota 4031Nel lessico heideggeriano il termine metafisica sta ad indicare tutta quella tradizione delpensiero occidentale che, nonostante si proponga di andare al di l degli enti per indagarnelessere, si arresta allente medesimo. E importante tener presente che questo erroredellametafisica non una semplice conseguenza di un modo di pensare delluomo, ma riguardala stessa natura dellessere, che come la verit di carattere occultante e svelante assieme.La metafisica, come oblio dellessere , pertanto, un modo di destinarsi dellessere stessoallesserci, che questultimo non pu non assumere; anzi, "la metafisica laccadimento

    fondamentale nellesserci" (Vedi anche nota 40).32 Con le espressioni storia dell'essere, evento o anche verit dell'essere Heideggerdesigna la dimensione della storia come un accadere che non ha nessun autore o causa,dunque nessun ente a cui possa venir ricondotto. In altre parole, dopo la svolta (vediintroduzione), Heidegger considera lo svelare come un essere (nel senso verbale dellaparola) senza ente, uno svelamento senza autore. Si comprende meglio, a questo punto, checosa implichi la svolta antiumanistica che lautore propone proprio in questo testo.Affermando che lo svelamento grazie al quale l'ente in quanto tale si impone come criteriodella conoscenza, un destino della storia dell'essere, Heidegger colloca sia il pensare sial'agire umano in una prospettiva integralmente storica. Non ammette pi quindi, comeinvece faceva prima della svolta in Essere e tempo, un primato della prassi sulla teoria.Tanto l'agire quanto il pensare sono modalit di un puro svelare o venire alla presenza chenon opera n dell'uomo n di nessun altro ente.

    In altri termini, secondo Heidegger, quando pensiamo e agiamo, noi non siamo mai lacausa, ossia non produciamo il nostro pensare e agire. Possiamo, certo, produrre concetti(idee, dottrine, ideologie) o cose (scarpe, automobili, centrali nucleari). Con le modernetecniche di manipolazione genetica, siamo persino in grado di produrre esseri viventi coscome produciamo scarpe, facendo s, cio, che vengano fuori conformi a un modello.Tuttavia, secondo Heidegger, non saremo mai in grado di produrre l'essere, dunquel'accadere, il manifestarsi della produzione stessa. Anche l dove, come accade nellatecnica contemporanea, tutto viene ricondotto alla capacit umana di disporre odominare grazie all'organizzazione e al calcolo, questa stessa capacit illimitata didisposizione e dominio rimane indisponibile e indominabile. Ci si chieder allora: che

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    condition et situation humaine.Se vogliamo imparare a esperire nella sua purezza, e cionello stesso tempo a portare a compimento, la suddetta essenza del pensiero, dobbiamoliberarci dall'interpretazione tecnica del pensiero i cui inizi risalgono fino a Platone e adAristotele. In tale interpretazione, infatti, il pensiero inteso come una tchne, come il

    procedimento del riflettere al servizio del fare e del produrre. Ma gi qui il riflettere visto in riferimento allatchnee allapoiesis33. Per questo il pensiero, se lo si prende per se

    stesso, non pratico . La caratterizzazione del pensiero come theoria e ladeterminazione del conoscere come atteggiamento teoretico avvengono giall'interno dell'interpretazione tecnica del pensiero34. Essa un tentativo di reazione

    fare? La conseguenza che Heidegger invita a trarre da questa radicale storicizzazione diogni attivit umana , in fondo, molto semplice. Si tratta in sostanza di meditaresull'evento, ossia di tenere desto il ricordo del puro e semplice accadere che l'uomo nonpu n dominare n calcolare in anticipo.33 Secondo Aristotele, l'agire dell'uomo in quanto uomo deve essere considerato da dueprospettive differenti: lL'agire tecnico (poiesis), o produttivo, quello propriodell'artigiano: esso guidato dall'idea (eidos) o modello dell'oggetto da produrre e trova la

    sua perfezione nell'abilit (tchne) operativa posseduta. L'azione in questo contesto soloil mezzo; in questo caso infatti il fine il prodotto, diverso dall'azione, il quale prodottocomincia ad esistere solo al termine dell'azione. L'agire pratico (praxis) ha, invece, il fineimmanente all'azione, , cio, rappresentato dall'azione stessa che viene compiuta..34 Heidegger ritiene la metafisica, l'umanismo, il soggettivismo e tutto quanto per luisinonimo di "Occidente", abbia un carattere essenzialmente tecnico. Proviamo a chiarirecon un esempio. Se intendiamo abbreviare la distanza tra due citt costruendoun'autostrada, dobbiamo anzitutto procurarci la rappresentazione esatta di tale distanza, poidei mezzi che occorrono per aprire la via, dei materiali necessari per costruirne le struttureecc. Ciascuna delle rappresentazioni che precedono e rendono possibile la costruzionedell'autostrada uno svelamento nel quale le cose si presentano in modo oggettivo,indipendentemente cio dai modi soggettivi in cui ne facciamo quotidianamenteesperienza. La distanza oggettiva tra le due citt, ad esempio, del tutto indipendente dal

    senso della distanza che avvertiamo quando viaggiamo dall'una all'altra. In viaggio, infatti,la distanza rimane legata alla nostra soggettiva esperienza, allo stato d'animo, ad esempioall'ansia di arrivare in tempo che dilata il percorso, alla gioia di incontrare qualcuno al-l'arrivo che rende la strada interessante e varia, alla noia del ritorno che la rende vuota eripetitiva ecc. La misurazione esatta prescinde ovviamente da tutto ci per presentare ladistanza cos come in se stessa, ossia come una quantit numerica.Qual la differenza tra la distanza vissuta in occasione di un viaggio e la distanza misuratain modo esatto? La prima indissolubilmente legata al suo modo di presentarsi, al puntoche non mai la stessa distanza, ma varia di volta in volta a seconda delle circostanze (unviaggio di lavoro, ad esempio, diverso da una vacanza, l'andata sempre diversa dalritorno). La distanza esatta invece indipendente dal suo modo di presentarsi. Tuttavia,proprio questa indipendenza oggettiva della distanza dal modo soggettivo di presentarsi nefa qualcosa che sta a disposizione del fare umano e pu cos essere modificato. Soltanto se

    misurata esattamente, infatti, la distanza tra due citt pu essere abbreviata, ad esempiocostruendo viadotti e gallerie. Soltanto in quanto oggettiva, quindi, la distanza diventasuscettibile di essere modificata, trasformata, ordinata e dominata da parte dell'uomo.Per Heidegger, la tecnica non , o non soltanto, l'insieme dei dispositivi escogitatidall'ingegneria umano per soggiogare le forze della natura e consentire la completaantropizzazione del pianeta. Espressione della tecnica non sono soltanto la ruota, il martello, ilmotore, la bomba atomica ecc. Heidegger intende la tecnica in senso fenomenologico, ossiacome un modo di manifestarsi delle cose. La ruota e la bomba atomica rientrano dunquecertamente nell'ambito della tecnica, ma nel senso specifico che, al pari di tutti gli altri dispositivi,fanno s che gli enti appaiano in un determinato modo. In particolare, la tecnica moderna fa s che

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    per salvare ancora un'autonomia del pensiero nei confronti dell'agire e del fare. Daallora la filosofia si trova nella costante necessit di giustificare la propria esistenza difronte alle scienze . Essa pensa che ci possa avvenire nel modo pi sicuro elevandosia sua volta al rango di una scienza. Ma questo sforzo l'abbandono dell'essenza del pensiero.La filosofia perseguitata dal timore di perdere in considerazione e in valore se non unascienza. Questo fatto considerato una deficienza ed assimilato alla non scientificit.

    Nell'interpretazione tecnica del pensiero, l'essere, come elemento del pensiero, abbandonato. La logica la sanzione di questa interpretazione che prende l'avvio dallasofistica e da Platone. Si giudica il pensiero con una misura ad esso inadeguata. Questomodo di giudicare equivale al processo che tenta di valutare l'essenza e le facolt del pescein base alle sue capacit di vivere all'asciutto. Gi da molto, anzi, da troppo tempo, il

    pensiero si trova all'asciutto. Ora, si pu chiamare irrazionalismo lo sforzo di portaredi nuovo il pensiero nel suo elemento? Per oggi vorrei estrapolare solo una delle sue questioni, la cui discussione forsegetter luce anche sulle altre. Lei mi chiede: Comment redonner un sens au mot

    Humanisme?35 La domanda nasce dall'intenzione di mantenere la parola umanismo . Io mi chiedo se ci sia necessario. O non ancora abbastanzaevidente il male che recano tutte le denominazioni di questo genere? Certo, gi da

    molto tempo si diffida degli ismi . Ma il mercato dell'opinione pubblica nepretende sempre di nuovi e si sempre pronti a soddisfare questo bisogno. Anche

    l'ente appaia come un fondo ossia come qualcosa il cui essere consiste nel puro e semplicestare a disposizione del fare umano. La tecnica , in altre parole, quella svelatezza nella qualel'ente si presenta come tale da essere suscettibile di manipolazione, organizzazione, calcolo,dominio ecc.Si comprende dunque meglio il senso dell'affermazione di Heidegger secondo cui la metafisica sicompie nella tecnica. La tecnica non altro che il definitivo compiersi, ossia realizzarsiconcretizzarsi del progetto metafisico che secondo Heidegger guida l'intera storia occidentale:fare dello svelamento dell'ente in quanto tale un prodotto dell'uomo. Nello svelamentotecnico, cio, l'essere dell'ente ossia l'accadere in cui le cose si manifestano, appare come il

    risultato del volere umano. Ci significa che tanto la metafisica quanto la tecnica sono perHeidegger espressioni del nichilismo. Concepire l'essere come ci che posto dalla volontumana equivale infatti per Heidegger a negargli ogni significato autonomo, renderlo dunque paria nulla.Ci che tecnicamente rilevante soltanto la disponibilit delle cose ad essere funzioni invista di scopi che non hanno nessun legame con le cose stesse. Si pensi, in proposito, alladifferenza tra l'antica pratica di incrociare variet diverse di piante mediante il cosiddetto"innesto" e le manipolazioni genetiche consentite dalla moderna bioingegneria. L'agricoltoreche innesta un mandarino su un arancio interviene nel processo di maturazione del fruttomodificandone la finalit (il mandarancio anzich l'arancia). Si tratta per soltanto delladeviazione di un corso naturale compiuta in vista di uno scopo anch'esso naturale. Unadeviazione, dunque, che rimane intimamente vincolata alla natura. Le tecniche dibioingegneria, ad esempio la clonazione, ossia la produzione di individui aventi identico

    corredo genetico, mira invece proprio a oltrepassare il principale vincolo imposto dallanatura, la cosiddetta "biodiversit" o variet genetica tra gli individui.Heidegger ritiene che la metafisica e il suo compimento tecnico, dunque il definitivo imporsidell'ente, abbiano fatto s che l'essere venisse completamente dimenticato (o obliato).All'oblio dell'essere Heidegger riconduce aspetti della modernit che considera in modofortemente critico, come ad esempio la fuga degli di, ossia il definitivo tramonto dellaforza di coesione esercitata dalle religioni, la distruzione della terra, la massificazionedell'uomo, il prevalere della mediocrit. La modernit insomma considerata daHeidegger come un'epoca di profonda decadenza.35 Come ridare un senso alla parola umanismo?

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    nomi come logica , etica , fisica compaiono non appena il pensierooriginario volge alla fine. Quando il pensiero, ritirandosi dal suo elemento, volge alla propria fine, sostituiscequesta perdita procurandosi un valore cometchne, come strumento di formazione,quindi come esercizio scolastico, e poi come attivit culturale. A poco a poco lafilosofia diventa una tecnica della spiegazione a partire dalle cause supreme. Non si

    pensa pi, ma ci si occupa di filosofia . Tali occupazioni, in concorrenza fraloro, si offrono poi pubblicamente come ismi che tentano di superarsi. Ildominio di tali etichette non casuale36. Soprattutto nell'epoca moderna, essoriposa sulla dittatura peculiare della dimensione pubblica. La cosiddetta esistenza

    privata non tuttavia ancora l'esser-uomo essenziale, cio libero. Essa siirrigidisce semplicemente nella negazione della dimensione pubblica, rimane una

    propaggine da essa dipendente e si nutre del mero ritiro dall'ambito pubblico. Taleesistenza testimonia cos, contro la propria volont, l'asservimento alla dimensione

    pubblica. Questa, a sua volta, l'istituzione e l'autorizzazione dell'apertura dell'entenell'incondizionata oggettivazione di tutto, istituzione e autorizzazione che, inquanto derivanti dal dominio della soggettivit, sono condizionate dalla metafisica.Questa la ragione per cui il linguaggio cade al servizio della funzione mediatrice

    delle vie di comunicazione per le quali l'oggettivazione, come uniforme acces-sibilit di tutto a tutti, si estende in spregio a ogni limite. Cos il linguaggio cadesotto la dittatura della dimensione pubblica. Questa decide preventivamente ci checomprensibile e ci che deve essere rifiutato come incomprensibile. Quanto s'detto in Essere e Tempo (1927) 27 e 35 a proposito del si 37, non vuoleaffatto fornire solo un occasionale contributo alla sociologia. La devastazione del linguaggio, che rapidamente si estende ovunque, non consumasolo la responsabilit estetica e morale che si ha in ogni uso del linguaggio. Essa

    proviene da una minaccia dell'essenza dell'uomo. Un uso semplicemente accuratodel linguaggio non prova ancora che siamo sfuggiti a questo pericolo essenziale.Anzi, oggi potrebbe addirittura indicare piuttosto che ancora non vediamo e non

    36

    Nellepoca moderna la filosofia si trasformata nella tecnica della spiegazione a partiredalle cause supreme invece, secondo Heidegger, il pensiero pensiero dellessere, perchappartiene allessere, e ascolto dellessere.37 Nella condizione abituale della vita quotidiana, ovvero in quella che Heidegger chiamavita inautentica, l'esserci assume in modo acritico e non consapevole le idee, i pregiudizi e ivalori comuni che caratterizzano una certa situazione storico-sociale. Il singolo esserci continuamente sottoposto, per lo pi senza accorgersene, a un insieme anonimo dicondizionamenti: si sente in una vaga soggezione agli "altri" e si confronta senza sosta conessi. Nella vita quotidiana vige la "dittatura" anonima del "si" (si dice, si fa ecc.).)impersonale e della "pubblicit": l'opinione pubblica, i modi abituali del comportamentocollettivo, il giudizio dei pi. Innanzitutto e per lo pi, l'esserci non se stesso, non qualcuno e non la somma di tutti, ma si identifica con il si neutro e impersonale.Nell'uso dei mezzi di trasporto e di comunicazione pubblici, dei servizi di informazione (i

    giornali), ognuno come l'altro... Ce la passiamo e ci divertiamo come ci si diverte;leggiamo, vediamo e giudichiamo di letteratura e di arte come si vede e si giudica. Citeniamo lontani dalla "gran massa" come ci si tiene lontani, troviamo "scandaloso" ci chesi trova scandaloso. Il modo dell'esistenza pubblica dominato dalla "chiacchiera" (lecose stanno cos perch cos si dice) e dalla "curiosit" (incapacit di soffermarsi sullecose e consumazione rapida del "nuovo"). Ostile a tutto quanto personale e individuale, ilsi ha il carattere della "mediet": nella determinazione di ci che possibile o lecitotentare, la mediet sorveglia ogni eccezione. Ogni primato silenziosamente livellato.Ogni originalit dissolta nel risaputo, ogni grande impresa diviene oggetto di transazione,ogni segreto perde la sua forza.

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    possiamo vedere il pericolo, perch non siamo ancora esposti al suo sguardo. Ladecadenza del linguaggio, di cui da qualche tempo si parla molto, anche setardivamente, non per il fondamento, ma gi una conseguenza di quel processo

    per cui il linguaggio, sotto il dominio della moderna metafisica della soggettivit,cade in modo quasi inarrestabile fuori dal suo elemento. Il linguaggio ci rifiutaancora la sua essenza, che consiste nell'essere la casa della verit dell'essere. Il

    linguaggio si concede piuttosto al nostro semplice volere e alla nostra attivit comeuno strumento del dominio sull'ente. Quest'ultimo, a sua volta, appare come il realenel complesso delle cause e degli effetti. L'ente come reale lo incontriamo non soloagendo, calcolando, ma anche scientificamente e filosoficamente con le spiegazionie le fondazioni. Di esse fa parte anche l'assicurazione che qualcosa inspiegabile.Con simili asserzioni crediamo di stare davanti al mistero, come se fosse pacificoche la verit dell'essere possa essere fatta poggiare su cause e ragioni esplicative o,che lo stesso, sulla sua inafferrabilit.Ma se l'uomo deve ancora una volta ritrovare la vicinanza dell'essere, deve primaimparare a esistere nell'assenza di nomi38. Egli deve riconoscere allo stesso modosia la seduzione della pubblicit, sia l'impotenza della condizione privata. Prima di

    parlare, l'uomo deve anzitutto lasciarsi reclamare dall'essere, col pericolo che, sotto

    questo reclamo, abbia poco o raramente qualcosa da dire. Solo cos viene ridonataalla parola la ricchezza preziosa della sua essenza, e all'uomo la dimora per abitarenella verit dell'essere.Ma in questo richiamo all'uomo, nel tentativo di preparare l'uomo a questorichiamo, non c' dunque una preoccupazione per l'uomo? Dove altro si dirige lacura39 se non nella direzione volta a ricondurre di nuovo l'uomo nella sua essenza?

    38 Vedi nota 24.39 Il primo carattere costitutivo dell'esserci l'essere-nel-mondo. Noi non esistiamo comesoggetti isolati e astratti, che solo in un secondo tempo entrano in relazione con un mondo"esterno", bens siamo gi sempre situati in un orizzonte concreto di cose, azioni, persone esignificati, in un campo di possibilit e di scelte. "Esser-ci" significa gi sempre "qui" ed

    "ora", "aperti" a un mondo che ci familiare, gi "presi" in un sistema di relazioni che cicostituisce e a partire dal quale comprendiamo le nostre possibilit di esistenza. Latradizione filosofica muove abitualmente da un soggetto e da un oggetto "in s", peristituire poi tra essi una relazione, soprattutto di carattere conoscitivo. Heidegger considerainvece l'essere-nel-mondo come una costituzione ontologica originaria, gi sempre data,rispetto alla quale "soggetto", "oggetto" e "conoscenza" sono concetti derivati e isolatiastrattamente.L'essere-nel-mondo, la pre-comprensione e la situazione emotiva ci sono gi sempre "dati"come qualcosa che, coincidendo con il nostro stesso esserci, "precede" ogni atto dicoscienza o di volont. Secondo la struttura che caratterizza l'esistenza, noi ci progettiamocome un poter-essere che trascende le condizioni reali, ma soltanto a partire da questecondizioni stesse. Il senso stesso dei nostri progetti, le emozioni, i significati, le credenzeche ci fanno accedere alle cose sono "gi l", prima di ogni decisione cosciente di accettarli

    o di rifiutarli. questa la radicale finitezza dell'esistenza, una "effettivit" al di l dellaquale non possiamo risalire. Non potendo disporre n darci ragione del fondamentooriginario della nostra esistenza, questa per noi assolutamente "infondata", contingente epuramente ricevuta. Lesserci, pur essendo l'apertura del mondo, non pu disporre diquesta apertura, n fondarla; pur essendo progetto, esso un progetto "gettato" nel mondo,gettato in una situazione emotiva e in un determinato orizzonte di senso.Essendo gettata, l'esistenza affidata all'uomo come un compito da attuare e verso cui egli responsabile. Si rifletta, per capire questo punto, sul significato dell'espressione "affidare".Quando qualcosa o qualcuno ad esempio, un bambino ci viene affidato, veniamo a trovarciin una condizione che , insieme, libera e non libera. Per un verso, siamo liberi di disporre di ci

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    Ma che altro significa questo, se non che l'uomo (homo) diventa umano(humanus)? In questo modo l'humanitasrimane l