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Adessoperiodico di approfondimento sociale civile e culturale

Direttore responsabileArnaldo CasaliRedazioneKatia MalatestaSimone SempriniAferdita DemiriBeata GolenskaGaia MarsiliLuca MannaioliGrafica e impaginazioneSilvia CrisostomiHanno collaborato Giuseppe PiemonteseStefania ParisiSharon CiaramellariEmmanuel DuruDavide ToffoliMonica FedericoGiorgia LaoretiLilia SebastianiImmagine di copertinaVittorio GabassiIllustrazioniStudenti del Liceo Artistico “Orneore Metelli” di TerniPromosso daIstituto di Studi Teologici e Storico-Sociali di TerniEditoreAssociazione AdessoSito internetwww.reteblu.orgAdesso in onda www.facebook.com/[email protected]@retebluStampaMorphema

Pubblicazione registrata presso il Tribunale di Terni il 22 ottobre 1998, n. 7/98Questo numero è stato chiuso in tipografialunedì 5 novembre 2018

PoPoli e ReligioniTerni Film FesTivalmedaglia del PresidenTe della rePubblica

Presidente onorarioKrzysztof ZanussiDirezione artisticaArnaldo CasaliOrganizzato daIstituto di studi teologici e storico-sociali di TerniPresidenteGiuseppe Piemontese, ofm convVescovo di Terni Narni AmeliaDirettoreStefania ParisiCo-organizzato da Cityplex PoliteamaDirettoreMichele CastellaniStaff Paolo QuondamcarloRoberto BertoldiMary AlognaCon la partecipazione di Associazione San MartinoLaboratorio IDEAPresidente Francesco VenturiniSegreteria generaleAferdita DemiriOspitalità & pubbliche relazioniBeata GolenskaProgrammazioneKatia MalatestaSimone SempriniFoto, riprese e videomakingLuca MannaioliComunicazione istituzionale & sito webEdoardo DesiderioStaff organizzativoSandra MazzachiodiVeronica ManziniTiziana CipicchiaGaia MarsiliAlice RomaniRachele Mattioli

Focus NigeriaEmmanuel DuruServiceAndrea ZibelliniAmministrazioneFranco CasaliUfficio StampaLaura BerettaSocial networkGoDigitalPromosso daDiocesi di Terni Narni Amelia Con la collaborazione diConferenza Episcopale UmbraBiblioteca Comunale di TerniPresidenza della Giunta Regionale UmbraCorso di laurea in economia dell’Università di PerugiaPolo di TerniCon il contributo di Fondazione CaritRegione UmbriaSponsor tecniciRossi Mercedes – SmartGlobal SecurityGraficaAnalogie

Si ringrazianoLucrezia ProiettiLivia BarlozzoGiampaolo PinnaMatteo AntonelliLuciano AfloreiEnzo GrecoLuca Andreani

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di Giuseppe Piemontese

Bentornato Terni Film Festi-val: l’appuntamento ternano, arricchito da cinema, cultura,

incontri tra Popoli e Religioni diverse, riflessioni, spettacoli. Si celebra l’edi-zione, numero 14.

Ogni anno si propone un partico-lare tema di richiamo specifico, che quest’anno è riassunto con il titolo simbolico “L’età imperfetta”. A fare da tema conduttore, quasi colonna so-nora è l’omonimo film, opera prima del regista Ulisse Lendaro.

L’età imperfetta è l’adolescenza, che dalla tradizione latina, adolescen-tia, (derivato dal verbo adolescere = “crescere”), indica quel tratto dell’e-tà evolutiva caratterizzato dalla tran-sizione dallo stato infantile a quello dell’individuo adulto.

Quando si parla di adolescenza, è importante ricordarsi che essa è un tema di carattere prettamente psico-logico, e darle limiti fissi è un’impre-sa ardua. Bisogna considerare che lo sviluppo psicologico-emozionale non

procede sempre di pari passo con lo sviluppo fisico, inoltre una definizione certa è quasi impossibile perché “non esiste un adolescente medio”, come hanno sottolineato gli scienziati.

Se l’inizio dell’adolescenza avvie-ne sempre prima, lo stesso non si può dire per la fine dell’adolescenza. “Dal punto di vista ormonale si individua a diciotto anni, con il termine dell’ac-crescimento in altezza. Tuttavia alcu-ni ritengono che si debba considera-re terminata l’adolescenza quando è completato lo sviluppo neuropsico-logico: un momento difficilissimo da stabilire, diverso per ciascuno e sicu-

ramente successivo alla maggiore età” (Corriere della Sera).

Così per gli statunitensi l’adole-scenza finisce dopo i 22, 23 anni e c’è chi pensa che si prolunghi perfino in-torno ai trenta.

Schematicamente possiamo descri-vere l’adolescente uno che è in balia delle emozioni, non riesce a vedere gli effetti delle proprie azioni. Di qui l’atteggiamento di ribellione e la ten-denza a cacciarsi nei guai.

“Essere adolescenti è sempre stato difficile, ma oggi forse lo è di più per-

ché i ragazzini vivono immersi nella Rete e nei social network in un mo-mento delicato della crescita, quando l’esigenza di consenso da parte de-gli amici è fondamentale e un rifiuto può diventare un dramma. Ma quel che prima si svolgeva nei cortili del-le scuole adesso avviene sulla piazza virtuale a colpi di like, di fronte a una platea ben più ampia” (Corriere della Sera). Il cyberbullismo è in agguato dietro gli adolescenti quali vittime e protagonisti.

E mentre il tempo passa e si appro-da sul versante della giovinezza ci si accorge che essi comunicano in modo

diverso dagli adulti. I nostri ragazzi a volte trascorrono cinque-sei ore al giorno al com-puter, eludendo quella comunicazione diretta con la quale ci si in-contra gli occhi negli occhi.

Di fronte questo mondo, carico di rischi e di sofferenza è essen-ziale il dialogo con gli adolescenti e i giovani, star vicino a loro con

pazienza, senza rassegnazione e con tanto amore.

Il filosofo Benedetto Croce (1866-1952) scriveva: “Ai giovani non c’è altro da dire se non: guadagnatevi la vostra verità... Nel passaggio dalle nostre alle vostre mani, le verità di-ventano rami secchi, e sta solo a voi la potenza di farli rinverdire”.

Mi piace richiamare quanto Papa Francesco, a conclusione del sinodo su “I giovani, la fede e il discerni-mento vocazionale” ha espresso circa la relazione con i giovani:

“Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo dato ascolto; se, anzi-ché aprirvi il cuore, vi abbiamo riem-pito le orecchie. Come Chiesa di Gesù desideriamo metterci in vostro ascolto con amore, certi di due cose: che la vostra vita è preziosa per Dio, perché Dio è giovane e ama i giovani; e che la vostra vita è preziosa anche per noi, anzi necessaria per andare avanti”.

“L’età imperfetta” riguarda non solo gli adolescenti, ma l’uomo stesso nelle varie tonalità di incertezze, im-perfezioni, limitazioni e sconfitte. Ciò vale per Popoli e Religioni del mon-do, per l’umanità intera. Mettersi in ascolto l’uno dell’altro e condividere la molteplicità di ricchezza di umani-tà, cultura, spiritualità e amicizia sarà la premessa perché tutti diventino più felici, liberi, maturi.

Frate Minore Conventuale Vescovo di Terni Narni Amelia

Editoriale - 03

L’età imperfetta

Vorrei dire ai giovani, a nome di tutti noi adulti: scusateci se spesso non vi abbiamo

dato ascolto; se, anziché aprirvi il cuore, vi abbiamo riempito le orecchie.

Papa Francesco

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di Stefania Parisi

Non è un caso se la XIV edizio-ne del Film Festival Popoli e Religioni si apre quest’anno

con il focus francescano: l’ottavo cen-tenario della visita a Terni (nel 1218) del santo d’Assisi è certo un motivo importante, ma ce n’è un altro ancora più significativo e che risiede nel fatto che la presente edizione è dedicata ai giovani. Dunque il focus dichiara che Francesco ha un messaggio speciale da consegnare ai giovani di oggi e an-che ai loro educatori.

La mia riflessione prende le mos-se da una brevissima lettera che fra-te Francesco consegnò a frate Leone durante un comune cammino lungo le strade di Assisi e che recita così:

“Frate Leone, il tuo frate France-sco ti augura salute e pace.

Così dico a te, figlio mio, come ma-dre: che tutte le parole che abbiamo detto lungo la via, le riassumo breve-mente in questa parola di consiglio - e non c’è bisogno che tu venga da me per consigliarti - poiché così ti consiglio: In qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fallo con la benedizione del Signore Dio. E se ti è necessario per-ché tu ne abbia altra consolazione che la tua anima ritorni a me, e tu lo vuoi, vieni!”.

Partiamo dai due nomi: Francesco e Leone. L’averli pronunciati in aper-tura della lettera ci rivela l’intento del santo di affermare una prima verità costitutiva di ogni relazione umana: due nomi sono due volti, due storie diverse, due diversità irriducibili l’u-na all’altra. Ogni relazione è perciò apertura al mistero che è l’altro, ogni persona reca in sé un segreto che solo Dio conosce e che richiede rispetto, delicatezza, attenzione, amore. La fi-losofia, come anche la letteratura e la saggistica contemporanee, nel trattare, ad esempio, della relazione genitori-

figli dedicano molto spazio al “ricono-scimento” del “segreto” del figlio, del mistero della sua persona, per suggeri-re un più consapevole comportamento educativo.

Nel testo citato, poi, il nome Leone e Francesco è anticipato dall’attributo “frate”, volendo con ciò richiamare che il legame che univa le loro due vite non era una loro scelta ma una “vocazione” voluta dal Padre e a cui loro avevano aderito. E qui è afferma-ta un’altra verità valida per tutti noi: la necessità di ascoltare, accettare e ob-bedire alla propria e altrui vocazione, inscritta da Dio nell’intimo del cuore.

E per attuare questa disponibilità a sostenersi reciprocamente da fratelli nella fedeltà alla propria vocazione, bisogna aggiungere - dice Francesco - una nuova dimensione alla relazione interpersonale, quella della maternità: “così dico a te, figlio mio, come ma-dre”. Il richiamo alla metafora della maternità introduce nella relazione una asimmetria tipica del rapporto madre-figlio. Per aiutare il suo Leo-ne Francesco sente che deve smette-re di essergli semplicemente fratello per esercitare l’autorità di madre. Ma non è una smentita della fraternità paritaria, perché una autorità “mater-na” è una autorità speciale, infatti ha

un solo scopo: far acquistare all’altro quella autonomia e indipendenza che un figlio dovrà raggiungere nella vita, aiutato dalla madre, per diventare ve-ramente adulto.

La conclusione della lettera, che è poi anche il suo nucleo essenziale, invita infatti il giovane Leone ad un esercizio responsabile di discernimen-to per trovare le soluzioni ai problemi della vita. Dice Francesco a Leone, che certamente si trovava allora a vi-vere in qualche grossa difficoltà con la paura di sbagliare, “comportati in qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore...”

Francesco non dà precetti o prontua-ri di risposte o norme predefinite per gestire l’imprevedibilità della vita, ma invita Leone a non sottrarsi alla fatica della ricerca delle giuste soluzioni. Il discernimento illuminato dallo Spirito di Dio è una fatica indispensabile che sola può dare la pace.

Dopo il fermo invito all’autonomia, però, Francesco ritorna alla vicinanza degli affetti e dell’amicizia e si dichia-ra sempre disponibile ad ascoltare, confortare, consolare il suo fratello- figlio quando lui vorrà ricorrere a lui in piena libertà.

Riassumendo e per concludere, in questo breve scritto possiamo trovare almeno questi tre insegnamenti utili a giovani e adulti per ben imposta-re una relazione educativa: il primo, l’atteggiamento iniziale nell’incontro con l’altro deve essere sincero, affet-tuoso, personale e bene augurante (il tuo Francesco ti augura salute e pace); il secondo, la relazione educativa si deve porre come un “consiglio” e non una imposizione, cioè deve scaturi-re dall’ascolto e dalla comprensione delle ragioni dell’altro e deve cerca-re il suo bene; il terzo insegnamento, infine, è nell’invito ad esercitare cia-scuno, giovane o adulto, il proprio discernimento in responsabilità e au-tonomia, per capire come sia meglio agire per piacere al Signore. Cioè per essere veramente felici.

04 - Editoriale

La lettera di Francesco a Leone consigli sempre attuali per i giovani e i loro educatori

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di Arnaldo Casali

Si è fatto conoscere al mondo come Trinità e ha trovato una nuova giovinezza artistica come don Matteo. Nel frat-

tempo è stato l’unico ad avere avuto il coraggio di sfidare l’icona di Fernan-del vestendo i panni di don Camillo.

All’apice del successo televisivo, Terence Hill ha scelto oggi di tornare al cinema come attore e come regista per confrontarsi con una figura reli-giosa con cui peraltro, condivide an-che il profondo legame con l’Umbria: Carlo Carretto.

Ex presidente della Gioventù Catto-lica, defenestrato clamorosamente ai tempi dello scontro tra De Gasperi e

Pio XII, Carretto mantenne sempre un rapporto conflittuale con le gerarchie cattoliche per le sue posizioni anti-conformiste (si schierò, ad esempio, a favore della legge sul divorzio); entra-to nei Piccoli Fratelli del Vangelo di Charles de Foucauld, concluse la sua vita a Spello, trent’anni fa esatti: il 4 ottobre 1988.

Tra i suoi libri più celebri figurano Io, Francesco, rivoluzionaria lettura

in chiave autobiografica della vita del santo di Assisi (pubblicato nel 1980) e Lettere dal deserto che racconta i dieci anni passati da eremita nel Sahara, tra il ’54 e il ’64.

Proprio questo libro è divenuto il cuore del nuovo film diretto e interpre-tato da Terence Hill, che rappresenta una vera e propria summa dell’opera e della vita dell’attore amerino e tede-sco di origini, veneziano di nascita e americano di adozione.

Se il titolo richiama infatti quel-lo di un celebre western interpretato a fianco di Henry Fonda, il deserto spagnolo è lo stesso dove Terence incontrò Bud sul set di Dio perdona, io no, la motocicletta è una protago-nista di tanti successi degli anni ’80 (a cominciare da Poliziotto Superpiù, in cui era affiancato da un altro mostro sacro come Ernest Borgnine), mentre i paesaggi meravigliosi e il rapporto che si instaura tra i protagonisti ricor-da Un passo dal cielo. Non mancano, ovviamente, le proverbiali scazzottate divenute un marchio di fabbrica della coppia Girotti-Pedersoli.

Nonostante le tante citazioni, però, Il mio nome è Thomas non assomiglia a niente ed è un film totalmente ori-ginale, assolutamente unico non solo nel panorama cinematografico e inter-nazionale, ma anche nella stessa pro-duzione registica di Terence Hill; un film folle, anticonformista, che sfugge

ad ogni etichetta e ad ogni logica commer-ciale, capace di dosare poesia, spiritualità, ro-manticismo, avventu-ra, comicità ed epica. Non a caso Terence se lo è dovuto produr-re completamente da solo, senza alcun so-stegno.

Sabato 17 novembre il film verrà presentato al Terni Film Festival in occasione della con-

segna a Terence Hill dell’Angelo alla carriera.

«Il mio nome è Thomas ha avuto una gestazione lunghissima. L’idea di fare qualcosa ispirato a Lettere del deserto è venuta vent’anni fa, quan-do mia moglie mi ha fatto conoscere quel libro. Ad entusiasmarmi è stato soprattutto un capitolo, che mi piace definire piuttosto ‘sequenza’ perché è davvero cinematografico, e che mi sono portato dentro per vent’anni».

Quando è venuta l’idea di farne un film?

«Stavo girando Don Matteo e mi dicevo che mi sarebbe piaciuto tan-to tornare a fare cinema. Perché, con tutto il rispetto e la gratitudine che ho per la televisione e per la fiction, fare un film è un’altra cosa: è un modo di esprimersi diverso. Avevo voglia di fare un film di azione, con cose nuove che avevo sperimentato nella vita. Sai che faccio? – mi sono detto - Faccio un viaggio nel deserto come ha fat-to Carretto, anche se non ci rimango dieci anni ma due mesi, e ci inserisco anche questo capitolo».

Raccontare la storia di un uomo che va nel deserto a leggere un libro sembra davvero una follia.

«Nel film in realtà c’è molto movi-mento: è un viaggio fisico ma è anche un viaggio nell’anima, anche per que-sto rapporto profondo che si instaura

Angelo alla carriera - 05

IL SUO NOME È TERENCE

Da Trinità a Carretto passando per Don Matteo: intervista al popolare attore, che sarà al Terni Film Festival il 17 novembre

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06 - Angelo alla carriera

tra il mio personaggio e la ragazza».Carretto ha cambiato il tuo modo di

rapportarti con la religione?«Sì: mi ha regalato l’entusiasmo per

il cristianesimo. Prima avevo un’ade-sione alla fede cristiana, ma l’entu-siasmo è una cosa più forte: è gioia, come dice il Vangelo. E devo ringra-ziare mia moglie, che conosce tutti i libri di Carretto e mi ha trasmesso questo entusiasmo».

Questo film unisce un’anima spiri-tuale al ritorno al western.

«Il western lo sognavo da quando ero bambino, e quando finalmente sono riuscito farlo è stato meraviglio-so».

Carretto è andato nel deserto dell’Algeria, tu nell’Almeria.

«Farlo nell’Almeria ha significa-to molto per me, perché è un luogo a cui sono legato. Certi luoghi, certi posti, certe atmosfere danno epicità al racconto e i film che mi vengono bene sono quelli che hanno un po’ di epicità, quindi mi piaceva l’idea del viaggio, dell’avventura, del deserto, la motocicletta».

Epicità spirituale: quasi un ossi-moro.

«Beh, non è la stessa cosa leggere Carretto nel deserto o leggerlo in un bar».

Nel film parli dell’etimologia del-la parola “desiderio”, che significa “nostalgia delle stelle”.

«Quando giro Don Matteo mi porto sempre una busta piena di libri perché cerco cose interessanti da dire, cose dette con parole diverse da quelle a cui siamo abituati. Una volta ho trova-to questa cosa e ho deciso di non uti-lizzarla per Don Matteo, ma di tenerla per un film».

Il mio nome è Thomas è dedicato a Bud Spencer.

«Non è stata una cosa del tutto volu-

ta, ma Bud è morto proprio mentre mi trovavo lì a girare, proprio nei luoghi dove ci eravamo conosciuti. Ricordo che durante le riprese mi ha telefonato il figlio dicendomi: ‘Mio papà se ne è andato in questo momento’. E in quel momento ho deciso di dedicargli il film».

Nel film c’è uno scorpione che compare un paio di volte e che tu ti rifiuti di uccidere.

«Quando ha visto il film, il figlio mi ha detto: ‘Quello è Bud!’. Perché lui era nato sotto il segno dello Scorpione.

Anche questa è stata una coincidenza non voluta, ma molto significativa».

È vero che in tanti anni di amici-zia non avete mai litigato?

«Sì, ma questo dipendeva anche dal nostro carattere. Tendenzialmente io non litigo con nessuno; non ho pro-blemi a dire: hai ragione tu. E anche Bud era così. E amava ripeterlo, ogni volta che ci incontravamo: non abbia-mo mai litigato! Non abbiamo mai li-tigato!».

MARIO IN ARTE HILL, 67 ANNI DI SUCCESSICon Bud Spencer, Terence Hill, ha girato 16 film in 67 anni: sembrano tantissimi visto l’enorme successo che hanno dato alla coppia, ma sono in realtà ben poco per una carriera durata fino ad oggi 67 anni, iniziata da bambino con Vacanze col gangster di Dino Risi e proseguita affiancando Claudio Villa, Domenico Modugno, Aldo Fabri-zi, Renato Rascel, Claudia Mori, Vittorio De Sica

fino ad entrare nel cast del leggendario Il Gattopardo di Vi-sconti.Solo nel 1967 arri-vano gli spaghetti western e il sodalizio con Carlo Pedersoli, che lo rende l’icona di un intero genere cinemato-grafico e uno degli attori italiani più celebri in America. La televisione entra invece nella car-riera di Terence negli anni ’90, prima con Lucky

Luke (adattamento del celebre fumetto belga) e poi, giusto vent’anni fa, con il clamoroso successo di Don Matteo, in cui per la prima volta recita con la sua voce e che viene esportato in tutta Europa.

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Angelo alla carriera - 07

Le meraviglie di AliceTre film: tutti e tre dedicati all’a-

dolescenza e un’indagine del sacro, della spiritualità, della

comunità; tutti e tre acclamati da criti-ca e pubblico e vincitori di importanti premi: Nastro d’argento per l’opera prima con Corpo celeste, Gran Premio della Giuria a Cannes per Le meravi-glie, migliore sceneggiatura ancora a Cannes con Lazzaro Felice.

Alice Rohrwacher - di cui, nel cor-so del Terni Film Festival, verranno proposti i primi due film agli studenti delle scuole medie e superiori - riceve l’Angelo di Dominioni alla carriera venerdì 16 novembre alle 21 e presen-ta il suo ultimo film, con cui la regista toscana cresciuta vici-no Terni riesce a sposare la sua poetica alla nar-razione del mon-do contadino di Olmi, l’affresco sociale di Berto-lucci e la follia di Benigni & Troi-si, il tutto con una spiritualità profondamen-te francescana (anche sei suoi risvolti politici) e un commovente omaggio alle tradizioni e alla lingua dell’Umbria meridionale, per raccontare la storia della povertà in una fiaba e una parabola cristiana.

Nata a Fiesole nel 1981, Alice, è figlia di un apicoltore tedesco che ha sposato una donna umbra e sorella di Alba. Nell’estate del 2011 ha concluso con Corpo celeste la rassegna “Bimbi belli” organizzata da Nanni Moretti nel suo cinema Nuovo Sacher e vinto il premio per il “miglior dibattito”.

La trascrizione di quel dialogo tra Nanni e Alice è poi finita nel volume Tra cielo e terra - cinema, artisti e religione, pubblicato da Pendragon e curato da Arnaldo Casali, di cui ripor-tiamo un estratto.

Il sud distrutto, l’emigrazione di ritorno, la cattiva politica, la corru-

zione, la Chiesa. E poi c’è questa bellissima figura di Marta. E’ nata prima l’esigen-za di raccontare questi temi, o la voglia di parlare di questa ragaz-zina in quell’età così particolare?

«È nata prima una ricerca nei luoghi della comu-nità, ovvero della parrocchia. Quando è nata l’idea di

scrivere questo film, non vo-levamo partire da una storia, ma da una ricerca. Volevo partire da quello che resta di un’idea di comunità in un’epoca che vive un imbar-barimento del vivere comu-nitario, e la parrocchia dove stavo è sicuramente il luogo dove la comunità si ritrova».

Perché hai scelto lo sguardo di un’adolescen-te?

“Perché è un’età che co-nosco bene. Io, oltre ai do-cumentari, ho fatto tanti altri lavori per sopravvivere. Il

più importante è stato senza dubbio quello di lavorare a contatto con gli adolescenti. E ho scelto un adolescen-te perché volevo lo sguardo di qualcu-no che deve scegliere cosa diventare».

Come sei arrivata a Yle Vianello?«Cercavamo Marta e la cercavamo

nella città, a Reggio Calabria. Non cercavamo una qualità fisica, ma inte-riore, cercavamo un’indeterminatez-za, una ragazza che non sapeva cosa voleva diventare da grande. Ma non riuscivo a trovare una ragazza abba-stanza insicura: tutte avevano le idee chiare su quello che volevano fare nel-la vita. Così abbiamo scelto di andare altrove, nella campagna dell’appenni-no tosco-emiliano».

Nella parrocchia si adotta un lin-guaggio televisivo. È una cosa che hai verificato nei sopralluoghi?

«Quando ho iniziato a frequentare le lezioni di catechismo mi aspettavo di trovare un luogo noioso, invece mi sono trovata in un ambiente che spin-ge verso il successo, l’interpretazione, verso le risposte più che le domande. Il testo che mi è stato consigliato si chiama Saranno testimoni, ed è scritto con la stessa grafica di Saranno famo-si. C’è una crisi dei luoghi dell’educa-zione e questo è uno dei luoghi dell’e-ducazione che si può raccontare».

C’è anche una canzone: Mi sinto-nizzo con Dio.

«Esiste veramente, ma aveva dei diritti altissimi. Quella vera è un rap, ma noi l’abbiamo riscritta. Abbiamo ripreso l’incipit “Mi sintonizzo con Dio, è la frequenza giusta”. “Mi sinto-nizzo proprio io, e lo faccio apposta”, invece, l’ho scritto io».

Quale è il tuo rapporto con la fede?

«Io non sono nemmeno battezzata. Sono laica, ma sono anche profonda-mente credente in un’esistenza».

Venerdì 16 novembre alle 21,00

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di Katia Malatesta

Da Hollywood a Bollywood, passando per Cinecittà, la parità di genere nel cinema

appare ancora molto lontana. Registe, produttrici e direttrici della fotografia rimangono largamente sottorapre-sentate nei crediti delle produzioni blockbuster, soprattutto quando si sale verso i vertici della classifica. Il ci-nema commerciale continua inoltre a proporre immagini stereotipiche e de-formanti dei rapporti tra uomo e don-na. Eppure, un formidabile vivaio di nuove autrici, attrici e “personagge” – neologismo necessario ma dirom-pente introdotto dalla Società Italiana delle Letterate – tenta, tenacemente, di cambiare le regole del gioco. An-che raccontando l’esplosione di nuove voci femminili all’interno dei diversi gruppi religiosi: fenomeno deflagran-te, trasversale, che forse più di ogni altro interpreta le sottili dinamiche di innovazione nella tradizione ricono-scibili anche nelle comunità più con-servatrici e resistenti al cambiamento sociale.Sono queste le premesse della spe-ciale attenzione che la 14a edizione del Terni Film Festival dedica all’in-treccio tra cinema, genere e religio-

ni, indagando cosa significhi essere donna, e credente, davanti e dietro la macchina da presa. Lo confermano le scelte forti per la serata di apertu-ra della rassegna cinematografica, che al dirompente lungometraggio fuori concorso dedicato alla figura di Maria Maddalena abbina il delicato ma in-tenso cortometraggio “The Youngest” di Rachel Elitzur: attraverso il ritrat-to di tre donne di tre generazioni, la giovane regista israeliana, lei stessa ebrea ultrortodossa, getta un prezioso sguardo dall’interno sulle tensioni e le correnti sotterranee che percorrono il mondo Haredi. Il percorso prosegue con le tante voci e storie femminili rappresentante nei film della selezio-ne ufficiale, che attraversano culti e continenti, dall’Europa al Nord Afri-ca, dall’India alla Medio Oriente, con piccole grandi storie di empowerment

e resilienza – dal nigeriano “Tolu” all’egiziano “Into Reverse” – contro consuetudini e atteggiamenti anco-ra patriarcali; senza dimenticare il contesto nazionale e locale, in primo piano anche con l’omaggio ad Alice Rohrwacher e a Marialuna Cipolla, sullo sfondo di un nuovo cinema ita-liano che oggi si fa più corale e plu-rale.

Domenica 11 novembre ore 21

FINALMENTEMARIA!

Maria Maddalena di Garth Davis appartiene a un genere cinematogra-fico che conta pochissime opere nel mondo: quello dell’indagine storica e teologica sui Vangeli, di cui si posso-no contare pochi esemplari, tutti pre-sentati al festival Popoli e Religioni: I giardini dell’Eden di Alessandro D’Alatri (1998) sulla giovinezza di Gesù, Io sono con te di Guido Chiesa dedicato a Maria di Nazareth (2011) e Histoire de Judas di Rabah Ameur Zamesche (2015).

Paradossalmente, però, nessuno fino ad oggi si era assunto il compi-to di restituire la sua reale identità al personaggio letteralmente più “sputta-nato” della storia della Chiesa: Maria di Magdala. La testimone della Resur-rezione, l’unica – tra tutti i discepoli – ad essere rimasta sempre a fianco di Gesù, è stata trasformata dalla tra-dizione cattolica in una prostituta re-denta, per un equivoco in realtà molto funzionale. D’altra parte chi si è arro-gato il compito di “rivalutarla” – come Dan Brown nel Codice Da Vinci – non ha fatto, in realtà, che confermare ste-reotipi maschilisti: l’idea che la Mad-dalena fosse sposata con Gesù, infatti, non solo è totalmente priva di fonda-mento, ma la chiude ancora una volta in un ruolo convenzionale. Il film sarà presentato al Terni Film Festival dalla una delle più autorevoli esperte in ma-teria: la teologa laica Lilia Sebastiani.

08 - Terni Film Festival

Con occhi di donnaViaggio nel femminile del religioso, davanti e dietro la macchina da presa

lunedì 12 novembre ore 21

QUANDO DIO SONO IOGli anticlericali ci vedranno una satira sulla “Grande Menzogna” costruita dalla

Chiesa Cattolica, i cattolici una denuncia dell’individualismo esasperato, gli anti-grillini ci una metafora della Casaleggio e del M5s. Altri ci vedranno una critica a Scientology, un omaggio ai Pastafariani ma anche un grido di allarme verso le nuove sette più o meno grottesche guidate da leader tanto carismatici quanto ambigui.

E avranno tutti ragione: perché Io c’è di Alessandro Aronadio è tutto questo, ma è anche una sincera riflessione sull’atavico bisogno di una fede e sulla diffi-coltà a soddisfarla, sull’urgenza di una spiritualità e sui meccanismi di potere che regolano le religioni. La storia prende le mosse dal titolare di un bed & breakfast sull’orlo del fallimento, che fonda una religione solo per avere sgravi fiscali e si ritrova guru suo malgrado. La religione, è, appunto, quella dello “ioismo” il cui simbolo è lo specchio: Dio sono io, ognuno di noi è Dio, quindi non esiste il peccato, non esiste l’inferno e nemmeno il paradiso. In buona sostanza, non esiste nient’altro che sé stessi. Al Terni Film Festival il film sarà presentato dal regista Alessandro Aronadio e da due degli interpreti: Massimiliano Bruno e Gegia.

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Dalla merda d’artista al mattone Supreme

di Sharon Ciaramellari

Un mattone nella collezione autunno/inverno 2016 di Su-preme.

Un mattone? Ebbene sì: Supreme è una catena di negozi di abbigliamento, presente in tutto il mondo, che si dedi-ca alle culture di skateboard, hip hop e punk rock. Il marchio è stato fondato da James Jebbia nell’aprile del 1994 e ha ottenuto subito un grande succes-so, forse anche grazie al logo di forte impatto ispirato all’arte di propaganda di Barbara Kruger, artista statunitense che ha lo scopo di far riflettere, attra-verso le sue opere, su temi politici e sociali e sui luoghi comuni della so-cietà moderna.

Ma il vero segreto sta nella strategia di vendita: ogni drop provoca lunghe file di persone che vogliono a tutti i costi il prodotto esclusivo. Per chi non sapesse cos’è un “drop” la risposta è semplice: è un rilascio controllato di un nuovo prodotto per un periodo di tempo molto limitato. Basti pensare che un mattone, un semplice matto-ne per edilizia con questo marchio è stato venduto a 1000 dollari su Ebay. Un utente Reddit (sito internet di so-cial news e intrattenimento) ha poi stimato il costo di un’abitazione che utilizzasse solo ed esclusivamente il nuovo mattone Supreme, effettuando il calcolo su 223 metri quadrati circa: la stima finale per l’ipotetica costru-zione sarebbe di 4.704.000 dollari. D’altra parte già in passato Supreme aveva messo in vendita un martello e un piede di porco.

Ma perché un prodotto che non ri-sponde in modo chiaro e diretto a una precisa esigenza di marketing, se non quella che fa riferimento allo status sociale, riesce a essere venduto “come il pane”? Perché, forse, risponde sem-

plicemente a quella necessità di sen-tirsi parte del tutto globale, attraverso l’omologazione e il riconoscimento?

Una gara che da anni vede coinvolte intere popolazioni in nome del consu-mismo. In realtà l’intento è quello di prendere in giro il pensiero comune. Buffo, anzi preoccupante, che le per-

sone siano così ossessionate semplice-mente dal marchio tanto da comprare qualsiasi oggetto, anche quello più stupido, purché abbia il logo di Su-preme. La conferma c’è stata: appena uscito negli Stores, il mattone di Su-preme è andato subito sold out.

A questo fenomeno di marketing che sta coinvolgendo migliaia di persone è riconducibile una potenziale azione artistica “alla Duchamp”? L’artista francese, uno dei più grandi artisti del Novecento, intuì le potenzialità della “decontestualizzazione dell’oggetto” a servizio del messaggio artistico dis-sacratorio. Il più celebre ready-made è l’opera chiamata “Fontana”. Un rea-dy-made è un oggetto di uso comune, usurpato dal suo contesto quotidiano e posto in un contesto artistico, senza ulteriore interventi dell’artista.

Fontana è fondamentalmente un orinatoio; sappiamo che l’artista ruotò l’oggetto di 90 gradi cosicché la par-te che sarebbe dovuta essere fissata al muro ne diventasse la base. L’opera di Duchamp rimane ancora oggi una forte provocazione inerente il ruolo

dell’arte e dell’artista nel modo. Anche Pie-ro Man-zoni colse l’intuizio-ne del suo p r e d e -c e s s o r e . C o n s i d e -rato uno dei massimi artisti e teorici dell’Avanguardia italiana degli anni Sessanta, iniziò la sua produzione ri-facendosi ai modelli tradizionali - ri-tratti e paesaggi dipinti ad olio - ma poco dopo si cimentò nella realizza-zione di opere che rappresentassero oggetti d’uso quotidiano così da cat-turare, nella tela, la realtà.

Cosa c’è di meglio, se non la pro-pria merda, per rappresentare un og-getto quotidiano? Confezionò, infatti, 90 barattoli da 30 grammi cadauno, firmandoli e catalogandoli. Una sola scatola con su scritto: “Merda d’arti-sta, contenuto netto gr. 30, conservata al naturale, prodotta ed inscatolata nel maggio 1961” è stata venduta al prez-zo di 275.000 euro (compresi i diritti d’asta), presso la casa d’arte milanese “Il Ponte”, dove si è tenuta una vendi-ta di arte contemporanea.

Ogni prodotto veniva considerato arte non per il valore intrinseco, per le capacità dell’artista o ciò che suscita-va, bensì solo per la notorietà dell’ar-tista stesso.

Così come la merda d’artista di Manzoni voleva svelare i meccanismi e le contraddizioni del sistema dell’ar-te contemporanea, è possibile che il mattone di Supreme voglia divenire il simbolo di ciò che sono i meccanismi e le contraddizioni del mondo globale contemporaneo?

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LA GIURIA INTERNAZIONALEJERZY STUHR Nato a Cra-covia, è uno dei più gran-di attori e registi polacchi. Ha lavorato con tutti i più grandi artisti dell’est Euro-

pa, da Andrzej Wajda a Krzysztof Za-nussi fino a Krzysztof Kieslowski, di cui è stato amico, alter ego ed erede. In Italia ha interpretato – tra l’altro – Il caimano e Habemus Papam di Nanni Moretti, Io sono con te di Guido Chie-sa e L’ultimo papa Re di Luca Manfre-di. Ha debuttato alla regia nel 1994 e ha presentato al Terni Film Festival in prima nazionale i suoi film Che tempo fa (nel 2006) e Il girotondo (2009). Nel 2012 ha ricevuto l’Angelo alla carriera e nel 2017 ha vinto il premio come migliore attore per il suo ultimo film da regista: Il cittadino.

GUGLIELMO POGGI È figlio degli attori Pierfrancesco Poggi e Paola Rinaldi, giu-rata al Terni Film Festival

nel 2015. Si è diplomato all’Accade-mia Pani e al Centro sperimentale di cinematografia e ha debuttato nel 2012 con Viva l’Italia di Massimiliano Bru-no e interpretato, tra l’altro, il tele-film Trust di Danny Boyle e Il nostro ultimo, menzione speciale per la pro-duzione al Terni Film Festival 2016. L’anno successivo torna a Popoli e Religioni come attore con The StartUp di Alessandro D’Alatri e vince due an-geli – per il miglior corto e la migliore regia – con Siamo la fine del mondo. Quest’anno è presente come attore con La profezia dell’Armadillo e con Il tut-tofare.

NAV GHOTRA Nata in In-dia, si è trasferita in Italia dove ha studiato alla scuo-la Duse di Roma. È attrice,

danzatrice, cantante, pittrice e blogger. Nel 2017 ha vinto al Terni Film Fe-stival il premio come migliore attrice non protagonista per Babylon Sisters di Gigi Roccati, presentato per la prima volta in India, a Goa, proprio da Popoli e Religioni nel marzo 2018. Quest’an-no ha interpretato un’indiana d’Ame-rica nella puntata western del telefilm The Generi di Maccio Capatonda.

LA GIURIA SIGNISSTEFANO MONAI È nato a Terni 1972 ed è stato or-dinato prete nel 2011. Ha studiato cinema e ha fatto parte del Comitato Orga-

nizzativo di Popoli e Religioni – Terni Film Festival. È parroco di Sant’Anto-nio di Padova in Narni scalo e ammi-nistratore parrocchiale di Santa Maria del Ponte e di Santa Maria della Cer-qua. È membro di Signis Italia.

YVAN PARADISI Presidente del Centre de recherche en communication, anima con altri esperti di comu-

nicazione nella Chiesa molti corsi di formazione nel mondo e in particolare in Africa. Dopo essersi formato for-mato in teologia all’Università catto-lica di Lione è diventato responsabile nazionale del servizio di informazione per l’audiovisivo (Coopération mis-sionnaire) e direttore nazionale della comunicazione per le Pontificie Opere Missionarie. È membro di Signis Fran-cia.

DALMA TIMAR È nata nel 1991 e ha studiato comu-nicazione e media all’U-niversità Cattolica Péter

Pázmány di Budapest specializzandosi in cinema e giornalismo. È stata repor-ter la televisione nazionale Duna e ha organizzato per cinque anni il Faludi International Short Film Festival. Col-labora con associazioni come il Movi-mento dei Focolari e Caritas Giordania occupandosi di rifugiati e progetti in-ternazionali. Ha lavorato come assi-stente, operatore e montatore in Ucrai-na, Giordania, Germania, Filippine e Brasile ed è membro della Hungarian Catholic Association of the Press.

SALESIANAGiuria formata da studen-ti della Facoltà di Scienze della Comunicazione So-ciale dell’Università Pon-tificia Salesiana. Assegna i premi “Nuovi sguardi” e “L’età imperfetta”.

LA GIURIA “COME CI VEDETE?”MASSIMILIANO COCCIANato a Roma nel 1985, è direttore artistico del fe-stival “Come il vento nel

mare” che si svolge sul litorale ponti-no. Redattore di Radio Radicale, per l’emittente cura la trasmissione di ap-profondimento culturale “Le parole e le cose” e si occupa di temi di attualità politica italiana ed internazionale. GIAMPIERO CALAPA’

Classe 1982, è vicecapo-servizio del Fatto Quo-tidiano. Ha lavorato per La Stampa, il Tirreno, il

Riformista e il Corriere Fiorentino, prima di approdare al Fatto fin dalla sua fondazione, per un breve periodo come corrispondente da Firenze e poi in redazione a Roma. Dal maggio 2018 cura l’edizione del Lunedì. Ha scritto i libri Mafia Capitale (la Nuova frontie-ra, 2015) e, con Alfonso Sabella, Capi-tale Infetta (Rizzoli, 2016).ANDREA BILLAU Redattore di Radio

Radicale dal 1987, si è occupato di tematiche le-gate alla difesa dei diritti umani, in particolare della

questione immigrazione. Attualmente conduce due rubriche: Fortezza Italia - informazione critica delle politiche e dell’informazione sull’immigrazione nel nostro paese - e Voci Africane, tra-smissione del Movimento degli Afri-cani.

IL DIRETTORE ARTISTICOARNALDO CASALI

Nato a Terni nel 1975, si è laureato in storia me-dievale all’Università “La Sapienza” ed è giornali-sta, storico e scrittore. La-

vora al Terni Film Festival dal 2005 ed è direttore artistico dal 2014. Ha scritto il testo dello spettacolo Il Giullare di Dio di Fabrizio De Rossi Re (che apre l’edizione 2018), il romanzo storico Il segreto del santo innamorato e il libro di interviste Tra cielo e terra. Cinema, artisti e religione.

10 - Terni Film Festival 2018

Le giurie

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gli ospitiSTEFANO DE MAJO Attore, scrittore e fondatore di Acciaio Teatro, con le sue opere ha raccontato la storia di Terni: dal fondatore del Cantamaggio Furio Miselli ai bombardamenti del 1943, ma ha dedicato opere anche a Caravaggio, la cagnetta Laika. Ha portato il suo spettacolo su Francesco d’Assisi anche in Provenza.

FABRIZIO DE ROSSI RE Pianista e tra i principali esponenti della musi-ca contemporanea italiana, ha inciso con BMG, Fonit Cetra, Rai Trade e RCA, lavorato - tra gli altri - con il Teatro dell’Opera di Roma, i Berlin Philarmoniker, il teatro Carlo Felice di Genova e l’Accademia Santa Cecilia e composto opere di teatro musicale che rileggono le fiabe di Bianca-neve e Pinocchio, il libro Cuore, le figure di Cesa-re Lombroso, Keplero e Francesco d’Assisi, col-laborando con artisti come Catherine McGilvray, Paola Cortellesi, Simona Marchini, Giorgio Pressburger, Luis Gabriel Santiago, Vittorio Ser-monti, il premio Strega Edoardo Albinati, Sonia Bergamasco e David Riondino. Tiene da diversi anni delle master class al Piediluco Festival.

ANDREA GIULIANO Romano, classe 1972, figlio di due attori, si è for-mato all’Accademia di arte drammatica “Silvio D’Amico” dove oggi insegna. Ha debuttato come imitatore a diciotto anni a Stasera mi butto e ha interpretato, tra l’altro, Don Matteo, I mostri oggi di Enrico Oldoini. Nell’estate 2018 ha affiancato De Rossi re al Piediluco Festival nel recital Pas-saggio in India da un testo di Arnaldo Casali.

PAVEL ZELINSKIY Nato a Mosca nel 1986, si è diplomato all’Ac-cademia d’arte drammatica “Silvio d’Amico”. A teatro ha interpretato testi di Shakespeare, Stop-pard, Pasolini, Majakovkij e Checov.

ZOE ZOLFERINO Nata nel 1990, studia all’Accademia d’arte dram-matica “Silvio d’Amico” , ha lavorato – tra l’altro – con Sergio Rubini, Massimo Popolizio, Giorgio Barberio Corsetti e interpretato il film Il nome del figlio di Francesca Archibugi.

MARINA OCCHIONERO Nata ad Asti nel 1993, si è formata anche lei all’Accademia di Roma e ha interpretato – tra l’altro – la serie televisiva Che Dio ci aiuti 4, e i film Fuori sede di Sergio Rubini e La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi. È la protagonista di L’età imperfetta che apre il festival domenica 11 novembre.

ULISSE LENDARO Nato a Vicenza nel 1973, attore e produttore, ha debuttato alla regia con L’età imperfetta che vede tra gli interpreti anche sua moglie Anna Valle.

LANA VLADY Nata a San Pietroburgo, in Russia, nel 1987, si è trasferita in Italia quando aveva sette anni e a 14 ha iniziato a fare la modella. Ha fatto parte del cast di I bastardi di Pizzofalcone, Un passo dal cielo e Il commissario Montalbano ed è tra le in-terpreti di L’età imperfetta.

VIVIAN DARLENE GRILLO Cantante, attrice e blogger, è tra le protagoniste di L’età imperfetta.

MARIALUNA CIPOLLA Ternana, classe 1994, cantautrice e chitarrista, si è esibita – tra l’altro – ad X-Factor ed è stata candi-data al David di Donatello per la canzone Wrong Skin scritta per la colonna sonora del film Il ra-gazzo invisibile del regista premio Oscar Gabriele Salvatores.

EWA PRZYJAZNA Laureata in cinema all’Università Adam Mi-ckiewicz di Poznan, si è specializzata in produzio-ne alla scuola di cinema di Lodz. Il suo documen-tario Il re delle api è stato premiato in numerosi festival. È direttore del Festival internazionale del cinema di Niepokalanòw in Breslavia.

PIOTR PIETRUS È presidente della Fondazione Vide et Crede, che organizza il festival di Niepokalanòw a Breslavia.

PAOLO GENOVESE Nato a Roma nel 1966, si è laureato in comunica-zione e ha iniziato la sua carriera come pubblici-tario. Ha debuttato nel 2002 con il film Incante-simo napoletano diretto a quattro mani con Luca Miniero, con cui ha stretto un lungo sodalizio, che si è concluso nel 2010. Tra i suoi film La banda dei Babbi Natale con Aldo, Giovanni e Giacomo e Immaturi. Dopo lo straordinario successo di Per-fetti sconosciuti (vincitore del David di Donatello e premiato anche al Tribeca di De Niro) ha diretto The Place, che ha vinto il festival di Niepokala-nòw a Breslavia.

FOLCO NAPOLINI Regista, produttore e organizzatore culturale, ha debuttato al Terni Film Festival nel 2015 con il corto Reflex. È tornato nel 2016 con Babilonia e nel 2017 con Seconda pelle. Quest’anno presenta in concorso Io… un’adolescente tratto da una po-esia di Wislawa Szymborska.

Terni Film Festival 2018 - 11

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LILIA SEBASTIANI Nata a Terni, è teologa, insegnante e scrittrice. Ha studiato a lungo le figure femminili dei Vangeli e in particolare Maria di Magdala, a cui ha dedicato il libro Tra/Sfigurazione tradotto anche in Brasile. Dal 1999 collabora con Adesso con la rubrica Una parola per parlarne. Ha scritto il romanzo storico su Jacopone da Todi Il terzo cielo e partecipato al Terni Film Festival nel 2006 e nel 2007 interve-nendo al focus francescano.

MAREK LIS Scrittore, critico cinematografico e docente all’U-niversità di Opole, è stato membro della giuria ecumenica al festival di Cannes ed è presidente di Signis Polonia. È stato membro della giuria inter-nazionale del Terni Film Festival nel 2014 e della giuria Signis nel 2017.

GIANLUCA ARNONE Critico cinematografico, è membro della Fonda-zione Ente dello Spettacolo e redattore della Rivi-sta del Cinematografo.

FILIP SIMOR È nato a Nova Dubnica, in Slovacchia, e vive a Bratislava. Lavora presso l’emittente Lux Com-munication.

WIESLAW MOKRZYCKI E ANDRZEJ BUBELA Organizzatori delle Giornate internazionali di cinema religioso “Sacrofilm”che si svolgono dal 1996 in Polonia. Dal 2006 la manifestazione è ge-mellata con il festival Popoli e Religioni.

ANNA YAN Nata a Erevan, in Armenia, lavora presso la casa di produzione cinematografica e televisiva For-mica Art ed è fondatrice e direttrice artistica del Fresco International Film Festival.

VLADYSLAV KOMPANEEC-ROBSKIY Attore, scrittore e regista, è nato a Kiev, in Ucrai-na, ha studiato cinema in Polonia alla scuola “An-drzej Wajda” in Polonia ed è direttore dell’Inter-national Film Festival Pokrov di Kiev.

ANNALISA AGLIOTI Laureata in Storia dell’arte, è attrice e danzatri-ce. È diventata celebre con il personaggio della Moglie Modello portato in televisione a Colorado Café. È stata membro della giuria internazionale del Terni Film Festival nel 2017. Quest’anno tor-na come interprete del cortometraggio Anatomia di un amore di Elisabetta Pellini.

MONICA FEDERICO Psicologa e psicoterapeuta, è nata a Napoli ma vive a Terni, commenterà i corti dedicati ad ado-lescenza, bullismo e omosessualità: Vorrei essere Belen e Due volte.

ELISABETTA PELLINI Nata a Sorengo, in Svizzera, ha debuttato in te-levisione nel 1996 prendendo parte, tra l’altro, a Mai dire gol e Tira e molla e ha debuttato al ci-nema con Cucciolo di Neri Parenti. Ha interpre-tato celebri pubblicità dirette da Ferzan Ozpetek, Alessandro D’Alatri e Cristina Comencini e fic-tion come Incantesimo, Un medico in famiglia, Distretto di polizia e Elisa di Rivombrosa. Ha partecipato al Terni Film Festival nel 2016 per presentare l’anteprima di La mia famiglia a soq-quadro di Max Nardari, interamente girato a Ter-ni. Quest’anno è in concorso con due corti: il suo Anatomia di un amore e L’amore non ha religione dello stesso Nardari.

GIANLUCA CERASOLA Giornalista, regista e produttore, è direttore della rivista di viaggi e spettacolo Worldpass.it. Ha par-tecipato al Terni Film Festival nel 2015 e nel 2016 per presentare il documentario Astrosamantha. Quest’anno presenta Anatomia di un amore di Eli-sabetta Pellini, che ha prodotto con la sua Morol.

ALESSANDRO ARONADIO Romano, classe 1975, è sceneggiatore e regista. Ha scritto Classe Z di Guido Chiesa, presentato nel 2017 al Terni Film Festival, mentre quest’an-no è protagonista della serata di lunedì 12 novem-bre con Io c’è.

MASSIMILIANO BRUNO Nato a Roma nel 1970, è attore, comico, sceneg-giatore, regista e talent scout. Come attore ha in-terpretato, tra l’altro, il telefilm di culto Boris (e il film che ne è stato tratto nel 2011) dove veste i panni dell’attore comico Nando Martellone. Ha scritto, tra l’altro Notte prima degli esami di Fau-sto Brizzi, Questa notte è ancora nostra di Luca Miniero e Paolo Genovese e Buongiorno papà di Edoardo Leo e il libro Non fate come me e ha diretto Nessuno mi può giudicare, Viva l’Italia e Beata ignoranza. Tiene laboratori teatrali a Roma e organizza cineforum ed eventi culturali. Per la prima volta al Terni Film Festival, presenta Io c’è dove interpreta un “devoto” dello ionismo.

GEGIA Pugliese, è laureata in Lettere e in psicologia ed è attrice, musicista e presidente dell’associazione Tempo di vivere. È diventata celebre negli anni ‘80 per commedie popolari a fianco di comici come Gigi e Andrea, Bud Spencer e Jerry Calà. Interpreta una suora in Io c’è di Alessandro Aro-nadio.

12 - Terni Film Festival

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LORIS NADOTTI Presidente del corso di laurea in Economia Azien-dale dell’Università di Perugia, dipartimento di Terni, commenterà The StartUp di Alessandro D’Alatri alla proiezione per gli studenti mentre sabato 18 novembre presiederà la Premiazione dei vincitori di Start Cup Umbria 2017, business plan competition organizzata dall’Università degli Stu-di di Perugia.

ELEONORA IVONE Modella e attrice, ha debuttato al cinema nel 1993 diretta dal marito, Angelo Longoni, in Caccia alle mosche. Ha interpretato, tra l’altro, Il futurismo – un movimento di arte vita di Luca Verdone, L’ulti-mo rigore di Sergio Martino, Distretto di polizia e Don Matteo. Debutta al Terni Film Festival come regista del corto Apri le labbra.

ANGELO LONGONI Nato a Milano nel 1956, dopo essere stato attore, si è fatto conoscere come autore teatrale e regi-sta, lanciando negli anni ’90 la coppia Alessandro Gassman – Gian Marco Tognazzi con film come Uomini senza donne e Facciamo fiesta. Vent’anni fa ha diretto a teatro e al cinema Naja interpreta-to da Stefano Accorsi, Enrico Lo Verso, Lorenzo Amato, Adelmo Togliani e Francesco Siciliano. Per la televisione ha realizzato Caravaggio e Ti-berio Mitri. Nel 2012 è stato membro della giuria del Terni Film Festival.

GAIA DE LAURENTIIS Divenuta celebre come conduttrice televisiva, è stata protagonista del telefilm Sei forte maestro a fianco – tra gli altri – di Gastone Moschin. Ha de-buttato al Terni Film Festival nel 2017 con il corto Stella Amore di Cristina Puccinelli. Quest’anno è protagonista di Apri le labbra di Eleonora Ivone.

RICCARDO PALLADINO Nato nel 1982 a Terni, ha studiato a Bologna e vive a Roma. Nel 2006 ha firmato il documentario Lo Spirito di Assisi prodotto da Popoli e Religio-ni e ha realizzato il corto ufficiale del Terni Film Festival 2006. In seguito ha presentato in concor-so Brasimone nel 2015. Quest’anno è di nuovo in concorso con il documentario Il monte delle for-miche.

CRISTINA PUCCINELLI Attrice, ha interpretato tra l’altro Ho voglia di te, Scusa se ti chiamo amore e I nostri ragazzi. Ha debuttato al Terni Film Festival nel 2017 come at-trice del corto La macchina umana di Adelmo To-gliani e regista del corto Stella Amore. Quest’anno presenta il corto Koala.

ANDREA MONTOVOLI Nato a Porretta Terme, in Emilia, nel 1985, ha debuttato al cinema con Uno su due di Eugenio Cappuccio a fianco di Fabio Volo, ed è stato nel cast dei programmi televisivi Ballando con le stel-le, L’isola dei famosi e Pechino Express. Al Terni Film Festival presenta il trailer della serie Poker Generation.

PIERO CARDANO Torinese, è stato un terrorista in Prima linea di Renato De Maria e ha interpretato il film Poker Generation, di cui quest’anno al Festival presenta il trailer della serie.

SAMAD ZARMANDII Nato a Roma nel 1973, ha debuttato nel cinema come assistente di Carlo Mazzacurati in Vesna va veloce. Al cinema di Mazzacurati dedica poi la sua tesi di laurea e un documentario. Al Festival presenta in concorso il suo film di esordio come regista: Beate.

MARIA ROVERAN Diplomata al Centro sperimentale di cinematogra-fia, ha interpretato a teatro Il flauto magico diretta da Matteo Tarasco e ha debuttato nel cinema con Piccola patria di Alessandro Rossetto, per il quale ha scritto anche le musiche. A Terni presenta in concorso Beate.

SILVIA GRANDE Moglie di Samad Zarmandii, ha interpretato i tele-film Squadra Antimafia e Don Matteo (dove inter-pretava una suora) e il film 20 sigarette. È nel cast di Beate, unico film italiano in concorso.

MATTIA BIANCHINI Nato nel 1989 a Terni, giornalista e critico cine-matografico, lavora con Movieplayer ed è blogger di Il Fatto Quotidiano. Al festival presenta il corto Uomo che vede come protagonisti Valentina Lo-dovini e Lorenzo Rozzi.

ADELMO TOGLIANI Figlio di Achille Togliani, a metà anni ‘90 ha ini-ziato una carriera teatrale, cinematografica e te-levisiva che lo ha portato a interpretare - tra l’al-tro - il film su don Milani Il priore di Barbiana a fianco di Sergio Castellitto. Ha debuttato al festi-val Popoli e Religioni nel 2015 con il corto da lui diretto e interpretato L’uomo volante mentre nel 2016 è stato in concorso con La morte del Sarago di Alessandro Zizzo. Lo scorso anno ha presentato i due corti - Stella Amore di Cristina Puccinelli e il suo La macchina umana - e il film in concorso La sabbia negli occhi di Alessandro Zizzo, in cui è affiancato da Valentina Corti. Quest’anno pre-senta, in veste di produttore, il film L’Hobby di Dario Acocella.

Terni Film Festival - 13

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ALICE ROHRWACHER Nata a Fiesole nel 1981, è cresciuta in Umbria e ha diretto tre film, tutti legati al mondo dell’a-dolescenza: Corpo celeste (2011), Le meraviglie (2014) e Lazzaro felice (2018), tutti premiati ai più grandi festival. È sorella minore dell’attrice Alba Rohrwacher: per la prima volta al Terni Film Festival, presenterà tutti e tre i suoi film e riceverà l’Angelo alla carriera.

TERENCE HILL Mario Girotti è nato nel 1939 a Venezia da padre di Amelia e madre tedesca. Ha debuttato ancora adolescente nel mondo del cinema ed è diven-tato celebre alla fine degli anni ’60 in comme-die western in cui è affiancato da Bud Spencer. Quest’anno preseta il suo film da regista Il mio nome è Thomas e riceverà l’Angelo alla carriera.

VERONICA BITTO Giovanissima attrice, ha interpretato i film Arriva-no i prof e Il mio nome è Thomas, che presenterà con il regista e protagonista Terence Hill.

RICCARDO LEONELLI Nato a Terni, regista e autore teatrale, si è fatto conoscere per la partecipazione a molte fiction televisive, ma è stato anche protagonista del film Corpo estraneo di Krzysztof Zanussi. Ha debutta-to al Terni Film Festival nel 2008 come presenta-tore. In seguito ha partecipato come protagonista dei film Le voci interiori di Zanussi nel 2009 e Young Europe di Matteo Vicino nel 2011.

ROBERT SEDLACEK Regista ceco, presenta in concorso il film sulla storia di Jan Palach.

DENISA BARESOVA Attrice ceca, interpreta la fidanzata di Jan Palach nel film di Sedlacek.

LUCILLA GALEAZZI Tra le più importanti cantanti folk italiane, nel 2015 ha partecipato al Terni Film Festival con-segnando l’Angelo alla carriera ad Ascanio Ce-lestini, con cui aveva realizzato - nel 2002 - lo spettacolo Sirena dei mantici dedicato alle accia-ierie di Terni. Ha debuttato al Terni Film Festival l’anno scorso con il film Il contagio vincendo il premio per la migliore colonna sonora, che ritirerà quest’anno.

YUSYF JONGA HINNA È l’ambasciatore nigeriano in Italia e partecipa alla giornata di domenica 18 novembre.

BLESSING OKOEDION Nigeriana, è riuscita a fuggire alla tratta delle ra-gazze costrette a prostituirsi e ha scritto il libro Il coraggio della libertà. Collabora con la Casa di Rut, associazione di cui fa parte suor Rita Gia-retta.

ALESSANDRO D’ALATRI Viene notato a una recita scolastica da Luchino Visconti, che lo fa debuttare a teatro nel Giardino dei ciliegi; recita nel film premio Oscar Il giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica. Passa alla regia agli inizi degli anni ottanta, dirigendo alcuni tra i più celebri spot pubblicitari della storia del-la televisione. Nel 2008 ha ricevuto l’Angelo alla carriera del festival Popoli e Religioni e ha pre-sentato il film I giardini dell’Eden, due anni dopo ha vinto il premio del pubblico con Sul mare. Nel 2012 ha presentato il libro Tra cielo e terra. Cine-ma, artisti e religione di Arnaldo Casali, nel 2014 il documentario Dio in Tv mentre nel 2015 ha ce-lebrato con una serata i 20 anni delle pubblicità in paradiso della Lavazza. Nel 2017 ha presentato in concorso il corto La legge del numero uno, per i detenuti del carcere di Terni la webserie La scuola della notte (entrambi girati in carcere) e Sabato il film The StartUp. Quest’anno presenta il suo pri-mo lavoro televisivo: il film In punta di piedi, il giorno prima la trasmissione dell’ultima puntata del suo I bastardi di Pizzofalcone.

GIORGIA AGATA La piccola protagonista di In punta di piedi aveva già debuttato due anni fa nel film Troppo napole-tano. A Terni dopo la proiezione si esibirà in una danza.

ELENA FORESTA Danzatrice e bambina prodigio, affianca Agata in In punta di piedi. Anche lei si esibirà dal vivo a Terni.

DAVIDE MILANI Nato a Lecco 50 anni fa, è stato per molti anni responsabile della comunicazione della diocesi di Milano e portavoce dell’arcivescovo Tettamanzi, poi Scola e infine Delpini. È direttore della Rivista del Cinematografo e presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo con la quale ha organizzato un nuovo festival a Castiglione del Lago per cele-brare i 90 anni della rivista.

14 - Terni Film Festival

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I vincitori dell’edizione 2017

Popoli e Religioni - Vincitori 2017 - 15

LA METAMORFOSI di Chris Swanton (UK)

VIAGGIO A SUD di Joshua Wahlen

e Alessandro Seidita (Italia)

SIAMO LA FINE DEL MONDO di Guglielmo Poggi (Italia)

GUGLIELMO POGGISiamo la fine del mondo (Italia)

JERZY STUHRIl cittadino (Polonia)

PAOLO GRAZIOSIAmore grande (Italia)

STEFANO FRESIIn arte Nino (Italia)

BIANCA NAPPILa mia famiglia a soqquadro (Italia)

NAV GHOTRABabylon sisters (India)

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16 - Popoli e Religioni - Vincitori 2017

AMORE GRANDEdi Max Chicco (Italia)

LUCILLA GALEAZZIIl contagio (Italia)

VASA VASAdi Alessia Scarso (Italia)

LA METAMORFOSIdi Chris Swanton (UK)

FRANCO CARDINI RELIGION TODAY FILM FESTIVAL DI TRENTOKatia Malatesta e Simone Semprini

LUCA MANFREDIIn arte Nino

ABRHAMdi Ali Kareem Obaid (Iraq)

ENCLAVE di Goran Radovanovic (Serbia)

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CHOCOLATE WIND di Ilia Antonenko

L’AMORE SENZA MOTIVOdi Paolo Mancinelli (Italia)

PORTAMI VIAdi Marta Cosentino (Italia)

IMMAGINE DAL VERO di Luciano Accomando (Italia)

LA BIBLIOTECA MULTICULTURALE DI CAGLIARI

di Valentina Piras (Italia)

POPOLI e RELIGIONITerni Film Festival

Popoli e Religioni - Vincitori 2017 - 17

di Katia Malatesta

NArgentina, Armenia, Ban-gladesh, Catalogna, Francia, Israele, Polonia, Slovacchia,

Ucraina e naturalmente Italia. È ricca la varietà dei paesi rappresentati nella conferenza internazio-nale dei d i r e t t o r i di festival di cinema spiri tuale che lune-dì 12 no-vembre si riuniranno presso la Biblioteca comunale di Terni, per un pomeriggio di conoscenza reci-proca, di confronto e di scambio.

L’incontro si pone in continuità con l’importante esperienza di network avviata nel 2016 a Barcellona, per ini-ziativa dell’Observatori Blanquerna de Comunicació, Religió i Cultura, e pro-seguita nel 2017 a Trento nell’ambito del 20° Religion Today Film Festival, con la collaborazione delll’Associazio-ne Cattolica Mondiale per la Comuni-cazione (Signis).

In un periodo di crisi del consumo cinematografico e di diffuso impoveri-mento della ‘biodiversità’ culturale, in un sistema che favorisce i soggetti più forti a discapito delle realtà piccole e

medie, la conferenza sarà l’occasione per coinvolgere nuovi attori e cercare concrete strategie di collaborazione. Sullo sfondo dell’ondata xenofoba esplosa nel cuore dell’Europa, il festi-val di Terni intende inoltre rilanciare l’urgenza di azioni mirate alla convi-

venza e alla con-divisione, facen-dosi teatro di una riflessione di por-tata transnazio-nale sul rapporto tra cinema, fede e diversità reli-giosa in quanto aspetto eclatante delle società con-

temporanee, rese ancora più sfaccettate per effetto dei movimenti migratori e dei processi di diaspora.

Le sfide poste da questa crescente pluralità non possono essere affrontate solo sul piano del diritto e dell’archi-tettura istituzionale. Coerentemente, l’appuntamento di Terni offrirà anche l’opportunità di riflettere su come po-tenziare l’impatto culturale e sociale delle iniziative culturali e dei festival specificamente dedicati alla promozio-ne della convivenza e della coopera-zione interreligiosa, e per valorizzare il ruolo dei territori, che in assenza di ampie politiche nazionali rimangono il luogo di maggiore elaborazione e spe-rimentazione di pratiche virtuose.

la conferenza dei festival di cinema spirituale

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18 - Focus Nigeria

di Emmanuel Duru

La Nigeria è un paese multiet-nico diviso in 36 stati con la capitale in Abuja. E’ la nazione

più popolosa dell’Africa con più di 190 milioni di abitanti.

In Nigeria convivono più di 500 lin-

gue completamente diverse che fanno capo a tre grandi tribù: Ibo a est, Yoru-ba a ovest e Haousa a nord.

È un paese pieno di petrolio e altri minerali come marmo, oro, sale e ben-zonite, ma anche di prodotti agricoli come cacao, arachidi, gomma, avoca-do, mango, banana, ananas, papaya e altri prodotti tropicali non ancora co-nosciuti in Italia.

La Nigeria è stata colonizzata dall’Inghilterra per più di 75 anni e ha ottenuto l’indipendenza come Repub-blica sovrana il primo ottobre 1960.

La popolazione religiosa è divisa tra cristiani e musulmani. All’origine della guerra civile che ha insanguinato il paese dal 1967 al 1970, però, non c’è la religione ma la spartizione delle risorse tra le varie tribù.

Oggi la Nigeria è un paese democra-tico, ma per guidare un paese multiet-nico, multi religioso e con più di 500 lingue c’è bisogno di un leader forte e carismatico. La mancanza di questo profilo politico ha portato molta con-fusione, corruzione e tribalismo nella politica, cosa che ha frenato la crescita economica. Per mancanza di un’ade-guata giustizia sociale, la popolazione nigeriana è stata spinta ad emigrare all’estero.

I nigeriani arrivati in Italia negli anni Settanta e Ottanta, quando l’eco-

nomia in Afri-ca era ancora solida, erano venuti per stu-diare. Oggi i nigeriani la-sciano il loro paese princi-palmente per motivi economici. Dal 2007 quando è cominciata la crisi economica, e successivamente alla guerra in Libia, molti nigeriani sono arrivati in Italia con paura, incertezza e insicurezza.

Purtroppo oggi, la Nigeria è cono-sciuta in Italia solo per prostituzione, droga, accattonaggio. Ma tutto questo non rappresenta il nostro paese. La Nigeria ha una ricca cultura di danza mascherata, lotta libera, cinema e ab-bigliamento tradizionale.

I nigeriani che vi-vono nel territorio ternano sono in gran parte di religione cri-stiana e appartengono a varie chiese pente-costali come Deeper Life Bible Churchi, Poligrim Ministires,

Triumphant Assembly, Christ Anoi-ted Evangelical Church. Ci sono an-che dei musulmani che frequentano la moschea ogni venerdì.

Molti sono ospiti in strutture di ac-coglienza nella provincia e si stanno integrando nella cultura italiana.

L’Italia è un paese bello e con il cuore aperto per ospitare i bisognosi e pronto a difendere la dignità di ogni uomo. Per questo siamo felici di esse-re in Italia.

Terni capitale dell’immigrazioneL’Umbria è la quarta regione italiana per presenza di stranieri. Nella cuore verde d’Italia la popolazione immigrata rappresenta infatti il 10,8% dei residenti, ed è inferiore solo a Emilia Romagna (11,9), Lombardia (11,4) e Lazio (11,2) mentre supera di poco la Tosca-na (10,7) e distanzia di almeno oltre un punto percentuale tutte le altre regioni, mentre quelle che contano meno stranieri sono la Sardegna con il 3%, la Puglia con il 3,1 e la Basilicata con il 3,6; la media nazionale è invece del 8,3%.A Terni la percentuale super anche la media regionale: il numero degli stranieri è infatti pari a 12.540 su 111.000 totali, vale a dire l’11% dei residenti.All’immigrazione governata è interamente dedicato il nuovo numero della rivista Pas-saggi pubblicato dalla fondazione Ranieri di Sorbello. “La possibilità di trovare occupa-zione, unita alla buona qualità della vita e all’ottima accoglienza ricevuta, probabilmente convince molti stranieri a fermarsi in questa terra” spiega Emanuele D’Amico in un’inter-vista curata da Domenico Cialfi e pubblicata nella rivista. “Personalmente credo che le mutazioni culturali siano connaturate all’esperienza umana e pertanto debbano essere vissute senza indulgere a timori ingiustificati né eccessiva disponibilità ad abbandonare le tradizioni”. La comunità più numerosa a Terni è quella rumena, seguita da quella albanese e da quella ucraina. In gran parte si tratta di lavoratrici impiegate come badanti e in altre for-me di collaborazione domestica. Per quanto concerne la componente maschile, i settori maggiormente interessati sono l’edilizia e l’agricoltura. Un ragionamento a parte va fatto per quanto riguarda i flussi migratori di richiedenti asilo e rifugiati: in larga parte si tratta di uomini giovani provenienti dall’Africa sub sahariana, soprattutto da Nigeria, Gambia e Senegal. Pur avendo titolo a ricercare un’occupazione fin dal rilascio del permesso di soggiorno, difficilmente riescono a collocarsi, anche perché sono privi di qualunque esperienza. Per ovviare ai problemi ingenerati dall’inattività e per favorirne l’integrazio-ne, a questi ragazzi vengono proposti corsi di formazione la possibilità di impegnarsi in attività di volontariato a favore dei comuni ospitanti.

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Carlo Carretto(Alessandria 1910 – Spello 1988)

Profeti del Novecento - 19

di Davide Toffoli

“Ho conosciuto Carlo Car-retto nel 1945, quan-do era dirigente e poi

presidente nazionale della Gioventù di Azione Cattolica: l’ho poi rivisto tantissime volte quando, dopo l’espe-rienza del deserto, era diventato fratel Carlo e viveva a Spello. E’ stata una delle persone che più hanno contato nella mia vita e a cui debbo moltissi-me delle scelte e delle convinzioni che mi hanno guidato nel corso di essa: e anche il modo di concepire e vivere la fede”.

Così Enzo Sebastiani racconta in una testimonianza pubblicata sul nu-mero 24 di Adesso, uscito nel dicem-bre del 2000, in cui per la prima volta la rubrica Profeti del Novecento era dedicata a Carretto.

Nato ad Alessandria in una fami-glia contadina, il 2 aprile 1910, Car-lo trascorre l’infanzia a Torino. Nel 1927 ottiene il diploma di abilitazio-ne all’insegnamento elementare e si iscrive all’Istituto Superiore di Magi-stero, facoltà di filosofia e pedagogia di Torino. Si laurea nel 1932 e nello stesso anno si iscrive all’Azione Cat-tolica e conosce Luigi Gedda. Nel 1937 è presidente della Gioventù Cat-tolica di Torino. Nel 1940 diventa di-rettore didattico e gli viene assegnata la sede di Bono dove fonda l’oratorio, costruisce un cinema e l’orfanotrofio maschile e femminile. Per la sua man-cata adozione alla Gioventù fascista viene qualificato come “soggetto pe-ricoloso alla politica del regime”. Nel 1944 rifiuta il giuramento alla Repub-blica di Salò e viene per questo radiato dall’albo dei Direttori Didattici.

Nel 1948 come presidente centrale della Gioventù Cattolica italiana con-voca a Roma, in piazza San Pietro, ol-tre 300.000 giovani, i famosi “baschi verdi”, per celebrare l’ottantesimo anno di fondazione della Giac. Pochi giorni dopo fonda il Bureau Interna-tional de la Jeunesse Catholique, un tentativo di raccordo tra le organizza-zioni cattoliche giovanili dei paesi eu-

ropei. Nel 1952 dà le dimissioni dalla Giac a seguito del dissidio con Gedda, presidente dell’Azione Cattolica, che per le amministrative di Roma aveva strappato al Vaticano l’assenso per un’alleanza con monarchici e fascisti contro la lista social comunista.

Carretto crede invece in un progetto creativo e religioso che vada al di là dell’immagine superficiale di un’Italia ufficialmente cristiana al quale, secon-do lui, deve far seguito una maggiore incisività del cristianesimo nel tessuto sociale.

“Carlo – commentò monsignor Tar-dini – avvertì l’ambiguità della situa-zione, che sotto l’apparenza di una scelta amministrativa, nascondeva una scelta ecclesiologica: da un lato i sostenitori della chiesa-istituzione, che Carlo sentiva come una chiesa di potere, ancora vittima della paura e bisognosa di protezione dallo Stato, dall’altro i sostenitori della Chiesa-comunità, liberata dalla paura e dai condizionamenti temporali, e fiducio-sa solo in Dio”.

Nel 1954 entra nella congregazione dei Piccoli Fratelli di Gesù, l’ordi-ne nato dall’esperienza spirituale di Charles De Foucauld. “Non voglio

più un convento troppo stabile: voglio un convento piccolo come la casetta di un povero operaio che non è sicuro se domani troverà lavoro e pane”.

Dopo le esperienze nella Fraternità del Sahara, di Efeso e Marsiglia, tor-na in Italia, in Sardegna. Nel 1962 è a Spello, sulle pendici del Subasio, a pochi passi da Assisi, dove fonda in un antico convento francescano una Fraternità di preghiera e accoglienza per “Cercatori dell’assoluto”.

Nel 1974 si schiera, con un artico-lo–preghiera pubblicato su “La Stam-pa”, contro l’abrogazione della legge sul divorzio e nel 1983 parla e scrive più volte sulla questione del sacer-dozio agli uomini sposati, suscitando forti reazioni.

Sul finire del 1986 inizia una lunga serie di ricoveri in ospedale, che lo ac-compagneranno fino alla morte, avve-nuta il 4 ottobre 1988.

“Mi ricordo di un incontro che ebbe luogo nel Monastero di Camaldoli circa mezzo secolo fa intorno a Fer-ragosto – ricorda Sebastiani – a quei tempi nel giorno dell’Assunta si leg-geva nel Vangelo l’episodio di Marta e Maria. Maria si mette vicino a Gesù ad ascoltare le sue parole: Marta si dà molto da fare per preparare il pasto e si lamenta con Gesù perché Maria la lascia sola al suo lavoro, ma Gesù ri-sponde a Marta: “Tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una cosa sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore”. “Io non cre-do – disse Carlo – che Gesù volesse rifiutare le sollecitudini di Marta, an-che perché aveva molto camminato e probabilmente aveva fame: ma penso che prima ancora del cibo, aveva bi-sogno dell’atmosfera distensiva che si può creare con una persona che prova un immenso piacere ad ascoltare. E senza voler dissuadere Marta dal suo lavoro, aveva soprattutto bisogno in quel momento, del clima sereno cre-ato da Maria”.

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20 - La psicologa e l’insegnante

di Monica Federico

Dal latino “adolescere”, ovve-ro crescere, l’adolescenza è la fase di transizione dall’in-

fanzia all’età adulta. È caratterizzata da un cambiamento completo fatto di profonde mutazioni di tipo somatico, fisiologico, cognitivo, psicologico e sociale, strettamente legate alla matu-razione sessuale.

L’inizio dell’adolescenza è più chia-ramente circoscrivibile e coincide con l’età dello sviluppo puberale, quindi 11-12 anni. È più difficile determinar-ne la fine, che è fissata intorno ai 19-22 anni, anche se il passaggio all’età adulta nella società odierna si trascina molto più in avanti, a causa della di-pendenza dal nucleo familiare che è aumentata inesorabilmente.

L’adolescenza è come un ponte che congiunge il bambino da quello che è stato nell’infanzia all’adulto che è in potenza. Il corpo che cresce, cambia e si trasforma, la tempesta di ormoni che determina la maturazione sessuale portano spesso un’instabilità umorale, mentre i nuovi schemi cognitivi che si sviluppano portano a sperimentare

pensieri nuovi, a sviluppare e conside-rare un mondo fatto di valori, opinio-ni, desideri.

Nella ricerca del sé nel confronto con il mondo dei pari gli adolescenti tendono spesso ad omologarsi ai co-etanei. Si è alla ricerca di modelli che siano punti di riferimento a cui poter attingere ed apprendere il repertorio comportamentale ed emotivo di cui attrezzarsi per affacciarsi al mondo adulto. Tutti questi processi sono im-mersi in un mare di emozioni e sfuma-ture di sensazioni che l’adolescente è chiamato ad esserne consapevole e a gestire.

La sorpresa dei cambiamenti a cui va incontro, la tristezza della perdita del ruolo di bambino, il disagio del sostenere il confronto con i pari, la rabbia e la frustrazione del tollerare le regole stabilite dagli adulti che non sono quasi mai comprensibili, la gioia dei successi e dei traguardi raggiunti nella vita scolastica e sociale. Si ten-de a parlare di ‘crisi adolescenziale’ come di una tempesta ‘ormonale’, che bisogna aspettare che passi, ma ciò è deresponsabilizzante. Sembra che gli adulti siano solo degli spettatori inve-ce che attori protagonisti nel percorso

più entusiasmante della vita, di pas-saggio da un’età di immaturità fisica e psicologica, a quella di piena matu-razione. Invece, l’adulto può svolgere un ruolo da protagonista nella crescita ancor prima che un bambino diventi adolescente. Provvedendo a fornirgli le risorse necessarie emotive, affet-tive e relazionali, che costituiscono i ‘fattori di protezione’ per affrontare le sfide della crescita. Non è possibile impedire che l’adolescente si assuma dei “rischi” nel percorso che lo vede trasformarsi nel corpo e nella psiche e a individuarsi rispetto al mondo adul-to che lo circonda.

Ma è il mondo adulto che dovrebbe aver raggiunto un grado di maturità tale da impegnarsi ad assicurare un contesto nel quale trovare modi “sani” per farlo. Eppure l’adulto ha spesso difficoltà a entrare in empatia con un adolescente, perché significa tenere a mente contemporaneamente come è stato il proprio passaggio dall’essere bambino al diventare l’adulto che si è diventati, mantenendo al contempo il ruolo di adulto autorevole che funga da modello positivo a cui l’adolescen-te può ispirarsi, per orientarsi nel suo percorso di crescita.

Adolescenzauna tempesta ormonale e un ponte oltre l’infanzia

di Giorgia Laoreti

“Si è voltata per riporre il registro in un cassetto, un alunno ha spento la luce e

in un attimo le sedie dell’aula hanno iniziato a volare per aria, scagliate contro di lei”. Non essendo la prima volta che leggo articoli simili o guardo video di colleghi bullizzati, mi chie-do quanto in realtà non siano anche i professori a sbagliare. È possibile che una classe intera non faccia uscire i nomi di coloro che hanno lanciato le

sedie alla Professoressa? Cosa ha fatto questa donna per scatenare un atto di violenza simile?

Dietro ad un 4 costante non c’è mai un semplice 4, c’è molto altro. Forse in qualche caso c’è pure la poca voglia di studiare e qui entra in gioco il fal-limento di noi docenti con l’alunno in questione, ma in molti altri c’è altro: ci sono genitori assenti, separazioni che sconvolgono l’equilibrio; dietro a colui che interrompe sempre la lezio-ne per dire cose a sproposito c’è biso-gno di attenzione.

Noi educatori non dovremmo con-siderare tutto questo? Non dovremmo allungarci un po’ verso di loro e far-gli capire che non ci sediamo dietro a quella cattedra per urlare o per com-plicargli la vita, ma stiamo cercando di aprirgli la mente per poterli aiutare poi a compiere le loro scelte? Osser-vandoli crescere, non dovremmo far-gli capire che in ognuno di loro c’è un talento naturale pronto a venir fuori da un momento all’altro? Non dovrem-mo fargli capire che il loro vero essere non è racchiuso in un numero?

QUANDO VOLANO LE SEDIE

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Una parola per parlarne - 21

di Lilia Sebastiani

Premetto che non ho visto il film L’età imperfetta di Ulisse Len-daro, e ho solo un’idea molto

vaga dei contenuti. Comunque l’età imperfetta a cui rinvia il titolo, si in-tuisce anche senza saperlo, è l’adole-scenza.

Imperfetta quanto poche altre, per-ché età di profondi cambiamenti, di insicurezza, di inquietudine – almeno negli adolescenti migliori e più sensi-bili; per gli altri è anche peggio -, di squilibri emotivi e anche di squilibri fisici, perché il corpo infantile che di-venta adulto presenta spesso sconcer-tanti disarmonie.

Un tempo la saggezza un po’ stere-otipa di madri e zie e nonne parlava di “età ingrata”. Nel duplice senso di età spiacevole da vivere (anche se sem-bra un tempo di grazia, ripensandoci a qualche decennio di distanza), e di età priva di gratitudine. Età imperfet-tissima; età spesso di grandi sofferen-ze, peggiorate dal fatto che gli adulti non capiscono quasi mai quel genere di sofferenze, le razionalizzano e le minimizzano; e tuttavia bella. Anche solo in quanto traboccante di possibi-lità e di energie, spesso non percepite come tali.

Per l’adolescente avere tutta la vita davanti non è una ricchezza perché non viene sentita come tale, è una cosa naturale come respirare, perciò una cosa a cui non si pensa…, e le energie straripanti sono più spesso causa di di-sagio che di benessere.

Dunque come non essere d’accordo che l’adolescenza è un’età imperfetta? Ma etichettarla così è sempre limitan-te, e soprattutto trasmette l’idea, nean-che troppo sotterranea, che esista in-vece da qualche parte un’età perfetta.

La perfezione di ogni età è il suo di-venire, il suo futuro immenso, che per un credente non viene interrotto dalla morte, ma trasfigurato.

Ogni età è perfetta pur nella sua re-latività e imperfezione, se è una realtà aperta, in cammino; e tuttavia nessuna

età è perfetta, nemmeno all’in-terno della vita migliore e più riuscita che si possa pensa-re, semplicemente perché perfetta nel suo signifi-cato originario significa compiuta, quindi in un certo senso ‘finita’.

Perfetto, da perficĕre (= concludere, portare a compimento), è qualco-sa a cui nulla più può esse-re aggiunto. Immagine quasi agghiacciante nella sua staticità, a ben pensarci. La perfezione in ter-mini astratti, riferita alla vita umana nel tempo, sembra un’idea attraente, ma solo un’idea; responsabile di mol-ta perdita di tempo, molti fallimenti, molta infelicità.

E la tradizione cristiana in cui siamo inseriti non è priva di responsabilità in questo, perché ha consacrato l’idea, già entrata nella mentalità occidentale per via greco-filosofica, della santità come perfezione e della perfezione come impeccabilità. Così si perde-va di vita il senso della chiamata di tutti alla santità, della santità come ‘esistenza riuscita’ in risposta a Dio che chiama, leggendola invece come qualcosa di strano ed eccezionale e assolutamente non per tutti, quasi una specie di rovesciamento faticoso e vit-torioso della propria umanità. In que-sto senso tendere alla perfezione (ben diverso dal tendere alla pienezza, alla vita integrale, alla ‘sintesi’) è somma-mente frustrante, perché il limite fa parte della nostra condizione umana. Ci sono limiti fissi e ce ne sono altri che possono venir spostati in avanti e forse trasformati in un nuove possibi-lità, ma non eliminati.

Si è parlato della vita religiosa e sa-cerdotale come “stati di perfezione”, quasi che la perfezione (anche nel sen-so di ‘esistenza riuscita’ come risposta) potesse essere uno stato - mentre è un dinamismo e un dato tensionale. E co-loro che vivevano in altri stati di vita si sentivano condannati all’imperfezione: condannati e autorizzati insieme.

Se si guarda invece al Vangelo, le nostre idee tradizionali vengono messe provvidenzialmen-te in crisi. Essere perfetti significa in sostanza accettare di mettersi in cam-mino secondo la logica e le esigenze del Regno di Dio, rinunciando alle si-curezze, anche a quella sicurezza più insidiosa di tutte che è l’approvazione, la lode degli altri. Il “cuore buono e perfetto” dell’ascoltatore della Parola, di cui parla il vangelo di Luca non è quello che ignora ogni debolezza, ma quello che vive costantemente alla presenza di Dio, accettando di guarda-re il mondo e la storia con gli occhi di Dio. “Siate perfetti come è perfet-to il Padre vostro celeste”, si legge nel vangelo di Matteo, ma la stessa affermazione di Gesù è resa in modo diverso nel vangelo di Luca: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro”.

È l’unica dismisura che ci viene chiesta, la capacità di perdonare.

Torniamo all’idea da cui abbiamo preso le mosse: l’adolescenza, l’età imperfetta.

Adolescenza, lo stato di chi sta cre-scendo. E ci piace poter pensare che sia ‘adolescenza’ ogni fase della no-stra vita, con le sue luci e le sue ombre e il suo movimento ascensionale.

Forse l’ultima fase più di tutte, se si riesce a viverla non nello spirito di chi sta tramontando e avverte la paura del buio – anche se è un sentire umanissi-mo e degno di rispetto -, ma come chi attende l’aurora.

Età imperfetta

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22 - Angelo alla carriera

di Gaia Marsili

Durante tutto il mese, il Papa ed i 267 padri sinodali hanno ascoltato, con solidarietà e

partecipazione, gioie e dolori, sogni e timori dei protagonisti: i giovani.

Tutto l’anno è stato caratterizzato da un fitto calendario: partendo da riu-nioni pre-sinodali tenutesi dal 18 al 24 marzo, passando per le riunioni dioce-sane di giugno, il Sinodo si è concluso con imponenti pellegrinaggi che han-no co-stel la to tutta l’I-talia dal 3 al 10 agosto e che si sono contem-poraneamente uniti a creare un unico, spontaneo ed ingente itinerario alla volta di Roma.

Questa edizione del Sinodo, inol-tre, si è caratterizzata di un’attività piuttosto moderna: quella dei social.

Sono stati creati gruppi Facebook in 6 lingue diverse e ben 15 hashtag come #ChiSonoIo e #Gesù.

Tantissimi giovani presenti han-no avuto la possibilità ed il coraggio di raccontare se stessi: c’è chi, come Giulia, ha parlato del proprio impe-gno sociale in Operazione Colomba, il Corpo civile di pace che vive le guer-re dall’interno; chi come Giovanni ha percorso la sua strada al fianco di un ra-gazzo disabile affermando che spesso la diversità fa paura... ma confrontarci

e rela-z i o n a r -ci con qualcu-

no che è diverso da noi, ci permette di uscire dalla nostra comfort zone e di interrogarci per riconoscere valori come l’accoglienza, la solidarietà, il sostegno reciproco, l’amicizia.

“Non vedremo sbocciare dei san-ti finché non ci saremo costruiti dei

giovani che vibrino di dolore e di fede pensando all’ingiustizia sociale” disse don Lorenzo Milani.

C’è poi chi, invece, ha avuto voluto ricordare don Oreste Benzi, fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, ed in particolare il suo ultimo inter-vento pubblico alla Settimana Sociale dei Cattolici nel 2007, dove avvisava: “Il vento è favorevole, perché il cuore dei giovani, ve lo dico - e non badate alle cassandre - oggi batte per Cristo. Però ci vuole chi senta quel battito, chi li organizzi e li porti avanti in una ma-niera meravigliosa”.

Oggi Papa Francesco sembra pro-prio aver raccolto quell’invito: “A voi giovani dico: abbiate sempre gli occhi rivolti al futuro. Siate terreno fertile in cammino con l’umanità, siate rin-novamento nella cultura, nella socie-tà e nella Chiesa. Ci vuole coraggio, umiltà e ascolto per dare espressione al rinnovamento”.

Il sinodo dei giovani

Sarà la consegna dell’Angelo alla carriera a Davide Milani, presidente della Fondazione

Ente dello Spettacolo, a chiudere do-menica 18 novembre la quattordicesi-ma edizione del Terni Film Festival. Promossa dalla Conferenza Episcopa-le Italiana, La Fondazione Ente dello Spettacolo dal 1946 è impegnata nella diffusione, promozione e valorizza-zione della cultura cinematografica in Italia. Accogliendo e rinnovando l’in-teresse storico della Chiesa verso la narrazione audiovisiva, la Fondazione si propone come spazio di riflessione e mediazione delle sue espressioni at-traverso l’esercizio della critica, il la-voro di ricerca scientifica e un’intensa attività di sensibilizzazione, editoriale e festivaliera, convegnistica e semina-riale, che, nell’avvicinare il pubblico a una produzione di qualità, si impo-ne come metodo – e come valore – la sinergia con diversi attori del panora-ma cinematografico italiano e inter-nazionale. Per questo la Fondazione collabora attivamente con il MiBACT

– il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – e con tutte le principali realtà artistiche e industriali del panorama cinematografico italiano e internazionale, ed è presente con un proprio spazio alla Mostra Internazio-nale d’Arte Cinematografica di Vene-zia, dove assegna annualmente il Pre-mio Bresson “al regista che abbia dato una testimonianza, significativa per sincerità e intensità, del difficile cam-mino alla ricerca del significato spiri-tuale della nostra vita”. In questa cor-nice rientrano anche la realizzazione di progetti speciali, la partecipazione a bandi, l’organizzazione di contest.

La Fondazione in particolare or-ganizza il Tertio Millennio Film Fest, con il patrocinio della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede, del Pontificio Consiglio della Cultura, dell’Ufficio Nazionale per le Comuni-cazioni Sociali CEI, della Direzione Generale Cinema MiBACT e dell’As-sessorato alla Crescita Culturale del Comune di Roma.

Nato su impulso di Giovanni Paolo

II nel 1997, il festival da alcuni anni si propone come luogo di dialogo in-terreligioso e interculturale tra le co-munità cattolica, protestante, ebraica e islamica. La prossima edizione, a titolo “È tempo di migrare”, si terrà dall’11 al 15 dicembre, con un focus su memoria, identità, relazioni.

Tra le realtà con cui la Fondazione collabora regolarmente si segnala inol-tre il Siloe Film Festival, che si svolge presso una comunità monastica nata nel solco della tradizione benedettina, insediata su di un alto colle che domi-na la valle dell’Ombrone in provincia di Grosseto. La quinta edizione del concorso si è svolta nel luglio 2018, sul tema “Sperare nell’Innominabile Attuale”. Per celebrare i 90 anni del-la Rivista del Cinematografo – fon-data nel 1928 e rilevata nel 1937 dal Centro Cattolico Cinematografico – la Fondazione ha organizzato dal 4 al 7 ottobre a Castiglione del Lago la pri-ma edizione del festival Castiglione Cinema – Rdc incontra.

90 della Rivista del Cinematografo

Coraggio, umiltà e ascolto

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Tracce di pensiero - 23

La pista, bianca di sole, si snodava dinanzi a me con tracciato incerto. I solchi nella sabbia, fatti dalle ruote delle grandi cisterne dei “petrolieri”,

m’obbligavano ad una ginnastica continua per mantene-re la direzione della jeep.

Il sole era alto e mi sentivo stanco. Solo il vento che soffiava sul muso della macchina permetteva ancora alla jeep di procedere, benché la temperatura fosse in-fernale e l’acqua bollisse nel radiatore.

Verso mezzogiorno, trovai ciò che cercavo. Grosse rocce apparvero sulla sinistra della pista; ed io mi av-vicinai, sicuro che avrei trovato un po’ d’ombra. Non ne fui deluso. Sulla parete nord d’un gran macigno alto una decina di metri una lama d’ombra si proiettava sulla sabbia rossa. Misi la jeep contro vento per raffreddare il motore e scaricai il “ghess”, cioè l’indispensabile per fare il campo: una stuoia, il sacco dei viveri, due coper-te e il treppiede per il fuoco. Ma, avvicinandomi alla roccia in ombra, mi accorsi che c’erano già ospiti: due vipere se ne stavano raggomitolate nella sabbia calda e mi sorvegliavano senza muoversi. Feci un salto in-dietro, m’avvicinai alla jeep senza perder di vista i due serpenti; e presi il fucile, un vecchio aggeggio che un indigeno m’aveva prestato per aiutarlo a liquidare gli sciacalli che attaccavano i suoi greggi, spinti dalla fame e dalla siccità.

Tirai e vidi le due bestie saltare in aria tra un novolo

di sabbia. Ripulendo la zona dal sangue e dai resti delle vipere, vidi che dal ventre squarciato di una di esse usci-va un uccellino non ancora digerito. Stesi la stuoia, che nel deserto è tutto: cappella, sala da pranzo, camera da letto, salotto di ricevimento; e mi sedetti. Era l’ora sesta e presi il breviario. Per star più comodo, cercai una co-perta per mettermela sotto il capo. Ne avevo due, e ben lo sapevo. Una coperta rimase accanto a me, inutilizzata e, guardandola, non mi sentivo tranquillo.

Ma se volete capire, dovete ascoltare la storia.La sera prima ero passato da Irafok, un piccolo vil-

laggio di negri, ex schiavi dei Tuareg. Quella sera avevo notato il vecchio Kadà che tremava dal freddo. Sembra strano parlare di freddo nel deserto, eppure è così; tanto che la definizione del Sahara è “paese fred-do dove fa molto caldo quando c’è il sole”. Ma il sole era tramontato; e Kadà tremava. Mi venne l’impulso di dargli una delle due coperte che avevo con me e che for-mava il mio “ghess”; ma mi distrassi volentieri da quel pensiero. Pensavo alla notte, e sapevo che anch’io avrei tremato. Quel po’ di carità ch’era in me tornò all’assal-to, facendomi notare che la mia pelle non valeva più della sua e che avrei fatto bene a dargliene una; e che, se anche avessi tremato un po’, era ben giusto per un piccolo fratello.

Quando partii, le due coperte erano ancora sulla jeep; ed ora erano là davanti a me e mi davano fastidio.

Carlo Carretto, Lettere dal deserto, 1964

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