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ADESSO!Dalle paure al coraggio civile,per una cittadinanza glocale

5. Passionie compassioni

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Direttore:Brunetto Salvarani - [email protected]

Condirettori: Antonio Nanni - [email protected] Lucrezia Pedrali - [email protected]

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Collaboratori: Roberto Alessandrini, RubemAlves, Fabio Ballabio, Michelangelo Belletti,Simona Botter, Paolo Buletti, Gianni Caliga-ris, Andrea D’Anna, Mariantonietta Di Capita,Alessandra Ferrario, Francesca Gobbo, Cri-stina Ghiretti, Piera Gioda, Stefano Goetz,Grazia Grillo, Mimma Iannò, Renzo La Porta,Lorenzo Luatti, Francesco Maura, MariaMaura, Oikia Studio&Art, Roberto Papetti, Lu-ciana Pederzoli, Carla Sartori, Eugenio Scar-daccione, Oriella Stamerra, Nadia Trabucchi,Franco Valenti, Gianfranco Zavalloni

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Registrazione Tribunale di Parma, n° 401 del 7/3/1967Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria -CSAM, Soc. Coop. a r.l., via Piamarta 9 - 25121 Bre-scia, reg. Tribunale di Brescia n° 50127 in data19/02/1993.

Quote di abbonamento:10 num. (gennaio-dicembre 2011) Euro 30,00Abbonamento triennale Euro 80,00Abbonamento d’amicizia Euro 80,00Prezzo di un numero separato Euro 4,00

Abbonamento CEM / estero:Europa Euro 60,00Extra Europa Euro 70,00

Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneDisegni di copertina: Silvio BoselliStampa: Tipografia Camuna - Brescia

EditorialeLe religioni tornano a scuola 1Brunetto Salvarani

questo numeroa cura di Federico Tagliaferri 2

commentiAncora un dietro-front 3della GelminiAntonio Nanni, Antonella Fucecchi

A scuola e oltre

rifare gli italianiDis-fare l’Italia in nome 4della Padania?Antonio Nanni, Antonella Fucecchi

bambine e bambiniIl tempo della fatica 6Lucrezia Pedrali

ragazze e ragazziChe tristezza la vita senza passioni! 8Paola Berrettini

generazione yEmozioni e globalizzazione 10Antonella Fucecchi

in cerca di futuroIl videogiocare come occasione 12di interculturaDavide Zoletto

che aria tira a scuolaE ora tocca all’Università... 13Patrizia Zocchio

buone pratiche di resilienzaCaldo/morbido o freddo/ruvido? 14Oriella Stamerra, Alessandra Ferrario

la pedagogia della lumacaSburocratizzare la scuola 16a partire dai registriGianfranco Zavalloni

Il «restodelmondo»

agenda interculturaleLa comunicazione interculturale 33Alessio Surian

prati-careContesti inusuali 34per sperimentazioni educativeGianmarco Pisa

scor-dateC’è qualcuno lassù? 35a cura di Dibbì

dudal jamDudal Bar, un angolo di pace 36al convegno CEMP. Canova, C. Fassina, C. Minelli

saltafrontieraLa parola migrante 37Lorenzo Luatti

pixelQuestioni di naso 38Roberto Alessandrini

nuovi suoni organizzatiDavid Byrne 39Luciano Bosi

zero povertyParlare di povertà attraverso... 40Maria Luisa Damini

crea-azioneIl teatro oltre le barriere 41Mohamed Ba

spaziocemPer una diffusione della Bibbia 42Agnese Cini Tassinario

Presentato il «Kit Caritas» 43Federico Tagliaferri

CEM Sud. L’altra faccia del gioco 44Daniele Guaragna

Mediamondo 46

i paradossiCosì è Natale! 47Arnaldo De Vidi

la pagina di... r. alvesVivere la vita come la vivono 48i bambini

Sommarion. 10 / dicembre 2010

Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM)dei Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

E-mail: [email protected]

www.cem.coop

ADESSO! DALLE PAURE AL CORAGGIO CIVILE, PER UNA CITTADINANZA GLOCALE5. PASSIONI E COMPASSIONI

Passioni e compassioni: 17verso un io altruistico?Stefano Curci

Profeti di glocalità Giorgio La Pira 21Stefano Curci

CinemaStrade di passioni e compassioni 31La bocca del lupo - PietroLino Ferracin

Educare alle identità plurali 23quinta puntata

a cura di Antonio Nanni

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dicembre 2010 | cem mondialità | 1

brunetto salvarani | direttore [email protected]

Le religioni tornanoa scuola

Nel numero 2 del 2010 della storica rivista del-l’editrice Morcelliana Humanitas compare unalunga recensione al mio libro intitolato Educare

al pluralismo religioso (EMI 2006). La firma AlbertoAnelli, e ha il pregio di prendere come caso serio il te-ma che affronto in quel testo, «la complessa questionedel ruolo delle religioni nella scuola pubblica». Riman-dando alle pagine di Humanitas per chi voglia rifletterviulteriormente (l’autore ne fa un’analisi approfondita, dicui senz’altro lo ringrazio), riporto le ultime righe dellasua recensione: «Merito indiscutibile del volume è sen-za dubbio quello di rompere il silenzio su una questioneestremamente complessa e compro-messa. Purtroppo, almeno finora, sem-bra che nemmeno questo libro sia riusci-to a sollevare dubbi, a suscitare signifi-cative domande e riflessioni di una certaampiezza in àmbito nazionale. È quantoil suo autore probabilmente si augure-rebbe ed è anche quanto ogni suo lettoreonesto non può che auspicare». Credo che Anelli, sostanzialmente, abbiaragione. Mi è capitato, nel corso di que-sti anni, di presentare Educare al plurali-smo religioso in diverse occasioni pub-bliche, di ricevere consensi e raccogliere - ovviamente- anche perplessità, ma in effetti i mondi che avrebbero

potuto (e, a mio parere,dovuto) battere un colpo,non l’hanno fatto. In pri-mo luogo, alludo al mon-do della politica e a quel-lo della Chiesa cattolicaufficiale, silenziosi permotivi che è facile intui-re. Mi pare domini anco-ra la paura di toccare ar-gomenti che scottano,mentre, di converso,

possiamo testimoniare il crescente disagio che speri-mentano tanti docenti di Religione Cattolica nel loro la-voro quotidiano, di cui ben poco si dice. Al CEM, negli

ultimi tempi abbiamo a più riprese rilanciato il dibattitosu quella che, a partire da un convegno bresciano diquasi nove anni fa, scegliemmo di definire l’ora dellereligioni, sulla base del metodo Bradford (di cui il miolibro discute), in una prospettiva a-confessionale e in-terculturale; e siamo ancora convinti che sia possibile,e doveroso, parlarne pubblicamente. Ecco perché ab-biamo deciso di riprendere una volta di più la questionedelle religioni a scuola con un prossimo convegno, chesi terrà di nuovo a Brescia, presso il complesso di SanCristo, sabato 9 aprile 2011. Lo stiamo organizzandocon l’aiuto di una serie di amici specialisti che saranno

con noi, perché non sono ancora del tutto stanchi o di-sillusi. Sin d’ora, pertanto, vi invitiamo a essere dellapartita: presto vi presenteremo lo schema dell’iniziati-va. È evidente, infatti, che le nostre istituzioni educativenon sono in grado di far fronte al crescente pluralismoreligioso odierno: materia incandescente, certo, soprat-tutto in stagioni, come l’attuale, di identitarismi e dichiusure reciproche, assai più che di dialogo e di acco-glienza. Proprio per questo, peraltro, l’ambito scolasti-co sarebbe chiamato a un supplemento di responsabi-lità, pena il rischio di costituire lo spazio principe perstrumentalizzazioni e banalizzazioni varie. Il CEM, an-cora una volta, ci sarà. Solo una forte competenza reli-giosa è garanzia di laicità, e la laicità non può prescin-dere da una forte competenza religiosa: per passare, ri-prendendo Régis Debray, da una laicità di incompeten-za a una laicità di intelligenza. q

Abbiamo deciso diriprendere una volta di piùla questione delle religioni

a scuola con un prossimoconvegno, che si terrà

a Brescia, presso il complesso di San Cristo,

sabato 9 aprile 2011

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Questo numeroa cura di Federico [email protected]

Questo numero di CEM Mondialità continua l’esplorazione dei temi dell’annata 2010-2011 della ri-

vista, dedicata a «Adesso! Dalle paure al coraggio civile, per una cittadinanza glocale». Il «dossier»

monografico, a cura di Stefano Curci, dedicato a «Passioni e compassioni. Verso un io altruisti-

co?», si propone di ricostruire il percorso storico che i concetti di passione e compassione hanno

attraversato nella cultura occidentale. Scrive l’autore: «Possiamo distinguere due fasi della considerazione delle

passioni nella nostra cultura occidentale: una prima fase di condanna e subordinazione delle pulsioni rispetto alla

ragione, una seconda di emancipazione e apprezzamento. La prima fase va dall’età antica fino al sorgere dell’età

moderna […]. Un primo cambiamento è

collocabile nell’umanesimo italiano […]

[Infine] l’uomo moderno rompe con la mo-

rale dell’altruismo e della solidarietà, le

sue passioni hanno una matrice autocon-

servativa, sono riducibili al self-love, al-

l’orgoglio (pride), al self-liking, la preferen-

za per sé». «Possiamo dire - aggiunge an-

cora l’autore - che nella nostra storia cul-

turale il significato di passione e compas-

sione è andato cambiando da un aspetto

più vicino alla morale e alla razionalità ad

uno più irrazionale ed egoistico».

All’interno del «dossier», Lino Ferracin ci

propone il percorso «Strade di passioni e

compassioni», un itinerario che, grazie al-

l’analisi critica dei film La bocca del lupo e

Pietro (due produzioni a basso costo, ma di

qualità), si snoda nell’esistenza di perso-

naggi immersi in situazioni e storie diverse: tossicodipendenza, emarginazione, malavita, lavoro precario, amore ne-

gato… dipingendone la vita dura, difficile. Nell’inserto centrale, dedicato a «L’ora delle religioni», Antonio Nanni ci

presenta un intervento su «Religioni a scuola. Educare alle identità plurali» con l’intento di «chiarire le ragioni per cui

nella nostra società multireligiosa diventa importante che la scuola si autocomprenda come luogo della laicità aven-

te il compito di relativizzare ogni tipo di assoluto e forma di idolatria. Ciò è possibile formando i soggetti all’identità

plurale, vera architrave di un processo che può favorire il dialogo tra le religioni e la convivenza delle fedi».

Nella sezione «A scuola e oltre», segnaliamo l’articolo di Gianfranco Zavalloni sull’opportunità di «sburocratizzare»

la scuola grazie all’uso di registri più semplici e soprattutto più idonei alle necessità dei docenti; nella sezione «Re-

sto del mondo» l’articolo di Roberto Alessandrini «Questioni di naso», una curiosa passeggiata artistico-filosofica

tra i vari aspetti di questo organo del nostro corpo e tra le convenzioni che l’hanno reso importante nella vita so-

ciale. Per Natale, sostenete la Campagna Dudal Jam! È una parte importante dell’impegno di CEM!

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Carla PozzoliLe illustrazioni che corredano questo numero sono state realizzate da Carla Pozzoli, che ringraziamo di cuore. Ecco un suo breve profilo:

«La mia è una passione. Nata casualmente da qualche annoquando, in una libreria, vidi un libro illustrato di Innocenti daltitolo “Cenerentola”. Capii che esisteva un modocompletamente diverso di intendere l’illustrazione perraccontare una storia. Decisi così di iscrivermi alla ScuolaSuperiore d’Arte Applicata del Castello Sforzesco di Milanoseguendo il corso per Illustratori.Mi sono così tuffata in questa bellissima dimensione; dare vocealle mie idee. Di questo lavoro mi piace tantissimo tutta la faseprogettuale e ovviamente vedere terminate alcune idee chehanno attraversato la mia mente».

Per contatti:[email protected] Pertini, 35 - 27010 Cura Carpignano (PV)

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Sulla nuova materia scolastica «Cittadinanza eCostituzione», CEM era stato tra i primi ad esse-re fiducioso. Per un anno intero abbiamo dedica-

to ogni mese un inserto a questa novità che avrebbe do-vuto rilanciare l’educazione civica nella scuola italiana.Ma CEM aveva espresso anche molta cautela, riser-vandosi un giudizio definitivo al termine della fase spe-rimentale. Oggi però non possiamo più tacere. Il mini-stro Gelmini ha dato, ancora una volta, prova della suainaffidabilità. A conferma dell’evidente sudditanza allaLega da parte del governo Berlusconi.Nel 2008 si era fatto credere - con la ben nota strategiadegli annunci - che si voleva introdurre nella scuola unadisciplina obbligatoria e autonoma, con 33 ore annuali adisposizione (una a settimana) e con un voto distinto inpagella, da inserire in ogni ordine e grado di scuola.Ora è chiaro a tutti che si è trattato di un bluff! La Circo-lare ministeriale n.86 del 27 ottobre 2010 non lascia al-cun dubbio in proposito. In essa si afferma che «Cittadi-nanza e Costituzione» non è una disciplina autonoma eche non ha un voto distinto ma solo una valutazione cheverrà espressa nel complessivo voto delle disciplinedelle aree storico-geografico e storico-sociale di cui es-sa è parte integrante. Dunque, il sipario viene calatobruscamente proprio nel 150° anniversario dell’Unitàd’Italia! Altro che nuove competenze sociali e civiche.Si corre invece il rischio che l’egemonia leghista sul go-verno metta in difficoltà i dirigenti scolastici e i docentiche vogliano valorizzare i simboli, le feste, la bandiera,l’inno nazionale e la stessa Carta Costituzionale.

È davvero un peccato che la sperimentazione sia fallitacosì miseramente. Eppure, come si ammette nella stes-sa Circolare, una discreta attenzione da parte della scuo-la italiana c’era stata, se è vero che il bando di concorsoministeriale ha «registrato la presentazione di 3202 pro-getti (di cui 104 selezionati) e il coinvolgimento di 4366scuole (di cui 367 premiate) a dimostrazione del grandeimpegno per le tematiche che attengono all’educazionealla cittadinanza». Come già sanno i lettori di CEM, noistessi abbiamo cercato di diffondere nel nostro paeseuno strumento educativo per Rifare gli italiani (EMI, Bo-logna, 2010), nella convinzione che sia questa l’unicastrada da percorrere per rigenerare l’Italia. Ed è anche iltitolo di una rubrica che ogni mese è presente sulla no-stra rivista, per rafforzare il nostro impegno in questa di-rezione, poiché il clima generale del paese è peggioratoancora di più, come tutti constatiamo giorno per giorno. Per tale ragione, insieme a tanti altri movimenti e associa-zioni che desiderano un’Italia diversa, anche il CEM stafacendo la sua parte affinché al più presto si possa volta-re pagina e si dia inizio ad una stagione politica nuova,più partecipata dai cittadini e più rispettosa delle istitu-zioni e dell’etica pubblica. Ha fatto bene il presidente deivescovi italiani, cardinale Angelo Bagnasco, ad afferma-re che l’Italia non può continuare a «galleggiare». Anzi,forse è stato fin troppo tenero, poiché a noi sembra chel’Italia stia già sprofondando! Per questo bisogna farepresto per mandare a casa chi riesce con demagogia avincere le elezioni ma poi dimostra di non saper gover-nare, compiendo disastri irreparabili. q

Antonio Nanni - Antonella Fucecchi

commenti

Ancora un dietro-frontdella Gelmini

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Si tratta di una reinvenzionedelle radici attraverso un di-spositivo di «filiazione inver-sa», che consiste nella crea-zione a tavolino di fantasiosipadri fondatori e di matricimitiche da cui si presume diessere discendenti. È la fab-brica dei miti identitari, ossiadi narrazioni che non hannomai un vero riscontro stori-co, ma risultano da una mi-scela di ingredienti ben do-sati. Nel caso della Padania,come è noto, si evocanooscure origini celtiche, giàsfruttate peraltro dagli scoz-zesi in funzione antinglese, ereminiscenze longobarde,come le corna che adornanogli elmi usati dai militanti le-ghisti nei grandi raduni. Fra

La fabbrica dei mitiidentitari

I fatti di cronaca che han-no avuto come teatro la

scuola di Adro impongonouna riflessione sull’uso stru-mentale dei simboli da partedella Lega e sulla colonizza-zione simultanea dell’imma-ginario e del territorio. I sim-boli nel nostro tempo risul-tano vincenti perché essisfruttano una forza pre-logi-ca e si servono del poteredelle emozioni.La delicatezza della questio-ne sta proprio nella ricadutaeducativa di questa opera-zione di indottrinamento,volta a disorientare e a deita-lianizzare i futuri cittadini diuna sedicente «patria pada-na». Il sole delle Alpi si pre-sta, infatti, a fungere da ele-mento mitopoietico di unarilettura mistificata del pas-sato destinata a legittimare,secondo schemi denunciaticon acume da Marco Aime1,una rivisitazione in chiavepadana delle proprie origini.

Dis-fare l’Italia in nomedella Padania?

Tra Lega e vescovi italiani sta crescendo una differenza, a livello etico e antropologico, che prima o poi è destinata ad esplodere.

dal cui latte si ricava la squi-sita mozzarella campana. Intale pasticcio identitariocreato dalla Lega, Aime os-serva anche che la pesantemanipolazione del passato sispinge fino al punto di soste-nere, nei Quaderni Padani,che i celti fossero federalisti!Ma il suggello definitivo èrappresentato dal teatrale«rito delle ampolline» con leacque del sacro Po, una sortadi battesimo neopaganoispirato, pare, da un antro-pologo indiano che lo avreb-be consigliato per la sua cari-ca suggestiva.Sebbene tali gesti e iniziativesiano stati considerati finoraniente più che variopinte pa-rate folcloristiche, sottovalu-tarne ancora il significato egli effetti diseducativi sareb-be tuttavia grave e impru-dente. Stiamo assistendo, inrealtà, alla genesi e alla diffu-sione di una tradizione stru-mentalizzata a fini politico-propagandistici che, intercet-tando bisogni, aspirazioni erimostranze dei cittadini delleregioni settentrionali, li staincanalando in un movimen-to partitico che ha raggiuntoun successo elettorale strepi-toso e preoccupante. Il NewYork Times ne ha parlato co-me del «partito più forte edinfluente oggi in Italia». Perquesta sua forza aggressiva erampante la politica della Le-ga viene percepita non a ca-so come un attacco direttoall’unità nazionale e una mi-naccia di secessione. Lo con-fermano anche i sorprenden-ti risultati di un recente son-daggio realizzato dall’istitutoIpsos di Nando Pagnoncelli,secondo il quale il 37% degliintervistati è convinto che il

antonella fucecchi - antonio [email protected] - [email protected]

rifaregli italiani

Bene ha fatto lalegittimaautoritàscolastica aintitolare lascuola di Adronon più aGianfrancoMiglio, ideologodella Lega,ma ai fratelliEnrico ed Emilio Dandolo,patrioti italiani

4 | cem mondialità | dicembre 2010

l’altro, è curioso scoprire chele mandrie di bovini intro-dotte da questo popolo ger-manico, affermatosi attraver-so i Ducati fino a Benevento,avrebbero generato le bufale

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padane: insieme ai simbolidi Adro, sono tutti esempiche confermano una conce-zione populista e proprieta-ria del territorio, a dimostra-zione che tra Lega e vescoviitaliani sta crescendo unadifferenza, a livello etico eantropologico, che prima opoi è destinata ad esplodere.Non si può infatti rovesciareil significato di simboli im-portanti come il Natale, némettere in discussione arbi-trariamente l’unità della na-zione. Un conto è dire no al-la moschea, al velo, al Ke-

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federalismo favorirebbe la di-visione del paese.

Non demonizzare la Lega ma risvegliarenei cittadini del Nordl’identità nazionale

Riteniamo che questo sia l’at-teggiamento giusto e la stra-tegia vincente. Non lo scon-tro, ma il dialogo e il pazienteconvincimento. Facendo le-va, ad esempio, sul fatto chequasi tutti i cittadini delNord, prima ancora che sen-tirsi padani o italiani si sento-no ancora «cristiani» e che ivalori e i simboli del cristiane-simo non sono affatto com-patibili con certe chiusurepregiudiziali e rozze della Le-ga. Come quando si spara azero contro gli immigrati, iterroni, i rom, i musulmani, ineri, i «culattoni», ecc., fino anon risparmiare neanche i«porci romani» o quell’imamdel Nord che sarebbe il cardi-nale Dionigi Tettamanzi, arci-vescovo di Milano. Forse conqueste smargiassate inquali-ficabili la Lega potrà contareancora sulle braccia spalan-cate di Berlusconi, ma non suun abbraccio inopinabile del-la Chiesa.I nostri lettori ricorderannol’operazione White Chri-stmas («Bianco Natale») delComune di Coccaglio, inprovincia di Brescia, che siera prefissa l’obiettivo dicontrollare l’immigrazioneclandestina per festeggiareun Natale «bianco», senzaextra-comunitari. Ma ognu-no sa che Gesù non era nébianco, né occidentale, néeuropeo, né tanto meno«padano»! Così come ricor-deranno il flop delle «ronde»

bab, all’ora del Corano nellescuole, ecc., un altro è idea-re una sorta di cristianesimoetnico in nome del Natale,oppure occupare la scuola diAdro con simboli padani. Aqueste tendenze, del tuttoestranee alla tradizione cri-stiana, dobbiamo reagire elo stiamo già facendo.Ha ragione il direttore di Fa-miglia cristiana, don AntonioSciortino, quando descrive laposta in palio nello scontroin atto in parlamento e nellepiazze: «Per un paese comeil nostro che si dichiara cat-

tolico - scrive - è difficile ca-pire come si possano discri-minare gli stranieri e atteg-giarsi poi a difensori del cro-cifisso». Ma un discorso ana-logo andrebbe fatto ancheper il federalismo: è difficileessere ministri dell’interno odelle riforme e poi eclissarsinel giorno della festa dellaRepubblica, nel 150° anni-versario dell’unità d’Italia.Bisognerà smascherare que-sta insidiosa ma efficacestrategia leghista, che gua-dagna consensi e si diffondecome un fiume in piena. Adesempio il leader lumbard,Umberto Bossi, non può farerevisionismo storico inven-tandosi che il Nord non vole-va l’unificazione d’Italia2. Cideve allora spiegare, il Sena-tore, chi erano i numerosigiovani delle valli bergama-sche che seguirono Garibal-di nella spedizione dei Mille!Oppure ci deve dire perché siè parlato sempre di «pie-montesizzazione» se, comelui pensa, il Nord rimaseestraneo all’unificazione. Unministro della Repubblicanon può snobbare l’inno diMameli e insultare il tricolo-re. Quello che è successo adAdro è semplicemente para-dossale, poiché Adro non èuna città celtica ma risorgi-mentale. E bene ha fatto lalegittima autorità scolasticaa intitolare la scuola non piùa Gianfranco Miglio, ideolo-go della Lega, ma ai fratelliEnrico ed Emilio Dandolo,patrioti italiani. q

1 Cfr. M. Aime, Eccessi di culture, Ei-naudi, Torino 2004.2 Cfr. «Avvenire», 6 maggio 2010.

I valori e i simboli del cristianesimo non sono affatto

compatibili con certe chiusurepregiudiziali e rozze della Lega

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L a funzione della scuola,e quindi quella dell’in-

segnante, si gioca da sem-pre sulla necessità di consoli-dare, rivitalizzare, conserva-re e trasmettere la cultura,nel senso della memoria edella tradizione e di mante-nere nel contempo i ruoli so-ciali nel senso della stabilità,così come essa viene inter-pretata di volta in volta dalpotere. I docenti, nel lororuolo di mediatori fra sog-getti in apprendimento e larealtà, si trovano a dover di-scriminare cosa e quantotrasmettere in ordine alla co-noscenza, ma anche a defi-nire come e in rapporto aquale idea di cittadino futu-ro educare. Viene cioè ri-chiesto alla scuola, nellostesso tempo, di manteneree trasmettere cultura e dioperare per il cambiamento. I mutamenti rapidi che negliultimi anni sono avvenutisulla scena del mondo,l’evoluzione sociale che è

andata nella direzione diuna maggiore complessità,le mutazioni nel campo dellescienze e quindi delle disci-pline hanno portato ad unadiffusa ansia di trasforma-zione che pervade il mondodell’educazione.

I miti che attraversanoil mondo della formazione

La risposta a tale ansia sem-bra provenire dall’insistenteaffermazione di alcuni mitiche trasversalmente si rin-corrono e investono il mon-do della formazione in gene-rale. Uno dei miti più forti èappunto quello del cambia-mento: di per se stesso, indi-pendentemente da ogniprocesso di analisi e di deco-struzione, il cambiamento èvisto come evoluzione posi-tiva, come necessità assolu-ta. Altri miti sono rappresen-tati dal sapere tecnologicostrumentale, dalla valutazio-

Il tempodella fatica

L’intelligenza educativa è quella che permette di partire da un punto di vista, riconoscendone la parzialità, e di guardare oltre lo schermodell’immediato contingente.

6 | cem mondialità | dicembre 2010

bambinee bambinilucrezia [email protected]

I bambini e le bambine cheincontriamo nelle nostre scuolehanno bisogno d’incontrasi e di

confrontarsi con aspetti dellacultura «alta»

za e la visione strumentaleche accompagna l’introdu-zione del nuovo (e che, inquanto tale, dovrebbe essereassunto per permetterci di vi-vere all’altezza dei tempi). Èquesta continua richiestaesplicita di adeguamento, dimodellamento al contingen-te che produce grande faticae nello stesso tempo il desi-derio di riprenderci tempiadeguati per riflettere sulpresente e sul passato, infunzione di un futuro chepossiamo solo immaginare.Ecco un piccolo elenco di fa-

Usc

Il vsuriel’olibcircatrad’

ne, dalla certificazione dellecompetenze. Nessuno diquesti miti ovviamente costi-tuisce di per sé ragione di re-sistenza. Sono necessari ilcambiamento, la valutazio-ne, le competenze, la tecno-logia. Ciò che crea disorien-tamento in chi opera nellascuola secondo i tempi e imodi dell’educazione, è lamancanza di riflessione e dipensiero fondativo che ricol-leghi questi processi ad unosfondo complessivo. Ciò che si percepisce con di-sagio è il senso di contingen-

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Un’operazione d’ingegneriascolastica

Il valore della conoscenza non coincide con quello del suosuccesso momentaneo. Il pensiero e le idee necessitano dirielaborazione soggettiva per tradursi in conoscenza el’orizzonte entro il quale dare spazio al pensiero critico,libero, deve essere sempre più allargato. I riferimenti allecircostanze che la scuola sta attraversando sono evidenti. Icambiamenti continui sembrano avere determinato unatrasformazione riconducibile più ad un’operazioned’ingegneria scolastica che di ripensamento critico. Si sta

sviluppando una raffinata capacità di dissezione su singolequestioni di tecnica educativa attraverso l’utilizzo di unlinguaggio settoriale assai specifico. Ma viene da chiedersiquanto tutto ciò sia stato elaborato, filtrato e negoziato.Viene da chiedersi se il compito della scuola debba esseresolo quello di elaborare strategie efficacissime perrispondere alle domande che provengono dalla società nelsuo complesso o se debba essere anche quello di cambiare iltipo di domande. O quello di ascoltare le domande che nontrovano ascolto altrove. La capacità di ascoltare siaccompagna a quella di sostare, di vivere anche momenti disilenzio e di riflessione, di restare in contatto con sé e congli altri evitando, per quanto possibile il desiderio dirimozione e di fuga (in avanti, forse) per non incontrare maidavvero ciò che è intorno a noi e ci interroga.

tiche per chi ancora, ostina-tamente, continua a credereche la scuola abbia un senso: Fatica nel tentativo di sot-trarre l’educazione ad unconformismo banale e privodi contesto. Fatica nel resistere ad uncambiamento che diventa ladimenticanza di saperi con-solidati attraverso il pensierodi innumerevoli generazioniprecedenti. Fatica del rifiuto a credereche l’educazione debba es-sere intesa come risposta al-le richieste contingenti delmodello socio-economicodel momento. Fatica nel mantenere l’ideadella scuola come luogo diorientamento attraverso isaperi, luogo in cui si incon-trano i bisogni di conoscen-za e le risposte che l’ambien-te può offrire attraverso lacultura costruita nel tempo.

Per una cultura «alta»nella scuola

Fatica in questo momento èpensare ancora ad una scuo-la come luogo di promozio-ne della conoscenza che si ri-

pensi nella dimensione dellaessenzialità e che abbia le ca-ratteristiche della pluralità,della interpretatività, dell’at-tenzione al contesto e al ter-ritorio, aperta a tutte le altrepossibilità. Una scuola diffi-cile e, in questo senso, impe-gnativa. I bambini e le bam-bine che incontriamo nellenostre scuole hanno bisognod’incontrarsi e di confrontar-si con aspetti della cultura«alta». La necessaria essen-zialità che s’impone nella de-finizione dei contenuti deisaperi, non significa banalitào minimalismo. Al contrario:i contenuti proposti necessa-riamente assumono valoreparadigmatico della cono-scenza, e quindi, a maggiorragione, dovrebbero esserepensati in funzione della lorosignificatività e pregnanza.Nella scuola di tutti deve es-sere riportata la cultura im-portante, proprio per resiste-re all’idea che, per educare aibisogni del tempo corrente,alla maggioranza basti unaqualche forma di addestra-mento, riservando la culturaimportante ad altri luoghi. Lapedagogia è da sempre for-

presente gli elementi di am-bivalenza che contengono,di essere consapevoli dellezone d’ombra che tendono adivenire sempre più latenti, equindi più insidiose, ogniqualvolta si enfatizzano sen-za rielaborazione (appuntomitizzando) tali idee.Ciò a cui si deve resistere èancora una volta la tentazio-ne di unilateralità, di sicurez-za e stabilità; resistere allatentazione di credere che laprofessionalità dell’insegnan-te si possa misurare solo inbase alla rapidità di adatta-mento ai modelli intellettuali(ma anche affettivi e com-portamentali) che l’istituzio-ne propone come innovativi.In realtà l’intelligenza educa-tiva è quella che permette dipartire da un punto di vista,riconoscendone la parzialità,e di guardare oltre lo scher-mo dell’immediato contin-gente. Superare la fatica e conti-nuare a sperare è probabil-mente mantenere la capaci-tà di dubitare e di pensare,sia nell’educazione sia nellavita quotidiana, individualee collettiva. q

ma di pensiero e di sapere avocazione universale. Nonpuò ridursi a luogo di elabo-razione o di legittimazionedel pensiero unico. Come delresto la scuola, da sempreluogo per eccellenza del-l’educazione, non può assi-stere alla migrazione altrovedel sistema educativo.

Novità da accoglierecon cautela

Forse i miti attuali e le paroled’ordine hanno bisogno diripensamento. Non si trattadi avversare le novità comepresa di posizione pregiudi-ziale, ma di tenere sempre

Nella scuola, icambiamenti

continuisembrano averedeterminato una

trasformazionericonducibile piùad un’operazione

d’ingegneriascolastica che di

ripensamentocritico

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Una delle frasi più felicidel film Forrest Gump è

semplice ma fa riflettere: «lavita è come una scatola dicioccolatini, non sai maiquale ti capita prendendoneuno». All’udire questa fraseperò tutti allungavano lamano sulla scatola e gusta-vano la dolce offerta. Oggisembra prevalere la paura dipescare, l’incertezza rispettoal piacere di gustare delnuovo. E così anche nellescelte più banali si finisce perreprimere le passioni e leemozioni, vinte come sonoda un possibile senso disconfitta. Occorre invecepromuovere una tendenzacontraria che sviluppi pas-sioni ed emozioni profonde.Oggi ci lamentiamo spessoche le nuove generazioninon hanno più passioni civili.Ma un adulto responsabilenon può limitarsi a constata-re tale scadimento generaliz-zato dell’impegno giovanile,ma dovrebbe chiedersi il per-ché di tale comportamentoe prendere atto che anche i

gabbiani si adattano a vive-re in un pollaio se vengonoloro tarpate le ali. È questala metafora di ciò che è ac-caduto negli ultimi decenniai nostri ragazzi, travolti daun’overdose di consumi-smo, edonismo, narcisismo,e una diffusione massiccia dimodelli autoreferenziali

Educare all’integrazione coni nuovi arrivati

È proprio a partire da questepassioni e compassioni chel’educatore può far leva perabbattere o contrastare l’at-tuale venir meno del prota-gonismo civico, in un tempodi «passioni tristi». La gioia

Che tristezza la vitasenza passioni!

La passione per l’habitat, ossia per la cura responsabiledell’ecosistema in cui ci è dato vivere, è un esempiovirtuoso di cittadinanza glocale nella societàmulticulturale e multietnica.

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ragazzee ragazzipaola [email protected]

Peed

Il pprqusocazolupgamosubare nomacoageseia,fan

Anche igabbiani siadattano a

vivere in unpollaio se

vengono lorotarpate le ali

di contribuire a salvaguarda-re l’ambiente, a prendersicura degli animali e dellepiante è una passione vivatra i giovani: è a partire daquesta che si potrà inserirela passione per l’altro o me-glio per gli altri, visto che leG2 (come sono definite legenerazioni degli immigratidi «seconda generazione»)presentano per loro stessanatura la moltiplicazione de-gli elementi culturali, sociali,

religiosi ed etnici. Aprire aquesta prospettiva è possibi-le educando i giovani all’in-tegrazione con i nuovi arri-vati. Perciò è da favorire lanascita di nuove amicizie, discambi, di esperienze di vo-lontariato, di momenti di fe-sta da vivere insieme. Le se-conde generazioni possonoallora diventare una «levasociale» e un veicolo oppor-tuno per rafforzare il sensocivico e la passione civile deinostri ragazzi. Sarebbe stra-ordinario riuscire a valorizza-re la presenza dei «nuovi ita-liani» come fattore trainanteper rilanciare tali formed’impegno, condividendoun comune interesse qualicittadini dello stesso pianetae abitanti della stessa città.Crediamo infatti che la pas-sione per l’habitat, ossia perla cura responsabile del-l’ecosistema in cui ci è datovivere, sia un esempio virtuo-so di cittadinanza glocale nel-la società multiculturale emultietnica. La scuola, laChiesa, gli enti locali dovreb-bero promuovere questenuove forme di partecipazio-ne democratica alla vita civile.

«Guardare» con gli occhi del cuore

Occorre che i nostri giovanirecuperino il senso di «guar-dare» con gli occhi del cuore.Troppo spesso vediamo im-magini di indifferenza civica.Persone che attraversano cor-ridoi della metropolitana sen-za accorgersi dell’agonia edegli spasimi dell’ennesimobarbone che termina la suaesistenza vinto dal freddo edalla fame. Scene di gratuitaviolenza compiute in pieno

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giorno sono ormai viste sol-tanto dagli occhi elettronicidi telecamere e video con-trolli. Quelli umani invece so-no attratti da altre cose. Daqui l’urgenza di spostare ilcentro d’interesse dalla pro-pria persona alla realtà ester-na. Questa, se viene percepi-ta, è soltanto in funzione deipropri bisogni. La lettura cheil navigatore satellitare fa del-l’ambiente non è volta allaconoscenza degli elementiche lo compongono, ma perevitare che questi siano diostacolo al tragitto da com-piere. Così invece di chiedersicosa c’è intorno a me, il ra-gazzo si domanda «io dovesono?». Educare le passioni èanche uscire dal propriomondo per accogliere quellodegli altri.

alla cosa pubblica, ossia allapolitica. Anche questa saràvista come un piedistallo peraffermare la propria indivi-dualità ed i propri meriti,piuttosto che un servizio peril bene comune. La scuola,come sempre attenta alletrasformazioni in atto nellasocietà, ha ampliato l’offertaformativa a nuove esperien-ze di studio e ricerca. Cosìl’adozione dei monumenti,l’impegno al gemellaggiocon altre scuole, gruppi oassociazioni, l’educazionealla cittadinanza ed ai nuovimodelli di vita, gli stage ed isoggiorni di studio all’esterooffrono differenti stili educa-tivi e forme di apprendimen-to. È un’educazione che per-mette di aprire una finestrasu un mondo spesso scono-sciuto non perché lontanodalla propria esperienza divita, ma semplicemente per-ché trascurato, messo in se-condo piano rispetto ad altriinteressi. È oggi più che mainecessario far crescere gio-vani in grado di praticare lacultura del dialogo, e mani-festare una rinnovata atten-zione verso le realtà in cuisono immersi. La passioneper la conoscenza oltreschemi e limiti può essereun’occasione per un nuovostile di vita. Così la culturadella delega, del disimpe-gno, del «non vedere» potràridursi e lasciare il campo aduna nuova passione civica.Un’educazione che annullale passioni non potrà infattiche formare persone omolo-gate, prive del pensiero di-vergente, della fantasia, del-la fatica e della gioia del vi-vere insieme. q

Per una passione naturale ed ecologica

Il primo ambito verso il quale i ragazzi devonoprovare una spontanea passione è proprioquello naturale ed ecologico. Sempre più spes-so le mense scolastiche introducono menù lo-cali che promuovono il consumo di cibi dellazona d’origine. In questa direzione occorre svi-luppare la presa di coscienza da parte dei ra-gazzi della necessità di non impoverire il patri-monio mondiale della biodiversità in tutte lesue dimensioni, valorizzandola sia a livello glo-bale sia locale. La biodiversità necessita di esse-re presentata alle attuali e future generazioninon solo per ragioni sociali, etiche o religiose,ma anche per i benefici economici che essaconsente. Bisogna contrastare le monocultureagricole perché nemiche della biodiversità. Adesempio, immense piantagioni di palma, di so-ia, di colza soppiantano le foreste tropicali efanno tabula rasa della biodiversità di intere re-

gioni del pianeta. In questo modo perfino laproduzione di olio può trasformarsi in un eco-killer. Attraverso la visita a musei, orti botanici, acqua-ri ed oasi i ragazzi potranno scoprire che a duepassi da casa ci sono microcosmi naturali tuttida esplorare. Se si annulla la biodiversità, moltequalità di frutta e verdura saranno destinate ascomparire nel giro di breve tempo. C’è del re-sto un rapporto di corrispondenza tra la diversi-tà umana e quella degli ambienti. La ricchezzadelle differenze e dei tipi umani ben si rapportaalla biodiversità. I ragazzi sono da sempre sensi-bili alla tematiche ambientali. La passione perl’habitat si manifesta spesso con le giornate de-dicate alla pulizia e al decoro dei giardini urba-ni, alla raccolta dei materiali che deturpano lespiagge. La passione è poi compassione versogli animali abbandonati, esposti ai pericoli dellasofferenza e della morte.

È da favorirela nascita di

nuoveamicizie, di

scambi, diesperienze divolontariato,

di momenti difesta da vivere

insieme

Praticare la culturadel dialogo

Se gli educatori non terran-no nel dovuto conto questocambiamento di prospetti-va, risulterà difficile che igiovani possano interessarsi

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Numerose analisi geopo-litiche che si prefiggo-

no di decodificare i segnalicontraddittori delle dinami-che di globalizzazione pren-dono le mosse dal discussotesto di Samuel HuntingtonScontro di civiltà1. Le tesi delpolitologo, pur incapaci difornire chiavi di lettura effi-caci per affrontare la com-plessità del pluriverso, han-no conosciuto un periodo dinotevole successo e la lorodivulgazione ha alimentatol’impressione di un’inevita-bilità di conflitti tra universiculturali concepiti come si-stemi chiusi, impermeabili,in lotta per l’espansione suscala planetaria. Lo studioso Dominique Moi-si, invece, in un testo recentedal titolo Geopolitica delleemozioni2, raffina la chiavedi lettura con un affondonuovo, dimostrando che nonsono i valori assiologici e ilcomplesso armamentariosimbolico e mitologico delleculture a generare l’atmo-sfera di minaccia continua,

Emozionie globalizzazione

Secondo Dominique Moisi, in questo frangente storicosono l’India e la Cina ad incarnare l’aspetto piùdinamico della globalizzazione e a viverne gli effetti ele ricadute migliori.

antonella fucecchi [email protected]

generazione y

L’umiliazione

La felice intuizione del libro raccoglie e sviluppa inmodo più organico e sistematico spunti sparsi esollecitazioni presenti in opere di altri autori. Inrelazione ai popoli arabi, la chiave di lettura legataalla depressione, all’infelicità, alla sofferenza delloro stato attuale si ritrova illustrata dalleconsiderazioni di Samir Kassir, giovane giornalistalibanese stroncato da un carico di tritolo sullungomare di Beirut, contenute nel volumettoL’infelicità araba1, opera portata a termine pochigiorni prima di morire e considerata il suotestamento spirituale. L’autore denuncia che la nazione araba, dalMaghreb al Mashreq, è dominata dalla sensazioned’impotenza e di sconfitta: arretratezza,analfabetismo, questione palestinese irrisolta,regimi dittatoriali e mancanza di libertà rendono lemasse arabe cariche di risentimento e sfiduciatenella possibilità di rimontare di fronte all’Occidente,il nemico antropologico che li umilia e li opprime,ma di cui si ha bisogno come di un cementocomune. L’identità araba sembra costruita a partire dal XIX eXX secolo intorno ad una sconfitta e nel segno dellafrustrazione. In realtà, nel corso dei secoli, èmancata una rielaborazione culturale della fine delmomento aureo della cultura e dell’espansionearaba coincidente con la fase omayyade e abbaside.Non avere una chiara coscienza della morte di unafase storica, impedisce rinascite o risorgimenti,consegnando la collettività ad un lutto senza fine,inchiodato al rimpianto e all’illusione che queltempo felice venga restaurato e riportato in vita,per non tollerare il dolore della sua fine ecelebrarne esequie degne.Già Khaled Fouad Allam in Lettera ad un kamikaze2,rilevava questo arresto, esemplificato efficacementeda un particolare sorprendente annotatodall’autore: le famiglie magrebine più antiche edillustri, conservano tra i cimeli di famiglia le chiavidella casa di Andalusia, dopo le espulsioni del1492! Dunque, un passato che non passa e unpresente che non è se non ripiegamentoconsolatorio e distruttivo nelle radici religiose chesembrano offrire, al momento opportuno, l’unicapromessa di resurrezione, anche sotto il segno delfondamentalismo.

1 S. Kassir, L’infelicità araba, Einaudi, Torino 2005.2 K. F. Allam, Lettera ad un kamikaze, Rizzoli, Milano 2004.

ma le emozioni che impri-gionano i popoli e ne deter-minano l’agire politico. Lostudioso, consapevole diprocedere su un strada scivo-losa ed insidiosa poco gradi-ta agli esperti tradizionali, in-dividua tre poli emotivi rela-tivi alla percezione di sé eall’autostima: l’umiliazione,che muove le masse arabe,troppo escluse dal benesseree frustrate dalle sconfitte; lapaura, che paralizza la vec-chia Europa e gli Stati Unitiin ritirata; la speranza, chesolleva in un’ascesa apparen-temente inarrestabile la Cinae l’India, la parte produttiva

L’Europa sembraaver rinunciato

al sognodell’Unione,

ai suoi slancigenerosi e aperti,

imboccandomestamente

il viale del tramonto

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dell’Asia ansiosa di emanci-parsi e già dominante in am-bito tecnologico ed informa-tico. L’analisi è inevitabilmen-te relativa al periodo storicoattuale e non ha alcuna pre-sunzione di assolutezza:l’autore ricorda che le emo-zioni attraversano più volteciclicamente le vicende deipopoli, anche se la loro map-patura risulta difficile. Inquesto momento, fotogra-fando lo stato di «sicurezzadi sé» delle aree geopoliticheprese in esame, analizza al-cuni parametri indicatori: lacrescita demografica (ma idati potrebbero essere ambi-valenti), le relazioni interna-zionali, la creatività e lo slan-cio imprenditoriale.

La speranza

Secondo Moisi, in questofrangente storico sono l’Indiae la Cina ad incarnare l’aspet-to più dinamico della globa-lizzazione e a viverne gli effettie le ricadute migliori: animatida buone prospettive per il fu-turo, i due giganti demografi-ci del pianeta hanno colpitol’immaginario dei sociologi edegli storici, indotti a coniareil neologismo Cindia per indi-care due realtà molto diverse,ma accomunate da atteggia-menti emotivi analoghi: auto-stima in crescita, buoni inve-stimenti, dinamismo culturalee fiducia nel futuro. Nel tracciare la mappa dellasperanza, Moisi rileva ancheche in tali paesi sono terribil-mente violati i diritti umani,che la discriminazione e laoppressione femminile sonotratti distintivi delle due real-tà, ma che, nonostante esi-stano sacche di povertà e di

La paura

Tzevatan Todorov ha intito-lato un suo testo recente Lapaura dei barbari3, dedicatoalla denuncia della situazio-ne di arroccamento difensi-vo e di ritirata messo in attodagli Stati europei con stra-tegie politiche a breve respi-ro legate esclusivamente altema sicurezza, dettate dalterrore di vedere ridotte leprospettive di benessere acausa di nuovi concorrenti.Attori asiatici in ascesa eco-nomica e finanziaria, ondatemigratorie in costante au-mento, stagnazione cultura-le, dinamiche demografichelentissime rendono i paesi

europei pavidi ed incapaci distare al passo con i tempi,perdendo l’occasione disvolgere un ruolo geopoliti-co più incisivo ed efficace.L’Unione europea ha già ini-ziato una ritirata costantedagli scenari più caldi, rinun-ciando ad esprimere unapropria posizione; smarritaogni spinta propulsiva, inpiena crisi identitaria, si è in-cagliata, significativamente,sulla questione delle radici,mentre, come è stato nota-to, l’Europa avrebbe biso-gno di buoni giardinieri. Ilvecchio mondo è proteso almantenimento dello statusquo e non investe più; sem-bra aver rinunciato al sognodell’Unione, ai suoi slancigenerosi e aperti, imboccan-do mestamente il viale deltramonto. In realtà, paraliz-zata dalle ferite narcisistichee dalla presunzione, l’Euro-pa rischia di non cogliere lacrucialità del momento sto-rico che sta attraversando.Molte sono le sfide in corso:il processo d’integrazionedelle differenze, la conviven-za tra popoli multietnici, lanascita di un islam europeo;per affrontarle adeguata-mente ricorrendo al nego-ziato e alle strategie del dia-logo, il vecchio continentedovrebbe attingere alla mi-gliore delle sue tradizioni eritrovare nella elaborazionedi risposte creative l’alterna-tiva vincente alle barricate ealla chiusura. q

1 S. Huntington, Scontro di civiltà, Gar-zanti, Milano 1997.2 D. Moisi, Geopolitica delle emozioni,Garzanti, Milano 2009.3 T. Todorov, La paura dei barbari, Gar-zanti, Milano 2007.

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Dominique Moisiricorda che le emozioni

attraversano più volte

ciclicamente le vicende dei popoli,

anche se la loromappatura

risulta difficile

arretratezza, sul piano globa-le l’impressione d’intrapren-denza, vitalità e fiducia nelfuturo prevale, come dimo-strano le coreografie gran-diose dei giochi di Pechino o ipadiglioni degli expo interna-zionali.

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Tra le pratiche che i «nuo-vi italiani» figli di genitori

migranti o di genitori italianipossono condividere c’è sen-z’altro quella del gioco. Apartire dai giochi e dal gioca-re possiamo costruire percor-si che provino a promuoverele interazioni fra i ragazzi eche possano contribuire a co-struire una relazione di vici-nanza, in un contesto socialeche sembra favorire invece ladistanza sociale fra le perso-ne. Se guardiamo dunque algioco come occasione d’in-tercultura, dobbiamo chie-derci quali siano le forme digioco spontaneo che oggibambini e ragazzi praticano.E fra queste forme di giocospontaneo c’è sicuramentequella del videogiocare. Insisto qui sul verbo «video-giocare» perché mi sembraci aiuti a cogliere le poten-zialità educative e intercultu-rali di questa pratica quoti-diana. Se infatti ci focalizzia-mo sul termine «videogio-chi», finiamo probabilmenteper interrogarci soprattutto

esempio i videogiochi distrategia.Tuttavia, per quanto impor-tante sia approfondire le ca-ratteristiche tecniche e con-tenutistiche dei videogiochi,è soprattutto nei contesti enei modi in cui li si gioca cheva rintracciata la loro poten-zialità educativa e intercultu-rale. Per questo è importan-te, da un punto di vista peda-gogico, sottolineare la prati-ca: il videogiocare. È un ap-proccio che viene definitoActive User Perspective e che

Se guardiamo al gioco come occasione d’intercultura,dobbiamo chiederci quali siano le forme di gioco spontaneoche oggi bambini e ragazzi praticano.

12 | cem mondialità | dicembre 2010

in cercadi futurodavide [email protected]

Il videogiocare come occasione di intercultura

si focalizza appunto sull’uti-lizzatore dei videogiochi, sulgiocatore, chiedendosi: dovegioca, quando gioca, conchi, quali coetanei o adulticondividono con lui la praticadel videogiocare. All’approc-cio Active User, si contrappo-ne la cosiddetta Active MediaPerspective, che invece si sof-ferma sul videogioco e suisuoi effetti, prescindendo daicontesti quotidiani di gioco. Sarebbe sbagliato optare so-lo per uno di questi due ap-procci, perché entrambi cidanno indicazioni importan-ti. Sul piano interculturale,un approccio centrato sui vi-deogiochi ci aiuterà peresempio a comprendere co-me vengono rappresentatenei videogiochi le relazioniinterpersonali e «interetni-che», e quali pregiudizi ostereotipi a sfondo razzialesono presenti nei giochi.Un approccio centrato sul vi-deogiocare, ci mostrerà inve-ce come la «cultura» dei vi-deogiochi sia oggi una cultu-ra potentemente trasversale,che accomuna ragazzini figlidi migranti e ragazzini figli diitaliani. Questa cultura del vi-deogiocare svolge spessoun’importante funzione disocializzazione e di quotidia-na interazione: per un educa-tore può diventare un’occa-sione educativa importante,sia a scuola sia fuori... q

Per saperne di più

Italo Tanoni,Videogiocando s’impara,Erickson, Trento 2003Martina Paciaroni, Gioco,virtualità, simulazione,EUM, Macerata 2008

sul loro contenuto, sulle lorocaratteristiche. Questo èsenz’altro un aspetto impor-tante, perché è fondamenta-le distinguere i vari tipi di vi-deogiochi, sia nelle loro ca-ratteristiche tecniche (da pc,da consolle, da supportomobile), sia nel loro conte-nuto: ci sono certo videogio-chi più violenti, come quellibeat’em up (picchiaduro) oquelli shoot’em up (spara-spara), ma vi sono anchequelli in cui prevalgono altrecaratteristiche, come per

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D opo il taglio alla scuo-la primaria e alla scuo-

la superiore, il programmatriennale di tagli all’istruzio-ne procede imperterrito. Ildisegno di legge sull’univer-sità è senza risorse e di con-seguenza senza prospettive.Il ministro Gelmini ha parla-to di un’università più meri-tocratica, trasparente, com-petitiva e a livello dei miglioristandard internazionali, af-fermando che il taglio dellerisorse può far migliorare laqualità dell’insegnamento,degli studi e della ricerca. Inrealtà, i provvedimenti an-nunciati dal governo avran-no l’effetto di scardinare ilsistema nazionale dell’uni-versità pubblica, attraversola drastica riduzione delle ri-sorse fra pochi atenei «eccel-lenti» e tutti gli altri. Non sitengono in considerazionele esigenze della ricerca e siriduce ulteriormente l’auto-nomia degli atenei. Nonvengono date prospettive diaccesso alla docenza per i ri-cercatori, visto il drastico ri-

dimensionamento dei do-centi di ruolo che inevitabil-mente amplierà il numero(già grande!) dei precari. I ri-cercatori verranno messi inesaurimento, non ricono-scendo loro neppure il ruolodocente effettivamente svol-to. Anche il personale tecni-co-amministrativo verrà ri-dotto e verrà svilita la figuradel professore associato. Il

s’intende investire seriamen-te nella ricerca e nell’alta for-mazione, come invece avvie-ne negli altri paesi, una scel-ta, questa, indispensabileper il rilancio culturale edeconomico dell’Italia. Il dise-gno di legge di stabilità (cosìsi chiama ora la legge finan-ziaria) non recupera il deva-stante taglio operato neiconfronti delle università ita-liane.Dopo l’ennesimo balletto dicifre, con stanziamenti pri-ma promessi e poi ridottiogniqualvolta c’è da affron-tare qualche emergenza, ilgoverno è infine arrivato adestinare al disastrato siste-ma universitario 800 milionidi euro. La protesta dei ricer-catori, con l’indisponibilità asvolgere le attività didattichenon obbligatorie, ha svelatoa tutti come l’università fun-zioni attualmente solo gra-zie al lavoro non retribuito ealla riduzione dell’offertaformativa. Gli 800 milioni di euro sonouna presa in giro a fronte deltaglio di quasi un miliardo equattrocento milioni, opera-to nel recente passato sulFondo di finanziamento or-dinario. Se queste esigue risorse ven-gono stanziate è perché ilmovimento di protesta è sta-to forte e capace di influen-zare le decisione governati-ve, riportando al centro deldibattito politico ed all’at-tenzione del paese il sottofi-nanziamento degli atenei, illoro concreto rischio di chiu-sura con il definitivo abban-dono di un sistema d’istru-zione superiore aperto a tut-ti e non solo alle classi socialimedio-alte. q

E ora toccaall’università...

I provvedimenti annunciati dal governo avranno l’effetto di scardinare il sistema nazionale dell’università pubblica, attraverso la drastica riduzione delle risorse fra pochi atenei «eccellenti» e tutti gli altri.

dicembre 2010 | cem mondialità | 13

che aria tiraa scuolapatrizia [email protected]

La protesta deiricercatori

ha svelato a tutticome

l’universitàfunzioni

attualmente solograzie al lavoro

non retribuitodei ricercatori e

alla riduzionedell’offerta

formativadiritto allo studio verrà sna-turato, con la delega al go-verno e l’introduzione delFondo per il merito che ero-ga prestiti e premi, sosti-tuendo le borse di studiocon criteri che non conside-rano le condizioni economi-che degli studenti.Con queste prospettive saràsempre più difficile avereuna università pubblica, au-tonoma, democratica, diqualità e aperta a tutti. Afronte di tutto ciò, il governoha annunciato un finanzia-mento assolutamente insuf-ficiente anche solo a com-pensare i tagli già decisi perl’università ed è ancora unavolta la conferma che non

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Un efficace messaggioeducativo

R iportiamo qui solo l’ini-zio della narrazione,

ma il testo completo dellafiaba può essere reperito fa-cilmente in internet: «C’erauna volta un paese felice do-ve alla nascita ogni abitantericeveva in dono un sacchet-to di caldomorbidi con l’invi-to a condividerli il più possi-

bile con gli altri... e quandoun caldomorbido veniva po-sto sul cuore di una personae veniva accarezzato, pianpiano si scioglieva, entravanella pelle e subito quellapersona si sentiva bene perlungo tempo... ma una stre-ga cattiva e invidiosa...».La fiaba dei Caldomorbidi,nell’offrire un efficace mes-saggio educativo, ci aiuta a

Caldo/morbidoo freddo/ruvido?

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buone pratichedi resilienzaoriella stamerra - alessandra [email protected] - [email protected]

concretizzare nel quotidianoun percorso sul conflitto, sul-la difficoltà dello stare insie-me, sulla necessità di indivi-duare regole e codici comunidi comunicazione, al fine diridurre le tensioni all’internodi un gruppo e migliorare larelazione comunicativa. Te-nendo conto del livello evo-lutivo dei bambini coinvolti,della loro capacità di elabo-razione e comprensione, letematiche sono introdotte efiltrate prima di tutto attra-verso una «storia guida», peressere poi sviluppate attra-verso il gioco, le attività ma-nuali e l’esperienza pratica diuno stare insieme «non vio-lento». La fiaba ci aiuta a co-struire una riflessione comu-ne su cosa intendiamo perconflitto, integrazione, co-municazione non violenta elo fa permettendo ai bambi-ni di sperimentare, di riflette-re e rielaborare le esperienzeemotive che caratterizzanola loro quotidianità.

Aggressività e violenza

L’aggressività, un termineche inquieta gli insegnanti eche viene per lo più associa-to a negatività e distruttività,fa parte in realtà della natu-ra umana e può configurarsicome una forza vitale.Ci ricorda la psicoterapeutaAnna Oliverio Ferraris che«c’è un’aggressività sana,creativa, appassionata, checonsente di fare le cose; c’èanche una collera etica, ne-cessaria di fronte alle ingiu-stizie». Il termine aggressivitàderiva da ad-gredior: ad =preposizione di moto a luo-go, che significa verso, con-

In questa stessa rubrica, l’invernoscorso, attraverso le parole di WaldemarBoff, teologo e pedagogista, abbiamoraccontato un percorso interculturale edi solidarietà nato tra una scuolamaterna di Saronno ed una analogabrasiliana, posta nella difficile realtàdella periferia di Rio De Janeiro1. Allora,il contatto tra le due scuole aveva presole forme, i colori e i suoni pensati erealizzati dai nostri e dai loro bambini,in uno scambio di disegni, foto,canzoni, fiabe, giochi, impronte,sapori… uno scambio reso fecondodalla passione e motivazione degliinsegnanti e dei genitori di entrambe lescuole. In questo numero della rivistaparticolarmente centrato sugli aspettiemozionali, vi proponiamo

un’esperienza che del progettoprecedente rappresenta la prosecuzione.È la scuola primaria2 «I.Milite» diSaronno che quest’anno ha iniziato adattivarsi, scegliendo come punto dipartenza un racconto di Claude Steiner,padre dell’analisi transazionale.I Caldomorbidi (così s’intitola la storia)si presta, infatti, ad avviare un percorsoemotivo forte, ricco di spunti e divissuti, rivolto in primo luogo alle nostrerealtà locali, allo sviluppo emozionaledei nostri bambini, ma nello stessotempo importante anche per l’asilo diShangri-là di Petropolis, che farà lamedesima esperienza con le modalità e itempi che riterrà più opportuni.

La fiaba dei Caldomorbidi, nell’offrire un efficace messaggio educativo,ci aiuta a concretizzare nel quotidiano un percorso sul conflitto, sulladifficoltà dello stare insieme, sulla necessità di individuare regole ecodici comuni di comunicazione, al fine di ridurre le tensioni all’internodi un gruppo e migliorare la relazione comunicativa.

Nell’essere piùconsapevoli

delle proprieemozioni e

delle propriecapacità

comunicative ci auguriamodi contribuire

allaformazione di

cittadini delmondo

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tro, allo scopo di... + grediorche deriva da gradi (di origi-ne celtica) che significa cam-minare, procedere per passi,avanzare. Da gredior proven-gono tutte le parole che sot-tolineano l’andare, la vici-nanza, l’entrare in contatto,come ad esempio in-gredior= andare dentro; pro-gre-dior = andare avanti; re-gre-dior = andare indietro.Certo, se «l’avanzare» versol’altro consiste nel violare lasua sfera personale, l’ag-gressività esce dall’alveo e sitrasforma in violenza. Il pri-mo passo per evitarlo è rico-noscere le proprie emozionie controllarle. Ci sono quindiabilità sociali non violenteche si possono apprendere.La scuola ha il compito diformare tali abilità, comeantidoto agli esempi di bru-talità sempre più dilagantinelle nostre società.Violenza, microconflittuali-tà, sopraffazione, schernodel debole prevalgono dovemancano modelli di vitaadulti e dove sono assentisenso morale e pietà. Gli stu-di condotti su un numeroelevato di casi dicono che ibambini che crescono in fa-miglie violente hanno mag-giori probabilità di restarnesegnati. L’esito più semplicee diretto della violenza su unbambino è che questi diventia sua volta violento. Se gliadulti significativi risolvono iloro problemi con la violen-za, i bambini sono indotti adadottare lo stesso modello ead usare la violenza comeforma di affermazione di sée di comunicazione con glialtri. I comportamenti vio-lenti, dunque, sono e saran-no considerati normali.

Se la tua mano si svuota per gli altri...

A chi scegliamo di rivolgerequesto spazio? Alle nostreclassi, in cui il percorso verràapprofondito, ma in partico-lare alle situazioni più «de-boli», dedicato a chi ha me-no possibilità di fruire diesperienze formative. En-trambe le realtà, quella diSaronno e quella di Shangri-

là, troveranno le modalitàper sperimentare il laborato-rio. Ciascuna racconterà lapropria esperienza all’altrascuola lontana e lo farà con ilinguaggi e i modi che riterràpiù efficaci per la sua storia ei suoi obiettivi, finché, ad uncerto punto dell’anno, i cal-do morbidi, piccoli totemsimbolici, prenderanno il lar-go e attraverseranno l’ocea-no, permettendo alle ener-gie ed alle sensazioni speri-mentate di contagiarsi, me-scolarsi, espandersi...Dallo scambio dei caldomor-bidi nostri e loro, a sigillo diun percorso vissuto insiemepur nella lontananza, da ungesto di dono reciproco,pensiamo possa scaturireuna scoperta carica di gioia:la consapevolezza che ciòche è bello e importante perciascuno assume un valore euna forza più grande se con-diviso, perché nel rendere al-tri partecipi di una nostraconquista, a volte faticosa eper nulla scontata, la nostrafelicità trova maggiore con-sistenza, il nostro «star be-ne» si riempie di senso. «Sela tua mano si svuota per glialtri... la tua bocca sarà sem-pre piena», dice un prover-bio africano, esprimendo ilcalore che la condivisione of-fre rispetto al trattenere persé. Un modo d’agire, que-sto, che troppo spesso pen-siamo «sano», ma che alla fi-ne ci lascia più poveri: diemozioni, di relazioni, dienergie... q

1 Cfr.Elogio della delicatezza, in « CEMMondialità», Dicembre 2009, p. 14.2 Scuola Primaria «I. Milite» - Saronno(VA), referente del progetto AlessandraFerrario.

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Per una mediazione pacifica dei conflitti

Da queste riflessioni è nata l’idea di un laboratorio di«mediazione pacifica dei conflitti», che consenta aibambini di riconoscere e utilizzare modalità dicomunicazione non violente, caldo/morbide, inalternativa a espressioni violente, freddo/ruvide.Con l’impronta di una manina di cartoncino, che ognibambino ritaglierà e personalizzerà con il disegno delsuo viso da un lato e con un batuffolo di lanadall’altra, saranno realizzati i caldomorbidi individuali,a rappresentare il tocco leggero, l’abbraccioenergetico, la coccola che vogliamo regalarci e che cioffrirà la certezza che in ogni momento noi possiamocercare nel sacco morbido della nostra classe unacarezza, un momento caldo e tenero, possiamotrovarvi affetto e comprensione anche nei momentipiù bui e faticosi.Nell’essere più consapevoli delle proprie emozioni edelle proprie capacità comunicative, nel gestire almeglio le relazioni e le interazioni tra le persone, ciauguriamo di contribuire alla formazione di cittadinidel mondo, in un rapporto dialogico, aperto alconfronto e alla valutazione dei diversi punti di vista,nella costruzione di un mondo capace di accogliere evalorizzare ciascuno.

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Una delle questioni che maggiormente inquietano ilmondo dei docenti è la «compilazione del registro». Suquesto ultimo argomento ho costituito una commissionedi lavoro che ha proposto che ogni docente potessescegliere fra tre ipotesi.

pedagogiadella lumacagianfranco [email protected]

Schemi delle scansioniperiodiche - Periodicamen-te si schematizzano le attivi-tà più significative che ver-ranno svolte in quel periodo.

Diario delle attività svol-te e materiale «vivo» - È laparte più significativa del re-gistro, in quanto diviene lamemoria scritta di quelloche si fa. Non deve esserequalcosa di burocratico, maqualcosa di narrativo. Undiario-cronaca-storia che,oltretutto, permetta una ve-rifica delle attività svolte, an-che da parte di genitori, diri-gente scolastico e altri. Ogniinsegnante può farlo quoti-diano, settimanale... o altroe inserire avvisi, giornalini,fotografie. Possono, se sivuole, metterci mano anchei ragazzi stessi. Il risultato:qualcosa di stupefacente.Provare per credere.Una nota finale su come fareun «Repertorio di buonepratiche didattiche», per lomeno a livello di Istituto. Èsufficiente chiedere ad ogniinsegnante (nella mia scuolaerano più di 100) di descri-vere in maniera sintetica, inmezza pagina, un’attività(una sola!) ben fatta nel cor-so dell’anno. Raccogliendole attività in un fascicoletto(da distribuire e condividerein ogni plesso scolastico) neesce un quaderno di 50 pa-gine con un centinaio diesperienze che altrimenti re-sterebbero nel «silenzio diogni singolo insegnante».Con uno sforzo minimo diciascun insegnante, si ottie-ne una carrellata di espe-rienze da condividere. Sbu-rocratizzare è prima di tuttocondividere. q1 Cfr. www.centroalbertomanzi.it

Sburocratizzarela scuolaa partire dai registri

Affrontare e risolvere i problemi

Dopo 16 anni di espe-rienza da maestro nella

scuola materna mi sono tro-vato a fare il direttore didatti-co. Credo che chiunque, nel-la propria vita professionale,si sia trovato ad avanzare nel-la cosiddetta scala gerarchica(passando da un livello infe-riore a funzioni superiori con-naturate con maggiori re-sponsabilità) abbia cercato dirisolvere le questioni più pro-blematiche vissute nel perio-do precedente. Una dellequestioni che maggiormenteinquietano il mondo dei do-centi è la «compilazione delregistro». Su questo ultimoargomento, su cui condividoil pensiero di Alberto Manzi1,già dal primo anno come di-rettore didattico a Moena,nel 1996/97, ho costituitouna commissione di lavoro

gliare, invece di sceglierneuna, le utilizzarono contem-poraneamente tutte e tre!

Il nostro registro

Più recentemente, nell’Istitu-to Comprensivo di Soglianoal Rubicone, abbiamo elabo-rato i nostri registri «persona-lizzati». Abbiamo scelto perla parte che deve restare al-l’archivio della scuola un re-gistro semplicissimo, conelenco degli allievi, presen-ze/assenze, voti e sinteticogiudizio finale. Poi abbiamorealizzato un vero e propriostrumento di documentazio-ne/condivisione, chiamando-lo diario annuale dell’inse-gnante, chee viene collocato,alla fine, nel Centro di Docu-mentazione della scuola. Loschema del diario è il seguen-te: vediamolo cercando di ca-pirne i principi di fondo.

Programmazione Educa-tiva di Istituto - Vanno quiriportati non tanto i «Pro-grammi nazionali o ministe-riali» (quelli già ci sono e so-no un riferimento per tutti),bensì i temi di fondo su cuiogni collegio docenti (infan-zia, primaria e secondaria)ha deciso di lavorare nel cor-so dell’anno.

Programmazione annua-le di plesso - Ogni singoloplesso scolastico sceglie leproprie peculiari tematiche eattività su cui lavorare… alfine di concretizzare le ideedi fondo dell’intero istituto.

Per saperne di più: www.didatticaer.it

5che ha proposto che ognidocente potesse scegliere fratre ipotesi. Una semplicissi-ma: su uno schema per paro-le chiave bastava segnare po-che x. Una seconda procedu-ra era di tipo discorsivo, maestremamente sintetica. Laterza era quella più ampia,usata fino a quel momento. Ilproblema era quindi risolto.Una sola nota comica: alcuneinsegnanti, per paura di sba-

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Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

GIUGNO-LUGLIO 2010

Nomadi del presente, cittadinidel futuro

AGOSTO-SETTEMBRE 2010

Gli spazi

OTTOBRE 2010

I tempi NOVEMBRE 2010

I saperi

DICEMBRE 2010

Passioni ecompassioni

PASSIONI

5E COMPASSIONI

MAGGIO 2011

Adesso!

APRILE 2011

L’economia

MARZO 2011

FEBBRAIO 2011

La politica

GENNAIO 2011

Identità e culture

Il sacro, i sacri

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UN PO’ DI STORIA…

Possiamo distinguere due fasi della considerazione dellepassioni nella nostra cultura occidentale: una prima fasedi condanna e subordinazione delle pulsioni rispetto alla

ragione, una seconda di emancipazione e apprezzamento. Laprima fase va dall’età antica fino al sorgere dell’età moderna:già medici come Ippocrate e Galeno vedevano nelle passioniniente meno che le malattie dell’anima, spiegabili per via or-ganica con una mancanza di giusto temperamento. Platoneinaugura la dialettica ragione-passioni considerando le pas-sioni in rapporto alla ragione che deve contrastarle, e collocale passioni nell’anima concupiscibile (situata nel ventre esoggetta ad impulsi), mentre l’anima razionale è nella testa.Una terza anima, quella irascibile che sta nel fegato, media

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Stefano Curci

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

Passioni e compassioni

Verso unio altruistico?

tra le altre due e affronta, in base al coraggio (thymòs), gliostacoli. Aristotele invece - secondo il significato di pathos -inaugura il concetto di passione come affezione subita dal-l’anima e dal corpo. Le passioni sono classificate sulla polari-tà piacere-dolore, con le molteplici derivazioni di amore-odio,letizia-tristezza, audacia-timore ecc. Ma inizialmente si affer-ma l’idea platonica della passione, che viene sviluppata dagli

In questo contributo cercheremodi ricostruire il percorso storicoche i concetti di passione ecompassione hanno attraversatonella nostra cultura occidentale,per poi domandarci se l’esitoobbligato è quello di un Ionarcisista tutto preso dalle suepassioni e senza compassione,

oppure se è possibile rintracciarenel modello antropologico attualela presenza di passioni altruisticheche spingono ad uscire dallanarcisistica chiusura in se stessiper andare verso l’altro.

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passioni e compassioni 5

stoici che considerano la passione come effettodell’errato giudizio della ragione su bene e male,e attraversa il Medioevo, in cui molti pensatoriconsiderano le passioni alterazioni che possonolimitare la libertà personale.

Un primo cambiamento è collocabile nell’umane-simo italiano, che rivaluta la dimensione terrena

dell’uomo e quindi anche le passioni. Ma è Cartesio arompere con la tradizione perché dà una valutazione positi-

va alla componente emotiva dell’uomo, che non è destinata acozzare con la ragione, ma può collaborare con essa. Secon-do Cartesio le passioni sono affezioni, cioè modificazionipassive causate nell’anima dal movimento delle forze mec-caniche che agiscono nel corpo. Le passioni servono a ecci-tare l’anima ad acconsentire a quelle azioni che servono aconservare il corpo. Cartesio predilige le passioni «alte», tipi-che dell’ideale aristocratico: amore di benevolenza, devozio-ne della gente d’onore, coraggio, gloria, ecc. Come si vede, queste passioni sono tipicamente «borghesi»,caratteristiche dell’età moderna in cui si afferma la borghe-sia: l’uomo scopre la passione dell’amore di sé, che compor-ta emancipazione dagli imperativi della tradizione e deside-rio di essere l’autore unico della propria storia. È il momentodell’individualismo. La cultura razionalista e cattolica arretrae emerge un paradigma naturalistico delle passioni: Spino-za, che non crede nella libertà dell’uomo, non contrapponela ragione alle passioni: le passioni non sono da giudicaremoralmente, ma da comprendere, da analizzare con la stes-sa neutralità con cui si studia il tuono, tanto sono naturali.

Sta nascendo l’uomo moderno, l’homo oeconomicus, chenon è riducibile a un agente razionale e calcolatore,

non è mosso solo dall’interesse ma da un in-

sieme di motivazioni riassumibili in «due costellazioni emoti-ve fondamentali: la passione acquisitiva e la passione dell’Io,vale a dire il desiderio di possedere ricchezza e beni mate-riali e il desiderio di distinguersi dall’altro e di ottenerne il ri-conoscimento»1. La passione acquisitiva sta prendendo il so-pravvento e si unisce al desiderio di migliorare la propriacondizione. Un autore chiave in questo senso è Bernard deMandeville: gli uomini hanno un desiderio che li spinge allasocietà che richiede il prezzo di accettare e incrementare lepassioni e i vizi come l’orgoglio. Non si può pervenire alla fe-licità della nazione «senza l’avarizia, la prodigalità, l’amor

proprio, l’invidia, l’ambizione e gli altri vizi»2. La ricchezza diLondra è inseparabile dalla sua sporcizia! Le passioni sonola fonte della prosperità della società. L’uomo moderno rom-pe con la morale dell’altruismo e della solidarietà, le sue pas-sioni hanno una matrice autoconservativa, sono riducibili alself-love, all’orgoglio (pride), al self-liking, la preferenza persé. L’orgoglio produce la condotta emulativa che strappa gliuomini all’ozio e li spinge a cercare beni materiali. De Man-deville non è un nemico della virtù, ma ne denuncia il carat-tere relativo e la sua natura per lo più apparente. È il vizio chefa progredire la società, soprattutto quello che stimola la con-dotta emulativa: invidia, amore del lusso, orgoglio. È la pas-sione dell’Io, la preferenza per sé che alimenta la passioneacquisitiva e stimola al progresso! Da vizi privati nasconopubblici benefici.Ragione e morale sembrano dover battere in ritirata: Hume(la ragione è schiava delle passioni!); Rousseau (le passionisono i principali strumenti della nostra conservazione, anchese il filosofo ginevrino contesta le passioni che generano ladisuguaglianza sociale); i romantici (le passioni sono forzenaturali incontrollabili e irresistibili nella loro energia). NelNovecento la psicoanalisi ha rifondato la questione dellepassioni: la psiche umana è un iceberg in cui la parte incon-

Sta nascendo l’uomo moderno, l’homooeconomicus, che non è riducibile a un

agente razionale e calcolatore, non è mossosolo dall’interesse ma da un insieme di

motivazioni riassumibili in «due costellazioniemotive fondamentali: la passione acquisitivae la passione dell’Io, vale a dire il desiderio di

possedere ricchezza e beni materiali e ildesiderio di distinguersi dall’altro e di

ottenerne il riconoscimento»

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Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

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scia è paragonabile alla parte sommersa, ed è un’illusione lapretesa dell’uomo di controllare razionalmente le emozioni,perché ciò che viene rimosso dalla coscienza torna a condi-zionare il comportamento dell’uomo senza il filtro della ragio-ne. Cavalcando l’idea che ciò che ci sembra chiaro è solouna parte di quello che sentiamo, la scuola di Francoforte haaffrontato il tema della repressione e liberazione delle pulsio-ni e dei condizionamenti nascosti che la società impone. Laragione è ormai passata in secondo piano.Il discorso della compassione è in parte differente. Essa èdefinibile come una forma di partecipazione alla sofferenzaaltrui senza provare la stessa sofferenza, e richiede una soli-darietà più o meno attiva, non una difficile identità di statiemotivi. La definizione ari-stotelica ha funzionato persecoli: «il dolore causatodalla vista di qualche ma-le, distruttivo o penoso checolpisce uno che non lomerita e che possiamoaspettarci possa colpirenoi stessi o qualche nostrocaro» (Retorica, II, 8,1385b). Questa è un’acce-zione positiva della com-passione (anche se Aristo-tele non è un amico diquesta virtù, che talvoltaconsidera da «donnette»),che ha avuto successoprobabilmente perché gioca sull’empatia e la paura che ciòche fa soffrire l’altro possa colpire anche noi. Ma c’è anche un’accezione negativa della compassione, cheparte dagli stoici e da una certa saggezza antica, che loda lavirtù dell’impassibilità, e arriva a Nietzsche che definisce lacompassione come un istinto depressivo e contagioso cheindebolisce gli altri istinti che vogliono conservare ed au-mentare il valore della vita; in questo senso la compassione èuna specie di moltiplicatore e di conservatore di tutte le mi-serie, perciò uno strumento di decadenza dell’uomo. L’uomoche perde tempo a compatire per Nietzsche rinuncia a deter-minare il suo destino e a vivere la vita virilmente, godendoogni attimo. Scheler ha però dimostrato la confusione in cui èincorso il filosofo tedesco, confondendo la compassione conil contagio emotivo.

LE PASSIONI SONO SOLO MATERIALI?

Come si vede, possiamo dire che nella nostra storia culturaleil significato di passione e compassione è andato cambiandoda un aspetto più vicino alla morale e alla razionalità ad unopiù irrazionale ed egoistico. Ma le passioni sono tutte natura-li? Giovanni Chimirri è convinto che in realtà sono anche esoprattutto spirituali: «la passione sarà anche quell’oggetto

naturale che identifichiamo come cieco impulso, desiderio edebolezza della carne, ma è, nel contempo, nostra energiarazionale, talvolta magari deviata ma pur sempre affermazio-ne della nostra libertà e del nostro spirito»3. Certo, la passio-ne è sempre incarnata in un corpo: anche l’asceta impara adelevarsi non senza il corpo e non senza le passioni, ma conquesto e con quelle. Ma la passione si collega comunque al-la libertà, e la libertà impone all’uomo di non fermarsi mai al-la natura che già è, ma di lavorare per diventare ciò che deveancora essere. Chimirri nota che ai nostri giorni si tende asottovalutare l’importanza di un uso responsabile della liber-tà applicata alle passioni: si è diffusa una mentalità troppobenevola verso un uso scriteriato delle passioni, per cui«quando l’uomo compie il male si tende a deresponsabiliz-zarlo, a scusare le sue azioni in quanto commesse per pas-sione. Questo avviene soprattutto a livello socio-giuridico,

L’uomo che perde tempoa compatire per

Nietzsche rinuncia adeterminare il suo

destino e a vivere la vitavirilmente, godendo

ogni attimo. Scheler haperò dimostrato laconfusione in cui è

incorso il filosofotedesco, confondendo la

compassione con ilcontagio emotivo

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gli spazi 2

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C’è una bella scena del film Ilcaso Mattei di FrancescoRosi, in cui Enrico Mattei,

prima del fatale volo che rappresentauno dei tanti misteri della storiaitaliana, riceve una telefonata da unpolitico che gli chiede di fare qualcosaper gli operai della Pignone che rischiadi chiudere: quel politico è il sindacodi Firenze Giorgio La Pira,personaggio glocale che ha fattobuone cose come amministratore diuna città (Firenze), econtemporaneamente ha saputoalzare lo sguardo ai grandi orizzontidella pace nel mondo.Siciliano d’origine, docente di dirittoromano che a vent’anni si avvicina allareligione in modo irrevocabile, La Pirafu ricercato dalla polizia fascista per il

suo impegno politico, che definiva«l’impegno diretto alla costruzionecristianamente ispirata della società intutti i suoi ordinamenti a cominciaredall’economico, impegno di umanitàe di santità, impegno che deve potereconvogliare verso di sé gli sforzi diuna vita tutta tessuta di preghiera, dimeditazione, di prudenza, di fortezza,di giustizia e di carità». Vicino aDossetti e Lazzati, La Pira partecipòall’Assemblea Costituente cercando dirimarcare l’importanza dei dirittiumani in un mondo di macerie e dinazionalismi finiti in fumo. Dopo l’esperienza alla Camera deideputati, dal 1951 La Pira è sindaco diFirenze fino al 1958 per il primomandato, dal 1961 al 1965 per ilsecondo. L’amministrazione ordinaria(si fa per dire) lo riempiva di impegni:dalla ricostruzione dei ponti sull’Arno,fatti saltare dai nazisti in ritirata, allacostruzione di molte case popolari. Difronte al problema degli sfrattati,dopo aver tentato invano unamediazione con i padroni delle case,arrivò a ordinare la requisizione degliappartamenti.Quelli che giudicavano sulla base delpresente, senza la capacità profeticadi guardare la realtà nella prospettivadella speranza, non potevano chestorcere il naso: La Pira fa ilcomunista, La Pira si atteggia astatalista, La Pira non ha capitol’interclassismo, La Pira sta dalla partedei nemici della patria (per averpermesso la proiezione del filmfavorevole all’obiezione di coscienzaNon uccidere)... Intanto il sindacocontinuava ad agire anche nel mondodel volontariato, come dimostral’apertura della prima casa famigliaitaliana a Firenze. Ma l’occhioguardava ben oltre l’Arno: Firenze sigemella con Filadelfia, Kiev, Kyoto, Fez

e Reims. La Pira promuove a Firenzetavole rotonde sul disarmo, sul terzomondo (con - e questo è la verainnovazione - la presenza degliinteressati), un’Università Europea, ilPrimo Convegno internazionale per lapace e la civiltà cristiana. Daprecursore del dialogo, La Pira tessecontatti tra esponenti politici di tutti ipaesi. Nel 1955 i sindaci delle capitalidel mondo siglano a Palazzo Vecchioun patto di amicizia. A partire dal1958 organizza i ColloquiMediterranei cui partecipano, tra glialtri, rappresentanti arabi ed israeliani.Negli anni Sessanta arriva a parlare didisarmo al Soviet di Mosca, ed adincontrare in Vietnam Ho Chi Minhper preparare una bozza di accordobilaterale da presentare al governoamericano. Nel 1967 La Pira viene elettopresidente della Federazione Mondialedelle Città Unite, nella speranza cheunire le città fosse il primo passo perunire le nazioni. Dopo la Guerra deiSei Giorni aumenta i suoi sforzi versoil mondo arabo e israeliano. Si puòdire che La Pira ha sempre cercato dimuovere tutti i contatti possibili perorganizzare incontri tra capi di Statoin materia di disarmo, pace esicurezza. Negli anni Settanta la suaattività è stata limitata da problemi disalute, fino alla morte, nel 1977. Nel1986 è stata avviata la causa dibeatificazione del «sindaco santo». q

GiorgioLa Pira

i saperi 4

STEFANO CURCI

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Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

dove scaltri avvocati difendono a spada tratta l’innocenzamorale dell’imputato, vittima di mille condizionamenti e ne-cessità»4.

PASSIONI EGOISTICHE O ALTRUISTICHE?

Miguel Benasayag ha parlato di «epoca delle passioni tristi»per indicare la nostra epoca del disincanto e della delusione,dove il futuro ha mutato di segno e da promessa si è conver-tito in minaccia. Il meccanismo è sempre più competitivo: latecnica e l’economia proclamano successi e profitti. Ma pa-radossalmente noi stiamo male, i bambini e gli adolescenti inparticolare. Il mondo diventa incomprensibile, privo di sen-so. La scienza è diventata scientismo, e ha reso etico tutto ciòche è pensabile tecnicamente; l’economia è diventata utilita-rismo, e il valore di scambio ha travolto il valore d’uso. Il di-sagio, le «passioni tristi», sono la conseguenza della disgre-gazione, il legame che è venuto a mancare fra noi e gli altri, edentro di noi. L’egoismo sembra prevalere.Elena Pulcini ha indagato lo sviluppo storico delle passioniper scoprire se abbiano prodotto un Io narcisista e ripiegatosu se stesso, o se possano avere un esito solidaristico. Abbia-mo visto che, in epoca moderna, si è sviluppata una passio-ne acquisitiva (quella che Tocqueville chiamava «passionedel benessere»): «la vera e propria crisi del legame socialeinsorge quando la separazione dal mondo, la chiusura in sé,l’indifferenza perdono ogni potenziale critico e diventano ma-nifestazioni di un Io teso unicamente alla propria autorealiz-zazione»5, cosa che avviene quando il narcisismo rappresen-ta l’esito della passione acquisitiva. L’Io narcisista vive passi-vamente integrato in modo conformista nell’ordine sociale vi-

gente, al quale partecipa senza essere emotivamente coin-volto. Effettivamente la nostra epoca sembra dominata da unindividualismo narcisista che ha compromesso la dimensio-ne societaria: gli individui sono uniti unicamente dalla provvi-sorietà di rapporti contrattuali, dai vincoli impersonali del de-naro che è indifferente alla specificità dell’altro: «uno scena-rio di vicini senza prossimità, capaci solo di dar vita a una in-terazione senza legame»6.Eppure riemergono passioni disinteressate che alimentanoun ritorno alla comunità ma in forme regressive e distruttive,come appare nei tribalismi contemporanei (etnici, religiosi oideologici), che oppongono una violenta passionalità delcum all’apatia dello sradicamento e dell’omologazione. Traquesti due estremi (individualismo narcisista e comunitari-smo regressivo) bisognerebbe ripensare la filosofia politica,ma il dibattito odierno sembra eludere il problema delle pas-sioni, come se fosse scontato che l’uomo è razionalmente di-sponibile a intendersi con gli altri e capace di sottostare adun imperativo morale fondato ontologicamente. Pulcini si

La nostra epoca sembra dominata daun individualismo narcisista che ha

compromesso la dimensionesocietaria: gli individui sono unitiunicamente dalla provvisorietà di

rapporti contrattuali, dai vincoliimpersonali del denaro che è

indifferente alla specificità dell’altro:uno scenario di vicini senza

prossimità, capaci solo di dar vita auna interazione senza legame

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Premessa

Il fatto stesso che stiamo riflettendo sulla con‑nessione esistente tra lʼinsegnamento della re‑ligione nella scuola pubblica ed il tema delleidentità plurali ci fa comprendere lʼurgenza di

convertire il carattere mono‑confessionale di taledisciplina in una più aperta e consapevole pro‑spettiva interculturale, come quella che si è venu‑ta delineando nel cantiere che il CEM ha attivatosullʼOra delle religioni. Matrice concettuale di tale prospettiva è il nesso in‑trinseco che esiste tra alcune parole chiave: identitàplurale, dialogo, pluralismo culturale e religioso, lai‑cità, integrazione civile, etica pubblica. Il presenteinserto si propone di chiarire le ragioni per cui nellanostra società multireligiosa diventa importanteche la scuola si autocomprenda come luogo dellalaicità avente il compito di relativizzare ogni tipo diassoluto e forma di idolatria. Ciò è possibile for‑mando i soggetti allʼidentità plurale, vera architravedi un processo che può favorire il dialogo tra le reli‑gioni e la convivenza delle fedi.

Lʼidentità plurale come argine al fondamentalismo e al relativismo

Nellʼattuale società complessa e multireligiosa,compito della scuola è favorire lʼeducazione alleidentità plurali che sono allo stesso tempo flessibilie assertive, dinamiche e relazionali, processuali edialogiche, affinché i ragazzi diventino più capaci diorientarsi e di vivere criticamente in contesti socialifortemente differenziati e spesso conflittuali. Lacoesistenza di tante fedi e religioni diverse va al di làdella molteplicità di riti e costumi, di libri sacri e lea‑der religiosi, ma presenta una pluralità di valori, rife‑rimenti e verità che per sua natura accende e sti‑mola lo scontro fra fondamentalismo e relativismo.Infatti, se il fondamentalismo ha bisogno dʼidentitàforti e rocciose, tetragone e univoche, la terra dimezzo delle identità plurali ‑ il cui equilibrio si op‑pone sia allʼintegralismo sia al relativismo ‑ può es‑sere giudicata difficile ma non impossibile da abita‑re. È proprio questo il lavoro educativo da realizza‑re, evitando manicheismi e facili contrapposizioni

a cura di ANTONIO NANNI

RELIGIONI A SCUOLAEDUCARE ALLE IDENTITÀ PLURALI

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tra bianco e nero, tra bene e male, tra vero e falso,tra amore e odio. Quando diciamo che la realtà ècomplessa significa appunto escludere tale vec‑chio modo di pensare basato sulla logica dellʼaut‑aut. Non è più così.

La dittatura del relativismo è uno slogan che va chiarito

Il concetto di identità plurale è ostacolato da piùparti, anche involontariamente. Tra le espressioniche da qualche tempo sono finite sotto la luce deiriflettori troviamo certamente «dittatura del relativi‑smo», come ebbe a dire Ratzinger a pochi giornidalla sua elezione a successore di Pietro. Tale for‑mula va tuttavia chiarita. Esiste infatti anche un «re‑lativismo cristiano» positivo, come ha affermato ilcardinale Carlo Maria Martini. Ciò che fa problemanon è la relatività ma il relativismo, ossia la convin‑zione che tutto è relativo e che di conseguenzaniente è assoluto. Bisogna tuttavia fare molta atten‑zione se si vuole evitare il tranello, quello di finireparadossalmente con lʼassolutizzazione del relati‑vo! La ragione per cui questa posizione va sempli‑cemente contrastata è il suo intrinseco nichilismocome negazione di tutti i valori, o il suo relativismoetico, nel preciso senso che un valore vale lʼaltro.Quando il cardinal Martini sottolinea il carattere po‑sitivo del relativismo cristiano vuole dare giusto ri‑

salto alla dimensione escatologica delle fede cri‑stiana, vale a dire allʼattesa della venuta del Signorenel giorno del Giudizio come manifestazione defi‑nitiva della verità tutta intera e non più ‑ come ènella storia ‑ per speculum et in aenigmate. Ciò che rende dinamica la fede è la sua insonnetensione verso il Regno, è la benedetta inquietudi‑ne del cristiano. Nessuna realizzazione temporalepotrà mai essere equiparata al Regno: né un impe‑ro, né una società, né un partito, né una Chiesa.Avere quindi il coraggio di affermare a testa alta ilvalore irrinunciabile del relativismo cristiano signifi‑ca non subordinare la verità del Vangelo alla logicadel mondo e alla sua funzione profetica nella storia.

Ogni identità è «unitas multiplex»

Per rendersi conto della complessità dellʼidentitàEdgar Morin utilizza lʼespressione unitas multiplexad intendere che essa è allo stesso tempo indivi‑duale e sociale, familiare, locale e nazionale. A ciòpossiamo aggiungere ancora che è etnica, cultura‑le, religiosa, addirittura politica. Dice testualmenteMorin: «penso che lʼidentità sia come un caleido‑scopio, perché ogni suo movimento modifica tut‑ta la sua configurazione: gli elementi sono sempregli stessi, ma la configurazione cambia». È allora ov‑vio che bisogna accettare le proprie moltepliciidentità. La prima conclusione cui perviene Morinci aiuta a mettere un punto fermo: «penso che il ri‑conoscimento della molteplicità delle identitàpossa produrre un progresso umano molto impor‑tante per vivere insieme agli altri, poiché se escludiuna parte delle identità escludi inevitabilmentecoloro che hanno identità altre. Ogni persona haunʼidentità complessa e plurale. La nostra missioneè proprio quella di rendere consapevoli gli altri del‑la propria complessità»1.Ci sembra utile e interessante anche la definizionedellʼidentità che troviamo in Gallisot‑Kilani‑Rivera:«Lʼidentità di ognuno di noi è variabile, plurale,multidimensionale, non riducibile, come oggi sitende a fare, alla sola identità etnica, religiosa o na‑

Antonio NanniÈ condirettore di CEM Mondialità. Docente

di filosofia e scienze dell’educazione,insegna comunicazione ed educazione

interculturale al SIMI. È coordinatoredell’Ufficio studi delle Acli.

Tra le sue ultime pubblicazioni, Simbolo,EMI, Bologna 2008; Dal comprendere al

con-vivere. La scommessa dell’interculturaEMI, Bologna 2009 (con Stefano Curci);Rifare gli italiani. Una risposta alla sfida

educativa, EMI, Bologna 2010 (conAntonella Fucecchi).

Per contatti: [email protected]

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Lʼidentità plurale è flessibile (come un ponte leva‑toio). Oggi lʼeducazione alle identità plurali puòaiutare le nuove generazioni a contrastare il fon‑damentalismo e a sopravvivere al relativismo raf‑forzando la propria identità flessibile e assertivacome un ponte levatoio. Se vogliamo servirci didue immagini potremmo dire così: lʼidentità plu‑rale non è né uno scrigno inaccessibile, né unacanna sbattuta dal vento, senza consistenza espina dorsale, ma piuttosto come un ponte leva‑toio che sa abbassarsi e alzarsi quando è il mo‑mento e secondo lʼinterlocutore che ha davanti.È dunque unʼidentità dotata di un proprio ubiconsistam ma anche di una propria elasticità. Ciòla rende più forte di tutte quelle identità reattive(muro contro muro) che si ritengono immutabilicome lʼacciaio.

È aperta e interattiva (come una stanza a trepareti). Questa seconda caratteristica delle iden‑tità plurali ci fa comprendere come nessunaidentità possa ritenersi autosufficiente e chiusa,finché è ancora vivente. Ogni identità è sempre inrelazione con lʼalterità, costitutivamente, comeuna stanza a tre pareti (perché la quarta parete èil volto dellʼaltro che viene). Contro il feticismodellʼidentità si è espresso anche il Nobel indianoper lʼeconomia, Amartya Sen, per il quale «lʼat‑tribuzione organizzata di unʼidentità in base allʼet‑nia, alla civiltà, alla religione può preparare il ter‑reno a persecuzioni e lutti trasformando lʼidentitàin una fonte di violenza. Se invece vogliamoevitare di massacrarci in nome dellʼidentità, dob‑biamo allora imparare a presidiare lʼinaggirabilenatura plurale delle nostre identità»4.

È assertiva e sicura di sé (come chi cammina atesta alta). Stiamo sottolineando un carattereimportante perché spesso si crede che lʼidentitàplurale non abbia solidità e spessore, ma siafragile e cedevole. Plurale invece non vuol diresenza unità, sintesi e armonia. Non significa chelʼidentità sia frammentata e sincretistica, ma cheessa è poliedrica e sinfonica, e in quanto tale si‑cura di sé.

zionale [...] le identità e le culture appartenendo in‑teramente al dominio della storia sono sempre ilfrutto “impuro“ mutevole di complesse vicende discambi, sovrapposizioni, ibridazioni, e sono quindifenomeni dinamici e continuamente soggetti amutamento. Il carattere meticcio è la norma cultu‑rale, la regola del suo farsi»2.

Alcune caratteristiche dellʼidentità plurale

La nostra identità appare come una realtà ambiguae sfuggente, allo stesso tempo una parola magica epericolosa. Per questo cʼè chi ne parla come diunʼinsieme o di una trappola, di un feticcio o di unaossessione. Certamente essa non è unʼessenza originaria e mo‑nolitica, ma il risultato di costruzioni culturali, dʼin‑contri, comunicazioni, meticciamenti. Proprio perquesto lʼidentità non è mai qualcosa di cristallizzatoma sempre in divenire. Queste sono le caratteristi‑che principali che qui vorremmo mettere in evi‑denza: la flessibilità, lʼinterattività, lʼassertività e lʼiti‑neranza. Per rendere possibile la nascita di un oriz‑zonte interculturale che punta alla pluralità e allaconvivenza delle identità e delle culture è opportu‑no educare a vivere la propria identità in manieraplurale senza trasformarla in uno strumento diesclusione dellʼaltro. Tra i tanti che vivono e che hanno raccontato lapropria identità plurale ricordiamo Amin Maaloufche è contemporaneamente libanese e francese,arabo e cristiano melchita, di nonno egiziano e dinonna turca. Egli scrive: «In tutte le epoche ci sonostate persone che hanno ritenuto che ci fosse unasola appartenenza fondamentale, talmente supe‑riore alle altre in ogni circostanza, da poterla chia‑mare legittimamente identità. Per gli uni la nazione,per gli altri la religione o la classe sociale o la lingua.Ma ciò che più conta è il carattere unitario e armo‑nico di questa pluralità, poiché lʼidentità non puòessere “tagliata” e suddivisa in compartimenti sta‑gni. I suoi vari aspetti: culturali, sociali, linguistici, re‑ligiosi ecc. sono facce indivisibili di una stessa me‑daglia»3.

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È dinamica e itinerante (come una realtà sempre«in fieri»). Infine, lʼidentità plurale non è statica epassiva ma dinamica e itinerante, nomade e mi‑grante come quella dei viandanti. Amare la pro‑pria identità significa evitare che essa vengascambiata per unʼepigrafe tombale, ma sia piut‑tosto riconosciuta come una realtà itinerante eaperta al divenire.

Lʼidentità plurale è incompatibile con lʼomologazione culturale, lʼassimilazionismo ed il pensiero unico

Il soggetto che accoglie consapevolmente se stes‑so come identità plurale, costituita da una sinfoniadi molti sé è così forte da essere in grado di metterein questione non solo gli assolutismi religiosi ma an‑che tutte quelle forme di reductio ad unum delledifferenze, quali lʼomologazione culturale, lʼassimi‑lazionismo, il pensiero unico del neoliberismo tipicodella globalizzazione. Agli antipodi di queste deriveche comportano lʼazzeramento delle identità, tro‑viamo lo spazio positivo dellʼascolto e dellʼincontroche caratterizza il cammino del dialogo ecumenicoed interreligioso dove si parte da un presuppostodʼinclusione secondo cui ciascuno è portatore deisemina Verbi e dunque di Verità e di Salvezza.

In dialogo con tutte le religioni e con ogni umanismo

Il nostro amico e a lungo direttore di CEM Mondialità,Arnaldo De Vidi, ha scritto recentemente sulla rivistauna bella riflessione, Cristo non è uno, è cento5. Il ri‑tornello ribadisce più volte: «Mi hanno detto cheCristo non è uno, è cento». Il cuore della riflessione èche il Dio di Cristo‑cento è Trinità, Padre e Madre, co‑munità e famiglia, festa di etnie, popoli, spiriti, culture;allʼincontro di tutti i credo religiosi... Se Cristo è 100,me ne hanno rubati 99. Cristo‑uno ha la testa separa‑ta dal corpo. Cristo‑cento cuce di nuovo la testa e ilcorpo. E se lui è il nostro capo, noi siamo le sue mem‑

bra: cosa inaudita, per la verità. Così noi siamo Lui! Lui,Dio‑umano, che si stupiva, rideva, cantava, ballava,mangiava e beveva. E lottava perché il Regno di Diofiorisse in ogni canto del mondo!».

Sulle orme del Concilio

Con il Concilio Vaticano II la Chiesa scopre la com‑plessità del mondo moderno e prende coscienza siadella pluralità delle culture, sia della pluralità delle re‑ligioni. Per la prima volta nella storia, i documenti uf‑ficiali del Magistero si esprimono in maniera positivasulle altre religioni. Soprattutto la dichiarazione No‑stra Aetate fa riferimento allʼinduismo, al buddhismoe in particolare allʼislam, come religione strettamen‑te monoteista. Nella Nostra Aetate si afferma che «laChiesa guarda con stima anche i musulmani cheadorano lʼunico Dio, vivente e sussistente, misericor‑dioso e onnipotente, creatore del Cielo e della terra,che ha parlato agli uomini. Essi cercano di sottomet‑tersi con tutto il cuore ai decreti, anche nascosti diDio, come si è sottomesso Abramo, al quale la fedeislamica volentieri si riferisce» (Nostra Aetate, 3).Ma unʼattenzione singolare è riservata alla religioneebraica, rispetto alla quale si è voltato pagina, inter‑rompendo una lunga e drammatica tradizione diantisemitismo. Tuttavia il documento non parla del‑le religioni cinesi (Taoismo e Confucianesimo) né diquella giapponese (Shintoismo), né fa riferimento al‑le religioni tradizionali o ad altro. In concreto, il Con‑cilio Vaticano II con la dichiarazione Nostra Aetatesegna un passo paradigmatico nei rapporti con lereligioni non cristiane, proprio perché valorizza i loroelementi positivi. È questa è unʼapertura notevolenei confronti dellʼidentità plurale. q

1 Cfr. C. Pasqualini, Io, Edgar Morin. Una storia di vita, Franco Angeli, Milano2007, pp.144‑154.2 Cfr. R. Gallissot, M. Kilani, A. Rivera, Lʼimbroglio etnico in quattordici paro‑le‑chiave, Dedalo, Bari 2001.3 A. Maalouf, Identità, Bompiani, Milano 1999.4 K. Sen Amartya, Identità e violenza, Laterza, Roma‑Bari 2008.5 Cfr. «CEM Mondialità», ottobre 2010, p. 47.

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chiede se è possibile «rintracciare, nella struttura antropolo-gica degli individui contemporanei, passioni alternative aquelle peculiari del paradigma utilitaristico, nelle quali emer-ga come prioritaria la tensione comunitaria, il desiderio dellegame; passioni che investono l’altro né come una realtàesterna e antagonistica né come presenza fantasmatica e in-distinta, ma come costitutivo dell’identità dell’Io e necessarioalla costruzione del suo universo di senso»7. Esistono dellepassioni comunitarie in cui l’altro non è più solo il nemico e

rivale, e neppure il complice di un«noi» esclusivo e distruttivo, ma ècostitutivo della stessa identità del-l’Io? È pensabile che l’uomo non siamosso solo dall’interesse e dall’uti-le, ma anche da motivazioni che nonfanno capo ad un tornaconto tangi-bile? Esiste almeno una passioneche possa fungere da antidoto al-l’egoismo contemporaneo?Secondo Pulcini esiste ed è la pas-sione per l’altro, il desiderio di lega-me, così come è testimoniato, adesempio, dalla realtà simbolica deldono, che apre ad un legame conl’altro che non è più nell’ottica delmezzo per realizzare i propri scopi,ma è fine in sé. Il dono è una struttu-ra arcaica che la modernità ha cer-cato di rimuovere per sostituirla conl’utile, ma riaffiora dentro le patolo-gie dell’individualismo con la forzadi una passione, la passione perl’altro appunto: una «tensione emoti-

va di un individuo debole e carente, che anela alla condivi-sione, al cum, alla comunità in quanto riconosce nell’altro ildonatore di senso della propria esistenza»8. In quest’ottica ildono non è solo un atto altruistico e gratuito, perché dipendeda una passione e da un bisogno dell’Io, un interesse indivi-duale per il legame. Il dono si pone «a uguale distanza siadall’interesse utilitaristico sia dalla pura e unilaterale oblativi-tà, sia dall’egoismo sia dall’altruismo, esso occupa una di-mensione “ibrida”, anteriore a ogni dicotomia in quanto, ap-punto, eminentemente simbolica»9. Il dono è «segno rammemorativo della propria dipendenza emanifestazione emotiva, testimonianza attiva del proprio de-siderio di legame»10. Perciò chi dona non esige restituzione,che è intrinseca all’atto stesso del donare, guidato come diceAlain Caillè, non da un «interesse a» ma da un «interesseper». Il dono è gratuito perché non esige restituzione, ma è,al tempo stesso, interessato in quanto scaturisce dal deside-rio dell’Io. Dall’homo oeconomicus si passa all’homo reci-procus, il soggetto del dono, che è consapevole della pro-pria incompiutezza ed è cosciente che l’altro gli impediscedi ricomporsi nell’illusoria autosufficienza della dimensioneeconomica.

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Il dono è «segnorammemorativo dellapropria dipendenza emanifestazione emotiva,testimonianza attiva delproprio desiderio dilegame». Perciò chi donanon esige restituzione, cheè intrinseca all’atto stessodel donare, guidato comedice Alain Caillè, non da un«interesse a» ma da un«interesse per». Il dono ègratuito perché non esigerestituzione, ma è, altempo stesso, interessatoin quanto scaturisce daldesiderio dell’Io.

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Una classificazionecontemporaneadelle passioni

Cosa sono le passioni? Che cosa s’in-tende quando s’afferma di «provare

un’emozione», «sentirsi emozionato»,«avere paura» o «impazzire di gioia»? Laprima risposta è che si tratti di stati inter-ni la cui principale connotazione siaquella di essere esperiti, «provati» o «pa-titi», in modo diretto, senza la mediazio-ne della ragione […]. È necessario suddi-videre, all’interno delle passioni, quattrogeneri di classi: i sentimenti, le condizio-ni emotive, le reazioni emotive e le emo-zioni intenzionali […]. Per cominciare af-frontiamo il caso dei sentimenti che co-stituiscono uno degli elementi cardinedella nostra vita passionale. Due sem-brano essere le caratteristiche che distin-guono i sentimenti dalle altre classi dipassioni. I primi hanno un’estensionetemporale che solitamente manca alleseconde […], la seconda caratteristica ri-guarda la distinzione tra la causa e l’og-getto verso il quale tende la nostra pas-sione: i sentimenti sono caratterizzatidall’incapacità da parte dell’individuo didire esattamente cosa li ha causati puravendo chiaro in mente l’oggetto verso ilquale il sentimento è diretto […]; simili

nel carattere disposizionale, ma differen-ti quanto a durata, sono le condizioniemotive. Intendo riferirmi a stati disposi-zionali temporalmente circoscritti, manon di insorgenza o cessazione imme-diata, caratterizzati dalla mancanza siadi una causa sia di oggetti specifici che

fungono da contenuto. Per esempio, glistati d’animo come il buon umore o lamalinconia, quando mancano di precisicontesti di attivazione, quindi di cause, edi specifici oggetti verso i quali sono di-retti […]. Il terzo genere di passione è lareazione emotiva. Essa può essere defi-nita come uno stato nel quale causa eoggetto fenomenologico coincidono edel quale l’individuo è consapevole an-che se non in termini cognitivi. Per esem-pio, il trasalimento. Sentiamo un tonfosecco nella stanza accanto: qualcuno ciurla vicino all’orecchio mentre sonnec-chiamo: in entrambi i casi trasaliamo esiamo soggetti a uno stato di eccitazio-ne dalla rapidissima insorgenza […] Pas-siamo infine alle emozioni intenzionali.Un’emozione intenzionale è il modo conil quale viviamo o esperiamo uno statointenzionale. Con «stato intenzionale»intendo tutti quegli stati tramite i qualipossiamo rappresentarci eventi o indivi-

È necessario suddividere, all’internodelle passioni, quattro generi diclassi: i sentimenti, le condizioniemotive, le reazioni emotive e leemozioni intenzionali

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dui e loro proprietà. Paradigmatici so-no gli stati di credenza e desiderio.

S. Gozzano, Ipotesi sulla metafisica delle passio-ni, in T. Magri (a cura di), Filosofia e emozioni,Feltrinelli, Milano 1999, p. 13 e segg.

Sia Rousseau sia Tocqueville offronoun percorso possibile quando si fannoportatori di un invito alla philìa, qualenucleo di passioni altre rispetto aquelle che alimentano il percorso ege-mone dell’individuo moderno; pas-sioni cioè orientate all’alleanza e allasolidarietà, alla pietas e alla curadell’altro. Non si tratta però di oppor-re all’individualismo un soave altrui-

smo, o all’egoismo una irenica bene-volenza […]. Ciò vuol dire che quellache più sopra è stata definita un’an-tropologia della mancanza può darluogo a una risposta diversa sul pianoemotivo, generando nell’Io non un bi-sogno puramente strumentale dell’al-tro, ma al contrario un desideriodell’altro quale oggetto della propriatensione relazionale, del proprio biso-gno di legame e di appartenenza.Questa possibile traiettoria mi pareoggi efficacemente rappresentatadalla realtà simbolica del dono (sipensi alla forma contemporanea del«dono a estranei»): testimonianzaconcreta e inequivocabile, come so-stengono i teorici di ispirazione maus-siana, di un desiderio di legame vistonon più come mezzo per la realizza-zione dei propri scopi acquisitivi e uti-

litaristici ma come fine in sé. Strutturaarcaica e permanente, rimossa dallamodernità e sacrificata, secondo lalettura di Mauss e Bataille, alla logicadell’utile, il dono riaffiora dentro lepatologie dell’individualismo con laforza e la cogenza di una passione,che si propone qui di definire passio-ne per l’altro […]. Evento eminente-mente simbolico in virtù della suastessa concretezza, il dono coniuga insé individualismo e appartenenza, au-torealizzazione e solidarietà, autenti-cità e reciprocità superando ogni ste-rile dicotomia tra individualismo e co-munitarismo: nel dono infatti questedue polarità appaiono come costituti-ve e irrinunciabili di un individuo co-munitario. q

E. Pulcini, L’individuo senza passioni, Bollati Bo-ringhieri, Torino 2001, pp. 18-19.

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Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

UN PROBLEMA EDUCATIVO: LA PASSIONE DEL RISCHIO

Nell’epoca delle passioni tristi, c’è l’emergenza rappresenta-ta dai più giovani, che sembrano sempre più alla ricerca diemozioni forti. Perché gli adolescenti mostrano sempre piùuna vera e propria passione per il rischio? Facciamo riferi-mento all’interessante esperienza di «prevenzione attiva» del-la psichiatra dell’Università La Sapienza di Roma, Paola Car-bone, che ha organizzatouno sportello nei prontosoccorso rivolto ai ragazziche arrivano a seguito diun incidente stradale:usiamo il termine «pre-venzione» perché i datidicono che un ragazzo sudue non è alla primaesperienza del genere. Nel suo saggio Carbone11

ha notato che l’insieme diprecauzioni escogitate dalmondo adulto (l’aumento della dotazioni di sicurezza delle au-tomobili, le norme più protettive e le campagne pubblicitarie afavore di comportamenti più sicuri) spesso non vedono la ri-sposta degli interessati. Perché? Si può dire, sbrigativamente,che i giovani hanno una passione viscerale per il rischio. MaCarbone cerca una risposta più complessa. Dal punto di vistaneuropsicologico si può dire che nell’adolescenza non sonocompletamente maturate le connessioni cerebrali che consen-tono l’integrazione di pensieri, azioni ed emozioni. Non è un ca-so che il confronto con il rischio sia tipico in tutti i riti di transizio-ne delle culture tradizionali. Eppure gli incidenti non avvengo-no sempre in un momento in cui l’adolescente si sente un Icaroribelle, anche se l’esposizione mediatica delle «stragi del saba-to sera» è fortissima: secondo Carbone, la maggior parte degliincidenti avviene nei giorni di scuola, e più per carenze (stan-

chezza, preoccupazioni, distrazioni...) che per eccessi di velo-cità o assunzione di sostanze. Per Carbone non dobbiamo pun-tare tanto su una icaresca passione per il rischio fine a se stes-so, quanto sull’angoscia del fallimento e l’insicurezza del futu-ro. In quest’ottica i comportamenti rischiosi degli adolescentirappresentano il tentativo di evadere, con la ribellione, al senti-mento di passività impotente che li caratterizza per il corpo checambia, la difficoltà a contenere le emozioni, il senso d’indiffe-renza del mondo. q

1 E. Pulcini, L’individuo senza passioni, Bollati Boringhieri, Torino 2001, p. 12. 2 B. DeMandeville, Dialoghi tra Cleomene e Orazio, Milella, Lecce 1978, p. 71. 3 G. Chimir-ri, Etica delle passioni, Dehoniane, Bologna 1996, p. 31. 4 Ivi, p. 35. 5 Pulcini, cit., p.127. 6 Ivi, p. 144. 7 Ivi, p. 177. 8 Ivi, p. 19. 9 Ivi, p. 179. 10 Ivi, p. 197. 11 P. Carbone,Le ali di Icaro. Capire e prevenire gli incidenti dei giovani, Bollati Boringhieri,Torino 2009.

Stefano CurciStefano Curci insegna Storia della

filosofia moderna presso l’Universitàpontificia salesiana di Roma. Le sue

pubblicazioni più recenti sono Dalcomprendere al convivere. La

scommessa dell’intercultura(con A. Nanni), Emi, Bologna 2009 e La pedagogia del volto a scuola,

in M. Mantovani - C. Desbouts, Didatticadelle scienze, Libreria Editrice Vaticana,

Città del Vaticano 2010, pp. 333-346.

Bibliografia

Aa.Vv., Il piacere di educare nell’epo-ca delle passioni tristi, Junior, Bergamo2009

Aa.Vv., Le passioni della crisi, Manife-stolibri, Roma 2010

F. Agostini, S. Marchesoni, Dispositivi eaffetti. Le passioni tristi tra etica e pe-dagogia, Mimesis, Milano 2005

M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca del-le passioni tristi, Feltrinelli, Milano 2004

M. Bernasconi (a cura di), Coltiva letue passioni. Dalla narrazione autobio-grafica ai progetti formativi per risco-prire il piacere di imparare e di educa-re, Franco Angeli, Milano 2008

R. Bodei, Geometria delle passioni,Feltrinelli, Milano 1992

P. Ciardella, M. Gronchi (a cura di), Lepassioni, Paoline Editoriale Libri, Mila-no 2008

G. Chimirri, Etica delle passioni, Deho-niane, Bologna 1996

U. Galimberti, Gli equivoci dell’anima,Milano 1992

S. Holmes, Passioni e vincoli. I fonda-menti della democrazia liberale, Edi-zioni di Comunità, Torino 1998

E. Pulcini, voce Passione, in R. Esposi-to, C. Galli (a cura di), Enciclopediadel pensiero politico, Laterza, Roma-Bari 2000

E. Pulcini, L’individuo senza passioni.Individualismo moderno e perdita dellegame sociale, Bollati Boringhieri, To-rino 2001

S. Vegetti Finzi (a cura di), Storia dellepassioni, Laterza, Roma-Bari 1995

Dal punto di vistaneuropsicologico si può

dire che nell’adolescenzanon sono

completamente maturatele connessioni cerebrali

che consentonol’integrazione di pensieri,

azioni ed emozioni

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passioni e compassioni 5

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La bocca del lupoLa storia. Nella Genova di oggi, con nel cuore la periferia deisuoi carruggi e i suoi anfratti di costa, primo rifugio per i nuo-vi arrivi, ritorna dopo quattordici anni di carcere Enzo; ad at-tenderlo, per una vita finalmente insieme, c’è Mary. Si amanoda più di vent’anni, da quell’incontro in carcere: lui un bandi-to, lei un transessuale. In un docufilm il loro amore e la lorostoria illuminano di una grazia tutta umana angoli, vicoli, bar,gli altri attorno.Il regista sul film. «Uno strano film ibrido su Genova: il com-promesso tra una piccola storia melodrammatica, quella diEnzo e Mary, che inquadro con lo sguardo sul presente di unforestiero, e una grande storia, quella della nostalgia per il‘900, raccontata dalle immagini dei cineamatori dell’epoca».

PietroLa storia. Per le strade di Torino, periferiche come in qualsia-si altra città italiana, sopravvive Pietro, lavorando in nero nel-la distribuzione di volantini e subendo le continue violenzepsicologiche e materiali del fratello Francesco, tossicodipen-dente prigioniero del suo amico spacciatore. Nel povero al-loggio, nell’ufficio del suo capo, di fronte ai portoni delle ca-se, nel bar frequentato dagli amici del fratello, ovunque e datutti Pietro subisce violenze e sopporta, accumulando frustra-zione e tentativi falliti di risposte positive. L’unica relazionebuona è quella che gli dà una ragazza che lo accompagnanei sui giri di lavoro. Pietro subisce e accumula…Il regista sul film. «Rabbia, tenerezze, fragilità, violenza sonole quattro parole che emergono quando penso a Pietro, unfilm nato da diverse congiunture e suggestioni, alcune moltopersonali. […] Pietro è un film duro, che nasce da una situa-zione dura, da persone che conosco, fragili, invisibili, che

cinema

Regia: Pietro Marcello

Interpreti: Vincenzo Motta (Enzo),Mary Monaco (Mary).

Italia, 2010. 66min. Bim Distribuzione

STRADEDI PASSIONIE COMPASSIONI

di Lino [email protected]

Il registaPietro Marcello, trentacinquenne di

Caserta, ha iniziato con unradiodocumentario per Raitre nel 2002 eda allora ha al centro del suo lavoro uno

sguardo attento al reale con gli strumentida lui preferiti del documentario e del

docufilm. Nel 2007 partecipa conriconoscimenti alla 64ª Mostra del Cinema

di Venezia con Il passaggio della linea,girato sui treni che attraversano l’Italia; nel

2009 vince con La bocca del lupo la 27ªedizione del Torino Film Festival.

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Adesso! Per una cittadinanza glocale dalle paure al coraggio civile

questa società non vuole vedere». «L’idea è nata tre anni fa in unperiodo particolare della mia vita, quando non riuscivo più a tro-vare spazio nel mondo dello spettacolo. Pietro è la risposta a tutticoloro che mi dicevano: “Devi essere meno radicale”».Il film. In città ferite, di angoli e vicoli lontani da luci e centri, vivo-no anime, uomini, persone. Qual è la potenza e la grazia del cine-ma se non quella di aprirti gli occhi per infilarti nel cuore e nelcervello sguardi su realtà che non vedi più o che non vuoi più ve-dere? Non parlo di barboni o di quei marginali che parlano inutil-mente al vento e alla gente che si discosta, parlo di quelle vite cheoccupano, ancora in piedi, i nostri condomini a balcone dei vec-chi centri, le desolate periferie o gli alloggi che stanno dall’altra

parte della strada; persone che vivono in piccolo una vita chepuò sembrarci inutile ma nella quale mantengono rispetto,dignità, elemosinando solo briciole di accettazione e di esi-stenza nei pensieri degli altri.Pietro ha una vita difficile, stentata per i pochi soldi del suo la-voro precario, per la convivenza subita, temuta ma inscindi-bile, con il fratello drogato e con i suoi amici che gli violenta-no la casa e approfittano disprezzandola della sua voglia diallegria e di accettazione. Solo con la sua ragazza incontratasul lavoro si sente capito, accettato mai violato, ma è un mo-mento passeggero anche per la sua incapacità di valutare lacattiveria degli «amici» del bar, che lo feriranno definitiva-mente offendendo e irridendo il suo amore. Il regista segue Pietro nel suo entrare e uscire dai portoni, nelsuo recuperare il fratello completamente fatto, nel farsi sfrutta-re, nella sua incapacità di resistere ed esprimersi. La macchi-na da presa gli sta sempre sul collo, si restringe su di lui impe-dendoci di vedere un cielo, una luce, una strada con un’uscita.Hai così, tu spettatore, la stessa angoscia che paralizza Pietroe ripeti insieme a lui un conto alla rovescia verso un gesto di li-berazione. Un gesto comprensibile nel cuore di Pietro mainaccettabile ai nostri sguardi rassicurati. La fine del film è an-che per te spettatore come la fine di una sofferenza interiore eti trovi con la stessa difficoltà di Pietro a spiegarti e capirti.

Diversa la storia di Enzo e Mary in La bocca del lupo: ormaiadulti con una vita durissima alle spalle, una vita di galera,violenza e sfruttamento, che li ha resi esperti e capaci di ritro-vare un senso e un futuro nel loro rapporto d’amore. È quasitraumatica per noi la scoperta della realtà di Mary, ma tutto aquel punto diventa ancora più carico di significato e di rifles-sione positiva, perché il regista ci ha accompagnati nellaprofonda dignità dei protagonisti e ci ha aperto all’intimità diun amore intenso, atteso, costruito in anni di parole dettate eascoltate al grammofono, tra celle e poveri alloggi, tra poverevie di poveri, in quella città che come ricordava De Andrè:«Oggi a me pare, che Genova abbia la faccia di tutti i poveridiavoli che ho conosciuti nei suoi carruggi, gli esclusi... cheho conosciuto per la prima volta nelle riserve della città vec-chia, le “graziose” di via del Campo e i balordi che, per man-giare, potrebbero anche dar via la loro madre. I fiori chesbocciano dal letame. I senzadio per i quali chissà che Dionon abbia un piccolo ghetto ben protetto, nel suo paradiso,sempre pronto ad accoglierli...». Alla storia d’oggi di Enzo e Mary il regista alterna spezzoniamatoriali d’inizio secolo XX: tuffi in mare, lavori al porto, naviin riparazione nelle darsene. E la nostalgia di ieri s’intrecciacon la nostalgia di una purezza possibile, di un’umanità pos-sibile sempre, quando l’amore attraversa il cuore degli uomi-ni. Bene hanno fatto i gesuiti di Genova dell’associazione SanMarcellino, che nel centro storico si dedica agli ultimi, a inve-stire denaro in questo progetto. Due film a basso costo ma non certamente poveri di intelli-genza, capacità e coraggio nel voler esistere come i loro per-sonaggi. q

Regia: Daniele Gaglianone

Interpreti: Pietro Casella (Pietro),Francesco Lattarulo (Francesco),Fabrizio Nicastro (Nikiniki), Carlotta Saletti (la ragazza), Diego Canteri (amico di Nikiniki),Giuseppe Mattia (il Capo).

Italia 2010. 82min. Lucky Red Distribuzione

Il regista

Daniele Gaglianone, natonel 1966 ad Ancona,

giunge al lavoro diregista con

cortometraggi edocumentari e lavorando

presso gli Archivicinematografici della

Resistenza di Torino. Nel1998 collabora alla

sceneggiatura di Cosìridevano di Amelio emette in scena come

regista alcuni lavoriteatrali. Nel 2000 si fa

subito notare dalla criticae da un pubblico sensibile

per il suolungometraggio I nostrianni, storia di ricordi di

partigiani, presentato alFestival di Cannes. Del

2004 è Nemmeno ildestino, giorni difficili per

adolescenti a rischio,presentato alla 61ª

Mostra di Venezia; nel2009 con il documentario

Rata nece biti (La guerranon ci sarà), riflessioni su

una guerra ancora dioggi, vince il Premio

Speciale della Giuria al26° Torino Film Festival e

il David di Donatello per ilmiglior documentario di

lungometraggio. Oggiinsegna Cinema al

Politecnico di Torino.

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aprile 2010 | cem mondialità | 33

La comunicazioneinterculturaleAlessio [email protected]

dicembre 2010 | cem mondialità | 33

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Negli ultimi dieci anni i programmi della CommissioneEuropea che si rivolgono ai giovani hanno avuto la

capacità di organizzare alcune aree tematiche di lavoro at-traverso i centri Salto: tra di esse vi è quella dedicata alladiversità culturale, coordinata dal centro Salto di Londra(www.salto-youth.net/diversity). Oltre a promuoverescambi internazionali e processi di riflessione sui temi deldialogo e delle competenze interculturali, questo centroha il merito di incoraggiare la condivisione di strumenti di-dattici concepiti e utilizzati nell’ambito dell’educazionenon formale. Fra le ultime pubblicazioni disponibili in in-glese c’è il manuale Intercultural Communication Resour-ce Pack, una raccolta di strumenti per percorsi educativisulla comunicazione interculturale. Limitando la parte teorica a cinque «finestre», la cinquan-tina di pagine del manuale è organizzata in tre capitoliprincipali:

io e la comunicazione interculturale; i gruppi e la comunicazione interculturale; la società e la comunicazione interculturale.

Ognuna di queste sezioni presenta pratiche utili per pro-porre a gruppi di lavoro attività comunicative su cui riflet-tere individualmente ed in gruppo. Il testo valorizza i ma-lintesi quale risorse conoscitive e si apre con questa rifles-sione di Bernard Weber:

Di seguito, ecco una sintesi diuna delle attività, relativa allecompetenze interculturali,dalla sezione Gruppi e co-municazione interculturale.Avendo sparpagliato unbuon numero di cartoline(foto) su un tavolo (o sul pa-vimento), suggerite che cia-scun partecipante ne scelgauna che richiami alla menteun’esperienza interculturaleda cui abbia imparato qual-cosa (5 minuti). Chiedete aipartecipanti di dividersi inpiccoli gruppi e di condivide-re le competenze intercultu-rali che sono stati in grado diriconoscere, imparare o mi-gliorare in relazione all’espe-rienza interculturale che lafoto/cartolina richiama allamemoria. Ogni gruppo leannota su un foglio/cartel-

lone (20 minuti). Riunite di nuovo tutti i parteci-panti e condividete brevemente le competenze identifica-te (10 minuti). A questo punto chiedete ai partecipanti diformare coppie o (nuovi) piccoli gruppi e di mettere in or-dine d’importanza le competenze elencate (magari re-stringendo questo lavoro a 9-10 fra quelle presentate e,volendo, inserendo atteggiamenti/competenze che ritene-te importanti; per esempio:

Sono curioso e aperto verso le altre culture. Indago e conosco la mia identità (chi sono io?) Sono tollerante nei confronti dell’ambiguità (verso ciò

che non è chiaro)

Lasciate anche per questa parte del lavoro circa 20 minuti.Nei successivi 20 minuti chiedete ai gruppi di presentare leproprie scelte e, se avete un testo/bibliografia breve di rife-rimento, distribuitelo per ulteriori approfondimenti. q

Fra quel che io pensoquel che voglio direquel che credo di direquel che dicoquel che voi volete sentirequel che sentitequel che credete di capirequel che volete capiree quel che capiteci sono almeno 9 possibilitàdi non capirsi.

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Il Servizio Civile di Pace sviluppato aCastelvolturno (Caserta) sulle Terre di

Don Peppe Diana, bene sequestrato al-la camorra e ripristinato per finalità so-ciali, ha realizzato, tra il 10 e il 30 giu-gno 2009, grazie ad un contributo del-la Regione Campania e con il coinvolgi-mento di varie realtà della nonviolenza,un campo di pace in cui i partecipantihanno condiviso una molteplicità dimomenti di formazione ed auto-forma-zione all’insegna dell’educazione non-formale, quale canale privilegiato perl’approfondimento della consapevolez-za inter-culturale e l’orientamento allatrasformazione nonviolenta delle con-troversie. Grazie alla partecipazione degli studen-ti delle scuole secondarie di secondogrado di Napoli e Castelvolturno e digiovani immigrati accolti presso il Cen-tro Laila, lo spazio-campo ha costituitoun luogo di relazione solidale, di media-zione di pace e di confronto con la di-versità, operando come istanza per laformazione peer-to-peer e quale luogo

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Contesti inusualiper sperimentazioni educativeIl «Servizio Civile di Pace» a Castelvolturnodi Gianmarco PisaOperatori di Pace - Campania Onlus

zione innovativa, di tipo extra-scolasti-co, per la formazione giovanile sui temidella risoluzione alternativa delle con-troversie, all’insegna del dialogo e dellamediazione. Una sperimentazione che mira a farsiprogramma: trasformando il campo inpresidio di pace, in grado di attivare retisolidali e moltiplicare, anno dopo anno,iniziative e sensibilità. q

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Rubrica a cura di Gianni D’[email protected]

Grazie allapartecipazione deglistudenti delle scuole

secondarie disecondo grado di

Napoli eCastelvolturno e digiovani immigrati

accolti presso ilCentro Laila, lo

spazio-campo hacostituito un luogo direlazione solidale, di

mediazione di pacee di confronto con la

diversità

Per saperne di più

www.operatoripacecampania.it [email protected]

di mediazione orientata alla trasforma-zione, come nell’idea-progetto infor-mata al Community Board Program diSan Francisco, basata sulla metodolo-gia della ricerca-azione. L’orientamento metodologico è statocalibrato sulla destinazione progettua-le: se compiti salienti della mediazionedi pace sono la sua valenza educativa ela sua sedimentazione in termini di pro-mozione sociale, allora il Servizio Civiledi Pace ha inteso consolidare pratiche esensibilità, indicando una direzione dimarcia e praticando una sperimenta-

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C’è qualcunolassù

È la domanda, sinora senzarisposta, rivoltadall’osservatorio di Areciboil 16 dicembre 1974 a intelligenze extra-terrestrieventualmente in ascolto.

dicembre 2010 | cem mondialità | 35

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gegnere («Antoine B»). Dopo i licenzia-menti di massa una lunga serie di suici-di in Renault come in Telecom France(28 in pochi mesi). L’adulterio della donna in Italia non èpiù reato per legge dal 19 dicembre1968. Ma per abrogare il «delittod’onore» (articolo 587 del Codice Pena-le) bisogna aspettare la legge 442 del 5agosto 1981; se cercate di ricordarequando uscì il film Divorzio all’italianave lo dico io, 1962.Piccolo è meglio: dove saremmo senzal’amplificatore a semiconduttore vol-garmente transistor? La sua nascita uf-ficiale risale al 22 dicembre 1947 maqualche pignolo dice che era già il 23. Coro vietato: in alcuni asili a Natale ibimbi di origine straniera non cantano.È il Natale 2009 in un paese del Medi-terraneo dove si parla di fede e di fede-ralismo, forse confondendo i termini.Truppe sovietiche invadono Kabul il 27dicembre 1979. C’è chi a Washington sirallegra (e appoggia la resistenza dei ta-lebani) ma forse l’11 settembre di qual-che anno dopo cambierà idea. La legge contro la «violenza di genere»più avanzata in Europa è varata dallaSpagna il 28 dicembre 2004.«Terra in rosso» o se preferite EarthOvershoot Day. La prima volta in cui ab-biamo consumato più di quanto il pia-neta possa ridarci è stato il 31 dicembre1986. Un giorno tragico ma pochi se neaccorgono. q

C’è qualcunolassù?a cura di Dibbì

Se volete leggermi sul mio blog:http://danielebarbieri.wordpress.com

to) l’uso di gas proibiti dalle Convenzio-ni internazionali contro la popolazioneetiopica; è il 17 dicembre 1935. «Colpa imperdonabile» della Renault:così scrive il tribunale di Nanterre, il 17dicembre 2009, per il suicidio di un in-

Questa rubrica intende richiamare allamemoria eventi importanti mascomodi che si muovono sopratuttofra diritti e delitti

I campi di concentramento nasconoin Africa occidentale, per «merito» deicolonialisti tedeschi il 1° dicembre1905; in febbraio ci sono già 13 milaprigionieri. Purgatorio, indulgenza e culto dei san-ti sono tre punti fermi del Concilio il 3 e4 dicembre 1563. Era sempre dicembre(ma il 10 del 1520) quando un tal Lute-ro bruciò una bolla papale.I soldi della Esso arrivano ai partiti ita-liani il 3 dicembre 1964, come risultadai documenti statunitensi non più se-greti. Se non ricordate quando è mortoEnrico Mattei ve lo dico io, 27 ottobre1962.The Great Smog, una delle più grandicatastrofi ecologiche moderne: 4 milamorti a Londra in una settimana, poi al-tri 6 mila per asma, bronchiti, polmoni-ti. Inizia il 5 dicembre 1952 con unanebbia grigia di origine industriale.Diritto al ritorno per i palestinesi: losancisce la risoluzione 194 (11 dicem-bre 1948) delle Nazioni Unite. Truppe russe invadono la Cecenia, l’11dicembre 1994: stragi senza fine.A 51 anni dalla fine della guerra (12 di-cembre 1996) il governo Usa pubblicaun documento che stima in circa un mi-liardo di dollari «il bottino nazista» tra-sferito in Argentina, Bolivia e Paraguay. Infamie. Rispondendo al marescialloGraziani, Mussolini autorizza (per iscrit-

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Durante il convegno CEM tenutosi aSan Marino dal 26 al 30 Agosto, lo

spazio dedicato alla Campagna DudalJam si è espresso nell’angolo Dudal Bar.All’interno della struttura alberghiera èstata individuata un’area adatta dove iconvegnisti potevano riposare, chiac-chierare, condividere pensieri e riflessio-ni, degustando prodotti del commercioequo e gustosi frullati di frutta fresca. Ametà mattina il bar offriva bibite comeGuaranito, Tererito, Rooibos, infusi, tisa-ne e sciroppi alla frutta; poco prima dipranzo era possibile degustare tartinecon paté di olive, zucchine e trevisana.Durante il pomeriggio si potevano as-saggiare fette biscottate con cajita emarmellata e assaporare gustosi frullatidi frutta di stagione. Alla sera il bar pro-poneva infusi e tisane per tutti i gusti.Dudal Bar non è stato solo un momen-to ricreativo-mangereccio, ma ancheun’occasione in più per approfondire emeglio conoscere la Campagna DudalJam che da due anni vede coinvolto ilCEM nella raccolta di fondi per la realiz-zazione di un centro per la pace a Dorie a Gorom Gorom, in Burkina Faso. Nel-l’area Dudal Bar è stata anche allestita

una mostra fotografica che, attraversouna sessantina di immagini, ha per-messo a ciascun visitatore d’intrapren-dere un piccolo viaggio nel Sahel attra-verso la visione di volti di donne, uomi-ni, bambini, case e abitazioni tipichedelle diverse etnie, luoghi di culto, am-bienti e deserti sconfinati. Incrociandoquegli sguardi, perdendosi tra le dunedel deserto e rimanendo affascinantidalla maestosità dei baobab, ogni per-sona ha condiviso con noi un pezzetti-no del nostro viaggio.Dudal Bar ci ha anche permesso di met-tere in mostra la bellezza di gioielli eprodotti che gli amici burkinabè pre-senti al Convegno ci hanno portato dal

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Dudal Bar un angolo di paceal Convegno CEMdi Patrizia Canova, Chiara Fassina, Clelia Minelli

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Burkina Faso. Molti convegnisti hannodimostrato il loro apprezzamento ac-quistandone una gran quantità. Straordinaria e importante è stata lapresenza dei nostri amici burkinabè:Alain, François, Boubakar e ovviamenteil vescovo Joachim; il loro essere presen-ti al convegno ha dato a ciascuno lapossibilità di sperimentarsi nell’atten-zione e nell’accoglienza dell’altro e hapermesso di conoscere meglio la realtàdel Burkina Faso e il progetto DudalJam, attraverso il dialogo diretto con iprincipali soggetti di tale campagna.Al Dudal Bar si sono susseguiti incontriimportanti e significativi, tra i quali lapresentazione del libro Dudal Jam - Ascuola di pace curato da Michele Dotti ePatrizia Canova. I due autori hanno in-contrato i convegnisti, hanno racconta-to l’origine di tale testo e come esso pos-sa essere considerato la raccolta di per-corsi interculturali volti a testimoniare ecostruire percorsi di pace possibili. In unaltro momento il laboratorio dei bambi-ni ha partecipato ad una «visita guidata»alla mostra fotografica che è poi sfocia-ta, per loro iniziativa, nella vendita di ta-lismani da loro creati, il cui ricavato èstato offerto alla Campagna. Grande soddisfazione per le giornatedel Convegno, si può dire che Dudal

Jam abbia goduto dell’attenzionedi tutti i convegnisti. q

Dudal Bar ci hapermesso di mettere

in mostra la bellezzadi gioielli e prodotti

che gli amiciburkinabè presenti al

Convegno ci hannoportato

dal Burkina Faso

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Sostengo da tempo che le dimensio-ni dell’interculturalità nei libri per

bambini sono molteplici, in parte anco-ra da scoprire e valorizzare. Ad esem-pio, la pluralità di linguaggi (testuale,iconografico, grafico) propria del pictu-re book, è una dimensione «intercultu-rale» davvero speciale, su cui vi è pocaconsapevolezza. Un libro per bambini sicostruisce sul testo scritto e sulle imma-gini che arricchiscono il primo (anchescontrandosi), raccontando la storia daun altro punto di vista e in una «lingua»diversa. L’incontro tra la lingua delle pa-role con la lingua delle immagini rendeil lettore meno passivo e aiuta ad au-mentare il lavoro interpretativo, le pos-sibilità di lettura, l’elaborazione perso-nale autentica, permette al lettore dimetterci del suo. Anche quando le pa-role non ci sono, come nei silent book(gli albi fatti di sole immagini), unosguardo attento alle illustrazioni puòfarci scoprire quanti sentimenti ci stan-no dentro, quanti particolari, quanti se-greti, quanti imprevisti. Non usare leparole, una lingua in particolare, è unmodo per dire, anche, che si sta affron-tando un’esperienza universale. Comenel libro Migrando (Orecchio Acerbo,2010) dove le parole «si sono solo na-scoste aspettando la meraviglia di ungesto», scrive l’autrice Mariana ChiesaMateos, disegnatrice argentina, nipotedi emigranti spagnoli in Argentina e mi-grante lei stessa dall’Argentina alla Spa-gna, fino all’Italia, dove vive e lavora. Illibro racconta, attraverso le illustrazio-ni, due migrazioni in particolare: quelladegli italiani ed europei che vanno, agli

La parolamigrantedi Lorenzo Luatti

storie si uniscono al centro del libro) perchi pensa che i mari uniscano e non di-vidano. Una lettura che prevede, lette-ralmente, il ribaltamento delle pagine equindi del punto di vista. Le immagini, altamente evocative, la-sciano libero spazio all’interpretazione eal racconto di una storia personale: uc-celli migratori (con la testa d’uomini),alberi con rami e radici, familiari, e l’ac-qua del grande oceano che sostiene, se-para e unisce speranze, terre e destini.Talvolta la parola è inutile di fronte alleimmagini, ed è quanto accade in questoprezioso albo, dove i disegni, con deli-catezza e proprietà, sanno comunicareai bambini, ma anche agli adulti, la tri-stezza della lontananza, le speranze e lepaure per un futuro incerto e il coraggiodi una scelta che porta lontani. Migrare vuol dire anche identità e me-moria, come ci dice Valérie Losa, artistasvizzera d’origine italiana, nel bel libroSapore italiano (Zoolibri, 2010). Usan-do il materiale raccolto in interviste aconnazionali emigrati in Svizzera, l’au-trice racconta attra-verso la loro vocel’esperienza di unavita vissuta tra duepaesi serbando sem-pre un’unica memo-ria e un’unica identi-tà. Un’identità pro-fondamente legataalla cultura del cibo,perché, come avvie-ne anche per gli im-migrati di oggi chepopolano le cittàitaliane, il cibo resta il legame forte e alcontempo ideale con il paese d’origine(si pensi ai tanti negozi e bazar che ven-dono cibi africani, indiani, cinesi…).Molto belle le illustrazioni: tavole chedescrivono la vita casalinga degli emi-granti italiani oggi vengono intercalatecon altre, più velate, dedicate ai ricordidella vita in patria. Sapore italiano è uninvito, delicato e affettuoso, a sederci atavola per il pranzo domenicale tra ita-liani che vivono all’estero. q

inizi del Novecento, verso il Sudamericae l’Argentina, e quella, ancora più di-sperata, di oggi, dove gommoni e mez-zi di fortuna traghettano attraverso ilmediterraneo uomini, donne e bambinidalle coste africane o mediorientali ver-so l’Europa. Migrando è un libro bifron-te (due copertine, due storie) che si puòleggere da un verso o dall’altro (le due

L’incontro tra lalingua delle parolecon la lingua delle

immagini rende il lettore meno

passivo e aiutaad aumentare

il lavorointerpretativo,

le possibilità di lettura,

l’elaborazionepersonale

autentica, permetteal lettore di metterci

del suo

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La grottesca storia di un nasoscomparso, narrata da Gogol, ricordache la propaggine del volto è stata alungo considerata la parte del corpo incui si esprime l’anima. Le vicende diquella «penisola» del voltos’intrecciano con le origini dellachirurgia estetica, con i feticcidell’assimilazione e con alcuni dipintidi grandi autori.

Una mattina, davanti allo specchio,il tronfio assessore collegiale Kova-

lev si accorge con stupore di aver persoil naso. L’insolito fatto finisce per condi-zionare la sua vita pubblica e privata e,come è comprensibile, lo porta a rin-

chiudersi in un tetro sconforto. Ilnaso - che non è semplicemente

scomparso, ma si è dato diproposito alla fuga - con-

duce intanto una vita au-tonoma. Quando fi-

nalmente Kovalev

un tempo ampiamente diffusa, e la cir-costanza, non così infrequente, di bat-taglie e duelli.Il primo chirurgo che lega il proprio no-me alla ricostruzione estetica del naso èil bolognese Gaspare Tagliacozzi, chenel 1597 dà alle stampe il De curtorumchirurgia per insitionem, primo grandetrattato di chirurgia plastica, accoltocon diffidenza sia dalle autorità religio-se sia da quelle mediche. Bisogna peròattendere la fine dell’Ottocento - con ladisinfezione e l’anestesia - per conosce-re la fioritura della chirurgia plastica.Come ricorda Rossella Ghigi, docenteall’Università di Bologna e curatrice distudi sull’identità di genere, la sociolo-gia del corpo e la professione medica,nel suo libro Per piacere, il rimodella-mento del naso rappresenta nella socie-tà europea di fine Ottocento «un fetic-cio dell’assimilazione fisica per un grup-po minoritario ben preciso: gli ebrei».Trattati scientifici, caricature umoristi-che, stampe e giornali descrivono le ca-ratteristiche somatiche deputate a indi-viduare l’origine ebraica di una perso-na, tra cui la forma aquilina e aduncadel naso, che spinge molti a farselo ri-modellare per assumere aspetti piùcaucasici o americani.Considerazioni sul naso come indicato-re di precise qualità del carattere appas-sionano Della Porta (1586), Le Brun(1667), Lavater (1772) e gli studiosi difisiognomica, ma il tema affascina an-che i grandi pittori. Una straordinariagalleria di nasi dipinti, tutti diversi e par-ticolarissimi nel loro indicare tipi umanie stati d’animo, è raffigurata da Boschnella Salita al Calvario (1515-16), anchese probabilmente il più celebre appar-tiene al Ritratto di Federico da Monte-feltro di Piero della Francesca (1465-1472). In buona compagnia con la vi-stosa, ammalata protuberanza del Ri-tratto di vecchio con nipote del Ghirlan-daio (1490) e con il Viso di Mae Westutilizzabile come appartamento surrea-lista di Salvador Dalì (1934), omaggio auna stella del cinema americano in unmomento di gloria. q

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Questioni di nasodi Roberto Alessandrini

lo ritrova, è persino addobbato conun’uniforme da alto ufficiale, respingeil suo proprietario, tenta l’espatrio, vie-ne catturato e, solo alla fine, tornaspontaneamente sul volto dell’uomo,calmandone i turbamenti. Il celebre rac-conto di Gogol ricorda, pur in terminigrotteschi, che il naso è la parte del cor-po in cui si esprime per eccellenza l’ani-ma, secondo una convinzione diffusagià nel mondo antico. Perdere dunquequella che Simmel definisce una «peni-sola» del volto può risultare molto gra-ve. Nell’antichità e nel Medioevo l’am-putazione della prominenza facciale èuna pena prevista per sodomiti, adulte-ri, stupratori e donne che fanno prosti-tuire le figlie. Ma a consumare i nasiprovvedono anche la sifilide, malattia

Nell’antichità e nel Medioevol’amputazione dellaprominenza facciale è una pena prevista per sodomiti, adulteri,stupratori e donneche fanno prostituirele figlie

Per saperne di più

Rossella Ghigi, Per piacere. Storia culturale della chirurgia estetica, Bo-logna, Il Mulino 2008.

Sul naso in pittura: Charo Crego, Geografia de una península. La repre-sentación del rostro en la pintura, Madrid, Abada 2004.

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Ben ritrovate e ben ritrovati. DavidByrne nasce in Scozia il 14

maggio del 1952, ma appena dueanni dopo la famiglia si trasferisceper un breve periodo in Canada, perpoi stabilirsi definitivamente negli StatiUniti. Il padre è un genio dell’elettroni-ca e la madre un’educatrice impegnatanel recupero dei bambini con ritardinell’apprendimento. Entrambi sono an-che quaccheri, impegnati nei movimen-ti ambientalisti e pacifisti prima che ne-gli anni ’60 queste attività diventasseropopolari, e anche un po’ alla moda.Se il contesto ambientale e culturaledella prima infanzia influenza anche so-lo in parte lo sviluppo cognitivo dell’in-dividuo, le grandi metafisiche della suaterra di origine e il pensiero progressistadei suoi genitori hanno sicuramente la-sciato tracce indelebili nell’organizza-zione sonora ed espressiva anticonfor-mista di David. In tutta la sua produzio-ne, dai Talking Heads alle esperienze so-liste, il suo agire surreale, asimmetrico eobliquo, ha caratterizzato il suo proce-dere sempre attento e aperto alla fre-quentazione d’idee e mondi sonori al-tri, spesso non convenzionali: ritmichee sonorità tribali, minimalismo, musicarock, soul, folk e latina, il tutto rielabo-rato e potenziato dall’elettronica, s’in-terfacciano continuamente dando vitaad una dimensione sonora davvero uni-ca e peculiare.Tra le sue geniali stramberie contenentisonorità altre basterebbe ricordare lacolonna sonora che Bernardo Bertolucciaffidò, nel 1987, a lui e a Ryuchi Saka-moto per la realizzazione del film The

Last Imperator (L’ultimo imperatore),splendido lavoro caratterizzato da 18brani (9 per autore). Il primo brano del-la sezione di Byrne, Main Title Theme,brano-tema del film, dimostra comeDavid sappia trovarsi a suo agio tra so-norità altre, e al tempo stesso ri-orga-nizzarle in una dimensione personale,emotivamente gioiosa e leggiadra, mapregna di un raffinato, rigoroso e origi-nale senso estetico e compositivo.In questo breve spazio vorrei però con-centrarmi su due lavori solisti davverosignificativi per chi frequenta dimensio-ni musicali senza frontiere: Rei Momo, ilprimo album solista dopo il suo abban-dono dei Talking Heads nel 1989, e il

David ByrneMixare gesti sonori metropolitanicon gesti sonori altridi Luciano Bosi

David Byrne, Rei MomoLuaka Bop-Sire, 1989

David Byrne, Uh-OhLuaka Bop-Sire, 1992

successivo Uh-Oh, del 1992.Nel Re del Carnevale (Rei Momo) il no-stro eclettico e curioso musicista esplo-ra in lungo ed in largo diversi ritmi e stilimusicali dell’America latina, dai Caraibial Brasile. Le sue liriche si meticcianoperfettamente con merengue, samba,cha cha cha, mapeyè, bomba, cumbia,bolero ed altri ritmi tradizionali. Tutto èpotenziato da una moltitudine di colla-boratori di prim’ordine, del calibro diTito Puente, Celia Cruz, Andy Gonzalez,Milton Cardona, Cyro Baptista, solo percitarne alcuni. Il risultato è stupefacen-te, sia per qualità sia per energia gene-rata. È un disco che non può mancarenella nostra discoteca personale. Nonda meno è Uh-Oh, che presenta musi-che ancora molto caratterizzate da per-cussioni e sezioni di fiati dal sapore lati-no, anche se tutta l’andatura del discoappoggia su una salda pulsazione in4/4 decisamente rock. Un paio di braniricordano anche atmosfere già visitatenell’era dei Talking Heads. Anche qui isuperlativi potrebbero sembrare in ec-cesso, ma si tratta di un disco che vienespesso voglia di ascoltare, anche a tantianni di distanza. Ne sa qualcosa il miolettore cd. Non mi resta che augurareun buon ascolto a tutte e a tutti.

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Cerchiamo di scoprire in che modo èpossibile parlare della povertà uti-

lizzando il linguaggio del teatro. Riflet-tiamo anzitutto su che cosa significhi«fare teatro» come pratica che in cam-po educativo è spesso relegata in ambi-ti ristretti ed specifici. Come leggiamonella sezione introduttiva di questa se-zione del dvd allegato al kit Zero Pover-ty, curata da Nadia Savoldelli e Cande-laria Romero, utilizzare tecniche teatraliè importante perché permette una ri-flessione che nasce nel cuore ma, inve-ce di «fermarsi», potremmo dire, a livel-lo della mente, si «espande» nel corpocon attività coinvolgenti che, proprioperché mettono in campo abilità e (per-ché no?) emozioni diverse, consentonodi leggere la realtà e di farsi leggere da-gli altri con occhi diversi. Il laboratorioteatrale può allora essere visto comeuno spazio in cui sentirsi protagonisti ein cui far crescere la fiducia reciproca. Ci si potrà chiedere quali attinenze pos-sa avere il laboratorio teatrale con il te-ma della povertà. La risposta viene se-guendo i percorsi proposti dalle due au-trici che, attraverso tecniche di lavoro emetodologie differenti, invitano a coin-volgere i partecipanti in attività, mediatesempre dalla presenza di un educatoreo di un insegnante, che iniziano congiochi ed esercizi di relazione corporeache aiutano a costruire un clima di vi-cendevole fiducia. Si passa quindi allapresentazione del testo da esaminare esi esplorano le parole-chiave sui perso-naggi e sulle situazioni. A questo propo-sito si può dire che i percorsi pensati peril dvd sono ricchi di suggestioni, invitan-

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Parlare di povertàattraverso il teatroMissione possibile?di Maria Luisa [email protected]

Come accennato, le implicazioni educa-tivo-didattiche di tali percorsi sono no-tevoli. In primo luogo, in un’ottica disviluppo integrato della persona, è fon-damentale riscoprire il valore della cor-poreità e dare forza ad una parte delnostro essere che, nonostante l’impe-

rante cura per il corpo (che a livellomediatico assume dimensioni osses-sive), stenta ad entrare in campoeducativo. Dare valore alla corpo-reità significa educare all’affettivitànel senso più ampio del termine.Significa costruire «spazi» in cui èpossibile far circolare non solo in-

formazioni, ma anche emozioni incui diventare più ricchi. La lotta alla

povertà assume allora una prospettivaquasi più intima, che parte dal cuore esi apre all’alterità passando attraversola relazione. In secondo luogo, lavorare sul corpo eattraverso il corpo, facendolo diventareesso stesso veicolo di messaggi profon-di, significa imparare a dedicare e a de-dicarsi un tempo e uno spazio per leg-gere la complessità di chi ci vive accan-to. Una complessità che spesso prefe-riamo non considerare, dimenticare,mettere tra parentesi… e riconoscere lacomplessità insita in ogni situazionespecifica non è forse il primo passo perde-costruire la povertà? q

do, tra l’altro, alla (ri)lettura di opere an-tiche, ma significative e feconde di ri-flessioni plurilivello. Pensiamo, ad esem-pio, alla proposta di analisi operata dal-le autrici, di una rilettura dell’Antigonedi Sofocle. Quest’opera, infatti, può es-sere letta a più livelli: da un’ottica dieducazione alla cittadinanza attiva (laprotagonista affronta con coraggio leleggi della città per rispettare la personae i suoi diritti) ad una riflessione su unaparticolare e indipendente figura fem-minile, che apre pensieri successivi sulruolo politico delle donne, e così via.Dopo aver lavorato a questo livello, siprocede nell’immedesimazione e nellacostruzione corporea del personaggio.Segue - nel caso specifico dell’Antigone- la costruzione simbolica della città-po-lis nella quale agire con attività di im-provvisazione collettiva.

ZERO POVERTYKIT MULTIMEDIALEPercorsi di educazione alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale

Gruppo Editoriale Città Nuova 2 volumi - 80 e 64 pagine + dvdEuro 10,00

Disponibile pressoLibreria dei PopoliVia Piamarta 9 - 20121 Brescia Tel. 030.3772780 - Fax [email protected] www.saveriani.bs.it/libreria

Dare valore allacorporeità significacostruire «spazi» in

cui è possibile farcircolare non solo

informazioni, maanche emozioni in cui diventare

più ricchi

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In una società dominata da un intrat-tenimento televisivo spesso privo di

contenuti, che spinge i ragazzi all’an-nullamento delle proprie potenzialitàcreative verso vuoti modelli di omolo-gazione, il Teatro della Cooperativavuole farsi canale privilegiato per la riva-lutazione dell’individuo come del grup-po, non più spettatore passivo e super-ficiale, ma direttamente coinvolto nel-l’elaborazione di un ritratto di vita cari-co di sentimenti e significati.L’iniziativa ha come finalità la promo-zione e lo sviluppo della creatività gio-vanile attraverso un percorso artistico discoperta della materia teatrale in ognisuo aspetto. Il palcoscenico è residenzaartistica comune, un linguaggio univer-sale al di là di qualunque barriera, unpercorso di maturazione personale, cul-

turale e civile. Per questo gli incontri e iworkshop nel processo di realizzazionedello spettacolo Sogno di una notte dimezza estate di William Shakespearesaranno condotti da attori stranieri, or-mai perfettamente inseriti nella realtàculturale e professionale italiana, prove-

Il teatro oltre le barriereAttori del mondodi Mohamed Ba

nienti dai cast di diversi spettacoli pro-dotti dal Teatro della Cooperativa. L’ini-ziativa è dunque rivolta a ragazzi diqualunque provenienza, giovani immi-grati di prima e seconda generazione,milanesi o semplicemente italiani.A ciascuno di essi verrà assegnato unotra gli attori scelti dal Teatro della Coo-perativa per condurre il laboratorio finoalla realizzazione di un allestimento chevedrà i ragazzi protagonisti, sia comeattori sia in qualità di costumisti e sce-nografi. Le singole creazioni delle realtàcoinvolte saranno infine convogliate inun’unica messa in scena.

Perché il «Sogno»?

Il Sogno di una notte di mezza estate,con i suoi mondi contrapposti (quellodel giorno e della notte), il suo bottinodi immagini, suoni e ritmi, resta un te-sto accattivante. Nel misterioso e magi-co mondo del Sogno confluiscono di-verse realtà: nobili e amazzoni, rozzi ar-tigiani e giovani cortigiani viziati, straniesseri, fate e folletti capaci di ogni tipod’incantesimo, per raccontarci la fragili-tà delle convenzioni sociali, il confinesottile tra realtà e sogno, normalità eanormalità, il quotidiano e il mito. La ri-proposizione del medesimo testo delSogno di una notte di mezza estate,frutto di un percorso all’insegna delloscambio tra molteplici tradizioni teatra-li, darà agli attori di allora la possibilitàdi rielaborare autonomamente l’espe-rienza fatta insieme, e i ragazzi di oggipotranno finalmente «dire la loro» por-tando nuove suggestioni.

Per informazioniwww.teatrodellacooperativa.it

PerchéShakespeare?

Per Shakespeare la vita stessa èteatro, una messa in scena fattadi luoghi e personaggi. Eccoperché, nel mondo dellospettacolo, le inconfondibili iconeshakespeariane non hanno maismesso di richiamare l’attenzionee di stuzzicare la creatività diregisti ed attori di ogni sorta,abbandonando ogni timorereverenziale per dare libero sfogoalla fantasia nel raccontodell’animo umano.

Rubrica a cura di Nadia Savoldelli

L’iniziativa è rivolta aragazzi di qualunque

provenienza, giovani immigrati di prima

e seconda generazione,milanesi o semplicemente

italiani

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Da una «laicitàdell’ignoranza» ad una «laicità della conoscenza»

I l 29 marzo scorso, dopo uncammino lungo, stimolante,

ma non privo di ostacoli, è statofinalmente firmato dal MIUR(Ministero dell’istruzione, del-l’università e della ricerca) e daBiblia il protocollo d’intesa mi-rante a favorire la diffusione del-la conoscenza della Bibbia nellescuole italiane. L’accordo non in-terferisce con l’insegnamentoreligioso confessionale e s’ispi-ra a principi di laicità e di ecu-menismo. Non è prevista l’intro-duzione di una nuova «materia»d’insegnamento, ma la promo-zione della conoscenza dellaBibbia all’interno delle diversematerie o in percorsi interdisci-plinari attivati dalle singolescuole. L’Associazione Biblia si è impe-gnata a realizzare, in collabora-zione con istituzioni o organismiscolastici, «interventi formativi fi-nalizzati ad offrire chiavi di lettu-ra e interpretazioni interdiscipli-nari della Bibbia in riferimentoagli ambiti storico, artistico, filo-sofico, etico, giuridico e lettera-rio; a progettare percorsi di let-tura del testo biblico rivolti aglistudenti dei diversi livelli diistruzione» e a produrre e diffon-

Agnese Cini TassinarioPresidente di Biblia

Biblia si èimpegnata a

realizzareinterventiformativi

finalizzati adoffrire chiavi

di letturadella Bibbia

L’impegno che attende Biblia èarduo da diversi punti di vista,non solo da quello culturale e di-dattico: contiamo sul preziosolavoro che Biblia compie da ol-tre un decennio e su quello di al-tre istituzioni e associazioni chesi sono attivate per la diffusionedegli studi religiosi, soprattuttodella conoscenza della Bibbia,non solo nelle rispettive comuni-tà di fede, ma anche nell’ambitosociale: perché si riesca a pas-sare da una «laicità dell’ignoran-za» ad una «laicità della cono-scenza». Due obiettivi ci sembrano prati-cabili abbastanza rapidamente:

allestire una sezione Bibbia escuola all’interno del sito di Bi-blia, dove raccogliere materialesignificativo dal punto di vistaculturale e didattico cui possanoriferirsi scuole e docenti di ogniordine e grado interessati a spe-rimentare specifici progetti (lasezione Bibbia e scuola all’inter-no del sito di Biblia è già attiva econtiene un ricco materiale di-dattico); preparare alcuni incontri d’il-lustrazione della proposta (e diformazione) per dirigenti e do-centi.

Per sviluppare un progetto cosìimpegnativo è necessario dar vi-ta ad una commissione didatticae per ragioni pratiche vogliamoarticolarla in due gruppi, uno alNord e uno al Centro-Sud.

dere i materiali didattici neces-sari. Tutti questi obiettivi sono stati ri-baditi in un primo incontro il 13maggio di una commissione pa-ritetica costituita da funzionaridel MIUR e dagli esponentidell’Associazione Biblia PaoloNaso (dell’Università di Roma -La Sapienza), Marinella Perroni(del Pontificio Ateneo Sant’An-selmo di Roma) e Gian GabrieleVertova (già docente di Lettereal Liceo Classico Statale «PaoloSarpi» di Bergamo e dirigentedel Centro studi e documenta-zione «La Porta» di Bergamo).Nel corso della riunione è statodefinito un programma d’iniziati-ve che prevede, tra l’altro, unConvegno di studi nazionale ealcune giornate di studio per di-rigenti scolastici e insegnanti.

Per una diffusionedella Bibbianelle scuole italiane

Biblia – Associazione laica dicultura biblica, ONLUSVia A. da Settimello, 12950041 Settimello (FI)tel. 055/8825055 – fax055/[email protected] (presidenza)[email protected](segreteria)

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Inaugurato a Bresciail programma d’incontricon gli autori

Il Centro Saveriano di Anima-zione Missionaria di Brescia

ha lanciato una nuova iniziativache si concluderà a fine gennaio2011: una serie d’incontri con gliautori di recenti volumi su temisociali, religiosi, missionari, dipace e di dialogo interreligioso(l’elenco completo si trova in ter-za di copertina). Incontrare l’au-tore, ascoltare la sua viva voce,rivolgergli domande, rappre-senta un momento vivo e intensodi partecipazione culturale, mol-to apprezzato dai partecipanti.Ad aprire la serie d’incontri sonostati, l’8 novembre scorso, MariaLuisa Damini, coautrice di ZeroPoverty - Agisci ora, e GiorgioCotelli, direttore della Caritas diBrescia. Ha moderato l’incontroBrunetto Salvarani, direttore diCEM Mondialità.

Zero Poverty - Agisci ora è il kitrivolto a chi lavora a vario titolocon le realtà giovanili, realizzatoda Caritas Italiana in collabora-zione con un gruppo di lavoro diCEM Mondialità coordinato daAluisi Tosolini, composto da untesto dedicato ai ragazzi ed aigiovani dai 14 anni (80 pagine),una guida per gli educatori, i do-centi ed i formatori (64 pagine),

un dvd contenente percorsi, ma-teriali, documenti e suggestioni.Ma come utilizzare il kit in con-creto? «Anzitutto a scuola - hasottolineato Maria Luisa Daminimostrandone con un’accurataproiezione powerpoint i conte-nuti -, in classe o in più classi riu-nite, in gruppi parrocchiali,scout, associazioni giovanili,ecc. Il kit è come un cantiereaperto, da cui possono partiremolti itinerari diversi, attingendoai quattro “contenitori di signifi-cato” presenti nel kit stesso (po-vertà ed esclusione sociale, po-vertà ed Europa, volontariato epovertà, cittadinanza attiva e lot-ta alla povertà) che ci guidanonella nostra riflessione sulla lottaalla povertà». Giorgio Cotelli ha richiamatol’importanza del kit soprattuttosotto il profilo della narrazione:«È essenziale saper trasmettereai giovani, che, contrariamente aquanto si pensa, sono pronti aimpegnarsi di fronte a un pro-getto serio e preciso, il comesappiamo parlare di povertà. Inaltre parole, nella nostra espe-rienza di Caritas bresciana, ab-biamo rilevato che da parte loronon è prioritario conoscere cosafacciamo per i poveri, ma comelo facciamo! Per questo motivoassume una particolare impor-tanza il contenuto del kit, che of-fre ampie possibilità di presen-tare, grazie alle sue molteplicisezioni e all’interattività, percor-si che possono avere una parti-colare attrattiva per i giovani: lapovertà in letteratura, nel cine-ma, nel teatro, nella musica,ecc.». L’appuntamento per tutti gli inte-ressati è ai prossimi appunta-menti di «Caro autore ti chie-do… Una sera d’inverno a SanCristo», la partecipazione è libe-ra, l’ingresso gratuito. q

Una seried’incontri

con gli autoridi recentivolumi su

temi sociali,religiosi,

missionari, di pace

e di dialogointerreligioso

Federico Tagliaferri

Caro autore ti chiedo...Una sera d’inverno a San Cristo

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stato il suo taglio laboratoriale asorprenderci e a costituire la car-ta vincente di questa esperienzaeducativa. In modo per noi asso-lutamente innovativo non siamostati chiamati a fare da auditorioad alcuna conferenza o relazio-ne: abbiamo tutti preso parte aquello che in pedagogia si chia-ma learning by doing, ovvero unapprendimento pratico, attivo.Abbiamo imparato «facendo»,ma ancora di più abbiamo impa-rato «divertendoci»!Durante il pomeriggio di sabatole dinamiche proposte dagli ani-matori, sia di gruppo sia indivi-duali, ci hanno consentito diesplorare il complesso temadell’educazione interculturale,mentre la domenica gli argo-menti affrontati sono stati la glo-balizzazione e la giustizia. Con la Galleria dell’immagina-rio, L’albero delle aspettative eLa valigia del viaggiatore, ognipartecipante è stato chiamatoad interrogarsi sul proprio vissu-to, sul proprio modo di percepi-re se stesso e il mondo, nonchésulle aspettative nutrite versoquesti due giorni di formazionefull immersion.Con i giochi di ruolo I soliti so-spetti, Si dice che…, e Scambicommerciali abbiamo invece ri-flettuto, individualmente e ingruppo, su quanto gli stereotipi,quei diffusi luoghi comuni che

Ho avuto la felice opportunitàdi partecipare, sabato 18 e

domenica 19 settembre 2010, alcorso di formazione L’altra fac-cia del mondo: educarsi allamondialità per una cittadinanzaattiva, organizzato dagli ufficiCaritas, Catechistico, Missiona-rio e Scolastico dell’Arcidiocesidi Agrigento in collaborazionecon CEM Mondialità. L’esperienza si è svolta presso ilocali della parrocchia di SanLorenzo di Agrigento e ha vistocoinvolti numerosi insegnanti,animatori missionari, catechistie operatori Caritas. Il corso èstato guidato da Riccardo Olivie-ri e Umberto Forno, due forma-tori di CEM Mondialità che nelcorso degli anni hanno maturatouna grande esperienza sul cam-po relativamente ai temi dellamondialità. Sapevamo già chel’argomento trattato durantequesta due giorni sarebbe statoquello, per noi ormai abbastan-za familiare, della mondialità,motivo per cui iniziare la forma-zione immediatamente catapul-tati nella dimensione ludica conla Galleria dell’immaginario haspiazzato un po’ tutti!Il corso ha infatti rappresentatoper ognuno di noi un’interessan-te occasione per approfondire lenostre conoscenze sui temi dellamondialità, dell’intercultura, del-la giustizia, ma è sicuramente

Daniele GuaragnaAddetto stampa Centro missionario diocesano di AgrigentoAnimatore Movimento giovanile missionario

L’esperienzasi è svolta

presso ilocali dellaparrocchia

di SanLorenzo diAgrigentoe ha vistocoinvolti

numerosiinsegnanti,

animatorimissionari,

catechisti e operatori

Caritas

nel quotidiano cerchiamo dicontrastare, siano in realtà radi-cati in profondità nella mente enel cuore di ognuno di noi, e sucome le nozioni di intercultura,integrazione e globalizzazionenecessitino per tutti di un appro-fondimento costante nello sforzodi liberarci dai consueti schemimentali e dalle opinioni colletti-ve. L’aspettativa della maggiorparte dei partecipanti era quelladi apprendere, durante questocorso di formazione CEM Mon-dialità, nuove dinamiche da ri-proporre nei propri contesti la-vorativi e di volontariato, persensibilizzare così grandi e pic-coli su temi ancora poco sentiti. Questa esperienza ci ha con-sentito di raggiungere i nostriobiettivi, rivelandosi più intensadel previsto, e non sempre rassi-curante: dietro le spoglie inof-

L’altra facciadel... gioco

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fensive del gioco abbiamo ri-scoperto dubbi, ignoranze e ste-reotipi che albergano ancoraben radicati nel nostro cuore.Ognuno di noi ha infatti percepi-to subito la serietà dei giochiche ci venivano proposti, co-struendo ora dopo ora un perso-nale bagaglio di suggestioni edinformazioni che adesso vannocoltivate, ampliate e messe incircolazione.In questi giorni di formazione,l’apprendimento costante è av-venuto tramite immagini, elabo-rati, scambi di opinioni e giochiche ci hanno fatto riscoprirel’importanza d’imparare in ma-niera ludica, la necessità, pernoi educatori, di rivalutare il gio-co come strumento privilegiatodi apprendimento.

Ci aspettano dunque numerosiimpegni, che ognuno di noi af-fronterà in quanto animatore eformatore, ma anche come sem-plice «cittadino universale».Dopo avere partecipato al corsodi formazione L’altra faccia delmondo ci accingiamo infatti a vi-vere le sfide educative che ciaspettano con una nuova consa-pevolezza. Con la dinamica dei Beati co-struttori di diritti abbiamo simu-lato di essere membri diun’ideale Commissione interna-zionale per la tutela delle libertàdi ogni uomo, immaginando dipotere migliorare le sorti del-l’umanità; ma ognuno di noi, at-traverso questo momento di cre-scita, ha compreso che, nel pro-prio quotidiano, ha davvero imezzi per cambiare il mondo ela propria vita, e provare così afare la differenza con entusia-smo e con la voglia di ri-mettersiin «gioco». q

rubrica a cura di Eugenio Scardaccione | [email protected]

Dopo averepartecipato

al corso diformazione

L’altra facciadel mondo

ci accingiamo a viverele sfide

educativeche

ci aspettanocon una

nuova forza

Un percorso ancora aperto

E adesso? Nessuno di noi partecipanti a questo momento dicrescita personale e professionale considera concluso il propriopercorso: tutte le suggestioni e le informazioni accumulate inquesti due giorni saranno un punto di partenza per unapprofondimento costante... il corso CEM Mondialità è infattiuna tappa all’interno di un percorso di formazione più ampio. Il progetto di formazione del Centro missionario diocesano diAgrigento per l’anno 2010-2011 è infatti ambizioso e moltoarticolato: dal mese di dicembre fino a maggio si svolgerà ilcorso di formazione sui Nuovi stili di vita, tenuto da PadreAdriano Sella, co-fondatore della rete interdiocesana sui nuovistili di vita, destinato ad operatori pastorali, scolastici evolontari di gruppi/movimenti e associazioni. Obiettivo delcorso è, in perfetta sintonia con l’esperienza CEM Mondialità,quello di stimolare un cambiamento nelle proprie scelte di vitae nel proprio atteggiamento verso la natura, le cose, le personee il mondo. Ma la preparazione prosegue anche nelle scuole e tra igiovanissimi, per i quali il Cmd e la Caritas diocesana diAgrigento hanno ideato ben tre diversi progetti.

«Youth for integration»Ha lo scopo di sensibilizzare alla delicata questionedell’integrazione promuovendo una maggiore coscienza criticae uno studio teorico e pratico delle possibilità dei mass media edel giornalismo in particolare, come tappa fondamentale nelcammino verso la costruzione di una società multietnica eaccogliente.

Scuola di volontariato Intende offrire agli studenti un originale percorso di riflessionee di crescita su temi come la giustizia, la mondialità, lasalvaguardia del Creato, per ridefinire insieme l’importanza delvolontariato e incoraggiare lo spirito critico dei giovani, cheattraverso laboratori, esperienze pratiche e campi lavoro hannol’opportunità di scoprire un nuovo modo per accostarsi alla vitae al mondo.

Abbracciamo il mondo È un progetto che si propone di sensibilizzare i giovani dellescuole superiori al dialogo e al confronto nella trattazione ditemi attuali come la globalizzazione e la diversità, conl’obiettivo di educarsi ad una cittadinanza attiva attraversotestimonianze, dinamiche individuali e di gruppo, laboratoriteorici e pratici.

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Daniele Zavalloni Manuale di una mappa bioregionale. Bioregione RomagnaEdizioni Ecoistituto di Cesena, Cesena, 2010, pp. 115, s.i.p.

«...un paese vuol dire di non essere soli,sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’èqualcosa di tuo, che anche quando non ci seiresta ad aspettarti» Cesare Pavese

Queste significative parole dell’acuto scrittore e poeta delle langhe piemontesi ci aiutano moltoad addentrarci nelle righe del prezioso libro di Daniele Zavalloni, edito dall’Ecoistituto di Ce-

sena, Manuale di una mappa bioregionale. Sono pagine ricche d’informazioni, notizie storiche,splendide foto, storie ed esperienze che agevolano la conoscenza di un territorio specifico roma-gnolo, tale da attraversare le sinuose, tenere valli di tre piccoli fiumi come il Savio, il celebre Rubi-cone e l’Uso. Ci s’imbatte, insomma, in un paesaggio dolce e suggestivo, che ci riconcilia, perché è come percor-rere un cammino pieno di sorprese, dove si incrociano castelli, chiese, tradizioni popolari, artigiani,uccelli, piante, che accompagnano il lettore e il viandante, rendendoli meno isolati e tristi. E age-volano tutti a fare una salutare sosta, cercando con determinazione e passione di tutelare e nonsaccheggiare un territorio che presenta molti aspetti interessanti .Queste pagine per nulla noiose di Daniele possono fare rivivere il paesaggio della mappa bioregio-nale con occhi e spirito diversi. Può inoltre essere tracciato una sorta di percorso virtuoso del be-nessere integrale in compagnia degli occhi, degli sguardi, delle mani, del cervello e del cuore, cherichiamano ad un nuovo e più consapevole protagonismo. È un libro che apre alla speranza. Quellache viene rappresentata dalla tenacia, dalla passione, dalla competenza e dal desiderio di valoriz-zare un territorio che va difeso, salvaguardato e curato: la biodiversità, gli orti, le associazioni am-bientalistiche, le tradizioni artigianali e popolari, le teglie di Montetiffi per la rinomata piadina, ilformaggio di fossa di Sogliano al Rubicone, i burattini di Sorrivoli, i lavori di terra cruda, la stampaa ruggine di Gambettola della famiglia Pascucci, l’aula all’aperto, la biblioteca e le varie attraentiiniziative dell’Ecositituto di Cesena, fortemente voluto dai coniugi Giorgio e Verdiana Zavalloni edai figli Daniele, Gianfranco e Raffaele.Un elenco vivente, che m’induce a rievocare tutte le mie personali esperienze vissute in quei luo-ghi, che valgono una visita non da turisti distratti, ma da attenti osservatori: essi sono la puntualedimostrazione di una raffinata cura per il territorio e per le persone, che hanno a cuore ciò che vaben custodito e tutelato . Questo libro non spinge solo a valorizzare il circoscritto, gradevole territorio romagnolo, ma con-tribuisce a fornirci una visione allargata, conducendoci in ogni lembo di terra, in ogni parte delmondo abitato, dove la vita è palpitante e diversa. Tale da passare dall’ammirazione all’appassio-nante azione, e dalla suggestione all’attivo, concreto impegno. Insomma, dopo avere letto, riflet-tuto e gustato queste pagine, viene voglia di rimboccarsi le maniche e di offrire un fattivo contri-buto. Ed andare oltre!Le copie del volume possono essere richieste all’ecoistituto di Cesena all’indirizzo [email protected]

Eugenio Scardaccione

I materiali segnalati (e non segnalati) possono essere richiesti allanostra Libreria dei Popoli che fa servizio di spedizione postale, consconti del 10% per gli abbonati e pagamento in CPP a materiale giàricevuto (nelle richieste specifica che sei un abbonato di CEM)www.saveriani.bs.it/libreria - [email protected]

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i paradossi arnaldo de vidi

Così è Natale!Joao Vito ovvero Sos giovani

J oao Vito è un giovane rimasto preso nella taglioladella droga. Ha fatto un anno di disintossicazionenella Fazenda Esperança, ma vi è ricaduto, comel’80 per cento di coloro che ne sono dipendenti.

Quando è vittima dell’astinenza, Joao Vito impazzisce:ha il fiuto di un animale per scovare ciò che può esserebarattato per droga, o può procurare gli spiccioli percomprarla. Mente sfacciatamente, ruba tutto, scassauna macchina e va acercare cocaina per poiconsumarla con qual-che prostituta in un mo-tel d’infima categoria oin un vicolo cieco. Io non immaginavo chela droga potesse sdop-piare così la personalitàdi un giovane: DoctorJekyll e Mister Hyde. Sì,perché Joao Vito quan-do è padrone di sé, è ungiovane lucido, intelli-gente, coscientizzato;era l’orgoglio dei geni-tori e della nonna chel’ha tirato su. Ho aspettato con pa-zienza il momento buono per ascoltarlo e parlargli, a lun-go. Mi ha ricordato l’anno passato in Fazenda, lodandola struttura, ma facendo qualche critica al metodo: trop-pa preghiera carismatica, troppo convento maschile...L’ho trovato molto sincero, anche se ha perso la coscien-za politica precoce che aveva: «Il grande problema è ilreinserimento. Non ti guardano più come prima. Dovesono Elton, Eric, Raquel, i companheiros de luta? Ma icommilitoni della droga sono lì ad aspettarti...». Per pudore o perché la ferita brucia ancora, non mi parladi Tàssia, la sua ragazza. Nelle lettere dalla Fazenda lui lescriveva frasi dolcissime e così mistiche da lasciar inter-detta la nonna, una pasionaria. Ma Tássia non l’ha aspet-tato, s’è trovata un altro. Credo che il mondo gli sia cadutoaddosso e abbia ripreso a bucarsi per disperazione!

Scrivo su Joao Vito per lanciare un allarme: la droga stasterminando i nostri giovani. Nella città di Manaus muo-iono di droga e/o di violenza oltre cinquanta giovaniogni mese! Vien da supplicare la misericordia di Dio per una solu-zione miracolistica, o pretendere il paredon per glispacciatori. Ma droga è come le armi: essendocenetantissima, inevitabilmente la si usa. Credo che i gover-

ni si arricchiscano con la droga come con le armi, altri-menti farebbero in modo di eliminarla. Il mio dialogo con Joao Vito ha preso una piega inaspet-tata: è arrivata Debora, amica d’infanzia, giovane eppu-re matura, decisa a stare con lui, nonostante i genitorisiano contrari. Joao Vito accetta di tornare per un periodo nella Fazen-da Esperança, prima che la tagliola diventi ghigliottina.Poi cambierà regione (c’è una zia che abita nel Goiás).Speriamo che Debora sia arrivata in tempo. Joao Vitosogna di nuovo: «Sento che solo se avessi un figlio - mioe di Debora - diventerei pulito, eliminerei la droga dallamia vita». Così è Natale! q

[email protected]

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La droga ècome le armi:essendocene

tantissima,inevitabilmentela si usa. Credoche i governi si

arricchiscanocon la drogacome con le

armi, altrimentifarebbero in

modo dieliminarla

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la pagina di... rubem alves

Vivere la vitacome la vivono i bambini

Un uomo dalla folla chiese: «Qual è il segretodella pace?». Il Signore delle Storie rispose:«Non vivete la vostra vita con l’ansia, preoccu-

patevi per quello che dovrete mangiare e bere. Nonpreoccupatevi neppure per ciò che il vostro corpo do-vrà indossare. La vita è molto più del cibo. Il corpo èmolto più dei vestiti. Guardate gli uccelli del cielo: nonseminano, non raccolgono, non accumulano… la vitaha comunque cura di loro. E voi valete molto di più de-gli uccelli del cielo. In ogni caso, chi tra di voi, per an-

sioso che sia, con la sua ansia è in grado di aumentareanche di un solo giorno la sua vita?E qual è il motivo per cui voi vi preoccupate tanto per ivestiti che dovete indossare? Vedete come crescono igigli del campo... Affermo, infatti, che neppure i re e leregine si vestono bene come anche soltanto uno di loro.Voi, soprattutto, dovete preoccuparvi della saggezzadella vita e della giustizia che essa porta e tutte questecose vi risulteranno secondarie. Non dovete essere in-quieti per quello che ancora non è successo e neppuresappiamo se succederà. Ci si deve occupare dei mali di domani, domani. Il maledi ogni giorno è sufficiente per quel giorno». q

Traduzione di Marco Dal Corso

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GRUPPO CEM

KIT ZERO POVERTY. Agisci ora!Percorsi di educazione contro la povertà e l’esclusione socialeCaritas Italiana - Città Nuova, Roma 2010

Presentano il kitMarialuisa DaminiCOAUTRICE

Giorgio CotelliDIRETTORE CARITAS BRESCIA

Zero Poverty - Agisci ora! È un kitmultimediale: una guida didattica per gliinsegnanti, un quaderno rivolto ai ragazzi dai14 anni e un DVD formativo; un progetto diformazione sui temi della povertà,dell’esclusione sociale.

martedì 23 novembre 2010

ore 17.30

lunedì 8 novembre 2010

ore 17.30

ModeratoreFranco FerrariCAPOREDATTORE DI “MISSIONE OGGI”

ModeratoreBrunetto SalvaraniDIRETTORE DI “CEM MONDIALITÀ”

GIOVANNI MUNARI, MARIO GHIRETTI

SULLA MISSIONEEMI, Bologna 2010

Dialogano con gli autoriMaria Teresa RattiDIRETTRICE DI “COMBONI FEM”

Mario MeninDIRETTORE DI “MISSIONE OGGI”

L’Occidente cristiano ha ancora un doveremissionario nei confronti del resto del mondo? Ha ancora senso, al giorno d’oggi, mantenereun movimento che ha le sue radici e i suoicapisaldi nel lontano Ottocento? Da similidomande è nato questo libro.

PATRIZIA CANOVA, MICHELE DOTTI

DUDAL JAMA scuola di paceEMI, Bologna 2010

Dialogano con gli autoriClelia MinelliRESPONSABILE CEM DELLA “CAMPAGNA DUDAL JAM”

Questo libro con CD-rom è una sorta diracconto a più voci, in cui la partecipazione di più persone, italiane e burkinabé e lascrittura collettiva sono il vero valoreaggiunto del prodotto editoriale. I singoli contributi sono come perle diverse di un’unica collana.

RANIERO LA VALLE

PARADISO E LIBERTÀL’uomo, quel Dio peccatorePonte alle Grazie, Milano 2010

Dialogano con l’autorePaolo BoschiniFILOSOFO

Mauro CastagnaroGIORNALISTA

L’autore si interroga sull’enigma della libertà,nella quale, più che ha nella ragione, trova lospecifico umano e la radice divine dell’uomo, e lo fa assumendo le sfide del mondo, ildramma della crisi spirituale e politica italiana,dedicando alcune pagine all’amore e almatrimonio, al mistero del male e del peccato.

venerdì 10 dicembre 2010

ore 17.30

mercoledì 1 dicembre 2010

ore 17.30

ModeratoreFabio CorazzinaMEMBRO DI “PAX CHRISTI ITALIA”

ModeratoreMarcello StorgatoDIRETTORE DI “MISSIONARI SAVERIANI”

venerdì 28 gennaio 2011

ore 20.30

martedì 18 gennaio 2011

ore 17.30

BRUNETTO SALVARANI

RENZO FABRIS. Una vita per il dialogocristiano-ebraicoEMI, Bologna 2010

Dialogano con l’autoreBruno SegreDIRETTORE DELLA RIVISTA DI CULTURA EBRAICA “KESHET”

Franca CiccoloVEDOVA FABRIS E MEMBRO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA AMICI DI “NEVÉ SHALOM / WAAHAT AS-SALAAM”

Il volume presenta il percorso culturale di Renzo Fabris (1929-1991), il suo lascito al dialogo cristiano-ebraico e allacomprensione cristiana del mistero d’Israele,collocandoli nell’orizzonte di un’esistenza nel mondo, da laico.

ModeratoreMario MeninDIRETTORE DI “MISSIONE OGGI”

TIZIANO TOSOLINI

UNA LETTURA ORIENTALE DEL DIALOGOIl caso GiapponePazzini Editore, Villa Verucchio (RN) 2010

Dialogano con l’autoreLuigi MenegazzoVICARIO GENERALE DEI MISSIONARI SAVERIANI

Marco VigoloMISSIONARIO SAVERIANO IN GIAPPONE

L’autore ci guida all’interno di un’analisiche non si serve solo di dati rilevabili nelpresente, ma risale anche alle causestoriche, che hanno costruito il modo diagire e pensare del Giappone moderno.

ModeratoreMarco Dal CorsoDIRETTORE DELLA COLLANA “FRONTIERE” DI PAZZINI EDITORE

Caro autore ti chiedo…Una sera d’inverno a San Cristo

Missionari Saveriani - Via Piamarta, 9 Brescia - tel. 3030.3772780 - ingresso libero - ampio parcheggio gratuito

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w.saverianibrescia.com

/libreria_dei_popoli.php

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RINNOVATEL’ABBONAMENTO PER IL 2011

A CEM MONDIALITÀIL MENSILE DELL’EDUCAZIONE

INTERCULTURALELa rivista, nata nel 1967, è la voce del movimento CEM.

Essa ha scommesso fin dalle origini sul vocabolo «mondialità», che a quel tempo

non compariva neppurre nei dizionari. Oggi l’intercultura è non solo la tematica

che caratterizza la rivista, ma anche la sua metodologia, grazie all’interattività e al volontariato

c.c.p. n. 11815255Ufficio Amministrazione Abbonamenti

Centro Saveriano Animazione Missionaria | via Piamarta 9 | 25121 Bresciatel. 030 3772780 - fax 030 3774965

e-mail: [email protected]

COSTODELL’ABBONAMENTO

PER IL 2011EURO 30,00

Abbonamenti cumulativi 2011CEM + Azione nonviolenta € 51,00 invece di € 62,00CEM + Mosaico di pace € 52,00 invece di € 60,00CEM + Confronti € 67,00 invece di € 80,00CEM + Nigrizia € 54,00 invece di € 62,00CEM + Conflitti € 43,00 invece di € 52,00CEM + Gaia

€ 40,00 invece di € 50,00CEM + Dada€ 50,00 invece di € 60,00CEM + Qol€ 42,00 invece di € 55,00CEM + Missione Oggi € 52,00 invece di € 60,00CEM + Satyagraha € 42,00 invece di € 55,00CEM + MISNA Online(*) € 60,00 invece di € 80,00

(*) Misna online ha bisogno della mail dell’abbonato per potergli comunicarela password di accesso alla rivista online

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