4. I saperi - CDSR...ADESSO! Dalle paure al coraggio civile, per una cittadinanza glocale 4. I...

52
ADESSO! Dalle paure al coraggio civile, per una cittadinanza glocale 4. I saperi Contiene I.P. - I.R.

Transcript of 4. I saperi - CDSR...ADESSO! Dalle paure al coraggio civile, per una cittadinanza glocale 4. I...

ADESSO!Dalle paure al coraggio civile,per una cittadinanza glocale

4. I saperi

Cont

iene

I.P.

- I.R

.

copertina_cem_novembre 2010_Layout 1 08/11/2010 17.20 Pagina 1

Direttore:Brunetto Salvarani - [email protected]

Condirettori: Antonio Nanni - [email protected] Lucrezia Pedrali - [email protected]

Segreteria:Michela [email protected]

Redazione: [email protected] Tagliaferri (caporedattore)Monica Amadini, Daniele Barbieri, Carlo Ba-roncelli, Davide Bazzini, Giuseppe Biassoni,Silvio Boselli, Luciano Bosi, Patrizia Canova,Azzurra Carpo, Stefano Curci, Marco Dal Cor-so, Lino Ferracin, Antonella Fucecchi, AdelJabbar, Sigrid Loos, Karim Metref, RobertoMorselli, Nadia Savoldelli, Alessio Surian,Aluisi Tosolini, Rita Vittori, Patrizia Zocchio

Collaboratori: Roberto Alessandrini, RubemAlves, Fabio Ballabio, Michelangelo Belletti,Simona Botter, Paolo Buletti, Gianni Caliga-ris, Andrea D’Anna, Mariantonietta Di Capita,Alessandra Ferrario, Francesca Gobbo, Cri-stina Ghiretti, Piera Gioda, Stefano Goetz,Grazia Grillo, Mimma Iannò, Renzo La Porta,Lorenzo Luatti, Francesco Maura, MariaMaura, Oikia Studio&Art, Roberto Papetti, Lu-ciana Pederzoli, Carla Sartori, Eugenio Scar-daccione, Oriella Stamerra, Nadia Trabucchi,Franco Valenti, Gianfranco Zavalloni

Direttore responsabile: Marcello Storgato

Direzione e Redazione:Via Piamarta 9 - 25121 Brescia Telefono 030.3772780 - Fax [email protected]. n. 11815255

Amministrazione - abbonamenti:Centro Saveriano Animazione MissionariaVia Piamarta 9 - 25121 Brescia Telefono 030.3772780 - Fax 030.3774965 [email protected]

Registrazione Tribunale di Parma, n° 401 del 7/3/1967Editore: Centro Saveriano Animazione Missionaria -CSAM, Soc. Coop. a r.l., via Piamarta 9 - 25121 Bre-scia, reg. Tribunale di Brescia n° 50127 in data19/02/1993.

Quote di abbonamento:10 num. (gennaio-dicembre 2011) Euro 30,00Abbonamento triennale Euro 80,00Abbonamento d’amicizia Euro 80,00Prezzo di un numero separato Euro 4,00

Abbonamento CEM / estero:Europa Euro 60,00Extra Europa Euro 70,00

Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazioneDisegni di copertina: Silvio BoselliStampa: Tipografia Camuna - Brescia

EditorialeMa il mondo esiste? 1Brunetto Salvarani

questo numeroa cura di Federico Tagliaferri 2

Lettere in redazioneUna bella esperienza 3di auto-aggiornamentoM. Cucchiaro - A. Di Bernardo

A scuola e oltre

rifare gli italianiSimboli nazionali e memoria 4collettivaAntonio Nanni, Antonella Fucecchi

bambine e bambiniAutonomia e pensiero 6Lucrezia Pedrali

ragazze e ragazziMade in... The world 8Paola Berrettini

generazione yLa scrittura dei giovani 10Stefano Curci

in cerca di futuroSe il telefonino filma la vita 12quotidianaDavide Zoletto

che aria tira a scuolaIl lusso sicurezza 13Patrizia Zocchio

buone pratiche di resilienzaSi sta come d’autunno sugli 14alberi le foglieOriella Stamerra, Alessandra Ferrario

la pedagogia della lumacaAlberto Manzi 16Gianfranco Zavalloni

Il «restodelmondo»

agenda interculturaleSolo due fa volo 33Alessio Surian

prati-careIn-giro di boa 34Beatrice Iorio

scor-dateUn precedente pericoloso 35a cura di Dibbì

dudal jamLa settimana dopo-Convegno 36Clelia Minelli«Baratto» di parole e gesti di pace 37Rita Roberto

saltafrontieraPer insaziabili teste toste 38Lorenzo Luatti

pixelIl catalogo dell’Ikea 39Roberto Alessandrini

nuovi suoni organizzatiPaul Simon 40Luciano Bosi

zero povertyParlare di povertà attraverso... 41Maria Luisa Damini

crea-azioneCosa bolle in pentola 42Mohamed Ba

spaziocemCaro autore ti chiedo... 43La skuola e le sue tre cugine 44Daniele Barbieri

CEM Sud a Salerno 45Oliviero Ferro

Mediamondo 46

i paradossiAndare per morti 47Arnaldo De Vidi

la pagina di... r. alvesPurezza di cuore e amare... 48

Sommarion. 9 / novembre 2010

Rivista del Centro Educazione alla Mondialità (CEM)dei Missionari Saveriani di Parma, con sede a Brescia

E-mail: [email protected]

www.cem.coop

ADESSO! DALLE PAURE AL CORAGGIO CIVILE, PER UNA CITTADINANZA GLOCALE4. I SAPERI

Quali saperi per costruire 17la cittadinanza glocaleAntonio Nanni

Profeti di glocalità Muhammad Yunus 19Stefano Curci

LuoghiCittà senza città 20Davide Bazzini

Cinema. Agorà 31Lino Ferracin

L’educazione interreligiosa in Italia 23Oltre il muro di vetroquarta puntata

a cura di Brunetto Salvarani

copertina_cem_novembre 2010_Layout 1 08/11/2010 17.20 Pagina 2

novembre 2010 | cem mondialità | 1

brunetto salvarani | direttore [email protected]

Ma il mondo esiste?

M olti anni fa, un cantautore che m’incuriosiva,Claudio Rocchi, cantava un pezzo intitolatoLa realtà non esiste, in sintonia con un cli-

ma culturale che si apriva volentieri alle ragioni del-l’Oriente. Oggi un suo epigono che intendesse fareun’operazione del genere, dovrebbe cantare piuttosto Ilmondo non esiste. Perché? Negli ultimi mesi - ma il fe-nomeno viene da lontano - la nostra informazione appa-re totalmente schiacciata sulle cose di casa nostra, su-gli eventi, più o meno rilevanti, della politica, della cro-

naca e del costume del Belpae-se: mentre il pianeta che pureabitiamo fa capolino solo in ca-si eccezionali, vale a dire di-sgrazie imponenti, vicende divip, eventuali guerre che fac-ciano notizia (la maggior partedi esse, infatti, accade senzache i nostri media se ne accor-gano neppure lontanamente).La situazione è paradossale. Inostri giovani, infatti, si recanosempre più spesso all’estero, esempre più spesso per trovarvimotivi di senso per la loro vita,come recitano le statistiche;mentre il mondo arriva nellenostre case e vie e città in moltimodi: nei volti di chi emigra

qui, in primo luogo. A noi, però, di regola non è datopossedere strumenti per decifrarlo, quel mondo, percapire qualcosa di ciò che sta avvenendo intorno a noie a noi. Giornali, telegiornali, l’informazione in genere,pensa ad altro, in un’autarchia miope quanto banaliz-zante. Da qui, la reazione più ovvia di fronte alle trasfor-mazioni in atto: timore, fastidio, rancore, inquietudine. Eillusione di poter reinterpretare la cittadinanza in chiavedi legami di sangue, di chiusura all’interno di patriesempre più piccole e di esclusione sociale nei confrontidi chi ha caratteristiche etniche, linguistiche e religiosediverse da quelle di un autodefinito popolo. Eppure, sele città italiane sono sempre più multiculturali, la nostra

società - come ci siamo detti in occasione del convegnodello scorso agosto, a San Marino - avrebbe l’obbligo diformare cittadini capaci di vivere con pienezza dentro inuovi contesti glocali, caratterizzati dal pluralismo. Solocosì potrebbero essere ricostruiti i legami sociali e lasolidarietà che tengono assieme la vita delle/nelle città.Pura utopia? Per tentare, in ogni caso, bisogna attrez-zarsi al dialogo, all’incontro, alla mediazione e alla con-tinua rinegoziazione di vissuti e significati. Da questopunto di vista, il termine glocale, tema di quest’annoper la nostra rivista, compone due diverse concezioni:cittadinanza come relazione di inclusione politica delsoggetto nello Stato (locale) e/o cittadinanza societaria,come relazione sociale di responsabilità e appartenen-za a una sfera comune, un territorio senza confini fisici(globale). Proprio a San Marino, è stato don Luigi Ciotti,il coraggioso e dinamico fondatore di Libera, a infiam-mare gli animi dei presenti con la sua passione civile, ilsuo impegno a favore degli emarginati, la sua capacitàdi affrontare la paura, malattia apparentemente inguari-bile della società contemporanea. «Il vero significatodella parola coraggio - ha sottolineato don Ciotti - è ave-re cuore, che si traduce anzitutto in un’assunzione di re-sponsabilità, per la quale non servono eroismi, ma uncostante impegno quotidiano». Ricordando lo stretto le-game che il coraggio ha con la libertà e dunque con laresponsabilità, egli ha ricordato che la cultura scuote lecoscienze, ed è la premessa della nostra libertà: in unpanorama sociale sempre più povero culturalmente, al-la ricerca continua di capri espiatori e a forte rischio dinevrosi (negli ultimi tre anni, ad esempio, in Italia è tri-plicato il ricorso agli antidepressivi) «non possiamo vi-vere in pace - ha concluso - ma dobbiamo vivere per lapace e per i diritti». Citando come esemplare il sapien-te monito racchiuso nel testamento di Paolo VI, che scri-veva: «Sul mondo: non si creda di giovargli assumendo-ne i pensieri, i costumi, i gusti, ma studiandolo, aman-dolo, servendolo». Ma il mondo, per chi non abbia lapossibilità di informarsi con mezzi propri - dal web a ri-viste preziose come Internazionale - non esiste neppu-re. Un’illusione, certo, che può funzionare a corto rag-gio: ma a gioco lungo è destinata a produrre disastri.

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 1

Questo numeroa cura di Federico [email protected]

Questo numero di CEM Mondialità s’inoltra nei temi dell’annata 2010-2011 della rivista, dedicata

a «Adesso! Dalle paure al coraggio civile, per una cittadinanza glocale». Il «dossier» monografico,

a cura di Antonio Nanni, dedicato a «Quali saperi per costruire la cittadinanza glocale?», intende

percorrere itinerari di conoscenza su quali saperi siano necessari per promuovere negli studenti

la costruzione di una cittadinanza glocale, cioè insieme locale e globale, nazionale e cosmopolita.

Scrive l’autore: «La risposta che daremo [per rispondere a questi quesiti] riguarda quattro principali direzioni: sa-

peri per leggere la “complessità” del reale a livello locale e planetario; saperi per orientarsi nell’attuale società cros-

smediale, (digitale, audiovisiva, informati-

ca…); saperi per convivere nella società

multiculturale, multietnica e multireligio-

sa; saperi per la fruizione e la tutela del-

l’ambiente e dei “beni comuni” (dall’acqua

alle tradizioni locali). Su ognuno di questi

quattro ordini di saperi - sottolinea Nanni -

offriamo una serie di stimoli e di orienta-

menti utili per l’educazione e l’insegna-

mento scolastico». «Mi sembra evidente -

aggiunge ancora l’autore - che un currico-

lo all’altezza dell’attuale periodo storico

non può essere né solo locale né solo glo-

bale, ma deve coniugare le ragioni del lo-

calismo e dell’identità con le ragioni della

mondialità e della differenza. La sintesi di

queste due dimensioni corrisponde esatta-

mente a ciò che possiamo definire gloca-

lizzazione dei saperi e che fino a ora si era

soliti chiamare internazionalizzazione». Al-

l’interno del «dossier», Lino Ferracin ci par-

la del film Agorà, un’efficace prova cinematografica dedicata a Ipazia, filosofa, matematica e astronoma vissuta tra

la fine del IV e l’inizio del V secolo dopo Cristo, che pagò con la vita il suo spirito libero e indipendente in un’epoca

di scontri e di fanatismi religiosi. Nell’inserto centrale, dedicato a «L’ora delle religioni», Brunetto Salvarani ci offre

un interessante riassunto sulla questione dell’educazione interreligiosa in Italia, ricordando come l’ambito religio-

so e interreligioso costituisca oggi un terreno privilegiato, complesso ma ineludibile, per il mondo della scuola,

dell’educazione e della formazione. Nelle pagine riservate all’iniziativa Dudal Jam, Clelia Minelli e Rita Roberto ci

aggiornano sulle intense giornate vissute in Italia dai rappresentanti burkinabè dopo la loro partecipazione al Con-

vegno CEM 2010 a San Marino: anche questo è un modo quanto mai vivo ed efficace per far conoscere la Cam-

pagna Dudal Jam. Sostenete la Campagna! È una parte importante dell’impegno di CEM! q

Le foto che corredano questo numero sono state scattate al Convegno CEM 2010 di San Marino da Fiorenzo Raf-

faini e Federico Tagliaferri.

2 | cem mondialità | novembre 2010

Cinzia TeruzziLe illustrazioni che corredano il dossier sono state realizzate da Cinzia Teruzzi, che ringraziamo di cuore. Ecco un suo breve profilo:

«Sin da giovanissima ho avuto una particolare attrazioneper l’arte: studi di pianoforte, danza e poi la passione perle arti figurative. La passione per il disegno è riemersaprepotente in età adulta: ho frequentato corsi didisegno e tecniche pittoriche presso la Scuola dellaVilla Reale di Monza e la Scuola d’Arte del Castello diMilano, presso la quale mi sono diplomata in Illustrazione nel 2007 apieni voti. Ho frequentato i corsi di Sarmede presso la FondazioneMostra Internazionale di illustrazione Stephan Zavrel. Nel 2008 primopremio al concorso Edizioni Farnedi sul tema “la donna” e segnalazione alconcorso “Scarpetta d’Oro 2008” sul tema “Europa in cammino”. Ho tenutomostre collettive a Milano, Cassinetta di Lugagnano, Bergamo».

Per contatti: [email protected]

Un grazie anche a Massimo Bonfatti, illustre disegnatore di fumetti modenese,per la vignetta dedicata al nostro direttore, che ha per protagonista Cattivik.

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 2

novembre 2010 | cem mondialità | 3

Monica CucchiaroAntonella Di BernardoDocenti IRC - Udine

UNA BELLA ESPERIENZA DI AUTO-AGGIORNAMENTO

Carissimi amici di CEM Mondialità,siamo Monica e Antonella, dueinsegnanti di religione della diocesidi Udine. Abbiamo pensato discrivere questa lettera per rendervipartecipi di una bellissimaesperienza di auto-aggiornamentoche ci ha viste coinvolte negli ultimidue anni scolastici. Un paio di anni fa, ad un convegnoCEM di Viterbo, Brunetto Salvaranici parlò di Sarah, che, con le suecolleghe di Foggia, stavasperimentando il metodo Bradfordnell’insegnamento della religionecattolica. Ritornate in Friuli, neabbiamo parlato con alcuneinsegnanti/amiche della scuolaprimaria e secondaria di primogrado e, insieme, abbiamo deciso dichiedere al direttore del nostroUfficio Scuola Diocesano, donGiancarlo Brianti, di poter realizzareun laboratorio di auto-aggiornamento sul metodoBradford. Inaspettatamente ci ha

accordato subito il permesso perdue anni di laboratorio, uno diapprofondimento e progettazione euno di sperimentazione.Ci siamo, perciò, messe subito incontatto con Sarah, che ci haraccontato la sua esperienza edinviato tantissimo materiale(grazie!).Il nostro laboratorio, un po’ incerto,è partito nel novembre 2009 e,piano piano, è andato avanti fino a

giugno 2010. In questi due anniabbiamo imparato molto, sia dalnostro percorso diapprofondimento, sia dal lavoro inclasse con i nostri alunni.Quest’estate abbiamo documentatouna parte delle attività svolte e leabbiamo pubblicate suhttp://www.icsedegliano.it/sezioni/insegnanti/Dcm/2Bradford/01.html,nella speranza che possano essereutili ad altri insegnanti di religione.Ringraziamo Brunetto Salvarani eSarah Salvatore che, a distanza, cihanno sostenuto, don GiancarloBrianti, per averci permesso questabella esperienza e lecolleghe/amiche che ci hannoaccompagnato in questolaboratorio, sperando che questaavventura non sia giunta alla fine,ma sia ad un nuovo inizio!

[email protected]

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 3

diera della Repubblica Cispa-dana, proposta da GiuseppeCompagnoni.

L’Inno di Mameli

Accanto alla bandiera trico-lore, non possiamo dimenti-care l’Inno di Mameli, cheperò, a differenza della ban-diera, non è menzionato inalcun articolo della Costitu-zione. È stato provvisoria-mente adottato dal 12 otto-bre 1946, ma è ancora oggivigente. Nell’autunno del1847, Goffredo Mameli, chepoi morirà ventunenne nella

Dopo aver già conside-rato la questione ro-

mana e la questione meri-dionale, vogliamo ora soffer-marci sui simboli nazionali esui giorni che hanno segna-to la storia d’Italia, nellaconvinzione che sia necessa-rio promuovere un processodi consapevolezza per raf-forzare la coscienza unitariadel nostro paese.

Il tricolore

Il primo simbolo di tutti gliitaliani è il tricolore, verde,bianco e rosso, a tre bandeverticali di eguali dimensio-ni, così come è definitodall’articolo 12 della Costi-tuzione. Il 7 gennaio il no-stro vessillo è protagonistadella giornata nazionale del-la bandiera, istituita dallalegge 671/96. Ha af-fermato Carlo Aze-glio Ciampi, presi-dente emerito del-la Repubblica Ita-liana: «Il tricolorenon è semplice

insegna di Stato. È un vessil-lo di libertà, di una libertàconquistata da un popoloche si riconosce unito, chetrova la sua identità nei prin-cipi di fratellanza, di ugua-glianza, di giustizia e nei va-lori della propria storia e del-la propria civiltà». La bandie-ra italiana nasce nella sette-centesca Sala del Tricolore,oggi sala consiliare del Co-mune di Reggio Emilia, il 7gennaio 1797, come ban-

Simboli nazionalie memoria collettiva

Crediamo fortemente nel 2011 come progetto aperto ed inclusivo e come chance per milioni di cittadini italianivecchi e nuovi, che potranno conoscere e riconoscersi in una grande storia che li riguarda.

difesa della Repubblica Ro-mana, scrisse il testo de IlCanto degli Italiani. Dopoaver scartato l’idea di adat-tarlo a musiche già esistentinel mese di novembre lo in-viò al maestro Michele No-varo, che scrisse di getto lamusica, cosicché l’inno potédebuttare il 10 dicembre diquell’anno. Dopo l’armisti-zio dell’8 settembre 1943,l’inno di Mameli e molti altrivecchi canti assieme a quellinuovi dei partigiani risuona-rono per tutta Italia. Nel1945, dopo la fine dellaguerra, a Londra, Toscaninidiresse l’esecuzione dell’In-no delle nazioni, compostoda Verdi e comprendenteanche l’inno di Mameli, chevide così riconosciuta l’im-portanza che gli spettava. IlConsiglio dei ministri nel 12ottobre 1946 - come già ri-cordato - approvò l’inno diMameli come inno naziona-le, limitandosi così a non op-porsi a quanto già decretatodal popolo in via di fatto.

Giorni che hanno segnato la storia d’Italia

Oltre ai simboli nazionali vo-gliamo mettere in evidenzaalcuni giorni particolarmen-te significativi per la storiadel nostro paese:

17 marzo 1861. È questo ilgiorno del compleanno del-l’Italia come Stato unitario,poiché Vittorio Emanuele II,primo Re d’Italia, il 17 marzo1861 ha proclamato l’indi-pendenza e l’unità del Regnod’Italia di fronte al parlamen-to, che aveva sede a Torino.In quel momento l’Italia ave-

antonella fucecchi - antonio [email protected] - [email protected]

rifaregli italiani

Ciò che è importantesottolineare in chiaveeducativa è la necessità

di cogliere lo spiritounitario oggi

compromesso e dirigenerare la

fiducia in unfuturo condiviso

4 | cem mondialità | novembre 2010

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 4

ficazione d’Italia. Così si èespresso recentemente ilpresidente Napolitano: «Perquesto serve una comuneassunzione di responsabilitàed un grande sforzo colletti-vo. Il 25 aprile deve esserecelebrato con una memoriacondivisa, senza manipola-zioni. Non è accettabile la ri-duzione della Resistenza in

novembre 2010 | cem mondialità | 5

va una popolazione di 22milioni di abitanti. La capita-le, inizialmente Torino, nel1864 venne spostata a Firen-ze ed in seguito a Roma, do-po la Breccia di Porta Pia (20settembre 1870).

28 ottobre 1922. È il gior-no della Marcia su Roma,una manifestazione con in-tenti sovversivi che vide l’af-flusso verso la capitale di de-cine di migliaia di fascisti incamicia nera per rivendicareil potere politico. Questoevento si concluse con l’affi-damento a Mussolini dell’in-carico di formare un nuovogoverno e segnò l’ascesa alpotere del Partito NazionaleFascista ed il dissolvimentodello Stato liberale, comeera uscito dal Risorgimento.

25 aprile 1945. Non è so-lo la festa della Liberazione,ma anche la festa della riuni-

schemi di parte e neppuresottovalutare la partecipa-zione dei credenti, il cui ap-porto fu determinante».

2 giugno 1946. È il giornodi festa per la Repubblica, ilcui referendum segnò la finedella monarchia di Casa Sa-voia. Da quel giorno i re-gnanti sabaudi dovettero la-

sciare l’Italia. I risultati otte-nuti dal referendum in cuiper la prima volta anche ledonne si recarono alle urneper votare, diedero quasi 12milioni di voti alla Repubbli-ca e 10 milioni alla monar-chia.

1° gennaio 1948. La Co-stituzione della Repubblicaitaliana è la legge fonda-mentale e fondativa delloStato ed è entrata in vigore il1º gennaio 1948. Prima diallora vigeva lo Statuto Al-bertino, che era stato pro-mulgato da Carlo Alberto il4 marzo 1848 e che è rima-sto in vigore, dunque, perben 100 anni. L’attuale Co-stituzione repubblicana èuna Carta preziosa per il po-polo italiano, poiché rappre-senta il punto d’incontrodella tradizione liberale, cat-tolica e socialista: una colla-borazione, non un compro-messo, alla ricerca di valoricondivisi, in quanto faceva-no parte delle radici identita-rie nazionali.

27 marzo 1994. L’ Italiadella prima Repubblica, tra il1946 e il 1993, è quella cheper quasi 50 anni ha garan-tito una vita democratica dipace e di sviluppo al nostropaese, nonostante fenomenidi corruzione e di terrorismorosso e nero. Il 27 e il 28marzo 1994 si tennero leelezioni politiche vinte dauna formazione guidata daSilvio Berlusconi, che segna-rono il passaggio dalla Primaalla Seconda Repubblica,che tuttavia, per una transi-zione ancora oggi intermi-nabile, non sembra mai es-sere davvero iniziata. q

Verso il 2061, l’anno del bicentenario

Al di là dei simboli nazionali e delle date piùsignificative, ciò che è importante sottolineare inchiave educativa è la necessità di cogliere lospirito unitario oggi compromesso e di rigenerarela fiducia in un futuro condiviso, tenendo contodelle trasformazioni che il paese sta attraversandoe del bisogno vitale di una politica riformatrice,come ad esempio il federalismo solidale. Un sanofederalismo rappresenterebbe anche un’occasionedi promozione e di riscatto per il Sudtramutandosi in un nuovo patto civile di tutti gliitaliani. In questo senso il meridionalismo di ierideve essere ripensato alla luce del federalismosolidale, come opportunità di riforma di tutto ilsistema-paese. Una previsione che è bene farconoscere agli studenti è quella riguardantel’Italia nel 2061, nel bicentenario dalla nascita:secondo le previsioni diffuse dall’Istat, nel 2061 ilnostro paese sarà abitato da 62 milioni di personedelle quali ben 22 milioni saranno di origine nonitaliana, mentre 100 milioni di persone di origineitaliana abiteranno nel resto del mondo. Perciòcrediamo fortemente nel 2011 come progettoaperto ed inclusivo e come chance per milioni dicittadini italiani vecchi e nuovi, che potrannoconoscere e riconoscersi in una grande storia cheli riguarda.

Secondo leprevisioni diffuse

dall’Istat, nel 2061 ilnostro paese sarà

abitato da 62 milionidi persone delle

quali ben 22 milionisaranno di origine

non italiana

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 5

U na delle richieste piùfrequenti rivolte alla

scuola (soprattutto allascuola dell’infanzia e prima-ria) è quella di educare al-l’autonomia. Può persinoapparire paradossale questarichiesta esplicita di educareallo spirito critico e alla ca-pacità di autoregolazione inun contesto che, implicita-mente, ma in modo tenace epervasivo, propone modellidi pensiero e di comporta-mento omologati e dipen-denti. E proprio nella conti-nua tensione fra bisogno diautonomia e spinta all’omo-logazione si gioca una dellesfide più significative perl’educazione del nostro tem-po. È infatti una consolidataambizione pedagogica quel-la di proporsi come modalitàper sviluppare una coscienzacritica (autonomia di giudi-zio) di fronte alla realtà, digenerare un pensiero consa-pevole e autonomo eun’azione coerente con i

propri orientamenti. Nell’as-sumere la prospettiva dellaformazione alla capacità diautonomia responsabile, lascuola opera in direzione diuna scelta che pone questio-ni rilevanti sul piano etico.L’educazione alla consape-volezza e all’autonomia digiudizio si confronta con leintenzionalità dei soggetti,con le loro volontà, il loro in-teresse o disinteresse, la lorodisponibilità o il rifiuto. Suquesto piano giocano unruolo determinante le condi-zioni del contesto, la culturafamiliare e del gruppo di ap-partenenza, i sentimenti neiconfronti delle cose e delmondo generati dall’esposi-zione mediatica: ambiti chela scuola può solo sfiorare eaccogliere come punti dipartenza, senza l’illusione dipoter produrre modificazio-ni dirette. Ciò su cui è possi-bile agire è però il sistema diconoscenze intorno al mon-do e soprattutto sul proces-

Autonomiae pensiero

L’autonomia non può essere oggetto d’insegnamento.La scuola può creare le condizioni per il suo esercizio e il suo sviluppo ricorrendo a modelli di didattica attiva e partecipativa.

6 | cem mondialità | novembre 2010

bambinee bambinilucrezia [email protected]

Autonomia è sapere quel che si desidera,

sapere che cosa si vuole veramente fare

e perché, e sapere che cosa si sa eche cosa non si sa

solo su ciò che si è indagatoe appreso in forma stabile.Acquisire e consolidare co-noscenze, abilità, atteggia-menti, riuscire a dimostrare irisultati e il grado di consa-pevolezza raggiunti, predi-sporsi (emotivamente e co-gnitivamente) a compiere/vi-vere altre esperienze cono-scitive: tutto ciò è anche for-mazione alla coscienza criti-ca e quindi all’autonomia.

L’n

RicasdiscoL’iintavdiaveanstorechsi seogcoricFacreprdivprdel’odis(mprsupeè svecososoaltog

so con il quale tali conoscen-ze si realizzano.

La costruzione di pro-cessi di conoscenza

Operare in funzione dell’au-tonomia a scuola significaoccuparsi di come si costrui-scono i processi di cono-scenza, a partire dalla con-vinzione che si possonoesprimere giudizi autonomi

FIO

RE

NZ

O R

AF

FA

INI

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 6

novembre 2010 | cem mondialità | 7

L’autonomia non si può insegnare

Riconoscere la centralità della testualità non implicaassecondare uno spontaneismo comunicativodisordinato e fine a se stesso. Il testo può essere intesocome palestra di riflessione oltre che di comunicazione.L’insistenza sulla consapevolezza dei ruoli nelleinterazioni e in particolare l’attenzione ai destinatari,avvia una serie di consapevolezze circa la dimensionedialogica di ogni atto comunicativo. Gli interlocutorivengono riconosciuti come identità individuali, maanche collettive, con specificità umane, culturali,storiche differenti. Il distanziamento fra interlocutorirende maggiormente consapevoli della responsabilitàche ciascuno si assume nella parola attraverso la quale cisi esprime e della possibilità di modificazione reciproca aseguito delle interazioni. L’autonomia non può essereoggetto d’insegnamento. La scuola può creare lecondizioni per il suo esercizio e il suo svilupporicorrendo a modelli di didattica attiva e partecipativa.Fattori come ricerca, operatività, partecipazione,creatività sono determinanti per generare la capacità diprodurre giudizi autonomi e responsabili. La ricercadiventa uno spazio mentale in cui si riproducono iprocessi generativi di cultura (con la mediazionedell’adulto che controlla e governa la proposta);l’operatività si delinea come pratica (il fare), ma maidisgiunta dalla riflessione sul come e sul perché(metacognizione); la creatività infine sorregge laproduzione individuale in forme plurime e nuove, masulla base di un canone riconosciuto e rigoroso chepermetta la comunicabilità delle esperienze. Autonomiaè sapere quel che si desidera, sapere che cosa si vuoleveramente fare e perché, e sapere che cosa si sa e checosa non si sa. L’esperienza prende forma (e significato)solo quando il vissuto diventa oggetto di riflessione e ilsoggetto se ne appropria consapevolmente. Insieme aglialtri, in interazioni significative con i pari, gli adulti, glioggetti culturali, la pluralità delle forme del mondo.

Non si tratta di cambiare levisioni del mondo agendodirettamente sul sistema divalori e atteggiamenti di cui ibambini sono portatori(operazione peraltro impos-sibile), bensì di rendere cia-scuno consapevole del pro-prio pensiero intorno alle co-se e al mondo.

L’analisi testuale

Si possono individuare per-corsi trasversali che al pro-prio interno producono esitiimportanti nella direzionedella costruzione del pensie-ro riflessivo e autonomo. Ilversante disciplinare inoltre,proprio a causa della sua ap-

Il discorso argomentativo

Il ruolo dell’insegnante èfondamentale nell’accom-pagnare i bambini alla sco-perta del proprio modo diinteragire: la forma dell’ar-gomentazione assume divolta in volta caratteristichediverse che comprendonoun’ampia gamma di espres-sioni. Il discorso argomenta-tivo come pratica didatticanon episodica implica unasituazione concreta di scam-bio in cui gli interlocutori siriconoscono, accettano ilcontatto e condividono l’in-teresse per l’oggetto delladiscussione. Si individuano i ruoli diffe-renti dell’emittente e del de-stinatario, si è posti nellacondizione di esplicitare loscopo della comunicazionee le strategie attuate, sia nel-lo scambio diretto, orale, sianello scambio differito, loscritto. Prendere consapevo-lezza delle strategie comuni-cative adottate, distingueretra gli approcci persuasivi equelli convincenti, ragionaresulle verità dimostrabili di-stinguendole dal verosimileè un modo per impadronirsidi forme del pensare e di av-viarsi quindi ad una maggio-re autonomia. Le occasioni di scambio inquesto senso sono quelledella reale vita della scuola enon sono neppure da ricon-dursi ad un solo ambito di-sciplinare: la pratica dell’ora-lità, trasversale a tutte le di-scipline, assume di volta involta le forme dei dialoghi,del dibattito, della discussio-ne, della controversia, persi-no del litigio. q

parente neutralità, permettedi esercitare un approccio si-stematico e coerente senzamettere in gioco diretta-mente valori e riferimentipersonali. Un possibile cam-po di operatività disciplinareè costituita dall’analisi te-stuale e in particolare dal-l’esplorazione di una delleprincipali forme del discorsoquale l’argomentazione.I passaggi fondamentali peroperare in questa direzionesono tre: lavorare sul testo,interagire col testo, impararead argomentare. Lavorare sultesto implica saperlo ricono-scere e saper identificare l’ele-mento centrale, operare infe-renze, individuare l’intenzio-ne comunicativa, riconoscereil punto di vista. L’interazionecon il testo significa misurarsicon le informazioni specifichein esso contenute, con la ca-pacità di smontarlo, di riela-borarlo secondo intenzionicomunicative diverse. Impa-rare ad argomentare implicalo sviluppo della capacità diorganizzare il proprio pensie-ro (ad esempio di conoscereed esercitare il principio dinon contraddizione) e di so-stenerlo con l’acquisizione diulteriori conoscenze: implicaanche la necessità di distan-ziarsi dalla propria condizioneemotiva per operare su unpiano di maggior astrazione.La riflessione sistematica sullatestualità, orale e scritta, mi-gliora la capacità di controllonell’uso della parola in situa-zioni di accordo o disaccordoo di conflittualità cognitiva,richiede attenzione alle inte-razioni verbali, modifica la ri-sposta in rapporto alle solleci-tazioni e agli interventi deglialtri.

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 7

L’ aula di una scuola èun piccolo mondo do-

ve i ragazzi riproducono inminiatura il complesso deipopoli e la varietà dei destinisociali su scala planetaria.Ciascuno di loro porta scrittanella persona una storia in-dividuale che è al tempostesso collettiva e universale.Microcosmo e macrocosmosi compenetrano e si arric-chiscono in una relazionebiunivoca dove al dare corri-sponde il ricevere. Quali saperi dare ai ragazziperché siano consapevoli diessere immersi in un conte-sto, dove il lontano è ancheil vicino e dove la diversità èinserita nella stessa identità?Quali occhiali far loro indos-sare perché vedano che ilpluriverso è nell’universo eche questo è al tempo stessounitas multiplex, cioè simul-taneamente unità e molte-plicità? Si può partire dal loro vissu-to e prima ancora dai lorocorpi e dalle loro parole. Aquattordici anni il vestito

conta molto. Le vecchie an-tologie raccontano che Vit-torio Alfieri per convincersi arestare a casa a studiare or-dinava ai suoi domestici dinascondergli tutti i vestiti.Oggi basta togliere dall’ar-madio di un adolescenteuna maglietta, quella «giu-sta», per ottenere lo stessoeffetto. Ed è proprio daquella maglietta che si può

partire per affrontare il di-scorso.

Gusti locali, tradizioneplanetaria

La t-shirt della Lacoste che siindossa sempre, estate edinverno, tanto da diventarela seconda pelle. È francese -dicono i ragazzi - perché illogo è francese. No, perché

«Made in... The World»

Per i ragazzi la rete non è solo uno strumento, non è solo un sistema per comunicare, ma anche unarealtà da abitare e in cui rapportarsi con il mondo intero.

8 | cem mondialità | novembre 2010

ragazzee ragazzipaola [email protected]

Una generazione «always on»

La generazione che oggi abita le aule dellenostre scuole medie è la cosiddetta always on,la «sempre connessa» che ha una modalità diconsumo e di utilizzo delle tecnologieprofondamente differente dalle precedenti etrova nel Web 2.0 il canale ed i mezzi ideali percomunicare e rapportarsi con il mondo. Perquesti ragazzi la rete non è solo uno strumento,non è solo un sistema per comunicare, maanche una realtà da abitare e in cui rapportarsicon il mondo intero. Il web si abita, dicono gliesperti; così il gruppo di amici che si’ncontraall’oratorio, in piscina, in palestra, al pub siritrova su Facebook e la socializzazione diventacondivisione e arricchimento reciproco. Anche ilcellulare permette di stabilire una relazionevicino-lontano, locale-globale. È un mezzo dicomunicazione universale e certi modelli supergettonati sono davvero in tasca di tutti i ragazzi.Raccogliendoli in una scatola ci si accorge subitodella loro uguaglianza. Forma, colore, modello,sono identici. A distinguerli sono soltanto i gadget con cui iragazzi li personalizzano, ma ancora di più laricca collezione di foto, video, canzoni, di cui icellulari sono pieni. Sembra impossibile che servano solo acomunicare, dal momento che assumonol’identità di un bagaglio personale e individuale.I cellulari sono la storia del loro proprietario,una sorta di anagrafe in grado di registrare emantenere tutta la biografia della persona.

Nei ragazzicresce il

desiderio diricercare

qualcosa chesia veramente

«locale», cheappartenga a

loro, che siaespressione

della loroidentità

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 8

novembre 2010 | cem mondialità | 9

la fanno anche da noi, è «ta-roccata». È cinese, la fanno icinesi quella maglietta fran-cese così costosa. C’è anchechi mostra l’etichetta: «ma-de in …Turchia». La magliet-ta così europea che viene in-vece da un paese lontano. Siabbattono in un attimo lon-tananze e pregiudizi. La Tur-chia è già in casa, nelle lorocase, anche se per i grandidella Terra non è ancora inEuropa. Nei ragazzi cresce il deside-rio di ricercare qualcosa chesia veramente «locale» cheappartenga a loro, che siaespressione della loro identi-tà. Così le arance che in que-sta stagione appesantisconogli alberi nei giardini sem-brano fare al caso. Sì le aran-ce nostrane, siciliane, medi-terranee …rivelano nel lessi-co la vera identità. Le nonnele chiamavano i portogalliperché da lì venivano. O me-glio da lì venivano perchéqualcuno ce le aveva porta-te. Le arance si chiamanocosì perché a-rang è la paro-la araba che le indicava, do-ve la a altro non è che laconcrezione dell’articolo,letto dagli occidentali comeparte della parola. Allora,dopo i turchi, anche gli arabisono in casa, e alloggianonella dispensa insieme allozucchero, allo zafferano, allimone, alle albicocche, aicarciofi. I cibi che sembranoesprimere gusti e tradizionilocali rimandano in realtà aduna dimensione planetaria ecosmopolita. Il pop-corn e lacioccolata si aggiungono al-la lista. Del resto, nelle pizze-rie, oltre alla classica e no-strana pizza ci sono il kebabe il cous cous, li servono nei

ristoranti accanto alle zuppee agli spaghetti.

Esisteva davvero un mondo senza televisione, cellulari e computer?

Anche il mondo della comu-nicazione non sembra sfug-gire a questa logica. La ge-nerazione dei nativi digitali,per i quali sembra una favolal’esistenza nel passato di unmondo senza televisore, cel-lulari e computer, apprendedi essere parte di un saperein costruzione, di una cultu-ra in formazione che è uni-versale e locale al tempostesso. Tutti utilizzano wiki-

pedia, una banca dati sem-pre aggiornata dove ognunoè contributore e fruitore, do-ve anche un «particolare» dite e della tua identità vienecondiviso e conosciuto. Eccoi blog, i diari pubblici in rete,i luoghi della condivisioneper eccellenza. La loro strut-tura sequenziale permette lalettura delle informazionicome si fa con le pagine car-tacee di un diario personale.Ecco Facebook, il social net-work più diffuso con ben175 milioni di persone in re-te a livello mondiale e 50 mi-la nuove iscrizioni al giornoin Italia. Grazie a Facebookanche le passioni, le emozio-ni, gli stati d’animo diventa-no realtà globali e planeta-rie. Facebook abbatte glispazi ed i tempi e riesce adunire i vecchi compagni discuola come gli appassionatidella montagna o del caffè.

Di chi è il Colosseo?

Ed infine l’ultimo tentativodi individuare qualcosa diparticolare che sia letto dairagazzi come esclusivo e

identitario. La scolaresca ro-mana non può non accen-nare al Colosseo. Piace pen-sare che sia «romano» e soloromano. Eppure basta pocoper passare, anche in questocaso, dal particolare all’uni-versale e scoprire, attraversoil riferimento all’Unesco, chefa parte di un patrimonio ar-tistico che è di tutti e di nes-suno che è, in una parola,patrimonio dell’umanità. Il«nostro» Colosseo diventauno di quei monumenti, in-sieme alle piramidi, ai templigreci, ai fiordi scandinavi, al-la muraglia cinese, conside-rati dall’Unesco appartenen-ti alla cultura di tutti, è unpatrimonio dell’umanità delquale noi abbiamo la custo-dia ma non l’esclusiva. Eccoche allora un bene artistico«particolare» diventa univer-sale. L’aula allarga gli spaziper aprirsi al mondo. Diven-ta una realtà trasparentenella quale si riflettono le in-terconnessioni, gli scambi ele trasformazioni che riman-dano al macro-mondo e aquella realtà dai mille voltiche prende il nome di globa-lizzazione. Appare dunqueevidente che i saperi dellacittadinanza glocale partonodalla presa di coscienza del-l’identità di ciascuno, dallesue manifestazioni più ma-teriali, da ciò che mangia eda come si veste, dall’usodei beni cha ha a disposizio-ne, dal modo di comunicaree dalla fruizione dei beni cul-turali e artistici. Prendere co-scienza di questo essere ma-de in the world per condivi-dere, cooperare , mettersi inrete, vivere in relazione gliuni e gli altri nell’aula comenel mondo. q

r

o,

i

ail

zi.to,

e.

Per i «natividigitali» sembra

una favolal’esistenza

nel passato diun mondo senza

televisore,cellulari

e computer

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 9

10 | cem mondialità | novembre 2010

U na decina di anni faebbe un certo successo

uno studio del linguista Raf-faele Simone intitolato Laterza fase (Laterza, Bari2000). In questo testo si di-stingueva una prima fase le-gata al paradigma dellascrittura, in cui sono cresciu-ti tutti gli adulti; una secon-da fase legata al paradigmadel digitale, in cui più o me-no è cresciuta la generazio-ne dei trentenni. Vediamoalcune caratteristiche diquest’ultima: la scrittura di-gitale enfatizza a dismisurala fase processuale, cioè lafase di creazione del testo.Nello scrivere, chiunqueadoperi risorse digitali sa, ocapisce immediatamente,che può compiere unaquantità di operazioni cheprima erano praticamenteimpossibili: redigere, «sca-lettare», tagliare, incollare,spostare, montare un testodentro l’altro e così via. Tan-to sul display non rimanetraccia di tutti questi cam-biamenti: dal prodotto chiu-

poteva dire «riconosco la vo-ce del mio amico»; poi si po-teva dire «ne riconosco lagrafia»; oggi nessuno puòdire «riconosco il font delmio amico!». Poi è arrivata laterza forma di scrittura, cheSimone chiama multimedia-le ed è quella in cui si stannoformando i nostri ragazzi. Èun’evoluzione della secon-

La scritturadei giovani

Molti adulti di buona volontà speranoche sia possibile e risolutivo piegare i mezzi di comunicazione a finalità educative.

stefano [email protected]

generazione y

Dobbiamoevitare una

conversioneacritica alle

nuovetecnologie,

senzariflettere sul

tipo di civiltàche i mediaproducono

da, ma con peculiarità pro-prie: ad esempio è la scrittu-ra delle pagine internet, chemettono insieme testo scrit-to, immagine, suono, link,movimento, e la scritturanon è spesso il canale princi-pale. Se guardiamo le pagi-ne dei nostri studenti su Fa-cebook, quanto spazio è da-to a un testo e quanto ai vi-deo, alle immagini? Ma, so-prattutto, di quale tipo discrittura stiamo parlando?Certamente di una scritturadestrutturata: ai nostri stu-denti sembra poco trendymettere in rete un testo chesia più lungo di 10-15 righe;il web writer scrive poche ri-ghe e, al limite, dà al lettorela possibilità di cliccare perarrivare ad un testo più lun-go. Però se il testo scritto de-

so che non si poteva cam-biare dell’epoca della scrittu-ra a mano o con la macchinada scrivere, si è arrivati ad untesto sempre aperto.

Le fasi della scrittura

Nel testo scritto tradizionalec’erano due fasi nettamentedistinte, come già Platoneaveva chiaramente visto:una fase processuale aperta,lunga e indefinitamente pro-lungabile, fino a che il testoviene chiuso e non si può piùtoccare, perché la fase delprodotto è una fase chiusa.Il testo digitale ha invece so-lo una fase processuale illi-mitatamente aperta, nonpotendo per ragioni di prin-cipio essere mai dichiaratochiuso. Certo, una volta si

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 10

novembre 2010 | cem mondialità | 11

può portare fino a un certopunto la nostra conoscenza,ma non può bastare. Le for-me di intelligenza sono di di-verso livello di complessità:noi impariamo cose sempliciattivando il modulo sempli-ce dell’intelligenza, ma percose complesse abbiamo bi-sogno di strumenti più com-plessi. I nostri ragazzi, infa-tuati da immagini e suoni, ri-schiano di accontentarsi diun livello semplice di usodella propria intelligenza.

No a una conversioneacritica alle nuove tecnologie

È giusto che noi professoric’interroghiamo sugli stru-

ve associarsi a immagini, in-tegrarsi con altri canali, fini-sce col destrutturarsi.

Immagini e concettiastratti

L’autore spiegava le sue per-plessità ricordando che lasua generazione ha impara-to quasi tutte le cose com-plesse che sa da cose somi-glianti al libro o dal libro, in-vece gli studenti di oggihanno ridotto questa quota,ma una di queste fonti alter-native al libro non è fatta disimboli alfabetici soltanto,ma di immagini: e un saperebasato sull’immagine è, perlo studioso, un sapere sem-plificato. Simone ricordavache un regista del calibro diEisenstein (quello de La cor-razzata Potemkin) cercò pertutta la vita di mettere inscena Il capitale di Marx sen-za riuscirci, probabilmenteperché i concetti astratti nonpossono essere rappresenta-ti con immagini, ma con laparola. Quindi l’immagine

menti del nostro insegna-mento, chiedendoci se la la-vagna e la lezione frontalesiano ancora i mezzi princi-pali in quest’epoca multime-diale. Però dobbiamo evitareuna conversione acritica allenuove tecnologie, senza ri-flettere sul tipo di civiltà chei media producono: «la tec-nologia corre velocissima eda molti anni è più avantidella società. Questa nel ten-tativo di rincorrerla accelerama resta indietro, imprepa-rata ai mutamenti tanto ra-pidi e inadeguata, non suffi-

cientemente elastica. L’usodei telefoni cellulari di nuovagenerazione ha cambiato lanostra vita domestica e fa-miliare, quella lavorativa,perfino il tempo libero […].Molti adulti di buona volon-tà sperano che sia possibile erisolutivo piegare i mezzi dicomunicazione a finalitàeducative. Diciamo la verità:è come chiedere alla lavatri-ce di restituirti i panni lavati,asciutti e anche stirati. Forseè possibile ma non è ovvio enon è naturale e non rientranelle funzioni per le quali lamacchina è stata concepita.Analogamente per i mass-media è giusto dire che pos-sono essere anche educativi,ma non è la loro funzioneprincipale»1. q

1 D. Brancati, Cortocircuito, in D. Bran-cati, A.M. Ajello, P.C. Rivoltella, Guin-zaglio elettronico. Il telefono cellularetra genitori e figli, Donzelli, Roma2009, pp. 18-19.

Uno zaino portatoredi messsaggi

Raffaele Simone nota che il discorso, alivello giovanile, va allargato a formepiù semplici e meno tecnologiche,come le scritte sui muri dei writers,anch’esse legate alle immagini, oaddirittura sugli zaini di scuola (quiSimone si riconosce debitore allostudio di Paola Desideri I segni suimuri). Per molti ragazzi lo zaino non è

un semplice contenitore, ma unportatore di messaggi, scritti edisegnati, e questo dimostra che lascrittura giovanile tendaspontaneamente, a questi diversilivelli, verso una multimedialità ancheelementare, ma comunque rivelatricedi una necessità di associare il testoscritto a qualche altra cosa.In tutto questo il rischio è che lascuola, tradizionalmente legata allalavagna, alla lezione frontale, siapercepita da molti giovani come lapenitenza da pagare per poi poterandare su internet e cominciare adivertirsi. Ma internet - nota lo

studioso - è per definizione un mezzoche non favorisce la ricercasistematica: nell’oceano della rete èpiù facile che lo studente prosegua perinteressi improvvisi che per unprogetto ben definito. Incontrando glistudenti di un liceo romano, Simonedefiniva lo studio con internet«conoscenza come inebriamento»invece che conoscenza come«esplorazione e ritorno».

Per moltiragazzi lo zaino

non è unsemplice

contenitore,ma un portatore

di messaggi,scritti

e disegnati

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 11

Nella ricerca di linguag-gi, culture e rischi con-

divisi dai «nuovi italiani» dioggi, siano essi figli di mi-granti o figli di italiani, è dif-ficile non incappare in unoggetto come il telefonino.Soprattutto, è difficile nonincappare nelle «culture»che s’intrecciano intorno eattraverso i molti modi con-creti nei quali oggi i giovanilo usano. Ci piaccia o non cipiaccia, infatti, è ancheusando questo tipo di tec-nologia che i «nuovi italiani»costruiscono i significati e lerelazioni che sono alla basedella loro vita di ogni giorno.Da questi significati e rela-zioni può essere importantepartire - come educatori —per costruire percorsi educa-tivi e occasioni d’interazio-ne.Fra gli usi più frequenti che igiovani fanno del telefoninoc’è quello di usarlo comeuna videocamera, con laquale filmare vari momentidella loro vita di ogni giorno.È questo certo uno degli usi

del telefonino più temuti ecriticati da adulti ed educa-tori, e non v’è dubbio che cisiano fondati motivi di pre-occupazione, specialmentese consideriamo i casi in cuiquesti brevi filmati ripresicon il cellulare immortalano(e diventano anzi momentosaliente) di piccole e grandiviolenze quotidiane, di atti

Ci piaccia o non ci piaccia è anche usando il telefonino che i«nuovi italiani» costruiscono i significati e le relazioni che sonoalla base della loro vita di ogni giorno.

12 | cem mondialità | novembre 2010

in cercadi futurodavide [email protected]

Se il telefonino filma la vita quotidiana...

di bullismo ai danni della vit-tima di turno. Tuttavia, proprio per le con-divisibili preoccupazionieducative che solleva, que-sto peculiare modo di utiliz-zare il cellulare dovrebbe es-sere oggetto di un supple-mento di attenzione da par-te degli educatori, e soprat-tutto dovrebbe essere og-getto di ricerche che ci aiuti-no a capire davvero che ruo-lo abbia questa pratica nellavita quotidiana dei più gio-vani.Sullo sfondo ci sono ovvia-mente le innovazioni tecno-logiche che hanno fatto del-la «camera» una tecnologiasempre più sofisticata ed ac-cessibile, alla portata di tuttie - soprattutto - trasportabi-le in quasi ogni luogo e si-tuazione. Sullo sfondo c’èanche il fenomeno YouTube,che ha reso molto più facilee quotidiana la possibilità dicondividere i filmati amato-riali girati con le nuove tec-nologie. Non si tratta certodi sottovalutare i rischi e leambiguità di questi nuoveforme di ripresa, né di soste-nere che grazie ai telefonini iprocessi di produzione econsumo d’immagini e fil-mati diventino come permagia più creativi, democra-tici e trasparenti. Ma è probabilmente neces-sario cercare di comprende-re più da vicino perché e co-me il filmare e il condivideregrazie al cellulare la vitaquotidiana possa divenireper i più giovani una via percostruire forme d’identitàcondivise in tempi in cui laframmentazione e l’isola-mento sembrano farla dapadrone… q

Fra gli usi piùfrequenti che igiovani fannodel telefonino

c’è quello diusarlo come una

videocamera,con la qualefilmare vari

momenti dellaloro vita

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 12

I morti sul lavoro aumen-tano, mentre ci chiedono

di rinunciare a tutele e salutedei lavoratori e delle lavora-trici. Come non rimanere col-piti dalla campagna per la si-curezza sul lavoro promossadal Ministero del lavoro edelle politiche sociali? Lospot recita così: «Sicurezzasul lavoro. La pretende chi sivuole bene». In un’organiz-zazione del lavoro complessasi fa appello non a tutti i sog-getti in campo, ma solo ai la-voratori che da soli dovreb-bero, prima volersi bene epoi pretendere di non moriresul posto di lavoro. Ma chemessaggio si sta trasmetten-do ai giovani? Quello chetutti gli incidenti sul lavoro,spesso mortali succedono achi non si vuole bene: è unaffronto chi ha perso la vitasul lavoro, è rimasto invalido,ha subito un trauma e a tuttii familiari, con un coinvolgi-mento di migliaia di persone.Perché non si ha il coraggiodi dire che questo governoha indebolito le tutele per la

salute e la sicurezza sul lavo-ro? Ci sono meno controlli,sanzioni più lievi per chi di-sattende le regole od omettedi applicarle.Qualche mese fa, quando aPomigliano i lavoratori si so-no espressi sul contratto cheFiat proponeva, mi ha colpitol’intervista ad alcuni familiari:una ragazzina, in particolare,rivendicava il diritto di vederesuo padre tornare dal lavorosano e salvo tutti i giorni, dinon vederlo stressato al pun-to da mettere in discussionela serenità della famiglia.Quando si parla di vittime odi infortunati sul lavoro nonsi fa mai riferimento alla fa-miglia e a tutte le personeche hanno rapporti con loroe che pagano indirettamenteun prezzo altissimo. Qual è ilmessaggio che la società e lascuola passano alle giovanigenerazioni?

Scuola e sicurezza

Con la sicurezza facciamo iconti tutti i giorni anche a

scuola. Cosa dire degli edificinon a norma, dove negli ul-timi anni per crolli sono mor-ti parecchi studenti? Secon-do un’indagine di Legam-biente (la sola fino ad oggi afornire un quadro completodello stato di salute degliedifici scolastici) solo il 43%delle scuole italiane è provvi-sto di certificazione di pre-

venzione antincendio, pernon parlare delle scale di si-curezza, presenti solo nel56% degli edifici. Se consi-deriamo che il 55% dellescuole italiane è stato co-struito prima del 1974, pos-siamo immaginare qualipossano essere gli interventiurgenti di manutenzione.Nell’11% delle scuole è se-gnalata la presenza diamianto, le amministrazionilocali si limitano a segnalarei casi sospetti senza interve-nire per risolvere il problemae non sottoporre a gravi ri-schi studenti, insegnanti,personale ausiliario e genito-ri. Scuola e mondo del lavo-ro si potrebbero incontrareinvestendo nell’edilizia sco-lastica, sostenendo l’indu-stria di settore per promuo-vere la sicurezza negli istitutiscolastici e dare un impulsoeconomico ed occupaziona-le. Altrimenti in che ambien-te educativo facciamo cre-scere ragazze e ragazzi, conquale coscienza critica si af-facceranno al mondo del la-voro? Saranno in grado difare valere i propri diritti infatto di tutele e sicurezza?Il ministro Sacconi sta tra-sformando lo Statuto del la-voratori in Statuto dei lavori,ancora una volta dimenti-candosi delle persone, comeci ha abituato questo gover-no. Ma quanti sono i lavora-tori della scuola che cono-scono lo Statuto dei lavora-tori e ne parlano nelle classi?Affrontare i temi del lavoroattraverso la conoscenza deidiritti e della sicurezza po-trebbe essere un ottimo mo-do per proporre a scuolal’educazione alla legalità edalla cittadinanza.

Il «lusso»sicurezza

Quando si parla di vittime o di infortunati sul lavoro non si fa mai riferimento alla famiglia e a tutte le personeche hanno rapporti con loro e che pagano indirettamente un prezzo altissimo. Qual è il messaggio che la società e la scuola passano alle giovani generazioni?

novembre 2010 | cem mondialità | 13

che aria tiraa scuolapatrizia [email protected]

Quanti sono ilavoratori della

scuola checonoscono lo

Statuto deilavoratori e ne

parlano nelleclassi?

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 13

Come evitare la passività dell’anziano?

«L a vita dei residenti inqueste istituzioni

trascorre tra passività, solitu-dine e una convivenza assaideteriorata», scrive FedericoSuarez1, che individua nellarigidità dei ruoli istituzionaliuna delle cause che minano

alla base l’efficacia di talistrutture. «L’anziano, daquando cessa di essere unsoggetto produttivo, svolgeun ruolo sociale passivo, di-venta un peso, specialmentenella misura in cui non vi èpiù nessuna aspettativa neisuoi confronti, non ci siaspetta nulla da lui, salvo lamorte. La perdita di un ruoloattivo presuppone che l’an-

Si sta come d’autunnosugli alberi le foglie

14 | cem mondialità | novembre 2010

buone pratichedi resilienzaoriella stamerra - alessandra [email protected] - [email protected]

Di fronte alla passività del-l’anziano, la risposta istitu-zionale è l’offerta di un pro-gramma di attività [...], (ma)la possibilità di essere attivogli viene negata se gli vieneofferto un programma in cuisi conserva la divisione deiruoli [...]. Se questi due ruolisi mantengono separati - gliuni danno e gli altri ricevono- senza alcuna possibilitàd’interscambio, s’instaurauna relazione malata. Perquesto poniamo il problemadella passività nei termini diuna relazione. La passivitàdell’anziano non ha possibi-lità di soluzione finché nonsi ponga come problemal’attività del personale della

ziano non possa più dare epertanto nemmeno chiede-re. Può solo ricevere. Non èconcepibile che abbia unprogetto di vita, rimanendoescluso dalla dinamica socia-le e familiare [...]. I ruoli atti-vo/passivo sono giocati al-l’interno della casa di riposo.Il ruolo attivo è affidato alpersonale che ha la funzionedi fornire all’anziano tuttoquello di cui ha bisogno. Ilruolo passivo compete al-l’anziano, al quale tutto ciòche si chiede è che ricevaquello che gli si offre. Que-sta suddivisione di ruoli èmantenuta rigidamente el’istituzione si struttura su diessa [...].

Questa volta ci interroghiamo sulle possibilità diresilienza in un momento particolare della vita, lavecchiaia. Una società che vede sempre più allungarsii limiti dell’esistenza non può non domandarsi conurgenza: il surplus di anni che la nostra epoca ci offrecorrisponde a una qualità di vita altrettantosignificativa o si presenta, di fatto, come un semplicescorrere di giorni, lasciati passivamente trascorrere?In altre parole, la resilienza può continuare a farsentire, se non addirittura incrementare, i proprieffetti ristoratori anche in tarda età? E le case diriposo propongono un modello capace di far levasulla forza personale dell’individuo e di trarrevantaggio dal vivere in una comunità? Sembrerebbedi no, a tener conto delle esperienze dei più. Affidiamo la riflessione a Federico Suarez e a SilvanaOmati.

Auspico che un buon numero di badanti (che termine infelice!)sia disponibile a sostituire con cure appropriate e, sepossibile, affettuose, parenti fisicamente impossibilitati a mettere in pratica, in tutte le ore del giorno e della notte, il comandamento «Onora il padre e la madre». (Silvana Omati)

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 14

casa di riposo […]: affronta-re la problematica della pas-sività nel ricoverato mette inmovimento un processo dicambiamento in tutta l’isti-tuzione. Bisogna tornare astabilire, ridefinire funzioni eruoli e, come ultima conse-guenza, obiettivi...» 2.

Una letteratestimonianza

Arriva alle stesse conclusionianche una cara amica, Silva-na Omati, che, a quasi ot-tant’anni, nella lettera-testi-monianza inviataci, ci offrespunti significativi di resilien-za, interrogandosi sulla diffi-cile costruzione d’identità intarda età adulta.

«Si sta come d’autunno suglialberi le foglie». Con questipochi versi efficaci e bellissi-mi il poeta Giuseppe Unga-retti fissa l’immagine dellaprovvisorietà riferita ai sol-dati in guerra. Mi permettodi utilizzare le sue parole perdescrivere la precarietà dellavita nella vecchiaia, speciequando a tale condizionesi arriva in condizioni fi-siche molto precarie eper i parenti (quando cisono) o per la strutturaassistenziale pubblica ènecessario «collocare» lapersona in una casa di ri-poso. Le case di ripososono necessarie, non giu-dico figli e nipoti che, ma-gari stretti in alloggi di po-chi metri quadrati, devonoprendere decisioni a voltedolorose per salvaguarda-re un equilibrio familiare.Auspico che un buon nu-mero di badanti (che termi-ne infelice!) sia disponibile a

sostituire con cure appro-priate e, se possibile, affet-tuose, parenti fisicamenteimpossibilitati a mettere inpratica, in tutte le ore delgiorno e della notte, il co-mandamento «Onora il pa-dre e la madre». Mi sono oc-cupata di anziani già da gio-vane, come volontaria, e va-rie volte ho trascorso qual-che settimana in strutturerealizzate per loro, cercandodi conoscere meglio questo«pianeta» sempre più nume-roso. Invecchiando, sonoentrata a far parte di unacooperativa d’animazione

supermercato. Ricevevo visi-te regolarmente.Nelle ore serali (per venire in-contro alle necessità del per-sonale, si è messe a letto su-bito dopo cena!) ho scrittoun piccolo libro dal titolo Se-nilità difficili3, dove ho de-scritto la mia esperienza e leconoscenze che ho fatto conalcuni vecchi. Ho perfinovinto un premio. Il mio sco-po era di far arrivare il mioscritto sul tavolo di chi ha ilcompito di progettare e rea-lizzare luoghi dove si possatrascorrere gli ultimi annidella propria esistenza conla dignità e il rispetto dovutoad ogni essere umano.Condivido il bellissimo artico-lo di Suarez: anch’io auspicoche si possa davvero «realiz-zare una struttura istituzio-nale che non permetta al vec-chio di uscire dal ruolo social-mente aggiudicatogli, maanzi, lo mantenga e lo raffor-zi», aprendo «un processoche metta in gioco tutte lecontraddizioni e conduca apensare e a lavorare [...] dalpunto di vista della vita e nonda quello della morte»4. q

1 Psicologo sociale, docente a Riminipresso il Centro studi e ricerche JosèBlegér - Scuola di prevenzione, psica-nalisi operativa, concezione operativadi gruppo.2 F. Suaréz, La dinamica della passivitàdi una casa di riposo per anziani, 29Giugno 2007. Testo integrale inhttp://www.bleger.org/pubblicazioni-on-line3 S. Omati, Senilità difficili, Associazio-ne Vedogiovane, Arona 2007. Dellastessa autrice, Donne alla soglia dellaterza età o anche più «mature» nellarete di relazioni del volontariato, in«Anime e corpi», Rivista medico-psico-logico-pastorale della sofferenza, a cu-ra dell’Associazione per una pastoraledi comunione e speranza dell’uomoche soffre (OARI), Brezzo di Bedero(Va), 1995, n. 33, pp. 178, 179-185.4 F. Suaréz, cit.

socioculturale, la Vedogiova-ne, che opera in provincia diNovara, dove, sotto la guidadi una specialista, si studia-vano i problemi riferiti alla«tarda età adulta»!Il mio ruolo, tra tanti giova-ni, era duplice: ero contem-poraneamente soggetto eoggetto di studio, ancheperché, nel frattempo, diver-se patologie mi videro ospitefissa per circa un anno inuna piccola casa di riposonello stesso comune sededella Cooperativa, con unprogetto per gli ospiti cheprevedeva una stretta colla-borazione tra la direzione, lefamiglie dei ricoverati, il vo-lontariato attivo.Non mi sono trovata male:fisicamente ne ho avuto unvantaggio, perché le miecondizioni di salute sono mi-gliorate. Io mi ritengo fortu-nata per le seguenti circo-stanze, che dovrebbero es-sere possibili per chiunque sivenga a trovare nella neces-sità di una simile soluzione.Sono entrata nella struttura

per mia volontà.Ho avuto la possibilità di al-

loggiare in una camera sin-gola. Poiché ero «personacapace di intendere e vole-re», mi è stato permesso,sotto controllo, di gestire imiei medicinali. Ho avviatoun progetto di animazionecon le volontarie, comeprevisto dalla gestione del-la casa, e ho visto realmen-te «rianimarsi» personeinizialmente depresse odemotivate, rispetto a ca-pacità che pure avevanoesercitato per molti de-cenni. Potevo uscire dallacasa e girare per il rione,andando fino al piccolo

novembre 2010 | cem mondialità | 15

La passivitàdell’anziano

non hapossibilità di

soluzione finchénon si ponga

come problemal’attività del

personale dellacasa di riposo

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 15

Alberto ManziNasce a Roma nel 1924. Dopol’esperienza di guerra comesommergibilista, nel 1946 inizia l’attività

scolastica presso il carcere «A. Gabelli» diRoma. Nel 1954 lascia la direzionedell’Istituto di Pedagogia della Facoltà diMagistero di Roma per fare l’insegnanteelementare e portare avanti, sul campo,quelle ricerche di psicologia didattica checontinuerà almeno fino al 1977, quandoabbandona l’insegnamento. Ha curato

sussidiari, libri di letture, diari scolastici.Intensa anche la sua attività di scrittore, con

oltre 30 titoli tra racconti, romanzi, fiabe, traduzionie testi di divulgazione scientifica tradotti in tutte lelingue (Orzowei, scritto da Manzi, è uno dei libri diletteratura italiana più tradotto nel mondo), che glisono valsi riconoscimenti e premi internazionali. Dal1954 al 1977 si è recato in Sud America ogni estateper corsi di scolarizzazione agli indigeni e attivitàsociali. La trasmissione tv «Non è mai troppo tardi» èsolo la più nota di una lunga serie, tra il 1951 e il1996, di trasmissioni e collaborazioni con latelevisione e la radio.Nel 1993 ha fatto parte della Commissione per lalegge quadro in difesa dei minori. Nel 1994 è statoeletto sindaco di Pitigliano (Grosseto), dove risiedeva.Qui si è spento il 4 dicembre 1997.

La sua vita è stata davvero un esempio di quella suapoliedricità. Alberto Manzi ci ha insegnato a leggere,scrivere e parlare. E ci insegna ancor oggi, attraverso le sue testimonianze scritte e video,a riflettere, a pensare, a ragionare.

16 | cem mondialità | novembre 2010

pedagogiadella lumacagianfranco [email protected]

questo riscatto nel suo corsodi alfabetizzazione per adultinella RAI, la tv pubblica italia-na. Era un grande divulgato-re, ma anche scrittore, con-duttore televisivo, sceneggia-tore, regista, poeta e artista.La sua vita è stata davvero unesempio di quella sua polie-dricità. Alberto Manzi ci hainsegnato a leggere, scriveree parlare. E ci insegna ancoroggi, attraverso le sue testi-monianze scritte e video, a ri-flettere, a pensare, a ragiona-re. Usando le parole stesse diAlberto «ad immetterci con li-bertà nella società». In occasione della «X Setti-mana della lingua italiananel mondo», qui a Belo Hori-zonte, in Brasile, nella terradi Paulo Freire e Rubem Al-ves, abbiamo voluto tradur-re in portoghese e proporreal mondo pedagogico brasi-liano, la mostra «AlbertoManzi, storia di un mae-stro». È questo il nostro«grazie» ad un educatoreche ha solcato i mari del-l’umanità, col chiaro intentodi renderla migliore di comel’aveva trovata. q

Alberto Manzivita di un maestro interculturale

A 50 anni dall’inizio dellatrasmissione «Non è

mai troppo tardi», AlbertoManzi, il maestro degli italia-ni per eccellenza, ci continuaad interpellare. Ma non lo fasolo con l’Italia e il suo mon-do pedagogico. Il suo lavoroera impregnato di un pro-fondo senso universale, chesi manifestava periodica-

mente nei suoi viaggi inAmerica Latina. E nelle terreandine e amazzoniche, Al-berto Manzi cercava di ac-compagnare le persone umiliin quel difficile percorso di ri-scatto personale che consistenel «padroneggiare la paro-la». Dare la parola ad adultianalfabeti vuol dire ricono-scere la dignità umana di cia-scun essere. La timidezza deisemplici, il senso di inferiori-tà, l’impossibilità ad espri-mersi liberamente, l’incapa-cità di ribadire i propri diritti:ecco le forme di «schiavitù»più subdole delle nostre so-cietà democratiche e moder-ne. Alberto Manzi ha offerto

L’intero archivio AlbertoManzi è depositato e con-sultabile a Bologna pressola Biblioteca dell’AssembleaRegionale della Emilia Ro-magna, ove è stato istituitoil Centro Alberto Manzi

Per maggiori informazioni: www.centroalbertomanzi.it

4

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.01 Pagina 16

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

GIUGNO-LUGLIO 2010

Nomadi del presente, cittadinidel futuro

NOVEMBRE 2010

Gli spazi

NOVEMBRE 2010

I tempi NOVEMBRE 2010

I saperi

DICEMBRE 2010

Passioni ecompassioni

MAGGIO 2011

Adesso!

APRILE 2011

L’economia

MARZO 2011

FEBBRAIO 2011

La politica

GENNAIO 2011

Identità e culture

Il sacro, i sacri

I SAPERI

4

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 17

PREMESSA

T utti i Dossier dell’annata 2010-2011 ruotano intorno adun nucleo centrale: la cittadinanza glocale. Il presentedossier ha come suo tema specifico i «Saperi».

Pertanto l’interrogativo a cui ci proponiamo di rispon-dere possiamo così formularlo: quali saperi sono ne-cessari per promuovere negli studenti la costruzione di unacittadinanza glocale, cioè insieme locale e globale, nazionalee cosmopolita? La risposta che daremo riguarderà quattroprincipali direzioni:

Saperi per leggere la «complessità» del reale a livello loca-le e planetario;

Saperi per orientarsi nell’attuale società crossmediale (di-gitale, audiovisiva, informatica…);

Saperi per con-vivere nella società multiculturale, multiet-nica e multireligiosa;

Saperi per la fruizione e la tutela dell’ambiente e dei «benicomuni» (dall’acqua alle tradizioni locali).

Su ognuno di questi quattro ordini di saperi offriamo una se-rie di stimoli e di orientamenti utili per l’educazione e l’inse-gnamento scolastico. Ma prima di tutto sarà opportuno direqualcosa sul nesso tra i saperi, il curricolo e la cittadinanzaglocale.

I SAPERI, IL CURRICOLO E LA CITTADINANZA GLOCALE

Senza complicare troppo il nostro ragionamento, mi sembraevidente che un curricolo all’altezza dell’attuale periodo stori-co non può essere né solo locale né solo globale, ma deve co-niugare le ragioni del localismo e dell’identità con le ragionidella mondialità e della differenza. La sintesi di queste due di-mensioni corrisponde esattamente a ciò che possiamo defini-re glocalizzazione dei saperi e che fino a ora si era soliti chia-mare internazionalizzazione. Se prendiamo il libro Curricolo

18 | cem mondialità | novembre 2010

M

Antonio Nanni

Quali saperiper costruire

la cittadinanzaglocale?

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 18

ottobre 2010 | cem mondialità | 19

Muhammad Yunus, Nobel perla pace del 2006 (come hanotato Luigino Bruni, premio

per la pace e non per l’economia, adimostrazione che lo sviluppo è ilnuovo nome della pace) era direttoredel dipartimento di scienzeeconomiche alla Università diChittagong, in Bangladesh, quandonel 1976 ebbe l’intuizione di fondarela Grameen Bank, un istituto dimicrocredito che prestava soldi ai piùindigenti, soprattutto alle donne,escluse dai prestiti delle banchetradizionali. Nello scetticismogenerale, Yunus avviò insieme ai suoistudenti un progetto perincrementare la produzione di riso chequadruplicò i raccolti. Era rimastoimpressionato dalla povertà delle

donne che dovevano separare il risodalla lolla, una fatica compensata conpochi spiccioli. Cercando di capire lasituazione del villaggio di Jobra,Yunus conobbe Sofia Begun, chesoffriva la fame con i suoi bambiniperché le mancavano 22 centesimi percomprare il bambù necessario perconfezionare cestini, ed era«strozzata» dall’usura. Yunus appuròche quarantadue famiglie del villaggioavrebbero potuto uscire dalla lorocondizione di miseria estrema conappena 27 dollari! Comprese che fare l’elemosina nonera una soluzione stabile e dignitosa,e pensò ad una forma d’investimento,una banca specifica per i poveri.«Abbiamo guardato come funzionanole altre banche e abbiamo fatto ilcontrario!», disse con grande ironia. Ilmeccanismo ideato ha dimostrato difunzionare: i poveri restituivano ilpiccolo prestito ricevendo un nuovocredito, migliorando poco per volta leloro condizioni di vita. La banca hacreato un giro di affari vastissimo, conun tasso di recupero dei crediti che siaggira intorno al 98%. Oggi essa è diproprietà di circa due milioni di soci,per lo più piccoli contadini e artigiani,che contribuiscono con piccole quoteal capitale sociale dell’ente,concedendo prestiti di piccola entità(da 100 a 300 dollari). L’esperienza della Grameen Bank hafunzionato perché ha datoun’opportunità di riscatto agli esclusi,ha intuito che anche i poveri e ledonne possono avere capacitàimprenditoriali. Il microcredito harilanciato attività agricole e artigianaliche sembravano fallimentari, e hamodernizzato alcuni costumispingendo i clienti ad accettare uncodice di comportamento.Soprattutto, il microcredito ha

trasformato i clienti in comproprietarie ha trasmesso loro motivazione esenso di responsabilità. La Grameen Bank ha dimostrato che ipoveri sono solvibili, che si puòprestare loro del denaro in un’otticacommerciale, cioè ricavandone unprofitto. Yunus è riuscito là doveavevano fallito i progetti per losviluppo degli organismiinternazionali. Oggi che, anche sullascia dell’enciclica Caritas in veritate,sentiamo l’esigenza di un’economiache, pur attenta alla redditività, prestiattenzione anche alla gratuità: esempicome il microcredito, la Banca Etica, ilcommercio equo e solidale,l’economia di comunione, rovescianola prospettiva del puro e semplice dout des. Ha osservato LeonardoBecchetti: «l’elemento virtuoso delmicrocredito non consiste unicamentenel prestare ad individui poveri congaranzie limitate, ma anche esoprattutto nel prestare a quegliindividui di cui si prevederagionevolmente una capacità direstituzione. Se non fosse così anche imutui subprime sarebberoun’iniziativa di micro finanza […]. Lastoria del microcredito va al di là dellasua efficacia concreta, e mette in crisialcuni paradigmi riduzionisti degliscienziati economici. Seaccompagniamo questa storia aglieventi dell’odierna crisi finanziariapossiamo addirittura arrivare aconcepire un rovesciamento delmodello di sostenibilità dell’impresa».

MuhammadYunus

i saperi 4

novembre 2010 | cem mondialità | 19

STEFANO CURCI

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 19

Dl’Un

colla

Piemdiff

Tra le

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

20 | cem mondialità | novembre 2010

Città senza cittàDAVIDE BAZZINI

Avolerli vedere, sono i luoghi più evidenti della nostra epoca.Potrebbero esserne forse l’emblema, carichi come sono deisimboli della precarietà cercata o imposta, della globalità

teorizzata o vissuta, dell’urbanizzazione forzosa o forzata, dell’in-sicurezza e del crollo di quella fiducia nella razionalità dell’uomoche pure ci aveva accompagnato per tutta la modernità. A volerli vedere, in ogni ora di questo inizio millennio un bambinonasce, un contadino abbandona la sua terra, un giovane migradalla sua comunità; tutti finiscono in uno slum, in una di quelle ba-raccopoli sorte nelle periferie estreme delle città e diventate piùgrandi delle città stesse. Sono questi luoghi precari e insicuri, glislum, ad avere assorbito quasi interamente la crescita della popo-lazione mondiale e a rappresentarne il futuro, con le loro gigante-sche concentrazioni di povertà e deindustrializzazione. Qui, negli slum, la crescita urbana si è sganciata dall’industrializza-zione e dallo sviluppo. Masse sempre più ingenti di contadini e dipopolazione rurale abbandonano le campagne e ingrossano lamoltitudine delle «città ombra» indipendentemente dai fattori di«attrazione», quali l’offerta di lavoro e la capacità di accoglienzadelle città di destinazione.

La popolazione tradizionale della città viene espulsa dai suoi vecchiquartieri e si unisce ai migranti rurali per ammassarsi in sobborghisquallidi alla periferia. Città e campagna si scontrano e si interseca-no per generare un nuovo paesaggio meticcio, una forma né rura-le né urbana, un magma metropolitano esteso che diventa veloce-mente il paesaggio tipico della contemporaneità. In tutto il mondocrescono «città senza città», esibendo una serie di caratteristichecomuni: «una struttura di ambienti urbani completamente diffe-renti, che a prima vista appare diffusa e disorganizzata, con singo-le isole di pattern strutturati geometricamente, in una strutturapriva di un centro chiaramente percepibile, ma proprio per questodotata di un gran numero di aree, rete e nodi più o meno netta-mente specializzati dal punto di vista funzionale»1.Città autogenerate e caratterizzate da un abusivismo che a volte hail sapore inconfondibile dell’emarginazione mentre altre assume ilgusto della rivendicazione, quando la lotta dei nuovi proletari urba-ni diventa una modalità non esclusivamente difensiva, e l’occupa-zione si trasforma in una prolungata forma di resistenza contro larepressione. Ad esempio, nelle sue Fiabe dalle colline dei rifiuti2 La-tife Tekin racconta degli slum di Istambul chiamati gecekondu (co-struiti di notte) proprio perché i loro coriacei abitanti costruisconodi sera le baracche che verranno abbattute l’indomani mattina dallapolizia. Viene in mente, a voler intravedere una speranza, TommasoMoro: «Si riporta che inizialmente le loro abitazioni fossero umili,semplici capanne e tuguri costruiti con la legna raccolta in giro, imuri intonacati con il fango. I tetti eran coperti di paglia. Ora invecetutte le case sono gradevoli e costruite su tre piani».A volerli vedere, questi slum potrebbero essere le città del futuro.Certo, la miseria e la disperazione sono evidenti, drammatiche, co-me lo è la vita quando è ridotta alla lotta per la sopravvivenza. Maa volerli vedere, sono la sede di una speranzosa forma di resisten-za, di una insospettata capacità di autocostruzione e autorganiz-zazione, dell’orgoglio di costruire, del desiderio di emanciparsi,della voglia di essere presi sul serio, della rivendicazione di un dirit-to alla città in maniera non astratta. Certo, non sono l’acciaio ed ilcristallo ad essere protagonisti di queste nuove città, ma il fangoimpastato e i materiali recuperati che pensavamo di avere relegatoad un passato remoto. Non è la proprietà privata a regolare le re-lazioni di potere all’interno degli slum, ma un complesso mosaicodi reti di parentela, sistemi di possesso e rapporti di affitto.

NEGLI SLUM DI NAIROBI

Ad esempio, Nairobi. E a Nairobi, Korogocho, un grande slum nel-la parte orientale della città. Korogocho comprende sette villaggiche offrono altrettante diversità. A Grocan son tutte baracche dicartone, monolocali autocostruiti che ospitano ciascuno una fami-glia. A Githaa vedi invece costruzioni diverse, tipo baracche milita-ri; poi ti spiegano che è una speculazione, non è autocostruito, so-no imprenditori che hanno occupato il suolo pubblico e affittanoper guadagnare. E poi Kibera, forse lo slum più grande di Nairobi.Ci si arriva da Satellite, con le sue baracche più ordinate e con unafervente attività mattutina. Mi fermo a comprare una sorta di paneda un ragazzo con il banchetto più ordinato del mondo, capace in

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 20

e intercultura1 possiamo leggervi le seguenti considerazioni:«In precedenza abbiamo richiamato la centralità del legametra curricolo e contesto, ma quali sono oggi i contesti in cui siinserisce il curricolo scolastico? Sono contesti caratterizzatida appartenenze plurime sul piano culturale, religioso, etni-co, occupazionale, economico, dove il lontano ed il vicino so-no fusi insieme, dove il “glocalismo” (globale-locale) è diven-tato uno degli elementi che accomuna la realtà e le forme di

vita del pianeta. Questo vale non solo sul fronteecologico-ambientale, dove fenomeni

che si verificano in luoghi anche moltolontani, producono in breve tem-po conseguenze e ripercussioniglobali, ma vale anche nel mon-do dell’economia, della finanza,dell’informatica, della cultura,

della cono-

scenza. Costruireil curricolo pre-

stando attenzione alle istan-ze locali, e a quelle sovran-nazionali, conferisce allaprogettazione un respiroampio, rendendola uno stru-mento funzionale alla forma-zione di identità aperte alconfronto, allo scambio cul-turale e linguistico. Ecco

perché la progettazione di esperienze capaci di proiettare glialunni, fin dalla scuola dell’obbligo, verso la conoscenza di al-tri contesti socio-culturali rappresenta un valore aggiunto dicui oggi grazie anche ai finanziamenti dell’Unione Europea,alcune scuole si stanno facendo interpreti». È inoltre comprensibile capire perché oggi un curricolo deb-ba essere centrato più sulle competenze che sui contenuti.Non è un caso che le politiche europee per l’istruzione e laformazione indicano un quadro delle competenze chiave perl’apprendimento permanente, introdotto dalla Raccomanda-zione del Parlamento europeo (18 dicembre 2006), un puntodi riferimento costante per la progettazione curricolare di tut-ti gli ordini di scuola. Ecco perché, secondo Morin, occorre una «testa ben fatta»,per la quale diventa centrale l’acquisizione di un metodo, maanche le competenze trasversali che costituiscono una pre-messa essenziale per la realizzazione di sé e la partecipazio-ne alla vita sociale.

gli spazi 2

novembre 2010 | cem mondialità | 21

Davide BazziniSociologo dell’ambiente e del territorio,

Davide Bazzini è dottore di ricerca pressol’Università di Torino. Si occupa di processi di

sviluppo locale sostenibile e diriqualificazione urbana. Mediattivista, è

collaboratore della Free Software Foundationed è amministratore di ToPIX, (Torino

Piemonte Internet Exchange, consorzio per ladiffusione della connettività a banda larga).

Tra le sue ultime pubblicazioni: Il senso delleperiferie - Un approccio relazionale alla

rigenerazione urbana, Eleuthera, Milano

mezzo a questo casino di servire la sua merce con i guantibianchi di plastica e una lentezza esasperante. Il banchettoè davanti ad alcuni negozi in solida muratura, piccoli marketdove bevo una birra Tusker. Davanti, sul muro, la scritta:«Quando siete arrivati, noi avevamo le terre e voi la Bibbia.Ora abbiamo la Bibbia e voi le terre». Uno sguardo attornoe ti sembra di vedere tutta la miseria, tutta insieme. Case diterra e legno in mezzo a pozzanghere. Con stanze uguali,saranno due tre/metri per due, tutto compreso. Non sapreiquante persone vivono a Kibera. Il ragazzo dice un milione.Sono sicuramente centinaia di migliaia. Senza acqua cor-rente e fognature. Con questi sacchetti di plastica pieni di ri-fiuti sparsi in ogni dove, talora ammucchiati e incendiatigiusto per fare spazio. Tra i sacchi di plastica e il fango è unbrulicare di attività. Quarti di manzo appesi, fabbri che mar-

tellano e aggiustano ognicosa. Mucchi, mucchi diogni cosa. Una distesa discarpe colorate sospesa daun telo in mezzo alla motascura sembra da lontano unpezzo di giardino fiorito. Pe-sce fritto. Ambulanti con untelo di plastica che proteggedal fango invasivo manghi ebanane. Mi raccontanodell’acquedotto. Ci dovevaessere. Un progetto interna-zionale, con l’agenzia del-l’Onu in prima fila. Cinque-centomila euro di finanzia-mento. Hanno aperto il can-

tiere. Han messo anche i tubi, per lunghi tratti, fino in mez-zo ai tuguri. Poi, finiti i soldi, son rimasti lì fermi, inutili, sen-z’acqua… Tempo pochi mesi eran tutti dissotterrati e riuti-lizzati per costruire o venduti come rottami. E l’acqua è ri-masta il problema principale. Un fiume di donne e ragazziniè in coda davanti ai chioschi che la distribuiscono. Arrivanoanche da lontano, a volte alcuni chilometri. Ci passano ore tutti i giorni, in attesa. Riempiono la tanica,pagano il dovuto e via verso casa, trascinando carichi a quelpunto molto pesanti. Son queste donne che si fan carico diautoorganizzare la vita qui. Hanno sviluppato le «giostre»,delle vere e proprie reti di auto-mutuo-aiuto. Divise in grup-petti, contribuiscono settimanalmente con piccolissimi con-tributi ad una cassa comune che la settimana successiva vie-ne assegnata interamente ad una di loro, a rotazione. Attra-verso Kibera. E Kibera è attraversata dai suoi abitanti che ingran parte la lasciano (talora vestiti di tutto punto) per lavo-rare fuori di qui. Salgono quando possono sui matatu, pic-coli taxi collettivi guidati spericolatamente e raggiungonoaltre parti di una città che ignora la loro casa. Il loro abitare.Nel fango secco e nel legno.

1 T. Sieverts, Cities without Cities, Routledge, London 2003.2 L. Tekin, Fiabe dalle Colline dei Rifiuti, Giunti, Firenze 1995.

Costruire ilcurricolo prestando

attenzione alleistanze locali, e a

quelle sovrannazionali,conferisce alla

progettazione unrespiro ampio,

rendendola unostrumento funzionale

alla formazione diidentità aperte al

confronto, allo scambioculturale e linguistico

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 21

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

SAPERI PER LEGGERE LA COMPLESSITÀ

Nei suoi numerosi libri dedicati al tema della società com-plessa, Edgar Morin cerca di liberarci dall’illusione di posse-dere da qualche parte il «ferro da stiro» per spiegare, per to-gliere le pieghe della complessità. Il vero ostacolo che impe-disce la comprensione della complessità è il riduzionismo, lasemplificazione, la dis-giunzione e in buona sostanza loschematismo ideologico.Diventare consapevoli della complessità significa inveceprendere atto del ritardo della nostra cultura rispetto al tem-po attuale. È vero che da tempo viviamo all’interno della glo-balizzazione, ma sul piano della coscienza personale gli uo-mini e le donne sono ancora fermi all’età del ferro dell’epocaplanetaria. Dobbiamo allora renderci conto che il paradigmadella natura è da considerare, come Morin scriveva già nel1973, un «paradigma perduto»!Anche se oggi siamo ancora costretti ad usare espressionicome «secondo natura», «contro natura», «legge naturale»,«diritto naturale», ecc., ha però ragione Aldo Schiavone quan-do scrive che ormai niente più di ciò che è umano è soltantonaturale: nascere, morire, curare il dolore, formare una cop-pia, fare dei figli, fare un trapianto, e altro ancora.

Concentrare l’attenzione dei giovani su ciò che è essenzia-le; non disperdere, non rincorrere il luccichio delle mode,mettere al primo posto l’uomo, la vita, l’ambiente, la re-sponsabilità;

Fornire ai giovani gli strumenti per decodificare la realtàcomplessa, per resistere ai condizionamenti negativi, perimmaginare un mondo diverso;

Aiutare i giovani a formarsi un alfabeto adeguato per viverenella società globale (non tanto i neologismi quanto unanuova semantica delle parole antiche);

Dotare la scuola di educatori competenti e capaci di ri-spondere alle sfide della complessità. Questo però diventapossibile soltanto se ci saranno corsi finalizzati a «formare iformatori».

Non a caso si parla sempre più spesso del fenomeno delpost-umano e della biopolitica, come i lettori di questa rivistaben sanno. Ma che cosa significa assumere nella scuola ilparadigma della complessità? Significa non confondere la ri-forma programmatica della scuola, con la sua riforma para-digmatica. Infatti la prima riguarda soltanto i programmi, icurricoli e al massimo l’impianto organizzativo della scuola,mentre la riforma paradigmatica comprende tre momenti ne-cessari e complementari: la riforma del pensiero, la riformadel metodo ed infine la riforma dell’insegnamento, comeMorin stesso - su invito dell’Unesco - ha esplicitato nella suafamosa trilogia educativa: La testa ben fatta; Relier les con-naissances; I sette saperi necessari all’educazione del futu-ro. Qual è allora il compito della scuola nel tempo della com-plessità? Riassumerei tutto in quattro indicazioni:

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 22

«Lʼeducazione interculturale non puònon fare i conti con le religioni»: unaconsiderazione, quella di Andrea Ca‑nevaro, che può essere assunta co‑

me slogan per avviare una riflessione, a volo dʼuc‑cello, su quanto lʼambito religioso e interreligiosooggi costituisca un terreno privilegiato, complessoma ineludibile, per il mondo della scuola, dellʼedu‑cazione e della formazione. Il pluralismo religiosorappresenta lo scenario con cui appare necessarioconfrontarsi per quanti intendano leggere corret‑tamente la realtà attorno a noi, decisamente in pro‑gress. Uno scenario, si ripete con ottime ragioni,multireligioso e multiculturale, in questa che EdgarMorin designa come la quarta era dellʼumanità(lʼetà planetaria). Perché, a sorpresa, le religioni han‑no saputo uscire indenni dalla sfida dei processi disecolarizzazione e di modernizzazione. Materiasempre più incandescente, ovvio, soprattutto intempi liquidi, quali i nostri, contrassegnati dalla crisidei legami comunitari e della politica, da identitari‑smi violenti e fondamentalismi (religiosi e non),molto più che da dialoghi e accoglienza. Proprioper questo, peraltro, in particolare lʼambito educati‑

vo sarebbe chiamato a un supplemento di respon‑sabilità, pena il rischio di rappresentare lo spazioprincipe per strumentalizzazioni varie. Pensiamo,ad esempio, ad annose querelle ogni tanto riemer‑genti e di corto respiro come presepe sì‑presepeno e velo sì‑velo no...

LA VIA ITALIANA ALLʼINTERCULTURA

Lʼinatteso (e inedito) pluralismo che ci sta attraver‑sando è infatti destinato a porre a dura prova la tra‑dizionale ignoranza italica nel campo del divino, in‑vitando lʼuniverso della scuola e della formazionepermanente ad un impegno più serio e approfon‑dito. È impossibile, in ogni caso, continuare a consi‑derare il fatto religioso come un elemento pura‑mente individualistico o addirittura folkloristico, pri‑vo dʼinflussi culturali, economici e sociali (lo si è fat‑to spesso, per motivi che sarebbe lungo qui investi‑gare). Come ogni novità, il pluralismo religioso po‑trà provocare paure e indurre alla proliferazione diidentità reattive, già in parte in atto, ma anche sti‑molare a un autentico salto di qualità, se sarà vissu‑

a cura di BRUNETTO SALVARANI

LʼEDUCAZIONE INTERRELIGIOSA IN ITALIAOLTRE IL MURO DI VETRO

novembre 2010 | cem mondialità | 23

13‑16

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 23

24 | cem mondialità | novembre 2010

Brunetto SalvaraniÈ direttore di CEM Mondialità e docentedi Teologia della missione e del dialogo

presso la Facoltà Teologica dell’EmiliaRomagna (Bologna). Dirige la collana

EMI Parole delle fedi, il suo ultimo libroè Renzo Fabris. Una vita per il dialogocristiano-ebraico, EMI, Bologna 2010.

Per contatti:[email protected]

to con la necessaria laicità (poiché la laicità aperta,positiva, è il presupposto di ogni sano pluralismo).Ecco dunque, in Italia e in Europa, i preoccupantiindizi di un risorgente antisemitismo, di unʼislamo‑fobia e di un antiziganismo montanti, di unʼintolle‑ranza crescente nei confronti dellʼimmigrazionedalle nazioni povere, e così via. Ma anche segni disperanza e una serie di buone pratiche... Cʼè, in altritermini, un inedito nel pluralismo religioso che, seben interpretato, ce lo riconsegna come risorsapiuttosto che come problema: anche per la scuolae soprattutto per coloro che la vivono quotidiana‑mente. Nellʼavviarmi a presentare brevemente una batteriaesemplare di buone pratiche assumo, come corni‑ce, quanto sostiene lʼOsservatorio nazionale perlʼintegrazione degli alunni stranieri e lʼeducazioneinterculturale, attivo presso il Ministero della Pub‑blica Istruzione dal 2006 e poi, purtroppo, lasciatocadere da parte dellʼattuale Ministro. Lʼorganismo,tre anni fa (ottobre 2007), ha messo a punto un do‑cumento dal titolo La via italiana alla scuola inter‑culturale, in cui, al n.7, si legge: «A titolo esemplifica‑tivo [...] si segnala [...] lʼopportunità di allargare losguardo degli alunni stessi in chiave multireligiosa,consapevoli del pluralismo religioso che caratteriz‑za le nostre società e le nostre istituzioni educativee della rilevanza della dimensione religiosa in ambi‑to interculturale1».Si tratta di un buon punto di partenza. È evidente,infatti, che la nostra realtà scolastica non è, attual‑mente, in grado di far fronte alla nuova situazionedi pluralismo religioso. Se analizzassimo il ruolo che

a scuola ricopre lo studio delle religioni, ci si potreb‑be, a buon diritto, scoraggiare: lʼunico spazio istitu‑zionale ‑ comʼè noto ‑ è quello relativo allʼInsegna‑mento della Religione Cattolica (IRC), gravato dallafacoltatività e dalla confessionalità. Lʼanalisi appro‑fondita delle confessioni religiose altre è sostanzial‑mente lasciata alla disponibilità personale del sin‑golo docente, visto il rango ridotto cui esse sonorelegate (salvo eccezioni, destinate a confermare laregola). Per il resto, lʼaspetto multireligioso fa capo‑lino qui e là ogniqualvolta non è proprio possibileespungerlo del tutto, in storia, filosofia, lettere, o ar‑te: fornendo, peraltro, la precisa percezione che es‑so non sia ancora ritenuto un elemento centrale, espesso cruciale, per cogliere lʼevoluzione dei popolie le dinamiche del pensiero, tanto occidentalequanto orientale.In un panorama del genere, occorre affermare lʼas‑soluta necessità di sperimentare nuove vie, di pren‑dere sul serio le domande sospese, e di far entrareesplicitamente, soprattutto nella formazione deidocenti, lo studio della Bibbia, grande codice dellacultura occidentale, e lo studio delle varie religioni(da coniugare rigorosamente al plurale e in chiaveaconfessionale).

PRATICHE DI DIALOGO A SCUOLA

Il mondo della scuola, non di rado, nella quotidiani‑tà dellʼazione didattica, ha rappresentato, in questianni, lʼavamposto dei mutamenti socio‑culturalicon un riflesso forte anche in ambito interreligioso.Cominciamo con lʼesperienza pilota del Tavolo In‑terreligioso di Roma. Il primo obiettivo del proto‑collo dʼintesa, firmato nel 1998 fra il locale Comunee i rappresentanti di sei istituzioni di diverse aree re‑ligiose, recitava: «ricercare e proporre strumenti emetodi efficaci per una informazione e formazionein dimensione multi‑ e interculturale, contribuen‑do così alla crescita e al radicamento del confrontoe delle relazioni costruttive tra tutti i soggetti pre‑senti nella scuola appartenenti a culture, fedi e reli‑gioni diverse...». Il Tavolo Interreligioso sʼinserisceallʼinterno del più ampio progetto detto Intermun‑dia, nato dalla consapevolezza che la scuola rap‑presenta il centro e il luogo di elezione per il dialo‑go e la conoscenza interculturale. Un aspetto da

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 24

novembre 2010 | cem mondialità | 25

sposizione degli insegnanti che intendessero speri‑mentarla la traduzione in italiano del manuale dʼin‑segnamento della religione sviluppato a Bradford(Regno Unito) dal Centro di Educazione Interreli‑giosa e largamente utilizzato sia da docenti di Brad‑ford sia da colleghi di altri paesi europei con classimulticulturali: i primi risultati sembrano incorag‑gianti, anche se occorrerà contestualizzarlo mag‑giormente nella situazione del nostro paese2. È dal1995 che il Centro ha preso a promuovere, nelleduecento scuole cittadine, un corso comune in cuile lezioni settimanali sono adattate alle esigenzedelle singole scuole, basandosi sullo studio compa‑rato di sei religioni, quelle maggiormente presenti(buddhismo, cristianesimo, ebraismo, hinduismo,islam, sikh). Ciascun modulo si fonda su un temaspecifico, dai luoghi di culto ai segni e simboli, daitesti sacri ai profeti, con un duplice obiettivo edu‑cativo: gli alunni dovrebbero imparare ad apprez‑

zare i valori religiosi degli altri, nonché ad identifica‑re quelli che hanno in comune. Senza sincretisminé intenti apologetici.Nella stessa direzione si muove il cosiddetto Grup‑po di Vallombrosa, così definito dalla località in cuiper alcuni anni agli inizi di settembre si sono svolti iseminari dedicati al pluralismo religioso e agli im‑patti di tale fenomeno sui diversi livelli delle istitu‑zioni scolastiche (lʼesperienza si è conclusa nel set‑tembre 2008). In particolare, ricordo il documentoche il Gruppo di Vallombrosa ha redatto in occasio‑ne del convegno promosso dal Comitato OrienteOccidente dellʼUniversità di Firenze e dal Laborato‑rio sulle relazioni multilaterali e multireligiose dellaFacoltà di Scienze Politiche dellʼUniversità di Sienasu Libertà delle religioni ‑ Laicità dello Stato. Rispet‑to delle fedi e rispetto delle leggi (5‑7/9/2005), daltitolo Scuola pubblica e cultura religiosa in una so‑cietà democratica e multiculturale. Vi si sostiene lanecessità di giungere a «un corso di cultura religio‑sa per tutti a gestione pienamente scolastica», «dicarattere non confessionale o transconfessionale,che sappia tener conto delle scelte religiose comedi quelle non religiose di famiglie, alunni, insegnan‑ti, scelte che devono poter comunque esprimersiin un clima di dialogo e di rispetto reciproco»3.Va quindi positivamente salutato, sulla linea di undialogo aperto e consapevole dei danni di un pae‑se che ignora i capisaldi della Bibbia, un ambiziosoprogetto didattico. Si tratta di Bibbia Educationalche intende contribuire a valorizzare la conoscenzadella Bibbia e delle sue tradizioni religiose e cultura‑li nellʼambito educativo scolastico. Qui la Bibbia, in‑sieme al Corano, è considerata una cornice cultura‑le e religiosa che ha generato altre vicende e tradi‑zioni, la cui presenza è rintracciabile in molti saperiscolastici e in altre tradizioni contemporanee (il ci‑nema, la musica...). Ecco perché il progetto non ve‑de quali destinatari professionali (soltanto) i docen‑ti di religione, ma tutti gli insegnanti che con lealtàprofessionale e laicità scientifica e metodologicanon trascurano alcun documento che possa offrireagli studenti più efficaci strumenti per interpretareil nostro passato, presente e futuro. Bibbia Educa‑tional contiene una forte caratterizzazione intercul‑turale e interreligiosa4. La finalità che ha motivatolʼideatore di Bibbia educational, Pasquale Troìa ‑ daanni docente di religione e autore di testi scolastici

evidenziare è che il Tavolo ‑ oggi purtroppo in diffi‑coltà, dopo il cambio, un paio dʼanni fa, dellʼammi‑nistrazione capitolina ‑ non è un tentativo dʼinse‑gnamento delle religioni a scuola e non ha caratte‑re fideistico, essendo piuttosto una testimonianzadelle diverse realtà di fede presenti sul territorio. In ambito educativo‑scolastico, segnalo poi lo sfor‑zo intrapreso da CEM Mondialità sul tema dellʼinse‑gnamento della religione in una prospettiva inter‑culturale. CEM ha scelto, fra lʼaltro, di mettere a di‑

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 25

26 | cem mondialità | novembre 2010

‑ è di fare in modo che dʼora in poi parlare di Bibbiasignifichi riferirsi a una cultura da cui nessun cittadi‑no potrà prescindere: sia egli credente sia (appun‑to) altrimenti credente. A partire dalla convinzioneche solo in queste pratiche dialogiche ‑ di cui lascuola è il laboratorio imprescindibile ‑ è possibilecontribuire a costruire unʼidentità culturale e socia‑le condivisa per il futuro cittadino europeo.

ABBATTERE IL MURO DI VETRO

Che fare, dunque? Nel frattempo, ci sarebbe biso‑gno di unʼampia discussione pubblica al riguardo,che veda protagonisti i molti attori potenzialmentecoinvolti. Certo: una discussione serena, venata néda un vecchio e sorpassato laicismo ma neppuredal nuovo, risorgente clericalismo... Perché, ripetia‑molo, lʼormai acclarato ritorno sulla scena pubblicadei diversi nomi di Dio, del sacro e dei valori dellefedi potrebbe rappresentare un ottimo incentivo,anche per la scuola italiana, in vista di unʼautenticaeducazione interculturale. È unʼoccasione storica,da non lasciare cadere! È vero: lʼItalia si trova comedi fronte ad un muro di vetro! Vede il pluralismo, necoglie gli aspetti esteriori ‑ il ramadan, la spiritualitàpentecostale, il rigore dei testimoni di Geova, lemizvot ebraiche, la meditazione orientale... ‑ manon è in grado di interagire consapevolmente conquesta realtà: due mondi prossimi lʼuno allʼaltro,lʼuno dentro lʼaltro ma separati da muri di vetro co‑struiti su perimetri irregolari che creano intersezioni

e persino familiarità, ma mai contatto e relazione.Le eccezioni esistono e tale muro, come tutti i muriche lʼumanità ha provato ad alzare, ha fratture epertugi che consentono qualche salutare scambio;persino qualche contaminazione. Ma, ancora oggi,le culture, le politiche, persino le teologie prevalentitendono a consolidarlo, questo muro, che ci mo‑stra gli uni agli altri ma non consente lʼinterazione,ci avvicina ma non con‑sente di conoscerci. Nederiva una criticità per lafunzionalità di una com‑piuta democrazia, persi‑no unʼarretratezza nelconfronto con la realtà digran parte dellʼUnioneeuropea...Ecco perché sarebbe im‑portante che i laboratoricitati si rivelassero conta‑giosi e diventassero sem‑pre più la normalità e nonsolo una pur felice ecce‑zione. Perché «lʼeduca‑zione e la formazione aldialogo interreligioso, o auna vita di amicizia e disimpatia con persone dialtre religioni ‑ scrive pa‑dre Sottocornola, fonda‑tore del Centro interreligioso Shinmeizan, in Giap‑pone ‑ deve anzitutto cercare di creare un atteggia‑mento generale col quale noi sottolineiamo quelloche è positivo, buono, bello nellʼaltra religione piut‑tosto che i suoi aspetti negativi, e poniamo lʼaccen‑to su tutto quello che unisce o favorisce la collabo‑razione e lʼamicizia, piuttosto che su ciò che divi‑de». Permettendoci di abbattere, finalmente, il mu‑ro di vetro che ci imprigiona.

1 In www.pubblica.istruzione.it2 Per altre informazioni rimando a Salvarani (2006), mentre per riceveregratuitamente il testo del Manuale, il Bradford Agreed Syllabus for Reli‑gious Education (tradotto in italiano) basta inviare un messaggio con la ri‑chiesta a [email protected] 3 Testo integrale del documento in B. Salvarani, Educare al pluralismo reli‑gioso. Bradford chiama Italia, EMI, Bologna 2006, pp. 211‑216.4 Ulteriori informazioni sul sito www.bibbiaeducational.it.

Riferimenti bibliografici

Z. Bauman Modernità liquida, Laterza, Roma‑Bari 2002A. Canevaro, Editoriale, in «Educazione interculturale», n. 2,maggio 2005 E. Morin, Introduzione ad una politica dellʼuomo, Meltemi,Roma 2000P. Naso, Laicità, EMI, Bologna 2005P. Naso, B. Salvarani (a cura di), Il muro di vetro. Primo rap‑porto sullʼItalia delle religioni, EMI, Bologna 2009 B. Salvarani, Educare al pluralismo religioso. Bradford chia‑ma Italia, EMI, Bologna 2006 A. Sen, Identità e violenza, Laterza, Roma‑Bari 2006F. Sottocornola, Alcune osservazioni sulla formazione al dia‑logo interreligioso, in «Concilium», n. 4, 2002A. Tosolini (a cura di), Oltre la riforma Gelmini. Per una scuo‑la dellʼintercultura, EMI, Bologna 2008

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 26

SAPERI PER ORIENTARSI NELLA SOCIETÀDIGITALE

Già negli anni ’60 il sociologo canadese McLuhan aveva pre-visto il «villaggio globale». Oggi poi, al tempo di internet edei social network, comprendiamo tutti che cosa significaessere entrati nell’epoca digitale e nella società crossmedia-le. Non è soltanto una rivoluzione tecnologica, ma è una mu-tazione antropologica che sta dando vita ad un narcisismo dimassa che viene alimentato da una vasta serie di piccole tec-nologie digitali che sono alla portata di tutti, in particolaredelle nuove generazioni. Non a caso si parla di tecnologiedell’I life, nel senso che rafforzano la connessione tra l’Io e larealtà con cui è possibile connettersi (I-Pod, I-Pad, I-Phone).Ma si sta perdendo la percezione della differenza tra ciò cheè reale e ciò che è virtuale, tra ciò che è durevole e ciò che èeffimero. Ha ragione Bauman quando afferma che le nuovegenerazioni si sono talmente assuefatte all’elettronica chenon sopportano più alcuna realtà che non preveda il pulsante«cancella». Come se a ogni rapporto sociale si potesse sem-pre dire «stop», «elimina» oppure «ritorna al punto di parten-za», mentre la relazione con l’altro non è uguale a quella conun robot, o un avatar. Ha scritto il gesuita Antonio Spadaro2

che «internet non è un semplice strumento di comunicazio-ne, ma un ambiente culturale, che determina uno stile di pen-siero, contribuendo a definire anche un modo peculiare di

stimolare le intelligenze e di stringere le relazioni, addiritturaun modo di abitare il mondo e di organizzarlo. L’uomo, dabussola prima a radar poi, si sta trasformando in un decoder,cioè in un sistema di decodificazione delle domande sullabase delle molteplici risposte che lo raggiungono. Viviamobombardati da messaggi, abbiamo una sovra informazione,la cosiddetta information overload. Il problema oggi non èreperire il messaggio di senso ma decodificarlo. Questa è lavera sfida: imparare ad essere wired, cioè connessi, in ma-niera fluida, naturale, etica, e per tanto spirituale; ad avere larete come uno degli ambienti di vita.L’uomo interconnesso della crossmedialità è certamente di-verso dall’Homo Sapiens di qualche decennio fa. Oggi ab-biamo a che fare con l’Homo Videns, e con la digital genera-tion, il cui modo di pensare è profondamente diverso e sor-prendente, più multimediale e immaginifico. Tuttavia, nonavrebbe alcun senso mostrare soltanto fiducia e ottimismoverso la metamorfosi in corso. Basti pensare al disorienta-mento e allo stress di tanti cittadini, al processo di degrada-zione della vita sociale, alla politica sempre più spettacolariz-zata, video plasmata e di plastica. Non c’è da stare allegri seassistiamo ad una classe di politici che ha divorziato dagli in-tellettuali, dalla cultura e dal pensiero per allearsi invece coni media, i divi, e le star dello spettacolo. La mediatizzazionedella vita pubblica, è soltanto la forma attuale che ha assuntola colonizzazione dei cervelli e la deriva drammatica delpost-pensiero».

SAPERI DEL CONVIVERE NELLA SOCIETÀMULTICULTURALE

Nella società complessa di oggi, dobbiamo affrontare nonsolo la sfida dell’informazione e della comunicazione, comeabbiamo osservato, ma anche quella del multiculturalismo edelle differenze etniche culturali e religiose. Come scrive Ro-berto De Vita, sociologo dell’università di Siena, nella societàattuale «non si trovano più gruppi culturalmente omogenei.La ricerca d’identità e di appartenenza è quindi uno strumen-to di difesa contro i processi di frantumazione, di omologa-zione culturale (si parla di macdonaldismo culturale!) e dinuove disuguaglianze indotte dal processo di globalizzazio-ne. Se la storia accelera i processi di recente avviati che sononel segno della deterritorializzazione indotta dalla globalizza-

zione e dai processi migratori, potremmo assistere a radi-cali trasformazioni antropologiche e di conseguenza cul-turali, con la nascita di un uomo nuovo, sempre più co-stretto a fare appello ai valori che trascendono la garan-zia fin ora offerta da tradizione, dalla religione, dall’et-nia,dal colore della pelle, con un diffuso relativismo cul-turale e religioso, per cui la conoscenza di culture altree di religioni diverse dalla propria, praticata o di tradi-zione, induce oggi anche chi aderisce a una “fede” a

non giudicare miscredente e tantomeno a combatte-re chi aderisce ad altre fedi…» 3.

novembre 2010 | cem mondialità | 27

i saperi 4

L’uomo interconnesso dellacrossmedialità è certamente

diverso dall’Homo Sapiens diqualche decennio fa. Oggi

abbiamo a che fare conl’Homo Videns, e con ladigital generation, il cuimodo di pensare èprofondamente diversoe sorprendente,

più multimediale e immaginifico

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 27

Che fare allora per rendere possibile la convivenza tra iden-tità e differenza? «L’umanità - osserva De Vita - diventa l’unicocriterio di inclusione, è un sogno che Habermas chiama “pa-triottismo costituzionale”, l’unità nella differenza e la differen-za nell’unità. È il concetto di persona, legata al suo vissuto ealla sua relazionalità, che abbattendo le barriere culturali co-munitarie particolari, può essere una base per azzerare ledifferenze e uniformare gli esseri umani in un universo uma-nitario»4. «Non è la multiculturalità a definire chi siamo, mal’intercultura, cioè unacondizione che presumedi avere consapevolezzadell’ibridazione»5. De Vitacita Amartya Sen, per ilquale le identità sono tuttemeticce, sono un puzzle omeglio un bricolage. Senafferma che «La principa-le speranza di armonia nelnostro tormentato mondo risiede […] nella pluralità delle no-stre identità, che si intrecciano l’una con l’altra e sono refrat-tarie a divisioni drastiche lungo linee di confine invalicabili acui non si può opporre resistenza. La natura di esseri umaniche tutti ci contraddistingue viene messa a dura prova quan-do le nostre differenze vengono ridotte a un sistema artificia-le di classificazione unico e predominante»6.De Vita fa notare che i modelli a cui si fa riferimento in Euro-pa quando si parla di integrazione, sono principalmentequelli di assimilazione o di comunitarismo. Ma il modello as-similazionista non funziona più, e ancora meno funziona ilmodello comunitario multiculturale. «In Italia si parla ancora,da più parti, di elaborare un nostro modello. In primo luogooccorre dire che non ci sono modelli sicuri. L’integrazionenon ha un modello preconfezionato, ma è un processo di in-clusione di diversità sempre diverse. È un processo apertomai definito e definitivo, un puzzle sempre più complesso dacostruire sulla base di esperienze parziali, nei vari ambiti del-la società, che strutturino una convivenza pluralista»7.

«L’accoglienza e l’integrazione è demandata ad iniziative di vo-lontariato, alle amministrazioni e alle comunità locali che han-no risposto in modo spesso molto efficace con alcune contrad-dizioni, più apparenti che reali, in quanto questi processi sonopiù attivi nel nord e nel nord-est, dove gli immigrati suscitanopiù preoccupazioni, dove le posizioni politiche sono più ostili edove in parte si usano più massicciamente e contemporanea-mente dando un volto alla “paura”»8. La sua conclusione vaesattamente nella direzione che noi del CEM proponiamo dasempre: «più che di multiculturalismo occorre parlare di inter-culturalità»9. La ragione è evidente: in una società policentricae frammentata in molteplici culture occorre stabilire quali valo-ri sono condivisi per garantire la coesione.

1 D. Capperucci, C. Cartei, Curricolo e intercultura , Franco Angeli, Milano 2009,p. 44.2 Cfr. La Civiltà Cattolica, 1 maggio 2010.3 R. De Vita, Con-vivere nel pluralismo, Cantagalli, Siena 2009, p. 11.4 R. De Vita, op. cit., p. 23.5 R. De Vita, op. cit., p. 46.6 R. De Vita, op. cit., p. 47.7 R. De Vita, op. cit., p. 62.8 R. De Vita, op. cit., p. 63.9 R. De Vita, op. cit., p. 67.

28 | cem mondialità | novembre 2010

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

Antonio NanniÈ condirettore di CEM Mondialità. Docente

di filosofia e scienze dell’educazione,insegna comunicazione ed educazione

interculturale al SIMI. È coordinatoredell’Ufficio studi delle Acli.

Tra le sue ultime pubblicazioni, Simbolo,EMI, Bologna 2008; Dal comprendere al

con-vivere. La scommessa dell’interculturaEMI, Bologna 2009 (con Stefano Curci);Rifare gli italiani. Una risposta alla sfida

educativa, EMI, Bologna 2010 (conAntonella Fucecchi).

Per contatti: [email protected]

L’integrazione non haun modello

preconfezionato, ma èun processo di

inclusione di diversitàsempre diverse

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 28

i saperi 4

ottobre 2010 | cem mondialità | 29

Saperi perpromuoverela fruizione e la tuteladell’ambientee dei «benicomuni»

Che l’ambiente vada difeso e cheil pianeta Terra sia da salvare dal-

la catastrofe che incombe su di essaè oggi una preoccupazione unani-me. Anche qualche raro eco-scetti-co, come ad esempio lo scienziatodanese Bjorn Lomborg, hanno dovu-to ricredersi e fare marcia indietro.L’effetto serra non può essere nega-to, il cambiamento climatico è unarealtà indiscutibile e la Terra è seria-mente in pericolo. È necessario inter-venire non soltanto con provvedi-menti d’emergenza ma soprattuttocon nuovi stili di vita e con l’educa-zione ambientale dei cittadini basatasull’etica del limite e sullo svilupposostenibile. Il problema dell’ecologianon può essere separato dalla cultu-ra della pace come salvaguardia del

creato, uso delle energie rinnovabilie scelta dell’economia civile. In parti-colare, nella vita quotidiana, per tu-telare il bene comune è opportunoconiugarlo al plurale, trasformando-lo cioè in beni comuni: il territorio,l’ambiente, l’acqua, l’aria, la luce delsole, ma anche la sicurezza persona-le, la fiducia nei rapporti sociali, lalegalità, i diritti dell’uomo, la salute,

l’istruzione, l’informazione, le infra-strutture, i beni culturali, i servizipubblici, ecc. Un primo passo èquello di sottrarli al processo di mer-cificazione tipico dell’epoca attuale,per il quale qualsiasi cosa è soggettaad equivalenza mercantile e a quan-tificazione economica e, di conse-guenza, a distribuzione commercia-le: dal corpo (specie se femminile),all’opera d’arte, come il quadro.Questa impostazione rivela un at-teggiamento consumista che sta di-vorando il nostro mondo, che rischiadi raggiungere e coinvolgere anche ibeni indisponibili. Se i beni comuniappartengono alla comunità ed èquest’ultima a tutelarli e svilupparli,bisogna innanzitutto rendersi contoche esistono numerose comunità, eche esse sono diverse geografica-mente, storicamente e culturalmen-te. Ciascuna delle comunità così ca-ratterizzata individua e protegge ipropri beni comuni.

È necessario intervenirenon soltanto con

provvedimentid’emergenza ma

soprattutto con nuovi stilidi vita e con l’educazione

ambientale dei cittadinibasata sull’etica del limite

e sullo svilupposostenibile

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 29

LE COMPETENZE CHE L’UNIONE EUROPEAPROPONE PER I CITTADINI

Al di là dei «saperi» che abbiamo appena indicatovediamo anche quali sono le otto competenzechiave per l’apprendimento permanente che ilParlamento europeo e il Consiglio dell’Unioneeuropea indicano nella «Raccomandazione» del 18dicembre 2006.

1. Comunicazione nella madrelingua. La comunicazione nellamadrelingua è la capacità di esprimere e interpretare concetti,pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta(comprensione orale, espressione orale, comprensione scrittaed espressione scritta) e di interagire adeguatamente e in modocreativo sul piano linguistico in un’intera gamma di contesti cul-turali e sociali, quali istruzione e formazione, lavoro, vita domesti-ca e tempo libero.

2. Comunicazione in lingue straniere. La comunicazione nellelingue straniere condivide essenzialmente le principali abilità ri-chieste per la comunicazione nella madrelingua: essa si basasulla capacità di comprendere, esprimere e interpretare concet-ti, pensieri, sentimenti, fatti e opinioni in forma sia orale sia scritta- comprensione orale, espressione orale, comprensione scrittaed espressione scritta - in una gamma appropriata di contesti so-ciali e culturali - istruzione e formazione, lavoro, casa, tempo li-bero - a seconda dei desideri o delle esigenze individuali […].

3. Competenza matematica e competenze di base in camposcientifico e tecnologico. A - La competenza matematica è l’abi-lità di sviluppare e applicare il pensiero matematico per risolvereuna serie di problemi in situazioni quotidiane. Partendo da unasolida padronanza delle competenze aritmetico-matematiche,l’accento è posto sugli aspetti del processo e dell’attività oltreche su quelli della conoscenza. B - La competenza in camposcientifico si riferisce alla capacità e alla disponibilità a usarel’insieme delle conoscenze e delle metodologie possedute perspiegare il mondo che ci circonda sapendo identificare le pro-blematiche e traendo le conclusioni che siano basate su fatticomprovati. La competenza in campo tecnologico è consideratal’applicazione di tale conoscenza e metodologia per dare rispo-sta ai desideri o bisogni avvertiti dagli esseri umani. La compe-tenza in campo scientifico e tecnologico comporta la compren-

sione dei cambiamenti determinati dall’attività umana e la consa-pevolezza della responsabilità di ciascun cittadino.

4. Competenza digitale. La competenza digitale consiste nel sa-per utilizzare con dimestichezza e spirito critico le tecnologiedella società dell’informazione (Tsi) per il lavoro, il tempo liberoe la comunicazione. Essa è supportata da abilità di base nelleTic: l’uso del computer per reperire, valutare, conservare, pro-durre, presentare e scambiare informazioni nonché per comuni-care e partecipare a reti collaborative tramite Internet.

5. Imparare a imparare. Imparare a imparare è l’abilità di perse-verare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendi-mento anche mediante una gestione efficace del tempo e delleinformazioni, sia a livello individuale sia in gruppo. Questa com-petenza comprende la consapevolezza del proprio processo diapprendimento e dei propri bisogni, l’identificazione delle op-portunità disponibili e la capacità di sormontare gli ostacoli perapprendere in modo efficace. Questa competenza comportal’acquisizione, l’elaborazione e l’assimilazione di nuove cono-scenze e abilità come anche la ricerca e l’uso delle opportunitàdi orientamento […].

6. Competenze sociali e civiche. Queste includono competenzepersonali, interpersonali e interculturali e riguardano tutte le for-me di comportamento che consentono alle persone di partecipa-re in modo efficace e costruttivo alla vita sociale e lavorativa, inparticolare alla vita in società sempre più diversificate, come an-che a risolvere i conflitti ove ciò sia necessario. La competenzacivica dota le persone degli strumenti per partecipare appienoalla vita civile grazie alla conoscenza dei concetti e delle struttu-re sociopolitici e all’impegno a una partecipazione attiva e de-mocratica.

7. Senso d’iniziativa e di imprenditorialità. Il senso d’iniziativa el’imprenditorialità concernono la capacità di una persona di tra-durre le idee in azione. In ciò rientrano la creatività, l’innovazionee l’assunzione di rischi, come anche la capacità di pianificare edi gestire progetti per raggiungere obiettivi. È una competenzache aiuta gli individui, non solo nella loro vita quotidiana, nellasfera domestica e nella società, ma anche nel posto di lavoro, adavere consapevolezza del contesto in cui operano e a poter co-gliere le opportunità che si offrono ed è un punto di partenza perle abilità e le conoscenze più specifiche di cui hanno bisogno co-loro che avviano o contribuiscono ad un’attività sociale o com-merciale. Essa dovrebbe includere la consapevolezza dei valorietici e promuovere il buon governo.

8. Consapevolezza ed espressione culturali. Consapevolezza del-l’importanza dell’espressione creativa di idee, esperienze edemozioni in un’ampia varietà di mezzi di comunicazione, compre-si la musica, le arti dello spettacolo, la letteratura e le arti visive.

30 | cem mondialità | novembre 2010

Adesso! Per una cittadinanza glocale, dalle paure al coraggio civile

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 30

i saperi 4

novembre 2010 | cem mondialità | 31

La storia. Alessandria d’Egitto, centro culturale del mon-do antico, è scossa negli anni attorno alla fine del IV e l’iniziodel V secolo dopo Cristo da scontri e violenze tra i pagani, icristiani e gli ebrei. Ogni gruppo è vittima e persecutore. Lìvive e insegna nella scuola annessa alla famosa biblioteca lafilosofa, matematica e astronoma Ipazia. La sua è una vita tut-ta dedicata alla ricercascientifica e al sapere,estranea agli scontri reli-giosi e non condizionatadai diversi poteri. La sualibertà è scandalo e pro-vocazione per i fanatici.Invisa al vescovo Cirilloper la sua indipendenza,sarà rapita e massacrata.Il film. L’uscita in Italiadel film è stata precedutada voci su ostacoli dal-l’alto alla diffusione dellapellicola (è bene tenerea mente che le battagliegiornalistiche contro lacensure in difesa di filmspesso sono frutto diprecise strategie pubblicitarie). Indubbiamente Agorà è unfilm che ha diversi elementi per suscitare polemiche nellacristianissima Italia: ricordiamo la scelta della figura di Ipa-

zia, filosofa neoplatonica uccisa dai parabolani cristiani, l’ac-cusa esplicita a «San» Cirillo vescovo di essere lo strategadelle violenze nella città di Alessandria e l’asprezza dellapresentazione dei cristiani con tratti intolleranti che richiama-

no i fanatici islamici di oggi. Lereazioni sono state però molto atte-nuate, trovando la vicenda unaconferma nelle poche fonti stori-che in nostro possesso. Certo il re-gista ha presentato un’Ipazia gio-vane, mentre sappiamo che morì asessant’anni; ha rispettato nellascena dell’uccisione il suo corpoche fu invece scarnificato, strap-pato a pezzi e bruciato; ha messo

in scena pagani troppo buoni e cristiani troppo cattivi; hamesso in bocca all’astronoma Ipazia teorie scientifiche trop-po moderne e vicine a quelle dell’età galileiana mentre scar-sissimi sono i testi di Ipazia in nostro possesso, anche se lafama della sua intelligenza e della valenza dei suoi studi ha

cinema

Regia: Alejandro Amenabar

Interpreti: Rachel Weisz (Ipazia), MaxMinghella (Davo), Oscar Isaac (Oreste),Ashraf Barhom (Ammonio), SammySamir (Cirillo).

Stati Uniti/Spagna 2009. 126min. Mikado

AGORÀdi Lino [email protected]

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 31

32 | cem mondialità | novembre 2010

Adesso! Per una cittadinanza glocale dalle paure al coraggio civile

attraversato i secoli fin dal-l’antichità; certo il regista hatroppo esplicitamente antici-pato e avvicinato fanatismi,ideologie e violenze del po-tere in nome di una presuntadifesa della verità controogni diversa scelta di vita elibertà di ricerca scientifica.Ma dice il regista: «Non homai avuto intenzione di attac-care i cristiani. Anche se midefinisco un ateo che nonesclude la possibilità di qualcosa di superiore, sono statoeducato secondo i principi del cattolicesimo e il mio film ècristiano perché difende i principi cristiani della pietà e dellacompassione e avvicina il destino di Ipazia a quello di GesùCristo. Volevo mostrare al pubblico come nulla sia cambiatorispetto all’antichità, come ciò che i cristiani facevano al-l’epoca somigli al comportamento degli integralisti islamicidi oggi». Come suggerisce il titolo, il centro del film non è lafigura di Ipazia ma piuttosto la storia del suo sacrificio natonello scontro fanatico tra religioni. Agorà è la piazza, è il luo-go dell’incontro e dello scontro, della politica e della religio-ne che vuole darsi uno spazio pubblico-politico. Agorà è so-prattutto un film di denuncia contro la religione che vuole di-fendere la propria civiltà e i propri privilegi. Una religioneche, fattasi ufficiale e sostenuta dalla legge, si subisce perpaura, si accetta per convenienza, si fa pelle visibile ma nonanima.Un film bello, ma non bellissimo, per l’incertezza che il registamostra nel taglio narrativo, diviso tra un coinvolgimento emo-tivo dello spettatore e il proposito di fermarlo a riflettere e a ri-trovare il proprio posto nella poltrona. Le frequenti interruzio-ni della normale narrazione, con l’inserimento di capovolgi-menti dell’immagine o l’inserimento di virtuali zoommate daAlessandria all’universo o il contrario, spezzano l’onda emoti-va e possono generare al contempo fastidio e rivelarsi unespediente intellettualistico estraneo all’opera. Fin troppo evi-dente l’intenzione del regista di contrapporre la pace perfetta

Il regista

Nato a Santiago del Cile nel marzo del 1972, ma subito trasferitosicon la famiglia in Spagna dopo il colpo di stato di Pinochet,

Amenabar produce e dirige il suo primo corto a diciannove anni e ilsuo primo lungometraggio, l’horror-thriller Thesis, a ventitrè. Ilsuccesso arriva con Apri gli occhi (1997) e soprattutto con The

Others del 2001. Nel 2004 esce Mare dentro con cui vince l’Oscarper il Miglior film straniero. Del 2009 Agorà. L’ultimo suo film, non

ancora distribuito, El Mal Ajeno, 2010, affronta il problema delleresponsabilità di un medico di fronte al suicidio di una paziente.

del cielo al formicaio violento della Terra e di stabilire un pa-rallelo tra la ieraticità di Ipazia e quella del cielo. Bellissima in-vece la ricostruzione storica di Alessandria e della sua biblio-teca, efficace la rappresentazione di Ipazia, dolce, seria, deci-sa, concentrata unicamente sulla sua ricerca per la quale nonè disposta ad alcun compromesso o sottomissione a verità as-solute, obbliganti ad una accettazione senza perché o dubbi. Ipazia è così icona di un sapere che fa della domanda, delconfronto, della ricerca e del rispetto del pensiero dell’altro ipropri imprescindibili e non contrattabili fondamenti. In un og-gi dove l’esplosione e la velocità di cambiamento delle cono-scenze rischiano di portare alla distrazione o alla chiusura nelproprio particolare e dove diventano vitali strumenti di naviga-zione e bussole ancorate a valori, l’esempio di Ipazia e la suascuola sono, anche se certamente idealizzati, richiami e stimo-lo a non cedere né a violenze né ad allettanti richiami. q

Alcuni titoli sul fanatismo religioso contro un libero sapere

Il destino (Al Massir), di Y. Chahine, 1997 Egitto, 135 min.Linguadoca, 1195: mentre un uomo muore sul rogo, colpevole di avertradotto le opere del filosofo arabo Averroè, il figlio fugge e trovarifugio nella Spagna musulmana nella casa di Averroè, luogod’incontro, ricerca, riflessione. Anche intorno a quella casa però crescel’opposizione degli integralisti che premono con minacce sul califfo AlMansour perché il filosofo sia cacciato e i suoi libri bruciati. Così sarà.

L’opera al nero (L’oeuvre au noir) di A. Devaux, 1988 Francia/Belgio.105 min.Fiandre, primi decenni del Cinquecento. Zenone, medico alchimista,perseguitato dall’Inquisizione per i suoi scritti, ritorna nella suaBruges. Arrestato, è condannato al rogo.

Giordano Bruno, di G. Montaldo, 1973 Italia/Francia, 123 min.Ultimi anni di vita del domenicano filosofo, accusato di eresia ebruciato a Roma agli inizi del ‘600.

Galileo, di L. Cavani, 1968 Italia/Bulgaria, 108 min.Galileo, di J. Losey, 1973 GB/Canada, 145 min.La Cavani costruisce un’opera forte e fortemente polemica, vietataall’epoca ai minori di 18 anni, mentre il lavoro di Losey adatta alloschermo la Vita di Galileo di Bertolt Brecht.

Parole e utopia (Palavra e utopia) di M. de Oliveira, 2000. 133 min.Vicende del famoso predicatore e difensore degli indios brasilianiAntonio Vieria, al quale l’Inquisizione impedì di predicare.

Religiolus - Vedere per credere (Religiolus) di L. Charles, 2008 USA. 101 min.Film documento irridente e a tratti scorretto che mette in ridicoloogni forma di espressione religiosa senza sottigliezze e distinguo.Esempio di uno speculare atteggiamento di rifiuto di ciò che non sicapisce o non si vuole capire.

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 32

aprile 2010 | cem mondialità | 33

Solo due fan voloAlessio [email protected]

novembre 2010 | cem mondialità | 33

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

Che viaggio promesso ci attendiamo?Sono ali (ché solo due fan volo)O solitario ardere di fiamma?José Saramago

Il numero 252 di Poesia (Settembre 2010) ci regala alcu-ne imperdibili poesie di José Saramago, fra cui questi

versi di Probabilmente, dritti al cuore di un sentire inter-culturale. Il 16 novembre avrebbe compiuto 88 anni: ci halasciato in compagnia di pagine vive e polemiche con itempi in cui abitiamo. Fra queste anche le tesi sull’educa-zione presentate durante la lezione magistrale che l’Uni-versità Complutense di Madrid l’aveva invitato a tenere il17 ottobre del 20051.Sempre animato dalla riflessione su come promuoveresenso di giustizia e pensiero critico, Saramago ha più volteripercorso la storia per trovarvi motivi di apprendimento,per esempio ricordando che nel diciannovesimo secolo eracomune la tesi che per ogni scuola che si costruiva si sa-rebbe potuto chiudere un carcere e di come questa affer-mazione sia progressivamente caduta nel dimenticatoio,ma non certo per mancanza di passione da parte di chi in-segna, per lo scrittore gli autentici eroi del nostro tempo.Più volte ha tenuto a distinguere in modo netto fra istru-zione ed educazione: «Stiamo confondendo cose comple-mentari, educazione e istruzione. Oggi nessuno parla diistruzione, ma solo di educazione, dovremmo vivere inuna società perfettamente educata». Per Saramago, l’«au-tentica educazione non è l’educazione del sapere», la cul-

tura generale, ma l’educazionenel senso del rispetto dell’altro,della consapevolezza del nostroruolo nella società, di quel che la so-cietà ha diritto di chiederci, del contribu-to che dobbiamo offrire, mentre è evidente come la scuolasia caratterizzata oggi da aggressività. Nella conferenza tenuta a Madrid, Saramago ha articolatoil suo ragionamento in sette punti:

1. Educare è diverso da istruire;2. Compito di scuola e università è solo istruire;3. Alla scuola e all’università viene attribuito il compito dieducare perché la famiglia è disgregata e la società è inca-pace di educare;4. È inutile riformare l’università se non si riforma prima lascuola e la capacità di scrivere e parlare;5. Il compito dell’università non riguarda solo i contenuti(il formare professionisti), ma anche l’ambito della cittadi-nanza e quindi formare al pensiero critico, ad avere mentiaperte all’universale;6. Educare alla cittadinanza deve fare i conti col fatto cheviviamo nell’epoca in cui l’Occidente propaga dentro efuori l’idea di essere governato dal sistema politico miglio-re possibile, ma le leve del potere sono altrove (nella sferaeconomico-finanziaria): il sistema democratico è governa-to da un sistema non democratico;7. L’università potrebbe cominciare ad offrire corsi dal tito-lo «Apprendere la democrazia»: sarebbe ancora poco, macomunque meglio di niente; sarebbe un modo di ricono-scere che l’università non forma solo professionisti, maanche buoni cittadini.

Per Saramago l’educazione formale ha smarrito il suo sensonella misura in cui la società e la famiglia sono in crescentedifficoltà sul piano educativo. A questo smarrimento loscrittore ha dedicato anche un breve racconto, poi trasfor-mato in dieci minuti d’immagini e musica da Diego Mallo eEmilio Aragon, Il fiore più grande del mondo2. Pur affer-mando di non essere dotato della pazienza e della sempli-cità per dar vita a racconto per bambini, Saramago ci regalaun momento serio e leggero al tempo stesso, un invito a so-stare e ad interrogarsi sulle attenzioni e i ritmi quotidianiche permettono (o meno) relazioni educative. q

1 Cfr. http://www.ucm.es/info/ucmp/cont/descargas/prensa/tribuna326.pdf2 Cfr. http://www.youtube.com/watch?v=-KTL94Rl7C

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 33

Rieccomi in ritardo. Sono arrivata dicorsa con un bel buco nello stoma-

co, sono quasi le otto, non ho mai vo-glia di mangiare prima del turno… al-trimenti mi viene sonno! Davanti alcancello trattengo un po’ il respiromentre attraverso con lo sguardo unadecina di persone che aspettano, di en-trare, di dormire, di chiedere, di litiga-re, di sperare, anche solo di trovare unposto caldo per la notte. Anche il lorosguardo trapassa e tra pochi minuti mimetterà al muro per sapere se faccioabbastanza bene il mio lavoro. Arriva ilcollega, si fa il té, i dormitori chiama-

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

In-giro di boa di Beatrice Iorio

no, chiamano gli ospedali, stasera se-gnalano un sacco di donne, uno stra-niero che non si sa se abbia i documen-ti, un anziano sfrattato, poi ci sonoquelli mandati dal servizio sociale. Ab-biamo concordato già il posto? Sì, bene, anzi, male, dove li mettiamotutti gli altri? Saltiamo sul furgone por-tando in braccio il diario di bordo, lozaino e un sottile senso di nausea eadrenalina, mentre andiamo attraversola città, pensando a chi troveremo, sta-sera, là fuori. Tutti con quella luce nello sguardo, ar-rogante o arresa, di chi occupa un po-sto con il permesso di un tacito e con-trariato consenso. E così ce ne andiamoin giro a cercare noi la soglia di un per-messo, la soglia di un marciapiede o diun ospedale. Restando sulla soglia siamo noi a chie-dere il permesso di entrare e il diritto difare domande,di trovare un’oc-casione per par-lare e per guar-darsi. Siamo so-glia, permesso ecrocevia dellelingue diverse dichi già cono-sciamo e di chinon ha docu-menti, di chi sfi-da la nostra pre-senza come l’as-senza di un di-ritto, dell’odoredi giorni di lotta e abbandono, dell’oc-casione di affermare almeno il permes-so di esistere. Siamo quelli della Boa Ur-bana Mobile, il Servizio Itinerante Not-turno del Comune di Torino, gestitodalla Cooperativa Parella, per personesenza dimora, che quest’anno compie15 anni di attività. q

34 | cem mondialità | novembre 2010

Rubrica a cura di Gianni D’[email protected]

Restando sullasoglia siamo noi a chiedere il permesso di entrare e il diritto di faredomande, di trovareun’occasione per parlare e per guardarsi

Per saperne di più

[email protected]

[email protected]

Prove di futuro«Il futuro è già qui»Vicenza multiculturale,cantiere di cittadinanza

Il progetto di ricerca educativacurato da Azzurra Carpo e p.Mauro Lazzarato di MigrantesVicenza delinea una serie diBuone pratiche programmatesu reti istituzionali, al fine diavviare ponti di comunicazionee coesione sociale in atto inalcune zone del territoriovicentino che possono essere«esportate» anche in altricontesti.

Per maggiori informazioniUfficio Interventi EducativiReferente per l’integrazione degli alunnistranieri: prof. Elisa SpadavecchiaTel. 0444.251142 – Fax [email protected]

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 34

novembre 2010 | cem mondialità | 35

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

Mentre presiede a Napoli un conve-gno dell’Onu sulla criminalità organiz-zata, il 22 novembre 1994 Silvio Berlu-sconi apprende di essere indagato percorruzione. Ci sono anche i diritti della «MadreTerra» nella Costituzione boliviana, ap-provata il 25 novembre 2007. Ah, que-sti selvaggi…I Natchez si ribellano ai francesi il 28novembre 1729, ma - ecco la novità -con loro si battono centinaia di schiavideportati dall’Africa. q

Un precedentepericolosoa cura di Dibbì

Questa rubrica intende richiamare allamemoria eventi importanti mascomodi che si muovono sopratuttofra diritti e delitti

A uccidere Rabin, primo ministroisraeliano, che lavorava per la pace nonfu - il 4 novembre 1995 - un estremistapalestinese, ma un giovane israelianoche dichiarò di aver agito «su comandodi Dio». Lionel Jospin, primo ministro france-se, «riabilita» i soldati francesi che si ri-bellarono (ai loro ufficiali) durante laprima guerra mondiale: è il 5 novembre1998, ci sono voluti 80 anni!Con un’africana a condurre comin-cia su Raidue Non solo nero: dalla pri-ma puntata, 6 novembre 1988, è ungrande successo, dunque (?) sarà chiu-sa quasi subito; ovviamente (?) governail centro-sinistra.Mentre a Sanremo Mario Borgheziova a caccia di «clandestini», a Genoval’8 novembre 2003 viene ritrovato sen-za vita Albert Kolgjegja, muratore alba-nese. Così si apre il bel libro di GuidoBarbujani e Pietro Cheli, Sono razzista,ma sto cercando di smettere, edito daLaterza nel 2008.Re Leopoldo, dopo le denunce inter-nazionali, regala il «suo» Congo: è il 12novembre 1908. Diritti, delitti, minierepassano al Belgio di cui Leopoldo è re.La prima cattedra di «storia della pa-ce», retta dal giurista francese JacquesLambert, nasce il 14 novembre 1931 aLione: molti la trovano inopportuna oinutile.

Se volete leggermi sul mio blog:http://danielebarbieri.wordpress.com

Si saprà poi che l’ordine arrivò dal go-verno salvadoregno: è il 16 novembre1989 quando all’Università cattolica seigesuiti vengono assassinati. 87 operaie cinesi muoiono a Kuiyongmentre producono giocattoli per laChicco, il 19 novembre 1993: In Italiaparte la prima campagna di denunciacontro i giochi insanguinati. Risoluzione 242 del Consiglio di sicu-rezza Onu: il 22 novembre 1967 si ac-cende una luce sui diritti dei palestinesi.

Un precedentepericoloso«Specie per l’Italia»

Così Henry Kissinger,consigliere di Nixon, invita a rovesciare prima possibile il presidente Allende in Cilein un documento segreto(ma desecretato nel 2002) del 5 novembre 1970. Sarà fatto l’11 settembre di 3 anni dopo.

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 35

L a presenza di Alain, Boubakar,François e del vescovo Joachim è

stata un ulteriore arricchimento delConvegno CEM 2010, già di per sé pie-no di incontri emozionanti. I tre amicihanno partecipato (chi più, chi meno, acausa degli impegni accumulatisi inquei giorni) a diversi laboratori del Con-vegno ed hanno contribuito con un oc-chio ed una voce decisamente «altri» al-le attività ed alle discussioni affrontate.Alla fine del Convegno i nostri amici sisono fermati per un’altra settimana inItalia ed abbiamo potuto approfittaredella loro presenza per far loro incontra-re le persone e le associazioni che in varimodi stanno dando il loro contributo asostegno della Campagna Dudal Jam.Boubakar, ospitato da Rita, si è recato aLucca, mentre Alain e François si sonorecati nel profondo nord, a Brescia,ospitati dai Padri Saveriani, che, ancorauna volta, hanno dimostrato allegra di-sponibilità e calorosa accoglienza. Ov-viamente, si sono insediati nell’ufficio diCEM Mondialità, in compagnia di Mi-chela, per svolgere l’immenso lavoroburocratico che entrambi portanoavanti in qualsiasi situazione. Si sono al-ternati momenti informali, come la visi-ta alla città e le passeggiate per le viedel centro, o la simpatica cenetta sul la-go d’Iseo in compagnia dei meravigliosiLucrezia e Franco, ad incontri seri e pro-ficui dal punto di vista della sensibilizza-zione e del rinnovato interesse nei con-fronti di Dudal Jam e della conoscenzapiù approfondita della loro realtà.Il momento più intenso è forse statoquello condiviso con i ragazzi di Somen-

fest, associazione locale di Ome (Bs) chedurante l’estate ha organizzato una fe-sta devolvendo tutto il ricavato (e non èpoco!!!) alla Campagna. L’incontro, chesi è tenuto alla Casa del Popolo di Ome,in Franciacorta, è stato preceduto dauna ricca cena offerta dai responsabilidella Casa. François e Alain, con la pro-fessionalità unita alla loro abituale sim-patia, hanno illustrato in modo moltoesaustivo il funzionamento dell’U.F.C.(Union Fraternelle des Croyants), di Du-dal Jam, di quanto stanno tentando diorganizzare, delle attività già svolte o incantiere… E non sono stati da meno ipartecipanti, numerosi e con la presen-za di un buon numero di adulti, chehanno posto una serie di domande, de-notando non solo semplice curiosità masincero interesse per questa esperienza,che amiamo definire «Oasi di Pace nelDeserto del Sahel».La possibilità di vivere questi momentiinsieme a loro mi ha fatto scivolare piùdolcemente nella realtà quotidiana deldopo-Convegno. Sicuramente ha riem-pito le giornate e l’entusiasmo di condi-videre con loro questo sogno. q

36 | cem mondialità | novembre 2010

Un’intensa settimanadopo-Convegnodi Clelia Minelli

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal JamSaltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

François e Alain hannoillustrato in modo molto

esaustivo il funzionamentodell’U.F.C. (Union Fraternelle des

Croyants), di Dudal Jam,di quanto stanno tentando

di organizzare, delle attività giàsvolte o in cantiere…

Da sinistra: p. Fiorenzo Raffaini,mons. Joachim Ouedraogoe don Luigi Ciotti al Convegno CEM

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 36

Il libro è accompagnato da unCD-rom multimediale cheracchiude una vera e propriaminiera di spunti di riflessione(testi, foto, video...) pensatiprincipalmente per un usodidattico, ma appassionantianche per qualunque amante del Sahel e più in generaledell’Africa, così come perchiunque abbia a cuore la Pace e il dialogo interculturale.

EMI, pp. 176, euro 13,00

Contiene contributi di:Patrizia Canova, Michele Dotti,Brunetto Salvarani, Sigrid Loos,Rita Vittori, JeannetteKuela, François PaulRamde, OusseniDoamba, AlessandraFerrario, Elie Yamba Ouedraogo,Rita Roberto, DamienTiendrebeogo, NicolaDotti, Albert EtienneKaborè, Chiara Fassina, LimataOuedraogo, Ornella Pasini.

Il volume è disponibile presso:Libreria dei PopoliVia Piamarta 9 - 20121 BresciaTel. 030.3772780Fax [email protected]/libreria

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal JamSaltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

«Baratto» di parole e gesti di pace

di Rita Roberto

Un «baratto» culturale, meglio anco-ra di pace: è così che la mia fami-

glia, i nostri amici ed io abbiamo vissu-to l’esperienza di ospitare a Lucca Ha-midou Boubakar, membro burkinabèdella delegazione Dudal Jam al Conve-gno CEM 2010. Vivendo insieme perqualche giorno, abbiamo «barattato» lenostre esperienze di vita vissuta, cosìtutto, dal viaggiare insieme da San Ma-rino a Lucca, alla gita al mare a Viareg-gio o al «giro di mura» della città, dalcucinare insieme, all’ascolto della musi-ca popolare irpina e burkinabè, dall’in-contro con gli amici in giro per Lucca, aldialogo sulle realtà locali, dal proverbioitaliano e africano, al racconto di pezzidi storia personali, tutto è diventato ric-chezza e «materiale» di scambio. Ab-biamo messo in campo tutte le nostrerisorse per capirci e dialogare, visto chenoi non parliamo francese e lui non par-la italiano. Ci siamo aiutati con la mimi-ca, lo sguardo, un dizionarietto italo-francese, con alcuni amici che ogni tan-to ci hanno fatto da interpreti e i tantiricordi e fotografie dell’esperienza vis-suta insieme a Natale scorso in BurkinaFaso. È stato bello stargli accanto men-tre percorreva con le dita l’antico dise-gno del labirinto della Cattedrale di SanMartino, lo stesso che aveva costruito epercorso a Gorom Gorom durante il la-boratorio, o mentre incontrava un sa-cerdote burkinabè che collabora con ladiocesi di Lucca e progettare di incon-trarsi in Africa, o ancora quando abbia-mo fatto la spesa insieme al supermer-cato. Il momento più significativo della

sua permanenza è stato durante la fe-sta che abbiamo organizzato con l’As-sociazione Mandalavita: «Parole e gestidi pace per Dudal Jam», dove ha potutoincontrare amici e un gruppo di geni-tori adottivi. In quel contesto ha potutoparlare di sé, del suo lavoro, ma soprat-tutto della modalità pacifica di relazio-ne che musulmani e cristiani vivono nel-la sua terra. La proiezione power pointdelle foto sul viaggio in Burkina Faso ciha aiutato a dare testimonianza dellarealtà di pace del progetto Dudal Jam eci siamo intercalati nel parlare con ilpubblico rispondendo anche alle nu-merose domande.La festa ha visto momenti dedicati alladanza, alla musica, al buon cibo e allavendita di oggetti di artigianato burki-nabè per aiutare la raccolta fondi perDudal Jam. Tutto è stato organizzatocon il sistema del «baratto», ognuno hacontribuito portando qualcosa o met-tendo a disposizione le proprie compe-tenze e così tutti abbiamo condivisouna piacevole serata.Cosa è rimasto a noi e ad Hamidou? Larisposta è semplice nella formulazione ecomplessa nella valutazione: resta l’averincontrato da vicino un «altro» da quel-lo che noi viviamo nel quotidiano, diaverne toccato sulla nostra pelle l’uma-nità aldilà delle differenze e forse è aquesto che bisogna semplicementeaspirare, senza tante pretese. Pensosempre di più a questa formula del «ba-ratto» per incontrare culture diverse. In-contro che abbia il sapore della legge-rezza e la forza espressiva di una narra-zione che rimanga come traccia interio-re che può arricchire tutti coloro che sisentono parte di questo «rito di scam-bio», di condivisione di cose prezioseche appartengono alla propria storia eche possono essere un elemento di di-versità e nello stesso tempo di nuovaappartenenza ad una comunità chenon nasconde ma valorizza l’apporto diciascuno. q

ottobre 2010 | cem mondialità | 37

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 37

38 | cem mondialità | novembre 2010

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

Federico Taddia, autore a tutto campo(editoria, radio, televisione), èl’ideatore di «Teste toste», la primarassegna di lezioni universitarie per unpubblico di «under 14» che ogni anno,a Cento (Fe), vede impegnate in undibattito aperto le migliori menti incircolazione. Da questa esperienza ènata una nuova collana didivulgazione scientifica dal titoloomonimo, edita da Editoriale Scienza.

Ma chi sono le «teste toste»? Sonoquelle di tutti i bambini e i ragaz-

zi curiosi di scienza da un lato, e, dal-l’altro, sono quelle degli scienziati, don-ne e uomini che alla scienza, alla ricercae allo studio dedicano la loro vita. Fede-rico Taddia ha voluto mettere in comu-nicazione i due mondi, quello dei ra-gazzi con i loro tanti «perché» e quellodella scienza. Non da scienziato, ma ve-stendo i panni dello studente curioso einsaziabile.La prima «Testa Tosta» a cui l’intervista-tore pone le sue domande (un centina-io circa), a volte bizzarre e curiose, altreimpertinenti, è Margherita Hack, astro-fisica di fama internazionale, appassio-nata e instancabile divulgatrice. In Per-ché le stelle non ci cadono in testa? (pp.96, euro 11.90) l’astronoma risponde atanti quesiti: sulle stelle, l’Universo e ilsistema solare, sulla Luna, la Terra e ipianeti, sui buchi neri e i misteri della fi-sica, su l’effetto serra e la vita extrater-restre... e molti altri ancora (Perché il

Per insaziabiliteste tostedi Lorenzo Luatti

direttore di Pikaia, portale italiano del-l’evoluzione, usa le domande di Taddiaper chiarire i punti principali della teoriaevolutiva e sfatare i troppi luoghi comu-ni che ancora persistono in merito (lanatura dell’intelligenza, il concettofuorviante di «razza»…); ricorda cometutte le forme viventi siano legate da unfilo storico di parentela, e soprattuttoche tutti possono capire la scienza, unprocesso di scoperta che può esseresperimentato da chiunque. Spesso si dàper scontato che si discenda dalle scim-mie, forse perché sono gli esseri a noipiù simili, ma l’evoluzione riserva dav-vero tante sorprese e Pievani ce ne svelaalcune curiosissime: perché per capire

l’uomo bisogna capire i piselli?Perché l’uomo non discen-

de dalla mucca? Perchél’uomo ha perso la coda?Che animale è il dodo eche fine ha fatto? Tutti idinosauri sono estinti? E

ancora, esistono ani-mali che non si so-no mai evoluti?Potranno nascereanimali nuovi,

mai esistiti prima?...).Le domande sono tante e

i due autori rispondono atutte, in maniera scienti-fica, divertente, inattesa.

È un piacere leggere que-sti due testi, arricchiti dalle diver-

tenti illustrazioni di Roberto Luciani acommento di ogni tema trattato; han-no ritmo, vivacità, humor, sono spigliatie immediati, e soprattutto sanno stuz-zicare l’interesse del lettore. Come cisuggerisce lo stesso Taddia, possono es-sere letti in tanti modi: dall’inizio alla fi-ne o dalla fine all’inizio, scegliendo unargomento o saltellando qua e là. Ben-ché rivolti ai bambini tra gli 8 e i 10 an-ni, sono certo che anche i ragazzi piùgrandi e gli adulti non si annoieranno difronte alla spontaneità, all’immediatez-za e all’intelligenza di questi agili volu-metti. In attesa delle prossime intervistescientifiche ad altre Teste Toste. q

cielo è azzurro? Cos’è la Via Lattea? Per-ché vediamo sempre la stessa facciadella Luna? Chi ha messo gli anelli a Sa-turno?...). A tutte, Margherita Hack ri-sponde punto su punto, con un lin-guaggio rigoroso, ma semplice e acces-sibile (e talvolta anche con un pizzico diironia), prendendo spunto dalle do-mande insolite (Leggi gli oroscopi?,Quali sono le tue stelle preferite?) perintrodurre spiegazioni importanti.Nel libro Perché siamo parenti delle gal-line? (pp. 96, euro 11.90), Telmo Pieva-ni, docente di filosofia della Scienza e

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 38

novembre 2010 | cem mondialità | 39

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

in questo modo i costi e coinvolgendogli acquirenti in modo pratico ed emo-tivo. Per realizzare il catalogo l’Ikea fa ricorsoad uno studio fotografico di oltre 8 mi-la metri quadrati e impiega 200 perso-ne, tra cui 40 fotografi, decoratori, ar-chitetti, esperti di illuminazione e arre-datori. Testi e immagini evocano unpossibile mondo migliore in cui non so-lo si abita, ma si vive e la spettacolariz-zazione delle merci avviene in uno spa-zio commerciale che funziona come unpalcoscenico teatrale. Il catalogo evocaambienti o «spazi d’affetto» capaci didar vita a un’esistenza ordinata, rilassa-

ta e armonio-sa; mobili ecomplementid’arredo ven-gono propostiin abbinamen-ti e presentatiin ogni possi-bile versione. Confezioni dizucchero dallaCina, televisoriextra-large da-gli Usa e altriprodotti origi-nali vengonofatti arrivare davarie parti delmondo affin-ché le diversenazioni possa-

no riconoscersi. I prodotti in vendi-ta vengono presentati in ambienta-

zioni «dettagliate e realistiche in cui co-se e persone (preferibilmente di diverseetnie) sono accuratamente scelte e di-sposte in veri e propri tableaux vivants»,spiega Agnese Nobiloni Toschi nell’inte-ressante saggio Quando si dice icona:Ikea, la ditta e il catalogo, pubblicatonel volume Icone culturali d’Europa, acura di Francesco Fiorentino (Quodli-bet, 2009). Una lettura estremamenteutile per comprendere un fenomenoche non si limita certo a mobili da as-semblare. q

Il catalogodell’Ikeadi Roberto Alessandrini

rali e colori attraenti, ideati non per fini-re in eredità ai posteri, ma per rispon-dere ad esigenze e stili di vita continua-mente mutevoli. I mobili hanno nomi ri-gorosamente scandinavi, la pubblicitàasseconda l’idea della Svezia come pae-se fiabesco e il fondatore dell’Ikea ha lafelice intuizione di integrare il clientenel processo di produzione attraverso iltrasporto e il montaggio, contenendo

Il principalestrumento di

marketing della dittasvedese di mobili da

assemblare ha colonizzato la

sfera del consumo e quella

dell’immaginario.Testi e immagini

evocano un mondo incui non solo si abita,

ma si vive e laspettacolarizzazione

delle merci avvienein uno spazio che

funziona come unpalcoscenico

teatrale

È tra i testi più letti al mondo, conuna tiratura e una diffusione che

superano persino la Bibbia: 160 milionidi copie, in 25 lingue, distribuite in 52Paesi. È il catalogo dell’Ikea, il principalestrumento di marketing della ditta sve-dese che in oltre mezzo secolo di attivi-tà ha colonizzato la sfera del consumoe quella dell’immaginario trasformandoil brand in icona culturale. L’Ikea non siè limitata ad esportare mobili, ma hadiffuso un vero e proprio modello chedalla sfera strettamente commerciale siè esteso al tempo libero, al cinema, allaletteratura, al linguaggio, al design e alcostume.Acronimo del fondatore Ingvar Kam-prad Elmtaryd Agunnaryd, Ikea è il mar-chio, registrato nel 1943, di un’aziendache inizialmente riceve le ordinazioniper posta e consegna i mobili a casa de-gli acquirenti. Gli inizi dell’attività coin-cidono con gli anni in cui la Svezia as-surge a modello di stato democraticodel benessere. A definire ciò che verràconsiderato «tipicamente svedese» con-tribuiscono la letterata Ellen Key (1848-1926) e il pittore Carl Larsson (1853-1919), alle cui opere Ikea si ispira percommercializzare i prodotti. Agli inizidegli anni Cinquanta la ditta apreun’esposizione permanente, in seguitoelabora l’idea dei mobili da assemblaree inaugura il primo negozio, deciden-do, negli anni Settanta, di uscire dallaScandinavia con le prime rivendite inSvizzera e in Germania, seguite da nu-merosi punti vendita in tutto il mondo. Abitazioni e arredi sono funzionali edessenziali, realizzati con materiali natu-

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 39

Ben ritrovate e ben ritrovati. Il nostroabitare la dimensione degli sconfi-

namenti sonori non poteva non con-durci a parlare di un’altra delle rare stel-le del firmamento pop che hanno fre-quentato la dimensione interculturaledella musica, lasciando segni indelebili.Paul Frederic Simon nasce il 13 ottobre1941 a Newark (New Jersey, Usa) dagenitori ebrei di origine ungherese; ilpadre Louis è un celebre bassista, lamadre Belle è maestra elementare. Conil suo amico d’infanzia Art Garfunkel,anche lui di famiglia ebraica, inizia sinda giovanissimo a comporre canzonisotto lo pseudonimo di Tom and Jerry,per fondare di lì a poco uno dei duo piùfamosi ed importanti della storia delpop. A tale proposito vale la pena di ri-cordare un fatto significativo: nel 1964,quando la Columbia Records decise dipubblicare il loro primo album utiliz-zando i veri nomi Simon & Garfunkel,fu la prima volta nella storia della musi-ca pop in cui artisti con nomi «etnici»venivano presentati al pubblico senza

l’uso di pseudonimi. La passione di Si-mon per le musiche altre ed il suo impe-gno sociale, già occasionalmente tocca-ti nell’esperienza con Art, si sono defi-nitivamente concretizzati in Gracelande in The Rhythm of the Saints.Oltre ad essere uno dei capisaldi fondan-ti della world music, Graceland è statauna finestra per chi non voleva ricordareche il Sudafrica impediva con l’apartheidalla popolazione nera l’accesso al mon-do ed alla libertà. Il progetto suscitòmolte polemiche, non ultima quella sca-tenata da alcuni musicisti che considera-vano l’operazione una mossa d’immagi-ne di un ricco e noto musicista biancoche voleva sfruttare le idee musicali di al-tri, nella fattispecie poveri e neri.In realtà fu proprio grazie al successomondiale del disco che i LadysmithBlack Mambazo, tra i principali prota-gonisti del progetto, e le loro splendidee fino ad allora sconosciute tessiturevocali riuscirono ad uscire dai ghetti diJohannesburg e ad oltrepassare la corti-na di ferro e culturale del loro paese.

40 | cem mondialità | novembre 2010

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

Paul SimonPoetica degli interstizi culturalidi Luciano Bosi

Paul Simon, Graceland,Warner Bros, 1986Paul Simon, The Rhythm of theSaints, Warner Bros, 1990

da non perdere il dvd della EagleRock Entrateinment, 1997

«...alta davanti a me potevo vedere chiaramentela Statua della LibertàChe si allontanava navigando sul mareE ho sognato di piangere.Siamo arrivati su una nave chiamataMayflowerSiamo arrivati in un’epoca tra le più incertecantando un motivo americano.Oh, ma va tutto bene, va tutto bene,Non si può essere benedetti per sempre»

American Tune, Paul Simon

Dopo aver lavorato in Graceland quasiesclusivamente con musicisti sudafrica-ni, nel 1990 Simon estende la sua ricer-ca verso il Brasile, il luogo più significa-tivo dei meticciamenti musicali contem-poranei, e qui realizza The Rhythm ofThe Saints, un’altra pietra miliare nel-l’incontro tra culture diverse.Per la sua varietà e ricchezza sonora sipotrebbe parlare per ore di questo di-sco, che infatti annovera partecipazioniche ben rappresentano l’eterogeneomondo della musica brasiliana: dal po-tente ritmo samba-reggae della forma-zione afrobrasiliana Grupo CulturalOlodum, alla voce ed in parte ai testi diMilton Nascimento, all’intimismo per-cussivo di Nana Vasconscels, e per fini-re, ma non ultime, alle sonorità innova-tive ed uniche degli Uakti.A questo punto permettetemi una de-dica personale, rivolta ad Elisa, la miacompagna di vita e preziosa collabora-trice, che ha, grazie alla sua passioneatavica per Paul Simon, esteso e poten-ziato la mia conoscenza sull’artista, masoprattutto sull’uomo. Grazie amoremio! Per chiudere mi sembra doverososalutarvi con un sentito consiglio dicoppia: non perdetevi il recupero diquesti due favolosi e fondamentali di-schi. Buon ascolto a tutte e a tutti. q

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 40

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

In che modo è possibile riflettere sullapovertà attraverso il linguaggio filmi-

co? Per rispondere a questa domanda èbene prima di tutto cercare di definirealcuni obiettivi che si possono raggiun-gere lavorando con i giovani sui film. Es-si possono essere, ad esempio, questi:

promuovere l’interesse per la culturacinematografica, perché certamente diforma culturale e artistica si tratta e co-me tale è fondamentale apprenderne icodici, al fine di passare dallo status disemplice spettatore a quello di fruitoreconsapevole e intelligente (nel sensoetimologico del termine di chi intelligeovvero «capisce»); potenziare le capacità di analisi e dicritica; individuare i rapporti che legano ope-re letterarie e film, pur nella loro speci-ficità artistica e culturale. In questo mo-do letteratura e linguaggio filmico pos-sono proficuamente interconnettersi; suscitare emozioni e riflessioni attra-verso il piacere della visione di un film; stimolare la curiosità verso realtà altreche aspettano di essere esplorate connuovi linguaggi e modalità; indurre alla condivisione attiva diquanto visto, potenziata anche dal lin-guaggio polisemico tipico del film, in cuiconvivono musica, immagini e parole.

Il cinema diventa allora una preziosaminiera di potenzialità educative, pur-ché s’individuino strategie di lavoro in-tese come metodi per far conoscere larealtà attraverso piste di riflessione che,lungi dal togliere piacevolezza alla vi-sione filmica, l’arricchiscono e la inte-

Parlare di povertàattraverso il linguaggio filmicoMissione possibile?di Maria Luisa [email protected]

attraverso un percorso «multidimensio-nale» e ricco di sfaccettature. Non pos-siamo dimenticare che la povertà è diper sé un’astrazione. Non esiste la po-vertà, esistono i poveri, con le loro di-verse storie, con i loro molteplici percor-si di vita, con le scelte e con le non-scel-te che li contraddistinguono. Come la-vorare, allora, utilizzando i film? Ferra-

cin propone, nella sua Introduzione,alcuni criteri di scelta che vanno dal-la problematicità del testo filmico,alla collaboralità del testo, alla re-cettività del destinatario, passandoattraverso la potenzialità e la gra-dualità del testo. È possibile propor-

re visioni integrali o parziali, a secon-da degli scopi che ci si propone, con il

suggerimento prezioso di alternare, so-prattutto quando si lavora con gli ado-lescenti, i due tipi di visione, proprio persfruttarne al massimo le potenzialità,nell’intento di stimolare la discussione.Parlare della povertà attraverso i filmnon è quindi solo possibile, ma ancheestremamente fecondo e particolar-mente utile per far arrivare al cuoremessaggi di speranza che aspettano diessere tradotti in realtà. q

novembre 2010 | cem mondialità | 41

grano. Ulteriore elemento di lavoro puòessere una riflessione su chi ha diretto ilfilm. Ogni prodotto filmico, esattamen-te come ogni altra manifestazione arti-stica, non è mai neutrale. È frutto diun’epoca storica, di una prospettiva so-ciale e culturale, che invita a decentrarsirispetto alla propria visione del mondoe delle cose per aprirsi all’alterità. Per questo nel Kit «Giovani per Zero Po-verty», in particolare nel dvd allegato,sono presenti varie schede filmiche, chevengono raggruppate da Lino Ferracinin sei possibili percorsi (povertà, fame esottosviluppo, meccanismi economicidella povertà, povertà e disoccupazio-ne, povertà e violenza, povertà edesclusione sociale, povertà come sceltadi vita) che aiutano a vedere la povertà

ZERO POVERTYKIT MULTIMEDIALEPercorsi di educazione alla lotta contro la povertà e l’esclusione sociale

Gruppo Editoriale Città Nuova 2 volumi - 80 e 64 pagine + dvdEuro 10,00

Disponibile pressoLibreria dei PopoliVia Piamarta 9 - 20121 Brescia Tel. 030.3772780 - Fax [email protected] www.saveriani.bs.it/libreria

Nel Kit «Giovani perZero Poverty»

sono presenti varieschede filmiche,

raggruppate in seipossibili percorsi

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 41

42 | cem mondialità | novembre 2010

Agenda interculturale | PratiCare | Scor-date | Campagna Dudal Jam Saltafrontiera | Pixel | Nuovi suoni organizzati | Zero Poverty | Crea-azione

Per molto tempo la diversità è stataconsiderata un difetto della natura

e di conseguenza emarginata da qual-siasi ambito della società. Dopo l’enor-me e duro lavoro che gli operatori cul-turali hanno fatto e continuano a fare,la nostra società si è accorta dell’im-menso valore trascurato che la diversitàpossiede e che vuole elevarsi al rango dipiena dignità. Cerchiamo di dare ai gio-vani la consapevolezza di sé in un terri-torio che cambia. Ci poniamo lo scopodi continuare, ampliare, sviluppare, or-ganizzare e comunicare i valori della di-versità mediante le attività delle discipli-ne artistiche e culturali. Ci prefiggiamo,cioè, di costruire un ambito nel qualecoagulare, preparare e manifestare isoggetti, singoli e organizzati, portatoridi diversità, che vogliono esprimere laloro capacità artistica e culturale. La base di tale visione dellasocietà è la ricerca e lasper imentaz ioneculturale ed artisti-ca: da una parteabbiamo un ambi-to e uno spazio nelquale la diversità arti-stica e culturale puòesprimersi e comuni-care con i più; dall’altraassistiamo ad un pro-cesso sempre esistito nel-la cultura e nell’arte, quel-lo cioè della conoscenza edella contaminazione. Com-prendere le diversità non sem-plicemente come fenomeno diuna parte della nostra società, maanche come parte di noi stessi. Più

Cosa bolle in pentoladi Mohamed Ba

comprendiamo noi stessi, più compren-diamo l’altro, ma anche la conoscenzadell’altro ci viene in soccorso per capirela nostra essenza. E l’arte, insieme a tut-ta la cultura, è lo strumento per eccel-lenza d’indagine e di bellezza che esaltala diversità.

Corso di percussioni

È iniziato a Sulbiate (prov. Monza/Brian-za) il corso di percussioni africane tenu-to da Mohamed Ba, senegalese immi-grato in Italia da dodici anni, nella sededella bottega Equobandeko in via DonMario Ciceri 12. L’Africa è prima di tuttoun modo diverso di intendere il mondo.La sua memoria è più spesso nelle coseche negli uomini o nei libri. La sua es-senza è un insieme di segnali che, ascol-

tati con cuore, muovono l’essereinteriore. Impariamo a ripro-

durre quella musica che è ilprincipio e la fine, l’alfa el’omega. Il passato dell’uo-mo è dovunque, è comeun soffio che l’africano av-verte e trasmette alle ma-ni che vanno sbatterecontro la pelle che rico-pre una cassa che vibra.Il suono è vita, è la no-stra vita.

«Parole sporche»

È stato pubblicato recen-temente il volume delgiornalista fiorentino Lo-renzo Guadagnucci, Paro-le sporche (ed. Altreco-

nomia, 13 euro). L’autore aveva giàpubblicato Noi della Diaz, un raccontoda protagonista di quella malauguratanotte nella scuola Diaz durante il G8 aGenova. In questo nuovo libro Guada-gnucci analizza le varie forme di razzi-smo «inconsapevole» nei principali me-dia italiani, guidandoci nella decostru-zione di un immaginario fatto di termi-ni non appropriati, purtroppo adopera-ti spesso dai suoi colleghi. Il libro è re-peribile nelle librerie e nelle botteghe dicommercio equo e solidale. q

Si possono comunicare iniziativeinterculturali artistiche in programma nei mesi didicembre e gennaio all’[email protected]

Danza africanaNel mese di novembre, partirà aMilano, alla Fabbrica del vapore, inVia Proccacini 4, il corso di danzaafricana organizzata da Mama Diopin collaborazione con l’associazioneMaschere Nere. «Danzare - diceMama Diop - significa essere conl’altro e nell’altro, da qualunqueluogo egli provenga. La danza,lontano dalla mia Africa, per me èun ricordare chi sono e da dovevengo. Credo che l’uomo non siasolo nell’universo e dovrà, persopravvivere, riconciliarsi con glielementi invisibili, ma non perquesto meno importanti, che sononella natura. Quando ballo, hol’impressione di vederli, di sentirli edi potermene impossessare. Comevivere se non nell’altro, sul filodell’altro, come l’albero sradicatodalla bufera e i sogni delle isolefluttuanti? E perché vivere se non sidanza l’altro?».

Rubrica a cura di Nadia Savoldelli

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 42

GRUPPO CEM

KIT ZERO POVERTY. Agisci ora!Percorsi di educazione contro la povertà e l’esclusione socialeCaritas Italiana - Città Nuova, Roma 2010

Presentano il kitMarialuisa DaminiCOAUTRICE

Giorgio CotelliDIRETTORE CARITAS BRESCIA

Zero Poverty - Agisci ora! È un kitmultimediale: una guida didattica per gliinsegnanti, un quaderno rivolto ai ragazzi dai14 anni e un DVD formativo; un progetto diformazione sui temi della povertà,dell’esclusione sociale.

martedì 23 novembre 2010

ore 17.30

lunedì 8 novembre 2010

ore 17.30

ModeratoreFranco FerrariCAPOREDATTORE DI “MISSIONE OGGI”

ModeratoreBrunetto SalvaraniDIRETTORE DI “CEM MONDIALITÀ”

GIOVANNI MUNARI, MARIO GHIRETTI

SULLA MISSIONEEMI, Bologna 2010

Dialogano con gli autoriMaria Teresa RattiDIRETTRICE DI “COMBONI FEM”

Mario MeninDIRETTORE DI “MISSIONE OGGI”

L’Occidente cristiano ha ancora un doveremissionario nei confronti del resto del mondo? Ha ancora senso, al giorno d’oggi, mantenereun movimento che ha le sue radici e i suoicapisaldi nel lontano Ottocento? Da similidomande è nato questo libro.

PATRIZIA CANOVA, MICHELE DOTTI

DUDAL JAMA scuola di paceEMI, Bologna 2010

Dialogano con gli autoriClelia MinelliRESPONSABILE CEM DELLA “CAMPAGNA DUDAL JAM”

Questo libro con CD-rom è una sorta diracconto a più voci, in cui la partecipazione di più persone, italiane e burkinabé e lascrittura collettiva sono il vero valoreaggiunto del prodotto editoriale. I singoli contributi sono come perle diverse di un’unica collana.

RANIERO LA VALLE

PARADISO E LIBERTÀL’uomo, quel Dio peccatorePonte alle Grazie, Milano 2010

Dialogano con l’autorePaolo BoschiniFILOSOFO

Mauro CastagnaroGIORNALISTA

L’autore si interroga sull’enigma della libertà,nella quale, più che ha nella ragione, trova lospecifico umano e la radice divine dell’uomo, e lo fa assumendo le sfide del mondo, ildramma della crisi spirituale e politica italiana,dedicando alcune pagine all’amore e almatrimonio, al mistero del male e del peccato.

venerdì 10 dicembre 2010

ore 17.30

mercoledì 1 dicembre 2010

ore 17.30

ModeratoreFabio CorazzinaMEMBRO DI “PAX CHRISTI ITALIA”

ModeratoreMarcello StorgatoDIRETTORE DI “MISSIONARI SAVERIANI”

venerdì 28 gennaio 2011

ore 20.30

martedì 18 gennaio 2011

ore 17.30

BRUNETTO SALVARANI

RENZO FABRIS. Una vita per il dialogocristiano-ebraicoEMI, Bologna 2010

Dialogano con l’autoreBruno SegreDIRETTORE DELLA RIVISTA DI CULTURA EBRAICA “KESHET”

Franca CiccoloVEDOVA FABRIS E MEMBRO DELL’ASSOCIAZIONE ITALIANA AMICI DI “NEVÉ SHALOM / WAAHAT AS-SALAAM”

Il volume presenta il percorso culturale di Renzo Fabris (1929-1991), il suo lascito al dialogo cristiano-ebraico e allacomprensione cristiana del mistero d’Israele,collocandoli nell’orizzonte di un’esistenza nel mondo, da laico.

ModeratoreMario MeninDIRETTORE DI “MISSIONE OGGI”

TIZIANO TOSOLINI

UNA LETTURA ORIENTALE DEL DIALOGOIl caso GiapponePazzini Editore, Villa Verucchio (RN) 2010

Dialogano con l’autoreLuigi MenegazzoVICARIO GENERALE DEI MISSIONARI SAVERIANI

Marco VigoloMISSIONARIO SAVERIANO IN GIAPPONE

L’autore ci guida all’interno di un’analisiche non si serve solo di dati rilevabili nelpresente, ma risale anche alle causestoriche, che hanno costruito il modo diagire e pensare del Giappone moderno.

ModeratoreMarco Dal CorsoDIRETTORE DELLA COLLANA “FRONTIERE” DI PAZZINI EDITORE

Caro autore ti chiedo…Una sera d’inverno a San Cristo

Missionari Saveriani - Via Piamarta, 9 Brescia - tel. 3030.3772780 - ingresso libero - ampio parcheggio gratuito

n

opne

o

ee

si

info: ww

w.saverianibrescia.com

/libreria_dei_popoli.php

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 43

«A ppena puoi, vattene!Scappa: da Imola, dalla

scuola, dall’Italia», ho detto amio figlio [...]. Si chiama Jan edeve recuperare un anno. Gli hodetto: «vorrei accennarti tre co-se sulla scuola che si scrive conla k e le sue cugine, quella scrit-ta con la q e l’altra con iniziale adollaro e magari sulla vera scuo-la - che vi sia ognun lo dice, do-ve sia nessun lo sa - che tu nonhai incontrato se non in un paiodi prof. [...]».Dunque dicevo a Jan: «Ti ricordiche quand’eri piccolo giocava-mo alle gabbie?», cioè io lo im-prigionavo con gambe e braccia(uh, povera schiena mia) e luidoveva fuggire [...]. «Prima pos-sibile devi scappare. Recuperal’anno, finisci il liceo, poi vatte-ne. Rompi la gabbia. Va all’este-ro, almeno per un po’. A studia-re, lavorare, annusare, innamo-rarti, pensare. [...] Via da questache chiamano scuola ed è quasisempre addestramento all’igno-ranza e alla viltà. [...] Non mi vo-glio liberare di te. Proprio per-ché ti voglio bene ti dico: vattenedall’Italia, via da quei profes-sori che confessano falli-mento e ignoranza quan-do bisbigliano ai geni-tori: “strano, i ragazzimigliori del liceo so-no quelli che hannoil peggior voto incondotta”. Una fra-se che era vecchia

Daniele Barbieri

Ero piccolo e poco

esperto,presuntuoso

e un po’teppista, ma solo

leggendogiornali

e qualchelibro,

frequentandoun cineclub

e la stradane sapevo

più di queiquattro in

cattedra

solo aggiungendo a operai econtadini gli immigrati) tutto èuguale. [...] Dopo il ’68 qualcosaper un po’ cambiò [...] Poi lascuola ridiventò, salvo eccezio-ni, un incrocio fra il cesso, unacaserma e una barzelletta. Unmerito che non mi sento di attri-buire alle sole destre [...] perrendere la scuola più tetra e inu-tile, di nuovo autoritaria e classi-sta, incapace di educare (nep-pure l’abc) molto si sono sforza-te le sedicenti sinistre [...].Continuo a scrivere che ci sonoeccezioni [...]. Mi spiace non es-sere abbastanza bravo da mo-strare che una scuola (senza $,senza q, senza k) può esistere.Esiste. Che si può imparare di-vertendosi, partendo da espe-rienze, rispettando le persone.Che persino dentro la roba cheoggi s/governa la Gelmini ci so-no prof che riescono, nonostan-te tutto, a far capire quanto è bel-lo, urgente, importante - dunquenecessario - studiare.[...] Sono stato al convegno delCEM [...] con la conferma cheimparare è bello [...] Poi sono an-dato al seminario «Corpo a cor-po» organizzato da Monica Lan-franco e da altre femministe. [...]Lo cito solo per dire che, comeal CEM (eppure sono luoghi as-sai differenti e per certi versi noncomunicanti) molto abbiamo im-

parato... divertendoci.[...] Anche in questa brut-ta Italia resistono luoghi

dove s’incontra quel che iopenso sia una scuola. Allora

forse l’altro giorno ho sbagliatoe avrei dovuto invece dire a miofiglio: «scappa lontano da que-sta scuola [...] oppure scova l’al-tra scuola e lì gioca, ridi, arrab-biati, impara, insegna e prepa-rati a lottare!». q

Su http://danielebarbieri.wordpress.com laversione completa

e stupida quando i brontosauribrucavano».[...] Ho conosciuto tre luoghi-isti-tuzioni dove parcheggiare i gio-vani, si diceva per farli studiare.Il primo era la $cuola dove queldollaro indica che solo i ricchivenivano trattati bene [...]. La se-conda era la Skuola con la K delKu Klux Klan: razzista e fascistoi-de, autoritaria perché incapacedi essere autorevole. Infine lasquola, democristiana più chefascista: ignorante e tetra. Eropiccolo e poco esperto, presun-tuoso e un po’ teppista, ma sololeggendo giornali e qualche li-bro, frequentando un cineclub ela strada ne sapevo più di queiquattro in cattedra; e volendo licostringevo a darmi un 8 o un 9in qualunque materia [...]. Quan-do ho conosciuto Lettera a unaprofessoressa scritto dai ragaz-zi di Barbiana era il 1967: [...] To-tale feeling con Barbiana: anchese non ero figlio di contadini, lapensavo come loro su tutto [...].Quel libro va letto anche oggi:con pochi cambiamenti (forse

La skuola e le sue3 cugine,mio figlio, il CEM

44 | cem mondialità

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 44

novembre 2010 | cem mondialità | 45

Quest’anno abbiamo cercatodi lanciare le attività parten-

do da un Convegno. Abbiamoinvitato le scuole, i docenti. Macome dice il Vangelo: «molti ichiamati e pochi gli eletti»! Si èsvolto il 15 e 16 gennaio 2010presso la Scuola Media «Lanza-lone». Eravamo una trentina. Si èpartiti dal documento ministeria-le «Cittadinanza e Costituzione».Hanno parlato il Procuratoredella Repubblica di Salerno,Franco Roberti, e la dottoressaRosaria Capobianco, dell’Uni-versità di Napoli. Il magistrato,impegnato da anni nella lotta al-la mafia, ha parlato sul tema«Contro la mafia, difendere laCostituzione e attuarne i princi-

dizio e ascoltare-conoscere l’al-tro. A questi interventi, sono se-guiti due laboratori, in cui si ècercato di vivere in pratica que-sti temi.Ci dispiace, a dir la verità, chenon siano venuti in molti. Abbia-mo pubblicizzato l’iniziativa intutti i modi, sia attraverso giorna-li, riviste, tv, sia tramite contattipersonali. Ci siamo anche chie-sti cosa bisogna fare per semi-nare meglio ed ottenere risultatipiù sostanziosi. Non abbiamo adisposizione una sfera di cristal-lo per vedere il futuro. In ognicaso noi continuiamo a far cono-scere tutte queste realtà. Ognianno c’è l’opportunità della mo-stra interculturale che allestia-mo con passione (dai giochi allemaschere, alla musica, alla Cinae alla conoscenza dei continentie delle loro problematiche). Èun buon punto di partenza. Ab-biamo anche deciso di promuo-vere ed allestire un centro inter-culturale (libri, riviste e video).Ma siamo ancora agli inizi. Ciaccorgiamo che gli insegnantisono presi da tante altre attività enon sanno dove sbattere la testa.Forse è anche una questione discelte. Non lo sappiamo. Però cisi accorge che quando si metteil naso fuori dalla città e si va neipaesi, sembra che ci sia un po’più di interesse. Almeno è que-sta l’impressione. Noi vogliamocontinuare a darci da fare ed ab-biamo accolto con favore l’ap-pello proveniente dal coordina-mento CEM Sud nato a Bari aiprimi di marzo di quest’anno eper questo motivo uno di noi hapreso parte all’iniziativa. Accet-tiamo suggerimenti per conti-nuare ad essere presenti e farecrescere una sensibilità ai temidell’intercultura, della pace edella mondialità, legati alla giu-stizia e alla solidarietà. q

rubrica a cura di Eugenio Scardaccione | [email protected]

CEM Suda SalernoPadre Oliviero Ferro sxdella mini-equipe del CEM Sud di Salerno

pi». Il suo è stato un interventobrillante e appassionato. Mentrela dottoressa Capobianco ci hafatto riflettere su «Emergenza in-terculturale e sfida pedagogi-ca». L’importanza dell’attuare unpercorso interculturale deveportare a eliminare ogni pregiu-

Ciaccorgiamo

che gliinsegnanti

sono presi datante altre

attività e nonsanno dovesbattere la

testa. Forse èanche una

questione discelte. Non lo

sappiamo.Però ci si

accorge chequando si

mette il nasofuori dalla

città e si vanei paesi,

sembra checi sia un po’

più diinteresse...

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 45

46 | cem mondialità | novembre 2010

Jean PezetTu non ucciderai. Diario di un obiettore di coscienza alla guerra di Algeria

Edizioni Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2010, pp. 164, euro 18

È il 20 aprile 1961 quando si annuncia che «su richiesta del tribunale militare di Metz [...] e del Si-gnor Generale del corpo d’armata, diamo citazione al nominato Pezet Jean, soldato di secondaclasse [...] sui fatti del rifiuto di obbedienza».Anche chi ricorda o sa cosa fu la guerra d’Algeria - un milione di morti fra gli algerini e torture si-stematiche dei francesi - non ricorda il nome di Jean Pezet e magari neppure che il giorno dopol’inizio di quel piccolo, insignificante processo, un gruppo di generali colonialisti - o «patrioti» se-condo un altro punto di vista - tentano un colpo di Stato contro il presidente De Gaulle che è di-

sposto a trattare con i patriotialgerini (ribelli o terroristi liavrebbero chiamato altri).Ma la piccola storia di Jean Pe-zet, coraggioso obiettore, è im-portante proprio perché stadentro la macchina della Storiamaiuscola che sembra inarre-stabile e invece può essere in-ceppata anche dai piccoli Pezet.Ed è proprio perché il loroesempio si perda che i loro no-mi vengono sistematicamentecancellati. Grazie dunque a En-rico Peyretti che, quasi per caso,ha trovato questo libretto -stampato a cura dell’autore nel1994 - e ha voluto tradurlo initaliano, trovando ascolto nelleedizioni Il pozzo di Giacobbe(tel. 0923 540339 se voletecontattarle) che quest’anno ha

pubblicato Tu non ucciderai. Diario di un obiettore di coscienza alla guerra di Algeria con la bellaprefazione di Raffaele Nogaro e un’utilissima post-fazione di Sergio Tanzarella. Sono abbastanzaappassionato di storia, eppure nel diario di Pezet, come nella post-fazione, ho trovato notizie im-portanti e sconosciute a me come (temo) ai più. Per citarne due sole, le dimissioni del generale DeBollarderie o di Paul Teitgen (segretario della Prefettura di Algeri) contro la pratica delle torture.Scrive Teitgen di aver «rivisto sui corpi martoriati dei prigionieri algerini gli stessi segni delle seviziee delle torture da me subite da parte della Gestapo durante l’occupazione nazista».È stato a lungo vietato in Francia La battaglia di Algeri, il bel film di Gillo Pontecorvo. Ma è forsebene ricordare che a un film sugli orrori del nostro colonialismo in Libia è di fatto subdolamentevietato di circolare in Italia: s’intitola Il leone del deserto.

Daniele Barbieri

I materiali segnalati (e non segnalati) possono essere richiesti allanostra Libreria dei Popoli che fa servizio di spedizione postale, consconti del 10% per gli abbonati e pagamento in CPP a materiale giàricevuto (nelle richieste specifica che sei un abbonato di CEM)www.saveriani.bs.it/libreria - [email protected]

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.02 Pagina 46

i paradossi arnaldo de vidi

Andare per morti

M anaus. La luce che entra dalla fen-ditura del balcone mi dice che sonle sei. Sotto la doccia, mi sorprendo

settantenne, con pelle di caimano. Chi sono? Sonoun missionario, cioè sono inviato in un luogo, ne stu-dio la situazione critica, e presento come so-luzione il Regno di Dio, da vivere comunita-riamente in Cristo. Per questo occorre auto-sti-ma e essere convinto per convincere. Questa èla teologia missionaria classica. Io mi vedo me-glio nella teologia missionaria del dialogo e del-la kenosi, dello svuotamento, o continua conver-sione, oserei dire, della morte. Non è sentire l’al-trui morte come mia (anche questo: ogni cam-pana suona per me!), ma è avanzare nella vitaandando per morti. Ho fatto i miei studi teologici negli anni Sessanta.Quasi un secolo prima, Nietzsche aveva gridato:Dio è morto. Ma l’uomo è una corda tra Dio e labestia: a dargli l’autonomia, uccidendo Dio, losi obbliga ad essere Superuomo per non af-fondare. Superuomo è andato alla guerra (Hi-tler) e ha ucciso il prossimo, che era sopravvi-venza di Dio. Negli anni Sessanta, però, sonoteologi cristiani a ribadire che Dio è morto (eAuschwitz ne è la prova) perciò è necessariauna cultura post-cristiana per creare una rin-novata esperienza del divino (mi domando sela morte di Dio e del prossimo avvenuta nellashoà con gli ebrei come vittime, non si ripetaoggi con gli immigrati).La mia prima missione mi ha portato a Tai-wan. Ai cinesi ho parlato dell’Essere Perfettis-simo e dei suoi attributi; essi mi obiettaronoche tali attributi sono piuttosto del non-Essere.Ho parlato di Dio creatore del mondo, ed essiobiettarono che il mondo non è un artefatto maun organismo vivo. Ho parlato di peccato ori-ginale, ed essi commentarono che una cultu-ra non può essere sana se mette nelle sue ori-gini una caduta tanto grave. Così a Taiwan èmorto il mio dogmatismo. Nel dialogo-con-

fronto ho sviluppato l’amore all’interculturalità el’idea di relatività, diversa da relativismo. Ho poi sperimentato la morte della visione estremadel monoteismo. Esso spiritualizza Dio e sconsa-

cra la terra. È la nave traghetto del-l’imperialismo occidentale nel mon-do intero. «Essi hanno un unico Dio,

dissero terrorizzati gli emissari. Checosa potremo fare per opporci a coloro

che vivono nella barbarie dell’adorazione diun solo Dio?» (L. Sepulveda, Il Biblioteca-rio). I devoti del numero uno - un impero,una storia, un mercato, un Dio esclusivo eescludente - fanno la crociata contro i poeti,i mistici, le religioni cosmiche dell’Asia, leculture ecologiche dell’Africa e delle Ame-riche... Ho lavorato a ricucire lo strappo co-dificato dal monoteismo, ricorrendo allapoesia-mistica, all’incarnazione, a Dio-Trini-tà e al dialogo religioso. Ed oggi ecco la morte della Chiesa. Essanon è sale della terra, né luce del mondo, nélievito nella massa... È Chiesa-potere checonsuma il tradimento verso i poveri. Dasempre, con frequenza, tre poteri s’alleano:l’economico, il politico e il religioso. Oggi laChiesa non è più maggioranza, ma lo ricono-sce con rammarico, e la gerarchia gioca tuttonelle alleanze di potere. Io credo che con lasue ultime parole tutto è compiuto, Gesù ab-bia detto che lo scandalo umiliante della crocerompeva il concubinato dei tre poteri; la mortein croce di Dio dissuadeva finalmente i potentia mantenerLo come loro alleato e ostaggio.Questa morte vorrei per la Chiesa: per vivere,morire di amore come il Santo! q

[email protected]

novembre 2010 | cem mondialità | 47

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.03 Pagina 47

la pagina di... rubem alves

Purezza di cuore e amaresono una cosa sola

«C’ era una volta un uomo il cui cuore e icui occhi erano affascinati dai gioiel-li. Quanto sono meravigliosi a motivo

dei loro diversi colori! Quale mistero è la loro prove-nienza! I rubini rossi, gli smeraldi verdi, le ametiste gial-le… In ogni gioiello brilla la luce dell’eternità. Ogni volta che poteva comprava un nuovo gioiello inmodo da aumentare la sua collezione. Eppure non sisentiva felice. Era come se nessuno di essi fosse gran-de tanto quanto il suo desiderio. Ed allora il nostro uo-mo si sentiva quasi costretto a comprarne di più, sem-pre di più... finché un giorno... ci fu un giorno in cui in-contrò un gioiello mai visto prima. Tutti i gioielli che ave-va erano stati estratti dalla terra e raccontavano i mi-steri della terra. Ma quel gioiello, una perla,

parlava dei misteri del mare. E, guardandola, si sentivatrasportato alla sua infanzia, sulla sponda del mare, fi-glio qual era di pescatori, sulla spiaggia, ascoltando lavoce del mare.Quella perla lo portò indietro al luogo dove era nato. Edegli si sentiva pieno di una felicità che i suoi gioielli me-ravigliosi non gli avevano mai dato. Però quella perlaera molto, ma molto cara. Allora l’uomo se ne andò,vendette tutti i gioielli della sua collezione e compròquella perla, l’unica. E il suo cuore finalmente ripo-sò...». Allora un uomo gli chiese: «Spiegaci questa para-bola». Il Signore delle Storie disse: «Voi dovete saperedi quegli uomini che dicono di amare molte, molte don-

ne. Essi nella loro vita stanno sempre cercan-do molte ragazze e amanti e di fatto

ne incontrano molte senza mai incontrare l’allegria.Quello che essi provano è solo piacere. Ma, all’improv-viso, per ragioni inspiegabili, uno di essi incontra unadonna che gli fa dimenticare tutte le sue fidanzate edamanti. In lei il suo cuore sperimenta l’allegria. La suaricerca è arrivata alla fine. Così è la vita.Chi è alla ricerca incessante di molti oggetti d’amore èperché non ha ancora incontrato l’amore…».

Traduzione di Marco Dal Corso

48 | cem mondialità | novembre 2010

cem_novembre_2010_Layout 1 08/11/2010 17.03 Pagina 48

copertina_cem_novembre 2010_Layout 1 08/11/2010 17.20 Pagina 3

RINNOVATEL’ABBONAMENTO PER IL 2011

A CEM MONDIALITÀIL MENSILE DELL’EDUCAZIONE

INTERCULTURALELa rivista, natal nel 1967, è la voce del movimento CEM.

Essa ha scommesso fin dalle origini sul vocabolo «mondialità», che a quel tempo

non compariva neppurre nei dizionari. Oggi l’intercultura è non solo la tematica

che caratterizza la rivista, ma anche la sua metodologia, grazie all’interattività e al volontariato

c.c.p. n. 11815255Ufficio Amministrazione Abbonamenti

Centro Saveriano Animazione Missionaria | via Piamarta 9 | 25121 Bresciatel. 030 3772780 - fax 030 3774965

e-mail: [email protected]

COSTODELL’ABBONAMENTO

PER IL 2011EURO 30,00

copertina_cem_novembre 2010_Layout 1 08/11/2010 17.20 Pagina 4