Adesione 2015/16: ci sta a cuore la vita di tutti i giorni ... 2015.pdf · Maura Bertini Vorrei...

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N on ci si iscrive alla vita cristiana. La si vive e basta, cercando ogni giorno di essere fedeli al Vangelo. Tuttavia da quando siamo bambini fino all’età anziana, ogni volta con linguaggi diversi, siamo aiutati da molti simboli e da segni speciali a rin- novare l’adesione a ciò che abbiamo scelto. Tutta la liturgia per un cristiano, quando non è trasformata in astrazione e formalità, è un continuo accompagna- mento a condurre la propria esistenza ricordandosi l’essenziale che la muove. Ci sono le tappe sacramentali, i momenti speciali in cui ci si raduna e si celebra e poi tanti momenti ordinari, quasi un binario che ci tiene sulla strada. A noi che siamo appassionati della vita e di tutto ciò che ci lega agli altri non sfugge nem- meno l’importanza delle tante liturgie laiche di cui è costellato il nostro vivere e che diventano spesso occasioni di incontro, di confronto, di ripensamento e di festa: gli anniversari, un com- pleanno, un diploma, l’inizio e la fine di un lavoro, una nascita, una partenza o un arrivo. La festa dell’adesione per un socio di Azione cattolica è l’occasione per rinnovare l’entusiasmo della sua scelta. È sottolineare un gesto simbolico che dice una continuità, che aiuta a proseguire nel processo che si è intrapreso. È un modo per dire “c’ero” nei decenni passati della storia dei cristiani laici che hanno contribuito con il pensiero forte e tante scelte belle a rendere vivace il popolo di Dio in missione; è anche un modo per dire “ci sono” adesso, con la grinta che serve in questo tempo, con quello che oggi sono e posso dare. È poi un modo chiaro per dire “ci sarò”, ovvero promettere che l’impegno troverà sempre forme nuove e creative per essere vivo e donato agli altri. Dentro un’associazione una tessera significa custodire un posto speciale per un nome, un cogno- me e una scheda anagrafica, ovvero una storia di vita, una biografia unica. Favorisce il sentimento del “sentir- si parte” ma anche la possibilità concreta di dichiarare una passione, di esercitare il metodo democratico, di costituire un soggetto collettivo che parla e risponde nel panorama sociale ed ecclesiale. È aderire ad uno statuto, è promuovere scelte e orientamenti, è contri- buire economicamente ad una causa che si ritiene bella e utile. Nella nostra associazione ci sono molti simpatizzanti ormai fedeli, che vivono con entusiasmo e motivazione le tappe della vita associativa. Come noi, cercano di condividere la gioiosa passione per il quotidiano di cui stiamo ribadendo, in tante forme, il valore. Ci aiutano ad essere realtà sempre aperta, che lascia alla tessera la freschezza del suo significato senza trasformarla in un confine escludente. Non dimentichiamoci, però, che un’iscrizione avviene ogni volta che viene proposta e ben presentata e che sarebbe un segno di distrazione grave se un simpatiz- zante o un partecipante alle iniziative dell’Ac non si sentisse mai chiedere: “Vuoi farne parte?”, anche con la scelta esplicita di sottoscrivere una tessera e di con- tribuire direttamente a costruire l’Ac e la sua autono- mia. Aiutiamoci reciprocamente a dire “mi sta a cuore” anche di ciò che mi impegna, mi provoca interiormen- te, mi chiede di pensare. L’entusiasmo di cui abbiamo bisogno è quello che scava nella profondità di noi stessi. Buona festa dell’adesione! La Presidenza diocesana di Azione cattolica 1 Adesione 2015/16: ci sta a cuore la vita di tutti i giorni e la fedeltà al Vangelo Inserto redazionale

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Non ci si iscrive alla vita cristiana. La si vive ebasta, cercando ogni giorno di essere fedeli alVangelo. Tuttavia da quando siamo bambini

fino all’età anziana, ogni volta con linguaggi diversi,siamo aiutati da molti simboli e da segni speciali a rin-novare l’adesione a ciò che abbiamo scelto. Tutta laliturgia per un cristiano, quando non è trasformata inastrazione e formalità, è un continuo accompagna-mento a condurre la propria esistenza ricordandosi

l’essenziale che la muove. Cisono le tappe sacramentali, imomenti speciali in cui ci siraduna e si celebra e poi tantimomenti ordinari, quasi unbinario che ci tiene sulla strada.A noi che siamo appassionatidella vita e di tutto ciò che cilega agli altri non sfugge nem-meno l’importanza delle tanteliturgie laiche di cui è costellatoil nostro vivere e che diventanospesso occasioni di incontro, diconfronto, di ripensamento e difesta: gli anniversari, un com-pleanno, un diploma, l’inizio e lafine di un lavoro, una nascita,una partenza o un arrivo. Lafesta dell’adesione per un sociodi Azione cattolica è l’occasioneper rinnovare l’entusiasmo della

sua scelta. È sottolineare un gesto simbolico che diceuna continuità, che aiuta a proseguire nel processoche si è intrapreso. È un modo per dire “c’ero” neidecenni passati della storia dei cristiani laici che hannocontribuito con il pensiero forte e tante scelte belle arendere vivace il popolo di Dio in missione; è anche un

modo per dire “ci sono” adesso, con la grinta cheserve in questo tempo, con quello che oggi sono eposso dare. È poi un modo chiaro per dire “ci sarò”,ovvero promettere che l’impegno troverà sempreforme nuove e creative per essere vivo e donato aglialtri. Dentro un’associazione una tessera significacustodire un posto speciale per un nome, un cogno-me e una scheda anagrafica, ovvero una storia di vita,una biografia unica. Favorisce il sentimento del “sentir-si parte” ma anche la possibilità concreta di dichiarareuna passione, di esercitare il metodo democratico, dicostituire un soggetto collettivo che parla e rispondenel panorama sociale ed ecclesiale. È aderire ad unostatuto, è promuovere scelte e orientamenti, è contri-buire economicamente ad una causa che si ritienebella e utile. Nella nostra associazione ci sono moltisimpatizzanti ormai fedeli, che vivono con entusiasmoe motivazione le tappe della vita associativa. Comenoi, cercano di condividere la gioiosa passione per ilquotidiano di cui stiamo ribadendo, in tante forme, ilvalore. Ci aiutano ad essere realtà sempre aperta, chelascia alla tessera la freschezza del suo significatosenza trasformarla in un confine escludente. Nondimentichiamoci, però, che un’iscrizione avviene ognivolta che viene proposta e ben presentata e chesarebbe un segno di distrazione grave se un simpatiz-zante o un partecipante alle iniziative dell’Ac non sisentisse mai chiedere: “Vuoi farne parte?”, anche conla scelta esplicita di sottoscrivere una tessera e di con-tribuire direttamente a costruire l’Ac e la sua autono-mia. Aiutiamoci reciprocamente a dire “mi sta a cuore”anche di ciò che mi impegna, mi provoca interiormen-te, mi chiede di pensare. L’entusiasmo di cui abbiamobisogno è quello che scava nella profondità di noistessi. Buona festa dell’adesione!

La Presidenza d iocesana d i Azione catto lica

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Adesione 2015/16: ci sta a cuore la vitadi tutti i giorni e la fedeltà al Vangelo

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Il prossimo 8 dicembre, oltre ad essere la tradizio-nale giornata dell’adesione per la nostra associa-zione, sarà una giornata particolare per tutta laChiesa universale. I motivi sono due.

Innanzitutto, sarà l’occasione per festeggiare e cele-brare i cinquant’anni dalla chiusura del ConcilioEcumenico Vaticano II, l’evento ecclesiale più impor-tante del XX secolo; in secondo luogo, si tratta della

data scelta da papa Francesco per aprire,in maniera solenne, un “Giubileo

straordinario della misericordia”.È stato lo stesso Bergoglio a

spiegare il significato diquesto evento straordina-rio per la vita dellaChiesa: «Nessuno puòessere escluso dallamisericordia di Dio;tutti conoscono lastrada per accedervie la Chiesa è la casache tutti accoglie e

nessuno rifiuta. Le sueporte permangono spa-

lancate, perché quantisono toccati dalla grazia

possano trovare la certezza delperdono. Più è grande il peccato»,

ha sottolineato il papa, «e maggioredev’essere l’amore che la Chiesa esprime verso

coloro che si convertono». Sarà quindi possibile fareesperienza della misericordia di Dio, «la quale a tutti vaincontro con il volto del Padre che accoglie e perdo-na, dimenticando completamente il peccato commes-so» e ottenere l’indulgenza plenaria. Una spiegazionechiara e forte della “Chiesa in uscita” sognata da papaBergoglio fin dalla vigilia del conclave del 2013 che loha eletto papa e che Francesco vuole realizzare. Ha scritto papa Francesco nella bolla d’indizione delGiubileo: «Ho scelto la data dell’8 dicembre perché ècarica di significato per la storia recente della Chiesa.Aprirò infatti la Porta Santa nel cinquantesimo anniver-

sario della conclusione del Concilio EcumenicoVaticano II. La Chiesa sente il bisogno di mantenerevivo quell’evento. Per lei iniziava un nuovo percorsodella sua storia. I padri radunati nel Concilio avevanopercepito forte, come un vero soffio dello Spirito, l’esi-genza di parlare di Dio agli uomini del loro tempo in unmodo più comprensibile. Abbattute le muraglie cheper troppo tempo avevano rinchiuso la Chiesa in unacittadella privilegiata, era giunto il tempo di annunciareil Vangelo in modo nuovo. [...] La Chiesa sentiva laresponsabilità di essere nel mondo il segno vivo del-l’amore del Padre». L’Anno santo si concluderà il 20novembre 2016, solennità di Cristo Re. Nella “lettera organizzativa” inviata a monsignor RinoFisichella, presidente del Pontificio Consiglio per lapromozione della nuova evangelizzazione, papaFrancesco suggerisce alcune disposizioni affinché tuttipossano “vivere e ottenere” il perdono dei peccati,compiendo un «breve pellegrinaggio e varcando laPorta Santa aperta in ogni cattedrale o nelle chiesestabilite dal vescovo diocesano, e nelle quattro basili-che papali a Roma», oltre che nei santuari e nelle chie-se per tradizione giubilari. Particolare attenzione il papariserva agli ammalati, alle persone anziane, ai carcera-ti prevedendo per loro speciali condizioni; indulgenzaanche per i defunti. Tutti i sacerdoti potranno assolve-re il peccato dell’aborto. Infine, un’apertura ai fedelidella Fraternità San Pio X per il perdono dai lorosacerdoti.L’Azione cattolica, iniziando un nuovo anno associati-vo, sceglie così di vivere questo evento come untempo favorevole per continuare ad essere una Chiesacaratterizzata dall’ascolto e dalla misericordia, unaChiesa che ha il volto del perdono, una Chiesa capa-ce di amare e vivere con tutti. Tutta l’associazione, daipiù piccoli agli adulti, desidera impegnarsi sempre dipiù per costruire una Chiesa che si concretizza neitanti gesti di prossimità, vicinanza e sollecitudine per lemiserie umane, per i bisogni e le richieste della gente,certi che ogni uomo e ogni donna di questo temposono un dono, una scoperta e una ricchezza incom-mensurabili.

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di Alberto Ratti

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Un 8 dicembre ricco di appuntamenti:adesione e apertura del Giubileo

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Il V Convegno ecclesiale della Chiesa ita-liana si terrà a Firenze dal 9 al 13 novem-bre p.v. Dei circa trenta delegati apparte-nenti alla diocesi di Milano, ben diecisono soci dell’ Azione cattolica e/o di unodei movimenti esterni (in particolare delMeic). Ancora una volta la nostra Chiesalocale fa affidamento robusto all’Ac,realtà imprescindibile per quanto riguar-da la formazione del laicato e dei cristia-ni adulti credenti e credibili. Abbiamointervistato i nostri delegati, ponendoloro le seguenti domande: 1) Qualeapporto ti senti di poter dare durante legiornate del Convegno? 2) Cosa ti aspet-ti alla fine del Convegno: sarà un’ occa-sione di rilancio per la Chiesa italiana?

di Alberto RattiDario Romano

Claudio Urbano

Maura Bertini Vorrei portare al Convegno ecclesiale di Firenze un con-tributo “plurale”. Mi spiego: nell’ambito del tema “In GesùCristo il nuovo umanesimo” ho scelto di lavorare sulla via“uscire”. Così, in questi mesi, mi sono dedicata partico-larmente al confronto con gli amici del Meic, di Ac, di altri

movimenti e associazioni, con persone al di fuori degli ambienti ecclesiali, perraccogliere idee e punti di vista. Sento che la mia sensibilità e la mia esperien-za di medico e persona impegnata in ambito socio-culturale ne sono uscitearricchite. Mi è sembrato bello e giusto, in qualità di delegata, fare così.

Sarà un Convegno con ampi spazi dedicati al confronto. Spero che questo portiricadute positive nella vita ecclesiale. Mi auguro sia un momento per valorizzare lapluralità nell’unità e per discernere ciò che il Vangelo chiede a noi credenti oggi.

Cristina NizzolaAl Convegno mi sentirò in buona compagnia.Porterò le esperienze delle persone cheincontro in Ac, nella Chiesa e ogni giorno:molto spesso donne e uomini con una gran-de carica di umanità e generosità che li spin-

ge, pur tra le difficoltà, a cogliere le necessità del presente e adassumersi piccoli o grandi impegni dentro o fuori le comunitàecclesiali; è una ricchezza che, anche coi suoi inevitabili limiti,deve essere conosciuta, raccolta e consegnata.Proprio la traccia di preparazione al Convegno ci ricorda di parti-re dal vissuto, di evitare teorie astratte, per “riconoscere in atto labellezza dell’umano”.

Penso che il Convegno darà buoni frutti. Toccherà soprattutto anoi, laiche e laici, essere in prima linea per contribuire alla realiz-zazione di questo progetto.

Valentina SonciniPartecipo a un Convegno ecclesiale dellaChiesa italiana per la seconda volta, sonograta di questa opportunità molto particolare.Come laica avverto l’impegno di un’assenzadal lavoro ordinario per un tempo lungo e

insieme l’occasione per portare la quotidianità dentro il discerni-mento ecclesiale. I tempi di intervento di ciascuno saranno soprat-tutto quelli del lavoro in piccoli gruppi per circa un giorno e mezzo.Poter ascoltare e prendere parola è il modo con il quale concor-rere al discernimento comunitario del Convegno, assumendone lospirito, cioè l’intenzione di far parlare in profondità la vita, le espe-rienze, le domande che le abitano più che portare discorsi già fini-ti e chiusi.

Siamo in una fase molto delicata della Chiesa italiana: il pontificatodi Francesco ci sta interrogando e scomodando molto. Poter rea-lizzare un Convegno in questo momento è sicuramente un’oppor-tunità per dar forma e direzione a un percorso nuovo per la Chiesaitaliana, magari intraprendendo come popolo di Dio nuovi passi,soprattutto per un cammino insieme che continui oltre Firenze.

Carla ConsonniSpero di poter dare due tipi diapporti. L’uno diretto, attraver-so i momenti di lavoro nelgruppo di dieci persone a cuisarò assegnata. La modalità

scelta favorirà lo scambio e mi consentirà di porta-re una riflessione che scaturisce dalla vita concre-ta e dal legame che ho con il territorio e la dioce-si. Il mio apporto è quello di una consacrata che hascelto la professione d’insegnante e che, ogni gior-no, incontra il mondo giovanile, attraversato dadubbi, paure, vuoti, ma sempre alla ricerca di unapprodo e di un senso. C’è anche un apporto indi-retto, e mi riferisco ai momenti celebrativi, all’incon-tro con il papa, alla conoscenza della realtà fioren-tina; sarà l’intensità con la quale saprò vivere que-sti momenti che contribuirà a fare di questo unvero evento di Chiesa per me e per gli altri.

Mi aspetto di tornare avendo fatto una reale espe-rienza di Chiesa plurale, portando con me il ricordodi modi di viverla che possano essere imitabili nelcontesto ambrosiano. Non so se sarà un’occasione di rilancio per la Chiesaitaliana, anche se la visita del papa – credo – impri-merà uno slancio. La difficoltà è quella di passaredalle emozioni alle azioni e ciò avviene se ci lascia-mo realmente attraversare e convertire dalla Parolae dalle sue parole. L’augurio che faccio e mi faccioè che la Chiesa divenga più coraggiosa e sobria,avendo il coraggio di cambiare e tagliare non perdemolire o cancellare, ma per ritrovare quella genui-nità e freschezza che vengono dal Vangelo.

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Ivan Nissoli Il Convegno è un’esperienza molto bella diChiesa e di comunione, dove ciascuno puòportare la propria esperienza ma ancherecepire quella di chi vive in altre partid’Italia, dunque anche in contesti molto

diversi rispetto alla nostra diocesi. Penso ai diversi percorsi diformazione giovanile: i convegni ecclesiali sono collocati a metàdel decennio, e in questo l’attenzione è sul tema dell’educare.Credo che su questo l’Ac possa dare un contributo importante.

Come si era fatto a Verona (al precedente Convegno ecclesiale,nel 2006), il lavoro per la Chiesa è curare il rapporto tra la fedee la vita. Penso al rilancio dei percorsi di formazione per i giova-ni, ad esempio incontrando le situazioni di sofferenza e di fragi-lità. Un incontro che può avvenire non solo attraverso la forma-zione, ma anche facendo esperienza di queste realtà.

Sergio OsnaghiCercherò di portarea Firenze, per iltempo e gli spazi adisposizione, il vis-suto quotidiano che

emerge nelle nostre comunità locali: pro-blemi e fatiche che si riscontrano, tenta-zione di chiudersi nei propri ambiti, maanche la necessità di aprirsi con gestimissionari. Ci sarà certamente modo diconfrontarsi sull’acquisizione di un nuovostile di vita che susciti, in coloro cheincontriamo quotidianamente, interesse,desiderio di conoscenza e simpatia versola comunità cristiana.

Spero che l’eco del Convegno, sia per ilmetodo di lavoro scelto, sia per la chiarez-za e la concretezza della traccia prepara-toria, arrivi in forma ampia e sonora in tuttele realtà della nostra Chiesa italiana attra-verso un linguaggio semplice ed accatti-vante (che sappia “scaldare” i cuori) e l’in-sistenza sulla cura delle buone relazioni.

Ottavio PirovanoCi saranno tantis-simi delegati della“base”, e ciò vuoldire che la Chiesasta in ascolto,

tanto che ben due giorni saranno dedi-cati ai lavori di gruppo: si potranno,quindi, dare degli input per fare o con-fermare alcune scelte.

Mi aspetto che una strada da percorre-re sia quella dell’“abitare”, dello stare inmezzo alla gente, dunque del condivi-dere proposte anche con chi sta al difuori dell’ambito ecclesiale. Chi è sulterritorio queste cose le vive quotidia-namente, mentre chi guida la Chiesa,ancora adesso, tende a proporre quasisempre iniziative rivolte all’interno dellacomunità. In una battuta, si può direche sarà la gerarchia a dover ascoltarela base. Può essere una semplificazio-ne, ma è così.

Osvaldo SonginiLa mia esperienza dipadre di famiglia, di edu-catore e preside nellascuola, di consigliere nelConsiglio pastorale dio-

cesano spero possa contribuire alla riflessio-ne su come impostare la pastorale dellaChiesa, restituendole un respiro che sappiastare al passo del quotidiano e proiettarloverso orizzonti di pienezza. Inoltre, vorreiriflettere con altri laici su come la vita buonadel Vangelo possa trasformare l’ordinarietàdelle nostre vite.

L’importante mobilitazione della Chiesa perquesta occasione lascia ben sperare. Si trat-ta di inaugurare un grande impegno culturaleper definire i profili di un uomo capace di abi-tare il tempo della storia attuale e di orientar-la al progetto d’amore e di salvezza di un Dioche rinnova la sua fedeltà agli uomini con-temporanei. Le categorie del passato sonotramontate: mi auguro che a Firenze si possafare un significativo passo in avanti.

Giulia MacchiLe cinque vie sono belle impegnative! La pre-parazione al Convegno è un momento diapprofondimento personale e la sfida e l’impe-gno “grandi” saranno mettersi in ascolto delleesperienze raccontate e soffermarsi a riflettere.

Potrò contribuire ad aggiungere una goccia, un mio piccolo pezzoal Convegno, nella misura in cui saprò pregare, far parlare le espe-rienze (e non solo il mio vissuto) e tenere vivo il confronto con glialtri delegati.

Il Convegno si propone di dare strumenti e idee nuove alla nostraChiesa: il lavoro “grosso” sarà far circolare le idee che emergeran-no durante il Convegno. Tornata nella mia realtà, cercherò di tene-re viva l’esperienza del Convegno parlando di quanto vissuto ediffondendo gli spunti emersi per dare un nuovo impulso al cammi-no della Chiesa. Solo così il Convegno sarà linfa nuova per ognuno.

Silvia LandraMetto fin d’ora tutto il mio impegno perché il mio contributo porti la voce da un lato dei laici di Azione cattolica cherappresento – dentro la forza di una dinamica associativa vivace che non finisce mai di stupirmi – e, dall’altro lato, diuomini e donne che incontro, ogni giorno, attraverso il mio lavoro in Casa della carità e in carcere. Ho fiducia che que-ste realtà mi stiano consegnando perle preziose per riflettere sul nuovo umanesimo.

Mi aspetto naturalmente che sia occasione intensa, in cui tutte le parole abbiano un peso e suscitino quell’ascolto ampio e diffuso che l’or-ganizzazione del Convegno e la scelta dei temi lasciano intuire. Le grandi trasformazioni, lo sappiamo, sono il frutto dei piccoli passi, percui credo che poi toccherà a tutti noi delegati essere disponibili ad incontrare e a diffondere i contenuti condivisi, con la grande fiducia chelo Spirito fa la parte più efficace.

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Nel loro transito verso il Nord dell’Europa ven-gono accolti ragazzi, famiglie, uomini, donne ebambini che scappano dalla guerra. A loro

viene fornito del cibo, un letto e vestiti puliti, ma ancheascolto, un sorriso e condivisione. Ai profughi vieneletto un messaggio di ospitalità e benvenuto:«Sappiamo anche – si legge nel messaggio – che iltuo viaggio continua, ma questa sera puoi riposarti qui.Ora sei tra amici; vorremmo che la tua vita e quella diogni persona fosse accolta, rispettata e protetta, perquesto oggi siamo qui insieme a te. Il luogo in cui titrovi ha una storia: da qui, nel 1944, partivano gli ebreiitaliani per il campo di concentramento di Auschwitz, ela maggior parte dei milanesi era indifferente a questatragedia». Pochi giorni di sosta per proseguire il viag-gio verso la Germania, Svezia o l’Inghilterra.Sono più di tremila le persone transitate. Adil, giovanemusulmano, ogni sera ha pazientemente raccoltomolte di queste storie in transito. Storie di personecoraggiose, di riscatto che fuggono dalla inaudita vio-lenza della guerra e del terrorismo dell’Isis. Aiman – siriano di Damasco – abitava con la famiglianel campo profughi di Yarmouk. Nel dicembre 2012 il

campo viene assaltato «da miliziani – dice Aiman –con gruppi armati terroristi, tra i quali anche JabhtElnosra, allora l’esercito governativo di Bashar elAssad ha iniziato a bombardare il campo. Sono statiuccisi anche dei civili palestinesi. Questo è stato ilmotivo principale perché io, mia moglie e i nostri bam-bini Mahamoud e Mohammed scappassimo, fuggen-do dai bombardamenti del governo e dei gruppi terro-ristici che avevano occupato il campo».L’attraversata sul barcone può avere anche il costo ele-vatissimo di settemila dollari. Per imbarcarsi occorreattraversare il mare del deserto in balia dei trafficanti diesseri umani senza scrupoli e dalle bande di rapinatoriin agguato. «Questo viaggio – dice Efrem eritreo –è durato un mese; in questo tempo abbiamo attraver-sato molte difficoltà e sono morte tante persone, tantedonne e bambini per mancanza di acqua e cibo.Siamo stati trattati malissimo dai mediatori (in arabo“samsar”), che erano libici». Per Aiman: «Il viaggio neldeserto è come toccare per la prima volta la morte, èil viaggio della “prima morte”». Addouma, giovane sudanese di ventuno anni, ricordache «dopo tre giorni sulla barca abbiamo perso tutto ilcibo e l’acqua che avevamo; abbiamo iniziato a imbar-care acqua. Una donna è morta per la sete, la febbree la fame, io l’ho toccata ed era caldissima per la feb-bre. Abbiamo iniziato a lanciare l’Sos ci ha risposto laCroce rossa che ci ha portato qui a Milano». Due fami-glie yazide erano visibilmente devastate perché i loroocchi avevano visto in azione le milizie dell’Isis. «Unasignora – dice Giuliana, volontaria al Memoriale – nonreagiva a nulla. Ho fatto il segno della croce ed è statol’unico momento dove la signora mi ha risposto facen-do anche lei il segno della croce. Ha avuto un lampodi vita negli occhi». «Forse ci separeremo – diceAddouma – e io partirò; forse ci vedremo ancora oforse non ci vedremo più, ma una cosa sola rimarrànel mio cuore per sempre: il ricordo del vostro aiutoospitale e accogliente. Spero che Dio vi dia la forza eil coraggio di continuare. Grazie».

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di Silvio Mengotto

Da tre mesi la Comunità di Sant’Egidio ogni sera accoglie profughi giunti a Milanoda tanti paesi, negli spazi messi a disposizione del Memoriale della Shoah (Binario 21).Abbiamo raccolto alcune storie.

Profughi a Milano:storie dal Binario 21

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A pochi giorni dall’inizio del Giubileo dellaMisericordia abbiamo incontrato SilvanaCeruti, da vent’anni animatrice del Laboratorio

di lettura e scrittura del Carcere di Opera (Milano). IlComune nel 2012 le ha assegnato l’Ambrogino d’oro.

Come è iniziata la tua attività in carcere?Mi hanno chiesto di tenere un “corso per la lettura” pergli adulti di Opera. Io, come insegnante, ne facevo tanti.Ho detto sì, con molte ansie, ma pensando che l’espe-rienza a livello umano potesse darmi molto. Per due anniè stato un corso sulla lettura, diventato poi un corso discrittura, perché per sapere leggere veramente bene,bisogna sapere scrivere. Ho cominciato a portare testi eabbiamo scritto delle recensioni per libri immaginari.

Quando è terminato il corso, i detenuti mi avevano detto:«adesso che non ti pagano non tornerai più». Ma io hodetto loro che sarei venuta ancora perché avevo capitoche era un luogo senza maschere. Sono inciampata nelcarcere. «Ma perché non vai in ospedale o altrove?» mi èstato chiesto. Ho incontrato questa situazione, non altre.

Perché la lettura e la scrittura sono importanti per ildetenuto? Scrittura, lettura e cultura sono attività che aprono lospirito, la mente. Una persona detenuta deve imparareun lavoro per ritornare nella società, ma soprattuttodeve imparare l’apertura alle cose belle, alle aspirazioni.Aprire gli orizzonti non solo verso ciò che è utile, maverso ciò che è bello e fa crescere. I nostri incontri nonhanno uno scopo. Uno può non scrivere niente, a unopuò non piacere la poesia. Torno a casa felice quandoho visto che uno si interessa dell’altro.

Da venti anni passi molto tempo in carcere... che cos’èper te il carcere? Un luogo di bruttezza, di divisione. E quello che separa,non è bene. Bisogna tutelare l’esigenza di difesa daparte delle persone che hanno ricevuto gravi offese.Abbiamo gli strumenti oggi per pensare a mezzi nuovidi punizione che permettano anche una resa reale delmale, che porti a far compiere atti di bene a chi ha com-piuto del male. Una persona alla quale è tolta la libertà èuna persona che non può crescere, che diventa isolata,senza possibilità di scegliere. Così com’è oggi il carcerenon è funzionale alla crescita interiore delle personeche sono dentro, né alla società che è ferita. Bisogne-rebbe ripensare tutto, creare meno infelicità nelle per-sone recluse. Il carcere è un luogo di rottura dei rappor-ti. Con il laboratorio creiamo legami e per me il labora-torio è un luogo di libertà, uno dei luoghi dove mi sentopiù libera perché non temo giudizio.

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Il carcere, un luogo senza mascheredi Luca Costamagna

Percorsi di cittadinanza e impegno per la città: un ciclo di incontri organizzato dall’Ac

L’Ac ambrosiana ha organizzato un ciclo di tre incontri sul tema della cittadinanza, focalizzando la propria attenzione sulla formazio-ne politica, sugli stili di vita e sull’eredità di Expo, sull’economia civile e su un nuovo paradigma di sviluppo. Contribuire alla costru-zione della città dell’uomo è sempre stato per l’Ac, associazione ecclesiale di laici, uno degli obiettivi più alti dei suoi progetti e dei

suoi percorsi educativi e formativi. Il primo incontro si è tenuto lunedì 28 settembre u.s. presso il Centro San Fedele a Milano. Titolo dellaserata è stato “Formare alla politica: una sfida per la fede”. L’incontro ha visto la partecipazione di un centinaio di persone. Il secondoincontro si è tenuto il 23 ottobre scorso e ha preso le mosse per presentare il volume, edito da In Dialogo, «Le p ro vo caz io n i d i Exp o .La salu te d e l p ian e ta n e l le m an i d e l co n su m ato re». A parte gli scandali iniziali, gli eventi, i sei mesi di esposizione, Expo è stataveramente un’occasione per riflettere sul tema dell’alimentazione? Infine, il terzo incontro si terrà in Centro diocesano sabato 14 novem-bre p.v. dalle ore dieci e avrà come titolo “Ac – Bene sociale”. Sarà l’occasione per presentare il primo bilancio di missionedell’Associazione e per ragionare insieme circa i temi economici e le sfide che interpellano l’Europa e il nostro paese. Ospite d’eccezionesarà il professor Stefano Zamagni, economista e già presidente dell’Agenzia per il terzo settore. Formare all’impegno sociale e politico, avivere intensamente il proprio essere cittadini, è un compito che riguarda l’intera comunità cristiana, che deve vivere alla luce del Vangelo,degli insegnamenti del Magistero per rispondere alle domande di vita degli uomini e delle donne di questo momento storico.

di Alberto Ratti

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C hissà quante volte abbiamo accolto l’Avventocome una lieta notizia, non tanto per il signifi-cato che ha in sé, quanto piuttosto per quello

che fa presagire: l’arrivo (abbastanza) imminente delNatale.Povero “Avvento”! Sempre vissuto per quello a cuiprepara e rimanda e non, invece, per ciò che ci favivere. Sentiamo l’urgenza, invece, di riscoprire il fasci-no di un tempo, come questo, che la Chiesa regala inmaniera abbondante. E mi pare di rintracciare treaspetti che possono aiutarci a valorizzarlo e farlodiventare per noi momento autenticamente spiritualeed ecclesiale.Innanzitutto, l’Avvento ci fa entrare in ascolto dei “gran-di modelli dell’attesa” quali sono stati Giovanni ilBattista, i profeti e Maria, interpreti di un cammino diricerca e di accoglienza di Dio. Che potenza in quelladisponibilità di vita che non costringe Dio ad anticipa-re forzatamente il futuro! Essi si rendono disponibiliperché Dio mostri la sua promessa per il tempo chestanno vivendo, consegnando la loro quotidianità nellesue mani perché la trasformi e la renda forza di spe-ranza anche per coloro che incontrano. Vieni, Signore:noi che attendiamo sempre con terrore notizie nefaste,abbiamo voglia di sentirci confermare che il nostropresente di uomini e di Chiesa è desiderabile e affa-scinante.In secondo luogo, l’Avvento ci consegna la rassere-nante certezza di una terra abitata da Dio. Credo chequesta possa presentarsi come la “profezia” che l’uo-mo ha maggiormente bisogno di sentirsi annunciare:Dio, ancora una volta, non è venuto meno all’impegnoassunto nei nostri confronti... decide di continuare adappassionarsi alla nostra storia di uomini. Di fronte alletante paure che bloccano la nostra esistenza e lenostre scelte quotidiane, c’è ancora qualcuno che hadesiderio di venire a incontrarci, che non si lascia fre-nare dai nostri dubbi, ma che rilancia in ciascuno ilgusto di attendere e di essere attesi.Vieni, Signore: in un momento in cui abbiamo pauradel diverso e dell’estraneo, tu continui a trattarci dafamiliari.Infine, l’Avvento ci dona un evento. Fino a quandoquesto tempo di attesa continuerà per noi ad essere

la preparazione di una festa-ricordo, troverà sempremeno persone disposte a celebrarlo perché oggiabbiamo cose molto più importanti a cui dedicaretempo che non disperderci in favole d’altri tempi. Mase l’Avvento ritorna ad essere la celebrazione dellapresenza reale di Cristo che continua a venire nellanostra vita quotidiana, allora non potremo farne ameno perché ridisegnerà i volti delle persone cheincontriamo e darà una direzione alle fatiche che com-piamo ogni giorno.Vieni, Signore: di fronte alla pretesa di tanti “maestri”che non riempiono la vita, tu in risposta alle nostre titu-banze ci conforti esortandoci. «Vieni, il giorno nuovo èappena iniziato».

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VICINO AI NOSTRI SOCI

La nostra socia Giovanna Fioravanzo ha volutofesteggiare, con tutte le amiche e amici di Ac, icinquantanove anni di matrimonio con GianniCerutti, domenica 27 settembre, nel primo incon-tro di formazione a Concesa (Trezzo sull’Adda).Giovanna è stata una delle prime socie di Ac diConcesa. Auguri ai festeggiati da parte di tutti noi!È tornata alla casa del Padre Teresina Terragni,veterana dell’Ac, non solo per adesione all’asso-ciazione, ma per il suo modo di vivere e testimo-niare la fede in Gesù. Ha contribuito nella sualunga vita ad essere testimone autentica del cri-stianesimo in qualsiasi gesto della vita quotidiana,sia nel mondo del lavoro che nella comunità dellazona Affori-Bovisasca-San Mamete, dove ha vis-suto, contribuendo anche a formare molti giovani,attraverso il suo impegno di catechista.La mamma di Fabrizio Brivio, responsabile adul-ti del decanato di Missaglia, è tornata tra lebraccia del Padre il 6 ottobre scorso. Restiamovicini a Fabrizio con la preghiera in questomomento di dolore.È venuto a mancare all’affetto dei cari MarioAdornato, papà di Giselda Adornato, consigliera dio-cesana dell’associazione. Papà Mario è morto sere-namente dopo una vita vissuta intensamente. Siamovicini a Giselda e alla sua famiglia nella preghiera.

Non è tardi... si fa giornodi don

Giampietro Corbetta, parroco di

Arcisate-Brenno

FINE

STRA

DEL

L’ASS

ISTE

NTE

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