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ADD PORTRAITS BY ACHIM LIPPOTH

Achim Lippoth FOTOGRAFO Multi Srl CASTING

DIREZIONE CREATIVA Ashcorp

POST PRODUZIONE & GRAFICHE Rise On

PRODUZIONE Comei & Co

LOCATION Milano

People In Town

Parliamo di Amore. Tu ti ami?Se mi amo? Sì, penso che avere un po’ di amor proprio e avere un po’ di autostima sia fondamentale.Cosa fai per amarti?Comincio con il prendermi cura di me stesso, mi tengo in forma, faccio sport, vado in palestra, nuoto, gioco a calcio con i miei amici. Cerco di non trascurarmi.Invece l’amore per gli altri?L’amore per gli altri dipende sempre da chi hai di fronte, se l’altro merita il tuo amore. Penso debba essere una cosa reciproca.Cosa fai quando ami?Mi metto in gioco completamente, do più attenzioni che posso. Sei un gentiluomo? Sì, posso dire di essere un gentiluomo. Genere vecchio stile?No, quello no. Però non faccio mancare niente al rapporto e all’altra persona.Al primo appuntamento offri la cena?Sì.Sei mai stato veramente innamorato?Eh, sì... E fa male. Molto male. Quando finisce.Sei stato innamorato o lo sei tutt’ora?Sono stato innamorato e penso di esserlo ancora. Penso che non possa svanire il vero amore così definitivamente.Quando si ama davvero, lo si fa per tutta la vita?No, ma rimane un grandissimo affetto. Rimane la parte che hai vissuto all’interno di te.Ti ha ferito molto questo amore?Sì, mi ha ferito, ma ricordo la parte bella. A volte la mancanza causa un po’ di malinconia…Cosa fa andare bene un rapporto?La complicità. Penso che sia fondamentale. La complicità e il rispetto. Ci deve essere serietà nel rapporto, non bisogna prendersi in giro.In amore si dicono mai bugie?Credo che non si debbano dire. Ma se succede dovrebbero essere a fin di bene. Per non far soffrire l’altra persona. Se no, non è vero amore.Quando si ama davvero?Quando si sentono le farfalle nello stomaco?! No, non è vero. Si ama quando si pensa solo a quella persona che hai di fianco e basta. Non vedi nessun’altra ragazza al di fuori di lei. Secondo te l’amore si può costruire o nasce a priori?Si può costruire, ma penso che ci debba essere subito quell’ingrediente all’inizio del rapporto che lo fa iniziare col piede giusto.Qual è questo ingrediente?È qualcosa che parte da dentro. Non si può spiegare. Attrazione fisica e non solo.Come definiresti l’amore?È un sentimento irrazionale, inaspettato, che ti dà di più con una singola persona rispetto ad altri rapporti umani.

Preferisci mettere calore in quello che fai o percepirlo mentre vivi?Per me il calore è una forma di empatia con le persone. Provare i sentimenti degli altri, immedesimarmi nella loro vita. È un’emozione positiva?Sì, certo. È calore anche quello che si respira in casa oppure quello della pancia del mio gatto! Si tratta di legami… Come funziona? In un rapporto, con un’interazione, in un modo di essere...Esprimere calore è prendersi cura, accudire e accogliere gli altri. Avere attenzione verso i nostri affetti è la cosa che ci scalda di più.Dipende da un sentimento e da uno stato d’animo. Calore è il modo con cui ci approcciamo verso gli altri.Nel caso in cui si senta una distanza, come si fa a trasformare una situazione o una persona da fredda a calda?La freddezza può nascondere la difficoltà a entrare in empatia con gli altri. Mi incuriosiscono le persone che mostrano aspetti caratteriali diversi. In fondo c’è sempre un risvolto, qualcosa di inespresso o di problematico.Quindi bisogna tirar fuori ciò che non è evidente? Oppure alcune volte è meglio lasciar stare…È come accendere un camino. La legna di per sé non dà calore, ma se riesci a fare un buon fuoco, questo può scaldare tutta la casa. Pensi valga la pena accendere il fuoco?Sì, sempre. Quindi rinunciare è sbagliato?Sono una persona curiosa e mi piacciono le sfide. Non mi fermo davanti a una freddezza apparente. Può essere che non nasconda niente?Può darsi. Secondo te il fuoco si accende subito?Il calore non è detto che sia immediato, a differenza dell’empatia che può essere istantanea. A volte devi anche cercare di tirare fuori il meglio dalle altre persone, devi trovare il loro lato caldo.Costruire una relazione richiede sempre del tempo, molta cura e sostanza. Può darsi che alla fine non ne venga fuori nulla, ma già il movimento verso qualcuno, anche se non ci restituisce calore, può offrirci una percezione di quello che noi siamo.Quindi se qualcuno non trova nulla ha comunque guadagnato qualcosa?Sì. Esperienza.In una relazione il calore cos’è, solo affetto o altro?Una dimostrazione di calore può essere qualcuno che cucina per te. Il nutrimento è una forma di calore, tanto come un abbraccio o un pensiero.A te piace cucinare?Mi piace mangiare!Hai detto che il cibo è una forma di calore?Sì, certo. È gratificante, è una forma di accudimento. Ci riporta probabilmente al calore che abbiamo ricevuto

LIUK BASSStudente

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CALORE

Cos’è per te la leggerezza?D’istinto direi vivere alla giornata, senza preoccupazioni e senza dover fare per forza qualcosa. Quindi la assoceresti alla vita?Sì. A una vita senza pensieri.Tu ti senti leggera?Non sempre, dipende.Da cosa?Dalla libertà che ho. Dipende se ho degli impegni o degli appuntamenti, o se posso scegliere di fare quello che voglio… per me questa è leggerezza.Se tu potessi immaginare una giornata leggera e pensare “oggi vivo con leggerezza”?Direi: “oggi faccio quello che voglio, quando voglio”.Come decidere di vedere qualcuno quando lo desidero e fare quello che mi va.Leggerezza è anche anarchia?Sì e no, dipende.Tu ti senti a tuo agio quando…Quando sono in compagnia. Quando non ho impegni, infatti, incontro volentieri i miei amici.La scuola secondo te è leggera?Secondo me dovrebbe essere presa diversamente.Tu la vivi con leggerezza?Sì, abbastanza, anche troppo…Preferisci l’estate o l’inverno?L’estate.Ti piace vestire leggera?Sì.Qual è il colore che preferisci?Il marrone.Pensi che il marrone sia leggero?Sì. Penso infatti al marrone in tutte le sue tonalità.E in generale pensi in modo leggero?Mi considero una persona abbastanza riflessiva, quindi penso molto.Se potessi consigliare a qualcuno di vivere con leggerezza, cosa diresti?Direi di non fare troppi programmi, soprattutto per il futuro. Ma di pensare più alla vita di tutti i giorni, al presente, altrimenti è un casino…Il piumino che indossi è leggero?Abbastanza.Ti piace?Si, molto.È anche marrone…Infatti.Se devi pensare all’inverno, al freddo, e a tanti strati, uno sopra l’altro… Questa potrebbe essere una soluzione leggera per l’inverno?Sì, io credo di sì. Questo piumino è leggero nella sua pesantezza.Ti piace sciare?Ci provo… in realtà sono negata.L’ultima volta che sono andata in montagna è stato l’anno scorso con gli amici. Ma non è stata un’esperienza riuscita.Quindi tra montagna o mare?

Qual è la città che preferisci?Una città che mi piace tantissimo è Bangkok.Come mai?Mi piacciono le città incasinate, anche quando sono grigie, con quell’aria pesante… Sono particolari, le trovo affascinanti.Ti piace il caos cittadino?Sì.Tra una città verde e una metropoli cosa sceglieresti?Se proprio dovessi scegliere tra una città più verde ma pur sempre città e una metropoli, io preferirei la metropoli: mi piacciono le strade, i grattacieli, dove posso trovare tantissimi stimoli, tra case e persone. Mi piace il verde come spazio di vacanza, ma per vivere opto per gli ambienti “clouded”, con tanta gente.Quindi città frenetica?Sì, sì.Di questo aspetto cosa ti fa star bene?A dire la verità me lo chiedo anch’io. Ad esempio, in vacanza preferisco andare al mare, mentre lago e montagna mi mettono tristezza. Ho bisogno che ci siano negozi, case, persone. Cerco input, movimento, informazioni: così mi sento a mio agio.Vorresti sempre fare qualcosa?Fare e/o vedere. Ovviamente non mi piace il traffico, e quindi scelgo di andare in giro in bicicletta. Ma incontrare un edificio gigante accanto a una casetta piccola, oppure vedere una vecchietta super cool, i graffiti lungo la strada… sono tutte cose che mi danno ispirazione, mi fanno sentire felice, più sicura.Ci sono persone che amano gli spazi aperti e infiniti, ed è vero, sono belli, ma 5 minuti.Cos’è questa “ispirazione” che trovi in città?Sono le piccole cose un po’ magiche che capitano nel mezzo di una giornata, anche mentre corri e sei sempre al telefono. Sono dimensioni che ti appaiono all’improvviso, al di fuori del contesto che viviamo personalmente.Ti piace la città anche perché è multietnica?Certo, io sono argentina, ma amo molto Milano e il suo mix di etnie. Ad esempio, io sono vegetariana, ma per le mie due bambine e per mio marito vado a fare la spesa di carne dagli arabi, che hanno una macellazione particolare. A volte vado anche nei negozi internazionali, gestiti dai filippini.C’è invece qualcosa che non ti piace della multi-etnia cittadina?No, in realtà non ci ho mai riflettuto, però non trovo degli aspetti negativi. Le persone che ho incontrato hanno dei bei modi e lavorano tanto, come il calzolaio peruviano o la sarta vicino a casa mia. Gente attiva e propositiva.Ci racconti il tuo trasferimento da Buenos Aires a Milano?Guarda, è stato bellissimo anche se sono due città molto diverse. Io, grazie al mio lavoro, ho viaggiato tanto: sono stata a Parigi, New York, in Spagna, in

Qual è la forma che ti rappresenta?In realtà non ho nessuna forma che mi rappresenta. Considerando il lavoro che svolgo, sicuramente è un insieme di forme. Io sono molto istintivo. Definire una forma è il risultato finale. Insieme di forme?Si parte da cose sempre molto complesse, con tante forme, per arrivare all’essenziale. Il risultato finale può essere una figura?Assolutamente no, perché non sono figurativo.C’è un’immagine che ti rappresenta? Che tu vedi e di cui ti senti parte.Ciò che noto viene dal mio istinto. Non c’è qualcosa che mi indirizza: guardo qualcosa, un’immagine o una forma, e mi deve piacere immediatamente. Possono anche essere dettagli che non c’entrano niente tra di loro. Infatti qualcuno mi ha detto: “Gli oggetti che fai sembrano oggetti fatti da più persone.” Questo vuol dire che ho una visione molto larga delle cose. Forse perché non ho fatto una scuola di design, ma ho lavorato come scenografo e ora sono un set designer. Mi occupo di design da sempre e il mio istinto è ciò che sento e ascolto, nell’immediato. Nella natura vediamo una moltitudine infinita di forme, potrei dire che mi rappresenta una pianta, una foglia, ma è banale, anche se arriva tutto da lì alla fine. Se penso a un insieme di forme si crea qualcosa, come le montagne che formano un paesaggio.Quando parlavamo di forme, in realtà, io mi riferivo a qualcosa di molto tecnico. Linee verticali od orizzontali, ma soprattutto parallelepipedi, ricchi di dettagli, che mi servono per concretizzare.La concretezza è importante?Assolutamente sì. Le cose complicate le sanno fare tutti, l’immaginazione viaggia. La cosa più difficile è renderle poi utilizzabili, e le cose utilizzabili sono spesso le più semplici, no?Sei così anche nella vita personale?Direi di no, in effetti, non ci avevamo mai pensato. Io vivo in maniera complicata, non riesco a concretizzare. Al lavoro disegno e creo delle cose, e nella mia vita privata è l’esatto opposto: mi piace complicare. Perché far le cose facili quando le puoi fare difficili…?!Interessante, dovremmo parlarne più spesso, magari dallo psicologo…I dettagli, invece, quanto sono importanti?Nel lavoro moltissimo, anche se dipende da quello che stai creando. Se è un oggetto funzionale, il dettaglio è fondamentale, perché l’estetica vuole la sua parte. Ma il dettaglio spesso non è solo estetica, è anche praticità. Faccio un esempio: recentemente ho disegnato una lampada dove il dettaglio era fondamentale dal punto di vista pratico e dal punto di vista estetico. Ho studiato tutto nei minimi particolari. Essendo una lampada ha un cavo elettrico, e partendo dal presupposto che odio i cavi a vista, ho scelto di

Esiste un’isola felice?È un luogo? Penso che quando cresci ti accorgi che la felicità, come stato permanente, è un’illusione o comunque un’aspirazione, che rimane tale. Non so se esiste un’isola, un luogo sicuro dove ti puoi andare a rifugiare per trovare lo stato di felicità.Esistono forse dei piccoli momenti di felicità.La felicità può essere una persona?Di solito dipende da noi stessi e dalle relazioni che instauriamo con le altre persone. La felicità è influenzata dagli individui, ma non dipende mai da una persona in particolare. Ci possono essere dei momenti in cui ci si ritrova da soli, magari anche lontani da quelle che sono le costrizioni quotidiane. E fermare un attimo la quotidianità può offrire un momento di felicità.Quindi la felicità va a momenti?Sì, ci sono dei periodi migliori e altri peggiori. È difficile definire la felicità…È una questione di dinamiche, tra noi e chi ci circonda.Un tempo credevo che dipendesse dalle persone che mi stavano attorno, ma poi ho capito che non possiamo delegare agli altri la nostra felicità.Trovi che sia un vincolo lasciare in mano agli altri la nostra felicità?Beh, nessuno se ne può prendere cura, quanto potremmo farlo noi. Anche se può nascere da un incontro e dal modo in cui noi ci relazioniamo con il mondo. Prima hai parlato di aspettativa riguardo la felicità. Cosa intendevi?Credo che tutti vorrebbero essere felici e, probabilmente, tutti fanno qualcosa per esserlo. Ma è molto difficile capire come, bisogna concentrarsi bene…Questa corsa alla felicità, forse non è un punto da raggiungere, ma è una dimensione che esiste già e che va tirata fuori.Sì, non è qualcosa di esterno probabilmente. Ovvero: non è un luogo, una situazione, una persona.Il fatto di crearsi un’aspettativa, forse, porta le persone a essere infelici perché non riescono a raggiungere quell’obiettivo.È possibile. La felicità non è una questione di obiettivi raggiunti o non raggiunti. Questi possono influire probabilmente, ma non riguarda la definizione di felicità. E, allo stesso tempo, può essere vissuta in modo molto soggettivo.C’è chi sostiene di essere meteoropatico e che il tempo influenzi l’umore…Pare di sì. Nei giorni di sole la gente è più felice, almeno sembra più allegra e ben disposta. Ma se ci fosse una formula probabilmente sapremmo tutti come raggiungere la felicità. Io penso che dipenda da una serie di equilibri.Esiste un’attinenza tra felicità e sogno? Si sogna di essere felici?

Chi ti ispira semplicità?Ghandi.Perché la semplicità è la rimozione della complessità. Prima di essere semplice, sei complesso. Non come persona, ma come pensiero. Poi ripulisci, ripulisci, ripulisci, vai in giro con un saio e non vuoi far la guerra. Serve un bagaglio di esperienze notevole?No. Serve una scala di valori diversa da quella vigente. Come l’acquisisci?Riflettendo sul senso e sul significato della vita. E anche sull’uso che vuoi fare di te stesso sulla Terra. Da dove iniziare?Dalla conoscenza, dalla cultura, dalla lettura. Lo scambio di opinioni con le persone a cui vuoi bene e anche a cui non vuoi bene.Quindi, anche arrabbiarsi contribuisce a eliminare un po’ di complessità?Sì. Se pensi alle persone che hai incontrato o che frequenti: come sono?Io non frequento quasi più nessuno. E non per una questione di simpatia. Semplicemente perché ogni persona mi ha sempre insegnato molto, ma frequentarla è un lavoro ed è complicato. E allora, piano piano, sono diventata un orso, che vive dentro una tana. Sei così in qualsiasi periodo dell’anno?Sì, sono così di spirito e di animo. Poi sono sempre presa dal fare tante cose. E vivo dentro una tana, nel silenzio. Questo ti fa star bene?Non so cosa sia star bene o star male, cosa sia bello o brutto, buono o cattivo. Mi fa stare. Ti consideri una persona soddisfatta?Credo che se una persona fosse soddisfatta morirebbe sul colpo. Finché sei vivo, sei insoddisfatto, cerchi cose che non hai ancora conosciuto, letture che non hai fatto. La curiosità è quello che ti tiene in vita. Per cui la soddisfazione non so cosa sia. Cos’è che c’è di importante nella tua vita?Gli studenti. Gli studenti sono persone…Sì, ma sono tanti e non devi portarli fuori a pranzo o a cena. È un rapporto diverso, fatto dei compiti che mi danno. C’è un semplice contatto con il pensiero dei giovani, in una società così frullata da immagini, comunicazione, ambizione di diventare ricchi e famosi. È un confronto importante.Si può dire che è un rapporto più superficiale?Non c’è niente di superficiale nel rapporto tra docente e studenti. Si tratta di un rapporto di conoscenza, che è diverso da una relazione d’amore o d’amicizia.Lo consideri meno impegnativo?Io ci metto l’anima nell’insegnamento, nella lettura e nella correzione dei loro lavori, negli esami e nel dare il mio contributo sulle tesi. Considero il mio lavoro molto impegnativo. Ma avere un impegno personale con

OLIVIA GHEBREEGHZIABHERStudentessa

LEGGEREZZA

C’è un oggetto in particolare che ti ha cambiato la vita?Fammi pensare, un oggetto che mi ha cambiato la vita... Il poggia posate! No, scherzi a parte, non c’è un oggetto particolare, ma sono tante le cose che mi hanno cambiato la vita. C’è qualcosa che fa parte di te, che vive con te?Sì, c’è un anello di cui non riesco a liberarmi. Se lo dimentico a casa torno indietro a prenderlo. Non è un portafortuna, però è una cosa che forse sono talmente abituato ad indossare, che se non ce l’ho, mi manca. È come se mi sentissi nudo senza.Ti è mai capitato di non averlo?Sì, mi è capitato e ho avuto un attimo di ansia, pensando potesse portare male, e invece non è stato così. Non è cambiato assolutamente niente. Se invece pensi a un qualcosa che ti mette a disagio, cosa ti viene in mente?Oggetti particolari non saprei. A volte però ci sono degli oggetti del passato, probabilmente trasferiti da/a più persone, che possono mettermi a disagio perché mi trasmettono delle energie non del tutto positive. Io credo nell’energia che una persona può trasmettere in un oggetto, quindi fondamentalmente mi è capitato di trovare case od oggetti che sono appartenuti a delle persone e che mi hanno dato una brutta sensazione, anche se erano dei begli oggetti. Quindi tendi a sbarazzarti di questi oggetti? Sì, infatti non li acquisto, è una sensazione che sento subito.Se pensi a qualcosa che ti piacerebbe avere e non hai, sempre parlando di oggetti…Sono tante le cose che mi piacerebbe avere e che penso, piano piano, di riuscire a trovare. Sono un appassionato di vintage e di modernariato, quindi ricerco e colleziono oggetti spesso e volentieri. Sono veramente troppe le cose che mi piacciono. E cerco continuamente cose nuove: oggetti che mi colpiscono e da portare a casa.Secondo te gli oggetti fanno la quotidianità? Assolutamente sì. Non riuscirei a vivere in una casa senza oggetti o non circondarmi di cose che mi piacciono. Però fondamentalmente so che potrei anche farne a meno, non voglio essere troppo legato agli oggetti. E se pensi all’innovazione legata agli oggetti? La prima parola che mi viene in mente è il design. Credo e spero nel futuro di trovare oggetti fatti da nuovi designer che riescano ad essere forti, belli, espressivi, tanto quanto alcuni oggetti del passato, che sono ormai entrati nella nostra estetica del quotidiano.Innovazione è cambiamento? Esatto, fondamentalmente è una crescita.Cosa potrebbe opprimere la crescita e ti spaventa?Le persone non curiose.

quando eravamo bambini. Al calore che abbiamo ricevuto da nostra madre, dai nostri nonni e che continuiamo a condividere con gli amici, con le persone che ci sono care. Mi piace mangiare solo con chi è veramente molto intimo. Non mi piace fare cene di lavoro o tanto per farle: non è una vera condivisione.E invece cosa ne pensi delle problematiche legate al cibo? Il cibo dovrebbe unire e scaldare le persone…Credo che l’origine sia sempre legata a uno stato emotivo. Non nutrirsi, avvicinarsi o cadere nell’anoressia, è un modo di rifiutare quel tipo di condivisione e avere un controllo sui propri sentimenti. Credo che nelle persone bulimiche ci sia un bisogno di affetto e di amore enorme, insaziabile.Quindi si può dire che manca calore, che questo sia una conseguenza della mancanza di affetto e di attenzioni...Credo che i problemi associati all’alimentazione siano sempre causati da profondi problemi emotivi.Cosa alimenta un buon rapporto?Quando c’è freddezza, c’è lontananza, si rimane distaccati, chiusi, inaccessibili. Il calore, invece, è comunicazione, scambio, crescita.Da dove si inizia?Dall’esperienza e dal nostro approccio verso gli altri, dal modo in cui ci si pone. Oggi, forse, ho più facilità a entrare in relazione. Ho meno paure, meno timori, posso rischiare di più. Mi posso esporre, sento di poter comunicare i miei sentimenti.Forse perché sei cresciuta negli anni, oltre che aver acquisito esperienza.Beh, si cresce con l’esperienza, se no si diventa solo vecchi.Prima hai parlato del tuo gatto. Gli animali trasmettono calore?Gli animali ti danno tutto quello che possono. Del gatto mi piace l’autonomia. Del cane mi piace lo sguardo e il legame indissolubile che instaura con il proprietario.Cos’è che ti mette tranquillità?Senza dubbi la musica. Ascolti tanta musica?Tutte le volte che ne ho bisogno.C’è un genere in particolare che ti piace o sei curiosa e ascolti qualsiasi cosa?La musica mi incuriosisce. Probabilmente devono esserci delle note che toccano degli stati d’animo profondi. E poi ci sono anche musiche che ormai fanno parte della mia vita. Sono state colonne sonore di alcuni momenti importanti e quindi, a volte, mi portano anche a provare una sana malinconia e un pensiero verso qualcuno. Ma è anche un modo per entrare in contatto con la parte più intima e più profonda di me. Questo è ciò che mi piace della musica: a volte mi mette in uno stato d’animo molto alto e, allo stesso tempo, molto profondo.Per ogni situazione c’è una colonna sonora?Sì, potrebbe esserci. Ogni pensiero ha un suo

sottofondo, una sua armonia, una sua musicalità. Anche le persone trasmettono una loro musica. E le immagini, che importanza hanno?Le immagini, la musica e le parole sono le tre cose più potenti, che esercitano su di me una grande forza.Mi colpisce la fotografia in bianco e nero, quella con tagli molto grafici oppure le immagini di reportage. E, in alcuni casi, anche la mia memoria diventa molto fotografica: ricordi e impressioni sono spesso molto visivi.Un video potrebbe essere un buon incontro tra musica, immagini e parole?Sì, anche se normalmente un singolo frame è capace di evocare o scatenare in me una maggiore immaginazione rispetto a quanto possa restituirmi un intero video. Anche una sola immagine può avere una musica. Più ti fermi su un dettaglio, più hai la possibilità di riversare liberamente la tua immaginazione. Tra un libro e un film, preferisco un libro. Mi piace costruire le mie scenografie personali, immaginare musica e persone. Così mi ritrovo legata al calore che mi trasmettono le parole dei libri.

Esiste l’amore eterno?Esiste l’amore. Ma non è eterno.Le persone che stanno insieme da una vita… Quello è amore?Io credo sia un grandissimo affetto. L’amore che intendo io va a braccetto con la passione, che quella prima o poi se ne va. Non dura in eterno.Quindi l’amore per te è passione?Sì, esattamente.Che differenza c’è tra grande affetto e amore?La differenza sta nell’attrazione assoluta dell’amore. Mentre l’affezione è un voler bene in modo profondo.E la stima che ruolo ha?La stima è avere di fronte una persona che merita il tuo rispetto, forse per il suo modo di aver interiorizzato un principio sano o di condurre la propria vita.C’entra con l’amore?No, penso di no. Né con l’amore, né con l’affetto. È un altro capitolo…

Mare, assolutamente.Se pensi a un qualcosa di leggero cosa ti viene in mente?Vado sul banale? Una piuma.E se pensi al cibo… ti piace mangiare leggero?Mi piace mangiare, ma non leggero in senso convenzionale. Per me mangiare leggero significherebbe mangiare quello che mi va, quindi anche due chili di cioccolata.Quali sono i cibi leggeri convenzionali?Quelli che prescrive la dieta...Qual è il tuo cibo preferito?La pizza credo. Ma non la margherita… non c’è sopra praticamente niente!Parliamo di uomini. Com’è l’uomo leggero? Quello che non ti sta addosso.È vuoto o pieno l’uomo leggero?L’uomo leggero è pieno, ma ti lascia i tuoi spazi. Quindi leggero non è negativo…È leggero d’animo, poi in realtà ha un sacco di cose da dire. Pieno ma leggero.Questo uomo cosa fa?Ti lascia vivere in pace. Non è assillante...È più pesante o leggero l’uomo o la donna?Pesanti uguali, ma in modo diverso.La donna è molto pesante. Io la sono, tanto come l’uomo, a modo suo.Tu quando sei pesante cosa fai?Forse mi lascio andare con i giudizi…E l’uomo?È pesante quando impone regole su regole, e ti dice cosa devi fare.Parliamo di rapporti di amicizia… Sono leggeri o pesanti?Non esistono le amicizie pesanti. Per quanto mi riguarda, le elimino subito. Essere legati a un amico, uomo o donna che sia, dovrebbe essere solo un piacere e non un peso da sopportare. A volte possono nascere incomprensioni e i rapporti possono diventare difficili. Ma se ne vale la pena, si risolve e si supera il periodo. Leggerezza è sinonimo di banalità?Direi di no. Una persona leggera può essere anche stravagante.Se pensi a una persona leggera e a una pesante. Secondo te quella leggera può diventare vuota e quella pesante avere più da dire?Ci vuole equilibrio. Una persona non può essere troppo leggera, o almeno, non sono persone che frequento io. Bisogna essere capaci di prendere alcune cose alla leggera, senza farsi prendere troppo la mano.C’è differenza tra prenderla alla leggera o essere leggeri?Essere sempre leggeri alla lunga rischia di diventare pesante. Prendere le cose ogni tanto alla leggera, invece, è una cosa che si può fare: ci vuole.

L’ignoranza, intesa come l’ignorare qualcosa, blocca la crescita. Non mi piacciono le persone che non hanno un’apertura, che rimangono chiuse nel loro sistema e nel loro modo di pensare. La mancanza di ricerca di stimoli da parte di una persona è una cosa che detesto. Pensi che in futuro questo atteggiamento possa complicare la vita di tutti? Assolutamente sì. Credo che sia necessario avere una mentalità un po’ aperta, vedere oltre il microcosmo che ci creiamo. Questo per migliorare e migliorarsi. Sulle persone troppo chiuse non si può contare per il futuro. Pensi si possa fare qualcosa per evitare che le persone siano troppo chiuse?I mezzi di comunicazione possono dare un valido contributo, mostrando situazioni che la gente non può nemmeno immaginare. Senza invece far solo passare per “normale” ciò che è poi differente dalla realtà.Secondo te i social network possono dare un contributo positivo alla comunità?Li considero un mezzo d’informazione, di scambio e di confronto sicuramente positivo. Ora, non credo che Facebook o Instagram possano risolvere i problemi del mondo, però permettono alle persone che vogliono comunicare qualcosa di giusto e di positivo, di allargare il proprio pensiero a più persone.Quindi sono un valido aiuto?Dipende da come vengono utilizzati, naturalmente. Possono essere un aiuto se usati nel momento opportuno, ma possono anche essere un problema se usati come mezzo di condanna. Facebook o Twitter possono allargare il punto di vista delle persone chiuse? Immagino di sì. Non so se questo è il mezzo giusto per risolvere l’approccio di chiusura, però probabilmente, come tutti gli altri mezzi di comunicazione, se usati in modo appropriato, possono dare spazio a nuove visioni, fino anche a migliorare delle situazioni. Pensi che si potrebbe insegnare a usarli correttamente a scuola?A priori credo che ci sia da insegnare un’altra cosa: l’educazione, che mi pare manchi, soprattutto nei giovani. Poi Facebook e tutti gli altri mezzi possono diventare un supporto in più. Ma se manca un’educazione di base, è difficile che diano dei risultati.Secondo te l’educazione di base è in declino?Credo che con tutto il passato che abbiamo alle spalle, cioè la storia dell’umanità, viviamo ancora una condizione di chiusura. Abbiamo avuto sviluppi importanti, ad esempio, anche a livello estetico, abbiamo fatto tantissimo e, adesso, forse c’è un momento proprio di blocco, e non si sa perché. Dovremmo avere più conoscenza, aver imparato molte cose, e invece continuiamo a sbagliare.La gente dimentica? Sì, può essere. Può essere anche che non abbia visto cose che dovrebbero essere note a tutti. E forse bisognerebbe parlare di più del passato, invece di

pensare solo a quanto era bello. Guardare gli esempi della storia per migliorare. Senti la mancanza di qualcosa nella tua vita, adesso?Ok, sarò molto materiale. Mi mancano 90 mq di casa in più. Poi mi manca la sicurezza sul lavoro e anche un po’ di fiducia totale negli altri. Mi ritengo una persona piuttosto aperta e questo mi porta spesso a trovarmi in situazioni che vanno al di là del mio microcosmo, e, a volte, sono titubante

Giappone. Eppure in nessun luogo mi sono sentita a casa come a Milano, anche se non conoscevo nessuno. Non so perché, ma c’è qualcosa che mi ricorda la mia Buenos Aires.Torni spesso in Argentina?Sì, una volta all’anno. Qui a Milano ora vive la mia sorella gemella. Ma a Buenos Aires ci sono i nonni, i miei genitori, gli zii e gli altri fratelli.Trovi che ci sia una differenza culturale? Sì, il sistema familiare, ad esempio. In Argentina tutti hanno figli a 23 o 24 anni e qui a Milano non c’è molta integrazione tra vita familiare e vita sociale del genitore.I bambini vanno solo al parco o stanno con le tate, non vanno in giro con i genitori perché a volte danno fastidio. In Argentina invece vedi tante persone anziane e anche tanti bambini che tutti insieme si possono godere una serata in un locale dove poi si può anche ballare. C’è l’idea di stare tutti insieme e non di trovare il momento per ogni cosa, come qui.È chiusura mentale?Forse sì. E ammetto che a volte, senza volerlo, mi comporto così anch’io. L’altro giorno ho detto “Facciamo un pic-nic”. Ma i miei amici erano tutte persone senza bambini, quindi mi è venuto naturale chiedere: “Ma li posso portare i bambini?” hanno risposto “Certo”, ma forse perché si trattava di un pic-nic.Come vorresti che crescessero i tuoi bambini in città? Qui a Milano mi auguro che non venga mai a mancare questo senso di sicurezza che si respira. I bambini possono stare tranquilli al parco. Ok, sorvegliati, ma senza paura. Poi, cercando si trovano spazi e attività culturali. Ci sono i teatri, i laboratori nei musei. Un altro aspetto che secondo me potrebbe migliorare la qualità della vita dei bambini è rendersi conto della quantità di cascine che circonda Milano: sarebbe utile per l’alimentazione. Nelle mense delle scuole ci sono ancora prodotti che arrivano dall’altra parte del mondo, quando invece si potrebbero reperire qui vicino.C’è qualcosa che può disturbare la loro crescita o che non ti piace, ad esempio i videogiochi…Ecco, non saprei, secondo me dipende da ogni famiglia. Le mie bambine, per esempio, non guardano molto la televisione e mia figlia di 7 anni e mezzo non ha un videogioco e non lo sa usare. Vedo che giocano d’immaginazione: hanno tanti giochi, ma ne bastano due piccolissimi per inventarsi qualcosa.E fare sport in città ad esempio? Sarebbe differente al mare o in montagna... Sì, certo. È vero che l’aria di Milano fa malissimo e forse sono una madre snaturata quando penso che non mi sposterei per l’inquinamento. Secondo me ogni tanto è bello andare via, ma noi viviamo la città tantissimo anche nel week-end.Cosa si può fare di bello e sano in città?Bisogna un po’ cercare, ma poi si scoprono luoghi

usare due cilindri, che reggono il cavo ma riescono anche ad abbellire l’oggetto.Anche la vita personale è fatta di dettagli, piccole azioni e gesti. Pensi che potrebbero migliorare la vita?Sì, certo, assolutamente. Anche perché tutti si dimenticano del gesto banale. Diamo per scontate tante cose e forse il gesto semplice, come può essere un bel sorriso generoso, ogni tanto, può cambiare la giornata a molte persone.I colori, invece, quanto contano?Il colore è un fattore di moda. Sicuramente i colori che a me piacciono sono quelli molto cupi, forse perché rispecchiano il mio stile di vita. Cioè, io sono un pessimo scorpione, quindi vedo o bianco o nero. Ma ho imparato a volte a metterci anche un po’ di grigio. Ma in generale, diciamo che amo i colori, soprattutto quelli molto pastellosi e corposi.Fanno la differenza?Sì. Poi anche quelli vanno abbinati all’oggetto giusto nel momento giusto. E secondo me, comunque, il colore è un fattore di moda, quindi se per te il nero è il colore che si abbina meglio a quel tavolo, ma in quel momento non funziona, ci si deve un po’ adeguare. Così sono pieno di prototipi e a casa ho le mie cose, con i miei colori pastello, che si abbinano a tutto. Parliamo anche di funzionalità. Si dice che una cosa è bella quando è funzionale. Spesso ci si dimentica che quando si parla di design si tratta di cose che devono essere funzionali per la quotidianità. Non cose futuristiche che vedremo tra 10 anni. O cose semplicemente belle. Il design è una cosa immediata, quindi funzionale.Quindi utile?Esatto, come le cose semplici, quindi assolutamente utili. Ad esempio, il bicchiere ergonomico di Joe Colombo era moderno e lo è ancora oggi. Mentre oggi, troppo spesso, si considera il design un elemento futile.Per me è diverso, il design deve essere funzionale. Non si deve diventare matti per capire come funziona un oggetto e, soprattutto, deve servire. Se è solo bello forse è una scultura o arte. E anch’io ne faccio tante di cose che non servono a niente, ma fanno parte delle mie esplorazioni.

Felicità e sogno sono connessi nella misura in cui la felicità è un’aspirazione come ti dicevo, quindi tende ad appartenere più alla dimensione del sogno che alla realtà.Per ipotesi, se il mio sogno fosse raggiungere quel punto, quel gradino… e che dopo sarei felice. Secondo te potrebbe essere effettivamente così?Credo che realizzare se stessi e raggiungere la felicità non sia la stessa cosa. La felicità è uno stato d’animo transitorio e impercettibile.L’autorealizzazione è più uno stato di coscienza. Nella vita una persona si può dare degli obiettivi: dimostrando di saperli raggiungere, esprime se stesso e probabilmente si avvicina a quello stato che è definito felicità.Circoscrivere ciò di cui stiamo parlando è complicato…Intendo dire che nella vita ci possono essere dei piccoli momenti di gioia e di serenità, in cui una persona si sente a posto con se stessa. Parlare di felicità è diverso.Tu sei mai stata felice?Penso di sì.Quando?Non so se può essere un’illusione, ma ho il ricordo di un’infanzia felice con mio padre. Per me era sempre un bel momento quando tornava a casa e sentivo i suoi passi avvicinarsi verso la porta… Credo che quelle siano state piccole esperienze di felicità.C’è qualcosa che potrebbe renderti felice oggi?In passato ho pensato che dipendesse da certe relazioni. Oggi non so, non ne sono più tanto convinta. Anche se stare con le persone a cui voglio bene mi rende felice. Poter lavorare con le persone a cui voglio bene… Questo sì che sarebbe un equilibrio ideale.Nella società, invece, cosa pensi che manchi per raggiungere l’equilibrio di cui parlavi prima?Mi è molto difficile dirlo a livello globale. Penso che ci sia un’esagerata tendenza alla fagocitazione dell’ego, che poi si trasforma in prevaricazione e allontanamento dalla realtà. I prevaricatori vedono solo i propri bisogni e non capiscono dove inizia la libertà degli altri.Lasciare spazio alla libertà potrebbe aiutare? Il rispetto prima di tutto. È un po’ retorico, ma vero.Così ci sarebbe più felicità e meno frustrazione?Ci sarebbero meno soprusi e più spazio per tutti, ciascuno avrebbe modo di esprimersi, mentre a volte è proprio una questione di potere.In questo periodo storico la gente è infelice?Non saprei dire se questo è un momento particolare. È però vero che c’è la tendenza a lamentarsi. Ci sono dei motivi oggettivi come la crisi economica, le guerre nel mondo. Ma non credo che queste ragioni abbiano davvero influito sulla felicità delle persone. È chiaro che non sono situazioni che fanno la felicità, ma le persone hanno sempre fatto figli durante le guerre e hanno dimostrato un grande attaccamento alla vita. In questo

modo, credo, si è cercato di perseguire uno stato di felicità. Oggi ho l’impressione che si viva più uno stato di insoddisfazione, che di infelicità.

loro è diverso: posso declinare un invito o un incontro. Coltivare le relazioni è infatti un altro lavoro. Ti interessa sapere le opinioni degli altri, però…Mi interessa sapere cosa pensano le persone riguardo la politica e la situazione economica. Se una volta risolti i problemi si torna indietro, oppure se esistano nuove idee che permettono di andare avanti.Meglio guardare il quadro generale o quello specifico?Quello che mi riguarda non è il mio punto di vista o quello degli altri. Mi interessa il pensiero degli altri. E insegno a osservare e leggere le immagini.In modo oggettivo?Se, ad esempio, chiedo ai miei studenti di andare in un negozio di giocattoli e raccontarmi cosa hanno visto, tra rose e guerre stellari, è tutto sotto gli occhi di tutti ed è scritto. Ed è anche vero che se ne parli, trasferisci il tuo pensiero. Così, dico: “Andate di persona e raccontatemi cosa avete visto”.Poi ne discutete insieme?Si discute degli stereotipi, che ti vengono inflitti da quando sei grande così, da quando nasci. Si fa anche della critica?Si fanno osservazioni riguardo i fatti espliciti e sotto il naso di tutti. Vai da un giornalaio, vedi le riviste femminili davanti, mentre quelle che contano come The Economist, nell’angolo. Poi ciascuno pensi quello che vuole. Noi diamo per scontate tante cose, per esempio, che le donne si siano emancipate. Però non hanno un cognome. Non esiste una genealogia femminile. Pensi sia una contraddizione?Si tratta di percorsi molto faticosi, che si sono evoluti nel tempo, senza quasi che ce ne accorgessimo. E il fatto che le donne non abbiano un cognome è una realtà. Io ce l’ho un cognome…Quello che porti è il cognome di tuo padre. Anche in Spagna dove hanno il cognome della madre unito al quello del padre: in realtà il cognome della madre è quello del padre della madre. Per cui, tu puoi avere il cognome del padre o il cognome del marito. Non c’è una linea genealogica al femminile in nessuna parte del mondo. È un fatto su cui riflettere: per assurdo, potrebbe sembrare che non esistiamo.C’è una soluzione?No. La soluzione viene col tempo, col pensiero e con molta pazienza. Cioè, non esiste una soluzione dall’oggi all’indomani. Esiste una maturazione, una crescita di un genere che non ha mai avuto parola, che non ha una filosofia, che non ha Platone o altro… E ok, tutto questo non lo insegno.La denuncia potrebbe servire? No, perché la cosa principale è sapere che ognuno di noi è unico e irripetibile. E questo lo dico ai miei studenti: la propria originalità

non verrà mai da quello che metti e indossi, ma piuttosto da come parli, da come guardi, dal fatto che nessuno al mondo può essere uguale a te. Non bisogna quindi preoccuparsi di essere diversi: la diversità è in noi. L’abito confonde ancora un po’ le idee, no?Beh, si è evoluto dalla fine dell’800, cioè dalla nascita della grande industria, facendo credere alla gente che il vestire è significante di chi sei: “Devi dire chi sei attraverso quello che ti metti”. Invece, forse sarebbe più utile mettersi delle cose che piacciono, senza preoccuparsi che queste cose raccontino chi sei.Quindi l’abito fa il monaco oppure no?Non lo so, non mi interessa granché. Dico semplicemente che sei tu che fai il monaco, se lo sei e se lo vuoi. Ma viviamo in un mondo dove l’abito definisce ancora la persona.

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come il Parco Lambro, che è gigante, oppure i giardini di Porta Venezia con il laghetto. L’aria non è quella del mare, ma ci sono scorci stupendi.

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