Accrescimento normale Bassa statura Pubertà precoce ... · In “Endocrinologia pediatrica”....

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- Accrescimento normale

- Bassa statura

- Pubertà precoce

- Pubertà ritardata

- Obesità

- Diabete mellito

- Malattie della tiroide

L’accrescimento normale

Chirico V, Caruso R, Vicchio P, Moschella E, Malvaso S, Meduri S, Randazzo A, Salpietro V,

Munafò C, Arrigo T

Con il termine generale di accrescimento si intende parlare di processi che riguardano non solo la

crescita staturale, ma anche quella ponderale e la maturazione scheletrica dell’individuo nell’arco

della sua età evolutiva (dallo stadio di zigote alla conclusione della pubertà).

Alla base dei fenomeni di crescita vi sono tre meccanismi fondamentali: l’iperplasia, cioè l’aumento

del numero di cellule, l'ipertrofia o aumento delle dimensioni cellulari e l' osteogenesi, che si

traduce nella maturazione scheletrica.

Questi fenomeni sono strettamente dipendenti da fattori genetici e ambientali, che agiscono

attraverso la mediazione di ormoni o di fattori di crescita: se non interviene nessun impedimento, gli

ormoni consentiranno l' espletamento del pieno potenziale genetico.

I principali fattori fisiologici che influenzano la crescita possono essere distinti in:

- fattori endogeni: genetici ed ormonali;

- fattori esogeni: ambientali, nutrizionali, affettivi e socio-economici.

Durante la vita fetale la crescita, oltre che da fattori genetici, è influenzata da fattori materni, dal

livello di ossigenazione e nutrizione del feto, nonché dal sesso (è lievemente maggiore nei maschi)

e dall’età gestazionale. Un neonato a termine misura in media 50 cm e pesa 3.300 Kg. Dopo il

parto, dalla prima settimana fino ai tre mesi di vita un neonato dovrebbe aumentare di circa 150-200

grammi a settimana. In linea di massima, il peso alla nascita dovrebbe raddoppiare intorno ai cinque

mesi di età, triplicare ad un anno e quadruplicare a 2 anni. Per quel che concerne la statura, il

guadagno dovrebbe essere di circa 24 cm durante il I anno di vita e di 11, 8 cm e 7 cm in media

rispettivamente nel II, III e IV anno di vita. Dal quarto anno di vita e fino alla pubertà la velocità di

crescita si mantiene abbastanza stabile (intorno ai 5-6 cm per anno), con lieve rallentamento nelle

ultime epoche prepuberali. L’inizio della pubertà si accomapagna allo “scatto staturale” (durante il

I° anno guadagno staturale medio di circa 8,5 cm nel maschio e 6,5 cm nelle femmine).

Il calcolo del potenziale genetico (statura bersaglio), rappresentato dall' altezza media dei genitori è

ricavabile dalla seguente formula:

Statura target (bersaglio genetico): Per i maschi: (statura padre + statura madre + 13)/ 2 ®

Per le femmine: (statura padre + statura madre – 13)/ 2 ®

® Con variazioni di circa + 5 cm

dove 13 è un numero fisso che indica approssimativamente la differenza tra le stature medie dei

maschi e delle femmine adulti.

Per quel che riguarda il controllo endocrino della crescita durante la vita fetale esso è influenzato

dalla somatomedina C (SMC) e dall’insulina. Nell’ultimo periodo della vita fetale diviene

prevalente il controllo esercitato dalla SMC, che rappresenta il principale responsabile della crescita

fino ai due anni di vita. Dopo i 2 anni la crescita dipende dal GH. Gli ormoni tiroidei e la SMC

stimolano sia la crescita che la maturazione dei nuclei di ossificazione delle ossa lunghe, grazie al

loro effetto sulle cartilagini di coniugazione; gli steroidi sessuali ed i glucocorticoidi a dosi elevate

hanno un effetto negativo sulla crescita e sulla maturazione ossea.

Tra i fattori nutrizionali, l’ipernutrizione protratta ha un effetto positivo sulla crescita e sulla

maturazione dei nuclei di ossificazione, al contrario della malnutrizione e del malassorbimento che

si accompagnano ad un rallenta,mento della crescita e della maturazione ossea. Anche l’estrazione

socio-economica e l’ambiente familiare esercitano influenze importanti sull’accrescimento del

bambino.

I parametri biometrici e la valutazione della crescita

Il controllo della crescita mediante misurazioni antropometriche inizia già nella vita prenatale,

valendosi principalmente dell’ecografia, e continua dopo la nascita con la rilevazione delle prime

misure essenziali ovvero: il peso, la lunghezza, la circonferenza cranica, misure che

successivamente devono essere prese fino ai tre anni periodicamente (una volta a settimana nel

primo mese di vita; una volta al mese fino a sei mesi e poi ogni tre mesi fino ai tre anni). Dopo i tre

anni si continuerà a misurare la statura eretta ed il peso ogni sei mesi. In caso di statura anormale, al

fine di stabilire l’armonicità o meno dell’eccesso o difetto staturale, è opportuno procedere alla

rilevazione della statura seduta, mediante apposito statimetro. La misura da seduto viene

generalmente rilevata al di sopra dei tre anni di età, in casi particolari (acondroplasia e altri

dimorfismi ossei). La normalità delle misure antropometriche viene giudicata in riferimento a

tabelle (percentili) o grafici standard (deviazioni standard), generalmente sotto forma di curve di

crescita.

Le tavole dei percentili rappresentano l'andamento degli aumenti di peso e di altezza nel tempo, sia

per i maschi sia per le femmine. I grafici vengono realizzati misurando il peso e l'altezza di un

ampio numero di bambini della stessa età, tenendo conto del sesso, dell'etnia e dei diversi fattori

ambientali (Fig.1).

Fig.1 Centili italiani di riferimento

La linea intermedia (mediana) indica il 50 percentile, cioè quel valore al di sopra ed al di sotto del

quale si colloca il 50% della popolazione esaminata. I soggetti che crescono in maniera normale

sono quelli che, a secondo dell'età, si collocano tra i valori del 3° centile e quelli del 95° centile.

Calcolo in DS :la linea intermedia corrisponde alla media matematica dei valori rilevati,

relativamente ad un dato parametro, nella popolazione di controllo. Secondo tale sistema vengono

considerati normali i valori che ricadono entro le +2 e le -2 DS dalla media e patologici per difetto o

per eccesso i valori che si collocano rispettivamente al di sotto delle -2 o al di sopra delle +2 DS.

In entrambi i casi, in condizioni di benessere la curva di crescita ricostruita sarà regolare senza

rallentamenti o accelerazioni, con peso adeguato alla statura e rapporto corretto tra massa magra e

massa grassa. La valutazione seriata (effettuata ogni 6 mesi) dell’altezza e del peso identifica la

velocità di crescita e consente di rilevare tempestivamente la comparsa di un’accelerazione o un

rallentamento dell’accrescimento. La velocità di crescita va confrontata con i percentili di Tanner

della velocità di crescita (Fig.2).

Fig.2 Curva della velocità di crescita

La misurazione della circonferenza cranica deve far parte dell’esame clinico di routine del lattante

in quanto fornisce utili informazioni concernenti lo sviluppo della massa cerebrale. Il nastro

millimetrato flessibile, ma non estensibile, deve passare sulla regione frontale al di sopra del bordo

orbitale superiore, in corrispondenza delle bozze frontali, lateralmente in maniera simmetrica e sulla

regione occipitale, in modo da misurare la circonferenza massima. Tale misura va rilevata dalla

nascita ai tre anni.

L’età ossea

La valutazione dell’età ossea è usata per dare informazioni più accurate relativamente allo stato di

sviluppo di un bambino in quanto indice fedele dell’età biologica del soggetto. Viene rilevata

raffrontando la radiografia del polso e della mano sinistra (in particolare nuclei di ossificazione del

carpo e delle falangi) del soggetto in esame con una serie di radiografie standard raffigurate

nell’atlante Greulich and Pyle.

L’età ossea si definisce ritardata o accelerata quando si discosta per difetto o per eccesso dall’età

cronologica di almeno 6 mesi durante i primi tre anni di vita ed almeno un anno in seguito.

Cause di accelerazione dell’età ossea: obesità, ipertiroidismo, pubertà precoce, pseudo-pubertà

precoce, terapia con anabolizzanti.

Cause di ritardo dell’età ossea: ritardo costituzionale di crescita e pubertà, ipotiroidismo, deficit

isolato di GH, deficit ipofisario multiplo, sindromi da malassorbimento o mal- digestione, terapia

corticosteroidea cronica, malattie croniche mal compensate, alcune sindromi genetiche e

cromosomiche con bassa statura.

La valutazione dell’età ossea risulta utile non soltanto ai fini diagnostici (valutazione ritardi o

anticipazioni della crescita staturale e/o puberale del soggetto, obesità) ma anche per il

monitoraggio terapeutico in corso di malattie endocrine o croniche sistemiche ed ai fini di una

eventuale previsione della statura finale del soggetto.

Bibliografia

1. S. Bernasconi, L. Iughetti, L. Ghizzoni. In “Endocrinologia pediatrica”. McGraw-Hill 2000

Bassa Statura

Chirico V, Caruso R, Vicchio P, Moschella E, Malvaso S, Meduri S, Randazzo A, Salpietro V,

Munafò C, Arrigo T

Definizione: Statura inferiore al 3° centile o a -2DS-

Da attenzionare:

a) statura <- 2 DS

b) statura < target genetico

c) velocità di crescita <10°c

d) perdita di classi di centili

Cause di BS e loro frequenza:

1) Ritardo costituzionale di crescita e pubertà

2) Bassa statura familiare circa 80

3) Bassa statura idiopatica

4) Ritardo intrauterino della crescita circa 10

5) Malattie croniche internistiche circa 5

6) Cromosomopatie e sindromi mendeliane circa 1

7) Osteocondrodisplasia circa 1

8) Deficit di GH ed altre endocrinopatie circa 1

Varianti normali di BS sono rappresentate dalla bassa statura familiare, idiopatica e il ritardo

costituzionale di crescita e pubertà.

La BS patologica può essere sproporzionata (sproporzione tronco/arti) dovuta a una displasia

scheletrica o a rachitismo vitamino D resistente.

Le forme patologiche di BS proporzionata (normali segmenti corporei) possono avere origine

prenatale (sindromi, cromosomopatie, ritardo intrauterino della crescita) o postnatale (malattie

croniche internistiche, malnutrizione, farmaci, carenze affettive, disordini endocrini).

Sindrome di Turner (ST): alterazione cromosomica (monosemia o delezione o isocromosoma

della X). Incidenza 1:2000 neonate. Presentano un deficit della lunghezza alla nascita che tende a

peggiorare negli anni e che condiziona negativamente la statura finale . La ST si caratterizza per

alcuni aspetti: ritardo intrauterino della crescita, bassa statura. Amenorrea primaria , infertilità,

ipertransaminasemia, cardiopatia congenita, anomalie renali, malattie autoimmuni (tiroidite,

celiachia, diabete mellito), torace a corazza, cubito valgo, 4° metacarpo corto, pterigio del collo.

Iter diagnostico

Esami di I livello

servono ad escludere patologie croniche internistiche, eventuali alterazioni endocrine

– VES, PCR, AGA,EMA, TGA, Ig, FT4, TSH, SMC, IGFBP3

– Gn, testosterone (m), 17β estradiolo e βHCG (f)

Esami di II e III livello

Vanno eseguiti in base alla patologia sospettata:

- Test da stimolo per la secrezione del GH (almeno due test, sospetto deficit GH)

– PRL (adenoma secernente)

– ritmo circadiano del cortisolo (m. di Cushing)

– Test al GnRH analogo - Test al GnRH (ipogonadismo )

– Test HCG (ipogonadismo nei maschi)

– Ecografia pelvica e/o RMN pelvi ( valutazione organi pelvici nelle femmine)

– Olfattometria (sindrome di Kallmann)

– Cariotipo (s.Turner, s. Down)

– Autoanticorpi anti tiroide, surrene, ovaio (malattie autoimmuni)

– Eco tiroide (Tiroidine cronica autoimmune)

– RMN cerebrale (neoplasia cerebrale)

– Indagine genetica (mirate verso il sospetto diagnostico)

Terapia

Trattare la patologia sottostante (celiachia, MICI, ipotiroidismo, ipercortisolismo…..)

Il trattamento con Ormone della crescita (NOTA 39) viene riservato solo ad alcune categorie:

a) deficit GH ( 2 test da stimolo con risposta di GH <10ng/ml)

b) sindrome di Turner

c) sindrome di Prader Willi

d) insufficienza renale cronica

e) nati piccoli per età gestazionale (previa approvazione della commissione regionale)

Terapia con IGF1 ricombinante (s. Laron)

Bibliografia

1. Hjerrild BE, Mortensen KH, Gravholt CH. Turner syndrome and clinical treatment. Br Med

Bull. 2008;86:77-93

2. Cakan N, Kamat D. Short stature in children: a practical approach for primary care providers.

Clin Pediatr . 2007 ;46:379-85

3. Saenger P, Czernichow P, Hughes I, Reiter EO. Small for gestational age: short stature and

beyond. Endocr Rev. 2007 ;28:219-51

Pubertà Precoce

Chirico V, Salpietro A, Barone C, Randazzo A, Malvaso S, Caruso R, Sturiale M, Munafò C,

Arrigo T

L'inizio dello sviluppo puberale (la prima manifestazione clinica è generalmente costituita dallo

sviluppo della mammella nel sesso femminile e dall'aumento di volume dei testicoli nel sesso

maschile), la sua progressione ed il suo completamento presentano un'ampia variabilità nella

popolazione normale.

La pubertà viene definita “precoce” quando i primi segni di sviluppo sessuale compaiono ad una età

inferiore di più di <2.5 S.D. rispetto alla media di riferimento, cioè classicamente prima degli 8 anni

nella femmina e prima dei 9 anni nei maschi, in associazione ad un aumento della velocità di

crescita e della maturazione ossea.

Tab.1 Classificazione delle varie forme di precocità sessuale

Pubertà precoce vera o centrale,

gonadotropino-dipendente

Idiopatica

Secondaria: tumori del SNC, alterazioni congenite

o acquisite del SNC, esposizione prolungata a

steroidi sessuali

Pubertà precoce periferica,

gonadotropino-indipendente

Tumori secernenti HCG, neoplasie secernenti

androgeni nei maschi o estrogeni nelle femmine,

testo tossicosi familiare, sindrome surrenogenitale

congenita (maschi), cisti ovariche, S. di Peutz

Jegers (femmine), S. di Mc Cune-Albright,

ipotiroidismo, S. di Silver Russel

Varianti della maturazione puberale

Telarca prematuro isolato

Menarca prematuro isolato

Adrenarca prematuro isolato

Ginecomastia adolescenziale (maschi)

Macro-orchidia

La pubertà precoce vera (Gn RH-dipendente) è dovuta ad attivazione precoce della secrezione

ipotalamica di GnRH con l'ampiezza e la frequenza della pulsatilità propria della pubertà fisiologica

e conseguente maturazione completa delle gonadi e comparsa dei segni puberali. Si tratta di una

pubertà completa, riguardante sia i caratteri sessuali primari che secondari, isosessuale. E’ molto più

frequente nelle femmine che nei maschi (F:M circa 4:1) e la fascia di età più colpita è quella fra i 6

e gli 8 anni.

Può essere ulteriormente distinta in:

Idiopatica (sporadica, familiare o ereditaria)

Secondaria a patologia endocranica (tumorale e non): tumori intracranici (teratomi, gliomi, cisti,

astrocitoma disgerminoma, amartoma), malformazioni congenite (craniostenosi, idrocefalo),

progressi traumi (perinatali, accidentali), pregresse infezioni (meningite, encefalite) altre cause

(neurofibromatosi, sclerosi tuberosa, SAG trattata tradivamente).

Nelle femmine la causa di gran lunga più frequente è quella idiopatica (oltre il 50%), mentre nei

maschi la causa è organica nei 2/3 dei casi.

La pubertà precoce periferiferica (Gn RH-indipendente) o pseudo-pubertà precoce è dovuta ad

eccessiva produzione periferica di steroidi sessuali (estrogeni o androgeni), non conseguente ad

aumento della secrezione gonadotropinica.

A seconda del sesso del paziente e degli ormoni prodotti, la pseudopubertà precoce può essere

distinta in una forma isosessuale (concordanza tra il sesso e l'ormone prodotto) o in una forma

eterosessuale (aumentati livelli ematici di estrogeni nei maschi o di androgeni nelle femmine).

Da un punto di vista eziopatogenetico possiamo distinguere:

● Forme genetiche: LH, sindrome di McCune-Albright , mutazione DAX1

● Forme neoplastiche: tumori surrenalici, ovarici, testicolari, HCG secernenti

● Forme limitate o reversibili: sindrome adrenogenitale congenita nel maschio, steroidi o

gonadotropine esogene, cisti ovariche.

Tra le forme cosiddette varianti della maturazione puberale, il telarca prematuro, condizione

comunemente osservata nei primi due anni di età, apparirebbe la più frequente forma di precocità

puberale delle femmine. E' una condizione benigna che non pregiudica lo sviluppo e la fertilità delle

bambine affette e può essere indotta o da un'aumentata secrezione endogena di estrogeni o da un

aumentato apporto estrogenico attraverso la dieta o con l'uso di preparati ad uso topico (trattamento

delle sinechie delle piccole labbra, leucorrea da alterata flora vaginale). Non è necessario

intraprendere alcun trattamento se non un attento follow-up, poiché è stato osservato che alcune

forme possono evolvere in un quadro di pubertà precoce vera.

Il pubarca o ircarca prematuro si definisce come la comparsa precoce di pelo pubico o ascellare

(ircarca) prima degli 8 anni nelle femmine e di 9 anni nei maschi in assenza degli altri segni di

maturità sessuale o di virilizzazione, in rapporto ad un'aumentata secrezione di androgeni deboli di

origine surrenalica. E'una condizione benigna che non interferisce con lo sviluppo fisiologico

puberale e non necessita di alcun trattamento.

Il livello sierico delle gonadotropine in condizioni basali o dopo stimolazione con il GnRh test

evidenziano livelli prepuberali. L'età ossea può essere lievemente avanzata per l'età cronologica

senza compromettere la statura finale.

La comparsa di effetti androgenici generalizzati quali l'aumento di volume del pene o del clitoride,

l'aumento staturale, l'irsutismo o l'abbassamento del tono della voce devono indurre il medico ad

escludere la presenza di una sottostante neoplasia androgeno-secernente o un'iperplasia congenita

surrenale da deficit enzimatico mediante un prelievo per il dosaggio del testosterone, del DHEAS e

del 17-idrossiprogesterone.

Il menarca prematuro è una condizione rara caratterizzata dalla comparsa di perdite ematiche

vaginali periodiche senza altri segni di sviluppo sessuale secondario. Il sanguinamento può

manifestarsi già all'età di 1 anno e protrarsi per alcuni anni per poi cessare fino alla comparsa del

menarca fisiologico. Può essere la prima manifestazione della sindrome di McCune-Albright (triade

classica: displasia fibrosa poliostotica, macchie cutanee caffè-latte, pseudopubertà precoce ) o di un

ipotiroidismo giovanile.

Prima di confermare la diagnosi di menarca prematuro è necessario escludere le cause più frequenti

e talora più gravi quali le lesioni traumatiche o infettive della vagina o della cervice, le neoplasie

(rabdomiosarcomi), i corpi estranei, l'esposizione a fonti estrogeniche esogene o l'abuso sessuale. Il

menarca prematuro è una condizione benigna che non necessita di alcun trattamento e non

pregiudica la fertilità futura.

Iter diagnostico

L'anamnesi familiare e l'esame obiettivo associati alla radiografia del carpo ed all'ecografia pelvica

supportati dai risultati degli esami laboratoristici potranno rivelare la causa responsabile.

All’anamnesi valutare: precedenti familiari di pubertà precoce, obesità di lunga durata, assunzione

protratta di steroidi sessuali, precedenti di patologia endocranica, epoca inizio e progressione

manifestazioni puberali, perdite giallastre o ematiche dai genitali.

Alla valutazione auxologia rilevare: statura, peso, velocità di crescita, età ossea, statura dei genitori.

All’esame obiettivo generale valutare: timbro della voce, odore del sudore, sviluppo delle masse

muscolari, untuosità di pelle e capelli, acne, macchie color caffè-latte, esame neurologico, fundus e

campo visivo.

All’esame obiettivo specifico valutare: identificazione stadio puberale, volume e sagoma dei

testicoli, concordanza dei fenomeni puberali, precocità iso-o eterosessuale

Indagini laboratoristiche

● Dosaggio degli steroidi sessuali e delle gonadotropine (nella pubertà precoce vera valori di

gonadotropine più elevati rispetto a quelli attesi per l’età cronologica)

● Test al GnRH (nella pubertà precoce vera il picco LH è maggiore del picco FSH)

Indagini strumentali:

● RX polso e mano sinistra per valutazione età ossea (risulta avanzata e tende a progredire nel

tempo nella pubertà precoce vera)

● Ecografia pelvica (nella femmina aumento di volume dell’ovaio e dell’utero)

● RMN cerebrale (per escludere una causa organica, una volta posta la diagnosi di pubertà precoce

vera)

Trattamento

La terapia medica della pubertà precoce vera si avvale dell’impiego degli analoghi del GnRH che

determinano una ridotta secrezione di FSH ed LH.

La terapia è obbligatoria quando: Età cronologica <6 anni

Età Ossea >2 anni vs Età Cronologica

Previsione statura finale < 2DS vs Target genetico

Il trattamento va sospeso al raggiungimento di un’età ossea di 11-12 nelle femmine e 13 anni nei

maschi.

Bibliografia

1. Wilson JD, Foster DW, Kronenberg HM, Larsenet PR, Williams Textbook of endocrinology.

9th edition. Philadelphia, Saunders Co, 1998.

2. Marie-Christine Lebrethon et al. Management of central isosexual precocity: diagnosis,

treatment, outcome. Current Opinion In Pediatrics 2000; 12:394-399

3 Midyett LK et al, Are pubertal changes in girls before age 8 benign? Pediatrics 2003; 1147-51.

4. Tatò L, Savage MO, Antoniazzi F, Buzi F, Di Maio S, Oostdijk W, Pasquino AM, Raiola G,

Saenger P, Tonini G, Voorhoeve PG; Optimal therapy of pubertal disorders in

precocious/early puberty J Pediatr Endocrinol Metab. 2001;14 Suppl 2: 985-95.

Pubertà Ritardata

Chirico V, Salpietro A, Barone C, Randazzo A, Malvaso S, Caruso R, Sturiale M, Munafò C,

Arrigo T

Lo sviluppo puberale si definisce ritardato nella femmina quando all'età di 13 anni non è comparso

ancora il bottone mammario e nel maschio quando a 14 anni non si è osservato ancora un aumento

del volume testicolare (misurabile con l’orchidometro di Prader > 4 cc).

Si parla di ritardo dello sviluppo puberale anche quando la progressione dello sviluppo procede in

maniera troppo lenta ovvero quando il passaggio da uno stadio all'altro - secondo la classificazione

di Tanner- supera i limiti fisiologici: nello specifico nella femmina se più di 12 mesi sono necessari

per il passaggio da uno stadio all'altro di Tanner; nel maschio se più di 9,5 mesi sono necessari per

il passaggio da uno stadio all'altro di Tanner.

Sotto l’aspetto eziopatogenetico si distinguono tre forme principali di pubertà ritardata (Tab.1)

Tab.1

Pubertà tarda costituzionale Variante della norma

Ipogonadismo ipogonadotropo

(difetto a livello ipotalamo-

ipofisario)

Transitorio: malattie croniche o sistemiche (asma,

morbo di Crohn, insufficienza renale); deficit

nutrizionali (malattia celiaca, fibrosi cistica); dispendio

energetico (atleti, ginnasti); endocrinopatie (deficit di

GH, ipotiroidismo, iperprolattinemia)

Permanente: Deficit di gonadotropin (idiopatico, da

malformazioni del SNC); deficit di gonadotropine con

anosmia (S. di Kallmann); deficit isolato di LH;

sindromi polimalformative (S. di Prader-Willi, S. di

Laurence-Moon-Biedl); tumori del SNC; radioterapia

craniale.

Ipogonadismo ipergonadotropo

(difetto a livello gonadico)

Anomalie cromosomi del sesso (S. di Turner, S. di

Klinefelter); danni o agenesie gonadiche.

Iter diagnostico

All’anamnesi valutare: la familiarità per lo stesso problema, nella madre nel caso della femmina,

nel padre nel caso del maschio; l'esistenza di patologie croniche e/o malformative (renale,

cardiaca, intestinale, genitale, respiratoria, flogistica articolare e/o sistemica, diabete, celiachia), la

presenza di particolari manifestazioni cliniche alla nascita (linfedema dei piedi nel sospetto di una

sindrome di Turner), l'eventuale uso cronico di farmaci che possono aver interferito con lo

sviluppo fisico (inteso in maniera globale), un recente significativo calo ponderale, o

l'effettuazione di un attività fisica intensa, solitamente a livello agonistico; lo sviluppo

psicomotorio del soggetto, un eventuale ritardo del linguaggio, un disadattamento scolastico ecc.

che possono indirizzare verso particolari condizioni sindromiche (Klinefelter e varianti ecc.).

All’esame obiettivo definire: la condizione auxologica del paziente (peso, statura, velocità di

crescita secondo i percentili di Tanner-Whitehouse), la presenza di note dismorfiche nell'ipotesi di

una sindrome che si associa a ritardo di sviluppo puberale e/o ipogonadismo (S. di Turner, S. di

Noonan, S. di Prader Willi, S. di Lorence-Moon -Biedl ecc.), la presenza di anomalie associate a

carico di altri organi ed apparati o la presenza di un gozzo di recente comparsa.

Indagini laboratoristiche

● Esami di I livello volti alla valutazione dello stato nutrizionale del soggetto e/o ad escludere

eventuali patologie associate (MICI, celiachia, ipotiroidismo): emocromo, sideremia, ferritina,

VES, PCR, Ig, EMA, TgA , fT4, TSH

● Livelli basali di gonadotropine

● Test dinamici (Test con GnRH)

● Cariotipo (sia in presenza di note dismorfiche e/o di ritardo mentale associati a bassa statura o alta

statura o in caso di importante obesità nel sospetto di una sindrome di Turner, di una sindrome di

Klinefelter o di una sindrome Prader-Willi)

Indagini strumentali

● RX del polso e della mano sinistra, per calcolare l'età scheletrica (secondo Greulich e Pyle):

significativo un ritardo superiore ai 2 anni, rispetto all'età cronologica, in ambedue i sessi.

● Ecografia pelvica

● RMN/TC in caso di sospetto di anomalie o patologie espansive del tratto ipotalamo-ipofisario.

● Olfattometria in caso di sospetto sovraipofisario o in caso di dubbio, effettuare un'olfattometria

per sospetto di S. di Kalmann (è presente di solito alta statura e può essere presente un'importante

ipoacusia o sordità).

Terapia

Il trattamento terapeutico varia in rapporto alla causa sottostante il ritardo puberale. Nelle forme

secondarie a malattie croniche e/o deficit nutrizionali occorre trattare il difetto di base; in caso di

deficit secretivo di gonadotropine o ormoni gonadici si ricorre alla terapia sostitutiva, con strategie

differenti a seconda che si tratti di forma costituzionale o patologica.

Bibliografia

1. Enriette Factor affecting onset of puberty Horm Res 2002;57 (suppl 2) 15-18

2. Karlberg Secular trends in puberal development Horm Res 2002;57 (suppl 2);19-30

3. GE. Faleschini, G. Borotto. La pubertà grave, ritardata. Medico e Bambino pagine elettroniche

2004; 7(1)

Obesità

Munafò C, Chirico V, Caruso R, Salpietro V, Comito D, Malvaso S, Randazzo A, Talenti A,

Arrigo T

Introduzione

Per obesità si intende un accumulo eccessivo e generalizzato di grasso sia nel tessuto sottocutaneo

sia in altri tessuti più profondi, e può essere associata ad alterazione di parametri metabolici con

conseguenze sullo stato di salute fisico e psicologico (WHO, 1998). La misurazione del grasso

corporeo è tecnicamente complessa e le metodiche più accurate non sono adatte per un uso clinico

routinario, ma il loro impiego è giustificato principalmente a scopi di ricerca. Nella comune pratica

clinica si utilizzano stime indirette di grasso corporeo ottenute dalla misura dell’acqua corporea

totale (bioimpedenziometria) o delle pliche di grasso sottocutaneo (plica bicipitale, tricipitale,

sottoscapolare e sovrailiaca). Per convenzione si considera obeso il bambino che abbia uno spessore

della plica tricipitale superiore al 95° percentile e sovrappeso il bambino con un spessore compreso

tra l’85° e il 95° percentile delle tabelle di riferimento. Una modalità alternativa per definire la

condizione di obesità nel bambino è misurare peso e altezza per calcolare il BMI, dato il rapporto

tra peso (Kg) e altezza al quadrato (m²). I vantaggi di questo indice sono dati da vari fattori:

- La semplicità di misura di peso e altezza

- L’ottima correlazione tra BMI e peso corporeo

Il BMI è pertanto un indice attendibile per la diagnosi di obesità nel bambino, per un impiego sia

clinico che epidmiologico. Il Centre for Disease Control (CDC) and Prevention americano definisce

attualmente sovrappeso i bambini e adolescenti con BMI compreso tra l’85° e il 95° percentile e

obesi quelli con BMI superiore al 95° percentile.

Epidemiologia

L’obesità è attualmente considerata il maggior problema di salute pubblica a livello mondiale, causa

di 1,5 milioni di disabilità e di oltre un milione di morti premature all’anno. Si è proposto il

neologismo “globobesity” per indicare la diffusione del fenomeno. L’incremento dell’obesità è stato

infatti documentato non sono nelle nazioni industrializzate ma anche nei Paesi in via di sviluppo. A

partire dagli anni Settanta, ma in particolare nelle ultime due decadi, si è assistito ad un aumento

epidemico in tutte le fasce di età, non risparmiando quella pediatrica. Secondo le ultime stime,

almeno 22 milioni di bambini in età prescolare (WHO) e 155 milioni di bambini e adolescenti di età

compresa tra i 5 e i 17 anni (IOTF) sono sovrappeso; di essi ben 30-41 milioni sono classificabili e

il rischio relativo per un bambino obeso di diventare un adulto obeso,come riportato da una recente

metanalisi, varia da valori inferiori a 5 a oltre il 40% ed è proporzionale alla durata, al grado di

sovrappeso e all’età. In Italia la prevalenza di sovrappeso ed obesità risulta la più elevata d’Europa,

il 23,9% dei bambini è in sovrappeso, il 13,6% è obeso. La prevalenza di obesità nelle regioni del

Sud Italia è maggiore rispetto al Nord.

Genetica

La regolazione del bilancio energetico è un complicato meccanismo finemente regolato

dall’interazione di numerose sostanze quali neuropeptidi, enzimi, recettori e ormoni. La complessità

di questo sistema non è legata tanto alla quantità delle sostanze implicate nella sua regolazione

quanto alle interazioni tra le varie sostanze e tra queste e l’ambiente. Inoltre l’espressione, l’azione

e talvolta anche la capacità di interazione dei componenti di questo intrigato sistema sono funzione

dell’assetto genetico. Il sistema nervoso centrale gioca sicuramente un ruolo fondamentale nella

regolazione dell’appetito. I sistemi neuronali che regolano la fame e la sazietà, l’accumulo di

energia, la spesa energetica e la produzione endogena di glucosio modulano informazioni

provenienti da vari distretti corporei e veicolati da agenti oressizanti e anoressizanti. Questi

includono segnali ormonali (per esempio la leptina e l’insulina) e segnali provenienti da nutrienti

(per esempio glucosio e acidi grassi liberi), che trasmettono informazioni circa le riserve di energia

dell’organismo. Pertanto il peso corporeo è mantenuto in risposta ad una varietà di stimoli che

consentono, in ultima analisi, l’incremento o la riduzione dell’introito e della spesa energetica. Uno

dei più potenti fattori endogeni anoressizzanti è la leptina. La leptina è un ormone proteico

(codificato dal gene LEP) di 167 amminoacidi; essa è prodotta essenzialmente a livello del tessuto

adiposo ed è proprio l’adipocita, probabilmente sentendo il livello dei trigliceridi o dei suoi

accumulati nella cellula, a mettere in circolo la leptina. Giunta a livello del sistema nervoso centrale

(SNC), la leptina agisce deprimendo l’attività dei neuroni che utilizzano come neurotrasmettitore il

Neuropeptide Y (NPY), che si configurano quindi come i neuroni della “fame”. Di contro, vengono

a essere stimolati quei gruppi di cellule nervose che sintetizzano peptidi come la

proopiomelanocortina (POMP) e i suoi derivati, tra cui l’alfa-melanocyte-stimulating hormon (α-

MSH), nonché i neuroni produttori del cocaine and amphetamine regulated trascript (CART), tra i

più recenti peptidi associati alle funzioni dei neuroni della sazietà. La rete di segnali tra la periferia

e il SNC si completa con altri due neuropeptidi. Il primo di questi, la grelina, è un peptide di 28

amminoacidi che svolge un’azione oressigena. Nell’uomo viene sintetizzata e secreta dalle cellule

gastriche e agisce a livello del nucleo arcuato. L’altro neuropeptide è il peptide YY (PYY) che

viene rilasciato dal tratto gastrointestinale in proporzione del contenuto calorico del pasto; tramite

l’inibizione del NPY determina una riduzione dell’appetito. La scoperta che alcuni soggetti sono

portatori di mutazioni che alterano la funzione o la struttura di un gene ne compromettono l’azione

determinando l’insorgenza di obesità, ci ha aiutato a svelare alcuni meccanismi che sottendono

questo sistema.

Le mutazioni responsabili dell’obesità monogenica

1. Mutazioni del gene codificante la leptina (LEP): di tutte le forme di obesità monogenica il deficit

di leptina è l’unico che, al momento, possa avvalersi di una terapia. I soggetti in terapia giornaliera

con leptina ricombinante presentano una progressiva riduzione del peso fino alla normalizzazione.

In particolare, la somministrazione di leptina determina una riduzione dell’appetito con

normalizzazione dell’iperfagia e riduzione dell’introito energetico (Fig.1).

Fig.1 Obesità correlata a mutazioni del gene codificante la leptina:

prima del trattamento con leptina ricombinante (immagini a sinistra) e

dopo il trattamento (immagini a destra)

2. Mutazioni del gene codificante il recettore della leptina (LEPR): tali soggetti presentano

caratteristiche molto simili a quelle dei soggetti con deficit di leptina; ovviamente la mancata

espressione del recettore rende questa patologia non suscettibile di terapia con leptina ricombinante.

Non esiste al momento alcuna terapia per questi pazienti.

3. Mutazioni del gene codificante la prohormone convertase 1 (PC-1): è un enzima che svolge un

ruolo fondamentale nel clivaggio dei pre-pro-ormoni quali per esempio l’insulina e la

proopiomelanocortina.

4. Mutazioni del gene codificante la proopiomelanocortina (POMC): rappresenta uno dei più

importanti mediatori della leptina.

5. Mutazioni del gene codificante il recettore 4 delle melanocortine (MC4R): è il modello di obesità

monogenica in assoluto più interessante; le mutazioni su questo gene determinano obesità

essenziale; il fenotipo di questi soggetti è caratterizzato da obesità severa ad esordio precoce e

iperfagia.

6. Mutazioni del gene codificante il cocaine and amphetamine regulated transcript (CART): altro

modulatore dell’azione della leptina, insieme al POMC e MC4R.

L’obesità come modello di patologia multigenica

Circa il 5% dei casi di obesità, soprattutto se ad esordio precoce, è conseguenza dell’alterazione di

un singolo gene. Quindi la stragrande quantità di casi di obesità (circa il 95%) è il frutto

dell’interazione di numerosi geni predisponenti all’obesità con un ambiente obesogenico. Il

bambino obeso, nella maggior parte dei casi non mangia cibi particolari, ma egli manga troppo di

tutto. Il bambino obeso spende energie, come ogni altro bambino, ma le sue spese sono equivalenti

a quelle di un bambino non obeso e non sono affatto rapportate al suo peso, perché altrimenti non

sarebbe grasso.

Esame obiettivo

L’esame clinico di un bambino o adolescente in sovrappeso/obeso in genere consente di orientarsi

tra le varie forme di obesità: secondaria a patologia endocrina o sindromica oppure idiopatica.

Il bambino affetto da obesità essenziale presenta caratteristiche molto precise:

- L’obesità si instaura gradualmente nel tempo

- La distribuzione del tessuto adiposo è uniforme a livello del viso, tronco e arti

- La statura è medio-alta

- Non sono presenti stigmate malformtive

- È spesso presente pseudoipogenitalismo

- Normale è lo sviluppo psicomotorio e la performance scolastica

- La maturazione puberale è tendenzialmente accelerata, così come la maturazione ossea è in

genere avanzata rispetto all’età cronologica

- Spesso è presente valgismo delle ginocchia, piede piatto

- Si rilevano, soprattutto in epoca adolescenziale, strie a livello di cosce, fianchi e glutei

- Può essere presente acanthosis nigricans (iperpigmentazione a livello del collo e delle

ascelle)

Diagnosi differenziale dell’obesità in età pediatrica

Cause endocrine

Sindrome di Cushing, Ipotiroidismo, Iperinsulinismo, Deficit di ormone della crescita,

Disfunzione ipotalamica, Sindrome di Prader-Willi, Sindrome dell’ovaio policistico,

Pseudoipoparatiroidismo tipo I.

Sindromi generiche

Sindrome di Turner, Sindrome di Laurence-Moon-Biedl, Sindrome di Alstrom-Hallgren.

Altre sindromi

Sindrome di Cohen, Sindrome di Carpenter.

Indagini di laboratorio

Devono essere effettuate in relazione al grado di obesità e alla familiarità per fattori di rischio

cardiovascolare (diebete mellito, ipertensione, dislipidemia, malattia cardiovascolare), per cercare

di individuare precocemente i marker di una sindrome metabolica secondaria alla stato di

sovrappeso del bambino.

Lo screening comprende: glicemia a digiuno, insulinemia a digiuno, profilo lipidico, transaminasi,

misurazione della pressione arteriosa.

Nei pazienti sovrappeso, nei quali si evidenzi ipertensione, va eseguito un approfondimento

diagnostico mediante: visita specialistica cardiologica, ECG ed ecocardiografia; esame delle urine

standard e dosaggio della microlbuminuria; dosaggio di creatininemia e potassiemia.

Complicanze

L’obesità infantile non è solo un problema estetico come spesso tuttora si crede: essa può infatti

condurre a molte complicanze nel breve e nel lungo periodo, sia di natura metabolica, che di

pertinenza cardiovascolare, gastroenterologica, respiratoria, ortopedica e psicologica. Pressoché

tutte, peraltro, possono regredire con il recupero di un peso normale.

Complicanze psicologiche. I bambini obesi o sovrappeso vanno incontro a notevoli stress e

difficoltà a livello sociale e psicologico. E’ spesso frequente una stigmatizzazione sociale nella

scuola, sul posto di lavoro e nelle varie occasioni di tipo sociale. I bambini in età scolare sono

frequentemente presi in giro, intimiditi ed esclusi dalle varie attività. I disturbi psicologici sono

comuni nel bambino obeso. Anche nei bambini apparentemente in salute, una adeguata valutazione

psicologica spesso maschera problemi emozionali significativi.

Complicanze metaboliche. Le complicanze metaboliche, le più temute, possono riguardare il

controllo degli zuccheri (insulino-resistenza e iperinsulinismo, ridotta tolleranza al glucosio, diabete

mellito di tipo 2) e dei lipidi (aumento del colesterolo e/o dei trigliceridi, riduzione del colesterolo

HDL, aumento del colesterolo LDL) nel sangue, fattori questi che insieme all’aumento della

pressione arteriosa, tipica dell’obesità, predispongono alla comparsa di malattie cardiovascolari in

età adulta. I pazienti hanno un incremento della secrezione basale di insulina, della stimolazione alla

secrezione di insulina e della resistenza all’insulina.

Complicanze cardiovascolari. A queste età precoci è però già possibile ed anzi frequente

l’ipertensione (e in generale, circa il 60% degli obesi sono ipertesi), così come sono possibili forme

più o meno precoci di aterosclerosi, con aumentato rischio futuro di infarto e ictus cerebrale.

L’obesità infantile determina certamente un aumentato rischio di contrarre – una volta adulto –

malattie coronariche gravi come l’angina pectoris, l’insufficienza coronarica, l'infarto.

Complicanze gastroenterologiche. La steatosi epatica non alcolica (un accumulo di grasso a

livello del fegato determinato dall’obesità e non dal consumo di alcolici), problema che, se non

risolto, può evolvere, anche già in età pediatrica, fino alla cirrosi.

Complicanze respiratorie. Si può avere riduzione della capacità respiratoria, dispnea da sforzo,

ridotta ventilazione con riduzione dei livelli d’ossigeno, fino alla cosiddetta sindrome di Pickwick,

nella quale si hanno vere e proprie brevi perdite di coscienza durante le normali attività di vita.

Sono anche possibili ostruzioni catarrali delle vie respiratorie, bronchiti ricorrenti, asma, aumento

dei livelli di anidride carbonica in circolo. I bambini obesi sono più predisposti ad avere disturbi

respiratori soprattutto nel sonno, in particolare le apnee, con frequenti risvegli ed un sonno

disturbato che si riflette poi sul resto della giornata, quando i bambini tenderanno ad essere

sonnolenti, o al contrario nervosi e iperattivi, a soffrire frequentemente di cefalea o a rendere meno

bene a scuola.

Complicanze ortopediche. L’eccesso di peso ha lo stesso effetto sul corpo della costruzione di

troppi piani in un palazzo: le fondamenta e le strutture di sostegno tenderanno a cedere. Per questo

le complicanze ortopediche sono così frequenti, soprattutto il ginocchio valgo (le gambe ad X), i

piedi piatti e la scoliosi. Molto di frequente la prima alterazione che si manifesta è il piede piatto,

successivamente sono coinvolte le ginocchia, e alla fine la somma di posture errate può determinare

un atteggiamento scoliotico della schiena. Da non sottovalutare, inoltre, l’accrescimento eccessivo

della metafisi prossimale-mediale della tibia e la lussazione dell’epifisi della testa del femore.

Complicanze endocrinologiche. I bambini in sovrappeso hanno un’età ossea avanzata, sono più

alti in relazione all’età e presentano uno sviluppo puberale più precoce rispetto ai bambini non in

sovrappeso. Nelle bambine con obesità è poi frequente la presenza di cicli mestruali alterati.

Più avanti con l’età, inoltre, non è raro riscontrare in queste ragazze la sindrome dell’ovaio

policistico, causa di non pochi disturbi ginecologici ed endocrini.

Complicanze cutanee. Una complicanza cutanea che spesso indica un problema nel controllo degli

zuccheri, è la cosiddetta acanthosis nigricans (pelle ispessita, vellutata e grigiastra a livello delle

pieghe cutanee e del collo), ma ci sono anche infezioni cutanee croniche, smagliature, intertrigine

(una dermatite dovuta a sfregamento soprattutto a livello delle ascelle, delle pieghe inguinali e

sottomammarie), acne, irsutismo.

Prevenzione e trattamento

Il mantenimento del peso ideale è auspicabile non solo per fattori estetici, ma anche per prevenire le

possibili complicanze dell’obesità. I bambini sovrappeso, ch non vengono trattati possono rimanere

tali anche da adulti. Durante l’età pediatrica, una volta instaurata un’obesità, è molto difficile

mettere in pratica un programma efficace per ridurre e mantenere il peso a livelli accettabili senza

una partecipazione attiva e una motivazione da parte del bambino e della sua famiglia. Le tecniche

che vengono utilizzate per ridurre il peso negli adulti, come gli interventi chirurgici, la

farmacoterapia e l’introduzione di palloncini nello stomaco, sono controindicate nei bambini.

Anche le diete nettamente ipocaloriche sono inadeguate al momento che possono ritardare la

crescita e lo sviluppo in momenti critici dell’età pediatrica.

Per trattare con successo l’obesità bisogna prendere in considerazione almeno i seguenti aspetti:

1. Modificazione della dieta e del suo contenuto calorico

2. Definizione e applicazione pratica di programmi di attività fisica appropriati

3. Modifiche del comportamento del bambino

4. Coinvolgimento della famiglia nella terapia.

Per quanto riguarda la modificazione della dieta e del suo contenuto calorico si consiglia una dieta

ipocalorica bilanciata, ben condotta e finalizzata ad acquisire un corretto comportamento

alimentare, caratterizzata da una ripartizione bilanciata dell’apporto energetico rappresentato per il

50-60% dai carboidrati, per il 28-30% dai grassi e per il 10-15 % dalle proteine. Le modificazioni

più rilevanti sono: la ripartizione degli alimenti in 5 pasti al giorno, la valorizzazione della prima

colazione, la riduzione dell’apporto dei grassi e proteine di origine animale, la limitazione degli

zuccheri a rapido assorbimento, l’aumento delle fibre alimentari. Per ciò che concerne l’attività

fisica, bisognerebbe abituare il bambino ai giochi all’aperto, ridurre il tempo dedicato alla

televisione, videogiochi o computer a favore di attività più dinamiche. Spronare il bambino a fare le

scale, piuttosto che prendere l’ascensore, fare lunghe passeggiate, andare a scuola a piedi.

I risultati che si ottengono sono comunque limitati nel tempo, i controlli nel tempo mostrano

un’elevata frequenza di recidive a 4-10 anni di distanza. Solo il 50 % dei pazienti riesce a

conservare un peso inferiore rispetto a prima. In ogni caso appare consigliabile che il medico,

nell’interesse del singolo paziente, dia inizio ad un prudente trattamento dietetico e fisico,

combinato con la modificazione del comportamento e con la terapia della famiglia. Lo scopo ultimo

dovrebbe essere quello di favorire l’accrescimento e fornire un deciso sostegno sociale e

psicologico.

Bibliografia

1. Pediatria di Nelson. 18° Edizione

Diabete Mellito

Chirico V, Salpietro A, Vicchio P, Deak A, Loddo I, Malvaso S, Caruso R, Munafò C, Arrigo T

Diabete Tipo 1: da distruzione della β cellula pancreatica e deficit insulinico assoluto

Diabete Tipo 2: da insulino resistenza con deficit relativo di secrezione o da prevalente deficit di

secrezione insulinica

Altri tipi di Diabete:

a) Difetti genetici della β-cellula b) Difetti genetici dell’azione insulinica

c) Malattie del pancreas esocrino d) Endocrinopatie

e) Farmaci f) Infezioni

g) Da forme rare di malattie immunitarie h) Da malattie genetiche associate al diabete

i) Diabete gestazionale

Epidemiologia ed eziopatogenesi

- Prevalenza: 1% , età 0/15 anni - Incidenza annuale: 5-20/100.000, età 0-15 anni

- Nazione più colpita: Finlandia - Regione Italiana più colpita: Sardegna

- Rischio per i fratelli: 4-10 % - Rischio per i figli: 1-2 %

- Fattori genetici: Predisponesti - Fattori virali: Scatenanti

Il Diabete tipo 1 può essere suddiviso nei seguenti quattro stadi:

1) Prediabete

2) Insorgenza clinica del diabete

3) Parziale remissione o Luna di miele

4) Insulino-dipendenza permanente

PREDIABETE

Può essere suddiviso in fasi:

La prima fase è rappresentata dalla predisposizione genetica, condizione necessaria ma non

sufficiente per lo sviluppo del diabete. Alleli genetici correlati ad aumentato rischio: HLA DR3-

DR4 – DQA1*0501*0301 – DQB1*0201*302;

Aplotipi, quali ad esempio HLA DR2 – DQA1*0102 DQB1*0602, determinano invece una

resistenza alla comparsa del diabete stesso.

È una specifica combinazione allelica, più che la presenza o l'assenza di un residuo sulla molecola

HLA, a conferire suscettibilità alla malattia o protezione da questa.

La seconda fase comporta eventi scatenanti (agenti virali, alimenti), che danno origine all’attacco

autoimmune (ICA) nei confronti delle beta-cellule (insulite).

ICA sono una classe eterogenea di immunoglobuline, dirette contro determinanti antigenici insulari.

Tre diverse molecole sono state dimostrate, quali antigeni bersaglio degli ICA : l’enzima

glutammico decarbossilasi,GAD (identificato nel 1990, più comune adulti), la tirosin-fosfatasi

insulare IA-2 e il ganglioside GM2-1. L’insulina è una molecola autoantigenica e gli IAA (Ab anti-

insulina) sono marker aggiuntivi di rischio e i primi ad apparire.

Nella terza fase non si osservano ancora manifestazioni cliniche, ma si verifica un progressivo

declino della secrezione insulinica in risposta alla somministrazione di glucosio endovena (IVGTT).

Marker metabolici

Il test più usato per valutare la funzione ß-cellulare nella predizione di DMT1 è quello della risposta

precoce insulinemica al carico endovena di glucosio (IVGTT). Si calcola la First Phase Insulin

Response (FPIR), data dalla somma dei valori di insulinemia al tempo +1 e +3 minuti dalla fine

dell'infusione endovenosa di glucosio. Viene considerata patologica una FPIR che sia inferiore al 1°

percentile di normalità secondo gli standard di riferimento della SIEDP, suddivisi per stadio

puberale.

è stata costruita una life table analysis in base alla risposta insulinemica all'IVGTT nei parenti di I

grado con ICA positivi: se la risposta è inferiore al 1° percentile aumenta il rischio di DM1 (entro 4

anni circa)

Il rilascio dell’insulina così danneggiato nella “First Phase Insulin Response (FPIR)” associato alla

presenza di marcatori immunologici (GAD – IA-2) conferisce pressappoco il 100% di Rischio di

diabete tipo 1 nei successivi 5 anni nei soggetti con familiarità di I grado per diabete tipo 1.

Nella quarta fase compare la ridotta tolleranza alla somministrazione orale di glucosio (OGTT); è la

fase in cui la malattia diventa clinicamente evidente, e vi è una residua produzione di insulina, ma

dopo un periodo di remissione più o meno lungo, fa seguito la distruzione di tutte le cellule beta,

con deficit di insulina.

Definizione tolleranza glucidica

Con i nuovi criteri si definisce diabetico un soggetto che dopo 2 controlli glicemici, a digiuno,

presenta un valore della glicemia compreso tra 126 e 139 mg/dl e che dopo prova da carico orale

con glucosio abbia a 2 ore un valore di glicemia > di 200 mg/dl.

Intolleranza al glucosio o IGT (Imparied Glucose Tolerance) se il soggetto presenta dopo carico

orale di glucosio a 2 ore valori glicemici compresi tra 140 ma <199.

Alterata glicemia a digiuno o IFG (Imparied Fasting Glucose) se il soggetto avrà valori tra 110-

125 a digiuno . NORMALE, se la glicemia è < 110 mg/dl

IN SINTESI

È la malattia metabolica più frequente in età pediatrica

È determinata da distruzione autoimmune delle cellule beta

L’incidenza è più alta nei paesi sviluppati (Italia 7-36/100.000)

Predisposizione preesistente (HLA DR3, DR4, DQ2)

Fattori ambientali (enterovirus, rosolia, alimenti, etc..)

Associazioni con altre malattie autoimmuni (celiachia, tiroidite…)

Esordio classico nel 70-80% dei casi (poliuria-polidipsia)

Esordio subdolo più frequente a 10-20 anni (LADA)

SEGNI E SINTOMI PRECOCI

Legati all’iperglicemia: poliuria, polidipsia, polifagia, disturbi visivi

“ alla disidratazione e diseletrolitemia: astenia, dimagramento

SEGNI E SINTOMI TARDIVI

Legati alla chetonemia: anoressia, nausea, vomito, alito acetonemico

“ all’iperosmolarità: alterazioni stato mentale

“ all’acidosi: dolori addominali, respiro di Kussmaul

“ all’ipopotassemia: ileo paralitico, crampi muscolari, disritmie

INSORGENZE ATIPICHE

Enuresi persistente

Dolori addominali con o senza vomito

Candidosi vaginali recidivanti

Guadagno inconsistente di peso o perdita

Fatica,irritabilità, diminuzione del rendimento scolastico

Ricorrenti infezioni della pelle

DIFFICOLTA’ NELLA DIAGNOSI

Neonati con sintomi nascosti

Enuresi e/o poliuria diagnosticate come infezione delle vie urinarie

Dolori addominali o vomito diagnosticati come coliche addominali-appendiciti

Iperventilazione diagnosticata e trattata come patologia respiratoria

Polidipsia erroneamente diagnosticate come abitudine o necessità psicogena di bere

Diagnosi erronee (13-7%)

Sepsi urinaria (45%)

Addome acuto (30%)

Disturbi dell’adolescenza (13%)

Anoressia nervosa (6%)

Asma bronchiale-Polmonite (3%)

Ipertiroidismo (3%)

CHETOACIDOSI

• Circa il 15-30% delle diagnosi avvengono per KAD

• Causa di mortalità nel 6-10% dei casi

• La causa principale di morte è l’edema cerebrale

• KAD: glicemia >300 mg/dl

pH <7.2 (<7.1 KAD severa)

HCO3 < 12 mEq/l

Terapia della chetoacidosi

• Sol.fisiologica nelle prime due ore e poi idratazione + insulina + K, eventuale sol glucosata

se glicemia <250mg/dl

Cardini della terapia del diabete

Insulinoterapia (rapida, analogo rapida, intermedia, analogo intermedia, premiscelate,

tramite siringhe, penne o microinfusore)

Piano alimentare (carboidrati 50-60%, lipidi 25-30%, protidi 15%)

Autocontrollo (determinazioni pluriquotidiane di glicemia e glicosuria/chetonuria)

Esercizio fisico (regolare e programmato)

Valore percentuale Hba1c Livello di rischio

< 6 % Rientra nella media

< 7,5 % Appena superiore alla media

< 8,5 % Controllo da tenere sott’occhio

< 10 % Alto

> 10 % Molto alto

CARATTERISTICHE DIFFERENZIALI DEL DIABETE

Tipo 1 Tipo 2

Livelli di insulina assenti o ridotti Normali o aumentati

Sintomatologia importante spesso assente

Chetosi presente assente

Peso normopeso obesità o sovrappeso

Età esordio (anni) infanzia-adolescenza >35

Comparsa complicanze parecchi anni spesso presenti

croniche dopo l’esordio alla diagnosi

Prevalenza 0.6% 3-7

Familiarità modesta importante

Sistema HLA correlato non correlato

Autoimmunità presente assente

Terapia insulina dieta,

ipoglicemizzanti orali

Segni e sintomi da iperisulinismo sono: acanthosis nigricans, skin tags, dislipidemia, ipertensione,

obesità truncale. La resistenza periferica all’insulina rappresenta il primum movens e caratterizza

il T2DM.

L’insulino resitenza (IR) si definisce come una ridotta capacità dell’insulina a concentrazioni usuali

di promuovere l’utilizzo periferico del glucosio, sopprimere la produzione epatica di glucosio e

inibire la liberazione delle VLDL.

L’IR si caratterizza per valori di insulina a digiuno >15, durante l’OGTT oltre 150 e dopo due ore

all’OGTT di 75 μU/ml. L’HOMA è un indice affidabile per valutare l’IR secondo la formula:

glicemia basale (mmol/l) x Insulina basale (μU/ml)/22.5. Valori patologi sono considerati >2.5 nei

bambini e >4 negli adolescenti.

Bibliografia

1. Couper J, Donaghue K; International Society for Pediatric and Adolescent Diabetes (ISPAD).

Phases of diabetes. Pediatr Diabetes. 2007 ;8:44-7.

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Biomed 2003 ; 74:59-68.

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Pediatric Endocrinology and Diabetology (SIEDP). J Pediatr Endocrinol Metab. 1996 ;9 :163-7

4. Ten S, Maclaren N. Insulin resistance sindrome in children .JCEM 89; 2526-2539; 2004

5. Calcaterra V, Klersy C, Muratori T, Telli S, Caramagna C, Scaglia F, Cisternino M, Larizza D

Prevalence of metabolic syndrome (MS) in children and adolescents with varying degrees of

obesity. Clin Endocrinol. 2008 ;68:868-72.

Malattie della tiroide

Chirico V, Piraino B, Moschella E, Meduri S, Malvaso Barone C, Sturiale M, Munafò C,

Arrigo T

IPOTIROIDISMO

È una condizione clinica legata alla carenza degli ormoni della tiroide in relazione alle necessità

metaboliche dell'organismo.

La carenza di ormoni tiroidei può essere dovuta alla:

• insufficiente produzione ormonale

• assente liberazione ormonale

• ridotta o assente sensibilità periferica agli ormoni tiroidei

Ipotiroidismo congenito: segni e sintomi precoci

Neonato: Peso alla nascita aumentato; Postmaturità; Ritardata emissione del meconio e/o stipsi;

Ittero neonatale protratto; Distensione addominale e/o ernia ombelicale; Torpore e difficoltà alla

suzione; Pianto rauco; Fontanella posteriore > 0.5 cm; Cute marezzata.

Lattante: Mixedema; Cute marezzata e secca; Sella nasale appiattita; Macroglossia; Addome

batraciano; Psuedoipertrofia muscolare; Ampia fontanella anteriore; Ritardo psicomotorio;

suzione torpida; Letargia; Stipsi; Rallentamento della crescita.

Ipotiroidismo Congenito

Frequenza 1- 4000; Rapporto F:M 2.5 : 1;

Cause

• Agenesia ( 30-40 %)

• Ectopia ( 40-50 %)

• Ipoplasia ( 5 %)

• Difetti dell’ormonogenesi ( 10%)

• Insufficienza ipotalamo-ipofisaria ( 5 %)

Si può associare a : Malformazioni cardiache, multiple, a carico SNC (5.5 %)

Prima della dimissione dai reparti di maternità viene eseguito obbligatoriamente a tutti i neonati lo

screening neonatale. Il valore di TSH > 10μU/ml è patologico, al richiamo il neonato viene

sottoposto a prelievo anche degli ormoni tiroidei.

Prima dell’avvio del trattamento eseguire: ecografia tiroidea o scintigrafia tiroidea, RX nucleo

distale del femore, test di livello, inquadramento auxologico.

La terapia va avviata quanto prima possibile, alla posologia iniziale di L-T4 10-12 µ/Kg/die, dopo 1

mese dosare FT4 e TSH. Successivi controlli clinico-laboratoristici ed eventuali adattamenti

posologici andrebbero previsti ogni 3 mesi per tutto il 1° anno ed ogni 6 mesi successivamente con

l’obiettivo di mantenere la FT4 ai limiti alti della normalità ed il TSH ai limiti della dosabilità.

Tiroidite Cronica Autoimmune

È un’affezione cronica della tiroide a patogenesi autoimmunitaria, catterizzata da:

a) infiltrazione linfocitaria diffusa della tiroide

b) vario grado di gozzo o atrofia tiroidea

c) stato funzionale di eu-ipotiroidismo (raro iper)

La TC rappresenta la più frequente causa di gozzo e di ipotiroidismo in aree iodio-sufficienti. E’

rara prima dei 5 anni. Ha una prevalenza generale di 1.3 – 3 %, con picco di incidenza fra 10 e 18

anni, colpisce maggiormente il sesso femminile. Vi sono precedenti familiari di tireopatia nel 30 %

dei casi. Frequentemente vi è associazione con altre malattie autoimmuni e/o cromosomopatie.

La diagnosi si basa su storia familiare e personale, quadro clinico, dosaggio anticorpi antitiroide

(perossidasi, microsomi, TRAb), e ecografia tiroidea.

Criteri per la diagnosi

Almeno 2 dei seguenti 3 criteri:

1. Alterazioni ecografiche specifiche

2. Aumento degli anticorpi anti-perossidasi

3. Aumento di volume della tiroide

N.B. La funzione tiroidea può essere normale o variamente alterata (ipotiroidismo conclamato o

subclinico, perfino ipertiroidismo transitorio)

La terapia con LT4 a dosaggio di 1-2 μg/kg viene avviata in caso di gozzo e/o ipotiroidismo.

La terapia con LT4 determina una riduzione delle dimensioni del gozzo, ma non modifica né il

titolo anticorpale nè l’ecostruttura tiroidea.

Prognosi

50% guarigione completa

25% diminuita riserva tiroidea

25% danno permanente con ipotiroidismo

Il trattamento con LT4 non sembra aver influenzato il decorso dell’HT

Bibliografia

1. Dias VM, Campos AP, Chagas AJ, Silva RM. Congenital hypothyroidism: etiology. Pediatr

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2. Rastogi MV, LaFranchi SH. Congenital hypothyroidism.Orphanet J Rare Dis. 2010 10;5:17.

3. Brown RS. Autoimmune thyroid disease: unlocking a complex puzzle. Curr Opin Pediatr.

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