Accordo per offerte voce-broadband. Gli Ad: «Niente a che ... fileè una scelta liberal» Morganti...

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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY DAL 25 SETTEMBRE ALL’8 OTTOBRE PAG.4 LA BUFERA TELECOM ITALIA «La rete alla Cdp? Ma quale statalismo è una scelta liberal» Morganti (Politecnico Milano): Ultimo miglio la vera risorsa L’apertura della rete d’accesso agli operatori eliminerebbe le strozzature alla concorrenza «L’Agcom? Non credo che il killer sia lei. Telecom Italia si lamenta che l’autorità si è mossa in modo troppo re- strittivo; i suoi concorrenti dicono che è stata troppo permissiva. Probabilmente la verità sta nel mezzo. Non credo si possa attribuire a Calabrò o a Catricalà la responsabilità di questa operazione, se non altro perché l’unico prodotto convergente frenato è stato Unico. Il resto degli interventi hanno riguardato i prodotti nuovi su rete fissa»: Franco Morganti, docente al Politecnico di Milano e uno dei maggiori esperti ita- liani delle telecomunicazioni, assolve le autorità di controllo. E allora di chi è la colpa? La ragione delle mosse di Tronchetti sta nella finanza: la necessità di ridurre l’indebitamento di Telecom Italia ven- dendo pezzi di Tim. Non se ne parla ora, ma non ha senso scorporare il mobile per tenerselo tutto in casa dopo averlo incorporato appena due anni fa. Insomma, i debiti non lasciavano alternative a Tronchetti. No, secondo me an- davano percorse altre strade. Le ragioni che hanno spinto Telecom ad incorporare Tim erano molto serie e non sono certo svanite nel nulla: l’integrazione tra fisso e mobile consente lo stesso archivio clienti, offerte commerciali combinate Tim/Alice, la gestione delle opera- zioni con significative economie di scala. E poi si scoraggiavano scalate ostili a TI aumentandone il costo. Strategicamente sarebbe stato importante tenere Tim incorporata. BT insegna che si può fare a meno di possede- re il mobile. È vero che gli inglesi hanno ceduto 02, ma è un’altra storia, che si inse- risce nella spregiudicatezza delle tlc britanniche. Invece che Tim, Telecom potrebbe cedere la rete d’accesso di ultimo miglio. Si parla di mettere le in- frastrutture pubbliche in società neutre a disposizione degli operatori. Lo si è fatto con Terna per l’energia elettrica, probabilmente lo si farà con Snam Re- te Gas; potrebbe essere l’occasione per mettere i doppini dell’ultimo miglio, a disposizione degli operatori. Abbiamo già esempi in Europa di società che comprano reti in fibra metropolitane per poi affittarle agli operatori. Contro l’intervento della Cassa de- positi e prestiti sparano quasi tutti. Ma dov’è lo scandalo? Io non temo le accuse di statalizzazione. Non si tratta di fare il socialismo economico, ma di mettere le infrastrutture a disposizione di tutti. È un’operazione molto libe- rale perché elimina le strozzature alla concorrenza eredità del vecchio mo- nopolio. Vendendo la rete di accesso, la Telecom avrebbe il vantaggio di ot- tenere soldi ma anche libertà dal punto di vista regolatorio. Come BT che ha messo la rete in una società ad hoc. Ma vendendo Tim, Telecom incas- sa di più. Non credo che ci sia interesse a vendere tutta Tim. Cercheranno di tenerne una quota, se non di controllo comunque rilevante. Questo consenti- rà di mantenere l’integrazione col fisso predicata due anni fa. Ma allora non porteranno a casa i 35 milioni di cui si parla. La cessione della rete di accesso potrebbe invece consentire a Telecom di portare a casa lo stesso risultato eco- nomico ottenuto con una cessione par- ziale di TIM. Col vantaggio di liberarsi dei vincoli delle Authority e mantenere il vecchio progetto industriale. Lei teme il pericolo straniero? Do- po la chimica ed il resto, rischiamo di perdere anche le Tlc. Ma quale pericolo straniero! Quando Gildo Campesato dipendenti sono in Italia. L’industria è qui, mica l’abbiamo persa perché il padrone è un egiziano. No, lo straniero non mi preoccupa. Preoccupa il ridimensionamento delle strategie estere, in particolare in Sud America. Questo è un rischio molto serio. Tronchetti ha di molto ridimensionato le partecipazioni estere, spinto anche dalle acquisizioni “spericolate” fatte prima che lui arrivasse. Ma perdere il Sud America è molto grave. Telecom media company, come le suona? Mi suona come una moda. Siccome le società di Tlc sono considerate commodity che non crescono, si cerca di valorizzarle l’ebitda da 3/4 volte a 6/7 volte met- tendoci l’etichetta media company. Ma è una moda senza valore reale dietro. Una volta si diceva che il modo migliore per diventare milionari è di comprare un’azienda editoriale; purché si fosse miliardari. Detto ciò, nel- l’operazione ci sono ele- menti positivi. Il mondo dei media è molto costoso ed è difficile raggiungere i margini sperati. Se Tele- com riesce a fare un buon accordo con i fornitori di contenuti, può essere un’ottima occasione per arricchire l’offerta sulla banda larga e sostenere redditività interessanti. C’è bisogno di un con- corrente agguerrito per combattere il duopolio tv. Se lo diventassero Telecom ed i suoi alleati, Murdoch o qualche altro, non sarebbe male: meglio tre player che due. Il governo deve tener- si fuori? Dovrebbe appoggiare l’idea di una società delle reti, che come ho detto non è interventismo pubblico, ma ga- ranzia di un mercato efficiente. Per il resto dovrebbe tenersi fuori. LO SCORPORO «La ragione delle mosse di Tronchetti sta nella finanza: la necessità di ridurre l’indebitamento vendendo pezzi di Tim» Wind è stata ceduta a Sawiris sono insor- ti tutti. Ma c’è mai stato un italiano che si sia fatto avanti per comprarsela quando l’Enel l’ha ceduta? Imprenditori italiani che rischiano quattrini loro, senza fare operazioni a debito come Colaninno e Tronchetti, non ce ne sono. Ma Wind è straniera? È un’azienda italiana, la rete è in Italia, i call center sono in Italia, i STRATEGIE ESTERE «Tronchetti ha molto ridimensionato le partecipazioni estere spinto anche dalle acquisizioni “spericolate” fatte prima del suo arrivo. Questo sì, è un rischio molto serio» E se Wind ridiventasse “italiana” o per lo meno si ammantasse del tricolore? Per il momento è solo un’ipotesi di scuola, su cui sono al lavoro consulenti ed advisor di Naguib Sawaris, il magnate egiziano che ha comperato Wind dall’Enel attraverso la “cassaforte” Weather. Fino a ieri sembrava che fosse Weather ad essere desti- nata alla Borsa. Adesso, però, al Cairo ci stanno ripensando. Così, almeno, stando ad indiscrezioni raccolte dal Sole24 ore e che la società non ha confermato. Ma nemmeno smentito essendosi limitata ad un asciutto no comment. Portare in Borsa Weather significhe- rebbe quotare a Milano una società fortemente radicata in Egitto, con management e governance egiziani. Niente di male, per carità, ma i consulenti di Sawiris si sono fatti un po’ di conti ed hanno scoperto che quotando Wind da sola riuscirebbero ad ottenere multipli migliori di quelli ottenuti collocando la holding. E così sarebbe emersa l’ipotesi di andare a listino, ad inizio 2007, soltanto con la società telefonica italiana. Cogliendo due piccioni con una fava: più incassi ed un pizzico aggiuntivo di ”italianità” per l’azienda che, ovviamente, rimarrebbe comunque sotto lo stretto controllo di Sawiris. Più Italia per Wind? QUADRUPLE PLAY Nel 2007 Fastweb punta a diventare nel 2007 operatore virtuale ed entrare nel mercato del mobile business Prove generali di convergenza per Vodafone Italia. Sotto la forma di un ac- cordo commerciale stretto con Fastweb, il secondo player di telefonia mobile in Italia ha annunciato la prima importante inizia- tiva per offrire ai propri clienti servizi su rete fissa. Come già accaduto nel mercato inglese, dove Vodafone UK ha recente- mente stretto accordi con British Telecom per offrire ai propri clienti un servizio a banda larga per la rete fissa, anche in Italia l’etere non sembra essere più sufficiente per Vodafone che in chiara controtendenza rispetto al mercato e alla vicenda Telecom Italia vuole avvicinare la propria rete mo- bile al segmento terrestre. A differenza delle decisioni maturate oltre Manica, in Italia l’accordo non è a livello wholesale per l’acquisto all’ingrosso di connettività terrestre, ma ruota intorno a prodotti speci- fici per il segmento consumer che vengono rivenduti in accordo con Fastweb. La formula commerciale prevede cioè la distribuzione in bundle di servizi di tele- fonia mobile da una parte e di connettività a banda larga dall’altra associando le mi- gliori offerte di Vodafone e Fastweb in una sorta di “best of breed” dei due operatori. Le novità presentate sono quattro anche se in realtà soltanto le prime due avranno un impatto diretto sui clienti finali. L’idea di fondo, come ha dichiarato Pietro Guin- dani, Ad di Vodafone Italia, è di creare un’offerta semplice, chiara e immediata che rispondesse ai bisogni di comunica- zione mobile e all’uso di Internet a banda larga. La prima soluzione, denominata Vodafone Casa FASTWEB, permette di utilizzare il telefonino per tutte le chiamate ai numeri fissi e mobili con la convenienza del telefono fisso e di collegarsi al Web con un modem ADSL per avere accesso con velocità fino a 20 Mbps usando la rete in fibra ottica di Fastweb. La soluzione è prin- cipalmente orientata al mercato domestico. L’obiettivo è di raggiungere in primo luogo quel segmento di utenti che già utilizzano la rete Fastweb e sono clienti Vodafone. Pietro Guindani ha quantificato questo in- sieme in “qualche centinaia di migliaia di clienti comuni”. In realtà il prodotto cerca di risolvere da una parte gli elevati costi legati alla telefonia mobile da rete fissa che sono particolarmente onerosi per gli utenti Fastweb e dall’altra vuole aggiungere un modulo basato su Internet a banda larga a quegli utenti che si sono già lasciati se- durre dal modello di Vodafone Casa dove il cellulare sostituisce nell’uso quotidiano l’apparecchio di rete fissa per le comuni- cazioni voce. In sostanza l’offerta si av- vicina molto a quella già proposta da TI e bocciata dall’Authority. Ribadisce però Stefano Parisi, Ad di Fastweb: “La nostra non assomiglia a Unico di Telecom. Quello era un prodotto realizzato da un operatore dominante che ha fatto un’offerta non re- plicabile e per questo motivo l’Authority ne ha negato il lancio. La nostra invece è una formula integrata di Internet e voce”. Precisa Guindani: “Unico voleva essere un telefono fisso da casa e mobile fuori, men- tre noi offriamo voce e broadband. Tele- com poi è un operatore dominante, mentre noi siamo concorrenziali. Per questo la no- stra offerta non sarà bocciata”. La seconda novità presentata in maniera congiunta da Vodafone e Fastweb riguarda la possibilità di ottenere risparmi sulle chiamate da rete mobile Vodafone sui numeri fissi Fastweb. Per questo servizio, denominato Vodafone Infinity Fastweb, così come per il pre- cedente, non è disponibile ancora alcun pricing. I tempi di rilascio sul mercato non sono immediati. Si parla di fine anno. A completare gli annunci di collaborazione commerciale fanno da corollario altre due iniziative, indicate per ora solo sulla carta: attività di cross selling che avvicineranno i clienti dei due operatori e offerte mirate e condivise per il segmento business. Le quattro novità, ribadisce fermamente il board delle due società, sono e rimangono iniziative commerciali: non sono previsti scambi azionari o accordi di altra natura. È lecito supporre tuttavia che le cose non finiranno qui. Stando alle dichiarazioni di Parisi, infatti, nel 2007 Fastweb vorrebbe diventare operatore virtuale ed entrare nel mercato del mobile business, trasfor- mandosi in “quadruple player”. Sebbene gli operatori sotto osservazione a cui appoggiarsi siano ancora molti, non è da escludere che in prima fila ci sia proprio Vodafone. Lo stesso Guindani ha ricordato come l’accordo commerciale odierno sia stato raggiunto proprio grazie alla comune cultura imprenditoriale che caratterizza le due società e che in un recente passato fa- ceva riferimento allo stesso management, ovvero a Silvio Scaglia. Dario Banfi Accordo per offerte voce-broadband. Gli Ad: «Niente a che vedere con Unico» E daVodafone-Fastweb prove di convergenza INTESE COMMERCIALI

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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGYDAL 25 SETTEMBRE ALL’8 OTTOBRE

PAG.4

L A B U F E R A T E L E C O M I T A L I A

«La rete alla Cdp?Ma quale statalismoè una scelta liberal»

Morganti (Politecnico Milano): Ultimo miglio la vera risorsa

L’apertura della rete d’accesso agli operatori eliminerebbe le strozzature alla concorrenza

«L’Agcom? Non credo che il killer sia lei. Telecom Italia si lamenta che l’autorità si è mossa in modo troppo re-strittivo; i suoi concorrenti dicono che è stata troppo permissiva. Probabilmente la verità sta nel mezzo. Non credo si possa attribuire a Calabrò o a Catricalà la responsabilità di questa operazione, se non altro perché l’unico prodotto convergente frenato è stato Unico. Il resto degli interventi hanno riguardato i prodotti nuovi su rete fissa»: Franco Morganti, docente al Politecnico di Milano e uno dei maggiori esperti ita-liani delle telecomunicazioni, assolve le autorità di controllo.

E allora di chi è la colpa?La ragione delle mosse di Tronchetti

sta nella finanza: la necessità di ridurre l’indebitamento di Telecom Italia ven-dendo pezzi di Tim. Non se ne parla ora, ma non ha senso scorporare il mobile per tenerselo tutto in casa dopo averlo incorporato appena due anni fa.

Insomma, i debiti non lasciavano alternative a Tronchetti.

No, secondo me an-davano percorse altre strade. Le ragioni che hanno spinto Telecom ad incorporare Tim erano molto serie e non sono certo svanite nel nulla: l’integrazione tra fisso e mobile consente lo stesso archivio clienti, offerte commerciali combinate Tim/Alice, la gestione delle opera-zioni con significative economie di scala. E poi si scoraggiavano scalate ostili a TI aumentandone il costo. Strategicamente sarebbe stato importante tenere Tim incorporata.

BT insegna che si può fare a meno di possede-re il mobile.

È vero che gli inglesi hanno ceduto 02, ma è un’altra storia, che si inse-risce nella spregiudicatezza delle tlc britanniche. Invece che Tim, Telecom potrebbe cedere la rete d’accesso di ultimo miglio. Si parla di mettere le in-frastrutture pubbliche in società neutre a disposizione degli operatori. Lo si è fatto con Terna per l’energia elettrica, probabilmente lo si farà con Snam Re-te Gas; potrebbe essere l’occasione per mettere i doppini dell’ultimo miglio, a disposizione degli operatori. Abbiamo già esempi in Europa di società che comprano reti in fibra metropolitane per poi affittarle agli operatori.

Contro l’intervento della Cassa de-positi e prestiti sparano quasi tutti.

Ma dov’è lo scandalo? Io non temo le accuse di statalizzazione. Non si tratta di fare il socialismo economico, ma di mettere le infrastrutture a disposizione di tutti. È un’operazione molto libe-rale perché elimina le strozzature alla concorrenza eredità del vecchio mo-nopolio. Vendendo la rete di accesso, la Telecom avrebbe il vantaggio di ot-tenere soldi ma anche libertà dal punto di vista regolatorio. Come BT che ha messo la rete in una società ad hoc.

Ma vendendo Tim, Telecom incas-sa di più.

Non credo che ci sia interesse a vendere tutta Tim. Cercheranno di tenerne una quota, se non di controllo comunque rilevante. Questo consenti-rà di mantenere l’integrazione col fisso predicata due anni fa. Ma allora non porteranno a casa i 35 milioni di cui si parla. La cessione della rete di accesso potrebbe invece consentire a Telecom di portare a casa lo stesso risultato eco-nomico ottenuto con una cessione par-ziale di TIM. Col vantaggio di liberarsi dei vincoli delle Authority e mantenere il vecchio progetto industriale.

Lei teme il pericolo straniero? Do-po la chimica ed il resto, rischiamo di perdere anche le Tlc.

Ma quale pericolo straniero! Quando

Gildo Campesatodipendenti sono in Italia. L’industria è qui, mica l’abbiamo persa perché il padrone è un egiziano. No, lo straniero non mi preoccupa.

Preoccupa il ridimensionamento delle strategie estere, in particolare in Sud America.

Questo è un rischio molto serio. Tronchetti ha di molto ridimensionato le partecipazioni estere, spinto anche dalle acquisizioni “spericolate” fatte prima che lui arrivasse. Ma perdere il Sud America è molto grave.

Telecom media company, come le suona?

Mi suona come una moda. Siccome le società di Tlc sono considerate commodity che non crescono, si cerca di valorizzarle l’ebitda da 3/4 volte a 6/7 volte met-tendoci l’etichetta media company. Ma è una moda senza valore reale dietro. Una volta si diceva che il modo migliore per diventare milionari è di comprare un’azienda editoriale; purché si fosse miliardari. Detto ciò, nel-l’operazione ci sono ele-menti positivi. Il mondo dei media è molto costoso ed è difficile raggiungere i margini sperati. Se Tele-com riesce a fare un buon accordo con i fornitori di contenuti, può essere un’ottima occasione per arricchire l’offerta sulla banda larga e sostenere redditività interessanti. C’è bisogno di un con-corrente agguerrito per combattere il duopolio tv. Se lo diventassero Telecom ed i suoi alleati, Murdoch o qualche altro, non sarebbe male: meglio tre player che due.

Il governo deve tener-si fuori?

Dovrebbe appoggiare l’idea di una società delle reti, che come ho detto non è interventismo pubblico, ma ga-ranzia di un mercato efficiente. Per il resto dovrebbe tenersi fuori.

LO SCORPORO«La ragione delle mosse di Tronchetti sta nella finanza: la necessità di ridurre l’indebitamento vendendo pezzi di Tim»

Wind è stata ceduta a Sawiris sono insor-ti tutti. Ma c’è mai stato un italiano che si sia fatto avanti per comprarsela quando l’Enel l’ha ceduta? Imprenditori italiani che rischiano quattrini loro, senza fare operazioni a debito come Colaninno e Tronchetti, non ce ne sono. Ma Wind è straniera? È un’azienda italiana, la rete è in Italia, i call center sono in Italia, i

STRATEGIE ESTERE«Tronchetti ha molto ridimensionato le partecipazioni estere spinto anche dalle acquisizioni “spericolate” fatte prima del suo arrivo. Questo sì, è un rischio molto serio»

E se Wind ridiventasse “italiana” o per lo meno si ammantasse del tricolore? Per il momento è solo un’ipotesi di scuola, su cui sono al lavoro consulenti ed advisor di Naguib Sawaris, il magnate egiziano che ha comperato Wind dall’Enel attraverso la “cassaforte” Weather. Fino a ieri sembrava che fosse Weather ad essere desti-nata alla Borsa. Adesso, però, al Cairo ci stanno ripensando. Così, almeno, stando ad indiscrezioni raccolte dal Sole24 ore e che la società non ha confermato. Ma nemmeno smentito essendosi limitata ad un asciutto no comment. Portare in Borsa Weather significhe-rebbe quotare a Milano una società fortemente radicata in Egitto, con management e governance egiziani. Niente di male, per carità, ma i consulenti di Sawiris si sono fatti un po’ di conti ed hanno scoperto che quotando Wind da sola riuscirebbero ad ottenere multipli migliori di quelli ottenuti collocando la holding. E così sarebbe emersa l’ipotesi di andare a listino, ad inizio 2007, soltanto con la società telefonica italiana. Cogliendo due piccioni con una fava: più incassi ed un pizzico aggiuntivo di ”italianità” per l’azienda che, ovviamente, rimarrebbe comunque sotto lo stretto controllo di Sawiris.

Più Italia per Wind?

QUADRUPLE PLAYNel 2007 Fastweb punta a diventare nel 2007 operatore virtuale ed entrare nel mercato del mobile business

Prove generali di convergenza per Vodafone Italia. Sotto la forma di un ac-cordo commerciale stretto con Fastweb, il secondo player di telefonia mobile in Italia ha annunciato la prima importante inizia-tiva per offrire ai propri clienti servizi su rete fissa. Come già accaduto nel mercato inglese, dove Vodafone UK ha recente-mente stretto accordi con British Telecom per offrire ai propri clienti un servizio a banda larga per la rete fissa, anche in Italia l’etere non sembra essere più sufficiente per Vodafone che in chiara controtendenza rispetto al mercato e alla vicenda Telecom Italia vuole avvicinare la propria rete mo-bile al segmento terrestre. A differenza delle decisioni maturate oltre Manica, in Italia l’accordo non è a livello wholesale per l’acquisto all’ingrosso di connettività terrestre, ma ruota intorno a prodotti speci-fici per il segmento consumer che vengono rivenduti in accordo con Fastweb.

La formula commerciale prevede cioè la distribuzione in bundle di servizi di tele-fonia mobile da una parte e di connettività a banda larga dall’altra associando le mi-gliori offerte di Vodafone e Fastweb in una sorta di “best of breed” dei due operatori. Le novità presentate sono quattro anche se in realtà soltanto le prime due avranno un impatto diretto sui clienti finali. L’idea di

fondo, come ha dichiarato Pietro Guin-dani, Ad di Vodafone Italia, è di creare un’offerta semplice, chiara e immediata che rispondesse ai bisogni di comunica-zione mobile e all’uso di Internet a banda larga. La prima soluzione, denominata Vodafone Casa FASTWEB, permette di utilizzare il telefonino per tutte le chiamate ai numeri fissi e mobili con la convenienza del telefono fisso e di collegarsi al Web con un modem ADSL per avere accesso con velocità fino a 20 Mbps usando la rete in fibra ottica di Fastweb. La soluzione è prin-cipalmente orientata al mercato domestico. L’obiettivo è di raggiungere in primo luogo quel segmento di utenti che già utilizzano la rete Fastweb e sono clienti Vodafone. Pietro Guindani ha quantificato questo in-sieme in “qualche centinaia di migliaia di

clienti comuni”. In realtà il prodotto cerca di risolvere da una parte gli elevati costi legati alla telefonia mobile da rete fissa che sono particolarmente onerosi per gli utenti Fastweb e dall’altra vuole aggiungere un modulo basato su Internet a banda larga a quegli utenti che si sono già lasciati se-durre dal modello di Vodafone Casa dove il cellulare sostituisce nell’uso quotidiano l’apparecchio di rete fissa per le comuni-cazioni voce. In sostanza l’offerta si av-vicina molto a quella già proposta da TI e bocciata dall’Authority. Ribadisce però Stefano Parisi, Ad di Fastweb: “La nostra non assomiglia a Unico di Telecom. Quello era un prodotto realizzato da un operatore dominante che ha fatto un’offerta non re-plicabile e per questo motivo l’Authority ne ha negato il lancio. La nostra invece è una formula integrata di Internet e voce”. Precisa Guindani: “Unico voleva essere un telefono fisso da casa e mobile fuori, men-tre noi offriamo voce e broadband. Tele-com poi è un operatore dominante, mentre noi siamo concorrenziali. Per questo la no-stra offerta non sarà bocciata”. La seconda novità presentata in maniera congiunta da Vodafone e Fastweb riguarda la possibilità di ottenere risparmi sulle chiamate da rete mobile Vodafone sui numeri fissi Fastweb. Per questo servizio, denominato Vodafone

Infinity Fastweb, così come per il pre-cedente, non è disponibile ancora alcun pricing. I tempi di rilascio sul mercato non sono immediati. Si parla di fine anno. A completare gli annunci di collaborazione commerciale fanno da corollario altre due iniziative, indicate per ora solo sulla carta: attività di cross selling che avvicineranno i clienti dei due operatori e offerte mirate e condivise per il segmento business. Le quattro novità, ribadisce fermamente il board delle due società, sono e rimangono iniziative commerciali: non sono previsti scambi azionari o accordi di altra natura. È lecito supporre tuttavia che le cose non finiranno qui. Stando alle dichiarazioni di Parisi, infatti, nel 2007 Fastweb vorrebbe diventare operatore virtuale ed entrare nel mercato del mobile business, trasfor-mandosi in “quadruple player”. Sebbene gli operatori sotto osservazione a cui appoggiarsi siano ancora molti, non è da escludere che in prima fila ci sia proprio Vodafone. Lo stesso Guindani ha ricordato come l’accordo commerciale odierno sia stato raggiunto proprio grazie alla comune cultura imprenditoriale che caratterizza le due società e che in un recente passato fa-ceva riferimento allo stesso management, ovvero a Silvio Scaglia.

Dario Banfi

Accordo per offerte voce-broadband. Gli Ad: «Niente a che vedere con Unico»E daVodafone-Fastweb prove di convergenza

I N T E S E C O M M E R C I A L I