La Destra Italiana Nel Secondo qualunquisti Liberal Conservatori Neo Fascisti

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Università degli studi di Padova La destra italiana nel secondo dopoguerra : qualunquisti, liberali conservatori, neofascisti 2 0 1 1 Appunti dalle lezioni di Silvio Lanaro

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Università degli studi di Padova

La destra italiana nel secondo dopoguerra : qualunquisti, liberali conservatori, neofascisti

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Appunti dalle lezioni di Silvio Lanaro

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SommarioIl voto monarchico.......................................................................................................................................................4

Il problema delle destre..............................................................................................................................................4

Qualunquismo.............................................................................................................................................................5

L’atteggiamento della stampa.....................................................................................................................................5

Trasformismo e clandestinità......................................................................................................................................6

Apotismo.....................................................................................................................................................................6

Guareschi................................................................................................................................................................6

Giannini...................................................................................................................................................................7

Longanesi................................................................................................................................................................7

I monarchici.................................................................................................................................................................9

L’epurazione..............................................................................................................................................................11

Francia...................................................................................................................................................................11

Italia.......................................................................................................................................................................12

Polemica contro l’epurazione................................................................................................................................14

Biografia di quattro personaggi di spicco dell’ MSI....................................................................................................17

Filippo Anfuso........................................................................................................................................................17

Junio Valerio Borghese..........................................................................................................................................20

Augusto De Marsanich..........................................................................................................................................23

Alfredo De Marsico................................................................................................................................................25

Partito Liberale..........................................................................................................................................................26

Giovanni Malagodi................................................................................................................................................28

Destra Cattolica.........................................................................................................................................................30

Neofascismo..............................................................................................................................................................32

Strategie della DC......................................................................................................................................................35

Legge Scelba..........................................................................................................................................................35

Operazione Sturzo.................................................................................................................................................36

Legittimazione e e delegittimazione del MSI.............................................................................................................38

Politica della strage...................................................................................................................................................40

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Il voto monarchico al 1945 e almeno fino al 1955-56, con il disgelo costituzionale la vita politica italiana è condizionata dai movimenti di destra. Da un certo punto di vista è naturale dato i vent’ anni di fascismo; si riflettevano tutte le esperienze vissute con l’occupazione, a sud, da parte degli USA e Inghilterra e, a nord, dei tedeschi

appoggiati dalla RSI. La prima occasione di misurare le forze di destra (statiche, che sono per il mantenimento dello status quo e si dividono in : reazionarie, conservatrici, moderate) è il referendum del 2 giugno 1946 nel corso del quale assistiamo a una repubblica che ottiene circa 12 700 000 voti, e una monarchia che ottiene circa 10 700 000 voti. Ci sono solo 2 000 000 di voti di scarto in 32 000 000 di votanti. Probabilmente dovrebbe essere ancora ridotto lo scarto, se si potessero rifare i conteggi, di circa 1 000 000 di voti. Questo voleva dire che dopo vent’anni di fascismo 10 000 000 di italiani votano una monarchia : Dove lo fanno? Con quali motivazioni? Con quali aspettative?

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Innanzitutto è vistosamente collocato al sud il voto al re e addirittura, in certe zone più isolate, si arriva al plebiscito. Tutte le regioni del sud sono monarchiche, tra le regioni del nord fa eccezione la provincia di Padova. Il voto repubblicano è molto più forte in trentino-alto Adige ed Emilia Romagna. L’Emilia Romagna si può capire, è ormai nota per l’ampia presenza di anarchici, comunisti e socialisti in genere, ma con il trentino è più complesso. Il trentino era stato annesso nel 1918 e risentiva di condizioni asburgiche anti- sabaudiche. Aggiunto a questo vi era la politica fascista di nazionalizzazione, tutto ciò portò al successo repubblicano.

Il perché non è del tutto sommato difficile capirlo. Il sud non aveva conosciuto la faccia spietata del regime e della RSI e quindi poteva conservare un ricordo tutto sommato blando del fascismo. Quindi ogni ipotesi di discontinuità insospettiva gli abitanti del sud : perché cambiare? Non c’era fedeltà ai Savoia ma piuttosto una fiducia all’istituto monarchico in quanto il potere era visibile e chiaro, mentre in una repubblica è una forma astratta e priva di personalizzazione : il re è quello che si tocca, è una presenza fisica del potere. Naturalmente presente dove non si conosceva la ferocia fascista.

Le aspettative erano legate ad una motivazione sommaria per il possibile futuro dell’Italia. I meridionali pensavano che l’Italia sarebbe uscita indenne dal conflitto se avesse garantito una continuità del potere. SI giustifica cosi il voto. Altre circostanze furono aggiuntive si ritrovano nel governo detenuto da Ferruccio Parri, leader della resistenza, in base alla formula dei comitati di liberazione : portare in tutto il Paese il “vento del nord”, i principi della resistenza antifascista del nord.Questo governo fu scalzato nel novembre 1945 e sostituito da un governo tripartito : comunisti, socialisti, democratici. Non più il governo della resistenza, ma dei grandi partiti.

Il problema delle destre

Nell’Italia del 1945 e degli anni successivi c’è un problema rappresentato dai fascisti. I fascisti non possono essere spariti : non ci saranno le folle oceaniche ma qualche robusta minoranza rimane. Rimane la parte più dura e pura, quella degli aderenti alla R.S.I. . Il problema è ulteriormente complicato dalla costituzione che vieta la ricostruzione del disciolto PNF, ciò significa che o i fascisti si travestono o passano in clandestinità : i fascisti fanno entrambe le cose. Subito dopo il 25 aprile si formano gruppi clandestini, i più importanti sono i FAR (fasci di azione rivoluzionaria). Inoltre nel dicembre 1946 scatta il travestimento : nasce il movimento sociale italiano. Naturalmente le autorità lo sapevano infatti vigilavano ma il movimento riesce comunque a ottenere nel 1947 un’affermazione alle elezioni amministrative di Roma. I FAR comunque sopravvivono, l’opzione legalitaria non esclude quella rivoluzionaria, un’aderente ai FAR è colui che diventa il primo segretario del movimento sociale : Giorgio Almirante. A questo proposito un’altra precisazione : fino a metà anni 50 gli aderenti al MSI sono i fascisti della RSI. I fascisti moderati, per comodo, i “venticinqueluglisti” (che accettarono il ribaltone del 25 luglio) sono tenuti lontani dal movimento sociale.

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Qualunquismo

Comunque in questi primi anni il problema della destra non si riduce al MSI. Per vent’anni il Paese era stato fascista e poiché c’erano vari modi di osannare il regime altrettanti sono i modi di esprimerli della destra. Risorge una destra come atteggiamento pre-politico. C’è una destra antropologicamente tale, composta da timorosi dei cambiamenti. L’espressione principale è il qualunquismo, il quale diventerà giornale e movimento politico, sotto la guida di Guglielmo Giannini. Non è tanto lui a interessarci, ma il movimento pre-politico, ovvero ciò che intende rappresentare. Si tratta di rifiuto della politica, considerata attività da lestofanti, e dell’anti-fascismo :per i qualunquisti l’anti-fascismo è l’equivalente della faziosità. Per loro anti-fascismo equivale al comunismo, perché i comunisti rappresentavano il nemico principale. Nemico anche vicino, la Jugoslavia di Tito che aprì un aspro contenzioso con l’Italia. I comunisti sono percepiti come un attentato imminente allo Stato italiano.

Il terzo punto è rappresentato dall’ostilità contro il trattato di pace del 10 febbraio 1947, che l’Italia è costretta a firmare : non valgono la co-belligeranza e la resistenza, l’Italia rimane il Paese che ha avuto l’insensatezza di dichiarare guerra agli USA. Il trattato di pace penalizza l’Italia sotto il profilo territoriale : toglie alcune fette importanti come Briga e Tenda, togliendo quindi una parte di Alpi, e rendendola fragile sulle frontiere. Il trattato anche quando doveva essere ratificato incontrò forti opposizioni che venivano anche da quegli anti-fascisti di prima del 1922, che avevano in mente un Paese diverso e che ritenevano quel trattato eccessivo. Tra questi anche Vittorio Orlando e Saverio Nitti, i quali nel 1947 parlano di servilismo, affermando che la ratifica avrebbe manifestato la volontà di essere schiavi. La destra qualunquista cavalca questo sentimento, perché residua una schiuma nazionalistica distribuita dal fascismo. Si oppone soprattutto una destra che non ha responsabilità di governo e parlamento e che quindi ignora che se non si fosse accettata la pace si sarebbero subito peggiori conseguenza cosa che l’Italia non poteva permettersi. L’Italia non faceva parte dell’Onu o della Nato quindi una mancata ratifica avrebbe portato ad un isolamento internazionale. La destra qualunquista fin dal 44 trovò un successo spettacolare, la rivista toccò il 1 000 000 di copie. L’uomo qualunque come uomo tartassato e distrutto dai politici e dalla politica. Infatti l’uomo qualunque fece proprie tutte le ostilità del qualunquismo pre-politico. L’uomo qualunque intendeva rappresentare la folla, l’insieme di uomini onesti non presi in considerazione.

Vale la pena inserire un inserto : l’esplosione sulla stampa nazionale di un turpiloquio sfrenano. Questo viene scambiato come segno di libertà a poco prezzo, e di riconquistata libertà. In reazione sarà poi violentemente repressa dalla chiesa negli anni 50, quando non si poteva parlare di seno o gravidanza.

Tornando al movimento dell’uomo qualunque, Giannini si preoccupò del problema delle alleanze, in quanto voleva il potere, si rese conto che da solo non poteva riuscirci. Cercò quindi di avvicinarsi a qualche partito : siccome il qualunquismo pre-politico era diffuso, un’affluenza con l’uomo qualunque difficilmente sarebbe stata rifiutata. Un movimento del genere poteva essere soltanto transitorio. Rappresentava pulsioni reali ma non durature, rappresentava umori, ma gli umori sono transitori, cambiano. Era destinato a svanire con il consolidamento del regime democratico. Infatti il movimento dell’uomo qualunque già nel giugno 1946 si mostra in declinare fino al 18 aprile 1948 quando alle elezioni si presenta con i liberali. Durante quelle elezioni a ricevere la maggioranza fu la DC, in cui confluirono i voti di destra, a causa della paura per il comunismo, ma passata la paura nel 51-52 le destre alzarono la testa tornando agli accasamenti .

L’atteggiamento della stampa

Un capitolo a sé riguarda l’atteggiamento della grande stampa. Nel dopoguerra la stampa è maggioritariamente di destra, facendosi scudo della libertà di stampa. Durante il fascismo la stampa fu asseverata al fascismo, il primo segno fu l’allontanamento dal corriere della sera di Luigi Albertini, in quanto anti-fascista. Durante la repubblica sociale ciò si era accentuato. Il corriere della sera era diretto da un ultra fascista e la stessa cosa valeva per La Stampa.

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Quindi quei giornali non potevano non risentire della fascistizzazione. I direttori vennero sostituiti ma i sostituti devono far conto con la redazione, legata alla prassi fascista. Prendiamo l’esempio de Il Messaggero. Nel 1945 era diretto da Misseroli che nel 19-21 era direttore de Il Resto del Carlino. Il messaggero di Misseroli riflette quello che diventerà un atteggiamento diffuso, ovvero rappresentazioni di posizioni di destra come atteggiamento anti conformista. Loro si definivano apoti cioè quelli che non credono alle frottole dei giornali di sinistra, sono quelli che non la bevono. Quello che è importante è che su questo esempio si fa largo l’idea che la stampa di destra è anti-conformista e rappresenta l’Italia com’è. Quindi la destra politica diventa opinione di destra e si rifugia nei giornali di destra. Viene nobilitato il conservatorismo, spacciandolo per anti-conformismo.

Trasformismo e clandestinità

Veniamo ora al capitolo che riguarda i neo-fascisti dichiarati. Questi daranno vita al MSI nel dicembre 1946 e otterranno un successo. Nei primi anni di vita si nascondono dietro tematiche di matrice socialista, cercando di far concorrenza a marxisti e socialisti democratici, e riecheggeranno le novità della R.S.I. .Infatti nella R.S.I. con la carta di Verona Mussolini con una mossa di propaganda volle affermare la socializzazione delle imprese, ma ciò si dimostrò fasullo dato che non si socializzava il capitale.

L’MSI riprende le parole di matrice socialista dell’ultimo fascismo accentuando il distacco con il fascismo degli anni 20-30; la R.S.I. diventa socialista, con una acrobazia. Naturalmente il giochetto non riesce grazie ad una rieducazione dell’elettorato, quindi l MSI non fece breccia tra gli ambienti socialistizzanti ma continuò a ricevere i voti di chi non aveva mai rinnegato il fascismo.

Apotismo

Per capire il successo degli apoti è bene rifarsi a 3 scrittori : Guareschi, Giannini e Longanesi. Sono personaggi per nulla simili : Guareschi rappresenta la parte romagnola, Giannini quella plebea Longanesi la parte colta e raffinata. Tuttavia le loro idee guida sono le medesime.

GuareschiCominciamo da Guareschi. Ebbe uno straordinario successo con le avventure di Don Camillo e Peppone, che rivelano subito una struttura particolare : non esiste trama. Il messaggio degli apoti si percepisce subito. L’umorismo e la comicità vengono sempre trattati con additivi, per esempio le sberle vengono pitturate, il giornale dei comunisti viene considerato lo stupidario. C’è anche ricorso alle sgrammaticature dei comunisti. Se poi si aggiunge la povertà del lessico e il periodare paratattico, a frasi brevi, si può affermare che l’appiglio delle fiabe di Don Camillo e Peppone è ideologico. Occorre non dimenticare che la serie dei raccontini è del 1946 e assume popolarità grazie alla capacità di buttare in scherzo problemi drammatici. Nelle sue storie i popolani girano con il mitra come capo d’abbigliamento e persino il parroco ha interrato un mortaio.

Ma se Guareschi si limitasse a sviluppare solo degli spunti non sarebbe un’apota. A renderlo apota è l’idea secondo cui la politica rimane un fatto epidemico, superficiale, “muscolare” usando le sue parole. Infatti Don Camillo e Peppone si trovano a baruffe durante i cortei ma si trovano d’accordo sui comandamenti del costume italiano :

1- Religiosità rogazionale e lucrativa : Si scongiura la divinità di provvedere ai bisogni della popolazione. È lucrativa in quanto le processioni devono essere monetizzate : una religiosità esteriore.

2- Familismo autoritario : esclusione della donna da ogni impegno extradomestico.

3- Disprezzo per la troppa cultura : vista come cumulo di astruserie che rende intricati i problemi alimentari.

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4- Concetto sentimental-servile della legittimazione del potere.

5- Culto della masserizia del capitale fondiario, della grazie divina che prevale sempre sulle aspirazioni di giustizia sociale.

Sorge un problema. Il fatto che i suoi comunisti siano buoni non significa che Guareschi non combatte il comunismo. Vuol dire semplicemente che la “mercanzia bolscevica” non è fatta per gli italiani. C’è un’etica naturale che non ha bisogno della politica e di sigilli di carattere ideologico, perché funziona bene da sola. Guareschi non è tenero con i grandi proprietari, semplicemente non crede che le loro resistenze possano essere cambiate con il corpo a corpo politico.

GianniniSe l’intuizione più feconda di Guareschi consiste di dimostrare un codice di onestà pronto a soppiantare i partiti, l’agilità di Giannini consiste nel rovistare in fossili mentali. Giannini accusa chi denuncia un presunto male sociale, come chi l’ha provocato. Il governo ideale per lui è un governo che si limita all’amministrazione dei beni, che non deve avere traffico con le idee o le fedi. Lo Stato per Giannini è un signore rappresentato da chi se ne è impadronito e la folla deve essere servita dai governanti. I contenuti di Giannini,del libro La Folla, vengono sul periodico L’Uomo Qualunque.

LonganesiLeo Longanesi è un grandissimo giornalista, innovatore e innovativo, che diversamente da Giannini non è un uomo uscito dal nulla. Longanesi è un grande maestro di giornalismo, che raggiunge il massimo della sua popolarità prima della guerra: fondatore de “L’Italiano” nel 1926 e della rivista “Omnibus” nel 1937, il primo rotocalco italiano.

La disgrazia di Longanesi è quella di essere stato celebre a 20 anni e di essere appassito a 32, quando diventa nessuno : è fortemente turbato da un difetto fisico che lo rende acido, era molto piccolo, quasi un nano. Longanesi era stato a lungo fascista, dotato di una grande intelligenza ha contribuito ancora di più a trasformare il movimento di strapaese(Lo Strapaese era un movimento letterario ed artistico sviluppatosi in Italia dopo il 1926, di natura patriottica a difesa del territorio nazionale, ndr) in un fenomeno culturale. Eppure nel 1938 era caduto in disgrazia presso Mussolini a causa di un atteggiamento critico.

Perché è un’apota?Perché non è alieno ai vizi che rimprovera agli italiani. Per esempio in morte di Piero Gobetti Longanesi detta un corsivo che fa rabbrividire per la sua bassezza. Tentando di convincere Pellizzi a collaborare con lui non esita ad arrivare a toni ricattatori, inoltre è colui che conia il motto “il duce ha sempre ragione”.Amico di Italo Balbo non ha remora a descriverlo come squadrista buffone : Longanesi era perfido e inaffidabile.

Bisogna ricordare questi eventi per capire il dopoguerra di Longanesi, contro tutti, gettandosi in una denigrazione dell’anti-fascismo che colpisce per la fragilità argomentativa.

Leo Longanesi non si può dire che fosse rimasto fascista, si era evoluto, trasformato. Però non dimenticava mai di aver vissuto i suoi anni migliori sotto il fascismo, di cui aveva una nostalgia critica, se si può usare questi ossimoro, che si esprimeva nel non voler essere antifascista. Senza mai rinunciare al vezzo di deridere le idee e infierendo sui difetti degli uomini che le professano. Per esempio il conte Sforza, ministro degli esteri, ai suoi occhi rimane sempre il signore impettito che tiene un comizio con la bottega aperta, da cui penzola un lembo di camis; Longanesi però sa offrire agli italiani malcontenti anche un alibi perfetto : spacciare per rifiuto di un nuovo conformismo la loro ritrosia ad accettare le scomode e rigide procedure del regime democratico. Citando Longanesi :

A: Lei è democratico?

B: Ah, lo ero!

A: Lo sarà ancora?

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B: Spero di no

A: perchè?

A: Perchè dovrebbe tornare il fascismo, soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia

Questo è Longanesi, in queste fiammanti battute di dialogo vi è tutta la sua filosofia.Titolare dal 4 luglio 1946 di una casa editrice finanziata dai capitali di un industriale, Giovanni Monti, che ne esige l'allineamento ai valori cattolici e nazionali, Longanesi riesce a rispettare i doveri del committente arricchendoli con la sua attitudine naturale al remare controcorrente. La collana di politica intitolata “il mondo nuovo” contiene infatti memorie di esuli comunisti, tra cui una che spopola, “ho scelto la libertà” di Victor Kravcenko. Kravcenko era un ex-operaio comunista assurto ai massimi livelli del partito bolscevico e che, dopo aver ingoiato le innumerevoli nefandezze del regime comunista, in occasione di un viaggio in occidente si era convertito alla democrazia, e in questo libro autobiografico Kravcenko racconta la sua storia. Oltre all'opera di Kravcenko la collana diretta da Longanesi pubblica reportage sulla sovietizzazione dell'Ungheria come “guida per l'occupazione russa ” di Alexandra orme, oppure saggi revisionisti sulla secondo guerra mondiale, come un francese risponde di André Fabr-luce. Ma soprattutto pubblica un libro che si intitolastoria delle responsabilità : la politica estera degli stati unitidi Charles Beard, il quale conduce una forte requisitoria contro Roosvelt e la sua cerchia, il suo ambiente, denunciando le responsabilità, quelle che a lui paiono responsabilità, degli USA in ordine della guerra contro la Germania. Oppure libri volti alla riabilitazione della repubblica sociale italiana, per esempio contro la vendetta, un libro singolare scritto da un personaggio ambiguo e doppio, un certo Carlo Silvestri che si definiva socialista mussoliniano e che era mussoliniano, senza essere socialista. Con questo libro cerca di lottare contro l'epurazione, la punizione, se cosi si può dire dato che punizioni in realtà non ci furono per i fascisti.Oppure pubblica ancora la collana “abbozzi di ricostruzione del ventennio in chiave afascista”, cioè non fascista. Come esempio pubblica “la rivoluzione mancata ” di Camillo Pellizzi. Camillo Pellizzi in realtà era stato fascista. Nel 1924 aveva pubblicato il libro “problemi e realtà del fascismo” che era una esaltazione del regie, seppur con alcuni accenti originali come la sottolineatura di un presunto regionalismo fascista. Poi si era venuto progressivamente scostando dal regime e si era imboscato negli USA dove aveva diretto l'IstitutoItaliano della cultura, fino al 43, dal 39 al 43. Questo gli permise nel dopoguerra di sfuggire dalle maglie dell'epurazione e di dirigere la rassegna italiana di sociologia, che fu la prima rivista italiana di questa disciplina, e Pellizzi il primo sociologo.In “Una rivoluzione mancata” pellizzi sostiene una tesi singolare, riperecorre le vicende del corporativismo fascista e sostiene che il rimprovero che un fascista deve fare a se stesso non è quello di esser stati troppo fascisti ma è stata quello di aver tentato senza vigore morale, rigore intellettuale che il tentativo esigeva.

La critica al fascismo si mescola palesemente con l'apologia : la colpa non è quella di esser stati troppo fascisti, ma di esserlo stati troppo poco, non è stata è stata quella di essere i fautori del corporativismo, è quella di esserlo senza convinzione, persuasione, forza interiore.

Questa è l'attività di Longanesi nell'immediato dopoguerra, scelta e pubblicazione contro il comunismo, apologia di R.S.I, contro la democrazia americana.

Nel 1948 il “principe degli apoti” pubblica un opuscolo di propaganda filo-democristiana “non votò la famiglia De Paolis”che sembra uscito da un qualsiasi scribacchino anticomunista. Non di sicuro scritto da Longanesi, l'opera è anonima, ma evidentemente ne condivideva i contenuti, filo democristiani. Tuttavia il 15 marzo 1950 con il rpimo numero de il “Borghese” Longanesi intraprende la sua ultima attività giornalistica. Il “Borghese”, periodico, si presenta come una specie di contraltare del “Mondo” di Mario Pannunzio che era il giornale antifascista e anticomunista della borghesia laica anticlericale italiana. Il Borghese riecheggiava tutte le eleganze da una posizione però di estrema destra. Cosa voleva fare? Tratteggiare l'altro volto di destra, della borghesia italiana più decisa a mantenere iintegri abiti di vita e cultura. La borghesia come elte intelligente e colta, decisa a sopravvivere. Questo istinto di sopravvivenza è vivo nelle pagine del periodico. Ciò che si ripromette è l'affermazione di un liberalismo pulito e immune dall'antifascismo, insieme alla rivalutazione di un sapere politico che legittima il vagabondaggio e il mutamento di fede che subordina ogni scelta ad un giudizio avalutativo sulla vitalità presente sulla scena di un

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epoca. Per i borghesi le forze che appaiono vitali sono forze da valorizzare indipendentemente dal colore politico.Borghese che dopo la morte di Longanesi nel 1957 sarà rilevato da due alfieri del fascismo, tedeschi e Preda. Ma Longanesi lascia a questi una piccola quota della sua fantasia, la colonna ideologia del giornale diventa Indro Montanelli. Ex collaboratore de L'Universale di Bertolucci , che proclamava l'universalismo fascista, un corsivista che sapeta tingere il conservatorismo di tinture radicaleggianti, sovversive, arrabbiate. Questa è stata la fortuna di Montanelli : l'invenzione di una forma particolare sagace di conservatorismo, conservatorismo nella sostanza che però si tingeva appunto di anti-conformismo, di venature apparentemente sovversive.

Più anziano di soli 4 anni, Longanesi si apparta in uno stanco pessimismo e vive accasciato nel bozzolo di un acida malinconia. Inoltre nei suoi ultimi taccuini aguzza il suo nato apotismo. Per esempio quando afferma che “un uomo di idee è un uomo che non ha credenze”. Questo atteggiamento fa esprimere non di rado il meglio di se stesso : la battuta sempre sagace e solo apparentemente gratuita. Rispetto al passato lascia intravedere qualche organicità di vedute anche se il lettore delle ricavarsele da solo. Sembre imbevuto da umori paesani Longanesi assiste con scetticismo alla modernizzazione di un Paese che si dimette alle virtù di un dozzinale cattolicesimo, irreparabilmente privo dell'aura del sacro. Ora elabora una sua forma di laicismo anti-modernità. Dove comincia e finisce l'Italia si chiede Longanesi. Non quella geografica si intende, a parte le cartine illustrative, i quadri, le basiliche, che cos'è l'Italia? Cosa la tiene unita? 100 piccoli industriali? 100 000 reduci? 60 000 maestre? La cucina, il dialetto, e poi? Prendiamo una città qualsiasi, osserviamola. Ecco Roma, musei, ministeri, collegi, ecclesiastici, si scopre una fitta rete di interessi di parentele, notabili e clienti associati in affari, non sempre chiari. Poi il salotto bellonci, il caffè Rosati, Bulgari, la sala stampa, le caserme, le agenzie di collocamento etc. Ma tutto ciò non basta, una città non è soltanto un'aggregazione di aggregati economici, ruderi affari, ricordi, ambizioni e poi? Poi la chiesa e null'altro che la chiesa, contagiata dal materialismo e eccitata dall'ammiraggio di un processo meccanico temperato dalla superstizione.

Longanesi si chiede infine come allestire una destra, ma conclude che non c'è ne destra ne sinistra. Quindi lo scetticismo e il cinismo di Longanesi sono ormai approdati al nichilismo totale.

I monarchici

Finchè la guerra è in corso esplode il problema dei monarchici (quando non c’è ancora il referendum). In quel momento, in cui si formano i primi gruppi, il discredito della monarchia è ai massimi, si associa alla figura del re Vittorio Emanuele III e per questo i monarchici si organizzano. SI muovono in fretta fino dalla fine del 25 luglio 1943, cercando di separare le responsabilità della monarchia come istituzione dalle sorti del re specifico. Lo stesso Benedetto Croce, monarchico, lo definiva il “somaro fascista”.Danno vita a tantissime associazioni, con alcuni caratteri comuni :

- Darsi definizioni in cui incorre la parola democratico : con la vittoria degli alleati che si profilava all’orizzonte c’era bisogno di usarla;

- Non qualificarsi come monarchici, anche se in realtà lo erano.

I neo monarchici hanno anche altri motivi :

- Tentativo di separare le sorti della istituzione a quella della dinastia;

- Accettazione di una assemblea costituente alla fine della guerra.

Trovato un momento di condensazione nel giugno del ’44 nasce il Partito Democratico italiano(che in realtà è monarchico) il cui segretario è Enzo Selvaggi, che non è un uomo da sottovalutare.Subito dopo la nascita del partito i monarchici subiscono un forte colpo. Nello stesso giugno ’44 si forma il governo Bonomi in sostituzione al secondo governo di Badoglio. Bonomi però non si fa investire da Umberto II, ma viene

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proclamato dal CLN. Questo avvenimento è visto come una vera rivoluzione. Due mesi prima, dopo la svolta di Salerno, è stato deciso il “compromesso istituzionale” del 12 aprile 1944 con il quale Vittorio Emanuele III si impegnava a sospendere i propri poteri e cederli al figlio Umberto per poi abdicare alla fine della guerra. Questo aveva messo i monarchici ancora più nei pasticci : aveva reso possibile la “rivoluzione di giugno “ (45). A quel punto i monarchici infittirono i loro attacchi ai CLN, che giudicavano poco rappresentativi e legati a prassi politiche autoritarie. Però contemporaneamente chiedevano di entrare nei CLN, con un ovvio “no” di risposta.

Tuttavia i monarchici italiani ebbero una salvezza nel novembre 45 quando il primo Bonomi rassegnò le dimissioni nelle mani del futuro Umberto II. I motivi non sono chiarissimi ma riguardano l’evoluzione interna. Qui in coincidenza con la svolta a destra della politica italiana incominciano l’epurazioni. Prima però, tra giugno e novembre ’45, c’era stata la breve parentesi del governo di Ferruccio Parri. Parri, visto dai monarchici come il peggio del peggio, era esponente del partito d’azione,il più intransigente dei partiti repubblicani, e inoltre era l’esponente del “vento del nord”: era il governo dei CLN, e come tale non poteva non subire il bombardamento dei monarchici.Nel novembre Parri viene rovesciato su iniziativa congiunta della Dc e dei Liberali e si apre una fase nuova che esteriormente non cambia (governi tripartiti) tuttavia il clima politico è cambiato : i monarchici tessono le file del complotto, in particolare del compromesso istituzionale. La prima mossa è la richiesta di referendum, il significato è evidente : pensavano che di fronte all’ipotesi di una istituzione continuativa avrebbero vinto. Ma con gli accordi del’44 non era previsto. Tuttavia i monarchici si battono perché ci sia il referendum ma insistono per una data successiva in quanto i soldati non erano rientrati dai fronti.Il referendum si svolge e vincono, di poco, i repubblicani. Però i monarchici devono fare i conti con una realtà : a beneficiare del voto monarchico sono liberali e democrazia cristiana. Questo li induce ad una cautela ma non li blocca a speculare sul risultato. I monarchici devono dichiarati incassano il risultato ma non vengono premiati dalle elezioni alla costituente. Naturalmente se ne va in pezzi un altro pilastro del 12 aprile ’44 : l’elezione di un’assemblea costituente che avrebbe deciso sulla forma di governo. Poi Vittorio Emanuele III rifiuta di abdicare, soprattutto dopo i risultati del voto. Alla fine, di una campagna politica molto tesa, il re abdica e gli succede il figlio con il nome di Umberto II che ha come unico merito la moglie, che era sempre stata antifascista. Umberto II cerca di nascondersi dietro la moglie, ma non ci riesce. Ci furono dei tentativi di resistere da parte dei monarchici. I quali si facevano forti di una eccezione giuridica secondo cui i risultati dei referendum sarebbero stati conteggiati votando solo i voti validi, mentre dovevano essere contati anche i voti nulli, schede bianche etc che dovevano essere scorporati. Accadde che la cassazione tardò oltre dieci giorni a dare i risultati del referendum. Nel corso di questi giorni si accesero piccoli o meno focolai di movimenti monarchici. Dopo una quindicina di giorni la cassazione proclama i risultati : dichiara che la repubblica aveva raggiunto la maggioranza anche calcolando i voti comunque espressi. Ovviamente la maggioranza era più bassa dei due milioni ma comuque la cassazione è tassativa.

A questo punto Vittorio Emanuele III va in esilio e inizia una fase nuova : un partito che vuole essere monarchico in un paese repubblicano. I monarchici sono costretti a restare latitanti e usare il massimo della prudenza. Il problema sarà superato solo a inizio ’50 con le trasformazioni della società, accetteranno l’esistenza del partito nazionale monarchico; a parte uno escamotage ridicolo, in cui si faceva appello ad una decisione degli italiani quando non c’era la repubblica. Tuttavia il neonato partito che è retto da Alfredo Borelli, subirà scissioni, perderà consensi, fino ad estinguersi. La più importante scissione è quella promossa da Achille Lauro che diede vita al Partito monarchico popolare (dove a Napoli vinse più di 10 anni).

L’epurazione

Francia

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Che cos’è l’epurazione? È il problema della punizione dei fascisti, in quanto si ritiene che siano colpevoli di determinati reati, talvolta singoli, talvolta plurimi. Il problema non è semplice e si complica a seconda dei diversi casi nazionali. Prendiamo un caso particolarmente specifico, quello della Francia. La Francia ha avuto il fascismo con Petain dal 1940 in coincidenza dell’occupazione dell’Italia tedesca e l’armistizio firmato da Petain con i tedeschi. Quindi visto che Parigi viene liberata nell’agosto del 1944, 4 anni scarsi; anni in cui però il fascismo si configura come collaborazionismo. Il simbolo del collaborazionismo francese è Pierre Laval, che era stato di tutto, socialista, radicale, collaborazionista, aveva una linea precisa :

- Anticipare i desideri dei tedeschi

- Fare la volontà dei tedeschi senza esigere contropartite

Questa è la politica del collaborazionismo francese, molto impopolare verso la popolazione. Quindi Laval in collaborazione con Otto Abetz, che era ambasciatore tedesco a Parigi. Quattro anni di politica collaborazionista, e quasi tutta, quando terminarono, diede atto non tanto all’epurazione ma più propriamente a una vera e propria politica di vendetta. I francesi, al contrario degli italiani, risolvono il problema in modo semplice : individuano un reato specifico ed unico che caratterizzava i collaborazionisti, il reato di intelligenza con il nemico. Tutti coloro che avevano in qualche modo, poco o molto, lavorato con i tedeschi erano passibili di incriminazione, e furono incriminati. L’altra intuizione dei francesi fu che non era il caso di moltiplicare le istanze processuali, complicare le procedure e far proliferare le corti d’assise, tanto valeva far processare gli imputati in tribunali ordinari. Tribunali ordinari in qualche caso integrati da elementi dell’antifascismo militante, perché la Francia aveva un suo movimento di resistenza che era stata tutt’altro che uno scherzo, era un fenomeno molto rilevante. I collaborazionisti furono incarcerati, processati e condannati. In particolare un caso fu quello di Robert Brasillach, che era artista degli anni 20 e 30, oltretutto uno scrittore estremamente dotato, durante gli anni del conflitto aveva collaborato a un periodico che si chiamava “Je suis partout”(“io sono dappertutto”) ed era un periodico che si era specializzato nella segnalazione nominativa degli ebrei. Je suis partout molto spesso dalla firma di Brasillach segnalava ebrei con indirizzo, nome cognome, lavoro e questi venivano presi, ci furono grandi razzie. Brasillach inoltre anche su terreno ideologico aveva opinioni piuttosto repellenti, una volta scrisse “dobbiamo deportare tutti gli ebrei senza dimenticare i bambini, perché se ci teniamo i bambini, l’infame stirpe ebraica sopravvive”. Brasillach nonostante la fame fu arrestato e incarcerato, sottoposto a processo e condannato a morte senza che nel corso del processo si facesse pubblicamente cenno alla sua abilità. Fu condannato a morte per “intelligenza con il nemico”, basta nient’altro. Quando Brasillach fu condannato un gruppo di scrittori rivolse al capo provvisorio dello stato, il generale De Gaulle, una petizione che chiedeva la grazia; tra i quali faceva spicco Albert Camus, il quale aveva aderito dichiarando “a me personalmente Brasillach faceva schifo”, Camus era stato sempre stato contrario alla pena di morte, e non voleva cambiare idea in quella occasione. La petizione Mauriac, dal nome di chi la organizzò, fu portata a De Gaulle, dall’avvocato di Mauriac, che l’ascoltò senza dire niente. Alla fine gli desse no. Nelle carte di De Gaulle non si trovano cenni della vicenda ma c’è una frase rivelatrice nelle memorie di De Gualle “ se io ho sempre concesso la grazia , purché in un caso, uno solo, perché in quel caso c’era di mezzo un intellettuale e il talento in qualsiasi campo non è un attenuante ma è un aggravante”. I francesi non si limitarono a uccidere Brasillach, condannarono a morte anche Petain, anche se gli fu commutata vista l’età avanzata; Pierre Laval invece fu processato, condannato e fucilato. Addirittura per dare l’idea dell’accanimento della politica di ritorsione dei francesi citiamo questo fatto particolare : Laval poco prima della condanna si era ubriacato, i medici se ne accorsero e gli fecero una lavanda gastrica per poterlo ammazzare dieci minuti dopo. Furono 5000 i giustiziati, circa.

ItaliaIn Italia l’epurazione non poteva essere più diversa. C’erano differenze sostanziali : il regime durò 23 anni, aveva

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coinvolto gli strati più diversi della popolazione, aveva creato una “generazione dell’anno zero” e conosceva solo il fascismo e in molti avevano aderito al fascismo per opportunismo. Chiaramente in questo quadro l’epurazione doveva assumere un volto diverso, e lo assunse. Però fu il volto sbagliato :

- Per prima cosa si moltiplicarono a dismisura i reati per i quali si poteva essere condannati penalmente o dismessi dal servizio.

- Gli organi preposti ai servizi di epurazione furono numerosi.

- Le disposizioni giuridiche furono straordinariamente imprecise.

Vediamo subito il caso. L’atto fondamentale che inaugura l’epurazione in Italia è il DLL 27 luglio 1944 n°159, il quale costituì la legge fondamentali sulle cosiddette “sanzioni fasciste”. Seguirono poi altre numerose norme, che non è neppure possibile ricordare. Fino a quando con DLL 8 Febbraio 1946 n°42 fu soppresso e segnò la fine dell’epurazione. L’articolo 2 del decreto puniva con ergastolo e nei casi più gravi con la morte (ma non fu giustiziato nessuno in Italia) i membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo “colpevoli di aver annullato le garanzie costituzionali, distrutto le libertà popolari, creato il regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese condotto all’attuale catastrofe”, per questi reati era stabilita la competenza esclusiva di un alta corte di giustizia nominata dal consiglio dei ministri a cui tra l’altro l’alto commissario poteva deferire persone e reati diversi. Ora la magistratura italiana durante il ventennio fascista era stata profondamente inquinata, era una magistratura fascista e quindi cominciò subito ad interpretare le norme a modo suo, snaturandole, e sempre in favore dei fascisti. Vediamo qualcuno dei principali espedienti a cui ricorse la magistrature, soprattutto la corte di cassazione. Fu osservato che l’art 2 del DLL 17 luglio 1944 prevedeva una elencazione cumulativa dei reati, cioè non c’era scritto “i membri del governo fascista colpevoli di aver annullato le libertà popolari o compromesso e tradito o”, al posto degli o c’erano le virgole e quindi l’elencazione cumulativa di questi reati dovevano essere tutti insieme, chi ne aveva commesso uno solo non rientrava nella tipologia prevista. Ancora un esempio. All’articolo 3 a proposito di formulazioni giuridiche malaccorte, prevedeva varie ipotesi di delitti : 1- aver organizzato squadre fasciste autrice di violenze, 2- il fatto di aver promosso o diretto l’insurrezione del 28 ottobre 1922, queste due ipotesi sarebbero state punibili anche quando furono commesse se non avessero portato al trionfo del fascismo, 3- aver diretto o promosso il colpo di stato del 3 gennaio 1925 (Mussolini assunse i pieni poteri dopo il delitto Matteotti). Questa norma doveva necessariamente generale controversie perché il colpo di stato del 3 gennaio si produsse conseguentemente al discorso di Mussolini, si osservò che l’annullamento delle garanzie costituzionali ebbe a verificarsi con le leggi del 1926, e considerare un pacchetto di leggi un colpo di stato diventa tecnicamente difficile, ma il punto è un altro. L’articolo 3 con la 4a norma prevedeva il fatto di aver contribuito con atti rilevanti a mantenere in vigore il regime fascista, mai ci fu formula più infelice. Quali erano i fatti rilevanti? Come si potevano definire? Aver picchiato degli antifascisti per strada ? Per configurare un fatto rilevante bisognava ucciderne tanti? Quindi la magistratura fu libera di assolvere tranquillamente con una motivazione molto semplice. Il quinto comma dell’articolo 3, in fine, prevedeva di punire il collaborazionismo con il tedesco invasore, scrivendo “qualunque forma di intelligenza, aiuto o assistenza ad esso prestata”. Le pene stabilite erano applicate anche ai cittadini governati da uno Stato(RSI) che chiedeva loro assistenza obbligatoria. Naturalmente anche qui gli escamotage furono innumerevoli, non fu come in Francia, si cominciò a parlare “e se erano costretti? E con la violenza? E i prefetti? I pubblici impiegati? ”. L’articolo 6 stabiliva che per tutti i delitti fascisti punibili con pena superiore ai 3 anni non poteva essere data la prescrizione del reato o della pena, che non erano applicabili le amnistie già concesse, tutto veniva azzerato, ma ancora una volta la magistratura ebbe modo di interpretare. Per esempio rimettendo in discussione le sentenze passate in giudicato. Affermando che non valeva amnistie, indulti etc allora non valgono nemmeno i processi, che si possono quindi riaprire. L’articolo 9 ordinava in fine la confisca dei beni di tutti i collaborazionisti (non dei fascisti, pensando che alcuni di loro si fossero arricchiti anche in modo lecito), a conti fatti nessuna di queste norme a eccezione di quelle

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sul collaborazionismo ebbe effettiva applicazione. Le sentenze di condanna dei primi tempi furono annullate dalla cassazioni, le amnistie e i condoni del 46 e del 48 tolsero vigore anche alle sentenze passate in giudicato, i patrimoni non furono confiscati, i delitti delle squadre d’azione del 19-20 e 21-22 non vennero puniti, si erano volute trasferire sul piano della responsabilità penale le maggiori responsabilità dei giudizi, ci si accorse troppo tardi di questa assurdità.

I francesi si accorsero subito che sul terreno della legalità preesistente, non se ne andava fuori e andava applicato il principio della giustizia rivoluzionaria, l’intelligenza con il nemico costituiva il sommo dei reati e veniva punito con la morte. Ma se ci si mescolava con il diritto comune, si creava una rete inestricabile.

Dove più impazzarono le danze fu attorno all’idiozia di atti rilevanti, privo di fondamento qualsiasi. Anche perché gli atti rilevanti rischiavano di corrispondere alle realizzazioni migliori, cioè il fascismo aveva dato vita all’IRI, che fu una pura e semplice genialità, l’importanza della creazione dell’IRI era un atto rilevante, l’assassinio di un antifascista non lo era. Quindi rilevò tutta la sua nefasta azione. Ad esempio la conferenza di Locarno del 1925 è atto rilevante, e il pestaggio di un antifascista no.L’ambiguità suicida di questa configurazione ebbe una rilevanza grande nel naufragio di quasi tutti i procedimenti dell’epurazione. Fortunatamente il reato di atti rilevanti ebbe una definitiva liquidazione con l’amnistia del giugno 1946, amnistia Togliatti. L’amnistia Su espressa disposizione del legislatore non poteva essere applicata questa formula alle persone rivestite di rilevate funzione di gestione civile, politica, economica. La cassazione invece volle applicarla subito a Vittorio Mussolini, il figlio del duce, che aveva ricoperto per lungo tempo al carica di direzione del giornale del PNF ed era stato condannato per atti rilevanti, e fu applicata! Secondo il legislatore fu applicata l’amnistia ragionando in questo strano modo : “il legislatore ha concesse l’amnistia anche agli imputanti di atti rilevanti, ponendo però la condizioni che essi non abbiano rivestito alte cariche sennonché il delitto di atti rilevanti non può essere stato compiuto se non da persone che abbiano rivestito alte cariche. Dunque l’amnistia non potrebbe essere applicata a nessuno. Ma siccome non è lecito supporre che il legislatore abbia posto l’amnistia anche per casi impossibili, allora bisogna applicarla a tutti ” e prima di ogni altro a Vittorio Mussolini.Cosi comincia un’opera sistematica, metodica, regolare, soprattutto dalla parte della seconda sezione della parte di cassazione.

Ora conviene limitarsi ad una lettura delle principali norme, previste dall’amnistia del giugno 1946. Tutti i testi di legge offerti da una interpretazione dei tribunali, erano ancora una volta assai dilettosi. Lo si vide chiaramente quando si trattò di applicare le cause ostative, sono le cause che non consentono la concessione dell’amnistia (una era stata concessa da Togliatti perché aveva capito il casino che si era creato), all’amnistia del 1946, che erano state ideate con sani criteri, e avevano trovato formulazioni assai infelici. Fra le cause ostative c’erano le seguenti :

- Coloro che avevano assunti più gravi responsabilità : un ministo o un ambasciatore non potevano essere amnistiati

- Coloro che avevano partecipato ad omicidi, stragi e saccheggi

- Coloro che si erano abbandonati a sevizie contro i partigiani

- Coloro che avevano agito a fine di arricchimenti personale

Anche qui la tecnicalità delle norme è carente. Ad esempio il fine di lucro, quali erano le principali fonti del lucro? Il furto, il saccheggio, quelli previsti da un'altra causa ostativa. MA il caso più eclatante fu quello delle sevizie ai partigiani. Fortunatamente il punto due, fu l’unico quasi sempre applicato. Il caso delle sevizie diede motivo alla corte di cassazione di esibirsi nelle acrobazie più barocche. Intanto il codice penale in vigore prevedeva che le sevizie potessero essere considerate tali quando erano efferate e più precisamente quando erano particolarmente efferati:

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Quindi in questo dava una delimitazione precise “le sevizie devono essere particolarmente efferate”, e la cassazione si sbizzarrì. Per esempio fu dichiarato che lo stupro multiplo di una partigiana da parte di decine di repubblichini non erano sevizie particolarmente efferate; torcere i testicoli di un partigiano, nemmeno; far appendere al soffitto un partigiano, e farlo penzolare per ore, nemmeno. Quello che diventò il cavallo di battaglia delle destre fu il principio secondo cui si colpivano “i pesciolini” lasciando stare le balene. Poi ciò che determinò il naufragio dell’operazione fu un’altra norma, particolarmente sciagurata, quella secondo cui i provvedimenti dell’alto commissariato dovevano ricevere l’approvazione dell’amministrazione di appartenenze dell’epurando. Ora scattavano migliaia di omertà di silenzio a proposito di reati effettivamente commessi, ma non confessati. Bastava che l’amministrazione di competenza, una prefettura, il monopolio dei tabacchi o altro, dicesse no, non concediamo l’autorizzazione, e il provvedimento veniva automaticamente cassato, era come se non fosse esistito. Paradossalmente, per dare l’idea del caos, in alcuni casi ebbe applicazioni ridicole : fu processato per epurazione e condannato, a Lucca, un bambino di 9 anni, perché i collegi degli insegnanti aveva autorizzato il provvedimento; era colpevole dall’età di 5 anni di aver aderito al corpo dei balilla. (1:13)

Eccessi vennero commessi anche all’avvenire dell’assurda pretesa di epurare gli albi professionali. Ora qui fortunatamente insorse i giuristi più intelligenti, quindi all’epurazione degli albi professionali si rinunciò. Salvo per l’albo dei giornalisti, nel quale accadde un fatto curioso quando venne sottoposto ad epurazione Guglielmo Giannini. Da li Giannini si scatenò contro l’epurazione in modo selvaggio.

Concludendo con il decreto dell’8 febbraio 1946 e con il decreto Grassi-Adreotti del 1948 che costituisce un definitivo gesto di amnistia, l’epurazione finisce. L’epurazione viene azzerata e cancellata. Uno dei capitoli più roventi dei primi anni repubblicani, viene silenziato, seppur alcuni episodi non minori avvennero anche successivamente;

Polemica contro l’epurazioneI monarchici ebbero di fronte all’istituzioneun atteggiamento ferocemente avverso, perché il principale organo da epurare era la monarchia : il re aveva firmato le leggi razziali, collaborato con Mussolini etc. La battaglia che condussero fu essenziale, quella in cui impegnarono tutto il proprio peso, e influenza, in particolare lo fece Giannini, sulla base di un argomento : non era stata la “folla” responsabile del fascismo, erano stati quelli che Giannini chiamava gli “UPP”, uomini politici professionali, fascisti e anti fascisti. Prima i fascisti ti perseguitavano, ora gli anti fascisti con la stessa volontà facevano la stessa cosa : lotta tra UPP, che non riguardava la folla. Quando Giannini fu sottoposto a epurazione, in quanto aderente all’albo dei giornalisti, la sua violenza verbale diventò incontenibile; tra l’altro, Giannini che era personalmente repubblicano, mandò tutti a quel paese e sposò i motivi dei monarchici, in particolare quella dei “pesciolini e delle balene”.

Diverso è il discorso del Partito Liberale. Il Partito Liberale, uscito dalla resistenza è il partito che risente profondamente del clima resistenziale, sia perché è appoggiato, ha come autorità morale Benedetto Croce, oltre poi ad avere anche una corrente di sinistra composta essenzialmente da alcuni personaggi, giornalisti, diplomatici di grande qualità come Eugenio Scalfari, con il periodico “Risorgimento”. Il partito liberale comincerà un’altra storia quando i liberali di sinistra usciranno dal partito e andranno al settimanale Il Mondo, e il Partito e perderà molti intellettuali di grande qualità.

MonarchiciI monarchici hanno un problema assillante : la prima istituzione che dovrebbe essere epurata è la stessa monarchia. La reazione dei monarchici è prevedibile : è il contrattacco. Alzando la posta (“ma allora c’è anche”) hanno alcune possibilità di farla franca : non siamo stati noi in quanto tali, è stata la società italiana tutta intera. Ma il contrattacco va oltre : la sciagura dipende dalla violazione delle norme dello statuto Albertino, se fosse stato rispettato non

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sarebbe accaduto nulla. Ma quali erano le violazioni? Le violazioni erano state avvallate in prima persona dal re! Per esempio le leggi razziali, firmate dal re, oppure le alleanze militari avvallate dal re, invece dei ministri e presidente del consiglio.Italia Nuova, un periodico monarchico, scriveva il 15 febbraio 1944 :

Da tutti gli oppositori del fascismo che tutti i nostri guai, la rovina politica, militare, economica del nostro Paese ci dovevano riportare al fatto della continua, sistematica e radicale violazione delle norme costituzionali dello statuto Albertino. Si è detto e scritto che se questo fosse stato rispettato di catastrofi non si sarebbe sgranato sui cieli dell’Italia[…] Coloro che con i loro errori ci han regalato il fascismo, son coloro che si son ritirati sull’avventino liberandogli la strada da ogni ostacolo e violando la consegna che avevano avuto dai loro eletto i e cioè dal Paese, il che si chiama, in termini militari, abbandono del posto di combattimento. Coloro che hanno preferito andare all’estero, piuttosto che rimanere e combattere piuttosto che affrontare i rischi del combattimento; e se sono tornati in Italia con i segni del vittimismo, quando hanno creduto che il fascismo fosse morto, bè abbiamo avuto il prefascismo, ed è stato l’apertura della voragine, il fascismo, ed è stato il precipizio, e ora ci vogliono dare il fascismo dell’antifascismo, no grazie ne abbiamo abbastanza!

Questo sarà un cavallo di battaglia, vincente non solo per i monarchici. Vale a dire il carattere di continuità del fascismo storico e dell’antifascismo. Nell’atteggiamento dei monarchici era evidente l’aspirazione a conquistare il favore del mondo moderato e a delegittimare i CLN, diventando i primi a creare il parallelismo tra fascismo e antifascismo, come il titolo di un articolo di Enzo Selvaggi, in cui afferma :

chi verrà citato alla sbarra? Sentiamo un po’? la monarchia. Ma insieme alla monarchia deve essere citata la classe dirigente che era al potere tra il 1918 e il 22. A i suoi dirigenti la nuova generazione giudicherà cosa fece e cosa lasciò fare della libertà di cui era depositaria. Il fascismo è qualcosa di infinitamente grave e inaccettabile ..

Queste assoluzioni preventive facevano pandan con dichiarazioni di antifascismo esasperato, attraverso uno schema retorico collaudato.

Ma l’epurazione viene attaccata molto per le concrete ingiustizie, la tendenza a colpire solo i pesci piccoli. Quindi mettevano il dito su un tasto effettivo : il trasformismo dei procedimenti di epurazione. Significativo un articolo dell’8 agosto sull’epurazione all’università di Roma(il rifarsi a episodi concreti, a casi specifici sarà un segno indelebile della polemica monarchica) :

Con la campagna forsennata contro l’epurazione svolta dall’ Uomo Qualunque di Giannini, si introduce la DIFFAMAZIONE SISTEMATICA (impunita).Nella rubrica “Le vespe” vi sono solo diffamazioni personali cioe’ relative a casi singoli.Quella della diffamazione rimarra’ un costume costante nella politica italiana.Tipicamente si utilizzavano affermazione inverificabili.

Esempi di attaccopersonale.

1. a Luigi Salvatorelli, azionista (Partito d’azione) preso di mira nel Settembre del 1945 e descritto come un azionista sciocco e rinominato “Servitorelli”. Aveva scritto un piccolo libro nel 1923 sulla natura del “Nazional-fascismo”.

2. Attacco a Pietro Nenni (fondatore del Psiup, poi PSI). Il 22 Agosto 1945 esce un articolo contro Nenni , che era in quel momento altro commissario per la punuzione dei delitti e degli illeciti del fascismo. Viene attaccato perche’ 1. Nenni aveva cooperato alla costituzione del Fascio di Bologna (per altro staccandosene

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subito dopo aver capito di cosa si trattava **) 2. Giannini accusava Nenni di essere stato agente dell’OVRA e di avere sottratto all’OVRA il proprio fascicolo personale.

3. Viene attaccato Carlo Muscetti, studioso della letteratura italiana (del Belli), gia’ direttore di ITALIA LIBERA organo ufficiale del Partito d’Azione;

4. Vieneattaccato Mario Alicata.

** = il fascismo delle origini (1919) era un’altra cosa rispetto al fascismo del ’21-’22. Aveve delle tendenze anticlericali, anti monarchiche, rivoluzionarie…Alceste de Ambris, artefice del célèbre sciopero del 1908 dei contadini di Parma, aveva inizialemente accettato il fascismo del ’19-’20 per diventare ben presto un autentico antifascista.

Altro esempio di diffamazione rimasto famoso:

1954 nel settimanale Candido, diretto da Guareschi, compare un servizio scandalistico contro De Gasperi nel quale si sostiene esistano delle missive riservate tra De Gasperi e gli Alleati nelle quali il primo chiede di bombardare Roma per accellerare il ritiro dei Tedeschi.Era un falso clamoroso, ma che non trovo’ reazione adeguata nell’opinione pubblica segno che la diffamazione era un costume oramai assorbito dall’opinione pubblica.

Sul tema dell’epurazione e’ interessante esaminare il caso del Partito Liberale.

Fin dall’inizio il partito e’ nettamente favorevole all’epurazione. Anticlericale, non classista, laico, contrario alla lotta di classe.Per tutto il ’43-’44 I liberali sono epurazionisti. Detta la linea Benedetto Croce. Su “Risorgimeno liberale” si afferma chiaramente che “Giustizia inesorabile verso i responsabili”.

Il 13 Agosto del 1943 (prima dell’8 Settembre) si invita Badoglio ad effettuare una schietta critica al fascismo.

Vi e’ poi un cambiamento drastico. Cresce infatti la preoccupazione che l’epurazione contro i fascisti fosse il pretesto per epurare la borghesia italiana. I liberali si rifiutano di credere che vi fosse una maggiore responsabilita’ della classe dominante, credevano che I fascisti fossero ovunque.Quando si accorsero che si intendeva colpire soprattutto la grande borghesia e la proprieta’ terriera se ne tirarono fuori.

Fecero cadere il governo Parri sulla questione dell’epurazione e il nuovo governo De Gasperi del Dicembre 1945 abbandona la linea di epurazione.

Tra coloro che sfuggirono all’epurazione ricordiamo:

- Filippo Anfuso (ambasciatore in Germania), si rifugio’ in Spagna e torno’ in Italia nel 1949. Si iscrisse nell’ MSI e ne fu deputato sino alla morte nel 1979.

- Julio Valerio Borghese, comandante della X Mas, sfugge pure lui all’epurazione. Dopo il 25/4 si consegna agli americani per salvarsi. Deferito alla Corte Marziale viene condannato a oltre vent’ anni, ma ne conta solo un paio. Nel 1970 cerca di fare uncolpo di Stato.

Biografia di quattro personaggi di spicco dell’ MSI

avevamo già concluso l'ultima volta con la fondazione il 26 12 1946 del MSI, avevamo anche visto che l'msi alle orgigini ha in prevalenza un anima fascista del corporativismo integrale della repubblica di salò.

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Tuttavia nonostante questa impostazione originaria escludesse per esempio dalla adesione al partito i venticinqueluglisti, fin da subito emerse con chiarezza che le ali del partito erano molte e si ispirava a tradizioni differenti : esisteva una plurarità di opinioni e correnti di cui ci prenderemo cura adesso, attraverso il profilo biografico d alcuni dei principali esponenti.

Come vedrete le differenze sono tante e tali che il panorama del neofascismo italiano appare molto più variegato di quanto si riferisse in passato, e siccome tutti i missini s rifanno all'esperienza fascista è ovvio che la diversità è tutta affondata nel passato fascista.

In particolare ce l'ha Filippo Anfuso.

Filippo Anfuso

Filippo Anfuso era nato in sicilia a catania nel 1901 e secondo i canoni di una precocità tipica di quel tempo aveva manifestato precocissime attitudine letterarie. Infatti nel 17 aveva pubblicato “ortica” una raccolta di poesie e racconti. Succesivamente nel 1919 Ancuso era stato prigionario a Fiume, aveva partecipato all'avventura fiumana e a roma dove si era trasferito subito dpo aveva intrapreso una attività intellettuale affermandosi come collaboratore in germnia e in polonia della Nazione e della Stampa di Torino.

A quellpepoca ancuso scrisse rapporti di amiciza con galeazzo ciano, genere di mussolini che diventerà successivamente ministro degli esteri, senza mai abdicare a quel'attegiamento mondano che alla fin fine non lo avrebbe mai credere troppo sul serio. Galeazzo Ciano si era avvianto insieem con Anfuso alla carriera letterale e giornalistica e con lui Ciano preparòn il concorso per la carriera diplomatica che vinsero nel 1925 quanfo Anfuso aveva 24 anni classificando sui 35 opsti, anfuso primo e ciano 27esimo. Anfuso era diventato addetto al ministro degli esteri e nel 1932 fu primo segretario e incaricato d'affari in cina e nel 34 in grecia; ma una svolta fu rappresentata dalla nomina di ministro degli esteri di ciano nel 1936, perchè ciano lo volle suo capo id gabinetto. In questo ruolo Anfuso svolse numerose missioni nel settembre 36 fu inviato in germania e in quella occasione incontrò hitler, ferocemente anti inglese e smanioso di recuperare posizioni in europa. Subito dopo in ottobre accompagnò ciano nel suo viaggio in germania e nel novembre si recò in spagna a concludere con franco che nel luglio aveva scatenato la guerra civile, un trattato segreto che garantiva trattative con l'italia , in cambio di collaborazione nella guerra. Inutile dire che l'impegno italiano in spagna fu estremamente intenso, venne inviato un corpo di spedizione di sedicenti volontari, che fecero in tempo a subire una disonorevole sconfitta nel 37 e quindi a non essere prese del tutto sul serio. Definito da ciano nel 1940 “il più germanofilo dei miei collaboratori”, anfuso (16:52)

nella sua conversione in uno dei più convinti autori della necessità di vittorio l'asse roma berlino, ebbe un peso determinante il cardine di una antica tradizione nazional patriottica secondo la quali quando la patria è in guerra occorre sopperire qualsiasi opposizione. (:54)

a questo complesso rapporto con la germania è legato alla sua avversione all'intevento ellico in grecia decretato da mussolini il 28 ottobre 1940 per celebrare l'anniversario sull marcia su roma, ma in realtà deciso perchè i fascisti erano stanchi di subire le iniziative tedesche senza essere informati, di conseguenza avevano deciso di alzare la posta facendone una loro. Le cose andarono male e a risolv ere la situazione dovettero provvedere i tedeschi. Anfuso scriveva a proposito di questo problema (:56)

quindi l'avversione di anfuso si configura come un gestio di conciliazione dùnei confronti dei tedeschi. Tuttavia anfuso fu battuto e l'intervento in grecia si fece. Nella primavera 41 anfuso affettuò ancora una volta missioni importanti, a zagabria dove impegnò il capo, ante pavelic dei fasisti iugoslavi, ustasa a ribadire i diritti i taliani sulla

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dalmazia, non era una cosa da poco. Il fascismo croato era un fascismo particolarmente efferato e crudele, tant'è vero che quando sopravvenne la formazione italiana, trovò un terreno fertile, anche per la entusiastica adesione del fascismo dell'arcivescovo di zagabria.

La conquista dell'appoggio degli ustasa precedette l'impegno di anfuso in qualità di rappressentante della commissione anglo-tedesca incaricata di decidere il futuro della grecia, e nel mese di agosto in rappresentanza di ciano accompagnò mussolini a rastemburg e poi sul fronte russo. Ad anfus pesava l'atteggiamento di ciano che nella sua polemica continua con i tedeschi contro la guerra e contro lo stesso mussolini, considera (:03)

Per questi motivi nel dicembre 41 decise di allontanarsi da roma, dove rischiava di essere trroppos pesso associato agli atteggiamenti di ciano, e staccandosi ottenne la nomina di ministro d'italia a budapest. A budapest si mise attivamente a lavorare ad un progetto singolare, ecco perchè era un fascista fuori dalle righe : anfuso alfiere della necessaria vittoria italo tedesca, diventò convinto fautore di un patto tra alcuni paesi balcanici e l'italia peer una pace concordata.(0:5) riusci ad ottenree addirittura che i politici magiali offrissero la corona del loro paese a vittorio emanuele terzo il quale sarebbe diventato re d'ungheria, in cambio di una collaborazione italiana nel processo di sganciamento dalla guerra. Non se ne fece nulla.

È opportuno fare una breve riflession e : perchè un uomo come anfuso, che non aveva mai nascosto di volere la vittoria si propone un allontanamento dai tedeschi?

Perchè in anfuso convivevano due sentimenti :volontà di non tradire i tedeschi e essere leali alleatie contemporaneamnte una sorta di lucido scrutinio del futuro del continente.Per anfuso se l'asse avesse vinto la guerra l'egemonia tedesche sarebbe diventata ferre ae quindi conveniva con il ermesso dei tedeschi arrivare ad un negoziato con gli alleati e che permettesse all'italia di uscire dal conflitto e leccarsi le ferite.Arriviamo cosi a quello che è il capitolo decisivo il quale rientrò temporaneamente a roma il 9 luglio 1943 , e fu messo vagamente messo al corrente da ciano dei progetti per esautorare mussolini. Tuttavia anfuso non si fece persuadere e considerò il 25 luglio una faccenda di servi (:10)

ai primi di agoto il ministrolo invitò di raggiungere la sua sede a budapest e apprese l'info della liberazione di mussolini e dell'8 settembre, in seguito lla quale inviò un telegramma molto significativo a mussolini (:10-11)

cosi fillo anfuso diventò il solo capo di missione diplomatica ad avere aderito al progetto di stato fascista repubblciano recandosi il 18 settembre a monaco, da mussolini, e collaborando con lui alla definizione dell'organigramma del nuovo governo. Anfuso aveva raggiunto cosi il culmine della sua carriera. Per se anfuso chiese di essere nominaot amb asciatore a berlini, dimostrandosi lungimirante, infatti non chiese l'ambasciata per una forma di simpatia per i tedeschi ma come progetto di cercare in tutti i modi di salvaguardare le ragioni dell'itali nel ontenziosi italo tedeschi...x esempio (17:14)

anfuso fece anche altro, cercò per esempio di migliroare le condizioni dei militari in germania, lottando perchè fosse loro consentito combattere nelle file dell'esercito repubblicano, ma dovette scontrarsi con l'ostilità sia dei tedeschi sia degli internati. É opportuno ricordare che gli italiani non erano in germania degli internati militari, IMI (internati militari italiani) , ma che idfferenza c'era tra i prigionieri di guerra q questi? I prigionieri di guerra non potevano esssere sottoposti a lavoro coatto, ma tutelati in base alle norme internazionali. Gli IMI invece erano sottoposti a lòavoro coatto, dovevano lavorare o in industria o in agricolutra in germania. Anfuso cercò di aalleviare le loro condizioni di vita ricorrendo alla scorciatoia di trasformarli in combattenti della RSI, ma dovette scontrarsi alla volontà stessa degli IMI, molti dei quali dichiararono che loro avevano dichiarato giuramento fedeltà al re d'italia, e quindi loro continuavano a sentirsi soldati del regno d'italia.questo fu uno dei capitoli più gloriosi della storia dell'esercito italiano, perchè un esercito non si copre di gloria sololo quando vince battaglie, ma anche quando compie un sacrificio consapevole che comporta enormi disagi e lo compie per un motivo morale. Gli IMI che rifiutarono furono 600.000 e questo è un capitolo della storia della resistenza italiana e furono a tutti gli effetti i primi

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resistenti italiani, anche perchè la condizione di IMI era chiaramente legata al loro rifiuto di legare giuramento alla repubblica.

(17:24)

il 12 marzo 1945 Anfuso a conclusione di un processo al generale Roatta venne condannato dall'alta corte di giustizia per i crimini fascisti, fu condannato a morte mediante fucilazione alla schiena e la più grave imputazione che dovette affrontare fu l'assassinio dei fratelli Rosselli, avvenuto in francia nel 1937, 9 giugno. I giudici ritennero che l'assassinio dei Rosselli fosse stato voluto da Ciano con la complicità di Anfuso, il quale in un suo memoriale negò ogni responsabilità sua e di Ciano, non avrebe mai potuto ammettere. (17:27)

Mussolini volle ricompensarlo per questo suo comportamento e il 19 marzo lo nominò sottosegretario di stato per gli affari esteri e quindi alla fine di marzo fino alla metà di aprile filippo anfuso fu distaccato a carognano per svolgere le funzioni di sottosegretario degli esteri. Tuttavia timorosi che anfuso potesse venire a conoscenza delle trattative di resa, l'amsciatore rahn e il generale woolff lo tennero all'oscuro, il 16 aprile, anfuso si congedò di mussolini con la convinzione che si trattasse di un distacco temporaneo. Il 26 aprile anfuso tornò in italia ma non riuscì a raggiungere mussolini, allora si rifugiò in Francia, già liberata. In francia venne immediatamente incriminato e arrestato per l'ìassassinio dei fratelli rosselli, e trascorse 3 anni in carcere nel corso dei quali scrisse i suoi ricordi poi assolto dall'imputazione si trasferì in spagna, dove riprese una attività giornalistica, a firma di argenti, commenti di politica estera per il quotidiano la tarde. Nel frattempo anche la corte d'assise di perugia lo assolveva a formula piena il 14 ottobre 1949 per l'omicidio rosselli, questo perchè i responsabili condannati lo avevano scagionato, cioè avevano dichiarato di aver agito di propria iniziativa. Venne reintegrato tranquillamente, non nelle sue funzioni, ma sul ruolo di cittadino italiano, Filippo Anfuso ambasciatore a berlino, fascista della prima ora, fu rilasciato e messo in libertà. Ebbe modo di aderire al MSI nel 1949 stesso e nelle liste del MSI venne eletto deputato nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953 e confermato di quelle del 25 marzo 1958 e del 18 aprile 1963. Quindi fu deputato missino per tre legislature. Si schierò nella corrente di Augusto De Marsanich e poi del suo successore arturo michelini, queste posizioni erano fortemente avverse a quelle di giorgio almirante, perchè professavano l'inserimento del sistema e l'allean za con le altre forze di destra e l'appoggio ai governi DC, cioè la visione che avevano De marsanich e Anfuso era quella che avrebbe dovuto fuggire all'isolamento politico, cercando di inserirsi nel gioco deipartiti cercando di diventare condizionanti. La prova che seghnala questo si ebbe del 1953 nel quale il blocco centrista uscì sconfitto e non riconquistò la maggioranza in parlamento che aveva avuto precedentemente. In occasione della formazione del nuovo governo anfuso si battè contro un incarico de gasperis, che avrebbe sicuramente tentato di ricostruire il aprtito centriste, e invece riuscì a far accogliere il nuovo governo presieduto da giusepe Pella, signore di biella, democristiano nemmeno troppo influente e che proprio per questo era stato nominato presidente del consiglio e visto da tutti come un presidente di transizione, senonchè pella si tròvò ad affrontare la crisi di trieste, la minaccia titina di mandare le truppe iugoslave di invadere la città se fosse passato il progetto di istituire una zona di amministrazione italiana e una zona di amministrazione iugoslava. Pella mandò al confine tutte le divisioni dell'esercito italiano, rischiando di far scoppiare la guerra. Naturalmente il suo atteggiamento fu approvato da personaggi come anfuso, ma non dai democristiani, che fecero cadere il suo governo e lo rimandarono a casa. Però erano stati gettati i semi per un atteggiamento che caratterizzò tutta la seconda legislatura e il periodo successivo fino al 62, che fu quella dell'inserimento del MSI nel quadro politico attraverso l'appoggio negoziato ai governi democritiani insieme ai monarchici, con i quali avevavno stretto una specie di patto. Infatti gli equilibri interni al movimento sociale ernao cambiati, nel 1950 quando la segreteria di almirante e gli organismi dirigenti che a lui facevano capo vennero subentrati dalla segreteria De Marsanich. In tutti quegli anni anfuso fu coerente con le sue posizioni : inn un partito diviso tra atlantisti e anti atlantisti, anfuso fu sostenitore al patto atlantico, e giudicava l'unico mezzo per difendere l'europa dall aminaccia sovietica. In questo contesto anfuso si dichiarò favorevole al riarmo della germania, 4 anni dopo la fine della guerra. Questo era stato vietato proibbito da disposizioni internazionali dall'onu. Anfuso era favorevole al riarmo della germania in funzione anti-comunista. In questo egli non riusciva a nascondere la propria ostilità contro la gran bretagna colpevoli ai suoi occhi di aver consentito ai sovietici di metter piede in europa

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Dunque l'istanza anti-comunista rappresentò una linea essenziali della politica di anfuso. Anfuso fu contrario al proesso di decolonizzazione giudicandolo una sconfitta dell'euroa, fu ostile alla politica vaticana come pure alla nuova era ipotizzata da Kennedy. Per quanto riguarda l'avversione a giovanni XXIII e al conciliio vaticano II, bisogna dire che dietro c'era la convinzione di poter diventare il secondo partito, attraverso una serie di dichiarazioni di appoggio alla line adi PIO XII il MSI sognava di diventare il secondo partito, cosa che ne avrebbe aumentato le fortune politiche. Conseguentemente anfuso fu anche un fautore dei governi di centro destra e dei governi giuseppaPella(agosto 1953), Antonio Segni(giugno 1955),adone Zoli(maggio 1957), Segni antonio (febbraio 1959) e soprattutto fernando tambroni (aprile 1960) ..ovviamente si oppose ai primi tentativi di coalizione di centro sinistra e fu altrettanto avverso al primo governo organico con il centro sinistra il 4 dicembre 1963. Colto da un malore Anfuso muore a roma nel dicembre 1963.

Junio Valerio Borghese

Junio Valerio Borghese nasce a Roma nel 1906, da una famiglia appartenente della vecchia nobiltà pontificia, quella che viene comunemente chiamata comunità nera, cioè legata alla nostalgia del papa re. Nonostante questo non sembrò essere molto influenzato dalle sue origini, infatti il suo curriculum fu esclusivamente militare, infatti egli fu allievo dell'accademia navale di Livorno, dopo aver frequentato a Londra per 5 anni una scuola di elitè. Uscì dall'accademia nel 1928, a 22 anni, con il grado di guardia marina. Si specializzò in armi subacquee e nel luglio 1933 fu promosso tenente di vascello, fu destinato al comando di sommergibili. Sul sommergibile tricheco prima e sull'iride poi, partecipò alle operazioni militari in Africa orientale e nella guerra di Spagna. Questo vuol dire che Borghese fu coinvolto nelle imprese del fascismo, non soltanto istituzionalmente, ma anche ideologicamente, infatti partecipò alla guerra di Spagna, che era una partecipazione volontaria, che rappresenta una opzione ideologica, che ci fa capire che Borghese era un uomo affascinato dal fascismo.

Tra il 1933 e il 1935 sorse l'idea di nuove armi navali . Armi d'assalto, mezzi rapidi, agili, piccoli che era stata concepita da due ingegneri verso l'ottobre del 1935. Questi ingegneri si erano ispirati ai precedenti della prima guerra mondiale e in particolare al motoscafo del comandato Pellegrini e al propulsore silurante con cui Raffaele Paolucci aveva affondato il 1 novembre 1918 la corazzata dimus unitus. Questi due ingegneri avevano costruito un mezzo più piccolo veloce e agile, un siluro pilotato detto maiale. Venne però subito chiamato Mas ( memento audere semper).

Il Borghese ben presto si impadronì di queste innovazioni, riuscì ad ottenere dei comandi che gli permettessero di averne il controllo e studiarne le possibilità, e al suo ritorno dal mar baltico gli fu affidato con il grado di capitano il comando di un altro sommergibile,lo scirè, in corso di TRASFORMAZIONE PER IL COMANDO DI MEZZI D'ASSALTO, per il trasporto di mezzi d'assalto. Era cosi il reparto d'assalto della marina, il reparto dei mezzi d'assalto che nel marzo 1941 assumerà la denominazione di Decima Flottiglia Mas. Questa decima flottiglia comandata da Borghese era dotata di una larga autonomia e articolata in due settori : subacqueo e superficie. In sostanza, la Decima Mas obbediva solo agli ordini di Borghese.

In qualità di specialista di siluri pilotati Borghese aveva comandato il sommergibile ametista alla prima sperimentazione. Benché i mezzi d'assalto, a inizio guerra, rappresentassero un piccolo reparto, con pochi mezzi non ancora perfezionati, con essi la marina militare possedeva uno strumento di enorme potenzialità offensiva. Diceva Borghese :“Con il siluro pilotato e il barchino esplosivo la marina militare ed essa solo possedeva i mezzi che avrebbero potuto permettere di conseguire all'inizio delle ostilità una vittoria clamorosa e sostanziale”.

L'intuizione di Borghese fu quella che il predominio britannico poteva essere abbattuto solo dall'uso improvviso di mezzi d'assalto capaci di colpire e poi scomparire. La decima Mas con i suoi mezzi di superficie e subacquei compì numerose azioni contro Alessandria d'Egitto, Gibilterra, Malta contro Sebastopoli. Cioè contro tutti quelli che erano nodi strategici delle posizioni mediterranee della flotta inglese. Riuscì ad affondare parecchi mezzi corazzati della marina britannica e in particolare il 19 dicembre 1941 vennero affondati nel porto di Alessandria ben 2 corazzate inglesi, la prima Elisabetta e la Valiant. Dopo questa ultima impresa Borghese, che aveva ottenuto la medaglia d'oro al valore militare e la croce della marina, lasciò il comando del sommergibile scirè e si dedicò completamente allo

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sviluppo e al perfezionamento del reparto subacqueo del quale aveva il comando fin dal marzo 1932. Effettuò diversi viaggi, soprattutto per confrontare e scambiare coi tedeschi notizie sui mezzi di sabotaggio navale e avere informazioni utili ai suoi progetti d'azione contro le basi del nord America e sud Africa. Effettuò viaggi a Parigi, Berlino tentò anche in Spagna a san Sebastiano, a Lisbona per organizzare il sabotaggio navale. I tedeschi incuriositi dall'esperienza italiana e desiderosi di sperimentare i mezzi d'assalto strinsero con Borghese, a Berlino nel 1942, vari accordi tra cui il più importante dei quali prevedeva che i tedeschi avrebbero inviato verso i corsi di tirocinio della Decima Mas alcuni ufficiali e marinai, perchè seguissero l'allenamento.

Arriviamo cosi al 1943 quando la vita di Borghese subisce un brutto mutamento. Nel maggio 1943 conosce dalla radio la notizia dell'armistizio dell'otto settembre. Borghese decise di rimanere al suo posto però lasciando liberi i suoi uomini che potevano andare in congedo illimitato quando non approvavano la sua decisione; questo lasciava intuire quale sarebbe stato la sua decisione : aderire alla RSI. L 'importante è di capire il senso di questa scelta, che non è una scelta di fedeltà a Mussolini, verso il quale Borghese aveva manifestato una sorta di rispettoso distacco. Le motivazioni di Borghese erano state legate ad una etica militaristica. La struttura mentale di un uomo come Borghese era quello che si chiamava un uomo d'armi. Borghese amava la guerra e quella che gli pareva la bellezza della guerra, di conseguenza lo stile di vita connesso. In secondo luogo non riusciva ad accettare l'idea che la guerra fosse stata perduta, dopo gli ininterrotti successi a cui erano andati incontro i suoi mezzi d'assalto.Questo gli faceva pensare che all'interno degli stati maggiori ci fossero stati cedimenti o tradimenti che avevano portato al disastro. Borghese non riusciva a capire perché lui avesse sempre vinto e gli altri avessero sempre perso. Questo lo avvicinò alla RSI per una sorta di spontanea adesione alla formazione statuale che prometteva in quel momento di proteggere e di rendere ancora l'onore all'Italia e soprattutto l'onore militare. Con l'armistizio arrivarono i tedeschi e quando si imbatterono nella caserma della Decima Mas, che era a La Spezia, esse apparve loro in contrasto assoluto con il tracollo miserevole dell'esercito italiano; era una caserma in pieno assetto di guerra con le sentinelle pronte a sparare cioè per ordine di Borghese erano pronte contro qualsiasi aggressore.

I tedeschi furono affascinati, da Borghese e dalle strutture e le tennero in alta considerazione e il 14 settembre 1943 sottoscrissero con Borghese un vero accordo che riconosceva alla Decima Mas piena autonomia e dignità di alleato, stabilendo per il suo impiego operativo la dipendenza dalla marina della Germania. I tedeschi stipularono un accordo di alleanza separata, specifico con la Decima Mas, non con la RSI, con la quale avevano i loro patti ufficiali, di alleanza, ma quella con la Decima Mas era una alleanza assoggettata a patti speciali, a condizioni specifiche e particolari che naturalmente le davano una posizione di privilegio. Naturalmente la Decima Mas nel corso delle operazioni militari, 1943-1945 ebbe scarsi occasioni di essere operativa sul mare, la RSI non aveva nessuna capacità di dominare o controllare un bacino marittimo. Quindi la Decima Mas si dedicò ad altre attività nel momento stesso in cui la sua fama attira nelle sue file migliaia di volontari. Naturalmente molto ben accolti e visti dai tedeschi.

Allora a che cosa si dedicò la Decima Mas? Diventò una efficiente attività con un proprio servizio di contro-spionaggio e ufficio stampa e venne utilizzata in massima parte alle dipendenze del generale delle SS Wolff. La Decima Mas si specializzò sotto il comando del generale wolff nella repressione del movimento partigiano, dove si distinse per efficienza, crudeltà, efferatezza e mancanza di ogni rispetto per il nemico. Cioè la Decima Mas era indipendente, autonoma non alle dipendenze della RSI, era un feudo personale di Borghese. Tutto questo portò a dissidi anche aspri, per esempio sospettato di ordire un colpo di stato Borghese fu arrestato dallo stesso Mussolini il 13 gennaio 1944, fu liberato dopo 12 giorni, il 25 gennaio, dopo che un inchiesta ordinata dal duce si era conclusa a suo favorwe; ma l'inchiesta si era conclusa cosi per un banalissimo motivo : le pressioni dei tedeschi e degli altri ufficiali della Decima Mas che avevano acquistato un autorevolezza nelle strutture della RSI. Il risultato fu che la conclusione dell'inchiesta e la sua rimessa in libertà rafforzarono la posizione di Borghese, che era qualcosa di intoccabile. Tant'è vero che a ultima conferma del suo rapporto privilegiato, quando ci fu la trattativa della resa della Germania avviata da Woolff, nell'aprile 1945, Woolff chiese espressamente di applicare a Borghese e suoi sottoposti un trattamento onorevole “eguale alla mia persona”.

Ma dopo il 25 aprile 1945, ciò che colpì, fu che Borghese manifestò quella che nessuno avrebbe sospettato in lui, cioè

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delle capacità politiche. Rendendosi conto della situazione Borghese si barricò presso il distaccamento della Decima Mas e il giorno successivo offrì la resa ai partigiani del generale Cadorna ottenendo in cambio della resa l'onore militare. Gli uomini della Decima Mas si arresero conservando il possesso dell'arma individuale. Il 30 aprile in divisa da tenente americano fu trasferito a Roma e consegnato alle autorità italiane che lo imprigionarono. Però Borghese aveva salvato la pelle il che non era poca cosa, se non si fosse recato direttamente presso il generale Cadorna, con ogni probabilità la Decima Mas sarebbe stata sterminata, invisa com'era agli italiani, e Borghese ebbe l'intuito di capire che l'unica via di uscita era quella di trattare con Cadorna, non da fascista repubblicano ma da comandante di un reparto militare che aveva lealmente combattuto. In questo modo tutte le sue efferatezze nel confronto dei partigiani svanirono, erano di fatto ignorate.

Rientrato in Italia il 12 febbraio del '49, finì sotto processo per collaborazionismo e per reati di strage e omicidio oltre a moltissime violenze contro i singoli partigiani. Fu condannato a 12 anni subito ridotti a 3 in virtù di una pioggia di condoni assegnati, per diverso titolo. Alla fine ci fu scarcerazione immediata nel giorno che vi entrò (ricorda comportamento dei giudici nell'epurazione anche se qui si è nel campo del penale). La soluzione dei giudici nel caso di Borghese è emblematica della situazione italiana difronte al problema dell’epurazione.

Borghese ottenne il suo risarcimento quando nel '51 fu nominato presidente onorario del MSI, nel quale nel frattempo era entrato in vista di una nomina importante in quanto tanto individualista: è sempre stato lui al centro, personalista.

Covò sotto la cenere fino al '68 quando, scontento e deluso del MSI nell'anno dei movimenti studenteschi, dalle colonne di “noi Europa” (giornale) invita a votare scheda bianca, anche contro al movimento che presiedeva e contro il sistema dei partiti, legato a movimenti neofascisti staccati dal MSI (noi Europa faceva capo al movimento di Ordine Nuovo). Che cosa ha in mente? Non chiarì mai, forse pensava ad una sorta di dittatura personale cesarista.

Questi nuovi gruppi neofascisti,tipo NAR fuoriusciti da Ordine Nuovo di Pino Rauti -di cui facevano parte Mambro e Fioravanti colpevoli di un'enormità di delitti fino alla strage di Bologna del 2 agosto '80- nacquero in quel periodo quasi per gemmazione da se stessi: seguì una stagione di violenza e terrorismo in Italia dal '70 al '80 circa, dove si incrociavano i delitti dei terroristi rossi e neri. Per fortuna le Brigate Rosse furono arginate dal partito comunista che condusse una lotta senza quartiere contro di loro (caso Moro). Altro caso famoso è quello dell'operaio e sindacalista Guido Rossa il quale aveva denunciato le infiltrazioni alla FIAT delle BR. Anni in cui l'emergenza era sia neofascista che di terrorismo rosso. Borghese ci sguazzava in quest'acqua torbida. Era il suo ambiente.

I suoi legami con l MSI si slegano e si rinforzano quelli con l'estrema destra, fino alla fondazione del Fronte Nazionale del 13 settembre del '68.

Si dichiara subito autonomo con la volotà di muoversi in modo indipendente: tra il 7/8 dicembre '70 penetra nel locale del ministero dell'interno. Aveva i legami nesessari per un golpe e significa che c'era una complicità forte con gli apparati dello stato. Connivenza profonda.

Differenza con le BR: quello di estrema destra godeva di aiuti in alto e in particolare ai sevizi segreti i quali non a caso furono in quegli anni continuamente riformati senza grandi soluzioni. Ad un certo punto Borghese ferma il golpe, perché il suo fiuto politico gli fece capire che i suoi appoggi erano lievi e che la grande maggioranza dell'Italia non era con lui, tanti neanche conoscevano il suo gruppo politico, e non sarebbe stato in grado di sostenere un governo così. Aveva tentato il colpo di stato inseguendo il suo avventurismo politico ma si ferma quando si accorge della pochezza delle sue forze e con la paura di uno smembramento del suo movimento.

Nel '71 fu incriminato per il golpe e fuggì in Spagna e morì a Cadice il 26 agosto del '74.

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Filone romantico militare d'Annunziano orgogliosamente capo anche negli anni della RSI col feudo della decima MAS.

Augusto De Marsanich

Il contrastatore da sempre di Almirante. Nato in Sicilia nel 1893, leggermente anziano per la gente del MSI, mai esponente di primo grado del regime - almassimo un comprimario, una figura di seconda scelta- sfugge alle maglie dell'epurazione, anche se fu molto attento restando sempre defilato pensando ad un futuro infausto del regime, o per carattere. Ha origini sindacaliste seguendo Filippo Corridoni, uno dei miti della propaganda fascista che rivendicava le origini proletarie e rivoluzionarie del movimento. Corridoni fu interventista combattendo nella prima guerra mondiale dove morì nel 1915, ed entrò nell'iconografia fascista come un santino del combattentismo fascista: ma cosa sarebbe diventato se non fosse morto? Non era fascista ma un sindacalista rivoluzionario interventista fautore della guerra anti austriaca. Sarebbe forse stato un d'Annunzio a Fiume. Altro interventista rivoluzionario Alceste de Ambris che non diventò mai fascista. Augusto de Marsanich era col suo movimento.

Entrò precoce nei fasci di combattimento entrando nel fascio di Roma e dopo l'avvento del fascismo parteggiò per i revisionisti contro gli intransigenti. Erano una corrente del primo fascismo capeggiata da Libero Tancredi(Massimo Rocca): corrente fortunata fino al '24 con una polemica in favore dei gruppi di competenza: il fascismo non poteva essere un movimento puramente ideologico, sovversivo, senza cultura politica che dovrebbe organizzare tecnocraticamente il potere, dare una dimensione professionale e tecnica ai ministeri e ai centri di amministrazione. Lui ci militò e scrisse che c'era una corrente intransigente la quale, sostiene che il partito debba stare armato contro ciò che non è creazione nostra: l'altra quella che nella vita nulla è immutabile. In realtà il problema era proprio di cultura politica: come e se dotarsene dato che il movimento veniva dalle strade e dalla sovversione? I suoi uomini migliori erano giornalisti e piazzaioli ma nessun vero politico, almeno non subito :

Dino Grandi: giovanissimo squadrista manesco seppe diventare un maestro di politica estera e nel '43 affossò Mussolini.

Giuseppe Bottai nato nel 1896 anch'egli giovanissimo futurista poeta con ambizioni letterarie, venne due volte respinto dalle camere perché troppo giovane per essere eletto, si reciclò come intellettuale ufficiale del regime. Direttore di una rivista “Critica Fascista”, fiore all'occhiello del fascismo portato sul palmo d'oro da Mussolini cosa che gli fruttò molto: la carica a ministro dell'istruzione, governatore di Roma, cattedra di diritto corporativo a Pisa. (Perché sono arrivato a Bottai?)Ci furono quindi alcuni che acquistarono una cultura politica abbastanza consistente.

Il grosso dei fascisti era rappresentato da Starace che quando fu segretario del partito fascista,era una specie di barzelletta vivente perché ignorante, ex sindacalista rivoluzionario( senza averci mai capito qualcosa), organizzatore delle manifestazioni sportive del partito. Pare, non è sicuro, che nel '38 a Padova fu issato dagli studenti che volevano solo infilargli degli spilloni nel culo e Starace non voleva capire e sopportò fino alla fine.

Grande differenza con gente come Starace da una parte e Bottai ad esempio: il fascismo soffrì fino alla fine di un deficit di cultura politica. Marsanich si dedicò:

al sindacalismo, come capo dell'ufficio sindacale del PF. presidente della confederazione fascista dei lavoratori del commercio. direttore del periodico “il Lavoro Fascista”. deputato e consigliere nazionale del partito. primo presidente dell'istituto nazionale per l'assicurazione contro le malattie sorto, in buona parte per sua

iniziativa, dall'unione delle varie mutue aziendali. Mutua eredità: antica assicurazione in base alle quote di versamento dei dipendenti reciproca. Un unica organizzazione nacque in parte per su iniziativa.

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Compiti di secondo piano : non fu mai ministro o sottosegretario del regime, aderì alla RSI(obbligatoria per entrare nel MSI)In quei 2 anni fu nominato dall'IRI (Istituto per la ricostruzione industriale) commissario del Banco di Roma; ancora incarichi di secondo piano.

La sua vita politica autentica inizia nel dopoguerra.

Aveva subito aderito al MSI dove si crea una grande risonanza per un'acclamata mozione presentata al primo congresso del partito svoltosi fra il 27 e il 29 giugno del '48. Fu una mozione concepita nel suo tipico spirito: non rinnegare e non restaurare il fascismo: bisognava andare oltre. Respingere le rivendicazioni totali e le condanne del passato “lanciare tra le generazioni che il dramma della guerracivileha diviso il ponte della concordia nazionale e la solidarietà sociale”.

Questo quando la segreteria del partito era tenuta da Almirante, grande intransigente ancorato ai contenuti socializzatori della RSI e contro ogni politica di inserimento nel sistema. DeMarsanich voleva togliere il partito dall'isolamento in cui viveva per ridargli capacità di manovra nel sistema dei partiti. Infatti in quegli anni si volle escludere dal MSI i cosiddetti venticinque-luglisti: ex gerarchi fascisti che non avevano aderito alla Repubblica Sociale e si rifiutò anche la destra monarchica perché si doveva rispettare la purezza ideologica e culturale del movimento. Sintomatica fu la polemica, accesa nel secondo congresso nazionale a Roma tra il 28 giugno e il primo luglio del '49, che vide prevalere la decisione ad una non adesione italiana al patto atlantico. Evidente eredità della RSI per l'astio contro gli Alleati che ci avevano battuto. Non era destinato a morire il dibattito:

Almirante contestava aspramente nel suo rigidismo. Gli esponenti più moderati del partito non volevano quella politica di isolamento a cui erano relegati: se si

tiravano fuori dal sistema di alleanze sia a livello partitico che internazionale sarebbero stati destinati a scomparire contando sempre meno.

Nel gennaio del '50 il comitato centrale del partito mise in minoranza Almirante e la sua direzione nazionale nominandone un'altra che nominò segretario appunto De Marsanich. La sua ascesa produsse una svolta immediata. Alla auto ghettizzazione del partito seguì una politica accorta, duttile e morbida, di inserimento nel sistema i quali punti significativi furono:

l'adesione al patto atlantico, contro i temperati del secondo congresso. l'accordo coi monarchici per una grande destra. dichiarata disponibilità ad appoggiare la DC in governi anticomunisti sicuri e contestualmente l'ostentazione

di una ortodossia cattolica con l'aspirazione a diventare il secondo partito cattolico in concorrenza con la DC.

I risultati non si fecero attendere quando il MSI e la segreteria DeMarsanich ottennero l'attenzione del leader dell'azione cattolica ..?.. che con papa Pacelli in occasione delle elezioni amministrative a Roma diede il via alla cosiddetta “operazione Sturzo” cioè l'apparentamento della DC con monarchici e missini allo scopo di evitare la conquista del Campidoglio da parte dei socialcomunisti.

Il comune di Roma era amministrato da DC, Liberali, Repubblicani e socialdemocratici ai quali fu proposto all'inizio l'apparentamento dell'intero blocco centrista con MSI e monarchici tutti contro DC ma tutti rifiutarono. Liberali, Repubblicani e socialdemocratici sostenevano che se la DC voleva allearsi con il Movimento Sociale e con i monarchi lo avrebbe fatto per conto suo. Pio XII era il vero promotore dell'operazione don Sturzo e il povero prete fu coinvolto per un fortissimo senso di colpa nei confronti delle gerarchie vaticane per le vicende del suo Partito Popolare fondato in contrasto con la Chiesa, aveva una grande voglia di redimersi rimanendo il notaio dell'operazione e ottenne l'avversione feroce di DeGasperi per il quale l'avvicinamento con monarchici e MSI avrebbe significato la snaturazione della DC annullando la sua identità di partito antifascista diventando semplicemente un partito di destra. Per di più DeGasperi vedeva avvicinarsi la sostituzione della sua figura con quella di Luigi Gedda. DeGasperi per far fallire l'operazione Sturzo fece anche cose non nel suo stile e lo fece fallire quando aveva già pronti i simboli

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della nuova unione per le amministrative nelle principali città dove si votava: l MSI si preparava a diventare veramente il secondo partito cattolico in Italia. Forzando i tempi e fregando le personalità che servivano egli riuscì a far saltare questo progetto quando Sturzo avendo posto un limite alla data di adesione dei partiti, nel '54, e questi non avendo raggiunto un accordo, decise di proclamare chiusa finita l'operazione.

Pio XII si arrabbiò ma non potava farci nulla e odiò profondamente DeGasperi ma non riuscì a risollevarsi.

L'MSI sotto la guida di DeMarsanich nel '51 fino al '54 passò di successo in successo riprendendosi i voti presi della DC nel '48 e conquistando soprattutto nel sud numerose amministrazioni locali con atteggiamento di benevolenza e neutralità nei confronti del governo Pella. Nel '54 pur fallendo l'operazione Sturzo l MSI si era già reso indispensabile per i governi democristiani perché l'anno prima non era passata la legge elettorale maggioritaria, detta “Legge truffa”, sorta di riedizione della legge Acerbo del '23 che attribuiva un forte premio di maggioranza ai partiti apparentati che avessero raggiunto la maggioranza relativa dei voti. Proposta voluta dalla DC e osteggiata da movimenti minoritari dei partiti laici dai quali uscirono movimenti spontanei con l'esplicito scopo di sottrarre voti al blocco centrista e far fallire la destra come Unità Popolare di Tristano Codignola e Piero Calamandrei dal partito socialdemocratico o Alleanza Democratica Nazionale di Epicarmo Corbino dal partito liberale. Tutto questo mise in allarme le dirigenze sia della DC che dei partiti laici minori che vennero incalzati da un'opposizione parlamentare fortissima dai partiti di sinistra. La legge truffa non passò e questo significò che il blocco centrista non aveva la maggioranza in parlamento cosicché fino al '58 dovette arrangiarsi ricorrere all'appoggio non sempre chiaro di monarchici e missini che appoggiarono i governi Pella, Zoli, Segni, Tambroni. Successo indubbio della segreteria DeMarsanich che dopo le elezioni del '53 fu contrario ad una riedizione del governo DeGasperi mentre si astenne sul governo di Pella, nel frattempo chiese ripetutamente per motivi di salute di essere sostituito alla guida del partito. Infatti nel '54 venne nominato presidente Arturo Michelini che gli garantiva una successione ideale.

Biografia dell'eccellente fascista di regime Filippo Anfuso. Quella del militare ribelle e a tratti radicale di Junio Valerio Borghese. Del fascista moderato incline ad un inserimento partitico con i governi democristiani di Augusto

DeMarsanich. L'ultima figura di fascista emblematico è quella di Alfredo De marsico.

Alfredo De Marsico

Era un meridionale: la classe dirigente del partito dopo la prima fiammata repubblichina si delineò come maggioranza del ceto politico meridionale bacino naturale dei fascisti. Fu importante per la sua oratoria e il carattere travolgene.

Nato nel 1888 il più anziano di questo gruppo. Primo discorso ad Avellino a 17 anni e qui pubblicò il suo primo libro dedicato Francesco d'Assisi nel 1909. Diventò studente a Napoli di legge laureandosi con una tesi in diritto civile chiamata “La compravendita di

cosa futura” nel 1909. Rifiuta di entrare nella carriera giudiziaria e anche ad un impiego nella pubblica amministrazione arrivando

nel 1911 2° su mille candidati. Lo fece per intraprendere la carriera di avvocato penalista giudicando illustri maestri i giuristi come Enrico DeNicola che non condividerà le sue scelte politiche e che fu presidente provvisorio della repubblica italiana nel '45.

Anche se considerò sempre il diritto penale il suo prediletto campo di studi De marsico ebbe una discreta e acuta curiosità intellettuale occupandosi di letteratura tedesca conoscendo bene la lingua imparando in seguito il francese l'inglese e il russo. Nel frattempo scrisse il suo primo lavoro organico sulla rappresentanza nel diritto processuale penale. Fu, in un ambiente scarsamente intellettuale, l'intellettuale del MSI.

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All'entrata nella prima guerra mondiale fu riformato ma rinunciò al congedo e fu mandato in quanto possessore di un handicap fisico ai sevizi sedentari. Non cessò di portare avanti la propaganda nazionalista ammirando d'Annunzio e provando simpatia per il presidente del del consiglio del '15 Salandra. In questo periodo assunse posizioni liberali di destra perché ad Avellino aveva fondato fin da giovane un centro liberale presentandosi alle elezioni del '19, senza successo, contro Vincenzo Saverio Nitti. Nella crisi del dopoguerra turbato da una possibile rivoluzione di stampo socialista salutò con favore il sorgere del fascismo come portatore di stabilità, convinto come i liberali che fosse un necessario momento del liberalismo ovviamente conservatore (guarda Giovanni Gentile). Egli si avvicinò al fascismo ed ebbe molto riguardo per il fascismo guardandolo con rispetto. De marsico entra in politica come deputato per la circoscrizione di Napoli nel '24 del 6 aprile e subito dopo si fece luce nel partito fascista con un discorso del 5 agosto '24 sulla necessità di elaborare una legislazione fascista.

Partito Liberale

Nella cosiddetta Italia liberale non è mai esistito un partito liberale almeno un partito organizzato con un'attrezzatura sua propria, con un'identità ben definita. Inoltre, almeno all'inizio, non nasce come partito di Dx, non può essere considerato ne un partito moderato ne conservatore.

Prima della nascita del fascismo non esiste un partito liberale nel senso che prima esisteva uno stato liberale, un regime liberale, ordinamento liberale con riferimento allo statuto Albertino e non si sente il bisogno di un partito vero e proprio.

All'interno della “corrente liberale” esistono raggruppamenti politici anche consistenti :

Democrazia Sociale di Colonna di Cesarò. liberali di sinistra industrialisti che ruotavano attorno alla figura di F. S. Nitti (nittiani). Benedetto Croce soprattutto a livello di ideologia.

C'era questa lacuna per via del fatto che era il sistema che ambiva a chiamarsi liberale perche si identificava con l'ordinamento stesso dello stato e nell'impersonificazione di Giolitti, il politico più influente fino al '20, per aver campo libero per intavolare rapporti con le altre forze politiche in particolare con quelle forze nate come antisistema come i Cattolici e i socialisti.

Rapporti coi cattolici: portarono al cosiddetto Patto Gentiloni (dal nome del conte Vincenzo Ottorino Gentiloni) e prevedeva che alle elezioni politiche generali dell'anno seguente ('13) i cattolici che avevano obbedito al non expedit di Pio IX, non votando alle elezioni, votassero questa volta per i candidati liberali giolittiani.

Rapporti coi socialisti: fin da subito quando nel 1903 Giolitti ha l'incarico di formare il governo, fa la mossa provocatoria di invitare Turati a far parte del governo che era il leader riconosciuto del partito socialista ma rispose di no.

L'apertura di Giolitti non passò inosservata e negli anni successivi anche se i socialisti non fecero mai parte della maggioranza parlamentare su molti punti programmatici e su molte leggi erano d'accordo con Giolitti. Unico caso lo sciopero generale di Parma del 1904, dichiarato dagli agricoltori parmensi sciopero ad oltranza, Giolitti applicò la tattica del “lasciar fare” non mandando polizia, di norma sempre presente, lasciando che lo sciopero si esaurisse da se. I suoi rapporti coi socialisti riformisti (capeggiati da Alceste deAmbris) così miglirarono immediatamente.Tutto ciò fa capire come mai, Giolitti per primo, si tenesse ad intendere come liberale il sistema e non si sentisse l'esigenza di un partito.Alle origini, anno '42 '43, quando il partito si ricostituisce, il partito liberale non è un partito di Dx; è un partito composto da diverse anime non è né un partito moderato né un partito conservatore.

Durante il ventennio fascista i liberali italiani erano quasi tutti emigrati ma alla spicciolata senza mai creare una forte opposizione all'estero: erano singole personalità che all'estero si distinsero in varie attività politico-culturali.

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Francesco Saverio Nitti esule a Parigi. Alberto Tarchiani sempre a Parigi. Conte Francesco Sforza poco conte ma che teneva al suo stato. Diplomatico molto abile un politico molto

intelligente; fece vedere le sue qualità diplomatiche negli accordi con la Jugoslavia, nella stesura del trattato di Rapallo.

Sosno tutti personaggi isolati perche diversi:

Tarchiani era un liberale sui generis; emigrato negli U.S.A. Era follemente innamorato del sistema politico americano ritenendo di conseguenza che dove esistessero elezioni libere e legali c'era democrazia: non serviva altro. Il voto popolare a suffragio universale era sufficiente garanzia di democrazia.

Nitti era segnato dalle sue idee originali che erano idee interventiste in materia economica, di partecipazione dello stato nell'attività produttiva e bancaria e che aveva in Italia i suoi allievi, cosiddetti nittiani, che si battevano per questi stessi ideali.

Il conte Sforza invece era a suo modo un liberale di Sx. Negli U.S.A., dove visse quasi tutto il suo esilio, fu un eminente organizzatore e sostenitore della Mazzini Society cioè di un associazione che voleva diffondere negli Stati Uniti il pensiero repubblicano di Mazzini oltre che le sue idee.

La congiuntura del '42 '43 li induce a creare un partito all'origine non di destra (a parte che Sforza finirà nel partito Repubblicano, Nitti sarà nel dopoguerra un liberale indipendente, Tarchiani sarà ambasciatore a Washington e uomo di DeGasperi). Comunque chi aderisce ora al partito non lo fa da posizioni moderate o conservatrici perché i liberali subiscono una forte influenza:

dal partito d'azione, dai Comitati di Liberazione Nazionale dei quali faceva parte.

Il CLN era progressista fautore di un ritorno del'Italia dopo il fascismo ad una forma di democrazia più radicale più incisiva di quella garantita nel periodi pre e post-bellico. Il Partito d'Azione preoccupava i liberali pur provenendo dal pensiero di Carlo Rosselli (con la sua esperienza di Giustizia e Libertà, movimento antifascista nato da esuli italiani a Parigi); il PA si rifaceva ad un'identità ideale che respingeva il marxismo(il libro più importante di Rosselli stampato nel '30 si chiamava “Socialismo Liberale”). Non si trattava di conciliare dizzinalmente 2 concezioni profondamente diverse ma Rosselli diceva semplicemente che il liberalismo era un metodo al quale non si poteva rinunciare mai nell'attività politica e il socialismo un fine. Quindi l'atteggiamento progressista del CLN(socialisti e comunisti) e le posizioni del PA(tutte forze di Sx che erano anche tentate di capovolgere il movimento di liberazione in una rivoluzione proletari come).

I liberali insomma non vollero far la figura del partito di destra in un momento in cui le forze politiche italiane e soprattutto quella che contava si dirigeva in tutt'altra direzione. Il nuovo partito quindi è animato da una forte dialettica interna dove ci sono posizioni chiaramente di Sx liberale come si vede dalla lettura del giornale del partito “risorgimento liberale”. I liberali di Sx sono quelli che all'inizio spiccano di più e che rivestono le cariche importanti:

Niccolò Carandidi era il genero del direttore del Corriere della Sera Luigi Albertini (fino al '26). fu ambasciatore a Londra in anni assolutamente cruciali dal '45 al '47 per discutere il trattato di pace decidere le sorti dell'Italia. Egli seppe svolgere un'opera che perlomeno stemperò la reazione punitiva inglese, i quali inglesi rispetto americani e francesi erano i più inviperiti. Aveva un tratto aristocratico che piaceva molto agli inglesi unito ad una conoscenza dell'inglese perfetta: tutto ciò rendeva i rapporti più facili. La sinistra liberale aveva quindi uomini ragguardevoli al suo interno.

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Il pontefice massimo del partito però era Benedetto Croce che fu proclamato presidente il quale esercitava una vera dittatura culturale sulla società italiana per la sua fama internazionale, per le sue benemerenze antifasciste, per l'azione svolta da Napoli durante la resistenza cercando di ottenere la destituzione di Vittorio Emanuele III e quando aveva cercato di far uscire il partito liberale dai complessi d'inferiorità con gli “azionisti”: era una figura imponente. Infatti Croce morì nel '52 e fino ad allora si evitò una scissione del partito tutto in omaggio a lui. A 86 anni dopo aver dato molto alla cultura italiana non poteva ricevere il colpo dello scissione del partito che lui aveva voluto. Ma la scissione era imminente e matura in preparazione dal '49 anno in cui:

Niccolò Carradini Bruno Villabruna Franco Libonati Vittorio DeCapraiis Leopoldo Piccardi Eugenio Scalfari

diedero vita al settimanale “Il Mondo” entrato nella storia del giornalismo per contenuti sempre rigorosi e culturalmente alti per la sua veste per come si presentava; era e voleva essere essere un giornale che voleva essere per le élite. Nonostante le copie vendute ebbe sulla società un grandissimo successo. Il mondo aveva una linea politica autonoma; i suoi esponenti rimasero in seno al partito fino alla morte di Croce. La sua linea si sintetizzava nell'antifascismo e nell'anticomunismo in modo intransigente. Del fascismo denunciavano non solo l'eredità giudiziaria e legislativa e istituzionale ma anche e fu uno dei primi a farlo denunciarono la risorgenza nel neofascismo. Nel taccuino, rubrica del settimanale, c'era sempre un trafiletto dedicato alle forme di organizzazione di rinascita del partito fascista. Idea per l'anticomunismo. Nei confronti erano un po' ingenerosi non capendo appieno l'originalità e la peculiarità del partito

come del pensiero di Gramsci. Ma tutto ciò aveva la sua ragione d'essere misurando il comunismo sull'ora di Mosca cosicché Togliatti e il suo gruppo dirigente erano considerati nemici ad oltranza.

La fondazione del Mondo configura già una scissione dal partito avendo una propria linea politica e non riconoscendo quella del partito. Due anni dopo la morte di Croce diventa segretario del partito

Giovanni Malagodi

nato nel 1904 da famiglia illustre; il nonno aveva partecipato al risorgimento difendendo Vicenza nel '48 e la repubblica Romana nel '49 (era repubblicano); il padre Olindo era un gionalista giolittiano famoso scrivendo l'introduzione “le memorie della mia vita” di giolitti; nemmeno lui era conservatore era un giolittiano di Sx.

si laurea nel '26 in economia dal '31 al '47 svolse importantissimi incarichi a livello bancario internazionale , partecipa attivamente alla nascita dell'IMI dell'IRI dell'economia mista e delle partecipazioni statali

rimanendo sempre molto tiepido nei confronti di questo apparato, nel 2° dopoguerra continua ad esercitare un opera di consulenza econimica dei governi centristi nel '53 si iscrive al partito e immediatamente viene nominato l'anno successivo segretario.

Imprime subito al partito un'impronta conservatrice. Aveva idee molto chiare e fisse conservatrici, tanto da portare alla scissione da parte degli uomini del mondo,nel '55, che formeranno il partito radicale. Essi scrissero, velenosamente, che Malagodi aveva affittato il partito all'Assolombarda. L'assolombarda era l'associazione lombarda degli industriali la più potente d'Italia: l'ala più di destra e conservatrice di una confindustria di Dx e conservatrice presieduta da Alighiero deMicheli.

Malogodi quindi da segretario sposava senza esitazione la linea dell'industria a favore quindi della proprietà privata, della grande impresa monopolistica, del latifondo (grande proprietà assenteista) e tutto ciò rese necessaria la

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scissione che nel '55 dide vita al partito radicale. I radicali erano i giornalisti del Mondo e si distinsero per il distacco dalla linea politica liberale ritenuta incompatibile. Malagodi non si scompose e continuò a professare le sue idee:

tenace avversione contro l'industria pubblica contro quella di stato(soprattutto contro l'Ente Nazionale Idrocarburi fondata dopo l'AGIP da Enrico Mattei)lo stato non doveva essere imprenditore in nessuna forma proprio negli anni in cui andava formandosi

avverso alla programmazione economica; era il periodo d'oro della programmazione economica tanto che l'intelligenzia italiana, tra cui Ugo LaMalfa e Pasquale Saraceno, ne faceva suo vessillo. Culminò nel '61 nella celeberrima nota aggiuntiva al bilancio dello stato stesa da Ugo La Malfa in cui l'economia pianificata veniva ampiamente professata e dichiarata

Ciò portava l'ostilità di Malagodi al centro-sinistra il quale cercava di osteggiarlo in tutti i modi(programmazione economica era uno dei cavalli di battaglia del centro-sinistra). La programmazione economica è quel complesso di teorie che hanno origine in John Mainard Keynes . Egli aveva teorizzato l'uso della spesa pubblica per a fini di stabilizzazione del sistema, finanziamento del welfare state proponendo che a questo scopo si utilizzasse la spesa pubblica anche in regime di deficit spending cioè si poteva oltrepassare i limiti di equilibrio di bilancio, in maniera controllata, per ottenere finanziamenti pubblici per attività produttive di interesse nazionale. Secondo quest'idea l'economia non poteva essere abbandonata a se stessa ma doveva essere governata con il metodo dei piani (triennali..) che fissavano dei traguardi. Era la previsione di un monitoraggio costante della produzione interna a scopi di armonizzazione di sistema con il mezzogiorno privilegiato e fu sottolineata la necessità di eliminare il divario Nord-Sud da Pasquale Saraceno.

Malagodi fu avverso a tutto ciò, facendo inevitabilmente perdere voti e consensi. Nel frattempo moriva il partito radicale cioè l'ala Sx del liberalismo; muore attorno all'affare Piccardi. Leopoldo Piccardi era stato un collaboratore del Mondo dall'inizio, aveva aderito al partito radicale ma negli anni precedenti era stato consigliere di stato sempre stato liberale e nel '55 il direttore del giornale Mario Pannunzio scopre che nel '38 Piccardi aveva partecipato in Germania ad un convegno di giuristi nazisti e fece anche una relazione. Pannunzio montò una grande campagna contro Piccardi che però aveva il torto di avere un obiettivo nascosto: volle usare questa macchia per evitare un avvicinamento dei socialisti nel partito radicale come avrebbe voluto Piccardi. Il partito si divise tra due schieramenti e tutto finì con una disgregazione totale. Il Mondo uscì fino al '62 in quanto testata troppo importante. Sembrava una vittoria per i liberali di Malagodi che comunque vide calare i voti fino alla sua ultima partecipazione al governo con Giulio Andreotti nel '72 (“governo Andreotti-Malagodi”; Malagodi era il ministro del tesoro). Il '72 è l'anno che riflette negli equilibri politici le conseguenze del movimento del '68: infatti ci fu una reazione del pensiero conservatore contro gli eccessi del movimento studentesco e contro il '69 dell'autunno caldo e della ribellione delle fabbriche. Il governo Andreotti-Malagodi, dopo la stesura dello statuto dei lavoratori del '70, segna la riscossa dell'Italia moderata e conservatrice. Nel '76 Andreotti compose il primo governo comunista infatti fu da sempre un cinico anche se sempre di Dx. Malagodi cerca di improntare il governo attraverso lo strumento del tesoro in maniera conforme ai suoi principi: niente proggammazione economica, niente centro Sx, riduzione debito pubblico, che non è nulla rispetto quello attuale(colpa degli anni '80 di Craxi che distribuiva soldi alle famiglie a scopi elettorali: a gonfiare il debito pubblica italiano furono misure come le brevi pensioni cioè con 12 anni di lavoro. Trasferimenti monetari alle famiglie e alle imprese a fondo perduto), politica defrazionistica. Il governo del '72 '73 fallì non raggiungendo nessuno dei suoi obiettivi. È difficile d'altronde restaurare in situazioni normali: vige la legge delle aspettative crescenti in base alla quale i cittadini si aspettano di avere domani più di oggi. Negli anni '70 era inconcepibile pensare di poter ricevere un salario più basso o una limitazione generale del tenore di vita del cittadino e del consumatore italiano. Caduta del governo e perdita della segreteria per incompatibilità con il nuovo segretario Valerio Zanone; riuscì comunque a farsi eleggere senatore, nonostante Zanone, nel '83 e a farsi confermare nel '87 trattandosi di un padre nobile del partito. Il dissanguamento elettorale giunse con Zenone arrivando alla soglia dell'estinzione: nel '94 gli ultimi liberali si aggregarono a Berlusconi che piano piano se ne sbarazzò, non essendo lui mai stato liberale, come Antonio Martino figlio di Gaetano ministro degli esteri liberale negli anni '50; Marcello Pera ex presidente del senato. I reduci del PL furono emarginati da forza Italia.

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Le tappe fondamentali sono:

ricostruzione del partito nel '42 '43 come partito polimorfo, pluralista, la prevalenza del liberalismo di Sx negli anni in cui Carandini è a Londra, nascita del mondo nel '49 che è già una criptoscissione, l'ibernazione del partito per Benedetto Croce, l'avvanto nel '54 della segretaria malagodi, la fuoriuscita dei radicali nel '55, l affitto all'Assolombarda e la politica di Malagodi, ostilità al decentramento regionale previsto dalla costituzione la prima fu la Sicilia. La costituzione prevedeva

le regioni a statuto ordinario a cui si arrivò nel '71. polemica quindi anche contro la repubblica.

Destra Cattolica

La destra italiana ha un elemento di originalità, un suo tratto di specificità che la rende, in tutto o in parte, diversa dalle altre destre europee. Le destre in Europa cominciano a prender piede in modo massiccio negli anni 30, non solo perchè sorgono i movimenti fascisti e nazisti ma perchè c'è una spinta verso destra che è favorita dalle caratteristiche dei regimi e dagli ordinamenti politici. Bisogna tener conto che nel 1938 circa, in Europa soltanto la Francia e l'Inghilterra sono regimi democratici; tutti gli altri sono a vario titolo autoritari, totalitari o assimilabili all'autoritarismo! L'Italia, la Spagna, il Portogallo e poi l'Ungheria, l'Austria, la Germania, l'Unione sovietica comunista, e cosi via; gli unici che si salvano sono in parte i paesi scandinavi, agitati tuttavia da forti spinte di destra. Spinte che sia in Norvegia che in Svezia vanno direttamente nella direzione del nazismo. Durante la guerra furono numerose le formazioni volontarie che combattevano per la Germania nazista, sia svedesi, in numero maggiore, che norvegesi. Questo significa che esistono movimenti di destra estrema che in qualche modo condizionano la vita pubblica. Questi movimenti in qualche caso sopravvivono al grande crollo della seconda guerra, alla sconfitta della Germania, riescono quindi a galleggiare.

Che cosa caratterizza questi movimenti?Intanto non sono una destra moderata, sono movimenti di destra radicale, che in qualche modo intrattengono una parentela con il fascismo e il nazionalsocialismo. Tuttavia sono movimenti “laici”, non confessionali, non compromessi con le ideologie di carattere religioso. Il Portogallo di Salazar pur essendo fortemente influenzato dalla realtà spagnola(non laica), conserva e mantiene quel tanto di tradizione laica, ereditata dalla repubblica precedente. Un fascismo c'è anche in Inghilterra, il partito di Oswald Mosley . Il partito di Mosley, che non conterà mai molto, in qualche momento riesce a farsi sentire, è un movimento filo-fascista del tutto indifferente dal fattore religioso.

Il nazionalsocialismo è un caso molto particolare, a parte il fatto che Hitler era personalmente cattolico e ciivettò per tutta la vita con movimenti, culture, tradizioni neo pagane. Basta pensare a quello che fu l'ideologo ufficiale del nazionalsocialismo, Alfred Rosenberg,che considerava il cristianesimo una iattura dell'occidente e professava idee neopagane, fondate sul culto di antiche divintà germaniche o sulla venerazione diretta della terra e del sangue. La Germania tuttavia era un paese che era per il 60% protestante e per il 40% cattolico, dove esisteva una gerarchia sia cattolica che protestante, che non era facile eliminare. Con le quali quindi, anche se riluttante, Hitler dovette fare i conti. Sbarazzarsi di cattolici e protestanti significava non godere della fiducia dell'intero popolo tedesco. La guerra senza le religioni storiche della germania non era pensabile. Per altri paesi le cose non erano cosi complesse.

In ungheria dove elementi di destra impazzarono sin dagli anni ‘20, si ebbero manifestazioni neo pagane molto pronunciate, fino al movimento delle croci di Ferenc Szálasi. Nella stessa Francia, che è un paese fortemente

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cattolico, le tendenze fasciste prescindono da motivazioni direttamente religiose, l'Action Francaise per esempio si può definire un movimento di clericalismo ateo: Maurice Pujo si dichiarava cattolico, ma non lo era, tant'è vero che dopo la guerra fu scomunicato. Questo può essere esteso al PDL (Parti Populaire Français) fino al movimento fascista panrusso che era ugualmente riluttante della motivazione religiosa.

Ciò che invece caratterizza il fascismo e poi la destra tutta intera nel dopoguerra è il cattolicesimo. Il fascismo italiano è cattolico, la destra post 45 è cattolica; l'unico caso analogo è quello della spagna franchista. Naturalmente questo capitolo è contenuto nei patti lateranensi, trattato concordato su l'atto di nascita del fascismo della destra cattolica, non fosse altro perchè consegna alla chiesa l'istruzione alla gioventù rendendo obbligatorio, che era già nelle scuole elementari, nelle scuole superiori l'insegnamento della religione e quindi contribuendo a forgiare le giovani generazioni. Tant'è vero che si può parlare di gerarchie ecclesiastiche, vescovi in testa, che si schierano con il regime. Tutto questo non può essere senza conseguenze, anche perchè si forma un movimento di idee concorrenziale, rispetto al fascismo che tuttavia non si può considerare cattolicesimo di sinistra. É una forma di cattolicesimo esclusivista che pensa di fare a meno del fascismo, che pensa di poter affrontare senza il fascismo, ma che rimane cattolicesimo. In questa situaszione si arriva al dopoguerra. Nel dopoguerra non è nemmeno concepibile una destra che sia cattolica; c'è qualche tentativo, Julius Evola per esempio, ma assolutamente privo di importanza. La destra italiana è per definizione, per costituzione cattolica. La cosa ha una conferma molto vistosa nelle elezioni del 18 aprile 1948 quando i cattolici in massa votano per la DC, considerandola l'unico argine sicuro contro il comunismo, contro l'ateismo e tutte le altre orribili nefandezze di cui venivano accusati i comunisti. Cattolicesimo ateo anche questo, perchè molti votarono la Dc, ma se i cattolici atei esistono ancora oggi e giuliano Ferrara è un esempio, ateo e clericale, a maggior ragione esistevano nel 1948. Nessun movimento politico di destra potè fregiarsi di un appellativo che non sia cattolico. Questo anche perchè la politica di Pio XII aveva valorizzato l'azione cattolica e in particolare la gioventù cattolica che era governata da luigi Gedda, torinese monarchico e fondamentalista, che fu sempre il prediletto del papa, fino alla sua morte nel 1958. Gedda rappresentò sempre una spina nel fianco della Dc, ne condizionò né persuase la destra, e soprattutto orchestrava l'azione cattolica, l'unica organizzazione di massa che fosse vissuta sotto il fascismo. La prova di questo è che, come a suo tempo scoprì uno storico triestino, nel 1943 con una sorta di capriola Gedda aveva capito che il fascismo era ormai chiuso e offrì l'organizzazione a Badoglio: eccellenza, se lei lo ritiene l'azione cattolica è completamente a sua disposizione.

Gedda sapeva di rappresentare qualcosa di più. Era uno straordinario organizzatore e quindi conosceva i suoi polli. Inoltre anche se è un po’ arbitrale Gedda nel 1948 fu l'organizzatore dei comitati civici, un'organizzazione di sostegno alla Dc, che sorsero nel giro di poche settimane in tutti gli 8000 comuni italiani. Ogni comune aveva il suo comitato civico che impegnava i sostenitori nella Dc. Questa fu una sorta di miracolo organizzativo realizzato da Gedda, che nel 1954 fu premiato dal papa con nomina a segretario generale dell'azione cattolica. I comitati civici fomentavano molto la campagna elettorale, condotta all'insegna del clericalismo più sfrenato. Ad esempio la madonna pellegrina che di notte girava illuminata tenuta da un elicottero che la calava, e agiva sugli elementi emozionali più scontati, ma con forza. La campagna del ‘48 assieme ad altri episodi particolari, tipo le madonne piangenti, furono una trovata geniale di Gedda e i comitati civici. Il quale non mancò di segnalarsi come alternativa, minacciando di costituire un secondo partito cattolico, un partito cattolico ultramontano(reazionario), integralista. Questa minaccia incombente condizinò fortemente la politica di De Gasperi il quale non poteva non tener conto dell'esistenza di una destra cattolica esigente, fortemente motivata. D'altra parte questo insieme di circostanza fece si che altre forze di destra( missni, monarchici e liberali) furono costrette a dichirarsi cattoliche. I monarchici non avevano problemi, erano cattolici per vocazione, i liberali e i missini qualcuno in più. I missini perchè tutta la prima parte della loro parabola fu segnata dalla ipotesi rivoluzionaria di rievocare la carta di verona e non era propriamente cattolica, tuttavia benpresto con l'arrivo di De Marsanich e Michelini il MSI dichiaratamente espresse

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la volontà di essere il secondo partito cattolico. I liberali avevano una tradizionale riluttanza che però era soprattutto della sinistra liberale, che fino a quando riuscirono a controllare il partito la fecero valere. Il partito liberale peraltro commise l'errore di allearsi con il fronte dell'uomo qualunque alle elezioni del 48 che finirono per perdere. Questo provocò quella scissione silente con la sinistra liberale, che darà vita al settimanale Il Mondo.

Una destra italiana non cattolica in Italia, sarebbe stata inconcepibile, per la presenza del vaticano .

Neofascismo

Il neofascismo è la componente più importante della destra italiana, se non altro perchè è la più duratura. Le altre formazioni si dissolvono prima, il partito monarchico praticamente è finito alla fine degli anni 60, i liberali praticamente si estinguono con la segreteria Malagodi, che eseguì una funzione quasi sicaria nel partito. Invece il neo fascismo, la sua mentalità, la sua cultura persistono fino a periodi recenti, alla cosiddetta svolta di Fiuggi, fino alla recente fuoriuscita di futuro e libertà per l'Italia dal popolo delle libertà.

Io vorrei cercare di vedere se esista un minimo di omogeneità, di coerenza culturale all'interno del neofascismo italiano. Da subito dico che la mia risposta è si, però un si condizionato, cioè si a patto che, purchè, si ma anche; le varianti sono numerose, perchè all'interno ci sono differenze significative, ma un humus comune esiste. Occorre fare i conti con questa cultura che è una cultura estranea alla cultura democristiana, da quella più in generale che si riconosce nella costituzione repubblicana.

Le origini del movimento rinviano direttamente a queste origini, questi istinti terroristici, perchè si rifacevano direttamente alla esperienza della RSI e quindi della sua ideologia, del tipo di mentalità e cultura. Questa mentalità aveva una componente essenzialmente funeraria. Cioè durante i 600 giorni della RSI accade un po' come se si assistesse ad una prolungata ed interminabile elaborazione del lutto. Cioè i neofascisti repubblichini erano consapevoli che un periodo si era chiuso, che una stagione era passata e anche che non sarebbe stato facile farla rifiorire. Quindi la predilizione per il nero, un tono per le canzoni, per le parole d'ordine sempre intonati da questa elaborazione del lutto. Fiocco nero da squadrista, noi la morte l'abbiam vista.. Quindi questa forma di convivenza con la morte, una consapevolezza di impossibilità di resuscitare una stagione finita. Basta ricordare l'addobbo assolutamente funebre del processo di Verona, che nel ‘44 condanna a morte i generali che avevano votato contro il duce il 25 Luglio : Galeazzo Ciano, Giannetti e altri.La sala a Verona completamente tappezzata di nero, bandiere nere, camicie nere, calzoni neri.

Ora potremmo continuare, rifacendoci a Farinacci e agli altri gerarchi neorepubblichini che sono tutti variamente imbevuti di una ideologia di morte, che ha questo significato : elaborazione del lutto, forma di riconoscimento di un trapasso.

Il primo fascismo repubblicano, il primo neo fascismo che nasce nel dicembre 1946 e che trova nell ex dirigente dei Far Almirante ha questa ideologia continua : continuano i suoi riti, i suoi miti, le sue cerimonie. Gli inizi del MSI sono legati al trafugamento del corpo di Mussolini. Basti pensare anche ai simboli : la fiamma tricolore, se ci si fa caso è l'esatta riproduzione di una fiamma funebre e quindi già nella sua insegna, già nella sua sigla, il MSI dichiara la propria natura di movimento funebre . Questa sigla non cambierà quasi più fino al 1955. Rimarrà con un sigillo sull'identità del partito, quando il partito avrà le sue svolte filo cattoliche. Questo è il primo elemento : la continuazione del carattere funerario che aveva avuto la RSI.

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Il secondo elemento è la nostalgia. La nostalgia del fascismo, la nostalgia di una presunta età dell'oro smarrita, non va confusa con l'elaborazione funeraria perchè è una sorta di vagheggiamento fantastico di un periodo felice e fortunato terminato malamente, a questa forma di nostalgia si ricollegano tutte le celebrazioni delle opere del regime : le paludi pontine, l’acquedotto pugliese, città modello e cosi via. Cioè la nostalgia idealizza una realtà politica che in realtà è molto diversa. Più avanti la nostalgia comincierà a diventare nostalgia di alcune cose specifiche delle opere del regime, in particolare dei grandi manovre finanziarie del 1931-33 come l'istituzione dell'IRI. Attraverso questa forma si fa passare il messaggio : allora si, si facevano le cose seriamente, non si aveva il timore di colpire interessi privilegiati, ledere gli interessi perchè il fascismo realizzava a suo modo una forma di redistribuzione della ricchezza, una forma di giustizia sociale. La nostalgia assume diverse forme da quelle più estremistiche a quelle più ragionevoli, ma è comunque una componente essenzale, della cultura neofascista; cioè l'Italia dei partiti, l'Italia repubblicana, della costituzione non rappresenta affatto l'anima profonda dell'italia, é una sorta di artificio, una specie di costruzione macchinosa e archittetonicamente sbagliata, non corrisponde a nulla di reale, la nostalgia copmorta il richiamo ad una Italia eterna, ad una Italia che incarna la volontà degli antenati. Questa Italia non può essere l'Italia della costituzione, della resistenza, questa è un Italia recente. L'Italia profonda è quella che ha trovato il suo punto terminale nel fascismo.

Il terzo elemento dell'ideologia neofascista è l'anticomunismo, ma non si tratta di un anticomunismo generico, come poteva essere quello cattolico, si tratta di un anticomunismo militante; cioè il comunismo viene considerato come qualcosa di profondamente estraneo alla cultura europea. Quindi il discorso si fa complesso, la cultura europea per loro è la cultura dell'europa antica, pre cristiana, primordiale. Non per caso i gruppi neofascisti sono croci celtiche che rimandano ad un passato remotissimo. Questa europa alle radici profonde completamente diversa dal comunismo sovietico che si deve combattere. Il comunismo, per loro, è essenzialmente in contrasto con la cultura europea, con tutto ciò che l'europa è stata. Inutile dire che rinvia a d un altro stereotipo che è il tradizionalismo; i neofascisti sono culturi di tradizioni, non importa se realmente esistenti e reali, se siano addomesticate o piegate ad un uso, l'importante è che siano credute. Se ad una tradizione si crede è come se fosse vera.

Tornando al tema del comunismo l'anticomunismo militante, l'anticomunismo di guerra bisogna dire che si tratta di un contenuto potente. Il neofascismo vivrà di questa sorta di perenne vigilanza contro il pericolo comunista. Nel neofascismo l'anticomunismo è una sorta di distintivo quasi antropologico, per loro cioè non si può non essere anticmounisti a meno di non essere uomini, il comunista non è un uomo, è l'incarnazione del male storico, una realtà innaturale, un entità al limite bestiale; quindi è questo anticomunismo a cui il neofascismo attinge una coesione, una forza di convincimento. Corollario di questo anticomunismo antropologico è lo spiritualismo della destra estrema, che è legato all'anticomusnimo perchè il comunismo sarebbe materialismo, culto della materia, adorazione per le realtà concrete, mentre il neofascismo è una sorta di trascendenza, di dimissioni verso ideali spirituali. Qui si avvertono alcuni provenienze culturali specifiche, come Julius Evola, quello che Evola chiamava razzismo spirituale, quando diceva che non è razzismo ideologico, bisognerebbe essere materialisti, il nostro è razzismo spirituale, l'europa come popolo eletto, figlio di un destino di eccellenza e gloria. Come poi nei tardi 70,80 i neofascisti facessero afar convivere il razzismo spirituale con gli omicidi, le azioni violente rimane un mistero, ma che si siano sempre sentiti degli spiritualisti è un dato di fatto.

Ancora con il trascorrere del tempo il neofascismo deve constatare la propria crescente marginalità, il movimenti didestra radicale, ordine nuovo e altre, nascono dal malessere e dal disagio per questa appiattita nazionalità. Questa nazionalità non viene ricercata, forse non cambia mai nella storia che qualcuno accetti una condizione perennemente minoritaria, i neofascisti non accettano di rimanere diversi e trasformano subito la marginalità in alterità antropologica. Vale a dire i neofascisti non sono marginali, non sono diversi, rappresentano invece un altro livello, un altro tipo di umanità, un altro modo di essere uomini e allora si capiscono i fenomeni che si moltiplicano

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alla fine degli anni 70 - fascisti che quando passa qualcuno, apostrofano “ehi compagno” e se questo si volta lo picchiano. Questo spiega perchè anche l'abbigliamento dei neofascisti sia connotato. Il neofascista si deve riconoscere a colpo d'occhio e quindi ha un abbigliamento di tipo particolare. Questa particolarità viene facilmente trapiantata nelle giovani generazioni, altrimenti non ci spiegheremo come mai trovi adepti tra i giovanissimi, che nulla sanno del fascismo, nulla hanno visto e vissuto e ne hanno una immagine indistinta, ma che si sentono nell'intimo fascisti, perchè si sentono diversi, si sentono altri rispetto ad un modello di umanità normale che essi considerano deviata. Da questo discendono a cascata il fatto che i neofascisti disprezzano lo stile di vita dei borghesi, che considerano vigliacco, succube dei comunisti (ovviamente). Quindi l'avversione contro lo stile di vita borghese in nome di che cosa? In nome di un indistinto vago stile di vita eroico, il neofascista è un apostolo un eroe, un antisignano del futuro, un uomo dell'avvenire. Inevitabilmente disprezza l'ordine borghee che è fondato sulla ricchezza, sulla stratificazione sociale che esiste e cosi via.

Quindi l'ideale eroico versus stile di vita orghese. Tutto questo su un terreno che non ha nulla da spartire con il fascismo storico. I neofascisti degli anni 70 sono una specie di escrescienza culturale NUOVA, anche perchè non sarà mai come il fascismo storico, non centra niente. Una riprova di questo carattere sovversivo l'abbiamo a partire dal 19968 quando l'atteggiamento dei neofascisti nei confronti del movimento studentesco, del movimento degli studenti era un atteggiamento aggressivo che produce spirito di emulazione, empatia.

Concludendo si può dire che la storia del neofascismo è una storia molto più complessa e molto più difficile da comprendere di quanto comunemente si creda. Per esempio un altro elemento che abbiamo trascurato e che invece è maggioritario, nella storia del neofascismo, cioè il fascismo cattolico, il fascismo clericale. Potremmo dire addirittura il fascismo concordatario nostalgico di una facilitazione tra stato e chiesa che sltanto il fascismo era riuscito a fare.

Se si mettono insieme queste anime cosi diverse che convivono non facilmente allora cosa li tiene uniti fino a quando sul finire degli anni 70 dal MSI si staccano quelli della destra radicale?

É il profondo spessore reazionario della destra italiana. Quello di cui parlava, inaascoltato, Giorgio Amendola : “non dimenticate mai che l'italia è un italia di destra, che gli italiani sono nel profondo dei reazionari, che hanno dei riflessi condizionati che li portano inesorabilmente a destra.

Roberto Vivarelli è uno storico, vivente, che emerse negli anni 50 e che si affermò come allievo di Gaetano Salvemini. In quanto suo allievo Vivarelli scrisse un’opera monumentale sulle origini del fascismo dal 1918 al 1923. Insegnò alla scuola normale di Pisa e poi improvvisamente quandò andò in pensione rivelò in uno scritto d'occasione che da ragazzo era stato repubblichino, era stato con la RSI, era andato volontario a 14 anni nelle milizie della RSI. Naturalmente la cosa suscitò uno scandalo, l'allievo di Salvemini, il democratico che ha scritto una storia sulle origini del fascismo, che non trabocca di simpatia, era repubblichino. Eppure Vivarelli rivendicava questo passato con fierezza . Più tardi si capì che dietro c'erano gli idilli personali e familiari, con il fratello ammazzato dagli antifascisti. Tuttavia il caso rimane con tuttala la sua complessità. Ed è forse la migliore espressione di quello che è stato il disorientamento della generazione dell'anno 0. Perchè c’è stato anche chi si arruolò nella RSI e più tardi diventò democratico sincero, che ebbe un ravvedimento interiore autentico, che magari lo portò a nascondere un passato considerato disonorevole, da rinnegare. Vivarelli si decise a 70 e passa anni, e quando aveva conquistato nel mondo degli studi un auterevolezza esemplare, che non rendeva possibile nessun fraintendimento. Eppure di questi è vissuta la storia italiana. Per questo la grande intuizione del PCI fu quella di istituire i commissari politici all'interno delle formazioni partigiane, che avevano il compito di alfabetizzare, istruire, i giovani partigiani. I comunisti che venivano dalla guerra di spagna, che avevano una lunga carriera antifascista si rendevano conto anche della gioventù che aveva fatto la scelta fascista. I commissari spiegavano l'abc della democrazia.

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Di conseguenza spero che abbiate colto il segno di questa lezione che è quella di voler dire che nella storia non c'è mai nulla di deterministicamente sequenziale.

Strategie della DC

Legge Scelba1950. L'anno 1950 non è soltanto l'anno della defenestrazione di Giorgio Almirante e dell'avvento alla segreteria di De Marsanich, ma è un anno di profondo mutamento nelle strategie del MSI e delle altre forze politiche nei suoi confronti. Basta pensare che è l'anno in cui viene presentata in parlamento la legge Scelba, che mina alla estromissione del MSI dalla scena politica italiana.

Diventa una situazione in movimento per molteplici motivi; si scontrano e arrivano quasi alla resa dei conti due diverse strategie interne al MSI.

De Marsanich, insediato il 22 febbraio avanza subito, in sintonia alle sue posizioni, la proposta della costituzione di un patto tra le componenti della destra. Mentre il partito liberale lascia cadere l'invito, il partito nazionale monarchico lo accoglie con entusiasmo, in nome della attualità di valutazioni. Il partito nazionale monarchico nel corso del consiglio nazionale del 22 dicembre, lancia un appello per raccogliere tutte le forze nazionali per la libertà, la patria il corporativismo. Il Movimento Sociale Italiano risponde con prontezza indicando l'obiettivo dell'apparentamento di tutte le forze elettorali.

Di fronte alla diffusione delle destre, all'apparentamento dei due partiti, nel MSI insorge la corrente di sinistra. Piero Ignazi, nel “polo escluso”, la chiama sinistra del MSI, ma non è propriamente una sinistra, potremmo dire l'estrema destra del MSI, i fascisti radicali, i fascisti riottosi, intransigenti. Comunque per comodità chiamiamola sinistra fascista. I suoi esponenti nel comitato centrale, svoltosi nel dicembre 1950, protestano contro lo spostamento a destra, contro il cedimento, contro la compromissione con le forze moderate. Il Capo monarchico d'altra parte non la prendeva meglio, perchè ad esempio il movimento giovanile organizza una specie di fronda che impedisce la presentazione di liste comuni in città importanti del nord, come Milano, Torino, Verona. Tuttavia è all'orizzonte un probabile rafforzamento della destra. In concomitanza con l'uscita dei liberali dal governo e l'inevitabile sbilanciamento a sinistra, che suscita una vistosa preoccupazione. In un momento di accesa contestazione da parte dei settori più moderati intaccati dai loro interessi dalla riforma agraria, si sente il timore delle forze di destra, soprattutto con la riforma agraria del 1950 nelle due articolazioni, la legge Stralci e la legge Sila. In realtà queste avevano in qualche modo promosso la messa a coltura di terreni incolti, con apposite disposizioni. Naturalmente la legge Stralci e la legge Sila, furono viste a destra come misure comuniste e attaccate come tali, con tutti i corollari del caso. Sorge qui il problema per la dirigenza della DC di bloccare un processo, ai suoi occhi pericoloso, di una area moderata e conservatrice concorrente per cui il ministro dell'interno Mario Scelba e il presidente Alcide De Gasperi decidono di attuare un atto di strategia, una strategia complementare di integrazione. Da una parte si tenta di eliminare il MSI, dall'altro si tenta di integrarlo, di assorbirlo. Come è possibile farlo contemporaneamente? Basta minacciare l'eliminazione per ottenere la morbidezza e la disponibilità necessaria alla integrazione. Naturalmente il MSI, che in quel periodo ha un punto essenziale che è quello della legittimazione, dell'accreditamento nel sistema dei partiti, una minaccia del genere non può lasciarla senza seguito. La legge Scelba viene presentata in parlamento e comunque sia le due strategie di integrazione e eliminazione obbediscono entrambe all'obiettivo della destra. In realtà la strategia della integrazione è tutto sommato sconvolgente, perchè garantendo al MSI una legittimazione della quale De Marsanich ha disperato bisogno, lo rafforza e rende meno giustificabili gli attacchi portati. Solo con il successo della linea scelbiana di eliminazione del polo di destra la DC recupererebbe interamente l'elettorato

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conservatore-reazionario che aveva conquistato alle elezioni del 18 aprile 1948 (per paura della minaccia comunista), e si sarebbe liberata dell'insidia di uno scavalcamento a destra.

Mario Scelba è stato un politico molto discusso, poco amato perchè fu l'organizzatore delle forze celeri di polizia negli anni 48-53, che repressero le agitazioni sindacali, senza tanti complimenti; una delle formazioni scelbiane più celebre fu il secondo reparto celere della questura di Padova, chiamato a intervenire presso dovunque in Italia. Tuttavia Scelba era un personaggio complesso, era un antifascista leale. Negli anni trenta era vissuto a Roma dove era avvocato, senza mai giungere ad accomodamenti o indulgenze con il regime, quindi se lo dovessimo definire in maniera sintetica potremmo dire che era tanto anticomunista quanto antifascista, e quando presentò la sua legge per il dimensionamento e la tendenziale eliminazione del partito MSI non fece altro che esprimere una provocazione, una sua tendenza profonda; certo se poi andiamo alla psicologia politica del personaggio era un forcaiolo, che conosceva solo il linguaggio del manganello. Inoltre, che però rimaneva nella sua formazione, era stato in Sicilia una allievo del Sturzo. Qualcuno addirittura all'epoca, basandosi sulle somiglianze somatiche, sostenne che era il figlio di Sturzo. In ogni caso rivendicava l'eredità sturziana però in una versione conservatrice.

Sturziano, antifascista, violentemente anticomunista, autore di misure repressive, scioperi ed esercitazioni sociali, ma al tempo stesso intransigente custode dell'antifascismo sturziano, in nome di un ragionamento che non faceva una grinza. In questa direzione Scelba si mosse coerentemente, solo che l'insuccesso ci fu, nella linea scelbians dell'eliminazione del polo di destra. La DC avrebbe recuperato l'elettorato conservatore-reazionario, ma questa strategia scelbiana si infranse contro un timing dettato dall'iniziativa del MSI, che i democristiani non avevano calcolato. La legge Scelba, punta della strategia dell'eliminazione, non venne approvata prima delle elezioni amministrative del centro sud nel maggio 1952, cioè le lezioni del maggio 1952 si svolsero in assenza della legge Scelba. L'ostruzionismo dei deputati missini, consentì di arrivare alle amministrative senza che si arrivasse all'approvazione della legge. Nel 1950 il MSI organizzò un ostruzionismo parlamentare che ebbe successo perchè impedì l'approvazione della legge Scelba prima delle amministrative, che si conclusero con un successo clamoroso del MSI(infatti ci si accorse che la minaccia comunista non aveva ragione d'essere e quindi l'elettorato conservatore-reazionario tornò a votare ciò che gli era naturale). Il quale passò da circa 450 000 voti a 1 400 000 voti, quasi triplicando la sua rappresentanza. Insomma il MSI all'interno della galassia dei partiti italiani arrivò a raggiungere l'11,8%. Questo clamoroso risultato portò missini e monarchici, grazie all'apparentamento, alla conquista di 6 importanti città : Napoli, Bari, Foggia, Lecce, Benevento e Salerno. Questo naturalmente spiega come l'insediamento elettorale del MSI avvenisse soprattutto a sud e contribuisse fortemente ad azzerare la linea corporativista, rivoluzionaria del MSI delle origini, che era su tutt'altre posizioni, e era soprattuto espressione del nord che aveva conosciuto la RSI. Comunque con le elezioni dell'anno, un successo elettorale vistosissimo conseguito il MSI ottenne quella legittimazione elettorale che lo poneva al riparo da atti contro la sua esistenza, cioè da quel momento non si sarebbe più potuto far fuori il MSI senza ottenere reazioni molto forti. Sul piano interno invece l'accettazione sostanziale voluta da De Marsanich intensificaione dei contatti e dei rapporti

Operazione SturzoGià prima dell'espluà elettorale del 1952, quando il MSI ottiene il raddoppio dei propri voti, incominciata la legittimazione del partito, e quindi una implicita smentita, negazione della linea Scelba, che puntava invece alla sua cancellazione . Già il 6 aprile 1950 era avvenuto un incontro fra i dirigenti del partito, Arturo Michelini, neo segretario del partito, Roberti e De Gasperi. Questo incontro serviva a ufficializzare la presenza del MSI in parlamento e a rendere possibile la concessione delle pensioni di guerra per gli ex combattenti della RSI, inoltre il riconoscimento ai fini dei benefici di carriera del servizio svolto agli appartenenti alla milizia volontaria per la sicurezza nazionale, che avvenne nel 1952. Sono episodi che non si possono valutare, e valgono come piena legittimazione del partito, perchè il riconoscimento delle pensioni ai combattenti alla RSI infligge un colpo alla

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resistenza, in qualche modo equiparando la militanza nella RSI e la militanza nella resistenza. Più pesante ancora appare la misura che prevede il riconoscimento a fine di carriera, dei servizi resi nella milizia volontaria. Qui la legge recita “milizia volontaria per la sicurezza militare”, che era in realtà un ente preesistente alla RSI e quindi la legge del 1952 riconosceva i servizi prestati con la guardia nazionale repubblicana. La GNR si era sporcata di molti reati, di abusi e anche delitti. Comunque il vento tirava dalla parte di una piena legittimazione del MSI e della destra in generale. Inutile dire che anche la ufficializzazione dei missini in parlamento aveva un significato particolare, perchè il MSI era un partito incostituzionale, i governi democristiani potevano anche chiudere gli occhi, fingere di credere che non fosse il neonato partito fascista, che fosse qualcosa di diverso ma la realtà era quella, il MSI era la fotocopia di quello che era stato il PNF e ignorarlo, negarlo, dimenticarlo era un segno di debolezza, di inettitudine da parte della DC e in generale della classe politica antifascista. Comunque possiamo dire che alla fine del 1952 il processo di legittimazione era sostanzialmente finito. A coronamento di questa strategia viene la cosiddetta operazione sturzo.

In occasione delle elezioni amministrative di Roma del 1952 la DC e in particolare il Papa Pio XII, nutrivano un forte timore di essere sconfitti alle urne insieme con i partiti laici, di centro, che erano storicamente apparentati con la DC. Avevano ricevuto molti segnali in questa direzione, avevano rudimentalmente adoperato i primi sondaggi relativi al voto, ed erano giunti alla conclusione che la minaccia era fondata. In particolare il Papa Pio XII ne era terrorizzato perchè la sua linea, pastorale che era anche la linea politica, consisteva nell'enfatizzare il pericolo comunista e nel minimizzare i neofascisti. Per Pio XII i neofascisti non erano portatori di un attentato contro la democrazia, in cui per altro non credeva in quanto era legato ad una concezione autoritaria del potere. A questo punto tramite agli ambienti a lui legati e in particolare al presidente dell'azione cattolica Luigi Gedda, Pio XII fece trapelare la sua volontà di un apparentamento con i monarchici e i missini, che avrebbe presumibilmente sventato il rischio dei “cosacchi alle porte di san Pietro”. Pio XII sembrava poco interessato al problema della composizione complessiva dell'alleanza, a lui interessava l'apparentamento, che avvenisse contestualmente con i partiti di centro, lo interessava relativamente. Era rimasto colpito dai risultati delle amministrative e riteneva che un apparentamento con i missini fosse l'ancora di salvezza per il vaticano. Inutile dire che le parole d'ordine erano “la città del vaticano non può subire l'onta di un successo comunista”. Fatto è che Pio XII incaricò della missione di organizzare l'apparentamento con monarchici e fascisti a Luigi Sturzo. Don Luigi Sturzo, che era stato segretario politico del partito popolare italiano dopo il 1919, che era stato antifascista e nel 1923 quando il partito popolare su pressione delle correnti di destra si era alleato con i fascisti, Sturzo fece l'impossibile per far naufragare quella alleanza, e ci riuscì al congresso di Torino del 1923. Sturzo sapeva di non avere l'appoggio del vaticano, nella sua costituzione del partito popolare, perchè aveva creato un partito di cattolici, non un partito cattolico. L'appello costitutivo del partito era stato rivolto nel 1919 a “tutti gli uomini liberi e forti”. Questo non era, date le tradizioni, nelle corde del vaticano e Sturzo in qualche modo, soprattutto quando sconfessò l'alleanza con i fascisti, sapeva di non avere le simpatie del vaticano, infatti quando la stretta del 1926 da parte del regime fu costretto all'esilio che durò oltre vent'anni (tornò nel 1947). All'inizio dei quali il cardinale Pietro Gasparri scrisse una lettera molto eloquente in cui diceva “finalmente ce lo siamo tolto dai piedi”. Sturzo comunque rimaneva un prete cattolico pienamente investito della sua missione sacerdotale; ebbe modo di rivedere le sue posizioni, di considerare avventato il gesto che aveva compiuto nel 1923. Questo soprattutto dopo la firma dei patti lateranensi, che cambiano completamente le prospettive del mondo cattolico italiano. Comunque lo Sturzo del 1947 è diventato un uomo di destra, un conservatore, un uomo che offre la sua collaborazione ai giornali di destra, che conduce alla fine degli anni '50, battaglie contro il sistema delle partecipazioni statali, contro l'economia pubblica in nome del principio dell'economia di mercato. In più sturzo coltiva un senso di colpa nei confronti del vaticano, proprio perchè aveva cambiato posizioni si sentiva responsabile di una sorta di peccato. Pio XII che lo sapeva e si rivolse proprio a lui perchè facesse da notaio dell'apparentamento con i monarchici e i missini. Sturzo naturalmente accettò perchè questo gli dava modo di sdebitarsi; non si indignò più di tanto se a fargli la proposta fu Gedda, un personagigo sul quale vent'anni prima avrebbe sparato. Dopo di che

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ebbero inizio i colloqui. Primo ostacolo che si frapponeva era l'atteggiamento dei partiti laici minori : liberali, repubblicani, socialdemocratici, i quali erano contrariatissimi all'apparentamento e non lo nascosero e lo fecero sapere fino al punto di dire che la cosa sarebbe accaduta senza di loro e si chiamavano fuori e che l'apparentamento sarebbe funzionato soltanto da sé. Questo naturalmente creò a De Gasperi un imbarazzo enorme, cioè i partiti laici erano alleati dal 948, farne a meno gli appariva una prospettiva gravida di incertezze e rischi, molto pericolose. Lo fece sapere in vaticano. Il papa fu irremovibile e disse chiaramente a Gedda, per riferire che di quello che avrebbero fatto i moderati non gli interessava niente perchè con loro le elezioni si potevano soltanto perdere. Questo forse, perchè le notizie non lo riportano, determinò una prima perplessità. Sturzo aveva accettato per compiacere il vaticano e a questo punto ci fu la reazione, molto abile e decisa, di De Gasperi, il quale considerava letale l'alleanza con monarchici e missini, e quindi non ebbe nessuna esitazione a ricorrere a frasi discutibili per far naufragare l'operazione. A questo punto le cose si fecero convulse, Gedda giocò le sue carte che si chiamavano costituzione di un secondo partito cattolico, che ovviamente viste le aspirazione del MSI avrebbe potuto soltanto riprendere i fascisti. Gedda lo comunicò a Gonella, segretario politico della DC, avvertendolo del rischio alla creazione del secondo partito cattolico, per il quale in vista delle amministrative imminenti erano già pronti i simboli. Gonella che condivideva le posizioni di De Gasperi non si lasciò impressionare e riferì al capo di governo la posizione di Gedda. De Gasperi mantenne la sua strada e riuscì a ottenere che aumentassero le perplessità di Sturzo, che non aveva però il coraggio di dichiararsi apertamente, ma escogitò un espediente : dettò a monarchici e missini un ultimatum dicendogli che entro le ore 12 del giorno successivo dovevano sapere dire il proprio atteggiamento, altrimenti l'operazione saltava. Monarchici e missini avevano anche dissensi al loro interno, in particolare sulla cosiddetta sinistra neofascista che in realtà era destra radicale, quindi non riuscirono a decidere entro il mezzogiorno, e Sturzo annullò ufficialmente l'operazione. Poi Gedda non fece il secondo partito, perchè il papa era contrario, quindi l'ipotesi tramontò. Si svolsero le elezioni secondo lo schema centrista collaudato e i “cosacchi” non arrivarono alla fontana di san pietro e il blocco centrista vinse le elezioni. Il papa tuttavia non avrebbe mai perdonato De Gasperi, perchè conosceva troppo bene la vicenda, sapeva che De Gasperi aveva sabotato in tutte le maniere possibili l'apparentamento e c'è qui un episodio che viene raccontato da, un allora giovane, democristiano di sinistra, D'olivo che in un suo libro “polemica intransigente”(sia nome democristiano che titolo libro non sono sicuro)racconta la scena dell'incontro fra Pio XII e Giorgio La Pira, futuro sindaco di Firenze, in cui disse “santità perdonatemi ma vi assicuriamo che faremo tutto il possibile, e più, per conquistare la vittoria” e racconta che il Papa voltò le spalle a La Pira e gli disse : “lasci perdere, certe resistenze non dovevano esserci, certi rifiuti non dovevano manifestarsi”; e infatti poco tempo dopo quando De Gasperi chiese un'udienza in vaticano, gli venne negata, ottenendo in risposta una lettera nobilissima, pubblicata nel libro “De gasperi Scrive”, in cui De Gasperi diceva “santità se voi non volete vedermi io come cattolico, posso soltanto obbedire, però come cattolico e come privato cittadino, se non volete vedere il presidente del consiglio io devo alzare in modo veemente la mia protesta e la mia dichiarazione di inammissibilità”. Inutile dire che a Pacelli non bastava scuoterlo e quindi mantenne il divieto, ma la cosa di fatto finì sui giornali, che la pubblicarono come un segnale di dissapore profondo fra la DC e il suo leder e il vaticnao.

Legittimazione e e delegittimazione del MSI

Ora inutile dire che il fallimento dell'operazione determinò anche un insuccesso per il MSI, che dovette contabilizzare una perdita. Intanto continuavano a correre parallele le due ipotesi di ridimensionamento della destra, di contenimento della forza del MSI, cioè la strategia dell'eliminazione e dell'integrazione. Fra l'altro le prospettive della eliminazione si erano rafforzate, durante l'operazione Sturzo, perchè a fini di stabilizzazione del “mondo libero”, i fascisti non erano necessari, si poteva anche farne a meno. Tuttavia bisogna dire che analizzando obiettivamente la situazione la strategia di integrazione appariva tutto sommato controproducente, perchè garantendo al MSI una legittimazione della quale il partito aveva bisogno, lo rafforzavano e rendeva meno ingiustificabile gli attacchi portati alla sua esistenza. Il bilancio con il quale il segretario De Marsanich si presentò al terzo congresso svoltosi all'Aquila

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nel luglio 1952, era dunque positivo. Conquista di un ampio seguito elettorale; aumento del potenziale di coalizione(capacità di un partito di stringere alleanza con altri); legittimazione piena nei fatti in quanto partito di governo, almeno locale. Ora questo processo incontrava resistenze interne, soprattutto da parte degli esponenti missini, di tendenza repubblicana, i quali non soltanto respingevano l'ipotesi di una allargamento delle alleanze a destra ma erano molto scettici e contrari anche al patto atlantico approvato nel 1949. Perchè il patto atlantico egemonizzava gli stati uniti e quindi non garantiva quell'idea di Europa in cui si credeva, cioè appariva una specie di protettorato americano che era il contrario di quello che la visione eurocentrica dei missini prevedeva. Questi oppositori erano quelli della cosiddetta sinistra neofascista; erano personaggi che erano stati esponenti di spicco della RSI e che per questo motivo era molto difficile isolare. Essenzialmente due : Luigi tacchi e Giorgio Pini. Tacchi e Pini non erano stati esponenti di secondo piano, tacchi era ministro dell'economia e delle corporazioni, era stato il protagonista del tentativo di socializzazione, per quanto mascherata e virtuale, delle fabbriche. Giorgio Pini era stato prima direttore del Resto del Carlino di Bologna, poi sottosegretario agli interni e nel dopoguerra sarebbe stato insieme con Duillio Susmel il curatore dell'opera omnia di Benito Mussolini e di un volume altrettanto corposo “Mussolini, l'uomo e l'opera”, che pubblicò nel 1950. Ora il caso di Tacchi, e soprattutto di Pini è molto singolare, perchè durante la RSI Pini era stato un esponente della linae moderata, si era manifestato per essere un fascista liberaleggiante, colto, illuminato, insomma una specie di contraltare a Farinacci. Ora Pini nel dopoguerra si rivela un oppositore della segreteria del partito, poteva apparire e appariva abbastanza singolare ma la cosa si spiega, perchè Pini sarà stato un moderato ma era un fascista vero, senza dubbi legato a un ideologia di cui con il passare del tempo si era mostrato custode sempre più intransigente; pergiunta in quel momento l'ex segretario Almirante era rifluito su posizioni moderate e segnatamente filo-atlantiste, che Pini assolutamente non condivideva. Pini giudicava che troppe concessioni, troppi compromessi stessero annacquando il patrimonio del neo fascismo che rischiava di annacquarsi fino a sparire. Pini e con lui Tacchi, ritenevano che civettando con la DC e alleandosi con i monarchici , cioè aumentando il loro potenziale di coalizione, i missini contemporaneamente perdessero la loro identità, diventassero generalmente un partito di destra, mentre per loro dovevano essere un partito autenticamente fascista. In più c'era l'antiatlantismo di Tacchi e Pini, cioè l'avversione a un sistema di alleati che ai loro occhi avrebbe istituito una sorta di protettorato americano sull'Europa, mentre essi avevano una visione eurocentrica, in cui l'Italia doveva rappresentare, per le sue tradizioni e la sua storia, l'asse portante. Le posizioni di questi due personaggi dettero luogo a una dialettica molto forte all'interno del partito e da parte della segreteria ci fu un tentativo di repressione, cioè Tacchi fu espulso dal partito. Certo che si trattò di ferite difficilmente rimediabili perchè Tacchi e Pini erano delle colonne del neofascismo, erano personaggi che ne incarnavano forse come nessun altro le ragioni istitutive e la logica politica, tuttavia il partito si era incamminato su una strada che non aveva intenzione di abbandonare, perchè se ne aspettava i frutti. Per cui uomini come Tacchi e Pini vennero dipinti come i duri e puri che volevano la “ghettizzazione” del MSI il confinamento di una forza che invece aveva molte potenzialità, molte possibilità di presenza sulla scena politica. Il trauma delle espulsioni con il tempo si riassorbirono, Tacchi e Pini rientrarono nel partito ma era comprensibile, naturale (dove dovevano stare dei fascisti veri??) quindi rientrarono nei ranghi pur ringhiando contro Almirante, che ai loro occhi aveva tradito la causa in cui aveva mostrato di credere e accettando sia l'allargamento verso destra, soprattutto verso i monarchici (erano repubblicani non potevano soffrire i nostalgici dei Savoia) e si adattarono soprattutto in virtù dei successi della politica di De Marsanich e poi Michelini, che dopo il 1953 diventò la vera linea portante del MSI. Con la perdita della maggioranza con le elezioni del 7 giugno 1953 da parte del blocco centrista e di fronte al fatto che la DC era impossibilitata di governare da sola, i missini diventavano ufficialmente, anche se con discrezione e in modo molto soft, i portatori d'arma dei governi democristiani. Con il governo Tambroni del 1960 che segna una sorta di resa dei conti all'interno del mondo politico italiano che in qualche modo smaschera le ambiguità della DC (ricordo che De Gasperi è morto nel 1954) e che produce nel paese una fiammata di antifascismo che fino a poco prima era imprevedibile. Il Governo Tambroni fu un governo che si costituì nel luglio 1960 con l'appoggio consueto del MSI. Era tuttavia un governo fragile anche perchè il presidente Fernando Tambroni era un ex esponente della sinistra democristiana, e quindi guardato con sospetto all'interno del partito. Tambroni ebbe la sciagurata idea, per rafforzare la propria posizione politica, di adottare alcune misure palesemente demagogiche come la diminuzione del prezzo del pane, della benzina, tutte cose fatte per accattivarsi i favori della popolazione. Tuttavia i nodi vennero al pettine quando nel luglio di quell'anno il MSI ormai imbaldanzito dai successi, organizza il proprio congresso azionale a Genova, città medaglia d'oro della resistenza. La cosa produsse una reazione violenta, da parte degli ambienti antifascisti e fu vista come una

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provocazione, che di fatto era; tuttavia il governo, per bocca di Tambroni, garantì lo svolgimento regolare dei lavori congressuali a Genova. Si creò un clima di quasi insurrezione popolare, impensabile qualche anno prima. Cioè dopo la dichiarazione di indisponibilità del ANPI di Genova e l'annuncio di concrete iniziative di lotta, il Paese esplose ed esplosero soprattutto i giovani, quelli che sono stati chiamati “i ragazzi con le magliette a strisce”, che andavano in quegli anni, che scesero in piazza dando vita a manifestazioni oceaniche; scattarono anche i morti(la popolizia sparava), soprattutto a Reggio Emilia, città rossa per definizione ; ma anche in Sicilia, di fronte a quella che era stata mostrata come situazione molto grave per la stessa tenuta delle istituzioni democratiche. La DC, di questo le va dato atto, decise di cacciare Tambroni, costringendolo alle dimissioni, con il gruppo parlamentare democristiano che gli sottrasse la fiducia, al che non poteva fare altro che dimettersi. Naturalmente tutto questo accelerò la distanza contro il neofascismo, avvertito come una minaccia, un rischio, l'alzata di capo della difesa di congresso a Genova, venne considerata un atto di iattanza. Non per nulla la crisi provocata dalla caduta di Tambroni accelerò molto il processo di formazione di un governo di centro sinistra. Di questo si parlava fine dal 1953, da subito dopo le elezioni di quell'anno quando era apparso chiaro che l'unica possibilità di stabilizzazione delle istituzioni democratiche era legata alla collaborazione tra DC e PSI. Nel 1953 perfino un duro come Rodolfo Morandi si ammorbidì e disse di cominciare a definire un nuovo rapporto con i cattolici. Anche da parte cattolica c'erano forze che lottavano seriamente e si battevano concretamente per quella che allora veniva chiamata “apertura a sinistra” o “allargamento dell'ala democratica”. Tuttavia ci vollero dieci anni circa prima che si arrivasse in concreto alla realizzazione del primo governo di centro sinistra, con l'astensione socialista. Quando fu varato il governo Fanfani del 1962, l'Avanti uscì con il titolo “da oggi ognuno è più libero”. Perchè una cosa che sembrava politicamente matura, che sembrava nell'ordine delle cose impiegò dieci anni a diventare realtà? Perchè il centrosinistra incontrò forti resistenze da parte di tre soggetti :

la chiesa cattolica : era ancora la chiesa di pio XII, la quale ripetutamente dicevano “i socialisti sono marxisti, quindi materialisti e atei. I cattolici italiani che si riconoscono nella chiesa cattolica non possono adattarsi”

USA : allora avevano un amministrazione di destra, di Eisenhower, che avano vissuto il maccartismo e consideravano i socialisti l'equivalente dei comunisti.

confindustria : vedeva nel governo di centrosinistra la promessa di nazionalizzazioni a raffica e denunciava quindi gli attentati contro la libertà di mercato

Vincere l'ostilità degli USA, della chiesa e della confindustria era difficile, e si rivelò impossibile fino a che gli equilibri politici non precipitarono, quando il sistema di alleanze a destra della DC fu impossibile . Il MSI fu delegittimato e il percorso del centro sinistra fu velocizzato.

Politica della strage

Alla fine degli anni '60, proprio nel 1969, assistiamo ad un salto di qualità, ad una impennata verticale dell'estremismo di destra e di sinistra, nero e rosso. Si moltiplicano le sigle extra parlamentari, dei movimenti che non ambiscono ad una rappresentanza in parlamento, ma che agiscono spesso ricorrendo a metodi violenti. Ma perchè? E perchè in questo momento? Cosa è accaduto?

Bè erano accadute tante cose, nel 68 c'era stato il movimento degli studenti, che era dilagato in tutta Italia e aveva investito tutte le principali università del paese, da Pisa a Torino a Roma, attraverso forme di ribellione aperta, di contestazione radicale, dell'insegnamento dei suoi contenuti, della didattica e dei suoi metodi (si veda articolo di guido piave sui quaderni piacentini intitolato “contro l'università”) La contestazione provocò un moto di rifiuto sdegnato e attonito da parte del corpo docente che non era preparato, ci sono stati casi veri e propri di nevrosi; professori come franco ferrarotti che sputacchiati dagli studenti non riuscirono a superare quel trauma e conservarono sempre una forma di rancore sordo che naturalmente si manifestava in qualche forma. Successivamente, l'anno dopo, ci fu il cosiddetto autunno caldo degli operai, fiat in particolare. Autunno caldo in cui le relazioni sindacali vennero sconvolti, perchè vennero messe in discussione le forme tradizionali della rappresentanza operaia, le cosiddette commissioni interne elettive - ma fino ad un certo punto perchè sottoposte a qualche forma di controllo da parte dell'autorità aziendale. Presero il loro posto i consigli di fabbrica organismi molto

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più sciolti, liberi, molto più democratici e partecipati, dopo il periodo che impegnò fino alla stregua gli operai, soprattutto della fiat.

Che cos'hanno in comune questi due cicli di eventi? Hanno in comune la scoperta che “si può” disobbedire al partito comunista, si può anche comportarsi in totale e perfetta autonomia. Il partito comunista non è un padre padrone, è una forza politica come le altre dalla quale si può anche dissentire, e opporre. Infatti il movimento studentesco del '68 fu in vario modo in conflitto con la politica del PCI e d'altronde non riservò, e questo fu un suo limite che pagherà, al movimento l'attenzione che meritava. Questo per un motivo semplice, il PCI era legato al mito della classe operaia, la rivoluzione la fanno gli operai mica i ragazzetti, “i figli di papà”. Il partito non aveva capito che con l'avvento dell'università di massa, gli atenei non erano più composti da figli di papà, ma vi era un corpo sociale molto più ampio. Quando se ne accorsero lo fecero in maniera tardiva con Luigi Longo e le rappresentanze studentesche, che però non approdò a nulla.L'anno successivo, nel '69, la scoperta del “si può” riguardò gli operai, i quali capirono che l'organizzazione del lavoro in fabbrica, la rappresentanza dei loro interessi presso l'azienda, non poteva essere delegata ad un partito o ad un sindacato, ma doveva essere gestita in proprio. Gli operai erano i diretti responsabili del loro destino, del loro lavoro, della loro sorte aziendale. Anche questo fu per le forze di sinistra organizzate, un trauma difficile da riassorbire.

Quali furono le reazioni a destra e a sinistra? A sinistra cominciarono a fiorire i gruppi maoisti, di estrema sinistra, che si rifacevano, polemizzando contro l'URSS, alla Cina di Mao Tse Tung, che era a sua volta in aspro dissenso. Uscivano diversi periodici, il movimento maoista si divise nella cosiddetta linea nera e la linea rossa; è tipico delle minoranze il frazionismo, la tendenza a frantumarsi. Il principale fu “servire il popolo“ che si leggeva in università, ridendo perchè annunciavano con serietà i matrimoni comunisti, di coppie che si sposavano in tuta rossa cantando in coro “la nostra guida è Aldo Brandirali”, leader del movimento che ha fatto una fine ingloriosa, in comunione e liberazione con Berlusconi. Comunque la situazione dimostrava che poteva esistere qualcosa, potevano esistere nuclei, anche esterni al PCI, la linea che era stata sempre per i comunisti, “niente nemici a sinistra” non pagava perchè i nemici a sinistra c'erano. Contemporaneamente nasceva la destra radicale, nasceva la galassia delle formazioni indipendenti dal MSI, tra le quali il Fronte Nazionale di Valerio Borghese, tra cui Avanguardia Nazionale di Stefano delle Chiaie , tra cui Ordine Nuovo; insomma un pullulio di organizzazioni minoritarie, ma proprio perchè minoritarie avevano la stella polare dell'azione terroristica, perchè c'era stato un innalzamento esponenziale della temperatura anticomunista nel paese. I giovani di destra estrema, si convinsero che l'unico modo di reagire a questa ondata comunista era quello di organizzarsi per la lotta armata. Gli anni '70 e '80 furono anni in cui un linguaggio pudico e insensato parlò di strategie della tensione, che non vuol dire niente perchè la tensione c'è quando gli schieramenti si fronteggiano in condizioni di nervosismo e agitazione, ma si andò ben più in là, si arrivò alle soglie di una guerra civile, e si arrivò soprattutto a quella che un giornalista ha definito politica della strage. La politica della strage ebbe inizio, ufficialmente, il 12 dicembre 1969 quando alla banca dell'agricoltura di Milano, in pieno traffico di affari, fu collocata una bomba che fece 16 morti e varie decine di feriti, in pratica un eccidio in piena regola. Il paese rimase esterrefatto e molto spaventato. I governanti non ritennero che il loro compito fosse quello di cercare responsabili e colpirli ma che fosse quello di tranquillizzare la popolazione, di dargli in pasto un qualsiasi capro espiatorio, e furono gli anarchici . Gli anarchici che erano passabilmente organizzati a Milano, ma erano una minoranza e immediatamente, da subito, dalle prime ore dopo la strage il governo decise di battere la pista anarchica, convinti che in questo modo l'opinione pubblica si sarebbe tranquillizzata. Gli anarchici erano per tradizione quelli che gettavano bombe, quelli che facevano la propaganda del fatto e quindi immediatamente fu individuato un presunto responsabile, Pietro Valpreda. Contemporaneamente vennero fermati in questura altri esponenti del movimento anarchico tra cui Giuseppe Pinelli, che era un ferroviere anarchico e che fu tradotto in stato di fermo già il 14 dicembre del 1969, cioè due giorni dopo la strage venne tenuto in stato di fermo, oltre il limiti consentiti-la legge consente il fermo per 48 ore dopo di che o viene trasformato in stato di arresto o si rilascia-e la notte del 15, verso l'1 circa il Pinelli, che era stato tenuto in questura senza che potesse mangiare o bere fu sottoposto a uno spietato interrogatorio alla presenza di alcuni funzionari e con la supervisione del responsabile della questura Antonio Allegra e del commissario Luigi Calabresi. Pinelli fu interrogato per ore e ore e fu bombardato da notizie false, si disse che il suo amico Valpreda aveva parlato, confessato di essere l'autore dell'attentato e aveva aggiunto che il suo complice era lui, Pinelli. Alla fine di questo bombardamento di accuse non

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si sa come Pinelli finì fuori dalla finestra, si fece quattro piani e si sfracellò al suolo. Suicidio? Malore? Omicidio? Le ipotese si accavalcano subito, l'unico elemento certo era che in un ufficio della questura, un fermato interrogato dal quarto piano ad un certo punto spalanca la finestra e si lancia nel vuoto. Naturalmente la cosa destò un enorme scalpore, una grande indignazione in tutto il paese. Ricordo che giornalisti che erano sempre stati appartati scesero in campo e si indignarono in estremo nel sostenere la causa. Camilla Cederna che era titolare sui l'Espresso di una rubrica di frivolezze, di moda, fu come folgorata e dedicò al caso Pinelli una serie di articoli infiammati che erano frutto di una inchiesta personale, condotta anche con molta intelligenza. Pinelli fu trasportato al fate bene fratelli dove morì e quando si aprì il processo relativo alla sua morte i misteri si moltiplicarono. Non si capiva dove fossero finiti i visceri di Pinelli, l'autore dell'autopsia era un professore di anatomia patologica che aveva conservato il cervello di Mussolini prima di restituirlo alla moglie. Perchè non avesse conservato i visceri di Pinelli non si riesce a capire. Quando su decreto il giudici d'Ambrosio che aveva disatteso le direttive, riaprendo il caso, dispose la riesumazione del corpo si scoprì che Pinelli non aveva vestiti e non si sapeva dove fossero finiti. Questa e molte altre incongruenze, assurdità Camilla Cederna, implacabile rivelava una per una nella sua rubrica. I responsabili della custodia di Pinelli, cioè il commissario Calabresi, il direttore Antonio Allegra e il questore Marcello Guida furono sottoposti ad indagine giudiziaria per omicidio colposo, cioè in cui c'è una colpa oggettiva ma non un intenzione, che è il dolo. Furono incolpati e indagati per anni. Nel frattempo la pista anarchica sembrava dare i suoi frutti, venne immediatamente reperito un super testimone, che era un tassista di nome Cornelio Rolandi, morto nel corso delle indagini. Questo Cornelio Rolandi dichiarò di avere trasportato Valpreda sul luogo dell'attentato con il suo taxi. Subito ci si domandò per quale motivo Valpreda doveva chiamare un taxi per compiere 100 metri di strada, cioè il punto su cui salì sul taxi. Allora Franco Restivo che aveva sposato la pista anarchica sostenne che Valpreda aveva preso il taxi perchè aveva disturbi di deambulazione. Era un ex ballerino era difficile pensare che avesse questi disturbi, comunque fu mantenuto in stato di fermo e di arresto come colpevole. Nel frattempo accadeva che il 19 dicembre dello stesso anno, 7 giorni dopo l'attentato un professore di lettere del trevigiano, raccontò che aveva avuto delle confidenze da un collega, tale Ventura, il quale aveva ammesso sia pure in forma vaga di avere delle responsabilità nella strage. Giovanni Ventura fu da quel momento tallonato senza pietà da due magistrati dalle procura di Treviso, Pietro Calogero, che oggi è procuratore generale a Venezia e Giancarlo Stiz. Calogero e Stiz non diedero tregua a Ventura, intercettarono il suo telefono e appresero dai colloqui tra Lorenzon e Ventura che c'era di mezzo un padovano, un certo Franco Freda detto “Giorgio”, che era già noto alle questure per essere un estremista di destra. Lorenzon, su spinte di Ventura, poi ritrattò la sua posizione solo che i giudici avevano capito di avere agguantato l'uomo giusto e non mollarono. Sottoposero lorenzon a un terzo grado e Lorenzon ritrattò la ritrattazione poi ritrattò di nuovo su sollecitazione del Ventura, con cui aveva rapporti omosessuali. In ultima istanza si decise a confessare. Ventura era spaventato del fatto che Lorenzon avesse fatto il nome di Freda, perchè Freda era un estremista di destra notorio, mentre il Ventura in quel periodo stava cercando di riciclarsi come editore di sinistra, che pubblicava testi di autori insospettabili, di autori con i quali entrava in contatto, di cui otteneva la collaborazione, la firma e i testi. Naturalmente ben diversa cosa, ammesso che la copertura funzionasse-e funzionò per un certo periodo fino a quando gli inquirenti si resero conto che era coinvolto fino al collo. Ventura convinto di non essere scoperto, temeva che venisse il nome di Freda perchè si sapeva che era un fascista oltranzista. Freda gestiva una libreria in via patriarcato, a Padova, dove si pubblicavano, a sua spese, le edizioni AR, radice di nome ariano, ed erano pubblicazioni antisemite, violentemente anti-ebraiche, ed erano apologie di tutti i movimenti più filo nazisti, violentemente antisemiti della storia d'Europa. Per esempio pubblicarono un antologia di scritti di Corneliu Codreano, che era il capo del nazismo romeno, dell'ultimo nazismo romeno, terrorista, antisemita;oppure un antologia di Ferec Szalasi che era a sua volta il leader delle croci frecciate in Ungheria, che presero il potere nel 1944 nel disfacimento della regalità ungherese, per conto dei nazisti che erano i loro partners, e inondarono di sangue.Queste erano le pubblicazioni di AR. In particolare pubblicarono un libretto che non fu difficile attribuire a Freda intitolato “lagiustizia ” che era una attacco violentissimo alla magistratura e in particolare a chi stava indagando. Quindi Freda aveva un immagine pubblica predefinita e non poteva far finta di essere di sinistra, era un estremista di destra molto conosciuto. A questo punto Stiz e Calogero premono con insistenza sulle alte sfere, la polizia, sui giudici di Roma che avevano nel frattempo preso in carico la posizione giudiziari di Valpreda, e scoprono una serie di elementi di fatto che li convincono. In particolare scoprono che Freda e Ventura hanno acquistato in piazza duomo a Padova, alla valigeria, le tre borse che erano servite all'attentato; scoprirono anche i luoghi in cui avevano acquistato i congegni a tempo che servivano per far scoppiare le bombe. Quindi sulla base della analogia ricostruirono che a

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Freda e Ventura, la cellula veneta, andavano iscritti anche altri due attentati il 12 dicembre, a Milano e a Roma alla banca nazionale del lavoro. Insieme a quelli, timer e borse erano servite per altrettanti attentati nell'aprile del 969 alla fiera campionaria di Milano e nell'agosto dello stesso anno. Con tutto ciò Stiz e Calogerono non riuscirono a convincere i loro superiori, tant'è vero che nel 1972 Pietro Valpreda ormai palesemente innocente fu processato per la strage, e cosa ridicola, sulla base della testimonianza del tassista. Nel frattempo si era svolta una campagna innocentista e Valpreda era stato candidato deputato nelle liste del Il Manifesto, che lo aveva scelto come aspirante deputato. Non era stato eletto ma la scelta era significativa. Valpreda finì sotto processo 3 anni dopo che era iniziata l'inchiesta di Stiz e Calogero su Lorenzon, Freda e Ventura. Il processo fu letteralmente una farsa e il collegio giudicante di Valpreda era composto da 6 giurati popolari e 3 giudici togati, e lo presiedeva un personaggio sul quale il quotidiano Il Manifesto condusse una campagna a tappeto di delegittimazione. Campagna che aveva tutta l'aria di essere fondata. Questo personaggio era stato presidente del tribunale che qualche anno prima aveva condannato ad anni di carcere un professore, Aldo Brembanti, colpevole a suo dire di plagio, reato che consiste nel completo asservimento morale e intellettuale di una persona ad un'altra, generalmente a scopi sessuale. Nel corso del processo Valpreda questo signore, che aveva condannato brebanti, mandò avanti il processo per molte udienze fino a che all'improvviso emise un'ordnanza in cui dichiarava l'incompetenza territoriale del tribunale di Roma, che invece avrebbe dovuto essere Milano. Quindi rimise le carte al tribunale di Milano, il quale non aveva nessuna intenzione di accollarsi una patata cosi bollente perchè ormai l'opinione pubblica sapeva che Valpreda era innocente e allora il tribunale di mMlano, disse che Milano non poteva essere la sede del processo per legittima suspicione, cioè legittimo sospetto, cioè Milano poteva essere sospettata di parzialità e quindi il clima che c'era in città non rendeva possibile la celebrazione del processo. Quindi a quel punto sorge un caso giuridico complicato perchè non esiste sede che sia abilitata a sostenere un processo il quale, a norma di codice, deve essere celebrato dal giudice naturale, cioè Milano. Quindi il processo si arena ed è per questo che prende corpo misteriosamente la pista Freda, che Stiz e Calogero avevano cercato per mesi e anni di accreditare. Trovano finalmente ascolto presso il procuratore generale di Padova, Aldo Fais, e le procedure contro Freda e Ventura si avviano. (consigliato libro marco sassano, la politica della strage)Freda e Ventrura vanno finalmente a processo, che si svolge a Catanzaro, alla faccia del giudice naturale, che doveva svolgersi o a Treviso o a Padova. Finisce a Catanzaro per legittimo suspicione, perchè si pensa che Catanzaro sia impossibile avere pregiudizi sugli imputati. Si svolge in un clima distratto assente, in cui gli avvocati difensori si comportano di malavoglia, perchè non è divertente andare a Catanzaro; in cui la pubblica accusa non fa il suo dovere come spesso allora accadeva con la magistratura meridionale . Si conclude con una condanna mite che consente a Ventura di emigrare in Argentina per gestire un ristorante, e a Freda di uscire dal carcere e riprendere le sue trame in vario modo con una serie di iniziative che verranno successivamente individuate con non molta chiarezza, perchè Freda aveva imparato a nascondere le sue mosse.

Innanzitutto negli anni '70 si concluse una vicenda torbidissima, piena di illeciti di illegittimità, di abusi, di forzature del diritto. Secondo nella vicenda di piazza a Milano, in collaborazione con Freda e Ventura agirono quelli che vennero chiamati gli “apparati deviati dello stato” ossia Frange dei servizi di sicurezza che agivano per conto proprio, questo lo si venne a sapere quando fu arrestato, in seguito a un incontro con freda al caffe pedrotti a padova, claudio giannettini, un giornalista che in realtà era un collaboratore dei servizi di sicurezza italiani. Quindi abusi giuridici, complicità accertata dei servizi di sicurezza e infine una forma di fiducia e disagio a livello di opinione pubblica. Questa sceneggiata tremenda, a piazza fontana erano morte 16 persone e più di 50 feriti. A tutt'oggi, 2011 non si conosce la verità, o almeno una verità giuridica su quella strage. C'è stato un giudice, Guido Salvini, che ha ripreso le indagini con molta intelligenza e tenacia che è riuscito a coinvolgere nell'attività della “cellula veneta” altri personaggi, ricostruendo la geografia complessiva del complotto, ma questi stanno in giappone dove vivono agiatamente e non è mai chiesta estradizione, oltretutto è dubbio che se stata chiesta non sarebbe stata concessa, perchè i tribunali giapponesi propinano questi casi sotto la categoria violenza politica, cioè non perseguibili a carico dei propri cittadini.

A conclusione della vicenda di piazza fontana negli anni ‘70 e ‘80 l'Italia vive la tragedia delle BR e la tragedia contestuale del radicalismo di destra di Ordine Nuovo, Avanguardia Nazionale, delFfronte di Valerio Borghese, che si fronteggiano a colpi di pistola e mitra. Per quanto riguarda le BR basta citare il rapimento di Aldo Moro, per

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l'eversione nera basta ricordare le decine e decine di omicidi ascritti a Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, che sono anche accusati e condannati per l'attentato alla stazione di Bologna, 2 agosto 1980. Una stagione con la quale credo di poter dire si conlue il ciclo del terrorismo italiano, che si apre nel 68-69 quando si scoperchia il vaso di pandora in cui era stata compressa la vita politica del paese e si da la stura agli istinti parapolitici e sanguinari per un lungo periodo che credo vi sia stato risparmiato, ma a me no.