AccademiaItalianaDellaCucina_2010_09_ Settembre_219

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CIVILTÀ DELLA TAVOLA N. 219 SETTEMBRE 2010 N. 219, SETTEMBRE 2010 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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n. 219 della rivista Accademia Italiana di Cucina, anno 2010, mese SettembreSe vi piace queso numero della rivista acquistatelo oppure sottoscrivete un conveniente abbonamento annuale.

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 Postmoderno e tradizione(Giovanni Ballarini)

EDITORIALE

5 La quadratura del cerchio(Gianni Franceschi)

CULTURA & RICERCA

6 Le virtù dell’aceto balsamico(Marino de Medici)

7 Il formaggio senza latte(Carlo Magni)

9 Confronto Italia-Cina(Vinicio Eminenti)

11 Strigoli veri e falsi(Italo Arieti)

13 Ricordando Garibaldi(Lucio Messina)

27 Il tempo dei meloni(Giancarlo Burri)

30 Un cantastorie del Seicento(Maurizio Campiverdi)

31 Squisiti bianchetti(David Bixio)

32 La patata molisana(Enzo Nocera)

34 Il tramonto della posteggia(Massimo Pisani)

36 I trucchi dei cocktail party(Antonio Ravidà)

37 Anatomia del cuoco(Gianni Franceschi)

I NOSTRI CONVEGNI

14 Isernia e la cipolla(Maria Cristina Carbonellidi Letino)

16 L’Accademia a San Patrignano(Alessandro Cantagalli)

18 La pesca in Adriatico(Ettore Bonalberti)

20 Tradizione del cioccolato(Carlo Ottaviano eGaetana Bartoli Gravina)

21 La cucina nella storia(Giovanni Denora)

23 Il fico d’India in Sicilia(Angelo Tamburini)

25 Dall’antico al nuovo(Giovanna Maj)

BIBLIOTECA NAZIONALEGIUSEPPE DELL’OSSO

28 L’Artusi secondo Volpicelli(Lorena Gallina)

SICUREZZA & QUALITÀ

39 Il prosciutto, le uova,la pizza e il vino(Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE

8 Accademici in primo piano10 Ricette d’autore12 Calendario accademico40 Lettere al Direttore42 Notiziario43 Vita dell’Accademia64 Carnet degli Accademici67 Dalle Delegazioni78 International Summary

In copertina: “Svinatura al Gabbro”,1889, di Silvestro Lega (Modigliana1826 - Firenze 1895). Il dipinto (col-lezione privata) è stato esposto, dall’8marzo al 27 luglio 2008, nell’ambitodella mostra “I Macchiaioli - Capola-vori della collezione Mario Taragoni”,tenutasi a Venezia presso l’Istituto Ve-neto di Scienze, Lettere ed Arti, Palaz-zo Cavalli Franchetti.

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO, CESARE CHIODI,GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ DALLE ROSE, MICHELE GUIDO

FRANCI, GIANNI MAZZOCCHI BASTONI, ARNOLDO MONDADORI,ATTILIO NAVA, ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE,GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI, EDOARDO VISCONTI

DI MODRONE, CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

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CENTRO STUDI “FRANCO MARENGHI”

PRESIDENTE

Paolo Petroni

VICE-PRESIDENTE

Gianni Franceschi

Ulderico Bernardi, Carla Bertinelli Spotti, Enrico Carnevale Schianca,

Sergio Corbino, Mario De Simone, Maria Attilia Fabbri Dall’Oglio, Paolo Lingua,

Lucio Messina, Enzo Nocera, Renato Palumbo,

Alfredo Pelle (Segretario), Corrado Piccinetti, Lejla Sorrentino Mancusi

DIRETTORI CENTRI STUDI TERRITORIALI

Valle d’Aosta Franco Rio, Piemonte Renzo Pellati, Liguria Enrico Alloero,

Lombardia est Angiolino Bettella, Lombardia ovest Pierangelo Frigerio,

Trentino Gianni Gentilini, Alto Adige Edoardo Mori, Veneto Ulderico Bernardi,

Friuli-Venezia Giulia Giorgio Viel, Emilia Tito Trombacco,

Romagna Alessandro Cantagalli, Toscana est Gian Marco Mazzanti,

Toscana ovest Romolo Ciabatti, Marche Corrado Piccinetti,

Umbria Giuseppe Montanari, Lazio Marino Marini, Abruzzo Gianni Di Giacomo,

Molise Giampaolo Colavita, Campania Tommaso Esposito,

Puglia Vincenzo Rizzi, Basilicata Ettore Bove, Calabria Michele Salazar,

Sicilia est Cettina Pipitone Vosa, Sicilia ovest Angelo Fici,

Sardegna Salvino Leoni

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Postmoderno e tradizione

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

“È da rilevare che le tradizioni restano

in quanto cambiano”.

C ari Accademici, esiste un avver-bio latino, “modo”, che signifi-ca “ora”, “poco fa” e ha dato

origine alla parola italiana “moderno”,che indica qualcosa di recente, attua-le, contemporaneo, accaduto da po-co. Si è moderni, secondo il senso co-mune, quando si lascia alle spalle unpassato più o meno lontano. Tutto èstato quindi moderno e tutto il mo-derno è divenuto passato. Il terminemoderno ha però assunto un signifi-cato storico e l’era moderna la si fainiziare con la scoperta dell’America,anche se tipologie culturali diverse dimodernità sono iniziate in tempi dif-ferenti. La modernità sociale iniziacon il 1600, con l’esaltazione di un’in-dividualità autonoma e autosufficien-te e l’imporsi della nuova scienza diGalileo. Per la cucina, che è semprepiù tarda a modificarsi rispetto ad altriaspetti della cultura (quasi certamenteper la sua valenza identitaria), la mo-dernità parte con l’inizio del XIX se-colo in conseguenza dei profondi ri-volgimenti sociali conseguenti alla Ri-voluzione francese e sotto la spintadell’industrializzazione, che coinvolsetutte le attività sociali.

Per esempio, divengono moderni,cioè attuali, i “fuochi” che via via sisuccedono modificando la cucina,dal fuoco diretto della legna a quellodi carbone, poi del fornello a gas, fi-no ad arrivare al calore di origineelettrica e a quello generato nel cibostesso da onde elettromagnetiche. Inmodo analogo è per gli strumenti dicucina, dalle pentole alle diverse esempre più sofisticate attrezzature evia dicendo. Il termine “moderno” èquindi divenuto prevalentementeculturale e questo spiega come si siapotuta immaginare una cucina nonpiù solo del passato o dell’attualità,ma del futuro (cucina futurista).

Allo stesso modo e in quanto feno-meno culturale si può comprenderecome la modernità sia stata superataper entrare nel “postmoderno” o, me-glio, in quella che è stata individuatacome una “transizione postmoder-na”. Il postmoderno inizia, per con-venzione, più o meno con la rivolu-zione culturale del Sessantotto e na-sce in architettura per poi diffondersiad altre attività umane. È un movi-mento non sempre chiaro, anzi con-fuso, nel quale convivono una criticadel progresso sfrenato nella produ-zione industriale ma anche dei sog-getti definiti e degli stili codificati dal-le tradizioni che si erano formate conla modernità. Di questo nuovo movi-mento è paladino Jean-François Lyo-tard che nel 1979 scrive la “Condizio-ne postmoderna” e, nel 1980, il famo-so saggio sulla “Fine della moder-nità”.

Nello stesso periodo il postmoder-no entra anche in cucina. Non è cer-tamente un caso e neppure unacoincidenza che in Francia nel 1973Henri Gault e Christian Millau indivi-duano un nuovo movimento cucina-rio, che denominano “nouvelle cuisi-ne”, vera e propria cucina postmo-derna che distrugge quanto stabilitoda una tradizione che si era andatasclerotizzando con l’abbattimentodei dogmi dell’alta cucina che vivevasu di un numero limitato di ricette. Èfacile intuire lo sconcerto o anche ilsenso di spaesamento che può esi-stere in chi ha un bagaglio di cucinamoderna, vale a dire ottocentesca edella prima metà del Novecento, co-dificata nella “tradizione moderna”quale, per esempio, era stata vista daPellegrino Artusi e dai suoi seguaci.Uno sconcerto che deriva anche dal-l’ineliminabile e continua spinta auna contemporaneità postmoderna

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di non sempre facile interpretazionee accoglimento e che non può sem-pre piacere.

Anche in cucina il non evitabile fe-nomeno del postmoderno (o dellatransizione postmoderna) pone ilproblema del mutamento di modellialimentari basati su un’antropologiatradizionale, rassicurante in quantopareva fissa e costante, con traumipiù o meno simili a quelli che due se-coli fa accompagnarono il non facilepassaggio dalla grande cucina rina-scimentale a quella moderna. Inevita-bilmente, anche in alimentazione, eindipendentemente dalle abitudini evolontà personali, avanza la necessitàdi andare oltre, travalicando perime-tri e categorie apparentemente con-solidati dalla modernità tradizionale.Un fenomeno che pare non possa es-sere affrontato e risolto soltanto dallasociologia (con il suo provocatorioanagramma “sociologia = ciò-lo-so-già”), ma che coinvolge tutti gliaspetti del nostro essere umani, quin-di parte dall’antropologia.

Pur nei ristretti limiti di questaesposizione, è necessario rilevare chel’incontrastabile fenomeno dell’attua-lità postmoderna non può essere af-frontato misurando soltanto la regres-sione o la contrazione delle pratichedi una tradizione moderna in via di

dissolvimento, o soltanto con criticheo lamentele più o meno efficaci. Nonbisogna, infatti, trascurare che maicome oggi si riscontra il crescere el’espandersi di interessi cucinari e ga-stronomici in classi sociali e in àmbitiche solo poco tempo fa erano inim-maginabili, con metamorfosi radicalianche del gusto e delle sensibilitàsimboliche generali attribuite al ciboe alle sue trasformazioni, luoghi emomenti di consumo, ma soprattuttonon bisogna trascurare il nascere e ildiffondersi di mode e abitudini, alcu-ne delle quali tendono a consolidarsiin nuove tradizioni. Non si trattaquindi di una transizione nella qualesempre meno si crede nelle tradizionie nella loro autorevolezza, quantonell’incapacità di provare le esperien-ze che erano di una modernità passa-ta, con la volontà di trovarne di nuo-ve. Stiamo inoltre vivendo e con unagrande velocità un periodo di muta-mento antropologico ed esistenzialenel quale non solo è messo in discus-sione il rapporto con il passato, mache sempre più tende ad aprirsi aspazi culturali un tempo lontani, mache oggi sono sempre più vicini eche portano alla necessità di un con-fronto e di un dialogo tra le cucine ele gastronomie mondiali, nel grandefenomeno della globalizzazione degli

alimenti, delle loro simbologie e so-prattutto del modo di prepararli, pre-sentarli e consumarli.

Molte sono le questioni postmoder-ne che oggi provocano e interpellanola cucina e la gastronomia, in modoanalogo a quanto avviene per tantialtri aspetti della nostra società, a ini-ziare dalla lingua. Diversi sono anchegli atteggiamenti che si vedono emer-gere nelle diverse cucine mondiali difronte a una postmodernità che haaspetti e valenze diverse nelle singo-le società. Mentre le cucine e le ga-stronomie orientali e tra queste legrandi cucine cinesi si stanno apren-do alle tecniche e ai gusti occidentali,la cucina francese tende a svilupparsiin un’esasperata ricerca delle migliorimaterie prime e di tecniche semprepiù sofisticate, mentre nell’area nor-damericana avanzano sempre più au-daci esperimenti di contaminazioni,scambi e fusioni cucinarie con tenta-tivi di nuove gastronomie anche in-dustriali. In ogni condizione è tutta-via da rilevare che le tradizioni resta-no in quanto cambiano, ed è semprepiù evidente che la transizione post-moderna non è altro che un grandelaboratorio di costruzione, in granparte di ricostruzione delle tradizioni.

In quest’ultimo contesto la nostraAccademia deve operare per una cu-cina italiana che affonda le sue ineli-minabili radici nella ricchissima va-rietà delle cento, mille e più tradizio-ni insediate nella quasi infinita diver-sità territoriale e culturale del Paese.Nell’attuale non facile stagione dellatransizione postmoderna, fucina dinuove o rinnovate tradizioni, è sem-pre più valida la necessità di tutelarele tradizioni della cucina italiana pro-muovendone e favorendone il mi-glioramento, come recita il nostroStatuto. Un miglioramento intelligen-te che deve trovare un nuovo slanciointerpretativo in una cultura del ciboe in una civiltà della tavola all’inse-gna di uno stile e di un buongustoche devono rimanere tipicamente ita-liani.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 78

C A R I A C C A D E M I C I . . .

LA RIVOLUZIONE GASTRONOMICACon l’Ottocento e con la rivoluzione industriale anche la gastrono-mia assume risvolti rivoluzionari, passando dall’economia alimenta-re delle famiglie a quella dei locali pubblici come osterie, trattorie, al-berghi, fino alle più raffinate locande e tavole di ristoranti, prima diposta poi stanziali. Anche gli arredi e gli ambienti risentono, comedel resto era già avvenuto nelle splendide ville venete, di questa rivo-luzione formale.In modo particolare in Italia la gastronomia diventa una scienza dif-fusa che esalta la diversità e l’originalità di ogni regione, che si diffe-renzia per il clima e per l’uso dei condimenti: al Nord il burro e i for-maggi, al Sud l’olio d’oliva e la pasta.Si giunge così all’unificazione della grande gastronomia regionaleitaliana, con l’opera di Pellegrino Artusi che codificò una grande cu-cina italiana salvando l’originalità dei prodotti tipici. (Giovanni Ca-pnist, da “La cucina d’oro”)

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E D I T O R I A L E

La quadratura del cerchioDI GIANNI FRANCESCHI

“Il piatto rotondo è, per sua natura,

simbolo di perfezione”.

U n classico quesito matematicoè rappresentato dalla quadra-tura del cerchio, problema ri-

tenuto insolubile con riga e compas-so. Si tratta, dicono i manuali, di co-struire un quadrato di area uguale aquella del cerchio. Ma parecchi risto-ratori italiani hanno risolto il proble-ma senza riga e senza compasso, enemmeno attraverso complicati cal-coli algebrici. Sembrerebbe, a questopunto, che la geometria sia un’utopia.

Una volta nei ristoranti e trattorie,come in famiglia, c’erano i piatti ro-tondi, perfetti come una O di Giotto:in porcellana, in ceramica, di pregioo semplice terraglia, erano tutti ro-tondi. Persino i sottopiatti d’argentocon gli stemmi nobiliari. Tanto che inparecchi dialetti il piatto piano venivadetto “tondo” e “tondina” il piattofondo, quello per la minestra.

Oggi, invece, i piatti assumono leforme più strane e stravaganti. Hannola forma di un quadrato, di un rettan-golo, di un triangolo in tutte le suevarianti, di un ovale, di un pentago-no, talvolta persino di un trapezio:tutta la geometria piana in tavola. Siha il sospetto che dietro tutta questasarabanda di perimetri ci sia la manodi qualche estroso architetto che deb-ba per forza trovare qualcosa di nuo-vo e stravagante per sbalordire ilcommittente e, di conseguenza,sconcertare gli utilizzatori finali diquesta stoviglieria di nuovo conio.Insomma, sembra che il piatto debbaessere il più possibile strano ed estra-neo alla tradizione per poter ospitarepietanze altrettanto strane e, anch’es-se, estranee alla tradizione gastrono-mica.

Tutti ricordiamo la scenetta cine-matografica di Alberto Sordi che vuolfare l’americano, ma fino a un certopunto. Infatti, di fronte a un piatto

(rotondo) stracolmo di spaghetti, di-ce: “Tu me provochi e io te magno”.Così, l’avventore di un ristorante digrido, i cui piatti gridano vendetta, sisente provocato da un piatto quadra-to o trapezoidale, vasto come unapiazza di paese, al cui centro non c’èil solito monumento a Garibaldi mauna piccola porzione di spaghettisperduta in tanto vuoto, alleggerita,magari, da un pomodorino piccolocome un grano del rosario. Se la mo-derna arte del cucinare deve essere,più che provocante, provocatoria, ilgioco è fatto.

Nel piatto, poi (qualunque sia ilsuo formato), navigano come fosserodisorientate le miniporzioni, pocopiù di un assaggio: anch’esse sonomotivo di irritazione. Un cuoco (scu-sate, oggi bisogna dire chef) è degnodi considerazione soltanto se riesce afare quattro porzioni con una solasalsiccia. Viene alla mente la storiella,saputa e risaputa, del figlio di un osteche di fronte a un problemino da ter-za elementare affermò candidamenteche suo padre da un pollo ricavavacinque quarti. Ma, a quel tempo, ipiatti erano ancora rotondi. E gli osti,in fondo, onesti e poco fantasiosi.

La fantasia, in cucina, non è più unsogno ma una velleità. Un piattonuovo, oppure “rivisitato”, deve esse-re per forza geniale e creativo, altri-menti non ha diritto di cittadinanza intavola. Anzi, dal cosiddetto piatto, tri-ste parvenza di antichi saperi, esala-no soli e solitari sapori adulterati,aromi immaginari, fragranze inconsi-stenti, colori chimerici o presunti tali:siamo alle soglie del nulla.

E, alla fine, il caffè viene servito inuna pseudotazzina a tronco di cono.Ma con sette diversi zuccheri o dolci-ficanti. Dulcis in fundo? Può darsi.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Le virtù dell’aceto balsamicoDI MARINO DE MEDICI

Accademico della Virginia

“Una dotta illustrazione dei metodi tradizionali”.

L a Delegazione della Virginia siè riunita nell’accogliente villadell’Accademico James Gardi-

ner per celebrare a tavola un leggen-dario prodotto della gastroenologiaitaliana, l’aceto balsamico. Simpo-siarca l’Accademico Gardiner, certa-mente l’esperto più qualificato, inquanto gastroenterologo, per illu-strare ed esaltare le qualità gastrono-miche e medicinali dell’aceto balsa-mico. Tanto per cominciare, ha av-vertito l’Accademico, le prime de-scrizioni dell’aceto balsamico, giàdal Medioevo, si riferiscono ai suoipoteri terapeutici e non ai suoi usicucinari. All’aceto veniva infatti attri-buito il merito di curare un gran nu-mero di malanni, dai raffreddori almal di cuore. Durante la peste del1630, il duca di Modena si rifiutavadi lasciare il castello senza un’am-polla aperta di aceto nella sua car-

rozza, convinto che le sue esalazionipurificassero l’aria attorno alla suapersona. L’aceto, e non soltantoquello balsamico, è stato impiegatoper secoli per togliere la sete, am-morbidire le carni, purificare l’aria ecome conservante e medicinale.

Per quanto già Virgilio ne parlasse,l’aceto fa la sua apparizione ufficialenel manoscritto di un monaco bene-dettino, Donizone, del 1046. La rela-zione di Gardiner, ampia e ben do-cumentata, ha presentato una dottaillustrazione dei metodi tradizionali,a partire dal mosto cotto fino al rin-calzo e prelievo, passando attraver-so la fermentazione alcolica e il pro-cesso di ossidazione dovuto agliacetobatteri. La parte finale della re-lazione ha messo a fuoco lo svilup-po dei regolamenti che definiscono iperiodi di invecchiamento e le atti-vità dei tre Consorzi dell’aceto e l’as-segnazione dell’ambito premio “Pa-lio San Giovanni”. La parte della re-lazione che più ha interessato i con-venuti è stata, comprensibilmente,quella riguardante i benefici dell’a-ceto balsamico.

Vale la pena di elencarli per edifi-cazione degli Accademici: proprietàantibatteriche e antivirali; erogatoredi energia e rimedio indicato per do-lori del corpo; potente antiossidanteche protegge le cellule da danni erinforza il sistema immunitario; lecaratteristiche antiossidanti aiutano aprevenire danni al cuore e processiinfiammatori cronici; incremental’attività dell’enzima digestivo pepsi-na nello stomaco; migliora la reatti-vità dell’insulina; riduce il colestero-lo; può ridurre la frequenza delleemicranie; può prevenire l’anemia el’affaticamento; può sopprimerel’appetito e contribuire alla riduzio-ne del peso corporeo; contiene mi-

nerali che migliorano il metabolismodelle ossa.

Il pranzo, all’insegna dell’acetobalsamico, ha portato in tavola unmaialino di circa 25 chilogrammi,cucinato in un forno commercialesecondo precise indicazioni deglianfitrioni. Una leggera spruzzatinadi aceto balsamico ha benedetto leportate. Due erano gli aceti balsami-ci in tavola, uno di 12 anni e uno di25, prodotti da una delle più cele-brate acetaie di Modena.

Gli aceti sono finiti ad arte sullebruschette, sui funghi portobellocon gorgonzola, sulle lasagnette aiporri, cipollotti e tartufi neri, sull’in-salata con agrumi e finocchio, e perfinire sulle fragole, sul gelato di par-migiano reggiano, e infine sui cioc-colati al tartufo.

Una straordinaria cornucopia diaceto sulle vivande apprestate dagliAccademici in un gustoso concorsodi capacità cucinarie. Questa non èstata la prima volta (e non sarà l’ulti-ma) in cui gli Accademici della Vir-ginia si sono cimentati nel proporrepiatti di loro creazione, rigorosa-mente rispettosi delle tradizioni ga-stronomiche dell’Italia, all’insegnadi un prodotto specifico che esaltaquelle tradizioni. Per concludere,anche la scelta dei vini rispecchiavala presenza di Modena, con un ec-cellente Lambrusco Modena Dop,accoppiato allo Sparviere del Con-sorzio per la tutela del Franciacorta,allo Sforzato della Valtellina e a unottimo Recioto Begali.

Resta solo da osservare che la con-viviale casalinga dedicata all’acetobalsamico non poteva avvenire inun periodo più consono, alla vigiliadi San Giovanni e dell’omonimo pa-lio dell’aceto.

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DI CARLO MAGNIAccademico di Roma

“Il caleidoscopio delle innumerevoli forme

lascia francamente perplessi”.

A bbiamo sempre spiegato ainostri bambini che il formag-gio è fatto con il latte, preva-

lentemente latte di mucca oppure dipecora, capra o bufala. Quest’atavicaconvinzione evocava, anche per me-rito della comunicazione pubblicita-ria, pascoli felici negli alpeggi, muc-che serene, mammellute e parlantiche rassicuravano i consumatori circail destino del latte appena munto.Crescendo, i nostri bambini hannoimparato che le mucche da latte pa-scolano poco e sono invece costrettein stalle supertecnologiche a ingurgi-tare mangimi studiati apposta per au-mentare la loro produttività lattifera equindi la produzione di formaggio.Nonostante questa triste consapevo-lezza si fanno ricerche per aumentarein ogni modo la produttività naturaledei bovini e si sollecitano analisi e in-chieste sul settore lattiero-caseario.Una di queste inchieste mette in lucealcuni aspetti sui quali vale la pena ri-ferire, anche se come semplice testi-monianza personale.

Qualche anno fa mi fu richiesto diaffrontare, insieme ad altri ricercatori,uno studio del settore lattiero-casea-rio (limitatamente a quello vaccino)per una grande istituzione pubblica.Diligentemente cominciammo a cer-care informazioni sulla quantità dilatte prodotto, importato o esportato,di quello destinato al consumo “fre-sco” e, infine, di quello avviato allatrasformazione per fare formaggi. Lostudio si presentava assai complessoperché una parte dei formaggi è mi-sta, vale a dire fatta con latte di spe-cie diverse (mucche, pecore ecc.).Inoltre molti formaggi sono d’impor-tazione.

Dopo diversi tentativi per ottenerequalche dato dalle statistiche ufficialio da quelle ufficiose delle associazio-

ni di categoria (che non combaciava-no mai) decidemmo di fare una sti-ma: calcolare, secondo parametri tec-nici, la resa nei principali tipi di for-maggio del latte bovino prodotto inItalia e importato. Questa stima tene-va conto della dimensione d’impresae si differenziava in base a essa. In al-tre parole quanto formaggio, nellesue diverse categorie e livelli di sta-gionatura, si può fare con un litro dilatte “standard”. Il risultato fu stupe-facente. Anche considerando i for-maggi misti, la quota di latte avviatoal formaggio per canali “informali”, laproduzione di burro e yogurt e gliinevitabili errori di stima, la quantitàdi formaggio prodotto era sempre su-periore a quella di latte “standardequivalente” disponibile sul mercatointerno (prodotto e importato) e de-stinato alla trasformazione. A questopunto non restava che arrendersi.

Le notizie della stampa e le inchie-ste televisive degli ultimi anni spessoaffermano che il formaggio non si fasolo con il latte e che i dati sulle im-portazioni non sempre corrispondo-no al vero. Infatti, sembra esservi unaquota non piccola di formaggi otte-nuti attraverso l’uso di polvere di lat-te (che talvolta fa il suo ingresso nelnostro Paese come destinata all’ali-mentazione animale) oppure frutto diuna lavorazione di formaggi mal riu-sciti e mal conservati o che non han-no retto la stagionatura (scoppiati).Di fronte a questa possibilità come fail consumatore a individuare i for-maggi prodotti essenzialmente con illatte?

Alla luce di un po’ di buon sensopossiamo certamente affermare che,a grandi linee, il formaggio stagiona-to è meglio di quello fresco e chetanto più ha la forma del contenitorein cui è conservato dopo la sua lavo-

C U L T U R A & R I C E R C A

Il formaggio senza latte

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razione tanto maggiori saranno leprobabilità che sia fatto con il latte.Un altro elemento da considerare èl’area di produzione. Tanto più que-st’area è specializzata nell’allevamen-to di vacche da latte ed è distante daconcentrazioni industriali tanto mag-giore sarà la probabilità che il latteprovenga dalla zona di produzione.Le mucche, infatti, fanno latte ognigiorno, il latte è facilmente deperibilee non facile da trasportare perciò leimprese di trasformazione tendono alocalizzarsi nelle aree di produzione.

Infine, occorre diffidare di formag-gi che non esistono nella loro forma“naturale”, generalmente corrispon-dente ai contenitori che li ospitanodopo la prima fase di lavorazione. Ilcaleidoscopio delle innumerevoli for-me che assume il formaggio (fettesottili, salamini, rettangolini, triango-lini e tutte le altre geometrie destinateai mercati di massa) lascia franca-mente perplessi e la possibilità checontengano polvere di latte o for-maggi fusi è presente.

L’esigenza di raccontare questa pic-

cola esperienza è nata quando, en-trando in un piccolo negozio di ge-neri alimentari di un’area rurale, hotrovato, insieme all’immancabile ca-ciotta nostrana, formaggi dalle formepiù stravaganti. Quando il formaggiofuso preconfezionato, da spalmare,light, da aggiungere ad altre creativepreparazioni comincia a inondare lenostre campagne è giunto il momen-to di fare appello al buonsenso delconsumatore.

CARLO MAGNISee International Summary page 78

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C U L T U R A & R I C E R C A

L’Accademico Lauro Benetti, Delegato di Carpi-Correggio,ha ricevuto dal Rotary club il prestigioso riconoscimento di“Paul Harris Fellow”.

L’Accademico Giovanni Cartia, della Delegazione di Ra-gusa, ha ricevuto dal Capo dello Stato le insegne di cavalie-re del lavoro.

L’Accademico Franco Ceciarelli, Delegato di Città del Mes-sico, ha ricevuto dalla Camera di commercio italiana inMessico il prestigioso premio “Italia-Mexico”.

L’Accademico Francesco Cudia, della Delegazione di Cirié,è stato eletto presidente regionale per il Piemonte della Confe-derazione nazionale dell’artigianato.

L’Accademico Antonio Finotti, della Delegazione di Rovi-go-Adria-Chioggia, ha ricevuto il premio “Fetonte-Città diCrespino” quale presidente della Fondazione Cariparo.

L’Accademico Andrea Galantini, della Delegazione diBolzano, è stato nominato presidente del Lions club di Bol-zano host per l’anno sociale 2010-2011.

L’Accademico Raffaele Iovieno, della Delegazione dellaPenisola Sorrentina, è stato nominato amministratore dele-gato delle Terme Stabiane di Castellammare di Stabia.

L’Accademico Lauro Machella, della Delegazione di Mace-rata, ha ricevuto dal Capo dello Stato le insegne di cavaliereufficiale dell’ordine al merito della Repubblica italiana.

L’Accademico Luigi Marini, Delegato di Teramo, ha rice-vuto la cittadinanza onoraria della città di Giulianova.

L’Accademico Franco Mazzeo Cicchetti, della Delegazio-ne di Potenza, è stato eletto nel Consiglio regionale dellaBasilicata.

L’Accademico Roberto Olivi Mocenigo, della Delegazionedi Modena, è stato eletto governatore del distretto 108 Tbdel Lions international per l’anno 2010-2011.

L’Accademico Beniamino Palamone, della Delegazionedi Potenza, è stato eletto nel consiglio d’amministrazionedella Cassa nazionale forense.

L’Accademico Giulio Pallotta, della Delegazione di Terni,ha ricevuto una targa ricordo della Confindustria ternananel 150° anniversario dalla fondazione della sua aziendafamiliare, la più antica della conca ternana.

L’Accademica Cettina Pipitone Voza, della DelegazioneVal di Noto, è stata eletta presidentessa del Rotary club Sira-cusa-Ortigia, prima donna a ricoprire questo prestigiosoincarico.

L’Accademico Franco Santellocco Gargano, della Delega-zione di Avezzano, è stato eletto nel comitato di presidenzadella Federazione unitaria stampa italiana all’estero.

L’Accademico Piergiorgio Saracco, della Delegazione diAsti, è stato eletto presidente del Rotary club di Asti per l’an-no sociale 2010-2011.

L’Accademico Ferdinand Tessadri, Delegato di Merano, èstato eletto presidente del Lions club Merano Maiense perl’anno 2010-2011.

L’Accademico Alberto Vettoretti, della Delegazione diGuangdong (Cina), è stato confermato alla presidenza del-la Camera di commercio europea per il South China.

L’Accademico Lorenzo Zocchi, della Delegazione di Tori-no Lingotto, ha conseguito la laurea in economia e com-mercio con una valutazione di 110 e lode. È il più giovaneAccademico d’Italia.

ACCADEMICI IN PRIMO PIANO

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C U L T U R A & R I C E R C A

Confronto Italia-CinaDI VINICIO EMINENTI

Delegato del Guangdong (Cina)

“I prodotti tipici italiani sono sinonimo nel mondo

di paradiso gastronomico”.

I l convivio primaverile dell’Accade-mia Italiana della Cucina, Delega-zione del Guangdong (Cina), è

stato essenzialmente incentrato sul-l’importante ruolo culturale che l’Ac-cademia è chiamata a svolgere all’e-stero. Le nostre eccellenze cucinariesi distinguono per caratteristiche or-ganolettiche, salubrità, proprietà nu-trizionali e per il particolare gusto, ol-tre che per il fatto di rappresentareuna cucina sana ed equilibrata. È ne-cessario quindi valorizzare le nostretipicità, soprattutto all’estero, cercan-do di far comprendere la specialità ele particolari qualità dei nostri eccel-lenti prodotti nazionali.

Al contempo è fondamentale farcomprendere cosa significa la veracultura della tavola italiana, in quantola Cina è invasa da Mc Donald’s, “Piz-za-Hut”, “Starbucks coffee” e pseudo“Italian restaurant”. La diffusione diquesto tipo di culture alimentari nonfavorisce l’evoluzione e lo sviluppodella vera civiltà della tavola italiana,anzi la confonde e la mistifica. Inquesto senso i ristoranti italiani au-tentici hanno un ruolo fondamentalenel far arrivare un messaggio precisoal consumatore cinese, ed è impor-tante che l’Accademia, con il suo la-voro, distingua e premi chi va nellagiusta direzione.

Compito assai delicato e ugualmen-te fondamentale è la formazione ededucazione alimentare dei cinesi cheintendono utilizzare prodotti italianio che vogliono scoprire il fascino diun vero ristorante italiano in Cina.Far incontrare due nazioni cultural-mente e storicamente diverse rappre-senta una sfida molto importante, ladistanza che separa l’Impero di mez-zo dalla nostra piccola penisola ègrande, come grandi sono le distanzedelle relative abitudini alimentari. Il

cibo, gli ingredienti che si produco-no, la cultura della tavola in generalerappresentano con la loro storia e laloro continua viva evoluzione unchiaro simbolo di appartenenza alluogo da cui si proviene. La tipicità diun piatto, di un ingrediente, di un sa-pore, il modo di stare a tavola, porta-no con sé tutto un bagaglio culturale,narrandoci la storia di persone, di tra-dizioni, di luoghi.

Proprio utilizzando il cibo comeinusuale mezzo di comunicazione,l’Accademia ha intrapreso un’inter-scambio culturale con la Guangdongfood culture and research association,istituzione culturale della RepubblicaPopolare Cinese per la ricerca e losviluppo della cultura cucinaria.

Presso il ristorante italiano “Limoni”di Guangzhou si è tenuto il primo in-contro tra le due istituzioni. L’Acca-demia ha cercato di trasportare gliospiti cinesi nelle nostre terre e nellenostre tipicità con un menu a base diprodotti italiani Dop. Un itinerariodel gusto che è partito dal Meridionecon mozzarella di bufala campana eolio extra vergine d’oliva siciliano, fi-no ad arrivare al Settentrione d’Italiacon prosciutto di Parma, grana pada-no e risotto Carnaroli, il tutto accom-pagnato da un’adeguata selezione divini italiani Igt e Doc.

Il gemellaggio è stato fortementevoluto da entrambe le istituzioni conl’appoggio delle più importanti cari-che istituzionali italiane nella provin-cia del Guangdong, tra cui il consolegenerale d’Italia a Guangzhou, PaoloMiraglia del Giudice, e il direttoredell’Istituto per il commercio estero,Paolo Lemma, ai quali vanno i nostripiù sentiti ringraziamenti.

Le culture cucinarie italiana e cine-se, pur nelle loro incredibili diversità,hanno essenziali similitudini: uno

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spiccato e tipico regionalismo, unagrande diversità di tipologie alimen-tari, una grande ricchezza di ricette,un grande utilizzo di verdure e pro-dotti freschi, di spezie ed erbe aro-matiche.

Da Nord a Sud, dall’interno alla co-sta, variazioni di gusti e di tipologiealimentari, prodotti tipici, cucina po-vera e cucina d’eccellenza, una storialunga millenni di cui entrambe le na-zioni vanno fiere. L’obiettivo dell’in-terscambio è quello di promuovere edifendere la cultura cucinaria italiana,far sì che questa collaborazione pos-sa diffondere anche nell’Impero dimezzo la nostra più vera civiltà dellatavola, parte fondamentale e caratte-rizzante della nostra identità naziona-le. Allo stesso tempo, questo lavorovuole far aumentare la conoscenzadei prodotti italiani veri, elementofondamentale e caratterizzante dellacultura cucinaria italiana.

Durante il convivio agli ospiti cinesi,tra cui il presidente della dirimpettaiaassociazione cinese, signor YangGuanfeng, Madame Chen Qiqi (ex vi-ce-sindaco della città di Guangzhou epresidentessa onoraria della Crocerossa cinese), oltre ad alcuni chef ci-nesi, critici cucinari e giornalisti di set-tore, sono stati presentati con una de-scrizione dell’origine e delle proprietàorganolettiche i prodotti Dop che fa-cevano parte del menu.

Il presidente Yang Guanfeng, nelsuo discorso al convivio, ha elogiatola cucina italiana che “riflette la suaantica cultura nobile ed elegante, ma-gnifica, dal sapore unico. I prodottitipici italiani sono sinonimo nel mon-do di paradiso gastronomico”. In unaciviltà sempre più aperta come quellacinese desiderosa di apprendere lenovità, la cultura cucinaria italianarappresenta un target affascinanteper il cinese medio.

La nostra Accademia, per i valoriche rappresenta, può essere un idea-le ponte di collegamento tra questedue antichissime e importantissimeciviltà.

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LE RICETTE D’AUTORE

De fungiLi fungi voleno essere alesati e con quelli bullire i piri o freschi o sechiche de loro sono triaca, specialmente i salvatici, overo pezzi di panecum uno poco de calamento. Dopo se manze cum bone spetie, dolce oforte, olio o sale.

MICHELE SAVONAROLAda “Libretti de tutte le cose che se magnano” (1450)

Metodi per cucinare i funghiIn primo luogo si devono cuocere in acqua insieme con quella partesuccosa del peduncolo con la quale sono attaccati al terreno, conmollica di pane, con pere o con germogli e piccioli di pere. Alcuni vimettono l’aglio, ritenendo che sia efficace contro il veleno. Lessati esalati si friggono nell’olio o nello strutto. Come sono fritti, si spruzza-no con agliata o con salsa verde. C’è chi li cuoce alla brace dopoaverli voltati e rivoltati e poi se li mangia cosparsi di pepe e cannella.

BARTOLOMEO PLATINAda “De honesta voluptate” (1474)

Lo spignoloLo Spignolo ai giorni nostri è il fungo più pregiato e di maggior prez-zo. Sono commestibili sia crudi che cotti, alla brace e coi sughi, fre-schi e secchi.

COSTANZO FELICIda “Lectio nona de fungis” (1571)

I funghiQuei che sono buoni mangiandone troppa quantità soffocano. Queiche si salano diventano sicuri col beneficio del sale. Bisogna man-giarne molto pochi e bevergli appresso vin buono ma in poca quan-tità.

BALDASSARRE PISANELLIda “Trattato della natura de’ cibi” (1611)

De’ funghiSi servono i funghi con butirro, o olio, un senso d’aglio, prezzemolo,acciughe, pepe e sugo di limone. Si servono con culì di prosciutto, ogambari. Si friggono in pastetta o infarinati e dorati. Se ne fannozuppe. Si usano nei ragù. Se ne fanno salse.

VINCENZO CORRADOda “Il cuoco galante” (1786)

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Strigoli veri e falsiDI ITALO ARIETI

Delegato onorario di Viterbo

“Veniva chiamata anche erba delle streghe”.

C on questo termine fino a unaquindicina di anni fa si indica-va esclusivamente un’erba sel-

vatica (Silene vulgaris o inflata o ve-nosa o cucubalus), appartenente allafamiglia delle Cariofillacee, che neivari dialetti si poteva trovare anchecon i nomi di stritoli, bubbolini,coietti, verzini, verzitt, erba scoppiet-tina, ciocchetti, sclupit, erba del cuc-co, silene rigonfia e altri ancora. Que-sta molteplicità di nomi dialettali lo-cali è il segno implicito della sua po-polarità presso la gente di campagna,che l’ha sempre apprezzata comeuna delizia della mensa. Una nota ca-sa sementiera ha addirittura messosul mercato i semi della silene col no-me appunto di “strigoli”, da utilizzareper gli orti familiari. Il nome del ge-nere (Silene) deriva chiaramente daSileno, divinità panciuta, come pan-ciuti sono i calici di questo genere dipiante, da cui deriva anche il terminebotanico inflata; il nome cucubalusricorda invece il cuculo, annunciato-re della primavera, corrispondente alperiodo della comparsa della pianta,mentre quello di “strigoli” derivereb-be, secondo alcuni, dal fatto che lesue rosette fogliari, carnose e tenere,se fatte rotolare fra le dita stridono(strigolano), mentre altri lo fanno de-rivare dall’uso che probabilmente nefacevano le streghe nelle loro pozio-ni magiche, per cui veniva chiamataanche “erba delle streghe”. In alcunelocalità del Viterbese prendono an-che il nome di “ammazzamogli”, peril fatto che dopo cotti si riducono no-tevolmente, e quindi danno l'impres-sione che la donna che li ha cucinatiabbia avuto la visita dell'amante.

Per coloro che si dedicano alla rac-colta delle erbe selvatiche diciamoche si tratta di una pianta perenne,con una grossa radice nodosa, di

proporzioni talvolta enormi, lungaanche mezzo metro, con diverse dira-mazioni della grossezza di un pollice,che si ramifica e striscia emettendociuffi qua e là che arrivano a formaredei piccoli cespugli. La pianta quan-do è adulta può raggiungere l’altezzamassima di 60 cm ed è facile ricono-scerla soprattutto perché le sue infio-rescenze biancorosee hanno il calicerigonfio a mo’ di palloncini penduli,pieni d’aria, segnati ognuno da 20 di-stinte nervature; questi, se serrati trale dita o schiacciati sulla fronte comefacevano un tempo i bambini, produ-cono un piccolo scoppio. Il fusto,ascendente e glabro, quando vienetagliato emette una sostanza bianca-stra appiccicaticcia. Le foglie sono aforma di lancia, contrapposte a cop-pia, prive di picciolo, lisce, glabre eun po’ carnose; strofinate tra le ditadanno una caratteristica sensazionetattile che ricorda quella delle fogliedi cavolo, da cui deriva il terminedialettale di “cavoli della comare”.Cresce in abbondanza nei prati, siaabbandonati che falciati, nelle vigne,nei campi seminati e nelle zone in-colte, dalla pianura alla collina e inmontagna fino a 2.000 metri di altitu-dine, per cui se ne può raccogliereuna quantità notevole in poco tem-po. A marzo è fra le prime erbe acomparire.

Per l’uso in cucina bisogna coglier-la quando è ancora tenera, prima chesiano visibili i boccioli. Se si raccol-gono i getti teneri, la pianta ne emet-te degli altri in abbondanza e nei pra-ti falciati è tra le prime erbe a rispun-tare. Sono proprio i getti primaverili,raccolti quando la pianta non è anco-ra in fiore (marzo-aprile), noti col no-me di “coietti”, che vengono consu-mati un po’ ovunque come fosseroasparagi, per fare delle ottime frittate.

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Le foglie vengono invece consumatecome fossero spinaci, quindi strasci-nate in padella ma, soprattutto inVeneto, vengono aggiunte ad altreerbe per fare minestroni, minestre diriso e zuppe varie. Alcuni la consu-mano anche cruda nelle insalate,frammista ad altre verdure (tipo mi-sticanza), perché ha un gradevolesapore agretto che stimola l’appetitoe la digestione. In Romagna si utiliz-za come colorante nella pasta verdeall’uovo o come aromatizzante neitortellini di ricotta. Una ricetta piut-tosto moderna la impiega rosolatanel burro per preparare un originalerisotto.

Tutto questo fino a una quindicinadi anni fa, quando gli appassionati diricerche su Internet, cliccando il ter-mine “strigoli”, avrebbero ottenutouna serie lunghissima di siti riferitiagli strigoli come pianta selvatica.Oggi le cose sono cambiate comple-tamente, al punto che andando a cer-care lo stesso termine su Internet aiprimi posti, sotto il nome di strigoli,non è più presente la pianta selvati-ca, ma comparirà un elenco lunghis-simo di siti che si riferiscono a un ti-po di pasta simile alle trofie, che nonsi capisce come possa essere stataidentificata con le foglie di questagraziosa piantina. Approfondendo la

ricerca su questo tipo di pasta abbia-mo scoperto che si tratta di un pro-dotto industriale nato nel Trentino einizialmente commercializzato dauna società austriaca. Per cui gli stri-goli (pasta) sono ormai entrati nel-l’ambito dei prodotti che i ristoratoriattuali acquistano dalle varie societàche commercializzano prodotti giàpronti per la ristorazione. In conclu-sione possiamo affermare che anchegli “strigoli-pasta” fanno ormai partedel folto gruppo dei tanti falsi chel’Accademia ha voluto denunciarecon il libro sul “Falso in tavola”.

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C U L T U R A & R I C E R C A

SETTEMBRE

5 settembre - Chianciano TermeConsegna del 14° premio “FrancoMarenghi” all’abbazia di Spineto

16 settembre - UdineConvegno “La globalizzazione nella storia: esempi di una sana contaminazione enogastronomica”

19 settembre - AnconaVerdicchio d’oro a Staffolo

23 settembre - Milano BreraQuinquennale della Delegazione

OTTOBRE

1-3 ottobre - PiacenzaConvegno “Ristorazione di qualitàe qualità nella ristorazione: fattibilità,prospettive e costi”

4-5 ottobre - Pisa-ValderaConvegno internazionale “Lifestyle and ageing”. Progresso e alimentazione tra tradizione e qualità a Pisa

8-10 ottobre - Reggio CalabriaConvegno “I valori dell’universofemminile attraverso la civiltà della tavola”

21 ottobre - Cena ecumenica

21 ottobre - PisaConsegna III premio Delegazione di Pisa indetto in accordo con Ipssar“G. Matteotti” di Pisa

22-24 ottobre - GarganoConvegno su “Cucina e sport” a Manfredonia

29-31 ottobre - BariRiunione della Consulta accademica

29-31 ottobre - TriesteConvegno “L’aroma del caffè italianoda Trieste nel mondo”

NOVEMBRE

6 novembre - Costa degli EtruschiConvegno “La caccia e la sua cucinanella costa etrusca”

12 novembre - GalluraConvegno “Piacere del mangiar sano”

17-21 novembre - ImolaMostra “I colori del gusto - Civiltà della tavola nella pittura napoletana”

17-21 novembre - LondraEscursione annuale

19 novembre - LondraConvegno internazionale“Le nuove tendenze delle grandi cucine mondiali: Italia, Francia, India, Cina e Giappone”

20 novembre - LondraCena di gala per il venticinquennale

25 novembre - Milano DuomoVenticinquennale della Delegazione

27 novembre - PisaConvegno “La biodiversità in tavola:varietà antiche e moderne”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2010

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C U L T U R A & R I C E R C A

Ricordando GaribaldiDI LUCIO MESSINA

Delegato di Palermo

“Non aveva fantasia gastronomica e si nutriva

solo del necessario”.

L a Delegazione di Palermo hacelebrato Garibaldi che ai primidi giugno del 1860 era entrato

vincitore sull’esercito borbonico -battuto prima a Calatafimi e poi alPonte Ammiraglio di Palermo - allatesta delle Camicie rosse, Mille sbar-cati a Marsala e almeno altrettanti“picciotti” aggregatisi via via.

L’evento accademico, incentrato suciò che mangiava Garibaldi a Paler-mo, si è svolto sulla terrazza del set-tecentesco Palazzo Fatta, in piazzaMarina, gestito da una associazione

culturale di arte, cucina e musica. Laterrazza si affaccia sul grande giardi-no Garibaldi che ospita un busto inbronzo del generale, e una decina dibusti in bronzo e marmo di altrettantieroi garibaldini. Il Delegato ha cosìpotuto ricordare i protagonisti dell’u-nità d’Italia ritenendoli spiritualmen-te presenti. Ha anche evocato Gari-baldi che assisteva all’esodo borbo-nico di 19.000 soldati, cavalli, canno-ni e casermaggi che sfilavano mesta-mente verso il porto per imbarcarsialla volta di Napoli su numerose na-vi, anche straniere. L’oratore ha volu-to immaginare che all’imbrunire diquello stesso giorno Garibaldi si ag-girasse proprio a piazza Marina, sullasua cavalla bianca, di nome Marsala.Si era insediato con 24 suoi ufficialiin una parte di Palazzo reale conti-gua alla Porta nuova. Il corso VittorioEmanuele (allora il Cassero) checongiunge Porta nuova alla Marinapassando per piazza Marina, appun-to, costituiva un percorso frequenta-to da Garibaldi.

Simposiarca della serata è stato l’Ac-cademico onorario Gaetano Basile,storico scrittore, giornalista e gastrono-mo che ha illustrato la figura di Gari-baldi in Sicilia, e a Palermo in partico-lare, con una relazione ricca di diver-tenti aneddoti centrati principalmentesulle abitudini dell’eroe a tavola.

Di origine contadina e marinaionon aveva grande fantasia gastrono-mica e si nutriva solo del necessarioprediligendo salame e prosciutto cru-do, formaggi di pecora, pesce stocco,zuppe e minestre, carne e pesci fre-schi alla brace. Era astemio, nono-stante avesse elogiato una bottiglia diMarsala Florio omaggiatagli proprioda Vincenzo Florio, sostenitore dellosbarco a Marsala, e divenne quindil’antesignano dei testimonial di un vi-

no che è ancora in produzione comeMarsala Florio DG (Dolce Garibaldi).Racconta tra l’altro Basile che un gior-no, invitato a pranzo a Palazzo Venti-miglia dal proprietario principe diVentimiglia e duca di Salaparuta, do-vette misurarsi con un piatto di pasta-sciutta che non poteva mangiare nonsapendo utilizzare la forchetta, e conuna bottiglia rara di vino di Salaparutache l’anfitrione aveva fatta stappareper l’occasione e che Garibaldi, aste-mio, non assaggiò.

Numerosi gli Accademici con le lo-ro consorti e gli invitati che hannopartecipato all’evento, gustando larelazione di Basile e il pranzo da luiproposto, allestito nelle cucine delPalazzo. Questo il menu: come anti-pasto, bocconcini del generale, stoc-cafisso, prosciutto crudo, salame, ca-ciocavallo, pecorino, e spumante delduca di Salaparuta. A seguire, maccudi fave con Nocellara del Belice, zup-pa di tenerumi e zucchine delle balzedi Calatafimi. Le pietanze: asado allamaniera di Anita, patate al forno allapalermitana. Al dessert giardinetto tri-colore e Marsala Florio DG.

Il gelato, ha raccontato Basile, fuinventato per l’occasione dal gelataioGiuseppe Cacciatore, nonno dell’at-tuale gelataio “Ilardi” della Marinache continua a produrlo con il nomedi “giardinetto”, costituito da una fet-ta di “pezzo duro” di pistacchio, li-mone, e fragola che forma nel piattouna bandiera tricolore.

Tra gli ospiti Mario Ursino Delegatodi Catania con la moglie Rosetta,nonché il dott. Nino Aquila, direttoredel Museo del Risorgimento e storiapatria di Palermo e il dott. Pietro Ma-niscalco presidente dell’Arsenale bor-bonico di Palermo, che hanno presola parola su Garibaldi a Palermo.

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Isernia e la cipollaDI MARIA CRISTINA CARBONELLI

DI LETINOAccademica di Isernia

Cerimonia per la consegnadei premi “Allium cepa”.

D urante la tradizionale “Fieradella cipolla” a Isernia, dacentinaia di anni, alla fine di

giugno si esponeva in pittoreschimucchi questo prodotto eccellente,che aveva assunto un ruolo premi-nente e simbolico nell’economia con-tadina locale. Una prelibata ricchezzache aveva un vivace commercio intutti i paesi vicini. Unita ad altre ma-nifestazioni, per quasi un’intera setti-mana ancora adesso si tiene questafiera ma certo quel che viene propo-sto non è quasi più la cipolla: c’è la

solita varietà di articoli presentiin tutti i mercati.

L’Accademia con il suointervento è chiamata asottolineare che la ci-polla è diventata untramite storico dellacultura della città, èuna realtà esclusivadel posto e lo identi-

fica. Il suo iter, dai pe-riodi di massima produ-

zione e diffusione com-merciale fino alle difficoltà

vissute come tanti altri prodottidella terra, per arrivare ai cenni di ri-presa da parte di piccoli imprenditoricon auspicati aiuti delle istituzioni, èla sua storia, è la storia di un paese edei suoi abitanti e ne racconta i cam-biamenti e le tradizioni. In collabora-zione con la Camera di commercio, ilComune e la sua Pro loco, la Provin-cia, l’Università del Molise, ilCo.Re.Di.Mo., la Delegazione di Iser-nia ha voluto, in un convegno, parla-re sì della cipolla ma presentandolain una nuova veste che sottolinea ilsuo significato di appartenenza, dicostume, di tradizione, di leggenda,di sapore essenziale nella gastrono-mia locale e il suo importante ruoloper la salute e per il gusto. Apparirà

quindi “in palcoscenico”, accompa-gnata dalle “spezie del popolo”, quel-le erbe che siamo così abituati adadoperare, di così facile reperimento,da farci quasi dimenticare la loro pre-ziosità. Esse si presenteranno raccon-tando la loro origine leggendaria e illoro ruolo impareggiabile e insostitui-bile in tante ricette.

Nella sala ovale dell’istituto “Itis”, laDelegata saluta i numerosi parteci-panti, il Presidente Ballarini e la gen-tile consorte, i Delegati e gli Accade-mici di altre regioni, Anna Maria Del-l’Osso presente con lo stesso entusia-smo che il marito dimostrava verso lenostre iniziative, le autorità, gli inter-preti prestigiosi dell’originale spetta-colo che seguirà, ringrazia chi ha da-to un valido contributo all’organizza-zione del convegno, i rappresentantidegli enti e delle istituzioni. Vengonopoi illustrate dall’Accademico LuigiBrasiello, presidente della Camera dicommercio, da Sebastiano Delfinedell’Università del Molise e dall’Acca-demico Mario Stasi le peculiarità delterritorio e delle sue coltivazioni fracui la cipolla, e gli sforzi che si stan-no facendo per riportarla all’anticosplendore.

Il premio annuale “Allium cepa”,alla sua seconda edizione, riconosci-mento rivolto a tre studiosi e ricerca-tori nel campo della cultura enoga-stronomica, viene consegnato dallostesso presidente della Camera dicommercio a Giovanni Benelli, Acca-demico della Lunigiana, al prof. Tom-maso Lucchetti e all’Accademico Al-fredo Pelle, persone di altissimo livel-lo culturale e umano. La Delegazioneassegna poi un premio speciale al-l’Accademico Gianni Franceschi, di-rettore della rivista “Civiltà della Ta-vola”. L’attrice Daniela Terreri, reginadelle essenze, le convoca per parlare

I N O S T R I C O N V E G N I

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ognuna di sé e introduce la rappre-sentazione di cui proprio i tre pre-miati sono gli interpreti principali.Con grande spirito e simpatia si rac-contano, riconoscendosi come i piùimportanti aiuti in cucina e, imperso-nandoli con accattivante maestria, cisvelano inoltre il loro più profondosignificato, la loro anima; ascoltiamocosì, rapiti, presentarsi la cipolla, ilsedano, la carota, seguiti dal meravi-glioso aglio; li affianca la brucianteanima del peperoncino che ci affasci-na con la verve della prof.ssa Carme-la di Soccio. Ed ecco ancora la carrel-lata delle spezie del popolo, spezieminori rispetto a quelle esotiche e ra-re, ma minori sono il prezzo e la diffi-coltà a procurarle, cosa che non èper niente riduttiva ma ne costituisceil pregio perché sono una consuetu-dine, sono di casa e questo deve farriflettere.

Ascoltiamo così la loro storia, leleggende legate alla loro origine e alloro nome, l’uso che se ne fa al di làdella cucina e poi la loro grande va-lenza nella gastronomia, a cui ag-giungono scintille di sapore che ca-ratterizzano, profumano, identificanouna ricetta. Una pagina di cultura co-sì originale, piacevole e inaspettata incui il Vice-Delegato Michele Cinoneci descrive la poesia dell’origano;Bruna Spina, Accademica di Campo-

basso, la curiosità del prezzemolo;Gianni Valentino la fantasia dellamenta; Soledad Pirraglia la superbiadel lauro; Paola D’Antonio la religio-sità del rosmarino; Asia Franceschellila grandezza del basilico. Un raccon-to intrigante, gradevole, con la fre-schezza dell’interpretazione amato-riale ben in carattere con gli scopi delconvegno dove si volevano far parla-re, per riscoprirli, questi modesti pro-tagonisti silenziosi ed essenziali a cuisiamo così abituati da farli esseresempre presenti nelle nostre cucine,spesso rallegrate da vasetti con basili-co, prezzemolo, rosmarino: quanti dinoi non hanno in tasca o in borsa lementine, passando accanto a una sie-pe di lauro chi non ne prende unpaio di foglie per goderne il profu-mo, e il barattolo più disponibile incucina non è quello dell’origano?

Il Presidente Ballarini concludecon affettuose parole di compiaci-mento questo convegno che segue il“Processo alla cipolla” dello scorsoanno, quando ci dissero che era statoinsuperabile e non avremmo potutofare di meglio! Meglio non si sa, masenz’altro bene quando lo scopo daraggiungere è quello di non lasciareche un grande e ottimo prodotto co-me la cipolla di Isernia diventi solouna bellezza da favola. Una buonacena offerta dalla Pro loco ha con-

cluso piacevolmente la serata, dovepiatti interessanti hanno per protago-nista questo ortaggio.

Per gli ospiti il giorno dopo c’è sta-to un giro per conoscere più da vici-no il territorio: Pietrabbondante,cuore della civiltà sannita, la riservadi Collemeluccio, la zona archeologi-ca, accolti dal sindaco Giovanni Te-sone, nel Teatro italico, unico almondo ad avere alle tre prime file isedili con lo schienale. Scolpiti in ununico blocco di pietra con linee si-nuose e anatomiche sono sempreuna sorpresa. Comodamente sedutiassistiamo a uno spettacolo musicaledel gruppo “Il Tratturo”, che esegueun repertorio di folklore locale construmenti sapientemente fatti artigia-nalmente, come zampogna, ciara-melle, percussioni.

Raggiungiamo poi Agnone per vi-sitare la Fonderia Marinelli, la mille-naria fabbrica di campane famosanel mondo, accolti dalla squisitaospitalità dei titolari Armando e Pa-squale, artefici anche della campanail cui rintocco, in tutte le Delegazio-ni, scandisce l’inizio e la fine delleconviviali. Per pranzo andiamo, sem-pre traversando lo splendido paesag-gio dell’alto Molise, verso Pescopen-nataro. Poco prima del paese - chenel nome riporta il frequente “pe-scum”, ossia ”roccia”, perché costrui-to fra imponenti rocce che emergonosimili a scogli da un mare verde, conle case aggrappate come conchigliefossili - arriviamo al ristorante chedomina un prato in discesa versouna fresca sorgente del Rio Verde.L’ambiente è caldo e accogliente, e ilpranzo molto curato nella scelta del-le pietanze proposte, assolutamentedella tradizione, eseguite con amoree sapienza antica da madre, figlio enipote, quella nonna che un tempofaceva la cuoca a domicilio, chiamatadalle famiglie per le grandi occasio-ni. Gli ingredienti e i prodotti sonosceltissimi: genuini e locali ed è rarotrovare sapori così puliti e veri chevengono davvero molto apprezzati egraditi da tutti.

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LA CUCINA ITALIANA NEL MONDOLa cucina italiana, nel suo insieme, come una realtà unitaria, èqualcosa che nel mondo viene percepito più che in casa nostra. Infat-ti, che cos’è la grande affermazione delle cucina mediterranea nelmondo, se non la cucina italiana? Si è capito, si accetta che la cuci-na mediterranea sia in realtà la nostra, quasi in tutto, ed è conside-rata la più sana, equilibrata, gustosa. Si incomincia a mettere in dubbio la validità assoluta di certe scaledi giudizio a proposito di raffinatezza dei cibi, di sapienza cucina-ria. Anche nella nostra cucina si scoprono livelli d’alta scuola. Arafforzare questa visione globale concorrono molti elementi della no-stra realtà quotidiana. Da qualche decennio gli italiani viaggiano, certamente si conosconodi più, hanno scambi di lavoro da cui nascono motivi di fusione.(Vincenzo Buonassisi, da “La cucina degli italiani”)

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L’Accademia a San PatrignanoDI ALESSANDRO CANTAGALLI

Accademico di Faenza

“Piatti tipici romagnoli realizzati con ingredientiprodotti nella Comunità”.

O ltre 230 persone, tra cui mol-tissimi non Accademici, han-no partecipato ai lavori del

primo convegno nazionale organiz-zato dalle dieci Delegazioni della Ro-magna presso le strutture della Co-munità di San Patrignano. Questa ini-ziativa ha voluto rappresentare, al dilà dei confini territoriali, quegli aspet-ti della civiltà della tavola che costi-tuiscono l’attuale identità della cucinaromagnola.

Alla presenza del Presidente Gio-vanni Ballarini e del Vice-Presidentevicario Severino Sani, alcuni autore-voli storici, giornalisti, docenti uni-versitari, gastronomi, cuochi e som-melier hanno svolto le loro relazionidi fronte a un’attenta e numerosa pla-tea con interventi che hanno affron-tato e sviluppato i vari aspetti legatialle finalità del convegno.

I saluti iniziali del Delegato di Rimi-ni Roberto Valducci, del Coordinato-re territoriale Gianni Carciofi e delDirettore del Centro Studi romagnoloAlessandro Cantagalli hanno intro-dotto i vari relatori, coordinati dalmoderatore, il giornalista e Accade-mico Giuseppe Gonni.

Lo storico Piero Meldini ha svoltoun discorso a ritroso nel tempo, fra idocumenti storici che raccontano leorigini della nostra cucina del territo-rio quando, alla fine del Settecento,cominciano a comparire i primi ricet-tari di cucina nazionale, con le traccedella tradizione gastronomica di Ro-magna: ravioli, cappelletti e passatelli.Si dovranno aspettare i primi del No-vecento perché si possa parlare dellacodificazione di un vero ricettario re-gionale. Le citazioni storico-bibliogra-fiche di Meldini hanno affrontato an-che le consuetudini popolari dei gior-ni di festa e delle ricorrenze, nella lo-ro evoluzione in relazione agli usi e

costumi nel trascorrere dei secoli. Ilgastronomo Graziano Pozzetto, ap-passionato ed esuberante curioso del-la tavola romagnola e dei suoi ingre-dienti, ha affrontato il problema dellascarsa tutela dei prodotti locali che,nonostante i disciplinari, spesso ven-gono mistificati per esigenze com-merciali che ne vanificano la tipicità el’originalità. Interessante poi l’elenca-zione dei prodotti di eccellenza roma-gnoli, a cominciare dall’olio extra ver-gine di Romagna, il miele, il sale, ilformaggio raviggiolo, la carne suinadella mora romagnola, lo scalogno.Un velo di tristezza sul volto di Poz-zetto quando ha voluto sottolineare leesigenze di mercato e del pronto con-sumo che rischiano di stravolgere lagenuinità di prodotti quali il formag-gio di fossa e la piadina romagnola,che nel tempo perdono caratteristichedi tipicità e unicità.

La professoressa Alessandra Bordo-ni, docente di Scienza dell’alimenta-zione, ha inquadrato il discorso sugliaspetti nutrizionali della cucina roma-gnola nell’ampio contesto dell’abitu-dine al cibo in un consumatore che,spesso non correttamente educato al“giusto gusto” e disorientato dalle“brutte copie industriali” degli alimen-ti tradizionali, perde la percezione delbuono esistente nella tradizione. Leattuali norme internazionali di salva-guardia della tipicità non sottolineanoil concetto di tradizione che, comevalore aggiunto al prodotto, gli confe-rirebbe un più esaustivo significato.La Regione Emilia Romagna da temposottolinea l’importanza della tutela delpatrimonio gastronomico che rischiadi scomparire col mutare dei gusti.

Due grandi cuochi quali Paolo Te-verini e Vincenzo Cammerucci hannovoluto raccontare le loro esperienzequotidiane in cucina, intese a soddi-

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sfare le esigenze di una clientelasempre più attenta e preparata. È sta-ta anche evidenziata la difficoltà all’u-tilizzo di materie prime del territorioche conservino i principi della tradi-zione e della tipicità, a causa dellascarsa reperibilità sul mercato. La tra-dizione fa parte del loro bagaglio cul-turale, la curiosità li spinge a inter-pretare il passato per adeguarlo allemoderne tecniche e alle differenti ri-chieste. Il racconto dei cuochi è statoaccompagnato da un bel documenta-rio di vita quotidiana ai fornelli delleloro cucine proiettato durante il lorointervento.

Appassionato e applaudito l’inter-vento di Bruno Piccioni, decano deisommelier romagnoli, che ha com-mentato la viti-vinicultura di Roma-gna esaltando nei modi e nei conte-nuti la tradizione di uve che, via vianegli anni, oggi rappresentano al me-glio la qualità del vino italiano. Laproduzione del Sangiovese e dell’Al-bana e degli altri vini dell’Emilia Ro-magna, grazie alle capacità degli eno-logi e dei produttori, può ora contaresu 29 vini Doc e Igp, merito di eccel-lenze qualitative sempre proiettateverso traguardi ambiziosi.

L’Accademico Massimo Montanari,illustre cattedratico, ha concluso i la-vori riflettendo sui contenuti dellagiornata, sostenendo che l’identitàculturale non è un fatto di tutela o ditipicità di marchi, anzi il mercato pro-duttivo spesso non considera il con-testo culturale da cui il prodotto deri-va. La tipicità e la tradizione di unprodotto non servono a produrlo maa venderlo ed esportarlo. A che cosaserve l’identità culturale? Le definizio-ni del meccanismo identitario sonoalmeno tre: l’identità funziona comeuno strumento di autorappresenta-zione, di percezione di un sistema,come strumento di comunicazionefra le persone e infine come strumen-to di riconoscibilità di una cultura,motivo per il quale spesso le identitàsi costruiscono da fuori. Sicuramentel’identità non è la tradizione, la qualenel tempo cambia e si costruisce e ilconcetto di tradizione quindi non si

oppone a quello di innovazione mavi è strettamente correlato: la tradi-zione è l’innovazione ben riuscita co-sì come l’innovazione è frutto dellaconoscenza della tradizione. Le tradi-zioni gastronomiche del nostro terri-torio hanno un’impronta prettamenterurale e il riscontro storico-letterariodeve obbligatoriamente aiutarci acercarne i riscontri. Un compito im-portante lo potrebbero sostenere icuochi e le scuole alberghiere conuna maggiore attenzione alla cucinadel territorio.

Il Presidente Giovanni Ballarini hainfine preso la parola a conclusionedel convegno, complimentandosi peril numeroso pubblico presente ai la-vori, sottolineando l’importanza diiniziative come questa che rimarcanola fecondità culturale del territorio. Loscopo della nostra Accademia, ha so-stenuto Ballarini, è anche quello distudiare il miglioramento della tradi-zione che, se non è viva e attuale,non è più tradizione. Sono stati poiannunciati gli impegni futuri dell’Ac-

cademia per quanto riguarda le cele-brazioni per i 150 anni dell’unità na-zionale nel 2011 e dell’Expo a Milanonel 2015, occasioni nelle quali il ciboe la cucina italiana saranno il filo cul-turale conduttore di un percorso cheaffronterà il regionalismo nel conte-sto unitario della tradizione.

I partecipanti al convegno si sonodiretti poi nella sala da pranzo dellaComunità, dove, insieme ai 1.200 ra-gazzi di San Patrignano, si è svoltauna riunione conviviale a base dipiatti tipici romagnoli realizzati coningredienti prodotti nella Comunitàquali piadina, formaggi, carni e salu-mi di mora romagnola, pasta all’uovotirata a mano, conserve di frutta edolci al formaggio squaquerone diRomagna, in un contesto di grandeimpatto emotivo e di suggestione.

Il Delegato di Rimini e il PresidenteBallarini hanno consegnato le inse-gne accademiche ai ragazzi di cucinae di sala, a ricordo di una giornatapiacevole, intensa e felice.

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UNA LETTERA DI GUALTIERO MARCHESIGualtiero Marchesi ha così commentato, da par suo, la recente pubbli-cazione accademica nella collana di cultura gastronomica.

Ricevo con grande interesse il volume “Tradizione e innovazione nel-la cucina italiana” edito dall’Accademia Italiana della Cucina, certodella preziosità del suo contenuto.Leggendolo, scopro un raffinato saggio di analisi comparativa tra tra-dizione e innovazione, che traccia con grande ricchezza di partico-lari e varietà di argomenti la storia dell’alimentazione umana: testodi grande valore scientifico, composto dall’Autore con raffinata ele-ganza.Esclusivo e originale l’abbinamento al testo scientifico della secondaparte del libro, espressa in forma volutamente statistica e documenta-ristica.L’inchiesta incredibilmente completa, raccoglie infatti giudizi, osser-vazioni e interpretazioni dei più rappresentativi operatori nel campodella ristorazione, su domande predisposte per poter tracciare un pro-filo attuale della misura evolutiva della cucina italiana oggi.Mi permetto di porgere i miei più vivi complimenti agli Autori, peraver posto una pietra miliare nello studio della cucina italiana, lietodi esservi, in forma particolare, citato.

CordialmenteGUALTIERO MARCHESI

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La pesca in AdriaticoDI ETTORE BONALBERTI

Delegato di Venezia Mestre

“L’uomo introduce strumenti di cattura sempre più efficaci

e di arduo controllo”.

L a Delegazione di Venezia Me-stre ha realizzato una interes-sante riunione dedicata alla pe-

sca in Adriatico e alla cucina del pe-sce presso la trattoria “da Ugo” aCampalto, una tipica trattoria assaifrequentata e gestita da Ugo Zanon,mentre la squadra di cucina è guida-ta dalla moglie, signora Graziella.Cucina del territorio e piatti a basedi pesce, sempre scelto tra le miglio-ri qualità e specie presenti sul mer-cato e, assai frequentemente, acqui-stato direttamente dai pescatori ve-neziani e veneti della laguna e delmar Adriatico.

Garanzia assoluta di freschezza deiprodotti e qualità nelle preparazionidei piatti, così come abbiamo potutosperimentare, dopo aver partecipatoa un’interessante relazione del dott.Otello Giovanardi, dirigente dell’exIstituto centrale per la ricerca scienti-fica e tecnologica applicata al maredi Chioggia, oggi facente parte delrinnovato Istituto superiore per laprotezione e la ricerca ambientale.

Il tema era tra i più attuali, “Situa-zione della pesca nel Mediterraneo enel mar Adriatico”, e l’oratore ha sa-puto sintetizzare, con alcune effica-cissime diapositive, la situazione diquesto importante comparto produt-tivo che concorre significativamenteall’apporto nazionale dei prodotti it-tici che, come è noto, sono importatiper quasi l’80% da mari esterni alleacque territoriali italiane Evidenziatele principali differenze esistenti tra lapesca nel Mediterraneo e nei maridel Nord, espresse dalla presenza nel“Mare nostrum” di molta pesca arti-gianale con poche grandi imbarca-zioni, pochi stock in acque territoria-li e una netta prevalenza della pescacostiera, Giovanardi si è soffermatonell’indicare le principali specie de-

mersali e pelagiche che caratterizza-no le catture nel Mediterraneo e nelmar Adriatico: gallinelle, scorfani,mormore, triglie, corvine, pagelli, sa-raghi, sogliole, orate, branzini, denti-ci, oltre alla tradizionale ricca varietàdel pesce azzurro (alici, sardine,sgombri, suri), non dimenticando lagrande biodiversità dei molluschi ecrostacei. Un cenno alle principalitecniche della pesca per sottolinearegli usi e le abitudini alimentari degliitaliani. Assai emblematico il datosperimentale secondo cui 18 specieanalizzate con più dell’1% di catturarappresentano circa il 75% della cat-tura totale.

Un cenno agli spostamenti delle ri-sorse demersali nell’alto Adriatico,oggetto di scambi non sempre pacifi-ci, anche se quasi sempre commer-ciali, tra i pescatori chioggiotti in par-ticolare e i loro colleghi dell’Istria edella Croazia, dove si rifugiano so-prattutto le forme adulte, mentrequelle giovanili si ritrovano in preva-lenza sulla sponda occidentale adria-tica dell’Italia. Fattore significativoquello della biodiversità che dimi-nuisce da ovest verso est, con il risul-tato della presenza di piccoli stockdemersali isolati che inducono ad at-tività di pesca altamente multispecifi-che. Importante il dato quantitativodi una flotta mediterranea caratteriz-zata dall’attività di circa 100.000 im-barcazioni attive, molto diverse percaratteristiche di stazza e sistemi dipesca e con complessa varietà neipunti di sbarco. Con una produzionetotale del Mediterraneo di circa1.100.000 ton di pescato (quasi l’1%della cattura mondiale) l’Unione Eu-ropea concorre a detta produzioneper circa il 60%. In questo 60% l’Italiafa la parte del leone con il 52,96%,seguita da Spagna (24,62%), Grecia

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(14,96%) e Francia (6,94%). Ben altraconsistenza, ovviamente, è quella diSpagna e Francia con riferimento allapesca in mari diversi del Mediterra-neo. Quanto alla composizione spe-cifica degli sbarchi, i piccolo pelagiciconcorrono per il 35%, i crostaeci e imolluschi per il 25%, i pesci demer-sali per il 35% e i tonni e pesce spa-da per il 5%.

Gli stock mediterranei vedono ingenere un sottosfruttamento dei pic-coli pelagici contro un pieno o so-vrasfruttamento di quelli demersali.In genere si può parlare di un gene-rale sovrasfruttamento (“growthoverfishing”), considerando cheun’analisi delle tendenze storichedegli sbarchi mediterranei dal 1975al 2000 ha rivelato una diminuzionedi oltre il 25% negli ultimi 15 anni.Tenuto presente che, contempora-neamente, la domanda di pesce,molluschi e crostacei da parte deiconsumatori italiani si è più che rad-doppiata, appare evidente la ragionedel dato di un’importazione di pro-dotti della pesca per quasi l’80% delconsumo totale nel nostro Paese.

Fatto un breve cenno alle misuredi gestione adottate nel Mediterra-neo, alle campagne scientifiche astrascico attivate e ai sistemi di ge-stione adattativa che si dovrebberoassumere per una corretta sostenibi-le gestione delle risorse alieutiche, èseguita un’analisi storico-ecologicadella pesca in Adriatico, caratterizza-ta dal punto di svolta dell’anno1950, allorché si passò dalla pescacon barche a remi e a vela all’indu-strializzazione della pesca con l’in-troduzione di motore, radar, eco-sounder il cambiamento degli attrez-zi di pesca: dalle reti a strascico alrapido, dagli attrezzi tradizionali alladraga idraulica, volante e saccaleva,oltre alla permanenza degli attrezzipassivi. La capacità di pesca, e, dun-que, dello sfruttamento delle risorsedel mare, con l’introduzione del mo-tore, ha avuto un enorme incremen-to dal 1950 in poi, dopo quello vis-suto verso il 1870, con una forte cre-scita nel numero di barche e pesca-

tori in Adriatico, determinando unaumento del tonnellaggio delle bar-che e l’introduzione di nuovi attrezzisempre più efficienti, con un sforzodi pesca che ci ha portato alla neces-sità del periodico annuale fermo,obbligatorio nel mar Adriatico, fa-coltativo nel Tirreno, al fine di favo-rire la ricomposizione del patrimo-nio ittico del nostro mare. Purtroppostiamo utilizzando assai più di quan-to il mare non sia in grado di pro-durre, e come per i boschi l’uomoha saputo introdurre la gestione so-stenibile e pianificata, con la possi-bilità di prelevare solo quanto serve,ossia meno dell’incremento annuodelle biomasse forestali, così do-vremmo cercare di introdurre analo-ghi criteri nella gestione sostenibiledella pesca: ritrarre un po’ di menoo al massimo l’equivalente dell’in-cremento della biomassa alieuticasenza intaccarne il capitale. Cosa as-sai più facile a dirsi che a realizzarsi,complicata dalla circostanza che,mentre gli alberi sono fermi nelle lo-ro radici fissate nel suolo, i pesci sispostano e l’uomo introduce stru-menti di cattura sempre più efficaci

ed efficienti. e di arduo controllo.Certo, se continuasse con questi rit-mi lo sfruttamento dei mari, tra qual-che generazione i nostri pronipotiavranno un mero ricordo storico-bi-bliografico delle nostre attuali porta-te di pesce.

Sono state quindi visionate alcunebelle foto presentate da Angelo Ce-rello, pescatore subacqueo, profondoconoscitore dei segreti della laguna edell’alto Adriatico (molte delle suecatture finiscono proprio nella cucinadi Ugo).

Dopo questa felice esperienza ac-cademica ci siamo lasciati con l’impe-gno di una prossima occasione perapprofondire le tematiche inerenti al-le produzioni ittiche in allevamento:maricoltura e acquacoltura, con unaseria valutazione delle opportunità/criticità collegate a dette attività.

È seguito un menu delizioso datutti assai apprezzato, ed edito comesempre con efficacia dall’Accademi-co Gianfranco Comelato, stimolati arivisitare con maggiore frequenzaquesto locale di cui Mestre può an-dare legittimamente orgogliosa.

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STOCCAFISSO COL MUSETTO DEL MAIALEIngredienti: uno stoccafisso ben bagnato; due musetti di maiale bolli-ti; 12 olive verdi bianche grandi; 30 spicchi d’aglio; 2 foglie di alloro;un bel ciuffo di finocchietto selvatico; olio extra vergine di oliva; 1 ltdi Verdicchio; sale e pepe q.b.Preparazione: in un tegame ben capiente porre uno strato di stocca-fisso tagliato a pezzi, poi uno strato di musetti di maiale sempre ta-gliato a pezzi, quindi condire con aglio, finocchio, olive e le due fo-glie di alloro; salare e pepare. Coprire con olio extra vergine, vino ecuocere a tegame coperto per circa un’ora a fuoco moderato. (Ricettadello chef Raul Ballarini)

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Tradizione del cioccolatoDI CARLO OTTAVIANO

Delegato di ModicaE GAETANA BARTOLI GRAVINA

Delegata di Caltagirone

“La bella furestiera: così un indovinello popolare

definiva la cioccolata”.

I l contrappunto del bianco e nerodel disegno “optical”, logo sceltoper la manifestazione, ha sintetiz-

zato visivamente la dicotomia “Tradi-zione e innovazione nella cucina ita-liana“, tema del convegno organizza-to dalla Delegazione di Modica in col-laborazione con quella di Caltagironeper celebrare la Giornata della cultu-ra. La manifestazione si è tenuta nel-l’Aula consiliare del Comune di Modi-ca alla presenza dei Delegati di Sira-cusa (Angelo Tamburini), di Caltanis-setta (Cinzia Militello di Castagna), diCanicattì (Rosetta Cartella) e dell’Ac-cademico Vittorio Sartorio in rappre-sentanza della Delegazione di Ragu-sa. Hanno dato rilievo istituzionale al-l’evento la partecipazione del sindacodi Modica Antonello Buscema con lamoglie Claudia, del sindaco di Calta-girone Francesco Pignataro, e dellavice-sindaco e assessore ai Beni cul-

turali e al turismo di Caltagirone,Alessandra Foti. L’interesse verso il te-ma della manifestazione è stato con-fermato dalla presenza di GiovanniScucces direttore della Confagricoltu-ra di Ragusa, di Nino Scivoletto diret-tore del Consorzio per la tutela delcioccolato artigianale di Modica, delprof. Enzo Bonomo dirigente dell’isti-tuto alberghiero “Principi Grimaldi” diModica, di Salvatore Arcidiacono vi-ce-presidente nazionale dell’Associa-zione italiana barman e sostenitori.

Dopo i saluti dei Delegati di Modi-ca, Carlo Ottaviano, e di Caltagirone,Gaetana Bartoli Gravina, e gli inter-venti dei due sindaci che hanno loda-to l’iniziativa, il Coordinatore territo-riale per la Sicilia orientale Mario Ur-sino ha dato avvio alla conferenzadando la parola all’Accademica diCaltagirone Colomba Cicirata, che hapresentato il volume “Tradizione einnovazione nella cucina italiana” diGiovanni Ballarini e Paolo Petroni.Ripercorrendo la profonda analisi ditaglio antropologico di Giovanni Bal-larini e l’articolata indagine sul cam-po svolta da Paolo Petroni, è statopienamente definito quell’insieme dielementi (miti alimentari, orme biolo-giche, ciclicità del tempo) che costi-tuiscono l’intima struttura di una tra-dizione alimentare. Sottolineando co-me tradizione e innovazione non sia-no concetti antitetici bensì comple-mentari, la cucina tradizionale, haconcluso Colomba Cicirata, per resta-re viva ha bisogno di essere messacontinuamente in discussione attra-verso quelle innovazioni che solo ungusto consapevole, che conosce eama la cucina in tutta la sua comples-sità, è in grado di distinguere da mo-de e facili improvvisazioni.

I concetti di tradizione e innovazio-ne sono stati sapientemente ripresi

nella relazione della prof.ssa GraziaDormiente: “Cioccolato, dolce tracciadel modicano”. Attingendo dallaprofonda conoscenza etnoantropo-logica del territorio ibleo, con stilenarrativo impreziosito da richiami aproverbi e poesie, ha indicato “ladolce traccia” con la quale il ciocco-lato, secondo la ricetta azteca impor-tata in Sicilia dagli Spagnoli, ha fattoingresso nelle abitudini alimentari deimodicani. “La bella furestiera”, cosìun indovinello popolare definiva lacioccolata, bevanda che rappresentòdunque un’innovazione alimentareche l’unanime apprezzamento resetuttavia presto familiare, facendone ilvessillo dell’arte dolciaria modicana.

Al termine, dietro l’attenta regiadella dott.ssa Annamaria Ermigiotti,moglie del Delegato di Modica, cheha curato l’organizzazione dell’even-to, Accademici e ospiti si sono ritro-vati al ristorante “Fattoria delle Torri”dove il maestro di cucina Peppe Ba-rone ha proposto un menu che hapienamente interpretato il tema dellagiornata: una perfetta fusione di tra-dizione e innovazione sono stati in-fatti l’antipasto di “stimpirata” di coni-glio, la “pastratedda” di ricotta, faveverdi e maialino croccante servita co-me primo piatto, seguita dalla ruotadi tonno con basilico e costoluto e,infine, la trionfale “liccumia” di me-lanzana, ricotta e cioccolato di Modi-ca. Le pietanze sono state accompa-gnate dai vini Insolia Doc 2008 e Ru-sciano Igt 2006, delle cantine Valledell’Acate. La sequenza delle vivandeè stata riportata sull’elegante menuche ha ripreso nella copertina il logodella manifestazione, progetto grafi-co di Colomba Cicirata che ha curatoanche la realizzazione delle locandi-ne e dei menu.

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DI GIOVANNI DENORAAccademico di Altamura

“L’attaccamento alle radiciha permesso

una valorizzazione delle tradizioni”.

C olori, odori, gusto. Fusione econtaminazione. Materie primeautoctone o provenienti da terre

lontane. In due parole: arte gastrono-mica. È questa la chiave di lettura diuna interessante tavola rotonda orga-nizzata dalla Delegazione di Altamura.Tema della serata: “Storia e storie dicucina: dal lascito islamico a Caterinade’ Medici”. Relatore il Delegato diFoggia-Lucera, Luigi Altobella, mode-ratore Vincenzo Rizzi, Accademico diBari. Erano presenti anche due giovaniricercatrici che hanno presentato i lororecenti studi in ambito gastronomico.

La Delegata, Immacolata PortogheseStigliano, in apertura dei lavori ha ri-badito che lo scoprire ciò che siamoattraverso lo studio delle abitudini ali-mentari e ripercorrendo costumi eusanze legate al passato ci permette direcuperare valori e identità che rendo-no unica e riconosciuta nel mondo lacucina “made in Italy”. Ha quindi datola parola alla ricercatrice AntonellaMoramarco, laureata in Lingue e lette-rature straniere all’Università di Baricon una tesi sperimentale in filologiagermanica, il cui contenuto è un ricet-tario anglo-normanno del XIV secolo,dato alle stampe col titolo: “La cucinadi Chaucer” (Rubbettino Editore). Larelatrice ha fornito un affascinante ex-cursus sulle tradizioni cucinarie euro-pee in quel periodo storico, mettendoin luce la simbologia e la ritualità deldesinare medievale. Nel rispetto deicanoni religiosi, l’aristocratico medie-vale alternava nella sua dieta cibi“grassi”, come l’arrosto, a cibi “magri”-specie durante i quattro tempora - co-me il biancomangiare. I colori, la suc-cessione delle portate e la loro pre-sentazione estetica facevano della ga-stronomia medievale una cucina di ri-cerca, in cui il cuoco, figura nata pro-prio in quell’epoca, aveva un ruolo

centrale e indiscusso: il suo imperati-vo era stupire a ogni costo, crearepiatti da divorare con gli occhi senzatrascurare la salubrità degli ingredien-ti, poiché egli era, secondo i dettamidella cultura araba, anche un medico,attento e scrupoloso custode della sa-lute del suo signore.

Di seguito Luigi Altobella, con unintervento brillante e coinvolgente, haappassionato e incuriosito l’intera pla-tea raccontando storie e aneddoti le-gati alla provenienza di alcuni prodot-ti che arricchiscono le nostre tavole:dalla leggenda sul nome del panetto-ne alle curiosità sull’origine della par-migiana. Numerose sono state le cita-zioni e gli intrecci riscontrati fra le va-rie culture gastronomiche: dalla colo-nizzazione greca delle regioni meri-dionali fra il VI e il IV secolo a.C. al-l’influenza della Repubblica di Vene-zia sulle abitudini alimentari delle po-polazioni dell’area adriatica. Estrema-mente importanti furono, infatti, gliscambi commerciali che la Repubblicadi Venezia instaurò con il Levante. Lemerci più significative che hanno con-dizionato ricette, gusti e tradizioni del-la cucina del Sud Italia furono, senzadubbio, lo zucchero, al quale risale ilconcetto di agrodolce, le spezie che,oltre a condire i cibi, venivano diluitenel vino dando vita a bevande ricerca-tissime, e infine il caffè, provenientedall’Africa (precisamente dalla regio-ne di Kaffa), che arrivò a Venezia a fi-ne Cinquecento e si diffuse nell’areaadriatica fino a Roma dove, nel 1603,venne “benedetto” come bevanda dalsommo pontefice Clemente VIII. Lacucina mediterranea di stampo grecosi basava, invece, sull’olivo, sui cerealie sulla vite (quindi sul vino); molti se-coli dopo, con le invasioni degliSchiavoni, popoli slavi, e le migrazio-ni albanesi, il sistema alimentare si è

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La cucina nella storia

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modificato basandosi sulla caccia esull’allevamento brado, quindi sullaciviltà della carne in contrapposizio-ne alla civiltà dei cereali.

Il relatore non si è limitato a illustra-re origini e derivazioni cucinarie; ha al-tresì puntualizzato il ruolo determinan-te che la tradizione araba ha avuto nel-la storia della gastronomia europea:non una semplice influenza o conta-minazione, bensì un legame impre-scindibile. Non è un caso, infatti, lascelta nel titolo della sua relazione deltermine “lascito”, che giuridicamentesancisce l’unione tra due culture cosìdiverse. Quella araba, il cui rispetto di“halal” e “haram”, ovvero del concettodi lecito e proibito relativi al consumodi carne di maiale e di bevande alcoli-che, è alla base della dieta orientale.Quella europea, invece, erede dellatriade greco-romana (grano, olio e vi-no) e dell’abuso di carne tipico dellepopolazioni barbariche, a partire dall’-VIII secolo subisce la dominazione e ilfascino della cultura orientale, con ladiffusione dei costumi alimentari. A unpizzico d’Oriente l’Accademico Alto-bella ha poi aggiunto una manciata digastronomia europea, introducendocosì le prelibatezze in voga presso lecorti longobarde e federiciane fino adarrivare a Caterina de’ Medici.

La ricercatrice Eleonora Dafne Arne-se, laureata in Relazioni pubbliche epubblicità all’Università Iulm di Mila-no con tesi in sociologia dei consumi,ha ricondotto l’attenzione al profilosociologico, antropologico e psicolo-gico legato alle pratiche alimentarinella società contemporanea. Il con-sumo alimentare, infatti, più di ognialtra tipologia di consumo permette lacostruzione identitaria dell’individuo e

cela in sé dinamiche relazionali im-portantissime. A tal proposito ha ricor-dato l’etimologia della parola “compa-gnia” che deriva dal latino “cum pa-nis” e significa “chi mangia il pane in-sieme”. Il consumo alimentare vienedefinito un “fatto sociale”, una sorta dilinguaggio con un suo codice e capa-ce di veicolare messaggi particolari.L’antropologa inglese Mary Douglasnella sua opera “Antropologia e sim-bolismo. Religione, cibo e denaro nel-la vita sociale” afferma che il pasto èun rituale complesso e organizzato,con le sue leggi, le sue liturgie e le suegerarchie e durante il quale vienemesso in moto un processo di interio-rizzazzione di credenze e valori.

Negli ultimi sessant’anni, ha prose-guito la relatrice, lo scenario mondia-le ha subìto profondi cambiamenti alivello politico, economico e sociale; iprocessi di globalizzazione e standar-dizzazione hanno travolto e destabi-lizzato mercati, culture e tradizioni.Questi fattori hanno decisamente in-fluenzato le strutture interne delle fa-miglie e, di conseguenza, le loro abi-tudini alimentari. Quello che GeorgeRitzer, sociologo americano, ha deno-minato “mcdonaldizzazione” dellacultura gastronomica ha radicalmenterivoluzionato e destrutturato i rituali, igusti e le pratiche legate ai pasti.Quantità anziché qualità, omologa-zione anziché diversità, prevedibilitàdei menu anziché originalità dei piattitradizionali: sono questi i capisaldi suiquali si fonda, purtroppo, il businessdei fast food che si sono drammatica-mente diffusi su scala mondiale com-portando implicazioni negative siasullo stato di salute dei consumatori(si pensi all’obesità, oppure a malattie

come diabete e colesterolo in aumen-to anche nei giovani) sia sulle dinami-che relazionali e comportamentali du-rante i pasti (si mangia con velocità, sidialoga sempre meno a tavola).

A tal proposito sono stati presentatii dati ottenuti da un questionario sot-toposto a un campione eterogeneo di60 persone che hanno permesso di fo-tografare pratiche ed evoluzioni legateai pasti delle famiglie italiane oggi:tendenze confermate anche da unapiù recente ricerca condotta dall’Os-servatorio sulla famiglia e sulla perso-na su un campione di 1.000 individui.

I nuclei familiari sono meno nume-rosi; la madre casalinga si è trasforma-ta in “donna in carriera”; le apparec-chiature tecnologiche e gli elettrodo-mestici hanno invaso le nostre abita-zioni semplificando e velocizzando lavita in casa. Inoltre, l’aumento dellafrequenza nell’acquisto di prodottipronti o surgelati e la diffusione di ri-storanti etnici (soprattutto in grandicentri metropolitani) sono solo alcunidegli aspetti che hanno modificato,per fortuna ancora solo marginalmen-te, le abitudini a tavola degli italiani.D’altro canto, l’attaccamento alle radi-ci della buona cucina italiana ha per-messo una valorizzazione delle tradi-zioni e dei prodotti territoriali. Oggi ilsettore enogastronomico sta vivendouna stagione di “rinascimento”. La ri-scoperta delle origini della cultura ga-stronomica italiana attraverso formedi innovazione e rivisitazione forniscenuove opportunità ai territori regiona-li ridefinendo una “nuova identità” dicucina italiana tutta da difendere.

La manifestazione ha riscosso il fa-vore del pubblico, che ha seguito coninteresse i vari interventi. E la cucinarimane una della chiavi di lettura piùimportanti per comprendere meglioalcuni aspetti di un determinato pe-riodo storico. Studiare i gusti di unapopolazione, infatti, significa fare lu-ce anche sugli aspetti economici, so-ciali e culturali che li hanno in qual-che modo determinati e la cosa è evi-dentemente tutt’altro che trascurabile.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Olio in manetteSequestrati dai Nas 8.180 litri di olio estratto da semi geneticamente mo-dificati. Sono stati inoltre sequestrati 11.000 litri di olio di semi di soiaetichettati come olio d’oliva. I titolari degli oleifici sono stati arrestati.

(da “Italia Oggi”)

CURIOSITÀ

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Il fico d’India in SiciliaDI ANGELO TAMBURINI

Delegato di Siracusa

“Una pianta di enormi potenzialità per l’agricoltura

e l’alimentazione”.

I nteressante il convegno sul ficod’India organizzato dalla Delega-zione di Siracusa nel “Kalaonda-

Plemmirio Hotel”. L’AccademicoGuido Vinci ha elaborato un accura-to spaccato scientifico, storico, lette-rario, medico e gastronomico di“Una tipicità siciliana: ‘a ficurìnia”,concludendo con la descrizione dialcune ricette monografiche. Il ficod’India è una pianta succulenta dellafamiglia delle Cactacee, originariadel Messico - ha esordito Guido Vin-ci - e da qui si diffuse tra le popola-zioni del Centro America, dove parevenisse coltivato e commercializzatogià ai tempi degli Aztechi, presso iquali era considerato pianta sacra.Dai primi esploratori della spedizio-ne di Cristoforo Colombo, verosimil-mente nel 1493, anno del loro ritor-no a Lisbona, la pianta fu portata inEuropa, dove, oltre che per i frutti,suscitò parecchio interesse qualestrumento per l’allevamento dellacocciniglia del carminio. La propaga-zione si attua per talea. La fiorituraavviene a maggio-giugno, con laproduzione di frutti, di dimensioni ri-dotte, ad agosto; con la tecnica dellascozzolatura, consistente nel tagliodei fiori della prima fioritura, si ottie-ne una seconda fioritura con matura-zione dei frutti, detti bastardoni, piùgrossi e succulenti, in autunno. Chela pianta del fico d’India sia, nell’im-maginario collettivo europeo, legataalla Sicilia, sotto il profilo sia am-bientale sia culturale, è un fatto in-dubbio che ognuno di noi può verifi-care. Essa rappresenta il simbolo diuna Sicilia arcaica e assolata, e assie-me agli agrumi, al carrubo, agli ulivi,alla buganvillea, costituisce l’elemen-to più caratterizzante del paesaggiosiciliano. Offre notevoli risorse ali-mentari; a cominciare dai frutti, che

possono essere consumati freschi, outilizzati per la produzione di succhi,liquori, gelatine, marmellate, dolcifi-canti in genere. Dolce tipico sicilianoè la mostarda, che si ottiene dalla la-vorazione della polpa del frutto, confarina, amido, mandorle tostate,scorza d’arancia, cannella e vaniglia.Le pale, più precisamente chiamatecladòdi, oltre a essere adoperate co-me foraggio animale, soprattutto neiPaesi del Centro America, vengonoutilizzate anche per l’alimentazioneumana, e vengono mangiate fresche,in salamoia, sottaceto, candite. Lapianta ha avuto largo utilizzo nellamedicina popolare. La Opuntia fi-cus-indica per la sua capacità di svi-lupparsi anche in presenza di pocaacqua si rivela una pianta di enormipotenzialità per l’agricoltura e l’ali-mentazione dei paesi aridi, avendoun notevole valore nutrizionale, ric-ca di minerali, soprattutto calcio e fo-sforo, e di vitamina C. Infine, un“Elogio del fico d’India” esprime connotevole efficacia il legame esistentetra questa pianta e la storia, i senti-menti, la cultura e il carattere dei si-ciliani: “È un frutto impossibile. Sta lìaggrappato in alto, gli occhi semi-chiusi nella vampa di un eterno mez-zogiorno. Segna il dolente camminodelle trazzére, le stazioni di una viacrucis perenne, che il sole e gli uo-mini compiono di secolo in secolo,da un capo all’altro della giornata,dell’isola, della storia, accordandosispontaneamente alla frenesia inter-mittente delle cicale. Rifiuta il conci-me, perché tutto gli è concime: glistrati della terra seminati a sudore, leossa, le spighe dei remoti granai, ilgreco e poi il latino dei conquistato-ri, il bronzo vecchio delle monetecon il profilo dei tiranni, il grano sa-raceno, la falce, le bifore, il maloc-

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chio, le alghe ed i relitti portati dallacorrente, la peste, i galeoni spagnoli,gli agrumi che ripetono il sole, Por-tella della Ginestra, l’uva blu delle vi-gne, la fatica, due colpi di fucile nel-l’assordante rombo della canicola, gliscuri chiusi, gli occhi nascosti dietrole persiane, i morti di pasta di man-dorle, gli agnelli di pasta di mandor-le, i morti, agnelli che belano in tuttigli angoli dell’isola. È un frutto cheoccorre un sapere speciale per gu-starlo: devi conoscere l’arte dei tagliin croce, devi avere l’occhio per ve-dere dove finisce la corazza e comin-cia il … paradiso. Non devi averepaura delle spine! Ci devi credere!”.

Un lungo applauso ha sottolineatola poetica parte finale del discorso eil Delegato ha ringraziato Guido Vin-ci per l’impegno e la cura nella tratta-

zione del tema sotto tutti gli aspetti.Ha poi dato comunicazione dell’attri-buzione della medaglia d’oro delconcorso internazionale “Acquavited’oro”, organizzato dall’Anag, con-gratulandosi per il prestigioso risulta-to ottenuto.

Ha fatto seguito la cena con un an-tipasto fra terra e mare (cannolicchiodi spada, caponata, gambero marina-to agli agrumi, cozze gratinate), poiun primo piatto di assaggi: trofiettecarciofi e gamberi, caserecce pescespada e menta; secondo piatto: spi-gola in barchetta con gamberoni diMarzamemi con contorno di pepero-ni ai pistacchi di Bronte e mollica to-stata, zucchine, menta e caciocavallo;il dolce un semifreddo di mardorle diAvola e Moscato di Siracusa; ogniportata ha avuto attenzione e cura sia

nella scelta degli ingredienti tipici delterritorio che nell’elaborazione e pre-sentazione della pietanza.

I vini: bianco “Fanja” 2009 Igt Sici-lia e Moscato “Don Nuzzo” 2009 Docdi “Antiche Cantine Gulino” di Sira-cusa hanno adeguatamente comple-tato l’armonia del gusto. Il maestro dicucina Placido Trovato, emozionato esoddisfatto, la maître Michela Galio-to, conduttrice di un servizio impec-cabile, unitamente al proprietariohanno ricevuto dal Delegato il ga-gliardetto e la vetrofania accademi-che e un applauso per la cura dell’in-tero convivio.

Si è concluso brindando con lagrappa “Demetra” dell’AccademicoVincenzo Gandolfo.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Il Simposio di maggio della Delegazione di Siracusasi è tenuto al “Kalaonda-Plemmirio Hotel” che è l’esi-to accogliente derivante dalla ristrutturazione di uninsieme di edifici, di fine Ottocento, già utilizzati aservizio dei latifondi limitrofi. Il Delegato AngeloTamburini ha avviato l’incontro dando rilievo a unaimportante ricorrenza: l’Accademia Italiana dellaCucina ha voluto, infatti, onorare il suo FondatoreOrio Vergani, a 50 anni dalla sua scomparsa, con lapubblicazione di una monografia che raccoglie, oltrea significativi scritti dello stesso Vergani, autorevolitestimonianze sulla sua figura. Dagli scritti di Indro Montanelli, Eugenio Montale,Giovanni Mosca, Nello Ajello, Fausto M. Personé, Lui-gi Volpicelli, Massimo Alberini, Marco GuarnaschelliGotti, Severino Sani, Artal Mazzocchi, Guido Verga-ni (figlio di Orio), viene delineata la sua bella perso-nalità e la molteplicità degli interessi che lo ha porta-to a spaziare e a eccellere in tanti campi, poiché OrioVergani, oltre a essere il Fondatore dell’Accademia, èstato un personaggio di primo piano nel mondo delgiornalismo, della letteratura e dell’arte. Scrittore finissimo, commediografo (fondò con LuigiPirandello anche una compagnia teatrale nel 1926),romanziere, autore di saggi e critico d’arte, cronistaattento e curioso, ha lasciato di sé una profonda im-pronta nel giornalismo italiano. Giovanni Mosca dice di Vittorio (nome d’arte Orio)Vergani: “Non finiva di stupire non solo il lettore, ma

anche i compagni di mestiere, perché era l’espressio-ne di una chiarezza di idee, di una disciplina dipensieri, d’una prontezza di riflessi, d’una culturatanto vasta quanto profonda che aveva dell’incredi-bile.” Ernesto Donà Dalle Rose ricorda quello cheOrio gli diceva spesso: “Ben pochi riflettono sul fattoche le ore passate a tavola ogni giorno, in casa, sonoforse la sola oasi di vita familiare tranquilla, discambi affettuosi con i nostri cari, nella fretta dellavita di oggi. Perché non difendere questa ultima trincea e far sìche la tavola conservi meglio questo significato amo-roso? Perché non far sì che anche fuori di casa lamensa possa essere veicolo di misura, di comprensio-ne, di civiltà?”. Il Presidente dell’Accademia Giovan-ni Ballarini, citando Orio Vergani, dice: “Egli intuìla dimensione culturale del cibo nella dimensioneumana ed ebbe la capacità di dare vita a una istitu-zione d’alto profilo culturale, che volle come Accade-mia nel senso della rinascimentale tradizione italia-na e, prima ancora, dell’antica Grecia.Nel cinquantesimo anniversario della sua scomparsal’Accademia intende ricordare così Orio Vergani,com’era e cos’era”. Gianni Franceschi, Vice-Presi-dente del Centro Studi dell’Accademia, ricorda: “Ver-gani, con Villani e gli altri amici, fondò l’AccademiaItaliana della Cucina il 29 luglio 1953. Ma nella suamente fervida l’Accademia era già sbocciata moltotempo prima”. (Angelo Tamburini)

ORIO VERGANI RICORDATO A SIRACUSA

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I N O S T R I C O N V E G N I

Dall’antico al nuovoDI GIOVANNA MAJ

Delegata di Isernia

Presentato il volume accademico “Tradizione

e innovazione nella cucina italiana”.

U n incontro molto piacevole einteressante per celebrare laGiornata della cultura. Siamo

riuniti, Accademici, relatori e nume-rosi ospiti, alla Biblioteca comunale,cornice ideale a questo breve ma si-gnificativo convegno. La Delegatadopo aver salutato gli intervenuti,presenta i relatori, complimentandosia nome di tutti con il prof. TommasoLucchetti per il premio “Orio Verga-ni”, principale riconoscimento cultu-rale dell’Accademia.

Questa manifestazione è stata orga-nizzata con l’International inner weeldi Isernia, la cui presidentessa, avv.Alda Colesanti, ha illustrato gli scopidel Club: fra tutti la conoscenza deipopoli mediante lo studio delle lorodiverse culture ed ecco che la cucina,proprio perché identificativa di un po-polo e quindi della sua cultura, si po-ne come elemento di comprensione

importante, specie adesso che, graziea una immigrazione sempre più increscita, c’è una massiccia presenza dipopoli stranieri nel nostro territorio.

Il prof. Lucchetti ha il compito dipresentare il libro edito quest’annodall’Accademia, “Tradizione e inno-vazione nella cucina italiana”, e fa su-bito riferimento a quanto asserito dalPresidente Giovanni Ballarini che neè l’autore unitamente al Segretariogenerale Paolo Petroni e secondo ilquale tradizione è ciò che si perpetuaquale autorevolezza del mito. È fon-damentale che non vada perduta latraccia di tutto ciò che è legato ancheall’immaginazione popolare e perciònon solo quanto è stato scritto ma,soprattutto, quanto è stato tramanda-to a voce. Il momento che stiamo vi-vendo è una fase delicata in cui stan-no venendo meno le persone chehanno la memoria di un’epoca ormaiquasi scomparsa, quella preindustria-le, e con lei le sue pratiche rurali ecucinarie. C’è quindi tutto un patri-monio di sapere che si sta perdendo.Lo storico deve dare conto anche diquanto peso la fantasia e la creativitàabbiano avuto in cucina. Con il suonoto, piacevolissimo modo di saperaffrontare gli argomenti che coinvol-gono chi ascolta in un’attenta interes-sata partecipazione, il relatore espo-ne il tema della differenza tra la cuci-na delle feste e quella quotidianaspiegando che la prima si inventava,mentre la seconda si limitava a tra-sformare una vivanda.

Lucchetti conclude la brillante pre-sentazione del libro con la sua gran-de capacità di tenere vigile e attentochi lo ascolta interessato, asserendoche a suo parere l’atteggiamento daavere nei confronti della tradizione èquello di non cercare di recuperare lericette nella loro elaborazione dei

tempi passati, cosa ormai quasi im-possibile vista la diversità dei prodot-ti e il mutare dei gusti nel tempo; èindispensabile invece fare in modoche queste ricette sopravvivano nellanostra memoria.

L’Accademica Carmela Di Socciocoordina questo incontro e, nell’intro-durre il secondo relatore, si ricollegaalle affermazioni del prof. Lucchettirelative alla memoria gastronomicaquale atteggiamento da adottare neiconfronti delle ricette del passato. Me-moria gastronomica che ci viene tra-mandata anche dalla poesia. Insupe-rabile, piacevolissima interprete, dilet-ta gli astanti con la lettura di branipoetici dialettali che ci riportano allamemoria pratiche cucinarie passate.

La brava ed entusiasta MaristellaColalizzi, chef patronne del ristorante“Le Mmele Blu” di Venafro, affermache tradizione e innovazione coesi-stono nella sua cucina. Per sua sceltaricerca accuratamente i migliori pro-dotti locali, eccellenti per qualità, fre-schezza e sapore da offrire ai suoiclienti, e afferma con passione che latradizione è la ripetizione degli even-ti, la ritualità nella elaborazione di unpiatto, il seguire una ricetta così co-me è stata ripetuta per anni. L’inno-vazione è il collante tra passato esperimentazione e la creatività ha ne-cessariamente bisogno degli elementitipici della ricetta tradizionale. Le tra-dizioni cucinarie di altri popoli, unitealla nostre tradizioni, consentono dicreare nuovi piatti, di innovare, cosaindispensabile da fare per ogni gio-vane chef, ma sostiene che ciò chedà autorevolezza a una innovazionee che la fa poi diventare tradizione èil gusto. A tal proposito fa l’esempiodi un prodotto di Venafro che ebbealcuni decenni or sono un premio.Da quel momento è diventato tipico

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del posto: le crespoline del ristorante“Vittoria” che ormai sono entrate, co-me piatto d’eccezione, nella cucinatipica venafrana.

L’Accademica Olimpia Giancola, ri-cercatrice appassionata di tradizionipopolari, dopo aver ripercorso bre-vemente la storia dell’arte del tombo-lo che da alcune recenti ricerchesembrerebbe lavorazione abituale nelconvento delle suore Benedettine, aIsernia, ancora prima del 1503, riferi-sce come, seppure con tecniche mu-tate nella lavorazione di questo parti-colare merletto che adorna tovagliatiimportanti, e non solo, esso sia arri-vato sino a oggi. Tradizione di un ri-camo del passato, innovazione nella

lavorazione a piccoli pezzi che più siadatta ai tempi di esecuzione oggi ri-chiesti e, conseguentemente, ai costi,rispetto alla lavorazione intera delmerletto di un tempo. Tradizione einnovazione, quindi, coesistono an-che nel tombolo.

Per approfondire ancora di più laconoscenza di questo nostro storicoartigianato, Paola Buccigrossi, studio-sa esperta dell’arte del tombolo, parladei fiori dello spirito, lavorazione afuselli che unisce la tradizione italia-na del tombolo a quella delle Fian-dre, altro centro importante per que-sta produzione. Sottolinea inoltre ilvalore e la preziosità del tovagliato atombolo che dona risalto alle tavole

importanti. Una bella apparecchiatu-ra dà un magnifico tocco di eleganzaal pranzo.

Anche lei parla di tombolo moder-no, innovativo, rispetto a quello dellatradizione. Modernità che non signifi-ca minor pregio del ricamo, infatti iltombolo moderno nasce dalla com-mistione tra il disegno antico di Iser-nia e quello moderno di Cantù e, sediminuiscono i volumi dei pezzi lavo-rati, non scade la loro qualità. Al ter-mine di queste ultime descrizioni chehanno incuriosito tutti, abbiamo lapiacevole sorpresa di poter ammirareda vicino degli splendidi esempi diquesto prezioso merletto, che costi-tuiva un tempo anche un capo indi-spensabile nella dote delle spose, inuna piccola mostra allestita in una sa-la della biblioteca. Con piacere am-miriamo le tavole apparecchiate consplendide tovaglie a tombolo; tavoledi gran lusso accentuato dalle sup-pellettili in argento, da luminosi cri-stalli e antiche porcellane.

La bella sala della biblioteca è gre-mita e conclude questo gradito, sti-molante incontro, un gustosissimo,caldo aperitivo, offerto a tutti gliospiti.

Un tangibile esempio di come fareinnovazione ce lo dà subito dopo ilristorante “da Patrizio” dove ci riunia-mo per la cena, che ci sorprende conun menu innovativo nella presenta-zione dei piatti, tutti di pesce, servitiin sequenza come una serie di assag-gi, buoni, gustosi e variati. Un modonuovo, sapientemente studiato perriuscire davvero gradito alla vista e algusto.

Un delizioso finale degno dellagiornata trascorsa con successo nelpiù vero spirito e orgoglio accademi-co ce lo offre Olimpia Giancola chedona a tutti noi il tempietto dell’Acca-demia fatto magistralmente riprodurreal tombolo, una dimostrazione dellaversatilità di questo nostro preziosoartigianato, che viene accolto con sor-preso, grato entusiasmo sia per l’ese-cuzione che per l’affettuoso pensiero.

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I N O S T R I C O N V E G N I

NUOVI INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICAPer semplificare e facilitare i contatti con i vari settori dell’Accademia,

sono stati istituiti nuovi indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.Anche se gli indirizzi utilizzati finora rimarranno comunque validi

ancora per qualche mese, invitiamo tutti gli Accademici a servirsi dei nuovi da subito.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:

[email protected]

e-mail per la Direzionee redazione romana della rivista:[email protected]

e-mail per la Biblioteca nazionale “Giuseppe Dell’Osso”:[email protected]

Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Il tempo dei meloniDI GIANCARLO BURRI

Accademico di Padova

Uno studio su una varietà in pericolo di estinzione.

N ella sua unica opera pubblica-ta (“Breve racconto di tutte leradici, di tutte l’erbe e di tutti i

frutti che crudi o cotti in Italia si man-giano”) Giacomo Castelvetro (1546-1616), modenese, diplomatico, pre-cettore e insegnante d’italiano in va-rie parti d’Europa, rappresenta unodegli aspetti più originali e distintividella gastronomia italiana: l’uso diverdure e insalate.

Orgogliosamente nostalgico dellasua bella Italia, “che non tanto dovi-ziosa di carnaggi quanto è la Franciae questa isola [l’Inghilterra];perciò a noi fa di mestieriingegnarci per trovarealtre vivande da nu-trir cotanta smisura-ta quantità di per-sone che si trova-no in così piccolocircuito di terra”,l’autore, con ritmoscandito dal succe-dersi delle stagioni,fornisce un’ampia ras-segna di “erbaggi man-giativi“, con utili e originalicomplementi gastronomici a es-si relativi, dai condimenti e loro dosa-tura alle tecniche di cottura, allequantità utili da mangiare.

Nella parte dedicata all’estate in cui“caldissima stagione usiam noi viepiù l’erbe e i cibi fatti d’esse e i frutti,che le carni, le quali il soverchio ca-lore ci fa venire a noia”, accanto allalattuca (cappuccina e romana), laportulaca, i cedruoli o cocumeri, i fi-chi fiori, i peri ghiaccioli e gnocchi,figurano anche i meloni, “frutta dacavarsegli la berretta, perché, quantoa me, lo stimo migliore di qualsivo-glia altro”. Come unica specie citata,“le zatte, ch’è pure una spezie di me-lone, durano molto più; e la maggior

parte e le migliori nascono sul Pado-vano”. Una incuriosita indagine sulladisponibilità territoriale attuale dellavarietà di melone denominata “zatta”,e sulle sue caratteristiche morfologi-che, mi ha portato a scoprire chepurtroppo è varietà quasi estinta, eche solo per la passione di alcuni ri-cercatori e la tenacia di poche azien-de agricole ne sono ancora disponi-bili i semi. Nella fiduciosa speranzadi poter tornare a degustarlo, e co-munque come doveroso contributoalla sua salvaguardia, ecco dunque

una breve scheda della “zatta”del Castelvetro.

Il Cucumis melo var.Cantalupensis, dettorospo di Bologna orospo di Modena ozatta mantovana omelone rognoso, èuna varietà delgruppo di meloniCantalupo, vigoro-

sa e molto produtti-va, con fusto flessibi-

le, strisciante o rampi-cante molto ramificato e

con grandi foglie lobate. I fruttisono peponidi di grandi dimensioni,di forma tonda schiacciata ai poli. Labuccia, di colore giallo-verdastro,con evidente marcatura della fetta, èmolto spessa, consistente e abbon-dantemente percorsa dalle tipiche tu-berosità (come nella pelle del rospo,appunto). La polpa è di colore aran-cio intenso, molto succosa, consi-stente e zuccherina, di qualità eccel-lente, profumata.

Si consuma prevalentemente fre-sco, dopo aver asportato la buccia,da solo o in un classico abbinamentoaccompagnandolo al prosciutto o adaltri salumi.

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C U L T U R A & R I C E R C AB I B L I O T E C A N A Z I O N A L E G I U S E P P E D E L L ’ O S S O

L’Artusi secondo VolpicelliDI LORENA GALLINA

Un testo che vanta numerose edizioni

e traduzioni.

N el 1958 Orio Vergani era lietodi concedere il patrocinio del-l’Accademia alla nuova edi-

zione critica della celebre opera diPellegrino Artusi “La scienza in cuci-na e l’arte di mangiar bene”, realizza-ta dalla casa editrice Giunti Marzoccodi Firenze. L’editore collocava l’Artusifra gli “scrittori di costume” del no-stro Paese per aver realizzato un ma-nuale che può essere considerato co-me la summa di venti secoli di ga-stronomia italiana.

L’edizione, conservata presso la Bi-blioteca, si avvale della prefazione diLuigi Volpicelli, uno dei padri fonda-tori dell’Accademia, pedagogista dichiara fama, da sempre appassionatostudioso della civiltà della tavola. Egliriconosce all’Artusi il merito di essersiinserito nel filone di quella trattatisticagastronomica che, dal Rinascimentoin poi, ha descritto uno degli aspettiprimari delle corti umanistiche ovverol’arte cucinaria. Inoltre egli ha saputorielaborare la materia, un tempo ap-pannaggio soltanto di principi e uo-mini di corte, per trasmetterla a unanuova classe sociale, la borghesia,unendola al filone della cucina popo-lare e regionale. L’operazione acqui-sta un particolare significato culturale,visto il periodo storico in cui l’operavenne redatta: la prima edizione risaleal 1891 e contribuì in modo determi-nante alla creazione di una cucina na-zionale, in nome di un’unità territoria-le nella quale identificarsi.

Volpicelli sottolinea come “Lascienza in cucina” appartenga di di-ritto alle grandi opere della letteratu-ra nazionale, al pari de “I promessisposi” del Manzoni, sia per la tradi-zione bibliografica a cui si riallacciasia per il suo significato storico siaper la prosa, sempre arguta, a trattiironica e ricca di aneddoti, citazioni,

dissertazioni letterarie e spunti eti-mologici.

Sempre Volpicelli, in occasione delquarto convegno accademico sullaciviltà della tavola, tenutosi a Parma eBologna nel 1973 e dedicato alla cu-cina italiana dal Rinascimento al Set-tecento, elabora un intervento dal si-gnificativo titolo “L’Artusi nel carteg-gio di Benedetto Croce e GiovanniGentile”, in cui emerge ancora unavolta l’importanza sociale del manua-le dell’Artusi. In uno scambio episto-lare tra i due filosofi, risalente al giu-gno 1899, Gentile chiede a Croce i ri-ferimenti bibliografici “di quel librodi cucina, con prefazione del Guerri-ni, di cui mi parlavate una sera costì”.Il filosofo si schermisce aggiungendo“Potete immaginarvi che non è pro-priamente curiosità mia” la notizia ri-chiesta; nella puntuale risposta dell’a-mico e collega, si scopre che “Il librodi cucina è l’Artusi. È stampato a Fi-renze, dal Landi”. A soli otto anni dal-la pubblicazione, l’Artusi era già nellabiblioteca dei due il che ne testimo-nia in modo inconfutabile la fortuna.

Eppure il percorso editoriale de “Lascienza in cucina” è lastricato di peri-pezie che lo stesso autore racconta,con tono ironico o sarcastico, nellaprefazione, paragonando la storia delsuo libro a quella di Cenerentola. Ilprimo giudizio negativo proviene daun amico dell’Artusi, Francesco Trevi-san, professore di liceo che stronca ilvolume sentenziando “che avrà pocoesito”. Segue la trafila presso le caseeditrici che ogni volta rifiutano dipubblicare il libro, sostenendo da unlato il limitato seguito sul mercato delfilone gastronomico, considerato ungenere minore, dall’altro la scarsa fa-ma dell’autore che certo non aiutanelle vendite. L’Artusi decide così dipubblicare a proprie spese il suo la-

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C U L T U R A & R I C E R C AB I B L I O T E C A N A Z I O N A L E G I U S E P P E D E L L ’ O S S O

voro, presso l’editore Salvatore Landidi Firenze, in una tiratura di sole mil-le copie, per limitare i danni di uneventuale fiasco nella distribuzione.

Nonostante le iniziali stroncature,dopo la prima edizione “La scienza incucina” ottiene il plauso del profes-sor Paolo Mantegazza, celebre antro-pologo sostenitore delle teorie darwi-niane, che ringrazia l’Artusi perché“col darci questo libro voi avete fattoun’opera buona e perciò vi augurocento edizioni”. Il giudizio del Mante-gazza, al quale si aggiunge quello delpoeta e bibliotecario Lorenzo Stec-chetti (uno dei numerosi pseudonimidi quell’Olindo Guerrini autore de“L’arte di utilizzare gli avanzi dellamensa”, pubblicato postumo nel1918), fu di buon auspicio per l’operapoiché, a oggi, ne sono state realizza-te oltre un centinaio di edizioni, non-ché numerose traduzioni, l’ultimadelle quali in portoghese.

La Biblioteca accademica conservauna traduzione di pregio in inglese,realizzata nel 2003 dalla University ofToronto Press, inserita in un ambizio-so progetto promosso dalla celebreUniversità della California a Los An-geles: l’obiettivo è creare una biblio-teca di traduzioni inglesi che com-prenda i cento titoli più significatividella letteratura italiana. Il primo pre-scelto, inserito nella collana “LorenzoDa Ponte Italian Library”, in onoredel grande librettista di Mozart, èproprio il celebre ricettario artusiano,tradotto da Murtha Baca e StephenSartarelli, corredato da una accurataintroduzione di Luigi Ballerini, pro-fessore presso il Dipartimento di Ita-liano di quell’Università, che ha do-nato personalmente il volume alla Bi-blioteca accademica.

Risale invece al 2004 l’edizionespagnola, che si colloca all’internodel progetto “Un mar de sueños”, na-to sotto gli auspici del Ministero per iBeni e le attività culturali e del Mini-stero degli Affari esteri, con il propo-sito di diffondere i capolavori dellaletteratura italiana in America Latina,una volta tradotti in spagnolo, in no-me della conoscenza reciproca e del-

l’interscambio culturale. Il proliferaredi edizioni e traduzioni testimonia ilgrande successo ottenuto dall’opera,che ebbe una vastissima diffusione:con ogni probabilità essa deriva dal-l’approccio didattico del ricettario,che conta quasi ottocento ricette da-gli antipasti ai dolci, ideato per con-sentire a chiunque di realizzare piattidi sicuro gradimento e di facile pre-parazione. Lo stesso autore definì l’o-pera un “manuale pratico grazie al

quale basta si sappia tenere un me-stolo in mano, che qualche cosa siannaspa”. “La scienza in cucina” sipone come un vero e proprio spar-tiacque nella cultura gastronomicadell’epoca e all’autore va riconosciu-to il merito di aver dato dignità a unmosaico di tradizioni regionali, cheper la prima volta vengono valorizza-te e unite per creare una cucina di re-spiro nazionale.

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Sezioni da completareLA CUCINA MULTIMEDIALE

La Biblioteca dell’Accademia ospita una piccola sezione dedicata almateriale multimediale a tema gastronomico. La rapida evoluzioneche ha investito i supporti tecnologici negli ultimi anni rende necessa-rio un costante aggiornamento dei documenti: si è passati dalle vi-deocassette, da tempo considerate obsolete, ai Cd-Rom e ai Dvd, sup-porti ottici innovativi che consentono di caricare un’enorme quantitàdi dati di varia natura. Sarebbe interessante arricchire la sezionecon materiale relativo a convegni, tavole rotonde e seminari organiz-zati dalle Delegazioni sul territorio: ciò permetterebbe la conservazio-ne di testimonianze inedite dell’attività dell’Accademia, di sicuro in-teresse per studiosi e appassionati di cultura gastronomica. Sono giàpresenti interventi presentati in occasione di convegni, come quellosul tartufo realizzato nel 2007 a Corigliano d’Otranto dalla Delega-zione di Manduria o le immagini della mattanza dei tonni inviatedalla Delegazione di Trapani, sempre del 2007. Anche gli eventi e lemanifestazioni realizzati sul territorio per promuovere e sostenere leproduzioni locali potrebbero essere spunti di riflessione per portare aconoscenza del pubblico, con un metodo didattico corretto ed effica-ce, le eccellenze gastronomiche, le ricette tipiche, gli ingredienti uti-lizzati e le procedure tradizionali di lavorazione delle materie prime.La Biblioteca conserva un Dvd sulle strade e i sapori del Friuli-Vene-zia Giulia che permettono di conoscere le bellezze della regione, ipercorsi enogastronomici, i produttori artigianali della zona. Sarebbecurioso creare anche una sorta di cineteca gastronomica in cui il ci-bo reciti la parte del leone: numerose sono infatti le pellicole cinema-tografiche in cui attori protagonisti sono il piacere della buona tavolae il gusto della convivialità. Basti citare “La grande abbuffata” diMarco Ferreri (1973), un’amara denuncia nei confronti del consu-mismo, anche alimentare, prodotto dalla società del benessere; il cele-bre “Il pranzo di Babette”, girato nel 1987 da Gabriel Axel e trattodall’omonimo racconto di Karen Blixen; “Il pranzo di Ferragosto” diGianni Di Gregorio (2008), delizioso film sulla terza età in cui il pro-tagonista cucina, con dedizione e secondo le ricette della tradizione,per un gruppo di anziane a lui affidate per le vacanze estive; oppureil recentissimo “Julie & Julia” (2009) di Nora Ephron, con Meryl Streepnel ruolo di Julia Child, autrice americana di libri di cucina fra iquali “Mastering the art of French cooking” (1961), pietra miliare del-la gastronomia francese insegnata alle massaie americane. (L.G.)

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C U L T U R A & R I C E R C A

Un cantastorie del SeicentoDI MAURIZIO CAMPIVERDI

Delegato di Bologna-San Luca

“Giulio Cesare Crocescrisse più di 400 operette”.

N ato a San Giovanni in Persice-to nel 1550 e morto a Bolognanel 1609 Giulio Cesare Croce

fu dapprima fabbro ferraio, come suopadre, poi cantastorie girovago e infi-ne scrittore, sotto la protezione dellapotente famiglia bolognese dei Mal-vezzi. Scrisse più di 400 operette,spesso inedite o pubblicate in mode-sti opuscoli venduti per le strade. Tal-volta scurrili, mai osceni, i suoi scrittisono realistici e fotografano la realtàbolognese di quattro secoli fa, rac-contata con arguzia ed esuberanza, esempre dal punto di vista dei cittadinimeno abbienti. Le storie di Bertoldoe di Bertoldino furono il suo unico,grande successo e gli fecero guada-gnare un po’ di quattrini, di cui avevacostante bisogno per mantenere lanumerosa famiglia. Questi personag-gi creati dalla sua fervida fantasia so-no ancor oggi popolari e amatissimi,

addirittura proverbiali. Questa storiaviene continuamente ristampata,spesso con l’aggiunta delle avventuredi Cacasenno, scritte pochi anni do-po da un bizzarro monaco bologne-se, Adriano Banchieri, che volle dareun figlio anche al povero e ingenuoBertoldino.

Il Croce non aveva l’ambizione dieducare in materia di gusto e di tecni-ca cucinaria, bensì di proporre inestrosi componimenti di vena popola-re i drammatici problemi della care-stia, della fame e della sopravvivenzache egli volutamente enfatizzava, for-se per esorcizzarli. Per Bologna, infat-ti, era un periodo non troppo florido.

“La canzone de la casa nova e detortelli”, del 1583, è la prima delle sueopere a essere pubblicata e vi si esal-tano i tortelli, specialità bologneseche già troneggiava sulle tavole citta-dine. Ne “I banchetti de’ mal cibati”,del 1591, il Croce mette a confrontole differenze che si registravano fra letavole dei ricchi e quelle dei poveried enumera una infinità di vivande,sia veramente esistenti, sia parto del-la sua fantasia.

“Il trionfo del porco” è del 1594,ma fu ristampato a Bologna e a Vene-zia nel 1622, con un elegante fronte-spizio recante l’immagine del tipicosuino bolognese di quei tempi, cheera assai pregiato e adattissimo allaproduzione di salumi particolarmentesaporiti. Il poeta prega le Muse dipresenziare al “trionfo” che il nobileanimale ben merita per la sua gran-dezza e per la sua totale “bontà”.

Ne “La sollecita e studiosa Accade-mia dei Golosi”, del 1602, il Crocecanzona le “Leccardiane Scienze” esulla scia di Ortensio Landi cita vini evivande di ogni parte del mondo e gliinventori di queste prelibatezze. Treversi sono famosi: “Tutti san che in

Bologna si son sempre usati / i mi-glior salsiccion di tutto il mondo / esempre e da ognun son celebrati”.Salsiccion era allora sinonimo di mor-tadella.

“La canzone della porcellina” fupubblicata per i tipi degli Eredi delCochi, nell’anno della sua morte, edescrive la tradizionale festa dellaporchetta che si celebrava a Bolognaogni anno nel giorno di San Bartolo-meo apostolo. Il momento culminan-te era il lancio, dal Palazzo comunalealla piazza sottostante gremita di fol-la, di una gigantesca porchetta arro-stita. Questa tradizione si è perpetua-ta dal 1254 al 1796. Dopo oltre duesecoli di interruzione, la parrocchiadi San Bartolomeo, posta proprio al-l’ombra delle Due Torri, ha ripristina-to la festa, in forma più consona aitempi attuali, ma egualmente apprez-zata dai bolognesi.

Questi numerosi testi del Croce, as-sai difficili da reperire nelle librerieantiquarie, sono interessanti perchécontengono una infinità di informa-zioni sui consumi alimentari della po-polazione bolognese, a cavallo fra ilCinquecento e il Seicento. In quei se-coli i viaggiatori stranieri, soprattuttoinglesi, francesi e tedeschi, che effet-tuavano il cosiddetto “Grand tour”, silimitavano ad accennare solo di sfug-gita, nei loro resoconti di viaggio, allelocande nelle quali avevano alloggia-to e a quello che vi avevano mangiatoe bevuto, perché ritenevano l’argo-mento troppo prosaico e non degnodegli ideali artistici e culturali che do-vevano costituire l’essenza del loroperegrinare per l’Italia. Siamo pertan-to assai poco informati su questi argo-menti e gli scritti del Croce, sebbenescherzosi, ironici e talvolta paradossa-li, aiutano a colmare una lacuna.

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DI DAVID BIXIODelegato del Tigullio

“Un prodotto molto delicatoche va trattato con cura”.

I bianchetti (in Liguria “gianchetti”)sono i piccoli di alcune razze dipesci e hanno una lunghezza

compresa fra i 3 e i 10 millimetri. Danon confonderli con i “rossetti”(Aphya minuta), pesciolini morfolo-gicamente simili ai bianchetti, perògià adulti, pescati in periodo estivoallorquando si avvicinano alla costaper la riproduzione, mescolandosi insciami a stadi giovanili di sardina eacciuga con prevalenza di pesce az-zurro del Mediterraneo. Fanno partedel cosiddetto “novellame” la cui pe-sca potrebbe essere proibita da nor-me emanate dalla Comunità europea,vincolanti nei confronti degli Statimembri.

Attualmente la pesca commercialedei gianchetti è regolamentata da ap-posite normative disposte dalla Co-munità europea che consentono unasola raccolta annuale tra febbraio e

marzo, a una distanza minima dimezzo miglio dalla costa, 0,70 migliamarine per la Liguria, in deroga allanormativa a causa della conforma-zione dei fondali della costa ligure,diversa da quella di altre zone. Lapesca dei bianchetti viene praticatada moltissimi anni in varie localitàitaliane, in particolare Liguria, Pugliae Calabria. Le tecniche di pesca sonovarie ma hanno in comune le dimen-sioni della maglia (4-5 millimetri)delle reti per trattenere nel “sacco”prede così minuscole. La pesca èpraticata con “sciabiche” da spiaggiao da natanti di piccole dimensioni,ma anche con reti da traino e da cir-cuizione, ed è tassativamente limitataai mesi di febbraio o marzo ondeevitare che un prelievo troppo ab-bondante possa danneggiare la pe-sca delle sardine adulte. Trattandosidi pesce territoriale e strettamentestagionale, forte ne è la richiesta percui il suo prezzo di mercato è assaielevato, riservandolo a ristoranti diclasse superiore; inoltre, per ragionieconomiche, i bianchetti quasi maivengono consumati dai pescatori delLevante ligure i quali tradizional-mente hanno un’alimentazione basa-ta soprattutto sui prodotti dell’entro-terra.

I bianchetti rappresentano un pro-dotto molto delicato che va trattatocon cura, che va trasferito in pocheore dalle barche da pesca o dallaspiaggia al consumatore finale con-servando così la sua principale carat-teristica, la freschezza, testimoniatadalla tipica trasparenza dei singolipesciolini che un’eventuale congela-zione farebbe subito appannare.

Chi ha una certa età e vive sul maredi Liguria ricorda quando i pescatorilocali si industriavano per esportarequesto prezioso e apprezzato prodot-

to del mare, bollendo i bianchetti inacqua salata, raccogliendoli delicata-mente con una schiumarola non ap-pena venivano in superficie e deposi-tandoli in cestelli di vimini per farliasciugare. Le ceste, provviste di uncoperchio di sacco, venivano avviate,tramite ferrovia, in Piemonte, speciead Asti e ad Alessandria, e in Lombar-dia a Milano, dove i grossisti provve-devano a rifornire i ristoranti le cuiclientele apprezzavano questa singo-lare squisitezza.

La cucina tradizionale dei bianchet-ti è sostanzialmente semplice: dopoaverli scottati in acqua calda salatavanno serviti conditi con succo filtra-to di limone e olio extra vergine dioliva, salati a piacere, tiepidi o freddi.Molto apprezzata la frittata di bian-chetti: rompere le uova in un piatto,sbattere aggiungendo sale e pepe, in-corporare i bianchetti crudi, even-tualmente con un pizzico di prezze-molo tritato, mescolare delicatamentee versare il tutto in padella con pocoolio cuocendo la frittata per un minu-to o due finché l’uovo non sarà rap-preso. Peculiari per la cucina genove-se, i “friscieu” di bianchetti in pastellafritti in olio ligure. Quasi analoga laricetta delle classiche frittelle di bian-chetti, mescolati nella pastella e get-tati a cucchiaiate nell’olio bollentedella padella. Qualche nostalgicodella tradizione locale ricorda la mi-nestra di bianchetti con fidelini e ver-durine. I bianchetti sotto la ceneresono una ricetta singolare propostada una cuoca di Torriana che prescri-ve di trattare preliminarmente i bian-chetti crudi con aglio trito, sale e pe-pe, e di cuocerli avvolti in carta daforno sotto la cenere, servendoli, afine cottura, conditi con un filo diolio extra vergine di oliva.

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Squisiti bianchetti

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C U L T U R A & R I C E R C A

La patata molisanaDI ENZO NOCERA

Accademico di CampobassoCentro Studi “F.Marenghi”

“Rimase per oltre due secoli confinata

negli orti botanici”.

P uò darsi che nei prossimi mesi onei prossimi anni leggeremo suqualche giornale che la patata

ha fatto la fortuna di qualche investito-re, ma sicuramente possiamo afferma-re che, nel passato, la patata è statauna manna per l’Europa. Molte voltenel continente si dovette far fronte acarestie, come quella del 1591, quelladel 1629, poi ancora alla fine del XVIIsecolo, ma nessuno aveva pensato diutilizzare la patata coltivata dagli Incase dagli Aztechi nell’America centrale eimportata, dopo la scoperta dell’Ame-rica, in Europa. Infatti, la patata giunseda noi all’inizio del Cinquecento, cir-condata da curiosità e diffidenza; ini-ziò a diffondersi solo nell’ultimo de-cennio del XVI secolo. In Italia, venneportata, dalla Spagna e dal Portogallo,dai Carmelitani scalzi.

Non pochi sospetti accolsero il “tar-tufo americano”, come veniva chiama-to. Alcuni ritenevano che provocasseaddirittura la lebbra e fu consideratasempre e solo una pianta ornamenta-le; anche il tubero, ritenuto afrodisia-co, veniva usato affettato o ridotto inpolpa, come rimedio empirico, percalmare il bruciore provocato dalleustioni, rimedio usato ancor oggi nelmondo contadino molisano. La diffu-sione della sua coltivazione fu partico-larmente caldeggiata in Italia da illu-minati agronomi. Alla fine del Sette-cento ci furono molte pubblicazionisu questo tubero che aveva suscitatol’interesse di scrittori e di intellettualiper l’uso che se ne iniziava a fare nonsolo per l’alimentazione degli animali,ma anche come cibo per gli uomini.

Si registrò, infatti, qualche timidotentativo di indicare alcuni modi dipreparazione in cucina. Per esempioil monaco celestino Vincenzo Corra-do, nella quinta edizione del “Cuocogalante” (Napoli 1801), aggiunge un

“Trattato delle patate” che compren-de, per la prima volta, la ricetta di“patate in gnocchi“ (preparati impa-stando la farina, l’acqua e le patate).

In Italia la patata rimase comunqueuna pianta curiosa per oltre due seco-li, confinata negli orti botanici. Mentregli intellettuali si prodigavano in favo-re della sua coltivazione per uso ali-mentare, i contadini erano restii asperimentarne la coltivazione sui lorocampi per non rischiare un raccoltopoco sicuro, scarso e non tradiziona-le. Allo stesso modo i grandi proprie-tari terrieri non erano per niente inte-ressati alle nuove coltivazioni, viven-do di rendite parassitarie: cambiaronoidea solo nel corso del Settecento,quando l’aumento della popolazionerichiese nuove e diverse fonti di ali-mentazione. Ma solo nel XIX secolola patata incomincia a diffondersi nel-la coltivazione e nell’uso alimentare,dapprima nelle regioni del nord e poiin quelle meridionali. Sull’introduzio-ne della patata nel Molise, rimandia-mo a un’altra fonte, quella di Aldo Ca-rano nel saggio “Nei campi nascerà…un nuovo fiore” sull’“Almanacco delMolise” del 1972, dove si legge: “An-che la patata ha lasciato ricordi delsuo primo comparire nella regione.Tra i sostenitori c’è, come si è visto,Raffaele Pepe, ed al suo nome si deveassociare quello di Carlo Barbieri diAgnone che, sfuggito alle persecuzio-ni politiche della reazione borbonicadel 1799, si rifugiò nella Valtellina, inprovincia di Sondrio, dove visse percirca tredici anni e dove sentì parlaredel veneziano Vincenzo Dàndolo, dif-fusore della patata in Italia e dei me-todi moderni per l’allevamento di ba-co da seta. Il Barbieri, tornato in pa-tria, si fece inviare dalla Valtellina unaconsiderevole quantità di patate dasemina e le distribuì ai contadini”.

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Nei primi decenni dell’Ottocento lacoltivazione della patata rimane anco-ra limitata, anche se lo scrittore MarioR. Storchi, afferma che, intorno aglianni 1810-11, “sia negli Abruzzi chenel Molise, le patate vengono utilizza-te anche per la preparazione di mine-stre, oltre che assolute o per la panifi-cazione”. Si hanno notizie certe cheall’inizio dell’Ottocento la patata co-mincia a essere utilizzata sia in Moliseche in Abruzzo per la panificazione.L’impasto di farina e patata rende, in-fatti, il pane più morbido e impedisceche indurisca. Diffidenza e ignoranzadunque persistono ancora nel mondocontadino, nonostante l’azione di stu-diosi e intellettuali e le lezioni delleSocietà di agricoltura, istituite daGioacchino Murat in tutti i capoluoghidi provincia del Regno delle Due Sici-lie. Per superare le difficoltà incontra-te nella diffusione della coltivazione,nel programma dell’anno 1812 delleSocietà di agricoltura del Molise vieneconcesso “un premio di ducati 10 aquel contadino che pianterà di patateun campo di due moggia”. Sempredal saggio di Aldo Carano, già citato,apprendiamo che “l’ambiente nostra-no accolse la nuova pianta come unmezzo provvidenziale per tacitare lafame. I molisani ne migliorarono laqualità e ne ricavarono un tipo, dettola «quarantina lunga» del Molise, dallalinea allungata e arrotondata alleestremità, dalla buccia finissima, dallapolpa color latte, dal sapore gustoso edalla capacità di resistere a lungo.Nella mostra nazionale di Corno dei1934 essa si affermò su tutte le patated’Italia. Un secolo era bastato alla pa-tata per ambientarsi e per caratteriz-zarsi fino a raggiungere la notorietà incampo nazionale!”.

Da qualche anno si assiste, dopouna lunga fase di ricerca, di ricostru-zione e di coinvolgimento, al recupe-ro di varietà di patate da parte di pic-coli produttori, in varie regioni. Era-no diverse le varietà una volta pre-senti nel Molise: la “patana roscia”, la“patana nostrana”, con bitorzoli chesembravano patatine piccoline appic-cicate alla patata madre, quella “ame-

ricana” bianca lunga e liscia, la “pata-na turchesa” dal colore particolaredella buccia. Bisogna recuperare leantiche varietà, ma il problema non èquello dei contadini più ostinati, piùlegati alla loro identità, che riescono acoltivare ancora le varietà tipiche; in-fatti molti preferiscono le varietà chedanno più profitto. Ben vengano allo-ra i convegni e le sagre sulla patatacome la “Sagra della patana nostrana”di Rionero Sannitico, in provincia diIsernia, che si tiene nella secondametà di agosto. Rionero è un paesinodi montagna dove quest’alimento èprezioso a tal punto da meritare deifesteggiamenti particolari. Dalla finedegli anni Sessanta si tiene regolar-mente questa sagra, una delle primesagre alimentari della regione.

La patata si può gustare in vari mo-

di, arrosto o fritta o bollita, e non so-lo; un tempo si cuoceva sotto la ce-nere del camino con tutta la buccia,spaccata in due e condita solo con unpo’ di sale. Ancora oggi si usano faredelle ciambelline dolci. Ma quelloche distingue la piccola comunità, èla preparazione del pane per il qualesi usano le patate; quando s’impastala farina con il lievito assolutamentenon devono mancare le patate lessa-te e schiacciate.

La diffusione della patata ha contri-buito, in maniera sostanziale, insiemealla coltivazione del mais, alla solu-zione del problema alimentare nelMolise, soprattutto nei paesi e nellecampagne d’alta collina e di monta-gna, potendosi la patata coltivare ol-tre i 1.300 metri di altitudine.

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LA GUIDA AI RISTORANTI DELL’ACCADEMIACONSULTABILE SU iPHONE E iPAD

Una delle aree più consultate del sito dell’Acca-demia è quella relativa ai ristoranti: la nostraguida offre una vasta selezione di locali per cia-scuno dei quali sono disponibili informazioniutili a individuarne le caratteristiche desiderate:non solo valutazioni, quindi, ma anche piatti,ingredienti, specialità, rapporto qualità/prezzo.E tutto gratuitamente. Ora la guida dell’Accade-mia è diventata anche tascabile: infatti è dispo-nibile la nuova versione del software della “Gui-da ai ristoranti” scaricabile su cellulare iPhone.Per chi possiede questo telefonino la procedura èmolto semplice: basta entrare in “App Store” edigitando “Accademia” apparirà la nostra Acca-demia al primo posto. L’installazione è completamente gratuita, con-trariamente a quanto succede per altre guide. Inoltre, la guida, utile eben fatta, è consultabile da tutto il mondo. Già in luglio, a poche setti-mane dall’installazione, abbiamo avuto ben oltre 9.000 download intutto il mondo sia su iPhone che su iPad: una media di circa 300download al giorno. È comprensibile, quindi, l’importanza di avereun elenco aggiornato e affidabile di tutti i ristoranti citati: a tutti gliAccademici l’invito a comunicare alla Segreteria di Milano ([email protected]) eventuali cancellazioni, modifiche o nuovi in-serimenti della loro zona. Qualunque comunicazione sarà in lineaentro 24 ore. Anche l’Accademico che non possiede ancora questonuovo cellulare può pubblicizzare la notizia in modo che molti possa-no usufruire di questo servizio, ripetiamo, completamente gratuito: unaltro fiore all’occhiello della nostra Accademia. (S.D.L.)

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C U L T U R A & R I C E R C A

Il tramonto della posteggiaDI MASSIMO PISANI

Delegato di Napoli-Capri

“Con chitarra e mandolinocantavano canzoni

appassionate antiche o nuove”.

S fogliando il catalogo 2010 deilibri antichi e rari che l’amicoGrimaldi ha la compiacenza di

inviarmi inducendomi a grossi pecca-ti di pensiero (perché oggi solo quelliti puoi permettere), tra gli altri mi hainteressato un titolo: Artieri, “La po-steggia”. Ho subito richiesto il volu-me che qualcuno più svelto di meaveva già acquistato. Ma la curiositàsu questi personaggi, ormai quasiscomparsi, è rimasta. Come osservaMimmo Liguoro, il napoletano, perdistinguerli dai custodi di macchine,cambia genere cosicché il “posteg-gio” è il luogo dove sostano le mac-chine mentre “a pusteggia” indica ilposto dove questi “professori di con-certino”, come li definisce E.A. Marionella famosa canzone ”Duje paravi-se”, si esibivano, essendo i più im-portanti diffusori della canzone na-poletana nel mondo. Poi nel 1912 laPolyphone introdusse la “macchinaparlante”. Con l’avvento del gram-mofono prima e della radio dopo, laposteggia perse importanza nella dif-fusione della canzone, ma non perseil fascino di personaggi amanti dellaloro professione e del loro canto.

Così in ogni ristorante “profumatodi pomodoro o di zuppa di pesce,(sempre Mimmo Liguoro) la posteg-gia era pronta ad attaccare”, partico-larmente in quelli più frequentati daituristi in visita alla città. “Zì Teresa”,la “Bersagliera”, “Giuseppone a ma-re”, “D’Angelo”, “Salvatore a Margelli-na”, la “Fenestrella a Marechiaro”, percitarne solo qualcuno. E molti di que-sti locali sono in esercizio ancora og-gi, sopravvivendo per la loro fama atutte le crisi che la città ha attraversa-to dal dopoguerra a oggi. “D’Angelo”a via Aniello Falcone, con le sue ter-razze panoramiche, era famoso an-che per “la pizza al segreto”. Quale

fosse questo segreto non mi è statomai svelato, fatto sta che la pizza di“D’Angelo” era squisita, come le suelinguine alla Posillipo, la fritturina diparanza, la mozzarella fresca di gior-nata. Era frequentato da turisti ameri-cani, inglesi e qualche tedesco so-pravvissuto alla grande tragedia deglianni Quaranta, ma anche dai napole-tani. I più famosi attori cinematografi-ci, star del palcoscenico o grandi can-tanti in sosta a Napoli facevano visitaa “D’Angelo” e andavano in visibilioavanti al panorama, al piatto servito eall’accompagnamento, spesso discre-to, a volte anche preponderante, didue posteggiatori, chitarra e mandoli-no, che cantavano canzoni appassio-nate antiche o attuali.

E così era anche per “Zì Teresa”,per la “Bersagliera” e per gli altri. Da“Giuseppone a mare”, dove si man-gia quasi in riva alle onde, i “profes-sori di concertino” si alternavano eapprofittando della relativa vicinanzaad altri noti ristoranti posillipini, iduetti o il trio si scambiavano di po-sto e così rinnovavano anche il reper-torio a disposizione della clientela.Repertorio sempre legato alla canzo-ne napoletana, magari ripescato tra lemelodie di altri secoli. Spesso, avantial “pignatiello di purpetielli veraci”per cui “Giuseppone” andava famo-so, l’avventore richiedeva le canzoniche amava di più, o faceva dedicarealla sua dama una canzone amorosa,e i professori, compiacenti, l’accon-tentavano, ma allora il piattino dove-va essere riempito con una congruasommetta, salvo meritarsi una “guar-data” di grande sdegno e riprovazio-ne, ma solo una guardata!

Ma i posteggiatori non erano l’uni-ca risorsa, oltre al buon mangiare ealla cordiale accoglienza dei ristora-tori. Ognuno di loro riservava alla

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clientela personaggi assolutamenteoriginali. Per esempio ricordo un ri-storante a Mergellina che, prima delcolera dell’80, sciorinava un tavolopieno di frutti di mare, così ricco co-me ne ho visti solo a Parigi. Al servi-zio era preposto un allampanato ca-meriere, in tenuta di vecchio mari-naio, e sulla maglietta blu spiccavauna scritta ricamata in rosso, “Ostri-caro fisico”, e a chi gli chiedeva il si-gnificato della scritta rispondeva chere Ferdinando, dopo aver gustato ifrutti di mare offertigli da un suo pro-genitore, l’aveva apostrofato con un“Tu sei proprio un ostricaro fisico”.Così perpetuava i fasti del suo casato.

Oggi non si vedono che raramentei posteggiatori che, passando da unristorante all’altro, chi con la chitarra,chi con il mandolino, chi con il violi-no, cantano canzoni famose per ral-legrare i clienti. Cantano con voce avolte sussurrata da fine dicitore e avolte a voce alta, magari anche “ab-brucatella”, per poi passare con ilpiattino metallico tra i tavoli, congrande dignità, a riscuotere “l’onora-rio” spettante per la prestazione pro-fessionale, affidato però alla compe-tenza e anche alla generosità deiclienti.

Oggi che la crisi del turismo a Na-poli appare in via di soluzione congli alberghi spesso pieni, può darsiche lo spirito della “posteggia”, ma-gari anche in forme diverse per ri-spondere alle nuove tecnologie e aigusti del pubblico, riprenda fiato.Qualcuna di queste forme già si ve-de. Famosi o meno famosi cantantihanno aperto locali, spesso semplicima sempre molto frequentati, ovel’ingrediente fondamentale è unospettacolino basato sulle canzoni chepiù si addicono alla voce del condut-tore e da alcuni piatti classici dellanostra gastronomia.

In fondo le melodie della canzonenapoletana sono immortali e ben sisposano a una gastronomia fatta dicibi freschi e saporosi, da gustare len-tamente e piacevolmente, come è,appunto, quella napoletana “verace”.

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IL PORCELLO DEI POVERIL’oca è un animale oggi in disuso sulle nostre tavole, eppure ha godutodi un grande passato nel regno delle carni alimentari. Era stata ogget-to di qualche antica venerazione e tenuta per sacra a Giunone (il chenon è privo di significato), del cui tempio in Campidoglio fungeva daguardiana, tanto da meritarsi una certa fama per averlo salvato dal-l’attacco dei Galli. Ai tempi di Teofilo Folengo (XVI secolo) l’oca era“ancora in grandissimo onore nelle cucine delle nostre popolazioni,massime di campagna”, scrive il Messedaglia. E il contemporaneo bre-sciano Gallo puntualizza il giudizio: “Sono buone da mangiare diprima penna e quando hanno più tempo essendo grasse, oltre che so-no utili”. Questa fama non è senza ragione, poiché nell’economia do-mestica di una volta con l’oca si faceva di tutto: buona carne da con-servare (cruda a pezzi oppure cotta); in arrosto ben lardellata; ripienain umido; in brodo; lessata con il rafano. Sotto forma di salame la siritrova ancora in certe osterie lombarde o piemontesi, specie in Lomel-lina, retaggio medievale padano della cultura ebraica che proibival’uso del maiale, sostituito appunto da questo palmipede. L’aristocrati-co prosciutto d’oca era anch’esso pietanza del sabato israelita, quandonon era ammesso lavorare neppure in cucina per cui lo si preparavain precedenza, non cotto ma lasciato maturare all’aria. La conserva-zione della carne d’oca avveniva “in grasso” o “in onto”, disossata, de-bitamente salata e aromatizzata, coperta del suo stesso grasso e im-messa in pignatti od orci di terracotta o vetro. La si teneva in serbo,con evidente vantaggio, consumandola di lì a tre, quattro mesi. Anco-ra la possono riproporre in Piemonte. Dal fegato grasso, risultato diuna ipertrofia adiposa che si ottiene con un’alimentazione forzata,pratica immonda a vedersi e a sapersi, si ricava il celebrato patè allamoda di Strasburgo. Ma già i Romani, lo asserisce Plinio, sapevano co-me far ingrossare il fegato a uso della tavola. E dopo c’era chi lo deri-vava dagli avanzi di quel gran piatto che è il fegato alla veneziana,cotto in tegame. Il sangue dell’oca a sua volta veniva scottato e fritto:tornava comodo per altre elaborazioni cucinarie. Ma l’oca soprattuttoforniva imprescindibile grasso per condimento: ogni capo ne dava an-che un chilo, “gustoso ed ottimo per far vivande”, osserva il Tanara.Persino le piume servivano a riempire trapunte e materassi di casa. Lanostra oca “pingue e feconda”, come la definisce l’Artusi, era il “por-cello dei poveri”, di chi magari non possedeva neppure il maiale. Di-fatti veniva messa all’ingrasso financo nelle terrazze e nelle verandeveneziane. Si faceva pronta all’estremo della stagione: “San Martinooca e vino” celebrava il proverbio, giusto per consacrare ogni evento oper concluderlo: “E il giorno d’Ogni Santi, al dì nascente / ognun partìper la campagna rasa / e tornò lieto a mangiar l’oca a casa”, comeglorifica il Tassoni. (Carlo G. Valli)

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I trucchi dei cocktail partyDI ANTONIO RAVIDÀ

Delegato di Palermo Mondello

“Patatine fritte e noccioline,polpette mignon con cipolla,

miniwurstel, qualche tartina

e bicchieroni di whisky”.

D a un punto di vista alimentaree da quello della socialità ilcocktail spesso è un vero falli-

mento, un susseguirsi di banalità pri-vo di sorprese. In questi ricevimenti,sempre più tenuti in orari impropri, ilbuongusto del mangiare bene e sanoè inesistente. Mutuati dagli Usa e unpo’ da Francia e Gran Bretagna, van-no prendendo piede in sostituzionedei pranzi serali che padroni di casasvogliati o incapaci di cucinare o difar cucinare non riescono a organiz-zare. Trionfano la scelta di una super-ficiale e banale celerità e poi il costoè quasi sempre inferiore. Insomma èla vittoria del “vorrei ma non posso”o, se si preferisce, dello sconfortato“non saprei”. Il tutto è camuffato daun ipocrita e borghesuccio ritenersial passo con i tempi, per di più con-dito da un’insopportabile e suppo-nente pseudo-chic. Invece un pranzoanche semplice ma preparato e con-dotto con allegra voglia di far bene econ amore per la buona tavola riesceimmancabilmente nel migliore deimodi. In molti o in pochi partecipan-ti, il fatto certo è che l’esser seduti in-sieme è sempre stato ed è una granbella cosa.

Alla fine degli anni Cinquanta, sulleunità dell’Us Navy e della Marinafrancese che frequentemente appro-davano nel porto di Palermo e sullequali, tramite le autorità consolari, icomandanti ricevevano gli ospiti diriguardo, si servivano: patatine frittee noccioline, polpette mignon controppa cipolla, miniwurstel, qualchetartina e bicchieroni di whisky (quasimai vino) con gli statunitensi; vini ec-cellenti, specialmente del Bordeaux,squisiti canapè con pâté di ogni cosa,invece, con i francesi.

Erano senza dubbio notevoli occa-sioni d’incontro e di approcci, biso-

gna ammettere, spesso proficui. Lostesso si può dire, ancora oggi, neicocktail party dati per esempio nellesedi diplomatiche ovvero nel tempolibero dei summit politici o economi-ci. Tra una coppa, un calice, insom-ma un bicchiere e qualcosa da “sgra-nocchiare” in fretta c’è larghissimospazio per discutere. Quante crisi (lo-cali o internazionali) e quanti eventisociali o familiari sono decretati du-rante i cocktail. Ma accade ugual-mente con i pranzi e le cosiddette co-lazioni di lavoro al ristorante, nellecase, nei circoli. Di negativo in asso-luto il cocktail party ha che di solitovi abbondano i frittini di tutto e dipiù, normalmente orrendi: salvia,zucchinette, broccoletti, carciofini,arancinette: tutti diminutivi, essendoofferti in piccole taglie in modo dapoter essere più agevolmente man-giati stando in piedi e senza piatto.

La misura diventa definitivamentecolma quando, e accade spesso, l’in-vito è a un “cocktail renforcé”. E quic’è il trucco ovvero il camuffamentodi un quasi-pranzo che non è neppu-re un vero cocktail, insomma non èné carne né pesce. Vi si giunge infattivero le 20 o 21 e ci si congeda versola mezzanotte, contrariamente aicocktail, autentici nei quali s’inizia al-le 19 e si finisce alle 21 o pochissimopiù tardi. E vi si trova, con piatti e po-sate, tutt’altro che da cocktail, di tut-to, compresi i primi piatti. Tutto que-sto richiama l’abusato e terrificante fi-lone della “spaghettata” ovvero uninvito che, nell’intento di apparire ca-sual e spiccio, senza pretese, vieneprospettato con l’offerta di un piattodi pastasciutta alla buona e, al massi-mo, un’insalata. Al contrario, quasisempre si tratta di una completa epersino eccessiva cena.

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DI GIANNI FRANCESCHI

Conoscere il passato,vivere nel presente,

prepararsi al futuro.

A nno 1662. Sono passati tre se-coli e mezzo da quando ap-parve a Mantova un manuale

di cucina scritto dal già celebre Bar-tolomeo Stefani, un cuoco bologneseal servizio della corte dei Gonzaga.Sono passati tre secoli e mezzo ma isuoi precetti non hanno perso nulladella loro attualità. Sentiamo cosascrisse a proposito dei cuochi lo Ste-fani: “Havendo il Capo Cuoco perfet-ta intelligenza nel dimandare i condi-menti per le vivande, per ben opera-re, tenendo sempre a memoria che ilpoco fa poco buono e il troppo il piùdelle volte guasta”.

E ancora: “Il Capo Cuoco deve es-sere con i Cuochi, Garzoni e Guatteriamorevolissimo per eccitare i suddet-ti al buon servizio, ma avertire di nonlasciarsi perdere il rispetto perché altempo d’adesso molti ve ne sono chequando hanno schiumato la pignattasi stimano essere assai maggiori delCapo Cuoco”.

Si vede che fin d’allora nelle cucinechi comandava era il capo cuoco (og-gi chiamato più sbrigativamente“chef”), che però doveva stare atten-to a chi, tra i sottoposti, mirava a ru-bargli, più che il mestiere, il posto.Per questo, lo Stefani gli consigliavadi essere “amorevolissimo”.

Meno conciliante era stato, un se-colo e mezzo prima, il padovanoSperone Speroni che cuoco non era,ma letterato: quindi vedeva le cosecon occhio più disincantato (nato nel1500 morì a 88 anni).

Infatti egli affermava tra l’altro,elencando le doti necessarie a unbuon cuoco, che egli doveva essereun “lottatore”. E ne spiega il motivo:“per contrastare i famigli che non ru-bino”. Ma lo Speroni elenca altre dotipiuttosto curiose tra quelle indispen-sabili al cuoco. Vediamone solo qual-

cuna, perché leggerle tutte sarebbetroppo lungo. Dunque, il cuoco do-veva essere gagliardo nel contrastarelo sguattero che ruba. Viene in menteChichibio che ruba una coscia allagru cucinata per il padrone. Il restodella storia lo conosciamo tutti.

Tutti malandrini, dunque, i cuochidi un tempo? Certamente no, e nonbisogna fare d’ogni erba un fascio. Sefosse così, verrebbe da dare ragioneallo scrittore inglese James Joyce chenel suo “Ulysses” afferma: “Dio feceil cibo, il diavolo fece i cuochi”. Il ga-stronomo francese Anthelme Brillat-Savarin, vissuto a cavallo tra Sette-cento e Ottocento, nel suo testo fon-damentale “Fisiologia del gusto” a uncerto punto afferma: “La scoperta diun piatto nuovo è più preziosa, per ilgenere umano, della scoperta di unastella”.

Forse gli astronomi dissentirannoma, aggiungendo una “g” iniziale agliastronomi, possiamo tranquillamenteaffermare che i gastronomi sono tuttid’accordo.

Ecco dunque che, al di là del pessi-mismo degli autori rinascimentali ci-tati, salta fuori che il cuoco è un arti-sta. Claudio Benporat ha scritto un li-bro intitolato “Il cuoco mestiere d’ar-te”. E non si capisce perché oggi ven-ga considerato artigiano, cioè coluiche esercita un’arte, sia pure minore(intesa nel senso rinascimentale deltermine), il falegname, l’idraulico epersino il barbiere. E il cuoco, il verocuoco, che è veramente maestro del-l’arte sua, artigiano non è, anche se lasua arte è stata codificata in molti ma-nuali e consolidata dall’esperienza.

Ma è interessante vedere come lafigura del cuoco venne delineata daBartolomeo Scappi, cuoco segreto dipapa San Pio V, nel suo prezioso li-bro intitolato “Opera” apparso nel

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Anatomia del cuoco

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1570. Vale la pena di riportarne unbreve stralcio, nel linguaggio fioritodel tempo: “Bisogna adunque che unprudente e sufficiente maestro Cuocovolendo avere buon principio, mi-glior mezzo e ottimo fine, e sempreonore alla sua opera, faccia come ungiudizioso Architetto il quale dopo ilsuo giusto disegno stabilisce un fortefondamento e sopra quello dona almondo utili e maravigliosi edifici. Ildisegno del maestro Cuoco ha da es-sere il bello e sicuro ordine, causatodall’esperienza, e ha da ingegnarsi disoddisfare con delicate vivande agliappetiti generali e diversi. E che le vi-vande non meno siano saporose e

grate al gusto e piacevoli e dilettevoliall’occhio con lor bel colore e vagaprospettiva”.

Il testo dello Scappi prosegue conmolti altri saggi consigli, ma è suffi-ciente questo brano per rendersi con-to di come l’arte del cuoco venissevalutata e considerata nei secoli pas-sati. C’è da sottolineare una cosa: laparola “Cuoco” è sempre scritta conla lettera maiuscola, e questo non èsegnale da poco.

Cuoco con la lettera maiuscola,dunque, invece che “chef”, parolaimportata dalla Francia molto tempodopo come “maître” (invece di “mae-stro di sala”), “chef de rang” (invece

di “capo cuoco”), “sommelier” (inve-ce di “cantiniere”) e così via. Eppurein un piccolo libro stampato a Vercel-li nel 1771 con il titolo “La cucinierapiemontese”, nella prefazione dovutaa Beltramo Antonio Re si legge: “Ne’tempi che gli Oltramontani eran chia-mati barbari e nemiche genti, le men-se dei Romani eran coperte di squisi-te vivande e basterebbe per tutto ri-cordare le sontuose cene di Lucullo.Gli Italiani furono i primi a rinnovarele lautezze di Roma e fu certamenteda loro che i Francesi impararono arammorbidire il senso dei lor palati”.

Alla fine del Settecento spicca la fi-gura del romano Francesco Leonardi,autore di un trattato gastronomicomonumentale, “L’Apicio moderno”,opera in sei volumi. Leonardi era uo-mo di grandissima esperienza in cuci-na, era stato cuoco del cardinale DeBernis, ambasciatore del re di Franciaa Roma, poi fu al servizio dei principirussi Suvarov, Orlov e Potiemkin equest’ultimo lo “prestò” addirittura al-la grande imperatrice Caterina, suaamante. Leonardi diresse poi grandicucine in Austria e in Polonia, fu scal-co e maestro di casa del duca di Gra-vina a Napoli. Era, dunque, uno chesapeva il fatto suo.

Egli scrisse tra l’altro: “Ecco unadelle ragioni per cui in Italia l’artedella Cucina da due secoli a questaparte è andata sempre più in deca-denza. Un Cuoco si crederebbe tac-ciato d’ignoranza se fosse sorpresoleggendo un libro che tratta della suaprofessione, come se un Avvocato,un Medico, un Architetto dovesserovergognarsi di applicarsi alla letturadi quelle opere onde raffinare mag-giormente il proprio talento”.

Quindi è importante, oggi come ie-ri, che il Cuoco, quello con la letteramaiuscola, conosca il passato per vi-vere nel presente e prepararsi al futu-ro. Il passato è differente dall’oggi,certamente, come il domani saràtutt’altra cosa rispetto al momento incui viviamo. Ma la conoscenza è dasempre alla base all’esperienza.

GIANNI FRANCESCHISee International Summary page 78

UN WWF PER LA CUCINALa madeleine degli italiani è una lasagna. O un’amatriciana, unostufato, un arrosto fumante. Primi piatti preparati a mano, come glignocchi o le tagliatelle. Al centro di tutto, la cuoca di casa, la nonna.È di lei che gli italiani oggi hanno nostalgia, della sua magia ai for-nelli, sempre tutto pronto, caldo, familiare, pulito. Perfetto, come siaddice a una regina della cucina. Ma oggi le sue ricette scompaiono:sono a rischio di estinzione, se ci fosse un Wwf della gastronomia, ilpanda sarebbe lei, una bella signora con le rughe, il grembiule e ilcucchiaione di legno in mano. Un sondaggio pubblicato dalla rivista “Le vie del gusto” dice che perotto italiani su dieci questo è un allarme vero, la sapienza cucinariadella nonna, forse trasmessa alla mamma, ora è una specialità raracome le tavolate in famiglia. La metà degli intervistati racconta cheuna volta pranzi e cene coi parenti erano un’abitudine, per un terzoun appuntamento fisso ogni domenica; oggi quella stessa metà (il45% degli italiani), per ritrovarsi, al massimo va al ristorante. E nonè la stessa cosa, ammettono gli interessati: il 93% associa i ricordi piùbelli degli incontri in famiglia alle prodezze cucinarie della nonna,seguita da zia e mamma. Insomma il riferimento cucinario è chiaro,peccato che poi, nella realtà, si passi spesso da un estremo all’altro,senza fermarsi nel mezzo. Cioè, o stile slowfood, impeccabile e nean-che una sbavatura; oppure un bel piatto già pronto e surgelato, chebasta sfilare dalla scatola e rovesciare in padella, pochi minuti e unaltro pasto è andato. Via il sacchetto, via il piacere. La tavola quotidiana, così com’è, agli italiani però non piace: preferi-rebbero qualche nonna in più, o qualche donna che le somigli, alme-no in cucina. È di questo che sentono la mancanza, nove su diecinon hanno dubbi. Altro che degli chef. I pochi contenti sono quelliche ancora frequentano i fornelli domestici (il 7%) e pasteggiano an-cora con genitori, zie cugini e pronipoti: anche perché nell’87% deicasi, e specialmente per le feste comandate, la cuoca è proprio la non-na. Direttore d’orchestra fra le pentole, ma non con la puzza sotto ilnaso. Abilità, passione, concretezza. Per loro, certe scorpacciate nonsono solo un ricordo. (da “Il Giornale”)

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Il prosciutto, le uova,la pizza e il vino

S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À

S auris è un piccolo paese di cir-ca quattrocento abitanti, ungioiello per i turisti più raffinati

amanti delle montagne friulane. È ilcomune più alto della regione. L’ariae la temperatura contribuiscono arendere ottimo uno dei prodotti piùtipici della zona, il prosciutto.

Il prosciutto di Sauris ha ottenuto ilriconoscimento europeo Igp (Indica-zione geografica protetta) con undecreto pubblicato sulla Gazzetta Uf-ficiale, che ha confermato il ricono-scimento europeo. Nel corso dei se-coli si è sviluppata una tecnica, dive-nuta vera e propria arte, che uniscel’uso tipico nordico dell’affumicaturaal metodo latino della conservazionedella carne mediante il sale. Le coscesi ricavano da giovani maiali allevaticon prodotti naturali: farina di mais,orzo, patate, siero di latte. L’affumica-tura è prodotta dalla combustione dilegna di faggio, di ginepro e abetebianco in speciali caminetti il cui fu-mo è convogliato in canalizzazioniche lo distribuiscono attraverso il pa-vimento del locale. Al consumo, si ri-conosce dal marchio “Sauris” contor-nato da un ovale.

LE UOVA

L’uovo è un alimento importantissi-mo perché contiene in sé tutti i prin-cipi nutritivi che lo rendono un ali-mento completo. La sua freschezza èessenziale. Una volta, per accertarla,lo s’immergeva in un recipiente pienodi acqua salata: se l’uovo rimanevasul fondo era freschissimo, se stava agalla in posizione verticale era vec-chio di una diecina di giorni, se gal-leggiava, era ormai da buttare. Le nor-me nazionali e comunitarie si sono datempo preoccupate di dare informa-zione al consumatore sulla freschezza

dell’uovo. Ora c’è un ulteriore decre-to in attuazione di un regolamentocomunitario secondo il quale le uovadevono essere ritirate dal commerciosette giorni prima della data di sca-denza riportata sull’imballaggio. Unacuriosa disposizione ha stabilito altre-sì che nelle confezioni la quantità net-ta può essere espressa in peso oppu-re in numero delle uova, a discrezio-ne del produttore. I produttori devo-no apporre sulle uova e sugli imbal-laggi le seguenti diciture secondo ilsistema di allevamento: 1IT (alleva-mento all’aperto), 2IT (allevamento aterra), 3IT (allevamento in gabbie),0IT (uova biologiche). Queste indica-zioni interessano molto gli animalistiche considerano negativamente gli al-levamenti in gabbie dove l’animalesoffre della mancanza di movimento.

I FRANCESIAMANO LA PIZZA

Fu Caterina de’ Medici la prima aportare il gusto italiano sulle tavolefrancesi: era il 1533 quando la du-chessa fiorentina andò sposa al futu-ro re di Francia Enrico II portandosial seguito cuochi e pasticcieri. Da al-lora il consumatore francese, pur or-goglioso della propria cucina, comin-ciò ad apprezzare anche la nostra esoprattutto i prodotti alimentari italia-ni. Durante lo scorso anno si è calco-lato che ogni francese ha speso alme-no 500 euro in acquisti di salumi, for-maggi, pasta, conserve e altri prodottiitaliani. Ma il gran successo italianoin Francia non è più quello dei mani-caretti rinascimentali o di altre raffi-nate preparazioni ma quello più po-polare della pizza. Ogni francesemangia circa 10 kg di pizza l’anno,più pizza di un italiano, che ne con-suma solamente la metà. Si calcola

che in Francia ci siano più di ventimi-la pizzerie, con un fatturato annuo ditre miliardi di euro.

IL VINO ALLA SPINA

Del vino sfuso se ne stava perden-do la memoria. Ora è tornato di mo-da, certo per la crisi ma anche perquella moda che induce il consuma-tore a “spillare” il vino da solo daigrandi serbatoi di acciaio che sonoapparsi in molti punti di vendita.

Non c’è certo l’enfasi della “cavola”di legno dell’antica botte in cantina,ma è comodo e sbrigativo. Si sceglieil vino che si preferisce fra un’ampiascelta di Doc o non, si prende uncontenitore in pvc a disposizione,normalmente di due o più litri, lo siriempie e si passa a pagare alla cassa.

Il vino sfuso sta anche aumentandonelle vendite all’estero. La recessioneeconomica, la ricerca di un prodotto abasso prezzo, hanno provocato unaumento della domanda internazio-nale di vino sfuso. Vino che una voltaera destinato esclusivamente al taglio,ora è importato per essere imbotti-gliato sul posto. Ne stanno facendouna vera e propria strategia di merca-to soprattutto i Paesi nuovi produttoriquali l’Australia, il Cile, il Sudafrica,l’Argentina. Spinti dalla necessità, an-che i produttori italiani stanno attuan-do la stessa manovra, specialmentecon il mercato russo. Vendiamo molto,ma incassiamo meno. Fanno cassa inostri produttori. Si liberano delle ec-cedenze, per fortuna vendono senzadenominazione e così non squalifica-no il buon nome del vino di qualitàitaliano, acquisito con impegno e se-rietà di lavoro. Una qualifica di qualitàche dà prestigio al “made in Italy”.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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ACCADEMICI POETI

L’Accademico Alberto Busso,della Delegazione Eugania-Basso Padovano, ha inviatouna poesia in vernacolo vene-to per celebrare la nomina del-l’Accademico Giancarlo Galana ministro dell’Agricoltura. Puressendo comprensibile l’entu-siasmo nel vedere un Accade-mico sulla poltrona del più ac-cademico dei Ministeri, perscelta redazionale non pubbli-chiamo scritti in versi, indipen-dentemente dal loro valorepoetico. Siamo stati definiti, èvero, un “popolo di poeti” e ditante altre cose, ma in Accade-mia è meglio fare riferimentosolo alla buona tavola, anchese prosaica. (G.F.)

IL VINO DEL GHIACCIO

Caro Direttore; ho letto, nel numero di mag-gio 2010 della rivista, a pagina32, l’articolo dell’AccademicoRenzo Pellati su “I vini delghiaccio”. Come viene rilevatodall’autore, sono stati i Paesi dilingua tedesca i primi a pro-durre questo particolare vino.E allora perché parlare di “icewines”, allorché nei Paesi inquestione (dove ho vissuto alungo e ho conosciuto e ap-prezzato il prodotto in questio-ne e dove non ho mai incon-trato il nome inglese) si parla

solo di “Eiswein”? Come noiteniamo alla precisione di lin-guaggio per i nostri prodotti,rispettiamo dunque anchequelli degli altri e, soprattutto,evitiamo di anglicizzare tutto,a proposito e a sproposito.

MARINO RIVAAccademico di Pavia

L’Accademico Renzo Pellatiha inteso usare il nome concui viene indicato, in tutto ilmondo, il cosiddetto “vino delghiaccio”, prodotto non solonei Paesi di lingua tedescama anche (come puntual-mente indicato) in Francia,Ungheria, Slovenia, Croazia ein Canada, Paese che ne pro-duce la maggior quantità almondo. D’altra parte, anchequi puntualmente, l’autoreindicava correttamente in te-desco la produzione austriaca(vedi seconda riga dell’ultimocapoverso).

A PROPOSITODI ZABAIONE

Caro Direttore,rilevo un’incongruenza nell’ar-ticolo “Il dialetto in cucina” apag. 13 del numero di maggiodella rivista, là dove si scriveche per la parola zabaione “èinvece accertata etimologica-mente la derivazione dal tardolatino «sabaja» che indicavauna particolare birra illirica”.

Il fatto è che di “accertato” nonvi è proprio nulla. Il Du Cangenel suo glossario “Mediae etInfimae latinitatis” vol. VII,1678, riporta un brano di Am-miano in cui si scrive che la“sabaja” era una specie di birradegli Illiri; San Gerolamo, alcap. 19 del suo commento aIsaia scrive poi che in Dalma-zia e Pannonia i locali hannouna bevanda di cereali chenella loro lingua barbara chia-mano “sabajum”. Quindi, stando agli unici testiin cui la parola compare, sitrattava non di un termine lati-no, ma di un termine barbari-co, usato dalle genti locali perindicare la loro birra. Ma allorache c’entra con lo zabaione?Anche se si ammette che la pa-rola sia stata ben trascritta daAmmiano e poi da San Gerola-mo, per quale strano fenome-no linguistico un termine usa-to in un dialetto balcanico perindicare la birra, avrebbe poidovuto risorgere, secoli dopo,per indicare una crema di vi-no, zucchero e uova? Le eti-mologie non si fanno per asso-nanze, poiché numerosi sonoall’interno di una lingua, o frapiù lingue, gli omofoni conegual suono, ma origine e si-gnificato del tutto differente.Ragionando solo su assonanzesi può sostenere che il nomedel fiume Potomac è derivatodal greco “potamos”!In realtà l’unico ad aver “accer-

tato” che lo zabaione deriva da“sabajum” pare sia stato il For-cellini nella seconda metà delSettecento. Ma con ben pocoseguito. Gli etimologisti mo-derni osservano invece che intutti i dialetti italiani, dalla To-scana in su, la radice “zabai” o“zabui” sta a indicare costante-mente “garbuglio, intrigo, mi-scuglio” da cui sarebbe deriva-to anche il termine zibaldone.Senza bisogno di scomodaregli Illiri. Ricordo che alcuni an-ni or sono un Accademico ri-levò con convincente dimo-strazione come la radice dellaparola zabaione si ritrovi inuna analoga crema araba, ilche rende verosimile che taleradice abbia una derivazionearaba, ben più probabile diquella balcanica. Cordiali saluti

EDOARDO MORIAccademico onorario

di Bolzano

Ringraziamo l’amico di Bol-zano per la dotta precisazio-ne, che non inficia però le va-rie e fantasiose interpretazio-ni citate dall’autore.

UGUALE E CONTRARIO

Caro Franceschi,ho letto il tuo editoriale su“Uguale e contrario” ma, scu-sami, non ne capisco il senso. Tu stai dicendo in poche paro-le che non si dovrebbero uti-lizzare tecniche nuove perprodotti usuali. Invece si do-vrebbero utilizzare tecnicheacquisite per prodotti nuovi.Viviamo nel villaggio globale eormai tutto è sulle tavole ditutti. Inoltre non capisco per-ché non si dovrebbe servireuna “tartare” di tonno o uncarpaccio di branzino. Sonobuoni. Complimenti a chi li hainventati. Possiamo discutere sull’etimologia ma non sullariuscita dell’invenzione. Lostrudel: ne esistono di quellidolci, di ricotta, di frutta, di se-

L E T T E R E A L D I R E T T O R E

ELENCO DEI DONATORI DELLA BIBLIOTECANAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO”Luigi Altobella - Delegato di Foggia-LuceraFranco Amadei - Delegato dell’Alto Mantovano e Garda BrescianoCarlo Del Torre - Accademico di GoriziaCarlo Ferraro - Delegato di GenovaGerardo Giaquinto - Accademico di EmpoliGiancarlo Lanari - Delegato del VultureMassimo Pisani - Delegato di Napoli-CapriGianfranco Porrà - Accademico di LivornoAccademia dei Georgofili - FirenzeRed Edizioni - Milano

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

mi di papavero, salati, di ver-dura, di pesce, di carne. E nonda ieri ma nella classica cucinaviennese. E secondo te tutti,escluso quello di mele, sareb-bero aberrazioni e “strambe-rie” da sconsigliare. Lasciamo stare anche la cucinagiapponese. Di sushi non neesistono solo di pesce e crosta-cei, ma anche di verdure e dipollo e altra carne. Il tempurapoi non è un fritto misto mapuò essere indifferentementedi crostacei o di verdure. Dimolluschi fritti in Giapponenon ne ho incontrati. La tecni-ca obbligatoria è la frittura conpastella ghiacciata, altrimentisi riduce a un fritto qualunque.Mi oppongo a che questi sianoconsiderati piatti “stravaganti”o “stravolti”.Ti dò ragione su “carbonara dimare” e “strudel di rape rossecon tartufo” ma queste sonoinvenzioni di poveretti chenon hanno idea di cosa sia lacucina. I piatti moriranno dasoli. La cucina classica italianasarà anche ottima, ma l’Acca-demia non si può fossilizzarechiudendosi a riccio versoogni nuova invenzione, spe-

cialmente se proviene da altrecucine ugualmente ottime.Cordiali saluti

FERDINAND TESSADRIDelegato di Merano

Caro Tessadri, sono lieto che almeno su unpaio di cose tu sia d’accordocon me. Per il resto, ogni opi-nione è opinabile e io riman-go nelle mie convinzioni. Peresempio, il carpaccio di tonnoo di branzino sarà anche otti-mo ma, per l’amor del cielo,essi non hanno quel bel colorerosso della carne cruda chead Arrigo Cipriani ispirò ilnome del suo piatto, guardan-do i rossi, appunto, di VittorCarpaccio in mostra a Vene-zia. Casomai, se un cuoco èstato tanto bravo da inventar-li, inventi anche un nome ap-propriato. Ti ringrazio co-munque delle precisazionianche se, in Austria, non mi èmai capitato di assaggiareuno strudel di pesce o di car-ne. Saranno, forse, prodotti dinicchia. Ma non voglio nic-chiare. In quanto alle tecni-che nuove o vecchie, anche sesono nuove sono vecchie come

il mondo, perché da semprel’uomo ha per fezionato lamaniera di cuocere e di cuci-nare. (G.F.)

LA SPONGATAE IL “SATYRICON”

Caro Direttore, ci terrei che i nostri scritti fos-sero sempre degni di una isti-tuzione culturale e non conte-nenti notizie prese da Internet.In Internet si ripete in molti sitiche la spongata avrebbe unsuo precedente nel “Satyricon”di Petronio Arbitro ove si par-lerebbe di una torta di farina,miele, noci, pinoli e uva passa.È cosa ovvia e risaputa che intutta Italia si è sempre usato fa-re, fin dall’antichità, un panedolce con questi ingredienti (ocon lo zucchero quando que-sto ha potuto sostituire il mie-le), ma proprio non si capisceche cosa c’entri con la sponga-ta che non è un impasto diquesti ingredienti, ma è unasfoglia con un ripieno di que-sti ingredienti ben speziati.Cioè tutt’altra invenzione cuci-naria. Inoltre proprio non mi

risulta che nel “Satyricon” siaccenni a un tale dolce: solo sidice che vennero portati a uncommensale “uvam passam etmel Atticum”, ma come pro-dotti separati.Cordiali saluti

EDOARDO MORIAccademico di Bolzano

La citazione del “Satyricon”,apparsa in coda allo scrittosulla spongata, era dovuta auna completezza d’informa-zione, riportando il giudiziodi un Accademico colto e re-sponsabile come il professorAlcide Spaggiari. Non è nostrosolito cercare notizie o infor-mazioni né su Google né suWikipedia, ma cerchiamo didocumentarci, il più possibile,sui testi. (G.F.)

ERRATA CORRIGE

Nel numero di luglio, a pagi-na 34, per un’errata interpre-tazione, nella lettera di Ro-molo Ciabatti il “pane diGenzano” è apparso Dop an-ziché Igp.

L E T T E R E A L D I R E T T O R E

La collaborazione degli Accademici alla loro rivista,oltre che gradita, è indispensabile. Ma occorre che gliAccademici tengano presenti alcune norme essenziali,affinché i loro scritti, frutto di passione e impegno,trovino rapida ed esauriente pubblicazione.

■ Testi degli articoli: è necessario, per quanto pos-sibile, che i testi vengano inviati per via elettroni-ca, utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

■ Lunghezza dei testi: importante che i testi abbianouna lunghezza compresa tra i 4.500 e i 5.500 caratteri(spazi inclusi): in questo modo si eviteranno tagli fasti-diosi per chi li deve effettuare quanto per chi li subisce.Qualsiasi computer prevede il conteggio delle battute.

■ Schede delle riunioni conviviali: è altrettantoimportante che nella compilazione delle schede per leriunioni conviviali, per le “Note e commenti” vengarispettato il limite di 10 righe (pari a 600 caratteri,spazi inclusi) onde evitare anche in questo caso taglie mutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltre il li-mite regolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

■ Osservando queste semplici norme si potrà avere laragionevole certezza di una rapida e testuale pubbli-cazione, evitando quei dolorosi tagli che sovente ven-gono lamentati.

■ La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, inecessari controlli, l’eventuale revisione dei testi e lapossibilità di pubblicarli secondo gli spazi disponibili.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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N O T I Z I A R I O

NOVE GIORNATE PER LA FESTA ARTUSIANA

A Forlimpopoli, la 14ª edizionedella manifestazione di CasaArtusi, il centro di cultura ga-stronomica dedicato alla cucinadomestica italiana, inauguratoil 23 giugno 2007, si è apertacon il convegno dal titolo “Cu-cina di casa, scritture di don-ne”, dedicato allo stretto lega-me tra ricette e racconti, ricordie passioni, e le donne che an-notano tutto questo e dannoforma alla sua storia. Nel corsodella Festa artusiana, nove gior-ni di incontri, degustazioni,spettacoli e riflessioni sul cibo,si sono svolte anche le finalidel premio “Marietta”, concor-so riservato ai cuochi per pas-sione in nome della governantedi Pellegrino Artusi, promossodal Comune di Forlimpopoliper rendere omaggio alle “Ma-riette” di oggi, a tutti coloroche, nella cerchia privata dellaloro vita, esercitano con amoree abilità “la scienza in cucina el’arte di mangiar bene”, comeraccomandato nel celebre ma-nuale artusiano.

PROFUMO DI ALBICOCCA

Il Dipartimento di produzionevegetale dell’Università degliStudi di Milano è impegnato damolti anni in programmi di mi-glioramento delle varietà dellepiante da frutto, mirati essen-zialmente a renderle resistentialle principali avversità e po-tenziare la qualità dei frutti, incollaborazione con altre istitu-zioni scientifiche, tra cui le Uni-versità di Bari e Bologna e ilParco tecnologico padano diLodi. L’albicocco, insieme alpesco, è una delle specie mag-giormente prese in considera-zione. A Milano, nella sala con-ferenze dell’Orto botanico Ca-scina Rosa, sono stati presentatii risultati di una ricerca, volti al-lo sviluppo dell’albicocca “bo-ra”, che, alle sue caratteristiche

di forma, colore, sapore e ma-turazione precoce, associa va-lori nutrizionali, ricchezza di vi-tamina A, di minerali come fer-ro e potassio, poche calorie.

INTESA PER FAR CONOSCERE IL VERO MADE IN ITALY

Accordo tra il ministro del Turi-smo e quello delle Politicheagricole per valorizzare e pro-muovere insieme il sistemaagroalimentare e quello turisti-co nazionale. L’accordo si pro-pone di favorire le sinergie trale rispettive strategie e i pianioperativi a sostegno della valo-rizzazione e della promozioneintegrata dei due settori. Tra iprogetti già allo studio e diprossima realizzazione, la cam-pagna itinerante “Magic Italy”che porterà sulle piazze di 19città d’Europa le eccellenzeenogastronomiche, artigianali,culturali e artistiche del nostroPaese. Le manifestazioni consi-steranno in eventi come mo-stre, convegni e degustazioni,accompagnati da una impor-tante campagna di comunica-zione sui media.

VINI E CUCINA MARINARA

Si è tenuta a Sirolo, località tu-ristica della Riviera del Conero(Ancona), l’undicesima edizio-ne della Selezione nazionaleVini da pesce. Un numerosempre maggiore di aziende èstato presente con i propri pro-dotti sottoposti al giudizio dicinque commissioni di enologie giornalisti specializzati italia-ni e stranieri che hanno appli-cato alle dieci categorie in garail rigoroso metodo di valutazio-ne della “Union Internazionaledes Oenologues”. La Selezio-ne, annoverata tra i concorsienologici a livello nazionaleche il Ministero delle PoliticheAgricole autorizza al rilascio didistinzioni, è considerata oggi

un punto di riferimento per leaziende di settore. Il suo obiet-tivo è quello di evidenziare lamigliore produzione enologicaitaliana dei bianchi, rosati e vi-ni spumanti a denominazionedi origine controllata e ad indi-cazione geografica tipica. E laselezione delle varie tipologiedi vini si basa su quelli che sisposano in modo perfetto coni prodotti ittici. Non a caso laSelezione è nata proprio adAncona che ospita l’unica Fierainternazionale della pesca chesi svolge a cadenza annualenel bacino del Mediterraneo.

A TAVOLA CON I MONACI

L’Associazione “I sapori del Pi-ceno” ha promosso, con un in-tenso programma estivo, laquinta edizione della rassegna“La cucina dello spirito” sul te-ma “La preziosa mensa degliavanzi”, proponendo riflessio-ni sul modello alimentare dellamensa monastica. Un nobile esapiente intreccio tra i saperilegati alle antiche cultureagroalimentari (perpetuate an-che dal lavoro degli amanuen-si), e i variegati significati sim-bolici del cibo, in un alternarsitra celebrazione fastosa e ab-bondante e astinenza riflessi-va e misurata, seguendo il pa-rallelo e ciclico svolgersi delcalendario agrario e dellascansione liturgica annuale.Gli appuntamenti del 2010hanno coinvolto in particolaredue comuni del Piceno. AMonteprandone, hanno avutoluogo due conferenze del ciclo“Cucina monastica degli avan-zi”, una sulla sacralità del pa-ne, l’altra sulle minestre direimpiego, tenute da Tomma-so Lucchetti storico della cultu-ra gastronomica e dell’arteconviviale, cui ha preso parteanche l’Accademico Ugo Bel-lesi, Delegato di Macerata. AOffida si è svolta la tavola ro-tonda “La mensa degli avanzi:riflessioni tra passato e presen-

te su un modello alimentaremonastico”, anch’essa condot-ta da Tommaso Lucchetti cheha tenuto anche la conferenzasu “A tavola con i monaci”, al-l’interno della manifestazione“I venerdì culturali di Priver-no” in occasione della visitadell’Abbazia di Fossanova, neipressi di Priverno in provinciadi Latina.

LE API IN CLASSE

Sono stati gli alunni della scuo-la primaria “Diana Sabbi” diPianoro i protagonisti del terzoevento didattico che Conapi eAccademia del Miele-Mieliziahanno dedicano alle scuole delBolognese, nell’ambito del pro-getto “Il mondo di Milli”, orien-tato allo sviluppo di una co-scienza socio ecologica nei pic-coli alunni che, guidati dall’apeMilli, scoprono i segreti dell’al-veare attraverso attività ludichee didattiche in classe. I bambinihanno scoperto i delicati equili-bri dell’alveare e i segreti dellaproduzione dei mieli, nell’in-contro con un apicoltore che,grazie all’arnia chiusa e traspa-rente, ha mostrato ai piccolialunni il mondo dell’alveare.Studiando i ruoli e i compitidelle api nell’alveare e parago-nandoli ai propri nella classe,osservando il ruolo dell’alvearenel nostro ecosistema e l’impat-to umano sull’ambiente, i bam-bini sono stati chiamati a riflet-tere sulle piccole grandi azionidi rispetto quotidiano per l’am-biente. Infatti, alla fine del per-corso (supportato da strumentie materiali didattici), alle classiè stato chiesto di individuare eassumere un impegno comunenei confronti dell’ambiente peraggiudicarsi i premi didatticiper la scuola. Nel 2010 il pro-getto ha coinvolto gli alunni di3.249 classi di scuole primariein cinque province italiane, trale quali quella di Bologna.

a cura diSILVIA DE LORENZO

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ALESSANDRIA28 marzo 2010

Ristorante del relais “RoccaCivalieri” di Mariano Minet-to e Antonella Cabella, fon-dato nel 1969. ●Strada Ca-scina Rocca Civalieri 23,Quattordio (Alessandria);=0131 797333, fax 0131797390; coperti 260. ●Par-cheggio di fronte all’hotel;prenotazione necessaria.●Valutazione 7; prezzo €

55,00; raffinato ed elegante.

Le vivande servite: sfogliafinissima di pasta fillo con ri-pieno pasquale di magroguarnito con salsa zafferanoe timo; agnolotti del “plin”con ristretto di manzo allapiemontese; capretto in cas-seruola con patate; costoletteimpanate fritte con verduredi stagione; piccola meringa-ta al cioccolato bianco sucoulis di fragole al sambuco;colomba pasquale.

I vini in tavola: BiancoMonferrato Casalese “NuovaCappelletta“; Rosso Ray “Col-le Manora“; Brachetto e Mo-scato Marenco.

Commenti: Una breve storiadel sito e della famiglia chel’ha abitato è stata tracciatadall’Accademica Perassolo,partendo da un grande dipin-to della principessa Cristiernache troneggia nella sala delconvivio. Nel corso del pran-zo il Delegato ha consegnato ipremi di fedeltà all’Accade-mia, rappresentati dai nuovidistintivi d’oro e d’argento aVittorio Illario per gli oltre 35anni di Accademia e a PippoBaccalario, Corrado Gatti, Al-berto Boris e Mario Dell’Aqui-la per i loro 25 anni, e ha poidistribuito agli Accademici ilnuovo libro “Le buone tavoledella tradizione“. Si è poi pas-sati a una rapida valutazionedei risultati e dopo una breveconsultazione si è deciso diconsegnare il gagliardetto del-l’Accademia ai titolari delcomplesso, ai manager e allacompagnia di cucina che si èpresentata in sala al completo.

ASTI22 aprile 2010

Istituto professionale alber-ghiero “Marco Polo”. ●ViaSciaccaluga 6, Genova.

Le vivande servite: cocktaild’istituto con stuzzichini; ac-ciughe ripiene guarnite convegetali grigliati; pasticcio dipatate al basilico e salsa diolive taggiasche; zuppa dicasulli; fideli alle triglie concime di rapa e crema di favenovelle; gaggette di cernia al-l’umido di carciofi e piselli;torta “Sacripantina”; caffè.

I vini in tavola: Vermentino“Vignaerta”, Moscato Passito“Golfo del Tigullio”, ambe-due di Cantine Bisson.

Commenti: Anche quest’an-no l’Accademico Alloero haospitato la Delegazione pres-

so il prestigioso istituto da luidiretto. La manifestazione siè svolta in due parti: primaabbiamo “lavorato” compi-lando schede di valutazioneper un project work che ave-va come scopo la valorizza-zione di prodotti territoriali eproduzioni tipiche, poi è se-guita una degustazione. Infi-ne la splendida cena, prece-duta da un sontuoso aperiti-vo. Come sempre l’amico Al-loero caratterizza ogni suacena con un tema: quest’an-no erano di turno piatti de-sueti della tradizione ligure, icui nomi arcaici come casulli,fideli, gaggette avevano unsapore evocativo che stuzzi-ca i ricordi, oltre che le papil-le gustative. Ottimi i vini; ser-vizio impeccabile svolto daallievi molto diligenti. Comesempre una serata indimenti-cabile. Grazie e arrivederciall’anno prossimo.

ASTI6 maggio 2010

Ristorante “Antico Caffè Li-gure” di Luigi Goria, fonda-to nel 1934. ●Corso Alfieri280, Asti; =0141 33941,anche fax; coperti 45. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile. ●Valu-tazione 7; prezzo € 45,00;familiare, accogliente.

Le vivande servite: calici diAlta Langa con pomodoriniripieni di bagnetto verde,quadrelli di merluzzo fritti efrittatine verdi ai profumi del-l’orto; flan di ortiche su nidocroccante di luppolo; fagotti-no di manzo con cruderie suspecchio di “bagna buna”;zuppa del mercante in fiera;animelle al Marsala con aspa-ragi in padella; zabaione ar-ricchito con torrone a scagliedi cioccolato; caffè e grappe.

I vini in tavola: Alta LangaSerafino; Traminer, Tramin;Nebbiolo, Negro; BarberaMonferrato, Gatto.

Commenti: Per la festa delSanto Patrono la Delegazio-ne si è riunita in un ristorantedel centro storico in un anti-co caffè. Il piatto principale,la zuppa del mercante in fie-ra, è stato eseguito dopovent’anni di assenza dallemense accademiche in unmodo un po’ rivisitato e al-leggerito che ha entusiasma-to molto. Ottimi gli stuzzichi-ni e gli antipasti: ghiotte eburrose le animelle. Normaleil dolce. Vini buoni e serviticon generosità. Simpatico eveloce il servizio. Nel com-plesso una serata piacevolecon buoni piattini elaboratida un cuoco che farà strada.

CIRIÈ13 maggio 2010

Ristorante “Andrea” di PaoloTamagnone, fondato nel1984. ●Via Torino 36, Poiri-no (Torino); =011 9452728,fax 011 9452571; coperti140. ●Parcheggio custodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 8-23 ago-sto; giorno di chiusura saba-to a mezzogiorno e domeni-ca a cena. ●Valutazione noneffettuata perché fuori Dele-gazione; prezzo € 50,00; fa-miliare.

Le vivande servite: aperiti-vo della casa con salatini;flan con vellutata al basilico;involtino di asparagi con fon-duta; asparagi al vapore consalsine (tartara, tonnata, ru-cola, reale); risottino all’An-drea; ravioli verdi con punte;tre degustazioni di asparagi(pizzaiola, parmigiana, fritti);flan di mele con salsa di fra-gole; pesca ripiena all’ama-retto; torta di ricotta.

I vini in tavola: Erbaluce diCaluso 2009 (R. Crosio); Bo-narda del Piemonte 2009 (P.Olivero); Nebbiolo d’Alba2006 (Pio Cesare); Moscatod’Asti 2009 (Vaudano).

Commenti: Per la riunioneconviviale primaverile sull’a-sparago il Simposiarca Vitto-rio Chiadò ci ha portati a Poi-rino, accolti dal Delegato diTorino Mauro Frascisco conla moglie Anna. Il ristorantedell’albergo è noto come “Da

PIEMONTE

INDICE

Piemonte pagina 43

Liguria, Lombardia 45

Trentino-Alto Adige, Veneto 47

Friuli-Venezia Giulia 48

Emilia Romagna 49

Toscana 51

Marche, Umbria 54

Lazio 55

Molise, Campania 56

Puglia, Sicilia 57

Sardegna 58

Europa 59

Nel mondo 61

CARNET DEGLI ACCADEMICI 62

DALLE DELEGAZIONI 64

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è statapresa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determi-nata verranno comprese e applicate.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

PIEMONTE segue

Andrea il re degli asparagi”,che dalla storica sede di San-tena si è ora trasferito in unmoderno complesso alber-ghiero. Il locale è da grandinumeri ma i saloni, grazie aopportuni divisori, diventanoaccoglienti e intimi anche perpochi commensali. La qualitàdella materia prima, essen-ziale per un pranzo monote-matico, era eccellente e gliasparagi, raccolti nella matti-nata, sono stati preparati eserviti in modo da conserva-re freschezza e sapore. Ilcompetente e appassionatoproduttore Carlo Vercellino ciha poi intrattenuti con unadotta relazione su questi go-losi “turioni”.

CUNEO-SALUZZO29 aprile 2010

Ristorante “Il Portichetto” diEugenio Manzone e Ivo Gior-dano, fondato nel 2009.●Via Roma, 178, Caraglio(Cuneo); =0171 817575,fax 0171 817573; coperti 45.●Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 7,58; prezzo € 40,00; tra-dizionale.

Le vivande servite: rotondi-no marinato alle erbe e fioridi primavera; battuta di fas-sone al coltello; sformatinodi louvertin con nostrale eprofumi di valle; sorbettomiele e castelmagno; raviolidi angus nel suo ragù; gnoc-chi al castelmagno; agnellosambucano agli agrumi; for-maggi; gelato alle viole e pic-cola pasticceria.

I vini in tavola: Rolando,Villa Pattono, Moscato.

Commenti: Il SimposiarcaAlessandro Verardo ha sceltoquesto rinomato ristoranteche, pur avendo cambiatogestione, ha mantenuto aifornelli il cuoco Poldo la cuicucina è sempre stata moltoapprezzata. Ad aiutare lochef c’è l’amico Ivo, una ac-coppiata estremamente pro-fessionale in grado di mante-nere il buon nome del notoristorante. Il menu, rigorosa-mente di vallata, è stato mol-to apprezzato. L’agnello sam-bucano agli agrumi ha desta-to particolare interesse, tant’èche all’uscita del cuoco moltiAccademici hanno chiesto

delucidazioni in merito allapreparazione. Unica notastonata è stata la lentezza nelservizio che perdoniamo vo-lentieri per le prelibatezzedegustate e la cura nella pre-parazione e nella presenta-zione delle pietanze.

IVREA14 maggio 2010

Ristorante “Locanda dell’An-gelo” di Mariella e GiulianaNoro. ●Via Marconi 8, SettimoVittone (Torino); =0125658453, fax 0125 658920;coperti 80+40. ●Parcheggiosufficiente; prenotazione con-sigliabile; ferie 18 giorni traluglio e agosto e 18 dopo l’Epi-fania; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione 7,20;prezzo € 45,00; familiare.

Le vivande servite: aperitivocon Prosecco; insalata russa;carne cruda; castagne e burro;zuppa “d’ajucche” con “mias-se”; stracotto di vitello ai fun-ghi con crostini di polenta;torta gianduia; panna cotta.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene brut “Bareta”(G. Merotto); Pecorino 2008“Vellodoro” (Umani Ronchi);Carema 2005 riserva (Cantinaproduttori Nebbiolo); Valled’Aosta Chambave moscatopassito 2006 “Prieuré” (LaCrotta di Vegneron).

Commenti: La zuppa“d’ajucche” è un tipico piattodella tradizione canavesanaottenuto utilizzando unapianta che cresce in monta-gna in forma spontanea. Pergustare questo piatto la Dele-gazione si è recata alla “Lo-canda dell’Angelo”, vicino al-la quale passa la via Franci-gena. Il menu, tipicamentelocale, è stato apprezzatocon particolare riguardo allazuppa, malgrado una certalentezza del servizio. Al ter-mine del simposio l’Accade-mico Trompetto ha simpati-camente intrattenuto su alcu-ne curiosità storiche del pae-se e sulle vicende di Ansber-ga, principessa franca che haavuto sepoltura in una pievedi questo territorio. Serata disuccesso per il Simposiarca,il neo Accademico Cacello.Nel corso della cena è stataannunciata l’intenzione diiniziare le pratiche per la re-gistrazione del piatto tipicodel territorio.

PINEROLO14 maggio 2010

Ristorante “Il Gigante e laFormica” di Luca Bruno eSimona Frisina, fondato nel1980. ●Borgo Serre Marchet-to, Pinasca (Torino); =0121809042; coperti 100. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 6 gennaio finoalla prima settimana di feb-braio; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione 7;prezzo € 30,00; rustico.

Le vivande servite: deliziedi accoglienza; bocconcini dirana pescatrice in dolce bru-sco di aceto di mele; involti-no di borragine con cuore dipatate novelle e petali di fioriprimaverili sul velo di seirassfresco; maltagliate al pestod’ortica e tonda gentile delleLanghe accomodate in cialdacroccante di bergè; cosciottod’agnello nostrano farcito aiprofumi dell’orto con spina-cini allo scalogno; mousse difragole con tegole al ciocco-lato e gocce di verde menta.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiane (Domenico Ber-tiol); Pigato di Albenga; Ca-bernet del Friuli; Moscato Fio-ri d’Acacia (Contessa Giulia).

Commenti: Riunione con-viviale a 1.100 metri in ValChisone; il ristorante esisteda circa 30 anni, ma solo dapochi è gestito dai giovanis-simi Simona e Luca, uscitientrambi dalla scuola alber-ghiera dell’istituto “Prever”di Pinerolo. Prima del con-vivio, il Simposiarca dellaserata Silvio Falco, ha illu-strato i piatti previsti dal me-nu. Particolarmente apprez-zati l’involtino di borraginee il dessert. Buono il servi-zio. Al termine della serata ilConsultore nazionale hacommentato con Simona eLuca le portate servite invi-tandoli, considerata l’ubica-zione del ristorante, a privi-legiare i prodotti tipici dellazona. Sicuramente esistonouna buona base e la possibi-lità di un’evoluzione da se-guire con simpatia.

TORINO LINGOTTO13 maggio 2010

Ristorante “’L Birichin” diNicola Batavia, fondato nel1996. ●Via Vincenzo Monti

16, Torino; =011 657457,anche fax; coperti 30. ●Par-cheggio gratuito; prenotazio-ne consigliabile; ferie duesettimane in agosto; giornodi chiusura domenica. ●Va-lutazione 7,10; prezzo €

65,00; elegante.

Le vivande servite: aperitivodi benvenuto: birre baladin estuzzico; caipiroska dellochef; entrata birichina; pesca-to su fave e ricotta; pasta difarro, fagioli borlotti e cape-sante con olio di argan; vitel-lo tonnato versione 2010; gra-nita e granita, cremoso di zaf-ferano e piccola pasticceria.

I vini in tavola: Rosefiur2007 (E. Costa); Torre di Ce-prano - Sangiovese superiore2001 (Fattoria Zarbina); Rie-sling Spatlese Trochen 2004(Kerpen).

Commenti: Il primo piattodella serata propone l’acco-stamento di un filetto di pe-sce un po’ asciugato da unmomento di troppo in cotturacon una purea di fave nonproprio dolcissime e ricotta.Segue una pasta e fagioli concapesante. Davvero un belpiatto, malauguratamente ec-cessivamente salato e pepatocon un inopportuno effettocoprente. Il vitello tonnato ri-sulta in sostanza un gran belpezzo di bollito, superfluodefinirlo altrimenti. Si conclu-de con un cremoso di zaffe-rano denso e seducente, dav-vero riuscito. Discutibile l’ac-costamento con il vino, cheper la verità non ha partico-larmente funzionato neppurein occasione delle portateprecedenti. Il servizio non hacontribuito a ravvivare unaperformance tutto sommatodeludente, per di più caratte-rizzata da un rapporto qua-lità/prezzo insoddisfacente.

VERBANOCUSIO-OSSOLA6 maggio 2010

Ristorante “Il Rododendro”di Elvira Zamponi. ●Via perCampello Monti Valle Strona,Cerani di Forno (Verbania);=0323 885148. ●Parcheg-gio comodo; ferie dal 4 al 12giugno. ●Valutazione 7,30;prezzo € 35,00; rustico,semplice e accogliente.

Le vivande servite: gnoccofritto con lardo e scagliette di

grana; carpaccio di zucchine;pomodorini in salsa verde;pere con zola e menta; ricot-ta con le noci; peperoni alforno con acciughe; lonzinodi maiale affumicato; camo-scio secondo antica ricettacon polenta e funghi; capri-no con confetture bio; grap-pata; caffè e digestivo.

I vini in tavola: MaximilianI Cantina di Soave; Pinot gri-gio Cantine della Corte; Gat-tinara Bricco al Sole Docg;Moscato d’Asti Cantina Mar-caurelio Docg.

Commenti: La titolare e cuo-ca signora Elvira ha di buongrado e con un certo coraggioaccettato di realizzare una ce-na il cui piatto forte era rap-presentato dal camoscio, lanostra celebre “antilope diroccia”, cucinato secondo unaeccellente ricetta accademica.Non è certo facile cimentarsinella preparazione di un simi-le piatto senza mai averla pri-ma sperimentata, ma la cuocaha dato prova di sapersi bendestreggiare. Il locale è unatrattoria di montagna in loca-lità né trafficata né “turistica”:anche in questo caso la Dele-gazione si è orientata alla ri-cerca e valorizzazione di am-bienti nei quali il rapportoqualità/ prezzo merita qual-che riconoscimento. Tra i varipiatti proposti l’indubbio suc-cesso è andato al camoscio,confermando così la bontàdella scelta operata.

VERBANOCUSIO-OSSOLA27 maggio 2010

Ristorante “Il Portale” di Mas-similiano Celeste. ●Via Sassello3, località Verbania Pallanza(Verbania); =0323 505486.●Parcheggio pubblico sullungolago; ferie gennaio;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 8,10; prezzo €45,00; elegante e curato.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con carpio-ne di gardon e verdurine;tempura di pesce del lagoMaggiore; risotto con punted’asparagi e polpettine di pe-sce alle mandorle; filetto dilavarello arrostito con sautédi pomodorini e basilico; ba-varese alle more.

I vini in tavola: Oltrepò Pa-vese extra dry brut, Tenuta Il

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Bosco; Vermentino di Sarde-gna “Cala Reale” Doc 2008,Sella & Mosca; Malvasia diCastelnuovo Don Bosco “Ma-demoiselle” 2009, TenutaTamburnin.

Commenti: Il ristorante èpurtroppo penalizzato dallaridotta dimensione interna,difetto comunque ampia-mente compensato dalle in-dubbie capacità del cuocoMassimiliano Celeste, che hasaputo creare con i pesci dilago di varietà meno note(anche a causa di divieti distagione) piatti di altissimo li-vello. Particolare successoper l’aperitivo accompagnatoda un leggero carpione digardon e verdurine e la tem-pura di pesce del lago Mag-giore; ottimo anche il risottocon punte di asparagi e pol-pettine di pesce alle mandor-le; meno apprezzata è stata labavarese alle more. Com-plessivamente la valutazioneassegnata dimostra il livellodella conviviale, ben curatasia per l’allestimento dei ta-voli che per la professionalitàdel personale di sala. A inizioserata ha meritato una coraleattenzione l’intervento del-l’Accademico Ettore Grimal-di, autore di numerosissimepubblicazioni e studi riguar-danti l’ittiologia, che ha con-ferito così un profondo signi-ficato alla serata il cui temaspecifico riguardava appuntola cucina del pesce di lago.In chiusura il cuoco si è in-trattenuto con gli ospiti for-nendo esaurienti notizie einformazioni. Un calorosoapplauso ha infine accompa-gnato la meritata consegnadel piatto simbolo.

ALBENGA E PONENTE LIGURE

27 aprile 2010

Ristorante “Primosole” diMarisa Arnaldo, fondato nel1960. ●Borgata Marmoreo41, Casanova Lerrone (Savo-na); =0182 74025; coperti70. ●Parcheggio sufficiente;prenotazione consigliabile;

ferie mai; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione7,50; prezzo € 20,00; fami-liare, accogliente.

Le vivande servite: verdureripiene alla ligure; vitello ton-nato; frittelle di baccalà; tortaverde; ravioli di verdure alburro e salvia; tagliatelle con“u tuccu”; teglia di baccalà epatate con salsa verde; coni-glio in casseruola con aromi;cima alla ligure; crostata conmarmellata di frutta locale.

I vini in tavola: Nostralino(uve miste) di produzionepropria, 2009.

Commenti: Come in un bellibro di qualche anno fa delDelegato Silvio Torre, intitola-to “Su e giù per boschi tra val-li e oliveti, alla ricerca del ri-storante segreto”, gli Accade-mici di Albenga e del PonenteLigure, guidati dal Simposiar-ca Roberto Pirino e da SilvioTorre, si sono diretti versouno dei luoghi più belli del-l’entroterra, la Val Lerrone,che produce un ottimo oliod’oliva, e hanno riscoperto unlocale che da 50 anni accoglieturisti e residenti con un cuci-na semplice ma ben eseguita.Il ristorante ha nella teglia dibaccalà e patate, piatto anticoquaresimale che veniva pre-parato nei giorni successivi altermine dell’abbacchiaturadelle olive, il suo punto forte.Molto buoni anche ravioli, ta-gliatelle, coniglio e cima. Ilmenu è elencato a voce, lacarta dei vini non esiste, il vi-no infatti è di produzione lo-cale, ma il servizio cortese eimpeccabile della signora Ca-milla e l’accoglienza gentiledella signora Marisa, cuoca eproprietaria, hanno fatto sìche le riflessioni, siano statepositive e piacevoli.

ALBENGA E PONENTE LIGURE

7 maggio 2010

Ristorante “Pernambucco”di Luciano e Ivana Alessan-dri, fondato nel 1972. ●Via-le Italia 35, Albenga (Savo-na); =0182 555118, fax0182 53458; coperti 50+20.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie dall’1 al10 ottobre; giorno di chiusu-ra mercoledì. ●Valutazione8; prezzo € 60,00; elegante,tradizionale.

Le vivande servite: fiori dizucca trombetta di Albenga;asparagi violetti di Albenga al-la parmigiana; asparagi violettidi Albenga “mimosa”; cuori dicarciofi spinosi di Albengacon code di gamberi e olio ex-tra vergine di oliva; ravioli diverdure con scampi di One-glia e punte di asparagi; pe-scato del giorno al forno guar-nito con mazzolino di aspara-gi violetti; parfait all’arancia“Pernambucco” con sorbettoai frutti di bosco e frutta secca.

I vini in tavola: Riviera Liguredi Ponente Pigato “Costa deVigne” Doc 2009; Rosso “ASeiana” 2008 (Azienda agricolaMassimo Alessandri, Ranzo).

Commenti: Riunione convi-viale in onore di GualtieroMarchesi, in occasione dellaconsegna del premio “Il piat-to blu”, ideato e organizzatodal Vice-Delegato Roberto Pi-rino. La cena, molto gradita, èstata onorata dalla presenzadi Giorgio Zò in rappresen-tanza del Presidente Ballarini,del Coordinatore territorialeper la Liguria Paolo Lingua edei Delegati di Alessandria,Novara e Torino. I piatti han-no riscosso unanime consen-so, ma il più gradito è statoquello con i cuori di carciofispinosi con code di gamberi,perfetto nella sua semplicitàAl termine applausi alle cuo-che Nicoletta e Ivana, chehanno ricevuto i complimentidel Maestro Marchesi, il qualeha affermato che “quando incucina operano le donne,prevale la cucina del cuore”.

GENOVA4 febbraio 2010

Ristorante “Genio-Hostariacon cucina” di Gianni Rifal-di, fondato nel 1970. ●SalitaSan Leonardo 61/r, Genova;=010 588463; coperti 60.●Parcheggio incustodito; fe-rie tre settimane a cavallo diFerragosto; giorno di chiusu-ra domenica. ●Valutazione8; prezzo € 35,00; familiare.

Le vivande servite: Ver-mentino e scaglie di parmi-giano; panizza fritta; acciu-ghe ripiene; bocconcini alladelizia marito; minestronecon pasta tipica della Val Pol-cevera; stoccafisso accomo-dato come da ricetta del mar-chese Beppe Gavotti; panecon l’uvetta e zabaione.

I vini in tavola: Vermentinodi Luni (Gallo il Chiodo);Rossese (Tenuta Anfosso diSoldano); Passito di Brachettod’Acqui (Cantina Garetina).

Commenti: Salette non parti-colarmente ampie le cui pare-ti sono totalmente tappezzateda numerosissimi quadri dinoti autori genovesi contem-poranei che caratterizzano illocale. I piatti che qualificanoe distinguono la cucina sonole trippe preparate su ricettadel marchese Beppe Gavotti.Nel corso della serata sonostati particolarmente apprez-zati il minestrone alla genove-se e lo stoccafisso accomoda-to alla Kelbi. Ottimo riscontroal momento del dessert haavuto il pane con l’uvetta daintingere in uno zabaione alPassito di Brachetto d’Acqui.Il succedersi dei piatti è statopiacevolmente commentato,in un genovese a un temposchietto e nobile, da Gianni,l’abile gestore.

GENOVA7 maggio 2010

Ristorante “Saint Cyr” diFerruccio Corti, fondato nel1971. ●Piazza Marsala 4r,Genova; =010 886897; co-perti 60. ●Parcheggio incu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie 15 giorni inagosto e 15 giorni a Natale;giorno di chiusura sabato amezzogiorno e domenica.●Valutazione 8; prezzo €

50,00; elegante.

Le vivande servite: seirass;robiola di Roccaverano; lardoe cacciatorini; fave e salame;sardo fresco; lingua al vapo-re; vitello tonnato; pinzimo-nio; ravioli al “plin” al fondobruno; scamone di fassonealla senape di Digione; gela-to alla crema, torrone e ama-retti di “Canelin” (Visone, Al).

I vini in tavola: Miolo(Franciacorta); Nosiola 2008(San Michele all’Adige); Ra-buccolo 2007 (F.lli Muratori);Yanir Passito di Pantelleria.

Commenti: La qualità e laprovenienza dei prodotti, chesono il frutto di un’accuratis-sima ricerca di materie primemesse a punto con elevataprofessionalità, costituisconola base della cucina armonicae sapiente, di impronta a untempo ligure e piemontese,

che connota il ristorante.Hanno caratterizzato l’incon-tro conviviale peculiari vivan-de, particolarmente graditeanche perché non frequentinei tradizionali menu liguri,quali il seirass, la robiola dipura capra, la lingua al vapo-re e il vitello tonnato, cibi lacui sapidità, propria dell’OltreGiovo, trova il giusto con-trappunto nei cibi del territo-rio ligure costituiti da fragran-te pinzimonio, fave in erba,salame e sardo freschissimo.Assolutamente d’eccezionesono stati gli applauditi ravio-li al “plin” conditi con unineccepibile fondo bruno e loscamone di fassone alla sena-pe di Digione; graditissimo ildessert: classico gelato di cre-ma accompagnato da torronee amaretti, tutto di “Canelin”,pasticciere sempre molto ap-prezzato non solo nell’AltoMonferrato.

CREMONA12 maggio 2010

Ristorante “La Sosta” diClaudio Nevi, fondato nel1988. ●Via Sicardo 9, Cre-mona; =0372 456656, fax0372 537757; coperti 60.●Prenotazione consigliabile;ferie 1 settimana a febbraioe due settimane ad agosto;giorno di chiusura domeni-ca sera e lunedì. ●Valutazio-ne 7; prezzo € 45,00; acco-gliente e rustico.

Le vivande servite: aperiti-vo con stuzzichini vari; risot-to mantecato con asparagi,fior di zucca, formaggella epancetta al forno; tortelli diprovolone al burro di man-dorle; maialino da latte alladue cotture rosolato al fornoalle erbe aromatiche con po-lenta morbida e verdure distagione gratinate; bavaresedi lamponi dal cuore morbi-do di cioccolato fondente.

I vini in tavola: Spumantebrut Cantina Ferrari Perini;Sauvignon blanc 2008 Canti-ne Minini; Rosso Curtefranca2006 Ca’ del Bosco.

LOMBARDIA

LIGURIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

LOMBARDIA segue

Commenti: In pieno centrostorico, a pochi passi dalduomo, il locale offre cucinatradizionale e innovativa conun buon rapporto qualità/prezzo. Generale apprezza-mento hanno riscosso i salu-mi di qualità e i gustosi anti-pasti, nonché i tortelli di pro-volone e i vini. Contrastanti igiudizi riservati al risotto e almaialino da latte, un omag-gio all’animale che sempre èstato la risorsa principale peril sostentamento dei contadi-ni del Cremonese. Bella sera-ta di festa in onore di AttiliaFabbri Dall’Oglio, relatrice diuna interessante lezione sullacucina italiana e francese nelSettecento.

DESTRA OGLIO29 aprile 2010

Trattoria del Circolo Acli diAngiolina Corradi, fondatonel 1989. ●Via Don Bellini8, Roncadello di Casalmag-giore (Cremona); =037559327; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito, suiffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie dicembre;giorno di chiusura domeni-ca sera e lunedì. ●Valuta-zione 7; prezzo € 28,00;tradizionale.

Le vivande servite: salame,spalla cotta, fiocchetto, giar-diniera di verdure; tortelli dierbetta; guancialino di vitelloarrosto; torta delle rose.

I vini in tavola: AnticoBruscone (Cantine Ceci);Custoza Doc (Cantina di Cu-stoza).

Commenti: La trattoria delcircolo Acli continua a pro-porsi come un ottimo localeper chi ama la cucina di casa.La signora Angiolina e il ni-pote Milko proseguono per-ciò nella loro proposta di me-nu ispirati alla tradizione delterritorio con semplicità pro-fessionale. La scelta è vastissi-ma ed è stata praticamentepersonale per ogni Accade-mico. Le portate sono statetutte di qualità e molto ap-prezzate: da segnalare anchetra i primi i tortelli di zucca eil “sorbir” di agnoli, tra i se-condi l’arrosto di faraona e dianatra. L’ambiente è semplicee il servizio discreto; la pro-posta dei vini è in perfettasintonia con la cucina e buo-no il rapporto qualità/prezzo.

LARIANA27 aprile 2010

Ristorante “Il Mago” di CarloFrigerio, fondato nel 2009.●Via San Giacomo 36/A,Quarcino (Como); =031531958; coperti 50. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 8;prezzo € 47,00; raffinato eaccogliente.

Le vivande servite: spumadi baccalà con cozza al vapo-re all’olio extra vergine di oli-va e bottarga di branzino;mousse di gamberi al corian-dolo con croccante di car-ciofo e salsa alla soia; carpac-cio di tonno con bignè al ne-ro di seppia, mousse di for-maggio all’erba cipollina emisticanza d’erbe di campi;cilindri di polpo agli agrumicon patate marinate al timo,sale affumicato e citronette aicapperi; cannelloni di farinadi segale ripieni d’orata e oli-ve taggiasche con zuppettadi ceci neri e pomodorini di-sidratati arrosto; dorso di SanPietro in crosta di sale conguazzetto di fave, piselli fre-schi e vongole; minicannello-ni d’ananas ripieni di mousseagli agrumi con insalatina difrutti di bosco e fiori eduli;crème brûlée al caffè; piccolapasticceria della casa.

I vini in tavola: Castelvec-chio cuvée brut; Petite Arvi-ne (Les Crêtes); Myrto, Vi-gneto Dolomiti (Foradori);Nikà, Passito di Pantelleria(Case di Pietra).

Commenti: Un ristorantenuovissimo inserito negli an-tichi rustici di una villa nobi-liare sapientemente e amore-volmente recuperati. Il giova-nissimo chef Arcangelo Gioiaguida una compagnia di cu-cina composta da ventennientusiasti e appassionati, aiu-tati in sala da un gruppo sor-ridente e altrettanto giovane.Il menu scelto per l’occasio-ne, di solo pesce di mare, èstato dettato dalle precedentiesperienze dello chef, curio-so e appassionato. Buoni i ri-sultati, destinati a una sicurae ulteriore evoluzione. Unaparticolare segnalazione perla spuma di baccalà con coz-za al vapore e bottarga dibranzino (fatta in casa) e i ci-lindri di polpo. Bella serata,da ripetere.

LECCO8 maggio 2010

Ristorante “Studio 54” diAlessandro Trentin, fondatonel 2009. ●Via Pescatori 39,Lecco; =0341 286637; co-perti 60. ●Parcheggio suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie due settimanead agosto; giorno di chiusu-ra domenica. ●Valutazione7,20; prezzo € 60,00; tradi-zionale.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; flan di par-migiano con punte d’aspara-gi; trancio di faraona ripienacon insalatina di fave, fagiolicroccanti e spinaci novelli; ri-sotto con cipollotti e fiori dizucchina mantecato allostracchino; petto d’anatra al-l’arancia e ribes rosso converdure tornite e glassate;millefoglie al cioccolato bian-co con tartare di fragole.

I vini in tavola: P.R. brutMonterossa; Sauvignon riser-va Picol 2008 (Lis Neris);Chardonnay riserva Jourose2008 (Lis Neris); Pinot noir ri-serva Krafuss 2006 (Alois La-geder); Passito di Pantelleria(Azienda Solidea).

Commenti: Una gradevolis-sima scoperta questo nuovo

locale, situato vicino al vec-chio nucleo di Pescarenicosul fiume Adda, di manzonia-na memoria. Il locale è statocurato da tempo dall’Accade-mica Marinella Lodi Mutazzi,Simposiarca della serata, cheè trascorsa in modo estrema-mente piacevole. Degne dinota le due portate di antipa-sto, così come il risotto. Moltocurato l’abbinamento cibi-vini.Ambiente moderno e grade-vole, servizio curato, correttorapporto qualità/ prezzo.

LECCO5 giugno 2010

Ristorante “Al Porticciolo84” di Bruno e Daria Ferra-ri, fondato nel 1985. ●ViaValsecchi 5, Lecco; =0341489103, fax 0341 258438;coperti 25. ●Parcheggio suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie 1-10 gennaio eagosto; giorno di chiusuralunedì, martedì e a mezzo-giorno (tranne i festivi).●Valutazione 8; prezzo €

80,00; elegante.

Le vivande servite: bru-schetta di salmone biologicodelle Shetland alla fiamma;nasello in due marinaturesecche con nocciole, mirtillirossi passi, germogli freschi,

un sorso di vodka; filetti dirombo con farina nera, frulla-to di piselli bolliti, croccantidi pane al pomodoro, latte alcurry; straccetti alla curcumacon astice del Mediterraneo,pomodoro, maggiorana, gin-ger; capesante con asparagisaltati al beurre d’Echiré,mandorle glassate alla can-nella e demi-glace all’orienta-le; filetti di triglie di scoglio,anime di cipollotti di Tropea,gel al mandarino, carbone diolive nere; cremino di cioc-colato fondente e caramello,pompelmo rosa, cocco, pi-stacchi.

I vini in tavola: ProseccoColli Trevigiani Igt 2007 (Co-stadilà); Fermentino ligureCaporosso 2007 (TenutaGiuncheo); Brut Rosé Bandut2008 Manzano (G. Colutta);Moscato rosa Trentino Doc2008 (Zeni).

Commenti La famiglia Fer-rari conferma la professiona-lità nella preparazione deipiatti a base di pesce di ma-re, la qualità nella scelta dellematerie prime, la signorilitàdel servizio e la gradevolezzadell’ambiente. L’alta valuta-zione raggiunta premia il gio-vane chef Fabrizio, che tra-scorrerà le vacanze estive la-vorando a Copenaghen da

COLAZIONE, PRANZO E CENANorma fondamentale è di mettersi a tavola con animo sgombro.Non c’è cucina per chi ha fretta. Quando sento dire: “Ci rechere-mo in quel locale, mangeremo un boccone e poi ci metteremo a fa-re la tale o la tal’altra cosa” mi si chiude lo stomaco. Mangiare èmangiare e se non si dispone del tempo che occorre, meglio nonparlarne. In tempi sconsacrati di misture e contro natura, allorchévedi accoppiati diavolo e acquasanta, capita invece ogni giorno disentire proposte del genere. C’è persino chi invita ad una colazio-ne, o ad un pranzo, “di lavoro”. Non è affar mio: o cena o lavoro,o tavola o tavolino. Ma quando mi siedo a tavola dev’esser messacantata. Già m’infastidisce la parola stessa di colazione adoperataa codesto modo. In ogni altro campo la nostra lingua pare che nonbasti più e s’inventano voci nuove e si ricorre a modi stranieri. Colmangiare, invece, dovremmo restringere il vocabolario eliminando-ne le parole più autentiche e più grate. Che colazione e colazione?“Prima colazione”, “seconda colazione”. La colazione, da noi, è ilcaffellatte dei ragazzi, per gli adulti c’è il pranzo e la cena. Il pran-zo leggero, magari, da non doversi fermare troppo, mai in frettaperò, ché siamo sempre a tavola! La cena, con tutto l’agio. Un’ora,due, e sempre seduti a tavola, fra discorsi congeniali, col fiasco chegira regolarmente da un commensale all’altro. (Luigi Volpicelli, da“Oste della malora”)

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

René Redzepi, uno dei mae-stri della cucina nel mondo,con l’obiettivo di carpirnequalche utile insegnamento.Tutti i piatti presentati sonostati apprezzati dai presenti,con il plauso per i filetti dirombo, le capesante e le tri-glie. Discreto abbinamentocibi-vini, buoni il servizio e ilrapporto qualità/prezzo.

MILANO BRERA6 maggio 2010

Ristorante “Da Berti” di En-richetta Colombi e Gigi Rota,fondao nel 1866. ●Via Alga-rotti, 20, Milano; =026694627; coperti 20. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferieagosto e Natale; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione 7,50; prezzo €

65,00; confortevole e infor-male.

Le vivande servite: aperiti-vo con scaglie di formaggiograna, polpette; antipasti connervetti prezzemolati, affet-tato caldo di testina e lingua,salse; risotto con asparagi;gnocchi alla crema di zuccacon pancetta e uva sultanina;stinco di vitello “alla Berti”con patate al forno e spinacigratinati; fragole con gelato;caffè e digestivi.

I vini in tavola: Proseccodi Valdobbiadene Doc; Lu-gana Doc Pinot nero dell’Al-to Mincio.

Commenti: Il SimposiarcaMaurizio Quatrini, con la col-laborazione di brillanti Acca-demici e Accademiche, haorganizzato la cena nella trat-toria “Da Berti” aperta nel1866 dietro la Stazione cen-trale, nel terreno del vicinoconvento delle abbadesse,che nel tempo ha mantenutole caratteristiche e le preziosetestimonianze del periodoaustroungarico delle origini eperciò è riconosciuta tra i lo-cali storici d’Italia (sono me-no di 200!). Il menu della se-rata è stato concordato con ildirettore rispettando la tradi-zione milanese e le disponi-bilità stagionali. Le varie por-tate, servite da un personaleattento e discreto, sono stateaccolte con commenti positi-vi, in particolare la salsa ver-de e il risotto con gli aspara-gi, ben riuscito con parereunanime. A fine della ap-

prezzata serata, cui hannopartecipato numerosi ospiti,il Delegato ha sottolineato lecaratteristiche del locale ecommentato con lo chef (dapochi mesi nella cucina) al-cuni dei piatti serviti e quin-di, con il plauso di tutti icommensali, ha consegnatoal direttore Alicante il piattodell’Accademia come ricono-scimento per le qualità e iltono del locale.

BOLZANO20 maggio 2010

Ristorante “Vineria Para-deis” di Alois Lageder, fonda-to nel 2009. ●Piazza S. Gel-trude 5, Magrè (Bolzano);=0471 809580, fax 0471809585; coperti 40+20.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazione nonnecessaria; ferie mai; giornodi chiusura domenica. ●Va-lutazione 7,40; prezzo €

51,00; elegante, accogliente.

Le vivande servite: flan diverdure; canederlo di farinasaracena su porri; orzottocon asparagi bianchi e verdi;sella di vitello con crosta dipomodoro e verdure; torta alrabarbaro con gelato di Mo-scato e lamponi.

I vini in tavola: VogelmaierMoscato giallo 2008, HaberlePinot bianco 2008, Tannham-mer Chardonnay Sauvignon2006, Löwengang Cabernet2005, Rosenmuskateller Mo-scato rosa 2007 (tutti i vinisono della Cantina Alois La-geder).

Commenti: Il “Paradeis” è lavineria della Cantina AloisLageder, ricavata dalla ristrut-turazione accurata ed elegan-te di una antica residenza pa-dronale, dove si possono de-gustare e acquistare vini an-che di produttori selezionatida Italia, Francia e altri Paesi.Oltre alla degustazione deivini è possibile quella deipiatti preparati dal giovanechef Josef Affenzeller. Tutto ilmenu è stato improntato sul-

la cucina stagionale del terri-torio. Durante la cena i vinisono stati descritti con pas-sione dal produttore AloisLageder. Delicatissimo il flandi cavolfiore servito con insa-latina di crescione, morbida egustosa la sella di vitello pro-fumata dalla crosta di pomo-doro, molto apprezzato ildolce. Una menzione parti-colare merita l’eccellente Ca-bernet Löwengang 2005.

BRESSANONE26 maggio 2010

Ristorante “Brigitte’s Burg-schenke” della famigliaGschnitzer, fondato nel1997. ●Pruno 13, Campo diTrens (Bolzano); =0472767384, fax 0472 766065;coperti 30. ●Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliata; ferie gennaio e secon-da metà di luglio; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8,10; prezzo € 35,00;tradizionale, rustico.

Le vivande servite: salutidella cucina (speck e ka-minwurzen locali affettati);schlutzkrapfen (ravioli ripienidi spinaci) al burro fuso; tor-telloni ripieni di selvagginacon marmellata di mirtilli; gu-lasch di cervo con canederli;sterzinger krapfen.

I vini in tavola: Pinot bian-co 2009 (Plattenriegel Gir-lan); Lagrein Doc 2009 (MuriGries).

Commenti: Di posti comequesto ne esistono sempre dimeno, per cui grande è statala gratitudine dei commensalinei confronti del SimposiarcaRapuano, che è andato a sco-vare una delle ultime autenti-che “Burgschenken”, rustichetrattorie caratterizzate da unacarta limitata e tradizionale eda materie prime eccellenti,spesso (come in questo caso)provenienti “dal giardino dicasa”. In un’antica cantinariadattata, con le volte delsoffitto nere per l’affumicatu-ra dello speck, gli Accademi-ci hanno gustato degli sch-lutzkrapfen morbidi e al den-te allo stesso tempo, deliziosie aromatici, con la pasta sa-pientemente tirata al giustospessore per sciogliersi inbocca; poi favolosi tortelloni,in miracoloso equilibrio tra ilsapido del ripieno e il dolcedella marmellata, che hanno

raggiunto all’unanimità ilmassimo punteggio; batta-gliero e speziato il gulasch;infine una porzione di para-diso con i sublimi krapfen,meravigliosamente ripieni dipapavero, fritti in manierasoave e incredibilmenteasciutti e leggeri. Una cenaimprontata ai piatti più sem-plici e tradizionali, caratteriz-zata da ingredienti tutti pro-venienti dagli immediati din-torni e da mano sicura in cu-cina. Il punteggio molto altoraggiunto è frutto anche del-l’incredibile rapporto tra qua-lità e prezzo, sempre più raroe per questo oltremodo ap-prezzato.

MERANO8 giugno 2010

Ristorante “Oberraindlhof”della famiglia Raffeiner, fon-dato nel 1995. ●FrazioneMadonna 49, Senales (Bolza-no); =0473 679131, fax0473 679311; coperti 50.●Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie variabili; giornodi chiusura mercoledì. ●Va-lutazione 7,80; prezzo €

55,00; tradizionale, caratte-ristico.

Le vivande servite: duettodi speck di maiale e di agnel-lo; vellutata di ravanelli congnocco di crescione; mezze-lune ripiene di asparagi bian-chi e verdi; tortino di formag-gio grigio; coscio d’agnellocon polenta integrale e ver-dure; duetto di lacrima di yo-ghurt e semifreddo di fior disambuco.

I vini in tavola: Silvaner2008 (Manni Noessing, Bres-sanone); Gewürztraminer2009 (Cantina Termeno); Pi-not nero riserva 2004 (Got-tardi, Ora); Essenzia 2006(Pojer e Sandri Faedo).

Commenti: Il giorno primadelle riunione convivialecrolla, sotto il peso di un ca-mion, il ponticello che portaa questo maso in Val Senale.Ma nulla ferma gli Accademi-ci: passando a piedi su unponte provvisorio siamo salitial locale, come al solito ac-colti con tutti gli onori dallafamiglia Raffeiner che ci hafatto assaggiare subito il suoottimo speck di maiale e diagnello. Dopo il saluto dibenvenuto al nuovo Accade-

mico David Ockl è iniziata lacena. La zuppetta di ravanelliera una interessante novità.Ma anche il tortino di formag-gio grigio, splendido prodot-to delle nostre malghe, ha in-contrato il favore dei com-mensali. All’“Oberraindlhof”non può mancare l’agnello.Questa volta un’ottima cosciacon polenta. Accattivante ilsemifreddo di fiori di sambu-co. In finale abbiamo presen-tato alla famiglia Raffeiner lanuova guida “Le buone tavo-le della tradizione”. Sicura-mente la cena servita ci haconfortati nel giudizio sullavitalità dell’inserimento dellocale in questa guida.

TREVISO12 maggio 2010

Ristorante “Le Calandrine”di Giovanneo Contessotto,Liliana Antonioli e RemoSpricico. ●Via Cavalieri diVittorio Veneto 22, Cimadol-mo (Treviso); =0422748010; coperti 280. ●Par-cheggio custodito, sufficien-te; prenotazione necessaria;ferie due settimane a gen-naio e a Ferragosto; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione 6,50; prezzo € 45,00;elegante, caratteristico.

Le vivande servite: stuzzic-chini da aperitivo; filetto dibaccalà dissalato su guazzet-to di luppolo, asparagi e pe-sto di crescione; risotto diasparagi di Cimadolmo; coni-glio arrosto, contorni di sta-gione; sorbetto al limone;crostata di fragole.

I vini in tavola: Proseccodi Valdobbiadene Docg ex-tra dry Dei Casel, Adami,Colbertaldo (Treviso); Incro-cio Manzoni Igt Veneto2009, Cantina Campodipie-tra (Treviso); Carmenère Pia-ve Doc 2009, Azienda agri-cola Cecchetto Giorgio, Tez-ze di Piave (Treviso); Fiord’Arancio Doc 2008, Azien-da agricola Conte Emo Ca-podilista, Selvazzano Dentro(Padova); Raboso Passito Igt

VENETO

TRENTINO - ALTO ADIGE

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

VENETO segue

Veneto 2007, Tenuta Bonot-to Delle Tezze, Tezze di Pia-ve (Treviso).

Commenti: Colori e sapori.Decisamente appropriato il ti-tolo dato dal Simposiarca Al-berto Conean alla cena segui-ta alla visita a Palazzo Sarci-nelli della mostra del Cima.Ma è bastato entrare nell’ac-cogliente salone della cena,concordata con lo chef LuigiBarbiero, per ritrovare, congli stuzzichini dell’aperitivo eun calice di Prosecco, la veraatmosfera di colori e saporidella Terra del Cima. Ad ac-cendere i commenti tra icommensali l’originalità del-l’antipasto (filetto di baccalàdissalato) insaporito da odorie verdurine di stagione(guazzetto di luppolo e aspa-ragi con pesto di crescione),ancora asparagi (non proprioperfetti a causa del protrarsidel maltempo). Perfetto inve-ce il coniglio arrosto, piatto ti-pico della zona, bene accom-pagnato da patate novelle alforno e insalatina di stagione.Infine un fresco sorbetto al li-mone a preparare il palato al-la crostata di fragole, che hasollevato qualche perplessitàper la copertura di crema cheha un po’ soffocato la frescadolcezza della frutta. Un po’in altalena il giudizio sui vini:forse troppi in rapporto alleportate. Brevi ma incisivi gliinterventi della Delegata che,ricordati i prossimi appunta-menti, ha sollecitato gli Acca-demici alla frequenza delleriunioni conviviali e a unmaggiore contributo di idee edi impegno. A concludere laserata, come di consueto, laconsegna ai titolari del gui-doncino dell’Accademia conle firme di tutti i commensali.

TREVISOALTA MARCA

28 maggio 2010

Ristorante “Al Pioppeto” diSergio Dussin, fondato nel1988. ●Via San GregorioBarbarigo 13, Romano d’Ez-zelino (Vicenza); =0424570502, fax 0424 570733;coperti 180. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferieprime due settimane di ago-sto; giorno di chiusura mar-tedì. ●Valutazione non effet-tuata perché fuori territorio;prezzo € 40,00; elegante,tradizionale.

Le vivande servite: asparagibianchi fritti; frittatine conasparagi; salatini di sfogliacon asparagi; tartelle conasparagi; tosella padellatacon asparagi alla griglia; ri-sotto con asparagi bianchi diBassano Dop mantecato congrana padano; uova e aspa-ragi bianchi Dop alla bassa-nese; delizia dolce alle frago-le, ciliegie di Marostica; pic-cola pasticceria dolce.

I vini in tavola: Proseccobrut 2009 (Azienda agricolaAndreola); Gambellara classi-co 2008 (Azienda agricola Vi-gnato); Vespaiolo di Bregan-ze 2008 (Azienda agricolaContrà Soarda); Moscato SanGiorgio (Cantina Beato Bar-tolomeo).

Commenti: Riunione con-viviale monotematica, impo-stata sull’asparago, forte-mente voluta per completareun ciclo di conoscenza suquesto prodotto che nel Tre-vigiano ha un ruolo impor-tante nel comparto agroali-mentare. Si è perciò pianifi-cata una incursione nel terri-torio della Delegazione diVicenza per poter conoscerein modo ravvicinato quellobianco di Bassano accredita-to di Dop. Per l’occasione èstato invitato l’Accademicodi Vicenza GiandomenicoCortese, giornalista e presi-dente della neo costituitaConfraternita dell’asparagobianco di Bassano. Corteseha ripercorso la storia diquesta cultivar che risale inzona al 1200 e a ridosso delfiume Brenta ha trovato l’hu-mus perfetto per garantire lasapidità giusta e quel parti-colare gusto che la rende in-confondibile. Nel suo inte-ressante intervento ha poi ri-cordato come anche nellaletteratura vi siano frequentiriferimenti a questo ortaggioapprezzato sulle tavole dinobili, re e papi. Il menu,concordato con il titolare, hamesso in evidenza l’esalta-zione dell’asparago attraver-so piatti tipici come il risottoe gli asparagi lessi conditi ininsalata con l’uovo. I vini so-no stati tutti ben accostati.Particolarmente apprezzatoè stato il Vespaiolo, vino ti-pico della zona di Breganze.Il gagliardetto della Delega-zione, consegnato alla briga-ta di cucina, ha voluto rap-presentare l’apprezzamentoaccademico.

GORIZIA15 marzo 2010

Ristorante “Locanda OsteriaBorgo Colmello” della fami-glia Tedesco, fondato nel1998. ●Strada della Grotta8, Farra d’Isonzo (Gorizia);=0481 889013, fax 0481889810; coperti 50+50.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie variabili. ●Valutazione7; prezzo € 45,00; tradizio-nale, familiare, accogliente,caratteristico.

Le vivande servite: salamecon pinza pasquale; prosciut-to cotto con cren; “toc inbraide”; minestra di fagioli;stinco di maiale arrosto conpatate in “tecia”; cotechinocon “brovada” di rape bian-che; strudel di mele.

I vini in tavola: Menj blanc,uvaggio bianco di Tocai, Sau-vignon e Chardonnay, Menjneri, uvaggio rosso di Merlote Cabernet Sauvignon (am-bedue di Tenuta Villanova).

Commenti: Il locale nascealla fine degli anni Novantadello scorso secolo, con la ri-strutturazione di un anticoborgo rurale nel comune diFarra d’Isonzo. La locanda ècollegata al Museo della ci-viltà contadina, che può es-sere visitato. Gli insaccati so-no prodotti direttamente dalsig. Tedesco che sovrintendesia l’allevamento dei maialisia la macellazione e la suc-cessiva lavorazione delle car-ni attraverso il norcino Toros

di Cormons. I salami noncontengono aglio, e i cote-chini vengono prodotti te-nendo in considerazione igusti attuali, con un ridottocontenuto di grasso. La “bro-vada” viene anch’essa pro-dotta in casa con la macera-zione della rape nelle vinac-ce di uve Malvasia.

MUGGIACAPODISTRIA26 marzo 2010

Ristorante “Taverna Cigui”della famiglia Cigui, fondatonel 1980. ●Via Colarich 92,località Santa Barbara,Muggia (Trieste); =040273363, fax 040 927224;coperti 80+150. ●Parcheggioincustodito; ●Valutazione 8;prezzo € 60,00; rustico dicampagna.

Le vivande servite: frittomisto dell’ultimo orto di in-verno; filetto di maiale supolentina con verze al tega-me; minestra di fagioli congranturco giovane (bobici);porchetta al forno; puntinedi maiale in agrodolce, pata-te campagnole; radicchioselvatico con i ciccioli; meleal forno.

Birre artigianali: Borin, Bo-ra chiara, Bora scura, Neve-rin e Capriccio di Bacco del-l’Azienda Campagnolo, diMuggia, località Rio Ospo.

Commenti: Serata piacevolededicata alla Giornata dellacultura, vissuta, in un climadi grande familiarità, in unambiente piacevole e cordia-le. Buono il menu rustico dicampagna che ben si accom-pagnava alla birra, che era iltema conduttore della serata.Molto apprezzata la porchet-ta al forno, così come gli altripiatti. È seguita una breveconversazione per illustrare

la storia della birra. Successi-vamente si è avuta un’illu-strazione da parte dei birraisui metodi e sui prodotti usa-ti per la produzione della bir-ra. Numerosi gli ospiti, tra cuil’assessore comunale per ilTurismo, lo sport e la culturadel Comune di Muggia,dott.ssa Roberta Tarlao, e ilCoordinatore territoriale Ren-zo Mattioni, che insieme alDelegato Dario Samer hapresentato agli Accademici laguida “Le buone tavole dellatradizione”.

PORDENONE24 aprile 2010

Ristorante “Alla Fontaniva”di Caterina e Alessandra Pi-lot. ●Via Sacile 32, Polcenigo(Pordenone); =0434 74314;coperti 100+100. ●Parcheg-gio comodo; prenotazioneconsigliabile; ferie 3 settima-ne a gennaio; giorno dichiusura lunedì e martedì.●Valutazione 7,50; prezzo €47,00; tradizionale, caratte-ristico.

Le vivande servite: frittatacon le pratoline, frittata degliangeli, lardo di cinta seneseby Toni, salame nostrano; uo-va di galline ruspanti e aspa-ragi verdi, bianchi e “rusc”,all’extra vergine di taggiasca;risotto al grisol e bruscandoli;agnello da latte con patate alforno e misticanza di prima-vera; torta pere e cioccolato;crostata alle fragole.

I vini in tavola: Foss MaraiMillesimato; Tocai Pittaro;Cabernet Zorzettig; MoscatoSaracco.

Commenti: Anticipata di ungiorno la tradizionale “me-renda sui prati” pordenoneseper la ricorrenza di San Mar-co. Adriano Moruzzi e Anto-nia Saccomani hanno scelto

FRIULI - VENEZIA GIULIA

La pasta anticolesteroloÈ nata una speciale pasta che protegge il cuore, a base di betaglu-cano, prodotta da un pastificio pugliese. La fibra solubile aiuta aridurre il colesterolo e rallenta l’assorbimento dei carboidrati.

(da “Leggo”)

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

con oculatezza il locale, conun ampio parco per rispettareil rituale della festa, provvistodi veranda coperta, per even-tuale inclemenza del tempo,sala luminosa per il serviziodel pranzo dopo la merenda.Riuscitissimo il “déjeuner surl’herbe” con le ottime frittate,testimoni dell’usanza popola-re, e i salumi artigianali di altaqualità; da decantare, in pri-mis, il lardo salato scovato daPippo Aulenti nelle cantine diToni Favret, allevatore amato-riale di maiali di razza. Ap-prezzati gli asparagi, soprat-tutto quelli selvatici. Risottocon le erbe ben condito, conqualche appunto sulla mante-catura. L’agnello, un po’ bro-dettato, non ha ricevuto una-nimi consensi. Commenti in-vece favorevolissimi per idolci che hanno concluso ilconvivio, con particolaremenzione per la torta con pe-re e cioccolato. Buoni i vinidella casa, di produttori noti,ben abbinati alle pietanze.Servizio soddisfacente. Meri-tato, dunque, il buon votoche gli Accademici hanno as-segnato.

BORGO VAL DI TARO8 maggio 2010

Ristorante “Il Convento” diSalvo srl, fondato nel 2009.●Via Frate Gherardo 11, Fi-denza (Parma); =0524202362; coperti 50. ●Par-cheggio scomodo; prenota-zione consigliabile; giornodi chiusura martedì. ●Valu-tazione 7,50; prezzo €

40,00; elegante.

Le vivande servite: assaggidi gamberi in salsa marinara,carpaccio di pesce spada, ton-no e salmone, capesante gri-gliate, insalata calda di polpoe cozze impepate; carbonaradi pesce; paccheri ai frutti dimare (all’Ortigia); ricciola alforno; cassatina siciliana e tor-ta al cioccolato (don Camillo).

I vini in tavola: Prosecco;Espressione Chardonnay del-la cantina.

Commenti: La riunione con-viviale, fuori distretto, ha fe-steggiato l’Accademico Besa-gni, nella sua città, Fidenza,per i brillanti successi ottenu-ti nella sua attività e per l’im-pegno sempre mostrato al-l’interno della Delegazione. Ilmenu a base di pesce ha ri-scontrato vivo apprezzamen-to. Una cucina raffinata i cuipiatti riportano alla ribalta latradizione siciliana. Pregevolie delicati nel sapore gli anti-pasti, apprezzate le capesan-te grigliate su letto d’erbette ei gamberi in salsa curry. Lacarbonara di pesce, attesaper l’originalità, è stata dagliAccademici gustata e premia-ta con una valutazione eccel-lente per il delicato abbina-mento. Curati nella presenta-zione i paccheri ai frutti dimare e prelibata la ricciolaper qualità e sapore. Graditi idolci, delicati e sopraffini, nel-la tradizione siciliana, a chiu-sura di una piacevole riunio-ne conviviale. Ottimi la sceltadei vini e il servizio. Simpo-siarca della serata Pier Gio-vanni Bracchi che ha intratte-nuto i commensali sul temafunghi e tartufi nell’Appenni-no parmense, oggetto delprossimo incontro. Ottimo ilrapporto qualità/prezzo.

CARPI-CORREGGIOaprile 2010

Ristorante dell’agriturismo“Ca’ dell’Alto”. ●StradelloFortunata 13, Carpi (Mode-na); =334 6460036; coperti30. ●Parcheggio comodo;prenotazione obbligatoria.●Valutazione 7,25; prezzo €30,00.

Le vivande servite: polenti-na fritta prosciutto e farinata;risotto con asparagi di cam-po; porco sauro con patate alforno; torta di riso e semi-freddo al cioccolato.

I vini in tavola: LambruscoSalamino di Santa Croce; Pas-sito Albana di Romagna.

Commenti: Questo locale èanomalo sia come trattoriache come agriturismo. Il tito-lare, Paltrinieri, dopo aver gi-rovagato per il mondo è rien-trato nei poderi di famiglia esi è inventato, avendo la pas-sione della cucina, questosimpatico e accogliente loca-le. In cucina fa tutto lui e ilmenu varia secondo i suoi

umori e secondo la stagiona-lità dei prodotti. Il punteggioricevuto non è stato altissimoperché ha avuto un proble-ma con il porco sauro, che èrisultato un po’ troppo cotto,però giustificato dal fatto cheeravamo in tanti. Il giudiziofinale è assolutamente positi-vo. La riunione convivialeinoltre è stata resa molto pia-cevole dalla relazione tenutadall’Accademica Paola Moli-nari che ci ha intrattenuti sultema “Afrodite e Dioniso, ov-vero bellezza e cibo”.

CENTOCITTÀ DEL GUERCINO

23 maggio 2010

Ristorante “Gotha” di Gilber-to Albertazzi, fondato nel1992. ●Via Galliera 92, Fu-no di Argelato (Bologna);=051 864070, anche fax;coperti 100. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie ultime tre set-timane di agosto, da Nataleall’Epifania; giorno di chiu-sura domenica. ●Valutazio-ne 7,45; prezzo € 43,00;raffinato, elegante.

Le vivande servite: carpac-cio di vitello, strudel con ri-pieno di caprino; macche-roncini all’uovo con bresao-la e zucchine trifolate; raviolidi asparagi con crema diaceto balsamico; petto di fa-raona con mousse di ricottae fiori di zucca; mousse dimascarpone e fragole; cremacatalana.

I vini in tavola: Equipe 5brut riserva sboccatura 2009(Cantina di Soave); Pinotbianco Doc 2008 (Bortolus-so); Montirosso 2008 (Bepinde Eto); Dindarello 2009(Maculan).

Commenti: Il locale, moder-no ed elegante, ha fatto dacornice alla riunione convi-viale di primavera che il Sim-posiarca Gabriele Tieghi hapreparato con cura e impe-gno accademici. Buona lascelta delle vivande. I miglioriconsensi sono andati al pettodi faraona e al dessert: la cre-ma catalana ha avuto richiestedi bis: appropriata e di ottimolivello la scelta dei vini. Pec-cato, qualche osservazionesulla cortesia del servizio. Inapertura del convivio il prof.Renzo Zagnoni, esperto ap-passionato di storia e tradizio-

ni popolari, ha tenuto un’inte-ressante, agile e sapiente con-versazione avente per tema“La cucina e i mangiari deigiorni delle feste religiose”.Gli Accademici e i numerosiospiti hanno seguito con inte-resse e coinvolgimento la bril-lante esposizione.

CESENA18 aprile 2010

Ristorante “Uliassi” di MauroUliassi. ●Via Banchina diLevante 6, Senigallia (Anco-na); =071 65463; coperti80. ●Prenotazione necessa-ria; giorno di chiusura lu-nedì e martedì. ●Raffinato,accogliente.

Le vivande servite: gambe-ro rosso, gelatina di scalognoe pinoli freschi; tagliatella diseppia e pesto di alghe nori;fondente di patate mazzan-colle e tartufo nero; albanel-la di molluschi e crostacei;spaghetti affumicati, vongolee pendolini alla griglia; ranapescatrice, patate murici esugo di piccione; meringa diananas, sorbetto di fragola;tiramisu; petit-four: bombo-loni alla crema, crema catala-na e crumble.

I vini in tavola: MaisonVergnes Carte Noire Blan-quette de Limoux; SantaBarbara Le Vaglie 2008 Ver-dicchio dei Castelli di Iesi;Les Clos de Paulilles Rimage2005 Banyuls.

Commenti: La giornata èiniziata con una interessantevisita guidata alla città di An-cona per poi proseguire a Se-nigallia nello splendido loca-le in riva al mare del ristoran-te “Uliassi”. La riunione con-viviale, ottimamente organiz-zata dalla Simposiarca AriellaSeveri Zani, si è svolta in unasala riservata del ristorantecon la presenza del Delegatodi Ancona Mauro Magagnini.Lo chef Uliassi ha accolto gliAccademici con degli squisitiloacher di fegato grasso dianitra e nocciole, sua specia-lità. Eccellenti tutti i piattisuccessivi, che hanno datomodo di apprezzare la creati-vità e le grandi qualità dellasua cucina. Difficile sceglie-re, ma vale la pena di segna-lare la delicatezza del gam-bero rosso, e la piacevolezzadella tagliatella di seppia e al-ga nori. Difficile dimenticare

l’intenso profumo che fuoriu-sciva dall’albanella di mollu-schi e crostacei e particolar-mente gustosi gli spaghettiaffumicati con vongole ependolini. Lo chef Uliassinon si è poi sottratto alle nu-merose domande e si è in-trattenuto con noi a lungodopo il pranzo, spiegandocialcuni piccoli segreti dellasua cucina e guidandoci an-che in una visita della sua at-trezzatissima cucina. Meritatii lunghi applausi per lui e lasua brigata.

FAENZA13 maggio 2010

Ristorante “La Pavona”.●Via Santa Lucia 45, Faen-za (Ravenna); =054631075; coperti 100 (in estate150). ●Parcheggio comodo,privato, incustodito; preno-tazione consigliabile; giornodi chiusura martedì. ●Valu-tazione 7; prezzo € 35,00.

Le vivande servite: crostinocon fegatini e frittatina constridoli; “inganna purèt” consugo di pomodoro, scalognoe olio a crudo; coniglio allacacciatora con patate a toc-chetti; tortino allo zabaione efragole.

I vini in tavola: Pagadebit(Azienda Balducci); Sangiove-se di Romagna vigneto di Pru-gneto (Poderi dal Nespoli).

Commenti: La piacevolissi-ma riunione conviviale, mol-to ben organizzata dall’Acca-demico Danilo Tozzi, avevail seguente tema: “Mangiareper vivere o vivere per man-giare?”, sul quale si è ampia-mente dibattuto grazie al re-latore, l’ospite dott.ssa Shir-ley Ehrlich, medico speciali-sta in scienze dell’alimenta-zione. Fra una portata e l’al-tra gli Accademici faentinihanno approfondito le tema-tiche relative all’odierna ali-mentazione e agli stili e abi-tudini alimentari dei nostrigiorni. Tra i piatti più apprez-zati, sicuramente il coniglioalla cacciatora, mentre vivointeresse hanno destato gli“inganna purèt”, letteralmen-te “inganna poveretti”, piattoriscoperto della tradizionefaentina, ovvero sorta di cap-pelletti privi del ripieno. Pro-posta dei vini soddisfacente.Locale molto piacevole e ser-vizio attento e cordiale.

EMILIA ROMAGNA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

FORLÌ28 maggio 2010

Ristorante “Magnolia” di Al-berto Faccani, fondato nel2003. ●Via Trento 31, Cese-natico (Forlì-Cesena); =054781598, anche fax; coperti 70.●Parcheggio nelle strade cir-costanti; chiusura a mezzo-giorno tranne domenica e fe-stivi. ●Valutazione 8,70;prezzo € 60,00; cucinacreativa.

Le vivande servite: seppiain porchetta con peperoni emosto di uva cotto; trippettedi baccalà alla parmigiana inversione estiva; strozzapreticon alici, crema di melanza-ne affumicate e pane fritto;rombo alla griglia in chiavemoderna; gelo di ananas espuma di yogurt; panna efragole; piccola pasticceria;caffè.

I vini in tavola: Cremant deBourgogne rosé; Terlaner2008 Cantina di Terlano; Cur-tefranca bianco 2008 Bellavi-sta; Moscato d’Asti Saracco.

Commenti: Splendida seratanel bel locale di Alberto Fac-cani, uno chef romagnologiovanissimo ma già ai verticidella ristorazione italiana, cheha mostrato tutte le sue capa-cità di offrire una cucina mo-derna, fantasiosa e persona-lizzata. Tutti i piatti, originalis-simi e ottimamente presentati,hanno riscosso unanime ap-provazione e gradimento: ilpiù votato è risultato comun-

que il rombo alla griglia inchiave moderna. Veramentedi classe superiore il servizio.Al termine il Delegato Edgar-do Zagnoli, che era Simpo-siarca della serata, ha conse-gnato ad Alberto Faccani, cheha illustrato agli Accademicila sua idea di cucina e comeriesce a procurarsi prodottioriginali e freschissimi, il piat-to dell’Accademia. Ottimo ilrapporto qualità/prezzo.

IMOLA14 maggio 2010

Ristorante “Anonima For-nelli” di Antonello Giorgi eC. snc, fondato nel 2009.●Via Emilia 38, Imola (Bolo-gna); =0542 24755; coperti40+10. ●Parcheggio suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie dal 2 al 22agosto; giorno di chiusuradomenica e sabato a mezzo-giorno. ●Valutazione 8;prezzo € 30,00; elegante.

Le vivande servite: stuzzi-cheria e aperitivo; raviolo al-la carbonara; coniglio alleprugne e senape; cassata allasiciliana nel bicchiere; caffè eliquori.

I vini in tavola: Vigna Roc-ca, Albana 2008 Docg(Azienda agricola Tre Montisrl); Le Poesie, Soave 2009Doc (Azienda agricola Canti-na Soave); Rosso Piceno,Laurentina Doc 2006 (Azien-da agricola Laurentiana-Mon-tecarotto); Passito Ambrosia,Albana 2006 Docg Colli di

Imola (Azienda agricola S.Biagio Vecchio).

Commenti: Il ristorante èubicato nel centro di Imola:si entra in un locale che fun-ge anche da enoteca, poi siscende nella cantina dove èstata ricavata la sala (40-50posti). Il Delegato ha apertola riunione conviviale infor-mando gli Accademici diaver scelto un menu limitato,con un primo piatto abba-stanza inconsueto: il ravioloalla carbonara, un delicatoconnubio tra innovazione etradizione, che ha suscitato ifavorevoli consensi dei com-mensali. Ottimi anche il coni-glio e il dessert. Unico detta-glio non positivo la rumoro-sità assordante della sala, cheha limitato la conversazionedei numerosi Accademicipresenti. Al termine il Dele-gato ha invitato il titolare An-tonello Giorgi e la cuoca Ele-na Buscaroli per un meritatis-simo applauso.

IMOLA28 maggio 2010

Ristorante “Trattoria Fita” diFase due sas di Sergio Senti-menti & C., fondato nel 1990.●Via Roma 3, Borgo Tossi-gnano (Bologna); =054291183, anche fax; coperti40+50. ●Parcheggio incusto-dito; prenotazione consiglia-bile; ferie 10 agosto-20 set-tembre; giorno di chiusuradomenica e sabato a mezzo-giorno. ●Valutazione 7,61;prezzo € 30,00; accogliente.

Le vivande servite: polentagratinata con spugnole; ra-dicchio di campo con golettacroccante; tagliatelle al ragùd’oca; risotto all’ortica; tene-rissima di manzo, olio, salegrosso e brace; contorni mistial forno; torta di frutta; dolcidella casa; caffè e liquori.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene, Valdo ma-gnum Doc (Cuvée di Boy);Vigna Rocca, Albana Docg2008 (Azienda agricola TreMonti srl); Campaglione,Sangiovese Igt 2006 (Aziendaagricola Campiume-Raven-na); Passito Ambrosia, Alba-na Docg 2008 (Azienda agri-cola S. Biagio Vecchio).

Commenti: Il locale mantie-ne i tratti dell’antica trattoria,grande sala con camino, sul-le cui braci vengono arrostitele carni, e saletta adiacente(una trentina di posti). Difianco al bar, attraverso unascala, si arriva in una cantinatirata a lucido con le paretigià ricolme di bottiglie di vi-no di tutte le regioni d’Italia.Gli antipasti, i primi, il secon-do e i dessert ci hanno fattoriassaporare la cucina tradi-zionale romagnola, forse conun pizzico di sale di troppo.Il servizio si è dimostratoadeguato ed efficiente. Moltogradito il rapporto qualità/prezzo. La serata è stata allie-tata dalla presenza di moltiAccademici, che hanno mo-strato la loro soddisfazionecon un caloroso applauso al-la brigata di cucina e di sala,condotta dal titolare stesso.

PIACENZA21 maggio 2010

Ristorante “Enoteca San Ni-cola” di Miriam Meloni, Ma-risa Bionacina e DavideGatti, fondato nel 1985.●Contrada San Nicola 11,Sarturano di Agazzano(Piacenza); =0523 932355,fax 0523 963515; coperti 35.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie variabili;giorno di chiusura lunedì emartedì. ●Valutazione 7,25;prezzo € 60,00; tradiziona-le, accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: mante-cato di baccalà e patate consalsa di pomodoro fresco; fa-gottini ripieni di burrata conpomodori spadellati al basili-

co; tortino di risotto alle ver-dure con tomino aromaticofuso; coppa caramellata al vi-no rosso con prugne al mo-sto d’uva; filetto di conigliocon salsa al roquefort e po-lenta; misto di tre dolci.

I vini in tavola: Enrico Pri-mo (Torre Fornello); Riodel-tordo (La Tosa); Treponti(Villa Giada); Malvasia Passi-ta Narciso e Boccadoro (P.Gazzola).

Commenti: L’“Enoteca SanNicola” continua a essereuno dei ristoranti più accatti-vanti della provincia di Pia-cenza. Situato nel cuore an-tico di Bobbio, riesce ad ab-binare all’ambientazionesuggestiva e accogliente unacostante attenzione per laqualità della cucina, per lavalorizzazione della materiaprima del territorio, e perl’intelligente reinterpretazio-ne delle tradizioni locali, co-me dimostra, in particolare,l’eccellente coppa caramel-lata al vino rosso. Nello stes-so tempo, non manca unagiusta dose di curiosità perprodotti tipici di altre tradi-zioni, validamente associatia quelli nostrani: da qui unpiatto interessante come il fi-letto di coniglio con salsa alroquefort e polenta. La can-tina, ovviamente, è uno deipunti di forza del ristorante:per la cena sono stati sceltiin larga prevalenza vini pia-centini, ottimamente abbina-ti ai cibi.

RICCIONE E CATTOLICA

19 maggio 2010

Ristorante dell’agriturismo “IMuretti” di Ilia BianchiniVaro, fondato nel 1994.●Via Sarciano, 5, Monteco-lombo (Rimini); =0541985146, fax 0541 605885;coperti 40. ●Parcheggio cu-stodito; prenotazione neces-saria; ferie gennaio; giornodi chiusura lunedì e mar-tedì. ●Valutazione 7,30;prezzo € 30,00; accogliente.

Le vivande servite: trionfodel casaro; tortino caldo diraperonzoli; salumi di moraromagnola; cannellone allaboraggine; tagliatelle al ragùdi coltello; coniglio in por-chetta; agnello ai carciofi;crema vergine e luverie dei“Muretti”.

EMILIA ROMAGNA segue

L’Accademia ha fatto realizza-re un nuovo piatto in silverplate, in formato più grande edelegante, che reca inciso, sulfondo, il tempietto accademico,il tutto circondato da una co-rona di stelle traforate che in-tendono rappresentare l’uni-

versalità della nostra Accademia. Questo oggetto simbolicoè consigliato come omaggio da consegnare ai ristoratorivisitati che si siano dimostrati particolarmente meritevoli.Per ogni ulteriore notizia in merito e per le eventuali richie-ste i Delegati possono rivolgersi alla Segreteria di Milano([email protected]).

IL NUOVO PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

I vini in tavola: CabernetSauvignon; Cabernet Sauvi-gnon barricato.

Commenti: L’agriturismo sitrova nella valle del fiumeConca, immerso nel verde,ed è facilmente raggiungibi-le. Il locale offre una cucinadel territorio, preparata conmaterie prime in buona partedi propria produzione (olio,vino, ortaggi, frutta) e pre-stando molta attenzione al-l’accostamento dei vari ingre-dienti, in alcuni casi innovati-vo (come nel dessert rappre-sentato da crema abbinata al-l’olio di oliva), ma con oc-chio sempre alla tradizione.La riunione, svoltasi in unambiente molto accoglientee con la costante e appassio-nata partecipazione della si-gnora Ilia (coadiuvata in cu-cina dalla sorella Viviana eda Claudio Castellani), è statapiacevole e interessante. Par-ticolarmente apprezzati i gu-stosi antipasti, il cannellonealla borragine e il coniglio inporchetta.

RIMINI29 aprile 2010

Ristorante “Pizzeria DaQuinto” di Quinto Battistini,fondato nel 1993. ●Via San-tarcangiolese 4029, PoggioBerni (Rimini); =0541687917, anche fax; coperti140. ●Parcheggio sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie 1 settimana dopo lefeste natalizie e una alla finedi settembre; giorno di chiu-sura lunedì. ●Valutazione6,70; prezzo € 24,00; fami-liare.

Le vivande servite: taglia-telle con piselli; capretto alforno; maialino al forno; ra-dicchio, patate e gratè misto;gelati dell’Accademico Bru-no Ghigi ai gusti di nocciola,cioccolato, pinolo, mandor-lato.

I vini in tavola: Sangiove-se di Quinto; Albana di Ber-tinoro.

Commenti: Il titolare Quin-to Battistini è un ristoratoredi successo da circa 20 anni.La sua cucina è tipica roma-gnola e varia dalle classichetagliatelle alle lumache, allatrippa ecc., quindi soddisfacon piacevoli piatti chi desi-dera pietanze che difficil-

mente si trovano ancora neicomuni ristoranti. Gli Acca-demici hanno particolar-mente gradito le tagliatellecoi piselli, tipico piatto distagione, così come il ca-pretto e il maialino al forno.“Dulcis in fundo” il Simpo-siarca Bruno Ghigi ci ha fat-to assaggiare quattro tipi digelato da lui prodotti: dellevere leccornie. Successiva-mente ha parlato della suapassione, ossia come si pro-duce il gelato e la sua com-mercializzazione.

SALSOMAGGIORETERME

13 maggio 2010

Ristorante “Antica TavernaSan Rocco da Chicco” di En-rico Armenzoni, fondato nel1995. ●Via Ardola 5, Ardoladi Zibello (Parma); =052499578; coperti 60-80. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferieagosto; giorno di chiusuralunedì e martedì. ●Valuta-zione 7,30; prezzo € 40,00;rustico, accogliente.

Le vivande servite: antipa-sti crudi di salmone, pescespada, tonno, cernia, cape-sante, scampi, gamberi, ostri-che; antipasti cotti di filetto dicernia con patate e fagioli alvapore; calamari al vaporecon salsa di tonno; filetto dinasello o sogliola con salsadi zucchini o verdure miste;roast-beef di tonno; frittelledi scorfano e ostriche grati-nate; fritto misto; grigliata mi-sta di scorfano, sogliola, rom-bo, nasello; gratinati di cape-sante, scampi, cannolicchi,ostriche.

I vini in tavola: Bianco(Riesling) dell’Antica TavernaS. Rocco.

Commenti: Gli Accademici,guidati dal Delegato GinoDel Boca, hanno visitatol’“Antica Taverna S. Rocco daChicco”, noto locale nel cuo-re della Bassa, conosciuto peraver abbracciato la cucina dipesce di mare. Gli Accademi-ci hanno incontrato volentierii trionfi di pesce che il gesto-re Enrico Armenzoni ha pro-posto con caratteristica dovi-zia. Da anni questo ristorato-re si dedica alla cucina di pe-sce in modo tradizionale masempre con mano sicura, an-che quando affronta tavolate

numerose. Niente innovazio-ne, e, ai gusti del momento,concede solo le crudité nellaricca apertura degli antipastiche stemperano la loro viva-cità nella successione di crudie cotti. Tradizione che ha ac-compagnato tutto il convivioproseguito con il classico frit-to misto, leggero e non unto,la grigliata di scorfano, so-gliola, rombo, nasello, i gratindi capesante, scampi, canno-licchi, ostriche. In abbina-mento, invece della propostadi Champagne, un omaggioalla zona con un bianco diproduzione locale, piacevolee leggermente frizzante, eti-chettato Antica Taverna S.Rocco. Per finire carrello didolci e gelato.

APUANA25 marzo 2010

Ristorante “Zenzero 29” deifratelli Cargiolli, fondato nel2009. ●Viale Colombo 74,Marina di Carrara (MassaCarrara); =0585 633148,anche fax; coperti 36+40.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferienovembre; giorno di chiusu-ra lunedì. ●Valutazione7,37; prezzo € 42,00; ele-gante.

Le vivande servite: panza-nella toscana con polpo epecorino di fossa; trancio ditonno panato al mais, agrumie maionese; raviolo ripienodi patate con astice e limone;baccalà cotto a bassa tempe-ratura con peperoni olive ecapperi; semifreddo alla va-niglia con fragole caramella-te; piccola pasticceria.

I vini in tavola: Fantinelcuvée “Prestige”; Vermentinodella Maremma “Balbino”(Terenzi); Moscato d’Asti “Gi-lardino” (Contratto).

Commenti: Dopo la manife-stazione dello “Spino fiorito”grande successo ha avuto lamostra “I colori del gusto”che è stata inaugurata dalprefetto di Massa Carrara. Ot-

tima la cena e molto apprez-zato l’accurato servizio. Digrande rilievo il primo piatto,il raviolo, nella preparazionedel quale i giovani fratelliMatteo e Davide Cargiollihanno espresso il loro valo-re. Giudizio contrastato rela-tivamente al baccalà, comun-que ben apprezzato. Buonala selezione dei vini. Nelcomplesso una ottima serataconviviale, elegante e di ele-vata qualità.

AREZZO27 maggio 2010

Ristorante “L’Acquolina” diPaolo e Daniela Tizzanini,fondato nel 1998. ●Via SettePonti, Paterna (Arezzo);=055 977497; coperti120+60 esterni. ●Parcheggiocustodito; prenotazione con-sigliabile; ferie seconda metàdi gennaio; giorno di chiu-sura lunedì. ●Valutazione 8;prezzo € 45,00; tradiziona-le, caratteristico.

Le vivande servite: sforma-to di porri con fonduta diparmigiano e melanzane pri-mavera; risotto allo zafferanocon stuzzichini in fiore ementa; costine dei Medici; fa-raona all’uva e crema di pata-te; mattonella di cioccolatovenezuelano; crema di latteal rum.

I vini in tavola: Anni 2009Igt Toscana (Tenuta SettePonti); Poggio al Lupo 2006Igt Toscana (Azienda agricolaPoggio al Lupo).

Commenti: La riunioneconviviale è stata un’occasio-ne per festeggiare il trasferi-mento del locale nella nuovasede e la consegna del di-stintivo per i 35 anni di Acca-demia a Mario Sestini. Il si-gnor Paolo Tizzanini ha ma-nifestato il desiderio di ri-creare nel ristorante un’acco-glienza familiare. In terrazza,da dove si può ammirare unpanorama stupendo, è statoofferto un aperitivo con unfritto di verdure impareggia-bile a detta di tutti gli Acca-demici. Tutti i piatti che sonoseguiti a tavola sono stati de-gni di nota per il grandeequilibrio tra gli ingredienti.I dolci squisiti richiesti piùvolte dai più golosi. Seratapiacevole e piena di coloreconclusa in terrazza moltodopo la mezzanotte.

CHIANCIANO TERME12 maggio 2010

Ristorante “Castello di Fighi-ne” di Max Ulfein, fondatonel 2006. ●Castello di Fighi-ne, San Casciano Bagni(Siena); =0578 56158; co-perti 80. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione 7,45; prezzo € 50,00;raffinato, elegante.

Le vivande servite: aperitivodel castello: stuzzichini dellochef; coppa di vitello marina-ta con olio di zucca e lattughi-ne verdi; ravioli di ricotta epatate al burro marrone;guanciale di maiale brasatocon lenticchie e rafano; bom-boloncini di albicocca al for-no con crema alla vaniglia.

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene; Falanghina eNero di Troia, Azienda agri-cola Villa Schinosa, Puglia.

Commenti: In una zona in-contaminata della Toscana,tra Cetona e San Casciano Ba-gni, si trova il castello di Fi-ghine, borgo completamenteristrutturato da una coppia in-glese. Qui, da quest’anno haaperto al pubblico il ristoran-te. La serata, organizzata dal-l’Accademico Ettore Falvo, èstata molto apprezzata per lostile della cucina. Lo chef au-striaco Thomas Gruber è ca-pace di unire temi di originecon ingredienti italiani otte-nendo risultati particolari, co-me lui stesso ha voluto di-chiarare con un intervento insala durante la cena. Il piattopiù gradito è stato il guancia-le di maiale brasato con len-ticchie e rafano.

EMPOLI12 maggio 2010

Ristorante “Collebrunacchi”di Graziano Montelisciani,fondato nel 1968. ●Via Col-lebrunacchi 6/A, San Minia-to - Collebrunacchi (Pisa);=0571 409601, fax 0571409543; coperti 150. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 10-30 gennaio;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7,50; prezzo €35,00; tradizionale.

Le vivande servite: sforma-to di spinaci con funghi e fet-

TOSCANA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ta di polenta; tagliolini al tar-tufo; risotto ai funghi e zaffe-rano; grigliata mista con pa-tate e carciofi fritti; latteruolo;cantuccini e frollini di produ-zione propria.

I vini in tavola: Chianti Docg2008, Tenuta San Quirico.

Commenti: A San Miniato iltartufo la fa da padrone e an-che se, in questa stagione, èmeno profumato del solito èstato apprezzato sui taglioli-ni. Anche il carciofo, cucina-to nel risotto e fritto nel con-torno, rappresenta un pro-dotto tipico locale nella qua-lità “mamme”, dalle formetondeggianti e morbide alpalato. Una gradevolissimasorpresa è stato il latteruolorealizzato, secondo le indica-zioni del Simposiarca Roma-no Corsinovi, su un’antica ri-cetta. Simile al latte alla por-toghese, si è presentato peròcon un sapore ancora più de-licato ed è risultato molto ap-prezzato.

FIRENZE PITTI22 aprile 2010

Ristorante “Ora d’Aria” diMarco Stabile e Luca Bellan-di, fondato nel 2005. ●Viadei Georgofili 11/13, Firen-ze; =055 2001699, anchefax; coperti 40. ●Parcheggiocustodito; prenotazione ne-cessaria; ferie 15 giorni adagosto; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazionenon effettuata perché fuoriterritorio; prezzo € 45,00;elegante, accogliente.

Le vivande servite: l’uovo,la gallina, i riti della nonnatoscana; fettuccine di aspara-gi bianchi di Bassano, tartufonero, polvere di asparagina efonduta soffice di yogurt arti-gianale; risotto con carciofi,prezzemolo e pomodoro;tortelli farciti di manzo brasa-to, fonduta di cipolline fre-sche, estratto di Chianti, par-migiano stravecchio; piccio-ne in tre cotture, ciambelladi patate al cibreo; pommese pommes de terre; stracottodi mele al pepe di Sechuancon purè di patate al gruè dicacao.

I vini in tavola: Coldaia2006 Pinot nero Toscana Igt(Podere Fortuna); Fortuni2006 Pinot nero Toscana Igt(Podere Fortuna); Xyauyù

Oro birra da meditazione(Baladin).

Commenti: Tutto bianco: to-vagliati, accessori, decorazio-ni. Un ambiente assolutamen-te lineare ed essenziale pro-pone, in un atteggiamento dieleganza e cortesia, piatti mi-surati ma originali, all’insegnadella qualità delle materie pri-me e della loro sapiente ela-borazione. Servizio impecca-bile, senza essere affrettato;gusto deciso, senza usare vio-lenze al palato; vini ricercatisenza indulgere nell’ostenta-zione. Il giudizio è stato coral-mente positivo, anche graziealla simpatia del personale,sorridente e premuroso.

FIRENZE PITTI10 giugno 2010

Ristorante “Il Guscio” diFrancesco Gozzini, fondatonel 1987. ●Via dell’Orto 49,Firenze; =055 224421, an-che fax; coperti 70. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferie 3settimane in agosto; giornodi chiusura domenica. ●Va-lutazione 7,69; prezzo €

45,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: robiolain pasta filo gratinata con er-ba cipollina, sfoglia caldacon feta, melanzane e pomo-doro fresco, tartare di tonnocrudo con senape ed erba ci-pollina e gamberone con lar-do e ramerino; maltagliaticon fiori di zucca, scampi egamberi; tagliata di tonno al-la griglia con sesamo e cipol-le di Tropea in agrodolce,crema catalana con salsa al-l’arancia.

I vini in tavola: Chardon-nay Hofstatter 2009; Rosadei Frati 2009, Riviera delGarda Bresciano Doc,Azienda agricola Ca’ dei Fra-ti; Moscato naturale AmbarCantine Florio.

Commenti: L’ultima riunio-ne conviviale prima dell’esta-te. Il Delegato Manuel Guer-ra in apertura ha presentatouna piccola ma interessantepubblicazione patrocinatadalla Delegazione e curatadall’Accademica DonatellaLippi e dal Polo biomedico etecnologico dell’Università diFirenze, “Mangiar di mona-che. Le ricette delle suore di

Villa La Quiete alle Montal-ve”, che è stata poi data inomaggio a tutti gli Accademi-ci. La cena, apprezzata datutti, si è conclusa con un sa-luto corale e un brindisi au-gurale per le vacanze estive.

LIVORNO19 maggio 2010

Ristorante “Il Cardellino” diNiccolò Vestrini, fondato nel2009. ●Via della Pineta 16,Castiglioncello - RosignanoMarittimo (Livorno); =0586753618, anche fax; coperti110. ●Parcheggio nelleadiacenze; prenotazioneconsigliabile; ferie novem-bre; giorno di chiusura mar-tedì (in inverno). ●Valuta-zione 6,80; prezzo € 33,00;locali di recente costruzione,ben arredati, con terrazzacon ampio panorama.

Le vivande servite: antipa-sto di mare (carpaccio di pe-sce spada marinato agli agru-mi); paccheri con ripieno difiletto di scorfano al condi-mento di salsa di broccoli; fi-letto di orata in crosta concrema di pistacchio; fiordilat-te al caffè con crema inglesealla cannella.

I vini in tavola: Bianco Bulìdell’Azienda Bulichella; Ver-mentino 2009 Suvereto.

Commenti: Il Delegato Ser-gio Gristina ha invitato gliAccademici e gli ospiti in unlocale di recente nascita si-tuato sulla scogliera di Casti-glioncello. Buono il progettodi cena, quasi integralmentea base di prodotti di mare,ben realizzato con una impo-stazione forse un po’ troppoorientata sulla presentazionedi pietanze secondo una“nouvelle cuisine” rivisitata.Lieta e interessante la serata,caratterizzata da una applau-dita e brillante conversazionesvolta con videosupporto diimmagini dal col. Fabio Mat-tiassi della Brigata paracadu-tisti Folgore (era presente an-

che il comandante gen. Fe-derico D’Apuzzo) sul tema“Alimentare la pace”, che hapassato in rassegna il vetto-vagliamento dei nostri milita-ri nelle missioni di pace all’e-stero e in particolare in quel-la ancora in atto nel Libano.

LUCCA14 maggio 2010

Ristorante “Erasmo” di Lo-renzo e Paola Marcucci,fondato nel 1760. ●Via delBrennero 1782, Ponte a Mo-riano (Lucca); =0583406362, fax 0583 406357;coperti 100. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferie 7giorni ad agosto e 7 a set-tembre; giorno di chiusuralunedì e martedì sera. ●Va-lutazione 7,30; prezzo €

30,00; tradizionale.

Le vivande servite: antipa-sto della casa; tacconi tordel-lati; penne agli zucchini; pol-lo e coniglio fritti; verdurefritte; crostate di mele; crosta-ta di limone.

I vini in tavola: rosso Solgi-rato (Cantina Mennucci); ros-so di Mulerna (Fattoria Men-nucci).

Commenti: I primi piatti so-no stati apprezzati almenodalla metà dei commensali,l’altra metà ha trovato qual-che difetto nella cottura e nelcondimento e ha espresso unparere meno lusinghiero.Unanime invece, il consensosul pollo e sul coniglio fritto,vera icona della vecchia cuci-na contadina lucchese. Buo-ni i dolci, ottimi il vino e ilrapporto qualità/prezzo.

MAREMMA PRESIDI5 giugno 2010

Ristorante “Da Maria” di Ma-ria Centurioni, fondato nel1963. ●Via Casamatta 12,Isola del Giglio-Castello(Grosseto); =0564 806062,fax 0564 806105; coperti120. ●Parcheggio custodito;prenotazione consigliabile;ferie gennaio e febbraio; gior-no di chiusura mercoledì(tranne in estate). ●Prezzo €55,00; caratteristico.

Le vivande servite: capona-ta di polpo; involtini di acciu-ghe; totano con carciofi; ton-

narelli verdi al tonno fresco;pappardelle al coniglio selva-tico del Giglio; ombrina inguazzetto; cataifi con crema;macedonia di frutta.

I vini in tavola: Vino Anso-nico del Giglio; Vermentinotoscano.

Commenti: Cena in occasio-ne del convegno “Presidios:incontri di gastronomia medi-terranea”, tenutosi all’Isoladel Giglio. Il locale si trovasulla punta estrema nord del-l’isola, località Castello, al ter-mine di viuzze e piazzette or-nate di fiori, piccole scalinate,che rappresentano il trait-d’u-nion tra le varie antiche abita-zioni. Il locale accogliente èdotato di due balconi che siaffacciano a picco sul mare eoffre una visione panoramicadi indicibile bellezza. Il ciboottimo, sotto ogni punto divista, è stato accompagnatodal caratteristico vino del Gi-glio, assai noto fin dai tempiremoti. I camerieri, rapidi edefficienti, sono stati affabil-mente disponibili alle richie-ste dei commensali.

PISA20 aprile 2010

Ristorante “Oltremare” di Li-me srl, fondato nel 2009.●Via Repubblica Pisana 7/8,Marina di Pisa (Pisa);=050 35386; coperti 50+60.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie non pre-viste; giorno di chiusura dadomenica a mercoledì sera(in inverno). ●Valutazione7,15; prezzo € 35,00; tradi-zionale, accogliente.

Le vivande servite: stuzzi-chini caldi; vellutata di pesce,antipasto e crudité di mare;mezzemaniche alle vongoleveraci e asparagi selvatici;linguine alle sarde e finoc-chietto selvatico; polpo pe-scato nel nostro mare alla ca-raibica; tiramisu agli agrumi etorta cioccolato e pere; caffè.

I vini in tavola: VermentinoColli di Luni, Azienda agricolaMonticello, Sarzana (La Spe-zia); “Donna Giovanna” Can-tina Iuzzolini, Cirò (Crotone).

Commenti: I titolari del ri-storante, provenienti ambe-due dal settore, sono Anto-nio Rossi, che si occupa del

TOSCANA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

bar e della sala, e Ivan Mo-sca, in cucina, che affianca lochef Antonio Ramalli; il risto-rante è impostato a servire al-la clientela prodotti di stagio-ne inserendo nel menu gior-naliero pesce, esclusivamen-te pescato localmente, ac-compagnato da verdure eprodotti di prima qualità delterritorio. Le pietanze sonostate generalmente apprezza-te, particolarmente gli antipa-sti, caratterizzati e arricchitida ottime crudité di mare, e igustosi primi, mezzemanichealle vongole veraci e aspara-gi selvatici e linguine alle sar-de e finocchietto selvatico; ivini proposti si sono corretta-mente accompagnati alleportate, in particolare il Ciròbianco “Donna Giovanna”.

PISA-VALDERA19 maggio 2010

Ristorante “La Culla” di Ele-na Fariello, fondato nel2005. ●Via Castelbagno 9,Montopoli Val d’Arno (Pisa);=0571 466086; coperti 30.●Parcheggio incustodito; pre-notazione necessaria; feriemai; giorno di chiusura va-riabile. ●Valutazione 7,45;prezzo € 36,00; accogliente.

Le vivande servite: spu-mante brut e stuzzichini; rol-lé mignon di cinta senese suletto di valeriana e pere,soufflé di verdure di stagionecon crema di pomodoro, sa-lumi di natura selvaggia; ri-sotto al radicchio rosso eprovola; maltagliati freschi alsapore di primavera; filetto dimaiale in crosta alle erbette einsalata fresca; tagliata difrutta fresca; dolci del Poderee spumante di Tenuta.

I vini in tavola: vini d’A-bruzzo: Colle Cavalieri Cera-suolo Doc; Colle Secco Rubi-no Montepulciano Doc.

Commenti: Riunione convi-viale in campagna sulle colli-ne della Val d’Era nell’entro-terra pisano, su un poggioche si apre su una splendidabalconata naturale sulla val-lata sottostante. La struttura èun vecchio podere, ottima-mente restaurato e trasforma-to in ristorante, con pochecamere e una piccola spa.Felice scelta quella del Sim-posiarca, Pino Vinci, sia per illocale che per la definizionedel menu. Merito dei padroni

di casa la realizzazione diuna cena tradizionale, ma an-che moderna e leggera, conmaterie prime di qualità, cor-rettamente trattate. Tutti ipiatti sono stati preparati,presentati e “spiegati” concura e grande garbo. Da se-gnalare l’ineccepibile prepa-razione del risotto, giunto intavola (e di rado avviene) alcorretto punto cottura, sapi-do ed equilibrato. Alla seratahanno partecipato anche ilCoordinatore territoriale,Franco Cocco, e alcuni gradi-ti ospiti. Nel corso della riu-nione, prima della consegnadella vetrofania accademica,il Delegato, Giampaolo Ladu,ha dato ai presenti gli “Atti”,appena pubblicati, del con-vegno sul mais, che la Dele-gazione aveva realizzato nelnovembre 2009.

SIENA19 maggio 2010

Ristorante “Il Grillo Moro” diRossella Corsi, fondato nel2006. ●Strada dell’aeroporto7, Ampugnano - Sovicille(Siena); =0577 393533; co-perti 100. ●Parcheggio incu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie 7-31 gennaio;giorno di chiusura lunedì ela sera. ●Valutazione 7,40;prezzo € 37,00; familiare,accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: scagliedi parmigiano all’aceto balsa-mico, grissini con prosciuttocrudo toscano, sfogliatinecalde con caprino; cucco dipecorino con specchio dipurè di zucchine; tagliatelleall’uovo con ragù bianco diconiglio; risotto francigenocon spinaci e quattro formag-gi; tagliata di chianina deicolli senesi; fagioli al fiasco;sfoglia caramellata con cre-ma Chantilly e frutti di bosco.

I vini in tavola: Prosecco(Cantine Gancia); Rosso diMontalcino Doc (Cantina IlBaluardo); Morsi di luce Zi-bibbo 2006 (Cantine Florio).

Commenti: Data la bella se-rata, gli Accademici hannopotuto ammirare appieno lafavorevole ubicazione del ri-storante, in un tradizionalecasale nel mezzo di una lus-sureggiante campagna a cir-ca 10 km da Siena. La cena èstata preceduta da un brevema avvincente intervento del

Simposiarca, Pietro Butini,medico ematologo ma ancheesperto di medicina orienta-le, sul tema “L’importanzadella dieta nella medicina tra-dizionale cinese”. Gli aperiti-vi sono stati molto apprezza-ti, con particolare riguardoalle gustose sfogliatine caldecon caprino. Si è rivelata unapiacevole sorpresa la presen-tazione dell’antipasto di pe-corino con purè di zucchinea forma di ovulo. Delicatema saporite le tagliatelle conragù bianco di coniglio, se-guite da un risotto molto gu-stoso. Tradizionale l’ottimatagliata accompagnata da fa-gioli al fiasco. Per finire undessert di sfoglia con delizio-sa crema e frutti di bosco. Iltutto accompagnato da viniappropriati.

VALDELSAFIORENTINA23 aprile 2010

Ristorante “Osteria del PesceRosso” di Massimo Agnorelli,fondato nel 2004. ●Via Fran-cesco Chiarenti 14, Montaio-ne (Firenze); =0571 69010;coperti 45. ●Parcheggio pub-blico nelle vicinanze; preno-tazione consigliata; ferie 10gennaio-10 febbraio; giornodi chiusura mercoledì. ●Va-lutazione 7,40; prezzo €

38,00; tradizionale, acco-gliente, caratteristico.

Le vivande servite: maz-zancolle lardellate con fon-duta di gorgonzola; ciambel-la capesante e tartufo mar-zuolo; coda di rospo lardella-ta su crema di ceci e tartufomarzuolo; dolce alla cannel-la, cioccolato e tartufo.

I vini in tavola: ChiantiMontorsoli 2009; Soave Bri-galdara 2008.

Commenti: Lo chef Massi-mo Agnorelli ha presentatoun menu che egli stesso hadefinito del territorio, con treelementi ricorrenti in ogniportata: il pesce, la cinta se-nese e il tartufo. Lo chef èriuscito in modo originale adare a un prodotto come ilpesce, tipico della costa chedista una settantina di chilo-metri, un’impronta legata allevallate interne con elementiche di queste terre sono fra ifrutti più prelibati, come lacinta senese e il tartufo. Ap-prezzate le mazzancolle do-

ve forse spiccava un po’troppo il gusto del gorgonzo-la; di maggiore gradimento laciambella di capesante che,mescolata al tartufo e a untuorlo crudo di uovo di qua-glia, ha acquistato un piace-vole e armonico gusto di ma-re-terra, tanto da meritareuna votazione prossima al-l’otto; piacevole, ma con me-no carattere, la coda di ro-spo; eccezionale, da otto pie-no, il dolce dove l’unione delcioccolato con la cannella e iltartufo ha offerto al palato unpiacere persistente. Apprez-zato anche l’abbinamento ci-bo-vino, principalmente conil Soave, più difficoltosa lacomprensione con il Chianti2009. Nella norma il servizioai tavoli. La serata, già piace-vole per il complessivo gra-dimento della cucina, ha ac-quistato un clima di eccezio-nalità in quanto hanno fatto ilproprio ingresso due nuoveAccademiche, Roberta Ba-ronti ed Emanuela Tamburi-ni, che hanno presentato duevolumi legati al mondo dellacucina, “Le maniglie dell’a-more” di Kay Marie James e“Le ricette di una regina” diLeo Codacci, che verrannodonati alla Biblioteca “Giu-seppe Dell’Osso”.

VERSILIA13 maggio 2010

Ristorante “Henri” di HenriPaul Carlo Prosperi, fondatonel 2008. ●Via Fratti 316,Viareggio (Lucca); =058449877; coperti 50. ●Par-cheggio incustodito, insuffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie novembre; giornodi chiusura domenica. ●Va-lutazione 8,33; prezzo €

45,00; elegante.

Le vivande servite: tegolinodi fregola sarda in guazzettodi arselle e prezzemolo fritto;tonno cotto e crudo, crema einsalatina di zucchine allamentuccia; millefoglie di po-lenta croccante e triglia supurè di patate e finta zuppadi pesce; paccheri con scor-fano nostrale, sparnocchimelanzane e pomodorini;rombo chiodato con purea dipatate ratte alla salvia condi-to con olio extra vergine d’o-liva ligure; bavarese al ma-scarpone in guazzetto di frut-ti di bosco al basilico rosso epepe verde con croccante disesamo.

I vini in tavola: ChampagneCristal; Chardonnay Tuarita;Vermentino di Gallura Capi-chera; Moscato di Braida Vi-gne senza Nome.

Commenti: Serata elegantenella quale l’arch. MonicaCofone ha presentato il ce-drino di Pietrasanta, un agru-me quasi dimenticato. Allapresenza del Segretario ge-nerale dell’Accademia PaoloPetroni e del Coordinatoreterritoriale Franco Cocco laSimposarca Veronica Hart-man ha illustrato la cena e lastoria di Henri, uomo ecletti-co e pieno di iniziative,amante della buona cucina ecostantemente alla ricerca dinuove ricette senza innova-zioni che tentano solo di stu-pire. La sua cucina, rassicu-rante, cerca in ogni piatto l’a-nima, i suoi piatti sono sus-surrati, parlano di saporisemplici, genuini, a volte rario perduti. Questo giudizio siè concretizzato nella votazio-ne che ha riconosciuto, oltreall’ottima qualità dei piatti,un ambiente elegante e acco-gliente, e un ottimo servizio.I vini scelti, dall’attigua eno-teca con oltre mille e quattro-cento etichette, il meglio del-la produzione mondiale, nonpotevano che essere di altopregio e sono stati particolar-mente apprezzati. Il Delega-to, alla fine della serata, haringraziato Henri consegnan-dogli il piatto d’argento.

VERSILIA17 giugno 2010

Ristorante “Antica Locandadi Luca” di Luca Lucchesi,fondato nel 2009. ●Via Buo-narroti 63, Viareggio (Luc-ca); =0584 425529; coperti80. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura mercoledì.●Valutazione 7,29; prezzo €35,00; familiare.

Le vivande servite: carpac-cio di sugarello su letto d’in-salata con gelatina di pomo-doro; calamaretti ripieni sucrostone di pane; zuppetta diverdura alla trabaccolara; ri-sotto di mare stagionale (zuc-chini e sparnocchi); spaghettialla viareggina con arselle dasgusciare; ombrina al fornosu pomodori, olive, cipolle;torta di erbe con crema ingle-se al Vin santo.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

I vini in tavola: Frizzantinodi Luni “Stregato dalla Luna”;Terre di Matraia Fattoria Col-le Verde; Ceraso rosa CantinePanizzi; Moscato di Pantelle-ria.

Commenti: Locale acco-gliente in stile rustico doveLuca ha potuto dare spazio alsuo estro nella ricerca ed ese-cuzione dei piatti di mare ti-pici della Versilia, realizzatianche con prodotti conside-rati “poveri“ come il sugarel-lo e la trabaccolara. Moltobuoni gli antipasti, ottimi iprimi piatti, dal risotto aglispaghetti con le arselle, doveil guscio ha donato al piattoun sapore di mare che ci hafatto ricordare i tempi anda-ti. Un discorso a parte meritail secondo, ombrine di marecotte in forno con le verdure,piatto semplice ma saporitis-simo dove la freschezza nonci ha fatto certo rimpiangerela cernia programmata e nonpescata. Il dott. Giuseppe So-riano ci ha fatto rivivere con

bellissime diapositive la suameravigliosa esperienza alPolo Antartico dove, comeresponsabile del centro me-dico, ha passato l’invernocon la spedizione italo-fran-cese alla base Concordia.

ANCONA7 maggio 2010

Istituto professionale alber-ghiero “A. Panzini”. ●Via Ca-panna, Senigallia (Ancona).

Le vivande servite: boccon-cini di baccalà croccante albalsamico con cialde di sesa-mo; calamari dorati in guaz-zetto; tortelli di ricotta con

crema di zucca e gamberi;tortino di alici e patate; maz-zancolla al lardo; medaglionedi pescatrice al finocchietto;dolce al mascarpone; biscot-teria assortita.

I vini in tavola: Verdicchiodei Castelli di Jesi; Lacrima diMorro d’Alba.

Commenti: Dopo alcuni annila Delegazione, guidata daMauro Magagnini, è ritornataall’Istituto alberghiero “A. Pan-zini” di Senigallia per una riu-nione conviviale congiuntacon il Club Falconara, associa-zione culturale espressionedella cittadina del litorale mar-chigiano. L’esperienza è statamolto positiva e ha ribaditol’alta professionalità dell’istitu-to che è all’avanguardia tra lescuole alberghiere e apprez-zato in tutta Italia. Il menupresentato dal prof. Serritelli èstato basato sul pesce e hapresentato punte interessantinei tortelli di ricotta con zuccae gamberi e nello squisito dol-

ce; anche le altre portate so-no state ben curate e conbuona materia prima. Ottimoovviamente il servizio. La se-rata ha visto gli interventi delDelegato Magagnini, che haspiegato agli ospiti che cosa èl’Accademia, dello storicoTommaso Lucchetti sul libroda lui curato sulla “Convivia-lità nelle Marche” e del som-melier Pier Giorgio Angelinisui vini marchigiani nella sto-ria. La riunione ha visto gran-de interesse e attenzione e siè svolta in un clima di grandeaffabilità e gioiosità; un’altrabella e riuscita occasione perfare cultura.

FOLIGNO29 maggio 2010

Ristorante “Enoteca Onofri”di Nicola Santificeturo, fon-dato nel 1998. ●Via Onofri2, Bevagna (Perugia);=0742 361926, fax 0742369077; coperti 60. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie gennaio; gior-no di chiusura mercoledì.●Valutazione 7,30; prezzo €35,00; accogliente, caratteri-stico.

Le vivande servite: polpetti-ne di chianina con rucola epecorino umbro; risotto confave fresche e agretti; tagliatel-le fatte a mano al ragù biancodi piccione; sella di maialinoalle erbe aromatiche, lardo diColonnata e patate arrosto;crostata di fragole.

I vini in tavola: GrechettoDoc 2008 Adanti; rosso offer-to dal Simposiarca Ciro Tra-balza.

Commenti: Piacevolissimaserata trascorsa in compagniadegli amici della Delegazionedi Spoleto. Unanimi i giudiziin merito alla esecuzione delmenu. I due piatti migliorisono stati le tagliatelle al ragùdi piccione e l’ottimo maiali-no arrosto con il quale ben sisposava il sorprendente ros-so offerto dal Simposiarca

della serata. È desiderio ditutti gli Accademici incontrar-si ancora, magari in autunnoinoltrato, per celebrare comemerita il tartufo spoletino.

SPOLETO6 maggio 2010

Ristorante “Il Palazzaccio”di Alessandra Fernetti, fon-dato nel 1966. ●S.S. Flami-nia km 134, località Il Pa-lazzaccio, Spoleto (Perugia);=0743 520168, anche fax;coperti 80+80. ●Parcheggioincustodito, sufficiente; pre-notazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8,10;prezzo € 30,00; caratteristico.

Le vivande servite: carciofoalla romana; pizza ai carciofi;crostino con salsa di carciofi;frittata ai carciofi; ravioloni diricotta e carciofi can salsa aicarciofi; cotolette d’agnellofritte con carciofi fritti; agnelloin padella con carciofi; pannacotta con cioccolato fuso; cro-stata di crema e ricotta.

I vini in tavola: GrechettoDoc (Cantina Fongoli); Osca-no dei Colli del Trasimeno(Cantina Carini).

Commenti: Riunione piace-vole per la cena ispirata rigo-rosamente a sua maestà ilcarciofo. Apprezzati gli anti-pasti tra i quali abbiamo po-tuto gustare una buonissimaparmigiana di carciofi. Asso-lutamente fantastici i raviolo-ni che hanno ottenuto unavotazione unanime. Interpre-tate in modo rigoroso e all’in-segna della tradizione le co-tolette con i carciofi fritti,stesso tenore per l’agnello inpadella con carciofi. La pro-posta dei vini è stata di qua-lità e ben abbinata ai piatti, ilservizio attento e sollecito. Aconclusione della serata laSimposiarca Mariella Giovan-nelli ha tenuto una simpaticadissertazione sulle origini ele proprietà del carciofo,molto apprezzata anche dalletitolari del ristorante.

TERNI12 maggio 2010

Ristorante “Bistrò” (ex Met)di Claudio Sidoti e FrancescoCopparoni, fondato nel2008. ●Via Armellini 1, Ter-

UMBRIA

MARCHE

TOSCANA segue

LE CILIEGIE IN CUCINAZuppa dolce di ciliegie - Mettere sul fuoco una casseruola con1,5 l di acqua e 100 gr di zucchero, portare a ebollizione e unire600 gr di ciliegie snocciolate. Far riprendere il bollore e aggiungereun cucchiaio di fecola di patate stemperato con 2 dl di acqua,avendo cura di mescolare di continuo finché riprenderà nuova-mente a bollire addensandosi leggermente. Versare la zuppa dolcein coppette individuali, far raffreddare e guarnire con ciuffetti dipanna montata.

Quaglie farcite con ciliegie - Salare e pepare delle quaglie giàpulite e pronte per la cottura, inserire in ognuna 3 o 4 ciliegie snoc-ciolate e legare gli uccelli con spago da cucina. Sistemarli in unapirofila imburrata e cuocerli in forno già caldo a 200°, bagnandoliogni tanto con il fondo di cottura. Dopo circa 10 minuti irroraregenerosamente le quaglie con del brandy, distribuire sul fondo altreciliegie snocciolate, rigirarle nel sugo, coprire la pirofila con cartada forno e continuare la cottura ancora per 10 minuti. Eliminarelo spago prima di servirle.

Crostata di ciliegie - Stendere col matterello 500 gr di pasta frollaformando un disco e foderare una tortiera imburrata e infarinata.Pareggiare i bordi, bucherellare il fondo di pasta con i rebbi di unaforchetta, spalmarvi un leggero strato di confettura di ciliegie e so-pra disporvi, una accanto all’altra, delle ciliegie fresche, ben matu-re, private del picciolo e snocciolate, mettendo la cavità del piccioloverso il basso. Spolverizzare abbondantemente con zucchero a velo,utilizzare gli avanzi di pasta per realizzare un cordoncino tutt’in-torno al bordo e cuocere la crostata in forno già caldo a 180° percirca 30-40 minuti. Farla raffreddare prima di servirla accompa-gnata da panna montata.

(Ricette di Lejla Sorrentino Mancusi)

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ni; =0744 422520; coperti100. ●Parcheggio incustodi-to; prenotazione consigliabi-le; ferie mai; giorno di chiu-sura domenica a mezzogior-no. ●Valutazione 7,50-8;prezzo € 45,00; locale sim-patico e particolare dallegrandi sculture in legno, sutre piani.

Le vivande servite: tartaradi palamita con capperi, sca-logno e pomodori confit (8);insalatina tiepida di granchio,astice e scampo con pimpi-nella e altre erbe sue amiche(8,50); ravioli ripieni di sep-pia e nero, piselli scottati conlardo e seppie (6); ombrina alforno con patate e pomodori-ni (8); tarte Tatin agli agrumi,dadi di tè al bergamotto, sor-betto al mandarino (5).

I vini in tavola: Franciacor-ta cuvée Prestige “Ca’ del Bo-sco”; Moscato d’Asti “Bera”.

Commenti: I “colori del gu-sto”, terminologia applicatain occasione della prima riu-nione conviviale organizzatada due neo-Accademici, Fi-lippo Clericò e GiuseppeMalvetani, impostata sul diffi-cile (a Terni) tema del pescee sulla scala cromatica deipiatti. Si inizia con una tartaradi palamita dove il rosso delpomodoro, mitigato dal bian-co del pesce, rende tenui lesfumature del colore; al gu-sto, buono l’amalgama conlieve nota eccessiva delloscalogno. Sui temi del rosapiù o meno caratterizzato, ilmiglior piatto della serata perla perfetta cottura e la fre-schezza della materia prima:insalatina tiepida di granchio,astice e scampo, e i lievi sen-tori delle erbe aromaticheche fanno da base, non pre-varicano gusto e profumo deicrostacei. Il verde della salsae dei piselli copre i ravioli daiquali, all’apertura, si spandeil nero della seppia; l’insiemeè spigoloso e il piatto è piùbello che buono. Si va sultranquillo e si ritorna al posi-tivo con la grossa ombrina,senza dubbio di cattura. Sen-za storia il dessert: cromati-smo degli agrumi dal manda-rino al bergamotto, buone leintenzioni deludente il risul-tato. Pane particolare, da unforno del Trasimeno (farinamacinata a pietra, lievito ma-dre, cottura a legna). Da no-tare: lode ai giovani Simpo-siarchi Giuseppe e Filippo

per l’impegno nella ricerca eil coraggio delle proposteche hanno permesso di evi-denziare la “fortunata” nonomologazione del gusto de-gli Accademici, sfociata nelladiscussione e nel “libero con-vincimento”. Con Claudio Si-doti chef, e Francesco Cop-paroni patron, è stato positi-vo riprendere i rapporti vistala duttilità con la quale, concoraggio e professionalità, inun ambiente particolare, pro-pongono la loro cucina. Nul-la da eccepire a sala, tavola eambiente, dove è stato, final-mente, possibile ascoltare eparlare per tutta la serata. Damassimo dei voti il rapportoqualità/prezzo.

ROMAROMA NOMENTANA

E ROMA APPIA11 giugno 2010

Ristorante “L’Archeologia” diMarco Vinicio Casavecchia,fondato nel 1890. ●Via Ap-pia Antica 139, Roma; =067880494, fax 06 78391337;coperti 250. ●Parcheggioscomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; giornodi chiusura martedì. ●Valu-tazione 7,60; prezzo €

52,00; elegante, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con stuzzi-chini caldi fritti; quadrifogliodi mare (polpo all’insalata,calamaretti al cedro, tartaredi tonno, scampi e gobbettidi Terracina); gnocchettigamberi e limone; conchi-glioni al ragù di scorfano; fi-letto di orata in crosta di zuc-chine con insalatina mista;centrotavola di fritto di pa-ranza; semifreddo al torron-cino; caffè.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (Ca’ Venan-zio); Chardonnay del LazioIgt 2009 (Casale del Giglio);Antinoo Igt 2008 (Casale delGiglio).

Commenti: La Delegazionedi Roma ha organizzato, con

le Delegazioni di Roma No-mentana e Roma Appia, latradizionale riunione convi-viale di “buone vacanze”, de-dicandola alla cucina di maredel Lazio. Dopo alcune paro-le di benvenuto del Delegatodi Roma, Gabriele Gasparro,il Simposiarca Donato Pa-squariello ha fornito alcunenotizie sul ristorante e sullasua peculiare collocazionenel contesto paesaggistico earcheologico dell’Appia anti-ca, nonché sulla composizio-ne dell’articolato menu ela-borato anche grazie all’ap-porto del sempre collaborati-vo chef Ennio Vecchiarelli. Lepietanze sono state tutte va-lutate più che positivamente,in considerazione dell’intrin-seca qualità delle componen-ti di base, della professionalepreparazione di cucina e del-le modalità di presentazionein tavola; segni di particolareapprezzamento hanno meri-tato, tra i primi, i delicatignocchetti gamberi e limonee, tra i secondi, il fragrante eclassico fritto di paranza. Inarmonia con le vivande si so-no rivelati i vini scelti nellacircostanza, l’Antinoo in spe-cial modo. Favorevoli riferi-menti sono stati unanime-mente espressi, infine, circala complessiva efficacia delservizio e il buon rapportoqualità/prezzo.

ROMA EUR15 maggio 2010

Ristorante dell’azienda agri-cola zootecnica “Roana” diGiuseppe Iemma e MayteTorre, fondato nel 1986.●Via Migliara 46 snc, Sezze(Latina); =0773 899402,anche fax; coperti 40. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione necessaria; ferie mai;aperto su prenotazione.●Valutazione non effettuataperché fuori territorio; prez-zo € 33,00; rustico.

Le vivande servite: mozza-rella, scrigno farcito al pomo-dorino, provola affumicata,gocce di ricotta all’erba cipol-lina, pepitas (cagliatine fre-sche); formaggi roanina, ca-ciocavallo e moro con gelati-na di birra; salsiccia stagiona-ta di bufala; muffin alle erbe,pan brioche e pane al cioc-colato; lasagna in bianco concarciofi di Sezze; strozzapreticon pomodorino Pachino ecremolata di basilico; boc-

concini di bufala con funghiporcini; verdure arrostite; ge-lato al caffè e crema di ricottadi bufala ai canditi.

I vini in tavola: “Coboldo”2007 Merlot rosso del LazioIgt e “Bellone” 2009 Cacchio-ne bianco del Lazio Igt(Azienda agricola I Pampini,loc. Acciarella, Borgo Saboti-no - Latina).

Commenti: La Delegazionedi Roma Eur ha inteso cele-brare la riunione convivialedi maggio in modo insolito,ospite di una delle più im-portanti aziende agricole ezootecniche del Lazio, spe-cializzata nell’allevamento dibufale e nella produzione dicarne, latte e prodotti deriva-ti. Giuseppe Iemma (dettoPinello), titolare dell’azienda,ha accompagnato i convitatinella visita della struttura e inparticolare dell’opificio ovevengono lavorate le materieprime (latte e carne). Pur-troppo le avverse condizionimeteorologiche hanno impe-dito agli ospiti di visitare lestalle e i recinti ove vengonoricoverati e munti i bovini.Successivamente alla visita,gli Accademici hanno potutosperimentare personalmentegusti e sapori di tutti i pro-dotti dell’azienda grazie allosplendido pranzo allestitoper l’occasione da Mayte Tor-re, gentile consorte di Pinel-lo. Ricchissimo e apprezzatis-simo il buffet degli antipastidi assoluta qualità e freschez-za. Eccezionali e molto gradi-ti i bocconcini di bufala confunghi porcini e, per conclu-dere, il gelato e la crema diricotta con canditi. I vini ser-viti a tavola provengono daun’altra azienda di famigliache ha i propri vigneti a Tor-re Astura, nei pressi di Nettu-no. Nell’occasione la Delega-zione ha ospitato una nutritarappresentanza dell’MG carclub d’Italia, guidata dal pre-sidente Fabio Filippello, cheha impreziosito l’ambientecon i colori variopinti di alcu-ne vetture d’epoca.

ROMA NOMENTANA18 maggio 2010

Ristorante “Grappolo d’Oro”fondato nel 1950. ●Via Pale-stro 4/10, Roma; =064941441; coperti 80. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferie

agosto; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione7,80; prezzo € 45,00; tradi-zionale, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con fritti ecanapè; gnocchetti di patatevongole veraci e rucola; pac-cheri di Gragnano ai frutti dimare; rombo in crosta di pa-tate e carciofi; dessert a sceltadal carrello; caffè.

I vini in tavola: VermentinoPiero Mancini.

Commenti: La prima riunio-ne conviviale del nuovo De-legato Alessandro Di Gio-vanni si è svolta in un tradi-zionale ristorante. Simposiar-ca Loredana Regazzoni cheassieme allo chef ha propo-sto un menu di pesce di si-cura attrattiva. Ottimi i primiche hanno riscosso pienosuccesso: originale accop-piamento degli gnocchetti dipatate con le vongole e daglisfiziosi paccheri di Gragnanocon pomodoro e frutti di ma-re. Buono il rombo in crostadi patate. Il dessert a sceltadal carrello ha soddisfatto iconvitati. Il voto medio di7,80 conferma il livello diquesto storico ristorante checon attenzione alla qualitàdei prodotti e un attento ser-vizio continua il suo cammi-no nella tradizione dellabuona cucina romana. Gra-ditissima la presenza delCoordinatore per il Lazio Ga-briele Gasparro e di PaoloBasili Consigliere di Presi-denza con la consorte Tama-ra Diomede, Accademica diBruxelles. Serata piacevole acui hanno partecipato parec-chi ospiti che, assieme agliAccademici, hanno accoltocon un applauso lo chefgiapponese Keinichi Wata-nabe oramai, in Italia dal1980.

VITERBO28 aprile 2010

Ristorante della “Tenuta diSanta Lucia”, fondato nel2005. ●Strada Ortana km13,200, Soriano del Cimino(Viterbo); =0761 759529;coperti 45. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriegennaio e febbraio; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 40,00; cu-rato, accogliente.

LAZIO

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 219 • PAG INA 56

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Le vivande servite: magatel-lo in salsa tonnata; flan di favecon vellutata di pecorino fre-sco; risotto carnaroli con stri-goli su riduzione di Morellinodi Scansano; gran piatto dibollito misto con mostarda esalse; verdure varie al vaporee insalata russa; millefoglieChantilly e fragole.

I vini in tavola: Soave clas-sico Pieropan; Valpolicellaclassico Allegrini.

Commenti: La riunione con-viviale si è svolta all’internodi un antico casale, dove untempo venivano allevati ba-chi da seta, oggi trasformatoin elegante agriturismo. Lapeculiarità della eccellenteserata è consistita nell’allesti-mento di un sontuoso piattodi bolliti misti, del tutto inu-suale per la zona e per ciòparticolarmente applaudito,per l’accurata e sapiente scel-ta delle carni in buona parteprovenienti dall’allevamentodi bovini di razza chianinadella stessa azienda agrituri-stica, perfettamente accom-pagnate da salse e verdure.Apprezzati anche gli antipastie il risotto, qualificati da pro-dotti locali e assolutamentestagionali, ma soprattutto ilriuscitissimo millefoglie,“montato” al momento, chese ha comportato un certo ri-tardo, ha brillantemente con-cluso la serata.

VITERBO24 maggio 2010

Ristorante “Il Cantinone” diMaura Dominici, fondatonel 2008. ●Via Corte 18, Va-sanello (Viterbo); =0761408378; coperti 120. ●Par-cheggio incustodito, scomo-do; prenotazione consigliabi-le; ferie 1 settimana a novem-bre; giorno di chiusura mar-tedì. ●Valutazione 7; prezzo€ 35,00 caratteristico.

Le vivande servite: Prosec-co e salatini; crostini al sugodi baccalà e aringa; borraginee fiori di zucchine fritti; mine-stra di ceci e “squizzera mu-si”; gnocchi alla “ratta cacio”al ragoût; piccione arrosto ri-pieno, con patate al forno ecicoria in padella; ceciaroloe tisichelle della casa; caffè edigestivi.

I vini in tavola: bianco (del-la casa); rosso “Terra” 2006

(Ceccarelli di Vasanello);“Grinto”, un clinton locale.

Commenti: Nel centro stori-co di Vasanello, il ristorante“Il Cantinone” presenta unaimmagine suggestiva inquanto scavato nella rocciatufacea. La riunione convivia-le è iniziata con la presenta-zione, da parte del Simpo-siarca, delle specialità gastro-nomiche del paese, in parti-colare l’antipasto con fritto diborragine e con il richiamoalle pietanze tipiche dei con-tadini in campo d’estate (bac-calà e aringa), l’impiego deiceci (minestra e dolce natali-zio) e il piccione torraiolo. Ivini, forniti da ditte locali, so-no nell’alveo della tradizioneenologica della media ValleTiberina, gradevoli e ben as-sortiti con il cibo. La cena èstata preceduta da una brevevisita ai monumenti, illustratida un ben erudito cittadinodi Vasanello, il prof. Antoni-no Scarelli, che ha ancheproposto il menu e contribui-to alle realizzazioni dei piatti,molto apprezzati, attivandogentili signore del paese, ric-che di esperienze cucinarie ememori delle tradizioni ga-stronomiche locali.

CAMPOBASSO9 maggio 2010

Ristorante “La Piana dei Mu-lini” di Michele Lucarelli.●F.V. del Biferno S.S. 647 km7, Colle d’Anchise (Campo-basso); =0874 787330, fax0874 776825; coperti 60.●Parcheggio custodito; preno-tazione consigliabile; ferie no-vembre; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,39;prezzo € 35,00; elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo con fritti vegetali; sformati-no ai carciofi con fonduta; ra-violi alle ortiche fluviali conpomodorini “pennuli”; selladi capretto farcita agli aspara-gi selvatici; patate nocciola;misticanza fresca dei “Muli-ni”; fragole al limone; millefo-glie alla crema e amarena.

I vini in tavola: Chiarettodel Molise e Montepulciano(vinificati nell’Azienda di La-rino dell’Accademico Consul-tore Alberto Battista); Mosca-to Ego’ (delle Cantine D’Uvadi Larino).

Commenti: Nella riunioneconviviale è stato festeggiato,per i suoi 25 anni d’Accade-mia, Antonio Vincelli, già De-legato di Campobasso e oraDelegato onorario, uomo dicultura che tanto ha fatto perla Delegazione. La consegnadel distintivo d’argento si èsvolta nella suggestiva cortedi una splendida struttura, im-mersa nel verde, sulle rive delfiume Biferno, nella quale èstato servito anche l’aperitivo.Molto curata l’organizzazionedai Simposiarchi Bruna Bene-vento e Giorgio De Franciscis,dalla decorazione dei tavoli,dal significato simbolico contralci di edera e rami di alloro,al sottofondo discreto di mu-sica dal vivo. Lo chef Bernar-dino Angiolilli ha presentatoun menu ben calibrato, armo-nico e piacevolmente presen-tato, in cui molta attenzione èstata data ai prodotti del terri-torio (le ortiche del primopiatto, gli asparagi selvaticidel secondo, i sapidi formaggiche hanno arricchito le variepietanze). Il maggior apprez-zamento è andato al dessert,un millefoglie diverso dalconsueto, per la farcitura abase di crema pasticciera e lapresenza generosa di amare-ne, su cui spiccava la decora-zione: il logo dell’Accademia.

ISERNIA28 marzo 2010

Ristorante “Da Patrizio” diPatrizio Di Cesare, fondatonel 2008. ●Corso Marcelli37, Isernia; =0865 299516;coperti 40. ●Parcheggio in-

custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie non definite;giorno di chiusura domeni-ca. ●Valutazione 8,50; prez-zo € 40,00; accogliente.

Le vivande servite: cornettodi pasta sfoglia ripieno dibaccalà; crudo di ostriche,scampi e tartufi di mare; insa-lata di polpo e seppia con se-dano e carote; insalata di ca-lamari alla griglia e funghichampignon arrostiti; insalatadi polpo, patate lesse e olivenere di Gaeta; filetti di sgom-bro al vapore con porro esalsa di limone, olio e sale;scampo al vapore con salsacocktail; calamari e carcioficroccanti; rustico di pastasfoglia con ripieno di cape-sante, gamberi, calamari emerluzzo; gambero in tem-pura con crema di aceto bal-samico; involtino di zucchinacon baccalà e peperone;gambero sfumato al brandycon lardo di Colonnata servi-to su mela verde; conchiglio-ne con baccalà, zucchine ecurry; sauté di cozze e von-gole; parmigiana di melanza-ne con vongole, cozze, gam-beri, scampi e seppioline;cozze cacio e uova; capesan-te gratinate; moscardini affo-gati; scampi all’acqua pazza;cestino di frutta con salsa alloyogurt.

I vini in tavola: ProseccoBlanc de Noir, il Roggio, Tre-viso Orovite; Molise Trebbia-no Terresacre Montenero diBisaccia (CB).

Commenti: Una carrellata diantipasti di pesce freschissi-mo compone questa cena.Piatti raffinati, in un crescen-do di elaborazioni e di saporidai più tenui via via ai piùmarcati e ricercati. I sensi lafanno da padrone, l’occhio èsoddisfatto, l’olfatto collaboracon il gusto e non si acquie-

ta, vorrebbe continuare condiletto esortando a prosegui-re nel tempo questo piacere.Curato e colto l’interventodella Simposiarca FrancescaCuna, che ci racconta dell’in-novazione e adesione a que-sta scelta, per il fluire dei sa-pori. Competente, brillante echiaro il Vice-Delegato Mi-chele Cinone, nel ruolo disommelier, che sottolinea ilperché della scelta del vinoraccontando la sua storia, ilsuo profumo, e di quali altrivini avrebbe potuto ospitareuna cena così particolare.

NAPOLI11 maggio 2010

Ristorante “La Fazenda” diRaffaele D’Alessio, fondatonel 1973. ●Discesa Mare-chiaro 58A, Posillipo (Napo-li); =081 5757420, fax 0817691297; coperti 240. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; ferie ago-sto; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8; prezzo€ 30,00; caratteristico.

Le vivande servite: sfilatinoripieno di scarole e provola;fritturine di calamarelle; frit-telle di baccalà; alici e polpoall’insalata; mezzi paccheri alsugo di mare; filetto di orataarrosto con patate prezzemo-late; dolce al carrello; fruttafresca.

I vini in tavola: Piedirosso(Cantine Carputo); Falanghi-na (Cantine Grotta del Sole).

CAMPANIA

MOLISE

LAZIO segue

Benefica papaiaQuesto frutto esotico ha rivelato, grazie agli studi di alcuni ricer-catori americani, di essere idoneo a curare gli stati di affatica-mento o inappetenza grazie al proprio straordinario contenutonaturale di potassio e magnesio.

(dai giornali)

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Commenti: Numerosi sonostati gli Accademici interve-nuti alla riunione convivialein questo ristorante segnala-to dall’Accademico Toto Pe-trone. Due tavole in lungohanno ospitato i commensa-li: tra questi Roberto Morleo,aspirante Accademico. Il De-legato Leonardo Bianchi haillustrato il menu sottoli-neandone la qualità ma so-prattutto la freschezza delleverdure, delle quali i pro-prietari curano la coltivazio-ne nel loro grande orto aipiedi del ristorante. Apprez-zati soprattutto lo sfilatino ri-pieno di scarola e provola e imezzi paccheri al sugo dimare. Notevole successo hariscosso l’arrosto di filetto diorata. Da migliorare la cartae la qualità dei vini. Presentianche i coniugi Haskell, Ac-cademici di Parigi. Particola-re interesse ha destato la sti-molante e colta conversazio-ne tenuta dalla SegretariaMyriam Cimino Fonti sul te-ma “L’uovo, un cibo da ve-nerare”. Alla fine della seratail Delegato Bianchi ha con-segnato alla proprietaria dellocale la bandierina dell’Ac-cademia.

PENISOLASORRENTINA

29 maggio 2010

Ristorante “Cantuccio Mare”di Giorgio Fontana, fondatonel 1983. ●Via Marina delCantone 67, Nerano di Mas-salubrense (Napoli); =0818081288, anche fax; coperti60+90. ●Parcheggio custodi-to, sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura mercoledì (ininverno). ●Valutazione 8;prezzo € 35,00; tradiziona-le, accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: verduredi stagione, fritte e in umido;frittura all’italiana; bruschette;spaghetti con zucchine e for-maggi; scialatielli ai frutti dimare; ricciola al forno conpatate; frutta di stagione ezeppoline fritte; liquori dellacasa e caffè.

I vini in tavola: Falanghina2009 Doc, Cantina Mustilli;Aglianico del Sannio 2009Doc, Cantina del Sorbo.

Commenti: Marina del Can-tone di Nerano, una delle lo-calità della costa in territorio

di Massalubrense, è divenutafamosa nel mondo per unasua speciale pietanza, da tan-ti copiata, ma mai eguagliata:i vermicelli con le zucchine econ misto di formaggi sor-rentini (e qui sta il segreto).La ricetta è stata da semprecustodita gelosamente nellamemoria di poche anzianedonne del paese e da lorotramandata ai discendenti. Il“Cantuccio Mare” è gestitodal capofamiglia e da cinquefigli che lavoravano nel loca-le e ciò permette loro di ri-manere tutto l’anno aperti,facendo le ferie a turno inperiodo di bassa stagione, di-sponendo sempre di freschiprodotti dei fertili terreni cir-costanti e di pesci acquistatidai pescatori che ormeggia-no di fronte al locale. Le pie-tanze sono ben equilibrate,insaporite dall’olio delle col-line, e il servizio ai tavoli èpronto e solerte, diretto dallavigile Giovanna Fontana. In-somma, una memorabile riu-nione conviviale da tutti gra-dita e applaudita.

FOGGIA27 maggio 2010

Ristorante “Ser Michele” diGiuseppe Samale, fondatonel 1999. ●Via Manzoni 20,San Paolo Civitate (Foggia);=339 2420256; coperti 60.●Parcheggio ampio non cu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie dal 12 al 30luglio; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione 9;prezzo € 60,00; accogliente,familiare.

Le vivande servite: scampisu vellutata di zucchine; po-lentina con polpetti; zuppettadi cozze e vongole; moscar-dini e alici gratinate; scam-petti saltati; chitarrina concozze e ceci; paccheri contriglie di scoglio; scamponialla “Ser Michele”; mosaico difrutta fresca; semifreddo alcioccolato; varietà di grappe.

I vini in tavola: FalanghinaIgt (Teanum, S. Paolo Civita-

te); Ramitello di MajonoranteDoc (Campomarino).

Commenti: La scelta delmenu, concordata con il tito-lare dalla Simposiarca Vice-Delegata Carmen D’Intino, èstata quanto mai elaborata,considerate le innumerevoliproposte dell’eclettico Ser,chef di sorprendente creati-vità e professionalità. I piattiscelti e gustati hanno testi-moniato che per il nostro ri-storatore è fondamentalel’impiego di un’ottima mate-ria prima per trasformarepietanze di grande sempli-cità in vere e proprie eccel-lenze. L’invito di ser Michele,accolto dagli Accademici conentusiasmo, a visionare il pe-sce e i crostacei freschissimi,pronti per essere “sacrificati”,è stato il giusto preludio agliottimi antipasti, tutti caldi epreparati al momento. Poi,alla fumante e deliziosa chi-tarrina con cozze e ceci sonoseguiti i delicatissimi pacche-ri con triglie di scoglio, al cuibis pochi hanno rinunciato,così come per i superbiscamponi. Eccellenti anchela composta e il semifreddo.Una cena davvero di succes-so, da ripetere quanto prima,per rigustare la calibrata fu-sione di tradizione e origina-lità in altre proposte del no-stro chef. Attento, simpaticoe professionale il servizio insala dei fratelli Giuseppe eSandro Samale. La Delega-zione, a fine serata, per sot-tolineare il plauso unanimeha consegnato al titolare ilprestigioso piatto dell’Acca-demia.

FOGGIA-LUCERA28 maggio 2010

Ristorante “Mare in Tavola”di Decade, fondato nel 2009.●Corso del Mezzogiorno 35,Foggia; =0881 662493; co-perti 90. ●Parcheggio custo-dito; prenotazione non ne-cessaria; ferie mai; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 7,50; prezzo € 40,00;accogliente.

Le vivande servite: ostrichee noci di mare; alici marinate;moscardini e totani in guaz-zetto; impepata di vongole ecozze; polpo alla Luciana;paccheri di Gragnano conscampi e carciofi; dentice alforno con patate; sorbetto allimone.

I vini in tavola: Falanghinadel Beneventano Igt 2009(Azienda agricola Vinosia -Atripalda); limoncello dellacasa.

Commenti: Una riuscitissi-ma riunione conviviale all’in-segna della cucina marinara.Prima della cena il Delegatoha presentato ai convenuti idue nuovi Accademici Fran-cesco De Cristofaro e Fran-cesco Giuseppe Apollo, inverità già noti alla Delegazio-ne per essere stati più volteospiti. Lo stesso Delegato,Simposiarca per l’occasione,ha quindi illustrato il menuche poi è risultato curato erealizzato con maestria (de-gni di particolare segnalazio-ne soprattutto gli antipasti eil dentice al forno). Buono ilservizio; interessante il rap-porto qualità/prezzo. La riu-nione si è conclusa con icomplimenti allo chef e laconsegna del guidoncinodella Delegazione.

CALTANISSETTA28 aprile 2010

Ristorante “Vicolo Duomo”di Angela Mendola, fondatonel 1992. ●Vicolo Neviera 1,Caltanissetta; =0934582311; coperti 55. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione necessaria; ferieagosto; giorno di chiusuradomenica e lunedì a mezzo-giorno. ●Valutazione 8,50;prezzo € 30,00; elegante,tradizionale, accogliente.

Le vivande servite: uova al-la stemperata, polpettine disparacello, ricotta al fornocon pesto di finocchietto,carciofi ripieni al sugo, fritta-tine alle erbe; tagliatelle dipasta all’uovo con crema difave e finocchietto; trofie conpesto di frutta secca e melan-zane grigliate; involtini dicarne di maiale all’arancia;involtini di carne di vitellocon ripieno di tuma e “maz-zareddi”; torta al cioccolato efrutta secca con salsa al cioc-colato.

I vini in tavola: AziendaLombardo Salvatore: Fiore diNero (rosato Igt Sicilia), Nerod’Avola (rosso Igt Sicilia),Passa di Nera (Igt Sicilia ven-demmia 2008).

Commenti: La Delegazio-ne con questa riunione con-viviale ha voluto festeggia-re, assieme ai titolari Angelae il marito Aldo, l’inseri-mento del ristorante nellaguida “Le buone tavole del-la tradizione”. Il tema dellaserata era il vino siciliano,splendidamente narrato al-l ’ interno della rivista“Enos”. Erano ospiti dellaDelegazione il dott. DarioPennica editore, appunto,della rivista di cultura deivini “Enos”, e il giornalistaGiancarlo Lo Sicco, autoredel libro “Memorie gastro-nomiche della città perdu-ta”. L’azienda vinicola“Lombardo Salvatore” testi-moniava la cultura del buonvino, presente anche nellaprovincia di Caltanissetta: ilt i tolare, l ’enologo dott.Lombardo, con l’addettostampa Sherman, ha gentil-mente offerto i vini della se-rata. In questo locale è unpiacevole rito, a fine serata,leggere le schede di valuta-zione degli Accademici. Se-rata molto gradevole, pie-tanze molto apprezzate, ot-timo l’abbinamento con i vi-ni. Il ristorante è definitodagli Accademici nissenicome l’unico posto dove sipossano portare a cena gliamici di altre città.

MODICA25 aprile 2010

Ristorante “Rugantino alMuretto” di Mauro Caponi,fondato nel 2000. ●Via Lo-reto 104, Modica (Ragu-sa); =0932 752074; co-pert i 150. ● Parcheggioscomodo; pr enotazioneconsigliabile; ferie agosto;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7,30; prezzo€ 25,00; accogliente.

Le vivande servite: speck,prosciutto crudo, pancetta,verdure grigliate, formaggio,trippa; risotto ai funghi porci-ni; rigatoni alla zozzona; in-voltini alla palermitana; arro-sto di vitello al rosmarino; in-salata mista; fagiolini conaceto balsamico; mousse diricotta e pistacchi.

SICILIA

PUGLIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

I vini in tavola: Frappato diVittoria (Firriato).

Commenti: La Delegazionedi Modica, Simposiarca An-tonio Criscione, ha ospitatol’Associazione italiana celia-chia. Dopo una interessanteconversazione tenuta daldott. Simone Artimagnella,referente provinciale dell’As-sociazione italiana celica-chia, che ha illustrato ai nu-merosi commensali la malat-tia celiaca, fornendo anchedati, è seguito un gustoso eapprezzato pranzo a base dipietanze preparate con pro-dotti privi di glutine.

PALERMO27 aprile 2010

Ristorante “La Rinascente” diPeppe Giuffré, fondato nel2010. ●Piazza San Domeni-co, Palermo; =091 6017811;coperti 80. ●Parcheggio cu-stodito; prenotazione nonnecessaria. ●Valutazione8,90; prezzo € 35,00; acco-gliente.

Le vivande servite: fritti, sa-latini, tartine; “maccu” di favecon ricotta croccante in infio-rata primaverile; gigli confonduta di melanzana violet-ta e fiori di malva; tortino dicuscus con misticanza di pe-sce e fiori di borragine; maia-lino in sfoglia di zucca e fioridi acetosella; tortino di cioc-colato con contrasto di gelatoai petali di rosa.

I vini in tavola: Spumante diValdobbiadene; AngimbèCantine Cusumano; Nero d’A-vola 2008 Cantine Adragna.

Commenti: Il maestro chefPeppe Giuffrè di Trapani confama internazionale ha as-sunto la gestione dei risto-ranti “Rinascente”. Amico ap-prezzato di vecchia data, havoluto preparare agli Acca-demici un menu particolarebasato sui fiori commestibili.Ottima riuscita a confermadel livello dello chef, ap-

prezzato dai numerosi Acca-demici, consorti e ospiti, conapplauso. Simposiarca dellariunione conviviale l’Accade-mico Vito Rodovico che haintervistato Giuffrè illustran-do le pietanze tradizionali einnovative con l’uso di fiorifreschi.

PALERMO MONDELLO4 giugno 2010

Ristorante “Il Pontile” di Ro-sa Spatola, fondato nel 2006.●Via Lungomare Eufemio,Isola delle Femmine (Paler-mo); =091 7731141; coper-ti 200. ●Parcheggio incusto-dito, sufficiente; prenotazio-ne consigliabile; ferie mai;giorno di chiusura da no-vembre a marzo il merco-ledì. ●Valutazione 8; prezzo€ 22,00; tradizionale.

Le vivande servite: sarde abeccafico, alici marinate, in-salata di mare, cozze scop-piate; spaghetti con cozze evongole; spaghetti al nero diseppia; calamari fritti; mace-donia di frutta.

I vini in tavola: Branciforti(Cantine Firriato di Salemi);Corvo Glicine (Casa vinicolaDuca di Salaparuta, Castel-laccia).

Commenti: Allegra riunioneconviviale in una trattoria agestione familiare sul portic-ciolo di Isola delle Femmine.In tavola soltanto pesce fre-schissimo e ottimamente cu-cinato. Pastasciutta cotta se-condo regola e ben calda,come il più delle volte acca-de nei ristoranti solo ai tavolicon pochi commensali, men-tre stavolta il bel numero deipartecipanti avrebbe potutoessere un alibi per giustifica-re qualche défaillance. Il frit-to di calamari fragrante haottenuto convinti consensi alpari delle altre vivande, pro-poste con celerità e gentilez-za. Tutti questo serve a spie-gare il successo che la giova-ne équipe del “Pontile” ri-scuote meritatamente. Eccel-lente il rapporto qualità/prezzo.

SIRACUSA14 maggio 2010

Ristorante “Kalaonda” diCarmelo Pasquale, fondatonel 2009. ●Traversa Tonna-

ra di Terrauzza 138, Sira-cusa; =0931 316603, fax0931 714829; coperti 80.●Parcheggio privato, como-do; prenotazione necessaria;ferie dall’1 ottobre all’1 mar-zo. ●Valutazione 8; prezzo€ 35,00; accogliente, rustico,caratteristico.

Le vivande servite: antipa-sto fra terra e mare (canno-licchio di spada, caponata,gambero marinato agli agru-mi, cozze gratinate); trofiettecarciofi e gamberi; casereccepesce spada e menta; spigo-la in barchetta con gambero-ni di Marzamemi, contornodi peperoni ai pistacchi diBronte e mollica tostata; zuc-chine menta e caciocavallo;semifreddo di mandorle diAvola e Moscato di Siracusa.

I vini in tavola: bianco“Fanja” 2009 Igt Sicilia e Mo-scato di Siracusa “Don Nuz-zo” 2009 Doc (Antiche Canti-ne Gulino, Siracusa)

Commenti: Il Delegato An-gelo Tamburini ha avviatol’incontro dando rilievo auna importante ricorrenza:onorare Orio Vergani, a 50anni dalla sua scomparsa,con la pubblicazione di unapreziosa monografia cheraccoglie, oltre a significativiscritti dello stesso Vergani,autorevoli testimonianzesulla sua figura. Simposiarcadel convivio l’AccademicoGuido Vinci che ha elabora-to un accurato spaccatoscientifico, storico, lettera-rio, medico e gastronomicodi “Una tipicità siciliana: ‘aficurìnia”, con la consegnadi alcune ricette. Un lungoapplauso e il Delegato Tam-burini ha ringraziato Vinciper l’impegno e la cura nellatrattazione del tema. Ha poidato comunicazione dell’at-tribuzione della medagliad’oro nel concorso interna-zionale “Acquavite d’oro”,organizzato dall’Anag, allaGrappa di Moscato “Deme-tra” prodotta dall’AziendaLaganelli dell’AccademicoVincenzo Gandolfo. Infine,il maestro di cucina PlacidoTrovato e la maître MichelaGalioto, per il servizio im-peccabile, unitamente alproprietario Carmelo Pa-squale, hanno ricevuto ilgagliardetto e la vetrofaniaaccademiche e un applausoper la cura dell’intero con-vivio.

VAL DI NOTO3 giugno 2010

Ristorante “La Prua” di Sal-vatore Puglisi, fondato nel2010. ●Viale P. Mattarella12, Avola (Siracusa);=0931 822384; coperti 60.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 30,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: tartinemiste; pesce spada e gambe-retti marinati; gamberi croc-canti in crosta di pane; cozzegratinate; risotto con arancia,gamberi e zafferano; pescespada, calamaro, gamberoni,polpo, tonno alla griglia; in-salata mista; tortino al ciocco-lato in salsa vaniglia; gelatoal pistacchio; grappe.

I vini in tavola: Prosecco;bianco Insolia Rudini; Mo-scato.

Commenti: Menu di marenel rispetto della tradizione.Ottime materie prime; pescefreschissimo; antipasti su-perbi. Ottimo il primo; ab-bondante il secondo; moltobuono il dessert; servizioeccellente e veloce. Il loca-le, anche se di recente aper-tura, presenta professiona-lità e buona preparazionedei componenti lo staff.

CAGLIARI CASTELLO26 maggio 2010

Ristorante “Su Cumbidu” diGianmichele Dedoni, fon-dato nel 2001. ●Via Napoli11/13, Cagliari; = 070660017, anche fax; coperti150. ●Parcheggio incusto-dito, sufficiente; prenotazio-ne consigliabile. ●Valuta-zione 7,50; prezzo € 38,00;accogliente, rustico, caratte-ristico.

Le vivande servite: affettatimisti; formaggi misti e ricottaaffumicata; verdure grigliate:favette lessate con finocchiet-

to; “culurgiones” di patate;fregola con salsiccia e aspa-ragi; gallina ripiena con mir-to; pecora al vino rosso; pin-zimonio; frutta di stagione;dolci misti sardi.

I vini in tavola: Cannonau(Pranu Mariga), Argei; Can-nonau Olianas; Nieddera ro-sé (Contini); Nieddera rosso.

Commenti: Il convivio èstato organizzato dall’Acca-demico Giuseppe Perpigna-no. La cucina offre piattidell’antica tradizione agro-pastorale sarda con uso diprodotti genuini provenientidall’interno dell’isola. Moltoapprezzati fra gli antipasti ilpecorino sardo e fra i secon-di la pecora al vino rosso,che ha riscosso il plauso ge-nerale. I vini Doc sardi per-fetti nell’abbinamento. Cor-retto il rapporto qualità/prezzo. Efficiente ma un po’lento il servizio. A conclu-sione della serata il Delega-to ha ringraziato il Simpo-siarca per le scelte fatte e siè complimentato con lochef per la bontà delle pie-tanze e per il modo tradizio-nale di presentare i piatti. Aricordo della serata ha con-segnato al gestore il piattoin argento.

GALLURA28 maggio 2010

Ristorante “Clipper” di SergioVolpi, fondato nel 1981.●Via della Marina, PortoCervo, Arzachena (Olbia-Tempio); =0789 91644, fax0789 900024; coperti 180.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie da ottobrea marzo; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7,50;prezzo € 50,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: antipa-sti di mare dello chef; lingui-ne Clipper (gamberi, avoca-do, curry, pomodoro); raviolidi mare con crema di crosta-cei; frittura croccante di cap-puccetti e zucchine; ombrinadi mare in crosta di sale mari-no; pommes brioches e ver-dure al vapore; tris del pa-sticciere (crêpe al GrandMarnier, crema catalana, mil-lefoglie alle fragole).

I vini in tavola: Clipperbianco Vermentino e Clip-

SARDEGNA

SICILIA segue

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 219 • PAG INA 59

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

per rosso Cannonau (TenuteSoletta).

Commenti: Ristorante e piz-zeria elegante e particolar-mente accogliente di pro-prietà di Sergio Volpi e dellefiglie; ha mantenuto dalla suaapertura nel 1981 una condu-zione familiare che gli haconsentito di rimanere puntodi riferimento e di ritrovo so-prattutto per la marineria tu-ristica di Porto Cervo. In cu-cina gli chef Gaetano Meliotae Pino Dellegrazie.

NUORO30 maggio 2010

Ristorante “Anticos Palathos”,fondato nel 2006. ●Via Na-zionale 51, Orosei (Nuoro);=0784 98604, fax 0784997590; coperti 60. ●Par-cheggio incustodito, insuffi-ciente; ferie da novembre amarzo; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7,50;prezzo € 45,00; elegante.

Le vivande servite: insalatadi polpo; lasagnette di bottar-ga con frue; pescatrice allacatalana; perle di patate aifrutti di mare; trancio di rom-bo al rosmarino; carote alburro; “seadas” di ricotta conconfettura di arancia.

I vini in tavola: Frinas bian-co Doc, Cagnulari rosso Igt(tutti e due della CantinaCar.Pan.Te - Usini srl).

Commenti: In un’atmosfe-ra piacevole, il ristorante ri-ceve gli Accademici con lasua austerità d’autore, laraffinatezza di un restauroindovinato, la sorpresa deigiochi di luce che giungonoda lampade e squarci di tet-to sapientemente distribuiti.Un ambiente rarefatto esuggestivo che invita all’at-tesa non impaziente del ci-bo. Le pietanze servite in ta-vola non hanno tradito ilnotevole impatto visivo dellocale. Sapori sobri in buo-na parte, presentazione in-vitante, profumi freschi,esaltati da vini pregevoli.Un’esperienza convivialeche conferma la bontà dellacucina mediterranea e valo-rizza la ristorazione orosei-na. La caratterizzazione deipiatti dovrebbe rispecchiaredi più la tradizione locale el’ambiente che accoglie ilconsumatore.

PARIGI26 maggio 2010

Ristorante “La Corte” di En-zo Barone. ●320, Rue SaintHonoré, Parigi; =33 142604527. ●Parcheggio alMarché Saint Honoré; pre-notazione indispensabile.●Valutazione 7,57; prezzo €55,00; accogliente, curato.

Le vivande servite: stuzzi-chini e golosità della casa(burratina e prosciutto, cala-mari fritti, carciofi fritti); as-saggio di tagliolini con porci-ni e asparagi; cannellone ri-pieno di ricotta allo zaffera-no; arrosto di vitello con in-divie novelle brasate; tirami-su alle fragole di bosco.

I vini in tavola: Prosecco -Anthilia bianco (Donnafuga-ta) Santa Cristina di Noli.

Commenti: Serata brillantesotto diversi aspetti: la cucinainventiva e di grande qualitànei prodotti e nella loro ela-borazione, l’accoglienza e ilservizio attento, l’atmosferacordiale che ha caratterizzatola serata cui hanno partecipa-to 18 convitati. Ristorantemolto raccomandabile.

MONACO DI BAVIERA11 maggio 2010

Ristorante “Porta Capuana”di Gianni Mascia, fondatonel 2008. ●Thierschstr. 14,Monaco di Baviera; =08963893041; coperti 60+60 al-l’aperto. ●Giorno di chiusu-ra domenica. ●Valutazione7,90; prezzo € 61,00; ele-gante.

Le vivande servite: carpac-cio di bue arrosto su insalatadi asparagi e salsa al parmigia-no; risotto con asparagi, sca-morza affumicata, speck e ba-silico; petto d’anatra al fornocon focaccina di porri e verza

su salsa al Marsala; focaccinadi rabarbaro e ricotta di bufalacon gelato al melone.

I vini in tavola: Petriera -bianco Terra degli Osci Igt2008 e Petriera - rosso Terradegli Osci Igt 2008 (CantinaCatabbo - San Martino inPensilis, Campobasso).

Commenti Ristorante visita-to per la prima volta dallaDelegazione. Il patron Gian-ni Mascia ha ricreato all’inter-no del locale un angolo dipiazza Plebiscito a Napoli.Nutrita presenza di Accade-mici e invitati. Ospiti d’onoreil console generale in Mona-co di Baviera e signora. Laserata è stata organizzata dalSimposiarca Roberto Cecchi-ni che ha concordato con ilristoratore un menu sempli-ce, con elementi della cucinatradizionale italiana e unaleggera novità, rappresentatadal dessert, con il rabarbaro -tipico dell’Italia del Nord, eancor più tipico delle regionid’oltralpe - combinato con lacampana ricotta di bufala. Lacucina di Bruno Luongo, ungiovane pieno di entusiasmoe di professionalità, si è rive-lata di alto livello sia per lascelta delle materie prime cheper la cura nella presentazio-ne dei piatti, tutti serviti coneleganza e sobrietà. Un plau-so particolare è andato al car-paccio di bue e al risotto. An-che l’abbinamento pietanze-vini del Molise, deciso dalSimposiarca di concerto conil sommelier Carlo Franchi, èrisultato ben riuscito. A con-clusione della serata, il Dele-gato ha consegnato al Simpo-siarca lo speciale distintivo inargento e ha dato il benvenu-to ai due nuovi AccademiciMarianna Fucci e FerdinandoDalla Villa.

AMSTERDAM-LEIDEN30 maggio 2010

Negozio di specialità alimen-tari italiane, catering & le-zioni di cucina “PassioneItalia”, fondato nel 2004.●Zwaaikom 7, Katwijk aanZee; =31 0714010485; co-perti 25. ●Parcheggio a pa-gamento, comodo; prenota-zione indispensabile; apertola sera. ●Valutazione 8,40;prezzo € 60,00; accoglientee informale.

Le vivande servite: carpac-cio di controfiletto di manzocon scaglie di parmigianoreggiano delle vacche rosseriserva 2006 e aceto balsami-co di Modena extravecchioriserva; tortino di verdure gri-gliate e gratinate in panurearomatica e pecorino fioresardo; millefoglie croccantedi pane d’Altamura, ripienodi gorgonzola affinato 200giorni e composta di perebiologiche; pappardelle pro-fumate alla salvia con sugo diasparagi, guanciale affumica-to friulano ripassato e scagliedi pecorino del Texel; carrédi agnellino del Beemstercon pesto di rucola e tartufo-na; bieta ripassata alla roma-na; panna cotta con un cuoredi confettura di pesche tardi-ve di Leonforte servita congranella di torrone alle noc-ciole delle Langhe.

I vini in tavola: Doc Lacri-ma di Morro d’Alba Manci-nelli 2007; Igt Umbria Gre-chetto “Il Moggio” Goretti2007; Doc Basilicata Agliani-co del Vulture D’Angelo2004; Docg Rosso di Montal-cino Casanova di Neri 2005;Docg Moscato d’Asti MastriVignaioli di S. Stefano 2008.

Commenti: La Delegazioneè tornata a trovare il negozio-studio dove si vendono pro-dotti italiani di altissima qua-lità e si tengono corsi eworkshop di cucina italiana,proponendo all’anfitrione echef Victor Russo una sfidagastronomica: combinare inarmonia prodotti tipici, inparticolare Dop italiani eolandesi. Victor ha raccolto lasfida e ha preparato un menuitaliano molto interessantecon degli ottimi vini in abbi-namento. In particolare, l’usoin preparazioni italiane dicarni e formaggi olandesi(straordinario l’agnellino delBeemster e molto interessan-te il quasi sconosciuto peco-rino morbido di Texel) hadato ragione e senso al titolodato un po’ scherzosamentealla serata: “Una corrispon-denza di amorosi sensi”. Mol-to apprezzato anche il ricor-so a delizie regionali, comela composta di pesche diLeonforte nel dessert, tuttefrutto di piccole produzioniattentissime alla qualità. An-che il servizio di cantina si èconfermato all’altezza e gliAccademici hanno potuto fa-re la conoscenza di un bian-

co di straordinario impattocome il Grechetto, esaltatodal passaggio in legno, e de-gustare due diversi rossi distruttura con il secondo. Nelcomplesso hanno considera-to vinta la sfida e hannoespresso giudizi molto positi-vi sull’iniziativa e sul tema,ringraziando l’AccademicoAndrea Marini per l’attenta ecurata organizzazione.

VARSAVIA19 maggio 2010

Ristorante “Piccola Italia”di Stefano e Barbara Cheru-bini, fondato nel 1998.●Ul.1 - Sierpnia 46, Varsa-via; =48 228468737, fax48 228468747; coperti 120.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile.●Valutazione 8; prezzo €

35,00; caratteristico.

Le vivande servite: fantasiadi salumi del Subasio; insala-tina di farro al balsamico; ci-pollata con crostini caserecci;cappellacci al tartufo nero diNorcia; porchetta al forno;patate al forno; carciofi fritti;salame del re.

I vini in tavola: GrechettoUmbria Igt (Palazzone);Campo del Guardiano Orvie-to classico Doc (Palazzone);Rosso di Montefalco Doc (Ar-naldo Caprai).

Commenti: Il menu è statoapprezzato: complimenti pergli ingredienti tutti freschissi-mi. In particolare la porchettaal forno (preparata su ordina-zione) è risultata tenera e gu-stosa, anche se avrebbe meri-tato una maggiore speziatu-ra. Il proprietario StefanoCherubini è stato estrema-mente disponibile e ha dimo-strato con decisione di volerrestare tra i primi in un mer-cato difficile e competitivo. Illocale dispone di una pizze-ria con forno a legna, offreun ottimo servizio e un prez-zo concorrenziale.

MONACO24 marzo 2010

“Zelo’s Restaurant”. ●Gri-maldi Forum, 10 Av. Prin-cesse Grace, Monaco;

PRINCIPATO DI MONACO

POLONIA

OLANDA

GERMANIA

FRANCIA

EUROPA

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 219 • PAG INA 60

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

=377 99992550, fax 37799992560; coperti 130. ●Par-cheggio custodito; prenotazio-ne consigliabile; ferie novem-bre. ●Valutazione 7,90; prez-zo € 130,00; raffinato.

Le vivande servite: fettine difegato di coniglio alla salvia;baccalà dorato; cuori di car-ciofi in tempura; crudo di vi-tella fassona battuta al coltello;peperone al forno farcito allapiemontese; girello di vitellafassona in salsa tonnata; tarteTatin di cipollotti e carcioficon salsa al peperone; agno-lotti del “plin” al tovagliolo; ta-glierini al tuorlo d’uovo conragù di verdure; carré diagnello con salsa al Barbare-sco e tartufo nero; tortino cal-do al gianduia con zabaioneal Moscato d’Asti; piccola pa-sticceria preparata sul posto.

I vini in tavola: Pinot nero2006, Barbera d’Alba vignetoSanto Stefano 2008, Barbare-sco vigneto Santo Stefano2006, Moscato d’Asti 2009(tutti del Castello di Neive).

Commenti: Chef d’eccezioneper celebrare la giornata dellacultura è stata Mariuccia Fer-rero, titolare del noto ristoran-te “San Marco” di Canelli. Lastella della Ferrero ha brillatoa Monaco ricreando nelle ele-ganti sale dello “Zelo’s” i sa-pori e profumi della collinedel Monferrato, con un ricor-do ai luoghi cari a Cesare Pa-vese, legato alla chef da unaprofonda storia di famiglia.Ospite d’onore l’ambasciatored’Italia nel Principato dott.Franco Mistretta. Strepitoso emolto apprezzato l’aperitivocon la ricca serie di antipastiche hanno reso famoso il“San Marco”. Ben appropriatii vini tutti di provenienza delCastello di Neive, per una se-rata di alta cucina.

MONACO26 maggio 2010

Ristorante dello “Yacht ClubMonaco”, fondato nel 1950.●16, quai Antoine 1er, PortoCondamine, Monaco; =37793106300; coperti 150. ●Par-cheggio custodito; prenotazio-ne necessaria; ferie novembre.●Valutazione 7,20; prezzo €

100,00; raffinato.

Le vivande servite: taglioli-ni all’aragosta con fiori dizucchini; gamberoni di San

Remo grigliati con tartare dilegumi alle erbe aromatiche;maccaroni alle pesche.

I vini in tavola: ProseccoModolet brut Tenuta Angoris;Gavi di Gavi La Scolca Docg;Vermentino Laura Ascheri;Ramandolo Docg TenutaGiovanni Dri.

Commenti: Serata convivialedi primavera svoltasi sulla ter-razza del ristorante con vistasul porto della Condamine eprestigiosi hotel come “Her-mitage” e “Hotel de Paris”. Lochef Bruno, ligure doc, in ac-cordo col Vice-Delegato, haelaborato un menu a base dicrostacei, il primo piatto conaragosta pescata al largo diVentimiglia e piatto principalecon i famosi gamberi di SanRemo padellati e serviti conlegumi della campagna diDolceacqua. Apprezzati i viniselezionati dalla sommelierLaura Martelli così come ilmaccarone ghiacciato alla pe-sca, servito con il Ramandolo,fine vino da dessert.

BARCELLONA26 maggio 2010

Ristorante “Le Cucine Man-darosso” di Pietro Leonetti,fondato nel 2006. ●Verda-guer i Calls 4, Barcellona;=93 2690780; coperti 40.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie seconda metàdi agosto; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,89;prezzo € 35,00; rustico, fratrattoria e bistrot.

Le vivande servite: aperitivimisti vegetali della casa; bur-rata e speck; gateau di patate;tagliolini al pesto; braciolineal ragù; cannoli siciliani e pa-stiera.

I vini in tavola: Rosso Bigi.

Commenti: Cucina tradizio-nale da équipe di giovani dinotevole dedizione che deb-bono perfezionare - comespesso avviene in questo ge-nere di piccoli ristoranti italia-ni in Spagna - i tempi di servi-zio. Servizio cortese e di qua-lità. Prezzi contenuti. Il piattoforte è la pasta in numerosepresentazioni. La Delegazio-ne ha espresso un giudizioglobalmente positivo.

MADRID14 maggio 2010

Ristorante “La Nonna” di Al-berto Pezzetti, fondato nel1999. ●Calle Profesor Wak-sman 8, Madrid; =914575627; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferieagosto; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione 8;prezzo € 45,00; familiare.

Le vivande servite: mistodi salumi e lingua salmistra-ta; gnocchi al burro e salvia;ossobuco con polenta; gela-to al cioccolato bianco.

I vini in tavola: Proseccodi Valdobbiadene; BiancoTocaj 2007 (Ronco dei Tas-si); Rosso Rosso; SangioveseMerlot 2008 Doc Daunia.

Commenti: La serata harappresentato il pieno suc-cesso della prima esperienzadel Simposiarca, il neo Acca-demico spagnolo Moises Ru-bias, validamente assistitodalla moglie italiana. Indovi-natissima la scelta del localeinteramente gestito da unafamiglia bergamasca, impe-gnata, anche dall’Italia, conla fornitura di tutte le mate-rie prime di stretta produzio-ne artigianale e quindi an-che di smagliante genuinità.C’e anche per davvero lanonna, la signora Nella, cheesce dalla sua cucina per sa-lutare personalmente iclienti e illustrare la prepara-zione delle pietanze. Da no-tare che questo è forse l’uni-co ristorante italiano in tuttala Spagna che offre costante-mente nel suo menu l’osso-buco e la lingua salmistrata.Questo evidentemente giu-stifica il tutto esaurito diquasi tutti i giorni. Azzecca-to in pieno il menu, tradizio-nalmente italiano, che i nu-merosi convitati hanno mo-strato di gradire applauden-do a lungo la nonna allaquale il Delegato ha conse-gnato il gagliardetto.

SVIZZERA ITALIANA27 aprile 2010

Ristorante del “Grand HotelEden”, direttore Nicolas Wie-meijer, fondato nel 1919.●Riva Paradiso 1, Lugano;=+41 919859200, fax +41919859250; coperti 200.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7; prezzo frs 100,00(€ 70,00); elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: crudo ditonno e lime, gamberone intempura, fiore di zucchina far-cito, salsa al tartufo, tortino diformaggi freschi con erbettearomatiche e insalata novella;risotto Carnaroli con Spuman-te e dadolata di verdura; vitel-lo nostrano cotto a bassa tem-peratura con verdure mignone salsa al Merlot; millefogliecon lamponi; caffè.

I vini in tavola: Convivio, Ti-cino Doc 2009 (Monticello vi-ni, Mendrisio); Piccolo Roncodi Pedrinate, Merlot del Tici-no Doc 2006 (Casa Valsangia-como, Mendrisio); Moscatod’Asti Rivetto Doc 2009.

Commenti: I 25 anni dellaDelegazione sono stati fe-steggiati con una serata inti-tolata “La cena delle meravi-glie, un mondo da fiaba1985-2010, venticinque annidi civiltà della tavola nellaSvizzera Italiana”. Lo spunti-no ha visto la presenza diCamilla Baresani, nota scrit-trice e critica gastronomicaitaliana, che è intervenutacome ospite d’onore. Dopol’intervento del giornalistaSalvatore Maria Fares, il De-legato Paolo Grandi ha inter-vistato Camilla Baresani, sot-tolineando l’importanza deiprodotti del territorio e dellatradizione gastronomica ita-liana presente in Ticino. Par-ticolarmente apprezzato il ri-sotto Carnaroli con Spuman-te e dadolata di verdure del-lo chef Marco Ghioldi. In fi-nale, taglio della torta del25°, una millefoglie con lam-poni, particolarmente accla-mata. Accompagnavano ilmenu due Merlot ticinesi vi-nificati in bianco e rosso eun ottimo Moscato d’Asti delPiemonte.

SVIZZERA ITALIANA19 maggio 2010

Ristorante “Ex Cantine Luc-chini” di Nicola Pagna-menta, Key Events, fondatonel 2007. ●Via Cantonale27, Pregassona; = 919220101, fax 919 220150;coperti 25. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; pre-notazione necessaria; feriemai; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 8;prezzo frs 90,00; tradizio-nale, accogliente, caratteri-stico.

Le vivande servite: degu-stazione di tre stuzzichini sfi-ziosi e aspic di Negroni eFranzini; scaloppa di foiegras su letto di indivia alPorto; risottino di fragole eChampagne; filetto di maialein camicia di lardo nostranosu verdurine primaverili evellutata al Merlot; formaggidi Sonvico (Lugano) in abbi-namento alle gelatine di vi-no; creme ghiacciate e i loroliquori; caffè Chicco d’Oro.

I vini in tavola: bianco Gra-nito di Meinrad Perler, Tenu-ta dell’Ör, Arzo; rosso Merlotriserva Fiori di Bacco, CesareValsangiacomo, Mendrisio;grappa ticinese, nocino dellacasa, sambuca.

Commenti: Gradevole e in-teressante serata in un in-contro tra Accademici e socidel Lions club Ceresio, pre-sieduto dall’AccademicoGiancarlo Bernasconi. Lasuggestiva ex cantina, tra-sformata in un’accoglienteserie di sale e saloni, ci hapermesso di invitare all’ape-ritivo il sommelier GinoFontana, vice-presidente na-zionale dell’Ass. Un’interes-sante relazione sulla vite, ilvino in Ticino e la storia del-le ex Cantine Lucchini ha sti-molato la curiosità degli Ac-cademici che sono poi pas-sati a degustare il menu, stu-diato da Nicola Pagnamentae dai suoi chef per abbinareopportunamente alcuni pre-giati vini ticinesi e anche ilFranzini, un aperitivo ricava-to da vino ed erbe aromati-che, presentato in gelatina.Apprezzatissimo il filetto dimaiale in camicia e il risotti-no alle fragole e Champa-gne. Valerio Cimiotti dellaChicco d’Oro ha presentatoin chiusura i suoi diversi ot-timi caffè.

SVIZZERA

SPAGNA

PRINCIPATO DI MONACO segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

CANBERRA27 aprile 2010

Ristorante “La Cantina” diOrnella Celestino, fondatonel 2003. ●4 Iluka Street,Narrabundah; coperti 70.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferieNatale; giorno di chiusurafestivi. ●Valutazione 7,55;prezzo aus$ 90,00; acco-gliente.

Le vivande servite: focacciae canapè; frittelle di zucchi-ne; ravioli fatti in casa conburro e salvia o gnocchi allacrema di gorgonzola; filettodi barramundi al cartocciocon tortino di patate o filettodi manzo con verdure stufa-te; torta di crêpe alle mele eamaretti.

I vini in tavola: Pinot grigio2008 (Cortegiana) delle Ve-nezie; Chianti classico 2006(Isole e Olene).

Commenti: Finalmente sia-mo riusciti ad andare a cenanel ristorante reputato unodei migliori di Canberra. Perconvincere i proprietari èstata necessaria tanta pa-zienza ma alla fine tutto èandato molto bene, il menuscelto in precedenza dallacarta del locale è risultato ot-timo e delicato, ogni com-mensale ha potuto gustare leportate presentate elegante-mente e il servizio è stato ot-timo. L’ambiente era vera-mente simpatico e acco-gliente, i 38 commensali era-no ben amalgamati fra loro.Un’ottima serata in compa-gnia dell’ambasciatore Gian-ludovico De Martino, la suaconsorte e il nunzio aposto-lico. Alla fine della serata ab-biamo ringraziato vivamenteOrnella Celestino, cuoca e

comproprietaria del locale,dell’ottima cena.

CANBERRA8 giugno 2010

Ristorante “Santa Lucia” diFranca e Pasquale Catanza-riti, fondato nel 2008.●10/84 Ainsworth, Mawson;coperti 50. ●Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,30; prezzo aus$50,00; rustico.

Le vivande servite: frittelledi zucca; pizza napoletana;polpetti alla griglia; pollettoalla “Santa Lucia” con patateal forno, peperonata e insala-ta di rucola; torta di ricotta.

I vini in tavola: ogni com-mensale ha portato un suovino da abbinare al menu.Commenti: La serata è tra-scorsa all’insegna della sem-plicità e nel modo più fami-liare possibile. L’interesseper l’Accademia si sta svi-luppando sempre più inCanberra e i simpatizzanti egli invitati ai nostri convivisono sempre più numerosi.Nulla da eccepire sul menusemplice e casalingo. Otti-ma la pizza (la pasta ben lie-vitata e ben cotta), i polpettianche se buoni erano unpo’ troppo salati, il polletto,tipo Valle Spluga, arrostitoalla brace era molto buonoe per finire tutti hanno gu-stato la torta di ricotta, che aparere della Delegata erabuona, ma simile a un chee-se cake più che a una tortadi ricotta all’italiana. Comeal solito gli Accademici era-no più di 30 e il risultato fi-nale ha ben rispecchiato ilparere unanime dei com-mensali. Apprezzato il rap-porto qualità/prezzo.

SAN PAOLO17 marzo 2010

Ristorante “Vinheria Percus-si” di Silvia e Lamberto Per-cussi, fondato nel 1985. ●RuaCônego Eugenio Leite 523,San Paolo; =11 30884920;coperti 90. ●Parcheggio custo-dito; prenotazione consiglia-bile; ferie Natale; giorno dichiusura lunedì e domenicasera. ●Valutazione 9; prezzoreais 120,00 (€ 70,00); fami-gliare, accogliente.

Le vivande servite: panelle,gamberetti marinati in succodi limone e arancia su un lettodi radicchio verde; pasta allaNorma con ingredienti orga-nici (pomodori freschi, me-lanzane, ricotta salata e basili-co); tonno in crosta di pistac-chio con caponata e patatinenovelle allo zafferano; cannolisiciliani con crema pasticcierae gelo di caffè con panna.

I vini in tavola: Chardon-nay 2005, Rosso del Conte2005, Nozze d’Oro 2005, Pas-sito (tutto Tasca d’Almerita).

Commenti: La Delegazioneha avuto l’onore di partecipa-re all’anteprima di una seriedi quattro serate gastronomi-che organizzate dal ristorante“Vinheria Percussi”, con lapresenza di Fabrizia Lanzadella nobile famiglia sicilianaTasca d’Almerita, proprieta-ria, direttrice e insegnante diuna scuola di gastronomia aPalermo. In un ambiente ele-gante e accogliente il menusuggerito dalla signora Fabri-zia e condiviso dalla chef Sil-via Percussi si è rivelato unsuccesso unanime ancheperché ha ricordato i saporiormai lontani della Sicilia:tutti hanno assaggiato labontà e originalità dei piatti.Le vivande infatti si sono di-stinte per la qualità delle ma-terie prime (farina di ceci perle panelle, l’origano per igamberi e la ricotta salata perla pasta alla Norma sono ve-nuti dalla Sicilia) e per l’origi-nalità degli accostamenti. Laclassica pasta alla Norma conpomodori freschi e melanza-ne senza l’amaro, un sogno.Il tonno ha sorpreso tutti,croccante all’esterno e anco-ra leggermente umido all’in-terno, con contorno di unadeliziosa caponata. I tradizio-

nali cannoli con la crema pa-sticciera e il gelo di caffè conla panna hanno chiuso conchiave d’oro una cena davve-ro eccezionale. Perfetto l’ab-binamento dei vini e un ser-vizio inappuntabile

SAN PAOLO18 maggio 2010

Ristorante “Seraphini” diFernanda Marino, fondatonel 2008. ●Alameda Jaú1303, San Paolo; =11-30811160; coperti 80. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; ferie Na-tale e Capodanno; giorno dichiusura domenica, lunedì emartedì sera. ●Valutazione7,50; prezzo reais 150,00 (€60,00); ristorante d’affari.

Le vivande servite: pici alprofumo di limone sicilianocon gamberi, pomodori ederbe aromatiche; spigola alcartoccio con peperoni, cap-peri e contorno di patatine alforno; tiramisu.

I vini in tavola: Gavi (Mi-chele Chiarlo) 2007; Fianodel Sannio (La Rivolta) 2006.

Commenti: Con lo scopo diincentivare i nuovi ristorantie i giovani chef, la Delega-zione ha scoperto questo lo-cale gestito da brasiliani cheamano la nostra cucina e sisono affidati a Fernanda Ma-rino, brava cuoca di origineitaliana laureata all’universitàAnhembi Morumbi, che haproposto un menu di mareabbinando i pici (pasta arti-gianale di origine senese)con una salsa a base di gam-beri profumati con limone si-ciliano e poi una bella spigo-la preparata al cartoccio conpeperoni e capperi di unadelicatezza straordinaria.Complimenti anche per il ti-ramisu fatto con il vero ma-scarpone. La riunione convi-viale è stata molto gradevole,con la presenza di oltre 40Accademici e amici che sonorimasti entusiasti della bellacena organizzata dalla Sim-posiarca Angela Freitas.

SAN PAOLO e SAN PAOLO SUD

28 marzo 2010

Ristorante “Terraço Itália”del Gruppo Comolatti , fon-dato nel 1968. ●Av. Ipiran-

ga 344, 41 piano, San Pao-lo; =11 21892929; coperti110. ●Parcheggio custodito;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 8;prezzo reais 150,00 (€

60,00); elegante, con ariacondizionata, piano bar esale riunione.

Le vivande servite: baccalàmantecato alla vicentina; ton-narelli all’amatriciana; stra-cotto di manzo al vino rosso;tris di dolci.

I vini in tavola: Dolcetto diDogliani San Luigi (MarzianoAbbona) 2007; Barbera d’AstiL’Avvocata (Luigi Coppo) 2007.

Commenti: Le due Delega-zioni di San Paolo hannoavuto il piacere di ricevereun bel gruppo di Accademiciguidati da Benito Fiore Vice-Presidente dell’Accademia.Con la presenza di oltre 60commensali, con l’incantevo-le panorama della città illu-minata visto dal 41° pianodel “Terraço Itália”, si è svoltauna cena con tre cuochi: Sa-muel Oliva, nuovo chef deltradizionale ristorante, MarcoRenzetti, chef e proprietariodel “Pettirosso”, e Pier PaoloPicchi, anche lui chef e titola-re del locale che porta il suonome. Il veneto Oliva si èpresentato con un delicatobaccalà alla vicentina, il ro-mano Renzetti con i tonna-relli all’amatriciana e il tosca-no Picchi con lo stracotto alvino rosso. In chiusura, pic-coli dolci preparati da ciascu-no dei tre cuochi. Il DelegatoAchille Marco Marmiroli èstato il Simposiarca della se-rata, che ha avuto la presen-za di Giancarlo Affricano,Delegato di San Paolo Sud.

TORONTO22 febbraio 2010

Pizzeria “Terroni on Adelai-de” di Cosimo Mammoliti.●57-A, Adelaide St. East, To-ronto; =416 203 3093.●Parcheggio limitato. ●Prez-zo $can 75; accogliente.

Le vivande servite: taglierecon salumi e formaggi italianie locali; assaggi di varie pizzespecialità della casa; insalatagiuggiolosa (insalata mista,peperoni grigliati, formaggio

CANADA

BRASILE

AUSTRALIA

N E L M O N D O

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 219 • PAG INA 62

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

cambozola, olive, pinoli e vi-nagrette al miele); garganelliGeppetto (garganelli, cicoriasaltata, salsicia piccante casa-linga, fontina, parmigiano eolio di oliva); tortino al cioc-colato fondente; tè e caffè;birra italiana Peroni e Moretti.

I vini in tavola: vini rossi ebianchi pugliesi, calabresi esiciliani della cantina Terroni.

Commenti: Simposiarca laDelegata Marisa Bergagnini.Qesta pizzeria situata nel vec-chio Palazzo di giustizia è beninserita in un ambiente storicoche, rispettando le caratteristi-che dei locali, rende l’atmo-sfera molto interessante. Il ric-co e rustico menu è stato scel-to per essere gustato in una ti-pica serata invernale canade-se fredda e nevosa. Infatti nelpomeriggio ha imperversatouna bufera di neve impeden-do ad alcuni Accademici dipartecipare al convivio. I piùcoraggiosi hanno trascorsouna simpatica serata nellasuggestiva cantina con il sof-fitto e i muri di vecchi matto-ni, piacevolmente arredatacon botti e rustici tavoli. Otti-mi i salumi e i formaggi; parti-colarmente apprezzate le piz-ze che sono la specialità dellacasa; piacevole l’abbinamentodi sapori dell’insalata, mentrei buoni garganelli un po’ trop-po legati dal formaggio fuso.Ottimo il dolce della cuocaGiovanna. Servizio pronto, at-tento e cortese. Serata simpa-tica e amichevole.

TORONTO 13 aprile 2010

“Sorrento Restaurant” di Ni-no e Domenica Cioffi.●3265 Younge street, Toron-to; =647 351 0761. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile. ●Prezzo$can 140; familiare.

Le vivande servite: arancini,crocchette di patate, minical-zoni e schegge di parmigiano;carpaccio di polpo con ruco-la; risotto di asparagi profu-mato al limone con trancio diricciola; sorbetto di limonedella casa; spiedino di spigolasu letto di spinaci croccanti;delizia di limone; tè, caffè.

I vini in tavola: ProseccoMionetto; Greco di TufoGrotta di Sole; FalanghinaFeudi di San Gregorio.

Commenti: SimposiarcaPaolo Bizzarri coadiuvato dal-la gentile consorte Giulia che,dopo le parole di benvenutodella Delegata, ha illustrato ivini e il loro contesto storico.Il proprietario ha spiegato ilmenu ispirato alla cucina del-la costa amalfitana. Caldi e sa-poriti gli antipasti ma di di-mensioni troppo grandi. Te-nero e delicato il carpaccio dipolpo, buono il risotto, parti-colarmente squisito il sorbettodi limone, buono lo spiedinodi spigola e il dolce dello chefLuigi Spasiano una vera deli-zia. Molto apprezzato il toccoculturale dato dalla dottoressaNancy Dengler che ha parlatosul tema “Il pomodoro in bo-tanica”.

GUANGDONG29 maggio 2010

Ristorante “Ottimo” di Raf-faele De Gregorio, fondatonel 2010. ●26/27 DongjunPlaza, East Dong Feng Ave-nue, Guangzhou; =008620/87652991; coperti 50-60.●Parcheggio incustodito, in-sufficiente; prenotazionenon necessaria; ferie mai;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 7,03; prezzormb 400 (€ 47,00); moltoalla buona.

Le vivande servite: panza-rotti; calzoncini; arancini;melanzane in carrozza; farfal-le alla Posillipo; penne allasorrentina; frittura di gamberie calamari; tiramisu.

I vini in tavola: FalanghinaDoc e Greco di Tufo (Feudidi San Gregorio); Moscatod’Asti naturale.

Commenti: La locazione delristorante non è molto fortu-nata, l’arredamento semplicee rustico. Il titolare, che è an-che il cuoco, accoglie sempregli ospiti in maniera calorosae gioviale, tipicamente aman-te campana. Il menu è statostudiato cercando di rispettarela tipicità regionale di prove-nienza del cuoco selezionan-do il meglio di quello che po-teva offrire in quel contesto, eabbinando ai piatti vini cam-pani. Il tipo di ristorazione of-ferto è stato molto semplice enon di qualità eccellente. Lapiacevole serata è anche stataoccasione per la presentazio-ne di tre nuovi Accademici.

CITTÀ DEL MESSICO13 maggio 2010

Ristorante “D’Amico” di Wal-ter e Gianmarco Damico,Gloria Torres Ureña, fondatonel 2007. ●Calle Homero 418,Col. Polanco, Città del Messi-co; =55 50252787; coperti95. ●Parcheggio custodito,sufficiente; prenotazione ne-cessaria; ferie dal 24 dicem-bre al 3 gennaio; giorno dichiusura domenica. ●Valuta-zione 7,89; prezzo 590 pesos.

Le vivande servite: funghiPortobello ripieni di gamberie formaggio gruyère, aroma-tizzati con basilico e peperon-cino; foie gras con mango suun letto di cuori di lattuga,

con salsa della casa; spaghetticon carciofi, funghi, aglio,aromatizzati con olio di tartufibianchi; riso arborio con lami-ne di tartufo nero; orata agliasparagi; filetto di manzo alrosmarino; dolce di cioccolatotiepido pieno di nutella, ac-compagnato da un gelato divaniglia; millefoglie ripieno dimele e crema di amaretto.

I vini in tavola: ProseccoValdobiadene di Waldo; Val-policella Doc, Cantina Zena-to; Vernaccia di San Gimigna-no, Docg Cantine Querceto.

Commenti: La serata è statamolto applaudita, la presenzadel dott. Andrea Ferrari, diret-tore generale dell’Ice perMessico e America centrale,accompagnato dalla moglie,ha reso ancora più interes-sante la riunione conviviale, ei commenti sono stati in ge-nerale buoni, salvo alcuni ri-feriti agli ingredienti noncompletamente italiani. Ilproprietario e chef ha spiega-to che la freschezza e la va-rietà della cucina comporta-no, a volte, l’aggiunta diqualche prodotto loale. LaDelegazione ha consegnatoal dott. Ferrari il piatto in sil-ver dell’Accademia come ri-cordo della sua permanenzain Messico e partecipazione avarie riunione conviviali,nonché per aver finanziato,come Istituto per il commer-cio estero, l’arrivo in Messicodi vari chef della scuola “Al-ma” di Parma, all’Universitàgastronomica di Città delMessico, per insegnare la cu-cina italiana.

GUADALAJARA20 febbraio 2010

Ristorante “El Italiano” diPaolo Parnazza, fondatonel 1990. ●Av. Mexico 3130,Zapopan; =52 38130512,anche fax; coperti 150.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7; prezzo 600 pesos (€35,00); tradizionale.

Le vivande servite: bru-schetta al pomodoro, cala-mari fritti e affettati misti; stu-fato di coniglio con spinaci;dorado allo zafferano.

I vini in tavola: Prosecco;Pinot nero; Malvasia.

Commenti: Riunione convi-viale in uno dei più classiciristoranti italiani della città.La cena si è svolta in un am-biente cordiale, buono il ser-vizio, il coniglio molto buo-no, il pesce non era all’altez-za della carne, ci ha sorpresoche si sia utilizzato lo stessocontorno per i due piatti.

SANTO DOMINGO29 aprile 2010

Ristorante “Fellini” di Luca Pi-raccini e Ciro Casola, fondatonel 1996. ●Avenida Pastoriza504, Santo Domingo; =8093355464; coperti 120. ●Par-cheggio custodito, sufficiente;prenotazione consigliabile; fe-rie mai; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 8;prezzo rd$ 2.500 (€ 50,00);elegante.

Le vivande servite: fritturi-na napoletana; strudel di pa-tate al caprino fresco; garga-nelli al ragù bianco d’agnello;ossobuco di vitello destruttu-rato con risotto allo zaffera-no; tortino di cacao, pera ecrema di gorgonzola.

I vini in tavola: Valpolicellaclassico, Villa Novare, 2008, Val-policella Ripasso, Villa Novare,2006, Amarone, Villa Arvedi,2006, Recioto (tutto Bertani).

Commenti: Con questa riu-nione conviviale il Delegato eSimposiarca Mario Boeri havoluto riconoscere lo sforzodei gestori per l’impegno di-mostrato nei 15 anni di vita diquesto ristorante consideratouno dei migliori di tutta la Re-pubblica Dominicana. Il risto-rante lo scorso anno è statocompletamente rinnovato conimportanti miglioramenti al-l’ambiente in generale, chesono valsi a ottenere il pun-teggio più alto (8,50). Nell’a-spetto servizio, penalizzato inriunioni anteriori, il salto qua-litativo è stato incredibile perquesto Paese, dove la prepa-razione del personale è abba-stanza difficile, ottenendo uneccellente punteggio (8,30). Ilmenu proponeva un viaggiodal sud al nord Italia. Egregia-mente realizzati la fritturina elo storione, ottimo l’ossobucodestrutturato. Il dolce, crea-zione azzardata dello chef Ci-ro, ha suscitato ampi dibattititra i commensali. I vini, tutti

REPUBBLICA DOMINICANA

MESSICO

CINA

CANADA segue

Piatti e bicchieriLa fabbrica di posate piemontese Sambonet ha acquistato unadelle maggiori industrie tedesche della porcellana, la rinomataRosenthal. Mancano solo le tovaglie di Fiandra e i cristalli di Rie-del per apparecchiare una tavola.

(dai giornali)

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

della cantina Bertani, hannocostituito un abbinamentomolto armonico con i piatti eil tutto per un prezzo conside-rato molto ragionevole. Que-sto convivio ha lasciato tutti ipartecipanti molto soddisfattipoiché si è potuto dimostrareche quando un ristoratore èserio e vuole migliorare il suolocale, con piacere incorporai suggerimenti offerti dagli Ac-cademici e il risultato è unaspirale di crescita e migliora-mento continui.

SANTO DOMINGO27 maggio 2010

Ristorante “Il Buongustaio”di Francesco Ianconeta, fon-dato nel 2005. ●Calle Virgi-lio Dias Ordonez 41, SantoDomingo; =809 5622480,anche fax; coperti 65. ●Par-cheggio incustodito, insuffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,50; prezzo rd$1.750 (€ 40,00); famigliare.

Le vivande servite: prodottitipici pugliesi (pomodori sec-chi, olive, formaggi, bruschet-ta); calamari ripieni in guaz-zetto di cozze alla pugliese;orecchiette con pomodorofresco, rucola e pecorino delGargano; involtino di manzocon capriata di fave e cicoria;caciocavallo podolico conmarmellata di agrumi e panealle banane; mousse allo za-baione e Martini.

I vini in tavola: Proseccoextra dry (Maschio); NegroAmaro 2008 (San Marzano);Moscato (Villa Iolanda).

Commenti: La SimposiarcaAnna Sabato ha ripropostoquesto piccolo ma simpaticoristorante, localizzato nel cen-tro commerciale di Santo Do-mingo. L’Accademico CarloSoldati, in sostituzione delDelegato Mario Boeri, ha pre-sentato il menu proposto dal-lo chef Francesco Ianconeta,costituito da una serie di piattidi ispirazione pugliese, suaregione natale. Buoni i cala-mari ripieni in guazzetto beneseguito, le apprezzatissimeorecchiette. Quindi uno stac-co molto interessante con ilcaciocavallo podolico delGargano, super stagionato econ qualità organoletticheuniche, seguito da una buo-nissima mousse allo zabaione

e Martini. L’ambiente sempli-ce ma decoroso e simpatico,un buon servizio ai tavoli, vinicon buon rapporto qualità/prezzo e un conto molto ra-gionevole hanno fatto di que-sta serata una esperienza mol-to piacevole e una gradita ri-scoperta di un ristorante che,dopo gli inizi un poco diffi-coltosi, ha saputo correggere ipunti deboli e posizionarsiegregiamente nel competitivomercato cucinario locale.

NEW YORK24 maggio 2010

Ristorante “Felice” di Gherar-do Guarducci, Jacopo Giusti-niani, Ernani Lima, fondato

nel 2007. ●1166 1st Avenue,New York; =212 932223; co-perti 45+18. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione nonnecessaria; ferie 24 e 25 di-cembre; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 9;prezzo us$ 140; accogliente,caratteristico.

Le vivande servite: crostonecon la nostra porchetta e sal-sa verde; crostone al pomo-doro fresco e olio extra vergi-ne di Lucca; zuppa di pomo-doro; cacciucco alla livorne-se; tagliata di manzo con ru-cola, scaglie di parmigiano epatate arrosto; gelato diSant’Ambroeus al pistacchioe pera; Vin santo e cantucci.

I vini in tavola: Rosé Felice2009, Vermentino della Colli-

ne Lucchesi 2009, Felice2008, Quinis rosso della Col-line Lucchesi 2007, tutti diSardi Giustiniani; Vin santodel Chianti, Tenuta di Trec-ciano 2004.

Commenti: Un’altra serataben riuscita dove la sinergiagiovani e anziani si è fatta sen-tire sempre più convalidata edefficace. Il locale tutto per laDelegazione ha contribuito alsuccesso dell’evento. La Sim-posiarca Cristiana BaldeschiBalleani si è dimostrata unaperfetta padrona di casa met-tendo con grazia ed eleganzatutti a proprio agio, dall’amba-sciatrice del Principato di Mo-naco presso le Nazioni Unite,Isabelle Picco, ai nuovi Acca-demici Peter Lombardi e AldaRavagnan. Il menu toscano

verace è stato ideato dallochef Simone Parisotto. Squisi-ta la porchetta particolarmentetenera, succulenta e con pellecroccante. Parimenti apprez-zata la tagliata di manzo, lacottura perfetta come solo inun ristorante fiorentino sannoeseguire, e che dire delle pata-te arrosto che emanavano unaroma di erbe toscane? Maunanime è stato l’entusiasmoper il gelato di Sant’Ambroeusa cui tutti hanno dato dieci elode. Il proprietario JacopoGiustiniani, socio del Sant’Am-broeus, raffinato sommelier,ha scelto i vini, tutti della suafamiglia, squisiti e graditissimi.Una parola di apprezzamentoper il decoro, elegante,confortevole e “charmoso”.

SAN FRANCISCO9 giugno 2010

Ristorante “Cedro” di Giusep-pe Nevigato, fondato nel2010. ●10100 El CaminoReal, Menlo Park; =3223376; coperti 89. ●Parcheggiocomodo; prenotazione consi-gliabile; ferie lunedì. ●Valuta-zione 7,25; prezzo us$ 89,00;familiare, accogliente.

Le vivande servite: antipa-sto “Cedro” (prosciutto, mor-tadella, coppa e pere al San-giovese); orecchiette alla put-tanesca; pollo alla cacciatora;salmone al vino bianco; insa-lata mista; piatto di formaggi;tiramisu.

I vini in tavola: Pinot bian-co, L’Árco, Alto Adige 2007;Costamolino, Argiolas, Sarde-gna 2008; Cirò rosso, Calabria2006.

Commenti: L’incontro con-viviale si è tenuto nella veran-da esterna, che ha permessotranquillità e una fluida con-versazione. Il cibo servito e ilservizio al tavolo non si sonodistinti in modo particolare.Solo il piatto dei formaggi haaggiunto un tocco che pur-troppo manca nei ristorantidella California. I giudiziespressi dai commensali han-no evidenziato il dessert el’ambiente ma non si sonoscostati molto dalla mediache ha assegnato un 7,25. Ilristorante, conosciuto sino al-l’anno scorso con il nome di“Palermo”, è passato recente-mente nelle mani della fami-glia Nevigato che lo gestiscein modo totalmente familiare.

STATI UNITI

LA NOCE AVELLANA Quando avevo la beata età di diciotto anni, leggendo i sacri testi di ana-tomia umana normale, appresi che la simpatica e nostrana “nocella”era con dottrina nominata “noce avellana”. Lo appresi in modo acci-dentale essendo, per forma e per grandezza, più volte menzionata co-me termine di paragone a molte parti del corpo umano. Mi resi dunqueconto che il saporito e nutriente frutto delle colline dell’Irpinia si chiama“avellana”. Come nome specifico Linneo ha utilizzato un aggettivo chepermette di distinguere la specie dagli altri membri di quel genere. Ap-punto i noccioli sono gli alberelli che caratterizzano le prospettive e ipaesaggi dei nostri poderi e la Campania forse è la principale produttri-ce di nocciole in Italia. Oltre che sgranocchiarle crude o tostate, le nostrenocciole sono adoperate dalle industrie dolciarie che preparano granel-le, torroni, gianduiotti, cioccolatini, biscotti, creme miste con il cacao ti-po nutella e ingredienti per la confezione dei gelati e dei semifreddi. Lacoltivazione della pianta del nocciolo è una delle più antiche. Sembrasia originaria dell’Asia Minore dove sono stati trovati papiri inneggiantia queste piante considerate sacre per le loro virtù medicamentose già aitempi degli Assiri, vale a dire 5.000 anni fa. Anche i Greci e i Romaniapprezzavano le qualità medicinali del nocciolo. A ogni modo, nei tem-pi in cui le tecniche di conservazione degli alimenti erano pressoché sco-nosciute, il fatto che fosse possibile conservarle facilmente ne aumentaval’importanza perché si potevano usare come riserva di cibo per i periodidi penuria alimentare. Per quanto riguarda il potere terapeutico, effetti-vamente le nocciole contengono una frazione lipidica intorno al 63%,una frazione proteica del 13% e fibre per il 4,5%. Dato che la frazionelipidica è costituita in prevalenza da acidi grassi monoinsaturi, man-giando nocciole avremmo una stuzzicante prevenzione delle malattiecardiovascolari. perché le nocciole sono in grado di abbassare il coleste-rolo Ldl e i trigliceridi. L’Accademico Pietro Migliaccio, professore diScienza dell’alimentazione, ha affermato che le nocciole, come l’altrafrutta secca, fanno bene all’organismo anche perché contengono calcio,ferro e sali minerali. Ha aggiunto, però, che tutta la frutta secca, per l’al-to potere calorico, va mangiata in modica quantità. Sicché, dopo che lascienza dietetica ha ridotto duramente l’uso della nocciola, l’arte dellagastronomia ha riservato loro un posticino morbido e tranquillo. Le hacollocate in una specie di zona protetta. In altre parole ha consentitoche le nocciole continuassero a entrare nei nostri piatti, ma declassan-dole da cibo principale a semplice ingrediente. (Mario De Simone)

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NUOVI ACCADEMICI

PIEMONTE

AlessandriaGiuseppe Firpo

Torino LingottoAndrea Mario ProvenzaleCarla Suriani

LIGURIA

Albenga e Ponente LigureMarina CameranoAnnamaria CasaLiliana Raimondo CiarpagliniMauro Sandri

LOMBARDIA

VigevanoMaria Montini

VENETO

Belluno-Feltre-CadoreMarco GaspariniLuca MiglioriniLivio SimioniSimone Zago

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Muggia-CapodistriaGian Piero Saccucci di Napoli

Trieste Gabriella D’Andria RosatiEmidia Giuliani Cristaldi

EMILIA ROMAGNA

Bologna dei BentivoglioMauro Taddia

Borgo Val di TaroRoberto Paganuzzi

ImolaAlessandro Domenicali

RiminiGiuseppe Antonio Pedrazzi

TOSCANA

Costa degli Etruschigeom. Marco Vanni

EmpoliRoberto Boldrini

Firenze PittiGiovanni GiottiAldo Guglielmini CeresaRaffaella SantiVincenzo Vecchio

Pisa-ValderaCristina Martelli

Siena-ValdelsaFabio Datteroni

MARCHE

MacerataEnio Giustozzi

Orlando SimoniItalo Trapè

LAZIO

Formia-GaetaFiorita Maria CapuanoGiuseppe De GiorgioAldo MaiettiniSalvatore Vona

Roma AureliaLaura Spigarelli

Roma Valle del Tevere-Flaminia Carlo De Cecco

ABRUZZO

PescaraAntonio Feragalli

TeramoMario Russo

CAMPANIA

BeneventoAngela Evangelista Martucci

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

CENA ECUMENICA 2010La cena ecumenica, ormai diventata istitu-zionale per l’Accademia, non avrà più, apartire da quest’anno, la data fissa del 16ottobre come è accaduto negli ultimi anni.Ciò per evitare che un appuntamento cosìimportante per l’attività conviviale accade-mica si possa sovrapporre agli impegni delfine settimana. Il Consiglio di Presidenza hapertanto deciso che, a partire dal 2010, la

cena ecumenica verrà programmata per il terzo giovedì di ottobre.Quest’anno, quindi, la riunione conviviale, che vedrà insieme, allastessa mensa virtuale, gli oltre settemila Accademici in Italia e nelmondo, si svolgerà il 21 ottobre alle 20,30. I Delegati cureranno chela cena ecumenica sia accompagnata da una idonea relazione di ca-rattere culturale che illustri l’importante tema proposto sulla cucinadelle festività religiose.

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Penisola Sorrentina Giovanna D’Esposito

CALABRIA

Reggio CalabriaDemetrio Morabito

SICILIA

MessinaGiuseppe Sobbrio

SARDEGNA

AlgheroLuigi MastinoMaria Nuvoli

CagliariLyana LuccaCarlo Valli

Nuoro-OgliastraTonio Angius

AUSTRALIA

CanberraRobert Cadona

BELGIO

BruxellesPietro Bononcini

CANADA

EdmontonRichard Leigh WilkinRichard Lim

LIBANO

BeirutEmira Abillama

OLANDA

Amsterdam-LeidenMassimo Falcolini

STATI UNITI

MiamiStefano Lorusso

New York SohoAndrea FantozziEdwin GarrubboMarc Tract

SVIZZERA

LemanoMichele GhislieriSusanna Pedrazzini

TRASFERIMENTI

TRENTINO-ALTO ADIGE

BressanonePiergiorgio Baruchello(dalla Delegazione di Bordeaux)

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Trieste Roberto Ratti(dalla Delegazione di Taranto)

LAZIO

RomaAntonio Tacconi(dalla Delegazione di Budapest)

Roma Nomentana Andrea Canepari (dalla Delegazione di Washington)

SICILIA

MarsalaRaimondo Genco(dalla Delegazione di Gela)

UNGHERIA

Budapest Luigiterzo Bosca(dalla Delegazione di Asti)

VARIAZIONE INCARICHI

PIEMONTE

Pinerolo ConsultoreAntonino Riggio

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Muggia-CapodistriaVice-DelegatoMaurizio TremulConsultoriGilberto BenvenutiVeit Karl HeinichenLuciano PastorAlessandro Piazzi(Tesoriere)Alida Rova Ponte (Segretaria)Marino Vocci

MARCHE

Ancona Vice-Delegato-Segretario Mauro Pasqualino Urbano

LAZIO

Civitavecchia Consultore Giuseppe Luciano Landi

SICILIA

GelaDelegataConcetta BattagliaVice-DelegatoEmanuele Liardo

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

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ConsultoriVincenzo Battaglia Lirio Gaetano Federico Conti

Salvatrice Ivana LodatoMaria Miccichè Lo CurtoSalvatore Morreale

STATI UNITI

MiamiDelegataAlessandra Piras de Torrens

NON SONO PIÙ TRA NOI

LOMBARDIA

Monza e BrianzaPaolo Consolandi

VENETO

Cortina d’AmpezzoLuciana Borgogelli Amatori

Guido Fassina

Venezia Fulvia Sesani Di Sabato

FRIULI-VENEZIA GIULIA

GoriziaCatullo Giannattasio

LAZIO

CivitavecchiaEnrio Pietroni

SICILIA

RagusaGiuseppe Pluchino Zisa

CANADA

Toronto-OntarioRonald J. Farano Q. C.

L’Accademico Paolo Consolandi, uno deifondatori della Delegazione di Monza eBrianza, ci ha lasciati. Appassionato diarte, collezionò opere di artisti italianisempre attratto dagli artisti emergenti e datutte le forme artistiche. Era nel consigliodirettivo degli Amici di Brera ma la buonatavola fu sempre un’altra passione.

Aggiornamenti a cura diCARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO

e LORENA GALLINA

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

I prodotti agroalimentari che hanno un legame con ilterritorio sono una forma di identità e di promozione delpatrimonio culturale, artistico e industriale del nostroPaese, dal valore ineguagliabile; il problema è che unodei limiti italiani consiste nel fatto che non sappiamo va-lorizzare le nostre eccellenze, mentre valorizzando leproduzioni tipiche si valorizzerebbe anche tutto il territo-rio. Puntare sulla tipicità e qualità nell’agroalimentarenon è solo una operazione culturale, ma anche econo-mica, atta a offrire al territorio occasioni irripetibili. Sideve capire l’importanza che hanno il valore aggiunto el’innovazione tecnologica, per questo motivo si dovrebbepuntare a un costante miglioramento qualitativo delprodotto così da aumentarne il valore aggiunto, fa-cendo in modo di rendere distinguibili le nostrerealtà dalla massa produttiva che offre sola-mente soluzioni standardizzate e globaliz-zate, perché non basta avere il prodotto diqualità tipico del “made in Italy”, ma sideve anche saperlo valorizzare com-mercialmente. Disponendo di tutto ciò che abbia-mo, come tradizione, storia, intelli-genza ma anche come potenzialità,è doveroso un maggior impegno col-lettivo: i nostri prodotti agroalimen-tari e i loro derivati lavorati sonoprofondamente radicati nella nostrastoria e nelle nostre tradizioni, cosìcome lo sono gli ingredienti che licompongono. Dobbiamo attingere al

grande capitale della nostra cultura e nello stesso tempovalorizzare le tradizioni attraverso i costumi, il cibo, ilterritorio, salvaguardando così la grande cultura italia-na che non è solo locale ma è universale. Veniamo dauna tradizione culturale e storica estremamente ricca ecomplessa che nel corso dei secoli ha avuto la forza e lacapacità di assorbire culture e tradizioni le più differen-ti, introducendole e assimilandole nella propria; perden-do questo patrimonio, non avendo altre ricchezze, perde-remmo del tutto la nostra identità, diventando anonimi.Almeno in campo europeo dovremmo riuscire a protegge-

re e promuovere la nostra identità,le nostre tradizioni. Poiché non è il prodotto a imporreil valore all’etichetta ma è questa aimporre valore alla merce prodottae al mercato, e poiché in campomondiale in molti casi al marchioItalia si riconoscono il valore e lavocazione alla qualità, è questa lavia da percorrere. Dobbiamo avere,e questo vale per tutti i settori, pertutti i prodotti, un nuovo rinasci-mento, con la filosofia di ricerca,di invenzione e di novità che essoracchiude; sarebbe un volano mol-to importante se ricominciassimo apensare e lavorare in termini di ri-nascimento anche come rinascitaintel let tuale e culturale. (TitoTrombacco)

L’ITALIA NEL PIATTO

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

GUBBIO

UNA GITACON MERENDA

Nel pomeriggio del martedìdopo Pasqua la Delegazioneormai da tempo organizza unagita con merenda alla scopertao riscoperta di luoghi significa-tivi ma poco conosciuti del ter-ritorio umbro. L’iniziativa si èripetuta anche quest’anno conmeta la sperduta chiesa di San-ta Maria Assunta di Caprigno-ne e il castello di Biscina, nelcuore delle colline eugubine,lungo il sentiero francescanodella pace Gubbio-Assisi. Luo-ghi oggi molto fuori mano eimpervi ma in passato econo-micamente e politicamente im-portanti. Caprignone, dove se-condo tradizione San France-sco, lasciata Assisi, fu assalitodai ladroni, peraltro fu luogoidoneo per costruire una chie-sa, o ripristinarne una preesi-stente, e aggiungerci un con-vento (oggi pressoché distrut-to) da parte del novello ordinedei frati minori Francescani,del tutto in linea con gli idealidi solitudine, pace e laborio-sità del poverello d’Assisi.L’Accademica Maria VittoriaAmbrogi ha guidato, con ecce-zionale bravura, la Delegazio-ne nella visita alla chiesa, re-centemente ma solo parzial-mente restaurata, e agli impor-tanti affreschi che conserva. Ilcastello di Biscina, antico feu-do dei conti di Coccorano, èstato dagli inizi del XV secolosotto la giurisdizione del Mon-tefeltro e oggi è oggetto di im-portanti lavori di restauro e ri-strutturazione. Due luoghi, a poca distanzal’uno dall’altro, legati a duegrandissime figure della storia:Francesco d’Assisi e Federicoda Montefeltro. Un pomerig-gio prezioso e utile in luoghiche sono parte integrante dellastoria religiosa e non solo del-la nostra civiltà, patrimonioculturale sconosciuto ancora atanti e che la Delegazione ha

voluto visitare prima di gusta-re, nell’ospitale Tenuta di Bisci-na, il frutto della concia delmaiale (salumi) eseguita inproprio negli scorsi mesi con latorta di Pasqua di Marinella Be-dini e la crescia sul panaro eassaggi di prelibati primi piattipreparati dalla titolare dell’a-zienda agrituristica.

SVIZZERA ITALIANA

NOZZE D’ARGENTO

Le tradizioni sono parte inte-grante di ogni civiltà, ma pur-troppo hanno tendenza ad as-sottigliarsi e disperdersi coltempo. Dovrebbero invece es-sere preservate con grande cu-ra in quanto formano il sub-strato e la memoria di tuttoquello che ci è caro. Tra le tra-dizioni importanti non va di-sconosciuta quella della cuci-na, che però, soprattutto algiorno d’oggi, con la grandefacilità di viaggi e di contatti,tende a imbastardirsi e annac-quarsi.È proprio perché la tradizionedella cucina italiana, una dellepiù valide e originali, con l’im-migrazione di genti da ogniparte tendeva a perdersi che,alla metà degli anni Cinquantaa Milano, quel geniale giorna-lista e bon vivant di Orio Ver-gani lanciò un grido di allar-me. Fu così che attorno a luiun gruppo di colti e appassio-nati gastronomi si riunì perfondare l’Accademia Italianadella Cucina destinata a pre-servare quel prezioso patrimo-nio di tradizioni cucinario-cul-turali italiane. Con il successodi questa Accademia ne ger-mogliarono delle Delegazionianche all’estero e nel 1985nacque la Delegazione dellaSvizzera Italiana, che fiorisce egode di ottima salute. È pro-prio per festeggiare il 25° anni-versario di questa fondazioneche la Delegazione svizzera hacelebrato a Lugano, all’hotel“Eden”, questo anniversario

con una cena di gala. Grandeaffluenza di partecipanti, tra iquali molti fondatori. Il nostroDelegato Paolo Grandi, an-ch’egli tra i fondatori, ha pre-sentato gli ospiti di spicco che,prima del convivio, hannoparlato della loro partecipazio-ne e del loro interesse e affettoper questa Accademia. Salva-tore Maria Fares, avendo fattoparte della fondazione delgruppo della Svizzera Italiana,ne ha raccontato gli inizi e ivari sviluppi che l’hanno por-tata al suo ottimo livello attua-le. Ha ricordato alcuni tra i so-ci fondatori, quali Alma Bac-ciarini, Franca Pelli (presente)e Cesare Valsangiacomo. Variesono le funzioni della nostraAccademia che si svolgono sulterritorio della Svizzera italia-na, ma non soltanto; l’Insubrianon è soltanto una designazio-ne geografica ed è proprio suquesto terreno fertile che at-tecchisce con vigore la stimo-lante opera della nostra Acca-demia, per mantenere e con-solidare antiche tradizioni eraccogliere preziose ricetteche altrimenti andrebbero di-sperse. Le nostre varie cene interritorio svizzero, ma anche li-mitrofo italiano, hanno appun-to questo scopo e raffermanole amicizie tra i vari membri,tutti legati dallo stesso interes-se e passione.Salvatore Maria Fares ha rievo-cato i vari momenti salienti diquesti ultimi 25 anni culminatiin questa serata di celebrazio-ne e ricordo. Dopo di lui haparlato anche, con molto gar-bo e verve, la giornalista italia-na Camilla Baresani, brillantescrittrice e autrice di vari libri,tra i quali “La cena delle mera-viglie” in collaborazione conAllan Bay. Ci ha raccontatodella sua passione cucinaria egastronomica, di come questasi intrecci con il suo lavoro digiornalista itinerante per arric-chire le sue conoscenze e ilsuo substrato culturale. Ci au-guriamo di poterla riascoltaredi nuovo in un prossimo in-

contro dell’Accademia. Tuttoquesto è stato preceduto dal-l’aperitivo in una delle bellesale-veranda dell’albergo, e se-guito per la cena in un’altra diqueste sale panoramiche,mentre il giorno calava sul la-go con toni rosati e si accende-vano scintillando le innumere-voli luci della città e dei dintor-ni. La cena si è svolta in un’at-mosfera di grande convivialitàe cordialità in tavole da otto adieci commensali. Dopo unassortimento interessante dipiccoli hors d’oeuvre è statoservito un classico risotto alloChampagne a perfetta cottura,e poi da un tenero vitello alforno con verdure in salsaMerlot. A coronamento, semplice masquisito, un millefoglie allafrutta di stagione, il tutto ac-compagnato da ottimi vini del-la casa Valsangiacomo deiquali vale ricordare in specie ilPiccolo Ronco di Pedrinatedell’anno 2006, dall’intensobouquet e dal bel colore rubi-no scuro, perfetto accompa-gnamento alla carne e prelu-dio al dessert, annaffiato da unMoscato d’Asti Rivetto. La sera-ta si è ancora prolungata inpiacevoli conversari attorno alcaffè, con l’augurio di ritrovar-ci presto e continuare con suc-cesso questa piacevole splen-dida tradizione. (Sussy Errera)

SIRACUSA

LA GRANDEACCOGLIENZA

La Delegazione ha collaborato,anche quest’anno, a “GrandeAccoglienza”, manifestazioneche promuove l’immagine diSiracusa incentivando i livellidi cortesia e la cultura dell’ac-coglienza oltre che il consumodi prodotti di qualità del terri-torio. La XV edizione, promos-sa dalla Camera di commercio,ha visto la partecipazione,quali membri del comitato divalutazione e di premiazione,

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

del presidente della Camera dicommercio avv. Ivanhoe LoBello, del Delegato di Siracusadell’Accademia Angelo Tam-burini, del presidente provin-ciale di Confesercenti ArturoLinguanti, del presidente delconsorzio “Siragolosie” Giu-seppe Vasquez. La manifestazione premia iproprietari delle aziende delcommercio, turismo, artigiana-to e servizi per professionalità;per efficienza e cortesia gli ad-detti ai bar e locali pubbliciche valorizzano e incentivanoil consumo di prodotti del ter-ritorio; cuochi e titolari dei ri-storanti che assicurano il mi-glior rapporto qualità/prezzo,oltre alla cura dell’ospitalità edella cortesia. Prodotti eccel-lenti come il Moscato di Sira-cusa, la mandorla pizzuta diAvola, il melone retato di Pa-chino, l’olio extra vergine degliIblei, il limone di Siracusa, ilpomodorino di Pachino, l’a-rancia rossa di Lentini sono lachiave di volta del successodella gastronomia di qualitàdel territorio siracusano. La cerimonia conclusiva si èsvolta nella sala “CostanzaBruno” del Palazzo della Pro-vincia regionale di Siracusa.Una targa speciale è stata con-ferita dalla giuria a VinicioBaldini, per la competenzacon la quale da decenni cural’accoglienza e l’ospitalità nellaristorazione e per l’uso premi-nente dei prodotti locali. (An-gelo Tamburini)

CAGLIARI

DALL’OLEIFICIOIN CANTINA

La Delegazione, grazie al Sim-posiarca Francesco Locci, haorganizzato una gita fuori por-ta nelle ridenti colline di Dolia-nova dove ha potuto visitare“Sa mola de su notariu”, un an-tico oleificio con annesso mu-seo dell’olio. Accanto all’anticoil moderno oleificio del nostro

Accademico Francesco Locci,che con grande dovizia haparlato dell’ulivo e della suastoria, dal tipo alle olive usatealla raccolta, alle varie fasi del-la produzione: dalla spremitu-ra alla confezione e conserva-zione dell’olio. Gli Accademicihanno seguito con grande in-teresse la conversazione ehanno assaggiato i vari tipi diolio per poter riconoscere iprincipali difetti e le caratteri-stiche di pregio: colore, odore,sapore. Poi si sono recati alleCantine sociali dove l’enologoErcole Iannone ha fatto notareche per ogni tipo di vino sonopreviste uve, passaggi, conser-vazioni e fermentazioni diver-si, ognuno studiato per ottene-re caratteristiche specifiche diun determinato vino. Al termi-ne della visita è stato offertoun aperitivo con l’ottimo spu-mante “Caralis” della stessaCantina.Gli Accademici si sono quindirecati in un agriturismo di unacooperativa giovane sulle col-line di Dolianova, immerso inun splendido bosco. Il pranzosi è basato, formaggi caprini edi latte vaccino, ravioli conditicon ragù di carne di capra, il“mazzamurru”, piatto poveroma molto gustoso fatto di pa-ne raffermo bagnato nel brodoe condito con sugo e moltopecorino. (Mariangela Pinna)

ROMA AURELIA

EXTRA MOENIAA MONTERUBBIANO

Fedele alla propria tradizione,la Delegazione di Roma Aure-lia ha organizzato quest’annola riunione conviviale “extramoenia” in una località dalgrande ma discreto fascino:Monterubbiano nelle Marche,piccolo borgo di antiche tradi-zioni. I partecipanti si sono in-contrati nella piazza del paesecon l’Accademico Giorgio Cal-zecchi Onesti, Simposiarca eanfitrione, che li ha ricevuti

nel suo palazzo medievale af-facciato sulla piazza intitolataa Temistocle Calzecchi Onesti,suo antenato. Dopo l’aperitivoricco di prodotti tipici locali, èstato servito, in una suggestivasala del palazzo, il pranzo tut-to ispirato alla genuina tradi-zione marchigiana: dai vinci-sgrassi, squisiti per fattura ericchezza di sapori, alle oliveascolane (finalmente fatte incasa, superbe). Sono state pertutti una scoperta superiore aogni aspettativa le tagliatellefritte, specialità di Monterub-biano: grosse “palle” conte-nenti tagliatelle cotte conditecon burro, mozzarella, carnemacinata di vitello, besciamel-la, panna, parmigiano e infinepassate nell’uovo, nel pangrat-tato e fritte. Tipico e squisitoanche il “fristingo” (detto an-che frustingolo), dolce ispiratoa una antica ricetta della tradi-zione natalizia ascolana ormaipressoché dimenticata, a basedi farina di crusca, frutta seccatritata, cioccolato grattugiato emiele. Assolutamente marchi-giani anche i vini: Passerina,Rosso Piceno superiore, Ver-naccia di Serrapetrona, Mistràe “Vi’ Cotto”.La cena presso il ristorante“Villa Montotto”, a 2 chilome-tri dal borgo, è stata tutta mari-nara. Si è aperta con un deli-cato antipasto freddo di car-paccio di pesce per poi passa-re a svariate portate a base discampi e frutti di mare, prepa-rati in zuppetta, fritti, alla gri-glia e poi ancora tranci di ranapescatrice e spiedini assortitidi pesce freschissimo. Il gior-no dopo è stato dedicato allavisita ad Ascoli Piceno conuna guida d’eccezione, il prof.Stefano Papetti, direttore dellaPinacoteca civica e presidentedella sezione marchigiana delFai.Grazie all’illustrazione delprof. Papetti, ricca di riferi-menti storici e culturali, densadi passione per l’arte, tuttihanno potuto apprezzare i ca-polavori della città marchigia-

na: dal polittico di Crivelliconservato nella cattedraleagli altri dipinti della Pinacote-ca civica. Dopo una splendidapasseggiata per piazza del Po-polo e piazza Arringo, gli Ac-cademici hanno potuto gusta-re altre specialità marchigianeal Circolo cittadino, in compa-gnia di alcuni rappresentantidell’Accademia picena dellacucina con il loro presidenteAlessandro Trofino e di altri il-lustri ospiti.La domenica successiva è statadedicata alla visita di Monte-rubbiano, dove sono convenu-ti numerosi soci del Fai delleMarche con il presidente Pa-petti per visitare Palazzo Cal-zecchi Onesti. Il padrone dicasa, dopo aver brevemente ri-cordato la storia della sua anti-ca casata, ha accompagnato gliospiti nella visita del palazzo.Sulla bella facciata della metàdel Cinquecento una targa ri-corda il fisico Temistocle Cal-zecchi Onesti, inventore del“coherer”, un rilevatore di on-de elettromagnetiche utilizzatoda Marconi per la sua primaradio. Molto interessante la vi-sita del piccolo teatro Pagani,uno scrigno del 1875, ancorain attività. Il pranzo presso ilristorante “Hotel degli Sforza”,ottimo e anch’esso tutto mar-chigiano (le palle di tagliatellefritte sono state servite nellavariante con il ragù), ha con-cluso la piacevole gita gastro-nomico-culturale. Tutti gli Ac-cademici, ringraziato l’amicoGiorgio, hanno lasciato il bor-go con un “Arrivederci a pre-sto”. (Giovan Battista Guerra)

GENOVA

IL MONFERRATOIN LIGURIA

La riuscitissima riunione convi-viale, a base di piatti tipici del-l’Alto Monferrato e di classiciantipasti della cucina ligure, siè svolta nel ristorante “SaintCyr”, situato in posizione sug-

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gestiva in pieno centro di Ge-nova. Il gestore Ferruccio Cortiè ottimamente coadiuvato dal-la moglie che ha affinato la suaesperienza di cucina frequen-tando, nei periodi di vacanza,la famosa scuola “La Notre” diParigi, la cui attività è rivolta afare apprendere le tradizionigastronomiche di tutto il mon-do. Con loro è Roberta, figliad’arte, che gode di ormai col-laudate conoscenze della cuci-na e trae sicuro vantaggio dal-la guida di genitori depositaridelle tradizioni locali e familia-ri. Nel corso della serata il De-legato Carlo Ferraro, in un’at-mosfera cordiale, ha accoltoFabio Nebbia, Accademiconeofita che è stato salutato conun festoso brindisi di benve-nuto. A fine serata il SimposiarcaCarmine Wilfredo Carteny hacommentato il menu con laconsueta capacità oratoria diesperto conoscitore dandomodo all’uditorio di prenderecompiuta conoscenza dellaterminologia precisa di cibinon sempre conforme all’usoabituale.

Sembrano interessanti alcuniesempi: “sairass del fen”, ricot-ta ottenuta dal siero del latte dipecora e detta del “fen” perchériposta ad aromatizzarsi dentrobiche di fieno maggengo (inPiemonte, Valle d’Aosta e Ligu-ria); “ravioli al plin”, ove il plinè, in dialetto, il pizzicotto conil quale si stringe il raviolo frapollice, indice e medio per si-gillare il ripieno e separare iravioli l’uno dall’altro (piatto ti-pico del Piemonte, nella co-munità collinare del Monferra-to e delle Langhe); “fondo bru-no”, ossia sugo ristretto di altacucina ottenuto da lenta cottu-ra di ossa spaccate, con ag-giunta di carne di vitello, caro-te, cipolle, sedano e pocoaglio; “scamone”, taglio impor-tante di vitellone o di manzo(controfiletto, roast-beef, fesa,noce, ossia pezzo di congiun-zione tra la lombata e la co-scia). All’armoniosità del menuhanno fatto seguito una inec-cepibile preparazione delle vi-vande, la buona scelta dei vini,l’eccellente apparecchiaturadella tavola e un ottimo servi-zio. (Carlo Ferraro)

CASTEL SAN PIETROFIRENZUOLA

A PERGOLA E CARTOCETO

La chiusura estiva delle attivitàdella Delegazione ci ha vistoin gita, in pullman, verso leMarche per visitare il “Sympo-sium 4 Stagioni”, celebrato ri-storante di Cartoceto. Chi hacurato l’organizzazione di que-sta conviviale è stato l’Accade-mico Sotero Gandolfi-Colleoniche ha avuto occasione, du-rante le sue avventure venato-rie, di conoscere e stringereamicizia con il titolare del lo-cale, Lucio Pompili. Il Delega-to Giovanni Battista Borzatta,con buona intuizione, ha pen-sato bene di collegare alla riu-nione conviviale una visita allavicina Pergola dove, in un pic-colo museo, sono ospitati i fa-mosi “bronzi dorati” che, assie-me ai cavalli di bronzo di SanMarco a Venezia e alla statuaequestre di Marco Aurelio sulCampidoglio, sono gli uniciesempi di questo tipo di mo-numento giunti ai giorni no-

stri. Una guida locale ci ha illu-strato la storia del loro ritrova-mento e le loro qualità artisti-che. Scoperti in modo casuale,nel 1946, da contadini che la-voravano un loro terreno, i nu-merosi frammenti bronzei checompongono un gruppo didue donne a piedi e di due ca-valieri subirono un lungo re-stauro durato fino agli anni Ot-tanta del secolo scorso. Le ipo-tesi sul perché fossero interratiin quel luogo e chi rappresen-tassero le statue sono innume-revoli. Ma una cosa è ormaicerta: per il tipo di acconciatu-ra dei capelli, per l’espressivitàdei volti e per il tipo di vesti, ilgruppo, certamente costituitoda persone di alto lignaggio, èdi epoca Giulia e risale a unperiodo che può essere datatotra il 50 a.C. e il 70 d.C. Altriaspetti che avvalorano l’impor-tanza dei personaggi raffigura-ti sono la delicatezza delle pie-ghe degli abiti femminili e iricchi fregi presenti sui fini-menti dei cavalli. Infine la fu-sione del rame, che risultamolto sottile, e la grandequantità di tracce di oro che lo

È radicata tradizione nella valle dell’Adige che inprimavera si intraprenda una scampagnata in queldi Terlano, paese ben noto per la coltivazione degliasparagi. Questa verdura, una volta costosa e ricer-cata, adesso viene largamente coltivata, ma per po-terla apprezzare pienamente deve essere freschissi-ma. Quindi è buona norma andarla a mangiare sulluogo di produzione. Questo turismo gastronomicoha prodotto già un secolo fa addirittura una salsa dagustare assieme agli asparagi. Qualcuno che da Bol-zano aveva raggiunto un’osteria di Terlano si feceportare dall’oste uova sode, olio, aceto, sale, pepe ederba cipollina ed ecco nascere la salsa bolzanina. Quest’anno la Delegazione di Merano ha raggiuntoun campo di coltivazione. Il proprietario, signor Hu-ber, ci ha spiegato il metodo di coltivazione e abbia-mo potuto assistere anche alla raccolta laboriosa de-gli asparagi che vengono commercializzati con ilmarchio “Margarete” dalla cantina di Terlano. Perassicurare l’assoluta freschezza del prodotto ogni due

ore il camioncino della cantina ritira quanto raccol-to che viene subito portato in cantina, lavato e refri-gerato, e poi smistato da una macchina modernissi-ma che, fotografando ogni singolo asparago in piùriprese, ne misura il calibro e definisce la classe diqualità. Abbiamo poi potuto visitare la Cantina diTerlano, nota da oltre 100 anni per la produzione dieccellenti vini bianchi, tra cui anche il Spargelwein(vino degli asparagi), un Sauvignon che accompa-gna perfettamente molti piatti. Il presidente della cantina ci ha accompagnati nellavisita alla splendida cantina delle barrique e alla in-credibile raccolta di vini. Dal 1955 a oggi per ogniannata vengono conservate ancora numerose botti-glie di ogni vino che la cantina produce. Dopo averimparato tante cose su asparagi e vino, ci siamo av-vicinati con rispetto verso questi prodotti alla tavoladel ristorante “Weingarten”, dove ci hanno servito unottimo menu tutto imperniato sull’asparago “Marga-rete”. (Ferdinand Tessadri)

SCAMPAGNATA TRA GLI ASPARAGI DI TERLANO

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ricoprono, fanno pensare all’o-pera di un artista di primo pia-no dell’epoca. Non tutti gli in-tervenuti conoscevano questaopera, quindi l’interesse è sta-to grande sia per la bellezzaartistica dei bronzi sia per lasingolare storia del loro ritro-vamento. Siamo poi partiti allavolta di Cartoceto. Qui ci haaccolti in un bellissimo giardi-no il titolare Lucio Pompili checi ha accompagnato alla visitadel complesso, ricordandociche la sua idea di cucina èmolto vicina a quella propu-gnata dell’Accademia: infatti,pur lasciando spazio all’inno-vazione, egli resta fedele allatradizione e occorre, a suo pa-rere, tornare al dialogo con iproduttori, tornare ai piatti consapori, aromi e consistenze ri-conoscibili. Questo gli è risul-tato possibile attraverso l’al-leanza con una fitta rete diproduttori locali di alimenti dieccellenza.La riunione conviviale ha avu-to inizio in una grande sala do-ve su un elegante bancone so-no stati serviti svariati tipi disalumi, accompagnati da fre-

schi vini locali e da una accat-tivante birra ambrata consiglia-ta, in abbinamento, dallo stes-so titolare del locale. Nel frat-tempo su uno spazioso tavolocentrale, adornato con bellissi-mi fiori, sono state servite inprogressione numerose picco-le preparazioni in cucchiai o inpiccoli piatti. Risulta arduo ri-cordarle tutte ma un cenno perla loro squisitezza va fatto aiclassici crostini al tartufo nerocon fonduta, alle zuppette diceci con lombo di coniglio, al-le zuppette di lenticchie e pic-cione e al baccalà all’ancone-tana. Più creativa nella compo-sizione, e certamente moltoapprezzata, è stata la gran de-gustazione di formaggi con sa-lamino di fichi e mele fritte al-l’anice. Ci siamo poi accomo-dati intorno a tavoli elegante-mente apparecchiati dove èiniziata la cena costituita dapiatti a base di selvaggina. No-tevoli il risotto riserva Carnaro-li con beccaccino e le pappar-delle con ragù di caccia. Benaccompagnato, dal rosso Pice-no Maschio dal Monte di Stefa-no Antonucci il piatto forte

della serata costituito da cin-ghiale in diverse cotture conerbe spontanee. Infine un des-sert particolare: la carota sotto-terra dolce e salata, dedicatada Pompili a Cartoceto. Il rin-graziamento del nostro Dele-gato, sottolineato da un lungoe corale applauso, a Sotero perl’ottima organizzazione dellaconviviale e a Lucio Pompiliche assieme alla brigata di cu-cina l’ha così bene interpretataha chiuso la giornata tanto in-tensa. (Giuseppe Galanti)

BIELLA

CONVIVIO A CAMBURZANO

Il nostro convivio si è svolto aCamburzano, alle porte diBiella, immersi nel verde dellenostre Prealpi. Graditissimoospite il Delegato di IvreaGiampiero Garelli con la mo-glie Titti che ha dichiarato divoler riprendere le vecchieabitudini di scambio di visite.Il Delegato ha presentato lanuova Accademica Luisa Be-

nedetti, che svolge attivitàgiornalistica per carta stampatae televisione a tema cucinarioe culturale, collaboratrice divarie testate e insegnante pres-so l’Istituto europeo di design.Il Delegato ha indicato, comedi abitudine, alcuni libri dieno-gastronomia di cui ha sug-gerito la lettura. In particolareha letto una prefazione di Bru-no Gambarotta, in visita allanostra città, tratta dal libro“Elogio della sbronza consape-vole”. Ha comunicato, inoltre,che alcuni Accademici hannopartecipato alla serata “Aspet-tando Candelo in fiore” orga-nizzata magistralmente da Da-rio Torrione ed Enrico Terzocon degustazioni di birre arti-gianali locali e formaggi in fio-re. Altri Accademici hanno vi-sitato il museo storico etnogra-fico della Bassa Valsesia a Ro-magnano Sesia che, oltre auna sezione dedicata ai suoifondatori, Maria Adriana Prolo,Fernanda Fenolfi e Carlo Dio-nisotti, offre un allestimentodella sezione Civiltà contadinae vitivinicola con ricostruzionedi alcuni ambienti legati sia al-la vita domestica, come la cu-cina, sia all’osteria.Cosa impensabile fino a qual-che anno fa, quando per pescesi intendeva esclusivamente latrota dei nostri torrenti di mon-tagna, di difficile reperibilitàormai, o il pesce persico dellago di Viverone, è stato possi-bile assaporare un magnificomenu ittico: cannolo di bac-calà delle Lofoten con salmo-ne biologico di Scozia, mix disatura e lamponi liofilizzati;carpaccio di branzino del Tir-reno con terrina di sedano ver-de ed erba San Pietro; affogatodi piselli novelli mantecato al-l’extra vergine d’oliva con cal-do e freddo di seppie bianchee ostrica “fine de Binic n. 2”;fettucine alla chitarra con 30rossi saltate con capasanta,cozze di Scardovari, arselle ezucchine trombetta; scaloppadi pagro rosa selvaggio sem-plicemente scottata con capo-

AL CASTELLO DI SAN GIUSTO Trieste è una città che digrada dal ciglione carsico alla riva del mare; su di uncolle sorge un castello costruito più per controllare la città che per difenderla: ilcolle, chiamato di San Giusto dal nome del Santo Patrono, vede anche i restidel foro romano e la chiesa cattedrale. L’insieme racconta la storia sacra e pro-fana della città, da sempre orgogliosa delle sue vestigia classiche. Il castello, me-ta turistica per il panorama mozzafiato, è stato scelto da Dario Samer, Delegatodi Muggia Capodistria, come splendida cornice di un raffinato simposio. Pre-senti il Coordinatore regionale Renzo Mattioni e Giuliano Relja, Delegato diTrieste. Il pranzo è avvenuto all’aperto, sotto un sole i cui raggi sono stati miti-gati da tre capaci ombrelloni, e ha visto gli Accademici e gli ospiti impegnati adegustare, dopo l’aperitivo di rito, un crescendo di piatti ricchi di frutta e verdu-ra che hanno accompagnato con leggerezza i commensali nei freschi saporidell’estate, grazie all’impegno dello chef Luciano Di Pierro. Sono così passati insuccessione una insalatina di germoglietti di rapanello verde e carpaccetto dicalamari, una rosa di melone con branzino cotto al pompelmo, orzotto con ca-rabineros e bisque di crostacei, insalata di orecchiette con crema di zucchine alrosmarino e pesce spada affumicato, tortino di orata cruda e patate con emul-sione alle erbe, pasticceria mignon. Il tutto accompagnato dai vini Ribolla Brai-dis e Sauvignon Branko. Delizioso il servizio. A chiusura, il Delegato Samer havoluto enfatizzare un menu così raro e prezioso. (Alida Rova Ponte)

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natina di verdure; assiette fan-tasia di dolci. Vini: Lugana, IFrati 2009, Ca’ dei Frati, Sir-mione; Sauvignon Winkl 2008,Cantina di Terlano, Terlano;Tre Filer, Ca’ dei Frati, Sirmio-ne. Semplicemente meraviglio-so il cuoco Andrea Maffiotticon in sala la moglie Laura Riz-zardo: un binomio ricco difantasia, cortesia e professio-nalità. Piatti ben studiati, leg-geri e originali. (MarialuisaBertotto)

VERBANO-CUSIO-OSSOLA

L’ANTILOPE DI ROCCIA

“Il Rododendro” è un caratteri-stico e piccolo locale ubicatonella parte alta della Valle Stro-na, nell’alto Cusio in provinciadi Verbania, ricca di tradizionicon forti richiami alla culturaalpina Walser. Nel corso dellacena conviviale curata dallaDelegazione l’Accademico Ro-lando Balestroni, profondo co-noscitore della vallata e sopra-tutto della cultura Walser, habrillantemente illustrato le ca-ratteristiche del territorio e leorigini nordiche della popola-zione della valle. Successiva-mente il Vice-Delegato Raffae-le Barbini, dopo aver fornitoalcune interessanti notizie inmerito alla crescente presenzadi camosci sui monti della zo-na, come da tradizione ha vo-luto dar lettura della ricetta delcamoscio che merita attenzio-ne sia per i curiosi contenutisia per le deliziose modalitàdescrittive, che la collocano intempi passati (presumibilmen-te fine Ottocento). La titolare e cuoca ha di buongrado e con un certo coraggioaccettato di realizzare una ce-na il cui piatto forte era rap-presentato dal camoscio, lanostra celebre “antilope di roc-cia”, cucinato secondo una ec-cellente ricetta per la secondavolta proposta a un ristorantedi montagna. Non è certo faci-le cimentarsi nella preparazio-

ne di un simile piatto senzamai averla prima sperimentata,ma la cuoca signora Elvira hadato prova di sapersi ben de-streggiare in cucina con quellamateria prima. Parliamo di unatrattoria di montagna in loca-lità né trafficata né “turistica”:anche in questo caso la Dele-gazione si è orientata alla ri-cerca e valorizzazione di am-bienti nei quali il rapportoqualità/prezzo merita qualchericonoscimento. Tra i vari piatti proposti l’in-dubbio successo è andato alcamoscio, confermando così labontà della scelta operata. Du-rante tutta la serata due grazio-se signore in abito tradizionaleWalser si sono ben destreggia-te nella distribuzione delle va-rie portate, meritando con lacuoca un caloroso applauso. (Pier Carlo Lincio)

PAVIA-VOGHERAVIGEVANO

TRE DELEGAZIONIPER IL FALSO IN TAVOLA

Le tre Delegazioni della pro-vincia di Pavia (Voghera, Vige-vano e, appunto, Pavia) si so-no ritrovate presso l’albergo ri-storante “Selvatico” a Rivanaz-zano (Pavia) per una riunioneconviviale sul tema “Falsi in ta-vola, documenti falsi”. Sono stati serviti alcuni piattiautentici accompagnati da unaloro imitazione. Si è iniziatocon un salame di Varzi, ac-compagnato da un falso dirango, il salame di Felino. Perconfondere e stimolare ulte-riormente i commensali, è sta-to presentato anche il prodottodi un piccolo allevatore dellazona oltrepadana, che nutre imaiali con cibo naturale. Sonopoi arrivati gli agnolotti al su-go di stufato, i primi quadrati ei secondi rotondi (quelli veri):agnolotto deriva, infatti dal to-rinese “anôlot”, “anellotto”, dalferro adoperato una volta pertagliarli a forma di anello. Il

termine “anôlot”, nel passaredal Piemonte alla Toscana,prese la “g” diventando agno-lotto. Quelli falsi avevano pa-sta più sottile e ripieno piùamalgamato, quelli veri pastapiù spessa (meno uova) e ri-pieno più speziato. La carneera rappresentata da due arro-sti “biif” di manzo (roast-beef),ricavati da due diversi tagli dicarne (il nome della ricetta “ar-rosto biif “ di manzo è trattodal libro “Ricette lombardedell’800”, edito da Pifferi nel1989). È stata, probabilmente,la falsificazione più evidente,in quanto era facilissimo di-stinguere la coscia dal sottofi-letto. Le due torte passate co-me dessert erano una sabbiosa(paradiso) e una margherita,accompagnate da due salse(zabaione), ove la falsa preve-deva l’uso della maizena. L’Accademico Ezio Barbieri,docente di Paleografia e diplo-matica, è autore del volume“Falsi e falsari dai Merovingiall’Ottocento” e ha presentatodue documenti, uno vero euno falso. Si è trattato di undocumento del 1136 riguar-dante Casei Gerola (a circa 8km da Rivanazzano), quelloautentico fatto da un notaio inPavia. Pochi anni dopo alcuniecclesiastici (si riconosce dallamano) hanno rifatto lo stessodocumento, utilizzando unapergamena di scarto di un co-dice, ricopiando il documentoe cercando di correggere quel-li che consideravano degli er-rori grammaticali e sintattici,ma che erano invece il tipicolinguaggio notarile, e hannoinserito l’allusione a un lascitodi un certo Tommaso, di cuinon esisteva alcun documentoin archivio. Cercavano in talmodo di avere un giustificativoper un testamento o una dona-zione di cui non era stato fatto(o era stato perso) il documen-to. Il conferenziere ha poi illu-strato altri casi clamorosi, cheriguardavano anche case re-gnanti, o quello del falso tra-duttore dall’arabo di Palermo.

Alla fine, applausi sentiti ecomplimenti al conferenzieree a Piera Selvatico, grande ap-passionata di cultura gastrono-mica e cuoca dell’omonimo ri-storante. (Danilo Fraticelli)

ROMA EUR

LA REGATATRADIZIONALE

Con quella di quest’anno è an-data in archivio la settima edi-zione della tradizionale regataeno-gastro-velica, ormai dive-nuta un appuntamento irri-nunciabile tra la Delegazionedi Roma Eur e il Circolo velicodi Fiumicino. Quest’anno,complici il tempo incerto finoal giorno precedente la gara, ilrinvio dell’evento rispetto alladata prefissata e la concomi-tanza con altre manifestazionivelistiche, non si è registrata lapartecipazione record di equi-paggi che ha contraddistintol’edizione del 2009 ma ciono-nostante 12 equipaggi, deiquali ben 10 partecipanti allagara gastronomica, si sono sfi-dati in un’appassionante testaa testa tra virate, strambate edevoluzioni ai fornelli.La prima vera giornata estivadell’anno, con temperaturaprossima ai 30°, vento debolee mare piatto, se, da un lato,ha penalizzato il procederedella regata, dall’altro ha con-sentito ai cuochi di destreg-giarsi al meglio in cambusa,godendo di un maggior tempoper l’esecuzione delle ricettema soprattutto di una maggio-re stabilità nelle operazioni dicucina e i risultati sono apparsisubito evidenti.Mai come quest’anno, nono-stante il numero ridotto di par-tecipanti, gli scarti tra i varipiazzamenti della gara cucina-ria sono stati tanto contenuti emai come quest’anno alcunidei piatti sono stati confezio-nati con particolare cura anchenella presentazione, nonostan-te il giudizio della giuria com-

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posta dal Delegato ClaudioNacca e dall’Accademico Mas-simo Valentini tenesse conto,per precisa scelta, unicamentedel coefficiente di difficoltàdella ricetta e del risultato ge-nerale del piatto. La palma delmiglior cuoco di bordo è an-data a Luciana Ardizzone, del-l’imbarcazione Ankh, con isuoi riccioli di mare al profu-mo di alghe, premiata soprat-tutto per l’originalità e la sem-plicità della ricetta, seguita auna stretta incollatura da Mari-sa Ribustini di GE Club, la qua-le ha bissato il successo delloscorso anno nella classificacombinata, migliorando peròentrambi i piazzamenti rispettoal 2009: da quarta a secondanella gara gastronomica e daseconda a prima nella regata;terza migliore cuoca, per unpodio tutto femminile, GiannaVianello di Maggot from Isida,con la sua parmigiana di me-lanzane con crema di pescespada, apprezzata anche per lapresentazione del piatto.A conclusione della gara ga-stronomica, stilate le classifi-che delle classi regata, crocie-ra, cucina e combinata, le pre-miazioni dei tre migliori equi-paggi di ogni competizionesono state effettuate dal presi-dente del Circolo velico, Fran-co Quadrana, e dal Delegatodi Roma Eur. A tutti gli equi-paggi è stato fatto omaggio dipubblicazioni curate dalle De-legazioni romane dell’Accade-mia, dopo di che i presenti sisono finalmente rifocillati conuna gigantesca spaghettatarealizzata da due collaboratricidel Circolo che, se fossero sta-te ammesse in gara, nonavrebbero affatto sfigurato nel-la classifica di cucina, il tuttogenerosamente innaffiato conDolcetto d’Acqui e Cortesedell’Alto Monferrato. Anche quest’anno l’intera re-gata e la cerimonia di premia-zione sono state riprese dall’e-mittente televisiva locale Cana-le 10, che ha curato un ampioservizio, grazie al lavoro ap-

passionato della giornalistaMara Azzarelli, curatrice delprogramma “Gente di fiume”.(Claudio Nacca)

PISA

UN INTENSOPROGRAMMA

La Delegazione si è incontrataper una riunione convivialepresso il ristorante “Oltremare”di Marina di Pisa. Erano pre-senti, oltre a Franco Cocco,Coordinatore territoriale per laToscana ovest, numerosi Acca-demici di Pisa e molti graditiospiti. Merito della serata allaSimposiarca Diana Guidi Papache con l’obiettivo di ampliareil numero di ristoranti visitati evalutati nell’ambito del pano-rama gastronomico del territo-rio, ha recentemente propostoil locale, impegnandosi nell’at-tenta selezione del menu. Nelcorso della serata il Delegato,Franco Milli, ha introdotto lanuova Consulta della Delega-zione, modificata con la coop-tazione di tre nuovi consultori(Bruno Capurso, GianandreaPaladini e Savino Sardella) eha quindi espresso loro daparte della Delegazione tutta ipiù vivi rallegramenti e auguriper il nuovo incarico.Sono state presentate quindi leprincipali iniziative per il 2010.Oltre all’ormai abituale appun-tamento culturale-gastronomi-co di maggio, quest’anno dedi-cato alla scoperta e allo studiodell’aceto balsamico tradizio-nale di Modena, successiva-mente verrà organizzato il 3°premio della Delegazione diPisa, indetto in accordo con l’I-stituto alberghiero “G. Matteot-ti” di Pisa, per lo studente, fu-turo interprete delle tradizionigastronomiche locali, che si èmaggiormente distinto nel suocorso di studi e in una provapratica avente per tema “La cu-cina toscana delle festività reli-giose: innovazione e tradizio-ne”, ispirato a quello della ce-

na ecumenica. Il premio saràconsegnato, come consuetudi-ne, il 21 ottobre in occasionedella cena ecumenica. Verràinoltre organizzato un conve-gno scientifico nazionale su“La biodiversità in tavola: va-rietà di ortaggi antiche e mo-derne”, in collaborazione conla Facoltà di Agraria, che siterrà il 27 novembre. La mani-festazione rientra nel noverodelle iniziative che, sotto l’egi-da e con il patrocinio dell’O-nu, celebreranno il 2010, annodedicato alla biodiversità. Pre-visti interventi di relatori delmondo scientifico che tratte-ranno gli ortaggi tipici del ter-ritorio; le conclusioni sarannodel Presidente Giovanni Balla-rini. Infine, un premio di stu-dio per la migliore tesi specia-listica correlata alle tematichedel convegno. (Franco Milli)

CALTAGIRONE

GITA A MAZZARINO

Su iniziativa dell’AccademicoCalogero Scebba, la Delega-zione ha dedicato una dome-nica alla visita della città diMazzarino, in provincia di Cal-tanissetta. Il percorso che daCaltagirone conduce a Mazza-rino s’inoltra in un territoriorurale ancora intatto, tra colli-ne sinuose sulle quali primeg-giano le rovine del castello diGrassuliato. Dopo l’ultima cur-va, Mazzarino si annuncia conla maestosità del “Cannuni”,nome dato al castello dei prin-cipi Branciforti che, sebbenein parte diruto, nulla ha persodell’originaria potenza graziealla posizione dalla quale do-mina la vallata di Braemi. Nel-l’accogliente sala del ristorante“La Cantina di Bacco” la Dele-gazione si ritrova per pranzaree assaporare la cucina del luo-go. Ottimi gli antipasti checomprendono anche delle sa-porite polpettine. Tradizionaleil primo, che rispetta una ricet-ta tipica di Mazzarino: fave e

piselli, cucinati separatamente,le prime con cipolla, i secondicon aglio, uniti poi ai ravana-stri, verdura selvatica dal sapo-re leggermente amaro (in altriterritori sono infatti chiamati“amareddi”), nella cui acqua dicottura si fa cuocere la pastache poi si condisce con le fa-ve, i piselli e i ravanastri e po-co pomodoro, vera celebrazio-ne degli ortaggi della tarda pri-mavera. Delizioso infine il des-sert di casatelle di ricotta ba-gnate nel miele. Il lungo po-meriggio continua con la visitadella chiesa di S. Maria delMazzaro, maestoso edificiodalla linee tardo-barocche,luogo anche questo pregno dileggende e tradizioni. I monu-menti rivelano l’importantepassato di Mazzarino che gra-zie ai principi Branciforti fuanche crocevia di cultura inquanto sede di due prestigiosetipografie. Alla fine della gior-nata, ancora una sosta in piaz-za per gustare il primo gelatodella stagione e poi il rientroin pullman ripercorrendo a ri-troso il paesaggio, ancora piùbello nella luce radente deltramonto. (Colomba Cicirata).

ALESSANDRIA

LAMBRUSCO DAYIN PIEMONTE

Una strana riunione convivialequesta: Delegato e Accademicidi Carpi-Correggio hanno por-tato una quantità di cibi emi-liani e preparato in un risto-rante dell’Appennino ligure-piemontese nell’Alessandrinoun vero e proprio menu emi-liano, accompagnato da diver-si tipi di Lambrusco che gli Ac-cademici alessandrini hannogustato con sentimento. Que-sta è la sintesi di una giornatache ha visto il Delegato di Car-pi e Correggio Lauro Benettiesibirsi in cucina tra la cotturadei cappelletti in brodo e i co-techini, tutti di fattura artigia-nale, mentre i suoi due Vice-

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

Delegati hanno spiegato conmolta amabilità le proprietà ele caratteristiche dei vari tipi diLambrusco presentati in abbi-namento ai piatti e, modernicoppieri, hanno versato conabbondanza quel buon vinoemiliano. Dopo una breve in-troduzione del co-SimposiarcaAlberto Gamaleri Calleri Ga-mondi che ha parlato breve-mente della storia di Carpi,della famiglia Pio e della lorounione con i Savoia, gli Acca-demici alessandrini, anche seabituati a vini più corposi,hanno bene accolto questo vi-no secco e amabile, fresco efacile da bere con la sua schiu-ma rossa, che si è sposato inmaniera eccezionale con i cic-cioli frolli e i cubetti di morta-

della, con il brodo e il cotechi-no, robusto ma non grasso, fi-no al dolce. L’intervento delparmigiano reggiano di 24, 36e 48 mesi di stagionatura hasottolineato l’intesa tra questoeccellente formaggio (soprat-tutto con un invecchiamentonon facile da trovarsi sul mer-cato) che ha dimostrato un ot-timo connubio con il Lambru-sco Grasparossa di Castelve-tro. Un caldo applauso alla fi-ne è stato tributato come rin-graziamento al dinamico Dele-gato Lauro Benetti con i suoivice Luigi Carnevali e JamesBorghi. Alla riunione convivia-le hanno anche partecipato ilCoordinatore del Piemonte este Delegato di Asti Piero Bava,il Vice-Delegato di Torino Gri-

maldi e il Coordinatore dellaSicilia orientale Mario Ursinoche hanno unito le loro paroledi approvazione a quelleespresse dal Delegato di Ales-sandria. (Luigi Bussolino)

GELA

SETTE NUOVIACCADEMICI

Gli Accademici della Delega-zione di Gela si sono dati ap-puntamento presso il ristoran-te “Centrale da Totò” per pre-sentare e accogliere i nuoviAccademici Patrizia Antonuc-cio, Ina Ciotta, Salvatrice Leo-ne, Manlio Galatioto, SalvatoreGueli, Ugo Lo Piano e Salvato-

re Psaila. L’incontro si è svoltoin un clima di autentica e sere-na convivialità, preceduto dalclassico aperitivo a base distuzzichini locali e Proseccodelle nostre contrade, che hafatto da cornice alla cerimoniadell’investitura.Varie e molto apprezzate sonostate le pietanze servite ai ta-voli, a iniziare da un ricco anti-pasto a base di polpo, melan-zane con crema di gamberi, ea seguire involtino di pescespada con capperi e scampi,timballo di pesce spada conmelanzane, e ancora gamberorosso, scampi e tonno alle cru-dité.Sono stati inoltre proposti glispaghetti con le acciughe(classica pietanza gelese) rivi-

Si è conclusa la lunga e fortunata permanenza dellamostra accademica “Un secolo di menu italiani” nelGranducato del Lussemburgo. Grazie alla collabora-zione con l’Istituto italiano di cultura siamo riuscitiinfatti a tenere aperta la mostra per ben due mesi intre luoghi diversi, così che la rassegna è stata visitatada migliaia di persone di differente estrazione cultu-rale e di diversa nazionalità.Alla presenza dell’ambasciatore d’Italia Roberto Bet-tarini e signora abbiamo inaugurato l’esposizionepresso la bellissima ed elegante hall dell’hotel “SofitelLux Europe”. Alla presentazione della direttrice dell’I-stituto italiano di cultura, Roberta Alberotanza, e del-la Delegata dell’Accademia Maria Cristina Sansone,ha fatto seguito una cena con più di 130 invitati. Al-l’interno dello stesso hotel si trova infatti uno dei mi-gliori ristoranti italiani del Lussemburgo, “Oro e Ar-gento”, e in collaborazione con il suo bravissimo cuo-co, Giovanni Vaccaro, abbiamo studiato e servito unmenu ad hoc: i quattro piatti (antipasto, primo, se-condo e dolce) sono infatti stati scelti tra i menu stori-ci esposti. Non solo, ma grazie a una ricerca portataavanti nei mesi precedenti, siamo riusciti ad avere inoriginale dal Quirinale il menu del 29 ottobre 2004,data in cui a Roma venne firmato il trattato di ado-zione di una costituzione per l’Europa. Proprio daquesto menu è stato tratto il secondo piatto: cosciottod’agnello alle erbe, patate fondenti, carciofi alla ro-mana e finocchi gratinati. L’antipasto invece (pastic-

cio di fegato grasso) è stato preso dal menu del 1848servito in occasione della festa per la concessione del-lo statuto da parte del re Carlo Alberto. Il primo piat-to è stato un delizioso e richiestissimo risotto alla mi-lanese mentre, come dolce, è stata servita la bombatricolore, un gelato preso da un menu militare del1894 che ha ottenuto un lungo applauso anche perla sofisticata quanto elegante presentazione. Ogni piatto, con abbinato il giusto vino, è stato debi-tamente presentato dagli Accademici all’arrivo diogni portata. Lo stesso menu presente al tavolo, oltre aelencare la lista delle vivande e dei vini, è stato realiz-zato in modo da fornire la ricetta e una breve notastorica per ogni piatto, idea molto apprezzata da tuttii partecipanti che lo hanno voluto portare con sé in-sieme a una copia della bellissima brochure che ac-compagnava l’esposizione. Questa serata era stata preceduta da un pranzo (conlo stesso menu) al quale hanno partcipato i giornali-sti delle più importanti testate sia scritte che radiofo-niche lussemburghesi, generando una grande pubbli-cità sia per l’Accademia Italiana della Cucina che perl’evento stesso. Dopo 15 giorni di esposizione al “Sofi-tel Hotel”, la mostra è rimasta 10 giorni presso la li-breria italiana dell’Istituto italiano di cultura ed è poistata richiesta, con nostra somma gioia, dalla Com-missione europea, dove migliaia di persone hannoavuto occasione di ammirarla presso l’edificio “JeanMonnet”. (M. Cristina Sansone)

GRANDE SUCCESSO NEL LUSSEMBURGO PER LA MOSTRA “UN SECOLO DI MENU ITALIANI”

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sitati dalla sapiente inventivadello chef Giuseppe Marino,peraltro titolare del ristorante.Anche il secondo piatto a basedi pesce, spigola al sale congamberoni rossi, ha suscitatogradimento e consensi lusin-ghieri. La spigola è stata pro-posta nella sua versione piùclassica, per consentire agliAccademici di apprezzarne lafreschezza e il sapore delicato.Infine, frutta di stagione e des-sert a base di cassatelle con ri-cotta (dolce tipico locale) han-no deliziato il palato dei pre-senti. Le vivande sono state ac-compagnate da vino Insoliadelle cantine Casa di Grazia diGela, Spumante e Passito diPantelleria. Un plauso unani-me di tutti gli Accademici èstato rivolto allo chef Giusep-pe Marino, al quale il Delegatoha donato la vetrofania del-

l’Accademia e alcuni numeridella rivista “Civiltà della Tavo-la”. (Concetta Battaglia)

CATANIA

UNA RELAZIONESUI VINI DI SICILIA

In una bella giornata di prima-vera, tra i colori e i profumidella nostra Sicilia, il ristorante“Abbazia”, antica rettoria be-nedettina di S. Maria di Lico-dia, con la sua incantevole po-sizione e con il fascino dellesue austere mura, sentinelle diuna storia antica, ha accolto laDelegazione. Scopo della riu-nione conviviale è stato la pre-miazione dello chef MorenoEmmi, già classificato al pre-mio “Secondino Freda”, e laconsegna al sig. Abate, titolare

del ristorante, della guida “Lebuone tavole della tradizione”.La giornata ci ha riservato an-che un’apprezzatissima rela-zione sul vino che, insieme alterritorio e alla cultura di cui èespressione, rappresenta unadelle più importanti risorse delsistema Sicilia. Relatore l’Acca-demico Ottavio Ferreri del-l’Anguilla, contitolare della ec-cellente cantina “Valle dell’A-cate”. I piatti presentati sonostati valorizzati nella loro giàraffinata bontà da ottimi abbi-namentii scelti da Ottavio fra isuoi vini, così il Frappato Doc2009 con la sua fragranza haaccompagnato l’antipasto e leclip ripiene di pesce in salsa divongole, mentre un Cerasuolodi Vittoria Docg 2007, dal gu-sto pieno e vellutato, è statounito al maialino dei Nebrodi.La ghiottoneria della pasta

phillo con crema Chantilly efragoline ha suggellato una co-lazione davvero ottima.

CASERTA

DIBATTITOSUL FALSO IN TAVOLA

“Il falso in tavola”, o, meglio,l’identificazione delle principa-li sofisticazioni alimentari, è ar-gomento quanto mai attuale ela Delegazione ha ricevutomoltissime sollecitazioni a ri-tornare sullo spinoso tema, giàaffrontato, con grande succes-so, tempo addietro. Perciò laConsulta accademica ha invita-to il dott. Michele Tortorelli,insigne veterinario e dirigenteAsl Caserta, da sempre alleprese nella sua professionecon tali sofisticazioni, a intrat-

La Delegazione di Albenga e del Ponente Ligure haospitato Gualtiero Marchesi per conferirgli il premiogastronomico “Piatto blu”, nato da un’idea del Vice-Delegato Roberto Pirino approvata dal PresidenteBallarini (che gli ha concesso il patrocinio dell’Acca-demia) e dal Comune di Alberga. Il “Piatto blu” verràogni anno attribuito a un cuoco di grande fama chesappia valorizzare la tradizione gastronomica italia-na e i prodotti dell’eccellenza agricola dell’Albenga-nese e delle sue vallate. Gli asparagi violetti, i carciofispinosi, i pomodori cuore di bue e le zucchine trom-bette, ben noti a Gualtiero Marchesi, sono stati conlui i protagonisti della serata. Il maestro ha potutoesprimere nel convegno a lui dedicato, nella presti-giosa sala San Carlo dell’antico Palazzo Oddo, lasua filosofia di cucina, il suo desiderio di formarenuovi bravi cuochi che sappiano portare nel mondola cucina italiana approfondendo la conoscenza deiprodotti di qualità che la nostra tradizione ci offre,rendendo più semplice possibile la loro proposta, inmodo da non far mai perdere la chiarezza di quelloche si mette nel piatto. Il folto pubblico composto daAccademici giunti anche da Asti, Alessandria, Tori-no, Pinerolo, Novara, e da rappresentanti di istitu-zioni culturali e agricole albenganesi, nonché danumerosi cuochi, ha molto apprezzato le parole delmaestro e molte sono state le domande, soprattutto

sul futuro della cucina italiana. Marchesi ha pun-tualizzato la sua idea di bello uguale a buono, il cuisignificato è che un bel prodotto sano, giunto a giu-sta maturazione, lavorato con passione è bello e buo-no e la difesa della cucina italiana dovrà sempre te-nere presente la qualità e l’unicità della nostra tradi-zione e di quello che la compone. È stato dunque pre-miato con il “Piatto blu”, replica artistica, eseguitadai maestri vetrai di Altare, del piatto risalente al Isecolo dopo Cristo, rinvenuto negli scavi archeologicidi Albenga pochi anni or sono e ora custodito nelmuseo di Palazzo Oddo con altri bellissimi manufat-ti in vetro di epoca romana. Il premio è stato conse-gnato a Gualtiero Marchesi dal Vice-Delegato Rober-to Pirino con il Delegato Silvio Torre e con Giorgio Zòin rappresentanza del Presidente Ballarini. La seratasi è poi conclusa al ristorante “Pernambuco”, recen-temente premiato con il diploma di “Cucina eccellen-te”, le cui cuoche Nicoletta e Ivana hanno propostoun menu che ha esaltato asparagi violetti, carciofispinosi, pomodori cuore di bue e zucchine trombette,sapientemente abbinate al miglior pesce e ai crosta-cei del Mar Ligure. Hanno partecipato alla cena ilCoordinatore territoriale Paolo Lingua e numerosiesponenti della cultura albenganese e della stampa.Marchesi ha donato alla Delegazione quattro sue ri-cette riguardanti i suddetti prodotti.

GUALTIERO MARCHESI PREMIATO AD ALBENGACON IL “PIATTO BLU” DELL’ACCADEMIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

tenerci sulle frodi alimentari,sia dal punto di vista commer-ciale che sanitario. La conversazione, introdottadal Simposiarca PiergiorgioCaterino alla presenza di unanutrita partecipazione di Acca-demici e di moltissimi ospiti, èstata integrata da una presen-tazione Powerpoint interes-santissima, che ha suscitato unvivace dibattito. Per questo si èdeciso di estrapolare i passipiù salienti della conversazio-ne, in modo da realizzare unarelazione che sarà distribuita,come memento, a tutti i parte-cipanti. (Aldo Antonio Co-bianchi)

BOLOGNADEI BENTIVOGLIO

L’ASPARAGOVERDE DI ALTEDO

La primavera ci porta sulle ta-vole le primizie delle nostreverdi, rigogliose e floridecampagne, maggio è il mesedell’asparago, uno dei capi-saldi qualitativi e originali del-l’agricoltura bolognese. Rin-novando quella che ormai èdiventata una tradizione, an-che quest’anno la Delegazio-ne di Bologna dei Bentivoglioha festeggiato questo partico-lare, speciale e delicato pro-dotto, adorato e preferito daibuongustai non solo bologne-si. Nell’ambito della sagra or-ganizzata tutti gli anni dalConsorzio di tutela dell’aspa-rago verde di Altedo Igp peronorare i piatti che tradizio-nalmente vengono propostidalle cuoche delle trattorie,gli Accademici si sono riuniti,in religiosa attesa, attorno atavole imbandite in un luogodel tutto anomalo e particola-re ma il più indicato per la su-blimazione del Santo Aspara-go: la canonica della parroc-chia di Santa Maria di Baricel-la, potendo contare sulla ca-pacità e bravura della cuocaAnna Golfieri, erede della

centenaria “Trattoria Golfieri”di Baricella, che con l’aiutodelle signore della parrocchia,valenti esperte di cucina, hapreparato e fatto gustare unaprelibata cena basata su unmenu giocato tutto sulla pre-senza dell’asparago. Per ini-ziare sono stati serviti: vol-au-vent con asparagi e ragù, frit-tata con asparagi, lasagne conragù di asparagi, tagliatellecon asparagina, che è statouno dei piatti più apprezzatiper la bontà delle favolose ta-gliatelle fatte con una sublimesfoglia, rigorosamente fatta etirata a mano, difficilmenteoggi trovabile se non in certecase private; sono poi seguitigli asparagi olio e limone, gliimmancabili asparagi con uo-vo all’occhio di bue, un frittomisto di involtini e frittelle diasparagi, crema fritta dolce.La cena conviviale, durante laquale Maurizio Mantovani haillustrato ai convenuti la colti-vazione degli asparagi e la lo-ro storia e il parroco donGiancarlo Martelli ha fatto lastoria della chiesa parrocchia-le, si è conclusa con le crosta-te della nonna e le fragolecon gelato. Ai piatti servitierano abbinati i vini Doc delcolli bolognesi dell’Aziendaagricola Tizzano, Visconti diModrone. (Tito Trombacco)

AVEZZANO

LA RICETTADELLA NONNA

La Delegazione ha ideato e or-ganizzato il concorso “Scoprila ricetta della nonna”, riserva-to agli alunni delle scuole me-die di primo grado. Tale ini-ziativa si inserisce nell’ambitodelle attività atte a favorireuna buona alimentazione e amantenere vive le tradizionicucinarie del territorio marsi-cano, attraverso lo studio dicucina antica, storia, valori,usi, costumi e prodotti agricolidell’Abruzzo interno.

Il concorso infatti prevede lapresentazione di una ricettaantica del territorio, indican-done gli ingredienti e le pecu-liarità culturali alle quali si ri-ferisce, come una festa, una ri-correnza, un particolare lavo-ro come la transumanza o al-tro. Inoltre ogni ricetta deveessere corredata da un raccon-to o aneddoto legato al piatto,vissuto dai nonni o raccontatoin famiglia e quindi tramanda-to nel tempo. Infine, in consi-derazione della presenza dialunni provenienti da altreculture, il concorso prevedeuna sezione riservata a una ri-cetta straniera, così da far co-noscere ai nostri ragazzi la cu-cina e le tradizioni gastrono-miche di altri Paesi. Al ristorante “Napoleone” diAvezzano, alla presenza delsindaco Antonio Floris, del vi-ce-direttore generale dell’Uffi-cio scolastico regionale Ema-nuele Nicolini, dei dirigentiscolastici Abramo Frigioni ePaola Di Gennaro, del presi-dente del Comitato interpaeseMaghreb-Italia Franco Santel-locco e numerosi ospiti, si èsvolta la cerimonia di premia-zione. Nel corso della serata sonostati serviti i piatti vincitori,realizzati dallo chef del risto-rante con la supervisione deglialunni vincitori della IV edi-zione: ciascuno, prima di farassaporare il piatto, ha pre-sentato la ricetta e raccontatol’aneddoto a essa correlato.Questi i piatti vincitori per lescuole medie statali “Alessan-dro Vivenza” e “Camillo Cor-radini” di Avezzano: fregnacce(Giulia Monaco); zuppa di ca-volo cappuccio e patate (Da-vide De Angelis), Jo Rancio(Antonio Valerio); pollo dinonna Angela (Pietro Leone).Per la ricetta straniera è statapremiata Julia Pulyak con latorta di Kyiv. Al termine dellaserata il Delegato GiuseppeCristofaro con tutti gli Accade-mici di Avezzano ha conse-gnato le coppe ai vincitori.

VENEZIA

LA FESTADI SAN MARCO

Celebrare la più significativadelle festività veneziane è sicu-ramente un piacere, ma ancheun dovere per la città. La figuradi San Marco rappresenta tuttala storia della Serenissima: Ve-nezia, il doge, i banchetti, “risie bisi”, infatti questo piatto do-veva essere presente sulla tavo-la del doge. Con i primi piselli,coltivati nelle isole della lagu-na, e se la stagione non era sta-ta consapevole dell’importanzadi far maturare in tempo il pre-zioso legume, lo si faceva arri-vare dalle terre più miti della Li-guria. La nostra Delegazione hasempre mantenuto questa tra-dizione. Quest’anno il giornodedicato al Santo Patrono cade-va di domenica, una doppia fe-sta. Venezia, si sa, è la città piùvisitata d’Italia, figurarsi perun’occasione così, è bastatoperò passare di là dall’acqua,nella tranquilla isola della Giu-decca, per trovare il posto giu-sto: “A e Botti”, un’autenticaosteria, gestita dalla stessa fami-glia da tre generazioni, miglio-rata da un recente restauro,senza falsarne l’originale sem-plicità. Il lungo bancone dellamescita entrando, con una se-rie di appetitosi cicchetti, dalbaccalà mantecato a quello inrosso alla veneziana o fritto,sarde in “saor”, folpetti, spiedi-ni di gamberi, gonfietti di paneall’acciuga, sardoni fritti, cape-sante e naturalmente “ombre” avolontà! In fondo al locale lasorpresa, una veranda affaccia-ta su un minuscolo giardino,ma sufficiente per creare un’i-dea di intimità e pace. L’aperiti-vo in piedi, con tutte le specia-lità elencate, forse proprio tutteno, ma una buona parte. A ta-vola, il bicolore baccalà e i tan-to attesi “risi e bisi”, che pur-troppo non sono stati interpre-tati nella versione giusta (cioèin minestra, un po’ brodosi, co-me si usava una volta), perché

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

la cottura a risotto arriva in se-guito. Una frittura di pesce everdure veramente ottima,croccante e dorata. Avrebbedovuto essere una “pinza”,dolce casalingo, preparato dal-la nonna dei giovani proprieta-ri, a chiudere il pasto, ma ilcuoco “foresto” ha voluto faredi testa sua. I vini che hannobagnato questa piacevolissimariunione conviviale erano: Pro-secco millesimato Astoria, Mül-ler Thurgau Colterenzio e undelizioso vin dolce della casa.Valutazione 7, euro 50. La De-legata Laura Ghittino ha pre-sentato l’interessante libro dicucina dell’Accademica FulviaSesani dal titolo e testo in in-glese “Splendid dinners undera Venetian chandelier”, ma coni nomi delle ricette in dialetto,un omaggio alla sua città, maanche per far sapere al mondoche la cucina veneziana ha ori-gini antichissime e sempre at-tuali.

SALERNO

SULLA TERRAZZA AD AMALFI

All’hotel “Santa Caterina” diAmalfi, come gli altri anni, laDelegazione ha tenuto la riu-nione conviviale d’estate nellabella terrazza sul mare dovegli Accademici e gli ospiti sonostati accolti con il consueto ca-lore dalla signora Gambardellae dai suoi collaboratori. Gliaperitivi guarniti da gustosi evari assaggi sono stati prepara-ti su tavoli su cui spiccavanocesti di zucca e cocomeri scol-piti con maestria, in cui le ca-rote rosse e i finocchi erano di-ventati rose rosse e calle. Lepietanze semplici ma gustosee ben preparate sono stateservite con impeccabilità e ap-prezzate dai convitati e dagliospiti. Il tempo è trascorso inun’atmosfera serena e distesa.Il traghetto ha riportato moltiAccademici a Salerno in unapiacevole traversata.

LUCCA

UN TUFFONELLA STORIA

La Delegazione lucchese si èriunita da “Erasmo”, un localecaratteristico situato a pochikm dalla città, lungo le rive delSerchio: è uno dei pochissimiristoranti che si può fregiaredel titolo di “locale storico d’I-talia”. Risale infatti al 1760,com’è attestato dai documentiche la famiglia si trasmette dipadre in figlio, l’ultimo deiquali, Lorenzo, ce li ha fatticonsultare con grande corte-sia. La riunione conviviale èstata caratterizzata dalla inizia-tiva dell’Accademico LambertoMennucci, titolare di un notopastificio e di un’ottima azien-da agricola, che ha offerto lapasta, il vino e l’olio.Una volta a tavola Mennucciha fatto la storia della sua fa-miglia di pastai, una storia lun-ga e ricca di eventi che risalealla fine dell’Ottocento. Suc-cessivamente un suo collabo-ratore ha tenuto una pregevolerelazione sulla storia della pa-sta partendo dai primi del XIXsecolo fino ai giorni nostri. Ilsuo intervento, ricco di riferi-menti e ampliamente docu-mentato, è stato lungamenteapplaudito. Terminata la parteculturale, degna dell’Accade-mia, è iniziata quella gastrono-mica, con la proposizione didue primi piatti. Qui si impon-gono un commento e una pri-ma domanda alla quale non èfacile rispondere: nella nostraDelegazione capita spesso cheun piatto venga calorosamenteapprezzato da una parte deipresenti e aspramente criticatodall’altra (in modo assoluta-mente inconcepibile per Acca-demici che si ritrovano da tantianni, e condividono la buona ela cattiva sorte), non alla unani-mità ma quasi in modo cheevoca i guelfi e i ghibellini.Forse questa dicotomia si spie-ga col fatto di essere dei “ma-ledetti toscani” oppure perché

a convivialità fa apparire otti-mo anche quello che non lo è.I primi piatti, come abbiamopoco fa sottolineato, sono statiapprezzati almeno dalla metàdei commensali, l’altra metà alcontrario, ha trovato qualchedifetto nella cottura e nel con-dimento. Unanime, invece, ilconsenso sul pollo e sul coni-glio fritto. Buoni i dolci, ottimoil vino, ottimo pure il rapportoqualità/prezzo. Nel complessosi è trattato di una serata piace-vole, arricchita dagli interventidel socio Mennucci e dal suocollaboratore, una serata in cuisono stati coniugati i dettamiculturali dell’Accademia con labuona cucina; tutto questo èstato possibile realizzarlo gra-zie anche alla capacità orga-nizzativa del Delegato Ales-sandro Caturegli.

VAL DI NOTO

IL BANCHETTODI NOZZE

La Delegazione della Val diNoto si è riunita, al ritornodella Delegata onoraria FinaPlaneta da un riuscitissimoviaggio in Brasile insieme allaDelegazione di Londra, al ri-storante “La Prua”, di recenteapertura, nei pressi del lungo-mare di Avola. Locale elegantee raffinato, arredato sui tonidel bianco e del nero, conqualche oggetto che richiamala tradizione delle ceramichesiciliane. Il giovanissimo chefSaverio Magrì, già allievo delprof. Giovanni Fichera dell’al-berghiero “Federico II” di Sira-cusa, ci ha proposto un menudi mare, nel pieno rispettodella tradizione, tutto caratte-rizzato dall’impiego di ottimematerie prime. Pesce freschis-simo innanzi tutto, fornito dal-le pescherie della famiglia delproprietario, Salvatore Puglisi.L’aperitivo, un Prosecco ac-compagnato da tartine e dadeliziose pizzette calde conpomodorini e cubetti di pe-

sce, ci ha ben disposti a gu-stare il resto della cena. L’anti-pasto ha meritato la votazionepiù alta: originali i gambericroccanti in crosta di pane,gustoso lo spada in carpaccio,ma veramente insuperabili igamberetti crudi marinati.Sembrava di assaporare tuttoil profumo e il gusto del no-stro Ionio! Ottimo anche il ri-sotto con gamberi, arancia ezafferano, al dente e con ilgiusto equilibrio fra i vari sa-pori, senza che uno prevales-se sugli altri. La grigliata mistache è seguita era talmente ric-ca che da sola poteva costitui-re un pasto completo: un te-nerissimo calamaro aperto, untronchetto di tonno profuma-to di limone, gamberoni fre-schissimi, tentacoli di polpo,il tutto accompagnato da unottimo Moscato o da unagrappa scelta tra le molte of-ferte del locale. La parte cul-turale della serata è stata affi-data all’Accademica Carla Sie-na, che ci ha intrattenuti sullastoria del “Banchetto di noz-ze”. Partendo dall’antichità,con i riti e le cerimonie diGreci e Romani, la relatrice hatracciato un excursus attraver-so Medioevo, Rinascimento,Settecento, raccontandoci dibanchetti sontuosi per festeg-giare le nozze tra membri didinastie nobili e famose. Apartire dall’Ottocento, nontralasciando i matrimoni dellefamiglie ricche, l’attenzione siè spostata sulle usanze delmatrimonio contadino, cosìcome narrava Giuseppe Co-ria, Accademico mai abba-stanza ricordato e celebrato,nel suo “Usi nuziali e mangia-re di nozze”. Ci siamo divertitiascoltando i proverbi e ricor-dando le usanze in voga in Si-cilia più di un secolo fa, comeper esempio “Fìmmìna a di-ciott’anni. O la mariti o lascanni”, oppure il racconto ditutti i preparativi che prece-dono il giorno del matrimo-nio. La relatrice ha infram-mezzato le citazioni storiche

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

ed etnografiche ai suoi ricordipersonali, dando così modoagli intervenuti di continuare,durante la cena, la discussio-ne sull’argomento.

VULTURE

A TAVOLACON I NONNI

Presso il Centro sociale di La-vello è stato presentato il volu-me “A tavola con i nonni. Traantichi sapori e ricordi”, scrittoda Jolanda Pier Paola Carrettaed edito da Alfagrafica Volon-nino di Lavello. Gli organizza-tori hanno ritenuto opportuno,avuto riguardo all’argomentotrattato, invitare alla presenta-zione anche il Vice-Delegato

Domenico Saraceno. La mode-ratrice Antonella Costante, do-po il saluto agli intervenuti, hadato la parola al sindaco di La-vello dott. Antonello Annale,che ha porto il saluto dell’Am-ministrazione comunale, espri-mendo tutto l’apprezzamentoper l’autrice che con la suaopera onora la sua città. Hapreso poi la parola la prof.ssaRosa Torciano che ha postol’accento sul fatto che il volu-me non vuole essere un ricet-tario dei piatti del tempo chefu da aggiungersi ai tanti ricet-tari già editi, ma l’espressionedi un ricordo del passato con isuoi colori, con le sue emozio-ni, con le sue abitudini e conle sue tradizioni, esposta attra-verso la cultura dell’alimenta-zione di un tempo. L’opera

vuole essere una guida per ri-cordare ai giovani di oggi, cosìdistratti della tante suggestionidel presente, come si vivevaun tempo, come eravamo equali erano i valori ispiratoridel vivere quotidiano. Il dott.Vincenzo Masi dell’Istituto ita-liano del commercio estero haposto l’accento sull’opportu-nità di tener viva la tradizione,manifestazione di una culturaalimentare basata su cibi che,anche se poveri, erano prepa-rati e presentati sempre con unimpegno e un passione che lirendevano graditissimi. La parola è passata poi al reve-rendo don Vito Comodo cheha ricordato l’importanza cheil cibo aveva un tempo e il suopotere di aggregazione che fa-ceva riunire la famiglia attorno

al desco, creando momenti divera unione familiare, cosache oggi, specie dai giovani,viene poco attuata. È stata poila volta del Vice-Delegato Do-menico Saraceno che ha riferi-to di come, nei contatti avuticon le comunità italiane neisuoi frequenti viaggi all’estero,sia forte e sentito il ricordodella tradizione alimentaredella patria lontana e di comegli antichi sapori radicati nellamemoria costituiscano un fortesentimento che tiene legati ainatii borghi dai quali partironogli emigrati. La serata è stata allietata dall’e-secuzione, fra un intervento el’altro, di brani di musica clas-sica da parte della violinistaRosamaria Vastola e del piani-sta Ferruccio Bisceglia.

Quelle gigantesche uova che troneggiano sul tettodella casa di Salvator Dalì, a Port Ligat, a Cadaqués,paese più orientale della Costa Brava, sono un omag-gio a questo alimento, la cui forma mi ha sempre af-fascinata e incuriosita. Così come mi ha sempre affa-scinato l’uovo di legno girato e rigirato fra le manidelle donne di un tempo attente arammendare i calzini. Oppure lalampada-uovo di Fontanarte chespicca per il suo chiarore e la sua lu-minosità, che infonde un senso distupore e di serenità al tempo stesso. Èlo stesso che si è portati a pensarequando si prende un uovo e lo siguarda. È lui che si fa rimirare per lasua forma ovale (che colpì anche Mo-digliani, che lo trasferì negli ovali del-la sua modella), è lui che si fa rispet-tare, perché un piccolo tocco malde-stro potrebbe romperlo e mostrare ilsuo interno rosso (come rosso è il cuo-re) avvolto in una camicia bianca vi-scida che talvolta non si stacca dallaparete stessa. Grande importanza l’uovo ha ricevutofinanche dalla corte russa, affascinata dalla prover-biale bravura dei Fabergé che conquistarono la zari-na Maria Feodorovna sedotta dalla gallinella d’oro,contenuta nell’uovo di Pasqua regalatole dallo zarAlessandro III. Simbolo della nascita della vita, fuutilizzato nelle festività religiose della Pasqua cristia-

na ed ebraica e anche nella chiesa ortodossa, dandopoi vita, nella metà dell’Ottocento, alla invenzionedell’uovo di cioccolato. Faccio qui un elogio quasi os-sequioso a questo alimento, tanto da intitolare questointervento “L’uovo: cibo da venerare”. Il suo nomederiva dal latino tardo “ovus” e dal classico “ovum”.

Probabilmente è collegabile ad “avis”= uccello. Rappresenta il gamete fem-minile. Questo piccolo e prezioso ali-mento è un concentrato di tutto ciòche è necessario per dare inizio a unanuova vita. Consiste in un’unica egrandissima cellula il cui nucleo(tuorlo) contiene proteine animali adaltissimo valore biologico, come innessun altro alimento è possibile tro-vare. Il tuorlo è ricco di vari grassi edi una alta percentuale di colesterolo,contrastato però dalla presenza dellalecitina che svolge una valida funzio-ne di pulizia delle arterie. C’è stata in-fatti la smentita rispetto all’opinionediffusa che l’uovo aumentase il tasso

di colesterolo. Invece si è dimostrato che ha proprio lacapacità di attivare la funzione del fegato. Contieneproteine nobili, minerali (calcio, magnesio, sodio epotassio), vitamine A, D, B. Il rosso è ricco di grassisaturi (30%) e insaturi, ossia buoni (70%). Insomma,l’uovo è piccolo ma sorprendentemente grande e ric-co di qualità positive. (Mjriam Cimino Fonti)

L’UOVO FRAGILE E FORTE

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

Dear Academicians, there is a Latinadverb where modo, or manner,

which paved the way for the word“modern” which that represents somethingrecent, timely and contemporary; that is,something that just happened. In thepopular meaning, you are “modern” whenyou leave behind the past, somethingsomehow removed from us. At one time,all was modern and all modern becamepast. However, the term “modern” hastaken on historical significance, and as aresult the “modern” era begins with thediscovery of America, even though culturalmanifestations of a modern character cameto light at different times. Social modernitystarts in 1600 with the extolling ofautonomous and self-sufficientindividualism and the triumph of Galileo’snew science. In the case of cuisine, whichis always slower to change compared toother aspects of culture (due to its identityvalue), modernity starts at the beginning ofthe 19th century as a consequence of thedeep social upheaval brought about by theFrench Revolution and the influence of theIndustrial Revolution which affected allsocial activities. For example, the advent ofmodernity includes “fire”, which updates(“modernizes”) and thus modifies thekitchen, from fire made with wood, thencoal, and on to the use of natural gas andelectrically generated heat, and finally tothe cooking of food by electro-magneticwaves. The same concept applies tokitchen utensils, from traditional pots toincreasingly sophisticated implements.Thus, the term “modern” has taken on apredominantly cultural meaning; thisexplains how a new cuisine could beconceived, no longer tied to the past or tothe present, but projected toward thefuture (futurist cuisine). By the same token, insofar as we addressthe cultural phenomenon, one canunderstand how modernity has beenovercome by “post-modernity”, or betterstill, by what has been called a“postmodern transition”. By definition the

“postmodern” period started more or lesswith the 1968 cultural revolution; it took itsfirst steps in architecture and then spreadto other human endeavors. The movementis not always clear, in fact it is somewhatconfused: within it, a criticism of thereckless progress of industrial productioncan coexist with well defined subjects andstyles codified by the traditions that tookshape along with modernity. Thechampion of the new movement was JeanFrancois Lyotard, who wrote “ThePostmodern Condition” in 1979 and thecelebrated essay on “The End ofModernity” in 1980. It is about this time that the term“postmodern” enters the kitchen. It iscertainly not casual, and not just acoincidence, that in 1973 Henri Gault andChristian Millau shaped a new culinarymovement in France. They named it“nouvelle cuisine”, a truly postmoderncuisine that tore down what had been builtby a tradition that had decayed by virtue ofthe destruction of those principles of highcuisine contained in a limited number ofrecipes. It is easy to imagine the shock andthe bewilderment of those who treasuredmodern cuisine, that is to say the cuisine ofthe 1800s and the first half of 1900s,codified by the “modern transition” as itwas interpreted by Pellegrino Artusi andhis followers. The bewilderment stems aswell from the constant and unavoidablepush into a postmodern situation that doesnot lend itself to easy interpretation oracceptance, and is not always appreciated. In the kitchen the inevitable “postmodern”phenomenon (or “postmodern transition”)poses the problem of changing nutritionalmodels based on a traditionalanthropology that was reassuring in itsconstancy. The trauma is rather similar tothat suffered during the transition from thegreat cuisine of the Renaissance to moderncuisine several hundred years ago.Inevitably, even in the area of nutrition andindependent of customs, habits andpersonal preferences, there is a perceived

need to go beyond, to cross borders andcategories apparently consolidated inmodern traditions. This is a phenomenonthat seems only able to be addressed andresolved through sociology (with itsprovocative Italian anagram sociologia =ciò-lo-so-già, which loosely translates as “Ialready know that”.) but which involves allaspects of our humanity, and thus alsobelongs to the category of anthropology.Even within the confines of this essay, it isnecessary to understand that theundeniable phenomenon of the post-modern reality cannot be confrontedmerely by measuring the reversion of orthe decline in the practices of a moderntradition in a state of dissolution, or onlythrough ineffectual criticisms orcomplaints. One must bear in mind thattoday more than ever before, theincreasing fascination with all thingsculinary and gastronomic among socialclasses and in environments that werepreviously unthinkable contrasts with theradical metamorphosis of taste andsymbolism attributed to food, and with itstransformation in terms of places and waysof consumption. But above all we mustnot ignore the birth and diffusion of newhabits and styles, some of which tend toconsolidate themselves into new traditions.This is not a transition in which there is anever decreasing faith in traditions and theirauthority so much as it is an inability toexperience the realities of the“modernization” of the past whilerediscovering them. We are living in a timeof rapid anthropological and existentialchange during which the relationship withthe past is questioned, but at the same timewe are increasingly open to formerlydistant cultural ideas that today are evercloser and which call for a comparison anddialogue across the cuisines of the worldduring this time of food globalization, theirsymbolism of foods and especially howthey are prepared, presented, andconsumed. There are many postmodernissues today that regard cuisine andgastronomy, just as in other sectors of oursociety, such as language. Globalization isleading to the emergence of diverseattitudes within various cultures andcuisines in the face of a postmodernism,with aspects and values which differ from

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POSTMODERN TRADITION

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

those of individual societies. While Orientalcuisine and gastronomy, especiallyChinese, are opening up to Westerntechniques and tastes, French cuisine tendstoward a frenetic search for betteringredients and ever more sophisticatedtechniques. North American chefsexperiment with increasingly outlandishcombinations, exchanges, and fusioncuisines in the quest for novelty even inindustrial food production. In all of thesecircumstances it remains to be seenwhether tradition will hold sway, or changewill prevail, and it is increasingly evidentthat the postmodern transition is nothingmore than a great laboratory that in largepart recreates traditions. In this last contextthe Accademia must work to foster anItalian cuisine that deepens its roots in therich variety of the hundreds, eventhousands of traditions that exist within theinfinite cultural and territorial diversity ofour country. In the current difficult periodof postmodern transition, in which new orrenewed traditions are forged, it isincreasingly essential to protect Italianculinary traditions by promoting andfostering them as called for in our Charter.An intelligent improvement must find anew interpretive approach within a cultureof food and the table under the banner of astyle and good taste that can and mustremain typically Italian.

GIOVANNI BALLARINI

SQUARING THE CIRCLEsee page 5

Once upon a time in restaurants as at home,tables were set with round porcelain orceramic plates. Today’s plates come in themost fanciful shapes: square, rectangular,triangular: the stranger the better. But all thisdetracts from what is on the plate.

THE VIRTUES OF BALSAMIC VINEGARsee page 6

The Delegation of Virginia gatheredaround the table to celebrate balsamicvinegar. During the tasting and dinner boththe culinary and medicinal virtues of thelegendary gastronomic Italian productwere extolled.

CHEESE WITHOUT MILKsee page 7

Carlo Magni, Rome Academician, reportson a study of the dairy industry conductedseveral years ago. The results wereamazing: the quantity of cheese producedwas always greater than the amount ofavailable milk destined for cheeseproduction. This inevitably leads to theconclusion that many cheeses on themarket are actually produced without milk.

THE ITALY-CHINA COMPARISONsee page 9

The spring meeting of the Guangdong(China) Delegation focused on theimportant cultural role that the Accademiaplays abroad. It is essential to evaluate theItalian characteristics in Italian restaurantsabroad, and to spread awareness of Italiandishes and of the excellence of our nationalproducts.

WILL THE REAL STRIGOLI PLEASE STAND UP

see page 11

Viterbo Delegate Italo Arieti explains thatuntil about 15 years ago the word strigolireferred exclusively to a wild herb (pigeonweed) belonging to the Caryophyllaceae(carnation) family. Today the term issometimes used erroneously to indicate aparticular type of pasta.

REMEMBERING GARIBALDIsee page 13

The Palermo Delegation honoredGiuseppe Garibaldi who in early June 1860victoriously liberated the city from theBourbon army. The Accademia eventfocused on what Garibaldi ate during histime in Palermo.

ISERNIA AND THE ONIONsee page 14

During the annual Isernia Onion Fair thelocal delegation held a meeting devoted topresenting the onion in a whole new light,emphasizing its significance in terms ofappearance, customs, traditions andlegends.

THE ACCADEMIA AT SAN PATRIGNANO

see page 16

More than 230 people participated in thefirst National Convention organized by theten Romagna delegations in cooperationwith the Community of San Patrignano.This initiative sought to spread theRomagnolo traditions and aspects of theCulture of the Table beyond the region’sborders.

FISH IN THE ADRIATICsee page 18

The Venice-Mestre Delegation held aninteresting conference dedicated to Adriaticfish and its preparation. The theme, TheFish Situation in the Adriatic andMediterranean is a very timely one.

THE TRADITION OF CHOCOLATEsee page 20

The Modica and Caltagirone Delegationscollaborated to celebrate Culture Day byorganizing a conference entitled Traditionand Innovation in Italian Cuisine. At theend of the conference the participants satdown to enjoy a menu that fully interpretedthe day’s theme.

CUISINE IN HISTORYsee page 21

Colors, aromas, flavors. Fusion andcorruption. Local products versus importedones. The art of gastronomy. These werethe main subjects of a round tablediscussion organized by the AltamuraDelegation. The main theme of theevening: History and tales of cuisine: fromthe Islamic Legacy to Catherine De Medici.

SICILIAN PRICKLY PEARSsee page 23

The Siracuse Delegation held an interestingconference on the prickly pear.Academician Guido Vinci laid out a carefulscientific, literary, medical and gastronomiccross section entitled Sicilian CulinaryCharacteristics, including a ficurìnia(prickly pear), concluding with adescription of recently publishedmonographs.

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FROM THE OLD TO THE NEWsee page 25

In collaboration with Rotary International’sInner Wheel, The Isernia Delegationorganized a pleasant get together tocelebrate Culture Day. Professor TommasoLucchetti presented the work Traditionand Innovation, reminding us of theimportance of keeping our traditions alive.

THE TIME OF THE MELONSsee page 27

In his only published work, A Brief Historyof Roots, Herbs and Fruits Eaten Cooked orRaw in Italy, Giacomo Castelvetro (1546-1616) discusses one of the most originaland distinctive aspects of Italiangastronomy: the use of vegetables andsalad greens. The section devoted tosummer crops also includes melons.

ARTUSI ACCORDING TO VOLPICELLIsee page 28

In 1989 Orio Vergani was happy to see theAccadmia participate in the new edition ofPellegrino Artusi’s celebrated work Sciencein the Kitchen and the Art of Eating Well,published by Giunti Marzocco in Florence.This edition, which our Library possesses,contains an introduction by Luigi Volpicelli,one of the founders of the Accademia.

A SIXTEENTH CENTURY STORY TELLER

see page 30

Delegate Maurizio Campiverdi of BolognaSan Luca recounts the story of GiulioCesare Croce, born in 1550 in San Giovanniin Persiceto. The itinerant storyteller andauthor wrote more than 400 works whichare difficult to find even in antiquebookstores but are worth the effort becausethey contain a wealth of information on theeating habits of the inhabitants of Bolognafrom the 16th to 17th Century.

EXQUISITE “BANQUETS”see page 31

Bianchetti are the smallest size of severaltypes of fish, ranging in size from 3-10millimeters (less than 1/4 inch). They

belong to the so-called “small fry” categoryand their fishing may soon be prohibitedby the European Community. David Bixio,Tigullio Delegate, describes how these tinyfish are prepared.

THE MOLISANA POTATOsee page 32

Campobasso Academician Enzo Nocerarecounts the history of the potato, from itsintroduction to Europe to the present day.He focuses on the variety grown in Molise,which in the past served as an importantsource of nutrition.

THE DECLINE OF THE STROLLING MINSTREL

see page 34

“A pusteggia”, explains Naples-CapriDelegate Massimo Pisani, refers to theplace where strolling minstrels played inNeapolitan restaurants. These singers werethe major propagators of Neapolitan songs.They are rarely seen today, and when theyare, they perform the more famous songsfor the delight of the diners.

COCKTAIL PARTY TRICKSsee page 36

Antonio Ravidà, Palermo MondelloDelegate, discusses the increasinglypopular trend of substituting the traditionalelegant dinner at home with a “cocktailparty”. What this custom gains in ease andeconomic terms, it sacrifices in qualitativeand social terms.

ANATOMY OF A CHEFsee page 37

Gianni Franceschi affirms that it is alwaysessential that a good and skilled chef bewell acquainted with the past in order tolive in the present and prepare for thefuture. Yesterday differs from today, just astomorrow will bring something entirelydifferent. But knowledge is always thefoundation of experience.

TranslatorsNICOLA LEA FURLAN

DONALD J. CLARKSummarized

FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

SETTEMBRE 2010 / N. 219

DIRETTOREGIOVANNI BALLARINI

DIRETTORE RESPONSABILEGIANNI FRANCESCHI

VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICOFRANCESCO RICCIARDI

SEGRETERIA DI REDAZIONETILDE MATTIELLO

COORDINAMENTO REDAZIONALESILVIA DE LORENZO

IMPAGINAZIONEMARIA TERESA PASQUALI

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIItalo Arieti, Raul Ballarini, Gaetana Bartoli Gravina,

Ettore Bonalberti, David Bixio, Vincenzo Buonassisi,Giancarlo Burri, Maurizio Campiverdi, Alessandro

Cantagalli, Giovanni Capnist, Maria Cristina Carbonellidi Letino, Mjriam Cimino Fonti, Vincenzo Corrado,

Giovanni Denora, Vinicio Eminenti, Silvia De Lorenzo,Marino de Medici, Mario De Simone, Costanzo Felici,Lorena Gallina, Gabriele Gasparro, Giovanna Maj,Carlo Magni, Gualtiero Marchesi, Lucio Messina,

Edoardo Mori, Enzo Nocera, Carlo Ottaviano, MassimoPisani, Baldassarre Pisanelli, Bartolomeo Platina,Antonio Ravidà, Marino Riva, Alida Rova Ponte, M. Cristina Sansone, Michele Savonarola, Lejla

Sorrentino Mancusi, Angelo Tamburini, FerdinandTessadri, Tito Trombacco, Carlo G. Valli, Luigi Volpicelli.

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