AccademiaItalianaDellaCucina 2011 05 Maggio 227

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N. 227, MAGGIO 2011 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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n. 227 della rivista Accademia Italiana di Cucina, anno 2011, mese MaggioSe vi piace queso numero della rivista acquistatelo oppure sottoscrivete un conveniente abbonamento annuale.

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 Capire la cucina(Giovanni Ballarini)

EDITORIALE

5 Centocinquanta(Gianni Franceschi)

CENTRO STUDI“FRANCO MARENGHI”

6 Sessione di primavera(Silvia De Lorenzo)

CULTURA & RICERCA

7 Nelle valli del Natisone(Pietro Adami)

9 L’orologio biologico(Alfredo Pelle)

10 I piatti di Gio(Francesco Ricciardi)

12 La mandorla fresca(Giancarlo Burri)

16 Antica cicoria(Pino Lombardo)

20 Il frugale Garibaldi(Gabriele Gasparro)

22 Pasta e fagioli(Fabio Nobili)

23 Contro i pregiudizi(Marino de Medici)

25 Un sito reale(Donato Pasquariello)

27 Un abbinamento da sogno(Fausto Maculan)

29 La burrata pugliese(Luigi Altobella)

31 La cucina concettuale(Guido Schiaroli)

32 Il vizio della gola(Vanna FrancescaBertoncelli)

33 La pesca del tonno(Emanuele Romeo)

34 La perdita dei proverbi(Ersilia Caporale)

35 A tavola con il marketing(Gian Paolo Pinton)

36 La ricerca dei sapori(Tito Trombacco)

37 Le eccellenze del Siracusano(Biagio Bonfiglio)

I NOSTRI CONVEGNI

13 La cucina come memoria(Renzo Pellati)

15 La Belle époque(Gianfranco Porrà)

BIBLIOTECA NAZIONALEGIUSEPPE DELL’OSSO

18 Le strade nel piatto a Firenze(Lorena Gallina)

SICUREZZA & QUALITÀ

38 Attenti al sale(Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE4 Calendario accademico14 Accademici in primo piano39 Notiziario40 In libreria41 Vita dell’Accademia60 Ricette d’Autore61 Carnet degli Accademici63 Dalle Delegazioni78 International Summary

La copertina: particolare della decorazione della “Coppa velesca” (1927), porcellana policroma su disegno diGio Ponti, esposta nella mostra “Gio Ponti. Il fascino della ceramica”, in calendario a Milano, Palazzo Pirelli,dal 5 maggio al 31 luglio 2011.

La decorazione scelta da Gio Ponti (grande architetto, voluto da Vergani tra i fondatori dell’Accademia) perquesta coppa, conservata al Museo Richard Ginori della Manifattura di Doccia, Sesto Fiorentino, è ispirata al-la pesca, tema un po’ insolito rispetto alla maggior parte delle opere in mostra, ceramiche generalmente im-prontate ai temi classici vicini al movimento “Novecento”. Vedi articolo all’interno della rivista.

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO,CESARE CHIODI, GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ

DALLE ROSE, MICHELE GUIDO FRANCI, GIANNI MAZZOCCHIBASTONI, ARNOLDO MONDADORI, ATTILIO NAVA,

ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE,GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI,

EDOARDO VISCONTI DI MODRONE,CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

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Apuana Paolo AlbertosiAsti Rosanna Dacasto PennaAvellino Mario De Simone

Eduardo MennilloBari Fiorella Schirone

FranceseCagliari Castello Cristina Serra PintusCesena Giovanni TurchiCiociaria (Frosinone) Carlo Marsella

Filippo Pericoli RidolfiniDaniele Pisani

Crema Giorgio BarbestiSergio Fiori

Enna Salvatore TudiscoEugania-Basso Padovano Pietro FracanzaniFirenze Carlo Burchi

Renzo RenziGallura Gianfranco GiulianiImola Vittorio Lenzi

Alessandro ZanottiIvrea Diego SaboloLecco Riccardo BalbianiLivorno Giovanni MartinoLucca Umberto TenucciLunigiana Andrea BaldiniMacerata Cesare Branciari

Sergio BranciariGiancarlo Pantanetti

Mantova Luigi ValentiniMaremma (Grosseto) Mario FratiniMaremma-Presidi Piero CalistiMessina Francesco Colonna

Sigfrido FerrariSalvatore Ragusa

Milano Navigli Mario ClementeModena Luigi Cremonini

Alberto MantovaniNapoli Stefano RispoPadova Marco Dal Pont

Danilo GelmiParma Giovanni BallariniPavia Bruno RondiPerugia Luigi BarsantiPescara Anna Maria Iannucci

TorlontanoPinerolo Giancarlo Ortali

Prato Silvano BambagioniCarlo GabelliniMarco GramigniGianni LimbertiGiampaolo MoriniLuciano PedrizzettiPietro Vestri

Reggio Emilia Gianni FranceschiRoma Luciano PomilioRoma Olgiata Sabazia-Cassia Giuseppe Buitoni

Antonio CentraSilvio GattamelataMarco LaganàFerdinando MenconiMario PignanelliRaffaello RagagliniClaudio Saporetti

Salerno Gaetano TroisiSiena Fabio NepiSiena-Valdelsa Luciano FranchiSulmona Maria Rosaria ManziTigullio Andrea Raggio

Ilia TuciTreviso Ulderico Bernardi

Etile CarpenèUdine Giuseppe Di LenardoVenezia-Mestre Alfredo FurlanVicenza Giorgio TassottiVigevano Giovanni CanelliVulture Giancarlo LanariBerlino Claudio CiacciLondra Nicolò Pignatelli Aragona

CortesLosanna-Vennes Alessandro CaponiSan Marino Felice Angelo Biglioli

Renzo BonelliIngeborg Restelli della Fratta

Suisse Romande Carlo MicaraMassimo Toni

Svizzera Italiana Franca PelliFabio Valeggia

Utrecht Rino Van Der AvortVancouver Enrico Dobrzensky

Francesco Piccone

VENTICINQUE ANNI DI ACCADEMIA 1986-2011

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Capire la cucina

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

“Una cucina senza riflessione e senza ricerca,

non pensata, non può essere gustata

e non è degna di essere vissuta”.

C ari Accademici, secondo me ilvero scopo del gastronomonon è quello di fare o gustare

la cucina, ma di capirla. Il gastrono-mo non è un cuoco, un ghiottone oun esteta del cibo e neppure uno sto-rico o uno studioso di fisiologia otecnologia degli alimenti o della nu-trizione, e neppure uno psicologo osociologo dell’alimentazione, o unpur appassionato cultore della cuci-na: egli è un filosofo nel senso più al-to e profondo del termine. Gastrono-mia e cucina possono convivere nellastessa persona e non si può esseregrandi cuochi e divenire maestri dicucina se non si è allo stesso tempoanche gastronomi, altrimenti abbia-mo soltanto cucinatori sensitivi, gui-dati e dominati da intuizioni, impres-sioni e sensazioni inconsce.

Capire la cucina significa compren-dere una società nella sua comples-

sità e dinamica, intendere l’ambientedi cui è espressione, penetrare nelletradizioni cucinarie, conoscere sestessi come individui, famiglia egruppo sociale, e soprattutto tradurrele espressioni gastronomiche tradi-zionali e dei cuochi in un’utile guidaper la vita di ogni giorno. Mai comeoggi sappiamo, o crediamo di sapere,tanto d’alimentazione e nutrizione, eallo stesso tempo abbiamo tanti pro-blemi di cattiva alimentazione e nu-trizione, dalla dilagante malacucinaalle patologie nutrizionali di tipo bio-logico e comportamentale.

Scoprire, approfondendo la gastro-nomia, non è un inutile ed eruditosfoggio intellettuale, ma si tratta dicostruire e fare un discorso persuasi-vo e avvolgente che parla di uno de-gli aspetti anche identitari più impor-tanti di noi stessi, che si manifesta income l’alimento è trasformato in ciboper l’uomo. La ricerca gastronomica èin verità un lavoro su se stessi, sulproprio modo di pensare e di vedereil cibo, le sue trasformazioni e usi,tutto quanto vi ruota attorno e vi pe-netra, e su ciò che ci aspettiamo daesso. È anche un lavoro sul rapportoche raccolta, produzione, trasforma-zione e uso del cibo stabiliscono trauna società e l’ambiente, istituendoun indispensabile mezzo di lettura edi interpretazione del territorio.

Mangia come parli o parla comemangi, un detto ben noto anche nellasua ambivalenza, secondo l’uso chese ne fa. Un detto talmente comuneche non vediamo più quanto siaprofondo e soprattutto misterioso,perché ci riporta alle radici più intimee segrete del nostro essere umani.Solo la nostra specie ha sviluppatoun elaborato linguaggio e una specia-lizzata manipolazione del cibo e piùdi tutto, con la cucina, ha dato al cibo

valenze culturali inventando un sotti-le, ma al tempo stesso profondo, lin-guaggio cucinario, ricco di simbolo-gie, e soprattutto di significati identi-tari personali e collettivi. Tutto que-sto non ci riguarda da vicino?

Non ci riguardano forse domande,spesso inconsce, fra le quali non vi èsoltanto quella di perché abbiamo in-ventato e sviluppato tante cucine, maperché queste sono diverse e cam-biano? Esiste, e qual è, qualche cosadi costante nel continuo e progressi-vo, e anche regressivo, nell’ininter-rotto mutare e trasformarsi delle cuci-ne e dei loro eventi, anche in unaipotizzata e in parte misteriosa meta-cucina? Siamo liberi di scegliere i no-stri gusti o questi ci sono imposti dauna biologia o da una cultura? Comedobbiamo comportarci di fronte all’e-volvere della nostra cucina, ma so-prattutto di fronte alle altre cucineche paiono invaderci? Esiste e qual èun’etica alimentare, della cucina edella gastronomia? Qual è il ruolo e ilvalore, e quindi da dove deriva l’auto-revolezza delle tradizioni alimentari?Che cosa possono significare leespressioni tecnologiche e artistichepresentate dai cuochi anche attraver-so la moderna, invadente spettacola-rizzazione della cucina? Come giudi-care l’assalto della cucina industriale,sempre più diffusa dalla grande distri-buzione organizzata? Vi sono e qualipossono essere le norme per orienta-re la condotta alimentare nella vitaquotidiana di una società calda comela nostra, tali da aiutarci a risponderea un’importante domanda, forse lapiù vitale di tutte, su come uno devemangiare e quindi vivere?

Tutte domande interessanti, allequali non si danno risposte adeguate,ma che sotto un certo aspetto posso-no giustificare un fenomeno tanto

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ampio quanto apparentemente ingiu-stificato, quello del grande successodei ricettari di ogni tipo, presentati neipiù diversi modi e che pare siano ingran parte inapplicati. Un successoche sembra doversi attribuire, ma quici vorrebbero successive ricerche, allaperdita di tradizioni autorevoli e allaparallela diffusione di un “analfabeti-smo gastronomico”. Ogni societàfredda e tradizionale sviluppa una so-lida alfabetizzazione alimentare, conregole e quindi con un linguaggio no-to e rassicurante, affidato anche alle

sue ricette tradizionali, che viene amancare nelle società calde e in rapi-da evoluzione come la nostra e dovele ricette e soprattutto il loro continuoe rapido riversarsi attraverso i nuovimezzi d’informazione non possonosostituire la perduta autorevolezzadella tradizione e neppure un sia purminimo livello di conoscenza.

Stiamo vivendo un periodo nelquale, anche in cucina, la valanga disempre più confuse e spesso con-traddittorie informazioni non può so-stituire una conoscenza.

Una cucina senza riflessione e sen-za ricerca, non pensata, non può es-sere gustata e non è degna di esserevissuta. Una constatazione pessimisti-ca? Tutt’altro, se si ha la saggezza diconsiderarla come un dato di fattoper mantenere viva e attiva, oggi edomani, la ricerca gastronomica voltaa capire la cucina, uno dei fonda-menti dell’attività della nostra Acca-demia, per la difesa della civiltà dellatavola in Italia e all’estero.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 78

MAGGIO

6 maggio - Versilia StoricaPremio per il miglior chef dell’istitutoalberghiero di Serravezza (Lucca)

7 maggio - BiellaCinquantenario della Delegazione

8 maggio - Albenga e Ponente LigureII edizione del premio “Il piatto blu”e passaggio della campana

21 maggio - La SpeziaConvegno “Unità d’Italia nel Golfo della Spezia: la tradizione a tavola prima e dopo la nascita dell’Arsenale”

27-29 maggio - RomaXIV Assemblea dei DelegatiXXII convegno internazionale sulla civiltà della tavola

GIUGNO

4 giugno - Pisa-ValderaConvegno “150 anni di Unità. L’alimentazione: cultura e storia di un popolo”

9-12 giugno - BudapestConvegno “Specificità e diversità della cucina italiana a 150 anni dall’Unità d’Italia”

11 giugno - VigevanoConvegno “Pepe rosa”

15-18 giugno - SiracusaEscursione e incontro con la Delegazione di Stoccolma

24 giugno - CampobassoConvegno “Il Molise e l’Unità d’Italia:storia, fonti documentarie, arte, musica e gastronomia”

24-26 giugno - IserniaIII edizione del premio “Allium cepa”IV edizione del premio “Molisani all’estero”Decennale della Delegazione

25 giugno - Venezia-MestreVenticinquennale della Delegazione

SETTEMBRE

2-4 settembre - Pollino-PolicastroInaugurazione della Delegazione a Maratea

9-11 settembre - Maremma-PresidiConvegno a Saturnia “Maremma: terra di sapori forti e di briganti”

10-11 settembre - PescaraConvegno “L’acqua: risorsa per l’ambiente ed elemento essenziale per gli alimenti e per la cucina”

15 settembre - UdineConvegno “La cucina friulana dopo l’Unità d’Italia”

17-18 settembre - Ancona“Verdicchio d’oro” a Staffolo

24 settembre - GoriziaConvegno “La cucina mitteleuropea a Gorizia”

24-25 settembre - ModenaConvegno “Aceti balsamici di Modena. Usi e abusi”

25 settembre - Cento Città del GuercinoQuarantennale della Delegazione

OTTOBRE

1-2 ottobre - PisaConvegno “Sensi e gastronomia”Cinquantenario della Delegazione

7-9 ottobre - Penisola SorrentinaConvegno “Gli sprechi alimentari in Italia”

20 ottobre - Cena ecumenica “La cucina della frutta”

20 ottobre - Pisa4a edizione del premio al miglior allievo dell’Ipssar “Matteotti” di Pisa

NOVEMBRE

5 novembre - PratoVenticinquennale della Delegazione

11-13 novembre - Siena-ValdelsaDecennale della DelegazioneConvegno

19 novembre - LodiConvegno “La cucina in televisione”

19 novembre - PadovaCinquantenario della Delegazione Convegno e premio

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2011

C A R I A C C A D E M I C I . . .

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E D I T O R I A L E

CentocinquantaDI GIANNI FRANCESCHI

“La gallina, usata tradizionalmente

come carne da brodo,trasmigrò velocemente verso

piatti più elaborati”.

L e celebrazioni per l’Unità d’Ita-lia hanno fatto tornare alla men-te l’antica filastrocca infantile

“Centocinquanta, la gallina canta”con quel che segue. È interessante,sul filo della canzoncina, seguire ilpercorso della gallina in cortile e intavola, nell’ultimo secolo e mezzo.

Alla metà dell’Ottocento le “cortili-zie” (cioè tutto quello che cresceva

nell’aia) erano cura e appannaggiodelle donne di casa, che ne traevanoqualche soldo per le loro spese mi-nute.

Raramente un pollo o un conigliofiniva in pentola: era il destino dellegalline che non facevano più uova.Ma restava l’usanza, dura a morire,delle “regalìe” natalizie al padroneche in genere ricambiava con un bac-calà. Ma la gallina sull’aia aveva an-che un’altra possibilità alimentare co-me elemento indispensabile per lapasta fatta in casa: l’uovo. Nel CentroNord stentavano a giungere gli spa-ghetti e le altre paste secche, e soloin Liguria le trenette servivano per lacambusa delle navi.

Da allora la gallina ha percorso unalunga strada. Ne abbiamo ancor oggiun’infinita varietà, con un piumaggio

di mille colori, differenti taglie, bargi-gli e creste gli uni diversi dagli altri,le galline da carne e quelle ovaiole,galli, galletti e capponi: un ventaglioincredibile di possibilità alimentarima anche di reddito.

Nell’immediato secondo dopoguer-ra, ebbe inizio l’importazione di pul-cini olandesi da far crescere in batte-ria, cioè in gabbie strettissime. Fruttodi questa produzione industriale fu lacomparsa sempre più frequente dellagallina - o del pollo tout court - sulletavole familiari. Fu un passo impor-tante perché la gallina, usata tradizio-nalmente ed esclusivamente comecarne da brodo, trasmigrò veloce-mente verso piatti più elaborati. Oggila gallina, o meglio il pollo, si può di-re sia presente su tutte o quasi le ta-vole quotidiane.

Ma, dopo la scoperta dell’America,la gallina subì la forte concorrenzadel tacchino, la cui carne, fino aigiorni nostri, è stata utilizzata per l’ar-rosto. Solo di recente è scomparsaquesta differenziazione: oggi il pettodi tacchino e il petto di pollo si equi-valgono sulle tavole domestiche.

Proprio per questa sua duttilità, lagallina può essere presa come para-metro per misurare la lenta evoluzio-ne delle abitudini alimentari in tuttigli strati sociali. Il crescente benesse-re, le mutate condizioni di lavoro, lafacilità dei trasporti, i primi accennidi una strisciante globalizzazione ali-mentare, l’industria con la sua com-ponente pubblicitaria hanno contri-buito alla più grande rivoluzione ga-stronomica che la storia ricordi. Oggiil pollame ha cambiato faccia: nonpiù volatili da spennare (ci sono lemacchine), non più chiocce (ci sonole incubatrici), ormai abbiamo difronte la gallina tecnologica.

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Sessione di primaveraDI SILVIA DE LORENZO

Un gruppo di lavoro attivo e collaudato.

S i è tenuta a Milano l’ultima riu-nione del Centro Studi in caricaper il biennio 2009-2011. Con

l’Assemblea dei Delegati del 28 mag-gio, infatti, tutti gli organi decadrannoe dovranno essere rinnovati. L’incon-tro quindi è servito per fare il punto diquanto realizzato, ma anche per getta-re le basi per le prossime iniziative, al-cune delle quali con scadenze già mol-to vicine, ed è anche per questo che ilPresidente del Centro Studi Paolo Pe-troni si è augurato di poter proseguireinsieme al gruppo di lavoro che ha giàal suo attivo due anni di collaborazio-ne. Il Presidente Ballarini ha presenta-to le iniziative editoriali dell’Accade-mia appena realizzate e cioè il volumesui “Menu del Quirinale” e quello su“La cucina nella formazione dell’iden-tità nazionale”, settima pubblicazionedella collana di “Cultura gastronomi-ca”. Ha poi ricordato che è in prepara-zione il libro degli “Itinerari” sulla cuci-na della frutta, ringraziando e solleci-tando la collaborazione e l’impegnoda parte dei Centri Studi territoriali edei Coordinatori territoriali alla realiz-zazione di queste opere che rappre-sentano la “vetrina” dell’Accademia eche le consentono quindi di farsi co-noscere sempre meglio da un pubbli-co più vasto. Un pubblico che sempredi più considera l’Accademia come unpunto importante di riferimento, comedimostrano i 43.000 utenti di iPhoneche hanno già scaricato la nostra guidaai ristoranti e gli oltre 6.000 contatti delsito. A questo proposito è stata chiestauna maggiore collaborazione degli Ac-cademici all’aggiornamento dei dati re-lativi ai ristoranti.

Ha preso poi la parola Paolo Petroniper esaminare i diversi argomenti al-l’ordine del giorno. Per il nuovo ricet-tario nazionale sono state definite lescadenze per l’invio delle ricette e le

modalità di compilazione. In base ainumerosi interventi dei partecipanti,ognuno dei quali ha posto domandedi chiarimenti, ha espresso pareri, hasuggerito soluzioni, sono stati definiti,insieme a Paolo Petroni, ulteriori criteridi uniformità, i cui dettagli saranno nelverbale di riunione. L’importanza delricettario è stata ribadita anche dal Pre-sidente Ballarini, nell’ottica dell’Expo2015: quando la cucina italiana si con-fronterà con le altre cucine, sarà im-portante avere pronto e consolidatoquello che si potrebbe definire un “in-ventario gastronomico”. Si è poi passa-ti alle iniziative previste per il 2012, trale quali è stato suggerito, come temaper il volume della collana di “Culturagastronomica”, “La cucina come stru-mento di lettura del territorio” e per gli“Itinerari” quello su “La cucina delleerbe spontanee e aromatiche”.

Paolo Petroni ha quindi ricordatoche nel 2012 verrà messa in lavorazio-ne la nuova edizione della guida “Lebuone tavole della tradizione”, nellaquale il numero dei ristoranti sarà por-tato a 600 in modo da consentire an-che una migliore rappresentatività del-le regioni. Il Presidente del Centro Stu-di ha quindi concluso la riunione an-nunciando che il premio “Vergani”, re-centemente riformulato sia per ciò checoncerne i destinatari (che non saran-no più interni all’Accademia), sia nellemotivazioni, verrà consegnato, in oc-casione di una conferenza stampa pre-vista per il 16 giugno a Roma, ad An-drea Camilleri, autore dei libri chehanno protagonista il commissarioMontalbano, abile investigatore e cul-tore della buona tavola tradizionale.Oltre ad Andrea Camilleri, in rappre-sentanza del personaggio Montalbano,sarà presente all’evento Luca Zingarettiche lo impersona nella serie televisiva.

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C E N T R O S T U D I “ F R A N C O M A R E N G H I ”

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C U L T U R A & R I C E R C A

Nelle valli del NatisoneDI PIETRO ADAMI

Accademico di Udine

Il territorio è un vero scrignodi tradizioni gastronomiche:

dalle minestre agli gnocchi,ai dolci.

S ono state in passato, queste ter-re, un importante crocevia dipopoli e di culture europee di-

verse. Avevano, infatti, la funzione dicollegare la pianura friulana con ilbacino del Danubio, l’Italia con ilCentro Europa. Sono state storica-mente - dal 1077 al 1420 - parte delPatriarcato di Aquilea, con le ben no-te banche giudiziarie di Antro e diMerso (competenti a giudicare anchecrimini di sangue, mentre le vicinie egli arenghi avevano il compito di am-ministrare la cosa pubblica). Succes-sivamente - dal 1420 al 1797 - sonostate parte della Repubblica di Vene-zia, che riconfermò alla Schiavoniaalcuni privilegi, a fronte dell’obbligodi sorvegliare i cinque passi che por-tavano a porta Imperi, verso l’Isonzoe lo Judrio, cioè Pulfero, Luico, Cla-buzaro, Clinaz e San Nicolò.

Il territorio delle valli è un vero eproprio scrigno, caratterizzato da una

biodiversità veramente irripetibile,circondato da una natura incontami-nata, che bravissimi artigiani del sa-pore difendono con ostinazione, ri-chiamandosi addirittura alle tradizio-ni cucinarie delle “krivapete” (dalledue parole slovene “kriva”, che staper rovesciato, e “peta”, che sta pertallone). Infatti, le “krivapete”, stre-ghe affascinanti, molto riservate, chepopolavano quei boschi e che nonvolevano svelarsi, avevano i piedi ro-vesciati all’indietro, perché non si po-tessero rintracciare: le orme conduce-vano infatti dalla parte opposta.

La loro inventiva cucinaria si rifà, inparticolare, alle “snitte”, fettine di pa-ne messe nell’uovo sbattuto con lozucchero e fritte nel burro; al“fanzèl”, sorta di focaccia dolce, mol-to semplice; alla “bizzna”, minestra dibrovada, patate e fagioli; alla “marvi-ce”, ovvero alla pasta buttata, a voltecon ragù di cinghiale; agli “zlicnjaki”,

LA GUBANA A TARCETTAIngredienti per la pasta: 800 gr di farina, 5 tuorli d’uovo, 150 gr dizucchero, 50 gr di lievito, un albume montato a neve, un bicchierinodi rum, latte e sale. Per il ripieno: 200 gr di noci, 100 gr di pinoli,100 gr di biscotti, 50 gr di cioccolata (se si vuole), scorza di limonegrattugiata, 100 gr di zucchero, 250 gr di uva passa, miele, rum.Preparazione: diluire il lievito con un po’ di latte, due cucchiai di fa-rina e un po’ di zucchero, e lasciar lievitare. Sbattere i tuorli con lozucchero, la chiara d’uovo montata a neve, burro fuso e poco latte,oltre a un pizzico di sale e a un bicchierino di rum. Aggiungere il lie-vito e lasciare nuovamente lievitare l’impasto in un ambiente riscal-dato. A parte, macinare le noci, i biscotti, i pinoli, e unire la cioccola-ta, il miele, la scorza di limone grattugiata, lo zucchero e l’uva passa;ammorbidire con un po’ di rum e acqua. Quando la pasta sarà benlievitata, si stende e si fa riposare, lavorandola poi nuovamente estendendola ancora, ungendola con del burro, quindi cospargendolacon il ripieno in modo uniforme; arrotolare il tutto (a forma di chioc-ciola) e porlo in uno stampo imburrato. Cuocere al forno a tempera-tura media, per almeno 40 minuti.

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C U L T U R A & R I C E R C A

gnocchi di zucca con zucchero e can-nella; ai “blini”, tipo di omelette digrano saraceno con funghi; alla “rip-za”, tagliata di carne di maiale con ri-bes rosso; alle “stakanje”, piatto disalsiccia e formaggio di Montefosca,con purè di patate e verdura schiac-ciata e condita con poco lardo. È cu-rioso ricordare che tutti questi cibi,che si richiamano in prevalenza alnome dell’utensile utilizzato per la lo-ro preparazione, sono caratterizzatida una cospicua quanto sorprenden-te presenza di zucchero o comunquedi elementi dolcificanti. Ciò è legato auna credenza, ancora ben viva, se-condo la quale alcuni valligianiavrebbero rapito una “krivapeta” co-stringendola a svelare i tanti suoi se-greti della buona gastronomia. Dopomolti tentativi l’affascinante stregaraccontò quanto desiderato e fu libe-rata. Allontanandosi, però, rivelò diaver specificato le ricette senza l’indi-cazione dello zucchero, che vennequindi impropriamente e senza uncriterio logico utilizzato dai valligiani,ottenendo a volte piatti non proprioortodossi.

Quanto ai ben noti “struki”, si pen-sa che siano entrati nella tradizione

delle valli ben prima della stessa gu-bana. Il loro gusto è rimasto moltosemplice e il loro stile cambia secon-do le vallate. L’involucro più poveroera fatto semplicemente di farina eacqua. Nella valle di San Pietro sonocomposti di pane raffermo, ammolla-to in acqua, mentre a Stregna sonopiù nobili, essendo ottenuti da farinae patate, come gli gnocchi. La formapiù tradizionale è quella di un ravioloa mezza luna oppure quadrangolare;il ripieno è quello della gubana ovve-ro, più esattamente, è il ripieno degli“struki” che ispira quello della più ce-lebre gubana. Si tratta di noci, uvasultanina, zucchero, grappa, burro,amaretti, pinoli, vanillina. Il tutto frit-to nell’olio vegetale. Peraltro, una tra-dizione ben radicata li vuole cotti inacqua salata e in tale caso si aspettache vengano a galla come gli gnoc-chi, si sgocciolano e poi si mangianocaldi con zucchero semolato oppureconditi con burro fuso, zucchero ecannella. Si servono in ciotole di ter-racotta poste al centro del tavolo,dalle quali tutti prendono.

Come detto, il ripieno degli “struki”è più o meno quello della gubana,dallo slavo “guba”, che sta per “pie-

ga”, dalla forma del dolce. Questoprodotto da forno è di struttura abba-stanza complessa, ove la pasta lievita-ta (solo più tardi pasta sfoglia), riem-pita con un impasto condito, richiede,per una buona riuscita, materie prime(peculiari farina, grasso, alcol) di qua-lità e processi molto attenti.

Un tempo, questo dolce fungevaaddirittura da moneta per pagare l’af-fitto dei terreni, preparata rigorosa-mente con ingredienti del bosco, se-condo stagione, come noci, pinoli,mandorle, uva passa, mele e soprat-tutto castagne. Questo frutto ha rap-presentato per secoli una preziosamerce di scambio già all’epoca del ba-ratto: i valligiani portavano le castagnenelle famiglie contadine della pianurafriulana e in cambio ricevevano farinadi grano per la polenta o altri generialimentari di prima necessità.

L’area geografica in cui è decisa-mente elevata la produzione (90%della produzione totale) di gubana,coincide con la zona delle valli delNatisone. Una variante è la gubana diCividale, che si prepara con pastasfoglia anziché con pasta lievitata.

PIETRO ADAMISee International Summary page 78

L’orgoglio della nostra buona cucina risale a tempilontani, quando l’Italia era divisa e differiva notevol-mente per le abitudini di vita e di cucina, tipicamentelocali, abitudini legate anche alle disponibilità e al-l’ambiente climatico. Attualmente forse non si riesce più a ricordare l’origi-ne di queste differenze, ma sono proprio loro che han-no costituito la base delle tante specialità di cui oggi civantiamo. Nella ricerca di ricordi legati al “buon mangiare” ita-liano abbiamo ritrovato un sonetto scritto nel 1830 daun anonimo novarese che rilevava le caratteristichedella produzione e della tipicità di alcune città italia-ne. Sonetto che ci sembra giusto riportare, in quantoappare interessante conoscere quello che in quei tempisi consumava in Italia, riferito dalla spontaneità poeti-ca di un felice consumatore del secolo XIX. (MicheleParadiso)

Napoli vanta il primo in Maccheroni,Roma i presciutti, e le giuncate in Maggio,Milano il cervellato, ed i caponi,Firenza ha d’ogni bono un picciol saggio.

Torino è delicato nell’erbaggio,Genova vende pasta, e bei limoni,Casal da suoi tartufi ha gran vantaggio,Ferrara si sostenta coi storioni.

Parma del suo formaggio empie ogni foglio,Modena in pomi poi non ha sorella,Niza pretende maggioranza in oglio.

Bologna è la maestra in mortadella,Venezia è la Regina in far rosoglio,Novara in cucinar ris in padella.

UN SONETTO DEL 1830

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C U L T U R A & R I C E R C A

L’orologio biologico DI ALFREDO PELLE

Accademico apuanoCentro Studi “F. Marenghi”

“L’uomo prende dalla naturaciò che gli serve

e il cambiare delle stagionigli fa reclamare

i cibi del tempo”.

È noto come, in ciascuno di noi,esista un personalissimo orolo-gio biologico che fa richiesta, in

particolari condizioni, di specifici cibi.Ne nasce un bisogno, un desiderio,una voglia di ritornare a sapori cono-sciuti e a piatti “cardine” del propriodesiderio, secondo una ciclicità che èrispettosa del calendario. Così si va al-la ricerca, non appena arriva la prima-vera, di ogni erba spontanea che daitempi dei Longobardi abbiamo inco-minciato a mangiare.

E non solo si cercano erbe sponta-nee per squisiti risotti, paste, contorni,ma anche le primizie (e di solito si hauna leggera delusione nei sapori e unaelevata delusione nei prezzi) dal frutti-vendolo. Così troveremo piselli quan-do ancora i nostri hanno baccelli ap-pena nati, asparagi che vengono dalPerù, e una serie di frutti, dalle prugnedi California alle pesche, che non sono

ancora fiori sulle nostre piante. A direil vero l’orologio biologico ci difendedalle stupidità del consumismo: è ve-ro che per Natale ci troviamo dinanziciliegie e angurie, ma non è fruttadella quale sentiamo il bisogno ed èfacile non farsi abbindolare. L’orolo-gio reclama arance e mandarini, frut-ta secca e radicchio di Treviso, unico,vivo segnale del fatto che la terracontinua a lavorare e a produrre.

Poi, a primavera, la terra nasce dinuovo, da sempre, e da sempre ilsimbolismo di un fiore nel prato è fo-riero di ritorno alla vita, è speranzadel fatto che il raccolto sta producen-dosi, garantendo, ancora una volta, ilfuturo. Allora cerchiamo, anche in pa-sti che potrei definire “della memo-ria”, il ricordo di queste risorse indi-spensabili. Cucina d’altri tempi, di sa-pori della nostra storia, di ricordi del-l’inconscio e di bisogni dello spiritopiù che del fisico.

È chiaro che, a volte, il modernomondo economico produce, prima ditutto, il bisogno e ci porta ad acquista-re anzitempo l’illusione di un preludiodi primavera. Tendiamo, quasi sem-pre, ad anticipare il bisogno (il cheeconomicamente ci costa molto) ascapito del piacere di attendere, avantaggio del portafoglio, e anche delgusto, il tempo giusto. E ci hanno tol-to anche il peso della ricerca: il frutti-vendolo ha mazzetti di erbe di campogià cotte e pronte per l’uso.

In un mondo completamente diver-so, nel Seicento, il cardinale Mazarinoscrisse, nel suo “Breviario dei politici”,come si dovesse esaltare la superioritàdell’apparire nei confronti dell’essere,la supremazia della finzione. Mi pareche questo discorso si possa, in unacerta misura, attagliare anche al nostrocercare cibi in anticipo rispetto al tem-po della natura e del luogo.

Dobbiamo ora chiederci: è il fisicoche reclama questi nuovi cibi? L’hochiesto a un amico medico e mi ha ri-sposto che il corpo ha sempre biso-gno di sali minerali, vitamine e tuttoquanto è da considerarsi combustibileper fare andare la meravigliosa mac-china che è l’uomo.

Per cui non è proprio un bisognodel corpo quello che ci porta alla ri-cerca di erbe e quant’altro, in prima-vera. Sono migliaia di anni che l’uomoprende dalla natura ciò che gli serveper sopravvivere e, in modo ancestra-le, il cambiare delle stagioni gli fa re-clamare i cibi del tempo.

Se fossimo nell’Africa equatoriale,per Natale, probabilmente, mange-remmo volentieri una fetta d’anguriatanto quanto la mangiamo da noi perFerragosto.

Certamente il freddo dell’inverno in-vita a uno spiedo, a carne con sughimolto forti, a minestre fumanti: lamacchina ha bisogno di maggiori ca-lorie per difendersi dal freddo. Ed èaltrettanto vero che l’estate reclama ilbisogno di dissetarsi e la frutta, tutta, èun poderoso dissetante.

Da quest’equilibrio del tempo e deiricordi, da questi ancestrali bisogni edalla voglia di nuovo che ci prende aogni cambiare di stagione, il buono siassocia al bene in un equilibrio che lanatura ci dona in modo consapevole.Ve lo ricordate frate Lorenzo di “Giu-lietta e Romeo” che all’alba se ne vacol suo cestino a cercare steli e fioriper la farmacopea e la cucina delconvento? In una certa misura anchenoi, tutti, siamo dei frate Lorenzo, ecerchiamo dalla terra quei doni che lasapienza antica produce per ogni sta-gione. “Ogni erba che varda in su laga la so’ virtù”: siamo noi i migliorimedici di noi stessi, basta volerlo.

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C U L T U R A & R I C E R C A

I piatti di GioDI FRANCESCO RICCIARDI

Una mostra a Milanocelebra l’attività ceramica

del poliedrico Gio Ponti,grande architetto e designer,

voluto da Vergani tra i fondatori dell’Accademia.

P er farsi un’idea - se ancora ce nefosse bisogno - del calibro edello spessore culturale dei fon-

datori dell’Accademia basterà soffer-marsi su uno dei personaggi che OrioVergani aveva convocato al ristorantedell’hotel “Diana” la sera del 29 luglio1953 per coinvolgerli nella fondazio-ne del nostro soodalizio. Parliamo diGiovanni Ponti, detto Gio (Milano1891-1979), professionista e artista inquel momento all’apice del suc-cesso: architetto, graficoe pioniere di quell’in-dustrial design,scuola tutta mi-lanese, cheavrebbe datoi suoi massi-mi frutti ne-gli anniSessanta eS e t t a n t agrazie ada r ch i t e t t i -d e s i g n e rquali MarcoZanuso, i fratelliCastiglioni, VicoMagistretti e tanti al-tri, tanto da diventare -un po’ come accade oggi per lacucina - un punto di riferimento e dieccellenza italiana nel mondo.

Non sappiamo se la competenza diGio Ponti in campo gastronomicofosse pari alla maestria dimostratanella sua professione, in cui fu genioassoluto e multiforme. Abbiamo noti-zie di una sua collaborazione (da gra-fico) all’ormai introvabile volumeedito da Domus nel 1931 “La cucinaelegante ovvero il Quattrova illustra-to”, con prefazione di Piero Gadda(cugino del più celebre Carlo Emilio)e 32 disegni di Tomaso Buzzi e, ap-punto, Gio Ponti ad arricchire il testo.

Ci piace dunque pensare che, aven-dolo voluto con sé tra i fondatori del-l’Accademia, Vergani avesse i suoibuoni motivi e che Ponti fosse un in-tenditore anche nel nostro campo.

Certo è che negli anni dell’hotel“Diana” la sua opera aveva ormai ab-bandonato quei collegamenti con ilpassato neoclassico che gli erano sta-ti cari, e si era fatta più innovativa.Era il periodo della sua più intensa e

feconda attività sia nel designche nell’architettura.

Forse ispirato anchedalle nuove re-

s pon s ab i l i t àderivanti dal-l’essere tra if onda t o r idell’Acca-demia, an-dava pro-ge t t andoaccessor iper la tavo-

la, quali leposate dal

design innova-tivo per le ditte

Sabattini, Christofle,Krupp (1951-59).

Da architetto, aveva proget-tato opere notevoli in Italia e all’este-ro, quali la villa Planchart a Caracas,la cattedrale di Taranto, il Museum ofmodern art di Denver; ma la nuovapoetica del maestro si era espressapienamente soprattutto nel suo edifi-cio più significativo, il grattacielo Pi-relli, concepito nel 1950 e costruitotra il 1956 e il 1961 intorno a unastruttura centrale progettata da Pier-luigi Nervi (è tutt’ora il grattacielo incalcestruzzo armato più alto delmondo). Gio Ponti ne diresse anchetutte le fasi costruttive.

Il “Pirellone” è unanimemente con-

Nelle immagini, in questa pagina, il piatto “Donatella” disegnato per Richard-Ginori (maiolica

gialla e blu, collezione privata).Nella pagina accanto due disegni

di Gio Ponti tratti da “La cucina elegante ovvero

il Quattrova illustrato” e le posate in acciao inox progettate

per la Krupp nel 1951.

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C U L T U R A & R I C E R C A

siderato una delle massime realizza-zioni italiane del Movimento Moder-no e proprio in questo edificio, il 5maggio 2011, si apre una mostra de-dicata al suo ideatore e creatore. Lamostra, dal titolo “Gio Ponti. Il fasci-no della ceramica”, vi resterà fino al31 luglio (l’ingresso è gratuito). L’e-sposizione passa in rassegna un pe-riodo circoscritto della produzionedell’architetto milanese, concentratosull’opera ceramica degli anni Venti,quando un giovane Gio aveva decisodi dedicare la sua versatile attività didesigner alla Richard-Ginori (1923-1930). Ne aveva assunto la direzioneartistica e rielaborato le strategie este-tiche e - diremmo oggi - di marketing

nel loro complesso (sulla copertinadi questo numero di “Civiltà della Ta-vola” è riprodotto il particolare diuna delle ceramiche in mostra).

Detto per inciso, in quegli stessi an-ni Ponti aveva iniziato anche una si-gnificativa attività editoriale fondan-do nel 1928 la rivista “Domus”, testa-ta che solo un anno dopo sarebbestata rilevata dall’Editoriale Domus,sigla creata dall’editore Gianni Maz-zocchi. Non sorprende che quella se-ra al “Diana” anche quest’ultimo fa-cesse parte del qualificato gruppettodei fondatori dell’Accademia. Pontinon avrebbe abbandonato più la di-rezione della prestigiosa testata, salvo

che per un breve periodo durante laseconda guerra mondiale.

La prima occasione pubblica diesporre le ceramiche e le maiolichenate dal nuovo corso dell’industriaceramica Richard-Ginori si presentòsubito, già nel 1923, alla prima Mo-stra internazionale di arti decorativedi Monza, dove la modernità dellaproposta trovò un autorevole riscon-tro nella critica di Carlo Carrà che vi-de nel “giovine architetto GiovanniPonti, un neoclassico di Milano,profondamente sincero nelle sue ri-cerche stilistiche e, quello che piùconta, riccamente dotato di qualitàinventive”. Poi fioccarono i riconosci-menti, come all’Esposizione di Parigidel 1925, dove con ceramiche im-prontate ai temi classici vicini al mo-

vimento “Novecento” Ponti vinse il“Gran prix”; e come alla Biennale diMonza del 1927 dove, a fianco deiprodotti usciti dalla Richard-Ginori,colse l’occasione per presentare duenuove iniziative: la realizzazione dimobili e oggetti disegnati per il grup-po “Il Labirinto” e la linea di arredi“Domus Nova”, commercializzata at-traverso i “Grandi Magazzini La Rina-scente”. La prima - lusso nel disegnoe nei materiali - aveva ancora una de-stinazione elitaria, la seconda era in-vece una produzione rivolta alla fa-miglia media. Era un po’ l’atto di na-scita di quello che sarebbe stato il de-sign italiano.

Negli anni Trenta, conclusa l’espe-rienza con Richard-Ginori, l’attività diPonti si sarebbe estesa: l’organizza-zione della prima Triennale a Milanonel 1933, il disegno delle scene e deicostumi per il Teatro alla Scala, l’in-gresso nell’Associazione del disegnoindustriale-Adi, che ne avrebbe fattouno de principali sostenitori del pre-mio “Compasso d’oro” promosso da“La Rinascente”. Dopo tanti premi sianazionali che internazionali, lo sboc-co naturale di una professionalitàtanto ampia e affermata non potevache essere nel 1936 una cattedrapresso la Facoltà di Architettura delPolitecnico di Milano, dove Ponti re-stò professore di ruolo fino al 1961.

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C U L T U R A & R I C E R C A

La mandorla frescaDI GIANCARLO BURRI

Accademico di Padova

“Veniva gustata freschissima,appena colta dall’albero”.

M assimo Bottura, nel suocontributo pubblicato nellaristampa anastatica della

prima edizione de “La scienza in cu-cina e l’arte di mangiar bene”, scrive:“L’Artusi ci ha aperto la strada per co-noscere noi stessi e la nostra nazione,un cucchiaio alla volta. Ora tocca anoi prendere in mano il nostro futuroculinario. Basta aprire il libro: ap-profonditelo e lo scoprirete ancorapieno di sorprese”. E proprio da unapiù attenta rilettura dell’opera artusia-na ecco emergere la testimonianza diuna tradizione gastronomica di cui,ahimè, sembrano ormai essersi persele tracce. Nell’appendice dedicata al-le note dei pranzi, “tante distinte checorrispondano a due per ogni mesedell’anno”, il menu 1 per aprile sichiude, alla voce “Frutta e formag-gio”, con “Baccelli, càtere ossia man-dorle tenere col guscio, e Pasta Mad-dalena.”

Le mandorle tenere, cioè le man-dorle fresche! Una costumanza dellagastronomia tosco-fiorentina così ca-ra all’Artusi, ma in realtà una consue-tudine ben diffusa, un tempo, in tuttele regioni del Centro Sud della nostrapenisola. Sì, perché, come vera pri-mizia primaverile, la “mandla”, la“ammènnola”, la “mendula”, la “mèn-dula” veniva gustata freschissima, ap-pena colta dall’albero, comprata perpochi soldi dai contadini nei mercatirionali, o rubacchiata da intere bandedi vivacissimi monelli, come raccontaLuigi Capuana nei suoi “Ricordi d’in-fanzia”.

Botanicamente stiamo parlando delfrutto dell’Amigdalus communis L.,sottospecie sativa o fragilis, che nellamedia-tarda primavera si presentacon la sua tipica forma ovale allunga-ta, con esocarpo carnoso, di coloreverde, peloso o glabro, racchiudente

un seme non ancora maturo, gelati-noso. Il sapore piacevolmente acidu-lo dell’esocarpo, combinato con ildolciastro del seme immaturo, costi-tuisce un sorprendente, piacevoleconnubio, particolarmente accetto achiusura di un pasto, e anche dai testisommi della gastronomia possiamotrarne conferma.

Se infatti sono tantissime le storichericette con impiego di mandorle sec-che, dalla preparazione di salse, incombinazione con pepe e zenzero,dell’epoca medievale, alle zuppe e albiancomangiare delle cucine secente-sche, qua e là qualche sorprendentetraccia del consumo di mandorle fre-sche non è proprio difficile da rinve-nire.

Come nell’“Opera” dello Scappi,dove in pranzi e cene del mese diaprile e maggio il “secondo ed ultimoservitio di credenza” comprende im-mancabilmente “mandoline freschespaccate servite su foglie di viti”. Onella lunga lettera “Del’insalata, epiante che in qualunque modo ven-gono per cibo del’homo”, in cui Co-stanzo Felici ricorda che “le amando-le poi vengono per la loro parte nellicibi. Prima sonno laudate accerbe econ il pelo, dette amandoline, chealhora non se getta via altro che l’i-stesso pelo”.

O ancora, seguendo le indicazionistagionali del “Brieve racconto di tut-te le radici, di tutte l’erbe e di tutti ifrutti che crudi o cotti in Italia si man-giano” di Giacomo Castelvetro, dove,per l’estate, “le màndole verdi sonpur buone intorno a questo tempo,ma poco durano, e sono delle no-ciuole vie più sane, et è stimato fruttopiù nobile”.

Una tradizione gastronomica da ri-scoprire e tutelare.

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I N O S T R I C O N V E G N I

La cucina come memoriaDI RENZO PELLATI

Accademico di Torino

Nella prima capitale d’Italia il convegno

“Dalla cucina sabauda a quella nazionale”.

I l convegno del 26 marzo ha richia-mato a Torino gli Accademici pro-venienti da ogni parte d’Italia e

dall’estero, guidati dal PresidenteGiovanni Ballarini, dal Vice-Presiden-te Benito Fiore e da Paolo Petroni,Segretario generale e Presidente delCentro Studi “Franco Marenghi”.L’avvenimento ha avuto una corniceeccezionale: il Teatro Carignano,esempio classico del Barocco pie-montese restaurato di recente.

Paolo Bertani, Presidente del Co-mitato organizzatore, ha dato il ben-venuto ai numerosi partecipanti e ilgiornalista Paolo Granzotto (autore-vole firma del quotidiano “Il Gior-nale”) ha coordinato e moderato ilavori.

Pier Franco Quaglieni e RinaldoMerlone (il primo, direttore del Cen-tro “Pannunzio”, e il secondo, presi-dente degli Istituti alberghieri delPiemonte e Valle d’Aosta) hanno da-to un inquadramento storico del Ri-sorgimento, un avvenimento che haavuto riflessi significativi anche nel-l’ambito europeo. Dopo secoli di do-minazione straniera, sono innumere-voli gli episodi che hanno riunito gliitaliani, e ancora oggi dobbiamo fareil possibile per stare insieme e supe-rare le difficoltà che in vari modi cicolpiscono. I Savoia del ramo Cari-gnano sono riusciti a coronare un so-gno iniziato nel periodo medievalee, ripercorrendo i vari secoli di sto-ria, notiamo che anche la cucina tori-nese e piemontese ha subito diversevicende.

Domenico Musci e Giorgio Lozia(il primo, studioso dell’Italia a tavolaattraverso i menu, e il secondo, ricer-catore delle opere lasciate da Gio-vanni Vialardi) hanno illustrato le va-riazioni avvenute sulle tavole dei no-bili e dell’alta borghesia dalla vigilia

dell’Unità alla fine della secondaGuerra mondiale. Un percorso checoinvolge tre regnanti (Vittorio Ema-nuele II, Umberto I, Vittorio Ema-nuele III), ma più prosaicamente im-plica il lavoro di tre grandi cuochi-scrittori, al servizio delle cucine sa-voiarde, che sono gli autentici prota-gonisti dei pranzi di corte: EdouardHélouis, Giovanni Vialardi, AmedeoPettini. A quest’ultimo va il merito diaver compilato per la prima volta ilmenu in italiano (abbandonando lalingua francese) per il pranzo di galaofferto a Roma il 22 dicembre 1907da Vittorio Emanuele III.

Giovanni Vialardi era solamente vi-ce-capo cuoco (a quei tempi il capocuoco doveva essere obbligatoria-mente francese per dare lustro ai pa-droni di casa), però ha avuto il pre-gio di tramandare con i suoi librimolte ricette della cucina piemonte-se, senza tralasciare quelle scaturitedalla cucina povera. In questo perio-do storico va segnalata anche la pre-senza di un grande cuoco di originefrancese (Francesco Chapusot) cheha lasciato testimonianze del suo pre-zioso lavoro (prossimamente il Cen-tro Studi del Piemonte ne pubbli-cherà una copia anastatica) prestan-do servizio presso l’ambasciatored’Inghilterra a Torino Ralph D’Aber-cromby.

Franco Martinetti (unico italianomembro de l’Académie du vin deFrance) ha voluto dare alla sua rela-zione un titolo provocatorio: “L’Unitàd’Italia imperfetta”. Infatti, nonostan-te le più fervide aspettative nel primosecolo dell’Unità, non sembrava an-cora formata una vera cucina nazio-nale. Soltanto dopo la seconda Guer-ra mondiale, in conseguenza deigrandi flussi migratori Sud-Nord,prende consistenza la grande impor-

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tanza dei piatti all’italiana, grazie an-che agli studi avvenuti in campo in-ternazionale sui vantaggi salutisticidella dieta mediterranea. Franco Mar-tinetti ha illustrato anche l’azione di-vulgativa svolta dai libri di cucina nelcorso dei 150 anni dell’Unità d’Italia,sottolineando il successo del volumedi Pellegrino Artusi, ancora oggi mol-to ricercato.

Pier Maria Furlan (ordinario di Psi-chiatria e preside della Facoltà diMedicina e chirurgia “San Luigi Gon-zaga” dell’Università di Torino) hacoinvolto l’attenzione degli Accade-mici con immagini curiose e interes-santi di personaggi storici del Risor-gimento, da Vittorio Alfieri, goloso disemplici minestre di ortiche e tartufi,a Vittorio Emanuele II entusiasta deipiatti rustici che gli procurava la “be-la Rusin”, al successo ottenuto dalgenerale Alfonso La Marmora con isuoi militari dopo la guerra di Cri-mea con la polenta “concia”, un piat-to della cucina biellese, al disprezzodi Gabriele D’Annunzio per il vino ela conseguente esaltazione “dell’otti-ma acqua”.

Ha concluso i lavori il PresidenteGiovanni Ballarini il quale ha ricor-dato che la cucina ha la sua storia,ma anche la sua memoria. La storiatende a essere oggettiva, si basa sudocumenti scritti, e in prevalenza ri-guarda la cucina colta, delle classiabbienti. La memoria invece è preva-lentemente soggettiva, familiare, e ri-guarda ogni tipo di cucina, soprattut-to quella popolare. Anche nella co-struzione di un’identità italiana du-rante la transizione unitaria è indub-biamente importante il ricordo, lamemoria di particolari eventi, e que-sto avviene anche per la cucina, anzipiù di tutto per questa, in quanto ric-ca di valori identitari. Gli psicologidicono che il passato recente si basasull’esperienza diretta della personae ha una durata temporale di tre ge-nerazioni. Prima di questo periodonon vi è memoria, ma soltanto “qua-dri sociali”, per cui è stato detto cheogni generazione deve riscrivere lapropria storia.

In questi ultimi anni stiamo per-dendo la memoria. Non convivonopiù nonni e nipoti, non si tramandapiù la ricetta. Oggi la cucina è un am-biente bianco, anonimo, dove domi-na la cucina industriale.

L’attività dell’Accademia è importan-te e lo sarà sempre di più negli annifuturi perché cerca di ricostruire le co-noscenze del passato e quelle del ter-ritorio. Senza una memoria che per-metta di leggere il territorio non puòesistere una cucina del territorio e nonè neanche possibile recuperare quellache vi era e che oggi è propagandatacome tale. L’attuale crisi della memo-ria in una sfera così importante dellavita umana quale quella alimentare èalla base della crisi identitaria che haimportanti conseguenze soprattuttosulla “sicurezza percepita”, che nonpuò essere sostituita da qualsiasi inter-vento, anche d’alta tecnologia.

Il convegno ha avuto una magnificaconclusione nella cena di gala che si

è svolta a Palazzo reale, nel Salonedegli svizzeri, con tavole imbanditesecondo lo stile e il buon gusto di ca-sa Savoia. Il menu ha rispettato la tra-dizione sabauda con ricette tratte dalVialardi, perfettamente messe a puntodagli chef Giovanni Grasso e IgorMacchia del ristorante “La Credenza”di San Maurizio Canavese: paté di fa-giano della contessa di Castiglione equaglietta alla Cavour; agnolotti al to-vagliolo conditi con olio di nocciolatonda e gentile delle Langhe; stracottoal Barolo accompagnato al purè dipatate affumicate, e, per finire, gelatoallo zabaione. I vini sono stati sceltifra le migliori produzioni del territoriopiemontese.

Al termine della serata le parole diringraziamento del Presidente e gliscroscianti applausi hanno premiatol’opera dei due chef e il successo del-la manifestazione nelle persone diPaolo Bertani e Giorgio Zò.

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I N O S T R I C O N V E G N I

ACCADEMICI IN PRIMO PIANOAll’Accademica Pina Amarelli, della Delegazione Napoli-Capri, èstata conferita la cittadinanza onoraria di Rossano, per aver valoriz-zato la liquirizia. Inoltre è stata nominata esponente della Fondazio-ne “Calabresi nel mondo”.

Il Presidente Giovanni Ballarini è stato nominato honorary acade-mician della International academy of sensory analysis (Iasa).

L’Accademico di Nuoro Alfredo Pericciuoli è stato nominato presi-dente del Collegio sindacale della Asl 3 di Nuoro.

L’Accademica Rosalba Rotondo Cogliandro della Delegazione diRoma Aurelia è stata eletta governatrice, per l’anno sociale 2011-2012, del Distretto 208 dell’International inner wheel.

L’Accademico Antonio Soru della Delegazione di Nuoro è stato no-minato direttore generale della Asl 3 di Nuoro.

L’Accademico Paolo Trevisi della Delegazione di Treviso, regista li-rico e teatrale, è stato eletto nel Cda del teatro “La Fenice” di Venezia.

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I N O S T R I C O N V E G N I

La Belle époqueDI GIANFRANCO PORRÀAccademico di Livorno

La cucina italiana e quella francese di fine Ottocento

a confronto.

O rganizzato per il mese dellacultura gastronomica dallaDelegazione di Livorno, si è

svolto ai Granai di Villa Mimbelli, se-de del Museo civico, il convegno sul-le relazioni fra la pittura della Belleépoque e la gastronomia. Ha esorditoDario Matteoni, direttore dei Museinazionali di Pisa, sul tema “Il Liberty aLivorno”. Ha poi preso la parola Fran-cesca Cagianelli, storica dell’arte, pre-sidentessa dell’Associazione “Archivied eventi”, che ha trattato il tema “Al-fredo Müller e la Belle époque”.

Premesso che anche per lei, che haallestito la mostra ai Granai di VillaMimbelli, questo pittore livornese, diascendenza svizzera (Livorno, 1869 -Parigi, 1939), si è rivelato di qualità espessore superiori alle aspettative, larelatrice ha raccontato il percorso arti-stico di Müller dal suo soggiorno pari-gino, dove fu attratto dalla vivacità edalla modernità della pittura degli im-pressionisti, e soprattutto da quelloche avrebbe considerato per tutta lavita il suo maestro, Paul Cézanne, finoal suo ritorno a Livorno. Müller seppeimpadronirsi della vocazione figurati-va espressionista con estro e origina-lità, creando opere dalle tonalità viva-ci ed equilibrate, sperimentando orale atmosfere luminose, ora quelle lievidel vespro. Fu attratto molto dai per-sonaggi del mondo teatrale e della so-cietà della Belle époque, ai quali de-dicò molti ritratti, facendone risaltaregli aspetti psicologici.

Queste due prime relazioni avevanol’obiettivo di dare un’idea non banaledella Belle époque a Livorno, ap-profondendone alcuni aspetti, primadi introdurre l’argomento gastronomi-co, trattato in chiusura dal Delegato diLivorno Sergio Gristina sul tema “Pel-legrino Artusi e Auguste Escoffier aconfronto”, tratteggiando le caratteri-

stiche della cucina italiana e di quellafrancese nel periodo di fine Ottocentoed evidenziandone le differenze. Au-guste Escoffier (1836-1935) fu cuocoeccelso e ha lasciato opere importantisulla natura della cucina francese esulle ricette, influenzando generazionidi addetti alle cucine. Quella francesedi alta levatura era nondimeno la cuci-na raffinata delle classi agiate e deten-trici dei poteri politici, amministrativi,economici e militari, cucina che Escof-fier volle anche portare sui transatlan-tici. Il suo testamento culturale gastro-nomico può in definitiva essere quali-ficato con la sua ultima opera, “Macuisine”, del 1934.

Diversa la figura di Pellegrino Artusi(1820-1911), che arrivò alla conoscenzadella cucina emiliana e poi toscana soloverso i cinquant’anni. Ma il suo proget-to fu diverso, rispetto a quello del gran-de cuoco francese: infatti, un po’ comeGaribaldi intese contribuire in primapersona all’unificazione dell’Italia, eglicominciò a percorrere la Penisola peracquisire le varie espressioni della mul-tiforme tradizione delle cucine regiona-li, allo scopo di cercare assonanze e so-miglianze e a trascrivere in una summal’immenso patrimonio gastronomicoitaliano. La sua opera, a differenza diquella di Escoffier, fu strumento impor-tante e decisivo per la conoscenza a li-vello generale e transregionale delle va-rie cucine e delle relative ricette e con-tribuì all’affermazione di una cucina na-zionale, generalmente semplice.

Concluso il convegno, il numerosopubblico si è poi trasferito al ristorante“Il Calesse” di Quercianella, dove Fe-derico e Leonardo Quinci, dediti allasperimentazione, hanno presentato unoriginale e apprezzato menu “binario”basato su pietanze italiane e francesidel periodo della Belle époque.

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C U L T U R A & R I C E R C A

Antica cicoriaDI PINO LOMBARDO

Accademico di Siracusa

Erba sfiziosa, dal sapore leggermente amaro,

che varia di intensità da pianta a pianta.

U na delle erbe più vecchie econosciute al mondo è la ci-coria (Cichorium intybus), ci-

tata nel papiro Ebers, risalente a4.000 anni a.C., uno dei più antichiche ci siano pervenuti. Fin dall’anti-chità era considerata il miglior depu-ratore del sangue e Galeno la chia-mava “amica del fegato”. Coltivata,ha dato origine, per ibridazionespontanea, a veri Ogm naturali. Sonoinfatti cicorie l’indivia, la catalogna, etutti i vari tipi di radicchio.

Al fascino della cicoria contribuiscela difficoltà di trovarla, non perché siarara, al contrario è molto diffusa, maperché è mimetica e polimorfa. Maappena si individua è uno spettacolo,perché le piantine si susseguono unaaccanto all’altra in larghe chiazze: lefoglie formano a terra una stella amolte punte, talvolta verde, molto piùspesso dello stesso colore del terreno;altre volte, quando è circondata da er-be più prepotenti, vegeta in altezzacon un ciuffo di foglie dalla forma ca-ratteristica, ma di un verde più delica-to. In primavera produce fiori di unazzurro cielo inconfondibile, ma aquel punto non si può già più man-giare. Lessata ha un piacevole sapore,leggermente amaro, ma diventa anco-ra più gustosa soffritta in olio d’olivacon aglio e peperoncino. Ben strizza-ta, se ne ottiene una frittata, con uovae pecorino stagionato, che ne esalta ilgusto. Il suo compagno inseparabile èl’olio extravergine ottenuto dalla spre-mitura delle olive della varietà “sira-cusana”, robusto e sapido, di un belverde intenso.

È piacevole anche bere il brodo dicottura che è tonico, depurativo, diu-retico e blandamente lassativo. Sorel-la della cicoria è la cicoria selvatica ocicorione o dente di leone o tarassa-co. Ha fama di essere anch’essa mol-

to amica del fegato ed è più indicataper tenere a bada un alto tasso di co-lesterolo. Ha i fiori di un bel giallo vi-vo in cima a steli che partono dalla ra-dice, come le foglie. In genere si indi-vidua più facilmente della cicoria e sipuò cucinare negli stessi modi, tenen-do conto del sapore più delicato.

Coinquilina della cicoria è la cardel-la, una pianta che deve il suo nome,sembra, al fatto che dei suoi semi so-no ghiotti i cardellini. Ha un coloregrigio verde pulito e un lattice biancodal profumo caratteristico, fresco egradevole. Il sapore ricorda quellodella lattuga. Si può consumare cruda(ed è dissetante) o lessata, con olio elimone. Per la sua dolcezza è un otti-mo componente delle “cottate” diverdure “maritate” e serve per equili-brare i sapori più amari e gli aromipiù pungenti della cicoria, degli “aìti”,dei “cavuliceddi” e del finocchietto.

In autunno comincia a spuntare laborragine (“a vurrania”): una piantabruttina, con foglie grigio-verde rico-perte da una peluria ispida legger-mente spinosa; nessuno dei testi del-l’antichità la menziona, per cui sisuppone sia stata introdotta dall’Afri-ca nel Medioevo. Sul nome si discutese sia di derivazione latina, da “bo-rus”, un tessuto rustico e ispido, oaraba, da “abou rash” che significa“padre del sudore”, per le sue pro-prietà sudorifere.

Comunque è buonissima: ha un sa-pore che ricorda quello del cetriolo. Ifiori, di un bel colore blu-viola, pos-sono essere canditi o consumati fre-schi, aggiunti alle bevande, anche alvino. L’acqua di cottura ha effetti cal-manti, ma è speciale cotta con le faveo con i fagioli: vengono fuori zuppeindimenticabili. Può essere stufatacon un accompagnamento di aromivari o lessata sola o “maritata” con ci-

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coria, bietoline, “cavuliceddi”, cardel-la. Si può fare a polpette, condire lapasta con la ricotta e volendo si puòutilizzare per un risotto. Tutte le com-binazioni vengono ingentilite dallaborragine.

Di tutt’altra pasta è fatta la bietolaselvatica, in dialetto “aiti”, “angiti”,“sarchi sarbaggi”: è della stessa fami-glia degli spinaci, progenitrice dellabietola da costa, di quella da foglia edelle barbabietole. Ha un sapore pe-culiare, molto più ricco di quello dellealtre verdure; le foglie sono di un belverde intenso, lucido, e la base deglisteli è colorata di rosso per la presen-za di betacianina; è ricca di carotene,di vitamine e minerali. Come la borra-gine lega benissimo con i legumi e neesalta il gusto. È impagabile stufatacon cipolline, salsiccia o acciughe sa-late, formaggio, capperi e pomodorisecchi; il massimo di sé lo dà nelle“scacciate”, comunque sia condita.

Una famiglia di erbe sfiziose è quel-la delle “erbe caure”, tutte imparentate

e tutte apprezzate fin dall’antichità: sitratta della “sinapa”, dei ”cavuliceddi”,degli “amareddi”, del “sinacciolu”, del-la “razza”; hanno un sapore legger-mente amaro che varia d’intensità dapianta a pianta, dovuto alla presenzadi una sostanza aromatica, un eterosi-de sulfonato. Sono ottime lessate econdite con olio, soffritte con aglio epeperoncino, cotte con la salsiccia dimaiale, o come contorno della salsic-cia arrostita. I Romani, come raccontaColumella, conservavano le foglie del-la “sinapa” sotto aceto e le usavanocome condimento. Si consiglia di far-ne morbide, spugnose, odorose fritta-te, specie con gli “amareddi”.

Infine non si può tacere del finoc-chietto selvatico e dei “carduni”. Conil nome “cardo” vengono indicate ge-nericamente molte piante spinose,quasi tutte commestibili, ma “u car-duni” (Cynara cardunculus), in par-ticolare, è una pianta che vive in pe-renne difesa, ricoperta di un’infinitàdi spine che impediscono agli anima-

li di cibarsene. Si raccoglie in dicem-bre, con guanti spessi, coltello lungoe affilato e, per i più esperti, con lazappa.

La parte commestibile è lo stelodelle foglie per circa 20 cm dal collet-to radicale. I “carduni” vanno privatidelle spine e cotti in molti modi, do-po averli lessati: a insalata con olio elimone, a “stimpirata”, a polpette, afrittata, in pastella. Il finocchietto sel-vatico, infine, è indispensabile permolte ricette: basti pensare alla pastacon le sarde, alla porchetta arrostita,al capretto al forno alla sarda, allasalsiccia, alle olive in salamoia, al“sucu fintu”, alle verdure “maritate”,ai legumi. Con le infiorescenze a om-brella si fa un ottimo liquore. Si utiliz-zano le foglie, i fiori e i semi perun’infinità di condimenti. Tutta lapianta contiene anetolo che favoriscela produzione di latte materno, elimi-na il gonfiore di stomaco e stimola ladigestione.

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La collaborazione degli Accademici alla loro rivista, ol-tre che gradita, è indispensabile. Ma occorre che gli Ac-cademici tengano presenti alcune norme essenziali, af-finché i loro scritti, frutto di passione e impegno, trovi-no rapida ed esauriente pubblicazione.

■ Testi degli articoli: è necessario, per quanto possi-bile, che i testi vengano inviati per via elettronica,utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

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■ Schede delle riunioni conviviali: è altrettanto im-portante che nella compilazione delle schede per leriunioni conviviali, per le “Note e commenti” venga ri-

spettato il limite di 10 righe (pari a 600 caratteri,spazi inclusi) onde evitare anche in questo caso tagli emutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltre il limiteregolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

■ Si prega inoltre di non inviare relazioni di riunio-ni conviviali tenute al di fuori del territorio dellapropria Delegazione, o di quelle effettuate in casadegli Accademici, o che comunque non si sono svoltenei ristoranti o negli esercizi pubblici, in quanto nonverranno pubblicate.

■ Osservando queste semplici norme si potrà avere laragionevole certezza di una rapida e testuale pubblica-zione, evitando quei dolorosi tagli che sovente vengo-no lamentati.

■ La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, i ne-cessari controlli, l’eventuale revisione dei testi e la pos-sibilità di pubblicarli secondo gli spazi disponibili.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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Le strade nel piatto a FirenzeDI LORENA GALLINA

I legami col cibo delle vie fiorentine.

L a Biblioteca dell’Accademia si èarricchita di un volume dedica-to alla odonomastica, ovvero la

disciplina che si occupa dei nomi distrade e piazze di un centro abitatosotto il profilo storico-linguistico.

Donatella Lippi, Accademica di Fi-renze Pitti, è l’autrice, nonché dona-trice, dell’originale volume “Le stradenel piatto. Percorsi storico-gastrono-mici a Firenze” (Firenze, Accademiadell’Iris), in cui accompagna il lettorein un suggestivo viaggio tra le vie delcapoluogo toscano, all’insegna deisapori e delle ricette della gastrono-mia locale. Le strade di una città co-stituiscono una fonte inesauribile dinotizie sulla sua realtà socio-econo-mica e sul percorso evolutivo dellasua storia; numerosi sono i legamicon il cibo, le materie prime e la lorocommercializzazione, le manifatturee le attività artigianali preponderantisul territorio.

Occorre ricordare che solo a partiredal XVIII secolo divenne consuetudi-ne utilizzare targhe sulle quali incide-re le intitolazioni stradali, mentre lanumerazione civica si diffuse in Italiasolo in seguito alla legge 20 giugno1871, n. 297, che presupponeva ladenominazione di vie e piazze e lanumerazione dei fabbricati per indi-viduare con precisione i recapiti ana-grafici degli abitanti.

Prima dell’unificazione, la viabilitàera fortemente legata al cibo e ai pro-dotti della tavola, il che mette in evi-denza quanto la cucina facesse partedella vita quotidiana. L’autrice passain rassegna vie e piazze fiorentine, ri-portando per ciascuna di esse curio-sità e aneddoti storici, accompagnatida ricette tratte dall’Artusi o da altrimanuali di cucina, divenute poi parteintegrante della tradizione gastrono-mica del territorio.

Il canto dell’Acquavite, secondo laFirenze vecchia di Giuseppe Conti(1799-1859), era il luogo in cui ognimattina si mettevano in fila i muratorisenza lavoro in attesa che qualcuno liprendesse a lavorare a giornata. Ilnome del “canto” deriva dall’usanzadei muratori di recarsi dal droghierevicino a prendere un bicchierinomentre aspettavano la chiamata al la-voro. La prima acquavite distillata dalvino, in città, si ottenne probabilmen-te nella seconda metà del XV secolo,grazie a un’apparecchiatura inventatadal medico Michele Savonarola daPadova (prozio del più noto frate do-menicano fondatore della Repubblicafiorentina) e pare venisse consideratauna pozione a scopo medicamento-so: il rischio maggiore era che il ma-lato, una volta curato con questa be-vanda, continuasse ad assumerla an-che una volta guarito!

Risulta interessante notare i molte-plici casi di lamentele dei cittadinicontro i rumori, gli odori e la confu-sione tipica dei mercati e dei luoghiin cui si effettuavano vendita, lavora-zione artigianale e trasformazione diprodotti. Gli abitanti delle zone limi-trofe a chiasso dei Buoi mal soppor-tavano le esalazioni maleodorantidella lavorazione delle carni, in parti-colare quelle effettuate nelle botte-ghe dei trippai. Era consuetudine in-fatti “fare la sezione dei ventri di qua-lunque sorte nel pozzo” per poi bolli-re la trippa e imbottigliare nei fiaschiil brodo di cottura, destinato alla ven-dita. Venivano invece denunciate legrida e il turpiloquio in piazza delleCipolle dove due volte a settimana siteneva il mercato, affollato di rivendi-tori ambulanti di frutta e verdura. No-nostante il rumore del mercato riona-le, le cipolle erano molto apprezzate,come dimostra la “carabaccia”, zuppa

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di cipolle (antenata della parigina“soupe d’oignons”) esportata consuccesso alla corte di Francia da Ca-terina de’ Medici e in seguito divenu-ta piatto popolare della Rivoluzionefrancese.

Curiosa la denominazione della viadel Giuggiolo, che deriva dall’omoni-ma villa appartenuta alla famiglia Gi-nori, intitolata appunto allo Zizyphussativa, pianta ornamentale da cui siricava uno sciroppo molto dolce, dacui nasce la famosa espressione “An-dare in brodo di giuggiole”, ovveroessere felici. Da ricordare la ricettadella torta di marroni, associata apiazza dei Marroni presso la quale sitrovavano le botteghe dei rivendu-glioli. Ai marroni era dedicata unafiera il 28 di ottobre, descritta sempredal Conti, che sostiene: “Tutti li com-pravano [i marroni], perché quella se-ra le ballotte o le bruciate e il vinnuovo eran di rito in tutte le case”.

Per la festa di Ognissanti era inveced’obbligo cucinare le oche, solita-mente “ripiene di allodole e altri uc-celletti grassi”. Alcuni autori fanno de-rivare il nome di via delle Oche dalmercato annuale che vi si teneva pro-prio per l’acquisto delle oche destina-te alla festa; altri invece ritengono chein zona si trovasse un forno famosoper la cottura dei volatili. L’autricesuggerisce la ricetta dell’oca arrosto euna preparazione tratta da “La scienzain cucina” di Pellegrino Artusi.

Numerose sono le curiosità odono-mastiche cittadine: la denominazionedi via delle Pappe, associata alla ri-cetta della celebre pappa con il po-modoro, deriverebbe dall’usanza delvicino ospedale di Santa Maria Nuo-va, di distribuire gli avanzi di mine-stre destinati agli infermi, mentre lar-go del Ranocchietto fa parte dei per-corsi aperti lungo il corso dell’Arno,che documentano la ricchezza dellapopolazione ittica degli stagni. A essoè associata la preparazione artusianadei ranocchi alla fiorentina, fritti inolio bollente e poi ricoperti con uovafrullate, condite con sale, pepe e su-go di limone, poi fatte rassodare amo’ di frittata.

Degna di nota anche la sezione de-dicata ai “falsi d’autore”, in cui sonopresentati i nomi di alcune strade ap-parentemente legati al cibo, ma chesottintendono per lo più relazioni connobili casate oppure personaggi illu-stri. Due le citazioni più interessanti:piazza degli Agli, che si accompagnaalla ricetta della zuppa d’aglio ma chedeve il suo nome all’antica famigliaguelfa degli Agli, titolari di fiorenti at-tività economiche. Esuli a Rimini nelXIII secolo, una volta rientrati in città,furono riammessi alle magistrature re-pubblicane con il cognome Scalogni.C’è poi via dei Pepi, la cui denomina-zione deriva dalla famiglia Pepi, cele-

bri importatori della spezia in questio-ne dall’isola di Cipro. A essa è asso-ciato un piatto storico della tradizionegastronomica toscana, il “peposo”, ti-pico dell’Impruneta, di cui è stata direcente depositata la ricetta pressol’Accademia da parte della Delegazio-ne di Firenze Pitti.

Conclude il volume un’appendicededicata al binomio viabilità e attrez-zi di cucina, passando da via del For-no, a cui si accompagna la ricetta del-l’arista al forno, a via di Frullino, se-guita dalla maionese col frullino, avia dei Pentolini, accoppiata alla pre-parazione del ragù nel pentolino.

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INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICAPer semplificare e facilitare i contatti con i vari settori dell’Accademia,

sono stati istituiti nuovi indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.Anche se gli indirizzi utilizzati finora rimarranno comunque validi

ancora per qualche mese, invitiamo tutti gli Accademici a servirsi dei nuovi da subito.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:

[email protected]

e-mail per la Direzionee redazione romana della rivista:[email protected]

e-mail per la Biblioteca nazionale “Giuseppe Dell’Osso”:[email protected]

Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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DI GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

“Non ha abbandonato la semplicità anche

nel modo di alimentarsi, legato alle spartane necessità

di chi è abituato ad andare per mare”.

L o spericolato guerrigliero, adu-so ai pericoli, alle marce forza-te, agli assalti improvvisi, agli

amori fulminei; l’eccentrico guapposudamericano dal vistoso poncho edal curioso cappellino, non potevaessere certo un attento buongustaio,consono a tavole apparecchiate concristalli e porcellane e con trofei ga-stronomici e capolavori dell’arte cu-cinaria. Garibaldi, per il mangiare,era di gusti molto semplici, anche seper tutta la sua vita, specialmenteuna volta diventato eroe nazionale euno dei padri della patria, fu costret-to a interminabili banchetti con cen-tinaia di commensali e con discorsofinale.

Al don Peppino nazionale bastavapoco: pane, cacio, olive. Andava paz-zo per le fave con il pecorino, il mi-nestrone alla genovese con il pesto e,se le circostanze lo consentivano,mangiava volentieri lo stoccafisso, dabuon marinaio, e il “churrasco”, dabuon gaucho sudamericano. Gustavail “churrasco”, carne arrostita allafiamma, raschiando con il suo coltel-

lo la parte superficiale annerita dallabrace, per poi rimettere il pezzo dicarne sui tizzoni. Beveva poco vino eannacquato. Era ghiotto di “mate”che succhiava nella “bombilla”, un’al-tra consuetudine acquisita quandoera “corsaro” nelle Americhe.

Con i suoi, quando percorreva l’I-talia per renderla unita, si cibava diciò che si trovava nei casolari e neiconventi. In verità, i soldati garibaldi-ni “prelevavano” ogni ben di Dio,manu militari, per conto dell’esercitorivoluzionario, salvo rimborso. NelVaresotto, dove nel ‘48 si aggiraronole truppe di Garibaldi, ancora oggisono raccolti, nei vari musei, i “buonidi prelevamento” rilasciati dai gari-baldini. E quando il Generale abban-donò quei luoghi, cominciarono afioccare al governo austriaco le do-mande di rimborso per danni diguerra, avanzate dai Comuni e daiprivati. Sempre nel ‘48, Garibaldipassò per Firenze dove per lui furo-no organizzati diversi banchetti,mentre i suoi legionari andavano pergalline e insidiavano le ragazze. I fio-rentini per le ragazze non muoveva-no obiezioni, ma per i polli sì! A ognialt, mentre Garibaldi si arrampicavasul campanile per scrutare l’orizzon-te, i soldati si scatenavano a fare raz-zia con il laccio, come si usava nellepampas. Tornavano con vitelli, maia-li, polli, che venivano arrostiti. Poi,all’arrivo di Garibaldi, tutti si rimette-vano in fila. Si diceva che le cantinerestavano vuote, gli animali da corti-le scomparivano e le ragazze...

In Sicilia, durante la famosa impre-sa, Garibaldi si contentava di ciò chetrovava nel territorio e che gustavavolentieri: fichi, arance, uva, pane,latte e acqua di pozzo. Durante lamarcia da Marsala a Palermo, con-templata la campagna verde di fave,

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Il frugale Garibaldi

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esclamò: “Meno male, con tanti bac-celli che ci sono, potrò fare la guerrasenza pensare ai viveri”. I giovani ga-ribaldini lo ascoltarono esterrefatti.Nella reggia di Palermo mangiò lazucca al forno e la trovò così squisitache ne fece un cartoccio per donarla,con gesto solenne, a Dumas padre,“corrispondente di guerra” della spe-dizione dei Mille. E poi caffè, semprecaffè, che il suo attendente Frusciantiteneva sempre pronto.

Ed ecco Teano, pilastro della no-stra storia patria. “Vi saluto mio caroGaribaldi. Come state?”, “Bene, mae-stà e lei?”, “Benone!”, “Ecco il re d’I-talia”. I due se ne andarono ognunoper conto suo seguiti dalle scorte diufficiali nel polverone della strada.Era l’ora di pranzo e forse si sarebbepotuta organizzare una sosta intornoa una tavola dove i gusti semplicidei due personaggi avrebbero potu-to incontrarsi. Ma la solennità delmomento ne avrebbe sofferto e l’in-contro sarebbe scivolato in una di-minutiva banalità. Meglio un Gari-baldi solitario, sotto un albero nel-l’assolata campagna siciliana che,come narra Alberto Mario, “stavaglidavanti un barile in piedi, sul qualegli fu apprestata la colazione. Unabottiglia d’acqua, una fetta di cacio eun pane. L’acqua per giunta era in-fetta. Appena ne bevve egli alcunsorso la sputò dicendo tranquilla-mente: Deve esserci nel pozzo unabestia morta da un pezzo”.

Terminata la grande avventura sici-liana, l’Eroe dei due mondi tornanella sua amata Caprera e il mito oradiviene solenne insegnamento perchi ci ha governato e ora ci governa.Porta con sé alcuni sacchetti di caffèe zucchero, una balla di stoccafisso epoche migliaia di lire di stipendi ar-retrati. Lui che, come recita l’epicanazionale, “aveva donato un Regno”.

Ma le fatiche della tavola che piùirritarono il nostro Garibaldi furonoquelle che lo attesero una volta sbar-cato a Roma come deputato al Parla-mento nazionale. Era l’epoca deigrandi raduni di reduci delle patriebattaglie, dei cortei per le vie della

capitale e il tutto finiva in grandiosibanchetti di centinaia e centinaia dicommensali ammassati nei teatri.L’Eroe era costantemente invitato.Era ormai stanco e malandato, tor-mentato dall’artrite, infastidito daquell’Italia che forse si aspettava di-versa, nostalgico della lontana giovi-nezza e della vita “corsara”, deside-roso di tornare nella sua isola a man-giare pane e olive. Ai cittadini festan-ti che lo avevano accompagnato incorteo fino al suo albergo e che loacclamavano perché si affacciasse,comparve sul balcone e disse: “Ro-mani, siate seri!”.

La bibliografia sulla vita di Giusep-pe Garibaldi è enorme: tanti hannoscritto di lui. Chiunque gli è stato vi-cino ha narrato della sua vita, dellesue fortune e delle sue sconfitte equasi sempre appare il lato del suocarattere che non ha abbandonato lasemplicità anche nel modo di ali-mentarsi, legato alle spartane neces-sità di chi è abituato ad andare permare. Sua figlia Clelia, nel suo libro“Mio padre”, si dilunga nel descrive-re le poche pretese della tavola delsuo papà. Racconta infatti che unavolta arrivarono all’improvviso a Ca-prera sei “signori milanesi”, certa-mente molto facoltosi ed eleganti. IlGenerale, con l’abituale, bonariasemplicità insistette affinché si fer-massero a colazione con i suoi fami-liari. Quel giorno la pesca era statafortunata e venne loro servita unalussuosa “bouillabaisse” alla proven-zale, profumata d’aglio. Agli ospitiparve un piatto al tempo stesso “ru-stico” e “forte” e ne mangiarono conmolta discrezione, un po’ imbarazza-ti. Garibaldi allora fece portare in ta-vola formaggio pecorino di produ-zione della propria fattoria (a Capre-ra allevava mucche, pecore e capre)e fave fresche, visto che si era in pri-mavera. Gli ospiti, inorriditi, sboc-concellarono il formaggio e nascose-ro le fave nelle tasche e nelle faldedelle redingote. Il pecorino da ac-compagnare alle fave era la sua cola-zione preferita in primavera.

Garibaldi aveva costruito personal-

mente un forno a volta nel qualecuoceva il pane; aveva insegnato allamoglie a cucinare i canestrelli liguri edalla sua giovinezza nizzarda s’eraportato dietro la “pissaladière”, la ru-stica focaccia salata con la cipolla, leolive e le acciughe. Sulla mensa quo-tidiana comparivano spesso anche letagliatelle fatte in casa. D’invernonon disprezzava la “paciarina”, unapolenta un po’ lunga che condivacon olio di frantoio e formaggio.Non disprezzava il pesce crudo, ap-pena pescato, condito con olio e li-mone. Sovente, d’estate, il suo menuera vegetariano: adorava i carciofi,cotti, crudi e soprattutto in frittata; leinsalate di erbe selvatiche e i rava-nelli; si preparava personalmenteuna sorta di “condigion” di pomodo-ri, acciughe e basilico e olive in sala-moia. Non consumava quasi mai leprede di caccia che gli portava il fi-glio Menotti e aveva proibito di spa-rare agli uccellini. Nella calura estivasi dissetava con l’orzata preparatadalla moglie con le “sue” mandorle.A tavola, non gradiva molte pietan-ze, mangiava un piatto solo.

Garibaldi, parco nel mangiare e di“bocca buona”, ha lasciato il suo no-me come garanzia di bontà dei pro-dotti alimentari. In America, quandoalla fine dell’Ottocento cominciaronoa sorgere le prime fabbriche di mac-cheroni, aperte dai nostri connazio-nali emigrati in quelle terre, era fre-quente che fossero in vendita pastemarca “Garibaldi”. Anche il primoolio d’oliva, importato dalla Liguriain lattine litografate, spesso avevamarchi che richiamavano Garibaldi,la cui immagine appariva sui conte-nitori attorniata da simbologie nazio-nali. Del resto una delle varietà delgrande vino Marsala porta tuttora ilnome di “Garibaldi” e di “Garibaldidolce”. Negli stabilimenti Florio dellacittà dello sbarco, una lapide postasu una panchina contrassegna il po-sto dove l’eroe sorseggiò il dolce vi-no per ritemprarsi delle fatiche dellosbarco, proprio lui che era quasiastemio.

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Pasta e fagioliDI FABIO NOBILI

Accademico di Roma Appia

Un piatto che rappresenta una felice combinazione salutare e gastronomica.

O ltre a essere gradevole da unpunto di vista gastronomico,la pasta e fagioli ha consenti-

to nei periodi di carestia, come neldopoguerra, di fornire alla popola-zione un apporto nutrizionale equili-brato, rappresentato principalmentedai fagioli, uno dei pochi legumi fa-cilmente disponibili in tutto il Paese.Questi legumi furono poco apprezza-ti nell’antichità, specialmente daiGreci e dai Romani che li considera-vano un alimento “vile”, poco pregia-to, anche se Galeno ne aveva sottoli-neato le proprietà nutritive, avverten-do comunque che non erano facil-mente digeribili. Oggi sappiamo in-vece che si tratta di un legume diconsiderevole valore biologico, cheha da sempre rappresentato una ido-nea alternativa alla carne, in quantopossiede un contenuto di proteinedel 20%, indubbiamente rilevante.

Rispetto alla carne, tuttavia, detteproteine presentano un minore valorebiologico, poiché sono prive di dueamminoacidi fondamentali per l’orga-nismo: la metionina e la cisteina.

Per avere un alimento proteicocompleto, bisogna perciò abbinare ifagioli con i cereali (e quindi con lapasta). I cereali, infatti, pur avendouna disponibilità proteica minore(9%), contengono in quantità rilevan-te la metionina e la cisteina, comple-tando in questo modo il fabbisognonutrizionale. Gli amminoacidi fornitidai cereali presentano inoltre anchealtre caratteristiche salutari, tra cui unelevato contenuto in alcuni gruppichimici (SH) che li rendono reattivicontro i radicali liberi, responsabilidel processo di invecchiamento e dialcune gravi malattie. Nei fagioli co-munque, accanto alle proteine, tro-viamo la lecitina, una sostanza che hala capacità di emulsionare i grassi eanche il colesterolo, fatto che, comevedremo, unitamente all’azione dellefibre solubili contenute, fornisce al-l’organismo un’efficace arma anti-ate-rosclerotica. Infine, nei fagioli sonocontenuti anche alcuni micronutrientidi grande importanza: calcio, fosforo,ferro e potassio e, a questo proposi-to, va precisato che, contrariamente aquanto succede per i vegetali in ge-nere, il ferro e il calcio dei legumivengono assorbiti dall’intestino.

Accanto al potere nutrizionale rap-presentato dalla proteine, deve esse-re poi rilevato che i fagioli posseggo-no anche una discreta quantità di fi-bre (15%), sostanze non digeribili equindi non assorbibili, che combatto-no la stipsi, ma soprattutto proteggo-no l’intestino contro l’insorgenza deidiverticoli e dei tumori, mentre nellostesso tempo rallentano l’assorbimen-to del colesterolo potenziando l’azio-

ne della lecitina. Hanno invece unbassissimo contenuto di grassi, inparticolare di acidi grassi saturi, equesto contribuisce ad accrescere illoro valore protettivo nei confrontidelle malattie vascolari.

I fagioli vanno comunque sempreconsumati cotti, in quanto nella for-ma fresca o secca contengono unagente tossico, una proteina chiama-ta “fasina” che fortunatamente è ter-molabile e viene neutralizzata da unacottura di 18-20 minuti. Un’altra pro-cedura importante da eseguire primadella loro cottura è quella di tenerli inammollo in acqua per almeno 12-24ore (l’acqua va cambiata 2-3 volte),passaggio fondamentale per elimina-re alcune sostanze non digeribili co-me la saponina e soprattutto l’acidofitico, che è un inibitore dell’assorbi-mento del ferro. Rispettando questeaccortezze preventive, i fagioli rap-presentano un ottimo alimento da as-sociare ai carboidrati onde ottenereuna felice combinazione salutare enello stesso tempo gastronomica, epertanto possiamo affermare che lapasta e fagioli, considerata per certiaspetti come la carne dei poveri, haconsentito per molto tempo (e con-sente tutt’ora) il mantenimento di unbuono stato di salute, oltre ad aversoddisfatto il piacere del gusto. Diquesto piatto esistono variazioni nel-la preparazione tra regione e regionee, a questo proposito, ci piace ricor-dare, in particolare, la “pasta e fasoi”del Veneto, che, oltre a essere arric-chita da cotenne tagliate a pezzi e daosso di prosciutto, è più densa, inquanto metà dei fagioli, dopo unacottura di due ore e mezza, vienepassata al setaccio, aggiungendo suc-cessivamente la pasta (tagliatelle) equindi riprendendo la cottura.

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DI MARINO DE MEDICIAccademico della Virginia

“C’è chi non ha la minimaidea di che cosa sia

la cucina regionale italiana e ne parla a sproposito”.

Q uando l’ignoranza si accom-pagna alla presunzione, tan-to vale non prendersela ma

riderci sopra. Questa volta è toccatoalla cucina italiana subire una tale de-leteria accoppiata a opera di Jo-nathan Yardley, critico e saggista, au-tore della recensione dedicata a un li-bro sulla cucina italiana, autore JohnF. Mariani, “How Italian food conque-red the world” (Come il cibo italianoha conquistato il mondo). La recen-sione in questione è apparsa sul quo-tidiano “Washington Post” sotto il ti-tolo “Pasta for a hungry planet” (Lapasta per un pianeta affamato). La-sciando da parte il libro di Mariani,che di cucina italiana se ne intende,essendo da anni il “food and winecorrespondent” (ossia l’esperto di vi-ni e cucina) della rivista “Esquire”,basta leggere la recensione del sud-detto Yardley per capire che la gran-de massa degli americani continua aidentificare la cucina italiana conquella che i poveri immigrati italianihanno dovuto creare in un Paese cheper lungo tempo non è stato moltoospitale nei loro confronti. In questosenso, la cucina italo-americana èuna vera e propria cucina regionale,che ha introdotto negli Stati Uniti nonsoltanto la pizza, poi ispessita, farcitae imbastardita con ingredienti come icosiddetti “pepperoni”, i salsicciottipiccanti e l’ananas, ma piatti “genui-namente” made in Usa come gli spa-ghetti con “meat balls”, ossia le pol-pette, e una varietà di “parmigiane” ebraciole. Questa è la cucina che l’i-neffabile Mr. Yardley conosce e amodo suo accetta. Ecco infatti cosascrive: “Sebbene la cosa non possariuscire gradita agli amanti del verocibo settentrionale italiano, fino a og-gi è il cibo italo-americano quello cheuna gran parte del mondo conosce

quando si parla di cibo italiano”. Co-me se una tale corbelleria non bastas-se, il nostro persevera nel considera-re la cucina italo-americana qualeportacolori della cucina italiana: “Dalmomento che il cibo italo-americanoè mediocre - pensate a Chef Boy-Ar-Dee oppure Rice-A-Roni - non do-vrebbe sorprendere che abbia unareputazione più bassa di quella che ilmeglio di tale cibo dovrebbe meritar-si”. I prodotti citati risalgono agli anniTrenta, quando in generale gli ameri-cani pensavano all’Italia come a unPaese dove la gente mangiava spa-ghetti e faceva festa con l’organetto.Lo “Chef-Boy-Ar-Dee” era l’invenzio-ne di un lombardo immigrato che in-trodusse gli spaghetti in scatola, dive-nuti immensamente popolari anchecome razioni per le forze armate. Asua volta, un’industria alimentare, laKraft, lanciava i “macaroni and chee-se”, che per molti americani, anche algiorno d’oggi, sono un piatto italia-no. È superfluo aggiungere che sitratta di prodotti a basso costo.

Evidentemente Mr. Yardley non hala minima idea di cosa sia la cucinaregionale italiana, ma ha una casa aLima, nel Perù, dove, egli avverte,proprio lì vicino esistono due risto-ranti italiani e due “Pizza Hut”. In talmodo sembrerebbe confermare chela cucina italiana è in effetti globale,ma da un recensore così portato astroncarla ci si può aspettare altre af-fermazioni, come la seguente: “Il ci-bo peruviano è conosciuto, e cele-brato, per essere una fusione di mol-te cucine, tra cui quelle indigena,spagnola, cinese, giapponese e afri-cana, con l’eccezione della comparsaoccasionale della pasta: la cucina ita-liana non le appartiene proprio”. Inpratica, si può capire che nella suasmania di censore il nostro se la

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Contro i pregiudizi

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prenda anche con Mariani perché, asuo dire, “fa appena cenno” all’Ame-rica Latina, disattendendo l’ambiziosotitolo sulla conquista del mondo daparte della cucina italiana. Peccatoperò che nella sua sublime ignoranzanon si avventuri fuori del Perù, inPaesi latino-americani come l’Argen-tina, dove la cucina italiana domina.

È deplorevole poi che il recensoredel “Washington Post” identifichi lacucina italiana con gli spaghetti allamarinara di cui si sfamavano i poveriimmigrati italiani in America, pur ri-conoscendo che, in tempi recenti, gliamericani hanno iniziato a compren-dere che esistono varie “gradazioni”di olio di oliva e diversi tipi di pasta,oltre a scoprire la “delizia”, un temposconosciuta, dell’aceto balsamico. Maanche Mariani ha la sua parte di re-sponsabilità, specie quando affermache “non c’è prova che gli italianimangiassero la pasta col pomodoro

prima della metà del XIX secolo”,un’affermazione che non potrà farpiacere ai napoletani, a meno che inostri “esperti” americani non ricono-scano il Meridione come parte dell’I-talia. Di fatto, è proprio l’accanimen-to a considerare il “Northern Italianfood” il vero cibo italiano che meritaun commento. Sono migliaia infatti iristoranti americani che reclamizzanola “Northern Italian cuisine”. Questafrode è perpetrata in modo particola-re da proprietari non italiani di sedi-centi ristoranti italiani, alla pari di ungran numero di ristoranti che recanola designazione di “Pini”, come “Pi-nes of Florence”, gestiti da indiani eiraniani.

In conclusione, bisognerebbe spie-gare a critici prevenuti come lo Yard-ley che non esiste una “cucina italia-na”, ma una cornucopia di cucine re-gionali, per di più antiche e antece-denti la scoperta dell’America. E biso-

gnerebbe anche dire agli editori dellibro di Mariani di smetterla di magni-ficare la cucina “italiana” per la crea-zione di “una pasta marinara servitanei ristoranti di ogni angolo dell’A-merica e del globo”.

Di pari passo, farebbero bene aevitare affermazioni ridicole comequella che grandi cultori della cucinaregionale italiana, come per esempioMarcella Hazan e Lidia Bastianich,“hanno saputo elevare quello che èfondamentalmente il cibo di contadi-ni (“peasant food”) a un’opera d’ar-te”. Con ciò non si vuole inveire con-tro l’oscurità ma si vuole accendereun cerino per illuminare la dabbe-naggine degli Yardley e di tanti altriche risentono di un lungo e radicatoretaggio di pregiudizi e di ignoranza,per non dire presunzione, nei con-fronti dell’Italia.

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Come è noto il Veneto entrò a far parte del Regno d’Ita-lia soltanto nel 1866. A Este, il più importante centrourbano ai piedi dei Colli Euganei, i primi soldati delletruppe italiane entrarono il 14 luglio 1866. Dieci gior-ni dopo fece il suo ingresso “in mezzo ad una pioggiadi fiori” il principe ereditario Umberto. Passarono, però,quasi due mesi, prima che qualcosa mutasse nell’am-ministrazione comunale. Este “sempre guelfa”, dall’an-tica casata degli Estensi che qui mossero i primi passiverso i fasti del ducato ferrarese, rimase la piccola-grande capitale del mondo cattolico di rilievo, anche alivello regionale. Così nella città, tra liberali e clericali,finirono per prevalere questi ultimi e l’amministrazio-ne comunale, a differenza di molte altre parti del Ve-neto, fu guidata, dagli anni Ottanta dell’Ottocento, daesponenti di famiglie di intransigenti cattolici. Tra co-storo spiccavano i Cortellazzo, pasticcieri, che di gene-razione in generazione si erano tramandati, serbando-ne gelosamente il segreto, la ricetta di una focaccia,detta appunto di Este. La sua fragranza, la particolaresofficità, la qualità degli ingredienti ne fanno uno deidolci particolarmente significativi della “patavinitas”cucinaria. La pasticceria si trovava in un palazzetto, a due passida piazza Maggiore, impreziosito da un camino goti-co veneziano che costituisce una delle testimonianzepiù significative dal punto di vista artistico. Il modo

di cottura e il dosaggio delle varie componenti deldolce ne facevano una focaccia pasquale prelibata.Celso Cortellazzo, poeta e pasticciere, è stato l’ultimo,fino a una ventina d’anni fa, a prepararla con quelgusto particolare che faceva dire a un poeta veronese(ed è nota la rivalità fra i campanili veneti): “Chi noghe piase quella cara pasta/che onora da per tutto elCortellazzo/arrivo a dir che l’è intacà o l’è pazzo”.Ma da quasi un decennio, dopo la chiusura della pa-sticceria, la focaccia sembrava scomparsa. Anche conil contributo di alcuni Accademici, tra cui il sotto-scritto, è stato possibile ritrovarla presso un ex garzo-ne di bottega dei Cortellazzo, Giampaolo Baldo, chela confeziona nel suo negozio a Ponso. Ogni anno i“papalini” di Este facevano dono della focaccia diCortellazzo a quello che veniva chiamato “il prigio-niero del Vaticano”, nella fattispecie prima Leone XIIIe poi Pio X, per addolcirne l’esilio forzato, anche conuna buona bottiglia di Moscato dei Colli Euganei. Og-gi, la focaccia può tornare sulle tavole senza più divi-dere liberali e clericali, fautori del Risorgimento e deiSavoia e seguaci del “papa re”. Quanto poi alla ricet-ta segreta, il segreto è relativo perché gli ingredientisono farina molto fine, doppio zero, uova in abbon-danza, utilizzandone solo i tuorli, lievito naturale,zucchero, sale, aromi naturali, tutto fatto lievitare peruna notte e un giorno. (Pietro Fracanzani)

LA FOCACCIA DI ESTE

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Un sito realeDI DONATO PASQUARIELLO

Accademico di Roma Appia

Le aziende agrarie dei Borbone erano

funzionalie con prodotti d’eccellenza.

Carditello non faceva eccezione.

L a consapevolezza di vivere intempi decisamente critici sulpiano della sicurezza degli ali-

menti giornalmente presenti sulle no-stre tavole e dei rischi che di conse-guenza si è purtroppo costretti ad af-frontare nella ordinaria quotidianità diconsumatori fa facilmente riandarecon la mente a epoche passate allor-quando, pur nelle difficoltà di ordinesociale o di altro genere, si avevaquanto meno l’opportunità di gustarecibi sani e naturali. Le personali radicimeridionali inducono a volte a far ri-ferimento, a tal proposito, al periododella fioritura dei cosiddetti “siti reali”,luoghi essenzialmente di svago manel contempo produttivi, oltre che so-cialmente rilevanti, che trovarono co-stituzione e sviluppo nel regno bor-bonico sul finire del Settecento.

Tra questi il real sito di Carditello,tra le regge di Napoli e Caserta, erastato pensato da Carlo di Borbonecome luogo idoneo al perfeziona-mento delle razze dei cavalli; a que-sta finalità venne poi ad aggiungersiquella di sviluppare, in aderenza allavocazione del territorio e secondomoderni criteri di conduzione, le atti-vità tipicamente rurali di coltivazioneagraria, di allevamento del bestiamee di produzione di formaggi e lattici-ni. Il disegno fu continuato da Ferdi-nando IV, che nel 1787 fece costruireal centro della tenuta, dall’architettoFrancesco Collecini, già allievo e col-laboratore del Vanvitelli, un casinoper la residenza dei reali.

La situazione di arretratezza dellecampagne, conseguente all’esistenzadi grandi proprietà terriere, e le mise-re condizioni di vita della popolazio-ne, peraltro in aree naturalmente fe-conde, erano tali da richiedere deciseazioni riformatrici e di sviluppo eco-nomico. Proprio in quest’ottica, sulla

spinta delle idee illuministiche cheandavano affermandosi anche nelRegno, fu dato avvio a importantiprogetti innovativi nel campo agro-nomico, interessanti in primo luogole terre di proprietà della corona, conla realizzazione appunto dei siti reali.

Il complesso rurale di Carditello,che si estendeva entro un perimetrodi ben 12 miglia con un proprio siste-ma viario, comprendeva fra l’altro:una prevalente parte boschiva ricca diselvaggina, destinata ai piaceri vena-tori dei reali, oltre al taglio e alla rac-colta della legna; terreni seminativi,coltivati prevalentemente a cereali, le-gumi, foraggi, canapa e lino; terreni apascolo, in parte anche palustri, parti-colarmente adatti quindi all’alleva-mento di cavalli, vacche, bufale, ovi-ni; una serie di fabbricati rurali, in ar-monica combinazione d’uso, lateral-mente al corpo di fabbrica del casinoo disseminati nella tenuta, destinati ascuderie, a ricovero, a fienili e “grani-li”, oltre che ad abitazione del perso-nale; mulini animati da macchineidrauliche inglesi per il sollevamentodelle acque; pollaio, “aperia”, fornoper la panificazione e ambienti riser-vati alla manipolazione dei latticini.

Si poteva disporre quindi di tuttoquanto necessario per la conduzionedi un’azienda agraria articolata e so-prattutto integrata nelle varie attività,secondo i più moderni e razionali cri-teri che si andavano allora sviluppan-do, sebbene in forme più sistemati-che, in altri Paesi europei. Le attivitàdi coltivazione agraria, di allevamen-to e di trasformazione dei prodottilattieri, pur condotte con tecniche estrumenti ancora del tutto rudimenta-li, costituivano invero da sempre pa-trimonio socio-culturale delle popo-lazioni stanziali. In questo vasto com-plesso agricolo, cura prioritaria veni-

Carlo III di Borbone, fondatore di Carditello, in tenuta da caccia.

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va riservata, come detto, all’alleva-mento dei cavalli e al miglioramentodelle loro razze, cercando di evitare,fra l’altro, fenomeni di degenerazionedelle specie indigene che, per carat-teristiche di agilità, robustezza e an-che di indocilità, richiamavano lonta-ne origini arabe ed erano per questorinomate, non solo nell’ambito dellaPenisola, ma in tutta Europa.

Nel campo dell’allevamento dei bo-vini furono gradualmente introdotte,accanto al bestiame locale, anche vac-che lodigiane, perché ritenute mag-giormente idonee alla produzione ca-searia. Unitamente a formaggi e latti-cini di consolidata tradizione, fu cosìpossibile sperimentare la lavorazionedi “cacio a uso di Lodi” e successiva-mente dello stesso “cacio parmiggia-no”. Nello stesso tempo l’allevamentobovino fu gradualmente integrato convacche provenienti dalla Svizzera.

Come risulta dalle scritture prodot-te in quegli anni dall’amministrazionedel sito, conservate nell’Archivio del-la Reggia di Caserta, il “fruttato” della“massaria delle vacche” veniva accu-ratamente annotato sia alla produzio-ne (in forme di cacio, pezzi di butir-ro, ricotte fresche e salate) sia all’attodell’immagazzinamento (“cascio par-miggiano delle vacche bianche”, “al-tro delle vacche svizzere”, “altro sta-gionato e riservato per Sua Maestà”).

Nell’ambito di questa tenuta, parti-colare rilievo assumeva l’allevamentodelle bufale, di una certa consistenzae probabilmente preesistente alla rea-lizzazione del sito, soprattutto per larelativa economicità. Questo segmen-to produttivo, comprendente ovvia-

mente la manipolazione dei latticini,si rivelava infatti gestionalmente atti-vo, sia per i costi contenuti (facilità diricovero, di governo e di alimentazio-ne degli animali, grazie anche alla di-sponibilità di terreni acquitrinosi e diforaggi grossolani maggiormenteadatti alla specie) sia per le possibi-lità di introito derivanti dalla venditadel “frutto bufalino” (latte, mozzarel-le, ricotte, provole, oltre che pelli).

Al governo di una mandria, che arri-vava nel 1783 a circa 450 bufale di raz-za, integrata di tanto in tanto conesemplari trasferiti dalla piana del Se-le, erano normalmente addette menodi trenta persone. Ciascuna bufala, co-me del resto gli altri animali della te-nuta, riceveva un nome proprio frutto,oltre che della fervida fantasia dei “bu-falari”, delle peculiari caratteristichedell’animale, in segno quasi di umanaconsiderazione; proprio in tal modo lebufale venivano riportate, in rigorosoordine alfabetico, negli inventari pe-riodici, con l’indicazione dell’età, dellostato e del loro valore commerciale.

Il latte prodotto veniva giornalmen-te registrato e contabilizzato secondomisure pratiche di capacità (secchio-ni e, loro sottomultipli, “secchiozze”).Il “frutto bufalino”, costituito dai pro-dotti derivati da questa lavorazione,era in limitata parte destinato al pa-lazzo, con invii ogni 2-3 giorni, per leesigenze della cucina reale (oltre allecomuni mozzarelle, i cosiddetti “ca-polatti”, più pregiati forse perché ri-cavati dalla prima pezzatura), e inprevalente parte (mozzarelle, ricotte,provole) assegnato ad appaltatori lo-cali per la successiva destinazione o

commercializzazione. Al di là dellacomplessiva economicità di conduzio-ne dell’azienda, sorprende favorevol-mente la funzionalità dei “sistemi” ge-stionali di rilevazione, compendiatinei periodici resoconti al palazzo, perla cura e la precisione posta dagli ad-detti. L’assoluta bontà dei prodotti ali-mentari, ottenuti da animali allevati inun ambiente naturale, ecologicamenteintegro e lavorati secondo tradizionalitecniche manuali, risulta oggi soltantovagamente intuibile. L’arcadica sem-plicità delle lavorazioni è invece desu-mibile da un elenco delle occorrenzedi utensili per la “Reale Pagliara delleBufale” redatto in termini semidialetta-li dal “massaro”, in cui si fa cenno, fral’altro, a “salatori per farci le salze del-le mozzarelle”, a una graticola di le-gno “per farci scolare la pasta dellemozzarelle sopra”, a una caldaia di ra-me “per farne cuocere la pasta” mede-sima, a mestoli di rame per “cacciare”e per “manipolare” la ricotta. Standoalle testimonianze di un contempora-neo (C. Celano, “Notizie…che con-tengono le reali ville…”, Napoli,1792), nel sito “si fanno degli squisitilatticini, e tra questi de’ butiri così ec-cellenti, che non possono idearsi de’migliori; la di loro bontà è inarrivabi-le, e ’l sapore gustoso a segno da la-sciarne sempre vivo il desiderio damangiarne di più, per quanta quan-tità se ne mangi”.

Tali riferimenti danno un’idea del-l’eccellenza dei prodotti di questaazienda agraria del passato, anche sequello descritto costituisce in definiti-va un caso isolato di iniziative pro-duttive cui non seguì peraltro unalarga trasformazione economico-so-ciale del territorio. Così come nontrovarono seguito le istanze di pen-siero formulate da tanti uomini illu-minati del nostro Mezzogiorno, chetestimoniano tuttavia come fosse al-lora possibile - e come lo sarebbe pu-re al giorno d’oggi - cambiareprofondamente la realtà sociale conadeguate dosi di serietà e di impegnoprofessionale.

DONATO PASQUARIELLOSee International Summary page 78

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Veduta prospettica del Casino reale di Carditello.

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Un abbinamento da sognoDI FAUSTO MACULAN

Enologo

“Immaginando di avere a disposizione

dei piccoli sorsi di un vinodiverso per ogni boccone”.

Imigliori piccioni si mangiano du-rante la stagione calda e proprio inuna calda sera di mezza estate mi

hanno fatto una domanda: “Cosa ber-resti con il «toresan» di Breganze?”. Larisposta immediata potrebbe essere:un buon vino rosso locale di mediocorpo, con aromi fruttati di due o treanni, ma poi chiudo pian piano gliocchi e davanti a me si materializzaun piatto caldo con sopra un “tore-san” di Breganze: un giovane piccio-ne appena sceso dallo spiedo e ac-compagnato da un paio di fette dipolenta fatta soffriggere nella leccar-da, raccogliendo i sughi utilizzati nel-la cottura. Si mangia immediatamentee senza indugi, ancora caldo.

Un piccolo animale si compone divarie parti ognuna di queste ha unsapore diverso; contrariamente a unpezzo di carne o a un passato di ver-

dura, entrambe pietanze tutte ugualidal primo all’ultimo boccone: un ani-male monoporzione presenta un nu-mero elevato di sensazioni molto di-verse fra loro.

A diverse sensazioni si potrebberoabbinare vini diversi. È obbligatoriol’uso del condizionale, perché gli ab-binamenti cibo-vino sono molto per-sonali e opinabili.

Un gioco utopistico, di difficilissi-ma realizzazione, è avere a disposi-zione dei piccoli sorsi di un vino di-verso per ogni boccone.

La testa del piccione contiene unasostanza ora quasi inutilizzata per ra-gioni sanitarie: il cervello. La materiagrigia ha un sapore dolce e delicatoe, se si potesse avere in bocca un sor-so di Breganze Doc Torcolato, benfresco di temperatura, si formerebbeun connubio di sensazioni che dire

I TORRESANI SECONDO“LA CUSINETA” DI BREGANZE

Ingredienti (per 6 persone): 6 torresani, 2 spicchi di aglio, 6-8 bacchedi ginepro, 6 foglie di salvia, 1 rametto di rosmarino, 12 fettine di po-lenta, sale, mezzo litro di olio extravergine.Preparazione: dopo aver spiumato i colombini, togliere le interiora,quindi lavarli e asciugarli. Tritare le frattaglie con aglio, ginepro, sal-via e rosmarino, amalgamare il tutto e aggiungere un pizzico abbon-dante di sale grosso. Suddividere l’impasto, inserirlo nel ventre dei vo-latili e chiudere con uno spago da cucina. Mettere il tutto in una te-glia, coprire con olio extravergine di oliva e lasciare macerare un’in-tera notte.Cottura: infilzare i colombini nell’asta dello spiedo che va posto da-vanti a un fuoco non troppo vivo. Bagnare di tanto in tanto i torresa-ni con l’olio precedentemente usato. Posizionare sotto lo spiedo la lec-carda (teglia di rame stagnato per la raccolta dei sughi), in cui van-no allineate le fette di polenta che friggono nell’olio e nel grasso di ca-duta dallo spiedo. Il tempo di cottura è di circa quattro ore. A trequarti di cottura non bagnare più i colombini e salarli in superficiequando questi non lasciano cadere più il loro grasso. Sfilarli dallalancia e servirli bollenti, accompagnati dalla polenta.

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intriganti parrebbe limitante. La dol-cezza della carne si fonde con il“dolce-non dolce” del vino e con isuoi aromi di frutta secca e di agru-mi canditi; non si tratta di un abbi-namento, ma della creazione di unnuovo sapore.

La cottura lenta e la tenera età del-l’animale rendono edibile anche ilcollo, compresa la parte ossea: inquesto boccone è dominante il sa-pore concentrato e sapido dove unmisto di pelle, muscolo, anche sepoco a dir il vero, e osso (trituratoben bene dai molari), richiederebbeforse di più un Breganze biancoDoc, prodotto con l’uva Tai, il nuo-vo nome del Tocai. La bocca sareb-be così rinfrescata, piena di sensa-zioni di frutta bianca e gialla, prontaper mangiare le ali.

Queste, staccate con le mani, van-no rosicchiate e la pelle, abbrustoli-ta e croccante, è la parte dominantein questa fase. Sarebbe piacevolepassare a un sorso di vino rosso. Ilsale e il sapore arrostito chiedonoun vino abbastanza maturo, un Bre-ganze Doc Pinot nero di tre o quat-tro anni. È un vino morbido, di me-dio corpo, ma caldo e generoso; nebasta poco per far rotolare giù perl’esofago questo bocconcino, con-centrato e sopraffino. La bocca è

asciutta, con persistenti aromi dispezie e lamponi. Lì vicino, nel piat-to, ci sono i due petti: le parti più“carnose” dell’intera pietanza; se ilgioco continuasse, un Merlot di Bre-ganze da uve molto mature, con lamorbidezza che gli è propria, acca-rezzerebbe le mucose del palato edella gola, lasciandole soddisfatte.

Cosce e sopracosce sono, ora, aportata di mano e di bocca; sonoben saporite, la percentuale di pelleè maggiore, più profonda è usual-mente la cottura e le ossa cave so-no, di certo, le migliori. È forse ilboccone del prete, com’era definitoin passato, per onori ecclesiastici, ilpezzo migliore. Verserei in un am-pio bicchiere un buon Breganze Ca-bernet di un paio d’anni. Con anco-ra la sua vitalità e vinosità intatte egli aromi di frutta rossa e nera, rie-sce a slegare il palato, toglie e quasiannega il sapore delle cosce.

Nel piatto è rimasto poco: il cuo-re, la lunga spina dorsale e il fegato.Il cuore è un muscolo un po’ tiglio-so, ma sapido, che si mariterebbecol Vespaiolo Doc Breganze. È unvino vispo, fruttato e, spesso, conacidità vibrante, che aiuterebbe,quasi fosse un intermezzo rinfre-scante, questa maratona gastrono-mica.

La spina dorsale dei volatili è ca-ratterizzata da sostanze di color scu-ro, dove il sapore di carne, di san-gue, “di uccello” si accentua, diven-tando profondo, soprattutto verso lacoda. Fra le cosce, sotto l’osso sa-cro, c’è un concentrato di sapori;perderlo o non trovarlo è un veropeccato di omissione.

Con questi gusti in bocca è obbli-gatoria una sorsata, meglio abbon-dante questa volta, di un maturo Ca-bernet (o di un sapiente taglio Ca-bernet-Merlot) Doc Breganze, di ot-to anni almeno, se non più anziano.Si tratta di un vino importante, chedeve venire da un’annata buona,con l’uva matura, di ottima struttura,con ancora presenti i tannini dolci.Profumi e finale devono essere inequilibrio fra spezie e frutta, con ri-cordi di scatola di sigari, caffè ecioccolato.

Ultimo, ma non per questo menoimportante, il fegato. Esso è un or-gano veramente particolare nei vo-latili. Cambia aspetto a seconda del-l’alimentazione dell’animale. Se ilvolatile è grasso, il fegato sarà chia-ro, tenero e dolce, mentre negli ani-mali mal nutriti e vecchi sarà scuro,duro e amaro.

Il nostro piccione non ha più diun mese di vita ed è stato ben ali-mentato con tanti semi teneri.Quanto è buono il suo fegato! Pienodi dolcezza e sapore, il fegatello sispalma, quasi, sopra un generososorso di Torcolato Doc Breganze, inquesto caso maturo, quasi vecchio.Almeno dieci anni di affinamento inbottiglia sono necessari per trovarel’equilibrio ben fuso fra alcol, aci-dità e zuccheri, che rendono questebottiglie indimenticabili. Non serveneanche il dessert: quest’accoppiatafegato-Torcolato vale proprio un ti-ramisu.

Tutto è cominciato con una do-manda e ho sognato un abbinamen-to con il piccione di Breganze e i vi-ni Doc dell’omonima zona: un abbi-namento da sogno.

FAUSTO MACULANSee International Summary page 78

L’Accademia ha fatto realizzare unnuovo piatto in silver plate, in for-mato più grande ed elegante, che re-ca inciso, sul fondo, il tempietto ac-cademico, il tutto circondato da unacorona di stelle traforate che inten-dono rappresentare l’universalitàdella nostra Accademia. Questo og-getto simbolico è consigliato come

omaggio da consegnare ai ristoratori visitati che si siano dimo-strati particolarmente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia in me-rito e per le eventuali richieste i Delegati possono rivolgersi alla Se-greteria di Milano ([email protected]).

IL NUOVO PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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La burrata puglieseDI LUIGI ALTOBELLA

Delegato di Foggia-Lucera

“Va rigorosamente consumata fresca,

a temperatura ambiente e non oltre le ventiquattro

ore dalla sua produzione”.

I l termine “Magna Grecia” indicagli antichi ambienti greci d’Italia;esso fu usato assai presto in senso

generale fino a indicare tutta la partemeridionale della penisola, costellatadi colonie greche, dallo Ionio al Tir-reno. Il termine non fu mai ufficial-mente esteso a indicare la Sicilia ben-ché anche in essa le colonie grechefossero numerose. E fu in quest’areageografica del Mediterraneo che, frail VI e il IV secolo a.C., avvenne laprima e forse più significativa rivolu-zione gastronomica: cioè la gastrono-mia intesa come arte e non semplice-mente come trasformazione degli ali-menti a fini strettamente nutritivi,quando non medici e rituali. Le sem-plici vivande si trasformarono in pic-coli capolavori d’arte gastronomica;le materie prime erano le stesse, oquasi, che in Ellade, ma vennero as-semblate in nuove efficaci maniere.

Per esempio: la “maza”, focacciad’orzo dell’Ellade tuttora in uso, ven-ne sostituita dall’“artes”, un pane difrumento che per i Greci era un ge-nere di lusso e che a Taranto ricevet-te il nome di origine messapica, de-stinato a fare strada, di “panos”. Unaltro esempio è quello riguardante icereali in genere, che nella Greciamadre si consumavano sotto forma dichicchi tostati o lessati, mentre quivennero finalmente ridotti in farinaper ricavarne, dopo averla impastatacon acqua, una pasta fresca: le “laga-non” (in latino poi “laganum”), vere eproprie tagliatelle alle quali si accom-pagnavano i legumi.

Ai coloni greci dobbiamo anche l’o-lio d’oliva: essi portarono l’olivo nel-l’Italia meridionale, dove precedente-mente esisteva un olivastro che nonproduceva niente di buono. Innestan-do questi olivastri con le piante porta-te dalla Grecia si sono poi ottenuti gli

ulivi che conosciamo adesso. Fra letante novità introdotte dai coloni gre-ci ci fu un latticino: l’“oxygala”, consi-stente in una cagliata di latte di peco-ra associata a spezie verdi, che nondoveva differire molto dalle odiernepampanelle tarantine, avvolte primain foglie di vite (da cui il nome, chederiva da “pampino”) e poi in fogliedi fico. Questo latticino primordialesomigliava più che altro a uno yogurtdenso, che naturalmente non corri-sponde all’attuale burrata pugliese,prodotta con latte vaccino e non dipecora. Tuttavia mi piace pensareche l’“oxygala” della Magna Greciapossa essere stata la progenitrice ditutti i latticini e quindi anche dellaburrata pugliese.

Ma che cos’è la burrata? Il famoso,compianto gastronomo VincenzoBuonassisi aveva incoronato la burra-ta come “la regina dei latticini di tuttoil mondo”, un riconoscimento forseesagerato e un po’ di parte viste lesue origini pugliesi. Va detto peròche altri esperti, anche stranieri, han-no definito la burrata uno dei mag-giori formaggi freschi del mondo.

Della burrata non possiamo direcon precisione quando sia nata. Aogni modo la storia ci racconta cheessa ha fatto la sua comparsa nei pri-mi del Novecento (c’è chi dice intor-no agli anni Venti), grazie ai casari diuna masseria del territorio del comu-ne di Andria, la masseria Bianchini,diventata poi Laboratorio Chieppa.Alla base del prodotto c’era quellacultura contadina che portava a uti-lizzare ogni avanzo: l’idea infatti fuquella di riutilizzare i ritagli minuti dipasta filata che residuavano dalla la-vorazione delle mozzarelle. Si pensòquindi di unire questa “stracciatella”di pasta (detta così perché si straccia-va con le mani) con crema di panna

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fresca e di richiudere il tutto dentroun contenitore anch’esso commesti-bile, fatto della stessa pasta, dellospessore di un centimetro circa, dan-dogli una forma nota, cioè quella tra-dizionale del caciocavallo.

Si dice che inizialmente la burratavenisse prodotta con latte di bufala ein seguito di vacca dell’antica razzapodolica discendente dal “bos primi-genius podolicus” (un bovino digrande mole che si suppone sia statointrodotto in Italia dagli Unni nel 452d.C.). Una razza concentratasi poiprevalentemente nelle aree internedell’Italia meridionale, soprattuttodella Campania, della Basilicata, dellaPuglia e della Calabria. Progressiva-mente la podolica, dalla quale si rica-va ancor oggi l’ottimo caciocavallopodolico del Gargano, fu sostituitadalla frisona, più produttiva e piùadattabile alle moderne tecniche diallevamento e mungitura.

Nel 1931, anno di pubblicazionedella guida del Touring club italianoche riportava tutti i prodotti agroali-mentari della penisola, la burrata ven-ne ufficialmente segnalata come tipicadi Andria. Ho preferito comunque de-finirla burrata pugliese e non solo diAndria, senza per questo voler toglie-re nulla alla sua zona di origine, perusare un senso più generale e perchéattualmente viene prodotta anche inaltre zone della Murgia e, se vogliamo,anche in alcune zone confinanti dellaBasilicata. Attualmente la burrata nongode di nessun marchio di produzio-ne europeo ed è iscritta al registro deiprodotti tradizionali della Puglia.

Questo formaggio fresco non pre-senta una crosta ma una superficiebianca, vellutata e brillante. La formaè sferoidale, appunto come quelladel caciocavallo, con un peso varia-bile dai 300 grammi al chilo, anche seè possibile trovarne di dimensionipiù modeste (anche di 100 grammi):le cosiddette burratine monodose.

Ogni fase della lavorazione è total-mente manuale, partendo dal lattevaccino filtrato, pastorizzato e acidifi-cato mediante siero-innesto naturaleottenuto lasciando acidificare, a tem-

peratura ambiente, parte della produ-zione del giorno prima. Riscaldandoil latte a 35-36 gradi, con l’aggiunta dicaglio di vitello, la coagulazione av-viene in venti-trenta minuti. A questopunto si rompe grossolanamente lamassa con uno spino di legno o d’ac-ciaio fino a ottenere granuli delle di-mensioni di un cece. Una volta sedi-mentata, la cagliata viene estratta emessa a maturare a temperatura am-biente per tre o quattro ore su pianid’acciaio. Successivamente la pastaviene filata in acqua leggermente sa-lata alla temperatura di 85-90 gradi,modellata come una sfera nella qualesi pratica un incavo che accoglie glisfilacci di pasta (la stracciatella prece-dentemente nominata) amalgamaticon la panna d’affioramento del latte.Sigillate all’apice (legandole con de-gli steli di vizzo, un’erba locale chetrasmette una nota aromatica al pro-dotto), le burrate vengono passate inacqua fredda per circa venti-trentaminuti, a seconda della pezzatura, ecomunque fino a che non si sianorassodate. La burrata va rigorosamen-te consumata fresca, a temperaturaambiente e non oltre le ventiquattroore dalla sua produzione. Da evitarela conservazione alle temperature delfrigorifero domestico che produrreb-bero la solidificazione del suo inter-no, che invece deve mantenere intat-ta la sua cremosità.

Infine qualche informazione nutri-zionale. Tra i formaggi freschi, la bur-rata si colloca ai primi posti come

contenuto energetico con le sue 396kcal/100 g, superando così anche di-versi formaggi stagionati. Da segnala-re anche un buon corredo vitaminicograzie alle vitamine A, D, E, B1, B2 ePP e di minerali come il calcio e il fo-sforo. Se si considera anche il note-vole contenuto proteico, la burrata ècertamente un alimento di eccellentevalore nutrizionale. Ma non si devetrascurare la consistente presenza digrassi che ne suggerisce un consumomoderato.

Concludo con alcune considerazio-ni gastronomiche. La burrata si puògustare semplicemente con del pane,possibilmente di Altamura, magariaccompagnata da olive nere, o in ab-binamento con i salumi tipici del ter-ritorio, come il capocollo di MartinaFranca, il prosciutto di Faeto o la sop-pressata e la salsiccia in punta di col-tello dei Monti Dauni. Oppure ac-compagnata con verdure come glisponsali, i lampascioni, i carciofi(possibilmente di Trinitapoli), i fun-ghi cardoncelli del Gargano, gli aspa-ragi verdi di Capitanata. In cucina èperfetta per la preparazione di ottimiprimi piatti come i ravioli di burrata,le orecchiette con burrata e pomodo-rini, le lasagne burrata e asparagi. Peril suo abbinamento col vino sono dapreferirsi i bianchi dal profumo flo-reale, eleganti e di buona struttura eacidità, considerando anche la gras-sezza con cui è percepita al palato.

LUIGI ALTOBELLASee International Summary page 78

CENA ECUMENICA 2011La cena ecumenica è ormai diventata istitu-zionale per l’Accademia. Quest’anno, quindi,la riunione conviviale, che vedrà insieme, allastessa mensa virtuale, gli oltre settemila Acca-demici in Italia e nel mondo, si svolgerà il 20ottobre alle 20,30. I Delegati cureranno che lacena ecumenica sia accompagnata da unaidonea relazione di carattere culturale che il-lustri l’importante tema proposto.

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DI GUIDO SCHIAROLIDelegato di Terni

“Il piatto diventa un veicolocon cui si trasmette

un messaggio”.

I l Vice-Delegato di Terni MarioGuerra ha ripreso il tema trattatonel volume della Collana di cultu-

ra gastronomica “Tradizione e inno-vazione nella cucina italiana” di Gio-vanni Ballarini e Paolo Petroni met-tendo a confronto il “civet” di lepre,secondo la ricetta tradizionale (stufa-to di lepre o altra selvaggina di peloche prevede una legatura finale conil sangue ed il fegato tritato dell’ani-male) e quella proposta da MassimoBottura, dell’“Osteria Francescana” diModena, riconosciuto chef dell’annodall’Académie Internationale de laGastronomie (della quale fa parte an-che la nostra Accademia).

Massimo Bottura ha reinterpretatouna ricetta antichissima “dando for-ma a questo piatto”, intendendo laforma come “un veicolo con cui sitrasmette un messaggio”. In questocaso lo chef racconta di cogliere il

momento in cui il cacciatore sparanel bosco e uccide la lepre: un’istan-tanea del passaggio dalla vita allamorte, e afferma che sarà questa la“forma” del suo piatto. Un pane im-pastato con resine e funghi, il profu-mo del bosco, dal quale, a cottura ul-timata, viene estratto un calco cherappresenta l’impronta della lepresulla terra. Le schiume di due caffè,foie gras marinato con la vaniglia,olio essenziale di nocciola, due cri-stalli di sale, briciole di pane scottate,tartufo, clorofilla estratta dai vegetali,riduzione di melagrana e rape rosse,gel di funghi come un brodo. Mante-catura delle quenelle di lepre cruda efrollata e il “civet” caldo viene servitoin coppa. C’è un bosco nel piatto ec’è la lepre con il suo sangue. “È unacreazione, un quadro, una storia illu-strata, un paesaggio che si arricchisceanche di sapore e gusto”.

Siamo nella “cucina concettuale”,nella quale un sottile filo lega lo chefall’arte, e Massimo Bottura cita, nelsuo video esplicativo, opere e artisti.Joseph Beuys, per esempio, uno deipiù importanti artisti del XX secolo,che sosteneva come l’arte non esistaper trasmettere in modo diretto maproduca una profonda percezione diesperienze. E Paul Klee che afferma-va come l’arte non riproduca ciò cheè visibile ma renda visibile ciò chenon sempre lo è. Tutto è in stato ditrasformazione: materiali, ingredienti,tecniche consolidate nei secoli stan-no subendo uno sconvolgimento nel-la produzione e nella nostra perce-zione. Beuys diceva: “I miei oggettidevono essere visti come stimoli perla trasformazione dell’arte in genera-le. Devono provocare riflessioni. Ilconcetto di scultura non è mai fissoné finito. Il processo naturale conti-nua: reazioni chimiche, fermentazio-

ni, cambi di colore, essiccamento edecomposizione. Tutto è in stato dicambiamento”. È il concetto della fet-ta di camembert che si scioglie e del-l’orologio a molle di Dalì. È il concet-to che fa suo Massimo Bottura: “Lemie ricette si evolvono, vivono il con-temporaneo e sono proiettate nel fu-turo attraverso le esperienze vissutegiorno dopo giorno. Io cucino pertrasmettere emozioni attraverso cono-scenze ed esperienze personali delmio vissuto. Non cucino per sfamarelo stomaco ma per sfamare la mente edeliziare il palato. Ho cercato di tro-vare un allineamento tra la natura, latecnologia (intesa come evoluzione)e l’arte (intesa come pensiero)”. Econclude nel suo “manifesto”: “Dob-biamo essere coscienti del grande po-tere e della grande responsabilità cheabbiamo tutti. Siamo tutti parte di unagrande rivoluzione cucinaria, dobbia-mo assicurarci che il nostro cibo siaattuale, locale, personale e di grandeispirazione”.

Vale la pena ricordare, a questopunto, come si pone l’Accademia difronte all’innovazione, riassumendole parole del Presidente Ballarini se-condo il quale la tradizione è ciò chei nostri antenati ci hanno trasmesso, eche a nostra volta dobbiamo trasmet-tere, migliorandola e adeguandola alnostro stile di vita, perché la cucina,come la lingua, è lo specchio di unasocietà. Ogni società che trova sestessa, legge se stessa, e con la letturasi imbatte in cose nuove.

L’innovazione è quindi necessaria,ma quale è il metro di giudizio su ciòche è buono, tale da poter diventare,a sua volta, tradizione? È il buon gu-sto: il gusto del buono e del bello èciò che deve servire a costruire unatradizione.

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La cucina concettuale

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Il vizio della golaDI VANNA FRANCESCA BERTONCELLI

Accademica della Maremma (Grosseto)

Oggi, nei paesi ricchi, il problema dell’obesità

da patologia si è trasformatoin problema sociale.

D urante tutto l’anno dalle vetri-ne occhieggiano cibi e dolciu-mi inducendoci al vizio della

gola. Il cibo invece dovrebbe soddi-sfare un bisogno primario, fisiologi-co. È riferito alla nutrizione (fame, se-te); ha carattere fondamentale ed èlegato alla sopravvivenza.

Già in “Genesi” (25, 27-34) Esaù, fi-glio di Isacco e di Rebecca, per unpiatto di “minestra rossa” cedette lasua primogenitura. Nel “Nuovo testa-mento”, in Matteo (4,1-4) e Luca (4,1-4), le tentazioni di Gesù nel desertosembrano provare la realtà del suoessere uomo. La prima tentazione ri-guarda proprio il pane, in quanto ci-bo che può placare la fame soffertaper quaranta giorni e quaranta notti.Ed è la legge del contrappunto chetroviamo rappresentata nella pena in-flitta al ricco che, con vesti di porpo-ra e di bisso, ha trascorso ogni giornofacendo festa e banchettando, in Lu-ca (16, 19-31).

Per Agostino d’Ippona il cibo, dicui tratta nelle “Confessioni”, è unasorta di farmaco di cui non bisognafare uso eccessivo e della gola parlacome di un vizio che cerca di tempe-rare con il digiuno. Tommaso d’Aqui-no, nel “De malo”, formula la defini-zione di ognuno dei vizi che vengo-no detti capitali in quanto, spesso, al-l’origine di altri peccati. Così è ancheper la gola, che, per San Tommaso,genera come figlie la stupidità, lascurrilità, l’immondezza, la loquacitàe l’ottusità di mente.

Nella società contemporanea e inun’ottica laica, chi eccede nella golanon commette peccato. Viene consi-derato un malato e deve essere com-preso, aiutato, curato. Il vizio dellagola come bisogno fisiopatologico èun bisogno acquisito. Può essere fa-vorito da una predisposizione indivi-

duale e manifestarsi in particolaricondizioni di difficoltà, di ansia, didepressione.

Il concetto di temperanza, come at-tenzione al quanto e al come, lo sicomprende bene proprio in riferi-mento alla gola. In senso stretto l’in-gordigia consiste nel volere troppoper sé perdendo il senso della misu-ra, del limite.

Là dove la golosità non ha limite,vi è il contrappasso della dieta. Noncome regola alimentare ma come re-strizione. Imperversano diete di ognitipo e sostanze anoressizzanti. Sipraticano by pass e bendaggi gastricie si ricorre a sostanze che vanno aincidere sul centro cerebrale del pia-cere, là dove l’uomo non è più ingrado di gestire il soddisfacimentodei propri bisogni. Bisogni indotti inmodo esasperato da una pubblicitàche in mille forme ci offre cibo e be-vande.

Nell’arte, nella pittura come in let-teratura, al cinema e in teatro il ciboe i suoi eccessi sono stati diffusamen-te trattati. C’è un’editoria che tratta dialimenti e di cucina e i media fanno agara nel parlare di enogastronomia edi tipicità. E ci sono istituzioni cultu-rali ad hoc. Prodotto da grandi mar-che o da piccole botteghe, etnico ofatto in casa, il cibo ammicca al no-stro bisogno primario.

Chi non segue la sirena della tra-sgressione, che ci invita a eccedere, èfuori moda, fuori tempo, fuori dalgruppo.

Alla fine di queste considerazionisul vizio capitale della gola viene dadomandarsi se non sia proprio que-sto nostro tempo il tempo della gola,un tempo in cui la bocca è sempreaperta: per mangiare in modo spro-positato come per parlare a vanvera.

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La pesca del tonnoDI EMANUELE ROMEO

Accademico di Siracusa

La chiusura delle tonnarerappresenta la scomparsadelle storie che esse hanno

generato nel corso dei secoli.

I l tonno (Thunnus thinnus), definitoil “maiale del mare”, ha sempreavuto un peso assai consistente nel-

l’economia dei popoli che vivono nelbacino del Mediterraneo, il luogo pre-ferito da questi pesci per la riproduzio-ne. La pesca del tonno è stata praticatada tempo immemorabile anche nellazona del Siracusano. Numerosi gli anti-chi stabilimenti scoperti nel Sud-Estdella Sicilia per la lavorazione del pe-sce e la preparazione del “garum”, unasalsa molto apprezzata dai Romani ecomposta d’intestini di sgombri o ditonni. In particolare, a Portopalo di Ca-po Passero sono emerse, a seguito dialcune mareggiate nell’inverno del1981, dieci vasche in muratura, lungola spiaggia del “Collo”. Le vasche sonosistemate a blocchi di quattro e in alcu-ne di esse erano ben visibili i resti divertebre di tonno. La presenza dellevasche conferma il procedimento di

stagionatura del tonno, conservato sot-to sale, e l’analisi della struttura di que-sti resti ha consentito la loro datazione,compresa tra il periodo ellenistico (cheparte dal 146 d.C.) e l’età tardo-romanadel IV-V secolo d.C. Nello stabilimentoforse si preparava il “tarixos”, una sortadi tunnina ante litteram, molto graditoagli abitanti del posto. “Garum” e “ta-rixos” erano i prodotti di maggioresportazione di questa propagginedella Sicilia sud-orientale, oltre ovvia-mente al sale marino.

Ripercorrendo la storia delle tonna-re siciliane e di quelle del Sud-Estdell’isola in particolare, è possibilefar coincidere il periodo della domi-nazione araba (827-1061) con unaforte ripresa di interesse per la pescadel tonno. Proprio agli Arabi vieneattribuito il merito di aver perfeziona-to il metodo di pesca usandolo anchein Sicilia. Il celebre geografo araboEdrisi fa un elenco delle tonnare atti-ve in Sicilia e riporta anche quelledell’estremo Sud del Siracusano.

Sul finire del secolo XIX, con la la-vorazione del tonno sott’olio, intro-dotta grazie al procedimento di steri-lizzazione ideato dal francese NicolasAppert, le tonnare possono conside-rarsi, pur con il loro antico sistema dipesca, delle vere e proprie industriemoderne. I decenni a cavallo tra Otto-cento e Novecento videro una ripresaeconomica anche nelle tonnare sira-cusane. Saranno tuttavia gli ultimi mo-menti di gloria. A partire dagli anniTrenta del Novecento, le tonnare delSud-Est si avviano, infatti, a una lentama inesorabile caduta, a parte l’effi-mera ripresa nell’immediato dopo-guerra. Le cause che hanno determi-nato la chiusura degli impianti sonoben note: inquinamento biologico eacustico dei mari, pesca con fonti lu-minose, forte concorrenza delle ton-

nare volanti dei giapponesi. Quattrosono le fasi della mattanza: il “crucia-tu”, il “calatu”, la mattanza e il “salpa-tu”. È bene a tal proposito ricordareche, per quanto possa apparire vio-lenta agli occhi dei più, la mattanza èsenza dubbio un’arte di pesca sosteni-bile, perché come rete fissa non dan-neggia il fondo marino; inoltre le suemaglie sono tanto grandi da liberare ipesci piccoli. Dalla lavorazione deltonno rosso vengono ricavati: il mo-sciame (parte di tonno lavorata ed es-siccata al sole), la ventresca (la partepiù delicata e pregiata), la bottarga(uova di tonno, fatte essiccare lenta-mente), il tarantello (filetto, privo digrassi, molto morbido), il lattume (li-quido seminale del tonno), la soppres-sata o salamini (carne del tonno tritatae insaccata in budella). La ventresca èparticolarmente ricca di grasso e conun sapore delicato. Le uova vengonomesse sotto sale per produrre la bot-targa, il più semplice e straordinariodei condimenti, basta grattugiarne unpo’ per dare agli spaghetti un incredi-bile sapore di mare.

Il tonno contiene alcuni dei princi-pali nutrienti che aiutano a combatterelo stress, come gli acidi grassi essenzia-li che rigenerano il sistema nervoso e ilcervello. È inoltre considerato un veroe proprio cibo “salva-cuore”, grazieagli omega3 che si trovano nelle suecarni. I tonni pescati a Marzamémi e aCapo Passero venivano considerati piùgustosi e saporiti perché meno grassi,più “citrigni”, nel dialetto locale. Sispera che con la fine dell’attività delletonnare siciliane non si assista allascomparsa delle tradizioni: la comu-nità che non tiene conto della sua me-moria collettiva, si consegna a valoriestranei e non può esserci futuro sen-za una precisa identità.

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La perdita dei proverbiDI ERSILIA CAPORALE

Accademica di Isernia

Recenti studi sfatano i tradizionali detti alimentari.

I l pesce fa bene alla memoria, èquanto veniva ripetuto ai bambiniche non amavano questo gustoso

cibo e quante volte, in tempi più re-centi, si è sentito dire che la frutta noningrassa o che la mozzarella è dieteti-ca, oppure che per combattere il raf-freddore bisogna ingurgitare litri dispremute di arance, ricche di vitaminaC. L’elenco dei detti sui cibi è moltolungo e, tuttavia, esperti nel settoremedico li hanno smontati, uno a uno,facendo risultare del tutto false le af-fermazioni dei nostri avi.

È così risultato che la vitamina Ccontenuta nelle arance sarebbe addirit-tura in quantità inferiore a quella con-tenuta in altri frutti, quali kiwi e frago-le. Recenti studi scientifici, altresì,avrebbero escluso la funzione preven-tiva del raffreddore che è sempre stataattribuita alla predetta vitamina. Rima-nendo nel campo della frutta, quante

volte, al termine di un abbondantepranzo, si pensa di assaporare una bel-la fetta di ananas, nella convinzioneche questo frutto esotico aiuti a brucia-re i grassi? Nulla di più falso, sembre-rebbe. Sempre secondo gli esperti, in-fatti, nessun frutto, né alcun altro ali-mento, brucerebbe i grassi. Ciò che fala differenza tra l’ananas e altri frutti, èche il primo contiene un enzima, labromelina, che favorisce la digestionedelle proteine. Continuando con lecredenze popolari, se si è a dieta, o sisoffre di diabete, bisogna tenersi allalarga dall’anguria, considerata, dai più,un concentrato di zuccheri. Senza sa-pere, invece, che l’anguria è il fruttoche ha la maggiore quantità di acqua,e la minore di zuccheri. Molti sosten-gono che chi è a dieta deve preferire iformaggi magri e i grissini al pane. Mané l’una né l’altra cosa corrispondereb-bero a verità. Non esistono formaggicompletamente magri, e un grissino,come del resto i cracker in generale, èpiù calorico di una fetta di pane di fari-na 00, e ciò a causa dei grassi e deglizuccheri utilizzati per la sua prepara-zione.

Da sfatare anche l’idea della legge-rezza della mozzarella, che invecerientra nella categoria dei formaggimedio-grassi se fatta con latte di muc-ca e in quella dei formaggi grassi sefatta con latte di bufala. Quante volte,poi, si è sentito dire che il vino fabuon sangue? Anche in questo casonon sarebbe vero. I sali di ferro in es-so contenuti, infatti, sembra venganodifficilmente utilizzati da parte dell’or-ganismo. E che cosa dire del pesce?Molti trasecolerebbero se sapesseroche i pesci, a eccezione del dentice,hanno, a quanto pare, un bassissimocontenuto di fosforo. Non è neppurevero, come molti sostengono, che ilpesce bollito è più digeribile. In realtà

ciò che farebbe la differenza è il con-dimento e, pertanto, oggi si ritieneche un pesce al cartoccio sia digeribi-le quanto, se non di più, un pescebollito. Si dice, poi, che il riso è piùleggero della pasta. Anche questa af-fermazione non corrisponderebbe averità: le calorie di 100 grammi di risodovrebbero essere circa 354, contro le346 calorie della stessa quantità di unpiatto di pasta di semola di grano du-ro. È pur vero che in genere la porzio-ne di riso che si mangia è inferiore ai100 grammi, che è invece il peso di unpiatto di pasta. Volendo fermare qui lanostra carrellata non ci rimane chesfatare anche l’ultimo dei detti, quelloche riguarda gli spinaci (ricordateBraccio di ferro?), visto che il lorocontenuto di ferro sarebbe infinitesi-male, solo 2,4 milligrammi per ognietto, e che l’organismo umano assor-birebbe in modestissime quantità ilminerale contenuto negli spinaci ri-spetto a quello contenuto nelle carnirosse. Ebbene, la risposta ci viene datada una recentissima ricerca scientifica(frutto dello studio di ricercatori delKarolinska Institutet di Stoccolma) se-condo la quale Braccio di ferro avevaproprio ragione nel dire che gli spina-ci danno forza, anche se ciò avvienenon per il ferro, ma grazie ai nitratiinorganici contenuti in gran quantitàin essi, così come in molte altre verdu-re a foglia verde, che consentirebberodi ridurre, nel nostro organismo, ilconsumo di ossigeno necessario peraffrontare lo sforzo. Tutto ciò in attesadelle prossime scoperte.

Comunque, le affermazioni di oggipotrebbero essere, a loro volta, sfata-te in futuro da nuovi studi, o a seguitodelle alterazioni che nel frattempopotrebbero subire i cibi, l’ambiente eil corpo umano.

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DI GIAN PAOLO PINTONAccademico di Eugania

Basso Padovano

“I ristoranti che funzionanosono vere e proprie imprese”.

U na recente indagine di merca-to rivela che in Italia circa il70% delle persone che alla se-

ra frequentano un ristorante, non lofa esclusivamente per motivi legati al-l’alimentazione. Il campione intervi-stato ha confermato che considera ilfatto un evento relazionale, ovvero“come passare diversamente una seraalla settimana” e stare con i propriamici. Fin qua niente di nuovo. An-tropologicamente parlando le formepiù antiche di rapporti sociali hannosempre utilizzato due elementi forte-mente simbolici: il dono e il convivio.Socializzare e stabilire relazioni è unbisogno cruciale dell’essere umano.

Quello che vorrei analizzare è ilmodello di comportamento di un cer-to tipo di ristoratori e di clientela dellacosiddetta “impresa ristorante”. Pro-prio così, perché i ristoranti che fun-zionano sono imprese di successo.

Parliamo del “marketing mix” di unristorante: esso rappresenta l’insiemedi più fattori tutti mirati ad avere piùclienti. Se parliamo di prodotto, asso-ciamo subito i piatti che devono attira-re l’interesse del cliente per i contenu-ti: semplicità, originalità, sapori genui-ni, non coperti da infide salse; per pre-sentarli, poi, senza complessi, senzafalse personalità, senza presunzione.

L’ambiente è lo scenario gastrono-mico che rappresenta il carattere e lacultura del ristoratore. Più familiare è(senza scadere nella banalità e nel di-sordine) più induce il cliente a rilas-sarsi, a sentirsi a proprio agio. L’arre-damento, se troppo artefatto o iper-moderno, può diventare barriera psi-cologica per il cliente, mentre il mo-do di fare del ristoratore e del suopersonale completa le caratteristichestrutturali del “contenitore”, che nondeve essere né una specie di prosce-nio teatrale né uno spazio pretestuo-

so e “costruito”. Talvolta il percorsodi entrata e la troppa vicinanza deitavoli possono indurre il frequentato-re a restare sulle “sue”, anche se è l’o-spite che deve recitare il ruolo chel’ambiente richiede. Questa specie dirito è una sorta di gioco delle parti.

Diverso è il modo di scegliere unristorante per parlare di affari. In que-sto caso un posto vale l’altro, fermirestando tre fattori: cucina leggera,ambiente “giusto”, secondo le forma-lità del caso, e prezzi ragionevoli.Spendere troppo non solo fuorvia lospirito concreto degli uomini d’affarima contrasta anche con le realtà chequotidianamente ci circondano.

Tornando al nostro tema, possiamonotare che la discriminante di succes-so per un ristoratore è il servizio, chedeve essere veloce e pianificato, fer-mo restando sempre il vantaggiocompetitivo del prezzo ragionevole.Oggi, in tempo di crisi, tanti ristorato-ri sono costretti a inventarsi formuledi successo, soprattutto a pranzo.

L’altro fattore anomalo di marketing,del tutto italiano, è il costo del coper-to/servizio. Nella maggior parte dei lo-cali in Francia, in Svizzera, in Germa-nia non si paga il coperto, mentre, seil servizio non è già compreso, lasci lamancia a tua discrezione. Certo perbuoni ristoranti ci vogliono dei buoniclienti e viceversa. È altrettanto veroche non si può viaggiare in Ferrari seil tuo portafoglio ti consente un’autopiù modesta. Ma è altresì vero chenon puoi far pagare un’auto più mo-desta come una Ferrari. Il prezzo valela qualità e il servizio e la concorren-za regolano il mercato. Chi si adeguaprospera, chi “sogna” ha il ristorantevuoto. Il ristoratore investe in profes-sionalità o chiude, mentre al clientebasta cambiare ristorante.

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C U L T U R A & R I C E R C A

A tavola con il marketing

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C U L T U R A & R I C E R C A

La ricerca dei saporiDI TITO TROMBACCO

Accademico di Bolognadei Bentivoglio

“L’Accademico deve averelo spirito del pellegrino,

sempre pronto a intraprendere un percorsoculturale verso le eccellenze

gastronomiche”.

I ncontrando le persone e parlan-do con loro, ma in particolarecon gli Accademici, in molti ho

rilevato che l’aspetto culturale del-l’Accademia è ancora visto, e vissu-to, più come testimonianza di pre-stigio che come impegno pratico darealizzare personalmente, nell’atti-vità associativa.

Nella considerazione di molti,l’Accademico è ancora un gaudentebuongustaio, quando invece, inrealtà, tralasciando il superato termi-ne di “gaudente”, il vero Accademi-co è sì un buongustaio, cioè unamante e conoscitore del cibo e del-la tavola, ma con una visione dellecose gastronomiche più ampia ecomplessa.

Accanto al gusto del buon mangia-re, egli colloca il piacere della convi-vialità, dell’amicizia, il piacere di tro-vare e gustare altre emozioni e sen-sazioni, scoprire e godere, ancheculturalmente, la civiltà del cibo edella tavola, avvicinarsi alla cucina eal mangiare, anche come momento,e atto, di cultura.

A mio parere, l’Accademico deveavere lo spirito del pellegrino, e co-me questo essere sempre pronto apartire, partire per un viaggio alla ri-cerca di nuovi sapori e antichi pro-fumi, percorrere nuovi sentieri allaricerca di ulteriori e novelle sensa-zioni, in particolare intraprendereun percorso culturale verso le eccel-lenze cucinarie e gastronomiche.

Dopo aver preso conoscenza delcammino, dello sviluppo storico eculturale della cucina, ed esplorato ilmisterioso universo gastronomico,deve essere in grado di scegliere, econfrontare, le basi cucinarie dimaggior valore, all’insegna della tra-dizione, ma anche secondo i canonidi una moderna e attuale ristorazio-

ne. Individuare, o riscoprire, il pia-cere della tavola tramite la sfera sen-soriale, per cogliere tutte le pro-prietà, e le sfumature, di quel com-plesso insieme di profumi, odori, co-lori, sapori e consistenze, che com-pongono i caratteri base e distintividei cibi e degli alimenti, fattori spes-so trascurati nella fretta del consu-mare.

Per una cultura del cibo e della cu-cina di qualità, occorre riscoprire ilpiacere delle cose genuine, cono-scendo meglio le qualità dei prodottitipici, raccogliendo tutte le informa-zioni per una corretta e sana alimen-tazione.

Queste ricerche, e queste analisi,partono dal segreto della nostra me-moria dove, nel tempo, vengonoracchiuse e archiviate tutte quellepercezioni, e sensazioni remote, le-gate al gusto e all’olfatto, il che si-gnifica scavare, anche inconscia-mente, nei nostri più remoti ricordi.

Lo schedario custodito nella me-moria è stato raccolto e formato ne-gli anni, mediante l’utilizzo autono-mo dei nostri cinque sensi, così daredigere una sorta di schede di valu-tazione delle caratteristiche e tipicitàdei prodotti, della loro identità equalità. È questo l’obiettivo princi-pale, e finale, che deve accompa-gnare il buongustaio che è in ognu-no di noi, nel percorso culturale egustativo quale Accademico.

In questo percorso intervengonotutti i nostri sensi che, insieme, ciconsentono di non essere tratti in in-ganno, ma a questo fine diventa an-che importante che una bella e ap-propriata presentazione sia sempreconiugata con la bontà e la qualitàdel prodotto e del contenuto delpiatto.

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DI BIAGIO BONFIGLIOAccademico di Siracusa

La provincia siracusana ha potenzialità e prodotti

molto interessanti ma sono fondamentali

una maggiore integrazione dell’agricoltura

con il territorio e una più stretta collaborazionecon la ristorazione locale.

I l territorio siracusano è caratterizza-to da quattro aree diversamente vo-cate alla produzione agro alimenta-

re. A Nord, nell’area di Lentini, prevalela coltura di agrumeti, mentre a Car-lentini e Francofonte, oltre agli agrumi,si sta sempre più diffondendo la colti-vazione di frutteti. In questi ambiti, gliagrumi che si coltivano appartengonoalle qualità delle arance bionde e rossedi notevole pregio. Nei territori di Sira-cusa e Avola domina la coltivazionedel limone; a Sud, il territorio di Noto ècaratterizzato da una pluralità di pro-dotti, tra cui limoni, ulivi e mandorle;nei territori collinari e montani dellaprovincia prevalgono i cereali e gli al-levamenti, soprattutto di bovini sia dalatte che da carne. Infine, l’area più aSud della provincia, che comprende icomuni di Pachino e Rosolini, è spe-cializzata nell’orticoltura sia da pienocampo che in coltura protetta, ma so-prattutto è caratterizzata dalla presenzadel pomodoro di Pachino, la cui pro-duzione è certificata dal marchio Igp.Il pomodoro di Pachino è diventato datempo un traino importante per la va-lorizzazione di altre importanti produ-zioni agroalimentari locali, tra cui ilNero d’Avola Doc, che proprio daquesta terra trae le proprie origini sto-riche quale vitigno autoctono, e i pro-dotti ittici da acquacoltura e della pe-sca. L’eccessivo frazionamento fondia-rio in Sicilia e di conseguenza il sotto-dimensionamento aziendale, rendono,però, il settore estremamente debole escarsamente competitivo. E ciò a pre-scindere dall’apporto significativo del-le eccellenze del territorio siracusano,rappresentate dalle produzioni tipiche,tradizionali e di qualità che sono il fio-re all’occhiello della nostra agricoltura.Le produzioni agricole, infatti, hannodiverse classificazioni derivanti dallanormativa italiana ed europea che nel

tempo ha cercato di proteggere alcunespecificità tipiche del variegato territo-rio nazionale e delle nostre tradizioni.In Sicilia, di Dop, Igp, Doc e Docg, necontiamo circa 30. Siracusa ha comevini i Doc Eloro, Moscato di Siracusa eMoscato di Noto; come olio, quellodegli Iblei (Dop), come Igp il cilieginodi Pachino, il limone di Siracusa e l’a-rancia rossa di Lentini. Accanto a que-sti prodotti tipici, ci sono nella nostraprovincia altri prodotti altrettanto si-gnificativi: la zootecnia delle collineiblee, con carne, latte e formaggi pre-giati ma poco remunerati dal mercato;il grano duro, il miele dei monti Iblei;le patate novelle, le insalate, i meloni,le angurie, tutti gli orticoli precoci (po-modori, zucchine, melanzane, pepero-ni, fagiolini); le fragole presenti quasitutto l’anno; le mandorle e le carrube.La provincia siracusana ha delle poten-zialità molto interessanti. Altri operato-ri, provenienti da diverse regioni d’Ita-lia, stanno cogliendo queste opportu-nità con investimenti di tutto rilievonel campo vitivinicolo, olivicolo e orti-colo. I mercati nazionali ed europeiapprezzano le primizie e le produzionidi pregio di Siracusa. Anche l’agrituri-smo locale si sta facendo conoscere eapprezzare in Italia e in Europa ed èun’ulteriore risorsa per la nostra agri-coltura esercitata in un territorio riccodi storia e di tradizioni come le nostreantiche masserie. Sono fondamentalei,però, una maggiore integrazione del-l’agricoltura con il suo territorio, non-ché un’auspicata stretta collaborazionecon la ristorazione locale che in alcunicasi è sprovvista di prodotti tipici delterritorio. Con una maggiore valorizza-zione delle produzioni di pregio, pos-siamo ben sperare che Siracusa e la Si-cilia tutta possano contribuire degna-mente alla formazione della ricchezzanazionale.

C U L T U R A & R I C E R C A

Le eccellenze del Siracusano

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Attenti al sale

A nticamente era chiamato l’orobianco e ha segnato la vitadegli uomini per millenni,

nell’alimentazione, nel commercio eaddirittura come moneta di scambio.La stessa etimologia del termine “sa-lario” si rifà all’antica Roma, dove isoldati delle legioni venivano pagatiin sale. Le origini della via Salaria siricollegano alle attività legate al tra-sporto e al commercio del sale che iRomani avevano con le popolazionidella Sabina e dell’Appennino. Un’al-tra antica strada di Roma, ormaiscomparsa, che si trovava vicino allaBocca della Verità, si chiamava viaSalara e prendeva il nome dagli enor-mi magazzini di sale che esistevanoun tempo nella zona, riforniti dallenavi che arrivavano nel vicino portosul Tevere di Ripa grande. Per assicu-rare entrate alle finanze statali, fino al1998 lo smercio del sale era monopo-lio di Stato.

Da bene prezioso e ricercato neisecoli passati, ora il sale è divenutoun pericoloso killer per la salute. Ilconsumo corrente in Italia è di circa10-15 grammi al giorno pro capite,molto superiore ai 3 grammi che sa-rebbero sufficienti per il nostro orga-nismo. È l’allarme lanciato dal Mini-stero della Salute, che ricorda comel’eccesso di sale sia uno dei principaliresponsabili dell’insorgenza d’iper-tensione arteriosa, e di conseguenzadi patologie dell’apparato cardio- ecerebrovascolare.

La difficoltà a diminuire il sale nelladieta è data in parte da una questionedi gusto, ed è perciò risolvibile ridu-cendone il consumo fin dall’infanzia.

Il vero problema però è la presen-za di elevate quantità di sodio in mol-ti cibi trasformati, preconfezionati,conservati: quantità che può raggiun-gere anche cinquanta volte il conte-

nuto naturale di quell’alimento, mache non è riconosciuta al gusto pereffetto di alcune reazioni chimichefra sodio e cibo stesso.

L’Organizzazione mondiale dellasanità consiglia alle persone adulte dinon consumare più di 5 g di sale algiorno per persona. I benefici che sipossono ottenere per la salute, limi-tando il consumo di sale, hanno fattoaumentare le iniziative a favore dellasua riduzione in molti Paesi dell’U-nione europea. Oltre alla riformula-zione dell’alimento, i programmi diriduzione del sale mirano in molti ca-si a richiamare l’attenzione dei con-sumatori sugli effetti dannosi per lasalute, come anche a fornire suggeri-menti su come diminuirne l’assunzio-ne. I sistemi di etichettatura spessoservono per informare i consumatorisui livelli di sodio o di sale contenutonei prodotti. Alcuni Paesi hanno dira-mato norme particolari sull’etichetta-tura perché indichino più chiaramen-te il contenuto di sale. Per esempio,in Finlandia, l’etichettatura è obbliga-toria per importanti fonti di sale, co-me per i prodotti a base di carne, pa-ne e prodotti preparati.

Anche in Italia, con il programmaministeriale “Guadagnare salute”, si ècercato di promuovere campagneinformative per modificare i compor-tamenti alimentari e adeguarli alla ri-duzione graduale del consumo delsale, senza rinunciare al gusto. Moltesono le raccomandazioni: preferire ilsale iodato; non aggiungere sale nel-le pappe dei bambini, almeno per ilprimo anno di vita; limitare l’uso dialtri condimenti contenenti sodio(dadi da brodo, salse, maioneseecc.); ridurre il consumo di alimentitrasformati ricchi di sale (snack sala-ti, patatine in sacchetto, alcuni salu-mi e formaggi, cibi in scatola); prefe-

rire linee di prodotti a basso conte-nuto di sale; leggere con attenzionele etichette. Infine, al posto del sale,è da veri buongustai aggiungere allepietanze spezie, erbe aromatiche,succo di limone, peperoncino cheinsaporiscono, esaltano il gusto erendono più appetibile il cibo.

IL PESCE FRESCO

Il vecchio detto popolare “L’ospiteè come il pesce, dopo tre giorni puz-za”, sembra non possa adattarsi a tut-te le specie ittiche, come del resto atutti gli ospiti, alcuni tanto graditi daconsentire loro di superare il limitedei tre giorni. La legge non obbliga aindicare sull’etichetta la data di cattu-ra del pesce e, per valutarne la fre-schezza, vanno esaminate diretta-mente le caratteristiche tipiche delprodotto: vivacità dell’occhio e dellabranchia, rigidità cadaverica, presen-za o assenza di muco, elasticità dellecarni, odori anomali. Un pesce unpo’ più “vecchio” è più facile da sfi-lettare per eliminare le spine e la li-sca. Questo è solo un primo elemen-to, poi bisognerebbe acquisire altreinformazioni sul metodo di cattura edi conservazione. Per esempio, il pe-sce catturato con le reti subisce piùtraumi di quello pescato all’amo. Al-cune specie sono particolarmente de-licate, come la triglia mediterranea,che non si conserva dopo i tre giorni,mentre il branzino si mantiene qual-che giorno in più. La cosa più impor-tante, comunque, è l’esposizione auna corretta temperatura di refrigera-zione tale da far giungere il prodottoal punto vendita ancora fresco e ge-stito in modo corretto e igienico.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À

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QUATTRO ITALIANI SU CINQUE PREFERISCONO IL TAPPO DI SUGHERO

Da una recente ricerca Demo-skopea sulle diverse “tappatu-re” del vino, realizzata nell’am-bito della campagna d’informa-zione sul sughero, emerge chel’81% degli italiani, acquirenti oconsumatori di vini in bottiglia,ritiene che i tappi in sugherosiano la soluzione migliore perproteggere la qualità del vino,mentre il 79% è convinto cheuna bottiglia tappata con il su-ghero acquisti più valore. La ri-cerca, condotta su un campio-ne molto variegato, ha messoin evidenza che tra le motiva-zioni della predilezione deitappi in sughero, c’è in primoluogo la percezione del mate-riale naturale come espressio-ne della tradizione (89%), se-guita dalla consapevolezza dicome l’uso del sughero sia diaiuto all’ambiente, attraverso lasalvaguardia delle foreste diquerce (79%). La maggior partedegli intervistati, inoltre, sostie-ne che stappare e annusare iltappo rende ancora più piace-vole il consumo del vino.

SULLA STRADADELL’ECCELLENZA E DELLA SOSTENIBILITÀ

Alla Fiera di Parma si è svolta lamanifestazione “Cibus Tour”,un viaggio tra le eccellenze delpatrimonio alimentare italianosia industriale che artigianale.Nei tre giorni dell’evento, oltreai seminari, ai laboratori e alledegustazioni guidate, Confagri-coltura ha presentato, con unaselezione di aziende agricole, ilpercorso di tre importanti filie-re: olio, lattiero-caseario, orto-frutta. Inoltre era presente laScuola internazionale di cucinaitaliana “Alma” con varie inizia-tive nello spazio degustazione;un’area era riservata alle azien-de agricole biologiche con unseminario sul biologico nella

ristorazione scolastica. Comeeventi complementari a “CibusTour”, sono stati organizzati treconvegni, rispettivamente sulla“Corretta alimentazione e stilidi vita”, su “Sale e salute”, e su“Obesità e altre patologie cor-relate all’alimentazione nellevarie fasce d’età”.

IL SAN DANIELE SPOSAI PANI D’ITALIA

Nell’anno del centocinquantesi-mo anniversario dell’Italia uni-ta, anche il Consorzio del pro-sciutto di San Daniele celebraun compleanno importante: isuoi primi cinquant’anni. Perfesteggiare le due ricorrenze, ilConsorzio ha lanciato una ini-ziativa che vede la celebre Dopin abbinamento con l’alimentopiù semplice e popolare, maanche più ricco di significati edi tradizione della nostra cultu-ra: il pane. Ne verranno sceltiuno per regione, tra i più tipici,preparati dagli artigiani chedella loro ricetta hanno fattoun’arte e una codificazione del-la tradizione. I pani d’Italia, conil prosciutto di San Daniele, sa-ranno, nel corso dell’anno, iprotagonisti degli eventi pro-grammati dal Consorzio.

LE ERBE DELLE STREGHE

La rassegna gastronomica “Ilpiatto verde”, giunta alla di-ciannovesima edizione, è statadedicata quest’anno a “Le erbedelle streghe”, con molte inizia-tive. L’appuntamento ha avutoluogo a Riolo Terme (Ravenna)nel comprensorio turistico del-le Terre di Faenza, che ha nelleeccellenze enogastronomicheuno dei suoi punti di maggiorvalore. Fulcro della rassegna èstato il concorso per la migliorericetta realizzata con erbe aro-matiche, rivolto agli istituti al-berghieri d’Italia e d’Europa eche prevedeva l’utilizzo dellepiante legate, per credenze po-polari o tradizioni, al mondo

delle streghe, tra cui valerianarossa, lavanda, lupino, verbe-na, cannella rosa, alchechengi,ruta ecc. Il programma de “Ilpiatto verde” si è anche arric-chito della presenza di due notichef, Gennaro Esposito e Clau-dio Sadler, che hanno svoltocorsi di cucina riservati a pro-fessionisti della ristorazione eproposto cene a tema aperte alpubblico, basate su piatti inedi-ti elaborati con le “erbe dellestreghe” e i prodotti tipici diquesto territorio, tra cui lo sca-logno di Romagna Igp e l’oliodi Brisighella Dop.

RECORD STORICOPER L’EXPORT

A crescere all’estero sono tutti iprincipali settori del Made inItaly, ma il prodotto più espor-tato è diventato l’ortofrutta fre-sca che, con un aumento del21% in valore, sorpassa il vino,diventando la principale vocepositiva della bilancia agroali-mentare. È quanto emerge daun’analisi della Coldiretti, sullabase dei dati Istat, nella quale siprecisa che il risultato è il fruttodi esportazioni effettuate per lagrande maggioranza nei paesidell’Unione europea ma anchenegli Stati Uniti e nei mercatiemergenti come quelli asiatici.Aumenta peraltro anche il vino,con una crescita del 12%, men-tre formaggi e latticini cresconodel 15% e l’olio del 14%. So-stanzialmente stabili le esporta-zioni di pasta. Tra i singoli pro-dotti, positive sono soprattuttole performance di quelli a de-nominazione di origine, comeil parmigiano reggiano e il gra-na padano che mettono a se-gno un aumento del 26% suimercati mondiali, ma anche ilprosciutto di Parma, che ha ot-tenuto nel 2010 il miglior risul-tato di sempre. L’andamentosui mercati internazionali po-trebbe ulteriormente migliorarecon una più efficace tutela neiconfronti della “agropirateria”.All’estero, infatti, il falso Made

in Italy a tavola fattura 50 mi-liardi di euro e sono falsi treprodotti alimentari di tipo italia-no su quattro. I risultati positividelle esportazioni alimentarinon si sono ancora adeguata-mente trasferiti alle impreseagricole dove si registrano an-cora in molti settori quotazionial di sotto dei costi di produzio-ne. La Coldiretti sta promuo-vendo il progetto per una filie-ra agricola tutta italiana, conl’obiettivo di tagliare le inter-mediazioni e arrivare ad offrire,attraverso la rete di Consorziagrari, cooperative, farmermarket, agriturismi e impreseagricole, prodotti alimentari al100% italiani firmati dagli agri-coltori al giusto prezzo.

GIÀ IN PREPARAZIONEL’EDIZIONE 2012

Ottimo il bilancio dell’edizionerecentemente conclusa dellamanifestazione “Olio Capitale”organizzata da Aries, l’aziendaspeciale della Camera di com-mercio di Trieste. La formuladell’iniziativa, ormai collaudata,unisce degustazioni, vendite,incontri d’affari nell’unicoevento in Italia interamente de-dicato all’olio extravergine d’o-liva. Nella fiera triestina, vetrinaprivilegiata verso i mercati delCentro-Est Europa, hanno pre-sentato le proprie etichette enovità, tra cui cioccolato e gela-to all’olio d’oliva, 200 aziendeprovenienti da tutta Italia, conPuglia e Abruzzo in testa, oltreche da Spagna, Portogallo, Slo-venia e Croazia. Momento si-gnificativo della quattro giorni,esemplificativo dell’attenzionedata alle dinamiche che tocca-no da vicino gli operatori, lapresentazione del Manifestoper il Risorgimento dell’olio ita-liano, documento programma-tico per il rilancio di questocomparto, per ridare valore aun prodotto come l’olio extra-vergine di oliva.

a cura diSILVIA DE LORENZO

N O T I Z I A R I O

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I N L I B R E R I A

NOTE DI CUCINADI LEONARDO DA VINCIdi Shelagh e Jonathan Routh

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Non sappiamo se le fonti diqueste note di cucina sianoautentiche, come fa notare Ma-rino Albinesi, presidente delCircolo enogastronomico d’Ita-lia, nella sua prefazione. Lamaggior parte degli scritti diLeonardo, infatti, è frammenta-ria ed è probabile che moltisiano andati perduti, distrutti,a volte, anche dallo zelo di chipensava di mettervi ordine. Ècerta però la passione di Leo-nardo per la cucina, una pas-sione che lo accompagnò pertutta la vita e per la quale spes-so rinunciò anche a importantiopere che gli venivano com-missionate. Fu un campo, tut-tavia, quello della cucina, perlui non molto fortunato, a co-minciare da quando andò a la-vorare come cuoco alla “Ta-verna delle Tre Lumache”. Il“ritratto gastronomico” di Leo-nardo, che apre il volumetto,ci racconta le vicende, a voltetragiche a volte comiche, dellasua lunga esperienza gastro-nomica: da quando alla “Ta-verna” veniva contestato dagliavventori ai quali serviva pic-cole porzioni sistemate ad ar-te, in una sorta di “nouvellecuisine”, a quando decise e ot-tenne di ridisegnare e rico-struire, secondo le sue esigen-ze, le cucine del castello di Lu-

dovico il Moro. Inventa mac-chine e utensili più utili in teo-ria che nella pratica e falliscemiseramente il primo banchet-to organizzato da Ludovicodopo la ristrutturazione. L’ope-ra continua tra ricette, aforismie consigli che, anche se nonfossero opera del Maestro, egliavrebbe comunque avuto l’e-sperienza, la capacità e la pos-sibilità di scrivere.

LE GLOBALIZZAZIONINELLA STORIA: ESEMPI DISANA CONTAMINAZIONEENOGASTRONOMICAa cura di Nadia Innocente

Forum-Editrice UniversitariaUdinesewww.forumeditrice.it€ 11,00

La pubblicazione riporta gli attidel convegno, organizzato dal-la Delegazione di Udine in col-laborazione con il Dipartimen-to di Scienze degli alimenti del-

l’Università di Udine, per ap-profondire la discussione sui ti-mori che la globalizzazione po-trebbe portare alla scomparsadi molti prodotti tipici della cu-cina regionale. E anche perportare un po’ di serenità al ri-guardo, come espresso dal De-legato Renzo Mattioni nelle pa-gine di presentazione al libro,viste le preoccupazioni chequesto processo irreversibileporta con sé. Preoccupazioni epaure che, però, come illustra-to nella sua relazione dallo sto-rico Paolo Foramitti, sono inparte ingiustificate, visti alcuniimportanti esempi del passato:patata, pomodoro, mais, soloper citarne alcuni, sono infattidivenuti, dopo le prime diffi-denze, parte integrante dellanostra cucina. Molti prodotti,inoltre, ha sottolineato nel suointervento Cesare Corradini,Delegato di Reggio Emilia, otte-nendo le varie denominazionid’origine, sono tutelati, almenoin Europa, dal rischio di perde-re la loro tipicità. E si potrebbe

continuare così, sulla stradadella “serenità”, leggendo i con-tributi dei numerosi relatori chehanno anche dimostrato quantosia importante, a volte, che cul-ture e tradizioni diverse mettanoin comune i loro saperi, crean-do le condizioni di un piacevolearricchimento reciproco, comeè accaduto nella Friuli-VeneziaGiulia, a contatto con la culturadella Mitteleuropa.

RICORDIa cura di Carlo Marsilio

Delegazione di Pescara

La Delegazione di Pescara, an-che quest’anno, ha realizzatouna interessante pubblicazio-ne, in grande formato e a colo-ri, sull’intensa attività svoltanel 2010, curata dall’Accade-mico Carlo Marsilio. Immagini,escursioni, riunioni conviviali,menu, relazioni: ricordi, ap-punto, che testimoniano lospirito di amicizia, convivialitàe condivisione che anima gliAccademici di Pescara.

ERRATA CORRIGE

Nella recensione al libro diRenzo Pellati “La storia di ciòche mangiamo”, pubblicata sulnumero di febbraio, il compu-ter ha “mangiato” una letteradel nome dell’editore che èesattamente Daniela PIAZZA(e non Pizza). Ce ne scusiamocon l’autore e con l’editore.

ELENCO DEI DONATORI DELLA BIBLIOTECANAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO”

Gerardo Landulfo - Delegato di San Paolo del BrasileRenzo Mattioni - Delegato di UdineGiovanni Battista Santini - Delegato della Garfagnana-Val di SerchioMariateresa Sponza D’Agnolo - Accademica di VeneziaDelegazione di Siena-ValdelsaPaolo Ferrero - TorinoMaria Pacini Fazzi editore - Lucca

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ALBA-LANGHE23 febbraio 2011

Ristorante “Dulcis Vitis” diBruno Cingolani, fondatonel 2002. ●Via Rattazzi 7,Alba (Cuneo); =0173364633, 0173 228265; co-perti 40+20. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie Natale, varia-bili; giorno di chiusura mar-tedì e mercoledì a pranzo.●Valutazione 7,50; prezzo €45,00; elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto (salsiccia,prosciutto crudo a coltello,“sobbrich” di erbe); frisseprofumate con alloro coninsalatina; cotechino di casacon cavolo cappuccio rosso;tagliolini con costine dimaiale cotte al tegame; cap-pello del prete affogato nel-la Barbera con patate allasavoiarda; sfoglia di melecon crema inglese profuma-ta alle bacche di vaniglia earancia.

I vini in tavola: Spumantebrut rosé (Abbona Marzia-no); Barbera d’Alba 2009(Corino Renato).

Commenti: Gli Accademi-ci, al gran completo, hannovoluto onorare il re indi-scusso della cucina inverna-le: il maiale. Lo chef BrunoCingolani ha rivisitato, inchiave moderna e più legge-ra, alcune tradizionali ricettedel territorio. Un buon suc-cesso.

ALESSANDRIA1 marzo 2011

Ristorante “Al Cortese”, relais“Villa Pomela” di Duilio Pi-sanu, fondato nel 1990.●Via Serravalle 69, Novi Li-gure (Alessandria); =0143323219; coperti 80+100.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,25; prezzo € 40,00;raffinato, elegante.

Le vivande servite: cocktailanalcolico alla frutta, frittati-ne assortite, salvia e cipolllefritte, raviolini fritti al formag-gio, tagliere di salame consgonfiotti, torte salate di ver-dura; risotto al Gavi e corzettidi Novi al pesto leggero dipinoli e maggiorana; steccatodi vitello all’Arneis del Roerocon macedonia di verdure;“bunet” piemontese.

I vini in tavola: vini bianchi(Spumante brut e Gavi Docg)e rossi della casa (cascinaPerpetua).

Commenti: A celebrare ilmaestro Romualdo Marenco(interprete musicale del pe-riodo tra fine Ottocento e iprimi del Novecento) nel suocentocinquantenario della na-scita a Novi Ligure (1 marzo1841) sono stati invitati, dalDelegato, il signor Perna che

ha tratteggiato la figura delmusicista e il maestro Co-gnazzo, del Conservatorio diTorino, che ha suonato al pia-noforte molti brani di Maren-co chiudendo poi con unaesecuzione magistrale dell’in-no di Mameli. Il menu, che sirifaceva alla tradizione di No-vi Ligure con i corzetti in pri-mis e il riso al Cortese, seguitoda un tipico steccato di vitellodella fine Ottocento, è valso icomplimenti al cuoco. Com-plimenti anche all’Accademi-co Benzi che ha ideato unmeraviglioso menu, richia-mandosi al ballo “Excelsior”.Gli ospiti, dal sindaco di NoviLigure all’assessore alla Cultu-ra, alla prof.ssa Bolloli direttri-ce dell’Istituto di studi risorgi-mentali di Alessandria, insie-me agli Accademici, si sonopoi complimentati per la riu-scita della serata, definita indi-menticabile.

ASTI11 febbraio 2011

Ristorante “Ciabot ‘d Gian-duja” della famiglia Rosso,fondato nel 1958. ●Via La-sca 10, Calianetto di Castel-l’Alfiero (Asti); =0141298113, anche fax; coperti210. ●Parcheggio incustodi-to, sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie da defini-re; giorno di chiusura mar-tedì. ●Valutazione 6/7; prez-zo € 35,00; tradizionale, fa-miliare.

Le vivande servite: panetto-ne gastronomico, verdure frit-te, assaggini di formaggi, bic-chierini di insalata russa; granfritto misto delle 12 padelle;agnolottini in brodo; insalatamista; pere al Brachetto; bu-gie, frittelle e baci di dama.

I vini in tavola: Toto Corde,

Altalanga, brut millesimato,Giulio Cocchi, Asti; Freisad’Asti, cantine Gilli, Castel-nuovo Don Bosco; Barberad’Asti “Libera”, Bava, Cocco-nato; Brachetto d’Acqui.

Commenti: Il fritto mistodelle 12 padelle, così comelo battezzò Giovanni Goria,è stato il protagonista dellariunione conviviale di Carne-vale. Un nutrito gruppo diAccademici si è incontrato inquesto locale che porta il no-me di Gianduia, la mascheranata ad Asti e che rappresen-ta il Piemonte, per gustarequesta prelibatezza, protago-nista della serata, dopo unbuon aperitivo (ottimi il pa-nettone ripieno e l’insalatarussa). Squisiti e croccanti fi-loni e animelle, mentre nonha entusiasmato la fritturadolce. Buoni i vini, serviticon generosità. Servizio unpo’ lento e discontinuo:mentre ad alcuni commensa-li il fritto è giunto bollente,altri lo hanno avuto appenatiepido. Probabilmente l’e-mozione di ricevere l’Acca-demia per la prima volta hainfluito.

CUNEO-SALUZZO18 febbraio 2011

Ristorante “Il Portichetto” diEugenio Manzone e IvoGiordano, fondato nel 2009.●Via Roma 178, Caraglio(Cuneo); =0171 817575,fax 0171 817573; coperti 45.●Ferie mai; giorno di chiu-sura lunedì. ●Valutazione7,11; prezzo € 40,00.

Le vivande servite: ghiottinidi pane integrale tartufo e ca-stelmagno in rotolo di cosciacotta nel forno e torcione diverza, foie gras, lenticchie etartufo; patata di Valgrana alcuore d’uovo con fonduta dinostrale di valle; fazzoletti divenere e tartufo al burro ma-neggiato; fricandò di scamo-ne angus con foie gras e tar-tufo; l’antico e il moderno.

I vini in tavola: Metodoclassico (Castello di Neive);Monferrato bianco “Estrosa”,Barbera d’Asti “Lavignone” eMonferrato rosso “Cantameli”(tutti e tre Pico Macario).

Commenti: Si è trattato diun gradito ritorno. Il Simpo-siarca della serata, il Consul-tore Franco Masenti, ha orga-

PIEMONTE

INDICE

Piemonte pagina 41Liguria 42Lombardia 43Trentino-Alto Adige, Veneto 44Emilia Romagna 45Toscana 46Marche 49Umbria, Lazio 50Abruzzo 51Molise, Campania 52Puglia 53Calabria, Sicilia 55Sardegna 56Europa 57Nel mondo 58

CARNET DEGLI ACCADEMICI 61DALLE DELEGAZIONI 63

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è statapresa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determi-nata verranno comprese e applicate.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

PIEMONTE segue

nizzato la riunione in colla-borazione con la locale Co-munità montana. Il tema, “Iltartufo nero di Montemale”,è stato molto gradito. Davve-ro delizioso l’antipasto a ba-se di patata, rosso d’uovo efonduta. Apprezzati ancheprimo e secondo rigorosa-mente di tradizione. Comenella precedente visita, qual-che piccola pecca nel servi-zio e nella disposizione deitavoli. Si tratta di un localenon troppo grande e, vistal’abbondante affluenza, alcu-ni ospiti sono stati un po’scomodi. È stata comunqueuna bella serata, grazie an-che all’intervento del produt-tore dei vini che ha tenutouna breve relazione. Il cuocoè stato accolto con unospontaneo applauso a dimo-strazione della buona riusci-ta dei suoi piatti.

PINEROLO25 febbraio 2011

Ristorante “Casa Pautasso”di Marilena Pautasso, fon-dato nel 2010. ●Via DelioGodino 17, San Secondo diPinerolo (Torino); =0121501555, anche fax; coperti38. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie dalla se-conda alla terza settimanadi gennaio; giorno di chiu-sura lunedì e martedì. ●Va-lutazione 7; prezzo € 45,00;accogliente.

Le vivande servite: “pescòj”; trippa di baccalà e ci-polle bionde in puccia di po-modoro e olive taggiasche;riso Venere servito in formacon fonduta di castelmagno;guanciali di “pata negra” insalsa di Barbera con contor-no; fondenti barrette di cioc-colato su salsa di lamponi.

I vini in tavola: Ataj Char-donnay (cascina Castle’t);Barbera (cascina Corte); Aviémoscato passito (cascina Ca-stle’t).

Commenti: La Delegazioneha visitato questo ristoranteper la prima volta. La dimen-sione, l’architettura interna egli arredi creano immediata-mente un’atmosfera familia-re. La calorosa accoglienzadei proprietari e la magnificacantina a vista hanno messoimmediatamente a proprioagio gli Accademici. Il Sim-

posiarca della serata GianniMartin ha illustrato la storiadel locale, nato di recenteper volontà dei coniugi Pau-tasso che coraggiosamentehanno intrapreso la via dellaristorazione dopo essersi oc-cupati per anni di un settoredifferente. Da sottolineareche la proprietaria del locale,diretta responsabile della cu-cina, svolge con passione unattento percorso di migliora-mento e perfezionamento. Illocale ha proposto piatti, tut-ti con materie prime di altaqualità, appartenenti sia auna cucina tradizionale delterritorio, come gli apprezza-tissimi “pes còj”, sia con unanota creativa, come peresempio il dessert.

TORINO23 febbraio 2011

Ristorante “Aleramo” di Da-nile Gilli. ●Via Arsenale 44,Torino; =011 539123; co-perti 70. ●Giorno di chiusu-ra domenica. ●Valutazione7; prezzo € 45,00.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; vitello ton-nato antica maniera; sforma-to di cardi gobbi con velluta-ta di acciughe; risottino concarciofi e briciole di castel-magno; scaramella di vitelloal forno; ratatouille di verdu-re; bavarese allo yogurt; tor-ronata torinese; caffè.

I vini in tavola: Arneis delleLanghe Produttori di Govo-ne; Dolcetto d’Alba cantinaSan Marco; Moscato d’AstiDocg.

Commenti: Gli antipasti, ditradizione piemontese, eranogradevoli e ben cucinati. Il ri-sotto è stato da alcuni giudi-cato leggermente insipido eun po’ “slegato”. L’insolitouso della scaramella di vitelloper una cottura al forno (nor-malmente è un pezzo da bol-lito) ha suscitato qualcheperplessità perché, anche setenera e gustosa, era un po’filosa. Interessante la bavare-se allo yogurt, mentre la riccatorronata, preparata con in-gredienti di qualità, era mi-gliorabile nell’equilibrio. Do-po la cena l’Accademico Al-berto Galli ha ricordato lastoria dello yogurt, dalle ori-gini bibliche ai nostri giorni.A conclusione della seratal’Accademico Renzo Pellati

ha illustrato le caratteristichechimico-fisiche e salutari del-lo yogurt, alimentando unadiscussione di grande inte-resse.

VERBANOCUSIO-OSSOLA24 febbraio 2011

Ristorante “La Pagul” di Da-nile Peroni e Giampiero Iac-chini. ●Mergozzo (Novara);=0323 800949. ●Parcheg-gio non troppo comodo;giorno di chiusura martedì emercoledì a mezzogiorno.●Valutazione 7,20; prezzo €38,00; sala da pranzo postaal primo piano senza ascen-sore.

Le vivande servite: verdurecrude e al vapore in “bagnacaoda”; gnocchetti di ricottacon zucca e castagne al burroe salvia; costolette di agnelloalle erbe con patate al forno;cinghiale glassato al forno;pere calde al vino rosso.

I vini in tavola: Chardon-nay di Borgo Molino; LuganaDoc Tenuta Roveglia; Neb-biolo Doc Bocciolo Ca’ No-va; Moscato d’Asti DocgAmerio.

Commenti: Nuova gestioneper questo ristorante. Gli Ac-cademici sono stati ricevutidalla gentile signora Caterinae, dopo la consueta presenta-zione da parte del Delegato,è stato servito un classicopiatto piemontese: la “bagnacaoda” ritualmente accompa-gnata da verdure crude e alvapore. Avvio molto apprez-zato per la delicatezza della“bagna”, solo lievemente pe-nalizzato dalla qualità delcardo. A seguire gli gnocchidi ricotta, zucca e castagne,che, per essere meglio ap-prezzati, avrebbero dovutoessere più piccoli per meglioassorbire il condimento. Deidue secondi ha riscosso un

buon successo il cinghialeglassato; le costolette diagnello - forse a causa di unainsufficiente frollatura - e lepatate al forno non hanno in-contrato i favori dei com-mensali. Buono infine il giu-dizio sulle pere al vino rosso.Ancora poca l’esperienza, maevidente l’entusiasmo dimo-strato. Dovranno e potrannomigliorare la qualità della cu-cina, mentre già ora la cor-dialità e la qualità del servizioriescono a riequilibrare partedelle lacune.

ALBENGAE PONENTE LIGURE

8 febbraio 2011

Ristorante “Scola” di FaustoScola, fondato nel 1927.●Via Pennavaire 166, Ca-stelbianco (Savona); =018277015, fax 0182 779342;coperti 50. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriegennaio; giorno di chiusuramartedì e mercoledì. ●Valu-tazione 7; prezzo € 30,00;elegante, accogliente.

Le vivande servite: canno-lo di crema di ricotta aroma-tizzata alla birra e olive tag-giasche; sfogliata croccantecon zucca e fagioli “Gianetti”di Nasino; passata di brocco-li, carciofi scottati e colaturadi formaggio loazzolo; risot-to al taleggio, mantecato almosto nuovo, fiammato allabirra; rollata stracotta di pan-cia di vitello con crema allabirra e piccole verdure al va-pore; dessert panachè birra egazzosa.

Le birre in tavola: birre delbirrificio Collesi di Apecchio(PU), abbinate a ogni piattonel seguente ordine: Ego, Al-ter, Art major nera, Art fiatambrata, Ubi.

Commenti: Il tema della se-rata, proposto a Fausto Scoladal Simposiarca Roberto Piri-no, era: “L’abbinamento cibobirra”. Un prodotto italiano dialta qualità, che si sta affer-mando anche sulla mensa deigastronomi esigenti, ha sti-molato la creatività del cuoconel proporre piatti innovativiche non rientrano nella suacarta abituale. Molto buoni lapassata di broccoli, il risotto eil dessert. Un po’ meno riusci-ti la sfogliata e lo stracotto divitella. Eccellenti le birre delbirrificio Collesi. I numerosiAccademici hanno apprezza-to le nuove proposte chehanno fatto trascorrere a tuttiuna piacevole serata.

ALBENGAE PONENTE LIGURE

25 febbraio 2011

Ristorante “Doc” di PaoloAlberelli e Cinzia Mattioli,fondato nel 1982. ●Via Vit-torio Veneto 1, Borgio Verez-zi (Savona); =0182611477, anche fax; coperti30. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazionenecessaria; ferie variabili;giorno di chiusura lunedì emartedì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 60,00; raffinato,caratteristico, accogliente.

Le vivande servite: insalatadi petto di faraona con uvetta,pinoli e caramello di acetobalsamico; cannelloni di bor-ragine al ragù di germano rea-le; risotto carnaroli con foiegras fresco d’oca e fili di melerenette; costolette d’agnello inpan di erbe aromatiche concarciofi di Albenga; piccolapasticceria del cuoco, le trecreme Demerara bruciate

LIGURIA

GRAZIE DELLA COLLABORAZIONE

Si ricorda che, come già specificato nelle istruzioni per la col-laborazione alla rivista, non sono e non saranno pubblicatele schede giunte in Segreteria oltre il termine di 30 giorni dal-la data di effettuazione della riunione conviviale.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

(mele e cognac, mandorle erabarbaro, cacao e rhum).

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene extra dry Coldei Salici Doc (Antinori); Au-rato vendemmia tardiva 2005(Giovanni Puiatti, Isonzo delFriuli); Campofiorin rosso delVeronese Igt 2006 (Masi, Gar-gagnago di Valpolicella, Ve-rona).

Commenti: Cena di carni ecacciagione al “Doc” di Bor-gio, più famoso per i suoipiatti di pesce fresco locale.L’interesse degli Accademiciha dato modo al cuoco diesprimere la sua bravura an-che in piatti quasi mai pro-posti nei ristoranti del Po-nente ligure, che hanno ri-scosso unanime apprezza-mento. Forse un poco menoriuscito il risotto, ma si sache la perfezione è un sognonon sempre raggiungibile.L’ottima qualità dei vini in ta-vola e l’eccellente serviziohanno reso la serata vera-mente bella e interessante.

SAVONA20 febbraio 2011

Trattoria “Farinata e Vino”di Giorgio Delgrande, fonda-ta nel 1900. ●Via Pia 15R,Savona; coperti 110. ●Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie fineagosto-fine settembre; giornodi chiusura domenica e lu-nedì. ●Valutazione 8; prezzo€ 35,00; familiare.

Le vivande servite: formag-getta e olive; acciughe mari-nate; acciughe ripiene; fari-nata gialla: farinata bianca;farinata con formaggio; fari-nata con carciofi; farinata conrosmarino; farinata con sal-siccia; farinata con rucola;crostata di frutta.

I vini in tavola: Pigato; Ros-sese; Grignolino.

Commenti: Gli Accademicidi Savona si sono ritrovatinel locale storico cittadinoche ancora tramanda l’anticatradizione dei “farinotti”, os-sia della produzione di fari-nata bianca, tipica di Savona,e di farinata di ceci. La ge-stione familiare assicura l’usodi ingredienti semplici e ge-nuini, che entrano nellacomposizione delle vivandein misura equilibrata e armo-

nica. Il cuoco, come gli Ac-cademici hanno potuto spe-rimentare da lungo tempo,ha confermato perizia e curanella preparazione della fari-nata, soprattutto quella digrano, sconosciuta al di fuoridi Savona. Favore e apprez-zamento per il rispetto dellatradizione ma anche per lanovità nella ricca farcituradella farinata. Il tutto è statoaccompagnato dalla premu-ra e dalla cortesia del gestoreche ha riservato alla Delega-zione l’intero locale nel gior-no di abituale chiusura.

BERGAMO24 marzo 2011

Ristorante “Marianna” diMirko Panattoni, fondatonel 1985. ●Colle Aperto, Ber-gamo; =035 247997, fax035 211314; coperti 200.●Parcheggio insufficiente;prenotazione non necessa-ria; ferie dal 6 al 20 gen-naio; giorno di chiusura lu-nedì e martedì a pranzo.●Valutazione 7; prezzo €

50,00; tradizionale, magni-fica posizione panoramica.

Le vivande servite: aperiti-vo toscano (6,90); fagioli al-l’uccelletto e salsiccia (6,70);ribollita con fagioli e cavolonero (6,90); tagliatelle al ragùtoscano (7,40); arista alla fio-rentina (6,50); tegola croc-cante (7,10).

I vini in tavola: Morellino diScansano (azienda dell’Uc-cellina) (7,50).

Commenti: Gli Accademici,assai numerosi, sono stati si-stemati in un locale di pas-saggio, davanti alle cucinenon insonorizzate e con ungran andirivieni. Il nuovo De-legato, Lucio Piombi, ha avu-to il suo da fare per farsi sen-tire, nel brevissimo saluto d’a-pertura. Gli aspetti positividella serata del passaggiodella campana, alla fine assaiallegra e piacevole, sono statila presenza del Coordinatoreterritoriale, Giorgio Barbesti,

e una relazione molto interes-sante della dottoressa Vincen-za Serra, nota nutrizionista,che ha improntato il suo bre-ve intervento sui profumi, suicolori e sugli aromi dei cibi. Ilmenu, ben scelto dagli Acca-demici Roberto Magri e Mar-co Setti, era perfettamente le-gato alla cucina toscana, se-conda tappa fra le cucine re-gionali, dopo quella piemon-tese e prima di quella laziale,per celebrare Torino, Firenzee Roma, le tre capitali dellanuova nazione italiana nata150 anni fa. Setti ha anche di-stribuito uno storico menu diun pranzo servito a VittorioEmanuele II a Firenze il 1°gennaio 1866. Le votazionisui piatti sono state caratteriz-zate da notevoli discordanze.

BRESCIA23 febbraio 2011

Ristorante “Osteria Capobor-go” di Paolo e Monica Bo-don, fondato nel 2006. ●ViaCapoborgo 11, Gavardo(Brescia); =0365 331737;coperti 20+40 per banchetti.●Parcheggio scomodo; pre-notazione consigliabile; ferievariabili; giorno di chiusuragiovedì. ●Valutazione 8;prezzo € 63,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: stuzzi-chini al tavolo: spaghettonefritto, gambero e cannellini;sbrisolona salata, lonzinomarinato e mostarda di cipol-le; mozzarella stirata al mo-mento; coniglio (lombo frittocon zucca e salvia, in por-chetta alla marchigiana, all’a-grodolce con olive e uvetta,cosce in cottura dolce conmosto e radicchio tardivo);pane nero e patè di fegato;zuppa di puntarelle, cardi ecime di rapa con trippa dibaccalà, crostino con baccalàmantecato all’olio di oliva;carré arrosto di vitello da lat-te, crudo con la sua salsiccia,pancetta al profumo di Luga-na e senape in grani; minipera “Martin sec” in brodettoal profumo di zenzero consorbetto all’uva e grappa; se-mifreddo “pocket coffee”con salsa nocino.

I vini in tavola: Spumante“Cento per cento” metodoclassico, vitigno Groppello,Groppello Garda classico2009, Groppello vigneto Arza-ne riserva 2006 (tutti dell’a-

zienda agricola San Giovanni-Puegnago).

Commenti: Piccolo graziosolocale nel centro storico delpaese (parcheggio difficolto-so), ricavato sotto la volta diun’antica stalla restaurata; lacucina è ben curata con deli-ziosi pani di casa, il servizio èaffidato alla moglie del titola-re che lo gestisce con grazia.Le preparazioni, talvolta sor-prendenti, hanno soddisfattole aspettative degli Accade-mici rivelandosi leggere, ab-bondanti e saporite, ancheper merito di componenti dielevata qualità e della giustacottura; dessert della casa.Nota di particolare merito al-lo spumante e al Groppellodel vigneto Arzane.

BRESCIA30 marzo 2011

Ristorante “Milano” di MarioAdduci, fondato nel 1996.●Via Domenico Ghidoni 66,Ospitaletto (Brescia); =0306840489, anche fax; coperti40. ●Parcheggio incustodito,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie due settimanein agosto; giorno di chiusu-ra lunedì. ●Valutazione 8;prezzo € 60,00; tradiziona-le, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con stuzzi-chini caldi e freddi, insalatadi puntarelle, sogliola conguanciale croccante ed erbeverdi saltate con veli di paneai cereali; ravioli neri al bac-calà con burrata pugliese ecimette di rapa; trancio dirombo arrosto con crema ditopinambur, carciofi e salsadi arachidi; mousse di cioc-colato bianco, ananas crum-ble e coulis di frutti rossi.

I vini in tavola: Franciacor-ta brut “Francesca” (aziendaagricola Uberti).

Commenti: Piccolo localenel centro storico del paese(parcheggio vicino) ricavatoin una vecchia casa ristruttu-rata; la cucina è curata, il ser-vizio è affidato a un’équipeche ha concluso in crescendo;le preparazioni, ben descrittedal cuoco, hanno soddisfattole aspettative della gran partedegli Accademici rivelandosileggere, anche se di gusto ab-bastanza uniforme, ma inno-vative; deliziosi i pani di casa.

DESTRA OGLIO24 febbraio 2011

Ristorante “Osteria Caol Ila”di Sergio Simonazzi, fondatonel 2008. ●Vicolo Quartieri-no 15, Viadana (Mantova);=0375 780404, anche fax;coperti 30. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie agosto e pe-riodo natalizio; giorno dichiusura domenica sera emartedì. ●Valutazione 8;prezzo € 32,00; rustico.

Le vivande servite: tartaredi asino biologico di MonteBacucco profumato all’aran-cia; prosciutto crudo stagio-nato 16 mesi; culaccia artigia-nale; spalla cotta di San Se-condo; mostarde di cocome-ro e melone; celestine in bro-do con asparagi; brasato dimanzo con polenta e pureadi patate; dolci di Carnevale.

I vini in tavola: Pinot nerovinificato in bianco OltrepòPavese (Giorgi); Alto AdigeSchiava (cantina Nals Ma-greid); Lambrusco mantovanoPiafoc (cantine Virgili); Mo-scato d’Asti (cascina Fonda).

Commenti: Sergio ed Ema-nuela Simonazzi hanno porta-to anche nell’osteria la stessaprofessionalità con la qualegestiscono il vicino ristorante,confermando ancora una vol-ta quanto la passione sia im-portante nel fare buona risto-razione. La stagionalità e laqualità dei prodotti hanno ca-ratterizzato il menu, con parti-colare riferimento alle celesti-ne, una pasta realizzata par-tendo dalla frittata e che nasceper usufruire dell’abbondanzadi uova del periodo primave-rile, e alla tartare di asino lacui provenienza da un alleva-mento biologico garantiscel’eccezionalità del sapore. I vi-ni di buona qualità sono statiabbinati con attenzione aipiatti, garantendo comunquenel costo della cena un ottimorapporto qualità/prezzo.

LARIANA25 febbraio 2011

Ristorante “Locanda dell’O-ca Bianca” di Francesco Se-meraro, fondato nel 1991.●Via Canturina 251, Como-Albate (Como); =031525605, fax 031 5003525;coperti 80. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-

LOMBARDIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

zione consigliabile; ferie 1-10gennaio e 10-20 agosto; gior-no di chiusura lunedì. ●Valu-tazione 7; prezzo € 40,00.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; strudel diverdure; sformato di radic-chio con speck di anatra; ri-sotto con foie gras al Passito;guanciolo al vino rosso;“bonnet” piemontese.

Commenti: Un ristorantecorretto, rispettoso della tra-dizione e dei prodotti. La cu-cina è caratterizzata anche daproposte “fuori moda” qualibaccalà e carni di taglio “po-vero”. Veramente eccellenteil guanciolo.

LODI11 marzo 2011

Ristorante “Isola Caprera” diLeonardo Meani, fondatonel 1938. ●Via Isola Caprera14, Lodi; =0371 421316,anche fax; coperti 400.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie seconda metà di agosto;giorno di chiusura martedìsera e mercoledì. ●Valuta-zione 7; prezzo € 40,00;tradizionale.

Le vivande servite: raspa-dura di grana; frittata conporri brasati; frittata rognosa;“burnisot” (polpettine caldedi pasta di salame alla pia-stra); ossobuco con risotto al-la milanese; formaggi conmiele e mostarda di cipolle;tiramisu.

I vini in tavola: ProseccoDoc (Villa Sandi); BonardaCresta del Ghiffi (Agnes);Malvasia passito Vigna delVolta (La Stoppa).

Commenti: Serata ben orga-nizzata con un aperitivo dibenvenuto, seguito dalla rela-zione culturale e da una cenasul tema dei 150 anni. Eccel-lenti i “burnisot” e molto gra-devole e ben eseguito, secon-do la ricetta artusiana, il risot-to giallo con ossobuco. Unalicenza accettata l’uso di alcu-ni pomodorini invece dellaconserva. Piccole sbavaturecon il risotto per il quale nonè stato usato il midollo e si èforse ecceduto con la pannanella mantecatura. Discreta lascelta di formaggi locali, benpresentati, anche se non rap-presentavano il meglio della

produzione. Il tiramisu è statoproposto sia nella versionetradizionale che nella varian-te con Marsala e amaretti, unpo’ troppo dolce. Questo dol-ce, seppur di origini non lom-barde, vede l’uso di un ingre-diente locale, il mascarpone,e sembra fosse il dolce prefe-rito da Cavour per “tirarsi su”.

PAVIA23 febbraio 2011

Ristorante “Gli Amici di Edo”di Giovanni Merlino, fonda-to nel 2010. ●Viale VittorioEmanuele II 29, Pavia;=0382 538449; coperti 60.●Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie agosto; giornodi chiusura domenica e saba-to a mezzogiorno. ●Valuta-zione 7,50; prezzo € 35,00;elegante, caratteristico.

Le vivande servite: culatel-lo di Zibello con tortino dicarciofi; ravioli verdi con ra-dicchio, ricotta e bacon; ri-sotto alle verdure; stinco divitello al forno con trittico diverdure; pere cotte al Bonar-da con gelato alla crema.

I vini in tavola: Levriere2009 (Le Fracce); Bonarda2009 (Picchioni); Moscato2010 (Montespina).

Commenti: Riunione in quel-lo che era il ristorante dell’ho-tel “Moderno”, appena rinno-vato. Dopo la presentazionedi due nuovi soci, si è proce-duto a consumare la cena, cheha avuto il massimo apprezza-mento nel risotto. Anche lostinco è piaciuto molto, a par-te qualche porzione un po’dura. Corretti gli antipasti e ildessert. Il locale, se la brigataè numerosa, risulta un po’ ru-moroso. Una nota di meritoalla simpatia e alla disponibi-lità del titolare e del persona-le, che hanno effettuato un ot-timo servizio. Apprezzabile ilbuon rapporto qualità/prezzo,sia per il tono del locale, siaper il cibo servito.

VOGHERA OLTREPÒ25 febbraio 2011

Ristorante “Bellinzona” diEttore Bellinzona, fondatonel 1960. ●Via Mazzini 7,Casei Gerola (Pavia);=0383 381127, fax 038361374; coperti 100. ●Par-

cheggio privato; prenotazio-ne non necessaria; ferie 15 e16 agosto; giorno di chiusu-ra sabato. ●Valutazione7,50; prezzo € 35,00; ele-gante, in albergo.

Le vivande servite: souffléal parmigiano su letto di ver-dure saltate; cotechino incrosta su crema di patate; ra-dicchio tardivo gratinato;gnocchi di patate allo zaffe-rano, gorgonzola e zucchine;tagliatelle della mamma; ana-tra all’arancia; carrello deidolci (mela ripiena al forno,tiramisu, crema all’amaretto,crostata di fragole).

I vini in tavola: Riesling eBonarda (azienda agricola LeFracce); Moscato (aziendaagricola Casarini).

Commenti: Dopo anni laDelegazione è tornata a visi-tare questo ristorante (ma gliAccademici singolarmente lofrequentano con regolarità),che è sempre piacevole e fa-miliare con un buon servizioe ottimi cibi. Ottimi gli gnoc-chi di patate allo zafferano esempre perfette le tagliatelledella mamma, il condimentodelle quali è una ricetta se-greta del signor Bellinzona.Impareggiabile l’anatra all’a-rancia, famosa in tutta la zo-na. Anche i dessert (a vo-lontà) sono stati molto ap-prezzati, come i vini di unadelle più tipiche aziende del-l’Oltrepò.

MERANO15 marzo 2011

Ristorante “Bistro Plaza” diAlessandro Miragoli, fondatonel 2010. ●Via Mainardo22F, Merano (Bolzano);=0473 212116; coperti 70.●Ferie variabili; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione 7,60; prezzo €

60,00.

Le vivande servite: polpoalla griglia con bouquet di in-salata; quattro risi con fiori dizucca e gamberi; filetto di

gallinella alla griglia con tor-tino di verdura; mousse alcioccolato bianco e salsa alcaramello.

I vini in tavola: Arunda ro-sé (Reiterer Meltina); RieslingFalkenstein 2009 (FranzPratzner Naturno); Pinot ne-ro Mazzon 2008 (Bruno Got-tardi); Pinot bianco Vorberg(cantina di Terlano); Pinotnero Saint Daniel (cantinaColterenzio).

Commenti: Cucina tradizio-nale, molto attenta alle cottu-re e alla materia prima, che sidedica anche al pesce. Otti-mo il polpo. Sul risotto peròc’erano opinioni discordanti.La combinazione dei quattrorisi è sembrata non convin-cente, mentre i gamberonierano perfetti. Il piatto forteera decisamente accattivante:splendido pesce, cotto per-fettamente come le verdure.Complimenti. Ben realizzataanche la mousse. Tra i viniha primeggiato un eccezio-nale spumante rosé di Arun-da Reiterer. Il locale è ampioe luminoso in un cortile mol-to tranquillo. Auguri a questanuova impresa.

TRENTO23 febbraio 2011

Ristorante “Antico Orso Gri-gio” di Fabio Decarli. ●Viadegli Orti 19, Trento; =0461984400; coperti 70. ●Par-cheggio assente perché zonapedonale; prenotazione con-sigliabile; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione7,75; prezzo € 30,00; tradi-zionale.

Le vivande servite: aperiti-vo con spumante; petto d’ocaaffumicato con crostini caldie sott’oli della casa; “rufioi”;filetto di maialino pancettato;“sguazet” di capretto; cavolicappucci; zuppa inglese.

I vini in tavola: Maso Martisbrut rosé; Mori Vecio Conci-lio; Moscato rosa Battistotti.

Commenti: La riunione con-viviale è stata organizzata ot-timamente dall’AccademicoAmabile Penati in un risto-rante noto per la tradizionalecucina trentina d’influenzadella val dei Mocheni. Il me-nu è stato semplice, secondola consolidata tradizione dellocale, che il titolare Fabio

Decarli ha saputo gestire ne-gli anni con costanza, senzacedere alle suggestioni dellemutevoli mode. Molto graditii “rufioi” (gnocchi di verza) el’antico “sguazet” di capretto.Notato con piacere l’ottimorapporto qualità/prezzo.

ALTO VICENTINO16 marzo 2011

Ristorante “Al Torcio” diAgostino Dal Lago, fondatonel 1997. ●Via GiacomoLeopardi 5, Chiampo (Vi-cenza); = 0444 624665,fax 0444 701576; coperti60. ●Parcheggio incustodi-to, sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 15 giorniad agosto; giorno di chiusu-ra domenica sera e lunedì.●Valutazione 7,20; prezzo€ 40,00; familiare, acco-gliente.

Le vivande servite: stuzzi-chini con verdura in pastella(156); crostini di pane con fe-gatini di pollo (110); cappel-letti all’uso di Romagna inbrodo di cappone (07); risot-to alla milanese II (79); co-stolette d’agnello vestite(236); zuppa inglese (675);caffè e liquori.

I vini in tavola: Durello ri-serva brut metodo classico2006 (azienda agricola R.Cecchin); Torre dei VescoviPinot bianco Vicenza Doc2010 (cantina soc. Colli Vi-centini); Caliverna Gargane-ga in purezza Igt 2009 e Ja-torosso del Veneto Igt 2008(tutti e due dell’azienda agri-cola V. Vignato); rosolio li-quore di petali di rosa (Li-quori Carlotto Valdagno).

Commenti: Quest’anno, perfesteggiare la giornata dellacultura, è stato predispostoun classico menu artusiano,per ricordare il centenariodella morte di Pellegrino Ar-tusi. Simposiarca il DelegatoRenzo Rizzi. Si inizia con unantipasto di buona fattura ab-binato a un Pinot bianco lo-cale. Ottimo il risotto alla mi-

VENETO

TRENTINO - ALTO ADIGE

LOMBARDIA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

lanese con il midollo, servitosu una sfoglia di parmigianoreggiano, abbinato a un no-tevole vino del territorio divendemmia tardiva. Le costo-lette d’agnello, vestite contortino di tarassaco, erano didiscreta fattura. Per finireun’ottima zuppa inglese, ab-binata al rosolio di petali dirosa, tipico del territorio. Nelcomplesso la serata è riuscitamolto bene e più che buonoè stato l’abbinamento piatto-vino. Ottima impressione agliospiti tra i quali il vice-sinda-co del Comune di Chiampo eil vice-presidente dell’Acca-demia serenissima del gusto.

LEGNAGOBASSO VERONESEE POLESINE OVEST

23 febbraio 2011

Ristorante “Trattoria al Bor-go” di Davide e LudovicaMirandola, fondato nel1978. ●Piazza Marconi 3,Bonavicina di San Pietro diMorubio (Verona); =0457125493, anche fax; coperti40. ●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie ultime tre settimane diagosto; giorno di chiusuramartedì e lunedì sera. ●Va-lutazione 7,50; prezzo €

40,00; tradizionale.

Le vivande servite: crostinicon lardo stagionato dellaLessinia e verdure pastellate;antipasto con carni e salumid’oca (speck, salame, pettoaffumicato; paté di foie grascon miele di corbezzolo; chi-ps di pane abbrustolito conburro di malga); risotto Car-naroli con zucca e Amaronee scaglie di monte veronese;guanciale di vitello in umido(crema di verdure) con cre-ma di patate e polenta ab-brustolita di Marano; semi-freddo di zabaione con sca-glie di mandorle e salsa diRecioto.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (azienda agri-cola Nino Franco); Valpoli-cella superiore da agricolturabiologica (azienda agricolaVilla Bellini di Castelrotto);Recioto della Valpolicella LeTordare (azienda agricola Ca’La Bionda di Valgatara).

Commenti: Risale all’Otto-cento la tradizione del “Bor-go” di offrire cibo e ospitalitàai viandanti che si trovavano

a percorrere le nebbiosecampagne di Bonavicina. Dal1991 Davide Mirandola e lamoglie Ludovica, con la so-rella Beatrice ai fornelli, figliedella proprietaria, ereditan-done la gestione, hanno mar-cato un’importante trasfor-mazione nella proposta ga-stronomica. L’intento è quel-lo di coniugare, con un pro-cesso interpretativo conti-nuo, i valori tradizionali lo-cali, con la scrupolosa sele-zione delle materie prime,con la ricerca innovativa chesoddisfi anche il gusto esteti-co. E l’esperienza della riu-nione conviviale ne testimo-nia il successo. Molto ap-prezzata l’organizzazione delDelegato Umberto Parodi edel Tesoriere Giovanni Pie-trobelli in un clima di caldacordialità.

ROVIGOADRIA-CHIOGGIA

3 marzo 2011

Trattoria “Dalla Pasqua” diPasqua Sartori, fondata nel1920. ●Via Arzerini 20, Ar-quà Polesine (Rovigo);=0425 91141; coperti 60.●Parcheggio comodo; preno-tazione consigliabile; ferievariabili; giorno di chiusuragiovedì. ●Valutazione 8;prezzo € 30,00; trattoria dicampagna a conduzione fa-miliare.

Le vivande servite: taglia-telle di casa al sugo di fegati-ni d’anitra; fischioni e ocheselvatiche alla cacciatora conpolenta bianca e gialla; ver-dure della Pasqua (cipollecotte, fagioli con cipolla, fa-gioli in umido, patate all’a-glio e prezzemolo, patate alforno, erbe cotte, verze in te-game, crauti in umido, cipol-line in agrodolce, finocchi alburro, salsa di peperoni emelanzane, funghi trifolati,melanzane trifolate, insalatadi cavolfiore); dolci di Carne-vale (crostoli, frittelle, “gnoc-ca”, ossia torta di farina di ca-stagne); caffè.

I vini in tavola: ProseccoSpumante (Cvs); Morellino diScansano 2009 (Roccamena);Morello 1999 e 2002 (SellariFranceschini); Colli EuganeiFior d’Arancio Passito (VillaSceriman).

Commenti: Ritorna l’ap-puntamento tradizionale in

questo locale, con le anitrecacciate dal Vice-DelegatoAntonio Giordani, affiancatedalle oche selvatiche caccia-te dall’amico Antonio Cap-pellini, e ancora una volta laserata ha riscosso un gran-dissimo successo. Il menu haricalcato quello degli anniscorsi ma questa volta la si-gnora Pasqua e i suoi colla-boratori si sono superati,tanto che per molti si è trat-tato probabilmente della mi-glior versione di sempre deisaporitissimi volatili accom-pagnati da ottima polentanelle due classiche versioni,e da buonissimi vini toscaniscelti dall’Accademico Alber-to Caniato. In grande eviden-za le verdure della zona, ser-vite in tavola in ben 14 pre-parazioni. Ottimi dolci diCarnevale tra cui la caratteri-stica “gnocca”, ben abbinatia un piacevolissimo passitodei Colli Euganei. Applausialla fine della bella serata, al-la quale ha partecipato an-che il Vice-Delegato di Pado-va Edmondo Matter.

VERONA25 febbraio 2011

Ristorante “Antica OsteriaDa Fae” della famiglia Fae,fondato nel 1904. ●Via Cal-dierino, Caldiero (Verona);=045 7650014; coperti 60.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura gio-vedì. ●Valutazione 6,65;prezzo € 30,00; rustico.

Le vivande servite: antipa-sto di funghetti, formaggiogorgonzola, soppressa su let-to di polenta; tagliolini inbrodo con fegatini; bollito(cotechino, manzo, lingua)con “pearà”; contorni misti distagione; dolce all’amaretto etorta sbrisolona.

I vini in tavola: Bianco diCustoza Doc e Valpolicellaclassico Doc (Aldegheri);Prosecco spumante (Borto-lotti).

Commenti: Il Delegato hadedicato la riunione convi-viale alla relazione annualesull’andamento della Delega-zione. Sono state illustrate leiniziative svolte, le prospetti-ve avviate e il bilancio, conpiena soddisfazione. Qual-che perplessità ha destato lacena poiché, dopo un di-

screto antipasto e un buonpiatto di tagliolini in brodo, èstato servito un piatto di bol-lito affettato a macchina conuna “pearà” insipida. Discre-to il Bianco di Custoza, mo-desto il Valpolicella, buono ilProsecco. Numerosi gli Acca-demici intervenuti.

LUGO DI ROMAGNA10 marzo 2011

Ristorante “Casa Conti Gui-di” di Pierluisa Urbini, fon-dato nel 2010. ●Via Boncel-lino 113, Bagnacavallo (Ra-venna); =0545 63094; co-perti 70-250. ●Parcheggioincustodito; prenotazioneconsigliabile; ferie due setti-mane centrali di agosto;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 8; prezzo €

35,00; tradizionale.

Le vivande servite: aperiti-vo con stuzzicheria calda efredda; culatello di Zibello,piadina alle erbe con crèmebrulée di squacquerone efiori d’arancio; maltagliati dipasta e fagioli; forca del Pas-satore (bocconcini di carnesulla forca con patate al for-no, verdure grigliate, pancet-ta e salse); gelato alle raperosse e coulis di frutti di bo-sco; catalana alla vaniglia.

I vini in tavola: Sangiovesedi Romagna superiore, Cere-gio Doc 2009 (fattoria Zerbi-na); Prosecco di Valdobbia-dene Doc 2010 (fattoria Ce-schin); Albana Passito Docg2007 (azienda agricola Mon-ticino Rosso).

Commenti: Una delle mi-gliori riunioni conviviali, agiudizio unanime degli Acca-demici, per qualità dei piatti.La cura nel servizio e il loca-le, quasi interamente riserva-to per la Delegazione, hannoreso questa serata veramenteunica. Il solito spirito di ami-cizia e il piacere di ritrovarsihanno consentito di apprez-zare in pieno l’ottima cucinaespressa dal maestro Ales-sandro Pireddu, ventiduenne

molto promettente e già vin-citore di alcuni premi in que-st’arte.

PARMA-TERRE ALTE17 febbraio 2011

Trattoria “Casale Mariposa”di Giuseppe Mesina, fondatanel 2010. ●Località Mamia-no, Montechiarugolo (Par-ma); =0521 681376; coper-ti 100+100 in estate sotto ilporticato. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie va-riabili; giorno di chiusuralunedì e martedì. ●Valuta-zione 7; prezzo € 45,00; fa-miliare, tradizionale sarda.

Le vivande servite: scagliedi pecorino; bruschetta di pa-ne “carasau” e pomodoro;sedano e bottarga; prosciuttodi pecora con pecorino eolio fruttato; spaghetti allabottarga; “culuzones assozza-strina”; maialetto allo spiedocon finocchi crudi; ricotta dipecora con miele; mousse diricotta, confettura di mele co-togne e miele di corbezzolo.

I vini in tavola: Torbatobrut; Vermentino Petrizza;Cannonau Nepente.

Commenti: Nella sua primauscita del 2011, la Delegazio-ne ha voluto confrontarsi conla cucina sarda. Lo ha fatto, inuna piacevole serata, nei lo-cali di un bel cascinale recen-temente ristrutturato, decisa-mente accogliente, così comeil servizio proposto, affabile epuntuale. Il menu, rappresen-tativo delle origini barbarici-ne del titolare Giuseppe Me-sina, si è caratterizzato per lasua semplicità e immediatez-za, con un sapiente accosta-mento dei sapori.

PIACENZA11 marzo 2011

Ristorante “Le Giare” di Gra-ziano Bianchi, fondato nel1992. ●Località San Pietroin Corte Secca 6, Monticellid’Ongina (Piacenza);=0523 820200, anche fax;coperti 45. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferie10 giorni in gennaio e 20giorni in agosto; giorno dichiusura domenica sera elunedì. ●Valutazione 7,20;prezzo € 65,00; familiare.

EMILIA ROMAGNA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Le vivande servite: patatapiccante con bottarga di ton-no; astice e gamberi in salsa dipeperoni; tagliolini all’uovo al-la marinara; trancio di branzi-no al forno con patate e olive;budino amaro con zabaione.

I vini in tavola: Il Mosnel (IlMosnel); Lugana superiore(Riva di Franciacorta); Ribollagialla Vinnae (Jermann); Pas-sito (Il Negrese).

Commenti: La riunione con-viviale ha visto il felice ritor-no della Delegazione al risto-rante “Le Giare”, dopo quasicinque anni. Il locale ha man-tenuto le sue caratteristichetradizionali e, pur proponen-do un menu del territorio edei suoi prodotti, continua aoffrire anche un’ottima cuci-na di mare, che ha caratteriz-zato la serata. L’attenzionedegli Accademici si è concen-trata soprattutto su astice egamberi in salsa di peperoniche hanno riscosso particola-re consenso, per la qualitàdella materia prima e per l’o-riginalità della ricetta. Eccel-lente anche il branzino al for-no con patate e olive. Indovi-nato l’abbinamento dei vini,di grande qualità, e scelti, perlo più, al di fuori del territo-rio, al fine di ottimizzare l’ac-costamento con il pesce.

REGGIO EMILIA23 marzo 2011

Ristorante “Nuova Ca’ Ros-sa” di Renzo Ferrari, fonda-to nel 1998. ●Via Repubbli-ca 16, Bagnolo in Piano(Reggio Emilia); =0522957055, anche fax; coperti200 (340 in estate). ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione non ne-cessaria; giorno di chiusuramartedì. ●Valutazione 7,50;prezzo € 37,00; tradiziona-le, familiare, accogliente.

Le vivande servite: tortelli(ricetta Artusi 55); tortelli ver-di; tagliata di manzo su lettodi verdure e scaglie di grana;dolce Torino (ricetta Artusi649).

I vini in tavola: LambruscoConcerto Doc (Medici); San-giovese Doc 2008 (UmbertoCesari); Spumante dolce diVilla Sandi.

Commenti: Nella riunioneconviviale del mese della

cultura, quest’anno dedicatoa Pellegrino Artusi nel cente-nario della scomparsa, è stataricordata la figura dell’autoree di un’opera gastronomicache ha contribuito a definiree diffondere la cucina italianadopo l’unità d’Italia. I Simpo-siarchi (Giovanni Lombardinie Fabrizio Sevardi), grazie al-la disponibilità del gestore,hanno inserito nel menu duepiatti preparati secondo le ri-cette dell’Artusi. L’abilità del-lo chef ha fatto sì che questeportate, soprattutto i tortelli,abbiano ricevuto unanimegradimento.

RICCIONE-CATTOLICA23 marzo 2011

Ristorante “Il Vento Mari-no” di Marino Sammarini,fondato nel 2006. ●ViaPoggio 82, Montecolombo(Rimini); =0541 983081,fax 0541 86322; coperti120+30 all’aperto. ●Par-cheggio incustodito, scomo-do; prenotazione consiglia-bile; ferie dal 3 al 30 no-vembre; giorno di chiusuralunedì a mezzogiorno. ●Va-lutazione 6,40; prezzo €

38,00; accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; antipastidella casa freddi e guazzettocaldo al “Vento Marino”; ra-violo al ripieno di crostaceicon pomodoro fresco e oliodel territorio; grigliata di pe-scato del giorno; verdure gra-tinate; frutta, gelato.

I vini in tavola: Ortrugofrizzante Doc Colli Piacentini2010 (azienda agricola Ferra-ri e Perini - Piacenza); “Vignala Ginestra” Rebola Doc Collidi Rimini (Podere Vecciano -Coriano RN).

Commenti: Il ristorante, chesostituisce un precedenteagriturismo, si trova nell’en-troterra romagnolo in zonapanoramica, fuori dall’abitatodi Montecolombo. Offre unacucina a base di pesce, sceltache il titolare Marino Samma-rini ha mutuato dal padre,commerciante di pesce. Ipiatti serviti sono caratteriz-zati da generose quantità,mentre sotto l’aspetto quali-tativo e gustativo non si di-scostano particolarmente gliuni dagli altri. Il maggioregradimento è andato al guaz-zetto. Sono stati apprezzati i

vini: l’Ortrugo frizzante, scar-samente proposto nel nostroterritorio e, particolarmente, ilRebola del Podere Vecciano.

RIMINI8 marzo 2011

Ristorante “Farini 13” di Lu-ca Mei e Maria Grazia Bal-ducci, fondato nel 2007.●Via Farini 13/15, Rimini;=0541 709548; coperti 40.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferievariabili nei periodi di fermopesca nel mare Adriatico;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 6,80; prezzo €45,00; elegante.

Le vivande servite: sgom-bro al vapore con puntarelleall’olio extravergine Dop “Pa-ganelli” e limone; capesantegratinate, misticanza in emul-sione al balsamico; passatellicaserecci in brodo di pescecon canocchie e mazzancol-le; mazzola spinata in guaz-zetto e crostino di pane all’a-glio; sorbetto alla pera fresca;castagnole e fiocchetti carne-valeschi; caffè.

I vini in tavola: Trebbianobiologico Igt Rubicone(azienda agricola Fiammet-ta); Moscato d’Asti Docg LaCaudrina (azienda agricolaRomano Dogliotti).

Commenti: Gradevole loca-le, situato nel centro storicodi Rimini, con giardino esti-vo. La riunione conviviale siè svolta il martedì grasso diCarnevale, che era contem-poraneamente anche la festadella donna. La doppia festa

è stata ottimamente interpre-tata dallo chef Luca Mei, cheha proposto un menu a basedi pesce con varie portate -molto gradito dagli Accade-mici - concludendo con i tra-dizionali dolci di Carnevale.Vini ben abbinati alle portate.La serata è trascorsa in alle-gria, e tutte le signore hannoavuto in omaggio una piantadi rose già fiorite.

COSTADEGLI ETRUSCHI

5 febbraio 2011

Ristorante “Osteria De Mes-seri” di Katia Minuti Inno-centi e Andrea Giusti, fon-dato nel 2003. ●PiazzaMazzini 3/4, Bibbona (Li-vorno); =0586 670327; co-perti 30 invernali, 60 inestate. ●Parcheggio incusto-dito; prenotazione consi-gliabile; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 6,90;prezzo € 35,00; accogliente,familiare.

Le vivande servite: bordati-no con olio “novo”; risotto al-la zucca con pancetta croc-cante; pappardelle al ragù dicinghiale; fritto misto (pollo,coniglio, costolette di agnel-lo) con verdure fritte; crum-ble di mele caldo con gelatoal fior di latte.

I vini in tavola: “La Cappel-la” (Sangiovese, Ciliegiolo,Cabernet Sauvignon) aziendaagricola Ciarcia, Bibbona;Monterossa Franciacorta brutrosé (40% Pinot nero, 60%Chardonnay) azienda agrico-la Monterossa, Bornato, Bre-scia; Moscato d’Asti “Braida”di Giacomo Bologna.

Commenti: La cena si èaperta con una degustazionedi bordatino accompagnatoda olio nuovo biologico gen-tilmente offerto dalla produt-trice signora Wilma Romani,consorte dell’Accademico Lu-ciano Lorenzini, Simposiarcadella serata. La quasi totalitàdei commensali ha commen-tato favorevolmente le portatee i vini, in special modo ilbordatino, il fritto misto e ildessert. Ha chiuso la serata ilCoordinatore territoriale Fran-co Cocco che ha brillante-mente dissertato sulla relazio-ne che intercorre tra cucina eterritorio e come sia semprenecessario e proficuo valoriz-zare le cucine e le materie pri-me locali per non perdere leidentità culturali che le rap-presentano. Da segnalare lagentilezza, la puntualità e ilservizio attento da parte deiproprietari e dei camerieri iquali si sono veramente pro-digati affinché la riunioneconviviale si svolgesse nel mi-gliore dei modi. Giusto il rap-porto qualità/prezzo.

LIVORNO7 febbraio 2011

Ristorante “Montallegro Or-landi” di Arianna e France-sca Orlandi, fondato nel

TOSCANA

EMILIA ROMAGNA segue

Vino anti-terrorismoChe il vino facesse bene alla salute (purché assunto con moderazione)lo sapevamo. Oggi scopriamo che fa bene anche contro... il terrorismo.Come? Grazie al progetto sviluppato dalla University of California permodificare il “wine scanner” - nato per controllare il contenuto dellebottiglie, analizzare il vino e verificare che non sia difettoso - così darivelare eventuali liquidi infiammabili o esplosivi contenuti in bottiglie,brick & affini. Idea interessante, anche perché consentirà di portare inaereo bevande e altri prodotti, oggi vietati. Insomma, il vino, attorno alquale si addensano a volte sospetti e diffidenze, segna un altro punto,anche se indiretto, a suo favore: sulla vite fa bene all’ambiente, nel bic-chiere fa bene alla salute e in bottiglia fa bene... alla sicurezza!

CURIOSITÀ

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 47

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

1980. ●Piazza di Montenero3, Livorno; =0586 579030,fax 0586 576028; coperti150. ●Parcheggio difficolto-so, ma c’è un parcheggiopubblico nelle vicinanze;prenotazione consigliata; fe-rie due settimane a novem-bre e dieci giorni a giugno;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 7,01.

Le vivande servite: antipa-sto (crostini, melanzane incarrozza, pissaladiere emousse); involtini di ricotta everdure; polletto allo spago,con patate arrosto; bignè allacrema e al cioccolato, ac-compagnati da porzioni ditorta turca.

I vini in tavola: BiancoBianco 2009, azienda Roccadelle Macie di Castellina inChianti; rosso Morellino diScansano “Campo Maccione”2008, azienda Rocca delleMacie; Moscato “AnarchiaCostituzionale” 2010, aziendaVigneti Massa Monleale.

Commenti: Il Delegato Ser-gio Gristina ha incaricato il ri-storante dell’antico albergo“Montallegro Orlandi” (oltre200 anni di attività) di prepa-rare una cena sulla base delricettario garibaldino “Ricettecucina - Garibaldi a tavola” acura di Clelia Gonella, che fudama di compagnia di CleliaGaribaldi, pubblicato nel2002 con il patrocinio dellaDelegazione di Livorno. Mol-to ben interpretate le ricettegaribaldine dalla contitolaresignora Arianna Orlandi, cheha ricevuto l’apprezzamentodegli Accademici. Ospiti dellaserata il vescovo di Livorno,mons. Simone Giusti, il presi-dente del comitato organizza-tore del Tan-Trofeo velico in-ternazionale Accademia na-vale-Comune di Livorno, cap.V. MM. Massimo Vianello, ilrappresentante della Fisar, si-gnor Fabio Barontini, e ilConsultore Giuseppe Carlottidella Delegazione di Volterra.

LIVORNO28 febbraio 2011

Ristorante “Il Gufo e la Ci-vetta” di Manola e Antonio(di Pmc Service), fondatonel 2010. ●Via ProvincialePisana Livornese Sud 150,Collesalvetti (Pisa); =3473333603; coperti 200+50 al-l’aperto. ●Parcheggio suffi-

ciente, non custodito; preno-tazione consigliabile; ferienon ancora programmate;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7,20; prezzo €30,00; ampio, accogliente.

Le vivande servite: antipa-sti con Prosecco, crostone dipolenta formentone e funghitrifolati, involtini di melanza-ne grigliate e prosciutto cot-to; risottino alla zafferanocon straccetti di vitella allamilanese; prosciutto di cintasenese al forno, con contornidi patate arrosto e di fagiolicotti al fiasco; frittelle di risoe frittelline alla crema chantil-ly e al cioccolato.

I vini in tavola: Prosecco eSpumante; bianco e rosso2009 di Montecarlo (Lucca),dal podere gestito dai titolari.

Commenti: Il Delegato, susegnalazione del SimposiarcaGianfranco Porrà, ha sceltoquesto ristorante posto alconfine del territorio di Colle-salvetti. Molto apprezzati lacucina, cui è preposto lo chefMassimo, e il dessert, prepa-rato dalla signora Manola. Laconversazione accademica dirito è stata svolta dal Delega-to sul tema scelto per marzo,il mese della cultura, nel qua-le sarà sperimentato un con-fronto tra la cucina tradizio-nale “codificata” da Pellegri-no Artusi e quella “codificata”in Francia nel coevo periododella Belle époque da Augu-ste Escoffier. Era presente allariunione il Coordinatore terri-toriale Franco Cocco.

LUCCA22 febbraio 2011

Ristorante “Il Ciancino” diAndrea Cortopassi. ●ViaSarzanese 2766, San Maca-rio in Piano (Lucca);=0583 59353; coperti 60.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;chiusura domenica, a mez-zogiorno da giovedì a saba-to. ●Valutazione 7,30; prez-zo € 30,00; accogliente.

Le vivande servite: antipa-sto di salumi; taglierini nelbrodo di fagioli; carne allabrace con contorno di patatearrosto e rapini saltati in pa-della; torte casalinghe.

I vini in tavola: vino rossodella casa che proviene dalla

rinomata zona di CerretoGuidi (Firenze).

Commenti: Il menu preve-deva un antipasto di salumidi propria produzione seguitida taglierini nel brodo di fa-gioli, veramente degni dimenzione speciale così comeil prosciutto e il lardo, parti-colarmente apprezzati. Lacarne alla brace, essenzial-mente tagli di bistecca con esenza l’osso, ha rappresenta-to il piatto principale dellaserata, servito con contornodi patate arrosto e rapini. Perfinire assaggi di torte casalin-ghe al cioccolato e alle erbe,come nella tradizione dellalocale campagna. Il tutto ac-compagnato da un vino ros-so della casa, piacevole algusto e ben abbinato allepietanze.

PISA15 febbraio 2011

Ristorante “La Buca” di Car-mine Jovine, fondato nel2009. ●Via M. D’Azeglio 6,Pisa; =050 24130, fax 05020041; coperti 80. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabili; ferie due settimanecentrali di agosto; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione 7,90; prezzo €

35,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: calice dibenvenuto, con stuzzichini dipalline di pesce, acciughe ecrognoli fritti; ostrica, cozzeripiene di pesce, crostinocacciuccato, carpaccio di sal-mone fresco al balsamico; la-sagnette di mare, riso al nerodi pesce; pesce in crosta disale alle erbette aromatichecon fagioli toscanelli ed er-bette di campo saltate; gelatodi cantuccini e Vin santo.

I vini in tavola: Cuveé delFondatore Prosecco di Val-dobbiadene Doc, Valdo Spu-manti, Valdobbiadene (Trevi-so); Chardonnay Doc ColliOrientali del Friuli, Canus,Corno di Rosazzo (Udine);Costa di Giulia VermentinoItg Toscana, Michele Satta,Castagneto Carducci (Livor-no); Moscato d’Asti Docg, Vi-gne Regali, Strevi (Alessan-dria).

Commenti: La Delegazionesi è riunita presso uno storico

ristorante di Pisa il cui pro-prietario annovera una lungae apprezzata esperienza eche, non da molto, si è trasfe-rito negli attuali locali. Vieneproposta una cucina incen-trata su ricette tradizionali,talvolta rivisitate con rigore,basata sui prodotti del territo-rio. Gli Accademici e gli ospi-ti, in modo quasi univoco,hanno apprezzato tutti i piat-ti; eccezionalmente graditi lelasagnette di mare, il pesce incrosta e il gelato di cantucci-ni. Cucina semplice e delica-ta che ha fatto risaltare l’otti-ma qualità delle materie pri-me. Graditi i vini e il loro ab-binamento. Molto apprezzatal’ottima qualità del servizio,sia in termini di rapidità chedi gentilezza. Ottimo il rap-porto qualità/prezzo.

PISA15 marzo 2011

Ristorante “Martini” di Dia-na snc di Raffaele e IgnazioDiana, fondato nel 2010.●Via dell’Edera 16, Tirrenia(Pisa); =050 37592, fax050 7214008; coperti 60+20.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie 1-20 no-vembre; giorno di chiusuralunedì a mezzogiorno, mar-tedì. ●Valutazione 8,12;prezzo € 40,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: calice dibenvenuto con alici, crognolie moscardini fritti; sgombri incarpione, calamaro ripieno,gamberi in salsa rosa; spa-ghetti al cartoccio; pescatodel giorno alla campidanese;“seadas”, millefoglie del 150°dell’Unità d’Italia.

I vini in tavola: Chiaro diCaleo - Pinot nero, Terre diChieti Igt Abruzzo, Terre diPoggio, Poggio Fiorito (CH);Terre Bianche, Torbato Al-ghero Doc, Sella & Mosca,Alghero; Monteoro - Vermen-tino di Gallura Docg 2009 su-periore, Sella&Mosca, Alghe-ro; Moscato di Cagliari Doc,Cantine Dolianova (CA).

Commenti: La Delegazione,per la riunione conviviale de-dicata alla cultura e al 150°anniversario dell’Unità d’Ita-lia, si è ritrovata presso lo sto-rico ristorante di Tirrenia lacui proprietà si è recentemen-te “ringiovanita” con l’entrata

di Raffaele, che affianca il pa-dre Ignazio. Gli Accademici egli ospiti hanno apprezzatotutti i piatti presentati. Moltograditi gli spaghetti al cartoc-cio, piatto eccellente da nonperdere; da ricordare anche lagustosa preparazione deldentice alla campidanese e imagnifici dolci. Molto apprez-zato l’abbinamento dei vini,ottimi in particolare il Chiarodi Caleo e il Monteoro 2009.La grande disponibilità e at-tenzione della proprietà, insala e in cucina, il locale mol-to accogliente e l’elevata qua-lità del servizio, in termini dirapidità e di gentilezza, hannoreso la riunione convivialeestremamente piacevole. Otti-mo il rapporto qualità/prezzo.

PISA-VALDERA9 marzo 2011

Ristorante “La Polveriera” diGloria Galli e Manuela Ros-si, fondato nel 1982. ●ViaFratelli Marconcini 54, Pon-tedera (Pisa); =0587 54765,anche fax; coperti 50. ●Par-cheggio incustodito; preno-tazione consigliabile; ferievariabili; giorno di chiusurasabato a pranzo e domeni-ca. ●Valutazione 7; prezzo€ 45,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: calice dibenvenuto con spumante;sformatino di porri e verde-sca, sfoglia ripiena di cremadi mascarpone e gamberi, ca-pasanta al gratin con zucchi-ne, crêpe con porcini e bac-calà, ostrica gratin con panna,spinaci e limone; vellutata diverdure con gambero stufato,spaghetti dei “Martelli” confrutti di mare sgusciati e po-modoro fresco; gamberoniincatenati, avvolti con spa-ghettini di riso e fritti; fritturamista di calamari, gamberetti,patate, carote e zucchine;crostatina con crema chantillye frutta fresca, semifreddo alcroccantino e pinoli.

I vini in tavola: SpumanteBlanc de Blanc extra dry,azienda Zonin; Vernaccia diSan Gimignano, Poggio Allo-ro 2009; Los Vascos, Char-donnay cileno, barrique, do-maine Barons de Rothschild,Lafite, 2008.

Commenti: In Pontedera, edunque non sulla costa, unristorante gestito da giovani,

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ma già di esperienza, conuna cucina in larga misura in-dirizzata al pesce. Visitato al-cuni anni fa, il ristorante ècresciuto sia nella qualità del-la cucina che nella propostadi vini e distillati (ottima sele-zione di rum), con una canti-na che ha offerto, su tutti, uneccellente Chardonnay cile-no. In tavola, alcuni piatti in-teressanti e ben costruiti, an-che per l’attenta selezionedelle materie prime (gli spa-ghetti dei “Martelli”, produt-tori locali, e il fritto misto, sa-pido e leggero), e altri menoriusciti, come l’ostrica gratin,disarmonica nella composi-zione con panna, spinaci e li-mone. Nel complesso, unapiacevole serata, dovuta al-l’impegno del Simposiarca,Enrico Braghieri, con la gra-dita presenza della neo Dele-gata della Versilia Storica, An-na Ricci. La consegna dellavetrofania accademica ha da-to l’occasione di stimolare lostaff del locale a proseguiresul percorso di crescita.

PISTOIA17 febbraio 2011

Ristorante dello sporting club“Le Forri” di Paolo Lotti, fon-dato nel 2005. ●Via dellaCrocina 3, Valdibrana (Pi-stoia); =0573 48456, anchefax; coperti 45. ●Parcheggioincustodito, sufficiente; pre-notazione consigliabile; ferieottobre e novembre; giornodi chiusura lunedì, martedìe mercoledì (in inverno), lu-nedì sera (in estate). ●Valu-tazione 6,75; prezzo €

30,00; tradizionale.

Le vivande servite: tartaredi manzo, carciofo ripieno,zuppetta bianca; risotto al Sy-rah; maccheroni al ragù dicapriolo; peposo dell’Impru-neta; costolato di maiale alforno; mattonella della casa.

I vini in tavola: Barco realedi Carmignano 2007 Villa Ar-timino; Chianti classico Docg2007 Lamole di Lamole; Mo-scato fermo di Pantelleriaazienda Pellegrino.

Commenti: Piacevole risto-rante nella campagna pistoie-se dove si sta affermando ilgiovane chef Giovanni Meni-chini, che ha dato prova del-le sue capacità anche in oc-casione di questa riunioneconviviale. Ottimi la tartare di

manzo e il carciofo ripieno,meno gradita la zuppettabianca per l’eccessivo sento-re di strutto. Buoni entrambi iprimi e anche i secondi, ec-cezionali i tordi sott’olio of-ferti fuori menu dallo chef.Buono il dessert. Ottimi lapresentazione delle varieportate e l’abbinamento deivini. In conclusione la Dele-gazione confida nelle capa-cità che in futuro lo chef sa-prà esprimere.

SIENA17 marzo 2011

Ristorante “San Desiderio”di Andrea Stopponi e SimoneBartoli, fondato nel 1950.●Piazzetta Luigi Bonelli 2,Siena; =0577 286091, an-che fax; coperti 85. ●Par-cheggio scomodo; prenota-zione consigliabile; ferie nonprogrammate; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 6,80; prezzo € 30,00;tradizionale, caratteristico.

Le vivande servite: antipa-sto con carciofi ripieni dibranzino gratinati al fornocon bottarga di muggine; lin-guine alle vongole veraci ebottarga; orata fresca al fornocon farcitura di verdure; lattecaramellato, dolce alla panna.

I vini in tavola: Rosso dellaRocca, Igt 2008, Rocca di Ca-stagnoli.

Commenti: In occasione del-la riunione conviviale dellacultura, l’Accademico Gabrie-le Borghini ha svolto una rela-zione sulla vocazione lettera-ria e sull’orgoglio femminile,nella vita e nell’opera, dellasuora Juana Inés de la Cruz,nel Regno della Nuova Spa-gna del XVII secolo, soffer-mandosi in particolare su unmanoscritto contenente unaserie di ricette che la stessaraccolse in un libro di cucinanel convento di San Gerola-mo di Città del Messico. Il ri-storante si intonava perfetta-mente al tema, in quanto oc-cupa un’ex chiesa, fra i po-chissimi esemplari di arte ro-manica a Siena, la cui primatestimonianza risale al 1012.Dopo un menu a base di pe-sce, nel quale protagonista as-soluta è stata la bottarga, arri-vata appositamente dalla Sar-degna, i due dolci sono statirealizzati proprio secondo lericette contenute nel “Libro decocina” di suor Juana. Partico-

larmente apprezzato il lattecaramellato, a base di riso incrosta di zucchero.

SIENA-VALDELSA18 marzo 2011

Ristorante “Alcide” della fa-miglia Ancillotti, fondato nel1849. ●Viale Marconi 67,Poggibonsi (Siena); =0577937501, fax 0577 981729;coperti 500. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; ferie 8-25 luglio e 7-25 gennaio;giorno di chiusura domeni-ca sera e lunedì. ●Valutazio-ne 8; prezzo € 38,00; acco-gliente.

Le vivande servite: cozzealla marinara; riso Venere alpolpo piccante; cacciucco;frittura mista di mare concrocchette di baccalà; patatesfoglia fritte; insalata mista;coppa gelato Malaga, crema,nocciola con amarene; “pon-ce” alla livornese Vittori.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene; Vernaccia diSan Gimignano; Chianti ColliSenesi.

Commenti: Bella e parteci-pata riunione conviviale in-trodotta da una interessanterelazione dell’AccademicoTommaso Bucci sulle originie la storia del Brunello diMontalcino. Successivamenteè stato degustato, con gene-rale apprezzamento, il menuproposto dal giovane chefGiacomo Capperucci, figliodella signora Roberta, cheprosegue la tradizione dellafamiglia Ancillotti. Ottimo ilrisotto al polpo piccante cheevocava atmosfere orientali emagistralmente preparato ilcacciucco. In chiusura, oltreal classico “ponce” alla livor-nese, un brindisi e un ap-plauso al 150° anniversariodell’Unità d’Italia.

VALDINIEVOLE18 marzo 2011

Ristorante “Il Maialetto” diGiacomo Ferretti, fondatonel 2004. ●Via della Repub-blica 372, MonsummanoTerme (Pistoia); =0572953849, anche fax; coperti50. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai;chiusura lunedì e a mezzo-

giorno (tranne la domeni-ca). ●Valutazione 7,70;prezzo € 40,00; rustico.

Le vivande servite: arista dimaiale marinata; risotto allampredotto; maialino arro-sto con patate; crostata di fi-chi e torta al cioccolato.

I vini in tavola: Chianti Doc2009 (Dianella).

Commenti: La cena e ilbuon afflusso di Accademicihanno propiziato la riuscitadella riunione conviviale, or-ganizzata dal giovane Simpo-siarca Andrea Giovannini. Illocale, relativamente recente,è nato come annesso al piùvecchio negozio di macelle-ria e alimentari per iniziativadel titolare, che lo gestiscecon passione insieme ai fa-miliari. L’ambiente rispecchial’origine popolare (e, pur-troppo, anche una certa ru-morosità); il servizio è atten-to e sollecito. Cibi della piùgenuina tradizione del terri-torio, sia per la materia primache per la preparazione. Ilmenu scelto, illustrato dal ti-tolare, ha ben corrisposto al-le attese: l’arista e il risottohanno piacevolmente sorpre-so per l’accostamento inu-suale di sapori consueti,mentre il maialino s’è confer-mato un vero punto di forza.Al termine il Delegato ha ri-cordato, nel centenario dellamorte, Pellegrino Artusi, to-scano d’adozione ed efficacepropugnatore dell’unità ga-stronomica, ma anche lingui-stica, della nuova Italia.

VERSILIA STORICA19 febbraio 2011

Ristorante “Pozzo di Bugia”di Gaio Giannelli e France-sca Vietina, fondato nel2004. ●Via Federigi 544,Querceta (Lucca); =0584743696; coperti 60-70.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie variabili; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 40-50; fa-miliare, raffinato.

Le vivande servite: flan diporri con fonduta al pecori-no; salumi del Cardoso concrostino ai fegatini; zuppa diverdura in crosta; tordelli no-strani al ragù; spiedino diagnello al forno; spiedino dipetto d’anatra con patate al

forno; torta di mela calda congelato alla crema.

I vini in tavola: Vermentinobianco di Candia, Vermenti-no rosso di Candia (aziendaagricola Il Tino).

Commenti: Prima riunioneconviviale dell’anno. Il giova-ne ristoratore predilige l’usodi materie prime stagionali ela sua eccellenza la raggiun-ge nella lavorazione dellacarne, il tutto cucinato nelforno a legna. Tutte le prepa-razioni hanno fatto riassapo-rare la cucina tradizionaleversiliese. Il servizio si è di-mostrato adeguato ed effi-ciente. Il rapporto qualità/prezzo è stato molto gradito.I vini locali ben si abbinava-no con le pietanze. La Dele-gata, Anna Ricci, Simposiarcaper l’occasione, ha conse-gnato allo chef, accolto da unmeritatissimo applauso, lavetrofania dell’Accademia.Successivamente, il Coordi-natore territoriale, FrancoCocco, ha preso la parola perillustrare il termine “convivia-le” nello spirito accademico.

VIAREGGIO-VERSILIA4 marzo 2011

Ristorante “Da Cecco” diFrancesco Manfredi, fondatonel 1954. ●Belvedere Pucci-ni 10, Torre del Lago (Luc-ca); =0584 341022; coperti60. ●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie ottobre;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7,50; prezzo €35,00; tradizionale.

Le vivande servite: salumimisti; crostino di caccia; cro-stino di Cecco; tortelli tosca-ni; assaggio di pappardellealla lepre; cinghiale in umidocon olive; trio di sorbetti.

I vini in tavola: Colline Luc-chesi fattoria Montrasio.

Commenti: Un locale stori-co, sulla rotonda di Torre delLago, notissimo per la cucinadella cacciagione basata suantiche tradizioni tramandateda padre in figlio (siamo allaterza generazione). In unambiente accogliente, Fran-cesco ha fatto gustare alcunedella sue specialità: buoni icrostini di Cecco, ottimi i tor-delli, qualche perplessità perle pappardelle alla lepre ed

TOSCANA segue

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eccezionale il cinghiale inumido. Gli Accademici e i lo-ro ospiti hanno particolar-mente apprezzato anche l’ot-timo servizio ai tavoli. Giu-stissima la scelta del dessertcon un trio di sorbetti allafrutta. Alla presenza del Coor-dinatore territoriale FrancoCocco è stata data lettura del-la storia del Carnevale di Via-reggio e delle sue ricette tra-dizionali.

ANCONA25 marzo 2011

Ristorante “La Grotta delFrate” (presso “Villa La Ci-miniera”) di Antonio Broca-ni. ●Contrada Santa Cateri-na 18, Staffolo (Ancona);=0731 779762. ●Parcheg-gio sufficiente. ●Valutazione8; prezzo € 35,00; elegante.

Le vivande servite: stuzzi-chini fritti; maltagliati di fari-na di fave con ragù bianco efinocchietto; gnocchi al sugod’anatra; filetto in pasta fina;torta gelato in tricolore.

I vini in tavola: Brut rosé(azienda Garofoli); Verdic-chio dei Castelli di Jesi DocVigna di Leo (Palpacelli diStaffolo); Rosso Barbanera(Brocani di Staffolo).

Commenti: La riunione con-viviale della cultura si è svol-ta nella bella atmosfera di“Villa La Ciminiera”, gentil-mente offerta dal proprieta-rio signor Tomassetti. La ce-na è stata curata e servita dalristorante “La Grotta del Fra-te” di Staffolo, di cui è chef-proprietario il bravissimo An-tonio Brocani. Il ricordo e ilvalore della cucina dell’Artusisono stati evidenziati dallabellissima relazione del prof.Tommaso Luchetti, storicodella cultura enogastronomi-ca di fama nazionale. Dopogli squisiti stuzzichini fritti ela pizza casereccia, gli Acca-demici hanno apprezzato imaltagliati con sugo biancodi coniglio e finocchietto e itradizionali gnocchi al sugo

d’anatra. Eccellenti anche ilfiletto in pasta fina e i contor-ni, che creavano una bellanota tricolore. La torta, an-ch’essa con i tre colori nazio-nali, ha concluso l’ottima ce-na con il sentito ringrazia-mento al padrone di casa eallo staff del ristorante. Un’ot-tima occasione, ha conclusoil Delegato Magagnini, perfare cultura accademica e gu-stare la cucina marchigianadi tradizione ma rivisitata confantasia e professionalità.

FERMO18 febbraio 2011

Ristorante “Le Loggette” diFabio Del Bello & C., fondatonel 1965. ●Via Bellini 36,Falerone (Fermo); =0734710143; coperti 150. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie 12giorni dalla seconda setti-mana di settembre e gen-naio; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8; prez-zo € 35,00; tradizionale.

Le vivande servite: tortinodi baccalà con finocchi; tran-cio di polentina e merluzzodissalato; involtino di baccalàcon verza; polenta con ragùdi baccalà; baccalà alla griglia;baccalà broccoli e finocchi inpastella; baccalà in umidocon patate; serpe tradizionaledi Falerone (dessert).

I vini in tavola: Offida Pas-serina Spumante Doc e Offi-da Pecorino Doc “Cardinal

Partino” entrambi della canti-na Polini Luigi di Carassai;Vino cotto di Falerone.

Commenti: La proposta delsolerte Vice-Delegato WalterMassucci è stata accolta siaper la scelta di un’antica vi-vanda, il baccalà, che si staritagliando uno spazio setti-manale (in genere il venerdì)in un numero crescente di ri-storanti, sia per la scelta dellocale che è un pezzo di sto-ria del territorio. Dopo unbreve prologo di cenni stori-co-gastronomici è iniziata ladegustazione, lunga ma nonstucchevole, gradevole per ilpalato e non pesante per ladigestione. Stuzzicanti le en-tratine che ci hanno mostratoun aspetto cucinario del bac-calà certamente nuovo.Quindi, dopo un passaggiomolto gradito di polenta alragù di baccalà, gli Accade-mici si sono immersi nellapiù genuina tradizione delterritorio con il baccalà allagriglia, in pastella fritto e inumido con le patate. Proprioin questo ultimo tris di pre-parazioni la cucina ha rag-giunto i migliori risultati persapidità e contemporaneoequilibrio degli ingredienti.Un grazie alla cantina PoliniLuigi di Carassai che ha fattoomaggio dei suoi vini.

MACERATA18 febbraio 2011

Trattoria “Nicolina” di Sa-muele Bracaloni e Katiuscia

Riccobelli, fondata nel 1970.●Corso Cairoli 226/228, Ma-cerata; =0733 239026; co-perti 60. ●Parcheggio incu-stodito; prenotazione nonnecessaria; ferie settimanadi Ferragosto; giorno dichiusura sabato. ●Valuta-zione 7,50; prezzo € 30,00;familiare.

Le vivande servite: rusticodi verdure; insalatina di bac-calà lesso con filetti di bac-calà fritto; polentina conragù al baccalà ed erbe aro-matiche; baccalà arrosto conpatate; erbe ripassate in pa-della; fette di arancia conditecon olio e sale; biscottini al-l’anice.

I vini in tavola: Maceratine;Sangiovese, Vino cotto (canti-na Buongarzoni di Macerata).

Commenti: Cucina tipica-mente tradizionale, rivisitatacon intelligenza e misura. Lepietanze hanno dimostratol’impegno dello chef nella ri-cerca e nell’utilizzo di mate-rie prime selezionate. Parti-colarmente apprezzata è sta-ta la polentina con ragù dibaccalà seguita dall’arrostocon patate. Buono il rappor-to qualità/prezzo. Simposiar-ca della serata è stato il Con-sultore Piergiorgio Lorenzetti.Gli Accademici si sono com-plimentati con i gestori per lacortesia e la cordialità e unplauso è andato al personaledi sala per la tempestività nelservizio e per la professiona-lità. La serata accademica -

come ha sottolineato il Dele-gato nella relazione di aper-tura - è servita per aprire unaserie di appuntamenti dedi-cati al 150° anniversario del-l’Unità d’Italia ed è stata in-centrata sul baccalà perchéfu il piatto preferito da Gari-baldi durante la sua perma-nenza a Macerata per recluta-re volontari.

PESARO-URBINO25 febbraio 2011

Ristorante “Le Fontane” diValerio Ferri, fondato nel1994. ●Statale Cagli-Pergola126/A, Cagli (Pesaro);=0721 790148, fax 0721780483; coperti 200+250 al-l’aperto. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente, comodo;prenotazione consigliabile;ferie mai; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 9;prezzo € 35,00; tradiziona-le, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con salumi,bruschetta e pane con i cic-cioli; guanciale in padellacon aceto e salvia; “padellac-cia”; maltagliati con fagioli,cotiche, cotechino e zampet-ti; gran grigliata (tagli vari dicarne, costarelle, salsicce, fe-gatelli, cotechini); pinzimo-nio; dolci di Carnevale.

I vini in tavola: Verticale diLambrusco di Sorbara e Ca-stelvetro delle cantine Vez-zelli e Monticelli.

Commenti: Classica riunio-ne conviviale dedicata allecarni di maiale. Di locali ilcui chef-patron fa anche diprofessione il norcino ce n’èuno solo. E lì siamo andati.Valerio non è solo un ottimocuoco e norcino ma è ancheuna persona gradevole, di-sponibile e gioviale. La mo-glie Flavia, che cura la sala,non è da meno in fatto di di-sponibilità e professionalità.Con tutte queste premesse vada sé che il giudizio conclusi-vo della serata non possa es-sere che eccellente. Infatticosì è stato, con carni profu-mate e ben cotte, con chic-che di particolare effetto co-me i fegatelli, le salsicce conl’aglio, i cotechini insaccatinei budelli delle salsicce ecotti alla griglia, i vini che sisposavano magnificamente adetta di (quasi) tutti e il servi-zio ineccepibile.

MARCHE

COME CONSERVARE LE CILIEGIEConfettura di ciliegie - Privare del gambo e snocciolare 2 kgdi ciliegie, raccoglierle in una pentola capiente con il succo didue limoni e con metà dei noccioli legati in un sacchetto digarza. Far bollire la frutta per circa mezz’ora, aggiungere 1,2kg di zucchero, mescolare e continuare a cuocere la confetturagirando spesso finché avrà raggiunto la giusta densità.

Ciliegie sotto spirito - Tagliare il gambo a 2 kg di ciliegie la-sciandone un centimetro attaccato al frutto, lavarle, asciugarledelicatamente e sistemarle in vasi di vetro cercando di non la-sciare troppi spazi vuoti. Sciogliere 800 gr di zucchero in pocaacqua, versare lo sciroppo sulle ciliegie, aggiungere una steccadi cannella, qualche chiodo di garofano e riempire i vasi conalcol puro. Chiudere ermeticamente e lasciar riposare in luogofresco e buio per circa due mesi prima di consumare. (Ricette diLejla Mancusi Sorrentino)

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

TERNI16 marzo 2011

Ristorante “Osteria del Fon-daco” di Roberto Montagno-li, fondato nel 2010. ●Viadel Campanile 2, Narni(Terni); =0744 717134, fax0744 760563; coperti 45.●Prenotazione non necessa-ria; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7; prezzo € 40,00.

Le vivande servite: car-ciofo stufato alla menta converdure di stagione e aspara-gi selvatici al guanciale(7,50); tagliatelle di rape ros-se al ragù di anatra (6-); fa-raona con ripieno saporito dimele e patate con verza ri-passata (6,50); ricotta mante-cata al Marsala con tortino diPasqua (7).

I vini in tavola: VermentinoUmbria “Raggio” 2010, canti-na Girodivento; “Divina Vil-la” Trasimeno Gamay Doc2008, Duca della Corgna;Marsala superiore riserva,cantine Pellegrino 1880.

Commenti: Riunione convi-viale dedicata al 150° anni-versario dell’Unità d’Italia nel-l’ambito del mese della cultu-ra. I Simposiarchi VincenzoMontalbano e Pietro Pegora-ro hanno elaborato la relazio-ne, corredata anche di icono-grafia e ricette, sul tema “Piz-za-parmigiano-panettone, treP che valgono il nostro orgo-glio nazionale. Storie, aned-doti e folklore legati allagrande tradizione dei saporiitaliani”. Sicuramente a mino-re altezza quanto proposto intavola dallo chef Massimilia-no Gatti, scusante il fatto cheil locale è stato inaugurato direcente e quindi è in fase dirodaggio. Si inizia con un car-ciofo stufato alla menta (allaromana), forse il piatto mi-gliore della serata, con verdu-rine e asparagi selvatici legaticon il guanciale. Tralasciamole tagliatelle sulle quali eranoappoggiate fettine di petto dianatra. Si risale con la faraonaripiena, accompagnata dalla

verza, per concludere con laricotta mantecata con unosplendido Marsala, uno deivini, ha fatto notare VincenzoMontalbano, siciliano di Ma-zara, che ha le radici nella ter-ra da cui ebbe inizio l’avven-tura dei Mille. Tutti i piattierano contrassegnati dal tri-colore.

CIVITAVECCHIA27 febbraio 2011

Ristorante “Hostaria La Bab-biona” di Antonio Nunzi,fondato nel 2005. ●Via Pa-dri Domenicani, Civitavec-chia (Roma); =0766560649; coperti 60. ●Par-cheggio incustodito, scomo-do; prenotazione consiglia-bile; ferie mai; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 7; prezzo € 30,00; fa-miliare.

Le vivande servite: bru-schette miste, prosciutto, sa-lame, olive, assaggio di fagio-li con le cotiche, assaggio ditrippa; polenta con salsa“Babbiona”; polenta con co-starelle e salsiccia; pennettecon guanciale, asparagi e ci-liegino con pecorino roma-no; bocconcini di manzo allacampagnola; patate in cami-cia; cantuccini fatti in casa ac-compagnati da Vin santo.

I vini in tavola: Rosso Mon-tepulciano sfuso produzioneprivata.

Commenti: Locale già visita-to nel 2005 in un’altra zona,che da pochissimo tempo siè trasferito all’attuale indiriz-zo, senza pretese, dall’appa-renza fredda e poco acco-gliente forse perché ancorain via di organizzazione; so-prattutto la preparazione del-la tavola dovrebbe essere piùaccurata. Il menu ha trovatounanime consenso nella pre-parazione dei primi piatti cheinsieme agli antipasti hannoportato la media della valuta-zione a 7,00, mentre per il se-condo e il contorno la valuta-zione è stata appena suffi-

ciente. Complessivamente èuna cucina genuina. Un di-scorso a parte merita il vinoche di solito viene presentatoin bottiglie etichettate mentrequando è servito, come que-sta volta, sfuso perché fornitodirettamente da un contadi-no, pur essendo un Monte-pulciano, automaticamenteviene deprezzato.

FORMIA-GAETA25 febbraio 2011

Ristorante “Vicolo Miracoli”di Claudio Petrolo, fondatonel 2004. ●Piazza Zamba-relli 1, Minturno (Latina); =0771 65129, anche fax; co-perti 55. ●Parcheggio pub-blico non custodito, scomo-do; prenotazione consiglia-bile; ferie non definite; chiu-sura lunedì e martedì, amezzogiorno da mercoledì avenerdì. ●Valutazione 9;prezzo € 40,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: entréedi baccalà mantecato al pi-stacchio di Bronte con spu-ma di patate viola; polpo cot-to a bassa temperatura conpassatina di ceci e rosmarino;paccheri farciti di gamberirossi e melanzane affumicatecon guazzetto di calamari; fi-letto di leccia affumicato afreddo con ratatouille; mil-lefoglie con chantilly alla ri-cotta e zuppetta di pera.

I vini in tavola: Verv extradry Andreola - Capolemola,Cervinara e Ludum cantinabio di Marco Carpineti.

Commenti: Serata moltopiacevole presso un ristoran-te, già visitato dagli Accade-mici nel passato, che ha cam-biato completamente genere.In cucina il giovane chefClaudio Petrolo esperto dellebasse temperature, reduce daimportanti esperienze in risto-ranti stellati di Barcellona edella Costa Azzurra. Unanimeapprezzamento per tutte le vi-vande, culminato nel massi-mo della valutazione. Lo cheftrasmette nei piatti la cono-scenza del territorio e dellesue materie prime e la capa-cità di distinguere il vero dalfalso, avendo costruito le suecapacità professionali attra-verso un percorso formativofatto di conoscenza del passa-to, ma radicato nel presente econsapevole del futuro.

LATINA18 marzo 2011

Ristorante “Giggetto” di Mi-caela Carbone, Paolo Arena,Cristian Tulin, fondato nel1933. ●Via Centro BorgoGreppa 275, Latina; =3474668802, fax 347 1520661;coperti 60. ●Parcheggio incu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie 11-31 gennaio;giorno di chiusura lunedì emartedì. ●Valutazione 7,60;prezzo € 35,00; tradizionale,accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: parmi-giana di alici; insalata di cala-mari alla griglia con rucola,finocchi, carciofi e noci; por-toghese di gamberoni e bor-lotti; cozze alla griglia; pac-chero con gallinella, taggia-sche e pachino; orata sfiletta-ta al forno, ripiena di verdurejulienne; millefoglie con cre-ma chantilly alla nocciolagentile di Piemonte.

I vini in tavola: Cincinnatobrut; Piana dei Castelli bian-co “Malvasia puntinata”.

Commenti: Alla presenza dinumerosi ospiti si è svolto uninteressante convivio accade-mico dedicato alla ricorrenzadei 150 anni dell’Unità d’Italia.Dopo il saluto del DelegatoBenedetto Prandi si sono sus-seguiti, sottolineati da applau-si, gli interventi del Simposiar-ca Annibale Veronica, delCoordinatore per il Lazio Pu-blio Viola e dell’AccademicoFranco Mansutti designato perla cerimonia del brindisi. Il ri-storante ha ben meritato ed èstato premiato con un voto di7,60. Fra i piatti sono stati par-ticolarmente apprezzati il pac-chero con gallinella e il dolce.I vini erano all’altezza dellamanifestazione; solo il servizioè stato un po’ lento, forse acausa della preparazioneespressa delle pietanze.

ROMA24 febbraio 2011

Ristorante “Santopadre” diStefano Mariotti e ArmandoParente. ●Via Collina 18,Roma; =06 4745405; coper-ti 80. ●Parcheggio insuffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie tre settimane adagosto; chiusura domenica ea mezzogiorno. ●Valutazio-ne 8; prezzo € 42,00; carat-teristico, familiare.

Le vivande servite: polpet-tine, bucce di patata fritte,cubetti di mortadella, car-ciofo alla giudia, ricottine,prosciutto al coltello; mine-stra di patate e cicoria conprovola affumicata; spaghetticacio e pepe; involtino dicarne con pasticcio di patate;assaggio di trippa alla roma-na; insalata mista; cicoria ri-passata; frappe e castagnole.

I vini in tavola: Est!Est!!Est!!!2009, Poggio dei Gelsi Doc,Falesco; Chianti Vernarolo2008 Docg, Rocca della Ma-cie.

Commenti: Nel centro diRoma c’è un piccolo ma sim-patico ristorante, con unabuona cucina, frutto dell’e-sperienza pluriennale delproprietario, il signor Santo-padre. Cena di Carnevale,con un menu, concordatodal Simpiosarca Paolo Basili,vario, ricco e di buona fattu-ra. Le bucce di patate frittesono state una stranezza datutti molto apprezzata. Unamagnifica zuppa di cicoriacon provola affumicata a se-guire, con un rinforzo di spa-ghetti cacio e pepe e, secon-do la tradizione romana, l’in-voltino di carne con pastic-cio di patate (una specialitàdella casa) e trippa alla ro-mana. Per finire i dolci diCarnevale. Tutti hanno ap-prezzato la buona cucina dellocale, che ha rispettato i ca-noni della tradizione romanapreparata nel migliore deimodi, tanto che è stataespressa una votazione conla media di 8.

ROMA EUR15 marzo 2011

Ristorante “Osteria dei Pazzi”di Flavio Porcari e ClaudiaNarducci, fondato nel 2009.●Via Enrico Cravero 22/24,Roma; =06 97613866; co-perti 70. ●Parcheggio scomo-do; prenotazione consigliabi-le; ferie agosto; giorno dichiusura sabato a pranzo edomenica. ●Valutazione 8;prezzo € 45,00; caratteristico.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto (fantasia dirustici e varietà di bruschet-te); risotto con radicchio e ta-leggio; paccheri, fatti in casa,all’amatriciana in cesto di pe-corino romano; maialino no-strano cotto al forno condito

LAZIO

UMBRIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

con finocchio selvatico; pata-te al forno; sbriciolata di mil-lefoglie con cioccolato caldo.

I vini in tavola: Barbazzaledell’Etna bianco, Inzolia 2009Igt (azienda agricola Cottane-ra, Castiglione di Sicilia, CT);DaMa, Montepulciano d’A-bruzzo 2008 Doc (aziendaagricola Dante Marramiero,Rosciano, PE).

Commenti: Il Delegato,Simposiarca del convivio, haproposto una selezione dipiatti tipici della tradizioneromanesca, seppure conqualche misurata e gradevolerielaborazione. Le propostehanno riscosso unanimi con-sensi e votazioni lusinghiere,a cominciare dal pane, con-fezionato in casa, e dai fritti,caldi, leggeri, croccanti, perproseguire con il risotto, benamalgamato e dai saporiequilibrati, e con i paccheriall’amatriciana serviti in uncestino di formaggio. Perstemperare la sapidità diquesta pietanza e non morti-ficare il gusto del guanciale,il Simposiarca ha convinto lochef a mescolare al pecorinoromano del parmigiano reg-giano, forzandolo a una pic-cola variazione alla ricettaoriginaria. Il successo mag-giore è stato comunque tri-butato al maialino al forno,con carni morbide e crostici-na croccante. Eccellente l’ac-costamento dei vini, in parti-colare del Montepulcianod’Abruzzo riserva, con i pac-cheri e il maialino; rapido ecortese il servizio di Flavio eFrancesca.

ROMA EUR28 marzo 2011

Ristorante “La Brasserie” del-l’hotel “Aran Mantegna” diStefano Alfonsi, fondato nel2007. ●Via Andrea Mantegna130, Roma; =06 97613866,fax 06 98952799; coperti 80.●Parcheggio custodito; pre-notazione non necessaria;ferie mai; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7,50;prezzo € 40,00.

Le vivande servite: Prosec-co di benvenuto; involtini diverza al formaggio caprinocon carciofo e fiore di zuccapastellato; gnocchetti al gor-gonzola dolce e formaggiofuso; penne al pachino, ruco-la e magro di pancetta; filetto

di manzo danese in salsa diPorto; pomodorini essiccatidi Calabria e spinaci al burro;mignon di bavarese e tirami-su in presentazione del mae-stro pasticciere.

I vini in tavola: “Zuccole”Sauvignon Igt (azienda agri-cola Puiatti, Romans d’Ison-zo, GO); “Cretara” Montepul-ciano d’Abruzzo Doc (azien-da agricola Margiotta, PratolaPeligna, AQ).

Commenti: La Consulta del-la Delegazione si è riunitaper discutere argomenti dibilancio e per programmarele attività future. Al terminedi un’intensa e proficua ses-sione di lavoro, il Delegato ei Consultori, in compagnia dialcuni ospiti, hanno celebra-to una riunione conviviale ri-stretta gustando un menuelaborato dalla SimposiarcaFiorella Collalti Giuffrida edal direttore della ristorazio-ne della catena Aran, sig.Alfonsi. Tra tutte le pietanzeproposte, i più vivi consensisono andati al filetto di man-zo cotto alla perfezione, te-nero e dal gusto equilibrato,stupendamente esaltato dallasalsa di Porto. Buoni gli anti-pasti e la selezione di dolci,sufficienti i primi piatti, ap-propriato l’abbinamento deivini, impeccabile il serviziodi sala. Molto buono, infine,il rapporto qualità/prezzo inrelazione all’ambiente e allasquisita ospitalità.

VITERBO23 marzo 2011

Ristorante “Tre Re” di Eleo-nora Di Andrea, fondato nel1993. ●Via Macel Gattesco3, Viterbo; =0761 304619;coperti 40. ●Parcheggio in-custodito, insufficiente, sco-modo; prenotazione consi-gliabile; ferie settimana diFerragosto; giorno di chiusu-ra giovedì. ●Valutazione7,75; prezzo € 30,00; tradi-zionale, caratteristico.

Le vivande servite: zuppadi ceci e castagne; lombri-chelli della casa; pollo ripie-no alla viterbese con patatearrosto e cicoria ripassata;sorpresa di trippa alla roma-na; crostate della casa.

I vini in tavola: Est!Est!!Est!!!di Trappolini; Vitiano di Fa-lesco.

Commenti: Il Delegato habrevemente illustrato vita eopere dell’Artusi, evidenzian-do i meriti e le qualità dellasua opera, pur senza omet-terne i limiti. La riunioneconviviale era stata organiz-zata prima dell’invito a pro-porre ricette artusiane, ma siè trovata in linea con i princi-pi dell’Accademia e con il te-ma. Il ristorante, rivisitato do-po molti anni, ha confermatoil carattere di autentica tradi-zione e il menu della serataha evidenziato tutte le tema-tiche del territorio. Particolar-mente apprezzati il pollo ri-pieno (padellata di patate, fe-gatini e finocchio) e il rap-porto qualità/prezzo. Serataben riuscita nel locale riser-vato (date le modeste dimen-sioni) alla riunione della cul-tura; accurato il servizio e ap-prezzati il ricordo da partedel gestore, signora Eleono-ra, della storia, che si asseri-sce documentata, del locale(nato nel 1622) e il rispettodelle tradizioni del territorio.

AVEZZANO1 marzo 2011

Ristorante “Antica OsteriaZahrtmann” di Roberto eStefania. ●Via Roma 9, Civi-ta d’Antino (L’Aquila);=340 2746481; coperti 60.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazione ob-bligatoria; ferie variabili;aperto solo nel fine settima-na, possibilità di aperturanegli altri giorni su prenota-zione anticipata per piccoligruppi. ●Valutazione 6,50;prezzo € 25,00; rustico.

Le vivande servite: crostinocon marcetto, pecorino diCampotosto, lingua di vitello,polpette di baccalà; chitarracon pachino, pepe e pecori-no di Farindola; agnello deibriganti con contorno di cico-ria e zucchine; panettone alievitazione naturale al rum.

I vini in tavola: Montepul-ciano; Pasetti Dieci Coppe;Kripia bianco.

Commenti: In un’atmosferasemplice e gioiosa il Simpo-siarca Geremia Saturnini ci haaccolto all’entrata con unasplendida tavolozza-menu. Ilmenu ha ben coniugato tradi-zione e innovazione. Apprez-zati gli antipasti, meno la chi-tarra per un problema di cot-tura, ottimo l’agnello con ricet-ta segreta e anche il panettoneartigianale con lievito madre.

L’AQUILA7 marzo 2011

Ristorante “Al Cermone daBacco” di Stefano Marrone,fondato nel 1997. ●S.S. 80,Cermone (L’Aquila); =0862461795; coperti 70. ●Par-cheggio incustodito, ampio;prenotazione consigliabile;ferie settembre; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 35,00.

Le vivande servite: aperiti-vo con prosciutto alla morsa,grana, crostini, verdurine gri-gliate e fritte, soffioni di pa-sta; zuppetta di ceci e casta-gne; gnocchetti al sugo di ca-strato; entrecôte di manzospadellata con cicorietta pic-cante; gran frittura di Carne-vale.

I vini in tavola: Franciacor-ta; Montepulciano d’Abruzzo“Valle Reale” di Popoli.

Commenti: Serata condizio-nata dall’influenza che hacolpito anche il relatore,prof. Marcello Gallucci del-l’Accademia di belle arti del-l’Aquila. Comunque, 35 con-vitati hanno retto il fronte,potendo godere dell’ottimacena preparata sotto la guidadi Stefano e Rocco Marrone.Dopo i tantissimi sfizi legatiall’aperitivo, gli Accademicihanno potuto godere in se-quenza le vivande, iniziandocon una deliziosa zuppa diceci e castagne cui hanno fat-to seguito degli ottimi gnoc-chetti al sugo di castrato.Trionfo finale con frappe, mi-gnozzoli e fritti vari per esal-tare le tradizioni legate alCarnevale. Il Delegato LuigiMarra, dopo aver elogiato icuochi del ristorante, ha an-nunciato che la prossima riu-nione conviviale sarà dedica-ta al ricordo dei 150 anni del-l’Unità d’Italia. Relatore saràTommaso Ceddia, appassio-nato studioso oltre che Acca-demico di vaglia.

PESCARA4 marzo 2011

Ristorante “Da Michele alSea River Club” di MicheleCicchini, fondato nel 1996.●Via Valle Roveto 37, Pesca-ra; =085 28056, fax 0854223650; coperti 110. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura domenica sera elunedì. ●Valutazione 7,50;prezzo € 50,00; raffinato,elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo al passaggio con assorti-mento di tartine; carpacciosu puntarelle di cicoria consformatino di patate; risottoai funghi porcini; ravioli di ri-cotta con pomodoro e basili-co; codino di vitello al fornocon patate e melanzana allaparmigiana; mousse alle trecioccolate; fritti di Carnevale.

I vini in tavola: Rosato Doc2010 (azienda agricola SanLorenzo); Montepulciano d’A-bruzzo Doc 2008 (aziendaagricola Zaccagnini).

Commenti: Uno dei mo-menti più significativi dell’in-contro è stato il discorso cheil Delegato Enzo Angelozziha rivolto all’AccademicoCarlo Marsilio, che ha rasse-gnato le dimissioni da Segre-tario e Tesoriere. Parole diencomio, apprezzamento eringraziamento per l’efficien-za e la dedizione che Carloha saputo dare alla Delega-zione per ben 13 anni. Taliparole hanno accompagnatoun “dono” molto significati-vo. Applausi da tutti gli Acca-demici. Riguardo al menu, sa-pientemente realizzato da Mi-chele, la votazione dice tutto.Particolarmente apprezzati iprimi piatti. Perfettamente ab-binati i vini.

PESCARA ATERNUM25 febbraio 2011

Ristorante “Taverna 58” diGiovanni Marrone, fondatonel 1980. ●Corso Manthonè46, Pescara; =085 690724,fax 085 4515695; coperti 50.●Parcheggio pubblico noncustodito; ferie agosto e 23dicembre-5 gennaio; giornodi chiusura venerdì e sabatoa mezzogiorno, domenica.●Valutazione 8; prezzo €

35,00.

ABRUZZO

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Le vivande servite: crostinocon verdurine di campagna efagioli tondini del Tavo, panbruscato con “ciammariche”(lumache) di terra con primi-zie di erbette e baccalà coninsalata misticanza, pecorinomarcetto di Campo Impera-tore, crostini con ventricinateramana, spiedino di arrosti-cini di carne di pecora; boc-concini del Vate (crispellecon formaggio pecorino fusoe crema di patate e zaffera-no); fregnacce al sugo di pa-pera muta; “mattità” (arrosti-cini di lumache su bruschet-ta, pecorino di Atri in padellae carciofo fritto); baccalà conmarmellata di cipolle; pizzadolce d’Italia (Anita).

I vini in tavola: SpumanteBerlucchi rosé; CerasuoloValle Reale di Popoli; Monte-pulciano d’Abruzzo Doc In-ferì, cantina Marraniero diRosicano; Moscato passitoAngelucci da Castiglione aCasauria.

Commenti: Il Delegato Ge-rardo Rasetti ha sottolineatoche il 2010 è stato un annomolto impegnativo, con 11riunioni conviviali, tutte digrande interesse, e ha espo-sto le linee guida per il 2011.Gli Accademici sono staticoncordi nel riaffermare lavalidità del locale, per la pro-fessionalità e la fantasia dellostaff di cucina, la rapidità e lacompostezza nel servire, l’ac-coglienza e l’affabilità del tito-

lare Giovanni Marrone. Il me-nu ideato e organizzato, conla partecipazione del Simpo-siarca Mimmo Russi, sul tema“Incontro alla primavera” èstato ricco, vario e ben prepa-rato. In risalto l’originalitàdella portata con le lumache,anche se qualcuno era inizial-mente diffidente a mangiarle.Originale il baccalà con mar-mellata di cipolle confeziona-to in un simpatico fagottinodi carta da forno.

TERAMO5 marzo 2011

Ristorante “Borgo Spoltino” diGabriele Marrangoni, fonda-to nel 2003. ●Strada Selva deColli, Mosciano Sant’Angelo(Teramo); =085 8071021,anche fax; coperti 45. ●Par-cheggio incustodito, sufficien-te; prenotazione consigliabi-le; ferie prima quindicina dinovembre; giorno di chiusu-ra lunedì e martedì. ●Valuta-zione 8,50; prezzo € 35,00;rustico.

Le vivande servite: conchi-glie tiepide, mousse di bac-calà, crema di porri, extraver-gine al peperone dolce secco;tubetti rigati, patate Turchesa,pecorino; fusilloro e carciofiin due cotture; spaghettoro,lupini di mare, razza, aspara-gi; chitarra, salsa classica alletre carni; paccheri di kamut,crema pasticciera, ananas ca-ramellato alle spezie.

I vini in tavola: PasserinaPaternus 2010; Indigena bian-co 2010; Montepulciano d’A-bruzzo Cerasuolo Alarius2010; Vino cotto Paternus(azienda agricola Cioti Fili-berto, Paterno di Campli).

Commenti: Insolita la riu-nione conviviale organizzatadall’estroso Gabriele Di Teo-doro dal titolo “Il trionfo del-la pasta secca abruzzese”. Lapasta, di semola o di farinadi kamut, del pastificio Verri-gni è stata la protagonista in-discussa dall’antipasto aldessert, per la gioia di tutti igolosi, con un menu elabo-rato dalla fantasia dell’abilechef Gabriele Marrangoni.Conchiglie ripiene di moussedi baccalà, servite su un lettodi gustosa crema di porri,hanno dato inizio al menu.Una minestra di tubetti (rivi-sitazione della classica pastae patate di un tempo) dal gu-sto delicato ha introdotto ilsuccessivo piatto di fusilli (ri-gorosamente al dente). Clas-sico e immancabile lo spa-ghetto al sugo di carni miste,di cui i teramani non posso-no fare a meno. Un raffinatodessert ha concluso questaparticolare colazione che si èrivelata un gran successo: ot-timi i piatti, celere il servizio,gradevolissima l’atmosfera.Complimenti allo chef e unringraziamento ai coniugiVerrigni, che hanno offertoanche un omaggio, e all’a-zienda Cioti per i vini.

CAMPOBASSO25 febbraio 2011

Ristorante “Masseria Cecco-ne” di Cristina Albanese,fondato nel 1997. ●S.S. 17,Campochiaro (Campobas-so); =0874 775093; coperti150. ●Parcheggio sufficien-te; prenotazione non neces-saria; ferie mai; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 20,00; fa-miliare.

Le vivande servite: antipa-sto ricco di salumi e insacca-ti, prosciutto di cinghiale ta-gliato a coltello, latticini fre-schi, frittata alla erbe; pap-pardelle al sugo di cinghiale;selvaggina in salmì con pata-te al forno; fagiano in agro-dolce; arance al Centerbe;crostata con cotognata; cro-stata alla crema di limone.

I vini in tavola: Montepul-ciano dell’azienda del Con-sultore Alberto Battista; ElisirGambrinus: liquore di vinoRaboso di Piave.

Commenti: La riunioneconviviale dedicata ai 150anni dell’Unità d’Italia è stataintitolata “Carne e maccaru-ne”, un desiderio irrealizza-bile dei briganti, e si è svoltain un locale ai piedi del Ma-tese, una volta zona fre-quentata dai briganti. L’occa-sione di gustare dell’ottimacacciagione ci è stata datadall’Accademico Renato Eli-seo che ha offerto la carne.Simposiarchi lo stesso Eli-seo, che ha anche relaziona-to sulla caccia, e il Consulto-re Carlo Santaniello. Le pie-tanze, cucinate con cura dal-la signora Cristina Albanese,sono state gradite dagli Ac-cademici e dai numerosiospiti. Molto gustoso e inte-ressante il fagiano in agro-dolce. Il Montepulciano of-ferto dall’Accademico Con-sultore Alberto Battista, pro-dotto nell’azienda di Larino(CB), ha accompagnato que-sto percorso gastronomico.Ottime crostate e dolci diCarnevale confezionati dagli

Accademici hanno conclusoil pomeriggio. Tutte le ricet-te sono state raccolte in unlibricino.

AVELLINO17 marzo 2011

Ristorante “Il Ritrovo degliArtisti” di Diana D’Urso,fondato nel 2009. ●ViaRampa Tofara 40, Avellino;=0825 768369. ●Parcheg-gio comodo a pochi metri inpiazza Castello; prenotazio-ne consigliabile; ferie 10giorni ad agosto; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 25,00.

Le vivande servite: inno al-l’Italia (insalata di pomodoroe mozzarella con una grandefoglia di basilico); risotto del-l’Unità (tre sformati di riso alragù, al burro e agli spinaci);rotolo tricolore (petto di tac-chino, bresaola e asparagi);contorni tricolori (pasticciodi peperoni rossi, patate du-chessa e soufflé di spinaci);dessert dell’anniversario (tor-ta alla crema al burro con lascritta 150° anniversario).

I vini in tavola: Pinot de Pi-not Prosecco Gancia Cone-gliano (TO); Aglianico Colli-na del Sole Torrioni di Tufo(AV); Moscato di Trani RiveraAndria (BA).

Commenti: La scelta del ri-storante è merito del Simpo-siarca Generoso Benigni cheha meritato il ringraziamentodi tutti. La cena del Tricolore,celebrata nel giorno del 150°anniversario dell’Unità d’Ita-lia, è stata tutta imperniatasull’emblema della nostra na-zione. Oltre ai colori delleportate, anche altri elementisono stati scelti tenendo pre-sente l’occasione: i portato-vaglioli con un nastro tricolo-re, la copertina del menu conl’immagine dell’Italia turrita el’accompagnamento musica-le con composizioni del Ri-sorgimento. Il ristorante hapochi tavoli, ma lo spazio li-mitato ha reso l’ambiente in-

CAMPANIA

MOLISE

ABRUZZO segue

ITALIANI & CIBO,UN RAPPORTO... INCONSAPEVOLE

Quanto spesso sentiamo o leggiamo di vizi e virtù degli italiania tavola? Diciamolo, così tanto da perderci la testa. A mettereun po’ d’ordine nella questione ha pensato l’istituto di ricercaIspo, con l’indagine “Gli italiani e l’alimentazione”. Cosa emer-ge? Una buona attenzione dei nostri connazionali all’alimenta-zione, ma una scarsa preparazione sull’apporto calorico dei ci-bi che consumano. Se i più affermano di mangiare in modo sa-no ed equilibrato, si scopre poi che in pochi conoscono il conte-nuto calorico: quasi la metà degli intervistati “crede” di cono-scere i valori nutrizionali degli alimenti. Potremmo dividere gliitaliani in “gaudenti”, incuranti della qualità dell’alimentazio-ne e propensi a concedersi qualche peccato di gola; “compensa-tori” - che potremmo definire anche “penitenti” - che si lascianotentare dalle golosità, salvo poi “redimersi” con periodi di atten-zione alla dieta; e “integralisti” del mangiare sano (in netta mi-noranza), per cui lo sfizio è rigorosamente tabù. (dai giornali)

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

timo e familiare. Gentile edefficiente il servizio. Lo chef,di provata esperienza, ha sa-puto destreggiarsi ottima-mente tra la tavolozza dei trecolori e l’assortimento dei sa-pori e delle guarnizioni, ap-pagando tanto la vista che ilgusto. Ottimo il rapportoqualità/prezzo.

CASERTA14 marzo 2011

Ristorante “La Torre” di Gio-vanna Giordana. ●Via Tor-re 8, Caserta; =0823371330; coperti 300. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura lunedì. ●Valuta-zione 8; prezzo € 35,00;tradizionale.

Le vivande servite: carpac-cio di polpo su letto di rucolacampestre; assaggi di frittati-ne alle erbe; seppie con pi-selli primavera; pasta e pata-te con polpo; cicoria di cam-po soffritta in burro bufalinocon pane soffritto; pesce spa-da alla pizzaiola; baccalà inpadella con fagioli neri diPozzovetere; panna cotta;cenci di Carnevale; melonegiallo invernale.

I vini in tavola: vini in ca-raffa Solopaca bianco eAglianico rosso.

Commenti: La Delegazioneè sempre attenta alle manife-stazioni che si svolgono nelterritorio e nell’ambito dellesue prerogative c’è l’impegnoa far conoscere e divulgare lacultura gastronomica caserta-na. L’opportunità di presen-tarla è stata offerta dalla visitaa Caserta di un gruppo di ca-meliofili svizzeri. In collabo-razione con lo chef Camillo èstato presentato un menu vi-cino alla locale tradizione. Lamanifestazione, con il foltogruppo di cameliofili insiemea un nutrito numero di Acca-demici, si è svolta sotto laguida del Simposiarca Vladi-miro Abbate.

NAPOLI16 marzo 2011

Ristorante “Radici” di Anto-nello Fabbrocini, fondatonel 2005. ●Via Riviera diChiaia 268, Napoli; =0812481100; coperti 44. ●Par-

cheggio incustodito; preno-tazione necessaria; ferieagosto; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione 9;prezzo € 50,00; elegante,accogliente.

Le vivande servite: boccon-cini di baccalà in fragrante pa-stella al nero di seppia con po-modorini vesuviani; zuppettadi totani in crosta di pane sucrema di cannellini in olio alrosmarino; risotto Carnarolicon spinaci al ragù di scorfa-no; pescato del giorno su cre-ma di patate, bietola e polveredi capperi; cheese cake conlatte di bufala, frutti di bosco eristretto di liquirizia.

I vini in tavola: Falanghinadella masseria Frattasi (Mon-te Taburno).

Commenti: Il Delegato Leo-nardo Bianchi, gli Accademi-ci e alcuni giornalisti, chehanno riportato la notizia-evento sui giornali, si sonoriuniti per la giornata dellecultura dedicata alla ricorren-za dell’Unità d’Italia. Il Dele-gato ha argomentato sui fattiche diedero origine al nostroRisorgimento e ha introdottola socia onoraria Amelia Cor-tese Ardias, che ha donatouna preziosa pubblicazionedel suo intervento sui fatti ri-sorgimentali, illustrando il co-raggio e i sacrifici di tanti vo-lontari. Atmosfera rispettosadell’evento, ma anche gioio-sa, con bandiere tricolore cheornavano pareti e tavoli, al-ternandosi a quelle accade-miche. Lo chef Carlo Spina ciha sbalorditi, con i nerissimibocconcini di baccalà in pa-stella, la zuppetta di totanidavvero eccellente e il pesca-to del giorno straordinario.Una piccola critica alla cottu-ra del riso, mentre ottimo èstato il vino. Il ristorante, giàapprezzato in una preceden-te visita, ha riscosso un note-vole successo, dovuto anchealla valenza del nuovo diret-tore Antonello Fabbrocini.

NAPOLI-CAPRI5 marzo 2011

Enotrattoria “Casetta Rossa”di Francesco Orsi, fondatanel 1985. ●Piazzale Pisaca-ne, Napoli; =081 207690,anche fax; coperti 50. ●Par-cheggio sufficiente, scomodo;prenotazione consigliabile;ferie due settimane a Ferra-

gosto; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 7; prezzo€ 60,00; accogliente, rustico.

Le vivande servite: zuppadi lenticchie con salsiccia; as-saggio di pasta, patate e pro-vola; scialatelli alla pescatora;trancio di pesce spada all’a-matriciana; insalate varie; pa-stiera e babà; ananas; limon-cello e nocino della casa.

I vini in tavola: Prosecco(Mionetto); Pallagrella (CasaAntica, CE).

Commenti: Piccolo locale aconduzione familiare, offreuna cucina schietta e casalin-ga, ben eseguita anche se conqualche variante non tradizio-nale. Molto apprezzata la zup-pa di lenticchie. La prepara-zione del pesce spada conpomodorini era più vicina allaricetta calabrese (di Reggioper la precisione) che non aquella di Amatrice. È statoconsigliato al patron di cam-biare nome a un piatto beneeseguito e molto appetitoso.Il servizio celere e cortese hacontribuito alla buona riuscitadella riunione conviviale.

PENISOLASORRENTINA

25 febbraio 2011

Ristorante “Antico Franci-schiello da Peppino dal 1909”di Antonio Maresca, fondatonel 1909. ●Via Partenope 27,Massa Lubrense (Napoli);=081 5339780, fax 0818071813; coperti 120. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie mai;giorno di chiusura mercoledì(da novembre a marzo).●Valutazione 8; prezzo €38,00; tradizionale, familia-re, accogliente, rustico.

Le vivande servite: fanta-sia di mare lubrense; risottocon gamberetti al profumodi limone; lasagnetta confunghi porcini e provoletta;spiedino di ricciola con mi-sticanza di verdure; delizieal limone e al caffè; caffè eliquori della casa.

I vini in tavola: Spumantebrut Duca di Salaparuta;Aglianico Cantari 2006 canti-na Janare.

Commenti: Il ConsultoreLello Gargiulo, Simposiarca,ha fatto preparare un menu

di mare molto apprezzato dalfolto gruppo di Accademici.In apertura la fantasia di ma-re ha riscosso un vero suc-cesso, per la particolare pre-parazione di gamberoni frittiin pastella di patate. Ottimo ilrisotto con piccoli gamberidel golfo e ancor più apprez-zata la lasagnetta con cremadi funghi porcini del MonteFaito e provoletta sorrentina.Una novità eccellente è statalo spiedino di ricciola pre-sentato su un letto di verduredel posto. Un applauso alledelizie di “Franceschiello”,dolce creato anni or sono dalfondatore del ristorante.

PENISOLASORRENTINA25 marzo 2011

Ristorante “La Tavernetta”della famiglia Mastellone,fondato nel 2009. ●Via Ati-gliana 23, Sorrento (Napoli);=081 8773089, anche fax;coperti 90. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; giornodi chiusura martedì. ●Valu-tazione 6,50; prezzo €

35,00; familiare, accogliente.

Le vivande servite: insalatadi mare; linguine allo scoglio;pescato del giorno (pezzo-gna) al sale con insalatinafresca; pizza dolce di crema ecioccolata; zeppoline fritte;liquori della casa.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene; Falanghina,cantina Villa Matilde.

Commenti: Il Simposiarcadi turno, l’Accademico Gae-tano La Gioia, ha organizzatola riunione conviviale e con-cordato il menu, dopo averpiù volte saggiato le qualitàpositive della cucina. Questavolta, però, giunti in 40 con-vitati, l’organizzazione dell’e-sigua brigata di cucina è an-data in affanno, a discapitosia dei tempi di servizio chedella qualità delle pietanze:l’insalata di mare era del tuttoscialba e le linguine per buo-na parte passate di cottura esenza un particolare sapore.Si salvavano il secondo piat-to, una freschissima pezzo-gna al sale, perfettamenteriuscita, e, in parte, il dolce,la classica pizza sorrentina dicrema e cioccolata, ritenutada alcuni un po’ troppo col-losa. Buoni i vini.

CASTEL DEL MONTE18 marzo 2011

Ristorante “Ginevra” di Pa-squale Diaferia. ●Litoraneadi Ponente 2, Barletta (Bari);=0883 532262; coperti 150.●Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie prime due setti-mane di novembre; giorno dichiusura lunedì (d’inverno).●Valutazione 7,10; prezzo €40,00; tradizionale.

Le vivande servite: savarin disalmone con crostino, pomo-dori e capperi; misto di carcio-fi con gamberetti marinati cot-ti; crema di cicerchie con pol-pettine di sgombro e olio difrantoio; paccheri con pesca-trice e pachino; filetto di bran-zino alle mandorle; bouquet diinsalatina di campo; sorbettoal sedano; quadro di frutta fre-sca; sinfonia d’Eraclio; velluta-ta di mandorle con cuore dicremoso al vino rosso di Bar-letta; torta Unità d’Italia.

I vini in tavola: Come d’In-canto (bianco); Prima Luce2010 (rosato); Pietra dei Lupi2005 (rosso); Moscato di Trani(cantine Carpentiere, Corato).

Commenti: Il menu dellaserata è stato scelto dallochef Savino Dimastrochicco,di recente insignito del pre-mio “Cordon rouge”, coadiu-vato nella preparazione deldolce dal pasticciere AntonioDaloiso, campione del mon-do juniores. Consistente par-tecipazione di Accademiciper il passaggio del testimo-ne da Tommaso Jannuzzi adAntonio Giorgino, nuovo De-legato. Nel corso della serata,dedicata alla cultura, il nuovoDelegato ha sottolineato inun breve intervento come l’i-dentità nazionale non possaprescindere dall’importanzastorica che ha avuto anche lacucina nel processo dell’Unitàd’Italia. È seguita, con la grati-tudine di tutti, la consegna diun omaggio assai significativoa Tommaso Jannuzzi per l’at-tività svolta in tredici anni. In-no di Mameli e taglio della

PUGLIA

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torta con i colori della bandie-ra per brindare, con un eccel-lente Moscato di Trani, allanostra identità nazionale.

FOGGIA25 febbraio 2011

Ristorante “Terra Arsa” diRaffaele e Daniele Murani,fondato nel 2010. ●ViaManzoni 144, Foggia;=327 7694471; coperti 20.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie 1-30 agosto; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 9; prezzo € 35,00; ac-cogliente, caratteristico.

Le vivande servite: guaz-zetto di mare con crostoneall’olio verde; tortelli ripienidi baccalà e limone con po-modori Pachino; pacchericon mazzancolle e zucchinesu crema di ceci; filetto dibranzino alla piastra conconfit di peperoni, patatacroccante e salsa aïoli; grani-ta di mandarino; pan di Spa-gna alla mousse di fondente.

I vini in tavola: Teanum“Oltre”, Negramaro Fish Igt

Puglia 2009, cantine TeanumS. Paolo Civitate, Foggia;Sannio Coda di Volpe Doc“Jenn’emois”, fattoria Ciabrel-li; Moscato di Trani Igt.

Commenti: Nel cuore delcentro storico della città, unpiccolo ristorante ha festeg-giato il primo anno di vita, ri-cambiando la visita della De-legazione con una serata dav-vero sorprendente. Raffaele eDaniele Murani, i due fratellititolari, hanno ampiamentedimostrato la loro sensibilitàalla cultura enogastronomicaproponendo una cucina dipesce creativa e leggera. L’ot-tima preparazione ha valoriz-zato appieno la scelta delleportate, concordata dallochef Raffaele con la Simpo-siarca Vice-Delegata CarmenD’Intino. La cura nella sceltadelle materie prime si è evi-denziata sin dall’antipasto, undelicato e saporito guazzettodi mare, seguito da ottimi tor-telli fatti in casa, la cui sottilesfoglia ha esaltato il ripieno dibaccalà profumato al limone;non meno gustosi i paccheriche hanno preceduto l’ottimofiletto di branzino. Gradevo-lissimi la granita di mandari-

no e gli altri dolci e indovinatii vini. Puntuale, svelto e pro-fessionale il servizio in sala.La consegna della vetrofaniae del guidoncino dell’Accade-mia ai fratelli Murani è stataaccompagnata da applausi ecomplimenti.

FOGGIA-LUCERA23 marzo 2011

Ristorante “Mare in Tavola”di Decade, fondato nel 2009.●Corso del Mezzogiorno 35,Foggia; =0881 662493; co-perti 90. ●Parcheggio custo-dito; prenotazione non ne-cessaria; ferie mai; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 6,50; prezzo € 40,00;accogliente.

Le vivande servite: ostrichee noci di mare; alici marinate;moscardini e totani in guaz-zetto; impepata di vongole ecozze; polpo alla Luciana;troccoli allo scoglio; frittura diparanza; sorbetto al limone.

I vini in tavola: Falanghinadel Beneventano Igt 2009(azienda agricola Vinosia -Atripalda, Avellino).

Commenti: Un piacevole ri-torno nel noto ristorante diFoggia specializzato in cuci-na marinara. Prima del convi-vio Giovanna Maj, Delegatadi Isernia e Coordinatrice ter-ritoriale per il Molise, ha pre-sentato, con una dotta e pun-tuale relazione, il volume“Tradizione e innovazionenella cucina italiana” dellacollana di Cultura gastrono-mica. Volume che non erastato ancora distribuito agliAccademici di Foggia-Lucera,in attesa di una presentazio-ne dedicata. Meno brillantedel solito la cura del menuda parte dello chef, probabil-mente a causa del sovraffol-lamento del locale, cosa nonprevedibile per la serata diun mercoledì. La riunione siè conclusa con i ringrazia-menti alla relatrice per la suabravura e disponibilità.

VALLE D’ITRIA20 febbraio 2011

Ristorante “Archi del Duca”di Lucia Incalza e DamianoGiuliani, fondato nel 2007. ●Piazzetta Sant’Antonio, Mar-tina Franca (Taranto); =080

4808353; coperti 40. ●Par-cheggio limitato; prenotazio-ne gradita; ferie non ancorastabilite; giorno di chiusuramercoledì e la sera dei festivi.●Valutazione 8; prezzo € 35;accogliente, raffinato.

Le vivande servite: capo-collo, polpette, verdurinecroccanti, flan di zucchine,purea di fave e cicorie; ta-gliolini ai carciofi; cosciottodi agnello alle erbette conpatatine; tagliata di frutta(ananas, fragole, kiwi, melo-ne); terrina al cioccolato.

I vini in tavola: Patrunu Rò2009 Igt delle Cantine Botru-gno - Salento.

Commenti: I commensalihanno assaporato gustosespecialità caratterizzate dallasemplicità della preparazionee dalla freschezza delle mate-rie prime, tutte di produzionelocale. Un ottimo servizio haaccompagnato una cucinatradizionale rivisitata con mi-sura ed equilibrio. Da segna-lare la gentilezza e la compe-tenza dei proprietari i quali sisono prodigati affinché la riu-nione si svolgesse nel miglio-

PUGLIA segue

Come è noto, la nostra Accademia è tra le istituzioni chepossono beneficiare del cinque per mille, indicando sullamodulistica la volontà del contribuente. Questa opzionenon rappresenta nessun onere o aggravio per l’Accade-mico-contribuente: anzi, se essa non venisse esercitata, ilcinque per mille inutilizzato resterebbe nelle mani del Fi-sco. Le motivazioni di questa operazione si possono cosìsintetizzare: dare una mano all’autentica cucina italia-na nel mondo e favorire l’istruzione in Italia di giovanicuochi stranieri. Partecipare a questa operazione di fi-nanziamento dell’Accademia è facile. Basta infatti tra-scrivere nell’apposita casella della denuncia dei redditiil codice fiscale dell’Accademia, che è

80109690158

L’Accademico può farlo personalmente oppure comuni-care questo numero al proprio commercialista.Il diritto per l’Accademia di accedere al cinque per milleè stato ufficialmente sancito dall’Agenzia delle entratecon un provvedimento del 20 aprile 2007: questo rappre-senta un ulteriore riconoscimento della validità della no-stra azione in Italia, e soprattutto all’estero, per la difesa,la tutela e la valorizzazione della cucina italiana nellasua integrità e nella sua qualità. Questo ennesimo rico-

noscimento è strettamente collegato all’inserimento uffi-ciale dell’Accademia tra le istituzioni culturali tutelatedalla Repubblica italiana. È opportuno ricordare a tuttigli Accademici e ai nostri eventuali sostenitori che l’op-zione del cinque per mille può essere esercitata, sullamodulistica fiscale, fino al 31 luglio prossimo. Si trattasenza dubbio di un diritto e di un’occasione da nonperdere.

L’IMPORTANZA DEL CINQUE PER MILLE

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re dei modi. Al termine delconvivio la Delegata Rosa Lel-la Motolese si è complimenta-ta per la cura data alle pietan-ze e ha consegnato ai pro-prietari dei volumi di culturagastronomica e la vetrofaniadell’Accademia. Il Delegatodella Penisola Sorrentina Ser-gio Corbino ha presentato unsuo libro, vincitore del pre-mio “Orio Vergani”, ossia “Leavventure di un cuoco galan-te”. L’intervento ha arricchitoulteriormente l’aspetto cultu-rale della riunione convivialealla quale hanno preso partenumerosi Accademici delleDelegazioni di Brindisi, diManduria e vari ospiti.

CROTONE27 febbraio 2011

Ristorante “Terramore” di Va-leria Riolo, fondato nel 2008.●Via degli Ulivi 12, Crotone;=329 4614050; coperti 50-60. ●Parcheggio custodito;prenotazione necessaria; feriemai; giorno di chiusura nes-suno. ●Valutazione 8; prezzo€ 50,00; familiare, acco-gliente, caratteristico.

Le vivande servite: pitta“maniata” (focaccia con i cic-cioli); soppressata; capocollo;bruschettina al “verdone”; oli-ve verdi in conserva; petali dipecorino di Crotone; mine-stra maritata con le frittole;covatelli al ragù di maiale;“frissurata”; gran trionfo dicarni di maiale arrosto consottaceti e verdurine dell’orto;insalata di arance e finocchi;ceste di frutta invernale; cro-state con confettura di man-darini; sanguinaccio e chiac-chiere di donna Elena.

I vini in tavola: vini dellafattoria Terramore.

Commenti: Il ristorante, si-tuato nell’agro del Marchesa-to di Crotone, basa la sua cu-cina esclusivamente sui pro-dotti dell’orto e sulle carnidegli animali allevati nellafattoria (da cui prende il no-me il ristorante), fiore all’oc-

chiello dell’azienda agricoladella famiglia Riolo. Su invitodella Delegata Adriana Li-guori Proto, il SimposiarcaErnesto Riolo ha illustratochiaramente le prelibate pie-tanze del banchetto carna-scialesco, sapientemente ela-borate dalla maestra di cuci-na Elena Latella. Il servizioineccepibile, il tocco di per-sonale originalità dell’appa-recchiatura della tavola, ilrapporto qualità/prezzo el’eccellenza del cibo sononote di distinzione del locale,che nella rosa degli esercizidi ristorazione del territoriocrotonese gode di considere-voli apprezzamenti ed è tra imigliori del suo genere.

CALTAGIRONE23 febbraio 2011

Ristorante “Baciamolemani”di Vincenzo Vicino, fondatonel 2010. ●Via Circonvalla-zione 328, Caltagirone (Ca-tania); =0933 51252, an-che fax; coperti 54. ●Par-cheggio sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie pe-riodo estivo; giorno di chiu-sura lunedì. ●Valutazione 7;prezzo € 22,00; accogliente.

Le vivande servite: carciofifritti; sanapone in padella conaglio e olive nere; cipolla diBarrafranca intera al fornocondita con olio e aceto; spi-naci con formaggio pecorinopepato, aglio e salsiccia NeroNebrodi sbriciolata; pappar-delle al sugo di Nero dei Ne-brodi; ciotoline di ricotta fre-sca; stinco al forno con funghiporcini; contorno di patate;arance a fette con granella dipistacchio; cassatine di ricotta.

I vini in tavola: Syrah Cusu-mano; Moscato di Noto.

Commenti: Osteria di buonlivello, nel centro storico.L’interno è un po’ angustoper comitive numerose, tutta-via gradevole senza alcunchédi superfluo o di cattivo gu-sto. Numerosi gli Accademi-ci, molto graditi gli ospiti.

L’Accademica Gigliola Iaco-mucci ha tenuto un’interes-sante e dotta relazione sul te-ma “La tavola e i suoi arredi”,di cui ha ripercorso l’iter dalperiodo romano al Novecen-to in modo puntuale e stori-camente rigoroso. La cena hacontribuito al piacere di stareinsieme con dei buoni piatti:gli antipasti vari e delicati, lepappardelle ben condite, sa-porito e ben cotto lo stinco alforno. Il Syrah Cusumano eraben adatto alle vivande. So-no state meno gradite le cas-satine. Svelto e garbato il ser-vizio. Simposiarca la Delega-ta, Gaetana Bartoli Gravina.

CATANIA EST25 febbraio 2011

Ristorante “Le Tre Bocche”di Alfio Napoli, fondato nel2005. ●Via Mario Sangiorgi7, Catania; =095 538738.●Parcheggio pubblico, sco-modo; prenotazione neces-saria; ferie mai; chiusura amezzogiorno. ●Valutazione7,50; prezzo € 50,00.

Le vivande servite: antipastivari di mare tra cui insalata dipolpo, alici in agrodolce,gamberetti marinati, spada af-fumicato con rucola e parmi-giano, cozze gratinate, croc-chettine fresche di patate,seppie in umido; risotto al li-mone e spigola; spaghetti conuovo di cernia; spigola di ma-re al sale con patate al cartoc-cio; sorbetto di limone e man-darino con fragoline di bosco.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene; Leone di Ta-sca d’Almerita.

Commenti: Il proprietario èun grossista del mercato itticodi Catania, il che garantiscel’ottima qualità del pesce. Unapiacevole sorpresa la cucinasemplice, ma con ottima sele-zione di materie prime, diquesto piccolo ristorante direcente apertura. Varia e ab-bondante la selezione di anti-pasti cotti e crudi. Determi-nante la freschezza del pesceche rende ogni piatto degnodi nota, così come il delicatis-simo risotto con la spigola elimone. Unica pecca il servi-zio lento e disordinato e i soli-ti musicisti, ospiti indesiderati,spuntati a metà cena incre-mentando il livello di rumorenel locale, a causa di una cat-tiva acustica. Molto soddisfat-

ti, in ogni caso, i commensali,sia per la bontà delle pietanzeche per la riuscita della serata.

MESSINA27 febbraio 2011

Ristorante “La Tartaruga” diSarino Domiano, fondato nel1952. ●Lido San Gregorio 70,Capo d’Orlando (Messina);=0941 955012; coperti 200.●Parcheggio urbano; preno-tazione non necessaria; ferienovembre; giorno di chiusu-ra lunedì. ●Valutazione8,30; prezzo € 50,00; tradi-zionale.

Le vivande servite: insalatadi polpo, insalatina di gambe-ri, tonno ai sapori mediterra-nei, cozze gratinate, polpetti-ne di pesce azzurro in agro-dolce, arancinette al nero diseppia, gamberone steccato;risotto con gamberi e zuccarossa; tagliolini alle uova dispada; tournedos di pescespada; tortino al cioccolato.

I vini in tavola: vino dellacasa.

Commenti: Il ristorante sitrova a Capo d’Orlando, nel-l’incantevole baia di S. Gre-gorio, con le isole Eolie difronte e i monti Nebrodi allespalle. Il locale, operante giàda oltre mezzo secolo, godedi un’ottima fama che, comei numerosi Accademici han-no potuto constatare, è deltutto meritata. Le specialitàdella cucina sono prevalente-mente a base di pesce che,sempre freschissimo, vieneservito sia nelle preparazionipiù semplici, genuine e tradi-zionali, sia con interessantispunti innovativi. Ottimi tuttigli antipasti, che hanno otte-nuto votazioni di eccellenza;molto buoni entrambi i pri-mi; meno sorprendente, ilpesce spada; squisito il des-sert. Particolarmente interes-sante il vino della casa, pro-dotto biologicamente in mo-do del tutto genuino. La vo-tazione complessiva, supe-riore a 8, ha confermato ilgradimento per il livello rag-giunto dal locale e per il ser-vizio attento e veloce.

MODICA12 febbraio 2011

“Quasimodo Restaurant” del“Modica” palace hotel di Ali-

ce Cicero, fondato nel 2010.●Via Vanella 106, Modica(Ragusa); =0932 456033,fax 0932 454120; coperti100. ●Parcheggio custodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura nessuno.●Valutazione 7,40; prezzo €50,00; elegante.

Le vivande servite: ostricheal limone; sauté di vongole;girella al salmone affumicatocon ristretto di balsamico;cuoricini di patate con salsa digamberi e zafferano; cupolinadi riso con cozze e patate concrema al mascarpone e spina-ci; gamberoni in crosta di pi-stacchio di Bronte e salsa allemandorle; mousse di fragolecon croccante e quenelle digelato di ricotta e cannella.

I vini in tavola: Cuvée Pri-vilège GH Mumm, millésimé2002; GH Mumm rosé; KabirDonnafugata.

Commenti: Serata all’inse-gna del connubio tra Cham-pagne e pietanze di pesce. Ilmaestro sommelier, duranteil convivio, ha, con dovizia diparticolari e di curiosità, pia-cevolmente illustrato la storiae le caratteristiche delloChampagne. L’alta qualità deivini ha alzato la media dellavalutazione delle pietanze,che hanno presentato molteluci ma anche qualche om-bra. Sono stati molto apprez-zati gli antipasti mentre hadeluso il dessert. Serviziobuono ma un po’ lento.

PALERMO MONDELLO15 marzo 2011

Ristorante “Ulisse” di SantoGirgenti, fondato nel 2007.●Piazza Rossi 45, Palermo;=091 6910024, anche fax;coperti 85. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie gen-naio; giorno di chiusura mer-coledì. ●Valutazione 7,80;prezzo € 25,00; caratteristico.

Le vivande servite: tranci dipizza; rigatoni al ragù di cin-ghiale allo stato brado delleMadonie; misto di carne allagriglia; verdure alla griglia;patate fritte; cassatelle fritteripiene di ricotta.

I vini in tavola: “Buceci”Nero d’Avola Merlot (aziendaGeraci di Marineo).

SICILIACALABRIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

SICILIA segue

Commenti: Bella serata de-dicata alla cultura della vita edella buona tavola, con unaesaustiva relazione del cam-pione automobilistico NinoVaccarella sulla giusta alimen-tazione quando si è al volan-te. Gli Accademici e i loroospiti hanno particolarmentegradito il menu, proposto dalproprietario Santo Girgenticoadiuvato da moglie e figlia,rispettoso del giusto rapportotra qualità e prezzo. Eccellen-ti le pizze offerte prima diprendere posto a tavola edavvero gustoso il ragù dicinghiale: condimento cottosenza fretta nella bella e lindacucina del ristorante-pizzeria.

RAGUSA20 febbraio 2011

Ristorante “Locanda 87” diGiuseppe Scivoletto, fondatonel 2008. ●Via Mario Rapi-sardi 87, Ragusa; =0932682221; coperti 70. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie settimana diFerragosto; giorno di chiusu-ra domenica. ●Valutazione7,20; prezzo € 25,00; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: focacci-na; caponatina con “mitilug-ghia”; ricotta al forno; cacio-cavallo piastrato; bocconcinidi salsiccia in sfoglia con ci-polla e capperi stufati; boc-concino di bufala; macco difave con crostini; spaghettialla chitarra avvolti in fogliadi melanzana; filetto di maia-lino lardellato con millefo-glie di arance e finocchio; ra-violi di ricotta.

I vini in tavola: VittoriaFrappato Doc 2009 (aziendaValle dell’Acate - Acate, Ra-gusa); Moscato (azienda Pel-legrino - Marsala).

Commenti: Prestazione ge-nerosa ma incolore. Moltabuona volontà e cibo accet-tabile, anche se penalizzatoda piatti arrivati in tavolaquasi freddi.

SIRACUSA16 marzo 2011

Ristorante “Carlo Magno” diGiancarlo Russo, fondato nel2011. ●Via Gargallo 26, Sira-cusa; =0931 462369; coperti180. ●Parcheggio incustodito

nei pressi; prenotazione con-sigliabile; ferie gennaio; gior-no di chiusura lunedì. ●Valu-tazione 7,25; prezzo € 30,00;tradizionale, accogliente.

Le vivande servite: principiisiracusani; 88-maccheronicon le sarde alla siciliana;463-nasello alla palermitana;417-carciofi in umido collanipitella; 617-croccante; 681-bianco mangiare.

I vini in tavola: spumante“Mandraffino” (azienda vini-cola PortaReale-TV); bianco“Fania” 2010 Igt Sicilia e Mo-scato di Siracusa “Don Nuz-zo” Doc 2010 (antiche canti-ne Gulino-Siracusa).

Commenti: Il Delegato An-gelo Tamburini ha avviato ilsimposio ricordando la figuradi Pellegrino Artusi che, conla sua opera “La scienza in cu-cina e l’arte di mangiar bene”,ha unito l’Italia ai fornelli econtinua a essere una bussolae un’indiscutibile pietra ango-lare per gli Accademici e pertutti coloro che vogliono met-tersi alla prova in cucina. Sim-posiarca la Consultrice, mem-bro del Centro Studi territoria-le, Anita Rubera che ha pre-sentato “Norme di igiene esuggerimenti per rendere me-no triste la vita, secondo Artu-si”, affascinando l’uditoriocon i consigli e le trovate ori-ginali e spesso intriganti del-l’autore. La cena con degusta-zione delle portate artusiane(principii, minestre, tramessi,umidi e torte al cucchiaio) èstata realizzata, in versionecontemporanea, dal maestrodi cucina Giancarlo Russo edal suo aiuto Filippo Vitiello.Ben abbinati in vini presentatidal coordinatore del servizioe sommelier Antonio Russo.

CAGLIARI CASTELLO23 febbraio 2011

Ristorante “Arke Tavernae”di Cristian Carboni, fondatonel 2010. ●Viale Colombo 3,Quartu S. Elena (Cagliari);=070 883663; coperti 50.

●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura nessuno.●Valutazione 8,50; prezzo €35,00; accogliente, rustico.

Le vivande servite: involtinidi prosciutto con noci e pe-corino; frittura di animelle,carciofi e ortaggi; insalatinadi bottarga, carciofi, sedano;bavette con “orziadas” (ane-moni di mare); trofie conasparagi selvatici e vongole;astice con salsa di lime, aran-cia e germogli di soia; flan diricotta con crema all’arancia.

I vini in tavola: Gavi biodi-namico (cantina BellottiBianco); Falanghina (cantinaFeudi di San Gregorio): Na-sco (cantina Meloni).

Commenti: La serata orga-nizzata dagli Accademici En-zo Meccariello e GiorgioMarracini si è svolta in unambiente familiare e con l’ac-coglienza professionale ecortese del gestore CristianCarboni. I piatti sono risultatisemplici e preparati con pro-dotti freschi e genuini, sele-zionati con grande attenzio-ne e competenza. I giudizisono stati unanimemente po-sitivi, confermati dall’elevatavalutazione. Il servizio velocee premuroso conferma il rap-porto qualità/prezzo del lo-cale, che certamente meritauna rivisitazione. Ottimi gliantipasti, molto apprezzatiprimi e secondi e dessert perla qualità della preparazione.Prima della riunione convi-viale il Simposiarca Marraci-ni, in un breve intervento, haparlato su “Il cibo e le emo-zioni”, evidenziando come ilcibo rinforzi le amicizie e gliaffetti familiari e le emozionici facciano vivere intensa-mente momenti importanti.

CAGLIARI CASTELLO16 marzo 2011

Ristorante “Opus FaMa” diPaolo Tramontana. ●ViaLeonardo da Vinci 60,Quartu S. Elena (Cagliari);=070 8560975; coperti 60.●Parcheggio incustodito;prenotazione opportuna; fe-rie mai; giorno di chiusuramartedì. ●Valutazione 7,50;prezzo € 38,00.

Le vivande servite: tartaredi salmone con crème fraiche

e cetrioli marinati; tagliolinicon ricci freschi e asparagiselvatici; scaloppe di pescecon verdure e frutti di mare;insalata mista; torta di ricottacon crema al nocino.

I vini in tavola: Vermenti-no di Sardegna “Tuttiventi”(cantina Murales, Olbia);Isola dei Nuraghi Igt Sinnos(cantina del Bovale, Terral-ba); Spumante Müller Thur-gau (cantina Cavit, Trento);Moscato di Pantelleria Tanit(cantina Miceli, Sciacca).

Commenti: La serata, or-ganizzata dagli AccademiciDario De Cherchi e Giusep-pe Perpignano, è coincisacon l’inizio delle manifesta-zioni per il 150° anniversa-rio dell’Unità d’Italia. Perl’occasione l’AccademicoUgo Carcassi ha tenuto unaconversazione sull’origine esul significato della coccar-da tricolore (offerta a tutti icommensali). La cena, ispi-rata alle espressioni piùsemplici e più genuine del-la cucina del territorio, si èsvolta in un ambiente acco-gliente e familiare. I piattisono risultati non troppoelaborati e preparati conprodotti freschissimi. Ap-prezzate la tartare di salmo-ne e i tagliolini con riccifreschi e asparagi selvatici.Buona la torta di ricotta.Servizio puntuale e garba-to. Nel complesso una sera-ta piacevole che si è con-clusa con l’offerta, da partedel Delegato, del piatto conil tempietto dell’Accademiaal gestore del locale, con icomplimenti allo chef e conun ringraziamento ai Sim-posiarchi organizzatori.

GALLURA25 febbraio 2011

Ristorante “Osteria del Ma-re” di Karim Larbi, fondatonel 2006. ●Via delle Terme10, Olbia (Olbia-Tempio);=0789 25801; coperti 50.●Parcheggio sufficiente; pre-notazione necessaria; feriegennaio; giorno di chiusuramercoledì. ●Valutazione 8;prezzo € 48,00; raffinato,accogliente.

Le vivande servite: parmi-giana di melanzana conmozzarella di bufala, cremadi rucola, pomodoro confite acciuga trasparente; gran-

chio nostrano con crema disedano, olio extraverginedell’Accademia di Alghero,e caviale di salmone; cremadi ceci con tagliatelle diseppie e cozze fritte; tortel-lo di cime di rapa con cre-ma di lenticchie nere e sfi-lacci di gamberi; branzinoin crosta di polenta, burrati-na pugliese e pomodorodatterino al ginepro; sorbet-to al lime e zenzero; mous-se al cioccolato con cremadi zafferano di San Gavinoe gelato al latte.

I vini in tavola: FuntanalirasDocg Fermentino (cantinedel Vermentino - Monti); An-ghelu Ruju Doc vino liquoro-so riserva (cantine Sella eMosca - Alghero).

Commenti: Riunione convi-viale riservata ai soli Accade-mici durante la quale si èproceduto all’insediamentodella Vice-Delegata MarisaPaulis Mancini. Il menu mari-naro, proposto dall’oramaiaffermato chef Karim Larbi eillustrato dal Delegato LuigiCollu, ha riscosso ottimosuccesso soprattutto per ifantasiosi accostamenti chehanno esaltato i profumi e isapori del mare: in particola-re l’eccellenza si è raggiuntacon il branzino in crosta dipolenta che ha suscitato una-nimi lodevoli consensi. Il ser-vizio ottimo, così come l’am-biente caldo, particolarmenteraffinato e accogliente, ren-dono l’“Osteria del Mare” diOlbia punto di riferimentodell’enogastronomia marina-ra mediterranea.

NUORO25 marzo 2011

Ristorante “Montiblu” diBattistino Menneas, fondatonel 1996. ●Piazza Sebastia-no Satta, Nuoro; =0784231443; coperti 120. ●Par-cheggio scomodo; prenota-zione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 7,20;prezzo € 40,00; familiare.

Le vivande servite: polpi epatate; baccalà alla fruttasecca; code di aragostine al-la catalana; fragole e bottar-ga; burrida di razza con cre-ma di mandorle; fumé di pe-sce con pasta e fagioli; sca-loppa di ombrina al vaporecon rucola, pomodorini e

SARDEGNA

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olio extravergine; gamberialla pancetta con crema dimelanzane e sesamo; tortinoal cioccolato col cuore caldoe letto di gelato alla vaniglia.

I vini in tavola: Bianco Ti-scali (azienda agricola fratelliPuddu - Oliena); Grotta rossa(cantina di Santadi).

Commenti: Il nome è“Montiblu”, montagne bacia-te dalla luna. A cena, in que-sto ristorante, può crearsi lamagia di una notte tutta tintadi blu, anche se il menu nonè di montagna ma di mare, ilmare dell’isola. Tutto mare,quindi, con una varietà dipietanze che potevano farinciampare qualsiasi chef. Lalevità è stata la loro caratteri-stica, grazie a una prepara-zione semplice e tuttavia ac-curata. Il connubio pesci-contorni è stato indovinato.Buoni i binomi polpi-patate,fragole-bottarga, merluzzo-pasta e fagioli, ombrina-ru-cola. Una particolare men-zione al dessert. Un menuvario pur nell’unicità dellaproposta marinara. Buono ilservizio, adeguati i vini, at-mosfera accogliente. Un in-contro conviviale all’altezzadella tradizione accademica.

SASSARI26 febbraio 2011

Agriturismo “Monte Fenosu”dei fratelli Piras, fondato nel2009. ●Località Scala diGiocca, Sassari; =3203349226; coperti 180. ●Par-cheggio incustodito, ampio;prenotazione necessaria; fe-rie mai. ●Valutazione 7,50;prezzo € 35,00; tradiziona-le, accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: salumi eformaggi; pane “carasau” fi-lante; insalata di manzo es-siccato al timo con carciofi;antunna gratinata; carciofi ri-pieni; stinco di bue essiccato,sott’oli e asparagi; ravioli diricotta al “ghisau”; “andarinos”saltati alla mediterranea; “taz-zolas” alla pernice; porcettoalla brace; agnello al Vermen-tino con finocchio selvatico;tagliata di montone con rucolae ricotta mustia; patate al pro-fumo di rosmarino; bietole alvapore; torta al formaggio; gi-randola di ricotta.

I vini in tavola: Filighe2010 Doc, Tuvaoes 2009

Doc, Luzzana 2008 Igt, Cher-chi 2009 Igt, Tokaterra 2010(tutti della Cantina Cherchidi Usini).

Commenti: Sospeso su unpianoro nelle immediate vi-cinanze di Sassari, circonda-to da dolci colline, quasi ina-spettato, in mezzo a tantanatura, un agriturismo bellis-simo e confortevole. La Sim-posiarca Anna Carta Ferrariha illustrato, prima del pran-zo, il menu. Qui il cibo èconsiderato privilegio deipalati raffinati, non corrottida falsi profumi e sapori. Auna tavola abbellita dasplendidi agrumi deposti surustici taglieri di sughero, gliAccademici hanno gustatoun menu di straordinaria va-rietà, preparato con materieprime di produzione propriacon certificazione biologica,che vanno dalla carne alleverdure ai legumi, ispirato auna tradizionale cucina dinotevole livello.

MONACO DI BAVIERA10 febbraio 2011

Ristorante “Al Pino” di Vale-rio Scopel, fondato nel 1985.●Franz Hals str. 3, Monacodi Baviera; =089 799885,fax 089 799872; coperti 120.●Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura nessuno.●Valutazione 7,60; prezzo €60,00; raffinato, elegante.

Le vivande servite: burratasu verdure grigliate con pe-sto di basilico; risotto agliasparagi bianchi; brasato alBarolo con purè di patate everdure; torta di mele caldacon gelato alla vaniglia.

I vini in tavola: Vermenti-no “Aquagiusta” 2008 eCuvée (Cabernet Sauvignon,Cabernet Franc, Sangiovese)“Aquagiusta” 2007, ambeduetenuta La Badiola (Toscana).

Commenti: Il locale si tro-va a Sud di Monaco, in unazona residenziale. Il menu èstato elaborato con moltacura e rispettando la cucinatradizionale del Settentrio-ne, considerate anche leorigini venete del titolare.Tutti i piatti sono stati ap-prezzati per la loro sempli-cità e per l’uso di materieprime di elevata qualità.Servizio ottimo, seguito per-sonalmente dal titolare, Va-lerio Scopel, che ha matura-to nel corso degli anni unagrande e valida esperienzanella gestione di ristorantidi elevato livello.

DEN HAAGSCHEVENINGEN12 febbraio 2011

Ristorante “Il Senso” di Mas-simo. ●Nobelstraat 13, DenHaag; =070 345521; coper-ti 60. ●Parcheggio in centroa pagamento; prenotazioneconsigliabile nei fine setti-mana e nei festivi; apertodalle 17 alle 23. ●Valutazio-ne 8,10; prezzo € 62,00;tradizionale italiano.

Le vivande servite: stuzzi-cherie tradizionali (polpo,polpettine, verdure grigliate,cozze gratinate, prosciutto emelone, bresaola con parmi-giano e rucola); gnocchettisardi alle delizie di mare;zuppa di pesce alla salentina;filetto di manzo al lardo diColonnata con salsa di Baro-lo; assortimento di pasticce-ria mignon.

I vini in tavola: Spumantebrut “La Delizia”, ViticoltoriFriulani La Delizia; Nebbio-lo d’Alba “Marne Brune”,Fontanafredda; Zamò bian-co, Le Vigne di Zamò, ColliOrientali del Friuli; Pinotgrigio Tramini, Alto Adige;Vino Nobile di Montepulcia-no, Poliziano.

Commenti: La sala e la dire-zione del ristorante sono ildominio di Massimo che si èpreso anche cura dei vini, dialta qualità, che hanno ac-compagnato in maniera ec-cellente sia i piatti di pesceche quelli di carne. La cena èiniziata con varie stuzzicherietutte ben preparate, in parti-colare le melanzane grigliatecon la mentuccia e le cozze

gratinate. Anche il pane èstato preparato dal cuocoFrancesco. A seguire glignocchetti sardi dove l’inu-suale accostamento della sal-sa si è rivelato più che indo-vinato. Entrambi i secondisono stati accolti con entusia-smo e la zuppa ha avuto giu-dizi leggermente superiori al-la carne. Cibi abbondanti,compresa la pasticceria, pre-sentata su un piatto enorme,che i commensali sono riu-sciti quasi a finire: il migliorecomplimento per Francesco.Il servizio e l’attenzione delproprietario Massimo hannocontribuito alla riuscita dellaserata.

LONDRA28 febbraio 2011

Ristorante “Theo Randall”dell’“Intercontinental” hoteldi Theo Randall, fondato nel2006. ●Hamilton Place,Londra; =20 73188747; co-perti 145. ●Parcheggio sco-modo; prenotazione consi-gliabile; ferie festività inglesi;giorno di chiusura sabato amezzogiorno e domenica.●Valutazione 8,20; prezzo €65,00; raffinato.

Le vivande servite: cape-sante in padella con polentae cime di rapa; risotto di ma-re; branzino al cartoccio confunghi e spinaci; torta dimandorle e mele cotogne.

I vini in tavola: Prosecco diConegliano e Valdobbiadenenv (Ca’ Morlin); Specognafriulano Colli Orientali delFriuli (Rocca Bernarda) 2009;Riesling Sudtirol (Franz Pratz-ner Vinschgau, Falkenstein)2009; Moscato d’Asti Piemon-te (Gd Vajra) 2008.

Commenti: In occasionedella consegna del diplomadi “Buona cucina” 2010, lochef e gestore Theo Randallci ha accolto con entusiasmoe professionalità. La cenaaveva come tema “Riflessidel Triveneto” - in onoredella regione dove Theo hainiziato ad apprezzare la cu-cina italiana - per l’eleganzadella sala, la presentazionedei piatti e l’accuratezza delservizio. Considerando l’altolivello del ristorante, il prez-zo convenuto era estrema-mente conveniente. La po-

lenta che accompagnava lecapesante era gustosa e cre-mosa; il risotto di mare eraun tripudio di pesce al po-modoro; il branzino al car-toccio con i funghi e spinaciera freschissimo; l’abbina-mento di mandorle e melecotogne nel dessert era par-ticolarmente gustoso. La ce-na è stata la conferma cheTheo merita la sua reputa-zione di chef innovativo,molto bravo a interpretare lospirito e i sapori della cucinaitaliana.

SAN MARINO17 marzo 2011

Ristorante “Casa San Mi-chele” di Marina Freschi,fondato nel 2001. ●StradaSan Michele 82, Cailungo-Serravalle; =0549 904596;coperti 30. ●Parcheggio cu-stodito, sufficiente; prenota-zione necessaria; ferie mai;giorno di chiusura nessu-no. ●Valutazione 9; prezzo€ 40,00; elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: assaggidi zuppe francescane (pan-cotto in brodo di gallina, “bu-blòtt” con fagioli); pasta fre-sca alla Lorenzon (tagliatellecon frattaglie di pollo); carnidelle corti sammarinesi (lin-gua alla garibaldina, pollo alcoccio); merenda dello Stra-done (piada con erbe dicampagna, salumi e formag-gi); dolce delle suore (bu-strengo).

I vini in tavola: Bianco del-l’Unità (Consorzio dei vini ti-pici della Repubblica di SanMarino); Sangiovese (CasaSan Michele).

Commenti: La Delegazione,in ricordo dei centocinquantaanni dell’Unità d’Italia, hamesso in tavola il menu gari-baldino di cui il generale e lesue camicie rosse, nell’estatedel 1849, ebbero a nutrirsi ai

REPUBBLICA DI SAN MARINO

REGNO UNITOOLANDA

GERMANIA

EUROPA

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deschi sammarinesi. Ha of-ferto poi ai commensali ilBianco dell’Unità imbottiglia-to per conto della Delegazio-ne dal Consorzio dei vini tipi-ci di San Marino con appositaetichetta, laddove i coloridelle bandiere d’Italia e diSan Marino sono uniti dalbianco, segno di unità e fra-tellanza. Perfetta l’ospitalità ela qualità della tavola di “Ca-sa San Michele”. Ha dato ini-zio alla serata il soprano Car-la Bendandi che ha fatto do-no ai commensali di unastraordinaria interpretazionedel testo: “Appunti per unasceneggiatura sullo scampodi Garibaldi a San Marino do-ve trova ospitalità e ha salvala vita”, scritto dal DelegatoLeo Marino Morganti. Fra igraditi ospiti della seratal’ambasciatore d’Italia a SanMarino.

MADRID17 febbraio 2011

Ristorante “Scaccomatto” diIgnazio Deias, fondato nel2010. ●Calle Ventura de laVega 13, Madrid; =914297606; coperti 50. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione 7,30; prezzo €

35,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: moz-zarella alla caprese; capo-nata povera alla catanese;zucchine, pecorino e zaffe-rano di San Gavino Mon-reale; fettuccine di Campo-filone con ragù alla bolo-gnese “5 ore”; orecchiettebroccoli e acciughe di Ceta-ra; milanese di vitello; tira-misu classico.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene; bianco Char-donnay di Puglia; Sangiovesedi Puglia.

Commenti: La Delegazio-ne ha visitato l’ultimo natodella catena di ristoranti diIgnazio Deias, uno dei prin-cipali imprenditori gastro-nomici italiani di Madrid. IlSimposiarca Riccardo Ehr-man ha voluto esplorare ilgradimento di fare della pa-sta il piatto re, ma gli Acca-demici di Madrid, interpel-lati uno per uno, si sono

pronunciati in gran maggio-ranza per la fedeltà alla tra-dizione dei due primi. Ap-prezzato il ragù “5 ore”,problematica la milanese.Ottimo il servizio curato daldirettore Roberto Macioccu.

BUDAPEST23 marzo 2011

Ristorante “Osteria Numero11” di Alessandro Arena,fondato nel 2010. ●Sas u.11, Budapest; =3612665248; coperti 85+80.●Parcheggio scomodo (zonapedonale); prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura domenica ininverno. ●Valutazione 7,28;prezzo 10.000 hf (€ 37,00);tradizionale, familiare.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con stuzzi-chini; carpaccio di spada allasiciliana; tagliatellina dellacasa con scorfano e branzinoal rosso di pomodoro; filettodi rana pescatrice al paneprofumato guarnito con ba-con in foglia e zucchine al li-mone; bavarese alla vanigliacon passata di fragole e man-dorle tostate.

I vini in tavola: Prosecco(Mionetto); Sauvignon blanc(Tuzko Birtok).

Commenti: Centralissimo,davanti alla piazza della basi-lica, questo ristorante haaperto i battenti da pocotempo ma, con la guida del-l’executive chef AlessandroArena, ha saputo subito im-porsi per i cibi dai sapori ita-liani (ottimo il pesce che arri-va fresco dall’Italia tutti i gior-ni), per il personale gentileed educato e la varietà delmenu. L’arredo è “smart-ca-sual” e nella bella stagione lapossibilità dei tavoli esterniin zona pedonale sarà certa-mente di grande appeal. Es-sendo il ristorante pieno,purtroppo le vivande servitenon sono state omogeneenelle loro cotture, per cui al-cuni hanno lamentato che ilprimo era scipito e altri che ilsecondo era poco cotto. In-convenienti che lo chef harecepito e certamente correg-gerà nella gestione in cucina.Buona la presentazione epiacevole il vino bianco un-gherese.

SYDNEY 23 marzo 2011

Ristorante “Acqua Pazza” diMario Percuoco. ●1 BentStreet, Sydney; =92470851;coperti 98. ●Parcheggio sco-modo; ferie 10 giorni a Na-tale e 7 a Pasqua; giorno dichiusura sabato e domenica.●Valutazione 7,80; prezzo €50,00; elegante.

Le vivande servite: calama-ri e gamberetti fritti alla na-poletana; gnocchi alla sor-rentina; pesce all’acqua paz-za; braciolette alla napoleta-na; spezzatino d’agnello; pa-stiera napoletana.

I vini in tavola: Lacrima Ch-risti del Vesuvio Doc 2009 eLacrima Christi rosso Doc,tutti Mastroberardino.

Commenti: Il ristorante si tro-va nella city di Sydney. Lochef, di origine napoletana, haseguito la tradizione familiareiniziata dal nonno. I commen-ti degli Accademici sono statimolto favorevoli, con partico-lare predilezione per i fritti, glignocchi e il pesce. Ottimi i vi-ni. Perfetto il servizio e am-biente piacevole.

SAN PAOLO21 marzo 2011

Ristorante “Aguzzo” diOsmanio Rezende, fondatonel 2006. ●Rua Simão Álva-res 325, San Paolo; =00551130837363; coperti 54.●Parcheggio custodito; pre-notazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura do-menica sera. ●Valutazione8; prezzo reais 180,00 (€

75,00); tradizionale, fami-liare, accogliente.

Le vivande servite: carpac-cio di tonno e pesce biancocon asparagi e scaglie di bot-targa; gnocchi di patate e spi-naci in salsa di taleggio; coto-letta di vitello alla bolognesecon insalatina verde; crostatacon gelato alla vaniglia.

I vini in tavola: La Segretabianco Igt Sicilia (Planeta)2009; Cirò Doc Riserva DucaSanfelice (Librandi) 2007; Cre-taccio Negroamaro Igt Puglia(Di Majo Norante) 2008.

Commenti: Per celebrare i150 anni dell’Unità d’Italia el’inizio degli eventi legati al“Momento Italia-Brasil”, laDelegazione ha realizzatouna cena molto interessanteal ristorante “Aguzzo”, direttocon passione e competenzada Osmanio Rezende, unbrasiliano con anima italiana.Il menu si potrebbe chiamare“Italia unita”: con l’antipastoin omaggio alle grandi isole;il primo e il secondo compo-sti da piatti del Nord abbinatia vini del Sud; il dolce con lemele per ricordare le regionidelle frontiere con altri Paesieuropei. Anche le ricette nonsono state scelte a caso, trat-tandosi di vere icone dellacucina italiana in Brasile.Simposiarca della serata ilneo Delegato Gerardo Lan-dulfo, che ha ringraziato glioltre 50 Accademici e amici.La cena si conclusa con unbuon caffè, un prodotto tipi-camente brasiliano ma anchequi bevuto in stile italiano.

GUANGDONG19 marzo 2011

Ristorante “Buongiorno” diBuongiorno Italian Restau-rant, fondato nel 2006. ●3rdfloor Yian Plaza 33, JiansheLiu Malu, Guangzhou/ Can-ton; =86 20 83633587; co-

perti 100-110. ●Parcheggioinsufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie una setti-mana durante il Capodannocinese; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7,55;prezzo rmb 546 (€ 60,00);familiare, accogliente.

Le vivande servite: antipastodi cicale di mare in olio e li-mone, insalata di polpo e ca-pesante gratinate; tagliatellealla bolognese; rigatoni cacioe pepe; carré di agnello in cro-sta di pane; strudel di mele.

I vini in tavola: Pinot grigioCollio Doc 2009 (Fiegl);Aglianico Terredora Igt 2007;Morellino di Scansano Doc2009 (tenuta Sette Ponti);Passito Ecru (Firriato).

Commenti: Dopo aver aper-to il convivio, il console ge-nerale d’Italia Paolo Miragliadel Giudice, alla presenza diimportanti autorità cinesi edei consoli generali di Brasilee Finlandia, ha commemora-to il centocinquantesimo an-niversario dell’Unità d’Italia,esprimendo compiacimentoper il lavoro di salvaguardia evalorizzazione che la Delega-zione sta attivamente portan-do avanti. Per meglio identifi-care l’unità del nostro BelPaese, assieme al cuoco Giu-seppe Amorello e al direttoredel ristorante Alessandro Bo-nafé, si è scelto un menu cheunisse, con piatti e vini tipici,più regioni d’Italia. L’antipa-sto di mare è stato unito a unPinot grigio dei colli friulani;le tagliatelle e i rigatoni abbi-nati a un Aglianico campano;l’agnello sardo accostato conun Morellino di Scansano; lostrudel tirolese accompagna-to a un Passito siciliano. Il tut-to coordinato dal Vice-Dele-gato e Simposiarca della sera-ta Cristiano Bernardi. I com-menti degli Accademici sonostati generalmente positivi,anche se va puntualizzatoche i rigatoni necessitavanodi una maggiore cottura e chel’agnello di alcuni è risultatopoco cotto.

CITTÀ DEL MESSICO3 marzo 2011

Ristorante “Café Torino” diLeopoldo Rigoletti e KarinaMorales, fondato nel 2011.●Vasco de Quiroga 1700,

MESSICO

CINA

BRASILE

AUSTRALIA

UNGHERIA

SPAGNA

REPUBBLICA DI SAN MARINO segue

N E L M O N D O

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 59

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Città del Messico; = 5552922486; coperti 156.●Parcheggio custodito; pre-notazione consigliabile; fe-rie 25 dicembre-1 gennaio;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 7,76; prezzo€ 41,00; rustico.

Le vivande servite: orec-chiette con cime di rapa; ri-sotto asiago e funghi; saltim-bocca alla romana; coniglioalla cacciatora; asparagi ebroccoli; tiramisu; cannolo si-ciliano.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene brut, Vsqprd,Nino Franco; Pinot grigio Igt2009, Farnese Terre di Chieti;Santa Christina Igt 2008, Mar-chesi Antinori.

Commenti: La cena cultura-le si è svolta in un ambientepiacevole e allegro. La Sim-posiarca Augusta Terzi hapresentato una breve relazio-ne sul libro di Pellegrino Ar-tusi, “La scienza in cucina el’arte di mangiar bene”. Han-no avuto un gran successo lepizzette con mozzarella dibufala. L’ambiente è moltoaccogliente e il servizio im-peccabile. Gli Accademicihanno ricevuto una spiega-zione dettagliata del menu daKarina Morales, la direttricedel “Café Torino”.

DOHA21 marzo 2011

Ristorante “Bice” La PerlaDoha. ●Prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 8; prezzo € 60,00; ele-gante.

Le vivande servite: carpac-cio di cernia ai profumi me-diterranei; zuppa di pescedella Versilia con crostoni dipane all’aglio; garganelli fattiin casa al ragù di tacchino af-fumicato e piccole verdureprimavera; branzino del Me-diterraneo alla sarda; sgrop-pino; ossobuco di vitello conrisotto alla milanese; semi-freddo al torroncino con sal-sa di nocciole.

I vini in tavola: Ribolla gial-la 2008 (Attems - Veneto);Roero Arneis 2008 (Prunotto- Piemonte); Morellino diScansano 2008 (Santa Maria

Frescobaldi - Toscana); Fa-langhina 2008 (Nuschese -Campania); “Il vino dei poe-ti” Prosecco brut (Aldo Botte-ga); Barbera e Syrah 2008(Mompertone - Prunotto -Piemonte); Moscato d’Asti2009 (Prunotto - Piemonte).

Commenti: Grande succes-so della riunione convivialeorganizzata dalle Accademi-che Ghada Shouly, Noor AlFardan e Huda Omar nellasede qatarina dello storicoristorante “Bice” di Milano.La riunione conviviale si èsvolta nella magnifica terraz-za affacciata sul mare, sottola perfetta direzione di saladi Franco Codognato. Lochef Nicola Bacchi ha pro-posto una serie di piatti pro-venienti da diverse regionid’Italia che gli Accademicihanno molto apprezzato.Particolare successo hannoriscosso la zuppa di pescedella Versilia, il branzino allasarda e il tradizionale risottoalla milanese con l’ossobu-co. Il ristorante ha un’ottimacantina e per l’occasione so-no stati selezionati vini pro-venienti dalle diverse regio-ni italiane.

SANTO DOMINGO9 marzo 2011

Ristorante “La Briciola” diCarlo Prandoni, fondato nel1994. ●Calle Arzobispo Me-rino 152/A, Santo Domingo;=809 6885055, fax 8096886038; coperti 250. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; ferie Set-timana santa; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione 7,50; prezzo rd$3.000 (€ 57,00); elegante.

Le vivande servite: la ban-diera (rucola, mozzarella dibufala, prosciutto di Parma);agnolotti 1861 (ripieni di“churrasco”); agnello alla Ca-vour con purè di broccoli epeperoni; crema bruciata.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene brut; Monte-pulciano d’Abruzzo MarinaCvetic, Doc 2006 (Masciarel-li); Moscato d’Asti.

Commenti: Per la celebra-zione del 150° anniversariodell’Unità d’Italia è stato scel-to questo ristorante, senza

dubbio il più bello e sugge-stivo di Santo Domingo. IlDelegato, nonché Simposiar-ca per l’occasione, MarioBoeri ha aperto il convivio ri-chiamando rapidamente ipunti più importanti che han-no portato la nostra penisolaa unirsi e invitando a nonperdere i valori principali delRisorgimento. È stato quindiascoltato l’inno di Mamelinella storica interpretazionedi Mario del Monaco, dallacollezione privata del gestoredel locale Carlo Prandoni,che ha creato l’ambiente ap-propriato per la celebrazio-ne, con bandiere italiane atavola e decorazioni floreali.Altrettanto ha fatto il cuocoFausto Frometa con la pre-sentazione e l’esecuzione deipiatti. Molto apprezzati gliagnolotti al “churrasco”(7,50), l’agnello alla Cavour,tenerissimo, e la crema bru-ciata al momento. Il Monte-pulciano è stato l’abbina-mento perfetto con il primo esecondo piatto (7,90), moltobuono il servizio (8), am-biente da sogno (8,40), di-screto rapporto qualità/prez-zo (7,50).

LOS ANGELES7 febbraio 2011

Ristorante “Osteria Mamma”di Filippo Cortivo e Loreda-na Cecchinato, fondato nel2010. ●5732 Melrose Ave-nue, Los Angeles; =3232847060; coperti 80. ●Par-cheggio con valet parking;prenotazione consigliabilesoprattutto nel fine settima-na; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,20; prezzo $ 55,00.

Le vivande servite: pizzamozzarella, gorgonzola e pe-ra; tagliere di formaggi; cro-stini di burrata; polpolata;carpaccio di salmone; raviolial burro e salvia; reginettedella “Mamma” (con guan-ciale, salsiccia, radicchio tre-vigiano); bigoli neri alla bot-targa; gnocchi ai porcini; ri-sotto all’arancia; tiramisu epanna cotta.

I vini in tavola: ProseccoVilla Sandi; Malvasia VenicaDoc Collio 2007; Cerasuolodi Vittoria Gulfi Docg 2009;Moscato d’Asti Il Conte d’Al-ba Docg.

Commenti: Ristorante a ge-stione familiare, rinomatoper la qualità delle paste fattea mano da “mamma” Loreda-na. Il locale, semplice e bencurato, ha due sale che alpieno della capienza (40 per-sone ciascuna) diventano ru-morose. Quotidianamente èun’osteria che serve la clien-tela locale. Lo chef, attivo aLos Angeles dal 2004, propo-ne prevalentemente specia-lità della cucina veneta. Dapoco l’osteria ha ricevutol’autorizzazione a servire i vi-ni: al momento la lista è limi-tata ma di buon livello. Per lacena conviviale è stato con-cordato di presentare un me-nu basato su antipasti e pri-mi. Sono state proposte cin-que paste, fra le quali hannoavuto un buon successo i bi-goli neri alla bottarga e gam-beri, gli gnocchi ai porcini eun originale risotto all’aran-cia. Nel complesso di unaproposta gastronomica forseun po’ abbondante, il servi-zio si è rivelato attento mainadeguato al numero deicommensali.

NEW JERSEY2 marzo 2011

“Bottarga Restaurant” di Ro-bert Vicari e Carlo Carbona-ro, fondato nel 2008. ●80Wagaraw Road, Hawthorne;=973 4234433, fax 09734232333; coperti 265. ●Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì.

Le vivande servite: guancedi halibut muniere; arancini;seppia alla griglia; gnocchi altelefono; strozzapreti; coni-glio al forno; halibut; dessertcappuccino.

I vini in tavola: Leone d’Al-merita 2009; Lamuri Nerod’Avola 2008.

Commenti: La Simposiarca,Marina Perna, ha tracciatouna interessante e dettagliatadescrizione del menu sicilia-no con spiegazioni sulle ori-gini degli ingredienti e le ra-gioni ambientali e culturalidella loro scelta. Molto gradi-ti, tra gli antipasti, gli arancinisiciliani e le seppioline allagriglia. Particolarmente ap-prezzati, tra i primi piatti, glistrozzapreti con melanzane atocchetti e gamberi della Flo-

rida, mentre tra i secondi ilpiatto forte della serata è sta-to il coniglio con porcini epolenta. Hanno accompa-gnato le vivande due vini si-ciliani molto graditi, il biancod’Almerita e il Nero d’Avola.Molto curato il dessert. Serataveramente ben riuscita, ter-minata con l’applauso ai dueproprietari del ristorante.

NEW YORK2 marzo 2011

Ristorante “Accademia Divi-no” di Anthony Mazzola,fondato nel 2008. ●1051Third Avenue at 64th St.,New York; =212 8886333;coperti 180. ●Ferie mai;giorno di chiusura Natale eRingraziamento. ●Valuta-zione 9,35; prezzo $150,00;raffinato, caratteristico.

Le vivande servite: capona-ta; cavoletti di Bruxelles gri-gliati; capesante con cavol-fiore al forno; vassoio di for-maggi La Tur (gorgonzolapiccante, parmigiano reggia-no); vassoio di salumi (pro-sciutto di Parma, cacciatorini,mortadella); tartare di man-zo; bucatini all’amatriciana;branzino su funghi al pomo-doro; pollo fritto alla milane-se; costolette di maiale arti-gianale con patate arrosto,radicchio alla griglia e mo-starda di frutta; brutto al cioc-colato; tiramisu sorbet.

I vini in tavola: Prosecco deFaveri; Kernerlahn Castelfel-der Alto Adige 2009; Rossodei Colli Maceratesi VardòFontezuffa San Domenico2008.

Commenti: Serata meravi-gliosa in un ambienteconfortevole, caldo e simpa-tico. Cibi ottimi, vini ancoradi più. Gli stuzzichini con ilProsecco, prima di sedersi,erano delle piccolissime piz-ze con pomodoro, basilico emozzarella, con taleggio especk e con pecorino tartu-fato e paté di tartufo nero,gioia per cuore e palato. Tragli antipasti, apprezzatissimespecialmente le capesantecon il cavolfiore al forno. En-tusiasmo per i bucatini all’a-matriciana e soprattutto peril branzino, delicatissimo efreschissimo. Stesso entusia-smo hanno riscosso la costo-letta di maiale con deliziosepatate al forno e i dolci, so-

STATI UNITIREPUBBLICA DOMINICANA

QATAR

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 60

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

prattutto il brutto di cioccola-to con un notevole gelato alpistacchio. I vini ottimi e ab-binati alla perfezione parten-do dal Prosecco De Faveri, ilmigliore assaggiato finora. Lacosa più piacevole è stata lacostante attenzione del diret-tore John Fanning e dellochef Kevin Garcia che hannorisposto a tutte le domandein maniera molto soddisfa-cente.

VIRGINIA27 marzo 2011

Ristorante “Castiglia’s Ita-lian Eatery” di Vittorio Casti-glia, fondato nel 1990.●2100 S. Pleasant ValleyRoad, Winchester; =5407226048; coperti 70. ●Par-cheggio ampio antistante;prenotazione non necessa-ria; chiusura Natale, Pasquae 4 luglio. ●Valutazione8,50; prezzo $ 48,00.

Le vivande servite: stuzzi-chini di scamorza affumicatae bruschetta; cavatelli consalsa alla molisana; involtinidi coniglio con salsiccia; pa-stiera molisana.

I vini in tavola: ProseccoLamarca; Montelpulciano Ru-fina, 2009; Falanghina CampiFlegrei, cantine del Mare,2009; Lambrusco, LoghinoDante.

Commenti: Vittorio Casti-glia, appassionato seguacedella cucina regionale delMeridione, ha saputo ben in-terpretare i piatti tipici delMolise con un pranzo cultu-rale che si è espresso anchein una straordinaria dimostra-zione della preparazione del-la scamorza. Gli ingredientifreschissimi e soprattutto ladestrezza di mano dell’anfi-trione hanno prodotto un’ec-cellente scamorza, in parteaffumicata seduta stante. Ilcarattere culturale della riu-nione conviviale è stato poiesaltato dalla presentazionedella Simposiarca Susan Gar-rett, che ha tracciato un qua-dro storico del Molise e dellasua cucina. Sorprendente,inoltre, il fatto, segnalato dal-la Simposiarca, che il Molisesia il maggior consumatorenel Sud di polenta, spesso as-sociata alle verdure. Tra i trevini Doc del Molise si distin-gue il Biferno, nelle varietà

rosso, bianco e rosato. Secon-do alcuni esperti non è daescludere che proprio il cli-ma, la povertà del suolomontagnoso e le variazionid’altezza dei vigneti possanodi fatto permettere la produ-zione di vini di eccellentequalità. Scamorza a parte, icommensali hanno tributatoun sincero plauso agli invol-tini di coniglio farciti di pro-sciutto, accompagnati da unasalsiccia fatta in casa dal fra-tello dell’anfitrione, anch’egliristoratore.

WASHINGTON28 febbraio 2011

Ristorante “Acqua al 2” di AriGejdenson, fondato nel 2010.●212 7th Street, SE, Washing-ton; =202 5254375; coperti110. ●Parcheggio scomodo;prenotazione consigliabile;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 8; prezzo $95,00.

Le vivande servite: stuzzi-chini; ribollita; insalata di fi-nocchio, pinoli, radicchio eparmigiano; strozzapreti alpomodoro; grigliata di con-trofiletto su letto di rucola;cantuccini.

I vini in tavola: ProseccoMontelliana; Isole e Olena2008, Chianti classico; Ca-breo il Borgo 2007, Super Tu-scan; Vin santo.

Commenti: Un nuovo risto-rante, nell’area dei mercati,ha offerto una calda acco-glienza agli Accademici e ailoro ospiti in occasione del-l’ultima riunione invernale. Ilproprietario e chef, insiemeal Simposiarca, ha realizzatoun menu fiorentino accom-pagnato da vini eccezionali eun ottimo servizio. La ribolli-ta eccellente e appetitosa po-teva essere servita in un risto-rante a Firenze. Seguiva unagradevole insalata di finoc-chio e radicchio, finementetagliati, in una salsa agrodol-ce. Gli strozzapreti eranougualmente gustosi, duegrosse polpette in sugo dipomodoro. Per ultimo il piat-to forte: una grigliata di con-trofiletto, cotto alla perfezio-ne e adagiato su un letto dirucola. Un ben noto Chiantie un Super Tuscan accompa-gnavano questo deliziosobanchetto. Una serata perfet-

tamente riuscita che ha ri-scosso un alto punteggio.

MONTEVIDEO24 febbraio 2011

Ristorante “Malandrino” diMarcello Botta, fondato nel2009. ●Avenida Millán an-golo Arteaga, Montevideo;=598 23361291; coperti 70.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;

ferie Carnevale e Pasqua;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7,50; prezzo €44; accogliente.

Le vivande servite: car-paccio di vitello; penne ri-gate alla bergamasca; stincodi agnello in crosta ripienodi verdure e formaggio ca-membert; fichi flambé congelato alla vaniglia.

I vini in tavola: ProseccoVilla Jolanda Doc (Santero);Valpolicella Doc 2009 (Bolla);

Dolcetto del Monferrato VillaJolanda Doc 2008 (Santero).

Commenti: Ambiente acco-gliente, tavola ben apparec-chiata, servizio cordiale.Piatti ben selezionati: lo stin-co di agnello, a giusta cottu-ra (rosé), ha ricevuto un altopunteggio. Prosecco di buo-na qualità servito a tempera-tura ottimale. Valpolicella eDolcetto accettabili. Il prez-zo è risultato alquanto eleva-to, anche a causa dell’altocosto dei vini italiani.

URUGUAY

STATI UNITI segue

LE RICETTE D’AUTORE

De’ peselliTogli i pesi e poni a bullire con molta acqua, e riserva l’acquanella quale tu possa fare suppa a modo di Francia. E poni inpadella cipolla con oglio a soffriggere; e quando è soffritta,metti la detta acqua nella detta padella, et allora togli pane,tagliato grosso mezzanamente, e poni in detta acqua con spe-zie, e dentro vi si immolli. Poi togli i pesi predetti, e poni a cuo-cere altra acqua con oglio, sale e cipolla, e da’ a mangiare.

ANONIMO TOSCANO DEL TRECENTOdal “Libro della cocina”

Piselli fricti in carne salataPiglia i piselli con le scorze como stanno, et fagli dare un bo-glio. E togli carne salata vergellata et tagliala in fette sottili etlonghe mezo dito et frigele un pocho. Et dapoi mitti li ditti pe-selli accocere con la ditta carne. Et ponevi un pocho de agre-sto, un pocha de sapa, overo zuccharo, et un pocha di canel-la. Et similemente se frigono li fascioli.

MAESTRO MARTINO DA COMOda “Libro de arte coquinaria” (1450)

Torta di piselliPigliarai quattro libre di piselli teneri; rifatti che saranno, lipestarai nel mortaro, li passarai per setaccio, pigliarai oncesei di condito, quattro once di fior di cedro condito, e insiemevi mettarai quella polpa di piselli passati per setaccio, aggion-gendovi un quarto di canella fina, sei once di butiro fresco,sei rossi di ova, cascio parmegiano una libra, panna di latteuna libra, mescolarai il tutto insieme facendo un foglio di pa-sta frolla, ontarai la padelletta proporzionata con butiro,mettendovi il foglio, vi porrai sopra la preparata combinazio-ne, e la coprirai di sopra con un altro foglio ben onto di buti-ro, e sia intagliato con vaghi fogliami; sia servita calda, conzuccaro sopra.

BARTOLOMEO STEFANIda “L’arte di ben cucinare” (1662)

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 61

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

NUOVI ACCADEMICI

PIEMONTE

Alba-LangheCarla CrosettiPiercarlo Marengo

Ciriè Silvana Richetta Reviglio

Torino LingottoFranco CornoElias El Haddad

LOMBARDIA

LarianaAngela BracutoMirella Quattrone

Milano BreraPaola Raffaella Canziani

FRIULI-VENEZIA GIULIA

Muggia-CapodistriaMarzio Calacione

PordenoneLoris BrisottoGennaro Fumo

EMILIA ROMAGNA

Bologna-San LucaCristiano AthanassiadisFederico CanovaMarta LambertucciEnzo LucisanoCarmine PetioSandro Zanasi

TOSCANA

FirenzeBiagio AgnelloFrancesca BartoliniFrancesco CappelliLuigi Cecchini

Roberto Vasarri

Firenze PittiCarmelo GulloMaria Luisa Eliana LuisiRuth Marchetti SchmidMauro Marchionni

SienaSerena CapitaniVersilia StoricaGherardo GuidiCarla Valenti

VolterraEnrico CasiniPaolo Gazzarri

MARCHE

Pesaro-UrbinoAlberto Vivenzio

ABRUZZO

TeramoPaolo Rasicci

CAMPANIA

NapoliLucio Cirino PomicinoAnna Marina Pastore DocimoCarmela Pisacane MastrangeloPaolo Lorenzo Romanello

PUGLIA

Castel del MonteMichele Diella

Foggia-LuceraClemente De GirolamoMaria Annita ForteAntonio Soranno

CALABRIA

CrotoneAntonello Almagno

Roberto Vitti

CosenzaFrancesco Amato

SICILIA

CataniaAttilio CappellaniVincenzo D’AgataConcetto TrombettaMirella Viero

MarsalaMaria Antonietta De Stefano

SARDEGNA

Cagliari CastelloSalvatore GullottaMaria Ledda

BRASILE

San Paolo SudCyro Gandelhman

GERMANIA

ColoniaDorothee Bongartz Marques

DüsseldorfKarl-Heinz Lauser

GIAPPONE

TokyoAtsunori Matsumoto

PRINCIPATO DI MONACO

MonacoDario Di CaterinoGabriella MalacarneAlessandro OlivieriLaura Stringa

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 62

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

QATAR

DohaGhida Aljuburi DamirjiSuzanne Kanaan

STATI UNITI

Los AngelesFederica AttallaGloria Novi

New YorkMarco Pelle

SVIZZERA

Svizzera ItalianaPaola Pettinati

TURCHIA

IstanbulCem BahadirFrancesco Boari

UNGHERIA

BudapestEnrico BarbieriViktor De Maio

TRASFERIMENTI

TOSCANA

LivornoPaolo Neri (dalla Delegazione di Perugia)

VARIAZIONE INCARICHI

LOMBARDIA

Monza e Brianza ConsultoreAndrea Vagliè

MARCHE

Ascoli PicenoVice-DelegatoCostantino GullìConsultori Andrea Gentili (Segretario)Vincent MazzoneVittorio Ricci

AUSTRALIA

CanberraDelegatoRaffaele Iannizzotto

Vice-DelegatoLuciano LombardoConsultoreAndrea Traversi (Segretario-Tesoriere)

GERMANIA

DüsseldorfConsultoriDirk BeckerFrancesco Evangelista

NON SONO PIÙ TRA NOI

PIEMONTE

Biella Gustavo Buratti Gildo Quazza

EMILIA ROMAGNA

Bologna-San LucaMaurizio Barcelloni CorteAngelo Pierangeli

SICILIA

RagusaRosario Baglieri

Aggiornamenti a cura diCARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO

e LORENA GALLINA

Una volta eravamo solo i “mangia-spaghetti”. Oggigli Usa scoprono che l’Italia è anche altro: una cuci-na sana, gustosa e, soprattutto, di qualità. Qualitànel know-how della preparazione, ma anche qualitàdei prodotti. Proprio quel tipo di qualità che gli americani hannocapito essere fondamentale per la salute dei loro figlie che tanto cercano. Per questo il New York City De-partment of Education, l’ente incaricato di fornireogni giorno 900.000 pasti alle scuole della città diNew York, è volato nel Bel Paese. E dove è sbarcato? Alla Fiera di Parma, per un pro-

getto di collaborazione con “Cibus”, che vedrà l’entepromozionale dell’Italian food impegnato nella sele-zione delle imprese italiane, che verranno poi esami-nate dall’Amministrazione newyorkese per la forni-tura delle sue mense scolastiche. Insomma, le istituzioni Usa guardano proprio a noicome modello alimentare da seguire, così da offrireagli “americani di domani” la garanzia di mangiarebene. E di avere una vita sana, insieme alla conoscenzadella corretta alimentazione sin da piccoli.

(dai giornali)

IL CIBO MIGLIORE PER I RAGAZZI AMERICANI?QUELLO MADE IN ITALY, “OF COURSE”

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 63

D A L L E D E L E G A Z I O N I

ASTI

IN CASA BOSCA

Per il rituale appuntamentocon la “bagna caoda”, la Dele-gazione si è riunita nella fore-steria Bosca. Luigi Bosca, peranni Accademico astigiano,ora a Budapest, con la sua abi-tuale ospitalità ha offerto l’ape-ritivo, nelle suggestive cantine,e tutti i vini consumati duranteil convivio. Le presenze di Ac-cademici di altre Delegazionisono state numerosissime. La“bagna” è sempre un grandemomento di aggregazione ac-cademica; la salsa tenue e deli-cata è stata servita ben calda econ le canoniche verdure.Sempre graditissimo il gran fi-nale con la polenta e l’ovettoper raccogliere ciò che restanel “fujot”; buono il bollito,gradevoli i dolci. Complimentiai Simposiarchi Paolo Bongior-no e Piera Rabino, e un graziespeciale ai coniugi Bosca, raf-finatissimi padroni di casa.

ASTI

GITA AD ALBENGA

Un gruppetto di Accademicidella Delegazione, con la col-laborazione dell’attivissimoneo Delegato di Albenga, Ro-berto Pirino, ha organizzatouna gita “gastroculturale” adAlbenga. Dapprima una visitaallo show room di Noberasco,noto produttore di frutta seccae candita di altissima qualità,poi una breve passeggiata perla città fino a raggiungere il ri-storante “Pernambucco”, checi piace visitare una volta l’an-no, certi dell’ottima cucina. Ilmenu comprendeva: tortino diverdure; insalata di gamberi ecarciofi (piatto che, da solo,merita una visita al ristorante);carciofi alla Gualtiero Marche-si; cozze ripiene (antica ricetta

ligure); ravioli di pesce al sugodi crostacei; risotto ai carciofidi Albenga; gran fritto misto dipesce e crostacei (meraviglio-so); parfait con gelato alla cre-ma e marmellata di Pernam-bucco. Come ogni anno, ungrazie particolare a Robero Pi-rino, che ci accompagna e cisegue nella nostra gita. (PieroBava)

BIELLA

IL RISORGIMENTOIN TAVOLA

Con questo titolo la Delegazio-ne ha iniziato le celebrazionidei 150 anni dell’Unità d’Italiafesteggiando anche i 50 annidella propria fondazione.Quest’ultimo evento è stato ri-cordato al Circolo sociale doveè nata la Delegazione biellese.Il Delegato ha raccontato chedurante un interclub lionisticoa Novara, il professor CarloNasi notò un “giovane” CarloGreppi particolarmente insod-disfatto di come le cose, ga-stronomicamente parlando, sistavano svolgendo. Incuriosi-to, chiese ragione di questo“cahier de doléance”, condivi-dendo appieno le osservazio-ni, tanto da invitare Carlo a co-stituire a Biella la Delegazionedell’Accademia. La serata at-tuale ha visto la presenza dinumerosi ospiti tra cui il Con-sultore nazionale Giorgio Zò;inoltre sono stati presentatidue nuovi Accademici: PierGiacomo Borsetti e WilmerBroglio. Il menu, studiato dalnostro storico Giorgio Lozia,ha voluto ricordare i personag-gi che hanno contribuito al Ri-sorgimento. Le semplici uovasode ripiene di maionese,prezzemolo e tuorlo sono stateun omaggio alla figura di RosaVercellana, che si improvvisa-va cuoca per gli incontri conre Vittorio Emanuele. Lo stoc-cafisso in umido col pomodo-ro, olive e capperi ha ricordatoPietro Pasqual Cucco, l’unico

biellese che partecipò all’im-presa dei Mille, decorato conla medaglia del Consiglio civi-co di Palermo nel 1860. Il sor-betto limone e salvia è un’in-terpretazione del “punch à laromaine” introdotto dal Vialar-di nei menu delle cene di galaa Palazzo reale. Il timballo dicinghiale ha simboleggiato ilgrande amore per la caccia diVittorio Emanuele. Gli Accade-mici sono stati entusiasti del-l’esecuzione dei piatti e dell’at-mosfera ottocentesca ripropo-sta. All’Accademico ClaudioAquili è toccata la relazionestorico-enologica, trattata conl’abituale competenza ed entu-siasmo. Particolarmente ap-prezzato è stato il cartoncinodel menu con le immagini diprotagonisti dell’Unità d’Italia.Il Circolo è stato decorato inmodo delizioso con rose bian-che e rosse, candele bianche edrappeggi dell’Accademia. Igestori, nonché chef, RobertoGallo e Davide Moises, anchemaître, hanno stupito i com-mensali con una perfetta ese-cuzione dei piatti. (MarialuisaBertotto)

GENOVA

OSPITALITÀ ALBERGHIERADI QUALITÀ

Negli storici ed eleganti am-bienti dell’hotel “Bristol Pala-ce”, situato nel centro cittadi-no, la Delegazione si è dataappuntamento per la riunioneconviviale dedicata alla civiltàdella tavola. La Delegata PaolaMassa ha scelto una strutturatra le più importanti nella sto-ria dell’ospitalità cittadina, persviluppare un tema complessoqual è quello della ristorazionenei grandi alberghi. Gli Acca-demici sono stati accolti congrande gentilezza dal dott.Giovanni Ferrando, direttoredell’hotel, il quale, esponendoper sommi capi la storia della

struttura, a partire dal lontano1904, ha sottolineato come sisiano sempre mantenute laqualità del servizio e l’attenzio-ne verso l’ospite che l’hotel of-friva alla facoltosa clientela in-torno al primo quarto del se-colo scorso. Gli Accademicihanno potuto apprezzare laprofessionalità del personale el’eccellente conservazione diun ambiente dal grande fasci-no in stile Belle époque. Hapreso quindi la parola il dott.Andrea Zanini, ricercatorepresso la Facoltà di Economiadell’Università di Genova, cheha intrattenuto sul tema “Ospi-talità e ristorazione a livello in-ternazionale all’inizio del XXsecolo”. Proprio le vicende le-gate al “Bristol Palace” hannocostituito il filo conduttore perraccontare una storia di im-prenditoria ma anche la storiadella città che vede, nell’apriledel 1922, Genova protagonistain occasione della Conferenzainternazionale economica natacon l’obiettivo di agevolare laricostruzione dell’Europa do-po il primo conflitto mondiale.In quell’occasione, il “BristolPalace”, come altri grandi ho-tel cittadini e delle riviere, ave-va ospitato alcune delle trenta-due Delegazioni presenti allaConferenza, tra cui proprioquella italiana. L’attività dei grandi alberghi, inquesto periodo, assegnava unruolo primario alla ristorazio-ne, che era determinante nelgradimento della raffinataclientela. Spesso ai banchettierano presenti centinaia dicommensali, per cui la quan-tità delle materie prime impie-gate era enorme e talvolta eranecessario trovare spazi nonconvenzionali in cui allestire lecucine. Le aziende alberghierea Genova si occupavano, inol-tre, di allestire ricevimenti inluoghi privati, attività che pre-correva il moderno catering, esoprattutto di gestire la ristora-zione di lusso a bordo deitransatlantici da e per l’Ameri-ca, allargando la propria noto-

LIGURIA

PIEMONTE

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2011 • N . 227 • PAG INA 64

D A L L E D E L E G A Z I O N I

rietà su ambedue le spondedell’oceano. Alla fine dell’inte-ressante e seguito interventodel dott. Zanini, corredato an-che da immagini fotografiche,gli Accademici e i loro ospiti sisono spostati in una delle saleda pranzo dell’hotel, dove gliarredi sono ancora quelli origi-nali. In stretta coerenza con iltema della serata, il menu ri-proponeva alcune delle vivan-de servite all’epoca, come latrota marinata e i “piccoli afri-cani”, rielaborati con grandeprofessionalità dal prof. Danie-le Napoli, docente dell’istitutoalberghiero “Bergese”, perl’occasione eccezionalmentechef nelle cucine del “BristolPalace”.La cena è iniziata con la trotamarinata con punte di aspara-gi, seguita da medaglioni di vi-tello con patate alla crema ac-compagnati da piccoli africanie si è chiusa con i canestrellifatti in casa con crema allo za-baione. I vini: Vermentino Colli di Lu-ni, Sangiovese Lungarotti eSpumante secco Cesarini Sfor-za per un brindisi finale.Gli ospiti, tra cui Elena Pepe,Accademica di Milano e mem-bro della Consulta nazionale,ed Enrico Alloero, Accademicodi Asti e direttore del CentroStudi della Liguria, hanno ap-prezzato la cena soprattuttoper la sua capacità evocativadi un mondo e di un modo diessere del tutto scomparsi. Laserata si è conclusa con unbreve intervento della Delega-ta, che ha parlato delle prossi-me iniziative.

LODI

LA CUCINA LOMBARDANEI RICETTARI

La Delegazione ha commemo-rato i 150 di Unità nazionaleinsieme al centenario dellamorte di Pellegrino Artusi. Co-

me evidenziato nella relazionedi Silvana Chiesa, membro delCst della Lombardia, in aper-tura di una riunione convivialemolto partecipata, alla presen-za di autorità e stampa, il ruolosvolto dall’opera dell’Artusi èdi grande rilevanza per l’affer-marsi, in ambito nazionale, diricette fino ad allora confinatenelle tradizioni locali. La rela-trice ha sottolineato come unmodo per indagare quale siastato il contributo della gastro-nomia regionale lombarda allacostruzione della cucina italia-na possa essere quello di con-sultare alcuni ricettari pubbli-cati dopo l’Unità d’Italia. Il pri-mo testo da cui naturalmentenon si può prescindere è quel-lo di Pellegrino Artusi, pubbli-cato per la prima volta nel1891, che ancora oggi risultaessere il ricettario italiano piùfamoso e conosciuto al mon-do. Per quel che riguarda laLombardia, nel libro dell’Artusisi trovano 8 piatti, tra i qualiben tre versioni del risotto allamilanese, naturalmente la co-stoletta di vitella di latte allamilanese (la cui ricetta è “di-scutibile”), l’osso buco (di cuiscrive: “Bisogna lasciarlo fareai Milanesi, essendo una spe-cialità della cucina lombarda”),e il panettone della Marietta.Silvana Chiesa ha citato poi al-tri testi, come quello di VittorioAgnetti, in cui le ricette dellaLombardia salgono a 11 e chescrive: “Il prototipo della cuci-na italiana, fuori dall’Italia, è lacucina lombarda”, e quello diAlberto Cougnet. Molti testi, ha fatto notare larelatrice, mostrano come il ri-ferimento sia quasi sempre auna cucina lombarda praticatain ristoranti, trattorie, osterie:una “rappresentazione pubbli-ca”. Nel 1934 la “romanissima”Ada Boni pubblica “Il talisma-no della felicità”, nel quale so-no citate 18 ricette in cui com-paiono toponimi lombardi.Nei ricettari del periodo belli-co e postbellico prevalgono iconsigli per risparmiare e uti-

lizzare le poche risorse nazio-nali; poi arrivano gli anni delboom economico e i ricettarisembrano “dimenticarsi” dellaLombardia. La sua gastrono-mia continua a essere identifi-cata con due piatti dalle nobilie antiche origini: la costolettaalla milanese (che diventa co-toletta alla milanese) e il risot-to allo zafferano; e un piattodella cucina popolare: la bu-secca, che viene nobilitata conl’uso delle trippe di vitella. So-lo verso la fine degli anni Ot-tanta inizia una “riscoperta”della cucina tradizionale e re-gionale, ma l’intento non saràpiù quello “unificatore” degliautori postunitari come l’Artu-si, bensì la gastronomia localeverrà utilizzata come strumen-to di demarcazione di una or-gogliosa diversità territoriale.Sarà, infine, l’industria a tra-sformare le specialità lombar-de in protagoniste a pieno tito-lo dell’identità gastronomicaitaliana.La serata ha avuto ampio spa-zio sulla stampa locale: un bel-l’articolo è stato pubblicato sulquotidiano “Il Cittadino”, a fir-ma di Giuseppe Gualterotti.

MILANO BRERA

TRILOGIADELL’ABBINAMENTO

La frequentazione del ristoran-te “La Dolce Vita” di Milanoha consentito alla Delegazio-ne di approfondire la cono-scenza della persona che abil-mente lo dirige, Luisito Peraz-zo, sommelier di eccezione eottimo anfitrione. Il tema dellariunione conviviale è stato“Trilogia dell’abbinamento”,ove i tre elementi da compor-re sono: cibo, vino e acqua.Mentre l’abbinamento dei pri-mi due è ampiamente esplora-to, l’aggiunta del terzo, l’ac-qua, rappresenta una relativanovità. Luisito Perazzo, cam-pione italiano sommelier 2005(Ais) e idrosommelier (Adam),

ha condotto gli Accademici inuna esplorazione del mondodelle acque minerali affron-tando anche il tema dell’abbi-namento. Sono state spiegate,scendendo nei particolari, tut-te le sfumature di gusto, non-ché alcuni segreti su come ab-binare i vari vini ai cibi e, a lo-ro volta, le varie tipologie diacque minerali ai vini, affin-ché la combinazione della tri-logia di questi elementi possacontribuire a esaltare al massi-mo il gusto delle vivande. Idiversi piatti sono stati abbi-nati con vini e varie tipologiedi acque: minerali e oligomi-nerali, naturali e addizionate,cercando di cogliere le variedifferenze.Gli asparagi cotti a bassa tem-peratura con uovo poché, ab-binati al vino Langhe biancoVajra e a un’acqua mineralenaturale “morbida”, sono statiuna vera sorpresa, sperimen-tando, con notevole successo,alcuni non facili giochi diequilibrio sul tema del gusto.Il cilindro di tonno rosso aidue modi, abbinato a un Col-lio Sauvignon Castello diSpessa, è stato esaltato dalladegustazione di un’acqua oli-gominerale leggermente addi-zionata, ma molto delicata.L’abbinamento di un’acquaaddizionata più “aggressiva”ha accompagnato un Nebbio-lo Bussia Prunotto e ha esalta-to il sapore di un vitellone alrosmarino scaloppato servitocon tortino di patate fondente,con maionese di prezzemolo.Per completare la cena, unPassito di Pantelleria Ben RyéDonnafugata ha accompagna-to un tiramisu (s)composto,che è stato un elemento diparticolare emozione, assiemead alcune “sorprese” finali delsommelier. Il tutto si è svoltoin una cornice elegante, a trat-ti sottolineata dalla musica delpianoforte in sottofondo, cheha contribuito a rendere nonformale ed estremamente pia-cevole la serata. (FlorestanoFunari e Matteo Fini)

LOMBARDIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

MILANO DUOMO

RISCOPRIRE IL LESSO

Esiste a Milano un ristorante, il“Sambuco”, all’interno dell’ho-tel “Hermitage”, che negli annisi è costruito una meritata famacon un menu a base di pesce.Quasi dieci anni or sono, inconsiderazione del fatto che illunedì il mercato del pesce aMilano è chiuso, ha iniziato aproporre alla propria clientelaun piatto della tradizione, diffi-cilmente reperibile a Milano:un ampio assortimento di bolli-ti. Un folto numero di Accade-mici della Delegazione avevagià visitato il locale, riportan-done un giudizio più che lusin-ghiero. A distanza di due anni,dopo aver chiesto l’autorizza-zione alla Delegazione di Mila-no Brera, competente per zo-na, la Delegazione Milano

Duomo ha organizzato al“Sambuco” una riunione convi-viale, alla presenza di numero-sissimi Accademici e ospiti.Dopo una relazione del Sim-posiarca della serata, NicolaFavia, e un primo piatto cheprevedeva cappelletti in brodo,i commensali si sono serviti aturno di quanto veniva presen-tato su un’isola centrale del ri-storante. Biancostato, stinco divitello, stinco di manzo, fioccodi sanato disossato, ganascino,lingua, testina, cappello delprete, coda, cotechino vaniglia,cotechino cremonese, cotechi-no piemontese, gallina, gallinaripiena. Il tutto con purè di pa-tate, mostarde cremonesi emantovane, salsa verde, al ra-fano bianco, bagna rossa, len-ticchie e fagiolini del Trasime-no. Completavano l’offerta,proprio per non farsi mancarenulla, trippa, piedini e costolet-

ta di maiale con le verze.Splendido il colpo d’occhiocon un’infilata di lucidissimepentole di rame all’interno del-le quali continuavano a bollirei vari tagli di carne. A Milanoun detto riporta che “la bucal’è minga straca se la sa no devaca”, ecco quindi, prima deldolce, un variegato assaggio diformaggi tipici italiani in abbi-namento con mieli e mostarde.Scenografico il dessert, un ge-lato di vaniglia servito in salasu lunghe pale di legno, da cuii camerieri facevano scivolaresul piatto le singole porzioni;come accompagnamento, inomaggio al Carnevale, chiac-chiere e bomboloni. Entusia-smo di tutti i partecipanti, felicidi riscoprire un cibo della tra-dizione in una città che troppospesso sottovaluta le sue ricet-te e la sua storia. (Andrea Ce-sari de Maria)

EUGANIABASSO PADOVANO

SAPORI DI SARDEGNA

La genuina ospitalità della ge-stione familiare del ristorante“Lo Stazzu”, “luogo di sosta” inTurri di Montegrotto Terme(vicino ad Abano), ha reso lariunione conviviale un mo-mento ancora più adatto perdegustare e disquisire sul me-nu ispirato alla tradizione sar-da: antipasto alla sarda, zuppa“cuata”, ravioli alla sarda, “por-ceddu”, “seadas” e amaretti dicasa. Il Vermentino di Gallurae il Nebbiolo di Limbara han-no contribuito a esaltare lasensorialità di una cucina cheha valorizzato i piatti nei qualisaperi gastronomici, procedu-

VENETO

Le due Delegazioni di Treviso hanno inteso celebrareinsieme la giornata della cultura nel trentennale del-la morte di Giuseppe Mazzotti, figura di intellettualedi grande respiro, che fondò, nel 1954, la prima Dele-gazione trevigiana (solo un anno dopo la fondazionedell’Accademia). È stato importante celebrare la ri-correnza in quanto si è inteso ricordare la sua operadi rivitalizzazione culturale, oltre che gastronomica,della provincia trevigiana. Come direttore dell’Ente provinciale del turismo, inol-tre, Mazzotti seppe criticare, correggere e indirizzareverso il successo i nomi (ancor oggi) più prestigiosidella ristorazione locale. Per promuovere l’enogastro-nomia del territorio ideò, realizzò e gestì per moltotempo numerose e importanti manifestazioni come: ilFestival della poesia dialettale (con tematiche gastro-nomiche), la Strada del vino, il Cocofungo, la sagradegli asparagi, il Bicchiere d’oro e il Festival della cu-cina trevigiana. Alcune di queste rassegne, come il Cocofungo (circui-to costituito da alcuni ristoratori impegnati nel pro-porre menu a base di funghi), sono ancora oggi benvive. La sua figura di intellettuale, impegnato nellapromozione e nel rilancio del territorio, si estrinsecòanche e fortemente nella produzione di numeroseopere letterarie dedicate alla montagna, ma la misu-

ra del suo attaccamento e della profondità del suoimpegno culturale e sociale trovò la più alta espressio-ne nella pubblicazione del censimento delle ville vene-te della regione, che suonò come denuncia dell’ab-bandono in cui versavano. L’organizzazione dellagiornata ha avuto inizio commemorando Mazzotticon tre brevi relazioni, sviluppate dall’Accademico Ul-derico Bernardi, dall’editore Beppi Pellegrinon e dal-l’architetto Andrea Bellieni, che ebbero modo di cono-scerlo, frequentarlo e apprezzarlo. Gli interventi si sono conclusi con la brillante e dottarelazione del Segretario generale Paolo Petroni, gradi-tissimo ospite. Si è continuato con la colazione orga-nizzata sulla base dei menu proposti nella prima edi-zione (1959) del Festival della cucina trevigiana, e ipiatti sono stati realizzati dagli stessi ristoratori dell’e-poca, ancora in attività. Il ristorante “Celeste” ha proposto i passatempi e i dol-cetti; si sono esibiti, per i primi piatti, i ristoranti “Li-no” e “Gigetto”; il ristorante “L. Fior” per i “bigoi” conl’anatra; il “Parco Gambrinus” con il “bisato in saor”;il ristorante “Beccherie” con la faraona in “pevarada”.Agli ospiti (oltre 250) è stato fatto omaggio della riedi-zione dei sette “libretti” che accompagnarono, dal1959 al 1966, le edizioni del Festival. (Teresa Perissi-notto e Nazzareno Acquistucci)

PER RICORDARE GIUSEPPE MAZZOTTI

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

re e metodi di cottura sonostati accostati con criterio edequilibrio senza nascondere isapori. Al termine del convivioil Delegato Fracanzani, il Sini-scalco Cirese e gli Accademicihanno elogiato lo staff di cuci-na. (Alberto Busso)

VENEZIA

UNA PAGINADI STORIA PATRIA

“Ehi, della gondola, qual no-vità?”, si chiede il cittadino diVenezia alla vigilia dei “motidel ’48”. Risponde la popola-zione: “Il morbo infuria, il panci manca, sul ponte sventolabandiera bianca”. Questi i versidella struggente poesia di Ar-naldo Fusinato che hanno ispi-rato la Delegazione a organiz-zare l’incontro per ricordarel’Unità d’Italia. Quei drammati-ci ed entusiasmanti momentidel 1848 hanno fatto scaturirein un certo senso la scintilladell’insurrezione generale,conclusasi il 17 marzo 1861.Prendendo spunto da un fattoveneziano svoltosi in piazzaSan Marco con la partecipazio-ne degli arsenalotti (le mae-stranze dell’Arsenale) capeg-giati da Daniele Manin e Ni-colò Tommaseo il 17 marzo1848, la Delegazione ha rievo-cato il momento storico nelluogo che è sempre stato unpunto fermo per ogni episodiocittadino: il “Caffè Florian”.Sorto nel 1720, il “Florian” èstato spettatore e protagonistaaccogliendo nel suo centenariogrembo un numero infinito dipersone e vicende singole o dipopolo. Anche i patrioti Danie-le Manin e Nicolò Tommaseo,gli eroi della rivolta contro gliaustriaci, ne frequentavano lesale. Interessantissima la rela-zione tenuta dal professorFrancesco Bruni, già docenteuniversitario, storico, profondoconoscitore della vastissimaopera del grande dalmata, let-terato e patriota Tommaseo.

Maria Pia Collonnello ha poiletto, con la sua capacità di tra-smettere le emozioni, la poesia“Bandiera bianca”. Al termine,un brindisi come lo facevano isoldati austriaci: una parte divino bianco, una di selz e unafettina di limone. La cena si èsvolta all’“Antico Pignolo”, an-che qui un morso alla storia.Questo locale era denominato“Osteria al Pignolo” per la ven-dita all’ingrosso di pinoli. Nellacalle esisteva già ai primi delSeicento, come testimonianoancora le travature, ed era unritrovo un po’ segreto, proprioper i personaggi dell’impresapatriottica. Il signor Paties,sempre molto disponibile, hascelto un menu fra il tradizio-nale e il patriottico. “Spritz” co-me va di moda oggi: la ricettaoriginale con l’aggiunta di unaparte di bitter e un’oliva. Unafritturina di pesce e verdure,minestra di riso e carciofi, conla cottura un po’ brodosa, co-me usava fino agli anni Qua-ranta-Cinquanta. Bianco il “ba-calà” mantecato, rosso quelloalla veneziana, verdi gli spinaciai pinoli, gelato tricolore consavoiardi. (Laura Ghittino)

VENEZIA-MESTREEUGANIA-BASSO PADOVANO

LA FORMAZIONEDELLO STATO UNITARIOA TAVOLA

Organizzata dalle due Delega-zioni, si è celebrata la riunioneconviviale per i 150 anni del-l’Unità d’Italia. Il luogo prescel-to: il castello di San Pelagio nelcomune di Due Carrare (Pado-va), sede del Museo dell’aria,gestito dalla famiglia della con-tessa Ricciardi Avesani. Da quiGabriele D’Annunzio, in queltempo itinerante tra la casettarossa di Venezia e la residenzadei conti Giusti del Giardino diPadova, prese il volo con i suoi“serenissimi” per l’impresa diFiume. I Delegati Ettore Bonal-berti e Pietro Fracanzani hanno

voluto caratterizzare l’incontrosul piano storico-culturale, gio-vandosi della presenza del Pre-sidente Giovanni Ballarini, ac-colto con entusiasmo e caldaamicizia dagli oltre novanta traAccademici e ospiti. Hannopartecipato all’evento, con ilCoordinatore territoriale delVeneto, Beppo Zoppelli, anchei Delegati di Padova, CesareBisantis, e di Verona, CesareMuttoni. Coccarde tricolore so-no state distribuite a tutti i par-tecipanti che, in una sala delcastello anch’essa decorata coltricolore, su invito del Presi-dente Ballarini, hanno iniziatol’incontro con l’inno di Mameli.La rievocazione storica è statasvolta dal dottor Sergio Barizzadi Mestre che, con l’aiuto di unsottofondo musicale e della vo-ce recitante di Alberta Monta-gner, citando passi di Dante,Leopardi e stralci di documentistorici ricavati dalle sue certosi-ne ricerche presso l’archiviostorico di Mestre, ha ricordatotre momenti nella costruzionedella nazione italiana: quellorelativo al 1848-49, utilizzando,tra l’altro, le foto dei sei magni-fici quadri del Giacomelli sul1848 a Venezia, messi a dispo-sizione dal loro proprietarioLuciano Zerbinati; il 1866, l’an-no dell’annessione del Venetoall’Italia e delle brucianti scon-fitte italiane di Lissa e di Custo-za; il 1915-18, l’epopea dellatragica grande guerra che videil Veneto teatro di grandi batta-glie. È seguita un’interessantis-sima relazione di Ulderico Ber-nardi, componente del CentroStudi “Franco Marenghi” e Di-rettore del Centro Studi territo-riale, sull’intrigante tema: “L’I-talia del riso, della polenta edella pasta nei 150 anni dell’U-nità d’Italia”. Dopo un secolo emezzo dalla proclamazionedello Stato unitario, ha affer-mato Bernardi, le terre dell’o-lio, sconfitte sul piano militaredai cannoni rigati (d’importa-zione britannica) del Regno diSardegna, hanno ottenuto lapiena e gustosissima rivincita

nella dieta quotidiana dellanuova entità politica. Il riso e lapolenta, cibi esclusivi delle re-gioni settentrionali nel XIX se-colo, hanno lasciato successi-vamente il posto sulla tavolaalla pasta e al pane, alimentiprimari del popolo meridiona-le. Facendo salve le ricchezzedelle differenze tra regione eregione, con le diversità si èconquistato il mondo dei buon-gustai. Anche grazie a milionidi ambasciatori chiamati emi-granti, fedeli propositori dellaloro identità alimentare nei cin-que continenti.Infine, assai applaudita e con-divisa, un’autentica lectio magi-stralis del Presidente GiovanniBallarini su: “Paradigmi e mo-delli di cucina nella transizioneunitaria italiana”. Il Presidenteha messo in evidenza come lasocietà tripartita basata sui pa-radigmi delle cucine territorialidegli “oratores”, “bellatores” e“laboratores”, in Italia perman-ga fino alla costituzione di unostato unitario. Nel processo d’u-nificazione politica, e con ladissoluzione del paradigma diuna società tripartita, nel secoloXX e in particolare nella sua se-conda metà, emergono e si co-stituiscono nuovi paradigmi emodelli alimentari, resi anchepossibili da nuovi e miglioratilivelli economici diffusi a sem-pre più larghi strati della popo-lazione. Contemporaneamente,in una cucina specchio di unasocietà che vive una transizio-ne sociale unitaria, sempre me-no contadina e artigianale,sempre più urbana e industria-le e che deve fronteggiare unaglobalizzazione di stili alimen-tari, diviene evidente una ricer-ca d’identità, che si esprimenella formazione di nuovi para-digmi e modelli.Dopo un aperitivo nella veran-da del giardino del castello èstato servito in sala un menutricolore ispirato all’Unità d’Ita-lia: dalla burrata di San Severoservita su una fantasia di erbe everdure, al risotto del tricoloresu vellutata di broccoletti con

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

pomodoro e sedano. A seguirel’anatra al Sangue morlaccocon la sua mousse e maraschespiritose con cime di rapa, pa-tate e peperoni rossi. Occasio-ne questa per l’intervento diPietro Luxardo, della celebrefamiglia di patrioti genovesi-dalmati e della nota casa di li-quori, per tracciare una brevestoria della sua famiglia, che harappresentato un momento si-gnificativo nella storia dell’irre-dentismo italiano. E prima deldessert, il budino di D’Annun-zio con zabaione al Moscatodei Colli Euganei, un regalo diMichela Dal Borgo, dirigentedell’Archivio di Stato di Vene-zia, Consultrice della Delega-zione veneziano-mestrina ecomponente del Centro Studidel Veneto, che ha tracciato,sulla base dei documenti stori-ci, la celebrazione della primafesta dello Statuto nel Veneto, il4 giugno 1867. Ai soci è statadistribuita una copia anastaticadel manifesto con cui il Comu-ne di Noale (Venezia) annun-ciava la ricorrenza, nella primadomenica di giugno del 1867,della Festa dell’Unità d’Italia edello Statuto del Regno. Lacontessa Ricciardi Avesani, asua volta, distribuiva la copiadi una lettera del “Vate” speditaalla fedele cuoca Martina, nellaquale la ricordava e la rimpian-geva come “la più devota e lapiù diligente fra le clarisse”.Con il Presidente Ballarini alcentro della sala, tutti i convita-ti hanno alzato il calice per ilbrindisi finale in onore dell’Ac-cademia e dell’Unità d’Italia.(Ettore Bonalberti)

UDINE

PIRANDELLO IN FRIULI

La Delegazione ha celebrato ilmese della cultura ricordandoun’antica tradizione che inFriuli, e in particolare a Udine,vuole si festeggi anche il pri-

mo giorno di Quaresima. Lefamiglie, assolto il rituale dellospargimento di ceneri sullafronte, raggiungevano a piedi,o utilizzando le tramvie, tratto-rie e osterie nelle vicinanzedella città per uno spuntino oun pranzo di magro. Per rievo-care questa tradizione è statoscelto il ristorante “San Tom-maso”, a Torreano di Marti-gnacco, nei cui pressi, un tem-po, si fermava il “tram di SanDaniele”.Il maestro di cucina GiovanniGallinaro ha preparato unostuzzicante menu a base di pe-sce dove erano presenti alcunipiatti tradizionali come “ren-ghe e rati” (aringa e ramolac-cio) e “radrìc cul pòc” (cicori-no a grumolo con la radice).Ma il piatto forte della serata èstato l’intervento del prof. Vin-cenzo Orioles, direttore delDipartimento di Glottologiadell’Università di Udine, cheha intrattenuto sulla recentescoperta di documenti (circa700 tra lettere, telegrammi, fo-to e alcuni manoscritti inediti)di Luigi Pirandello, che il mae-stro, poco prima di morire,aveva lasciato in custodia alsuo agente teatrale Guido Tor-re Gherson. I documenti eranoin un pacco di carta da imballochiuso con lo spago. La mogliedell’agente teatrale, Angelina,nel 2000 ha lasciato in ereditàil prezioso tesoro al nipoteGiuseppe Paron. I documenti,che riguardano in particolaregli ultimi anni della vita di Lui-gi Pirandello, hanno suscitatol’interesse di molti studiosi. Ilprof. Orioles, coordinatore delcomitato scientifico cui è affi-dato il compito di esaminarli,ha anticipato l’esistenza, tral’altro, di un dramma inedito intre atti, dal titolo “Le nozze diRossana”, del 1936 (ultimoomaggio a Marta Abba), e diun testo per un musical, com-pleto dei relativi spartiti, e ste-so in triplice versione: francese“C’est ainsi”, inglese e angloa-mericana “Just like that” (“Pro-prio così”), oltre ad alcune bel-

lissime lettere inedite. I docu-menti ritrovati sono attualmen-te sottoposti ad accurati ap-profondimenti al fine di accer-tarne, con sicurezza, l’apparte-nenza al grande maestro sici-liano. Gli studi sul percorsofriulano di Pirandello hannoavuto un primo riscontro in unconvegno dal titolo “L’ultimoPirandello (1828-1936). Versoil convegno 2011 sugli ineditidel Fondo Torre Gherson”,che si è tenuto a Latisana loscorso dicembre. I prossimiappuntamenti avranno comescenario Lignano e saranno ar-ticolati in due presentazionipreliminari organizzate per il16 luglio e il 12 agosto e in unnuovo convegno a partire dal23 settembre. (Renzo Mattioni)

REGGIO EMILIA

INFLUENZE ARTUSIANENELLA TRADIZIONEREGGIANA

Nel mese della cultura gastro-nomica, la Delegazione reg-giana ha dedicato un incontroconviviale al ricordo, nel cen-tenario della scomparsa, diPellegrino Artusi, la cui operaha rappresentato un punto diriferimento per la cucina italia-na nel particolare momentostorico dell’Unità d’Italia. Perla sua valenza storica, l’operadell’Artusi si può ricollegare al“De arte coquinaria” di MastroMartino, “cogo” del patriarcadi Aquileia, scritto in volgareverso la metà del XV secolo, eal trattato “De honesta volup-tade et valetudine” dell’umani-sta Bartolomeo Sacchi, detto ilPlatina, pubblicato in latino aCividale del Friuli, che recepi-sce anche buona parte del ma-noscritto di Mastro Martino.L’opera di Artusi offre unospaccato della cucina dell’Italiaunita riportando ricette di mol-te regioni italiane, e non solo.Queste ricette ancora oggi so-

no di riferimento per moltetradizioni gastronomiche e po-polari italiane nei ricettari dicasa. Il Delegato Cesare Corra-dini, dopo questa premessa, siè soffermato nell’indicazionedi alcuni esempi, riguardanti lacucina reggiana delle ricorren-ze, che contengono elementidi sicura derivazione dall’Artu-si. E per farlo, ha scelto comeelemento di interessante com-parazione, anche se forzata-mente limitata a pochi casi,l’ultima pubblicazione dellaDelegazione (“La cucina reg-giana. Antichi e nuovi piattidelle ricorrenze”) sulle ricettedei piatti delle feste come ap-paiono nei ricettari di casa.Utilizzando, ove diversa, la de-nominazione adottata dall’Ar-tusi, i due libri riportano ricetteanaloghe per passatelli in bro-do, pasticcio di maccheroni inpasta dolce, ripieni per il polloarrosto e il pollo bollito (nel li-bro della Delegazione il ripie-no per il pollo bollito è descrit-to sotto il nome di “polpettonedel bollito”), sformato di spi-naci e i dolci: amaretti, ciam-bella o bucellato, torta di riso,croccante, cenci (la ricetta ri-portata da Artusi per questapreparazione è la stessa utiliz-zata per gli “intrigoni” reggia-ni), dolce Roma. Vale poi lapena di ricordare che per ilnocino, liquore che si fa in ca-sa, le dosi dei vari ingredientiriportate dall’Artusi sono quel-le rispettate dai reggiani chefanno ogni anno questo liquo-re, anche se spesso usano unaminor quantità di zucchero.L’esperienza, inoltre, insegnadi verificare che le noci si rac-colgano a giusta maturazione,cioè quando il gheriglio ècompletamente formato e nonè ancora iniziata la formazionedella parete legnosa del frutto. Interessanti osservazioni van-no riservate anche al “brodo dipesce”, che certamente nellaprovincia reggiana veniva pre-parato già molto tempo primadella pubblicazione dell’Artusi.Infatti, nella cronaca Altomani

EMILIA ROMAGNA

FRIULI-VENEZIA GIULIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

del pranzo offerto nel 1796 aNapoleone dalla comunità diNovellara, si legge: “Si colserotinche ed anguille per il brodoconsumato”. Tuttavia, è inte-ressante ricordare come il pro-cedimento descritto da Artusiper preparare questo brodo sialo stesso seguito da tempo im-memorabile per il brodo daconsumarsi, a Reggio, alla vigi-lia di Natale; unica differenza ilpesce impiegato: muggine (se-condo Artusi), tinca (e attual-mente scorfano) per quelloreggiano. Anche il soffritto daaggiungere al brodo bollente,contenente il pesce lessato fi-nemente spappolato, è prepa-rato con gli stessi ingredienti.Sia per l’Artusi che a Reggio siusa il brodo per preparare unazuppa con quadratini di paneabbrustolito, che viene consu-mata con l’aggiunta, a piacere,da parte di ogni commensale,di formaggio parmigiano grat-tugiato, come precisa anchel’Artusi. (Cesare Corradini)

FIRENZE PITTI

LA PICCOLA FOCACCERIADI ALTAMURA CHE HASCONFITTO IL GIGANTE

Numerose personalità delmondo fiorentino hanno par-tecipato a un incontro, orga-nizzato dalla Delegazione, perla proiezione, nei locali dellaGalleria Pio Fedi, del film “Fo-caccia blues”, diretto da NicoCirasola e prodotto da Ales-sandro Contessa. Il film, vinci-tore di diversi premi, ha parte-cipato alla prestigiosa rassegna“Cinema Italian Style”, cheogni anno seleziona i film con-temporanei che meglio posso-no rappresentare l’Italia negliUsa: la partecipazione straordi-naria, tra gli altri, di Renzo Ar-bore, Lino Banfi e Michele Pla-cido ha contribuito sicuramen-te al successo di questa pelli-cola. Ospiti dell’Accademico

Mauro Pagliai, erano presentianche il Coordinatore territo-riale, Gianni Limberti, il Dele-gato del Mugello, Adriano Bor-gioli, l’Accademico onorarioUlisse Vivarelli, ma anche mol-ti pugliesi Doc, che vivono aFirenze, come il generale dellaGuardia di finanza GaetanoMastropierro e la signora ElaMossa. Graditissima la presen-za di Luisanna Messeri, con-duttrice di “Alice cucina”, cheha voluto portare la sua testi-monianza, richiamando, alla fi-ne del film, il giusto orgogliodi essere italiani, anche in cu-cina. Tutti si sono riuniti intor-no a una tavola, dove campeg-giavano un generoso timballocon le polpettine e, tra le altreleccornie, alcune specialità pu-gliesi, arrivate direttamente daAltamura. Questo era, infatti, iltema principe della serata: lafocaccia di Altamura, protago-nista del film, girato sia in Pu-glia sia in America, che rac-conta la vera storia di una pic-cola focacceria di Altamura, laquale, forte della genuinità de-gli ingredienti e della simpatiadei compaesani, è riuscita asconfiggere una grande multi-nazionale della ristorazione.Nei piatti virtualmente a con-fronto, la salsiccia in punta dicoltello, aromatica e consisten-te, e l’hamburger, quasi pre-masticato, il pane generoso esaporito di Puglia e il lucidopanino di McDonald’s, nellasua elastica insipienza. Trion-fa, in un crescendo di aromi ecolori, la focaccia, simbolo diuna cucina fatta di antichi sa-peri e di intramontabili sapori,realizzata con ingredienti natu-rali, testimonianza di un mon-do che rischia di scomparire.Sono stati proprio i due fratelliDiGesù, titolari della focacce-ria, a mandare le focacce, lascamorza, la salsiccia e le oli-ve, insieme ai friabili tarallucci,che si sono sposati armonica-mente con il Primitivo di Man-duria: un’unione perfetta dicolori e sapori ha evocato an-che i profumi della terra di Pu-

glia. Dopo innumerevoli con-tatti con DiGesù, infatti, il Dele-gato Manuel Guerra ha orche-strato una serata perfetta, cheha riscosso anche il giudizioentusiasta di Ulisse Vivarelli,giudice notoriamente severo.Ulisse ha apprezzato, oltre allepietanze in tavola, lo spiritoche ha animato la serata e neha motivato l’organizzazione,sottolineando il valore accade-mico dell’incontro, che ha ri-chiamato il dibattito attualissi-mo sulla salvaguardia e valoriz-zazione della nostra tradizionegastronomica. Nella “docufic-tion”, parlano anche i vecchi e igiovani di Altamura, sulle notedel “Focaccia blues” intonatoda Arbore. (Donatella Lippi)

LUCCA

TRATTORIADI CAMPAGNA

La serata conviviale, al ristoran-te “Il Ciancino” di San Macarioin Piano (Lucca), è stata prece-duta dalla visita alla vicina Fon-dazione “Mario Tobino”, ospi-tata nei locali dell’ex manico-mio di Maggiano, nei quali gliAccademici sono stati ricevutidal celebre medico-scrittore.Momenti toccanti in un am-biente carico di significati, cosìben raccontati nelle suggestivepagine di libri come “Le liberedonne di Magliano”. Il vicinoristorante “Il Ciancino”, metadella riunione conviviale, il cuinome evoca gli spuntini (“cian-cini”) che venivano fatti nellebotteghe di campagna, è adia-cente alla macelleria di cui èproprietario lo stesso titolaredel ristorante e da ciò derivache la specialità del locale sia-no appunto le carni. I locali so-no quelli della tipica trattoria dicampagna, essenziali ma acco-glienti. Simposiarca della seratal’Accademico Stefano Giurlaniche ha illustrato le caratteristi-che delle carni cucinate, tutteprovenienti da animali allevatinella piana di Lucca.

MAREMMA-GROSSETO

UNO CHEF GIAPPONESEINTERPRETALA CUCINA TOSCANA

Presso la fattoria “La Parrina”,in agro di Orbetello, ShinichiNagamatsu ha concesso per laDelegazione la sua interpreta-zione della cucina toscana.Simposiarca per l’occasione èstato l’Accademico AlessandroMarzocchi e numerosi sonostati i partecipanti alla cena,provenienti anche da altre De-legazioni come quella di Livor-no e di Roma Eur. Shinichi Na-gamatsu è un ristoratore disuccesso che gestisce tre localia Osaka; circa 20 anni fa arrivaa Firenze per studiare l’italianoe per mantenersi agli studi ini-zia a collaborare con ristorantifiorentini importanti. La sua grande passione per l’I-talia, con particolare attenzio-ne alla Toscana, già in quel pe-riodo si manifesta con forza.Dopo anni passati a Firenzerientra in Giappone per aprire,nei pressi di Osaka, il suo pri-mo ristorante italiano, nel qua-le porta le esperienze culturalie professionali fatte nel nostroPaese. Si dedica con passionealla cucina e scrive il suo pri-mo libro di ricette, iniziandocosì il processo che in pochianni lo porterà ad affermarsicome realtà di riferimento inGiappone per la cucina italia-na, in modo particolare quellatoscana.Durante vari viaggi in Italia, vi-sita le aziende con le quali in-tende collaborare, per cono-scerle da vicino e acquistare iprodotti italiani che poi pre-senta nei suoi locali. Agli inizidel 2008, infatti, apre due nuo-ve strutture vicino a Osaka:una di livello medio-alto, dovepropone una ristorazione clas-sica che va dalla preparazionedel pane ai dolci fatti in casa,tutti di stampo toscano; l’altracome wine bar per un pubbli-co più giovanile, anche se laclientela è variegata in tutti e

TOSCANA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

tre i locali, nei quali dominanomarchi italiani, compresi quellidella Toscana del Sud-Marem-ma, della tenuta “La Parrina”.che fornisce gran parte del vi-no oltre a pasta, pomodoro,confetture, farine e formaggi.Il nostro chef, presentato dadue giapponesi insegnanti diitaliano e giornaliste, ha pro-posto per la Delegazione ilsuo menu toscano che ha vistoun’apertura italo-giapponesecon verdure e formaggi della“Parrina” e uova in salsa disoia e miso (condimento cheproviene dalla fermentazionedi semi di soia). Come primipiatti sono stati serviti dei pas-satelli fatti in casa con brododi pollastrino e gigli con ricot-ta e verdure. Sul secondo Na-gamatsu si è cimentato con ilcinghiale stufato della riserva“Parrina”, servito con un con-

torno di bianco mangiare consesami e gelée di Ansonica.Naturalmente la cena è stataaccompagnata con i vini fornitidalla tenuta “La Parrina”. (Do-menico Saraceno)

PISA

L’IMPORTANZA DI UNABUONA FORMAZIONE

La Delegazione ha indetto an-che per il 2011 il premio “AIC- Delegazione di Pisa” in ac-cordo con l’Ipssar “G. Matteot-ti” che giunge così alla suaquarta edizione. Il premio indenaro, elargito dalla Delega-zione, viene assegnato all’al-lievo che avrà ottenuto il mi-glior risultato nel suo corso distudi completo e in una provapratica che quest’anno ha per

tema: “La frutta nella cucinatoscana: innovazione e tradi-zione”. La premiazione verràeffettuata in ottobre, in conco-mitanza con la cena ecumeni-ca. In tale occasione è previstal’illustrazione delle ricette pre-sentate dal vincitore e dal pri-mo classificato alla prova pra-tica. La Delegazione vuole co-sì dare il suo contributo nel-l’affermare l’importanza diuna formazione adeguata e dialto livello per una cucina diqualità. (Franco Milli)

PISA

RICORDODI CARLO CANNELLA

Presso il ristorante “Martini” diTirrenia si è incontrata la Dele-gazione per la riunione convi-

viale dedicata alla cultura e alricordo del 150° anniversariodell’Unità d’Italia. Erano pre-senti, insieme agli Accademici,numerosi graditi ospiti. In unlocale accuratamente decoratocon fiori, addobbi e nastri tri-colori, la serata è iniziata conl’esecuzione dell’inno naziona-le. Dopo i saluti, il DelegatoFranco Milli ha ricordato comela riunione conviviale dellacultura, insieme alla cena ecu-menica e a quella degli auguri,costituiscano una “triade” dimomenti istituzionali che cele-brano convivialità e cultura, idue binari che guidano e ca-ratterizzano l’Accademia. Que-st’anno, però, l’evento vienededicato anche al ricordo del150° dell’Unità d’Italia. Milli haquindi commemorato la figuradel prof. Carlo Cannella, giàordinario di Scienza dell’ali-

Le tre Delegazioni della Daunia (Foggia, Foggia-Lu-cera e Gargano) hanno organizzato a Foggia unconvegno sul tema: “I funghi del Gargano”. All’in-contro, presieduto dal Presidente dell’AccademiaGiovanni Ballarini, hanno partecipato le massimeautorità cittadine, molti Delegati di Puglia e regionilimitrofe, nonché numerosissimi Accademici e ospiti.L’idea di questo convegno è nata dall’esigenza dimantenere vivo il rapporto con la natura in una so-cietà nella quale sembrano sempre più minacciose leinsidie contro di essa. È stato dato all’incontro il tito-lo “I funghi del Gargano” anche se, in realtà, questifunghi possono essere reperibili anche al di fuori delpromontorio: ciò che può cambiare è la quantità del-la produzione riguardante specie fungine che quipossono essere più abbondanti mentre in altre zonepiù rare e viceversa. In ogni caso si tratta di protago-nisti di piatti ricercati e superbi in quanto rappresen-tano uno dei più raffinati ingredienti della gastrono-mia italiana, da sempre utilizzati nella cucina tra-dizionale di tutto il Paese.L’ultima edizione dell’“Enciclopedia della cucina ita-liana”, edita da De Agostini, riporta ben 44 possibi-lità di piatti a base di funghi, ma sicuramente questonumero è inferiore alla realtà se si aggiungono ricet-te regionali magari non molto conosciute. Per nonparlare della diffusione della conservazione dei fun-ghi che, come è noto, può avvenire sott’olio, sott’ace-

to, sotto sale, per essiccazione e altro. Le finalità difondo del convegno sono state tutte nella speranza dipoter contribuire se non a eliminare per lo meno aridurre l’ormai dilagante fenomeno dell’invasioneincontrollata dei boschi e a rendere i raccoglitori piùsensibili alle esigenze delle specie fungine che devonoessere rispettate e possibilmente amate. Ovviamentesappiamo bene che parlare solo di funghi è stata pic-cola cosa, se si guarda la prospettiva più ampia dellasalvaguardia della natura, ma sappiamo anche chele grandi cose si fanno partendo dalle piccole, con te-nacia e pazienza, sempre con rigore scientifico, sen-za perdere mai di vista la grandiosità della naturastessa. L’incontro, che si è concluso con un brillanteintervento del Presidente Ballarini, è stato presentatodal Delegato di Foggia-Lucera Luigi Altobella; haavuto come moderatore il Delegato del Gargano Gra-ziano Pretto e come valenti relatori Renzo Scarabello,Delegato di Foggia, il prof. Claudio Ciccarone, do-cente presso la Facoltà di Agraria dell’Università diFoggia, l’on. Lucio Stanca, deputato al Parlamentoitaliano e autore del libro “I profumi di casa”, e infi-ne il maestro di cucina Peppe Zullo. Il tutto si è con-cluso nella speranza di aver fornito un altro tasselloper il costruendo edificio della cultura ecologica interritorio garganico. È seguita una riunione convi-viale in onore del Presidente, naturalmente a base difunghi. (Luigi Altobella)

I FUNGHI DEL GARGANO

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mentazione presso l’Universitàdi Roma “La Sapienza”, recen-temente scomparso, rievocan-do il suo intervento all’ultimoconvegno della Delegazionededicato alla biodiversità in ta-vola. Ha ricordato, inoltre, co-me in occasione dell’organiz-zazione del convegno, la co-noscenza con il prof. Cannellasi fosse rinsaldata per le sueelevatissime doti umane e peruna istintiva simpatia trasfor-mando il loro rapporto in unavera e sentita amicizia.Ha quindi preso la parola ilSimposiarca, Adriano Galazzo,che ha proposto il ristoranteimpegnandosi nell’attenta se-lezione del menu, concordatocon i titolari Ignazio e RaffaeleDiana e incentrato su piattidella tradizione sarda. Galazzoha quindi brevemente raccon-tato la storia del locale, illu-strando i piatti e i vini in abbi-namento. Gli Accademici e gliospiti, in modo univoco, han-no molto gradito tutti i piattiserviti giudicandoli veramenteeccellenti, in particolare lo sce-nografico e ottimo millefogliedel 150° dell’Unità d’Italia, pre-sentato dalla pasticceria “Cali-se” di Marina di Pisa. Il Delegato, nel corso della se-rata, ha comunicato che, conla fattiva collaborazione del Vi-ce-Delegato Alberto Murato-rio, è stato definito il program-ma del prossimo convegnoper il 50° anniversario dellaDelegazione dedicato a “Sensie gastronomia”. Bruno Capur-so, Accademico e Consultoredella Delegazione, ha quindisvolto un interessantissimo in-tervento sul tema: “L’Unità d’I-talia tra storia e cucina”. Par-tendo dalla constatazione chela cucina e il cibo hanno la-sciato spesso una loro impron-ta nella storia, marcandone glieventi nel bene e nel male, Ca-purso ha ricordato vicendestoriche e aneddoti, a comin-ciare dal 17 marzo 1861, quan-do i primi deputati del Regnod’Italia, subito dopo la procla-mazione politica in Palazzo

Carignano, dettero inizio an-che all’Unità gastronomica riu-nendosi a tavola nel ristorante“Il Cambio”, caro al conte diCavour. Ha poi proseguito ri-cordando che a Teano lo stori-co incontro fu turbato da unsospetto di avvelenamento deigaribaldini che avevano man-giato arance acerbe; che Ca-vour fin da piccolo era unmangione mentre Garibaldiera parco e di gusti semplici;che i garibaldini diffusero lapasta al pomodoro nell’Italiadel riso e della polenta. Ma,concretamente, la storia dellacucina dell’Unità d’Italia è ini-ziata grazie alla raccolta di ri-cette delle varie regioni di Pel-legrino Artusi, del quale que-st’anno ricorre anche il cente-nario della morte. Milli, a con-clusione della serata, ha volutoringraziare i signori Diana perl’impegno posto nell’organiz-zazione della riunione convi-viale e nella cura di tutti i det-tagli, accomunando nel ringra-ziamento la pasticceria “Cali-se” di Marina di Pisa. Ha evi-denziato, inoltre, come lagrande disponibilità e atten-zione della proprietà, in sala ein cucina, il locale molto acco-gliente e l’elevata qualità delservizio, sia in termini di rapi-dità che di gentilezza, abbianoreso la riunione convivialeestremamente piacevole. Haquindi consegnato, oltre allavetrofania, il piatto in silvercon inciso il tempietto dell’Ac-cademia, come ringraziamentoper le attenzioni riservate allaDelegazione.

TERNI

LE TRE “P” DELLATRADIZIONE ITALIANA

In occasione della riunioneconviviale dedicata alla cultu-ra, la Delegazione ha stampa-to e distribuito l’interessanterelazione tenuta dagli Accade-

mici Vincenzo Montalbano Ca-racci e Pietro Pegoraro, corre-data da immagini e ricette. Iltema è stato quello di illustra-re, con orgoglio nazionale, inoccasione del 150° anniversa-rio dell’Italia unita, le “tre P”:pizza, parmigiano reggiano epanettone, punti forti dell’im-magine gastronomica del no-stro Paese. Tra le pizze sonostate ricordate quelle più co-nosciute e consumate e cioè lanapoletana e la Margherita, maanche la pizza alla marinarache i pescatori di Santa Lucia,quartiere marinaro di Napoli,di ritorno dal mercato, com-missionavano al pizzaiolo,confezionata con una schiac-ciata con il pomodoro e in ag-giunta le rimanenze dei piccolipesci invenduti (i cecinielli).Del parmigiano si è evidenzia-to che la prima testimonianzaletteraria del suo impiego la sitrova a metà del Trecento inGiovanni Boccaccio che, nelsuo “Decameron”, raccontan-do le delizie del paese di Ben-godi, dove chi più dorme piùguadagna, descrive una mon-tagna di parmigiano reggianodalla quale rotolano giù mac-cheroni e ravioli cotti in brododi cappone. A partire da quelsecolo il prodotto incominciòa viaggiare. Per quanto riguar-da il panettone, sembra cheesistesse già in Lombardia nelDuecento, come pane fattocon lievito, miele, uva secca ezucca, e che nell’Ottocentofosse una specie di pane arric-chito con uova, zucchero euva passa la cui presenza ave-va funzione propiziatoria. Naturalmente, non solo questitre prodotti hanno unito la ta-vola italiana, uscendo dai con-fini delle regioni di provenien-za, ma le “tre P” ci ricordanoche, dal Sud al Nord, viviamoin una terra generosa, spessoammirata all’estero più diquanto non facciamo noi, eche abbiamo la forza di unacultura millenaria che è stata esarà l’arma vincente per rag-giungere nuovi traguardi.

LATINA

CONVIVIOA BORGO GRAPPA:UN NOME EVOCATIVODELLA NOSTRA STORIA

Gli Accademici pontini con iloro ospiti, fra i quali il presi-dente del Tribunale di Latinadottor Guido Cerasoli e PublioViola nella duplice veste diCoordinatore territoriale e De-legato di Roma Appia, si sonoritrovati presso il ristorante“Giggetto” a Borgo Grappa(Latina). Questo borgo, comealtri dell’agro pontino, è sortoin una zona dove, prima dellabonifica, era già esistente unabitato Casale dei Pini, succes-sivamente sacrificato nella to-ponomastica per rendere me-no amaro il distacco dei coloniveneto-friulani dalla loro terrad’origine. Borgo Grappa, conla chiesa, la scuola, la dispen-sa, l’armadio farmaceutico harappresentato da allora unaunità politico-amministrativa,sociale e un centro di collega-mento con la città. Esso si tro-va nelle vicinanze del mare epresenta ancora oggi esempidi architettura dell’epoca fasci-sta, come la torre dell’acque-dotto; nel suo ambito territo-riale sono visibili inoltre anti-chi reperti di epoca romana. Ilconvivio accademico si è svol-to a ridosso della ricorrenzadei 150 anni dell’Unità d’Italiae questa festività non potevaessere celebrata in modo piùadatto, in considerazione dellostretto legame, di nome e disentimenti, esistente con Bor-go Grappa, che ricorda il mon-te omonimo caro ai coloni delNord, i quali, dopo aver supe-rato nella terra d’origine i peri-coli della prima guerra mon-diale, si sono qui impegnatinei duri lavori dei campi, in si-tuazioni difficilissime, col ri-schio di essere colpiti dallamalaria e con tanta nostalgia

LAZIO

UMBRIA

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nel cuore. Venendo a parlaredel convivio sotto l’aspetto ga-stronomico, possiamo affer-mare che si è svolto secondo iprincipi indicati da Brillat-Sa-varin nella sua opera “La fisio-logia del gusto”, quando diceche “la gastronomia aumentale delizie dell’amore e la confi-denza dell’amicizia”, in unaparola ci insegna a essere feli-ci. Le pietanze e il vino sonostati di buon livello; il servizioè stato accettabile anche se unpo’ lento; la manifestazione siè svolta all’insegna dell’amici-zia. All’inizio del convivio, do-po il saluto del Delegato Bene-detto Prandi, ha preso la paro-la il Simposiarca Annibale Ve-ronica che, in un interventoapplaudito, ha descritto le par-ticolarità del menu e ha traccia-to il profilo professionale deitre gestori del locale e della lo-ro attività in campo gastrono-mico. Successivamente è inter-venuto Publio Viola Coordina-tore per il Lazio, il quale, dopoaver ricordato il valore della ri-correnza dei 150 anni dell’U-nità d’Italia, si è soffermato aesaltare la cucina della provin-cia pontina e il sentimento diamicizia che deve unire gli Ac-cademici nel convivio. Alla finedella serata, l’AccademicoFranco Mansutti, durante ilbrindisi, ha sottolineato ancorauna volta la ricorrenza patriot-tica, ha lodato il Simposiarca ei gestori del ristorante per labuona riuscita del convivo e haaugurato salute, benessere efelicità.

DELEGAZIONI ROMANE

GIORNATADELLA CULTURA

La tradizionale “Giornata dellacultura” si è svolta con la parte-cipazione di tutte le Delegazio-ni romane. Alla manifestazionesi sono voluti dare particolareenfasi e impegno per celebrareil fatto che l’Italia unita compiecentocinquant’anni. Promotore

il Delegato di Roma GabrieleGasparro che, con l’Accademi-co Consultore Antonio Ma-sciullo, ha organizzato l’incon-tro nelle lussuose sale della Vil-la Savorgnan di Brazza, sededel Circolo ufficiali delle Forzearmate d’Italia. Numerosissimigli Accademici romani interve-nuti, con molti illustri ospiti.Particolarmente gradita è statala presenza del Segretario ge-nerale Paolo Petroni, che haportato il saluto della Presiden-za e ha consegnato il distintivoaccademico a Francesco Sicilia,nominato Accademico onora-rio. L’alto dirigente ministerialeseppe proporre alle Commis-sioni competenti l’attività cultu-rale dell’Accademia. Per talemotivo al nostro sodalizio fuconcesso il riconoscimento diistituzione culturale della Re-pubblica. Gli ospiti sono statiaccolti nella sala dell’attico chesi affaccia sugli eleganti giardi-ni all’italiana, prospicienti lafacciata posteriore del celebrePalazzo Barberini; si è passatipoi al piano inferiore, dove tut-to era elegantemente predispo-sto per la cena. L’incontro èstato introdotto dal Coordina-tore territoriale Gabriele Ga-sparro che ha presentato le au-torità e gli ospiti. Particolar-mente gradita la presenza delgenerale dei Carabinieri UgoZottin, comandante la scuolaufficiali, e del generale Genna-ro Marino, presidente del Cir-colo. Le Delegazioni romaneerano rappresentate dai Dele-gati Viola, Guerra, Di Giovan-ni, Nacca, Ragaglini, OrsoliniCencelli. Gasparro ha spiegatoil significato della ricorrenza e,considerata la particolarità del-la circostanza, ha invitato i pre-senti ad ascoltare in piedi l’in-no nazionale. La relazione “Lacucina italiana e l’identità na-zionale” è stata brillantementesvolta da un illustre relatore,l’on.le Bartolo Ciccardini, piùvolte membro del governo, masoprattutto noto scrittore, gior-nalista e storico. È anche pro-motore e presidente dell’Asso-

ciazione dei ristoranti italianiall’estero “Ciao Italia”, presentein moltissimi Paesi dove svolgeuna benemerita attività di pro-mozione e di tutela della mi-gliore tradizione della nostracucina. L’associazione è impe-gnata in molte iniziative, l’ulti-ma delle quali è dedicata alla ri-correnza unitaria, con un menuspeciale denominato “Happybirthday Italy”, proposto inmolti ristoranti italiani in variPaesi esteri. Interessantissimol’intervento dell’on.le Ciccardi-ni, con spunti di grande intui-to, come il dimostrare che lacucina italiana preesisteva dasecoli al fatto unitario (ne par-lava Brillant-Savarin alla cortedi Luigi XVIII). Bisognavaaspettare l’unificazione geogra-fica della nazione e l’interventodella cucina borghese del gran-de Artusi, perché si parlasse dicodificazione gastronomica na-zionale. La relazione di Ciccar-dini è stata distribuita a tutti,composta in un volumetto disedici pagine, dove i temi, soloaccennati dall’oratore, sonoampiamente illustrati. Il Simpo-siarca Antonio Masciullo hapresentato la lista delle vivan-de, riportata in un elegante car-toncino, e ha quindi dato il viaalla cena, servita con speditez-za e professionalità da un’équi-pe di camerieri diretti dal maî-tre Salvatore Gugliotta. Lo chefPierluigi Galano ha propostouna cena che dopo l’aperitivo,con i tradizionali fritti, arancinie tartine al salmone e al for-maggio, ha previsto un antipa-sto di millefoglie di melanzanecon scamorza affumicata, fun-ghi porcini e crema di basilico.Due primi: un risotto manteca-to con lamelle di carciofi,guanciale croccante e scagliedi pecorino di fossa e trofiecon asparagi e fiori di zucca. Ilsecondo: sella di vitello glassa-ta al Vermentino con patate ar-rosto, indivia belga stufata. Ildessert: millefoglie di chantillyal limone con fragoline di bo-sco. Una tagliata di frutta haconcluso la cena. Ottimi i vini

in tavola: Falanghina, Sangio-vese e Moscato d’Asti. La cenaha avuto l’apprezzamento una-nime degli Accademici, parti-colarmente gradite le trofie,fragranti, cotte al punto giustoe ben saporite. Al termine dellaserata Paolo Petroni ha volutoconsegnare, in nome dell’Ac-cademia, una medaglia ricordoall’on.le Ciccardini e alcuni vo-lumi editi dall’Accademia ai ge-nerali Marino e Zilli e infineuna medaglia allo chef Galanoe alla sua brigata di cucina. Nelsaluto di commiato il Segreta-rio generale ha ricordato il fittoprogramma d’iniziative chel’Accademia sta sviluppando intutta Italia, per i centocinquan-ta anni unitari, fra le quali l’im-portante convegno che avràluogo a Roma il 28 maggio. Perla perfetta riuscita della serata,bisogna rendere merito almagg. Gennaro Cuccurullo, re-sponsabile di tutte le attivitàistituzionali del Circolo, che neha seguito tutta l’organizzazio-ne. Un particolare ringrazia-mento va anche al direttore delCircolo, generale Rinaldo Ri-naldin, che ha concesso l’auto-rizzazione a riservare all’Acca-demia i locali del Circolo. L’at-mosfera di particolare cordia-lità ha ancora una volta dimo-strato quanto è vivo lo spiritoaccademico delle Delegazioniromane, che contano numero-sissimi Accademici, i quali vo-lentieri, nelle due circostanzeannuali della giornata dellacultura e della cena ecumeni-ca, si ritrovano insieme per rin-novare nella convivialità la loroamicizia. (Gabriele Gasparro)

AVEZZANO

LA PANARDA

La Delegazione, con a capoGiuseppe Cristofaro, ha volutofar rivivere una manifestazionemarsicana molto antica: la pa-narda. Il tutto è stato organiz-

ABRUZZO

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

zato in un ristorante di Lucodei Marsi, gestito da un giova-ne chef, Angelo Bianchi, nonnuovo a esperienze del gene-re. Il termine “panarda”, sco-nosciuto ai più fino a qualchetempo fa, è oggi motivo di di-battito tra studiosi di tradizionipopolari, soprattutto abruzze-si. Ci si riferisce comunque auna situazione d’abbondanza,in questo caso alimentare, sen-za dimenticare l’aspetto socia-le e religioso. Gli aquilani so-stengono che l’origine dellaparola derivi dalla frazione Pa-ganica, i marsicani affermanocon decisione che le panardesono state sempre marsicane,imitate poi dai paesi della co-sta e dell’entroterra abruzzese.Nel prendere per buona l’ori-gine marsicana, rimane diffici-le stabilire in quale centro essaabbia avuto veramente la suanascita, visto che la ritroviamoin diversi luoghi, sia pure conmodalità e menu diversi. I do-cumenti sulla tradizione dellapanarda nella Marsica, e so-prattutto sul motivo originarioper cui questo rituale è con-nesso a situazioni religiose ecelebrative, non permettono dirisalire a prima del XVI secolo.Angelo Melchiorre, esaminan-do la panarda come espressio-ne cerimoniale, traccia unaprecisa mappa di riferimentigeografici e storici che eviden-ziano il fondamento del ritopiù nel consumo collettivo epubblico del cibo che nella va-rietà e nell’abbondanza dellevivande. Queste forse, all’ori-gine, si riducevano a una mi-nestra di legumi e a poche al-tre semplici pietanze: “Unamodestissima cena offerta dal-la popolazione di Luco deiMarsi ai preti forestieri che sirecavano a predicare nel loropaese, ma che ben presto do-vette diventare tutt’altro chemodesta”. La Delegazione haorganizzato quindi, sul tema,un incontro gastronomico-cul-turale di alto livello, che haavuto notevole risonanza, do-vuta anche alla presenza di il-

lustri ospiti: il prof. AngeloMelchiorre, uno degli studiosipiù quotati nel campo delletradizioni abruzzesi in genere edella Marsica in particolare; ilprof. Ernesto Di Renzo, docen-te di antropologia culturalepresso l’Università di Tor Ver-gata di Roma; il pro-rettore del-la stessa Università prof. Fran-co Salvatori. Il menu, rigorosa-mente di oltre quaranta porta-te, prevedeva l’assoluto rispet-to delle tradizioni locali: salu-mi, formaggi, bruschette, legu-mi, coratella, focacce per anti-pasti; vellutata di fave e ceci,minestra di verdure e brodo digallina (vecchia); fettuccine alsugo d’agnello, ravioli ricotta everdura, gnocchi di patate, pa-sta con le alici, maccheroncinial sugo d’anguilla; agnello conle patate, rigorosamente cottosotto il coppo, spuntature dimaiale, gallina lessa, filetto ditrota; contorni di tutti i prodottiortofrutticoli del Fucino, abbi-nati sapientemente alle varieportate; formaggi, ricotte e pe-corini locali; tipica torta luche-se di pan di Spagna riempita dicreme a strati, ciambelline alvino, noci, morzitti e castagne.(Massimo Nicolai)

PESCARA

VALORIZZAZIONEDEL TONDINO DEL TAVO

In Abruzzo, Loreto Aprutino èuna ridente cittadina dell’areavestina, in provincia di Pesca-ra. La sua storia ha origini mol-to remote e il suo paesaggio èmolto interessante soprattuttoper il profilo architettonico. Infebbraio, a Loreto Aprutino, siè costituita l’Associazione perla valorizzazione del fagioloTondino della Val di Tavo. Lacerimonia, durante la quale neè stato approvato lo statuto, havoluto celebrare, con l’Arssa ele autorità locali e regionalidell’agricoltura abruzzese, talericonoscimento arrivato dall’A-genzia regionale. Hanno parte-

cipato anche coltivatori dellavalle del Tavo, che va da Farin-dola a Cappelle sul Tavo, e ilDelegato onorario della Dele-gazione di Pescara. La manife-stazione si è conclusa con unacena di degustazione presso ilristorante “Florano Loreblick”di Domenico Speranza il qua-le, al termine dell’evento, ha ri-cevuto, insieme alla figlia Ales-sandra, i complimenti di tuttiper la genuinità e la bontà del-la cucina tradizionale del terri-torio proposta. Il fagiolo Ton-dino del Tavo entra dunquenella famiglia delle Dop abruz-zesi: è un prodotto autenticodelle sponde del fiume pesca-rese. Lo dicono le caratteristi-che naturali, riconosciute an-che dagli studi scientifici degliagronomi regionali. Secondol’agronomo De Lucia “è unprodotto che nasce solo sulpregiato territorio vestino. Do-po vino e olio, il Tondino con-tribuisce a creare una nicchiadi prodotti tipici di assoluto va-lore” e poi, stando a quanto hadichiarato Donato Silveri del-l’Arssa, “ci siamo dedicati al re-cupero di questo importanteprodotto, che fa onore all’A-bruzzo” e per finire: “Il profu-mo della nostra terra, - ha con-cluso Franceso Paolo Valentini- che si sente nel vino e nell’o-lio, ora è riconosciuto anche inquesto saporitissimo legume”.L’esordio fuori dai confiniabruzzesi c’è già stato alla fieraPec di Milano: il primo succes-so del Tondino. (Gaetano No-vello)

PESCARA

UNA DOMENICADELLE PALME INSIEME

Lo scambio degli auguri si èsvolto in un’atmosfera di alle-gria e amicizia, creata ad artedalle Accademiche e Simpo-siarche Anna Maria di ToroJannucci Torlontano e Rosan-na Della Vecchia Cardano, chehanno organizzato questa pia-

cevolissima giornata curandoscrupolosamente la scelta deiluoghi, delle sequenze e deitempi, e di tutti i minimi parti-colari. Si sono susseguiti avve-nimenti culturali, momenti diemozione, gusti e sapori chehanno rispettato pienamentela tradizione abruzzese. GliAccademici hanno avuto lafortuna di far celebrare la mes-sa nell’abbazia di San Clemen-te al Vomano, aperta per l’oc-casione solo per loro, uno deimonumenti più significatividel romantico benedettino interra d’Abruzzo. La messa èstata celebrata da don Stefano,parroco indiano della congre-ga della Madonna dei SetteDolori. Appena giunti nell’ab-bazia, l’Accademico Mario Lu-pinetti, profondo conoscitoredei monumenti d’arte della re-gione, ha illustrato l’architettu-ra e la storia di San Clemente.Subito dopo, all’interno dellachiesa, alcuni Accademici sisono offerti di leggere e inter-pretare la Passione, attenta-mente seguita da tutti.Al termine, riunione convivialeal ristorante “Tre Archi” diGuardia Vomano, apprezzatoin tutto l’Abruzzo, dove la bra-vissima Mirna Iannetti, suo fi-glio Giancarlo e tutto lo staff,hanno proposto un menu pa-squale, interpretando alla per-fezione la tradizione gastrono-mica abruzzese. Due le saleelegantemente allestite: unadove è stato servito un riccoaperitivo con prodotti rigoro-samente pasquali e l’altra doveè stato servito il pranzo. Unparticolare plauso va a MarisaAtalmi, moglie dell’Accademi-co Sandro Atalmi, che ha pre-parato con fantasia, arte edeleganza i centro tavola. Ai ta-voli, sono stati posti dei bellis-simi menu con l’illustrazionerealizzata dall’artista MarisaAngelozzi Del Colle. Il Delega-to Enzo Angelozzi ha salutatocalorosamente gli ospiti e haintrodotto l’Accademico Vin-cenzo Villa, che ha trattato iltema: “Aspettando la Pasqua”.

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La sua piacevolissima relazioneha catturato l’interesse di tuttol’uditorio. Ed ecco il menu:aperitivo pasquale; cicoriella“cacio e ovo”; chitarrine conpallottine; declinazione d’a-gnello (servito in tre modi: sul-la brace, “cacio e ovo”, costo-letta fritta) con verdure di cam-po saltate e poi le famose“mazzarelle” con insalatina;pizza dolce (specialità di Mir-na); vino cotto. Il tutto abbon-dantemente annaffiato dai vini:Montepulciano d’Abruzzo Doc2008 e Cerasuolo Doc 2009(entrambi dell’azienda agricolaVilla Medoro). A fine pranzoAnna Maria e Rosanna hannoofferto a tutti gli ospiti un ra-moscello di palma benedetta,elegantemente confezionato, alquale era legato un bigliettinocon una frase tratta dalla letteradi S. Paolo ai Filippesi.

TERAMO

TRIONFO DELLA PASTA

“Pasta amore mio”: così avreb-be potuto anche chiamarsiquesta insolita ma riuscitissi-ma riunione conviviale orga-nizzata da Gabriele Di Teodo-ro presso il ristorante “BorgoSpoltino” di Mosciano S. An-gelo. Nata da una vecchiaidea, da tempo cullata da DiTeodoro dopo aver assaggiatola pasta prodotta dal pastificioVerrigni di Roseto degli Abruz-zi, la riunione conviviale haattirato un nutrito numero diAccademici e ospiti, con l’ideadi gustare pasta dall’antipastoal dessert. E così è stato. Vasubito segnalata l’abilità dellochef Gabriele Marrangoni, cheha saputo impostare un menucalibrato nella successione deipiatti, nei condimenti, nei sa-pori e soprattutto facendo at-tenzione ai tempi di cottura.La riunione conviviale è statal’occasione per celebrare lagiornata della cultura ma an-che per ricordare il grandePellegrino Artusi, dal cui sacro

testo sono state tratte e riela-borate alcune ricette. “La pasta- ha esordito il Delegato LuigiMarini - è una vera e propriabandiera per il nostro paese.L’azienda Verrigni, che ha for-nito tutte le paste degustate, siè distinta non solo per la qua-lità delle materie prime, granie semole, di produzione rigo-rosamente nazionale, ma so-prattutto per le tecniche di la-vorazione artigianali e innova-tive, utilizzando trafile in oroche conferiscono alla pastagusto e consistenza diversi ri-spetto a quella trafilata inbronzo”. I giovani e simpaticiconiugi Verrigni hanno moltobrevemente sottolineato il lo-ro impegno nella ricerca dimaterie prime di qualità e su-bito dopo è stato servito l’anti-pasto: conchiglie di semola ri-piene di ottima mousse dibaccalà, adagiate su una deli-cata crema di porri, insaporitada un olio al peperone dolcesecco: ineccepibili. I piattisuccessivi sono stati un cre-scendo di sapori, aromi e gu-sti, a partire dai delicati tubetticon patate Turchesa e pecori-no (rivisitazione di una vec-chia minestra povera della tra-dizione teramana, pasta e pa-tate). Ai fusilli (cicciotti, aldente), creati con le trafile inoro, mantecati in crema di car-ciofi e sovrastati da una sotti-lissima julienne di carciofi frit-ti, sono seguiti gli spaghettoniconditi con razza, lupini dimare e asparagi: c’era solol’imbarazzo nella scelta suquale fosse migliore. Quindiun classico della cucina tera-mana, immancabile piatto do-menicale di molte tavole: lachitarra al sugo di pomodoroe tre varietà di carne. Insolitoma ottimo il dessert: paccheridi farina di kamut gratinati, ri-pieni di morbida crema pastic-ciera, e conditi con ananasspeziato e caramellato.In questa inusuale colazione,nulla è stato sopra le righe:giusti i quantitativi, i condi-menti, celere il servizio, calda

l’atmosfera (aiutata dallasplendida scoperta dei vinidell’azienda Cioti, rigorosa-mente da segnalare) nella lun-ga e unica tavolata. Ringrazia-menti meritati allo chef Ga-briele, ai coniugi Verrigni, aBertino Cioti ma soprattutto alSimposiarca, Gabriele Di Teo-doro, che ha saputo regalarciuna splendida giornata. (Ro-berto Ripani)

NAPOLI

A TAVOLACOL TRICOLORE

Il Delegato Leonardo Bianchiha voluto dedicare la giornatadella cultura al tema dei 150anni dell’Unità d’Italia in un in-contro che si è tenuto al risto-rante “Radici”. Sono intervenu-ti molti Accademici, varie per-sonalità, e alcuni giornalistidelle più importanti testate cit-tadine come “Il Mattino” (per ilquale era presente PasqualeEsposito) e il “Corriere delMezzogiorno”, che hanno de-dicato largo spazio all’avveni-mento. L’argomento è stato in-trodotto dal Delegato che haricordato il parere di molti sto-rici contemporanei sul perchél’Italia si unì sotto il regno deiSavoia. Si parte dalla rivolu-zione francese e, più precisa-mente, dal metodo del terroreche portò alla ghigliottina il reLuigi XVI e la consorte MariaAntonietta. Ciò indusse i re-gnanti del momento a revoca-re tutte le istituzioni democra-tiche, che nel frattempo eranostate concesse, onde impedireche la violenza francese inva-desse anche i loro territori. Fusolo il Piemonte a mantenerein vita le concessioni fatte an-che dopo i moti del 1821-1848. Questo atteggiamentoindotto dalla politica abilissimadi Cavour, pose il Piemonte al-l’attenzione di tutta l’Europa,che giudicò la casa regnante

come l’unica capace di offrirele garanzie necessarie alla de-mocrazia, che ormai si affac-ciava impetuosa sui piccoli sta-ti italiani. Il Delegato, primadella cena, ha presentato Ame-lia Cortese Ardias, Accademicaonoraria, invitata a parlare delnostro Risorgimento. La relatri-ce, con il garbo che le è abi-tuale, è partita dall’avventuradei Mille fino all’incontro, nel-la campagna di Teano, fra Vit-torio Emanuele e Garibaldi,sottolineando il coraggio, l’ar-dimento e i sacrifici di tantigiovanissimi volontari, che,mettendo a rischio la propriavita, realizzarono l’Unità d’Ita-lia tanto sospirata. Ha fatto quindi dono ai parte-cipanti di una sua gradita pub-blicazione sull’argomento. Fe-stoni realizzati con tante ban-diere abbellivano le pareti egruppi di piccole bandiere or-navano i tavoli alternandosi aquelle dell’Accademia inun’atmosfera gioiosa e rispetto-sa della solennità dell’occasio-ne. Infine, lo chef Carlo Spinaha dato ampia prova della suamaestria nel preparare pietan-ze squisite e rimarcando i colo-ri della nostra bandiera con lapresentazione del risotto, nelquale il bianco del piatto si ab-binava al verde degli spinaci eal rosso dello scorfano al po-modoro.

SALERNO

UNA TRADIZIONE CHEDURA DAL SETTECENTO

Bella giornata d’inizio prima-vera trascorsa dalla Delegazio-ne al ristorante “La Taverna” aSicignano degli Alburni, rag-giunto in pulmino tutti insie-me. Il menu, ricco di portate eleggero di preparazione, è sta-to servito con cura dalla fami-glia Rosolia, che ha alle spalleun passato di generazioni chedal Settecento (anche se sul-l’insegna è scritto 1821) a oggiportano avanti una tradizione

CAMPANIA

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che si ritrova ancora nelle pie-tanze servite. Nella semplicitàdell’arredo delle tre sale con100 posti a sedere comodi, gliAccademici hanno gustato ilpane cotto con fagioli di Con-trone; la cicoria selvatica conpurea di fave; la minestra ma-ritata con verdure varie (dallacicoria alla scarola, alla verza),con lesso di cotiche, salsicce ecarne di maiale; poi le laganecon ceci; fusilli e ravioli conragù di carne; “sfionzola”, valea dire carne di maiale, salsicciafritta con patate e peperoni al-l’aceto; salumi e formaggi. Iltutto innaffiato da un Agliani-co del Beneventano delle can-tine Antonio Tirico di Rioneroin Vulture. Infine i dolci: “boc-conotti” di castagnaccio e zep-pole fritte. Invitato a parlaredal Delegato Raffaele Martino,il dottor Della Valle, magistratoin pensione, presidente delTribunale di sorveglianza, haintrattenuto i commensali sul-l’importanza della qualità incucina, sulla necessità dellasua genuinità e sulla garanziadella tradizione, ampiamenterispettata dalla famiglia Roso-lia. L’importanza della cucinamediterranea, che secondostudi fatti in America ha risoltoi problemi di obesità, è statamessa in risalto dal dottor Del-la Valle. Tra l’altro c’è stato unimportante accenno alla cuci-na del Cilento, all’olio, agli or-taggi e alle spezie varie. Infineuna pagina: “Le scarpe” dellasignora Maria Monica, mogliedel Delegato, ha catturato pia-cevolmente l’attenzione deicommensali.

ALTAMURA

SERATA ARTUSIANA

In occasione della cena dellacultura, la Delegazione ha resoomaggio alla figura di Pellegri-no Artusi con un incontro inte-ramente dedicato all’illustre

gastronomo. Nella cornice ele-gante e raffinata del ristorante“Artusi”, all’interno dell’hotel“San Nicola”, in pieno centrostorico, si è riunito un foltogruppo di Accademici e sim-patizzanti per riflettere sullafunzione che il ricettario artu-siano ha avuto nel processo didiffusione delle ricette regio-nali durante il periodo dell’U-nità nazionale. Nicola Sbisà eVincenzo Rizzi, rispettivamen-te Delegato e Vice-Delegato diBari, illustri e graditi ospiti,hanno contribuito a sottolinea-re il rilevante spessore cultura-le della manifestazione, atte-stando inoltre la volontà diuna sinergica collaborazionetra le Delegazioni. Un granderitratto dell’illustre personag-gio, collocato sulla parete cen-trale della sala, conferiva allaserata una suggestiva atmosfe-ra evocativa.Dopo il tradizionale tocco del-la campana, la Delegata hapreso la parola illustrando lemanifestazioni accademiche incorso, le celebrazioni del 150°anniversario dell’Unità d’Italiae riportando il pensiero delPresidente Ballarini sulla plu-ralità della cucina italiana. Par-tendo dalla biografia e da cen-ni storici sull’Artusi, si è poisoffermata sul ruolo del ricet-tario “La scienza in cucina el’arte di mangiar bene”, suisuoi aspetti linguistici, sullemotivazioni del suo straordina-rio successo. Ha preso poi laparola la Vice-Delegata RitaIndrio leggendo alcune massi-me, precetti e aforismi conte-nuti nel testo, suscitando gran-de interesse. La SimposiarcaAngela Marvulli ha quindi illu-strato il menu della serata, in-teramente e rigorosamenteestrapolato dal famoso ricetta-rio, ribadendone la ripartizio-ne, l’ordine delle portate e al-cune curiosità. Il menu preve-deva: zuppetta di fagiuoli (ser-vita nel pane di Altamura);crostino tricolore; fritti di ricot-ta, zucchini e carciofi; macche-roni colla balsamella; sformato

di finocchi; árista; pizza allanapoletana e liquore nocino.Il giovane gestore del ristoran-te, Francesco Sardone, ha mi-rabilmente guidato la brigatadi cucina che ha realizzato ivari piatti in maniera gradevo-le e accurata. La serata, caratte-rizzata da un clima di grandeaffiatamento e cordialità, è sta-ta molto apprezzata e gradita.(Immacolata Portoghese)

CROTONE

IL MAIALE,CIBO CHE UNISCE

“Quando nel cuore dell’inver-no il vento livido di tramonta-na deterge l’aria e l’orizzonteappare più nitido, il contadinosa che è giunto il tempo di am-mazzare il maiale. Il rito dellamattazione si consuma all’a-perto, sullo sfondo di un affa-scinante paesaggio agreste, se-guendo consuetudini antichis-sime che affondano le loro ra-dici storiche nella mitologiagreca”. Con queste parole laDelegata Adriana Liguori Protoha presentato ai soci e agliospiti il tema della giornataconviviale, svoltasi presso l’a-zienda agrituristica “Terramo-re” della famiglia Riolo. L’in-contro rientra all’interno di unprogetto culturale molto im-portante, organizzato in occa-sione delle celebrazioni del150° anniversario dell’Unitàd’Italia e finalizzato alla risco-perta di tutti quei cibi che dasempre hanno unito la nostrapenisola. Il maiale infatti è sta-to assai importante nella cultu-ra e nell’economia di diverseregioni, alimento fondamenta-le per la sussistenza di interefamiglie.L’allevamento dei suini - haspiegato la Delegata - ha man-tenuto, fin dal Trecento, un ca-rattere esclusivamente di tipofamiliare e con uso di mezzipiuttosto rudimentali. Con le

radicali modificazioni dellestrutture economiche e socialiin pieno Medioevo, si passerà,nel nostro Paese, da un’econo-mia di sussistenza a un’econo-mia di mercato e da una so-cietà rurale a una società do-minata dai ceti urbani. L’intro-duzione in Europa, verso la fi-ne del Quattrocento, di nuovecoltivazioni come il mais e lapatata, favorendo un tipo dialimentazione più adeguatoall’ingrasso dei maiali, ha de-terminato produzioni semprepiù elevate di carne suina.Agli albori del Settecento, lacittà di Parma raggiunse addi-rittura il primato, con la ma-cellazione di 5.000-6.000 suiniall’anno, e forse furono questele ragioni che resero necessa-ria l’istituzione, in diversi co-muni, di macelli per maiali: fa-mosissimi i pelatoi di Bolo-gna, ritenuti i migliori d’Italia.Attualmente sono sorte dellevere e proprie città per l’alle-vamento dei suini, le famose“porcopoli” dove si svolgono,secondo le più avanzate tec-nologie, tutte quelle lavorazio-ni tipiche per la conservazio-ne delle carni. I metodi piùusati, anche se riprodotti artifi-cialmente, sono quelli antichidella tradizione contadina, co-me la salagione e l’affumica-mento. Degustando i saluminostrani nel giardino dell’a-zienda agrituristica, sotto untiepido sole, gli Accademicihanno, comunque, constatatocome un maiale allevato inmodo industriale non potràmai sostituire il maiale dome-stico, prezioso monumento diarcheologia contadina e straor-dinario serbatoio di sapori,profumi, umori, ma anche diantichi sentimenti alla cui ori-gine vi è il rapporto uomo-na-tura. Il banchetto accademico,preparato con cura dalla mae-stra di cucina Elena Latella se-condo l’antica tradizione con-tadina del Marchesato di Cro-tone, è stato molto apprezzatodai soci e dagli ospiti che han-no potuto assaporare, dappri-

CALABRIA

PUGLIA

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ma in piedi, conversando, la“pitta maniata”, la soppressata,il capocollo, i petali di pecori-no crotonese e le bruschette al“verdone” e, successivamente,a tavola, la minestra maritatacon le “frittole”, i cavatelli conil ragù, la “frissurata”, il grantrionfo di carni di maiale, leverdure dell’orto, l’insalata diagrumi e finocchi, il sangui-naccio e le chiacchiere legge-re di donna Elena. (Adriana Li-guori Proto)

REGGIO CALABRIA

MENU ARTUSIANO

Nei locali dell’“Osteria Sympo-sium”, a Reggio Calabria, è sta-ta celebrata la Giornata dellacultura dedicata a PellegrinoArtusi nel centenario dellamorte. È stato proposto il se-guente menu, basato sulle ri-cette del grande scrittore-ga-stronomo: crostini, maccheronialla napoletana, fritto misto,tortino di ricotta, fricassea, pas-sato di patate, gelato di pistac-chi. Ha relazionato sulla vitadell’Artusi, riferendo moltianeddoti, il Consultore Anto-nio Foti. È seguito un dibattitosulle materie prime utilizzatenel XIX secolo (alcune dellequali assolutamente non piùreperibili) in funzione delle co-noscenze mediche e igienichedell’epoca che, per esempio,sconsigliavano il consumo del-le verdure, in quanto non for-nivano gli elementi necessariper garantire uno stato di salu-te efficace per combattere lemalattie, specie la tubercolosi.

MARSALA

IL RICETTARIO DELLAFAMIGLIA DAMIANI

La serata della cultura, prepa-rata con cura dalla DelegataAntonella Bonventre Cassata,

presso lo Sporting club di Mar-sala, ha avuto enorme succes-so riguardo al tema trattato ealla partecipazione degli Acca-demici e dei soci del Clubospitante.La Delegata ha voluto incen-trare il tema relativo al 150°anniversario dell’Unità sul “Ri-cettario della famiglia Damianinello scenario storico in cui siagognò, si preparò e si rea-lizzò l’Unità d’Italia”. La fami-glia Damiani, di origine ligure,era una famiglia nobile che,intorno al 1400, si trasferì in Si-cilia. Damiani Sarzana, il capo-stipite, durante il Regno delleDue Sicilie fu responsabiledelle questioni demaniali inMarsala, presidente dell’Acca-demia di letteratura lilibetana euno dei dieci fondatori dellaBiblioteca, alla quale donò pa-recchi volumi. Abele Damiani,nato a Marsala nel 1835 e mor-to nel 1905, fu uno dei sicilianiche nel 1860, opponendosi aiBorbone, prepararono il terre-no per la spedizione dei Mille.Divenne maggiore dei garibal-dini e combatté con Garibaldi.Fu sottosegretario agli Affariesteri con Crispi e vice-presi-dente della Camera dal 1894 al1895. Contribuì in modo im-portante a creare a Marsala laRegia scuola agraria media aindirizzo vitivinicolo che ades-so è l’istituto tecnico agrario“Abele Damiani”. I suoi eredihanno raccolto e conservatoun ricettario che contiene ri-cette risalenti alla secondametà dell’Ottocento e altre aiprimi del Novecento. Le ultimesono state scritte da Giacomi-na Damiani, il cui pronipotePiero Gallo era presente con lamamma alla cerimonia. A essila Delegata ha manifestatosentimenti di riconoscenza peril contributo prestato alla riu-scita della serata, con l’apertu-ra del loro archivio storico-fa-miliare e la messa a disposizio-ne della Delegazione del suopreziosissimo materiale. E poi-ché il ricettario in questionenon contiene solo ricette pret-

tamente siciliane, la Delegataha fatto riferimento anche aPellegrino Artusi che ebbe ilgrande merito di aver saputocreare una perfetta fusione tral’arte cucinaria di livello supe-riore (appannaggio delle classipiù abbienti) e quella popola-re regionale, dando origine al-la cucina cosiddetta “borghe-se”. Grazie a Pellegrino Artusi,di cui ricorre il centenario del-la morte, fu bandita ogni for-ma di campanilismo in nomedi una cucina “nazionale”.Non per nulla Camporesi lodefinì “il Garibaldi della cuci-na”. La Delegata, infine, ha il-lustrato le vivande servite, tut-te tratte dal ricettario di cui si èparlato, tranne una: pizze di“scammaro”, alcune con ver-dure, altre con scamorza e al-tre ancora con ricotta; qua-drucci piccanti (tratti da Pelle-grino Artusi); maccheroni delpatriota, chiamati così perchéverdi, bianchi e rossi; “tianu”di S. Giuseppe: pasta con lesarde ma con l’aggiunta dibroccoletti; falso magro; “frit-tedda”, a base di carciofi, faveverdi e piselli; fragoloni al li-mone, cassata siciliana e tortatricolore. (Domenico Lipari)

PALERMO

STORIA E LEGGENDADELLA BIRRA A TAVOLA

La Delegazione ha celebrato ilmese della cultura con unaparticolare iniziativa intesa adapprofondire e ampliare lacultura gastronomica sul temadella birra a tavola. Nelloshow room della wine house“Oliver”, locale molto frequen-tato e conosciuto anche per lebirre servite, è stata allestitauna riunione conviviale a basedi legumi, cereali, birre artigia-nali, cioccolata e grappe che,in luogo di una tradizionalecena, ha celebrato il martedìgrasso e la festa delle donne.Simposiarca e conferenzieredella serata è stata la contitola-

re signora Francesca Bacile,sommelier professionista egrande esperta di birre, che hacondotto l’intera riunione con-viviale con una dotta e com-pleta introduzione sull’argo-mento, con il coinvolgimentodei commensali, illustrandopietanze e abbinamenti delmenu, originale e nuovo. Que-sto consisteva in: vellutata diceci con polpettine croccantidi baccalà e birra Blanche deNamur; macco di fave con ca-ciocavallo e crostoni di pane ebirra Vip Pils; insalatina di ce-reali con tonno e pistacchi ebirra Open Italian Style; fagiolicon bocconcini di maiale lar-dellato e birra scura RullesNoel. Tutte birre di produzio-ne artigianale e alla spina. Perfinire, selezione di cioccolatafondente e dolcetti caldi dicioccolata della casa con sele-zione di grappe barricate, tracui molto apprezzata la grappaDanzantica della distilleria“Giancarlo Conte” di Petrosi-no, in provincia di Trapani,vincitrice di numerosi premi inItalia e all’estero. Immancabilile chiacchiere carnevalesche emazzetti di mimosa alle signo-re. La signora Francesca Bacileha iniziato la sua conversazio-ne illustrando l’origine dellabirra, tra leggenda e storia, na-ta in Mesopotamia dal popolodei Sumeri, cui risalgono leprime testimonianze a mezzodi tavolette assire che citanoesplicitamente la birra e il me-stiere di birraio. Al mercato diBabilonia si smerciavano birrerosse, chiare, scure, forti, blan-de, d’orzo (“sikaru”) e di altricereali come il “kurunnu” abase di farro o aromatizzatecome la “niud” allo zuccherodi datteri: oltre venti tipi. Lacommercializzazione era con-trollata dallo Stato che ne certi-ficava la qualità a mezzo di si-gilli reali e simboli sulle anforeda trasporto. La vendita alpubblico avveniva in appositetaverne gestite dalle donne. Labirra, quindi, è una bevandaalcolica nata molto prima del

SICILIA

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

vino e serviva principalmenteper onorare divinità, per allie-tare matrimoni, onoranze fu-nebri, e scorreva a fiumi sullemense dei gaudenti come As-surbanipal, ricordato anche daErodoto con il nome di Sarda-napalo. Dalla Mesopotamial’uso della birra passa a tutto ilMedio Oriente, compreso l’E-gitto, e anche Erodoto cita letante varietà del “vino d’orzo”egiziano ricavato dalla fermen-tazione di cereali. Il procedi-mento moderno di fabbrica-zione è noto, mentre un di-scorso a parte merita la mesci-ta e l’uso di bicchieri e boccalidi varia forma. La mescita si di-stingue in tre principali stili diservizio. “Alla tedesca”, checonsiste nello spillare unaquantità iniziale e quando laspuma diminuisce si continuaa riempire per una seconda eanche terza volta; “all’inglese”,con unica progressiva spillatu-ra con bicchiere inclinato; “al-l’olandese”, con abbondanteproduzione di schiuma da to-gliere con una spatola. Il cam-pionario dei bicchieri per labirra è poi tanto vario da gene-rare collezionismo. Infine, lebirre a tavola hanno un ampioventaglio di utilizzazioni e ab-binamenti e vanno servite congradazioni crescenti. Ampioconsenso di Accademici eospiti, tra cui un noto e com-petente collezionista di bic-chieri, l’avv. Roberto Lanza,che è intervenuto con argutenotazioni e aneddoti. (LucioMessina)

PALERMO MONDELLO

PRUDENZA ALLA GUIDA

“Mangiare, bere e guidare:con quali ragionevoli limiti?”.È stato il tema, molto attuale,di una riuscitissima riunioneconviviale della Delegazionenel ristorante “Ulisse”. Ospited’onore e relatore il non di-menticato pilota di Formulauno Nino Vaccarella (Ferrari,

Maserati, Alfa Romeo), vinci-tore di tre edizioni della TargaFlorio. Fra i presenti ancheAccademici della Delegazioneesperti piloti, come Mario DeLuca, attuale campione italia-no di Rally auto storiche, Bep-pe Barresi e Fabrizio Fecarottache partecipano a gare ufficia-li anche all’estero. De Luca haprodotto una ricerca, da luicommissionata (distribuita incopia ai partecipanti), sulleconseguenze dovute alla con-centrazione di alcol nel san-gue, “i cui effetti - vi è precisa-to - sono molto diversi da per-sona a persona”. Nella presen-tazione, il Delegato ha sottoli-neato che occorre sempre mo-derazione nell’assunzione dibevande alcoliche, anche se visono soggetti che tollerano ot-timamente cibo e alcol, purein quantità di gran lunga supe-riore al limite stabilito dallalegge, ma - ha proseguito - l’e-levato tasso di mortalità sullestrade suggerisce austerità eprudenza. Osservazioni, que-ste, riprese con efficacia ecompetenza da Nino Vaccarel-la. “Sono stato anche un presi-de e ho avuto a che fare con iragazzi - ha detto fra l’altro - eposso certificare che per lopiù gli incidenti sono causatida imperizia o incoscienza.Ma certo il problema alimenta-re esiste”. Durante il gradevo-le, sicilianissimo pranzo da“Ulisse”, nella bella borgataTommaso Natale, si è ancheparlato della possibilità che laDelegazione promuova sul-l’argomento un incontro pub-blico. (Antonio Ravidà)

SIRACUSA

LE RICETTE SICILIANEDELL’ARTUSI

Nella rinnovata cornice del ri-storante “Carlo Magno”, nelcuore di Ortigia, si è tenuto ilsimposio di marzo della Dele-gazione: un incontro culturalee celebrativo in onore di Pelle-

grino Artusi. Il Delegato Ange-lo Tamburini ha avviato il sim-posio ricordando la figura del-l’Artusi, appassionato di ga-stronomia, ma senza avere ca-pacità cucinaria, che decise diapplicarsi alla materia creandoun’autentica cucina sperimen-tale dove, con l’assistenza del-la cuoca Marietta Sabatini e del“servente” forlivese FrancescoRuffilli, provò e riprovò variericette, raccogliendo appunti,idee, aneddoti e riflessioni.Come è noto, all’inizio il suolibro, definito dallo steso auto-re “manuale pratico con il qua-le basta si sappia tenere unmestolo in mano”, non incon-trò l’interesse degli editori main seguito conquistò il pubbli-co tanto da diventare, doponumerose ristampe, il testo ga-stronomico dell’Italia unita.Angelo Tamburini ha poi datola parola alla Simposiarca del-l’incontro accademico, la Con-sultrice, membro del CentroStudi territoriale, Anita Ruberache ha presentato “Norme diigiene e suggerimenti per ren-dere meno triste la vita, secon-do Pellegrino Artusi nel suo li-bro: La scienza in cucina e l’ar-te di mangiare bene”, affasci-nando l’uditorio con i consiglie le trovate originali e spessointriganti dell’autore. Ha fattoseguito la cena artusiana condegustazione di piatti sicilianitratti dall’opera di Artusi: unmenu completo, con principii,minestre, tramessi, umidi e tor-te al cucchiaio. Sono state confezionate dalmaestro di cucina GiancarloRusso e dal suo aiuto FilippoVitiello e servite in tavola, oltreall’insalata di mare tiepida(principio siracusano), le ricet-te numero 88 (maccheroni conle sarde alla siciliana), numero417 (carciofi in umido colla ni-pitella), numero 463 (naselloalla palermitana), numero 617(croccante), numero 681(bianco mangiare). Ricette chesorprendono per il loro gustogradevole e per la grande sem-plicità di esecuzione. Il Dele-

gato ha consegnato al proprie-tario del ristorante il guidonci-no e la vetrofania dell’Accade-mia e al tocco della campanaha concluso il convivio. (An-gelo Tamburini)

SIRACUSA

IN VIAGGIO FRA PATRIOTI E BRIGANTI

Nell’ambito delle manifestazio-ni relative al 150° anniversariodell’Unità d’Italia si è svolta aSiracusa la presentazione dellapiù recente fatica letteraria diAntonio Caprarica: “C’era unavolta in Italia - In viaggio frapatrioti, briganti e principessenei giorni dell’Unità d’Italia”.L’incontro con l’autore, ospited’onore, è stato organizzatodalla Delegazione presso il ri-storante “Laudien” del grandhotel “Villa Politi”, i cui salonisono stati cornice di numerosie significativi eventi storici. IlDelegato Angelo Tamburini haaccolto gli ospiti, fra i quali: ilVice-Presidente dell’Accade-mia Benito Fiore, la soprinten-dente ai Beni culturali di Sira-cusa dott.ssa Concetta Ciurci-na, la Direttrice del Centro Stu-di per la Sicilia orientale Cetti-na Pipitone Voza, la presiden-tessa provinciale Unicef di Sira-cusa prof.ssa Carmela Pace.Tamburini ha poi presentatouno spaccato storico-culturalesulla “Cucina dell’Unità d’Italia”soffermandosi nella descrizio-ne di alcune ricette risorgimen-tali. “Il Risorgimento è stato fat-to anche a tavola - ha esordito-, in primo luogo attraversouna rivendicazione delle spe-cialità gastronomiche italianeche non dovevano essere so-praffatte dalle straniere”. Hapreso poi la parola Benito Fio-re, per introdurre e presentarelo scrittore Antonio Caprarica,Accademico onorario di Lon-dra e noto giornalista, che ri-torna a Siracusa, ancora unavolta, per proporre la sua piùrecente produzione letteraria,

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

un’originale celebrazione dei150 anni dell’Unità d’Italia, dainviato a ritroso nel tempo, ri-percorrendo il nostro Paeseper verificare di persona lereazioni della gente all’Unità.Ad Antonio Caprarica la pre-sentazione della sua opera,scritta con l’intento di tratteg-giare un vivace e inedito ritrat-to dell’Italia al momento dellasua nascita; un affresco argutoe storicamente fedele di un’I-talia di 150 anni fa che forsenemmeno immaginiamo, diun’intera nazione che si affac-cia verso la storia spesso inmodo abbastanza inatteso.Antonio Caprarica narra, viag-gia e incontra nobildonne chesi dividono dai salotti agliospedali da campo, madri cheincoraggiano i figli a non ab-bandonare la lotta, ragazzeche si uniscono ai garibaldini,e uomini “di penna e d’azione”che lasciano gli studi per com-battere. E c’è una notevole car-rellata sui personaggi famosidell’epoca (Garibaldi, Mazzini,Cavour, Vittorio Emanuele eperfino il Manzoni), ma sonosoprattutto gli italiani i veriprotagonisti: nobili, personecomuni, gente del clero, perfi-no i briganti. Caprarica racco-glie le loro storie con un ritmodavvero godibile nella lettura,ma soprattutto non inventanulla, le storie sono tutte pun-tualmente documentate.Gli applausi ripetuti hannosottolineato alcuni passaggiparticolarmente coinvolgentidi un libro davvero specialenella forma, ma soprattutto in-teressante nei contenuti. Hafatto seguito la cena con porta-te risorgimentali: l’antipasto tri-colore, il risotto garibaldino, ilrotolo al Marsala, lo sformatinoCavour, la torta di Mazzini, ac-compagnati da vini del territo-rio siciliano. A conclusione delconvivio lo chef Francesco In-grassia e la brigata di cucina, ilmaître Sergio Manenti e lo staffdi sala hanno meritato l’apprez-zamento e l’applauso convintodei convitati e l’elogio di Benito

Fiore per la puntuale prepara-zione delle portate risorgimen-tali. Il Delegato Angelo Tambu-rini ha consegnato il guidonci-no e la vetrofania dell’Accade-mia. (Angelo Tamburini)

UTRECHT

TIZIANO ANFITRIONE

In occasione della Giornatadella cultura, si è parlato di Ti-ziano Vecellio, non dei suoiquadri, ma dei suoi sontuosibanchetti. Il Delegato Italo DeLorenzo, che è di Pieve di Ca-dore, patria del grande pittore,ha raccontato con entusiasmodel ruolo del Vecellio nella Ve-nezia di quei tempi. La casa aiBirri Grande era il punto d’in-contro per il gran mondo cheabitava nella Serenissima oche ci soggiornava per periodipiù o meno lunghi: artisti, ari-stocratici, personalità politi-che, rappresentanti della fi-nanza e del commercio, parte-cipavano agli sfarzosi simposi,che erano accompagnati damusica, dibattiti, rappresenta-zioni. Di queste feste parla, inuna lettera, Pietro Aretino,mentre un altro scrittore rac-conta di “tutti li piaceri et sol-lazzi che alla qualità del tem-po et delle persone et della fe-sta si convenivano”. In queglianni, Venezia era uno deipunti di incontro della vitaeconomica, sociale, artistica eculturale d’Europa. Era anchecentro della gastronomia e deipiaceri della tavola. Nel XVIIIsecolo questo ruolo sarebbestato assunto da Parigi. Gran-de novità erano le spezie pro-venienti dalle Indie e dall’Afri-ca e commercializzate dai ve-neziani fino a renderne ilprezzo, pur sempre altissimo,più accessibile agli europei.Alcune erano antichissime, co-me il cumino ricordato nel-l’Antico Testamento; il fienogreco, che Avicenna prescri-

veva come contraccettivo; ilcardamomo, afrodisiaco delle“Mille e una notte”; e poi lanoce moscata, lo zafferano, ilcoriandolo, il pepe, la cannel-la. Assieme ai nostri prodotti,esse davano origine a una ina-spettata e curiosa fusione diculture. Il mercato di Rialto,con la sua “erbarìa” e la “pe-scarìa”, erano una gioia per ilbuongustaio. E poi, girandoper le calli e per i bacari,ovunque, anche all’aperto, sipotevano gustare la frittura,specialità di Chioggia, e le“sarde in saor”, che allora era-no il cibo dei pescatori, e lecapesante col finocchietto. In occasione dell’incontro ac-cademico si è parlato anche diPietro Aretino, amico di Tizia-no, eppure molto diverso dalui, ma il Vecellio era un uomopratico, senza complessi, e sa-peva accettare le persone perquello che erano, e le rispetta-va nelle loro idee e nei lorosentimenti. Di Pietro Aretino èstata citata l’epigrafe, che se-condo la tradizione sarebbestata dettata da lui stesso: “Quigiace l’Aretin, poeta Tosco,/Ditutti disse mal, fuorché di Cri-sto,/Scusandosi col dir non loconosco”. Alla fine della serataè stata consegnata in omaggiouna copia degli “Studi Tiziane-schi”, l’annuario della Fonda-zione centro studi “Tiziano eCadore”. Un regalo molto ap-prezzato, cui è seguita la pro-messa di trovarci tutti il prossi-mo anno a Pieve di Cadore.(Italo De Lorenzo)

NEW YORK

SERATA ALL’ACCADEMIA DI VINO

Ambiente caldo, accogliente epiacevole, con tutte le bottigliedi vino italiano esposte diviseper regione. Agli Accademicinewyorkesi è stata riservata lasala Sicilia, allestita alla perfe-

zione. Ci ha onorato la presen-za del nunzio apostolico arci-vescovo Francis Chullikatt. Siail cibo che il vino erano ottimie veramente rispettavano inpieno le tradizioni italiane. Lochef Kevin Garcia ha passatocinque anni in Italia, nel risto-rante toscano di Cesare Casel-la, imparando con maestria l’u-so delle erbe, dei prodotti fre-schissimi e di stagione e di tan-to altro ancora. Il direttoreJohn Fanning, irlandese, ha an-ch’egli lavorato cinque anni aRoma per Pino Luongo diri-gendone i ristoranti “Le Madri”e “Il Coco Pazzo”. Nel corsodella riunione conviviale, tuttoha rispettato le consuetudiniitaliane: dal servizio all’atmo-sfera, al cibo. Pizze e antipastideliziosi, soprattutto le cape-sante sul cavolfiore al forno:un abbinamento sorprendente-mente gradevole. Buona anchela caponata autentica sicilianacon l’aggiunta di uvetta (paresia un’usanza del territorio diAgrigento). Tutto è stato spie-gato, portata per portata. Tra ivini, uno più buono dell’altro,una vera sorpresa il Rosso mar-chigiano dei Colli MaceratesiVardì Fontezoppa San Dome-nico 2008. La Delegazione hascelto, come tema di quest’an-no, di provare i ristoranti italianiperché cuochi e titolari ammira-no la nostra cucina e le nostretradizioni al punto da passareanni in Italia a imparare bene lanostra cultura e la nostra linguaoltre che la cucina.

ERRATA CORRIGE

La Delegazione di Catania pre-cisa che l’articolo “Gusto eospitalità a casa Ursino”, pub-blicato nella rivista di marzo, èstato redatto dalle Accademi-che Maria Oliveri e Cettina Xi-bilia. La Redazione approfittadi questo spazio per invitaregli Accademici a specificaresempre, qualora se ne desiderila pubblicazione, il nome del-l’autore dell’articolo.

STATI UNITI

OLANDA

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

Dear Academicians, In my opinionthe true objective of the

gastronome is not to create or tastecuisine but to understand it. Thegastronome is not a cook, a glutton or afood aesthete, nor is he or she anhistorian or student of physiology, foodtechnology or nutrition, or apsychologist or nutritional sociologist,or even just a passionate lover of food;he or she is a philosopher in the truestsense of the word. Gastronomy andcuisine can coexist in the same person,and yet one cannot be a great cook orbecome a culinary master if one is notalso a gastronome, otherwise we areleft only with sensitive cooks, guidedand dominated by intuition,impressions, and unconsciousperceptions.To understand a cuisine one mustunderstand all of the complexities anddynamics of a society and itsenvironment and penetrate its culinarytraditions. This means knowingourselves as individuals, families andsocial groups, and above all translatingtraditional gastronomic expressions intoa useful guide for everyday life. Neverbefore have we known (or believe weknow) so much about food andnutrition, yet we have so manynutritional problems, from pervasivebad food to nutritional pathologies,both biological and behavioral.Discovering and broadening one’sknowledge of cuisine should notconsist in mere intellectualexhibitionism, but it should involvedeveloping a persuasive and allencompassing debate that expressesone of our most important identifyingaspects as human beings: how food istransformed into something beyondnutrition. Gastronomic research is trulyan investigation into ourselves, how wethink about and view food, itstransformation, uses and everythingthat revolves around it and affects what

we think about it. This also involveslooking into the relationship betweenthe food cultivation, harvest, productionand processing. How a societyjuxtaposes its food and environmentbecomes an indispensible means ofreading and interpreting a territory.“Eat they way you speak”, or “Speak theway you eat” is an old sayingnoteworthy also for its ambivalence,depending on one’s point of view. Wehear it so often that we no longer seehow profound and mystical thosewords really are because they take usback to our most basic roots as humanbeings. Our species alone hasdeveloped an elaborate language forfood and specialized ways tomanipulate food. Above all, throughcuisine we have given food a culturalvalue by inventing a subtle butprofound culinary lexicon, rich insymbolism and culturally significantpersonal and social meaning. Is all this not something that deeplyaffects all of us?There are so many subliminalquestions regarding society andcuisine: Why have we invented anddeveloped so many different cuisines?Why are they different and how andwhy do they change? Is theresomething (and if so, what) constant inthe uninterrupted and progressivemutation and transformation (orsometimes regression) of cuisines evenin hypothetical and even mysticalmeta-cuisines? Are we free to chooseour taste preferences or are theyimposed on us by biology or culture?How should we respond not only tothe evolution of our own cuisine butalso to the apparent imposition of otherones? Is there such a thing as anutritional, gastronomic or culinaryethic? What is its role and value andfrom where do nutritional traditionsderive their authority? How do cooks’technological and artistic expressions,

especially with the current culinary“showmanship”, influence us? Howshould we respond to the onslaught ofindustrially prepared and distributedfoods? What are or should be thenorms guiding nutritional behavior in awarm climate like ours, and can theyhelp us answer what is perhaps themost important question of all: Howshould one eat and thus live?These are all intriguing questions, noneof which have adequate answers. Butin some way perhaps they can explaina vast, seemingly inexplicablephenomenon: the enormous success ofcookbooks of every kind, written frommany perspectives but apparently inlarge part not consulted. Their successseems to be attributable (but researchon this should be conducted) to thedemise of authoritative culinarytraditions and the simultaneous spreadof “gastronomic illiteracy”. Traditionalsocieties in colder climates developtheir own food linguistics with rulesand a common and thus reassuringlexicon that carried forward throughtraditional recipes. This phenomenon isabsent in warm, rapidly evolvingsocieties such as ours where recipesand above all their continuous andrapid diffusion by new means ofcommunication cannot keep up withor compensate for the diminishedauthority of traditions and the absenceof a minimum body of knowledge.We are living in a time when theincreasingly confusing and oftencontradictory avalanche of information,culinary and otherwise, cannot replaceknowledge. A cuisine without reflection, research,and thought cannot be tasted orenjoyed. Does this seem like apessimistic assessment? It is anythingbut, if we have the wisdom to interpretit as a reason to actively promotegastronomic research aimed atincreasing culinary knowledge todayand in the future. One of thefundamental objectives of thisAcademy is to protect and preserve theCivilization of the Table both in Italyand abroad.

GIOVANNI BALLARINI

D E A R A C C A D E M I A M E M B E R S . . .see page 3

UNDERSTANDING CUISINE

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

EDITORIAL

ONE HUNDRED FIFTYsee page 5

Gianni Franceschi describes thechicken’s journey from the farm yard tothe table over the past 150 years. Froma simple barnyard animal raisedprimarily for egg production, the cagedhen became a protagonist of elaboratedishes and today is present on nearlyevery table.

SPRING SESSIONsee page 6

The latest session of the 2009-2011biennium was held this spring in Milan.The meeting reviewed what has beenaccomplished, and also establishedfuture initiatives. Once again the groupshowed itself to be active andproductive.

IN THE NATISONE VALLEYsee page 7

For centuries the Natisone Valley in theFriuli region was an importantcrossroads of diverse European peoplesand cultures. From its soups to itsgnocchi, the area is truly a jewel in thecrown of gastronomical tradition.

THE BIOLOGICAL CLOCKsee page 9

Human beings get everything they needfrom nature, and the change of seasonsmakes us want to eat seasonal food.Each of us possesses a “biologicalclock” that makes us crave certain foodsunder certain conditions.

GIO’S DISHESsee page 10

A Milan exhibition celebrates theceramic creations of the versatilearchitect and designer Gio Ponti.

Francesco Ricciardi recalls this closefriend of Orio Vergani and foundingmember of the Academy.

FRESH ALMONDSsee page 12

Fresh almonds are an early spring fruitthat should be enjoyed when they arejust picked. They are inexpensive whenobtained directly from the farmer orlocal market. Padua AcademicianGiancarlo Burri evokes their uniqueflavor, pleasantly acidic and bittersweet:a surprising union.

CUISINE AS MEMORYsee page 13

Academicians from all parts of Italyattended the March 26 conference TheCuisine of the Kingdom of Italy: fromSavoy to Republic held in Turin. Theconference was chaired by PresidentGiovanni Ballarini and SecretaryGeneral Paolo Petroni.

THE BELLE EPOQUEsee page 15

The Livorno Delegation organized aconference during gastronomic culturemonth at the Granaries of VillaMimbelli, seat of the Civic Museum, onthe relationship between the paintingsof the Belle Epoque and gastronomy.Livorno Delegate Sergio Gristinadiscussed A Comparison of PellegrinoArtusi and Auguste Escoffier.

ANCIENT CHICORY see page 16

Chicory is one of the world’s oldest andbest-known herbs, and can be traced backto 4000 B.C. As Siracusa Academician PinoLombardo explains, since ancient timeschicory was considered to be the bestblood purifier. It is a pleasant and slightlybitter herb whose intensity differs fromplant to plant.

FLORENCE: STREETS ON THE PLATE see page 18

The Academy Library has beenenriched by a book dedicated to streetnames, or rather to the discipline ofnaming streets and piazzas.Academician Donatella Lippi donatedthe volume Streets on the Plate:Historical and Gastronomic walksthrough Florence, which accompaniesits reader along a fascinating journeythrough the streets of the Tuscan capitalwith a flavorful twist.

THE FRUGAL GARIBALDIsee page 20

Rome Academician Gabriele Gasparrodescribes how Garibaldi had verysimple gastronomic tastes, although hewas required to sit through manyinterminable banquets once he hadbecome a national hero. He preferredsome bread, cacio cheese and olives,and was crazy about fava beans withpecorino cheese, Genovese minestronewith pesto, and stockfish.

PASTA AND BEANSsee page 22

In additional to being gastronomicallypleasing, during periods of famine likethe postwar era, pasta and beansprovided a balanced diet. The bean is alegume of considerable nutritionalvalue that has consistently representeda healthy alternative to meat.

AGAINST PREJUDICEsee page 23

Virginia Academician Marino de Medicicomments on Washington Post bookcritic Jonathan Yardley’s recent reviewof an Italian cookbook by John F.Mariani: How Italian Food Conqueredthe World. Most Americans do not havethe faintest understanding of Italianregional cuisine, and occasionally speakof it out of turn.

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THE ROYAL ESTATESsee page 25

Rome Academician Donato Pasquariellodescribes the royal estates of theBourbons that were established in thelate 18th century. Although these ruralestates were essentially places ofleisure, they were also productivefarms. The Bourbon Royal Estatesconstituted an example of workingfarms that produced high qualityproducts.

DREAM PAIRINGSsee page 27

Oenologist Fausto Maculan proposes adream pairing: Breganze doves with thelocal DOC wine. A different sip of winefor each part of the bird, whose meatvaries in flavor and texture.

BURRATA CHEESE FROM PUGLIAsee page 29

We do not know precisely when burratawas born, but history suggests that itfirst appeared at the beginning of the20th century. Foggia-Lucera DelegateLuigi Altobella describes themanufacture of this cheese and suggestssome recipes and wine pairings.

CONCEPTUAL CUISINEsee page 31

Inspired by Chef Massimo Bottura’sreinterpretation of an ancient recipe,Guido Schiaroli discusses “conceptual”cuisine, wherein the dish becomes avehicle for transmitting a message. Itcan be a creation inspired by anillustrated story enriched with tastes andflavors.

THE VICE OF GLUTTONYsee page 32

In wealthy countries today pathologicalobesity has become a social problem.

Maremma Academician VannaFrancesca Bartoncelli confronts thesubject historically, from Genesis to thepresent day.

TUNA FISHINGsee page 33

Tuna has played a consistent economicrole in the populations that inhabit theMediterranean basin. SiracusaAcademician Emanuele Romeo pointsout that tuna fishing has been practicedsince time immemorial, and the closingof the tuna packing plants representsthe end of a centuries-old tradition.

LOSING THE PROVERBSsee page 34

The list of sayings and proverbs aboutfood is lengthy but sometimes medicalexperts have knocked them down,making the wisdom of our ancestorsseem false. Isernia Academician ErsiliaCaporale cites some of these sayings.

MARKETING AT THE TABLEsee page 35

Gian Paolo Pinton, Academician fromthe Eguania-Lower Padua Delegation,analyzes the behavior of some so-calledrestaurant “corporations” and theirclientele. Restaurants that work well aresuccessful businesses.

RESEARCHING TASTEsee page 36

Bologna-Bentivoglio Academician TitoTrombacco stresses that a goodAcademician should have a pilgrim’sspirit, always ready to embark on acultural journey in search ofgastronomic excellence.

TranslatorsNICOLA LEA FURLAN

DONALD J. CLARKSummarized

FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

MAGGIO 2011 / N. 227

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GIOVANNI BALLARINI

DIRETTORE RESPONSABILE

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IMPAGINAZIONE

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IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DINazzareno Acquistucci, Pietro Adami,

Luigi Altobella, Anonimo toscano del Trecento,Vanna Francesca Bertoncelli, Biagio Bonfiglio,

Giancarlo Burri, Ersilia Caporale, SilviaDe Lorenzo, Marino de Medici, Pietro Fracanzani,

Lorena Gallina, Gabriele Gasparro, PinoLombardo, Fausto Maculan, Maestro

Martino da Como, Lejla Mancusi Sorrentino,Fabio Nobili, Donato Pasquariello, Renzo Pellati,

Alfredo Pelle, Teresa Perissinotto, Gian PaoloPinton, Gianfranco Porrà, Francesco Ricciardi,

Emanuele Romeo, Guido Schiaroli,Bartolomeo Stefani, Tito Trombacco.

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