Italia a Tavola - n°227 Marzo 2015

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Marzo 2015 · anno XXVII · n. 227 Il Consorzio Grana Padano dopo Identità Golose pronto per Expo 2015 RISTORAZIONE · BAR · ENOGASTRONOMIA · TURISMO · OSPITALITÀ

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Grande successo a “Identità Golose” per il Consorzio tutela Grana Padano, in prima linea insieme a cuochi stellati per la divulgazione dell’alimentazione sana e gluten free

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Marzo 2015 · anno XXVII · n. 227

Il Consorzio Grana Padanodopo Identità Golosepronto per Expo 2015

RISTORAZIONE · BAR · ENOGASTRONOMIA · TERRITORIO · OSPITALITÀRISTORAZIONE · BAR · ENOGASTRONOMIA · TURISMO · OSPITALITÀ

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febbraio 2015 · Italia a Tavola

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Vinitaly 2015Piazza d’affari internazionale 49ª edizione all’insegna del business

Allegrini Connubio perfetto tra vino, storia e ospitalità

Chianti in tourPrima tappa Vinitaly, con 38 produttori

Leone de Castris350 anni di storia che guardano al futuro

Il paradosso dei vini dolciNon seguono il trend della pasticceria

34 l

38 l

40 l

42 l

49 l

Vino

Il poker di re dell’enogastronomia sbarca a Firenze

8 lPrimo Piano

Marzo 2015 · anno XXVII · n. 227

Il Consorzio Grana Padanodopo Identità Golosepronto per Expo 2015

RISTORAZIONE · BAR · ENOGASTRONOMIA · TERRITORIO · OSPITALITÀRISTORAZIONE · BAR · ENOGASTRONOMIA · TURISMO · OSPITALITÀ

Grande successo a “Identità Golose” per il Consorzio tutela Grana Padano, in prima linea insieme a cuochi stellati per la divulgazione dell’alimentazione sana e gluten free.(foto di copertina: Sonia Santagostino)

In copertina

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Tartare di manzo e Chianti Classico Docg, un connubio perfetto

Carbonaro dell’AlaskaGioiello ittico che ha conquistato i cuochi di tutto il mondo

Mousse au Chocolat DebicDessert originali e subito pronti

16 l

20 l

24 l

Alimenti

sommario

L’Italia conquista 14 medaglie su 15al Sol d’Oro 2015

30 lOlio

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La difesa dell’enogastronomianon può prescindere dalla libertà dei cuochi

L’home restaurant batte i cuochi veriConcorrenza spietata in tempo di crisi

Dal mondo del vinoidee e innovazioni per il Bar

Allergeni nel menuLa nota ministeriale mette d’accordo tutti

66 l

70 l

76 l

78 l

Professioni

Toscana terra del buon vivereL’arte della tavola e della convivialità

96 lEventi

Branca, dopo gli aperitivi e i digestivi si apre ora la sfida della Cucina

Nuovi uffici a MilanoNel 2014 produzione in crescita del 14%

62 l

65 l

Bevande

Frutta e verdura da riscoprire in tavola

80 lSalute

Non è tutto... orzoquel che luccica

È tutta una questione di... Lievito

52 l

56 l

BirraPer gli approfondimenti consulta il portale www.italiaatavola.net

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67marzo 2015 · Italia a Tavola

di Alberto Lupini

Il cibo e l’enogastronomia in generale stanno finalmente diventando quel “bene” nazionale per il quale da tem-

po sollecitiamo più attenzione e tutela? A parte l’Expo che sta forse creando attese eccessive (soprattutto da parte di quei pro-duttori che si illudono di andare ad una fiera commerciale), non c’è discussione, confronto o intervento pubblico in cui non ci sia un richiamo al tema della tavola.

Bene, diranno in molti, chiedendosi magari di cosa ci potremmo lamentare a questo punto. Eppure, come sempre suc-cede in Italia, quando scatta una moda (e la Cucina lo è diventata, complici le trop-pe comparsate in tv...), c’è chi esagera. E fra chi non perde mai occasione di volere essere davanti a tutti ci sono ovviamente politici e rappresentanti di associazioni che improvvisamente si ergono a supre-mi garanti di ricette, tradizioni o qualità

dei prodotti. Questa sorta di gara a chi è più “gastronomicamente corretto” ha portato a contestare nel giro di poche ore l’uno dall’altro 3 noti cuochi italiani per aver espresso in tv o sui giornali opinioni sull’opportunità di usare o meno alcuni ingredienti, o per aver variato gli ingre-dienti di qualche ricetta canonica. Si trat-ta di casi assai diversi, che accomuniamo solo perché stavolta hanno richiamato l’attenzione dei media (fra cui anche Ita-lia a Tavola), mentre fino a pochi giorni fa sarebbero stati tranquillamente ignorati dai più.

Al di là dei casi specifici, ed escludendo di voler fare i difensori d’ufficio di cuochi stellati che sanno benissimo come rispon-dere a contestazioni ridicole, vorremmo invitare i politici ad occuparsi meglio della promozione della filiera agroalimentare italiana, evitando di cercare notorietà con-testando proprio gli unici professionisti (i cuochi) che da sempre sono in prima fila

Cuochi · Professioni

per difendere la qualità e la Cucina italia-na.

E senza equivoci vogliamo dire all’as-sessore regionale della Puglia, Fabrizio Nardoni, e a tutti quelli che lo volessero imitare che Ilario Vinciguerra, e qualun-que altro cuoco, non solo ha il diritto, ma ha anzi il dovere di indicare che tipologia di olio secondo lui è meglio usare in una ricetta. Se non fosse così, vista la ricchezza delle varietà di olio italiane, avremmo solo un’omologazione o gusti standard come la maggior parte degli oli spagnoli. Certo un cuoco non deve denigrare un prodotto, ma può e deve spiegarne l’utilizzo miglio-re.

Ugualmente si può dire della ricetta, nemmeno poi tanto personale, che Da-vide Oldani propone per un pesto nel 2015 e non nel 1915. Aggiungere un po’ di burro è un’eresia se si parla della ricetta “storica” e codificata. Ma se non si potesse fare pesto in altri modi dovrebbero essere messe all’indice tutte le confezioni di pesto in barattolo o censurati 98 menu su 100. La bellezza della Cucina italiana, e la bra-vura di tanti nostri cuochi, sta anche nella capacità di innovare senza stravolgere.

L’ultimo caso è quello di Carlo Crac-co. Qui lo stellato milanese paga un po’ il prezzo della sua immagine televisiva di giudice inflessibile e arrogante. E a qual-cuno non è parso vero di bacchettarlo per l’indicazione di usare aglio in camicia nell’Amatriciana. Il cuoco, dopo la duris-sima contestazione del Comune di Ama-trice, ha poi parlato di uno scherzo ed ha chiesto scusa. Ma in fondo sarebbe bastato dire che si trattava di un suo segreto per la riuscita del piatto...

La Cucina italiana è ritenuta oggi la più ricca e interessante al mondo per la sua varietà e la capacità dei nostri cuochi di va-lorizzare i mille prodotti tipici che variano di valle in valle, sostenuti da mille varianti delle stesse ricette. Se dovessimo ancorarci solo a schemi canonici saremmo ingessati e senza futuro. Un po’ come troppi nostri politici. B cod 38238

Consulta l’oroscopo di Susy Grossi su www.italiaatavola.net digitando il codice B 38304

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Primo piano · xxx

Italia a Tavola · febbraio 2015

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7marzo 2015 · Italia a Tavola

Con 5 euro d’ingresso,l’Expo ruba clienti ai ristoratori milanesi

Fra meno di due mesi il tanto atteso appuntamento dell’Expo accenderà un faro a livello mondiale sui temi dell’alimentazione e, speriamo, sull’Italia. Su Milano si accentrerà un’attenzione internazionale che avrà ricadute certamente positive per alcune aziende (gli alberghi in prima linea) e a livello generale sulla filiera

agroalimentare italiana. Che possa dare benefici alle aziende di produzione è però tutt’altro che scontato, perché se potrà essere una grande opportunità per il Sistema Italia, non sarà certo quella “vetrina” che molti produttori si illudono di poter aprire a Rho. All’Expo ci andranno turisti e scolaresche, non certo i buyer.

L’attenzione vera dei visitatori sarà sui progetti mondiali per sfamare miliardi di persone (mentre l’Italia potrebbe al massimo sfamare i “ricchi” del mondo) e l’Expo in sé si presenterà come un grande palcoscenico per la ricerca scientifica, per l’innovazione, per i criteri di alimentazione. Ma non sarà certo una fiera commerciale. Chi pensa di fare business o di investire nella promozione del marchio e non si garantirà un po’ di comunicazione “tradizionale” rischierà di sprecare risorse.

Ma chi rischia davvero di non guadagnare nulla da un evento sull’alimentazione sono i ristoratori milanesi e lombardi. Expo ha infatti annunciato la peggiore delle scelte possibili, quella che abbiamo denunciato per mesi quasi in solitudine. La sera (chiusi tutti i padiglioni e quindi in assenza di ogni opportunità di conoscenza e aggiornamento) Expo si trasformerà in una sorta di Gardaland del cibo in cui sarà possibile accedere solo ai circa 130 ristoranti gestiti da Cir, Eataly, Peck e altri. Dalle 20 alle 23, pagando solo 5 euro (tempo fa si parlava almeno di 15 euro di ingresso serale), l’Esposizione universale attirerà masse di visitatori (molti dei quali anche lombardi...) con quella che si presenta come la più grande concentrazione di ristoranti al mondo. E chi entrerà in quei locali non andrà certo in quelli che costituiscono l’offerta di Milano e dell’hinterland, che avrebbero dovuto fungere invece da vetrina vera del Sistema Italia.

E la cosa ridicola è che la stessa Expo, attraverso la sua struttura di promozione eventi Explora, propone proprio ai ristoratori milanesi di aderire agli elenchi che pubblicherà sul sito ufficiale pagando 400 euro. Come dire “cornuti e mazziati” perché Expo spingerà per portare nei “suoi” ristoranti (che pagano royalties) e al tempo stesso illude quelli che ne saranno penalizzati.

C’è anche chi cerca di contrastare queste tendenze, come l’Epam di Milano che lancia un appello per trovare 300 ristoranti milanesi interessati a farsi promuovere dall’Associazione professionale cuochi attraverso le pagine di TripAdvisor. Ma questa è un’altra storia.

Al prezzo di 5 euro, l’Esposizione universale attirerà masse di visitatori con quella che si presenta come la più grande concentrazione di ristoranti al mondo: i ristoranti milanesi saranno pesantemente penalizzati

B Per i tuoi commenti cerca il codice 38461su www.italiaatavola.net

[email protected]

il direttore

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Primo piano · xxx

network di comunicazione multimediale

FEDERAZIONEITALIANA PUBBLICI ESERCIZI

Il poker di re dell’enogastronomia sbarca a Firenze

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xxx · Primo piano

MAIN SPONSOR

Grande attesa per la nuova edizione del “Premio Italia a Tavola”, l’11 aprile all’Hotel Baglioni di Firenze. Premiazioni dei vincitori del sondaggio “Personaggio dell’anno 2014” (primi classificati, nelle 4 categorie: Luca Montersino, Edoardo Raspelli, Paolo Ciaramitaro e Francesco Cione) e consegna degli “Award Italia a Tavola-Fipe”. Tra gli eventi di rilievo, il talk show “Dalla terra alla tavola - Lo stile italiano è Doc” (a cui parteciperanno, tra gli altri, Maurizio Martina, Massimo Bottura ed Ettore Prandini) e la cena “Tra cuochi e stilisti - Cocktail di stelle”, show cooking di gala con cuochi e barman affiancati da giovani stilisti che lavoreranno ispirandosi alle diverse ricette

9marzo 2015 · Italia a Tavola

Appuntamento sabato 11 aprile all’Hotel Baglioni di Firenze con l’attesissimo evento “Premio Ita-

lia a Tavola”, organizzato in collaborazione con Fipe (Federazione italiana dei pubblici esercizi), Confcommercio Firenze ed Ebtt (Ente bilaterale turismo toscano); l’inizia-tiva avrà come main sponsor Consorzio Grana Padano, Trentodoc, Consorzio Vino Chianti e Consorzio Mozzarella di bufala campana Dop, e come partner le associa-zioni di cuochi Le Soste e Uir (Unione italiana ristoratori). È il quinto anno che la città culla del Rinascimento italiano ospita la manifestazione, con l’obiettivo di celebrare i professionisti che hanno sa-puto valorizzare al meglio uno dei settori cruciali per l’economia del nostro Paese, ri-chiamando l’attenzione dei media e dell’o-pinione pubblica.

La grande festa dell’enogastronomia italiana sarà innanzi tutto l’occasione per premiare i vincitori del sondaggio di Italia a Tavola “Personaggio dell’anno 2014”, che è durato 8 settimane e si è concluso lo scorso 18 gennaio stabilendo un record nel numero dei votanti: 154.392, contro i 111.559 della scorsa edizione. Ritireranno il primo premio, nella rispettiva categoria: per i Cuochi il pasticcere e volto televi-sivo Luca Montersino (che ha trionfato con 19.462 voti); per gli Opinion leader

il giornalista e conduttore di “MelaVerde” Edoardo Raspelli (11.511 voti); per la ca-tegoria Maitre e Sommelier Paolo Ciara-mitaro (9.131 voti), maitre del ristorante bi-stellato “Villa Crespi” di Orta San Giu-lio; e infine per i Barman Francesco Cione (9.675 voti) del “The Stage” di Milano.

Oltre ai Personaggi dell’anno, saranno premiate anche alcune personalità di spicco del settore ristorazione, rappresentanti di istituzioni e imprenditori, che si sono parti-colarmente distinti nella valorizzazione del Made in Italy agroalimentare. A questi im-portanti nomi, che rimarranno segreti sino al momento della premiazione, verranno consegnati dei premi speciali: gli “Award 2014 Italia a Tavola-Fipe”.

Ma all’evento di Firenze, a cui parte-ciperanno cuochi, giornalisti, produttori e rappresentanti di istituzioni e consorzi di tutela, non ci saranno solo premiazioni. Nel pomeriggio, infatti, è in programma il talk show dal titolo “Dalla terra alla ta-vola - Lo stile italiano è Doc”, che avrà l’obiettivo di spingere per un’alleanza fra produttori di materie prime e ristoratori per irrobustire la filiera agroalimentare, fa-cendo dei ristoranti di qualità i garanti e i promotori dei prodotti tipici e del territo-rio. Parteciperanno, tra gli altri, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, il cuoco Massimo Bottura (3 stelle Michelin)

ed Ettore Prandini, vicepresidente naziona-le Coldiretti con delega Expo.

Concluderà la giornata la cena “Tra cuochi e stilisti - Cocktail di stelle”, un format innovativo già sperimentato con successo: uno show cooking di gala con cuochi e barman, affiancati da giovani stilisti che lavoreranno ispirandosi alle di-verse ricette. Un modo per sottolineare il valore dello stile italiano, contaminandone le diverse espressioni. In questa logica si in-serirà anche la nuova collezione di ritratti realizzati da Renato Missaglia (“Produttori a Colori”) che segue quella presentata due anni fa (“Cuochi a Colori”). B cod 38698

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10 Italia a Tavola · marzo 2015

Personaggio dell’anno 2014

MAIN SPONSOR PARTNER

MEDIA PARTNERIl Consorzio di tutela del formaggio Dop

più venduto e consumato al mondowww.granapadano.com

Il Consorzio tutela più di 2.500 produttoritoscani e oltre 10.500 ettari di vigneto

www.consorziovinochianti.it

L’Istituto che tutela e promuoveil metodo Classico trentino

www.trentodoc.com

Dal 1981 tutela e valorizza la mozzarella di bufala campana Dop

www.mozzarelladop.it

www.radio-bar.it

www.ristotv.it

www.ristorantiuir.it

www.lesoste.it

www.gustochannel.com

www.consultazienda.it

www.saporie.com

www.glamfood.it

www.rcrcrystal.com

www.valrhona.com

www.onestigroup.comwww.hennessy.comwww.belvederevodka.com

www.hotelbaglioni.it www.terrazzabrunelleschi.it

www.distilleriaromanolevi.comwww.segnana.it

www.giusti.itwww.alcenero.com

www.facebook.com/crystalcouturemilanowww.surgiva.it

www.lavoroturismo.it

SPONSOR TECNICI

www.lemagiedellanatura.com www.valbona.com

www.varnelli.it

www.savinitartufi.it www.fiambertivini.it

www.sogegross.itwww.acquerello.it

MILANO

www.caffemoak.com

www.calvisius.it

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11febbraio 2015 · Italia a Tavola

Personaggio dell’anno 2014

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12 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · Formaggi

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13marzo 2015 · Italia a Tavola

Formaggio · Alimenti

Grana Padano Dop, tra i main sponsor del “Premio Italia a Tavola - Personag-gio dell’anno dell’enoga-

stronomia e della ristorazione”, è il formag-gio a Denominazione d’origine protetta più consumato nel mondo, con oltre 1 milione e 500mila forme vendute fuori dall’Italia. È, quindi, chiamato ad essere in prima fila a Expo 2015 per fornire il suo contributo come leader tra le eccellenze alimentari ita-liane. Grazie al perfetto equilibrio di calorie e principi nutritivi, in particolare proteine e sali minerali, risponde perfettamente alle più moderne esigenze alimentari.

Con la sua recente partecipazione a “Identità Golose” e l’imminente Expo, Grana Padano ha rinnovato ancora una volta il suo impegno alla divulgazione di un approccio consapevole all’alimentazio-ne. Durante l’evento d’alta gastronomia, il Consorzio ha interpretato il tema - una “Sana intelligenza” - come capacità di co-niugare sempre più gusto, stili di vita sani e comportamenti ecosostenibili. La “Sana in-telligenza” si è così tradotta in una versione

di grande attualità: la cucina senza glutine.La giornata di apertura ha visto allo

stand del Consorzio la presentazione del libro “Gluten free d’autore”, il primo volu-me di ricette “griffate” dedicato all’alimen-tazione senza glutine, edito da Gribaudo. Per la prima volta in assoluto, 12 grandi chef hanno interpretato, in altrettanti menu, i piatti che li hanno resi famosi in chiave gluten free.

A presentare il libro, il presidente del Consorzio Grana Padano, Nicola Cesa-re Baldrighi, la responsabile marketing e comunicazione, Elisabetta Serraiotto, il nutrizionista Giorgio Donegani e Paolo Marchi, patron di Identità Golose. Baldri-ghi ha evidenziato come il Consorzio abbia contribuito alla realizzazione del libro per rimarcare la propria posizione nei confronti di un’alimentazione corretta e consapevo-le: «Nutrirsi bene è un diritto e un dovere di tutti noi, e oggi anche l’alta ristorazione sta lavorando in tal senso per far sì che un celiaco non si senta penalizzato e debba ri-nunciare a gusti e sapori. Il Grana Padano è un alimento naturalmente privo di glutine, per questo è utilizzato in molte delle ricette nel libro e non solo... grazie alla lunga sta-gionatura è anche privo di lattosio».

Paolo Marchi ha poi aggiunto che la celiachia non va demonizzata, ma accolta in modo propositivo, perché prima o poi dovrà prevalere il piacere di gustare cibi più sani «senza che sia una ideologia o un medico a importelo, quando ormai la tua salute è compromessa». Proprio per questo il libro “Gluten free d’autore” nasce dall’e-sigenza sempre più diffusa di trovare le cu-cine pronte ad accogliere le richieste di una patologia in rapida crescita.

Joe Bastianich

Buono e senza glutineLa sfida vincente di Grana Padano e cuochi stellati

Da sinistra: Giorgio Donegani, Nicola Cesare Baldrighi, Paolo Marchi ed Elisabetta Serraiotto.

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Dello stesso parere il nutrizionista Giorgio Donegani, che ha sostenuto quanto un’alimentazione senza glutine non debba costi-tuire un problema di nicchia ma possa trasformarsi in una cucina piacevole e più salutare per ogni persona. La celiachia oggi è una pa-tologia sempre più diffusa, cui sono soggetti oltre 600mila italiani (1 su 100), mentre, il 6% della popolazione soffre della cosiddetta gluten sensitivity, un’intolleranza più o meno grave al glutine. Tra la cerchia di persone che rinunciano al glutine vi è anche un nutrito gruppo di salutisti alla ricerca di una dieta più salubre che fa crescere i numeri relativi ai consumatori del senza glutine. Grana Padano, essendo naturalmente senza glutine, è consigliato nell’alimentazio-ne di tutti e in particolare del celiaco per la piacevolezza del gusto, la ricchezza proteica, la moderata quota di grassi, il buon contenuto vitaminico e l’elevato apporto di calcio. Inoltre, l’altissima digeribi-lità, unita all’assenza di lattosio, lo rende adatto anche a chi presenta intolleranza a questo zucchero e a chi soffre di disturbi digestivi.

La presentazione del libro si è conclusa con l’arrivo di Joe Ba-stianich, personaggio televisivo, imprenditore e brand ambassador del Consorzio, il quale ha raccontato a giornalisti e congressisti il suo approccio in qualità di restaurant man nei confronti della cuci-na senza glutine. Il gluten free è stato il fil rouge del Consorzio Gra-na Padano durante tutte le giornate di Identità Golose. Lo stand ha ospitato una rosa di cuochi stellati e di grande fama: Rosanna Marziale, cuoca stellata, ha proposto un piatto dai sapori forti, la zuppa di soffritto con Grana Padano Dop; Christian Milone, chef esuberante ed innovativo, ha deliziato con una ricetta che abbina guancia di vitello e una crema di zafferano insaporita con Grana Padano; una ventata di respiro internazionale è arrivata con Tony Mantuano, chef partner dello Spiaggia Restaurant di Chicago, che ha entusiasmato i palati con dei maltagliati “home made” senza glu-tine, saltati con tartufo di Bianchetto e cosparsi con Grana Padano; gran finale con Enrico Bartolini, due stelle Michelin, che ha rac-

Enrico BartoliniMelanzana alla brace con brodo di Grana Padano

Rosanna Marziale Zuppa di soffritto con Grana Padano Dop.

14 Italia a Tavola · marzo 2015

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15marzo 2015 · Italia a Tavola

xxx · Alimenti

contato e fatto assaporare la sua ricetta raffinata fatta di melanzana alla brace con brodo di Grana Padano.

«Per il Consorzio non solo attenzione ai bisogni emergenti della dieta alimentare, ma anche rispetto della tradizione», ricor-da Elisabetta Serraiotto. «Ecco perché sul palcoscenico del Milano Food&Wine Festival abbiamo voluto far rivivere un rito rimasto inalterato nei secoli: il taglio tradizionale della forma di Grana Pada-no, con la partecipazione dei tre chef stellati membri del Taglio Sar-toriale: Christian Costardi, Alessandro Dal Degan e Ugo Alciati».

Grana Padano detiene il primato come prodotto caseario di ec-cellenza. Lo testimoniano i numeri: oltre 2 milioni e mezzo di ton-nellate di latte, più di un quinto della produzione italiana munto in circa 4.700 stalle rigorosamente controllate, sono trasformate in 4 milioni e 800mila forme, che maturano in 156 impianti di stagio-natura per un minimo di 9 mesi fino a superare i 24 nel Grana Pa-dano Riserva, il più amato dai cultori del formaggio. B cod 38383

Tony MantuanoPasta gluten free con Grana Padano

Christian MiloneCrema di Grana Padano 24 mesi riso e zafferano, guancia di vitello

in lunga cottura, mosto cotto di mela annurca

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16 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · xxx

La prima testimonianza di Villa Cerna si trova in un documento del 1001 nel quale si narra della

fondazione del monastero di San Salvatore dell’Isola, nei pressi di Siena, e già un docu-mento del 1083 dimostra l’esistenza della coltivazione a vigneto in questa proprietà. Acquistata dalla famiglia Cecchi nel 1965, Villa Cerna rappresenta la felice sintesi tra tradizione e applicazione delle più moder-ne tecnologie nella produzione vitivinicola. Con il progetto di rinnovamento dei vigne-ti, iniziato oltre 10 anni fa, i tecnici dell’a-zienda hanno dato priorità alle migliori se-lezioni clonali e massali di Sangiovese.

Tra i vini Villa Cerna, il Chianti Classi-co Docg 2011 si presta in modo particolare a straordinari abbinamenti gastronomici. Un esempio è la “Tartare con gelatina di Chianti e maionese di pinoli” proposta dal ristorante Persé (vedi box ricetta).

Persé, a Milano in via Agostino Bertani 16 (www.persemilano.it), è gestito dal gio-vane titolare Valerio Sità e si presenta come un locale dallo stile minimale ma elegante, con geometrie che ricordano chiaramente il mood degli anni Settanta. Tradizione me-diterranea rivisitata con originalità: questa la proposta gastronomica, fatta di sapori decisi ma equilibrati. B cod 38540

Tartare di manzo e Chianti Classico Docg, un connubio perfetto

Il sommelier consiglia

Villa Cerna Chianti Classico Docg

Uve: 95% Sangiovese, 5% ColorinoVinificazione: tradizionale in rosso con macerazione prolungata sulle bucce, 15 giorni di fermentazione in acciaio a temperatura controllata di 26°CInvecchiamento: 9 mesi in piccole botti di rovereAffinamento: minimo 3 mesi in bottigliaColore: rosso intenso, limpido e vivaceProfumo: intenso, i fiori , come la viola mammola, l’iris sono le note più evidentiSapore: i tannini ben integrati alla freschezza, rendono il Chianti Classico Villa Cerna un vino da medio invecchiamento Gradi: 13,5% vol.Servire a: 18°C

Cecchi - Villa CernaLoc. Casina dei Ponti 56 - 53011

Castellina in Chianti (Si)Tel 0577 54311 - www.cecchi.net

Tartare con gelatina di Chiantie maionese di pinoliRicetta proposta dal ristorante Persé di Milano

Ingredienti: 150 g filetto di manzo piemontesePer la gelatina: 200 ml Villa Cerna Chianti classico 2012, 5 g gelatina KappaPer la maionese: 15 g tuorlo, 20 ml olio di vinacciolo, 15 g pasta di pinoli, 5 g succo di limonePer decorare: 1 cialda di Parmigiano Reggiano, 20 ml barbabietola, sale al ginepro

Preparazione: stempera la gelatina Kappa nel vino, portalo a sfiorare il bollore e versalo in una teglia. Quando si sarà raffreddato coppalo a misura. Poni all’interno di bastardella il tuorlo e il succo di limone, sbatti con una frusta e versa a filo l’olio di vinacciolo, quando avrai formato la maionese, aggiungi la pasta di pinoli e regola di sale e pepe. Taglia il filetto a cubetti e condisci con olio sale e pepe. Componi il piatto appoggiando sul piatto prima il disco di Villa Cerna Chianti classico 2012 poi la carne e successivamente le decorazioni.

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17marzo 2015 · Italia a Tavola

Abbinamenti · Alimenti

Tipicamente usato nella cucina piemontese per la bagna cauda, il topinambur, in italiano elianto

tuberoso dal nome scientifico di Helianthus tuberosus, in piemontese ciapinabò, in al-tre regioni è conosciuto con nomi diversi: tartufo di canna, carciofo di Gerusalemme, patata del Canada ed ancora rapa tedesca.

L’etimologia del nome, secondo alcu-ni, viene legata al portoghese tupinambor, ovvero l’abbreviazione di patata tupinam-ba; secondo altri al nome di una tribù che viveva in Brasile in epoca pre-coloniale, i Tupinambas, il cui nome fu francesizzato in Topinamboux. Nello stesso periodo, fu introdotto in Francia il tubero, che fu erro-neamente associato a questa tribù.

Originario dell’America del Nord, ap-partiene come il girasole alla famiglia delle Asteracee e come la patata arriva in Euro-pa in seguito alla scoperta delle Americhe. Pianta molto rustica, coltivata nelle zone temperate di Europa, Asia ed Australia. Contrariamente alla patata non contiene amido ma inulina, una sostanza che con-tribuisce al controllo della glicemia, quindi molto adatto per chi soffre di diabete. Ricco di vitamine A e B, di minerali ed in par-ticolare potassio, magnesio, fosforo, ferro, selenio e zinco.

Le varietà sono due: la bianca precoce, che troviamo disponibile in commercio da fine agosto, e la bordeaux, che troviamo in-vece da ottobre fino ad inizio primavera. I

topinambur non vanno pelati ma solo lavati e spazzolati; possono essere utilizzati in tutte le varie forme di cottura con cui si consu-mano le patate oppure crudi, tagliati sottili e conditi con olio. B cod 38311

Topinambur, non solo con la bagna cauda

LE RADICI DEL CIBO

di Piera Genta

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18 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · Condimenti

di Matteo Scibilia

Personalmente sono molto cu-rioso, me lo impone il mio la-voro e la mia attività secondaria

di insegnante di Cucina. Nei corridoi dei grandi supermercati ho notato che sono molti ormai ad avere inserito tra gli scaffali numerosi prodotti artigianali di qualità, convinti che proprio la qualità possa in qualche modo frenare il calo dei consumi. Molte grandi aziende offrono prodotti innovativi con ingredienti in grado di stimolare il consumatore.

Come nel caso del nuovo “GranRagù Star con Datterino 100% italiano”, rea-lizzato solo con carne selezionata e senza conservanti. Il GranRagù è preparato da oltre 50 anni seguendo la ricetta auten-tica da Star, storica azienda brianzola, che ha presentato la nuova variante con Datterino in occasione dell’inaugurazio-ne del Culinary Center (foto sotto). Dopo i ragù “Classico”, “con Salsiccia”, “con Speck” e “con Funghi porcini”, oggi la gamma si arricchisce di una ricetta con un pomodoro nobile quale il datterino, completamente italiano.

Il nuovo prodotto è in grado di sod-disfare le esigenze di un cliente moder-no, ma senza tralasciare il gusto di una ricetta tradizionale. L’etichetta riporta nel dettaglio tutti gli ingredienti: passa-ta di pomodoro datterino al 45%, carni bovine e suine al 25%, oltre al classico soffritto italiano, il tutto senza conser-vanti.

Abbiamo assaggiato il GranRagù con Datterino. Alla vista il contenuto si presenta con il classico colore di un ragù casalingo, rosso con sfumature accen-tuate, all’olfatto spicca immediatamente il profumo dolce e invitante del datte-rino. Dà il meglio di sé accompagnato da un piatto di spaghetti, al sapore il gusto è caratteristico di un ragù, dolce e aromatico, con pezzetti carne tenera. B cod 38475

Starvia G. Matteotti 142 - 20864 Agrate Brianza (Mb) - Tel 800 274094 www.star.it

GranRagù con DatterinoIngredientidi qualitàper la novitàdi casa StarLa gamma GranRagù Star si arricchisce di una ricetta con un pomodoro nobile: il datterino, 100% italiano. Il nuovo GranRagù è dolce e aromatico, con gustosi pezzetti di carne tenera

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19marzo 2015 · Italia a Tavola

xxx · Alimenti

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Alimenti · Pesce

Sono decine le specie di pesce bianco dell’Alaska, tutte pescate secondo il principio di sostenibilità decretato

da questo Stato nel mare di Bering e nel golfo dell’Alaska, due delle masse d’acqua non solo tra le più produttive del pianeta, ma altresì ricche di nutrienti che sgorga-no dalle profondità marine. Parliamo di merluzzo, di pollock, di pesci piani, pesci pietra e carbonaro, per citare i più richie-sti. Insomma una gran varietà di specie, la cui pesca è rigidamente regolamentata dallo Stato dell’Alaska.

Uno dei più apprezzati pesci bianchi al mondo è il carbonaro dell’Alaska, o black cod. Questi pesci vivono nelle profondità fredde del Pacifico settentrionale, in genere sotto i 200 metri, e crescono e si riprodu-cono molto lentamente. Proprio per il fatto di non essere una specie particolarmente abbondante, le quantità del loro pescato sono rigorosamente controllate, nel rispetto dell’ecosostenibilità e dell’ambiente.

Fino alla fine del ‘900, i mercati del carbonaro dell’Alaska erano quasi esclusiva-mente rappresentati da Corea e Giappone, dove gli chef, intuendone le grandi poten-zialità, lo utilizzavano per ricette particolar-mente saporite, come lo “Jorim Eundaegu”, molto speziato, e il “Guindara Misozuke”, un piatto ricco e succulento. Tra gli chef che hanno reso famoso in tutto il mondo il car-bonaro d’Alaska, rendendolo un must della ristorazione raffinata, c’è Nobu Matsuhisa, dell’omonima catena.

Anche Alessandro Dal Degan (nella foto), giovane chef della Tana Gourmet e de Il Pub La Tana, ad Asiago (Vi), diventato famoso per la creatività con cui sperimenta la materia prima e i migliori ingredienti del territorio, ha inserito il carbonaro nel suo menu. Il suo carbonaro mantecato deve l’esclusività ad una preparazione molto par-ticolare. Dopo averlo cotto in sottovuoto per 2 ore e mezza a 90°C con uno spicchio d’aglio, ne estrae la polpa e la monta in una planetaria aggiungendo a filo tre tipi di olio

e il liquido di cottura. Il risultato è una cre-ma delicatissima che Alessandro accompa-gna con polenta croccante, insalatine ama-rognole e un cucchiaio di ikura, il caviale del salmone selvaggio.

Il giusto collocamento tra l’origine e il piatto è sempre dovuto alla serietà e alla pro-fessionalità del distributore e, per i prodotti ittici dell’Alaska, uno dei nomi più impor-tanti è Selecta (www.selectaspa.it), azienda che seleziona prodotti alimentari dall’Italia e dal mondo. Il quartier generale di oltre 5mila mq è organizzato secondo rigidi stan-dard di conservazione e distribuzione, con una precisa volontà di individuare i miglio-ri produttori. I prodotti dell’Alaska fanno parte di questa scelta mirata, una scelta di gusto, bontà e salute, con una grande atten-zione all’ambiente. B cod 38294

Carbonaro dell’AlaskaGioiello ittico che ha conquistato i cuochi di tutto il mondo

Alessandor Dal Degan

Per informazioni e acquisti: Ellevi PRPiazza Napoli 24, Milano - Tel 02 45496051 www.alaskaseafood.it

Italia a Tavola · marzo 2015

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21marzo 2015 · Italia a Tavola

Per ottenere un caviale di qualità è necessario rispettare un processo produttivo complesso. Vediamo

come si sviluppa nell’azienda veneta Caviar Giaveri. Dopo il ciclo di allevamento, che può durare anche decenni, si procede con la fase di selezione degli esemplari che han-no maturato le uova, attraverso uno scree-ning che avviene senza l’uso di metodi in-vasivi ma esclusivamente con l’impiego di un ecografo anche per uso umano. Grazie a questa tecnologia e all’esperienza maturata dal personale, l’operatore riesce a indivi-duare sia la misura che il colore dell’uovo e a valutare quindi se selezionare o meno il pesce per la fase successiva.

A questo punto si dividono due linee di lavorazione: la prima che utilizza il pesce per avviarlo al settore della ristorazione, che ne utilizza la carne dal sapore delicato in tranci da cuocere al forno o al cartoccio, o viene trasformato in baffe, tartare e carpac-ci. La seconda linea di lavorazione utilizza

invece le uova, che vengono prima sgranate con particolari tecniche manuali e poi ada-giate in appositi setacci dove avviene la fase di lavaggio e pulizia da ogni impurità.

Ottenute uova brillanti e pure come perle, si procede con la delicata fase di sa-latura, che prevede un rituale tramandato dalla tradizione russa e una ricetta segreta di Caviar Giaveri, appresa grazie ai workshop aziendali con esperti salatori iraniani. La salatura è utilizzata per la conservazione na-turale delle uova e per caratterizzare mag-giormente il sapore del caviale: il metodo è quello definito “Malossol”, con poco sale.

Una volta salate, le uova vengono in-scatolate, pressate e lasciate maturare nelle originali scatole blu con l’elastico rosso da 1/1,7 kg: si crea così un naturale sottovuo-to che permette la conservazione per 18 mesi del prodotto. Entro i primi due mesi il caviale ha un gusto quasi impercettibile: le uova sono morbide e delicate, la salatura non si è ancora completata penetrando per-

fettamente in tutto il prodotto, ed è ancora in atto il lento rilascio degli oli e dei liquidi dell’uovo, ai quali è attribuito il merito del sapore tipico del caviale di eccellenza.

Dopo il secondo mese, il caviale co-mincia ad acquisire un gusto elegante e vellutato. Dal terzo al settimo mese, si per-cepiscono netti tutti i sapori, la consistenza dell’uovo è fragrante: sono quindi evidenti le qualità tipiche di questo cibo. Superato questo periodo, il caviale, conservato nella scatola originale, continua a maturare e af-finare il suo gusto e assume un sapore sem-pre più marcato e definito. In generale una maggiore maturazione crea un sempre più deciso equilibrio tra sapore e texture fra le singole tipologie di caviale, le singole perso-nalità gustative e percettive. B cod 38281

Caviar Giaverivia Villanova 10 - 31030 San Bartolomeo di Breda (Tv) - Tel 0422 686038 www.caviargiaveri.com

Lavorazione controllata in ogni faseSegreto di Giaveri per un caviale superiore

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22 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · Verdura

Le patate al cartoccio sono un con-torno apprezzato e molto richie-sto al ristorante, nelle steakhouse

e nelle tavole calde: come accompagna-mento ad un secondo di carne oppure come piatto unico se arricchite di appetito-si condimenti, incontrano davvero i gusti di tutti. Questo tipo di preparazione può diventare lunga e molto laboriosa e deve essere effettuata in anticipo, con il rischio di non essere in grado di prevederne l’ef-fettiva richiesta.

È qui che entra in campo McCain, leader nella produzione e commercializza-zione di patate surgelate, con una soluzio-ne versatile e... molto appetitosa! Si tratta della “Baking Potato”, la patata al cartoc-cio pronta in pochi minuti della gamma refrigerata “Easy Nature”. Le Baking Po-tato sono patate intere con la buccia, già calibrate (250 g per pezzo), cotte al 100%, pastorizzate e refrigerate. In busta chiu-sa sottovuoto si conservano in frigorifero

(+4°C) e la confezione è divisibile per un uso parziale, senza sprechi.

Mentre le tradizionali patate al cartoc-cio richiedono diverse ore di lavorazione prima del momento del servizio, la prepa-razione delle Baking Potato è invece sem-plicissima, perché sono solo da rinvenire, nel forno tradizionale o in quello a micro-onde, dopodiché si possono personalizzare a piacere in mille modi diversi. Basta poco per essere originali e proporre ai propri clienti ricette sempre diverse, uniche e dav-vero gustose. Con pochi gesti e un po’ di fantasia si possono servire contorni o piatti unici sempre nuovi: il menu si arricchirà in termini di assortimento senza aggiunge-re complessità in cucina, con un notevole ritorno sui profitti grazie ad un sensibile contenimento del food cost e ad un incre-mento della domanda... e di clienti sempre più soddisfatti!

Le Baking Potato sono un contorno ricco, in tutti i sensi! Sono ideali per ac-

compagnare piatti a base di carne e rap-presentano una gustosissima alternativa “light” al fritto. Una proposta in più che il ristoratore può adottare per aggiungere valore ai propri piatti. Qualche esempio? Baking Potato nella versione classica far-cita con un condimento a scelta (burro, erbe aromatiche, panna acida, formaggio cremoso o pancetta croccante), o in veste più ricca con un mix di formaggi fusi o, ancora, servita con melanzane spadellate e crema di funghi porcini, alla “texana” (con fagioli, salsiccia, peperoni e salsa chili) oppure in stile vegetariano (con dadini di tofu fritto e crema di zucchine servita su un letto di germogli di soia e spinaci freschi). Baking Potato McCain: il contorno a valo-re che non complica la vita! B cod 38310

La patata al cartoccio che rivoluziona il menu

McCain Alimentari (Italia) - Food Servicevia G. Zanchi 20 - 24126 BergamoTel 035 4526111 www.mccain-foodservice.it

La patata al cartoccio è un contorno intramontabile e sempre molto richiesto. Come proporre qualcosa di gustoso e facile da preparare? La soluzione di McCain, Baking Potato, fa risparmiare tempo e manodopera in cucina, senza sprechi e con tante nuove proposte da inserire a menu

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23marzo 2015 · Italia a Tavola

Frutta e verdura · Alimenti

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24 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · Dolci

Debic, marchio di punta di FrieslandCampina Fo-odservice, uno dei gruppi più importanti al mondo

nel settore lat-tiero case-

ario, sa

bene che per sviluppare prodotti all’altezza del mercato bisogna partire dalle esigenze dei consumatori. E chi lavora quotidiana-mente in cucina sa quanto è importante avere a disposizione prodotti che abbina-no qualità, sicurezza e alto contenuto di servizio.

Così, grazie al lavoro e alla ricerca dei consulenti culinari dell’azienda, che quo-

tidianamente ascoltano le esigenze del mercato e propongono so-luzioni in grado di soddisfare i desideri degli specialisti della ristorazione, nasce la gamma dessert Debic per i profes-sionisti della cucina e della pasticceria.

Le sette basi per dessert contengono già latte, uova,

panna e zucchero, per questo consentono di risparmiare tempo ed energia e massi-mizzare i risultati lasciando spazio a ogni genere di personalizzazione, dal momento che possono essere utilizzate “pure” o unite ad altri ingredienti, a seconda dei gusti.

Tra queste basi c’è la Mousse au Cho-colat, la base fatta con l’autentico ciocco-lato al latte belga che può essere utilizzata per preparare la classica mousse al ciocco-lato, oltre che una grande varietà di crea-zioni al cioccolato. È subito pronta all’uso, grazie alla comoda preparazione in 4 fasi: monta, personalizza a piacere, raffredda e servi.

In queste pagine pubblichiamo due gustose ricette ideate dai consulenti culi-nari Debic (“Bicchierini di cioccolato” e “Duo di panna cotta e mousse al ciocco-

Mousse au Chocolat Dessert originali e subito pronti

Ingredienti: 2 arance, 1 litro Mousse au Chocolat Debic, 350 ml Panna Cotta Debic, 10 decorazioni di cioccolato fondente, 350 g pasta di mandorle, 350 g yogurt, 4 g gelatina in fogli, 40 g zucchero, 500 g purea di mandarini

Preparazione: montare con una frusta la Mousse au chocolat Debic per 5 minuti. Ri-empire un sac a poche con beccuccio. Mescolare la purea di mandarini e lo zucchero e scaldare a 50°C fino a che lo zucchero non sarà sciolto. Scaldare Panna Cotta Debic, mescolare con la pasta di mandorle e lo yogurt e riporre in frigorifero.Finitura: posizionare i bicchierini in un portauova, così da lasciarli inclinati. In ognuno, porzionare la crema di mandorle e congelare. Successivamente aggiungere la gelatina e congelare nuovamente. Distribuire la mousse nei bicchierini. Riporre in frigorifero fino al raggiungimento della consistenza desiderata.

Duo di panna cotta e mousse al cioccolato all’arancia

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25marzo 2015 · Italia a Tavola

Dolci · Alimenti

Mousse au Chocolat Dessert originali e subito pronti

lato all’arancia”), che potranno arricchire i menu dei professionisti della ristorazione e della pasticceria.

Completano la gamma dessert Debic: Parfait, Tiramisù, Crème Caramel, Crème Brûlée, Salsa Vaniglia e Panna Cotta. Per scoprire tutte le informazioni sui prodotti, tante ricette a cui ispirarsi e rimanere sem-pre aggiornati sulle principali curiosità dal mondo della ristorazione e della pasticceria potete visitare i canali dell’ecosistema onli-

ne Debic: il sito (www.debic.com/it): cen-tro dell’ecosistema, contiene le in-

formazioni sui prodotti,

le ricette, i video “how to”, le promozioni e i contatti;

il blog (www.debicblog.com): con sug-gerimenti, trucchi del mestiere e segreti dei maestri del foodservice;

il magazine online (www.debic.com/magazine/it): nella versione Bakery e Ho-reca, un vero e proprio “viaggio” all’interno del mondo della ristorazione e della pastic-ceria;

Facebook: il posto giusto per entrare in contatto con il brand in maniera rapida;

Top Collection (www.debic- topcollection.it): il programma che pre-mia la fedeltà ai migliori prodotti Debic.B cod 38521

Ingredienti: 1 litro Mousse au Chocolat Debic, 12 bicchierini di

cioccolato, 12 rametti di ribes rossi, 12 pezzi di cioccolato per decorare, 20 g

zucchero a velo

Preparazione: montare con una fru-sta la Mousse au Chocolat Debic per 5

minuti, riempire un sac a poche dotato di apposito beccuccio e distribuire la mousse

nei bicchierini. Riporre in frigorifero fino al raggiungimento della consistenza de-siderata. Decorare con i ribes e con i pezzi di cioccolato. Spolverizzare con lo zucchero a velo e servire.

Bicchierini di cioccolato

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26 Italia a Tavola · marzo 2015

Alimenti · Tendenze e mercato

In un mondo complesso come quello della ristorazione e dei pubblici esercizi, poter disporre in ogni momento di prodotti freschi di qualità è uno dei fattori più importanti. L’approv-

vigionamento di differenti tipologie di prodotti, tuttavia, richiede spesso molto tempo per potersi spostare da un fornitore all’altro. Per far fonte alla necessità di ottimizzare risorse e denaro, Sogegross Cash & Carry ha messo a punto una linea esclusiva di prodotti

riconoscibili attraverso l’etichetta di qualità “Q Maiu-scola”. Si tratta di un marchio-ombrello

(utilizzato cioè per più prodotti diversi tra loro), che identifica un assorti-mento progettato e selezionato per la clientela professionale e che ha tra le caratteristiche distintive l’ottimo rap-

porto qualità/prezzo, il forte contenuto di servizio e lo studio di quantitativi ideali per l’uso.

I primi reparti in cui Sogegross ha spe-rimentato queste innovazioni sono stati quelli freschissimi. Nel reparto macelleria sono presenti due linee di bovino adulto, una adatta alla cucina con stalli di capi alle-

vati in Francia ma lavorati in Italia, preparati riducendo al minimo lo scarto nel momento

Marchio Q Maiuscola di SogegrossTanti prodotti diversi in un unico cash&carryIl marchio-ombrello “Q Maiuscola”, utilizzato per diverse tipologie di prodotto, ha tra le caratteristiche distintive l’ottimo rapporto qualità/prezzo, il forte contenuto di servizio e lo studio di quantitativi ideali per l’uso. In questo modo, il ristoratore può evitare di spostarsi da un fornitore all’altro per le provviste, risparmiando tempo e denaro

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27marzo 2015 · Italia a Tavola

dell’utilizzo; una seconda con capi allevati in Piemonte, garantiti e certificati da Asprocarne (organizzazione di produttori di bovini da carne operante nel territorio piemontese), destinati alla cottura alla griglia, agli arrosti e ai bolliti.

Nel reparto pescheria emergono due prodotti di eccellenza nel mondo dell’acquacoltura ligure: si tratta di branzino e orata mono-porzione allevati nelle acque del Tigullio, a 3 miglia dalla costa, che offrono qualità organolettiche molto vicine a quelle del prodotto selvaggio pur con prezzi più adeguati ai menu della ristorazione.

Nell’ortofrutta troviamo una selezione di referenze di buona qualità confezionate in mi-nicolli che permettono all’utilizzatore del mondo Horeca di acquista-re piccole quantità di prodotto per un uso immedia-to, evitando così ec-cedenze o rischio di scarti e un’ampia offerta di IV gamma (verdura e ortofrutta fresche) confeziona-ta in vaschette formato “gastro” che aumenta-no la tenuta del prodotto e ne facilitano la conser-vazione in frigorifero.

Ma è nel mondo dei salumi e formaggi che il marchio “Q Maiuscola” oggi ha la declinazione più articolata:

Eccellenze del territorio italiano: appartengono a questa ca-tegoria il Prosciutto di Parma Dop con e senza osso, stagionatura minima di 18 mesi, prodotto da un’azienda di stampo quasi ar-tigianale, e il Gran Stagionato, formaggio a pasta dura in cui la materia prima, derivata dal 100% di latte italiano, viene valorizzata da un’importante stagionatura;

Ampia gamma di latticini: comprende alcuni prodotti fonda-mentali per le pizzerie come la mozzarella in filone da 1 kg o quella taglio julienne, entrambe prodotte solo con latte italiano; lo strac-chino dalla consistenza più adatta alla preparazione della famosa focaccia col formaggio, conservato in vaschetta; il bocconcino da 100 g sempre di latte italiano venduto in busta da 10 sacchetti sin-goli; la pregiata Mozzarella di Bufala Campana Dop, filata a mano e confezionata in un pratico secchiello richiudibile da 5 pezzi per 200 g;

Salumi ad alto contenuto di servizio: due prodotti derivati dalle parti più pregiate della coscia di suino come la mattonella di prosciutto crudo a metà e lo speck quadrato con cotenna, detti “prontafetta” perché al taglio si mantengono integri e sono l’ideale

per guarnire pizze, farcire panini e piadine, consentendo un’alta resa e una limitata percentuale di scarto.

La sperimentazione di nuovi articoli e formati è in atto anche nel mondo del grocery, per

esempio attraverso la declinazione degli oli di oliva in fusti Pet

da 3 litri nelle varianti “Extravergine” (per

un uso prevalente-mente a crudo), “Cucina” (con un 10% di extraver-

gine, adatto per frittura e cottura) e

“Panetteria” (con un 25% di extravergine, per

pani e focacce). B cod 38378

SogegrossLungotorrente Secca 3A - 16163 GenovaTel 010 83351 - www.sogegrosscash.it

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28 Italia a Tavola · marzo 2015

In statistica economica, il “paniere” è un insieme di beni e servizi rappre-sentativo degli effettivi consumi delle

famiglie in uno specifico anno. I beni e servizi componenti un paniere, ponderati ciascuno secondo un peso proporzionale al grado di importanza che il prodotto rap-presenta nell’ambito dell’intero paniere (e quindi in quello dei consumi della collet-tività), costituiscono la base per il calcolo degli indici dei prezzi.

Il grado d’importanza dei beni e ser-vizi all’interno del paniere è collegato alla quantità e alla frequenza di acquisto del bene o servizio stesso. L’aggiornamen-to “tiene conto delle novità emerse nelle abitudini di spesa delle famiglie italiane” e arricchisce, in alcuni casi, la gamma dei

prodotti che rappresentano consumi con-solidati. Nel 2015 il paniere utilizzato per il calcolo dell’inflazione, precisa l’Istat (Isti-tuto nazionale di statistica), si compone di 1.441 prodotti aggregati in 618 posizioni rappresentative.

Tra le posizioni rappresentative entrate nel paniere 2015 si segnalano i biscotti e la pasta senza glutine; la loro inclusione è finalizzata rappresentare la crescente do-manda di alimenti senza glutine da parte sia delle persone affette da celiachia che di altri consumatori. Un segnale importante che dimostra la continua crescita del mer-cato del “gluten free” non solo nelle farma-cie ma anche negli altri canali distributivi, come negozi specializzati e Gdo. Infatti il mercato degli alimenti funzionali è in crisi:

tiene solo il segmento “intolleranza”, con un fatturato del 41% (fonte Ref Ricerche su dati Nielsen). I dati sulle vendite presso i punti vendita della Gdo confermano il trend in atto: il giro d’affari dei prodotti senza glutine è cresciuto del 32,1% nel 2014 rispetto all’anno precedente.

Questo trend può essere meglio com-preso se si tiene conto che sono in forte au-mento gli italiani affetti da disturbi dell’a-limentazione: secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, circa l’8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta soffre di reazioni avverse a uno o più cibi. Le per-sone che per necessità devono consumare prodotti senza glutine sono sempre di più grazie anche alle diagnosi precoci.

Ma c’è comunque un numero di per-sone che decide, per libera scelta, di con-sumare prodotti senza glutine per svariati motivi. Un vantaggio può derivare sicu-ramente dalla forza della domanda. Più persone chiedono, più le aziende (e così i ristoratori) si dovranno adeguare all’idea di avere prodotti senza glutine per tutti, sem-pre e ovunque.

Per le aziende produttrici o distribu-trici di prodotti senza glutine si profilano opportunità interessanti per l’allargamento del proprio target di riferimento, di cui po-tranno sicuramente giovare anche i consu-matori intolleranti al glutine; uno scenario ancora troppo condizionato dall’eroga-bilità dei prodotti, che nell’ipotesi di una completa apertura del mercato potrà sola-mente crescere ancor di più. B cod 38403

Cresce il consumo dei cibi senza glutineTra le posizioni rappresentative entrate nel paniere 2015 ci sono i biscotti e la pasta senza glutine: una conseguenza della crescente domanda da parte sia delle persone affette da celiachia che di altri consumatori. I dati sulle vendite nella Gdo rivelano che la crescita dei consumi di prodotti gluten free è del 32,1%

di Juri Piceni di Mariapia Gandossi

GLUTEN FREE

Alimenti · Tendenze e mercato

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29marzo 2015 · Italia a Tavola

xxx · Alimenti

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Olio

Italia a Tavola · marzo 2015

Alla 13ª edizione di Sol d’Oro Emisfero Nord, il piccolo comune di Buccheri (Sr) si è aggiudicato ben 3 Sol d’Oro su 5. All’Italia sono andate quasi tutte le medaglie

L’Italia conquista 14 medaglie su 15al Sol d’Oro 2015

Un evento più unico che raro: Buccheri, un paese di poco più di 2mila abitanti nell’entro-

terra della provincia di Siracusa in Sicilia, è diventato la capitale mondiale dell’olio extravergine di oliva di qualità. Tre aziende olivicole del siracusano, La Tonda, Terraliva e Agrestis, si sono affermate infatti alla 13ª edizione di “Sol d’Oro - Emisfero Nord”, rispettivamente nelle categorie Fruttato medio, Fruttato intenso e Monovarietale, conquistando inoltre due Gran menzioni.

Nell’ambito del concorso di riferimen-to internazionale degli oli extravergine di oliva di qualità organizzato da Veronafiere, vince il Sol d’Oro nella categoria Fruttati leggeri l’Azienda agricola Pietra Bianca di Casal Velino in provincia di Salerno, men-tre la spagnola Finca La Reja di Bobadilla (Malaga) si aggiudica il Sol d’Oro nella ca-tegoria Biologico.

Tutte le medaglie d’argento e di bron-zo sono state conquistate da oli italiani, con l’Abruzzo in evidenza e l’Umbria che sale per la prima volta sul podio. Diverse le conferme tra le aziende vincitrici - a dimo-strazione che non c’è improvvisazione nel produrre un buon olio extravergine di oliva - ma anche alcune new entry.

Nonostante la difficile annata produtti-va in Italia, gli olivicoltori del Belpaese han-no dunque confermato di essere i migliori al mondo, vincendo 14 delle 15 medaglie in palio. Una medaglia e 19 Gran menzioni alla Spagna, una Gran menzione al Porto-gallo e una alla Croazia.

Sol d’Oro 2015 - Fruttato leggero

Magnete Olio extravergine di oliva

Zona di produzione delle olive: CilentoAltitudine: 250 m slmVarietà delle olive: Salella e CammarotanaMetodo di raccolta: brucatura a mano e meccanicaSistema di estrazione/molitura: ciclo continuo a freddo certificatoAspetto: limpidoColore: verde con riflessi giallo oroProfumo: di erba falciata, di pomodoro, di carciofo e di mandorlaSapore: sensazione di cardo, carciofo e cicoria amara con retrogusto di erba falciata e di pomodoroAcidità media: 0,18Impiego: zuppe, arrosti, verdure cotte e alla griglia, bruschetteConfezioni: bottiglie da 250 e 500 ml

Frantoio Oleario Pietra BiancaLoc. Portararo 32, Casal Velino Marina (Sa)

Tel 0974 907384www.oliopietrabianca.it

L’elenco completo dei vincitori di Sol d’Oro Emisfero Nord 2015 è pubblicato su www.italiaatavola.net. Per vederlo inserisci nel campo di ricerca il codice articolo B 38344.

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Olio

marzo 2015 · Italia a Tavola

Tanti sono gli aggettivi spesi per descrivere l’annata olivico-la 2014, e tutti a tinte fosche:

“difficile”, “problematica”, “terribile”, “mai visto niente di simile” e così via... Anche il Frantoio Franci di Montenero d’Orcia (Gr) ha guardato in faccia la realtà di un’annata innegabilmente complessa.

Ma lo sguardo di Giorgio Franci (nel-la foto) è stato deciso e privo di timore, com’è proprio di chi ama e conosce il pro-prio mestiere. Come le cure incessanti e il monitoraggio settimanale effettuato negli oliveti a partire da inizio luglio, grazie a cui il Frantoio Franci ha portato a matu-razione olive sane e di ottima qualità.

Da questi splendidi frutti nasce la gamma 2014 degli oli, ancora una volta di livello eccellente in tutte le declinazioni proposte. Perché la difficoltà sa anche ri-pagare il produttore che spende pazienza, entusiasmo e tenacia nel proprio lavoro con note talvolta sorprendenti e irripe-tibili, come le morbide note di amarena che quest’anno percorrono il Villa Magra Grand Cru o il bouquet di mentuccia e petali di rosa che avvolge l’Olivastra Seg-gianese, capaci di conquistare giurie e pubblico al primo assaggio. In un’annata così complessa ha quindi “un sapore in

più” il riconosci-mento dell’impe-gno produttivo, della passione e dell’esperien-za conferito da Gambero Rosso che, oltre a premiare col massimo punteggio delle “Tre Foglie” gli oli Olivastra Seggianese, Villa Magra e Villa Magra Grand Cru, elegge il Franto-io Franci “Miglior Frantoio Oleario” nella propria guida Oli d’Italia 2015. A questo si aggiunge un “Sol d’argento” giunto dal concorso Vinitaly-Sol d’oro di Verona per il fruttato intenso Villa Magra, già vin-citore di altri due “Sol d’oro” nel 2009 e 2013.

Risultati positivi che rafforzano la de-terminazione e l’ottimismo nel guardare al futuro, mentre già è il momento di ripartire per eventi importanti. Prossimi appuntamenti: Vinitaly-Sol a Verona dal 22 al 25 marzo (Pad. C - stand A38) e TuttoFood a Milano dal 3 al 6 maggio (Pad. 3 - stand Z20). B cod 38647

Da Gambero Rosso a Sol d’oro,pioggia di premi per Frantoio Franci

Frantoio Francivia A. Grandi 5 - 58033 Montenero d’Orcia (Gr) - Tel 0564 954000www.frantoiofranci.it

L’azienda nel cuore della Val d’Orcia, nonostante un’annata molto difficile per tutto il settore olivicolo, ha conquistato numerosi riconoscimenti. Prossimi appuntamenti: Vinitaly-Sol a Verona e TuttoFood a Milano

Giorgio Franci con il padre Fernando

Pad. CStand A38

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Olio

Italia a Tavola · marzo 2015

Il premio Best of the World 2015 de-gli oli convenzionali è stato assegnato all’Italia, con la Coratina Don Gioac-

chino di Leone Sabino; il Best of the World 2015 degli oli biologici è andato invece alla Spagna, con la Picual Biodinamica di Ca-stillo de Canena. Questi i più importanti riconoscimenti dei concorsi Monocultiva-roliveoil Expo e Monocultivaroliveoil Bio, che selezionano i migliori oli da olive mo-nocultivar provenienti da tutto il mondo. Il premio Best Scent 2015 (convenzionali) se lo è aggiudicato l’Italia, con la Cima di Mola dell’azienda Intini, mentre per gli oli biologici ha vinto di nuovo la Spagna, con la Hojiblanca di Rafael Alonso Aguilera.

Gli oli che hanno ottenuto il “Gold” sono quelli con media maggiore o uguale a 8,5 (su un massimo di 10): 27 in totale all’Italia, 17 alla Spagna, 4 alla Turchia, 3 alla Grecia, 1 alla Croazia, 1 alla Slovenia e 1 al Portogallo.

Per l’elenco completo degli oli premiati a Monocultivaroliveoil Expo e Monocultiva-roliveoil Bio, vai su www.italiaatavola.net e cerca il codice articolo. B 38057

Monocultivar Oliveoil Expo e Bio 2015premiano 27 oli italiani

Poker di premi per gli oli della pugliese Leone Sabino

Grande successo per l’azienda Leone Sabino al concorso Monocultivaroliveoil Expo: il suo olio Don Gioacchino Coratina si è aggiudicato il titolo di miglior olio al mondo 2015 ed ha meritato anche il premio “Innovation of the year”; gli oli La Patraun Peranzana e La Berafatt Carolea hanno invece guadagnato la medaglia d’oro.L’azienda agricola Leone Sabino affonda le sue radici nella passione per la natura, per la terra e per la vita nei campi. Nasce nel novembre 1999 dalla scissione dell’azienda di famiglia fondata nel 1964 da Gioacchino Leone, padre di Sabino. L’azienda è oggi guidata da Sabino assieme ai figli Gioacchino e Maddalena. Situata a 145 metri sul livello del mare, l’azienda è il luogo in cui la coltivazione dell’olivo trova la sua ideale locazione, tanto che negli uliveti ci sono piante di cultivar Coratina di oltre 200 anni. Attualmente vengono prodotti olive da olio, uva da vino, cereali e leguminose. Caratterizzata come una delle poche realtà pugliesi al passo con i tempi, sempre in continua crescita, l’azienda, completamente biologica, con certificazione Icea, Csqa e Dop, mira alla valorizzazione delle cultivar autoctone attraverso nuovi impianti. Don Gioacchino Dop Grand Cru Selezione Speciale, prodotto da 100% Coratina, ha un temperamento forte e austero, aristocratico e misurato, di spirito virile, molto elegante con autorevole fruttato di oliva verde, mandorla verde, foglia di olivo, intenso e profondo. Nella foto, la famiglia Leone. Da sinistra: i figli Maddalena e Gioacchino, Maria Bucci e Sabino Leone, i genitori Maddalena e Gioacchino Leone. B cod 38057

Best of the World 2015

Don Gioacchino Grand CruTerra di Bari Dop

Zona di produzione delle olive: Canosa di Puglia (Bt)Altitudine: 145 m slmVarietà delle olive: Coratina in purezzaMetodo di raccolta: meccanicaSistema di estrazione/molitura: ciclo continuo a 2 fasi a freddoAspetto: limpidoColore: giallo con riflessi verdiProfumo: intensoSapore: fruttato di oliva verde, mandorla e foglia di olivoAcidità media: 0,15Impiego: ideale con zuppe di legumi e secondi di carni rosse alla braceConfezioni: bottiglie da 100, 200 e 500 ml

Azienda agricola Leone Sabino c.da Cefalicchio, Masseria Covelli

SP 143, km 5 - 76012 Canosa di Puglia (Bt)www.sabinoleone.it

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Vino

Informazioni utili

Dove: Veronafiere - viale del Lavoro 8, Verona

Quando: domenica 22, lunedì 23, martedì 24, mercoledì 25 marzo 2015

Orario: continuato dalle 9.30 alle 18.30

Biglietti: giornaliero € 60 (online € 55); abbonamento 4 giornate, validità 1 ingresso per ciascun giorno, € 100 (online € 90)

Per informazioni: tel 045 8298854 (orario dalle 9.00 alle 12.30)

Condizioni d’ingresso: per il mantenimento dello standard professionale, Vinitaly è aperto esclusivamente agli operatori specializzati, maggiorenni: non è permesso l’ingresso ai minori di 18 anni. La registrazione è obbligatoria.

Web: www.vinitaly.com

Piazza d’affari internazionale 49ª edizione all’insegna del business

Vinitaly 2015

Un Vinitaly fortemente proietta-to al business, all’incontro con delegazioni e missioni com-

merciali provenienti sia da mercati maturi, sia da aree in forte o potenziale sviluppo, con un calendario di incontri b2b, semi-nari e degustazioni professionali in grado di dare risposte concrete per le strategie commerciali del settore enologico. La 49ª edizione del Salone internazionale del vino e dei distillati, in programma a Veronafiere dal 22 al 25 marzo 2015, vede innanzitut-to il fondamentale riconoscimento da par-te del Governo del sistema fieristico come perno per la promozione all’estero.

«L’inserimento delle fiere all’interno del Piano Straordinario per il Made in Italy - sottolinea Ettore Riello, presidente di Veronafiere - che prevede 48 milioni di euro per il potenziamento del comparto, rappresenta per Veronafiere un’ulteriore opportunità di sviluppo della propria piat-taforma di servizi alle imprese, che attra-verso le proprie rassegne opera da molti anni in qualità di vero e proprio partner per l’internazionalizzazione di tantissime aziende sui mercati esteri».

Per Vinitaly 2015 tutto questo si è tra-dotto in un aumento degli investimenti

del 34% rispetto al 2014 per la realizzazio-ne di un articolato piano di incoming che, oltre a quanto predisposto direttamente da Veronafiere, vede la fondamentale intera-zione con tutto il sistema delle istituzioni: Mise, Mipaaf, Agenzia Ice e progetti eu-ropei.

«Il 2014 - afferma Giovanni Manto-vani, direttore generale di Veronafiere - è stato un anno molto particolare, sia per lo scenario economico politico nel suo complesso, sia per le crisi internazionali e gli andamenti monetari. Il sentiment delle aziende del vino è positivo, dal nostro Os-servatorio emerge che i fatturati registre-ranno nel 2014 un trend tendenziale in aumento del 5% sul 2013 e per una buo-na percentuale di esse anche la prima parte del 2015 ha un andamento col segno più. È altrettanto vero, però, che ci sono segnali importanti di cambiamento di molti mer-cati, basti pensare alla Russia per la nota crisi internazionale».

Per tale ragione, a Vinitaly le poten-zialità dei vari Paesi vengono approfon-dite grazie a focus mirati, con particolare riguardo a Germania, Hong Kong, Cina, Russia, Usa, Australia, Brasile e alle oppor-tunità del vino italiano nella grande

L’edizione 2015 del Salone internazionale del vino, dal 22 al 25 marzo a Verona, ha l’obiettivo di permettere a produttori e operatori di amplificare al massimo le opportunità di business che si stanno delineando e crearne di nuove

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distribuzione estera. Molte indicazioni sui trend di mercato provengono anche dal confronto diretto tra espositori e operatori da tutto il mondo, negli incontri agli stand e nei b2b organizzati da Vinitaly. Per que-sto Veronafiere prosegue il potenziamento delle iniziative per favorire l’incoming di buyer esteri, grazie ai suoi 60 delegati in-ternazionali e specifici progetti.

Nel continuo impegno di qualificare le figure professionali in ingresso, da questa edizione di Vinitaly viene introdotto un

sistema di registrazione finalizzato ad avere una profilazione maggiormente dettaglia-ta dei visitatori. «Da questa azione - dice Mantovani - si attende un aumento degli operatori specializzati, con vantaggi sulla qualità dei contatti».

L’International Buyers’ Lounge, ri-proposta quest’anno dopo il successo del 2014, è un’area pensata per essere il punto di riferimento di tutti i buyer esteri presen-ti in Fiera. A loro viene messa a disposi-zione l’Enoteca dell’International Buyers’ Lounge, per la degustazione libera, previa registrazione, di vini appositamente sele-zionati dalle aziende per i mercati interna-zionali.

Dopo il successo della prima edizio-ne, tornano Vininternational, il salone dei produttori esteri, dove sono presenti vini provenienti dai principali Paesi: Australia, Nuova Zelanda, Canada, Cile, Argenti-na, Spagna (Andalusia e Castilla y Leon), Francia, Perù, Azerbaijan, Germania, Slo-venia, Sudafrica, Georgia.

Confermato anche Vinitalybio, per il quale è stato realizzato da Veronafiere, nell’ambito del progetto di promozione BiOrganic LifeStyle di Federbio finanziato dall’Ue, un incoming dedicato di buyer da Germania e Belgio interessati ai vini bio-logici certificati. Nei giorni di manifesta-zione viene proposta ai buyer un’intensa agenda di incontri e iniziative b2b all’in-terno dell’Area Vinitalybio, dove è allestita anche quest’anno l’Enoteca di Vinitlaybio, con tutti i vini certificati biologici presenti a Vinitaly.

Appuntamento ormai tradizionale, torna per il quarto anno Vivit, il salone dei vini artigianali.

Da quest’anno Taste Italy cambia nome e diventa Vinitaly Tasting. L’area di degustazione riservata ai buyer è organizza-ta da Vinitaly in collaborazione con Doc-tor Wine - Daniele Cernilli e propone l’ec-cellenza italiana attraverso la scelta di un centinaio tra le migliori etichette nazionali di vini rossi, bianchi e spumanti di diversa provenienza regionale. B cod 38412

I numeri del vino italiano Aziende vitivinicole italiane: circa

380mila, 23% sul totale delle imprese agricole

Produzione 2014 (stima Assoenologi): 40 milioni hl di vino (-17% rispetto al 2013)

Ettari vitati: 665mila (5% della Superficie agricola utilizzata), di cui 48% Docg e Doc e 27% Igt

In Italia si contano: 73 Docg, 332 Doc e 118 Igt

Valore totale della produzione all’origine: 3,9 miliardi di euro (1,9 Docg e Doc; 0,8 Igt; 1,2 vini da tavola)

Fatturato del vino: 7,2% del fatturato agricolo e 8% di quello dell’industria agroalimentare

L'Italia rispetto al mondo 1° esportatore di vino (2 milioni hl;

21% del mercato mondiale) 2° esportatore in valore (circa

5,1 miliardi di euro nel2014) per volume e valore, 1° esportatore

negli Usa (con quasi 1,1 miliardi di euro e quota di mercato del 35%) e in Germania (poco più di 1 miliardo di euro e quota di mercato del 30%)

1° esportatore nel Regno Unito per volumeElaborazione dati Veronafiere / Vinitaly

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Vino

La valorizzazione del modello italia-no di controllo delle produzioni agroalimentari sarà il focus di

Sol&Agrifood (www.solagrifood.com), il Salone internazionale dell’agroalimentare di qualità che si svolge in contemporanea a Vinitaly ed Enolitech (www.enolitech.it), dal 22 al 25 marzo a Veronafiere.

Insieme ai maggiori produttori italiani del settore olio e agroalimentare, degusta-zioni, sessioni di cucina, convegni e b2b, l’originalità della proposta espositiva di Sol&Agrifood si arricchisce quest’anno di interessanti novità. Tra queste l’area dedica-ta ai formaggi, denominata Cheese Expe-rience, dove, in collaborazione con Onaf (Organizzazione nazionale assaggiatori for-

maggio) vengono organizzati laboratori te-orici e degustativi tenuti da Maestri assag-giatori. Parallelamente, all’interno dell’A-gorà sono in programma altre degustazioni guidate dai Maestri assaggiatori con for-maggi proposti dagli espositori, anche in modalità cooking show per apprezzarne l’uso in cucina.

Ad Enolitech, Salone internazionale delle tecniche per la viticoltura, l’enologia e delle tecnologie olivicole ed olearie, ci sarà le ultime tendenze del settore e il meglio della produzione Made in Italy e interna-zionale. In aumento gli espositori stranieri, in particolare da Francia, Svizzera, Stati Uniti, Taiwan e Germania. La parola d’or-dine è sostenibilità ambientale ed efficien-

za: applicando i principi della green-eco-nomy si prospettano risparmi energetici fino al 30%. L’obiettivo è implementare un modello produttivo in grado di sposare la qualità del vino e dell’olio, con la tutela dell’ambiente. B cod 38440 e 38445

Tutto su cibo e tecnologiea Sol&Agrifood ed Enolitech

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Connubio perfettotra vino, storia e ospitalità

Nota firma della produzione vinicola italiana, Allegrini ha sempre riservato particolare

attenzione all’ospitalità intesa non solo come attenzione al visitatore ma spo-sando una filosofia più ampia che mira a condividere con l’ospite il “patrimonio” custodito ed accudito dall’azienda. Partendo dai vigneti, unici e mozzafiato, presenti in zone favorevoli alla viticoltura, e da un centro di appassimento all’avanguardia, attraversando la storica cantina, fino ad arrivare al gioiello del Cinquecento italiano: la famiglia vuole da sempre rendere partecipi del proprio mondo i tanti amici e wine lovers che arrivano a Fumane, nel cuore della Valpolicella Classica.

Dal 2008 il fulcro dell’ospitalità di Allegrini è rappresentato da Villa Della Torre, splendida dimora rinascimentale che si erge

Marchio d’eccellenza del mondo enoico italiano, l’azienda veneta Allegrini rappresenta uno straordinario incontro fra l’arte vinicola, il territorio d’origine e l’eleganza di un’ospitalità dal sapore tutto made in Italy

Marilisa Allegrini

Pad. 6Stand E5

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a meno di 30 minuti di distanza da Verona. Opera congiunta di Giulio Romano, autore del gonzaghesco Palazzo Te a Mantova, e Michele Sanmicheli, l’edificio è stato restaurato con attenzione, senza volerlo snaturare dall’aspetto magico e misterioso che lo con-traddistingue, recuperando quel sapore antico che ancora sembra accompagnare il visitatore in un viaggio nel tempo.

La Villa permette un percorso su tre livelli: la grotta a base otta-gonale, il cui ingresso ricorda una gigantesca maschera terrifica (gli Inferi), la parte mediana dove predomina l’acqua come elemento purificatore, fino a salire nella parte più alta, la cappella, tutt’oggi consacrata (il Paradiso). I raffinati interni stupiscono per la magni-ficenza dei Mascheroni presenti nelle sale: sono splendidi camini con sembianze animalesche animate da uno spirito grottesco, testi-moni quasi immortali della forza e della bellezza del fuoco.

Il Peristilio nel corpo centrale ripropone la “domus romana an-tiqua” dove, ora come allora, sono accolti gli ospiti. Il complesso ar-chitettonico oggi permette anche di pernottare in camere di auten-tico charme, realizzate in stile elegante e confortevole: un ambiente adatto a chi voglia svegliarsi in un paesaggio incantato, circondato dal vigneto Palazzo della Torre che dà vita all’omonimo vino, in-coronato per sei volte consecutive nei Top 100 di Wine Spectator.

La Villa è costantemente animata da un ricco calendario di eventi ed attività, in perfetta continuità con quella che era la vita all’interno del “Palasso” cinquecentesco, aperta alla cultura e al buon vivere di una mondanità nobile ma mai presuntuosa. Dopo il tour guidato, è possibile deliziarsi con degustazioni e fare pratica nelle tante cooking class che vengono svolte durante l’anno. Vil-la Della Torre è inoltre un privilegiato palcoscenico per iniziative legate all’arte e alla cultura, festival letterari, incontri privati e ce-rimonie.

Storia di una passione, di un territorio e di un vino simbolo di italianità: l’AmaroneLa storia di Allegrini è la storia di una passione profonda per la produzione del vino di qualità, che ha portato l’azienda ad essere conosciuta ed apprezzata sull’intero panorama enologico mondia-

le. È dal XVI secolo che la famiglia Allegrini è radicata in Valpoli-cella, dando vita ad una straordinaria avventura fatta di amore per il proprio prodotto e attaccamento ad uno dei territori più magici, culla del Re dei rossi: l’Amarone. È proprio questo grande vino ad aver contribuito a rendere Allegrini la prima azienda più premiata del Veneto e la quinta in Italia, secondo il Gambero Rosso.

Sempre rigorosi e meticolosi come insegnò il capostipite Gio-vanni Allegrini, gli esponenti della nuova generazione hanno sem-pre rivolto attenzione agli investimenti in ricerche e sperimenta-zioni, principalmente nelle pratiche enologiche e nella tecnica di appassimento delle uve, che ancora oggi contraddistingue il centro di appassimento Terre di Fumane.

Voluto affinché la disidratazione avvenga naturalmente e nel massimo rispetto del frutto, il centro di appassimento permette ad Allegrini di essere in sintonia con le nuove tendenze del mercato, unitamente alla vocazione e al desiderio della famiglia di valorizzare al meglio il potenziale qualitativo intrinseco dei frutti della Valpo-licella Classica.

Oggi è Marilisa Allegrini (nella foto), insieme al fratello Franco e alla nipote Silvia, a condurre l’azienda e ad averla portata ai mas-simi livelli internazionali, rendendo i propri vini famosi in oltre 70 Paesi. B cod 38674

Allegrinivia Giare 9/11 - 37022 Fumane Valpolicella (Vr)Tel 045 6832011 - Fax 045 7701774 - www.allegrini.it

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Vino

Vinitaly, 49ª edizione di una tra le fiere più conosciute al mondo. Il Chianti, un’isola di 200 mq.

Chianti significa Made in Italy per eccel-lenza, oltre a rappresentare una tra le deno-minazioni più estese e conosciute d’Italia e nel mondo. Significa, per questo vino e per il Consorzio, essere sempre in prima linea. Dopo il successo dell’Anteprima Chianti a febbraio, il Consorzio si presenterà all’even-to scaligero con il suo spazio istituzionale interamente dedicato alle aziende e ai loro vini: 38 i produttori presenti con il proprio stand a rappresentare il territorio toscano e più di 60 le etichette in assaggio al wine bar del Consorzio.

Ma il calendario del Chianti proseguirà poi con il tour internazionale che vedrà la denominazione tricolore in Germania pri-ma, tappa di rigore, ProWein, e successiva-mente, il Brasile, nell’ambito di ExpoVinis 2015, il più importante salone vinicolo in Brasile, per chiudere il mese di aprile a

New York con un evento targato Chianti. In maggio è prevista la tappa di Interwine a Canton, in Cina, una tra le fiere di rife-rimento per gli addetti ai lavori: nel pano-rama mondiale del vino, l’oriente avanza sempre più.

In giugno, è la volta di Vinexpo, il sa-lone d’oltralpe che da sempre rappresenta una tappa fondamentale per tutte le grandi denominazioni. Con quasi 50mila visitato-ri registrati nell’edizione 2013 provenienti da oltre 140 Paesi, la fiera si è rapidamente affermata nel panorama fieristico interna-zionale, come una vetrina globale di grande prestigio per il settore enologico, confer-mandosi uno dei più importanti appunta-menti dedicati al mondo del vino.

Il Chianti, la denominazione stessa, è un brand forte e riconoscibile da tutti. Un prodotto che ben si presta anche all’a-peritivo ma che, se il caso lo richiede, può

affrontare anche prove ben più importanti, come degustazioni e competizioni. Un vino che punta ad un ottimo livello da un punto di vista della qualità pur essendo un vino giovane e fresco. E tutti questi elementi li ritroviamo nell’impegno che il Consorzio sta portando avanti in maniera massiccia al fine di diffon-dere la cultura e la storia che stanno dentro e fuori il bicchiere. Un concetto di territorio e di una denominazione che vuole tornare a esprimere qualità e al contempo emozioni forti, vere e durature. B cod 38529

in tourPrima tappa Vinitaly, con 38 produttori

Consorzio Vino Chiantiviale Belfiore 9 - 50144 FirenzeTel 055 333600 www.consorziovinochianti.it

Giovanni Busi

Pad. 9Stand C11

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Anord-ovest della penisola Salen-tina, zona di antica tradizione vi-tivinicola, si trova Salice Salenti-

no (Le), piccolo comune rurale che ospita da più di tre secoli un’antica cantina: la Le-one de Castris, fondata nel 1665 dal Duca Oronzo Arcangelo Maria Francesco Conte di Lemos (nipote di Ferrante e Francisco, entrambi viceré spagnoli in Italia) ed an-cora oggi di proprietà dei suoi discendenti.

La cantina inizia l’imbottigliamento dei suoi prodotti con Piero e Lisetta Le-one de Castris, nel 1925. Nel 1943 nasce il Five Roses, il prodotto più conosciuto dell’azienda, primo vino rosato ad essere imbottigliato e commercializzato in Italia e da subito esportato negli Stati Uniti.

Il Cavaliere del lavoro Salvatore Le-one de Castris, figlio di Piero e Lisetta, ha contribuito ad un notevole sviluppo dell’azienda, anche a livello internaziona-le. Dal 1995 il figlio, Piernicola, la dirige. Riconoscimenti sempre più prestigiosi vengono costantemente attribuiti all’inte-ra gamma aziendale. La cantina presenta una variegata gamma di prodotti: vini rossi, bianchi e rosati Doc (Salice Salen-tino, Locorotondo, Copertino, Primitivo di Manduria), interessanti vini Igt Salento e Puglia, spumanti rosati e bianchi, oltre a un’acquavite e una grappa di particolare pregio. La produzione media annua è di circa 2,5 milioni di bottiglie. La rete com-merciale estera oggi vede i prodotti pre-senti in circa 40 Paesi in tutto il mondo.

L’azienda è poi arricchita dal Museo del vino “Piero e Salvatore Leone de Ca-stris”, aperto ai visitatori, che propone un unico e affascinante percorso storico-cul-turale incentrato sulle tappe fondamentali della storia del vino in Puglia.

Due nuove strutture completano, in-fine, il percorso di accoglienza in Canti-

na: il Wine Bar “Five Roses Club 1943”, situato di fronte all’azien-da, che con il suo design sem-plice ed elegante propone un luogo che coniuga passato e presente dove si pos-sono degustare i vini, accompagnandoli a prodotti di alta qualità esclusivamente provenienti dal territorio pugliese; e l’ho-tel “Villa Donna Lisa”, da poco ristruttu-rato, che firma un elegante connubio tra l’accoglienza tipica salentina e il mondo del vino.

La “mission” aziendale è da sempre la valorizzazione dei prodotti del territorio dove la famiglia è nata e cresciuta. In de-finitiva si può dire che la Leone de Castris rappresenta quasi 350 anni di storia che guardano al futuro. B cod 38284

Vino

350 anni di storia che guardano al futuro

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Leone de Castrisvia Sen. de Castris, 73015 Salice Salentino (Le) - Tel 0832 731112lnx.leonedecastris.com

Pad. 7Stand E5

Leone de Castris

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Torna l’evento mondiale “Goût de France”: giovedì 19 marzo più di mille chef in 5 continenti

- dai ristoranti di alta cucina fino ai bistrot di qualità - rendono contemporaneamente omaggio alla cucina francese, ai suoi vini e ai suoi valori di convivialità, con un’atten-zione particolare alla salute e all’ambiente. 100 ristoranti italiani, da nord a sud della penisola, aderiscono all’iniziativa, segno della passione reciproca della Francia e dell’Italia per il cibo e il vino di qualità. Ogni ristorante creerà un menu ad hoc per valorizzare sia la gastronomia francese in tutta la sua varietà che la propria cucina e il proprio savoir-faire.

Un’iniziativa a cui prende parte an-che lo champagne Perrier-Jouët (www.perrier-jouet.com), Maison d’eccellenza e partner da sempre di prestigiosi eventi gastronomici. Maison Perrier-Jouët, infat-ti, condivide la passione per la qualità e per la maestria e celebra il connubio tra il

Bello e il Buono, promuovendo una visio-ne della gastronomia in cui bellezza e gu-sto si completano a vicenda, trasformando ogni pietanza in una vera opera d’arte, in perfetta armonia con ogni sua cuvée.

Il risultato è un’esperienza sensoriale unica, che gratifica tanto gli occhi quanto il palato. Durante i pasti, gli aromi floreali e freschi degli champagne Perrier-Jouët si sposano magnificamente, ad esempio, con sapori sapidi di piatti a base di crostacei o pesce, con carni bianche, con pietanze crude o ancora con dessert dalle texture contrastate.

Ogni champagne Perrier-Jouët, as-semblato come un’opera d’arte, sublima nella degustazione le creazioni culinarie a cui viene abbinato. Dal 1811, data di fondazione della Maison, si sono suc-ceduti solo 7 Chef de Caves, che hanno preservato il segreto di uno stile unico. L’ultimo della dinastia è Hervé Descham-ps, divenuto Chef de Caves Perrier-Jouët

nel 1993 dopo dieci anni di apprendistato trascorsi a fianco del suo predecessore, du-rante i quali ha imparato la meravigliosa arte dell’assemblaggio, appropriandosi dello stile della Maison e delle tonalità flo-reali che ne costituiscono il tratto distinti-vo. Custode di questo savoir-faire, Hervé Deschamps coltiva e tramanda il patri-monio unico della Maison, modellando, raffinando e perfezionando con precisione artigianale ciascuno dei cru che compon-gono le sue creazioni.

In maniera del tutto naturale, la ri-cerca della perfezione conduce da sempre Perrier-Jouët sulle tavole più prestigiose: nelle corti reali, come quelle di Napoleone III o della regina Vittoria, o in quelle prin-cipesche. Champagne preferito della Prin-cipessa Grace di Monaco, il Perrier-Jouët Belle Epoque, con la sua iconica bottiglia decorata da anemoni, accompagna, ad esempio, il Bal de la Rose ormai da molti anni. B cod 38397

Perrier-Jouët partner di “Goût de France”per celebrare la cucina e i vini d’oltralpe

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In occasione di Identità Golose 2015, Mai-son Ruinart - partner ufficiale per il terzo anno consecutivo - ha accolto i suoi ospiti

nell’esclusiva Lounge Ruinart, dove ha fatto loro degustare le Cuvée e alcuni millesimati Ruinart in un’atmosfera piacevole e accogliente. Due in parti-colare i momenti chiave durante la kermesse: una speciale degustazione di millesimati Ruinart alla

presenza dello chef de cave Frédéric Panaiotis (nella foto) e la presentazione in anteprima

del Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004. Inoltre, in collaborazione con l’associa-

zione Noi di Sala, che Ruinart supporta dal 2014, si è svolta una lezione dimo-strativa dedicata a ”L’Arte del servizio di vino e Champagne a tavola”.

Blanc de Blancs 2004Omaggio a Dom Thierry Ruinart, spirito visionario fondatore della Maison, Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004 è una cuvée d’eccezio-ne. Questo vino raro è l’espressione autentica dei più nobili Grand Cru

di Chardonnay e offre un’esperienza degustativa straordinaria. L’approccio olfattivo di Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004 svela innanzi tutto note dolci di castagna, noce di cocco e pane fresco.

Subito dopo, questa nota biscottata lascia il posto ad aromi di fiori e agrumi. In bocca, questo millesimo è caratterizzato da un at-tacco schietto ma vellutato, sostenuto dalle note minerali. Poi Dom Ruinart 2004 diventa leggero grazie alla freschezza degli agrumi e delle note di genziana. Il finale, molto lungo, rivela note di buccia di pompelmo e di mandarino cinese.

Dom Ruinart 2004 è integralmente composto da Grand Cru di Chardonnay: di cui il 69% provenienti dalla Côte des Blancs (dominante Chouilly, Le Mesnil e Avize) mentre il 31% dal versan-te nord della Montagne de Reims (dominante Sillery e Puisieulx). Un assemblaggio perfetto che conferisce a questo millesimo una struttura leggera e delicata.

Da otto a dieci anni d’invecchiamento nelle profondità delle Crayères della Maison svelano tutti gli aromi di questo vino ecce-zionale, che raggiunge così un equilibrio perfetto tra forza e deli-catezza. La Maison Ruinart raccomanda di servire Dom Ruinart 2004 a una temperatura di 10-12°C, in bicchieri da degustazione grandi per sublimarne la complessità aromatica. Si consiglia inoltre di conservare il Dom Ruinart in un luogo fresco al riparo dalla luce, sia naturale che artificiale. B cod 38169

Dom Ruinart Blanc de Blancs 2004Nuova cuvée dalle note dolci

Frédéric Panaiotis, chef de cave Ruinart

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Nel quadro di un razionale e moderno concetto di atti-vità distributiva dedicata al

mondo enologico, i fratelli Rota, titola-ri della Quattroerre (www.quattroerre.com) di Torre de’ Roveri (Bg), svolgono un servizio completo ai pubblici eserci-zi, ponendosi sia come qualificato anello di raccordo tra aziende vitivinicole ed esercenti che come produttore a “filie-ra zero”. Nel 1985 iniziano ad produrre vino alla spina in contenitori di acciaio inox. Precursori di questo servizio dedi-cato agli operatori, viene effettuata poi

una selezione di produttori di vino in bottiglia che gli permettono di comple-tare il servizio di approvvigionamento offerto ai ristoratori e baristi.

Questa situazione li porta al “proces-so 4R”, come viene definito dagli stessi titolari. Il progetto consiste nel proporre non un prodotto o un servizio, ma molti prodotti e molti servizi, tutti offerti in un’unica soluzione e con la stessa fina-lità. Da qui diviene facile capire come il vino alla spina e quello in bottiglia siano per loro due culture diverse ma simili e complementari.

Conoscere approfonditamente non solo i diversi canali di mescita ma an-che la loro naturale identità permette di esaminare quali sono i criteri di scelta e soprattutto, conseguentemente, valutare i criteri d’inserimento per valorizzare al massimo il servizio del vino.

La spina e la bottiglia divengono, in questo modo, delle opportunità a con-fronto utili per portare il vino in qual-siasi occasione di consumo e in qualsi-asi locale trasformandosi in una nuova fonte di business originata dalle corrette scelte attuate all’interno di ogni singola realtà. Infatti, i tempi moderni hanno modificato il modo di vivere il tempo li-bero e hanno creato nuove possibilità di business da cogliere, realizzare e creare. Il vino alla spina e quello in bottiglia non sono quindi antagonisti ma comple-mentari, indicati per diverse occasioni e pronti a soddisfare le più svariate esigen-ze sia di prezzo che di posizionamento.

Indiscusse le opportunità offerte dal vino alla spina, quali prezzo contenu-to, minor impatto ecologico grazie ai contenitori a rendere e la possibilità di consumare quantità inferiori alla classica bottiglia. Se a questo affianchiamo il ser-vizio offerto dall’azienda nell’installare e gestire gli impianti necessari per sommi-nistrare il vino all’interno dei locali pub-blici, risulta ancora più evidente la loro “mission” aziendale. B cod 38268

Vino alla spina QuattroerreQualità tutti i giorni, a costi contenuti

4R - Quattroerrevia Marconi 1 - 24060 Torre de' Roveri (Bg)Tel 035 580701 - www.quattroerre.com

Vino

Tante le opportunità offerte dal vino alla spina: prezzo contenuto, minor impatto ecologico, possibilità di consumare quantità inferiori alla classica bottiglia. La Quattroerre offre agli operatori un servizio completo

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49marzo 2015 · Italia a Tavola

Vino

Per una delle frequenti contraddi-zioni che caratterizzano il “Made in Italy del gusto”, al momento

d’oro della nostra pasticceria, testimoniato dal successo di nuovi format televisivi, gui-de e libri tematici, non pare corrispondere altrettanta auge per i vini dolci, che pur ne costituiscono l’ideale abbinamento. La proposta televisiva tende ad esaltare la crea-tività del pastry-chef di turno. Poco spazio per i bicchieri quando l’offerta, al contra-rio, non è mai stata così valida e nutrita.

Sembra davvero difficile lasciare a formaggi blu, biscotteria e cioccolato il compito di sostenere i consumi di passiti & co. Vi è però da dire che di fronte alla straordinarietà di certi nettari l’aspetto del-la fruizione passa in secondo piano e per la stappatura dei 5 vini che seguono ogni scusa è buona.

Inizio con il Tal Luc 2010 di Lis Neris, da uve Verduzzo Friulano (95%) e Riesling (5%) sottoposte ad appassimento ed ele-vate in barriques. C’è davvero da perdersi nelle infinite analogie di agrumi canditi, confettura di pesca, balsami, vaniglia. Boc-ca felpata, la cui densità viene sollevata e allungata dal discreto rilievo acido.

Ci spostiamo a Termeno con l’Alto Adige Gewürtztraminer Vendemmia Tar-diva Roen 2012 della Cantina Tramin, la cooperativa locale. Il “kellermeister” Willi Sturz, sommo interprete della cultivar, ne ha messo in rilievo rimandi di petalo di rosa, marmellata di arancia amara, ananas sciroppato. Palato di viscosa dolcezza eppur teso, profondo, tonico.

Il Passito di Corzano 2001 della tosca-na Corzano e Paterno propone riconosci-menti classici da vin santo (del resto deriva da uve Trebbiano e Malvasia) con analogie di caramella d’orzo, frutta secca (fichi) e tartufo. Bocca di ampiezza smisurata eppur impressionante per nerbo ed articolazione.

L’Orvieto Classico Muffa Nobile Cal-caia 2010 di Barberani si fa interprete delle nebbie autunnali che avvolgono la zona del lago di Corbara attaccando gli acini con la Botrytis Cinerea. Per un succo di armoniosa morbidezza, polposo e avvolgente, mirabile intreccio di frutto e spezie, irresistibile nelle note di zafferano in chiusura.

Autentico “must” il Moscato Passito di Pantelleria Ben Ryé 2012 di Donnafugata, ambasciatore con le sue 80mila bottiglie della Sicilia più nobile e solare. Bevibilis-simo a dispetto della concentrazione, can-giante nelle sue sfumature mediterranee di dattero, albicocca, gelsomino e miele. Gio-ia pura. B cod 38315

DÉJÀ BU

di Guido Ricciarelli

Il paradosso dei vini dolciNon seguono il trend della pasticceria

Fumin, vitigno valdostanoche regala vini intensi e speziatidi Piera Genta

Il Fumin è un vitigno autoctono a bacca rossa di montagna molto rustico presente solo in Valle d’Aosta. Le prime notizie scritte risalgono solo al 1838 nell’opera Saggio sulle vite e sui vini della Valle d’Aosta di Lorenzo Francesco Gatta, ma il Fumin ha origini molto più antiche. Il nome del vitigno pare derivare dal colore degli acini, di una tonalità grigio-fumo.Un tempo non veniva vinificato in purezza ed era utilizzato prevalentemente per dare ai vini di pronta beva maggiore colore e acidità, oggi viene coltivato nella zona compresa tra Saint Vincent e Villeneuve. Il suo successo si deve al padre di

Costantino Charrère, il primo a vinificarlo in purezza nel 1970. In seguito al riconoscimento della Doc Valle d’Aosta Fumin, l’interesse per questo vitigno è in continuo aumento. Le uve mature di Fumin in purezza possono dare origine ad un vino rosso longevo, ricco e corposo, da destinare all’affinamento in botti di rovere.Il vino si presenta carico di colore, con forte tonalità malvacea che con l’invecchiamento diventa rubino; il profumo è intenso, leggermente erbaceo; al palato è di gusto asciutto, austero, di buona acidità, tannini eleganti e notevole persistenza. Abbinamento con carni rosse, selvaggina, brasati e formaggi a lunga stagionatura. B cod 38465

UN AUTOCTONO AL MESE

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50 Italia a Tavola · marzo 2015

Vino · Guide

Annuario 2015 di Luca Maroni64 le eccellenze enologiche premiate

di Mariella Morosi

Dopo le manifestazioni regio-nali svoltesi a Milano, Firen-ze e Frascati, Luca Maroni

(nella foto, al centro), analista sensoriale e firma dell’enologia italiana tra le più note, ha celebra a Roma il trionfo della migliore enologia nazionale, assegnando i riconoscimenti ai produttori presenti nel suo “Annuario dei migliori vini ita-liani 2015”, giunto alla 22ª edizione. «Il vino - sostiene Maroni - va apprezzato con i sensi, non con la testa. Non esiste chi non lo capisce: ognuno ha gli stru-menti sensibili per riconoscerne la bon-tà, anche se non possiede il criterio per analizzarla e spiegarla».

Con immagini suggestive e dopo un’appassionata ode all’uva che diventa vino e alla mano dell’uomo che sa con-servare nel calice il patrimonio impres-sovi dalla natura, l’autore ha premiato i produttori delle etichette di vini rossi,

bianchi, rosati e dolci, contrassegnate nel suo Annuario a partire dal punteg-gio 91/99, fino ai 10 vini campionissimi (di 8 aziende) che hanno totalizzato 99 punti su 99.

Queste le aziende e, tra parentesi, i nomi dei vini “campionissimi”: Bellicoso (Barbera d’Asti Merum 2012), Falesco (Montiano 2012), Farnese Vini (Edi-zione Cinque Autoctoni), Montalbera (Ruchè di Castagnole Monferrato Lac-cento 2013), Nativ (Eremo San Quirico Aglianico Campi Taurasini Cru 2011), Ariola (Marcello Lambrusco Gran Cru), Poggio Le Volpi (Baccarossa 2012 e Donnaluce 2013), Jasci & Marchesani (Montepulciano d’Abruzzo Janu’ 2011 e Chardonnay Rudhir Histonium 2012). Per queste otto aziende l’artista-somme-lier Moreno Bondi ha creato dei dipinti ispirati ai loro vini.

Punteggi vicino all’eccellenza (98) per il “Miglior bianco” allo Chardonnay Marina Cvetic 2012 Masciarelli insieme al Tabano Bianco 2013 Montecappone, e con 97 per il “Miglior dolce” a L’Au-tentica 2012 di Cantine del Notaio, il Dindarello 2013 di Maculan e il Ben Ryé Passito di Pantelleria 2012 di Donnafu-gata. Il “Miglior Prosecco” è stato ancora una volta il 1868 Cartizze Valdobbiade-ne Superiore di Carpenè Malvolti, a pari merito con il Cartizze Arzanà di Astoria Vini; “Miglior Charmat” il Pinot Nero Extra Dry di Vanzini; “Miglior spuman-te dolce” la Malvasia di Perini&Perini. Col punteggio di 94, il riconoscimen-to per il “Miglior rosso biodinamico” è andato al Maramia dell’emiliana Tenu-ta Mara. Tra i “Migliori rossi”, con 97 punti, citiamo il Mater Matuta 2011 di Casale del Giglio.

L'elenco completo dei vini premiati è pubblicato su www.italiaatavola.net. Per vederlo inserisci nel campo di ricerca il codice articolo B 38240.

Luca Maroni ha premiato a Roma i produttori di vini rossi, bianchi, rosati, dolci ed effervescenti, contrassegnati nel suo Annuario 2015 con un punteggio da 91/99 fino a 99/99 (campionissimi)

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51marzo 2015 · Italia a Tavola

Guide · Vino

Ruchè Laccento 2013 Montalbera tra i “campionissimi”

Grande successo per il Ruchè di Castagnole Monferrato Docg “Laccento” 2013 Montalbera sull’ultima edizione dell’Annuario di Luca Maroni: l’autore lo ha infatti premiato con il punteggio massimo di 99/99, inserendolo tra i 10 “campionissimi” del 2015.Questo vino nasce sulle colline del Monferrato Astigiano in un territorio dove la produzione vitivinicola è da generazioni orgoglio e sussistenza per la maggior parte delle famiglie e dove negli ultimi decenni si sono riscoperti antichi e pregiatissimi vitigni come appunto il Ruchè. Vitigno autoctono e quindi unico ed irripetibile altrove, semiaromatico dai profumi particolarissimi di rosa e di viola, di grande eleganza, setosità, morbidezza e piacevolezza. Non ha eguali nel panorama enologico nazionale. Così piacevolmente riconoscibile tra altri mille e nello stesso tempo così familiare e indispensabile nella propria cantina.Il Ruchè di Castagnole Monferrato “Laccento” 2013 è l’emblema dell’azienda Montalbera, ottenuto da uve in sovramaturazione delle migliori aree produttive aziendali vinificate tradizionalmente ma con l’ausilio delle tecnologie più moderne, lasciato riposare ed affinare prima in vasche di acciaio e poi per lunghi mesi in bottiglia al fine di dare al consumatore il meglio di questa piccolissima e preziosa produzione enologica piemontese. Montalbera con i suoi oltre 140 ettari di vigneti in Castagnole Monferrato, per la maggior parte dedicati a questo vitigno, firma con orgoglio questa bottiglia per tutti gli appassionati e i cultori di questa “magia” che è il mondo del vino. Montalbera sarà presente a Vinitaly, Pad. 10 - stand L4. B cod 38654

Campionissimo 99/99 1° Miglior rosso

Laccento Selezione 2013 Ruché di Castagnole di Monferrato Docg

Mater Matuta 2011Lazio Rosso Igt

Uve: 100% Ruché di Castagnole MonferratoVinificazione: tradizionale in rosso con un 7% di blend finale di uve in appassimento sui graticciAffinamento: circa 4 mesi in acciaio e 6 mesi minimo in bottigliaColore: rosso rubino di media intensità con riflessi leggermente granatiProfumo: aromatico tipico con sentori di rosa e viola, fruttato con sensazioni di ciliegiaSapore: morbido, elegante, di buona strutturaGradi: 14% vol.Servire a: 16-18°CAbbinamenti: ideale con preparazioni con tartufo bianco, piatti a base di carni rosse o ancora formaggi di media stagionatura

Uve: 85% Syrah, 15% Petit Verdot Vinificazione: il Syrah fermenta con lieviti indigeni secondo la tecnica del cappello sommerso per 18-20 giorni con periodici “délestage”, la vinificazione del Petit Verdot avviene mediante l’uso di follatori che consentono la massima estrazione di tannini e sostanze polifenoliche, i vini vengono poi messi separatamente in barriques nuove per 22-24 mesiAffinamento: 10-12 mesi in bottigliaColore: rubino cupo, densissimoProfumo: spiccano sentori balsamici, poi caffè scuro in grani, viola e marasca maturaSapore: avvolgente e seducente, ottima trama tannica e freschezza. Finale fruttato e persistenteGradi: 13,5% vol.Servire a: 16-18°C

Società Agricola Montalberavia Montalbera 1, 14030 Castagnole Monferrato

(At) - Tel 011 9433311 www.montalbera.it

Casale del Giglio Azienda AgricolaStrada Cisterna-Nettuno Km. 13,00 04100

Le Ferriere (Lt)- Tel 06 92902530 www.casaledelgiglio.it

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Birra

Italia a Tavola · marzo 2015

Non è tutto... orzo quel che luccica

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Birra

marzo 2015 · Italia a Tavola

di Marta Scarlatti

La storia della birra deve moltissimo all’orzo. Questo cereale, con tutta probabilità uno dei primi a esse-

re “addomesticato” dall’uomo, è alla base di praticamente tutte le birre del mondo e lo è fin dagli albori. La stessa diffusione della birra in Europa risente della sua pos-sibilità di coltivazione. Robusto, resistente, adattabile, l’orzo si poteva infatti coltivare in territori e con un clima impossibili all’al-levamento della vite. Ed è per questo che i “barbari” bevevano birra mentre i Romani preferivano il vino. Sia chiaro, tutto vero anche se sintetizzato estremamente.

Tuttavia sarebbe un grossolano errore considerare l’orzo come il cereale esclusivo per fare birra. I birrai hanno sempre fatto ricorso anche ad altri cereali come l’avena, la segale, il farro, il mais e, ovviamente, il frumento. Proprio grazie al frumento sono nate due delle tipologie (o stili) birrarie più note e diffuse nel mondo. Le “witbier” o “blanche” belghe e le “weizen” o “weisse” bavaresi. Le differenze tra le due sono so-stanziali: in Belgio, oltre a fare ricorso a spe-zie come il coriandolo e la buccia d’arancio, il frumento è usato “crudo”, nelle weizen bavaresi invece, oltre a non essere usata al-cun tipo di spezia, il frumento è maltato.

La weizen è una birra tipica e tradizio-nale della Baviera, ma è molto conosciuta anche in Italia. La si serve solitamente in alti e stretti boccali che si allargano a tuli-pano all’imboccatura. La loro forma aiuta la formazione della schiuma che deve essere alta, anche quattro o cinque dita, spumosa e persistente. Il loro aroma è caratteristico e inconfondibile, quasi sempre caratterizzato da note di frutta, spesso è riconoscibile la banana, e di spezie, chiodo di garofano. Il gusto presenta una dolcezza maltata e frut-tata sostenuta però da una piacevole vena

acidula che le rende rinfrescanti e dissetanti. Nella loro versione più classica, “hefewei-zen”, queste birre hanno un aspetto volu-tamente velato per la presenza dei lieviti in sospensione, ma le weizen costituiscono una famiglia vera e propria: esistono quelle con malti scuri, “dunkelweizen”, quelle di maggior grado alcolico, “weizenbock”, e quelle filtrate, “kristallweizen”.

A dimostrazione della loro popolarità nel nostro Paese, sono davvero numerose le etichette di weizen reperibili sul merca-to. Dalla popolare Erdinger alla blasonata Schneider, dalla storica Weihenstephan alla famosa Herrnbräu. Di quest’ultima serbia-mo un ottimo ricordo durante una visita effettuata diversi anni fa in quel di Ingol-stadt, una cittadina a un’ottantina di kilo-metri a nord di Monaco. Herrnbräu (www.herrnbrauitalia.it) è un’azienda storica nata dalla fusione di una dozzina di piccole birrerie cittadine e produttrice di weizen da primo Dopoguerra. Le sue produzioni sono delle ottime interpretazioni in stile classico delle diverse declinazioni sul tema weizen.

Stile che, consensi diffusi e valore in-discutibile, sembra tuttavia soffrire ancora di un paio di luoghi comuni che sarebbe il caso di sfatare una volta per tutte. Il pri-mo è che le weizen siano delle birre riser-vate esclusivamente al consumo estivo. Lo sono, ovviamente, proprio grazie a quella loro distintiva nota citrico-acidula che si può facilmente percepire, ma il loro cor-po pieno e intenso e il loro gusto ne fanno delle birre da consumo tutto l’anno. Anche l’hefeweizen ma ancor di più le dunken e le weizenbock, quest’ultime a parere di chi scrive sono perfette per l’autunno con i suoi primi freddi.

Il secondo luogo comune è invece co-stituito dalla consuetudine di mettere una fetta di limone all’interno della birra. È una

pratica che aveva forse, e sottolineo forse, un tempo quando la birra risultava essere più facilmente deperibile nel tempo ma che oggi è totalmente fuori luogo. Se non altro perché il limone altera, si legga rovi-na, il bouquet originale della birra. Ergo, per quanto si sia soliti dire che i gusti sono gusti, la fetta di limone se proprio dovete mettetela nel tè.

Infine, sebbene questo non rientri del tutto nei luoghi comuni da sfatare, si ritie-ne che le weizen si possano abbinare ai ti-pici piatti della cucina bavarese e tedesca in generale. Ovvero wurstel, soprattutto quel-li bianchi detti weisswurst, stinco e carne di maiale in generale. Per carità, su questi piatti l’abbinamento è tanto tradiziona-le quanto azzeccato, ma vi consigliamo di allargare gli orizzonti anche alla cucina italiana: un succulento arrosto ad esempio per una weizenbock, un fritto di calamari e gamberi per una hefeweizen, un primo piatto di pasta con sughi di carne per una dunkelweizen.

Insomma, questo stile birrario è molto più eclettico e versatile di quanto si pensi e sta benissimo sulla tavola italiana così come su quella di Monaco di Baviera e dintorni. Se provate a fare qualche esperimento, ve ne convincerete anche voi!. B cod 38301

L’orzo è da sempre il cereale più adatto alla produzione di birra, ma in alcune birre si possono trovare percentuali più o meno elevate di avena, segale, farro e frumento. Come nel caso delle rinomate “weizen” bavaresi

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Birra

Degustare una birra analizzan-do il suo profilo visivo, signifi-ca analizzare schiuma, traspa-

renza e colore. Questi i tre parametri valutati che ci forniscono le prime informazioni sulla

birra stessa. La schiuma è il primo parametro che ci

può fornire alcune caratteristiche della birra. La schiuma è un indicatore sulla qualità del suo servizio e ancor più sul suo “stato di salute”. Per questo bisogna conoscere lo stile in degustazio-ne. Tralasciando che molti consumatori consi-derano negativa la presenza della schiuma della birra nel bicchiere storcendo il naso alla sua pre-senza o addirittura ipotizzando la riduzione di dose, benché molti bicchieri siano addirittura forniti di una tacca graduata, concentriamoci sulle caratteristiche della spuma che ci for-

nisce dettagli importanti. Della schiuma si osserva il colore, la trama, la compat-

tezza e la tenuta nel tempo. Una birra ben conservata e servita a regola d’arte si copre di almeno un paio di dita di

schiuma compatta e persistente, di tra-

ma fine, di colore bianco con possibili sfumature beige. La tenuta nel tempo si aggira sui 120 secondi.

La trasparenza è l’attitudine del liquido a lasciarsi attraversare dalla luce senza interrompere o deviare i suoi raggi. La sua valutazione è strettamente legata alla materia colorante presente e alla presenza di particelle in sospensione. Questo permette di stabilire il grado di limpidezza. Le altre bevande alcoliche fanno della lim-pidezza un indice di qualità, salvo rarissime eccezioni. La birra, invece, si distingue anche in questo. La presen-za di sedimenti, particelle in sospensione e aspetto non limpido non deve indurre a conclusioni precipitose. Bi-sogna valutare attentamente se è un fattore accidentale o una particolarità dello stile brassicolo come per esempio le Weizen.

Il colore è l’altro segno distintivo della tipologia di birra. Ci può dare indicazioni sui cereali usati e sulle loro lavorazioni. La scala cromatica considera le tinte che vanno dal giallo paglierino scarico fino a nuance nere permettendo una gamma di gradazioni e sfuma-ture. La prima distinzione viene effettuata in base alla categoria di colore che identifica, così, anche quelle del-la birra. Chiaro, ambrato e scuro sono una facile classi-ficazione. B cod 38272

Schiuma, trasparenza e coloreI parametri per l’analisi visiva della “bionda”

Il profilo visivo della birra emerge principalmente da tre fattori: la schiuma, indicatore sulla qualità del servizio; la trasparenza, legata al grado di limpidezza;

e il colore, dato dai cereali usati e dalla loro lavorazione

di Enrico Rota

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Birra

marzo 2015 · Italia a Tavola

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Birra

56 Italia a Tavola · marzo 2015

di Andrea Felician

La birra è l’unica bevanda che si può ordinare in un bar indicando la quantità di prodotto che desideria-

mo consumare; a cos’altro potremmo pen-sare quando sentiamo dal bancone qualcu-no dire “una da mezzo”? La birra però non è un’entità unica, di conseguenza come per le altre bevande alcoliche va divisa in categorie.

Le birre vengono suddivise corretta-mente in base al ceppo di lievito che fer-menta gli zuccheri disciolti all’interno del mosto. Di conseguenza vi sono birre lager o di bassa fermentazione (Saccaromices Carlsbergensis) e birre ale o di alta fermenta-zione (Saccaromices Cerivisiae). Molto meno famose ma comunque da non dimenticare sono le birre di stile sour beer o fermentazio-ne spontanea la cui fermentazione è attuata da molte diverse tipologie di microrganismi provenienti dall’aria. All’interno di ognuna di queste grandi famiglie possiamo trovare molte diverse sottocategorie stilate dal Bjcp (Beer judge certification program) in cui sono raggruppati i vari stili birrai.

Lager Pilsner: lo stile

più diffuso al mondo, fresca e piacevolmente amara la birra di stile pilsner (o pils) nasce in Repubblica Cieca. Dal colore dorato, grazie all’utilizzo di un’acqua con bassa durezza e al non elevato grado alcolico risulta essere piacevolmente rinfrescante e ben bilanciata. Dark Lager: di cui fanno parte le birre di

tipo dunkel e schwarzbier hanno una tinta color tonaca di frate, sono birre il cui grado alcolico è solitamente tra il 5% e il 6%. Al palato si presentano dolci e con sentori di torrefatto, cioccolato o caffè dovuti princi-palmente al tipo di malto speciale utilizzato. Light Lager: famiglia che accumuna vari

sottostili come dortmunder e helles; le birre appartenenti a questa famiglia sono caratte-rizzate da un colore dorato, piacevolmente rinfrescanti e leggere. Presentano un ottimo equilibrio gustativo tra le note dolci del mal-to e l’amaro conferito dal luppolo. European Amber Lager: di questa cate-

goria fanno parte gli stili märzen e vienna; si presentano con un grado alcolico superiore

rispetto a molti altri stili la-ger che si attesta intorno al 6%.

Con tinte che sfumano dall’arancio al dora-to sono birre solitamente più dolci rispetto alle pils e più corpose. Bock: sono birre di bassa fermentazione,

poco luppolate e più forti (almeno 7% di alcool) rispetto alle normali lager. Sono ca-ratterizzate da tinte che variano dal rosso al marrone, con un sapore dolce e degli aromi che vanno dal lieve affumicato, al caramella-to fino al tostato a seconda dei malti specia-li utilizzati in ricetta.

Ale Light Hybrid Beer: famiglia che com-

prende vari stili diversi come cream ale, kölsch e blond ale. Sono birre di colore tra il dorato e il paglierino che presentano note di malto e caratterizzate da una luppolatura leggera e un grado alcolico tra il 4% e il 5%. Amber Hybrid Beer: in cui si possono

ritrovare vari sottostili come le california common o le altbier. Si presentano con un colore dorato carico e un degli aromi di malto e cereale ben bilanciati dal luppolo; in

È tutta una questione di...

LievitoNon è il colore che classifica le varie tipologie di birra, bensì il ceppo di lievito che fermenta gli zuccheri disciolti all’interno del mosto; in base a questa variante nascono birre “lager”, “ale” o “sour beer”

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Birra

marzo 2015 · Italia a Tavola

alcune birre si possono anche percepire note fruttate. English Pale Ale: le birre appartenenti a

questo stile hanno un colore tra il dorato ca-rico e l’arancio, presentano note maltate e di caramello ma si possono anche percepire aromi floreali, fruttati o resinosi dovuti ai luppoli speciali utilizzati. Scottish/Irsih Ale: sono degli stili di birra

che presentano una grande variabilità di gra-do alcolico; si passa infatti dal 4-5% delle irish ale, fino al 6-10% delle scottish ale. Sono birre caratterizzate da sentori di malto che conferiscono sapori dolci e caramellati. American Ale: bionde, rosse oppure un

po’ scure queste birre risultano essere molto diverse tra loro. Per le blond american ale solitamente si possono identificare aromi preponderanti di luppolo, le amber ameri-can ale si presentano equilibrate grazie al dolce del malto piacevolmente mitigato da un amaro non eccessivo mentre le brown american ale risultano essere molto dolci. English Brown Ale: aromi di cioccolato,

nocciola e affumicato. Presentano un colore marrone e una gradazione alcolica che oscil-la tra il 3% e il 5%. Porter: lo stile porter è caratteristico in

quanto la luppolatura molto lieve fa si che siano la dolcezza e gli aromi del malto a esse-re preponderanti. I sentori più comuni in questo stile birraio sono: torrefatto, liqueri-zia e nocciola.

Stout: le stout si presentano al bevitore con un minaccioso colore nero tenebra do-vuto all’utilizzo del malto tipo black. La gra-dazione alcolica varia molto dal 4% delle dry stout al 12% delle russian imperial stout. I sentori che però si possono facil-mente distinguere sono: torrefatto, caffè e liquerizia. Solitamente presentano un retro-gusto abbastanza secco. India Pale Ale: comunemente chiamate

(IPA) questo stile vede una preponderanza degli aromi luppolati grazie a un’aggiunta tardiva di luppolo post fermentazione che prende il nome di dry hopping che consente la maggior solubilizzazione dei composti aromatici del luppolo, persi in fase di bolli-tura, nella birra. Gli aromi variano molto a seconda del tipo di luppolo utilizzato e si possono identificare aromi fruttati o spezia-ti, il colore può andare dal dorato al rosso vivo. German Wheat/Rye Beer: grande fami-

glia che racchiude in sé stili molto diversi. Queste birre sono caratterizzate dal presen-tare una percentuale importante di frumen-to o segale sui grani totali della ricetta. Il colore può variare dal classico paglierino dorato delle weizen fino al rosso scuro delle weizenbock così come il grado alcolico che oscilla dal 4.5% all’ 8%. I sentori tipici di queste birre sono crosta di pane, vaniglia e banana e derivano dal metabolismo azotato del lievito.

Belgian/French Ale: categoria che al suo interno racchiude vari stili birrai diversi. Vi si possono ritrovare birre leggere dal colore paglierino leggero, dai sentori fruttati o spe-ziati e dal sapore leggermente acidulo, come le saison e le blanche/wit, e birre scure cor-pose con sentori maltati e un elevato grado alcolico come le biere de garde e le belgian specality ale. Belgian Strong Ale: come suggerisce il

nome le birre che appartengono a questa ca-tegoria sono birre forti e corpose con una gradazione alcolica minima del 6.5% e con un colore che può variare dal rosso rubino di una dubbel, al dorato di una tripel, al tonaca di frate di una belgian dark strong ale. Tutte queste birre però, pur essendo molto etero-genee, si presentano piacevolmente dolci e in quasi tutte si possono identificare sentori maltati e di caramello. Strong Ale: categoria che racchiude in sé

numerose birre di stile inglese quali barley wine e old ale. Sono birre con grado alcolico forte e un colore scuro che varia dal rosso al marrone. Molte subiscono un affinamento in botte che le porta ad avere una maggiore complessità aromatica.

Sour Beer Berliner Weisse: birre tipiche della zona

di Berlino, ottenute grazie alla fermentazio-ne spontanea che conferisce loro aromi sul-furei e un’acidità notevole. Flanders Red Ale: tipiche delle fiandre

queste birre sono invecchiate in grandi botti di legno dove subiscono un processo ossida-tivo che crea una grande complessità di aro-mi che variano dal maltato al fruttato. Gueze/Lambic: questi due stili di fermen-

tazione spontanea sono tipici del Belgio e in particolare della regione del Pajottenland. Le lambic sono birre senza anidride carboni-ca, completamente piatte e invecchiate in botte per un periodo che può durare fino a tre anni. Le gueze invece sono date dall’u-nione di lambic e di mosto “giovane” di con-seguenza risultano essere frizzanti. Entrambi questi stili sono caratterizzati da un’ elevata acidità e da sentori amari. B cod 37381

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Birra

Nell’ottica di proporre prodotti che soddisfino le richie-ste del mercato, negli ultimi anni, oltre alla linea “Me-nabrea 150° Anniversario”, in onore della celebrazione

dei 150 anni della fondazione della società, Menabrea si è voluta rivolgere anche a occasioni di consumo diverse.

È nata così la linea Top Restaurant, costituita da tre referenze dedicate all’alta ristorazione ed a precisi momenti di degustazio-ne. Una linea che si contraddistingue per il packaging elegante ed esclusivo, in formato da 75 cl. Una valida alternativa al vino du-rante l’intero corso del pasto. Le Top Restaurant, insieme alle altre referenze Menabrea, sono state inoltre utilizzate come ingredienti per la realizzazione di antipasti, primi, secondi e dessert in diverse pubblicazioni. Un impiego per ricette di indiscutibile qualità.

Queste le caratteristiche delle birre Top Restaurant Menabrea: Top Restaurant 35 Light: prodotta seguendo un’antica ricetta

a base di riso, è indicata per accompagnare a tavola pesci e carni bianche. Gradazione alcolica: 3,5% vol. Top Restaurant 55 Pils: ha colore giallo dai riflessi dorati. Mar-

cata l’impronta aromatica del luppolo. Si accompagna bene a car-pacci di manzo, insaccati leggeri e formaggi. Gradazione: 5,2% vol. Top Restaurant 75 Bock: dalla spuma compatta e persistente,

emana toni speziati, con un gusto equilibrato amaro e maltato. Adatta con salmone, carni rosse e formaggi. Gradazione: 7,5% vol.

Una storia lunga oltre 150 anniTra i più celebri ed apprezzati marchi di birra presenti sul mercato, Birra Menabrea è la più antica birreria italiana esistente. L’eccel-lente qualità dei prodotti utilizzati per la produzione della birra ed il forte impegno profuso nella diffusione di una specifica cultura birraria rendono Birra Menabrea unica ed inconfondibile, un vero patrimonio d’eccellenza per il territorio, il panorama enogastrono-mico nazionale ed internazionale.

La peculiarità di Birra Menabrea deriva innanzitutto dall’acqua purissima delle vicine Alpi Biellesi, note per la loro fonte profonda oltre 1.500 metri. L’impiego sapiente dell’acqua e di materie prime selezionatissime quali ceppi di lieviti purissimi, malti italiani e fran-cesi ed una pregiata varietà di luppolo proveniente dalle pianure della Hallertau rappresenta il vero punto di forza di Birra Mena-brea. All’attenzione nell’uso delle materie prime, l’azienda affianca le più innovative ed efficienti metodologie nel processo produttivo, combinate con la competenza, l’impegno e la passione delle perso-ne che lavorano in azienda e che rappresentano motivo d’orgoglio per il marchio. B cod 38612

per l’alta ristorazione

Il Top delle birre made in Italy

Birra Menabreavia Ramella Germanin 4 - 13900 BiellaTel 015 2522320 - www.birramenabrea.com

Italia a Tavola · marzo 201558

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Birra

marzo 2015 · Italia a Tavola

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Birra

Italia a Tavola · marzo 2015

di Andrea Lupini

Le Fiandre, regione che custodisce gelosamente da secoli i segreti della propria arte birraria, sono

la terra d’origine delle birre a marchio Bornem. L’Abbazia di Bornem è stata fondata nel 1836 dai monaci dell’Ab-bazia di Hemiksem, affiliati dell’ordi-ne cistercense. Gli edifici dell’abbazia risalgono a epoche diverse, soprattutto

del Settecento e dell’Ottocen-to. All’interno

troviamo molte opere d’arte: ritratti e dipinti, sculture, preziosi manoscritti, libri rari e archivi di inestimabile valo-re. Questo convento aveva aiutato in passato, i Domenicani anglosassoni che avevano lasciato il loro paese per sfuggi-re alle persecuzioni durante il regno di Elisabetta.

Da poco più di quarant’anni, gli aba-ti di Bornem hanno trovato un accordo con la fabbrica di birra Van Steenberge necessario per continuare a produrre questa birra di ispirazione ecclesiastica.

La Bornem Triple, distribuita da 4R

(www.quattroerre.com - [email protected] - tel 035 580701), è una birra chiara, vagamente color pesca, pro-dotta secondo lo stile belga proprio delle Trippel. I termini “dubbel” e “trippel” derivano dall’usanza tradizionale di se-gnalare le botti di maturazione del pro-dotto con delle X. Due X o addirittura tre X designavano prodotti di particola-re robustezza, sapore pieno e forte grado alcolico, ben distinti dalla birra corrente, contrassegnata con una semplice X.

La Bornem Triple, prodotta col metodo dell’alta fermentazione cui fa seguito una successiva rifermentazione

in bottiglia o in fusto, è il classico esempio di birra forte e completa, dal sapore pieno e ricco di sfuma-ture, con un tocco di aroma pepato percepibile nel retrogusto. Per chi la beve in bottiglia e non gradisce i lieviti, è meglio evitare di scuotere la bottiglia, perché il lievito sedimenta-to non torni in sospensione.

Di gradazione alcolica abbastanza elevata (9% vol.), ha un gusto pieno con un ottimo equilibrio dolce-amaro. Il suo gradevole profumo e la bella te-sta di schiuma, fanno di questa birra un vincitore nel suo genere. È una birra de-cisa, ottima per gustare piatti dal forte sapore e aroma. B cod 38252

Bornem Triple La birra robusta prodotta in un’abbazia delle Fiandre

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Birra

marzo 2015 · Italia a Tavola

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62 Italia a Tavola · marzo 2015

di Alberto Lupini

L’aquila più famosa del modo dei distillati si posa ora anche sulla tavola e diventa ingrediente ed

occasione per nuove ricette. Da sempre marchio di riferimento dei più importanti bar del mondo, Branca aggiunge agli ape-ritivi e ai digestivi un’altra occasione per essere protagonista nel mondo del fuori casa: il menu del ristorante.

E lo fa nella maniera forse più rischio-sa, ma alla fine vincente, quale è quella di sottoposi al giudizio di una platea di gior-nalisti del settore, attento da sempre all’abbinamento più ricercato fra piatto e vino (e al massimo la birra). Come “com-plice” di questa sfida, i fratelli Branca di Romanico (Ilaria, brand marketing am-bassador, e Niccolò, presidente) hanno scelto Davide Oldani, uno stellato abi-

tuato alla ricerca per valorizzare la tradi-zione (che per la famiglia milanese simbo-lo dei distillati vuol dire 5 generazioni di imprenditori). Al D’O di Cornaredo (Mi) sono così stati presentati alcuni dei piatti che hanno reso famosa la Cucina Pop di Oldani, rivisitati per l’occasione usando come ingredienti alcuni dei prodotti della Branca. Un’esperienza per molti versi uni-ca per originalità e qualità dei risultati, ma soprattutto davvero stimolante per la ca-pacità di attivare creatività.

L’incontro al D’O, presenti i vertici della Fratelli Branca Distillerie, si è svolto secondo il Leitmotiv di una rivisitazione della storia aziendale, con la parallela pre-sentazione di alcuni dei suoi prodotti più importanti.

Dallo stravecchio Branca (nato come Vieux Cognac) alla Grappa Candolini, dalla Carpano che coi suoi Punt e Mes e Antica Formula (il primo vermouth idea-to nel 1776 e oggi preziosissimo elemento dei migliori cocktail, a partire dall’Ameri-cano di cui è stato l’elemento base) al Brancamenta, fino al Vermuth Dry Car-pano e alla vodka Sernova.

Branca, dopo gli aperitivi e i digestivi si apre ora la sfida della Cucina

Distillati

Da sinistra, Ilaria Branca, Davide Oldani e Niccolò Branca.

Cipolla caramellata al Punt e Mes accompagnato da un bicchiere di Punt e Mes con ghiaccio

Aperitivo Antica Formula con soda e bergamotto

Riso con riduzione di Antica Formula e briciole di pane secco accompagnato da Antica Formula liscio

Maialino glassato nel Brancamenta con la pera abbinato a Brancamenta diluito nel tè verde

Muffin con fondo di patata dolce viola e sorbetto al Fernet accompagnato dal Fernet in un bicchierino tiepido

Su www.italiaatavola.net sono riportate le schede prodotto dei distillati usati nel menu e le video interviste a Niccolò Branca e Davide Oldani: cerca il codice articolo B 38413.

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63marzo 2015 · Italia a Tavola

M ax Righi (nella foto) è una splendida persona molto so-lare, che ha fatto della sua

passione un lavoro. Fin da piccolo seguiva e osservava il suo babbo che collezionava bot-tiglie di vini importanti e di distillati, e a questo punto il “virus” era così entrato nel Dna. Diventato maggiorenne, trova lavoro presso un istituto di credito, e circa 25 anni fa viene inviato in Scozia per imparare e perfezionare la lingua. Qui passa il tempo tra whisky bar e distillerie, dove impara a conoscere meglio questo distillato di cereali e soprattutto inizia a capirne e distinguerne la vera qualità.

Tornato in Italia, avvia un piccolo com-mercio di vecchie bottiglie di whisky per la sfera dei collezionisti, che col passare del tempo diventa un negozio, e crea anche il suo personale brand denominato Whisky Antique. L’attività cresce, e Max dapprima lascia il suo impiego in banca per seguire a tempo pieno la sua passione, che lo porta successivamente ad acquisire i famosi mar-chi Sestante Collection e Silver Seal. Que-

sto salto di qualità gli permette di aprire a Formigine (Mo) il suo negozio con annesso magazzino dove vengono stoccate rare e preziose bottiglie di whisky e anche di rum. I distillati vengono selezionati personal-mente da Max in Scozia, assaggiando barile dopo barile, e solo quelli ritenuti di un cer-to livello vengono acquistati ed imbottiglia-ti con le sue etichette molto colorate e sem-pre stupende.

Entrambe le tipologie di distillato ven-gono imbottigliate lasciando il grado natu-rale, perché la filosofia di Max è molto pre-cisa. Oggi purtroppo la forte richiesta di distillati da parte degli appassionati dei Pa-esi asiatici da una parte ha fatto salire i prez-zi e dall’altra ha fatto calare la disponibilità di prodotto per il mercato europeo. Questo problema crea non poche preoccupazioni per chi, come Righi, è costantemente alla ricerca di barili che riescano ancora ad emo-zionare lui e di conseguenza i suoi clienti. Esiste una classifica che indica il livello qua-litativo dei distillati selezionati ed imbotti-gliati da commercianti europei che come

Max selezionano e ven-dono con il proprio marchio, e Silver Seal Whisky Antique rag-giunge sempre i massimi punteggi, sinonimo di grande garanzia e serie-tà. Da pochi giorni ha inaugurato nel cen-tro di Roma una prestigiosa ed elegante enoteca (dedicata prevalentemente ai distil-lati) dove è possibile anche degustare i pro-dotti esposti in vendita.

È fatica stilare una gamma costante di rum dal suo portafoglio, perché a volte im-bottiglia anche solo un raro barile molto invecchiato e in poche settimane diventa subito “sold out”. Ora dovrebbe avere il Tri-nidad 23 anni, il Barbancourt di Haiti e un Barbados della distilleria Foursquare mille-simati 2004 invecchiati 10 anni, il Deme-rara del 1975, un Dennery da Santa Lucia, il Caroni del 1997 (distilleria chiusa nel 2000), un Jamaica della distilleria Ham-pden del 1993 con 20 anni di invecchia-mento. B cod 38583

Dalla passione di Max Righiwhisky e rum “targati” Italia

È TEMPO DI RUM

di Davide Staffa

Quella di Righi è una passione per i distillati che arriva da lontano, nata da un viaggio in Scozia. Oggi possiede il suo personale brand denominato Whisky Antique e ha aperto nel centro di Roma un’elegante enoteca

Distillati

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Bevande · xxx

Italia a Tavola · marzo 2015

Una grappa e due vinidi Colline San Biagiopremiati al Cwsa Best Value

Grande soddisfazione per Colline San Biagio all’ultima edizione di “China wine & spirits awards - Best value”. La Grappa Riserva Carmignano ha ottenuto infatti la doppia medaglia d’oro e il titolo di “Acquavite dell’anno”, mentre i vini Sancti Blasii e Donna Mingarda hanno ricevuto rispettivamente la doppia medaglia d’oro e la medaglia d’argento.L’azienda Colline San Biagio, situata nel cuore della campagna toscana a Carmignano, produce tre tipologie di vino: un Carmignano Docg denominato “Sancti Blasii”, un Sangiovese Igt denominato “Donna Mingarda” e un Merlot Igt Toscana denominato “14/sei”, di prossima uscita. I vini Colline San Biagio, oltre al Cwsa di Hong Kong, hanno avuto riconoscimenti sia in ambito italiano che internazionale, come le “Tre Stelle Blu” di Veronelli, la menzione speciale alla 9ª Selezione dei vini di Toscana, e menzioni in diverse guide enologiche di vini di alto pregio. L’azienda produce inoltre due tipologie di grappa ottenute dalla sapiente distillazione con impianto artigianale di sole vinacce freschissime, distillate entro 24 ore dalla svinatura: la Grappa Riserva Carmignano e la Grappa Gran Riserva Carmignano 15 anni, di prossima uscita. L’oliveto aziendale, situato a 260 m di altezza, produce un eccellente Olio extravergine d’oliva Igp Toscano, premiato con l’inserimento in prestigiose guide di settore e vincitore del premio internazionale Avpa di Parigi. B cod 38667

Acquavite dell’anno CWSA 2015

Grappa Riserva di Carmignano

Materia prima: vinacce di uve atte a divenire Carmignano DocgDistillazione: vinacce distillate entro 24 ore dalla svinatura con impianto artigianalein alambicchi di rame con metodo discontinuoInvecchiamento: oltre 18 mesi in barrique di rovere franceseGradazione alcolica: 42% VolValutazione visiva: caldo color oroValutazione olfattiva: conquista per la sua complessità e l’ampia gamma di sensazioni che suscita in chi la degustaValutazione gustativa: suadente, morbida, equilibrata al palato con una sorprendentepersistenza aromatica Sentori particolari: profumo di mandorle e frutta secca, confettura e spezie

Con un totale di 145 medaglie le eccellenze italiane si sono distin-te al concorso internazionale di

vini e distillati “China wine & spirits awards - Best value”, il più grande e prestigioso concorso di vini e distillati che si svolge in Cina. L’Italia ha ricevuto 62 “doppia meda-glia d’oro”, 46 medaglie d’oro, 22 medaglie d’argento, 15 medaglie di bronzo e 4 trofei. Il trofeo di Vino italiano dell’anno è andato all’Amarone della Valpolicella Doc Riserva 2009 dell’Azienda agricola Monte Zovo; il Vino veneto dell’anno è l’Amarone della Valpolicella 2009 della cantina Giovanni Ederle; il Vino piemontese dell’anno è il Barolo Vigna Broglio 2005 di Palladino; e infine l’Acquavite dell’anno è la Grappa Ri-serva di Carmignano di Colline San Biagio.

Tra le aziende che hanno ricevuto il maggior numero di medaglie, in testa c’è Marco Maci di Cellino San Marco (Br), con ben 11 medaglie di cui 8 doppia meda-glia d’oro, 1 medaglia d’oro e 2 d’argento. Per l’elenco completo delle etichette italia-ne premiate vai su www.italiaatavola.net e cerca il codice articolo B 38326.

China wine & spirits awards145 medaglie all’Italia

Colline San Biagio via San Biagio 6/8, 59015 Carmignano (PO)

Tel 055 8717143www.collinesanbiagio.it

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65marzo 2015 · Italia a Tavola

Distillati

di Clara Mennella

La bellissima vista sul monte Rosa che si gode dal luminoso ufficio all’ultimo piano del Kennedy Buil-

ding richiama subito il famoso claim dell’ac-qua minerale che sgorga “Là dove volano le aquile”. Il trasloco è recente e, rispetto agli uffici precedenti, in posizione più centrale ma più problematica da raggiungere, la nuo-va location ha ora una posizione più strate-gica, all’uscita da autostrade e tangenziali e vicina all’area del Portello che negli ultimi

anni sta vivendo una rinascita e una rivaluta-zione che è seconda, a Milano, solo alla zona Garibaldi-skyline.

Carlo Pessina (nella foto), ammini-stratore delegato e terza generazione del Gruppo Norda, racconta con generosità di informazioni la storia, le ultime conquiste, i progetti e gli obiettivi di un’azienda in mo-vimento perenne e che non si “siede” sui brillanti risultati del 2014 che, in controten-denza, hanno visto una crescita dei volumi produttivi che per Norda è stata del 14%, mentre del 6% per Gaudianello.

Oltre a questi due brand, la new entry, con un contratto in via di definizione, è Sangemini, acqua con una storia fra le più antiche e prestigiose d’Europa nel settore del termalismo e dell’imbottigliamento. Una acquisizione che ha comportato uno sforzo notevole per mantenere il posto di lavoro a quasi 100 persone (adesso l’intero gruppo raggiunge quota 500) e comporterà ulterio-re impegno per rimettere in carreggiata tutto l’impianto commerciale e distributivo. Ma l’impero idrico Norda, che è il settimo per posizionamento nella Gdo mentre nell’Ho-reca è secondo solo a Nestlè-San Pellegrino, riesce a pensare in maniera lungimirante ed

è convinto delle potenzialità e della forza in-site nel marchio Sangemini.

D’altronde la storia del gruppo è costel-lata di intuizioni: primi (nel 1993) ad im-bottigliare per conto terzi con l’acqua Alisea e in testa nel private label della Gdo con le acque di Coop, Esselunga, Auchan e Conad, inoltre nel 2006 approcciano il mercato del-la ristorazione con una serie di bottiglie in vetro dal design elegante ed inaugurano un filone che è attualmente in crescita.

I numeri della produzione di minerali contano oggi 7 siti, 22 sorgenti e 25 linee di imbottigliamento e non bisogna dimentica-re l’assortimento di bevande a base di acqua Norda, dalle storiche gassose, aranciate, chi-notti, ecc., alle nuove tisane in partnership con Pompadour e ai tè freddi Twinings in bottiglia. Lanciando uno sguardo agli obiet-tivi per i prossimi due anni, Carlo Pessima auspica il raggiungimento del miliardo di bottiglie di acqua prodotte (attualmente la quota viaggia intorno agli 800 milioni).B cod 38478

Carlo Pessina

Nuovi uffici a MilanoNel 2014 produzione in crescita del 14%

Nordavia Provinciale 1 - 23819 Primaluna (Lc)Tel 0341 916111 - www.norda.it

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66 Italia a Tavola · marzo 2015

di Alberto Lupini

Il cibo e l’enogastronomia in generale stanno finalmente diventando quel “bene” nazionale per il quale da tem-

po sollecitiamo più attenzione e tutela? A parte l’Expo che sta forse creando attese eccessive (soprattutto da parte di quei pro-duttori che si illudono di andare ad una fiera commerciale), non c’è discussione, confronto o intervento pubblico in cui non ci sia un richiamo al tema della tavola.

Bene, diranno in molti, chiedendosi magari di cosa ci potremmo lamentare a questo punto. Eppure, come sempre suc-cede in Italia, quando scatta una moda (e la Cucina lo è diventata, complici le trop-pe comparsate in tv...), c’è chi esagera. E fra chi non perde mai occasione di volere essere davanti a tutti ci sono ovviamente politici e rappresentanti di associazioni che improvvisamente si ergono a supre-mi garanti di ricette, tradizioni o qualità

dei prodotti. Questa sorta di gara a chi è più “gastronomicamente corretto” ha portato a contestare nel giro di poche ore l’uno dall’altro 3 noti cuochi italiani per aver espresso in tv o sui giornali opinioni sull’opportunità di usare o meno alcuni ingredienti, o per aver variato gli ingre-dienti di qualche ricetta canonica. Si trat-ta di casi assai diversi, che accomuniamo solo perché stavolta hanno richiamato l’attenzione dei media (fra cui anche Ita-lia a Tavola), mentre fino a pochi giorni fa sarebbero stati tranquillamente ignorati dai più.

Al di là dei casi specifici, ed escludendo di voler fare i difensori d’ufficio di cuochi stellati che sanno benissimo come rispon-dere a contestazioni ridicole, vorremmo invitare i politici ad occuparsi meglio della promozione della filiera agroalimentare italiana, evitando di cercare notorietà con-testando proprio gli unici professionisti (i cuochi) che da sempre sono in prima fila

La difesa dell’enogastronomianon può prescindere dalla libertà dei cuochi

La gara a chi è più “gastronomicamente corretto” ha portato a contestare nel giro di poche ore 3 noti cuochi italiani. Invitiamo i politici ad occuparsi, piuttosto, della promozione della filiera agroalimentare italiana

Professioni · Cuochi

Ilario Vinciguerra Davide Oldani Carlo Cracco

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67marzo 2015 · Italia a Tavola

Cuochi · Professioni

per difendere la qualità e la Cucina italia-na.

E senza equivoci vogliamo dire all’as-sessore regionale della Puglia, Fabrizio Nardoni, e a tutti quelli che lo volessero imitare che Ilario Vinciguerra, e qualun-que altro cuoco, non solo ha il diritto, ma ha anzi il dovere di indicare che tipologia di olio secondo lui è meglio usare in una ricetta. Se non fosse così, vista la ricchezza delle varietà di olio italiane, avremmo solo un’omologazione o gusti standard come la maggior parte degli oli spagnoli. Certo un cuoco non deve denigrare un prodotto, ma può e deve spiegarne l’utilizzo miglio-re.

Ugualmente si può dire della ricetta, nemmeno poi tanto personale, che Da-vide Oldani propone per un pesto nel 2015 e non nel 1915. Aggiungere un po’ di burro è un’eresia se si parla della ricetta “storica” e codificata. Ma se non si potesse fare pesto in altri modi dovrebbero essere messe all’indice tutte le confezioni di pesto in barattolo o censurati 98 menu su 100. La bellezza della Cucina italiana, e la bra-vura di tanti nostri cuochi, sta anche nella capacità di innovare senza stravolgere.

L’ultimo caso è quello di Carlo Crac-co. Qui lo stellato milanese paga un po’ il prezzo della sua immagine televisiva di giudice inflessibile e arrogante. E a qual-cuno non è parso vero di bacchettarlo per l’indicazione di usare aglio in camicia nell’Amatriciana. Il cuoco, dopo la duris-sima contestazione del Comune di Ama-trice, ha poi parlato di uno scherzo ed ha chiesto scusa. Ma in fondo sarebbe bastato dire che si trattava di un suo segreto per la riuscita del piatto...

La Cucina italiana è ritenuta oggi la più ricca e interessante al mondo per la sua varietà e la capacità dei nostri cuochi di va-lorizzare i mille prodotti tipici che variano di valle in valle, sostenuti da mille varianti delle stesse ricette. Se dovessimo ancorarci solo a schemi canonici saremmo ingessati e senza futuro. Un po’ come troppi nostri politici. B cod 38238

Le ultime news dal mondo della ristorazione ci parlano di chef fa-mosi alle prese con cambiamenti

“epocali”: il pesto col burro, l’amatriciana con l’aglio, avremo poi la carbonara con i wurstel e altro ancora... Tutti i grandi gourmet, critici, associazioni e confrater-nite hanno levato gli scudi per combatte-re i sacrileghi e i califfi delle cucine famo-se.

Non voglio certo criticare nessuno, ho già avuto il mio martirio, ma se si dice da anni che la cucina è sperimentazione non vedo perché uno chef, purché bravo e ca-pace, non possa fare le sue “versioni” nel cucinare piatti anche della tradizione. Del resto, abbiamo mangiato il risotto alla milanese con la foglia dorata... penso che un po’ di burro nel pesto ci possa anche stare!

Abbiamo accettato la cucina moleco-lare e i sifoni, abbiamo mangiato la pasta e fagioli fatta di spume assemblate che nel palato dovevano ricostruire lo stesso gusto di quella della nonna; poi però lo stesso chef che l’aveva pensata e sifonata, nelle interviste ai giornali di settore diceva che la pasta e fagioli della nonna che mangia-

va da bambino era inarri-vabile. Vacci a capire qualche cosa...

Certo posso dire che molti chef, meno cono-sciuti, a volte rosicano quando quelli famosi escono sui giornali. Il rosicare è un senti-mento tipico di chi lavora nella ristorazio-ne. Mi consolo pensando che un ristoran-te americano, il Mary’s Gourmet Diner, nel North Carolina, pratica il 15% di sconto ai clienti che pregano a tavola pri-ma di mangiare; penso che fra le centinaia di format ristorativi, farebbe bene un po’ a tutti tornare a pensare un po’ al Divino per tornare a una cucina intima, vera, non chiassosa, che magari ci avvicini un po’ di più ai clienti come persone, alla ricerca del buono da trovare nel prodotto e in chi lo fa.

Magari possiamo rosicare meno e pre-gare di più: affronteremo meglio i “taglia-gole” delle cucine e quelli dei mass media di settore. Le vie del Signore sono infini-te, quelle della cucina non lo so... ma so che al momento sono tante, così tante che a volte non si capisca nulla. B 38502

GASTROSOFIA

Le vie della cucina sono (in)finite

di Guerrino di Benedetto

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68 Italia a Tavola · marzo 2015

Professioni · Cuochi

L’undicesima edizione di Identità Golose ha preso vita nel segno dell’accoglienza, sia per quanto

riguarda l’area espositiva che per i contenu-ti. Nuovo è il tema, di chiara attualità: “Una sana intelligenza”, declinando il cre-scente bisogno di cucina buona, sana e so-stenibile nella prospettiva di Expo. Tre gior-ni, 9 sezioni, 100 chef, 150 appuntamenti: questi i numeri di Identità Golose 2015.

All’esordio molte sezioni (Identità Estreme, Identità Piccanti, Identità di Montagna), in cui si è espresso il piacere di scoprire e studiare le nuove dinamiche della cucina. Spazio più che mai alla cucina natu-rale, non solo sinonimo di cultura vegeta-riana e vegana, ma opportunità di coniuga-re sempre più gusto e comportamenti eco-sostenibili. Non si è però rinunciato al pia-cere di essere onnivori: basti pensare al piatto simbolo di quest’anno, la Triglia alla livornese di Massimo Bottura. Riconfer-mata l’attenzione al mondo dei lievitati con Identità di Pane e Pizza. L’associazione Noi di Sala e Alma, Scuola internazionale di cu-

cina italiana, hanno presentato “Il cliente non è servito”, spettacolo teatrale con l’o-biettivo di ritornare con ironia su un tema caro a Identità Golose, la valorizza-zione di una professionalità intorno alla quale gravita buona parte del successo di un ristorante.

Tra i premi consegnati durante il con-gresso, Davide Scabin è stato eletto Cuoco dell’anno Giv (Gruppo italiano vini); En-rico Panero è stato premiato dal Consorzio Grana Padano per il Piatto dell’anno grazie al sorprendente “Cannolo di cous cous”; a Pietro Leemann il premio Identità Natu-rali; al canadese Daniel Burns il premio Birra in cucina; a Norbert Niederkofler il premio Tipicità italiana in cucina; pre-mio Identità di Sala a Will Guidara; Giovane dell’anno è Oliver Piras; a Pino Cuttaia il premio Creatività in cucina; Moreno Cedroni è l’Artigiano del Gu-sto; a Caterina Ceraudo il premio Identità Donna. Paolo Griffa si è ag-giudicato la finale italiana del S.Pellegrino Young Chef 2015. B cod 38158

Cucina e salute a Identità Golose

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69marzo 2015 · Italia a Tavola

Cuochi · Professioni

Difficile rendere a parole l’e-nergia che sprigiona Felice Lo Basso (nella foto), “Felix”,

mentre è in piena fase lavorativa-creativa. Saldamente al comando della brigata, la dirige con fermezza e precisione ma senza supponenza né arroganza, impartisce le mansioni con voce sicura ma con rispetto e, a giudicare da come marcia il lavoro, in maniera efficace. La cucina è quella di Uni-co Milano, il ristorante al ventesimo piano della Wjc Tower e stella Michelin più alta in Europa, dove Felix è approdato lo scorso anno “piazzandosi” in posizione privilegia-ta su Expo 2015 ma con la ferma intenzio-ne di non essere solo uno spettatore, bensì uno dei riferimenti della ristorazione mila-nese dei prossimi anni.

Lo Basso, pugliese di Molfetta (Ba), è poco più che quarantenne ma padroneggia alla perfezione le tecniche, le materie prime e il capitale umano grazie ad una vita de-dicata alla professione, spesa un po’ in giro per la penisola ma in particolare in tutti i locali che contano dell’Emilia Romagna e con una lunga permanenza all’Alpenroyale a Selva di Val Gardena dove nel 2011 ha acceso una luminosissima Stella Michelin. Nella sua cucina pochi fantasmi, arie, fumi ma molta concretezza. Le nuove strumen-tazioni e tecnologie sono il mezzo e non il “fine” delle sue creazioni che sono pregne di sapori veri e, anche quando sperimenta-no un abbinamento audace, non perdono mai il filo della riconoscibilità e dell’equili-brio. B cod 38490

SOTTO LA TOQUE: LEADER, RIGOROSO, ESPLOSIVO

di Clara Mennella

Abbiamo sollevato il cappello a Felice Lo Basso

Da bambino cosa sognavi di diventare?

Il primo sapore che ti ricordi.

Qual è il senso più importante?

Il piatto più difficile che tu abbia mai realizzato.

Come hai speso il primo stipendio?

Quali sono i tre piatti che nella vita non si può assolutamente fare a meno di provare?

Cosa non manca mai nel frigo di casa tua?

Qual è il tuo cibo consolatorio?

Che rapporto hai con le tecnologie?

All’Inferno ti obbligano a mangiare sempre un piatto: quale?

Chi inviteresti alla cena dei tuoi sogni?

Quale quadro o artista rappresenta meglio la tua cucina?

Se la tua cucina fosse una canzone quale sarebbe?

Avevo già 6 anni quando dicevo a miei che volevo fare il cuoco...

Quello dei frutti di mare che la domenica sulla tavola della mia famiglia non mancava mai

L’ambizione e la cura del dettaglio.

Un piatto con i gamberi di fiume che trovo anche gustosi ma che non mi piace pulire.

Una cena nel ristorante più esclusivo per vedere cosa voleva dire far parte di quel mondo ancora lontano da me.

I ricci di mare, il foie gras e il pane di Altamura.

Il latte perché mia figlia ne beve a volontà.

La Nutella.

Le uso ma non eccessivamente, anche se ci aiutano tanto.

Bè se davvero andassi all’inferno allora posso dirlo... i datteri di mare anche se vietati!

Samuele e Melissa che sono i miei figli.

La primavera di Botticelli.

Felicità.

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70 Italia a Tavola · marzo 2015

Professioni · Cuochi

Home restaurant. Da più parti, soprattutto sui social network, su tutta la rete e su quotidiani

si inneggia a questa nuova formula com-merciale, nata negli Stati Uniti, che ora sembra voglia imporsi anche nel nostro Paese. Di cosa si tratta?

Di ospitare in casa propria, cucinando a proprio piacimento per clienti o simili, naturalmente facendoli pagare. Detto così l’idea fa rabbrividire i tanti ristoratori o i pubblici esercizi, che tutti i giorni, deb-bono combattere e sopravvivere dinanzi a burocrazia, norme e costi per gestire un ristorante vero. Le famiglie o i singoli che ospiteranno in casa i clienti, a quale cate-

goria commerciale saranno assoggettati? A quali norme sanitarie dovranno risponde-re? E tenendo conto che la “massaia” dovrà necessariamente fare la spesa al super, la tracciabilità o il controllo degli ingredienti, come saranno regolamentati? Molte do-mande e nessuna risposta. Tutto ciò che ar-riva, in questo caso, dagli Usa è visto come un’opportunità di lavoro, peccato che que-sto vale, appunto, a casa degli americani con regole proprie. Prendiamo l’esempio

dello stipendio. Fino ad ora, il personale di un ristorante, viene pagato con la “man-cia”, impropriamente chiamata così da noi europei, perché in realtà si tratta della parte più importante dello stipendio dei collabo-ratori, una cifra che normalmente è il 15% del servizio acquistato dal cliente. Natural-mente in questo misto tra fisso e “mance” sono compresi anche la 13ª, la 14ª e il Tfr.

La realtà è che il costo del collaboratore è in minima parte dell’azienda, ma la fetta più grossa è stata trasferita al cliente attra-verso le regole del “tip”. Già, nel nostro Pa-ese il costo del lavoro, raffrontato agli Usa, è veramente proibitivo. Ma la realtà ame-ricana è diversa. Importare nuovi servizi commerciali, come gli Home restaurant, vale il gioco con le loro regole.

Negli Usa si mangia a tutte le ore, i collaboratori sono decine anche per piccoli ristoranti. Inoltre le norme sanitarie lì sono molte severe. Da noi, con la crisi del lavo-ro, l’idea che si possa invitare gente estra-

nea in casa propria, facendola naturalmen-te pagare, ha scatenato la fantasia di tanti, ma proprio tanti. È la guerra ormai in atto da molto tempo: i bed&breakfast contro gli alberghi; gli agriturismi, i circoli, le feste di piazza o di stagione contro i ristoranti; Uber contro i tassisti con tanto di licenza; e i blogger contro i giornalisti, con tanto di tesserino dell’Albo.

Nel nostro Paese, per aprire un risto-rante devi sottostare e applicare una serie infinita di norme. In questo quadro, sicu-ramente non bello e piacevole, l’idea che casa propria possa diventare un piccolo ristorante, un “Home restaurant”, è ve-ramente interessante. Ma noi ristoratori italiani cosa dovremmo fare? Chiudere le nostre attività, chiedere una trasformazio-ne d’uso dei nostri locali, trasformarli in appartamenti, così da diventare anche noi Home restaurant? Questo è il quadro che si sta delineando, nel silenzio delle istitu-zioni. B cod 38145

L’home restaurant batte i cuochi veriConcorrenza spietata in tempo di crisi

di Matteo Scibilia

La tendenza di trasformare la propria casa in un ristorante sta incuriosendo anche gli italiani, ma se questo nuovo sistema avrà

successo cosa ne sarà dei ristoratori, già piegati

da pesanti costi?

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71marzo 2015 · Italia a Tavola

La primavera è la porta del rinnovamento stagionale, le giornate si allungano, e la festa del mandorlo in fiore a febbraio in Sicilia, di fatto ha già anticipato la rinascita

della vita. I profumi nell’aria cambiano, e respirando a pieni pol-moni, ci rendiamo conto solo ad un tratto, di quanta energia e quale fatica porta con se questa rinascita.

É impossibile non collegare la primavera al grembo materno, alla femminilità espressa dalle donne nel cullare il proprio figlio, alla tenerezza del proteggerlo, dell’accudirlo e amarlo. Ma noi donne non siamo solo il rinnovamento, noi siamo le conquiste sociali, politiche ed economiche, e purtroppo siamo ancora l’og-getto primario di violenze e discriminazioni sociali. Noi donne siamo state la forza che ricostruisce un intero Paese, dalle fabbriche e dai campi, siamo cuoche e pasticcere, infermiere, manager, dot-toresse o badanti che combattono quotidianamente per aver rico-nosciuto un ruolo che ci spetta per merito e per diritto.

Impossibile dimenticare e altresì é saggio ricordare alle più gio-vani di noi perché l’otto marzo é diventato la nostra ricorrenza per eccellenza; facendo ciò il nostro pensiero va alle 129 donne, ope-raie, che nel 1909 morirono a causa di un incendio in una fabbri-ca di New York che produceva camicie, mentre protestavano per le condizioni indegne di lavoro a cui erano sottoposte e per un salario giusto e degno di questo nome.

La mimosa é associata a questa ricorrenza. Ce le donano i no-stri mariti, fidanzati, amanti, figli, colleghi. Ma in realtà il vero regalo per noi donne credo sia il rispetto di ciò che siamo. Quindi insieme alle mimose, o a un dolce, sarebbe opportuno portare in dono il riconoscimento di questo valore, imprescindibile se vorre-te amarci. B 38578

PASSIONE DOLCE

La primavera è... donna!E in tavola si serve la Mimosa di Monica Paviera

Bertoglio

Piccole torte mimosa all’arancia

Ingredienti Per la crema pasticcera: 60 g amido di mais, 20 g di farina 00, 1 litro di latte intero, 300 g di tuorlo, 300 g zucchero semolato, zest di due arance biologiche.Per la panna montata: 400 g di panna da montare ben fredda, 100 g di zucchero a velo.Per il pan di spagna (per una tortiera da 24 cm): 80 g di Farina 00, 6 uova, 160 g di zucchero semolato, un pizzico di sale, 80 g di amido di riso, zest 1 arancia, 1 pizzico di sale.Per la bagna: 50 ml di liquore all’arancia, 150 ml di acqua, 2 cucchiai di zucchero.

PreparazionePrepariamo la crema pasticcera montando i rossi con lo zucchero amido e farina. Mettiamo il latte sul fuoco con lo zest di arancia. A bollore versiamoci il composto spumoso. Poi sbattiamo energicamente con una frusta. Spegniamo e facciamo raffreddare in frigorifero. Prepariamo il pan di spagna montando le uova con un pizzico di sale. Versiamo gli amidi e la farina setacciati, mescoliamo e versiamo nello stampo. Inforniamo a 180 gradi. Prepariamo la bagna mischiando l’acqua con lo zucchero, e a bollore versiamo il liquore all’arancia. Montiamo la panna fredda e lo zucchero a velo. Tagliamo il pan di spagna in dischi. Un disco tagliamolo a quadratini, Inumidiamo gli altri due con la bagna. Ora spalmiamo uno strato di panna, e uno di crema pasticcera. Adesso possiamo ricoprire la torta con i dadini precedentemente tagliati. Spolveriamo con zucchero a velo e guarniamo con lamponi freschi riempiti di crema o panna.

Cuochi · Professioni

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72 Italia a Tavola · marzo 2015

Professioni · Cuochi

Pur in tempi di crisi, la 35ª edi-zione di Tirreno CT, la fiera di riferimento del settore ospitalità,

è riuscita a riconfermarsi nei numeri. Il bi-lancio finale conta oltre 50mila visitatori da tutta Italia, +10% rispetto allo scorso anno. «Un successo che era già cominciato con il numero di espositori, cresciuto del 9% per questa edizione - spiegano Paolo Caldana e Sergio Dati, gli organizzatori della mani-festazione - a riprova del fatto che questo settore sa innovarsi, vuole rispondere alla crisi in maniera costruttiva e che le aziende continuano a investire per il futuro dell’e-conomia del nostro Paese».

Dal pane alla pizza, ai prodotti lavorati e semilavorati per la cucina, oltre alle forni-

ture per la ristorazione. Un’intera area dedi-cata alla caffetteria, uno dei prodotti made in Italy più esportati, insieme alle ultime novità nel settore delle macchine da caffè, perché il nostro Paese è anche leader in tecnologia. Quanto al successo della mani-festazione, a parlare sono prima di tutto le presenze: oltre 50mila visitatori che hanno assistito ad esibizioni, degustazioni, forum, che hanno visitato gli stand delle oltre 330 aziende espositrici provenienti da 14 regio-ni d’Italia, più 10 espositori dall’estero.

Per quanto riguarda la provenienza degli espositori, il primo posto è occupato dalla Toscana, con il 26,6% del totale, se-guita dalla Lombardia con l’8,6%, dall’E-milia Romagna con il 7%, e poi il Veneto che ha contribuito con il 6% e la Liguria con il 5%. Le province presenti in Fiera sono state 51. Come numero di espositori, il primo posto spetta, come prevedibile, alla provincia di Massa Carrara, che ha portato a Tirreno CT il 7% delle aziende. Seconda Lucca, con il 6%. A seguire La Spezia, con il 3,6% di partecipanti, e a sorpresa la vene-ta Treviso, con il 3,3%. Segue Milano, con

il 2,6%, e a pari merito Rimini e Reggio Emilia, con l’1,7%.

Più di 600 i marchi commerciali rap-presentati, su una estensione che supera i 30mila mq. Una mostra-convegno dedica-ta alle attrezzature e forniture per gli ope-ratori della ristorazione e strutture ricetti-ve. Si sono susseguiti decine di seminari, dimostrazioni, forum e tavole rotonde. E soprattutto molti concorsi professionali di livello nazionale e internazionale. Ogni categoria presente ha sfruttato l’importante vetrina di Tirreno CT per presentare le pro-prie eccellenze e per dare lustro alle proprie punte di diamante con esibizioni e compe-tizioni. B cod 38407

TIRRENO CT Oltre 50mila visitatoriCrescono gli espositori: +9%

A Carrara Fiere grande affluenza per la fiera

di riferimento del settore ospitalità. Decine

di convegni e seminari, centinaia

di dimostrazioni ed esibizioni

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xxx · Professioni

marzo 2015 · Italia a Tavola

Inumeri parlano di vero e proprio boom di presenze: +33% rispetto

al 2014, per un totale di 18.500 visi-tatori. Un dato che decreta il successo della 3ª edizione di “Cucinare”, Salone dell’enogastronomia e delle tecnologie per la cucina che si è tenuto alla Fiera di Pordenone a febbraio (www.cucina-re.pn). Soddisfatti anche i 150 esposi-tori di questa manifestazione, sia per la promozione nei confronti del pubblico professionale (15% del totale visitatori) sia per la vendita diretta in fiera dei loro prodotti, soprattutto agroalimentari.Punta di diamante della manifestazione è stato “Stars Cooking”, evento nell’e-vento ideato e organizzato da Fabrizio Nonis, direttore artistico del Salone, che ha portato a Pordenone cuochi di fama internazionale.

Si sono esibiti in inediti show cooking nelle arene di Cucinare: Giancarlo Per-bellini, Gennaro Esposito, Emanuele Scarello e i fratelli Pierluigi e Nicola Por-tinari de La Peca (tutti 2 stelle Michelin); Andrea Canton, Andrea Berton e Marco Carraro (1 stella Michelin); e poi Fran-cesco Montano, Ezio Marinato, Renato Bosco, Luca Montersino, Terry Giaco-mello, Tomaž Kavcic, Chef Rubio (alias Gabriele Rubini) e Alessandro Breda.Complessivamente a Cucinare sono state più di 130 le iniziative che hanno coin-volto il pubblico tra corsi di cucina, de-gustazioni e dimostrazioni. Con questo successo Cucinare si propone come la manifestazione fieristica di riferimento nel Nordest per il settore dell’enogastro-nomia e delle tecnologie per la cucina. B cod 38322

Quest’anno la Scuola di Arte Cu-linaria Cordon Bleu di Firenze

compie 30 anni di attività e vanta di es-sere la più antica scuola di cucina in To-scana. È capitanata da sempre da Cristina Blasi e Gabriella Mari. Entrambe sono insegnanti diplomate alla Scuola Cordon Bleu di Roma, membri della Comman-derie des Cordons Bleus de France, som-melier, assaggiatrici di olio extravergine di oliva e molto altro.Per festeggiare in grande questo speciale compleanno c’è stato un cambio di lo-cation, da via di Mezzo a via Giusti, in Palazzo Panciatichi Ximenex, ben 450 mq di scuola all’interno di uno splendido palazzo fiorentino del ‘500. Per scoprire tutti i dettagli e per vedere le video-in-terviste, vai su www.italiaatavola.net e inserisci il codice articolo B 38362.

NUOVA SEDE E 30 ANNI DI LAVOROPER LA SCUOLA CORDON BLEU DI FIRENZE

RECORD DI PRESENZE A “CUCINARE”TANTI CHEF STELLATI E INEDITI SHOW COOKING

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74 Italia a Tavola · marzo 2015

Professioni · Cuochi

Grandi numeri: 3.045 espositori e marchi di cui un centi-naio italiani, 190mila professionisti di cui 25.450 inter-nazionali (+9% rispetto al 2013), 19.715 chef, 725 in-

novazioni presentate di cui 367 in anteprima mondiale... Ha chiuso in bellezza il Sirha, il Salone mondiale della ristorazione, dell’hotelle-rie e dell’alimentazione che si è tenuto dal 24 al 28 gennaio al- l’Eurexpo di Lione, in Francia, confermano la leadership dell’evento sul mercato dell’Horeca.

Prodotti, materiali, attrezzature, servizi... Nel 2015 più che mai il Sirha ha offerto ai professionisti venuti da tutto il mondo l’oppor-tunità unica di scoprire, in un’atmosfera eccezionale, le novità e le tendenze di domani.

Tendenze e innovazioni le parole d’ordineIl Sirha 2015 si è rivelato un catalizzatore di tendenze dove si inven-ta la ristorazione di domani. Il “Food Studio” è stato teatro di crea-zioni stimolanti e innovative per illustrare le tendenze 2015 identifi-cate dal Sirha. Lo studio televisivo-sala conferenze ha trasmesso in diretta 65 interviste, tavole rotonde, dibattiti e dimostrazioni, grazie ai 180 professionisti intervenuti. “Sixième Sens Scenes de Tables” ha dato vita a 4 nuovi concept di ristorazione direttamente ispirati alle tendenze 2015. I “Grand Prix Sirha Innovation” hanno premiato 11 prodotti e materiali particolarmente innovativi tra i 259 in gara.

Concorsi d’eccezione e laboratori19 concorsi e animazioni hanno messo in luce la passione di tutti i mestieri dell’alimentazione e permesso ai professionisti di avere più di una lunghezza di vantaggio sulle future tendenze del settore. Il “Bocuse d’Or” ha rivelato il talento dei migliori giovani chef, le nuo-ve tecniche e le ultime tendenze. Ørjan Johannessen del ristorante Bekkjarvik Gjestgiveri a Austevoll, Norvegia, ha vinto il Bocuse d’Or 2015. Gli Stati Uniti sono saliti per la prima volta sul podio, al se-condo posto, grazie al Bocuse d’Argent conferito a Philip Tessier, mentre Tommy Myllymäki, Svezia, ha ottenuto il Bocuse de Bronze.

La “Coupe du Monde de la Patisserie” è oggi il punto di riferi-mento mondiale per la pasticceria. L’edizione 2015 ha visto la vitto-ria dell’Italia grazie al team di Emmanuele Forcone, Francesco Boccia e Fabrizio Donatone. È la settima volta che l’Italia sale sul podio. Il team del Giappone ha ricevuto la medaglia d’argento, men-tre gli Stati Uniti hanno conquistato il bronzo.

Buffet spettacolari e piatti di grande precisione hanno conferma-to il ruolo di leader dell’ “International Catering Cup”. Il titolo di Miglior professionista del catering al mondo è stato vinto quest’anno dalla Francia, seguita dagli Stati Uniti al secondo posto e dalla Sviz-zera al terzo.

La seconda edizione del “World Cuisine Summit” ha riunito anche quest’anno i leader del food service mondiale. I 450 parteci-panti a questa giornata hanno assistito alle presentazioni e dimostra-zioni di 35 professionisti, chef rinomati e dirigenti di spicco, sulle nuove sfide della ristorazione.

Appuntamento dal 21 al 25 gennaio 2017 per la prossima edi-zione del Sirha (www.sirha.com)! B 38202

Un Sirha 2015... eccezionale!190mila professionisti e 3mila aziende

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marzo 2015 · Italia a Tavola

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Professioni · Barman

di Carmine Lamorte

Dal mondo del vinoidee e innovazioni per il Bar

AMilano, presso il salone del ghiaccio, si è tenuto a feb-braio un interessante appuntamento internazionale ri-guardante un certo mondo del vino, quello artigianale,

dedicato oltre che agli appassionati anche ai professionisti del set-tore vino, ma sono certo, avendovi partecipato, che interessanti spunti sono emersi anche per il settore bar. Infatti, per chi avesse voluto innovare la propria lista vino o cantina al bar e distinguersi dal contesto commerciale senza per forza investire ingenti somme e scegliendo alta qualità, in questo Live Wine 2015 avrebbe potu-to trovare come accaduto a me interessanti spunti.

Live Wine è un appuntamento dedicato ai cultori e amanti della terra e del vino, dedicato ai vignaioli che direttamente colti-vano la vite e producono il vino in forma limitata e di alta qualità,

riuscendo ad offrire un prodotto ad un prezzo contenuto nel rap-porto qualità/prezzo.

Come barman, aggirandomi nel salone, ho avuto modo di incontrare e conoscere interessanti piccole realtà produttive da tut-ta Italia, a cui ho dedicato il massimo della mia attenzione, dedi-candomi poco ai produttori esteri se non per una eccezione, lo champagne.

Tra le realtà intelligenti segnalo quella di Velier, che ha svilup-pato un progetto con diversi produttori artigianali italiani e stra-nieri unendoli sotto un unico tetto con la propria distribuzione, facendo così risparmiare tempo a chi deve acquistare e cercare pro-dotti di questo genere. Mi sono concentrato sugli spumanti, oltre ai vini rossi, rosé, bianchi e passiti, e con sorpresa ho scoperto un nuovo metodo, che non ha un nome, ma che permette di produr-re spumante brut con una fermentazione partendo direttamente dal mosto, quindi né metodo Charmat né Classico. Inoltre si sta tendendo a lasciare i lieviti in bottiglia (esperimento tra l’altro già fatto dall’azienda Giorgi in Oltrepò Pavese con il suo Crudò alcu-ni anni fa).

Ecco emergere nuovi metodi quali “Pas Operè” (a dire il vero esisteva uno spumante simile chiamato Pas Dosè di Marone Cin-zano tanti anni fa, adesso non più prodotto): in pratica, nell’ope-razione di expedition, la colmatura si effettua con vino preso diret-tamente da altre bottiglie dello stesso vino spumante, senza ag-giunta di zucchero o liquori. B cod 38577

Italia a Tavola · marzo 2015

In esclusiva per Italia a Tavola presento una breve cocktail list in cui i vini (bianchi, rossi o passiti) hanno un ruolo determinante e sono pubblicate sul portale www.italiaatavola.net. Per vederle inserisci nel campo di ricerca il codice articolo B 38577.

L’utilizzo del vino nei cocktail, se parliamo di spumanti e champagne, non è cosa nuova (pensiamo a Bellini, Cocktail Champagne, Kir Royal, ecc.). Con vino bianco, rosso o passito la strada è ancora tutta da percorrere

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xxx · Professioni

marzo 2015 · Italia a Tavola

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78 Italia a Tavola · marzo 2015

Professioni · Gestione e normative

Come già ampiamente segnala-to in diversi nostri articoli, il 13 dicembre 2014 è entrato in

vigore il Regolamento Ue 1169/2011 re-lativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. Lo stesso ha susci-tato numerosi dubbi specialmente per tut-te quelle imprese facenti parte del mondo della ristorazione collettiva e commerciale. Non erano chiare quali potessero essere le metodologie comunicative da adottare per informare i consumatori sulla presenza o meno nei piatti di uno o più allergeni in-dividuati nell’Allegato II del Regolamento 1169/2011.

Viste le numerose materie prime im-piegate e la grande possibilità di avere delle contaminazioni “incrociate”, molti profes-sionisti auspicavano una possibile comuni-cazione verbale degli allergeni; altri invece erano indirizzati al “cartello unico” aspecifi-

co, indicante tutti gli allergeni presenti nella black-list. A far luce, forse, sulla questione il 16 febbraio 2015 è stata emanata una nota del ministero della Salute, che chiarisce che l’informazione deve essere scritta, ma l’o-peratore è libero di scegliere il supporto sul quale riportare le informazioni previste. La nota del Ministero riporta quanto segue.

L’obbligo di cui all’articolo 44, paragrafo 2, del Regolamento sopracitato, sarà conside-rato assolto anche nei seguenti casi:

1. L’operatore del settore alimentare si limiti ad indicare per iscritto, in maniera chiara ed in luogo ben visibile, una dicitura del tipo: “le informazioni circa la presenza di sostanze o di prodotti che provocano allergie o intolleranze sono disponibili rivolgendosi al personale in servizio”;

2. l’operatore del settore alimentare ri-porti, per iscritto, sul menu, sul registro o su apposito cartello, una dicitura del tipo: “per

qualsiasi informazione su sostanze e allergeni è possibile consultare l’apposita documenta-zione che verrà fornita, a richiesta, dal perso-nale in servizio”.

È comunque necessario che, in ciascu-na delle ipotesi sopra menzionate, le infor-mazioni dovute ai sensi del Regolamento 1169/2011 risultino da documentazione scritta, facilmente reperibile sia per gli organi di controllo sia per informare i clienti, di cui il personale avrà preventivamente preso visione e conoscenza con contestuale approvazione per iscritto. In questo modo sarà possibile salva-guardare il menu che, per quanto sia il mi-glior strumento di comunicazione, per molti deve rimanere lo strumento per invogliare il consumatore al consumo piuttosto che per in-formarlo sul consumo.

È possibile utilizzare anche un formato elettronico, come codici Qr o Applicazioni per smartphone; in questi casi comunque è ob-bligatorio avere anche della documentazione cartacea da mostrare ad eventuali richiedenti sprovvisti di apparecchi tecnologici. In tutti i casi, il personale dovrà essere debitamente preparato, formato ed informato sulle nuove prassi operative da intraprendere per rispon-dere prontamente alle nuove richieste legisla-tive.

La nota ministeriale cerca di trovare un punto d’incontro tra associazioni di consu-matori sensibili e ristoratori ed associazioni di professionisti. B cod 38500

Allergeni nel menuLa nota ministerialemette d’accordo tutti

Tel 02 39313088 - Fax 02 39314240www.giubilesiassociati.com

Per ulteriori informazioni rivolgersi a:

di Massimo Artorige GiubilesiTecnologo alimentare

di Carmine Milone Tecnologo Alimentare

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79marzo 2015 · Italia a Tavola

Gestione e normative · Professioni

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Salute

80 Italia a Tavola · marzo 2015

Verdure e frutta ricche di vita-mine, sali minerali, ma anche tante proteine, ci possono far

passare la voglia di proteine animali. Broccoli, cavoletti, cavolo nero, cavol-fiore, cavoli cappuccio, verze, cavolo rosso, ecc. Tutti ortaggi che siamo soliti bollire prima di condire ed assaporare. Ma provate a cucinarli direttamente in padella lasciandoli croccanti! In questo modo tutte le vitamine idrosolubili non se ne andranno con l’acqua di cottura, così come gli zuccheri e i sali minerali. E, cosa piuttosto importante, in questo modo le verdure racchiuderanno molto più sapore richiedendo meno condimen-ti e meno sale.

Bastano pochi minuti, oliate una padella e mettete gli ortaggi sminuzzati, aggiungete pochissima acqua calda giu-sto per non far bruciare. Al cavolo rosso aggiungete anche del succo di limone o lime, per ravvivare il colore e rafforzare di vitamina C, e un pizzico di zucchero di

canna; alla verza della salsa di soia, zen-zero fresco e miele. Poi ci sono finocchi, sedano, zucca, mele, pere, cotogne e con queste non ci fermiamo alle tante ricette seppur golose, ma vediamo questi ali-menti sotto un altro aspetto: scambiare le molecole d’acqua con quelle zuccheri-

ne per “osmosi” ed ottenere degli ottimi canditi per mostarde con un tocco per-sonale.

Cominciamo con la canditura: met-tiamo in una casseruola il vegetale taglia-to in pezzi piccoli, ricopriamo con dello zucchero semolato (anche zucchero di

Frutta e verdura da riscoprire in tavola di Milly Callegari

Pasta con topinambur, crema di yogurt, grana, pomodori secchi e nocciole

Ingredienti: pasta tipo maccheroncini o tubetti, yogurt bianco, topinambur, pomodori secchi, grana o parmigiano o lodi, nocciole, olio, sale, stracchino (le dosi spettano a voi, il bilanciare i sapori è una cosa molto soggettiva!)Preparazione: cuocere la pasta in acqua fino a 3 minuti prima del consiglio di cottura. Tritare pomodori secchi, nocciole e grana. Cuocere il topinambur tagliato a fettine con un filo d’olio e a metà cottura aggiungere dello stracchino e il trito. Infine unire la pasta, lo yogurt, aggiustare di sale e se vi aggrada aggiungere del pepe bianco. Ed ecco un piatto veloce, inusuale e ricco di benefici!

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Salute

marzo 2015 · Italia a Tavola

canna) e lasciamo marinare per una not-te intera. Si sarà formato uno sciroppo, portate a bollore per 3-4 minuti, mesco-lando. Spegnete e lasciate riposare per 5-6 ore. Ripetete queste operazioni per 3-4 volte, fino ad ottenere un prodotto traslucido ed un liquido sieroso. Impor-tante in queste operazioni non chiudere con coperchio ma lasciare sempre all’aria anche durante il riposo per permettere l’evaporazione dell’acqua in eccesso ed evitare la formazione di muffe! In que-sto modo ci sarà stato uno scambio delle molecole zucchero con quelle acqua.

Ora potete scolare il vegetale e met-terlo su una teglia lasciandolo seccare in forno a 40 gradi per alcune ore o all’aria per il tempo necessario. Mettete lo sci-roppo in un flacone che potete aroma-tizzare con essenze e spezie da aggiungere al momento ai canditi, componendo una golosa mostarda! Gustose sono le casta-gne candite ma queste dovrete avere l’ac-cortezza di scottarle e pelarle prima del

procedimento, o se non avete tempo le trovate in commercio già cotte sottovuo-to.

La stagione ci regala anche: trevigia-na, noci, nocciole che possiamo trasfor-mare in una inusuale conserva. Unite in un tegame 200 g trevigiana tagliata finemente, 2 mele a pezzetti, 2 cucchiai di rum, 100 g di zucchero semolato, il succo di mezzo limone e cuocere per circa 30 minuti. Unire noci o nocciole sminuzzate e invasare ancora bollente per accompagnare carni, formaggi ma anche burgher vegani o semplicemente pane to-stato. Con il succo di melograno faccia-mo una vinaigrette unendo olio, un poco di sale e una spolverata di pepe bianco, e la utilizziamo per condire un’insalata, un carpaccio, un formaggio!

Poi passiamo a un tubero “dimentica-to”: il topinambur, detto anche “carciofo di Gerusalemme”, “rapa tedesca” o “tar-tufo di canna”, che invece meriterebbe un posto in primo piano. Oltre a vita-

mine (A, B, H), sali minerali (magnesio, fosforo, ferro...) e aminoacidi, contiene molta acqua e una sostanza importantis-sima, l’inulina, che è un oligosaccaride formato da una lunga catena di molecole di “fruttosio”, zucchero semplice adatto anche ai diabetici.

Ha una funzione molto importante per la salute del nostro intestino: è un prebiotico, cioè è un alimento che contri-buisce ad aumentare l’effetto dei probio-tici (fermenti lattici) sulla proliferazione dei batteri intestinali “buoni”, favorendo l’eliminazione di quelli nocivi. Non ha calorie, ha un effetto saziante, aiuta la di-gestione e non forma glutine. È ottimo fritto come una patatina, unito alla frit-tata, semplicemente scottato e condito, e da provare crudo grattato e condito con un filo d’olio ed una spruzzata di succo di limone, che potenzia l’efficacia dell’i-nulina.

Altra curiosità: la buccia è ottima, non levatela! B cod 37563

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Salute

Secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, circa l’8% dei bambini e il 2% della popolazione adulta,

soffre di “reazioni avverse ad uno o più cibi” che si manifestano con sintomi ga-strointestinali: dolori addominali, crampi, diarrea, e vomito. Oggi 7 italiani su 10 non digeriscono il lattosio, mentre un italiano su cento soffre di celiachia.

Le intolleranze alimentari sono, quin-di, sempre più diffuse in Italia e sono un fenomeno in crescita in tutto il mondo.

Questi dati però, portano a chiedersi il per-ché dell’aumento di questo fenomeno. I fattori ambientali, che contribuiscono a rendere il fenomeno delle intolleranze sempre più diffuso, sono molteplici: lo svi-luppo della tecnologia agricola e industria-le, i concimi, gli ormoni e gli antibiotici con cui viene trattato il bestiame negli alle-vamenti.

I fattori sociali riguardano alcuni aspet-ti tra cui la scelta di abbreviare la durata del periodo dell’allattamento al seno materno; l’abitudine di fare uso di prodotti indu-striali, e l’introduzione di cibi esotici nell’a-

limentazione. Se questi cambiamenti am-bientali e sociali sono rapidissimi, al con-trario quelli genetici sono molto lenti. Il nostro intestino, dal punto di vista evolutivo, è un organo antico, che risale ad almeno 500 milio-ni di anni fa, e nel suo svi-l u p p o evolutivo ha creato connessioni con il resto dell’organismo che sono molto profonde e complesse.

Il mecca-nismo di produ-zione delle dife-se immunitarie, che ha ori- g i -ne nell’intestino, risente delle conseguenze di una cattiva alimentazione. I geni antichi da noi posseduti non riconoscono gli ali-menti moderni e creano le intolleranze ali-mentari.

Le intolleranze coinvolgono il sistema immunitario e sono dovute ad un sovrac-carico che deriva dall’ingestione continua di alimenti non ben metabolizzati. Quan-do veniamo a contatto con un alimento che il nostro organismo non tollera più, gradualmente le funzioni digestive vengo-no compromesse e i sintomi si possono manifestare anche alcuni giorni dopo il contatto con gli alimenti, tra le 72 e le 96 ore. Il meccanismo che scatena le intolle-

ranze va dunque ricercato in un’alterata reazione del sistema immunitario, che ri-

conosce come dannosi ed estranei alcuni alimenti. I tipi di intolle-

ranze alimentari sono molte, ma quelle più diffuse sono quella al

glutine (celia-chia), al

lattosio e al ni-c h e l .

Di fon-damen-tale im-portan-

za per una corretta dia-gnosi è l’anam-

nesi, ovvero il rac-conto fatto dalla persona interessata, in merito ai

sintomi e alle abitudini ali-mentari, così come è importante che se-gnali se comparsa dei sintomi è successiva all’ingestione di alimenti ad alto contenu-to di nichel.

In una società come la nostra, che pone sempre più attenzione alle correlazio-ni tra alimentazione e benessere, e che con-temporaneamente vede aumentare i pro-blemi legati a un apporto eccessivo e/o squilibrato di cibo, è di fondamentale im-portanza avere come obiettivo il migliora-mento della propria salute soprattutto po-nendo attenzione a ciò che mangiamo e ricordarsi sempre che come dice il titolo di una trasmissione televisiva… “La salute vien mangiando”. B 38410

Un sistema immunitario debole è causa di intolleranze alimentari

Il meccanismo che scatena le intolleranze alimentari va ricercato in un’alterata reazione

del sistema immunitario: esso riconosce come dannosi ed estranei alcuni alimenti, che compromettono la funzione digestiva

INTOLLERANZE & CO

di Tiziana Colombo

82 Italia a Tavola · marzo 2015

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Salute

83febbraio 2015 · Italia a Tavola

Il latte è un componente fondamentale della dieta dei Paesi occidentali e la sua tollerabilità da parte dei diversi indivi-

dui non è assoluta. Alcuni soggetti suscettibili dopo l’introduzione di latte, in forme diverse, lamentano la comparsa di sintomi addominali che scompaiono con l’astensione dall’assunzio-ne dell’alimento stesso. Il 70% della popolazione mondiale circa ne sarebbe interessato.

L’Italia si collocherebbe in una fascia di prevalenza compresa tra il 50% delle regioni settentrionali e il 70% della Sicilia. Fisio-logicamente l’attività dell’enzima lattasi compare intorno all’ot-tava settimana di gestazione per raggiungere il picco intorno alla 34ª settimana a cui segue il progressivo calo con una persistenza di funzione pienamente efficace solo nel 30% della popolazione mondiale. Nel corso della vita, quindi, l’individuo sarebbe de-stinato a perdere una parte di funzionalità dell’enzima lattasi in un modo direttamente influenzato dall’apporto di latticini nella dieta; più essi sono importanti nella alimentazione quotidiana e più tardi, in termini di età, e meno frequentemente, in termini di prevalenza, si manifesti il problema.

Clinicamente il sospetto di intolleranza al lattosio può essere posto in caso di presenza di uno o più dei seguenti sintomi: do-lore addominale, diarrea, nausea, flatulenza, crampi addominali, gonfiore, e stitichezza. La diagnosi di intolleranza al lattosio, si può fare sin dai primi giorni di vita, grazie alle nuove procedure diagnostiche. I vantaggi del risultato si tramutano in benefici in termini di salute da parte del paziente. B cod 38312

L’intolleranza al lattosio colpisce il 70% della popolazione mondiale

di Giuseppe Di Fede

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84 Italia a Tavola · marzo 2015

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marzo 2015 · Italia a Tavola

Immerso tra il verde dei pendii collinari e l’azzurro delle acque della Paradise Bay è caratterizzato da 10 eleganti strutture ristorative e bar sulla spiaggia o muniti di terrazza con vista panoramica

di Andrea Lupini

Gli appassionati del buon cibo troveranno nel nuovo luxury hotel del Mandarin Group la destinazione per-

fetta per degustare creazioni culinarie ecce-zionali e innovative. Sotto l’esperta gestio-ne dell’Executive Chef Fabrice Lasnon, la cucina del Mandarin Oriental Bodrum (www.mandarinoriental.com/bodrum) propone ricette raffinate e all’avanguardia.

Sofra RestaurantSituato nella struttura principale del Mandarin Oriental Bodrum e concepito

come cucina open space, il Sofra Restau-rant regala agli ospiti una piacevole atmo-sfera grazie alla spaziosa sala e alla terrazza adiacente dalla quale poter ammirare la sorprendente pineta. Oltre alle specialità gastronomiche locali, come il pane azzi-mo, i piatti vegetariani impreziositi con olio d’oliva, le deliziose carni cotte alla griglia e il pesce fresco di stagione, il risto-rante serve piatti internazionali da ac-compagnare con vini e birre locali o stra-niere.

Il Sofra Restaurant è inoltre noto per proporre agli ospiti la tradizionale cola-zione regionale composta da pane tostato fresco e pasticcini, uova da alleva-

Credit photo @Mandarin Oriental Hotel Group

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Locali

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mento, miele organico locale e marmella-ta, diverse tipologie di olive e formaggi provenienti da produttori del luogo, così come yogurt e burro fatti in casa. Ali-mento base della tradizionale colazione turca è il classico tè nero, per questo il ri-storante ne offre una preziosa selezione ricavata dalle migliori foglie dell’Asia oc-cidentale.

Il ristorante ha un’area speciale adibi-ta ai bambini concepita come una pastic-ceria e caratterizzata da un ingresso che ricorda quello tipico di una bottega, mini tavoli e stoviglie oltre che cupcake e po-pocorn per soddisfare i più golosi.

Assaggio RestaurantCaratterizzato da una luminosa sala con porte finestre che conducono all’ampia

terrazza, l’Assagio Restaurant propone squisiti piatti italiani da gustare alla vista di un panorama mozzafiato.

Il famoso chef Antonio Guida, pre-miato con 2 stelle Michelin e tre Forchet-te da Gambero Rosso, prestigiosa guida che classifica i migliori ristoranti italiani, ha creato i menu proposti dal ristorante. Il menu pranzo comprende deliziose in-salate, sandwich, risotto e pasta preparati con i più freschi prodotti stagionali.

Capesante ai semi di finocchio, purea di pesche e zenzero triturato, rombo gri-gliato con spinaci, salsa di limone e cap-peri, tagliata di manzo in salsa balsamica con scaglie di parmigiano sono soltanto alcune delle ricette presenti nel menu cena. Per concludere i pasti, la cucina of-fre inoltre una scelta di rinfrescanti des-

sert stagionali da poter accompagnare con ricercati vini italiani e internazionali.

Kurochan RestaurantIdeato dal noto chef australiano Scott Hallsworth, in passato chef presso il ri-storante Nobu di Londra e poi presso i ristoranti di proprietà Kurobota aperti a Chealsea e nell’area di Marylebone, il Kurochan porta une ventata d’aria fresca a Bodrum.

Con vista panoramica sulla principale spiaggia del resort, il Kurochan propone, dalla sua cucina a vista, piatti asiatici con-temporanei. Aperto dalle 19.00, include una serie di stuzzichini, tipo tapas, costi-tuiti però da sushi e sashimi, tempura, pesce fresco, frutti di mare insieme a una selezione di cibi grigliati con la tipica Ro-

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bata (griglia usata nella cucina del nord del Giappone) e una selezione di verdure.

Il menu, ispirato ai tradizionali Izaka-yas giapponesi, presenta antipasti compo-sti da edamame con limone, burro e sale insieme a riso croccante con granchio e salmone speziato.

Le verdure marinate con salse speciali preparate sulla tipica Robata, l’anatra frit-ta, il merluzzo nero, le capesante e il bran-zino, così come le melanzane Dengaku e i funghi Shitake, sono alcuni tra i piatti proposti insieme alle ricette firmate dallo Chef Hallsworth.

Inoltre, il classico ma allo stesso tem-po contemporaneo bar propone cocktail di vario genere, una selezione di sake giapponesi e vini e birre locali e interna-zionali.

Juju Bar @ M2Un’atmosfera suggestiva ma mai preten-ziosa è quella che si respira al Juju Bar @ M2, all’ombra di una tenda che di giorno è uno spazio rilassante e di sera si trasfor-ma in una sofisticata location musicale pronta ad ospitare DJ come Stéphane Pompougnac, DJ Maestro, Claude Chal-le e Ravin.

Il menu del Juju Bar @ M2 prevede gamberetti e tempure di granchio, pollo Kushi-Yaki con salsa barbecue giapponese e involtini maki vegetariani. B cod 38470

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Siciliano di nascita e genovese d’adozione. “Don’Cola” è lo spirito contemporaneo della tradizione siciliana, uno spa-zio che nasce dall’intraprendenza di due fratelli, Vincenzo e

Fortunato Di Marco, con un nome che è un omaggio al padre Nicola e alle radici familiari. Un progetto strutturato, con un’ambi-ziosa idea di base: selezionare e offrire le migliori produzioni sicilia-ne, mantenendo uno stretto rapporto con i produttori locali e pas-sando attraverso il consumo e la degustazione dell’eccellenza.

Sessanta metri quadri che ragionano in grande, per un’offerta modulata su tutto l’arco della giornata, scandita dalle delizie del palato e dalla convivialità della clientela affezionata. Perché la cura che Don’Cola offre ai clienti parla di passione ed entusiasmo e ono-ra, rivisitandola, una tradizione che viene richiamata anche dalle divise: con le bretelle e l’immancabile coppola siciliana.

Restyling per Don’ColaA Genova tutta la bontà della tradizione sicilianaA Genova dal 2008, il bar-gastronomia Don’Cola ha da poco deciso di rinnovarsi con un restyling affidato a Costa Group che accoglie con la freschezza dei colori e con la piacevolezza dell’atmosfera tradizionale sicula

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A Genova dal 2008, Don’Cola ha re-centemente deciso di rinnovarsi con un restyling affidato a Costa Group che acco-glie con la freschezza dei colori e con la piacevolezza dell’atmosfera tradizionale si-cula, che rivive nelle trame barocche a pa-rete, rinfrescate dal giallo sgargiante della vernice ad acqua o nei fregi del bancone, la cui austerità si lascia sdrammatizzare dalle righe a pavimento.

Il posto d’onore è naturalmente riserva-to ai prodotti, declinati in tutte le varianti possibili. Dalle conserve che affollano la pa-rete dietro il banco di vendita, ai vini esposti nelle cassette appese, ai frutti di Martorana, che da soli meritano una menzione speciale e un posto d’onore in vetrina: vere sculture del gusto tradizionale.

Dalla colazione in avanti, per tutta la giornata, va in scena un avvicendamento di colori e sapori che raccontano la storia di un’autentica cucina siciliana. Nella centralis-sima via Cesarea, è ormai usuale lo spettaco-lo di avventori in attesa di aggiudicarsi un cornetto fragrante, farcito sul momento.

Il gusto qui è sempre di scena, e la secon-da interpretazione del locale avviene all’ora di pranzo, che cambia scenario con i tavolini che raddoppiano e il banco in fondo che si riempie di pietanze cucinate la mattina, tra cui gli immancabili arancini di riso. Ci sono le ore pomeridiane della pausa caffè, dello sfizio dolce per merenda ed ecco che un al-tro cambio di scena porta verso l’aperiti-vo, con degustazione di selezioni di pro-dotti regionali, di salumi e formaggi, olive speciali, cucunci, vellutate piccanti, con-serve e sottolio, confetture, selezioni di presidi Slow Food, accompagnati da pre-giate etichette dell’isola e cocktail interna-zionali, preparati e serviti con un tocco originale. Degna di nota la cartolina che si accompagna a ogni degustazione, che loca-lizza, in una Sicilia stilizzata, le provenienze geografiche dei prodotti. B cod 38385

Don’Cola - Siciliano di nascitavia Cesarea 33R - 16121 GenovaTel 010 5955648 - www.doncola.com

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da sinistra: Roberto, Loretta e Riccardo Mancinelli

di Vincenzo D’Antonio

Villa Giovanna a OttavianoArte e tecnica per pizze senza eguali

NAPOLI EAT&DRINK

Il Vesuvio è biconico. Vesuvio propriamente detto ed il Monte Somma, sul versante settentrionale. Alle falde del Monte Somma, Ottaviano (Na). In Ottaviano, in posizio-

ne che offre panorama di forte bellezza, la pizzeria (anche risto-rante) Villa Giovanna.

Pizzeria gourmet da non perdere. Francesco Formisano, ti-tolare della pregevole struttura, saggiamente affida la conduzio-ne della pizzeria al prode Salvatore Kosta, tecnologo alimentare per professione e pizzaiolo per passione, sino ad acquisire, me-ritatissimo, il nickname di “Doctor Pizza”. Kosta coordina la valente brigata costituita dai pizzaioli Salvatore Balzano, Ales-sandro Falanga e Francesco Sorrentino.

Individuazione dei prodotti prescegliendo tra sole vere ec-cellenze, cura meticolosa e competenza alta nelle tecniche di preparazione. Attenzione massima ai lieviti ed agli impasti. Gli

impasti, appunto. Tre le tipologie: lievito madre, biga, lievito di birra. E degustando pizze che non hanno eguale, si comprende quanto, ad invarianza di fattore chiave determinato dai top-ping, abbiano la loro cruciale importanza componenti non “in vista diretta”, frutto dell’appassionato lavoro di ricerca e di ga-gliarda, quotidiana sperimentazione.

La scelta delle ottime birre palesa la sapienza del beer som-melier Gilberto Acciaio. La componente ristorante non è da meno. In cucina il bravissimo, esperto chef Attilio Di Cristo. Prezzi di encomiabile onestà. B cod 38568

Villa Giovannavia Valle Delle Delizie - 80044 Ottaviano (Na) - Tel 081 8279014Chiuso il lunedì. Servizio pizzeria solo a cena.Ristorante servizio pranzo solo sabato e domenica.Lo chef Attilio Di Cristo (secondo da sinistra) e Salvatore Kosta (al centro)

con i tre pizzaioli di brigata

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Locali

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Dormire nel letto di Dioclezianoall’Hotel Vestibul di Spalato in Croazia

Al di fuori di Roma, c’è una sola città al mondo in cui può capi-tare di dormire in un hotel rica-

vato tra le autentiche mura di un palazzo imperiale romano: è Spalato, in croato Split, uno dei gioielli turistici della costa dalmata.

Chi si reca in questa città, secondo centro della Croazia per abitanti e attivis-simo porto di collegamento con le isole adriatiche, resterà ammirato innanzitutto dal mausoleo di Diocleziano trasformato in singolare cattedrale cattolica intitolata a San Doimo e sormontata da un alto, in-confondibile campanile, dagli enormi sot-terranei del palazzo in parte ancora da sca-vare, nonché dal peristilio, piazza rettango-lare lastricata in pietra che a tutte le ore è il “salotto buono” della città. La sistema-zione più originale a Spalato è uno Small

Leading Hotel di nome “Vestibul”, risistemato nel 2005 e aperto tutto l’anno, piccolo e di proprietà familiare, con solo 7 camere tra cui una luxury suite da 45 m² sistemata dove si dice dormisse l’Imperatore.

Frequentato da tanti americani, l’hotel ha anche un piccolo ristorante di 7 tavoli che nella bella stagione ne aggiunge una decina sulla terrazza all’aperto proprio da-vanti al vestibolo del Palazzo di Dioclezia-no. Tranquillissimo, proprio in mezzo alle mura e quindi in zona pedonale, offre un servizio di valet parking per chi arriva in macchina. B cod 38302

Hotel VestibulIza Vestibula 4a - Split/Spalato (Croazia)Tel +385 21 329329www.vestibulpalace.com

Nuovissimo e centralissimo ristorante di alta cucina asia-tica e fusion, anche se è riduttivo parlare in maniera generalista di questo luogo di un’eleganza mozzafiato,

Wicky’s Wicuisine Seafood è stato voluto dal titolare a sua immagi-ne e somiglianza. Lui è Wicky Priyan (nella foto), criminologo universitario ed esperto di arti marziali, prima ancora che interpre-te di una sua visione di cucina orientale che fonde il Giappone con il Mediterraneo e il resto del mondo.

Da nove anni in Italia, si è già fatto apprezzare dai milanesi nel suo precedente locale, ma adesso Wicky ha realizzato la casa che sognava per far vivere ai suoi clienti un’esperienza a 360°. Tutto, dall’arredamento alle luci, ai colori è stato pensato da lui in prima persona e fatto costruire in esclusiva. Qui si mangerà affidandosi completamente allo chef, che deciderà cosa preparare e offrire, fatte salve solo le preferenze e le intolleranze. Oltre alla sala live, con la cucina a vista, ci sono la sala principale con menu scelto dalla carta e una sala privè per vivere la cucina in tranquillità. È possibile quin-

di tornare più volte e sperimentare un’esperienza sempre nuova. Prezzi medio-alti per qualità al top e realizzata eticamente, utiliz-zando il 90% di prodotti italiani. B cod 38487

Da Wicky’s Wicuisine Seafoodun’esperienza fusion a 360°

Wicky’s Wicusine SeafoodCorso Italia 6 - 20122 Milano - Tel 02 97376505www.wicuisin.it

MILANO EAT&DRINK

di Leonardo Felician

di Clara Mennella

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92 Italia a Tavola · marzo 2015

Il viaggio gastronomico, al nuovissi-mo “Queen Makeda Grand Pub” del

quartiere Aventino, non è solo un modo di dire, e nemmeno giusto per definirlo è il termine anglosassone che identifica il luogo della birra. Certo, a dominare è sempre questa bevanda, declinata in ben 38 tipologie tutte artigianali, ma gli abbinamenti non sono soltanto a piatti “fast”, ma a vere bontà internazionali, d’Occidente e d’Oriente.E non si mangia soltanto, ma ci si diver-te, giocando anche a biliardo o a freccet-te. Allo chef Marco Infante è affidato il compito di offrire un articolato giro del

mondo gastronomico. Dal Giappone è ar-rivato il kaiten, il nastro rotante “prendi e mangia” su cui girano le proposte in vaset-to Weck. Il locale è aperto dalle 18.00 fino alle due di notte, e l’unico appuntamento che vede Queen Makeda aperto a pranzo è il brunch di sabato e domenica, anch’esso, con formula internazionale. Al centro della sala un grande tavolo sociale ospita salsic-ce, insalate, noodles e risi, coleshaw, toast, salumi e molto altro.Sul kaiten, dove di solito scorrono le spe-cialità internazionali, durante il brunch gi-rano i dolci: muffins, brownies, cup cakes, donuts, pancakes con sciroppo d’acero. Il prezzo? 19 euro per gli adulti e 10 per i bambini. Un intero menu è dedicato alle uova, il piatto fisso dei brunch di ogni lati-tudine. Il birraio è Valerio Errico, di solida esperienza (Open Baladin e 4:20). Diver-tente per il cliente, spillarsi da solo la birra al tavolo con i contatori self service.La birra “della casa”, firmata Makeda, è realizzata da Malarazza. È un prodotto di ricerca, inusuale, dai sapori del Sud. È una bitter Ale 4,8% con aggiunta di bucce d’a-rancia e bergamotto, agrumata. (M.M.)B cod 38571

Birra Menabrea si può degustare anche negli alberghi di lusso Lebua Hotels

(www.lebua.com), il brand thailandese il cui successo è legato alla capacità di rendere memorabile il soggiorno. Lebua ha scelto infatti Birra Menabrea come unica birra di importazione. Un accordo che segna un ul-teriore sviluppo della presenza del marchio biellese sul mercato thailandese e ne con-ferma la reputazione di eccellenza italiana. «Essere stati scelti - afferma Franco Thedy, a.d. Birra Menabrea - è un importante rico-noscimento per tutte le aziende che, come noi, contribuiscono a portare la qualità del Made in Italy nel mondo». B cod 38626

MENABREA UNICA BIRRA D’IMPORTAZIONEDELLA CATENA THAILANDESE LEBUA

QUEEN MAKEDA GRAND PUB A ROMABUONA BIRRA E CUCINE DA TUTTO IL MONDO

Queen Makeda Grand Pubvia di San Saba 11 - 00153 RomaTel 06 5759608www.ilcantuccio.eu

Locali

Può una cantante mettere in cucina

gli ospiti, farli cucinare e poi mangiare tutti in-sieme? Evidentemente sì. Lo ha fatto Selene Lungarella, nella sua campagna senese, proprio da dove è partita la sua carriera da musicista. A Sinalunga, in provincia di Siena, Selene ha inaugurato da pochis-simo Il Salotto di Campagna. Proprio dalla cucina di questo casale im-merso nella campagna gli ospiti possono godere dell’angolo di casa più “intimo”: la cucina appunto. Ecco come funziona questa particolare offerta agrituristica. Chiunque lo voglia può prenotare questo angolo di casale per organizzare le pro-prie serate cucinando con tutta l’attrezza-tura a disposizione. Una volta acquistati gli ingredienti non resta che cucinarli sotto la guida delle “donne” di casa che insegneranno a realizzare le ricette della tradizione. Se poi si ha voglia solo di vive-re e godere l’atmosfera di questo angolo incantevole, la cena sarà cucinata e servi-ta dai proprietari in base alle esigenze dei commensali. B cod 38587

di Alessandro Maurilli

IL SALOTTO DI CAMPAGNA, UN CASALE INTIMODOVE GLI OSPITI FANNO LA SPESA E CUCINANO

AGRIGUSTA

Il Salotto di Campagnavia Del Progresso, Loc. Bettolle - 53048 Sinalunga (Si) - Tel 349 5209173www.ilsalottodicampagna.com

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Locali

marzo 2015 · Italia a Tavola

Difficile resistere alla passione per il mare e per i suoi frutti, unita a

quella della convivialità. Così Luigi Pette ha aperto nella Roma storica più bella, vicino a Piazza Navona e al Pantheon, “La Pallacorda” un ristorante dal design elegante e linee essenziali, sotto antiche arcate, con un menu che punta sul pesce.Non arrivano solo i blasonati branzini o spigole, ma anche il pesce sciabola, l’a-lalunga, la corvina, la leccia stellata, una via di mezzo tra ricciola e cernia dal sa-pore delicatissimo, nonché tutta la gran-de famiglia del pesce azzurro. Niente tonno rosso, per scelta etica. Si può cominciare con delle ostriche, con lo Sfizio di granciporro con salsa di rapa rossa, con la Parmigiana di sciabola al basilico, o con l’Insalata di polpo pa-tate e sedano, prima di passare alle paste. Sono tutte fatte a mano e con variazioni di classici al pesce, come gli Gnocchi alla romana di semolino in salsa di mare, i Maltagliati all’astice con pesto di basili-co, i Ravioli di spigola, i Paccheri al ragù di gallinella o i superclassici il Risotto ai frutti di mare o i partenopei Spaghetti ‘a vongole.

Molti i piatti di tradi-zione consolidata, a vol-te regionale, come i Ri-gatoni all’amatriciana, o gli Gnocchi con salsa di zucca gialla e parmi-giano. Sui secondi si può andare su Rana pescatrice con carciofi e guanciale, Polpo arrosto su asparagi, Gamberoni allo zaffe-rano con timballo di riso Basmati, Catala-na di astice. I sapori mediterranei e i profu-mi devono caratterizzare ogni piatto. Chi ama le carni può trovare qualità ottima e buoni tagli e i vegetariani scoprono pre-parazioni intriganti. Tutti i dolci, nonché pane e grissini aromatici, sono tutti fatti in casa e di giornata.La cantina non è sterminata: ma Luigi Pet-te, che è anche sommelier, sa bene quali sono le cantine di piccoli produttori da cui rifornirsi. Prezzi decisamente accettabili in relazione alla qualità e all’accoglienza: una buona esperienza può andare dai 40 ai 60 euro. B cod 38518

NON SOLO SFIZIOSITÀ A BASE DI PESCE...LA PALLACORDA DELIZIA TUTTI I PALATI

La PallacordaPiazza Cardelli 5 - 00186 RomaTel 06 6834026 www.lapallacorda.it

ROMA EAT&DRINK

di Mariella Morosi

Addetti del turismo,fateci fare una bella figura

«I nostri esercizi commerciali, bar, ristoranti, alberghi, artigiani, potranno diventare punti informativi dell’evento, impegnandosi, ad esempio, alla conoscenza di base dell’inglese, alle aperture festive, alla trasparenza dei prezzi e alla cultura della cortesia». Parole sante. Le ha pronunciate Carlo Sangalli, presidente della Camera di Commercio di Milano, firmando con il sindaco Giuliano Pisapia il “Patto per Expo”. Quello auspicato da Sangalli, sia chiaro, non deve essere uno sforzo che i pubblici esercizi devono fare solo per Expo. Deve essere la norma quotidiana per tutti i servizi legati all’accoglienza.La cortesia, un sorriso, la disponibilità con il gesto e con la parola ad aiutare il visitatore che ha bisogno: sono cose che non costano nulla ma fanno la qualità nel settore turistico. La ristorazione e l’accoglienza italiana hanno ancora bisogno di imparare qualche particolare per mettere l’ospite a suo completo agio. Faccio un esempio perché è successo anche a me. Non va bene far aspettare troppo le persone accomodate al tavolo prima che qualcuno si faccia vivo a chiedere l’ordinazione. Nel caso del ristorante, deciso il menu, portati l’acqua e il vino, non è possibile lasciar passare 20-30 minuti prima di servire la prima portata. In questo caso il cameriere o chi per lui deve far arrivare al tavolo un piccolo fuori programma, offerto dal ristoratore, per ingannare l’attesa. Pochi lo fanno. La conoscenza delle lingue, o almeno dell’inglese, è una cosa fondamentale e meno male che le giovani leve lo studiano a scuola. Un’altra qualità importante per una buona ospitalità è la trasparenza del prezzo. Già noi italiani abbiamo all’estero la nomea di approssimativi e furbetti. Cari ristoratori e baristi, non giocate con i prezzi, approfittando di turisti non preparati. Non fateci fare l’ennesima brutta figura. B cod 38501

IL COMMENTO

di Roberto Vitali

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94 Italia a Tavola · marzo 2015

Locali

Immerso in uno scenario naturale di rara bellezza, il Posta Zirm Hotel di Corvara (Bz) racconta con orgoglio

la sua storia fatta di antiche tradizioni alto-atesine e di grande passione per la monta-gna. A partire dalle sue mura ultracentena-rie, dalle camere con charme tirolese, dalle stufe in maiolica, sino alle fotografie, ai quadri e agli oggetti che completano l’arre-damento.

La Wellness-Farm, che si snoda in mil-le m² su due livelli, promette serenità ed equilibrio interiore. Linee curve e avvol-genti delimitano gli spazi: niente spigoli, interruzioni e gradini. Le pareti sono spo-glie, gli arredi essenziali, pochi i colori e il silenzio è assoluto. Ideata secondo i detta-

mi del Feng-Shui, l’antichissima arte cine-se del “vento e dell’acqua”, rappresenta i cinque elementi. Il Fuoco, segno di rilassa-mento, vive nella sauna, nel tepidarium e nel bagno turco. L’Acqua, simbolo di vigo-re e forza, ritorna in forme diverse: nel ghiaccio del frigidarium, nelle piogge aro-matizzate e nelle gocce del bagno di vapo-re. Il Legno, invece, arreda i locali, profu-ma l’aria e rigenera il corpo nei bagni alpi-ni, di fieno o di segatura di cirmolo.

Il Metallo è l’elemento riequilibratore, qui presente con i grandi lampadari color oro. E infine la Terra, ciclo completo dell’e-nergia, è nell’acciottolato, nel pavimento di pietra naturale e nelle pareti di argilla.

Per un’efficace remise en forme sono suggeriti i trattamenti Mei, basati sulla per-fetta sinergia fra sana alimentazione, pro-dotti erboristici e regolare movimento. Gli obiettivi? Eliminare le tossine, riacquistare energia e vitalità e rimodellare il corpo. Ti-pici sapori altoatesini nella cucina del risto-rante. B cod 38574

Il benessere sposa lo charme tiroleseal Posta Zirm Hotel

La Tavernetta di GiòIncontro di cucine e culture diverse a Mazara del Vallo

L’amore per la propria città ed il suo vissuto può portare un affermato architetto a riportare alla vita un palazzo nobiliare semi crollato, contro ogni logica o buon consiglio, e farne un ristorante e un b&b. È una storia siciliana che ha come protagonista Leonardo Messina, detto Aldo, e siamo a Mazara del Vallo (Tp). Nel seicentesco Palazzo Sansone del Duca di Torrefranca è nata così “La Tavernetta di Giò”, un luogo speciale dove gustare il vero “manciari sicilianu”, abbinato spesso a proposte culturali e alla “sunatura”, concertini di musica popolare. Al centro del menu c’è il pesce tra cui il famosissimo gambero rosso di Mazara, preso direttamente dai pescherecci sulla banchina, poche decine di metri più in là. Nelle belle sale a volta, senza alcuna concessione al superfluo o a stravaganze di stile marinaresco, si gustano i piatti di una gastronomia rurale e di mare, ascoltandone la storia. Conclusione in allegria con questo antico e ironico detto siciliano, di autore ignoto, scritto sul menu: “Manciamu, vivemu, cantamu e quannu vennu li sbirri ‘nammucciamu (ci nascondiamo)”. (M.M.) B cod 38243

di Lucia Siliprandi

Posta Zirm HotelStrada Col Alt 95 - 39033 Corvara (Bz)Tel 0471836175 - www.postazirm.com

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95marzo 2015 · Italia a Tavola

Enoteca u Cantu, angolo di deliziein un borgo d’altri tempi

Enoteche · Locali

Il soffio della storia e migliaia di viniall’Enoteca del Gran Caffè Defilla

«La Liguria - scrive Giorgio Mistretta nella “Guida all’Italia gastronomica” del 1984 - disegna un arco di 270 km tra collina e mare, terreni e clima mite

favoriscono l’agricoltura: ulivo, vite, frutta e ortaggi, erbe aromati-che, carne di maiale, conigli e pollame. Ne nascono schietti piatti contadini, privi di fronzoli, con profusione di erbe aromatiche. In più sono frequenti gli influssi con popoli di lontani paesi mediter-ranei, spagnoli, arabi, greci, siculi». Tra le somiglianze ricordo la

farina di ceci, che nei forni liguri si trasforma in sostanziosa “farinata”, mentre la “panissa” fritta è la versione ligure delle “panelle” palermitane. I viaggiatori del Grand Tour furono entusiasti di questa terra; cito, per esempio, Byron, Stendhal, Dumas, Čechov. Le due vinerie che qui descrivo godono di ambienti con economia quasi perfetta, grazie all’equi-librio tra arte, agricoltura, artigianato e paesaggio. Frutto di una società civile illuminata e unita da oltre due secoli.

Economia agricola e territorio nelle enoteche del Levante ligure

di Claudio Riolo

Nadia Descalzi (nella foto) ha seguito il corso di sommelier per meglio dedicarsi alla selezione dei vini e ha scelto questo piccolo spazio che le permette di seguire direttamente l’attività. Il locale è delizioso, come i cibi e i vini, frutto di un impegno che garantisce meritata notorietà. La vineria è in un angolo della piazza del borgo; mattoni e pietre danno calore e rendono rustico l’ambiente, le bottiglie sono ben in mostra alle pareti, sul fondo si scorge un angolo più raccolto; davvero notevole la carta dei vini con 600 etichette tra i bianchi e i rossi; i vini si degustano con appropriate e squisite specialità.C’è posto per 15 persone e d’estate anche all’esterno; la proprietaria organizza degustazioni a tema con formaggi tipici, particolari e un piatto unico che cambia ogni volta. Tutt’attorno all’enoteca vive un piccolo mondo, quattro case di pietra, il palazzetto del Municipio, il negozio alimentare, il forno e pasticceria, il bar e il ristorantino, il banco per la vendita diretta dei contadini.Conscenti è un borgo della Valgraveglia, comune di Ne (Ge), poco distante da Chiavari. Tutti i sabato mattina, da maggio a ottobre i contadini delle terre di Zerli, Sambuceto e Garibaldo portano al Mercatino agricolo la verdura e frutta appena raccolte. B cod 38594

Enoteca u CantuPiazza dei Mosto 22, 16040 Conscenti di Ne (Ge)Tel 0185 337277 - [email protected]

Nel 1791, facoltosi e illuminati cittadini, esponenti della borghesia e del clero, fondarono la Società economica di Chiavari per migliorare le arti, l’agricoltura e il commercio. Numerosi successi furono messi a segno da allora; per esempio ai primi dell’800 un artigiano realizzò una sedia originale, leggera e robusta, che sostituiva quelle molto pesanti in uso: era la seggiola di Chiavari detta Campanino, che si diffuse in tutto il mondo. La modesta officina del seggiolaio fu visitata da principi e da monarchi.L’attività continua ancor oggi e lo storico palazzo della Società economica accoglie una ricca biblioteca. Storica è anche l’“Enoteca con ristoro”, come recita l’insegna; classica ed elegante. Il sommelier Sergio Rossi (nella foto) e la moglie Rosella Parma accolgono nella grande sala con il bancone per la mescita; il grande tavolo centrale e tavolini tutto attorno. Alle pareti gli scaffali pieni di bottiglie. Notevole e particolare la cantina, con mille varietà provenienti da tutto il mondo e 100 in formato magnum. Accanto ai vini sono presenti anche una cinquantina di whisky, rhum e cognac. Ottima proposta di specialità gastronomiche. Interessante e gustoso il menu, composto da due primi e tre o quattro secondi; cambia tutti i giorni seguendo la stagionalità dei cibi. B cod 38589

Enoteca con ristoro del Gran Caffè DefillaCorso Garibaldi 4, 16043 Chiavari (Ge)Tel 0185 309829 - www.grancaffedefilla.it

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Attrezzature

Il fascino contemporaneo del design italiano, la cura dei det-tagli, la brillantezza del vetro sonoro superiore Star Glass, la resistenza del trattamento XLT: sono questi i principali ingre-

dienti della nuova gamma InAlto creata su misura per i ristoranti e gli hotel più prestigiosi. La linea di calici InAlto UNO, realizzata da Bormioli Rocco, azienda leader nel mondo del vetro dal 1825, e distribuita da Cifa-Centro italiano forniture alberghiere, interpreta design, stile e qualità ai livelli più elevati.

«La partnership tra Bormioli Rocco e Cifa dura da più di 30 anni - racconta Angelo Fanfarillo, vicepresidente Cifa - e siamo molto lusingati che una delle aziende più grandi del mondo nella produzione di vetro abbia scelto proprio Cifa per la distribuzione di questa collezione, che ha l’obiettivo (lo dice il nome stesso) di soddisfare una ristorazione di alto livello». Lo sforzo creativo per sviluppare una nuova forma di calici e bicchieri moderna ed ele-gante si coniuga a un formidabile progresso tecnologico, che ha portato a un evidente innalzamento dei parametri estetici e qualita-

tivi di Bormioli Rocco. «Alla gamma di prodotti professionali My-Business, rivolti prevalentemente ad una ristorazione tradizionale di fascia media e medio-alta - spiega Fanfarillo - Bormioli Rocco affianca InAlto, un’offerta completa di prodotti professionali di alta qualità e dall’elevato contenuto di design dedicata al fine dining».

La linea di calici UNO della gamma InAlto porta la prestigiosa firma di Aldo Cibic, designer di fama mondiale. Lo stile italiano si pone così al servizio di una collezione made in Italy in tutte le fasi, dalla progettazione alla produzione. «La sfida di questo progetto - afferma Cibic - è stata creare una nuova forma che fosse ricono-scibile e innovativa, superando i limiti della tecnologia produttiva di Bormioli Rocco».

Il cuoco che ha creduto nel progetto InAlto UNO tanto da diventarne testimonial è Lorenzo Cogo (nella foto), il più giovane chef italiano ad avere ricevuto la stella Michelin. Classe 1986, ha ottenuto il prestigioso riconoscimento a soli 25 anni, quando aprì il suo ristorante El Coq a Marano Vicentino. Cogo ha sempre de-dicato alla cucina un impegno e una passione inesauribili, che lo hanno condotto in giro per il mondo. Forte della sua esperienza, ha ritrovato nella collezione InAlto UNO di Bormioli Rocco uno stile solido e raffinato e la massima cura per i dettagli. B cod 38161

Cifa - Centro italiano forniture alberghierevia Della Traversa 1 - 22074 Lomazzo (Co)Tel 02 96779084 - www.cifasrl.it

Nuova gamma InAltoper la ristorazione

Lorenzo Cogo

Progettata dal famoso designer Aldo Cibic, la collezione InAlto UNO

è prodotta da Bormioli Rocco e Lorenzo Cogo, il più giovane chef stellato Michelin, ne è testimonial

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Design italiano e cura dei dettagli

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Attrezzature

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Come conferire alla tavola uno stile rustico ed eclettico allo stesso tempo, senza trascurare le

prestazioni? Basta utilizzare la nuova colle-zione “Stonecast” di Churchill China. Ispi-rata al passato ma con un occhio alle ulti-me tendenze nell’ambito della mise en place, Stonecast fa parte della gamma Churchill Super vetrificata. Influenzata dai popolari disegni punteggiati degli anni ‘60 e ‘70, sta già prendendo piede nel mercato dell’ospi-talità e della ristorazione.

Stonecast ha un effetto spugnato a mano con macchioline e bordo rustico. La natura del processo di lavorazione fa sì che ogni pezzo risulti leggermente diver-so dagli altri. La morbidezza del colore è fondamentale per rendere la gamma il più versatile possibile. Le varie combinazioni di tonalità e le finiture sono state progettate

per migliorare la presentazione del cibo, ol-tre che della tavola. Le stoviglie Stonecast sono perfette per tanti diversi stili di cuci-na, dai piatti rustici del pub fino alle più eleganti sale dei ristoranti, che cercano un prodotto di forte impatto. Questa gamma si integra a tutti i tipi di alimenti e aggiunge valore e autenticità alla presentazione ge-nerale. Qualunque sia il locale o lo stile di cucina, Stonecast è la scelta perfetta per un risultato di grande effetto!

Le caratteristiche e i vantaggi di Stone-cast sono: Corpo in porcellana super vetrificata:

corpo vitreo che non assorbe l’umidità, è più igienico e ha migliori proprietà di ri-tenzione di calore. L’elevata resistenza agli shock termici aiuta a ridurre le rotture. Le sue proprietà garantiscono una resistenza superiore.

Superior Glaze Finish: protetto da ecoglaze, uno smalto ad alte prestazioni che migliora il prodotto, prolungandone la vita e migliorando la resistenza e la durata nel tempo. L’eccellente stabilità impedisce shock termici e screpolature. Decorazione sottosmalto: crea uno strato

protettivo per aggiungere durevolezza e mi-gliorare le prestazioni durante l’uso. Decorazione a mano: articoli decorati

singolarmente a mano, in modo che si crei-no pezzi unici. Prevenzione dai danni da accatastamento. Possibilità di utilizzo nel microonde e la-

vaggio in lavastoviglie.Per ulteriori informazioni scrivere a

[email protected] oppure consultare il sito www.ros.bergamo.it. B cod 38391

di Sergio Pezzotta

Stile rustico e ricercatoCon le nuove stoviglie Stonecast

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Attrezzature

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«Il 2014 è stato l’anno in cui Ebola ha messo alla prova l’umanità. Con l’aiuto dei

nostri migliori scienziati, il 2015 sarà l’an-no in cui avremo preso l’Ebola per le bri-glie». Questa chiamata alle armi da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità ha ispirato un ampio sostegno, tra cui una donazione del Gruppo Meiko con sede in Germania, ad Offenburg.

Meiko, che dal 1927 produce lavasto-viglie e soluzioni di lavaggio personalizzate nonché soluzioni per la pulizia e la tecno-logia di disinfezione sanitari, ha deciso di donare lavastoviglie e attrezzature per la disinfezione dei contenitori sanitari per un valore di 97mila euro, attraverso l’ufficio dedicato del ministero degli Esteri tedesco con la sede operativa di soccorso contro l’Ebola in Africa occidentale.

L’Agenzia federale per il soccorso tec-nico a Bonn ha accettato le macchine do-nate per conto del ministero degli Esteri e organizzato la loro spedizione. Oltre ai macchinari, la donazione include anche un pacchetto completo di prodotti chimici da utilizzare con gli stessi macchinari (de-tergente, brillantante, disinfettante, ecc.).

«Il filmato di pazienti dell’Ebola in isolamento e medici in completo abbiglia-mento protettivo, collegato ad un senso pervasivo di paura, hanno suscitato sim-patia e preoccupazione in tutto il mondo, non da ultimo qui a Meiko», ha spiega-to l’amministratore delegato del Gruppo Meiko, Stefan Scheringer. Come la socie-tà ha spiegato in un comunicato stampa, Meiko immediatamente si sentì in dovere di attingere dalle proprie competenze per contribuire a portare il virus sotto control-lo.

Albrecht Broemme, presidente Agen-zia federale per il soccorso tecnico, ha espresso la sua gratitudine: «Sono davve-ro colpito dalla vostra dedizione sincera a questa causa. Questa donazione dimostra che l’Agenzia federale ha partner affidabili che aiutano nel fare le cose come devono essere fatte! Questo pianeta è qualcosa che tutti noi condividiamo. Mostrare interesse per altre persone e il desiderio di aiutarsi a vicenda e di promuovere la responsabilità, la tolleranza, il rispetto, l’apertura, la co-operazione e l’aiuto reciproco: questa è la base per la creazione di una società attiva e diversificata».

Parole di elogio che Klaus Engesser, direttore vendite e marketing del Gruppo Meiko, ha accolto con orgoglio: «Le sue parole confermano ancora una volta che i valori in cui la nostra azienda crede posso-no aiutare a costituire la base per una socie-tà diversa. Se avremo la possibilità di utiliz-zare la nostra tecnologia per contribuire ad alleviare una crisi in una zona critica come l’Africa occidentale, allora questo è esatta-mente quello che faremo!». B cod 38515

Meiko Italiavia Gallo 27, Z.I. Chind - 10034 Chivasso (To) - Tel 011 9190211 - www.meiko.it

Per la battaglia contro l’Ebolain dono 97mila euro fra lavastoviglie e prodotti per l’igiene

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tecnologia · attrezzature

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tecnologia · attrezzature

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Nu m e -rose le novità

in programma per la 26ª edizione di Eurocarne, che

per la prima volta coinvolge tutte le filiere verticali delle carni, un comparto che ge-nera complessivamente un valore econo-mico dell’ordine di 30 miliardi di euro. Una grande attenzione sarà dedicata all’in-ternazionalizzazione, con pacchetti per incontri “b2b” ritagliati su misura per i visitatori e le delegazioni estere. Eurocarne mette al centro anche le dinamiche del “trade”. Sarà infatti presentata un’analisi multi-prospettica mirata a divulgare i trend in atto nel settore per le varie tipolo-gie di carne e il percepito vissuto dal con-sumatore in fase di acquisto, soprattutto nell’ambito della grande distribuzione.

Tra gli obiettivi dell’evento il rilancio dei consumi di carni e il sostegno alle aziende espositrici nell’individuare nuove

opportunità di mercato, facendo leva su due aspetti determinanti: la forza del Made in Italy, percepito come elemento distintivo sia in termini di affidabilità, de-sign, creatività e funzionalità nel settore delle macchine, delle attrezzature e delle tecnologie, ma anche come aspetto di ri-lievo in chiave di “food security” e “food safety”.

Altra novità di questa edizione sono le degustazioni comparate di “Meat Expe-rience”, il primo banco di assaggio della carne bovina in cui i potenziali buyers (macellerie, ristorazione, gastronomie, ho-tellerie e Gdo) possono conoscere e con-frontare la qualità percepita delle carni se-condo parametri oggettivi.

Eurocarne si avvale della collaborazio-ne dell’Istituto italiano assaggiatori carne-De Gustibus Carnis e del Centro studi assaggiatori-Italian Tasters, fra i più quali-ficati operatori nell’attività di analisi sen-soriale dei prodotti agroalimentari, e per la prima volta sono stati coinvolti i consorzi

di produzione e tutela italiani ed esteri che distribuiscono le proprie carni anche in Italia. B cod 38200

MAGGIO

Dal 10al 13

A Verona fervono i preparativiper la 26ª edizione di Eurocarne

Informazioni utili Dove: Quartiere fieristico Veronafiere

(viale del Lavoro 8, Verona) Padiglioni: 11 e 12 Quando: da domenica 10 a mercoledì

13 maggio 2015 Orario: dalle 9.00 alle 18.00 Ingresso: a pagamento, riservato

agli operatori del settore; accesso da ingressi San Zeno (viale del Lavoro) e Re Teodorico (viale dell’Industria)

Biglietto intero (valido per 1 ingresso): acquisto in cassa 15,00 €acquisto online 12,00 €

Abbonamento (1 ingresso al giorno): acquisto in cassa 28,00 € acquisto online 20,00 €

ContattiEurocarne - 26th International Exhibition for the Meat [email protected]: EurocarneVeronafiereTwitter: @EurocarneVerona

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Eventi

Una location d’eccezione per “Toscana terra del buon vivere”, una tre giorni di cultura gastronomica, con-vivialità e art de vivre come anteprima d’eccezione di

Expo 2015, promossa dalla Regione Toscana in collaborazione con il Comune di Siena e la Camera di commercio e organizzata da Artex. Quasi una magnifica iperbole del gusto che ha dell’ir-reale, tanto è straordinario lo scenario, si concretizza dal 27 al 29 marzo 2015 a Siena, in piazza del Campo, portando chef, show cooking, degustazioni, wine tasting, gala e convivi più intimi fin nel cuore dello splendido Palazzo Pubblico e da lì dispiegandoli nella città. Una Toscana cosmopolita e intima al tempo stesso, sontuosa e segreta, che si racconta miscelando gastronomia alta

e grandi vini, prodotti d’eccellenza e qua-lità dell’ambiente, supremazia del suo patrimonio agroalimentare ma anche arte, musica, parola, architettura. In po-che parole, regalando emozioni.

E si racconta, a tavola ma non solo, sul solco di una tradizione che guarda oltre e si rinnova, e non a caso lo fa insieme alla prestigiosa Jre, Jeunes restaurateurs d’Eu-rope, l’associazione europea che riunisce chef interpreti del terri-torio e del patrimonio gastronomico nel segno del rigore come della creatività più moderni. E sarà proprio la Jre a farsi arbitro della sfida “Cucina col Vino Toscano” che vedrà in gara gli stu-denti degli Istituti alberghieri della regione.

Maitre à cuisiner e regista di questa “nouvelle vague” toscana in cucina, lo stellato Marco Stabile (nella foto), chef patron del Ristorante Ora d’Aria a Firenze, che a Siena coordinerà la “bri-gata”. E sarà proprio Stabile, insieme ad altri due noti chef Jre toscani di nuova generazione, Filippo Saporito e Cristiano To-mei, a mettere a punto un nuovo piatto, il cui nome è proprio “Il buon vivere toscano”, presentato per la prima volta in questa occasione.

Un appuntamento da segnare in agenda è “Tuscany enthu-siast”, prima tappa di un grand tour del 2015 che si apre qui e approda a Milano. Cultura, biodiversità, paesaggio, artigianato e creatività rappresentano il nutrimento fisico e spirituale della ter-ra toscana, considerata da sempre un laboratorio del buon vivere proprio per la qualità della vita e dell’ambiente, oltre che della tavola. Una Toscana a vocazione internazionale per estimatori del bello come del buono. B cod 37881

MARZO

Dal 27al 29

Dal 27 al 29 marzo 2015 la piazza del Campo di Siena ospiterà “Toscana terra del buon vivere”, la rassegna che celebrerà la cultura gastronomica con chef, show cooking, degustazioni, wine tasting, gala e congressi

L’arte della tavola e della convivialità

Toscana terra del buon vivere

Marco Stabile col cavolo nero in Piazza del Campo a Siena

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Eventi

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Collaboratori di questo numero Milly Callegari, Tiziana Colombo, Guerrino Di Benedetto, Giuseppe Di Fede, Andrea Felician, Leonardo Felician, Mariapia Gandossi, Massimo Artorige Giubilesi, Susy Grossi, Carmine Lamorte, Carmine Milone, Monica Paviera Bertoglio, Sergio Pezzotta, Juri Piceni , Guido Ricciarelli, Claudio Riolo, Enrico Rota, Marta Scarlatti, Lucia Siliprandi, Davide Staffa

Foto Thinkstock © 2014 - Italia a Tavola

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Marzo 2015 n° 227Italia a Tavola è una rivista di aggiornamento professionale, cultura enogastronomica e turismo per l’Horeca. Si rivolge ad alberghi, ristoranti, trattorie, pizzerie, bar, cuochi, assaggiatori, barman, sommelier, enti, aziende e associazioni del settore in tutta Italia.

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