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ACCADEMIA DELLE BIOTECNOLOGIE

MERCK SERONO

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LA SCIENZA NARRATAlinee guida, suggerimenti e bibliografie

a cura di Giovanni Nucci

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Realizzato dall�’Accademia delle Biotecnologie Merck Serono nell�’ambito del progetto �“La scienza narrata�”

Per Stupidi come locomotive© Giovanni Nucci 2011

Impaginazione �– Plan.edwww.plan-ed.it

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Introduzione

Quando, oramai cinque anni fa, nell�’ambito delle atti-vità dell�’Accademia delle Biotecnologie Merck Serono,abbiamo dato il via al concorso di scrittura creativa�“La scienza narrata�” siamo partiti da un assunto incon-futabile: la scienza costituisce uno dei fattori chiave dicambiamento e sviluppo sociale. È dunque doveroso,oltre che sempre più importante, rendere la conoscen-za scientifica una conoscenza accessibile al maggiornumero di persone possibile.

Soprattutto i più giovani devono essere spronati ainterrogarsi su temi complessi che sono alla base dellanostra società, e a informarsi sui risultati di quelle sco-perte scientifiche che inevitabilmente porteranno a uncambiamento del nostro modo di vivere e di relazio-narci con gli altri.

Promuovere una conoscenza accessibile a un pub-blico vasto, però, porta con sé una sfida: saper renderesemplici temi e linguaggi che rischiano di rimanerespesso incompresi o distanti, reintegrando la scienza ela percezione che si ha di essa nel quotidiano, comeparte naturale della vita dell�’uomo.

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È in risposta a questa sfida che è nato il nostro con-corso di scrittura creativa a tema scientifico, indirizza-to agli studenti delle scuole superiori.

Esercitandosi nell�’arte del racconto breve, e grazie alsupporto di prestigiosi docenti provenienti dal mondoscientifico e letterario italiano, i giovani partecipantivengono stimolati ad approfondire temi e argomentitroppo spesso da loro percepiti come qualcosa di lonta-no e astratto. Hanno inoltre un�’importante opportunitàper mettere alla prova le proprie capacità espressive.

L�’eccezionale riscontro ottenuto da questa iniziati-va, sia in termini di partecipazione che di qualità deiracconti, ci ha spinto di anno in anno a potenziare que-sto progetto, aumentando i laboratori sul territorionazionale. Abbiamo inoltre sviluppato nuovi supportididattici per gli studenti, che vanno ad affiancarsiall�’attività svolta dai docenti nel corso dei laboratori.

La collaborazione con TuttoScienze, iniziata lo scorsoanno, costituisce un valido esempio in questo senso: inoccasione dell�’edizione 2009-2010 del concorso, infat-ti, il supplemento del quotidiano La Stampa ha iniziatoa pubblicare articoli e approfondimenti scritti dai do -centi coinvolti nel progetto, fornendo spunti e consigliper accompagnare i ragazzi nel loro percorso di scrit-tura.

Questa dispensa vuole essere un ulteriore strumen-to per supportare, con suggerimenti pratici e lineeguida, gli studenti che hanno deciso di cimentarsi conquesta piccola sfida.

Anche quest�’anno attendiamo quindi con entusia-smo i racconti dei giovani aspiranti scrittori, sicuri che,

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come già nelle passate edizioni, sapranno stupirci conla loro creatività e la loro visione fresca e originale dellascienza.

Buona lettura e buon racconto a tutti!

Paolo GrilloDirettore Relazioni Istituzionali

Merck Serono S.p.A.

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STUPIDI COME LOCOMOTIVEappunti sullo scrivere e la scrittura

di Giovanni Nucci

In una lettera del gennaio del 1899 Maksim Gor�’kijconfida ad Anton Cechov di sentirsi «stupido come unalocomotiva» e che «il momento in cui affonderò il nasonella terrà non è ancora vicino, ma se anche fosse doma-ni, per me è lo stesso, non ho paura di niente e non milamento di niente».

Al punto Cechov gli risponde: «Le vostre righe ri -guardo alla locomotiva, alle rotaie e al naso che affon-da nella terra sono assai graziose, ma ingiuste. Non sifinisce col fracassarsi il naso in terra perché si scrive,ma al contrario si scrive perché ci si fracassa il naso enon resta più altro dove andare».

Ora: per quanto possa sembrarci scontato il fatto diessere sensibilmente più stupidi di Gor�’kji e di Cechov(quindi più stupidi di una locomotiva) anche noi finire-mo per fracassarci il naso per terra come loro. Da ciòne viene che, come loro, più o meno per gli stessi moti-vi, scriviamo. Il che, visti i tempi, non può che conso-larci: non occorre essere Cechov per trovare una giusti-ficazione intellettuale all�’essere spinti verso la narrazio-ne: è sufficiente essere vivi e, di poco, più stupidi di unaloco motiva.

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A questo punto, però, qualsiasi consiglio (tecnico omeno che sia) sulla scrittura e sullo scrivere non rendealcuna giustizia a questo fatto così chiaramente sempli-ce: si scrive perché ci si fracassa il naso e non resta più altro doveandare.

Poi ci sarà senz�’altro il modo di indirizzare e asse-condare la scrittura in una direzione piuttosto che l�’al-tra (cioè in una che la renda migliore rispetto all�’altra):ma, per cominciare, non si può non tenere conto delfatto che la spinta nasce da lì e che la sua intenzione, ilmotivo per cui lo si sta facendo, non va messo in discus -sione.

Quello che si può fare, piuttosto, è andare a vederecome ha fatto chi meglio di noi ha già percorso questevie, come ha trovato il modo di tenere la rotta.

Ecco: il rischio maggiore, o almeno il più evidente,che si corre nello spingere qualcuno a scrivere è quellodi vederlo naufragare: arenato su una spiaggia, avvi-luppato in un vortice o avvinghiato a un remo nel belmezzo dell�’oceano. Il che non è mai un bene perchél�’oceano in cui si finisce per naufragare, così come la sec -ca su cui ci si arena, o il turbine in cui si finisce inghiot-titi, siamo noi stessi.

«Un romanzo che non scopra un segmento di esisten-za finora sconosciuto è immorale. La conoscenza èl�’unica moralità del romanzo». Ecco: vorrei contrap-porre quest�’idea di Milan Kundera, cioè che la lette -ratura abbia come compito la conoscenza, a un�’altra,apparentemente molto diversa, che ha scritto RainerMaria Rilke a un giovane poeta che gli chiedeva ungiudizio sulle sue poesie.

«Il vostro sguardo è rivolto all�’esterno. È questo, anzi-tutto, che non dovete più fare. Nessuno può portarvi

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consiglio o aiuto, nessuno. Entrate in voi stesso, cercateil bisogno che vi fa scrivere: esaminate se trae le sue radi-ci dal profondo del vostro cuore. Confessate a voi stesso:morireste se vi fosse vietato di scrivere? Questo, anzitut-to, chiedetevi nell�’ora più silenziosa della vostra notte:�“Sono veramente costretto a scrivere?�”. Scavate dentrodi voi in cerca della più profonda risposta. Se questarisposta sarà affermativa, se potrete far fronte a una cosìgrave domanda con un forte e semplice: �“Io devo�”, allo-ra costruite la vostra vita fino nella sua ora più indiffe-rente, più vuota, deve diventare segno e testimone di untale impulso. Allora avvicinatevi alla natura. Provate adire, come se foste il primo uomo, quello che vedete,quello che vivete, amate perdete. Non scrivete poemid�’amore. Evitate all�’inizio questi temi troppo comuni:sono i più difficili. Dove tradizioni sicure, talvolta brillan-ti, si presentano numerose, il poeta non può dare delproprio che nella piena maturità delle sue forze. Fuggitei grandi soggetti per quelli che vi offre la vostra giorna-ta. Dite le vostre tristezze, i pensieri spontanei, la vostrafede in una bellezza. Dite tutto ciò con sincerità intima,tranquilla e umile. Utilizzate, per esprimervi, le cose chevi circondano, le immagini dei vostri sogni, gli oggetti deivostri ricordi. Se la vostra giornata vi sembra povera,non accusatela. Accusate voi stesso di non essere ab -bastanza poeta per chiamare a voi le sue ricchezze. Peril creatore niente è povero, non esistono dei luoghi pove-ri, indifferenti. Perfino se voi foste dentro una prigionele cui mura soffocassero tutti i rumori del mondo, nonvi resterebbe sempre la vostra infanzia, questa preziosa,questa regale ricchezza, questo tesoro dei ricordi? Vol -gete a essa il vostro spirito. [...] E se da questo ritorno invoi stesso, da questo tuffo nel vostro proprio mondonasceranno dei versi, allora non penserete lontanamen-

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te a chiedere se questi versi sono buoni. Non cercheretepiù d�’interessare delle riviste per questi lavori, perché negodrete come di un possesso naturale, come di uno deivostri modi di vita e di espressione. Un�’opera d�’arte èbuona quando è nata da una necessità».

Vorrei contrapporre queste due visioni della scrittura,proprio perché vanno in due direzioni apparentemen-te opposte: da una parte la scrittura come necessità ditrovare una propria voce (è quello che suggerisce Rilke)quindi qualcosa che è rivolto verso l�’interno; dall�’altrala scrittura come conoscenza (come affermato da Kun -dera), qualcosa che è rivolto verso l�’esterno. Ecco, miapproprierei dell�’idea che la scrittura sia un equilibriotra queste due tensioni.

Tutto ciò che posso dire, che sto dicendo e che dirò ariguardo, non fa che girare intorno a quest�’idea. Possocontinuare a citare Cechov, Rilke, Milan Kundera e JackLondon, ma alla fine continuerò a dire la stessa cosa: lascrittura è una spinta che tende contemporaneamenteverso l�’esterno e verso l�’interno: l�’oggettivazione del sé el�’assoggettamento del mondo.

Jack London, appunto: «E allora tu, giovane scrit-tore, hai qualcosa da dire, o credi soltanto di avere qual-cosa da dire? Se ce l�’hai nulla potrà impedirti di dirlo.Se sei in grado di pensare cose che al mondo piacereb-be sentire, la forma stessa del pensiero già ne è l�’espres-sione. Se pensi con chiarezza, scriverai con chiarezza;se i tuoi pensieri sono meritevoli, altrettanto meritevo-le sarà la tua scrittura. Ma se il tuo modo di esprimer-ti è scadente, è perché i tuoi pensieri sono scadenti; seè limitato, è perché tu sei limitato. Se hai le idee con-fuse e ingarbugliate, come puoi aspettarti di esprimer-le con lucidità? Se le tue conoscenze sono scarse o poco

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sistematiche, come possono le tue parole essere chiareo logiche?».

Oppure, ancora, Cechov: «Dio non permettetemi digiudicare o di parlare di quel che non conosco e noncapisco». E poi: «Basta essere più onesti: buttare sestessi a mare sempre e dovunque, non intrufolarsi neiprotagonisti del proprio romanzo, rinnegare se stessi,non fosse che per mezz�’ora». E ancora: «Per un chimi-co non vi è nulla di sudicio sulla terra. Altrettantoobiettivo dev�’essere lo scrittore. Egli deve liberarsi dalsoggettivismo della vita e sapere che in paesaggio unmucchio di letame rappresenta talvolta una parte degnad�’ogni rispetto e che le cattive passioni sono inerentialla vita alla pari delle buone».

Non stanno forse dicendo in termini diversi la stessacosa? Cioè tutte e due queste cose: di trovare una pro-pria voce e di dire qualcosa che il mondo ancora nonconosce. Di partire sempre e solo dalla propria espe-rienza. Che si può raccontare solamente ciò che siconosce e si è vissuto, ma che è degno di essere raccon-tato solo ciò che non ci appartiene più, perché già pron-to ad appartenere ai lettori?

In effetti le due tensioni contrapposte che, pensavo,spingono la scrittura, sembrano diventare sempre piùtese e sempre più contrapposte. Da questo punto divista, comincia a sembrarmi una questione quasi peri-colosa. Le bocche affamate di Cariddi da un lato e ilvortice di Scilla dall�’altro: muoversi tra il dentro e ilfuori, senza farsi inghiottire da un se stesso narrantecolmo di autocompiacimento, né perdersi nell�’inutilebanalità del già detto. E alla fine la scrittura si rivelacome un fin troppo sottile pertugio dove far passare lapropria nave. Ma la via sembra essere solamente que-

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sta: non credo ci sia un altro modo per eludere il pro-blema.

Un modo su come affrontarlo, invece, ci viene(ancora una volta) indicato da un grande narratore:«Dopo quarant�’anni che scrivo fiction, dopo aver esplo-rato varie strade e compiuto esperimenti diversi, èvenuta l�’ora che io cerchi una definizione complessivaper il mio lavoro; proporrei questa: la mia operazioneè stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cer-cato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpicelesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliereperso alla struttura del racconto e al linguaggio».

Sono da sempre rimasto impressionato dall�’efficaciadi quest�’immagine: d�’altronde Italo Calvino, per quan-to qui dichiari la leggerezza come il suo valore guida,non è mai stato in nessun modo approssimativo nellasua scrittura. Ecco: credo che un modo per sfuggire alvortice di Scilla e alle fauci di Cariddi sia, come diceCalvino, togliere peso: per cominciare uno scrittore,soprattutto se è agli inizi, prima ancora che ai perso-naggi, alle figure umane o ai corpi celesti, prima anco-ra che alla struttura del racconto e al linguaggio, devetogliere peso a se stesso.

[fonti]

Anton Cechov, Senza trama e senza finale. 99 consigli di scrittura,Minimum Fax.

Jack London, Pronto soccorso per scrittori esordienti, Minimum Fax.Robert Louis Stevenson, L�’arte della scrittura, Mattioli 1885.Italo Calvino, Le lezioni americane, Garzanti.

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DELLA SCRITTURA E DELLA SCIENZAdieci consigli e una premessa

sulla pratica della scrittura

Premessa (scientifica)Scrivere un racconto che parli di scienza non è diversoche scrivere di qualsiasi altra cosa. Anzi: un campolimitato potrebbe essere un vantaggio, l�’essere obbliga-ti a riferirsi al rigore scientifico potrebbe portare rigoreanche alla scrittura. («La conoscenza delle scienzenaturali, del metodo scientifico, m�’ha sempre tenutoall�’erta, e dov�’è stato possibile io mi sono sforzato diconformarmi ai dati scientifici; dove ciò non è statopossibile, ho preferito non scrivere affatto. Osserverò atal proposito che in arte le convenzioni non permetto-no sempre una piena adesione ai dati scientifici; non sipuò rappresentare sulla scena una morte per velenocosì com�’essa avviene effettivamente. Ma l�’adesione aidati scientifici deve farsi sentire anche in tali circostan-ze, cioè bisogna che al lettore o allo spettatore sia chia-ro che si tratta d�’una convenzione e che egli ha a chefare con uno scrittore esperto» [da una lettera di AntonC echov a Grigorij Rossolimo del 1899]).

Detto ciò, quello che richiede il concorso �“La scienzanarrata�” è di scrivere un racconto che abbia un argo-mento scientifico, che tratti in qualche modo di scienzae di scientificità. Possiamo considerare scientifico tuttociò che è attinente a fisica, matematica, ingegneria, chi-

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mica, biologia, biotecnologie, scienze naturali, astrono-mia, meccanica, medicina, tecnica. Con l�’aggiunta,naturalmente, di tutto ciò che riguarda la riflessionescientifica, cioè la filosofia delle scienze e l�’epistemolo-gia. Non ci sono altre limitazioni, può essere utilizzatoqualsiasi genere e qualsiasi forma narrativa: il raccon-to, i versi, la forma teatrale.

I testi verranno prima di tutto giudicati in base alloro valore letterario, non in base all�’interesse scientifi-co dell�’argomento che trattano.

Nello stesso tempo, se dovessero sostenere un�’idioziascientifica, cioè qualcosa di scientificamente non esatto,verranno esclusi dal concorso, per quanto potranno esse-re validi sul piano letterario.

1. Competenza, talento ed esperienzaC echov: «Non inventare sofferenze che non hai prova-to, non descrivere paesaggi che non hai veduto �– giac-ché in un racconto la menzogna infastidisce assai piùche in una conversazione».

Volendo proprio elencarle, le facoltà necessarie allascrittura dovrebbero essere tre: a) talento; b) esperien-za; c) competenze tecniche.

Ma soprattutto il talento e l�’esperienza sono que-stioni arbitrarie e di non facile comparazione. Pertalento si intende la capacità, la predisposizione, il pia-cere per la scrittura; e per esperienza si intende le espe-rienze fatte, la vita vissuta. Così è chiaro che non c�’è unsolo tipo di talento (il talento per la scrittura di Calvinoera decisamente diverso da quello di Gadda), e menoche mai una sola esperienza di vita. La vera difficoltà èsaper riconoscere il proprio talento, trovare la propriavoce, il proprio stile. Così come saper capire cosa dellapropria esperienza ci distingue dagli altri e vale la pena

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di essere raccontato. Le competenze tecniche, i trucchidel mestiere, naturalmente si acquisiscono con la prati-ca: leggendo e scrivendo molto.

2. Il lavoro di ricerca(«Un artista può forse dipingere un Ecce Homo senzaavere la minima idea della storia e dei miti ebraici, e ditutte le varie caratteristiche che messe insieme forma-no l�’indole dell�’ebreo, le sue convinzioni e i suoi idea-li, le sue passioni e i suoi piaceri, le sue speranze epaure? Un musicista può forse comporre La cavalcatadelle Valchirie e non sapere nulla della grande epica teu-tonica? Lo stesso vale per te: devi studiare. Devi arri-vare a interpretare il volto della vita con intelligenza»,Jack London).

L�’esperienza va collocata in un contesto narrativo equesto deve essere conosciuto profondamente. L�’am -biente storico, geografico, politico, professionale, psico-logico della narrazione. Questo comporta un lungo epaziente lavoro di ricerca, in genere preliminare allaprima stesura. Anche quando si parla di qualcosa a luiquotidiano e attinente, prima di cominciare a scrivereè necessario «vivere» dentro il proprio racconto, «con-vivere» con i personaggi, percepirne l�’ambiente, l�’espe-rienza, la vita prima del momento a quel punto nar -rato.

Un corollario: conoscere tutto non significa doverdire tutto. Occorre saper omettere: un buon lavoro di ri -cerca si vede dalla consistenza del racconto, più che dal - la descrizione minuziosa delle nozioni apprese. (Que stovale soprattutto per gli aspetti tecnico-scientifici).

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3. L�’inizio e la fineÈ bene che il primo paragrafo sia il più efficace etagliente possibile, e che l�’ultimo che non arrivi troppoin là, di solito ogni sbrodolamento non giova al raccon-to. (Il limite di cartelle posto dal concorso è un vantag-gio, sarà l�’occasione per togliere, in abbondanza, buonaparte del superfluo).

4. La persona narranteSi danno, in genere, tre possibilità:

a) Prima persona: punto di vista del soggettob) Terza persona: punto di vista del narratorec) Discorso libero indiretto: storia narrata in terza

persona ma con il punto di vista del soggetto.La scelta della persona narrante cambia sostanzial-

mente l�’impatto del racconto, il tono e la sua efficacia.Ovviamente alcune storie si adattano meglio alla primapersona e altre alla terza. Quindi la scelta va calibratain base al tipo di racconto che si intende scrivere, oltreche alle proprie preferenze e capacità sull�’uno o l�’altroregistro.

Nella prima persona il punto di vista è quello delnarratore: quindi il lettore vede solo quello che vede lavoce narrante (che può essere quella del protagonista omeno). La visione, quindi, non è oggettiva, aumentandola soggettività e l�’impatto narrativo del protagonista-nar-ratore.

Nella terza persona il narratore, rimanendo distintodagli attori del racconto, offre un controllo sull�’azionemaggiore e onnicomprensivo. Ciò permette una mag-giore manipolazione dell�’oggettività narrata e quindi diottenere un effetto di maggiore equilibrio.

Il discorso libero indiretto è una via di mezzo tra ledue: la narrazione, per quanto oggettiva e distante, si

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concentra solamente sul protagonista e racconta solociò che lo riguarda e gli accade.

5. Il registroIl registro è l�’insieme delle scelte stilistiche e narrativeche caratterizzano tecnicamente il racconto. L�’usodella terza persona, o della prima persona; i tempi deiverbi e il loro variare; l�’uso degli accapo, degli stacchi edelle righe bianche. Il ritmo generale che si dà alla nar-razione.

Ovviamente le scelte di registro sono anche legate algenere. Se si scrive un diario intimo, si dovrà usare laprima persona e il passato prossimo. Se si scrive unnoir, difficilmente il racconto reggerà la terza personae un tempo che non sia il presente, o il passato prossi-mo. Detto ciò sono queste scelte che caratterizzano for-temente un racconto e, quindi, un autore. La cosa piùimportante è l�’equilibrio e la coerenza che si dà al regi-stro. Cioè fare una scelta senza cambiarla durante lanarrazione.

6. La storiaVa premesso che l�’impostazione di una storia non deveessere necessariamente fatta a priori. Quello che nondovrebbe mancare, all�’inizio o a metà del lavoro, è unariflessione critica e schematica del proprio scritto. Inquesti termini occorre tenere presente dei parametriche caratterizzeranno una narrazione: a) il genere (o ilnon genere) a cui riportarla; b) la trama, la sua struttu-ra e la sua durata; c) il contesto storico e sociale; d) larealtà (o irrealtà) in cui ambientarla.

Anche un racconto piuttosto breve, può essere con-cepito e strutturato in un modo più complesso, adesempio, di una linea che segue il tempo narrativo:

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flash-back, proiezioni future, stacchi di tempo e di spa-zio vanno però sempre dosati in equilibrio con la strut-tura generale del racconto seguendo l�’idea di doverspiazzare il lettore ma non confonderlo eccessivamen-te. Ogni genere, inoltre, ha delle precise regole narrati-ve che di solito vertono sul registro, la caratterizzazio-ne dei personaggi, il tono del racconto, l�’ambientazio-ne, l�’uso di alcuni espedienti narrativi piuttosto che dialtri. Naturalmente non occorre necessariamente ade-rire ad un genere (né del tutto, né in parte): ogni rego-la narrativa è fatta per essere violata, più le si conoscee le si domina e maggior senso si darà alla loro viola-zione.

7. I personaggi«In genere il comportamento del vostro eroe mancasovente di logica, mentre nell�’arte, come nella vita, nonaccade nulla per caso. [...] Per il momento non hoancora una concezione politica, religiosa e filosofica;ogni mese cambio, e quindi dovrò limitarmi a descrive-re come i miei protagonisti parlano, amano, si sposano,si riproducono e muoiono. [...] Anche nel campo dellapsiche ci vogliono i particolari. Dio ti guardi dai luoghicomuni. Meglio di tutto, non descrivere lo stato d�’ani-mo dei personaggi e fare in modo che scaturisca dalleloro azioni...» [...] È un errore voler mettere in scenaun gran numero di personaggi. Centro di gravità deb-bono essere due soli: lui e lei... [...] Al centro due figu-re principali, una maschile e una femminile, intornoalle quali si raggruppano le altre pedine». C echov, na -turalmente...

E non ci sarebbe molto da aggiungere, se non che ipersonaggi sono il cuore di un racconto, in mancanzadi questi (appunto, meglio se due) tutto crolla o, peggio,

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non decolla mai. Anche quando state scrivendo un rac-conto perfettamente autobiografico in prima persona,quello sulla carta sarà un personaggio che dovrete trat-tare esattamente come gli altri: qualcuno di totalmentedistante e diverso da voi che, col tempo necessario, do -vrete conoscere in profondità, finendo per affezionar-vi a lui come al migliore e più misterioso dei vostriamici.

8. I più comuni erroriOccorrerà fare attenzione ad alcuni, comuni e possibi-li errori della scrittura: l�’uso della punteggiatura, deglistilemi linguistici e lessicali, le ripetizioni di alcuneparole e la ridondanza di formule ed effetti che, perquanto efficaci e stranianti, se troppo marcati o ripetu-ti possono stancare perdendo gran parte della loroforza.

Sul piano narrativo occorrerà prestare attenzionealla coerenza dell�’ambientazione e dei personaggi, allaloro credibilità e verosimiglianza, all�’uguaglianza deitempi e del ritmo narrativo, a formule eccessivamentedidascaliche (quando cioè la narrazione sta spiegandoquello che succede più che raccontarlo, più che mo -strarlo).

9. L�’attesaAnton Cechov: «Non posso dirvi niente di preciso, con-siglio solo di chiudere il racconto in un baule e tenerce-lo tutto un anno, e poi rileggerlo. Allora vi sarà piùchiaro».

10. La revisionePensate a una ricetta: una volta terminata la prima ste-sura, e tutte le dovute correzioni, e lasciato decantare il

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racconto per un tempo cinque volte superiore a quelloa essa necessario senza rivolgergli il benché minimopensiero, si affronti una revisione profonda e totale.Volendo, e potendo, prima ancora lo si affidi a un buonlettore estraneo ed esterno che ne metta apertamentein discussione i difetti (anche se non lo farà opportuna-mente, la parte necessaria è la messa in discussione, piùche la ricerca dei difetti).

La revisione più è sistematica e meglio è: quindil�’ideale è di affrontare un problema alla volta. La coe-renza generale del racconto, la fluidità della narrazione,la struttura, il registro, lo stile, la sintassi, l�’orto grafia.

[manuali di scrittura narrativa]

Raymond Carver, Il mestiere di scrivere, Einaudi.Vincenzo Cerami, Consigli a un giovane scrittore, Einaudi.

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NORME REDAZIONALIil modo migliore di presentare un testo

Qui di seguito una serie di norme solitamente usatedagli editori per uniformare i testi sul piano tipograficoe formale.

RIENTRI: la prima riga ha un rientro, in genere di0,5 cm. A destra e a sinistra non vanno usati rientri. Iltesto normalmente si tiene giustificato, cioè con ugualelunghezza per tutte le righe (tranne per la prima e l�’ul-tima) sia a destra che a sinistra.

SPAZIATURE: non occorre lasciare spazi bianchi odistacchi automatici tra un paragrafo e l�’altro.

SPAZI: tra una parola e l�’altra si lascia uno spaziobianco. Lo spazio, inoltre, si lascia dopo la punteggia-tura e non prima. Fare attenzione a non lasciare più diuno spazio. Ciò vale per tutte le punteggiature (. , ; : ...? !). I trattini quando uniscono due parole (�“semi-serio�”) non richiedono spazio, quando segnano un inci-so (�“non era buono �– o almeno lo speravo�”) richiedonouno spazio sia prima che dopo.

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CARATTERE: usare sempre lo stesso carattere. I carat-teri più leggibili ed efficaci tipograficamente sono quellipiù comunemente usati: Simoncini Garamond, Gara -mond, Baskerville, Times, Times New Roman, Bo -doni.

MAIUSCOLE: a parte dove richiesto dalla grammatica(inizio frase, nomi propri ecc.) è buona norma usare lemaiuscole il meno possibile.

TITOLI: il titolo del racconto ed eventuali titoli suc-cessivi devono essere dello stesso corpo (misura delcarattere) del resto del testo, eventualmente in corsivoo in maiuscoletto.

DIALOGHI: quelli all�’interno del testo vanno introdot-ti delle virgolette (caporalate «�–�–�–�–�–» o alte �“�–�–�–�–�”),oppure da un trattino lungo (esistono due tipi di tratti-ni). Come per la punteggiatura, il trattino o le virgolet-te vanno attaccate alla parola che stanno servendo,quindi lo spazio bianco deve stare prima, se vengonoaperte, e dopo, se vengono chiuse. Le virgolette vannochiuse una volta chiuso anche il discorso diretto. I trat-tini, di norma, non si ripetono, almeno per gli incisi,cioè quando il discorso ricomincia subito dopo. La pun -teggiatura solitamente va fuori dalle virgolette o daitrat tini.

Alcuni esempi:«Corvo Rosso, non avrai mai il mio scalpo» disse

John Wayne.

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�“Corvo Rosso, non avrai mai il mio scalpo�” disseJohn Wayne.

�– Corvo Rosso, non avrai mai il mio scalpo, disseJohn Wayne.

«Corvo Rosso» disse John Wayne, «non avrai mai ilmio scalpo».

�“Corvo Rosso�” disse John Wayne, �“non avrai mai ilmio scalpo�”.

�– Corvo rosso �– disse John Wayne, �– non avrai maiil mio scalpo.

John Wayne disse: «Corvo Rosso non avrai mai ilmio scalpo» e poi sputò per terra.

John Wayne disse: �“Corvo Rosso non avrai mai ilmio scalpo�” e poi sputò per terra.

John Wayne disse: �– Corvo Rosso non avrai mai ilmio scalpo �– e poi sputò per terra.

John Wayne disse: �– Corvo Rosso non avrai mai ilmio scalpo.

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QUALCHE ASSAGGIOestratti celebri di narrazioni sulla scienza

Primo Levi Il sistema periodico

Ci sono, nell�’aria che respiriamo, i cosidetti gas inerti.Portano curiosi nomi greci di derivazione dotta, chesignificano «il Nuovo», «il Nascosto», «l�’Inoperoso»,«lo Straniero». Sono, appunto, talmente inerti, talmen-te paghi della loro condizione, che non interferisconoin alcuna reazione chimica, non si combinano conalcun altro elemento, e proprio per questo motivo sonopassati inosservati per secoli: solo nel 1962 un chimicodi buona volontà, dopo lunghi e ingegnosi sforzi, è riu-scito a costringere lo Straniero (lo xenon) a combinarsifugacemente con l�’avidissimo, vivacissimo fluoro, el�’impresa è apparsa talmente straordinaria che gli èstato conferito il Premio Nobel. Si chiamano anche gasnobili, e qui si darebbe da discutere se veramente tuttii nobili siano inerti e tutti gli inerti siano nobili; si chia-mano infine anche gas rari, benché uno di loro, l�’ar-gon, l�’Inoperoso, sia presente nell�’aria nella rispettabi-le proporzione dell�’1 per cento: cioè venti o trenta voltepiù abbondante dell�’anidride carbonica, senza la qualenon ci sarebbe traccia di vita su questo pianeta.

Il poco che so dei miei antenati li avvicina a questigas. Non tutti erano materialmente inerti, perché ciònon era loro concesso: erano, anzi, o dovevano essere,

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abbastanza attivi, per guadagnarsi da vivere e per unacerta moralità dominante per cui «chi non lavora nonmangia»; ma inerti erano senza dubbio nel loro intimo,portati alla speculazione disinteressata, al discorsoarguto alla discussione elegante, sofistica e gratuita.Non deve essere un caso se le vicende che loro vengo-no attribuite, per quanto assai varie, hanno in comuneun qualcosa di statico, un atteggiamento di dignitosaastensione, di volontaria (o accettata) relegazione almargine del gran fiume della vita. Nobili, inerti e rari:la loro storia è assai povera rispetto a quella di altre illu-stri comunità ebraiche dell�’Italia e dell�’Europa.

Italo CalvinoPriscilla. Mitosi

in Cosmicomiche vecchie e nuove

...E quando dico «innamorato da morire», �– proseguìQfwfq, �– intendo qualcosa di cui voi non avete un�’idea,voi che pensate che innamorarsi voglia dire per forzainnamorarsi di un�’altra persona, o cosa, o cosa diavolo,insomma io sono qui e ciò di cui sono innamorato è là,cioè una relazione connessa alla vita di relazione, inve-ce io vi parlo di prima che mi mettessi in relazione conniente, c�’era una cellula e quella cellula lì che ero io edè già tanto, una cosa così basta e avanza a riempirti lavita, appunto di questo senso di pienezza volevo parla-re, pienezza non dico per via del protoplasma cheavevo, che pur essendo cresciuto in proporzioni notevo-li non era comunque niente di eccezionale, si sa che lecellule sono piene di protoplasma se no di cosa voleteche siano piene, io parlo d�’un senso di pienezza dicia-mo se permettete la parola aperte le virgolette spiritua-

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le chiuse le virgolette, cioè il fatto della coscienza chequella cellula lì ero io, era questa coscienza la pienez-za, era questa pienezza la coscienza, una cosa da nonlasciarti dormire la notte, una cosa da non star piùnella pelle, cioè appunto la situazione che dicevo primadell�’«innamorato da morire».

Italo CalvinoPriscilla. Meiosi

in Cosmicomiche vecchie e nuove

Raccontare le cose come stanno vuol dire raccontarleda principio, e anche se si attacca la storia in un puntoin cui i personaggi sono organismi pluricellulari, peresempio la storia dei miei rapporti con Priscilla, biso-gna cominciare definendo bene cosa intendo quandodico: io, e cosa intendo quando dico: Priscilla, per poipassare a stabilire quali son questi rapporti. Dirò allorache Priscilla è un individuo della mia stessa specie e disesso opposto al mio, pluricellulare come ora mi trovoa essere anch�’io; ma detto questo non ho ancora dettoniente, perché devo specificare che per individuo pluri-cellulare si intende un insieme di circa cinquanta trilio-ni di cellule molto diverse tra loro ma contraddistinteda certe catene d�’acidi identiche nei cromosomi di cia-scuna cellula d�’ogni individuo, acidi che determinanovari processi nelle proteine delle cellule medesime.

Dunque raccontare la storia di me e di Priscilla vuoldire per prima cosa definire i rapporti che si stabilisco-no tra le proteine mie e le proteine di Priscilla sia preseseparatamente sia nel loro insieme, comandate sia lemie che le sue da catene d�’acidi nucleici disposti inserie identiche in ognuna delle sue cellule e in ognuna

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delle mie. E allora raccontare questa nostra storia risul-ta ancora più complicato di quanto si trattava d�’unacellula sola, non solo perché la descrizione dei rappor-ti deve tener conto di tante cose che succedono nelmedesimo tempo ma soprattutto perché è necessariostabilire chi ha rapporti con chi, prima di specificare diquali rapporti si tratta. Anzi, a pensarci bene, definireil tipo di rapporti non è poi così importante come sem-bra, perché il dire che abbiamo dei rapporti per esem-pio mentali oppure dei rapporti per esempio fisici noncambia molto, in quanto un rapporto mentale è quelloche interessa alcuni miliardi di cellule speciali detteneuroni le quali però funzionano raccogliendo gli sti-moli d�’un numero così grande d�’altre cellule che alloratanto vale considerare tutti i trilioni di cellule dell�’orga-nismo in blocco come quando parliamo di rapportofisico.

Robert MusilL�’uomo senza qualità

Sull�’Atlantico un minimo barometrico avanzava indirezione orientale incontro a un massimo incombentesulla Russia, e non mostrava per il momento alcunatendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoter-me e le isòtere si comportavano a dovere. La tempera-tura dell�’aria era in rapporto normale con la tempera-tura media annua, con la temperatura del mese piùcaldo come con quella del mese più freddo, e conl�’oscillazione mensile aperiodica. Il sorgere e il tramon-tare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere,dell�’anello di Saturno e molti altri importanti fenome-ni si succedevano conformi alle previsioni degli annua-

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ri astronomici. Il vapore acqueo nell�’aria aveva la ten-sione massima, e l�’umidità atmosferica era scarsa. In -somma, con una frase che quantunque un po�’ antiqua-ta riassume benissimo i fatti: era una bella giornatad�’agosto dell�’anno 1913.

Leonardo SciasciaLa scomparsa di Majorana

Lavorava molto, per un numero di ore del tutto eccezionale. Ache cosa lavorava, se di tutto quel periodo restano laTeoria simmetrica dell�’elettrone e del positrone, da lui pubblica-ta nel �’37, e il saggio sul Valore delle leggi statistiche nella fisi-ca e nelle scienze sociali, pubblicato quattro anni dopo lasua scomparsa? Coloro che sono dell�’opinione che nonfacesse più nulla nel campo della fisica, possono ancheavere ragione; ma alla pari con coloro che sono dell�’opi-nione esattamente opposta. Scriveva per ore, per molteore del giorno e della notte: e che scrivesse di fisica o difilosofia, il fatto è che di tutte quelle carte restarono duesoli, brevi scritti. Indubbiamente, distrusse tutto pocoprima di scomparire: casualmente lasciando, o volonta-riamente, il saggio che Giovanni Gentile junior pubbli-cherà nel numero febbraio-marzo 1942 della rivistaScientia. La conclusione di questo saggio è per noi, chepochissimo sappiamo di fisica e ancor meno di scienzesociali, profondamente suggestiva: La disintegrazione di unatomo radioattivo può obbligare un contatore automatico a regi-strarlo con effetto meccanico, reso possibile da adatta amplificazio-ne. Bastano quindi comuni artifici di laboratorio per preparare unacatena comunque complessa e vistosa di fenomeni che sia «coman-data» dalla disintegrazione accidentale di un solo atomo radioatti-vo. Non vi è nulla dal punto di vista strettamente scientifico che

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impedisca di considerare come plausibile che all�’origine di avveni-menti umani possa trovarsi un fatto vitale egualmente semplice,invisibile e imprevedibile. Se è così, come noi riteniamo, le leggi sta-tistiche delle scienze sociali vedono accresciuto il loro ufficio chenon è soltanto quello di stabilire empiricamente la risultante di ungran numero di cause sconosciute, ma soprattutto di dare della real-tà una testimonianza immediata e concreta. La cui interpretazio-ne richiede un�’arte speciale, non ultimo sussidio dell�’arte di gover-no. Profondamente suggestiva, diciamo, nel senso del-l�’inquietudine, della paura. Automaticamente ci siamotrovati a versificarla, a disporre le parole su un foglio inun ritmo di dizione e di visione. Strana operazione egratuita, si dirà: ma il fatto è che nel condurla abbiamosentito crescere in noi l�’inquietudine, la paura. E prova-te anche voi, se vi pare: vi troverete di fronte a un tre-mendo epigramma. (E diciamo epigramma nel signifi-cato di composizione poetica breve e concettuosa; ma �–chissà �– anche ironica, anche beffarda).

Carlo Emilio GaddaLa meccanica

La scienza della realtà e della necessità, delle cause edelli effetti, dell�’ingegni di puntamento, di percussionee di prótasi, quella sola può leggere dal suo quadernoche in sul capo all�’Autore cadrà il pomo dall�’albero,piantato nel prato, e disgregatasi invece dalle torrierme dell�’alpe cadrà la pietra, cercando il profondo;che il giusto colpo spingerà tremendo sopra al bersa-glio; e che l�’erba, che sarà cresciuta, la mangerà ilcavallo, che campato sarà. Ma, davanti l�’ombra de�’monti e sotto li stellati cieli della notte, per entro e perfuora le vene delli umani e il popolo immenso delle

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foreste, de�’ tenebrosi fatti delle lor anime non ha sorti-legio da predir se non pochi, nel gioco riconoscendodelle sue carte tutti quelli che finalmente, consumataalla faccia de�’ gabbati santi la festa, anche il gufo bar-bagianni dottor grandissimo fattosi in sue sentenziesapientissimamente dirà.

Est quod est.

Christopher IsherwoodUn uomo solo

Ma supponiamo che, tuttavia...Prendiamo l�’istante in cui, anni fa, George entrò allo

Starboard Side e posò per la prima volta lo sguardo suJim, non ancora smobilitato, e bello oltre ogni dire nelladivisa della Marina. Supponiamo poi che, in quello stes-so istante, giù nel ramo principale dell�’arteria coronariadi George, sia cominciato un processo inimmaginabil-mente graduale. In qualche modo �– non c�’è dottore chepossa spiegarci perché �– il rivestimento interno comin-cia a diventare ruvido. E, a uno a uno, ioni di calcio tra-sportati dalla corrente sanguigna cominciano a deposi-tarsi sul morbido endotelio... Così, lentamente, invisibil-mente, con la maggiore discrezione e senza il minimoallarme di quei vecchi casinisti nel cervello, si crea unasituazione quasi indecentemente melodrammatica: laformazione di una placca ateromatosa.

Limitiamoci a supporlo. (Il corpo sul letto sta anco-ra russando). È altamente improbabile. Si potrebberoscommettere migliaia di dollari contro il suo verificarsi,questa o qualsiasi altra notte. E tuttavia non c�’è dubbio,potrebbe essere sul punto di accadere... entro i prossi-mi cinque minuti.

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Molto bene... supponiamo che questa sia la notte,l�’ora, il minuto stabilito.

Ora...Forse il corpo sul letto si stira leggermente; ma non

grida, non si sveglia. Non mostra alcun segno esterioredello shock istantaneo e annichilente. Corteccia enucleo vengono assassinati durante il black-out con lavelocità di uno strangolatore indiano. Privato del suoossigeno, il cuore si contrae e si ferma. Tagliata la cor-rente, i polmoni si afflosciano. In tutto il corpo le arte-rie si contraggono. Se il blocco non fosse stato totale, sel�’occlusione fosse avvenuta in una delle ramificazionisecondarie dell�’arteria coronaria, l�’equipaggio delloscheletro avrebbe potuto porvi riparo; sono capaci dimiracoli d�’ingegneria. Con un po�’ di tempo a disposi-zione, avrebbero potuto disporre dei condotti di deriva-zione, isolare, cicatrizzandola, l�’area danneggiata. Invecenon c�’è assolutamente tempo. Muoiono all�’improvviso,ai loro posti di combattimento.

Per qualche minuto, forse, la vita si attarda nei tes-suti di certe regioni periferiche. Poi, una a una, le lucisi spengono e il buio è totale. E se qualche parte dellanon-entità che chiamavamo George era davvero assen-te al momento del colpo finale, se era là nelle acqueprofonde, in alto mare, quando tornerà si troverà senzacasa. Perché non potrà più associarsi a ciò che quigiace, senza più russare, sul letto. A ciò che è ora paren-te della spazzatura nel secchio, in cortile. Entrambiandranno rimossi, a entrambi bisognerà provvedere.

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BIBLIOGRAFIE

[romanzi vincitori del premio letterario Merck Serono]

Mark Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte,Einaudi.

Kazuo Ishiguro, Non lasciarmi, Einaudi. Hans Magnus Enzensberger, Il mago dei numeri, Einaudi.Paolo Giordano, La solitudine dei numeri primi, Mondadori.Stefan Merril Block, Io non ricordo, Neri Pozza.Edward Osborne Wilson, La creazione, Adelphi.

[romanzi]

Aa.Vv., Racconti matematici, Einaudi.Mitch Albom, I miei martedì col professore, Rizzoli.Italo Calvino, Le cosmicomiche vecchie e nuove, Mondadori.Louis-Ferdinand Céline, Il dottor Semmelweis, Adelphi.Michael Crichton, Preda, Garzanti.Paul Collins, Né giusto, né sbagliato, Adelphi.Jeffery Deaver, La strada delle croci, Rizzoli.Edgar Lawrence Doctorow, Homer & Langley, Mondadori. Nicola Gardini, Lo sconosciuto, Sironi.Carlo Emilio Gadda, La meccanica, Garzanti.

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Christopher Isherwood, Un uomo solo, Adelphi.Ian McEwan, Sabato, Einaudi.Robert Musil, L�’uomo senza qualità, Einaudi.Gina Lagorio, Càpita, Garzanti.David Leavitt, Il matematico indiano, Mondadori.Primo Levi, Il sistema periodico, Einaudi.Oliver Sacks, Zio Tungsteno, Adelphi.Leonardo Sciascia, La scomparsa di Majorana, Adelphi.Mary Shelley, Frankenstein, Einaudi.Robert Louis Stevenon, Dr. Jekill e Mr. Hide, Einaudi.Daniel Kehlmann, La misura del mondo, Feltrinelli.Richard Preston, Area di contagio, Rizzoli.Richard Powers, Il fabbricante di eco, Mondadori.Giuseppe Pontiggia, Nati due volte, Mondadori. Jules Verne, Viaggio al centro della terra, Einaudi.Edward Osborne Wilson, Anthill, Elliot.

[saggi vincitori del premio letterario Merck-Serono]

Luigi Luca Cavalli-Sforza, L�’evoluzione della cultura, CodiceEdizioni.

Carl Djerassi, Operazione Bourbaki, Di Renzo Editore.Edoardo Boncinelli, L�’anima della tecnica, Rizzoli. Guido Barbujani, L�’invenzione delle razze, Bompiani. Gianni Bonadonna e Giangiacomo Schiavi, Medici umani,

pazienti guerrieri, Baldini Castoldi Dalai.

[saggi]

Luigi Luca Cavalli-Sforza, Geni, popoli e lingue, Adelphi.Luigi Luca Cavalli-Sforza, Storia e geografia dei geni umani,

Adelphi.

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Flo Conway, L�’eroe oscuro dell�’età dell�’informazione, CodiceEdizioni.

Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie, Einaudi.Apostolos Doxiadis, Christos Papadimitriou, Logicomix,

Guanda. Gerald Durrell, Il picnic e altri guai, Adelphi.Gerald Durrell, Incontri con animali, Adelphi.Gerald Durrell, Io e i lemuri, Adelphi.Gerald Durrell, La mia famiglia e altri animali, Adelphi.Gerald Durrell, Storie del mio zoo, Adelphi.Giuseppe Gavazzi, La colorata lentezza delle galassie, Marsilio. Roald Hoffmann, Se si può, si deve?, Di Renzo Editore.Jonah Lehrer, Proust era un neuroscienziato, Codice Edizioni.Konrad Lorenz, E l�’uomo incontrò il cane, Adelphi.Konrad Lorenz, Gli otto peccati capitali della nostra civiltà,

Adelphi.Konrad Lorenz, L�’anello di re Salomone, Adelphi.Gabriele Lolli, La crisalide e la farfalla, Bollati Boringhieri.Eugenes Marais, L�’anima della formica bianca, Adelphi.Erns Mayr, L�’unicità della biologia, Raffaello Cortina.Antonio Pascale, Scienza e sentimento, Einaudi.Jeremy Rifkin, Ecocidio, Mondadori.Oliver Sacks, L�’isola senza colore, Adelphi.Oliver Sacks, Musicofilia, Adelphi.Joe Schwarcz, Come si sbriciola un biscotto?, Longanesi.Giuseppe Sermonti, Le delizie della biologia, Lindau.Sherry Turkle, La vita nascosta degli oggetti tecnologici,

Ledizioni.

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Finito di stampare nel mese di gennaio 2011presso C&S �– Roma

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