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FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE UNIVERSITÀ DI ROMA TRE LUCI E OMBRE IN J. LUCI E OMBRE IN J. LUCI E OMBRE IN J. LUCI E OMBRE IN J.-J. ROUSSEAU J. ROUSSEAU J. ROUSSEAU J. ROUSSEAU NEL TRICENTENARIO DELLA NASCITA J. J. J. J.-J. ROUSSEAU E L’ INFANZIA J. ROUSSEAU E L’ INFANZIA J. ROUSSEAU E L’ INFANZIA J. ROUSSEAU E L’ INFANZIA DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE 22 NOVEMBRE 2012 Abstracts Riassunti

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FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE UNIVERSITÀ DI ROMA TRE

LUCI E OMBRE IN J.LUCI E OMBRE IN J.LUCI E OMBRE IN J.LUCI E OMBRE IN J.----J. ROUSSEAUJ. ROUSSEAUJ. ROUSSEAUJ. ROUSSEAU NEL TRICENTENARIO DELLA NASCITA

J.J.J.J.----J. ROUSSEAU E L’ INFANZIAJ. ROUSSEAU E L’ INFANZIAJ. ROUSSEAU E L’ INFANZIAJ. ROUSSEAU E L’ INFANZIA

DAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALEDAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALEDAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALEDAI FIGLI NATURALI ABBANDONATI A EMILE ALLIEVO IDEALE

FACOLTÀ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE

22 NOVEMBRE 2012

Abstracts Riassunti

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1. JEAN-JACQUES ROUSSEAU E I FIGLI. Le nozioni psicologiche che l’autore di «Emile ou de l’éducation» non possedeva.

Merete Amann Gainotti Università degli Studi Roma Tre

2. La condizione di orfano. Dalle rappresentazioni di Rousseau alle attuali teorie sullo sviluppo emotivo-affettivo nella prima infanzia

Susanna Pallini Università degli Studi Roma Tre

3. Immagini di bambini in orfanotrofio Giovanni Maria Vecchio Università degli Studi Roma Tre

4. Le capacità cognitive dell’infante. Il contributo delle ricerche attuali in

Psicologia dello sviluppo

Paola Perucchini Università degli Studi Roma Tre

5. EDGEWORTH VS ROUSSEAU: dall’ EMILE alla PRACTICAL EDUCATION, per colpa di un cavallo inglese

Raffaella Leproni Università degli Studi Roma Tre

6. Identità di genere e miti educativi Carmela Covato Università degli Studi Roma Tre

7. L’educazione sentimentale di Emilio e Sofia Francesca Borruso Università degli Studi Roma Tre

8. Lettura e letture di Emilio e Sofia

Lorenzo Cantatore Università degli Studi Roma Tre

9. Il viaggio di formazione. misurarsi con le diversità Maura Di Giacinto Università degli Studi Roma Tre

10. Empatia o compassione? Martha Nussbaum rilegge il IV libro dell’Emilio. Nuove prospettive e pratiche di convivenza umana

Chiara Meta Università degli Studi Roma Tre

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JEAN-JACQUES ROUSSEAU E I FIGLI. Le nozioni psicologiche che l’autore di «Emile ou de l’éducation» non possedeva.

Merete Amann Gainotti Università degli Studi Roma Tre

Non può non stupire e rimane un fatto sorprendente che un uomo come Jean Jacques Rousseau, che ha dato prova di notevole sensibilità pedagogica nell’ opera intitolata “ Emile ou de l’Education”, pubblicata nel 1762, lo stesso anno di un altro suo famosissimo scritto il “Contrat social”, sia stato capace di abbandonare i suoi cinque figli, venuti alla luce tra il 1746 e il 1752 nell’istituto degli “Enfants trouvés” (bambini trovati o trovatelli) di Parigi.

Obiettivo dell’intervento è di esaminare le giustificazioni che lo stesso Rousseau da del suo gesto , ripetuto cinque volte, nei suoi scritti autobiografici, in particolare nelle sue “Confessions”.

D’altra parte, poiché Rousseau, per giustificare il suo gesto, afferma a più riprese che l’istituto degli “Enfants trouvés” gli pareva una istituzione valida dal punto di vista educativo, è sembrato interessante fornire delle indicazioni sul funzionamento di questa istituzione e sul numero di bambini che vi venivano abbandonati ai tempi di Rousseau.

Tali dati obiettivi, che Rousseau non si preoccupò affatto di acquisire, ci consentono di pensare, alla luce delle attuali conoscenze in psicologia dello sviluppo sui bisogni socio-affettivi e sullo sviluppo mentale nei primi anni di vita , che i figli dell’autore di “ Emile ou de l’éducation” , abbandonati alla nascita, andarono incontro ad un destino crudele. Pubblicazioni sul tema

AMANN GAINOTTI M., Tempi e luoghi nella vita di Jean-Jacques Rousseau, Scienze

del Pensiero e del Comportamento, agosto 2012, in : www.avios.it

DELASSELLE C., Les enfants abandonnés à Paris au XVIIIe siècle, in « Annales. Économies, Sociétés, Civilisations » 30e année, N. 1, 1975, pp. 187-218

ROUSSEAU J.-J. (1762) , Emile ou de l’Education, trad.it. Firenze, La Nuova Italia, 1995

ROUSSEAU J.-J., Émile ou de l’éducation, édition numérique établie par Jean-Marie Tremblay, livre I-III, collection « Les classiques des sciences sociales », Université du Québec, Chicoutimi, 2002, http://classiques.uqac.ca/classiques/Rousseau_jj/emile/emile_de_education_1_3.pdf

ROUSSEAU J.J. (1764-69) , Les Confessions vol. I et II , Garnier-Flammarion, Paris 1968. Trad. it a cura di Felice Filippini, BUR Rizzoli, Milano, 1998

ROUSSEAU J.J. (1776-78), Les reveries du promeneur solitaire, Garnier- Flammarion, Paris, 1997

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La condizione di orfano. Dalle rappresentazioni di Rousseau alle attuali teorie sullo sviluppo emotivo-affettivo nella prima infanzia Susanna Pallini Università degli Studi Roma Tre

Il piccolo umano è predisposto geneticamente a rispondere ad una figura d’accudimento preferenziale che gli parla, lo tocca in modo sensibile e introduce nuovi stimoli in modo sicuro, prevedibile, ripetitivo e graduale (Johnson et al., 2006). Il periodo in cui la formazione degli attaccamenti iniziali e selettivi ha un maggior peso biologico è costituito dai primi anni di vita: i bambini sviluppano relazioni d’attaccamento con caregivers specifici verso la seconda metà del primo anno di vita, ma anche prima ciò avvenga, il caregiver gioca un ruolo decisivo nell’aiutare il piccolo a regolare gli stati fisiologici e comportamentali. Cosa accade, allora, ai bambini che avendo perduto i genitori, non hanno la possibilità di stabilire un legame d’attaccamento preferenziale nei primi anni di vita?

Nel corso della storia i bambini orfani, in assenza di sostituti validi, sono stati accolti in strutture e hanno usufruito perciò di una cura istituzionale indifferenziata. Già ai tempi di Rousseau si conoscevano i danni che ciò produceva nei bambini, e soprattutto l’elevatissima mortalità associata all’istituzionalizzazione. Più recentemente, nel dopoguerra, Spitz ha analizzato le condizioni degli orfanatrofi negli Stati Uniti e le conseguenze nei bambini in esse ricoverati, Bowlby, ha condotto i suoi studi sui bambini istituzionalizzati in Inghilterra, negli anni 50: entrambi gli autori hanno descritto una particolare sindrome da deprivazione delle cure genitoriali.

In molti dei paesi occidentali, l’attenzione agli effetti che la permanenza in tali strutture produceva nei bambini negli anni 40 e 50, ha fatto cessare l’uso su larga scala delle cure istituzionali. Nonostante ciò, ancora oggi, circa 44.000 bambini sotto i tre anni sono ricoverati in orfanatrofi, nelle nazioni europee per le quali sono disponibili dati dell’OMS.

Gli effetti dell’istituzionalizzazione variano drammaticamente a seconda dei contesti e dell’organizzazione istituzionale. Ad esempio, negli orfanatrofi Palestinesi, nella striscia di Gaza, gli effetti dell’istituzionalizzazione vanno a sommarsi agli effetti di traumi plurimi, quali la morte violenta del genitore e l’esposizione diretta ai traumi di guerra. In tali casi è difficile distinguere a quali cause, (i traumi plurimi o l’istituzionalizzazione) siano imputabili l’alto grado di problemi mentali o/e emotivi riscontrati nei bambini ricoverati nelle istituzioni.

In particolare, le condizioni degli orfanatrofi Rumeni offrono un attuale, tragico esperimento naturale sugli effetti della deprivazione di stimoli sensoriali e di cure individualizzate da parte di una figura d’attaccamento stabile. Le condizioni degli orfanatrofi rumeni, anche se soggette a variazioni, sono da considerarsi da insufficienti a terribili. Michael Rutter, con il gruppo di studio dell’Istituto di Psichiatria di Londra sui bambini Rumeni adottati, ha seguito un ampio numero di bambini adottati in Inghilterra, che aveva trascorso la primissima parte della loro vita in istituzioni rumene. Vi sono essenzialmente quattro ambiti di compromissione osservati negli orfani istituzionalizzati Rumeni: il quasi autismo, l’attaccamento disinibito, la

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disattenzione iperattività e la compromissione cognitiva. Ci focalizzeremo nel presente incontro sul problema dell’attaccamento disinibito.

Pubblicazioni dell’autrice sul tema

Amann Gainotti M., Pallini S. (a cura di) (2005). La relazione con l’altro. Roma: Quaderni, n.3, Edizioni dell’ Università di Roma Tre.

Pallini S., Amann Gainotti M. (2006). La ninna-nanna come momento di regolazione emotiva ed affettiva. In C. Covato (a cura di) Metamorfosi dell’identità. Per una storia delle Pedagogie narrate, Milano: Guerini, (pp.243-263).

Pallini S. (2008). Psicologia dell’attaccamento, processi interpersonali e valenze educative. Milano: FrancoAngeli.

Laghi F., Vignola E., Pallini S., Baiocco R. (2010). Il ruolo dei processi attentivi nella co-detenzione: labilità attentiva e distanziamento nei primi 36 mesi di vita. Psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, 77, 582-590.

Pallini S., Liotti G. (2010). Coerenza narrativa ed organizzazione comportamentale. In L. Onnis (a cura di) Legami che creano, legami che curano. Torino: Bollati Boringhieri, (pp.251-289).

Pallini S., Laghi, F. (2012). Attention and attachment related behavior toward professional caregivers in child care centers: a new measure for toddlers. Journal of Genetic Psychology, 173(2), 158-174. [Impact Factor 2010 =0,909]

Fassone G., Valcella F., Pallini S., et al.. (2012) Assessment of Interpersonal Motivation in Transcripts (AIMIT): An inter- and intra-rater reliability study of a new method of detection of interpersonal motivational systems in psychotherapy. Clinical Psychology & Psychotherapy,19, 224-34. [Impact Factor 2010 = 1,275]

Pallini S., Liotti G. (2012). Attaccamento, organizzazione-disorganizzazione e regolazione diadica dell’attenzione. Rivista per le Medical Humanities, 22, 17-25.

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Immagini di bambini in orfanotrofio Giovanni Maria Vecchio Università degli Studi Roma Tre

Il presente contributo prevede la proiezione di materiali video che raccontano l’infanzia abbandonata in diverse epoche storiche. Nella prima parte, attraverso le scene di due film si raccontano alcuni frammenti della vita Rousseau e il fenomeno molto diffuso dell’abbandono dei figli a Parigi sin dal XVII secolo. Nella seconda parte, si descrive la condizione di vita delle migliaia di bambini che vivono in orfanotrofio, soprattutto in zone del mondo colpite dalla guerra e dalla miseria. Nella terza parte, si presenta la storia di una grande istituzione Italiana, l’”Istituto degli Innocenti” di Firenze, che già dal XV secolo si è dedicata all’accoglienza e alla cura dei bambini abbandonati.

“Avventure di J.J. Rousseau” (Sceneggiato RAI, 1984) In una sequenza dello sceneggiato, alla domanda di una signora che gli aveva

affidato l’educazione del proprio figlio, Rousseau risponde stizzito ammettendo di avere dei figli. Nel libro “Le Confessioni” spiegherà che affidò i propri figli agli “Enfants Trouvés” di Parigi per assicurare loro l’educazione che lui non avrebbe potuto dare.

“Monsieur Vincent” (Francia,1947). Film di Maurice Cloche, premio Oscar nel 1948 Un secolo prima dell’istituzione dell’”Enfant Trouves” a Parigi è molto nota l’opera di

Vincent de Paul, promotore di iniziative caritatevoli a favore dei diseredati e dei bambini abbandonati, opere tanto celebri che gli valsero la nomina di consigliere da parte di Luigi XIII di Francia.

“Ethiopia Orphanages”; “Kebebe Tsehai Orphanage - Addis Ababa, Ethiopia”;

“Russian Orphans” Alcuni video realizzati da organizzazioni umanitarie internazionali mostrano le

condizioni di vita dei bambini che vivono in alcuni orfanotrofi in Etiopia e in Russia. Solo la speranza di una adozione può sottrarli a condizioni igienico-sanitarie altamente precarie ed a stili vita a volte disumani.

“Istituto degli innocenti” di Firenze Il video è frutto del progetto "Ragazzi e stampa", promosso dall'Istituto degli

Innocenti di Firenze per coinvolgere gli adolescenti in esperienze di giornalismo di cittadinanza.

La lunga storia dell’istituto inizia quasi 6 secoli fa, nel 1419, quando viene commissionata a Brunelleschi la costruzione di un Ospedale per accogliere e curare i bambini abbandonati. Si stima che dal XV al XX secolo circa mezzo milione di neonati abbiano varcato le soglie dell’Istituto.

Oggi l'Istituto degli Innocenti è sede di un Archivio Storico che contiene documenti di rara importanza sulla condizione dell’infanzia abbandonata e centro di riferimento internazionale per lo studio dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

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Filmografia “Avventure di J.J. Rousseau” (Sceneggiato RAI, 1984). Regia di Umberto Silva. Teche

RAI.

“Monsieur Vincent” (Francia,1947). Regia di Maurice Cloche. Distribuzione Multimedia San Paolo.

Sitografia

http://www.istitutodeglinnocenti.it

http://www.ripplemarks.net/

http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntate/figli-di-nessuno/757/default.aspx

http://www.youtube.com/watch?v=ZN2VGTrSwZ8&feature=fvwrel

http://www.youtube.com/watch?v=cbEDg8rLTiY&feature=g-crec-f

http://www.youtube.com/watch?feature=endscreen&v=VDMq6qYR_Ho&NR=1

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Le capacità cognitive dell’infante. Il contributo delle ricerche attuali in

Psicologia dello sviluppo

Paola Perucchini Università degli Studi Roma Tre

Per quale motivo non sarebbe possibile, sulla base delle conoscenze scientifiche attuali, consigliare a un genitore di affidare i propri figli a un orfanatrofio? Quali conseguenze possono derivare dall’essere allevati sin da neonati in un ambiente povero di stimoli e di contatti sociali e affettivi? Quale esito nello sviluppo del bambino ci si può aspettare da una tale condizione di allevamento?

Nella relazione verranno presentati i risultati di alcuni studi di psicologia sulla prima infanzia che mostrano le capacità e le conoscenze presenti nel bambino piccolo evidenziando come esso sia un individuo competente, interagisca attivamente con le persone e gli oggetti presenti nel mondo che lo circonda e influenzi il comportamento dell’altro. Le principali teorie dello sviluppo, rintracciabili nell’approccio socio-costruttivista, partendo da tali risultati, sostengono come lo sviluppo del bambino, a livello dei processi cognitivi, della comunicazione e del linguaggio, dipendano strettamente dall’interazione con l’altro, in particolare l’adulto.

La capacità del bambino di entrare in contatto con le persone e gli oggetti è determinata da una predisposizione a interagire con l’altro, come dimostrano le ricerche sulla preferenza percettiva per gli stimoli umani (volto, voce, odore) e sulla regolazione interattiva durante l’allattamento e le interazioni faccia a faccia. Il bambino piccolo, inoltre, produce una serie di comportamenti che hanno valenza comunicativa per chi si prende cura di lui, come il pianto, il sorriso, i vocalizzi. Tutto ciò fa si che sin dalle prime settimane di vita il bambino partecipi a sequenze interattive in cui esso agisce “come se” fosse attivo interlocutore del proprio partner. Questo tipo di situazione favorisce il realizzarsi di quel processo di apprendimento ben descritto da Bruner (1983) e chiamato scaffolding.

L’acquisizione della capacità di comunicare, prima con azioni, gesti e vocalizzi, e successivamente con le parole, è un buon esempio della combinazione di predisposizione biologica del bambino, stimolazione ambientale e interazione sociale come elementi indispensabili per lo sviluppo.

I risultati delle ricerche saranno presentati per illustrare come per la crescita del bambino sia necessario un ambiente stimolate e partner disponibili, condizioni non facilmente presenti in un orfanatrofio.

Pubblicazioni dell’autrice attinenti ai temi trattati

Perucchini P., Aureli T., D’Intino S., (2010). Maternal scaffolding's effect on child

combinatory ability in the period between one- to two-word speech. Rivista di Psicolinguistica Applicata/Journal of Applied Psycholinguistic, X, 3, 37-48.

Franco F., Perucchini P., March B., (2009). “Is infant initiation of joint attention by pointing affeccted by type of interaction?”, Social Development, 18, 1, 51-76.

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Aureli T., Perucchini P., Genco M., (2009). “Children’s understanding of communicative intentions in the middle of the second year of life”, Cognitive Development, 24, 1-12.

Perucchini P., Aureli T., Palazzo A. Nicolò R., (2009) “Dall’azione all’indicare tra 9 e 18 mesi d’età: due contesti comunicativi a confronto”, Età Evolutiva, 93, 62-69.

Perucchini P., Plescia F., (2008). “Intenzioni comunicative e livelli di competenza nell’uso del gesto di indicare”. Psicologia Clinica dello Sviluppo, 1, 111-128.

Perucchini P., (2007). “Il bambino della scuola dell'infanzia: interazioni e conoscenza sociale”, in S.S. Macchietti (a cura di) “Il bambino di oggi per il mondo di domani. Quali prospettive educative”, Euroma, Roma, pp. 19-27.

Camaioni L., Perucchini P., Bellagamba F., Colonnesi C., (2004). “The role of declarative pointing in developing a theory of mind”, Infancy, 5, 3, 291-308.

Camaioni L., Aureli T., Perucchini P., (2004). “Osservare e valutare il comportamento infantile”, il Mulino, Bologna, pp. 200.

Perucchini P., Bonaiuto M., Colonnesi C., Gnisci A., (2003). “La capacità persuasiva e la comprensione della mente in età prescolare”. Giornale Italiano di Psicologia, XXX, 4, 803-824.

Perucchini P., (2002). “Il gesto di indicare con intenzione dichiarativa nello sviluppo comunicativo”, in M.C. Caselli e O. Capirci (a cura di) “Indici di rischio nel primo sviluppo linguistico: ricerca, clinica, educazione”, Franco Angeli, Milano, 80-94.

Camaioni L., Perucchini P., (2001). “Lo sviluppo della comunicazione prima del linguaggio”, in L. Camaioni (a cura di), Psicologia dello sviluppo del linguaggio, il Mulino, Bologna.

Baumgartner E., Perucchini P., (2001). “Combinaisons de gestes et de mots dans la deuxième année”, in B. Ongari (a cura di) “Contextes du développement et facteurs de protection”, Edizioni 31, Trento, 207-212.

Perucchini P., Camaioni L., (1999). “Le intenzioni comunicative del gesto di indicare. Un’analisi attraverso un questionario compilato dai genitori”. Età Evolutiva, 64, 43-54.

Perucchini P., (1997). "Sviluppo delle funzioni richiestiva e dichiarativa del gesto di indicare". Giornale Italiano di Psicologia, XXIV, 4, 811-827.

Camaioni L., Baumgartner E., Perucchini P., (1991). "Content and structure in toddlers' social competence with peers from 12 to 36 months of age". Early Child Development and Care, 67, 17-27.

Baumgartner E., Camaioni L., Perucchini P., Pascucci M., (1989). "Un confronto tra l'interazione genitore-bambino e l'interazione bambino-bambino: modalità, contenuti e ruoli". Rassegna di Psicologia, VI, 1-2, 91-106.

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EDGEWORTH VS ROUSSEAU: dall’ EMILE alla PRACTICAL EDUCATION, per colpa di un cavallo inglese Raffaella Leproni Università degli Studi Roma Tre

Nel 1798 Richard Lovell Edgeworth e sua figlia Maria pubblicavano Practical

Education, il primo trattato sistematico-sperimentale che, prendendo le mosse dall’empirismo di Locke e di Bacon, prevedesse, in Inghilterra, l’integrazione e il superamento delle teorie rousseauviane in nome di una scienza dell’educazione basata sui fatti e sull’esperienza.

Questo scarto con la tradizione francese si può attribuire, tra le altre cose, proprio alla grande stima e amicizia che Edgeworth padre nutriva in gioventù per Rousseau – tanto da portargli il proprio primogenito perché lo informasse dei sani principi con tanta forza professati nell’Emile. Al rientro in Irlanda, dove Richard Lovell aveva intanto assunto la guida dei possedimenti di famiglia, gli esiti dell’incontro col philosophe costrinsero Edgeworth a ripensare le teorie educative in ottica sperimentale, avvalendosi nel tempo del fondamentale contributo della figlia (cui probabilmente si deve la maggior parte dell’opera) e dell’intera famiglia, in un clima di peer-reviewed education che trovava ampio riscontro nei testi pedagogici e narrativi degli Edgeworth e nella loro pratica educativa.

E il cavallo? Beh, quello fu l’inizio del problema…

Opere di R. L. e M. Edgeworth The Parent’s Assistant, or Stories for Children, Macmillian and Co., Limited, St.

Martin’s Street, London, 1907 Practical Education, J. Johnson, St. Paul’s Church-Yard, London, 1798, II voll. Memoirs of Richard Lovell Edgeworth, Esq., Begun by Himself and Concluded by His

Daughter, Maria Edgeworth; 2 voll., London, R. Hunter, 1820; Shannon, Irish University Press, 1970 (introduzione di D. Clarke)

Lavori dell’autrice su Edgeworth The Pedagogic Value of Language Structures in one of Maria Edgeworth’s Stories for

Children. A case-study. In Englishes - Literary, Linguistic and Intercultural Encounters, Rivista quadrimestrale, volume n. 46 anno 2012, Roma, SSN: 1593 – 2494.

Maria Edgeworth, Harrington, introduzione e note a cura di C. De Petris, traduzione di R. Leproni, Belforte editore, Livorno, pagg. LXXII, 272, luglio 2012, ISBN 978-88-7467-068-0.

Maria Edgeworth, Due racconti, Introduzione, traduzione e note a cura di Raffaella Leproni, Kappa edizioni, Roma, giugno 2009, pp. 121

Opere sul tema educazione/pedagogia James L. Axtell (ed.), John Locke, The Educational Writings of John Locke, Cambridge

university Press, London, 1968 Butler, Marilyn, Maria Edgeworth: a literary biography, Oxford, Clarendon Press, 1972

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Coveney, Peter, The Image of Childhood: The Individual and Society: A Study of the Theme in English Literature (Baltimore, 1967)

N. Hans, New Trends in Education in the Eighteenth Century, London, 1951 J. H. Plumb, 'The New World of Children in Eighteenth-Century England', Past and

Present, n° 67 (May 1975) Brian Simons, Studies in the History of Education, 1780-1870, 1960 Jenny Uglow, The Lunar Men. The Friends Who Made the Future, Faber & Faber,

London, 2002.

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Identità di genere e miti educativi Carmela Covato Università degli Studi Roma Tre Nella storia del pensiero pedagogico, le teorie di J.-J. Rousseau testimoniano, in modo

esemplare, la tendenza ad elaborare due progetti educativi rigidamente distinti in base al «genere» di appartenenza, nel contesto di un determinismo biologico, apparentemente sostenuto solo da giustificazioni ideali e morali. In Emilio o dell'educazione, Sofia esiste in quanto la compagna di Emilio, docile, virtuosa, servizievole, moderatamente istruita, ma tenuta lontana dalle scienze che implichino un ragionamento, come la filosofia, la logica, e la matematica.

Nell’ambito della sterminata saggistica critica sul pensiero politico e filosofico di Rousseau, non mancano riflessioni sul carattere sessista delle sua utopia pedagogica e su una concezione della femminilità assolutamente priva di soggettività. Allo stesso tempo, è significativo mettere in rilievo un fenomeno, forse meno esplorato:, l'utilizzazione della figura femminile come «luogo» di una polemica filosofica e politica. Nel caso di Rousseau il bersaglio di questa polemica è, fra l’altro, l'idea di progresso come motore del pensiero illuminista.

Nel sollecitare le madri a occuparsi dei figli nella primissima infanzia, a nutrirli e allevarli con cura, ponendosi così in contrasto con i modelli di vita diffusi presso i ceti aristocratici, Rousseau- ben lontano dal realizzare nella pratica principi nuovi nell’educazione dei figli- elabora pedagogicamente una tendenza che si andrà consolidando nel secolo successivo con l'affermarsi degli stili di comportamento connessi alla famiglia nucleare borghese. Soprattutto egli polemizza con un ceto aristocratico che gli appare mondano e corrotto e con un clima culturale che, avendo esaltato lo sviluppo delle scienze e del progresso, avrebbe aperto la strada alla degenerazione del costume e a una società sempre più lontana dallo stato di natura.

Pubblicazioni sul tema

E. BADINTER, L'amore in più. Storia dell'amore materno, trad. di R. Loy, Milano,

Longanesi, 1981; F. CAMBI, Tre pedagogie di Rousseau. Per una riconquista dell’uomo-natura, Il Melangolo,

Genova 2011. M. CRAMPE-CASNABET, La donna nelle opere filosofiche del Settecento, in N. Zemon

Davis e A. Farge (a cura di), Storia delle donne, vol. III, Laterza,1995 Roma.Bari,314-350;

J.-J. ROUSSEAU, Emilio o dell'educazione (1762), traduzione e cura di E. Nardi, Firenze, La Nuova Italia, 1995.

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L’educazione sentimentale di Emilio e Sofia Francesca Borruso Università degli Studi Roma Tre

L’educazione riservata a Sofia, nettamente differente da quella di Emilio, è tutta

orientata alla cura della famiglia, della casa e dell’esaltazione dei lavori femminili. La maternità è il suo naturale destino, le sue virtù della modestia, della riservatezza, del pudore, del silenzio, dell’obbedienza, ribadiscono la sua condizione di subalternità al dominio maschile, secondo la tradizione del tempo. Nonostante ciò, l’ideale dell’amore romantico e di un matrimonio non più frutto dell’imposizione delle famiglie, bensì come unione liberamente scelta dai coniugi per ragioni sentimentali, sembra avere fra i suoi precursori letterari la figura di Sofia, futura sposa di Emilio e anello di congiunzione fra l’Età dei Lumi e la stagione romantica ottocentesca.

L’utopico progetto roussoiano è, infatti, complesso e non indenne da contraddizioni, sia perché Sofia è anche una donna fiera, sensibile, padrona di sé, esigentissima nella scelta dell’amante, sia perché attraverso l’idealizzazione del rapporto coniugale, frutto di intesa e sostegno reciproco, Rousseau ha proposto all’età romantica questa astratta e immaginaria compiutezza dell’unione fra un uomo e una donna, che sembra evocare la nostalgia della infantile fusionalità con la madre, primo oggetto d’amore. Una fusionalità che, oltre alla sua irrealizzabilità, fra i suoi pericoli annovera anche il disconoscimento dell’altro.

Pubblicazioni sul tema Barbagli M.,Kertzer D. I. (a cura di), Storia della famiglia in Europa. Dal Cinquecento

alla Rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 2002 Covato C., Leuzzi C. (a cura di), E l’uomo educò la donna, Editori Riuniti, Roma 1989 Covato C (a cura di), Vizi privati e pubbliche virtù. Le verità nascoste nelle pedagogie

narrate, Guerini, Milano 2011 Covato C. Memorie discordanti, Unicopli, Milano, 2006 Horkheimer M., Studi sull’autorità e la famiglia, tr.it. Utet, Torno, 1974 Manoukian A., (a cura di), Famiglia e matrimonio nel capitalismo europeo, tr.it., Il

Mulino, Bologan, 1974 Rousseau J. J., Emilio o dell’educazione, tr.it. Mondadori, Milano, 2004 Rousseau J. J., Giulia o la Nuova Eloisa, tr.it. Bur, Milano 1992 Rousseau J.J., Emilio, Sofia o i Solitari, a cura di E. Becchi, La Nuova Italia, Firenze

1992 Todorov T., Fragile felicità, tr.it., SE, Milano 2002 Vegetti Finzi A. (a cura di), Storia delle passioni, Laterza, Roma-Bari, 1995

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Lettura e letture di Emilio e Sofia

Lorenzo Cantatore Università degli Studi Roma Tre

L'intervento si soffermerà prevalentemente sulle pagine del libro terzo e del libro quinto dell'"Emilio" dedicate rispettivamente alle letture "utili" di Emilio e di Sofia, e all'idea stessa di lettura (e di libro) come strumento utile e/o dannoso, soprattutto se messa in relazione all'educazione/istruzione istituzionalizzata nell'intraprendere il cammino della vita.

Prendendo in esame le posizioni di Rousseau, si evince un programma nettamente differenziato, dove l'approccio a questo comparto della formazione culturale ed espressiva dell'uomo e della donna indica fin dal principio destini esistenziali profondamente diversi, simbolicamente individuabili nelle "Avventure di Robinson Crusoe" e nel Castechismo. Pubblicazioni sul tema

A. Banti, Introduzione, in D. Defoe, Opere, a cura di Anna Banti e Giuseppe Gaetano

Castorina, Mondadori, Milano 1980 D. Defoe, Robinson Crusoe, traduzione di Oriana Previtali, Mondadori, Milano 2010 J. Joyce, Postfazione, in D. Defoe, Robinson Crusoe cit. J. Richetti, Introduzione, in Daniel Defoe, Robinson Crusoe cit J.-J. Rousseau, Emilio o Dell’educazione, a cura di Paolo Massimi, Mondadori, Milano

1997

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Il viaggio di formazione. misurarsi con le diversità Maura Di Giacinto Università degli Studi Roma Tre

Il V libro dell’Émile o dell’educazione – a cui si riferirà la mia relazione - ci consente di avvicinare il progetto educativo di Rousseau nella sua completezza: Émile e Sophie si innamorano e risulta presto chiaro che si sposeranno. Tuttavia, a questo punto, Émile è chiamato alla prova più importante del suo percorso educativo: il precettore vuole che si allontani da Sophie per un periodo di almeno due anni. I ragazzi sono ancora troppo giovani per essere buoni genitori ma, ancor prima, Émile deve compiere il suo viaggio formazione verso la maturità, l’età adulta “attraversando” spazi geografici, culturali, linguistici, valoriali diversi. Per completare il suo percorso di formazione deve misurarsi con le diversità.

Il viaggio di Émile rappresenta, dunque, l’elemento di congiunzione che permette di riconciliare l’eterno conflitto roussoniano tra natura e cultura.

A partire da queste riflessioni il mio contributo intende offrire spunti interpretativi rispetto ad alcune parole chiave che hanno accompagnato il viaggio di formazione di Émile ma che tutt’ora testimoniano la complessità pedagogica e educativa che caratterizza i nostri vissuti: cultura, cittadinanza, diversità, estraneità, viaggio, identità.

Pubblicazioni sul tema Rousseau J.J., Émile o Dell’Educazione, [1762] 2009, Rizzoli, Milano, pp.453 – 608 Todorov T., Una fragile felicità: saggio su Rousseau, Il Mulino, Bologna 1987 Trombino M., (a cura di), L'Emilio di Rousseau e il problema della sua interpretazione

tra '800 e '900, Torino: Paravia, 1991 Visalberghi A. (a cura di), Rousseau, Emilio, Laterza, Roma-Bari, 1999

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Empatia o compassione? Martha Nussbaum rilegge il IV libro dell’Emilio. Nuove prospettive e pratiche di convivenza umana Chiara Meta Università degli Studi Roma Tre

Il nuovo patto sociale, o per meglio dire il rinnovamento dell’etica egualitaria roussoiana non può fondarsi sulla ragione, altrimenti avrebbe gioco facile l’obiezione liberale la quale, fondandosi sull’atomismo sociale, considera l’agire sociale orientato all’utile individuale; bensì su un altro principio che guida la prospettiva educativa stessa di Rousseau: senza gli altri non possiamo vivere. Come il bambino infatti ha bisogno nella prima infanzia dell’adulto che si occupi di lui, così l’adulto che vive in società senza il patto di cittadinanza ricadrebbe nello stato di natura descritto da Hobbes.

Il criterio che dovrebbe, nella prospettiva della Nussbaum, orientare l’agire sociale si fonda sulla necessità di correggere la prospettiva liberale classica, alla quale lei stessa sente di appartenere e fondata sull’importanza accordata alla libertà e responsabilità dei singoli, con le istanze di giustizia e uguaglianza provenienti dalla tradizione socialista .

Affinché dunque sia possibile un nuovo patto di cittadinanza occorre lavorare nella prospettiva di costruire una nuova moralità collettivamente condivisa. L’essere umano infatti è un animale sociale non solo e non tanto perché “marxianamente” la sua coscienza “sociale” è un prodotto storico e quindi influenzata dall’evoluzione della cultura, dai rapporti di forza della società cui pure appartiene ecc., ma soprattutto perché la sua condizione biologica iniziale carenziale segna ab origine la sua storia.

Nussbaum dunque guarda alla società come dimensione del vivere associato in cui libertà e collettività possano e debbano coesistere e non in modo coercitivo e giustapposto. Di qui il ripensamento legato alla costruzione di un nuovo welfare state che sulla scorta delle riflessioni di Amartya Sen sia in grado di trasformare le strutture sociali da protezioni(che dovrebbero tutelare i minori?) in strumenti capaci di promuovere le capacita dei singoli. In questo senso riattivare la lezione della pedagogia roussoiana, secondo l’autrice de L’Intelligenza delle emozioni, risulta centrale. Rousseau ha spiegato bene infatti, proprio nel iv libro dell’Emilio, il senso e l’importanza dell’ “apprendere dalla vita piuttosto che dai libri”, intendendo in questo modo la capacità di “imparare a vivere”, rendendosi autonomi sia dal bisogno fisiologico, imparando a dominare gli istinti, sia morale, imparando a non dipendere, per la propria sopravvivenza, da nessun’altro se non da se stessi. È questo per Nussbaum il senso racchiuso nel monito: “imparare un mestiere”.

In tal modo come il bravo genitore deve rendere un figlio indipendente, in senso materiale e morale, allo stesso modo la società deve mettere i singoli nelle condizioni di “cavarsela da soli”, senza dimenticare (qui agisce la correzione dell’etica liberale) che è grazie all’interdipendenza che è possibile l’indipendenza. È infatti la solidarietà, il comprendersi emozionalmente mettendosi sempre nei panni degli altri (non è un caso che nel iv libro Rousseau affronti il tema della compassione), la via maestra di una convivenza democratica.

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Gerratana “filosofo democratico”, Carocci, Roma, pp. 61-72. C. Covato, Eguaglianze disattese. Rousseau contro il progresso?, in Ead., Memorie

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G. Della Volpe, Rousseau e Marx in Opere, a cura di I. Ambrogio, vol v., Editori Riuniti, Roma, 1973, pp. 222 e sgg.

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