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Libro V (19-25 anni)

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Libro V(19-25 anni)

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Sofia o la donna

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Alla ricerca di Sofia

«Non è bene che un uomo viva solo, ed Emilio è uomo; poiché gli abbiamo promesso una compagna, bisogna dargliela. Questa compagna è Sofia, ma dove vive, dove la troveremo? Per trovarla bisogna conoscerla. Cerchiamo innanzi tutto di sapere com’è, così potremo capire meglio in quali luoghi risieda; e quando l’avremo trovata, non sarà ancora tutto finito» (p. 495)

«”Poiché il nostro giovane gentiluomo” dice Locke “sta per sposarsi, è tempo di lasciarlo accanto alla sua innamorata”. E con ciò pone termine alla sua opera. Io, che non ho l’onore di educare un gentiluomo, mi guarderò bene dall’imitare Locke su questo punto» (p. 495)

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Sofia o la donna: presupposti ontologici soggiacenti

� «Sofia deve essere donna come Emilio è uomo, e cioèdeve avere quanto occorre alla costituzione della sua specie e del suo sesso per occupare il posto che le spetta nell’ordine fisico e morale» (p. 495)

� «In tutto ciò che non concerne il sesso la donna è uomo: ha gli stessi organi, gli stessi bisogni, le stesse facoltà […] In tutto ciò che concerne il sesso, la donna e l’uomo presentano corrispondenze e diversità: la difficoltà di confrontarli deriva da quella di determinare nella costituzione dell’uno e dell’altra ciò che è proprio del sesso e ciò che non lo è […] la sola cosa che sappiamo con certezza è che quanto l’uno e l’altra hanno di comune appartiene alla specie umana, quanto hanno di diverso appartiene al sesso» (pp. 495-496)

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La complementarità dei sessi

� «La ragione delle donne ha un carattere eminentemente pratico, che consente loro di trovare con molta abilità i mezzi per raggiungere un fine noto, ma impedisce che possano trovare da sole tale fine. La complementaritàdei sessi è mirabilmente preordinata. Dalla loro associazione risulta una persona morale in cui la donna rappresenta l’occhio e l’uomo il braccio, ma con una tale reciproca interdipendenza per cui la donna apprende dall’uomo ciò che bisogna vedere e l’uomo apprende dalla donna ciò che bisogna fare [...] grazie all’armonia che regna tra loro, tutto tende al fine comune: èimpossibile dire chi dia il maggior contributo, ciascuno segue il suggerimento dell’altro, ciascuno obbedisce ed entrambi sono padroni» (pp. 525-526)

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Conseguenze della complementarità dei sessi (1)� «Queste corrispondenze e diversità [a livello biologico] non possono

non influire sul morale […] nell’unione dei sessi ciascuno concorre egualmente allo scopo comune, ma non alla stessa maniera. Da ciòderiva la prima diversità determinabile nell’ambito dei rapporti morali dell’uno e dell’altro. L’uno dev’essere attivo e forte, l’altro passivo e debole; è necessario che l’uno voglia e possa, è sufficiente che l’altro offra poca resistenza» (p. 496)

� «Stabilito questo principio, ne consegue che la donna è fatta soprattutto per piacere all’uomo. Se è vero che l’uomo deve a sua volta piacerle, questa è una necessità meno immediata; il suo merito è nella sua potenza; egli piace per il fatto stesso che è forte. Non èquesta la legge dell’amore, lo ammetto, ma è quella della natura anteriore all’amore stesso» (pp. 496-497)

� «Se la donna è fatta per piacere e per essere soggiogata, deve rendersi piacevole all’uomo e non provocarlo: la sua violenza risiede nelle sue attrattive ed è con questa che deve costringerlo a trovare in sé la sua forza e ad usarla» (p. 497)

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Conseguenze della complementarità dei sessi (2)� «Il fatto che le femmine degli animali non abbiano il medesimo

pudore che cosa può mai dimostrare? Esse non hanno, come le donne, quei desideri illimitati cui tale pudore deve servire da freno […]» (p. 497)

� «Ecco dunque una terza conseguenza della diversa costituzione deisessi: il più forte è apparentemente il padrone, ma di fatto, dipende dal più debole; e ciò non già per frivola usanza di galanteria, né per orgogliosa generosità di protettore, ma per un’invariabile legge della natura che, concedendo alla donna più facilità di suscitare i desideri che all’uomo di soddisfarli, fa che costui dipenda, volente o nolente, dal beneplacito dell’altra e che sia costretto a cercare di piacerle a sua volta per ottenere che gli consenta di essere il più forte. Allora ciò che vi è di più dolce nella vittoria dell’uomo è il dubitare se sia la debolezza che cede alla forza o piuttosto la volontà che si arrende»(p. 499)

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Alcune considerazioni in merito…

� «Non v’è alcuna parità tra i sessi quanto alle conseguenze derivanti dalla loro diversità. Il maschio è maschio solo in determinati momenti, la femmina èfemmina per tutta la vita, o almeno per tutta la giovinezza: essa ècontinuamente assoggettata alle esigenze del proprio sesso e, per adempierne bene le funzioni, deve avere una complessione fisica che vi si adegui» (p. 500)

� «Il rigore dei doveri reciproci esistenti tra i due sessi non è e non può essere il medesimo. Quando la donna si lamenta a questo riguardo dell’ingiusta ineguaglianza con cui l’uomo la valuta, ha torto: tale ineguaglianza non èun’istituzione umana […] ma della ragione: tocca a quello dei due cui la natura ha affidato la responsabilità dei figli risponderne all’altro» (p. 501)

� «Non occorre dunque soltanto che la moglie sia fedele, ma che sia giudicata tale dal marito, dai congiunti, da tutti; occorre che sia modesta, attenta, riservata, e che porti agli occhi altrui, come nella propria coscienza, la testimonianza della sua virtù. Infine, se è necessario che un padre ami i suoi figli, è altrettanto necessario che stimi la loro madre» (p. 501)

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Principali conseguenze a livello educativo� «Una volta dimostrato che l’uomo e la donna, sia nel

carattere che nel temperamento, non sono e non debbono essere costituiti alla stessa maniera, ne consegue che non debbono neppure ricevere la stessa educazione» (pp. 503-504)

� «Seguendo le direttive della natura, debbono agire d’accordo, ma non debbono fare le medesime cose; il fine delle loro opere è comune, ma le opere sono diverse e diverse, per conseguenza, le inclinazioni che le regolano. Dopo aver cercato di formare l’uomo naturale, perché la nostra opera non resti imperfetta, vediamo anche in qual modo debba formarsi la donna adatta a quest’uomo» (p. 504)

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L’educazione della donna adatta all’uomo secondo natura

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Alcuni suggerimenti indispensabili

� Coltivare nelle donne le qualità dell’uomo e trascurare quelle che sono loro peculiari significa operare contro il loro interesse.

� Non fate di vostra figlia un gentiluomo, ma una donna per bene, ciò sarà meglio per lei stessa e per tutti noi.

� La donna non va allevata nella totale ignoranza e confinata nelle occupazioni domestiche; ella deve apprendere molte cose, ma soltanto quelle che è per lei opportuno sapere.

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La natura non vuole donne asservite agli uomini…� «Perché l’uomo dovrebbe fare della sua

compagna una serva? […] nulla di simile ha prescritto la natura, che dà alle donne uno spirito tanto piacevole ed agile; al contrario, vuole che pensino, che giudichino, che amino, che conoscano, che coltivino la loro mente non meno del loro volto; sono queste le armi di cui le fornisce per supplire alla forza di cui mancano e per guidare la nostra» (p. 505)

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… ma donne educate in funzione degli uomini� «La buona complessione fisica dei figli dipende innanzi

tutto da quella delle madri; la prima educazione degli uomini dipende dalle cure che le donne prodigano loro; dalle donne infine dipendono i loro costumi, le loro passioni, i loro gusti, i loro piaceri, la loro stessa felicità. Così tutta l’educazione delle donne dev’essere in funzione degli uomini. Piacere e rendersi utili a loro, farsene amare e onorare, allevarli da piccoli, averne cura da grandi, consigliarli, consolarli, rendere loro la vita piacevole e dolce: ecco i doveri delle donne in ogni etàdella vita e questo si deve loro insegnare fin dall’infanzia» (pp. 506-507)

� «Finché l’educazione femminile non partirà da questo principio, si discosterà dal suo vero fine e i precetti impartiti alle donne non gioveranno né alla loro felicità néalla nostra» (p. 507)

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Elementi costitutivi dell’educazione femminile� La prima educazione della donna deve avere per oggetto il corpo,

allo scopo di rafforzarne la grazia.� La vita, la salute, la ragione, il benessere devono avere la

precedenza su tutto, occorre evitare tutto ciò che soffoca e impaccia la natura.

� Coltivare nelle fanciulle le loro inclinazioni, per mezzo della cura dell’ornamento.

� Il gioco con le bambole va favorito, poiché ogni bambina tende ad immedesimarsi nella sua bambola, riversa su di essa la sua civetteria.

� Le prime lezioni da impartire alla fanciulla non devono consistere in compiti imposti, ma in favori che le vengono concessi: per esempio, insegnare l’arte del cucito, del ricamo, del merletto, per realizzare vestitini per le sue bambole.

� Coltivare il disegno, soprattutto di fiori, frutti, fogliame, drappeggi, poiché tale arte si collega a quella di vestirsi con gusto.

� Gli studi femminili vanno limitati alle cognizioni pratiche.

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Le qualità morali della donna:

� deve essere attiva e laboriosa, perché l’ozio e l’indolenza sono i difetti più pericolosi;

� deve abituarsi per tempo a sopportare la costrizione, poiché per tutta la vita sarà assoggettata alle convenzioni sociali;

� deve saper esercitare pazienza e deve reprimere tutte le sue fantasie, per sottometterle alla volontà altrui;

� deve imparare a dominare se stessa, poiché «nell’assurda situazione che ci siamo creati, la vita della donna onesta è una lotta continua contro se stessa; è giusto che questo sesso condivida la pena dei mali che ci ha cagionati» (p. 513);

� deve imparare ad obbedire e ad essere docile fin da piccola, dato che la dipendenza è la condizione naturale delle donne;

� non deve annoiarsi delle sue occupazioni e non deve appassionarsi ai suoi svaghi, come, invece, «suole accadere coi metodi dell’educazione corrente nella quale, per dirla con Fénelon, si mette tutta la noia da una parte e tutto il piacere dall’altra» (p. 514)

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Le qualità psicologiche della donna:� deve essere scaltra, cioè deve far fruttare il suo ingegno,

che le è stato donato per compensare la forza inferiore rispetto agli uomini;

� deve coltivare lo spirito, che nella donna consiste nell’arte di trarre profitto dallo spirito degli uomini e di avvalersi dei loro stessi vantaggi;

� deve essere dolce, innanzitutto per se stessa;� non deve essere eccessivamente vanitosa, poiché

l’eccesso degli ornamenti serve solo a nascondere i difetti;

� deve saper brillare per virtù propria.

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Necessità di un’educazione femminile� «Date senza scrupolo un’educazione femminile alle donne, fate

che amino le cure che si convengono al loro sesso, che siano modeste, che sappiano vigilare sulla famiglia e trovare un interesse nelle occupazioni domestiche» (p. 520)

� «[Le fanciulle] possono già cercare di dare una certa armonia ai loro gesti e una certa dolcezza alla voce, di studiare il proprio contegno, di camminare con leggerezza, di assumere atteggiamenti aggraziati e, in genere, di valorizzare le proprie doti»(p. 520)

� «Ritengo che si debba tener conto di ciò che si addice all’età oltre al sesso: una bambina non deve vivere come sua nonna; dev’essere vivace, allegra, spensierata, deve cantare e ballare finché ne ha voglia, deve gustare tutti gli innocenti piaceri della sua età; verrà anche troppo presto per lei il tempo di essere posata e di tenere un contegno più serio» (p. 520)

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I maestri delle fanciulle

� «Molti si domandano se per le ragazze sia meglio avere dei maestri o delle maestre. Non lo so: preferirei che non avessero bisogno nédegli uni né delle altre, ma imparassero liberamente ciò che per natura sono tanto portate ad apprendere, e che non si vedessero tanti azzimati pagliacci aggirarsi di continuo nelle nostre città» (p. 522)

� «Nelle arti che hanno uno scopo puramente ricreativo, chiunque può servire da maestro alle giovanette: il padre, la madre, il fratello, la sorella, le amiche, le governanti, persino lo specchio e, soprattutto, il gusto personale. Ma non si deve mai proporre la lezione, bisognache siano esse a chiederla: deve sembrare un premio non un obbligo. Infatti è soprattutto in questo genere di studi [danza o canto] che la prima condizione del successo è la volontà di riuscire. Se poi occorrono assolutamente lezioni regolari, non oso decidere nullariguardo al sesso di coloro che dovrebbero impartirle» (p. 523)

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Linguaggio e morale� «L’assiduo esercizio e lo sviluppo delle attitudini formano il gusto;

per opera del gusto, la mente si dischiude pian piano all’idea del bello, in tutte le sue forme, e infine alle nozioni morali che vi si collegano. [...] Il saper parlare occupa il primo posto nell’arte di piacere [...] In quella prima età in cui, ancora incapaci di discernere il bene dal male, non sono in grado di giudicare il prossimo, esse debbono porsi come norma costante di non dire mai alcunché di spiacevole alle persone con cui parlano; e ciò che rende più difficile l’osservanza di tale norma è il fatto che essa resta sempre subordinata alla prima: quella di non mentire mai» (pp. 523-524)

� «Se non si debbono permettere ai giovanetti domande indiscrete, amaggior ragione bisogna proibirle alle ragazze [...] ma se è vero che non debbono fare domande, è però opportuno interrogarle spesso, farle chiacchierare, stimolarle alla conversazione, per esercitarle a parlare con disinvoltura e a rispondere con prontezza, per sciogliere loro la mente e la lingua, finché si può farlo senza pericolo. Certe conversazioni mantenute sempre su un tono allegro, ma predisposte con arte e ben condotte, sarebbero un divertimento delizioso perquesta età e potrebbero far penetrare nei cuori innocenti delle giovinette i primi e forse più utili ammaestramenti morali [...]» (p. 525)

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La religione delle donne� «E’ facile comprendere che se i giovanetti non sono in grado di

formarsi alcuna vera idea intorno alla religione, a maggior ragione tale compito sorpassa la capacità intellettuale delle ragazze: eppure, proprio per questo motivo, vorrei che con loro tale argomento venisse affrontato più presto; se infatti si dovesse aspettare che maturasse in loro l’attitudine a discutere metodicamente così profonde questioni, correrebbero il rischio di non sentirne parlare mai» (p. 525)

� «Per il fatto stesso che la condotta della donna è soggetta alla pubblica opinione, la sua fede religiosa è soggetta all’autorità. Ogni ragazza deve seguire la religione della madre e ogni moglie quella del marito. Anche se questa religione fosse falsa, la docilità che sottomette la madre e la famiglia all’ordine della natura cancella agli occhi di Dio il peccato dell’errore. Incapaci di giudicare da sé, esse debbono accettare la decisione dei padri e dei mariti come quella della Chiesa» (p. 526)

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Come insegnare la religione alle ragazze� «Poiché l’autorità deve regolare la religione delle donne, non tanto

importa spiegar loro le ragioni di credere, quanto esporre con chiarezza ciò che si deve credere [...] nell’insegnare la religione alle ragazze, evitate sempre che diventi per esse un oggetto di tristezza e di noia, una imposizione e un dovere» (pp. 526-527)

� «Non è tanto importante che le ragazze conoscano presto la loro religione, quanto che la conoscano bene e che l’amino [...] L’esempio, l’esempio! Senza di esso non si otterrà mai nulla con i fanciulli» (p. 527)

� «Quando spiegate loro qualche articolo di fede, fatelo sempre in forma di esposizione diretta, e non mediante domande e risposte.Esse debbono rispondere soltanto quello che pensano e non quelloche si è loro suggerito. Tutte le risposte del catechismo sono concepite alla rovescia: è lo scolaro che istruisce il maestro; e sono addirittura menzogne sulla bocca dei fanciulli, perché essi spiegano senza capire e affermano cose che non sono in grado di credere [...] Un tale catechismo, se è fatto bene, conterrà soltanto domande, a cui il fanciullo darà le risposte da sé, senza impararle [...]» (p. 528)

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Sofia o la compagna di Emilio

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Una sposa per Emilio…

� «[…] anziché destinare fin dall’infanzia una sposa ad Emilio, ho aspettato di conoscere quella adatta per lui. Non sono io a destinargliela, è la natura: il mio compito èdi scoprire la scelta che essa ha compiuto. Il mio compito, dico, e non quello del padre, perchénell’affidarmi il figlio mi cede il suo posto, sostituisce il mio diritto al suo: sono io il vero padre di Emilio, sono io che ne ho fatto un uomo. Avrei rifiutato di educarlo, se non fossi stato padrone di farlo sposare secondo la sua scelta, che poi vuol dire secondo la mia» (pp. 570-571)

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Emilio conosce Sofia

� Emilio e il suo precettore si allontanano da Parigi, dove le loro ricerche sono state vane, e vanno in campagna. Nel corso del loro peregrinare, incontrano un contadino che li invita nella sua umile dimora a mangiare e lì parla loro di una famiglia di brave persone caritatevoli: la famiglia di Sofia. Grazie alle indicazioni del contadino, Emilio e Jean Jacques giungono, prima di sera, alla casa indicata dove trovano ospitalità e vedono per la prima volta Sofia.

� Emilio e Jean Jacques vengono considerati dal padrone di casa come novelli Telemaco e Mentore, mentre la giovane Sofia è Eucaride, che fa innamorare il suo Telemaco.

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Caratteristiche di Sofia

� E’ ben educata;� pratica il canto e la danza;� è stata introdotta ai lavori femminili; � capisce tutto ma ricorda poco, i suoi maggiori

progressi avvengono nel campo della morale e delle materie che riguardano il gusto;

� è delicata e pudica;� è sensibile ed equilibrata, in altre parole è

saggia.

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Ritratto di Emilio a vent’anni

� «Considerate il mio Emilio a vent’anni passati: ben formato, vigoroso di mente e di corpo, sano, attivo, svelto, robusto, ricco di senno, di ragione, di bontà, di umanità, dotato di bei costumi, di buon gusto, amante del bello, dedito al bene, libero dalla schiavitù di violente passioni, immune dal giogo dell’opinione, ma sottomesso alla legge della saggezza e docile alla voce dell’amicizia; ha un ingegno fornito di tutte le disposizioni utili e di molte tra quelle piacevoli, si preoccupa assai poco delle ricchezze, porta nelle sue braccia ogni possibile risorsa e non ha paura di trovarsi senza pane, qualunque cosa accada» (p. 589)

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Il precettore ed Emilio innamorato

� «Pensando che il cuore sensibile del mio giovane amico mi ha riservato un posto importante nella sua prima conversazione con la fanciulla amata, assaporo la gioia di veder premiate le mie fatiche: la sua fatica mi ha ripagato di tutto» (p. 593)

� «Che cosa dovete dunque fare, o Emilio, per dissipare i suoi timori? Fatevi conoscere bene da lei; e non è cosa di un giorno. Mostratele che i tesori del vostro nobile animo sono tali da riscattare quelli materiali che sfortunatamente la sorte ha voluto assegnarvi. Dimostratele che le vostre premure non sono frutto di una passione avventata e passeggera, ma dei principi perennemente scolpiti infondo al vostro cuore […] E’ facile intuire quale impeto di gioia questo discorso susciti nel giovane, quanta fiducia e speranza gli infonda e quanto egli si rallegri,nella generosità del suo cuore, di dover fare, per piacere a Sofia, tutto ciò che farebbe spontaneamente, anche se Sofia non esistesse o se non fosse innamorato di lei […] Eccomi dunque assurto a confidente dei due buoni giovani e a intermediario dei loro amori» (pp. 596-597)

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Ritratto di Emilio innamorato

� «Ma a quali riflessioni mi sento pian piano trascinato? O Emilio, che cosa sei diventato? Posso riconoscere in te il mio allievo? Come ti vedo diverso da quello di un tempo! Dov’è quel giovane avvezzo a una vita dura, che sfidava i rigori delle stagioni, che assoggettava il corpo ai lavori più faticosi e l’animo alle sole leggi della saggezza, inaccessibile ai pregiudizi e alle passioni, che amava soltanto la verità, che cedeva soltanto alla ragione e dipendeva unicamente da se stesso? Adesso, nel rilassamento di una vita oziosa, si lascia governare dalle donne: i loro passatempi sono le sue occupazioni, la loro volontà è la sua legge, è una ragazza l’arbitro del suo destino; egli striscia e si umilia dinanzi a lei; il fiero Emilio è il giocattolo di una bimba!» (p. 608)

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L’educazione del giovane in continuità con l’educazione del fanciullo� «Se volete estendere all’intera vita l’effetto di una felice educazione,

prolungate nella giovinezza le buone abitudini dell’infanzia e, quando il vostro allievo è diventato quale dev’essere, fate in modo che resti tale per sempre. E’ questo il necessario coronamento dell’opera vostra. E soprattutto a tale scopo è importante che i giovani continuino ad avere un precettore, poiché, quanto al resto, non c’è da temere che non sappiano fare all’amore senza di lui. Ciò che trae in inganno gli istitutori, e specialmente i padri, è il credere che una maniera di vita ne escluda un’altra e che, appena si ègrandi, si debba rinunciare a tutto ciò che si faceva da piccoli» (p. 609)

� «Ma per Emilio non è così: durante la fanciullezza egli non ha fatto nulla che non fosse rispondente alla sua volontà e di suo gradimento; perciò, continuando ad agire nello stesso modo ora che è uomo, non fa che aggiungere la forza dell’abitudine al piacere della libertà» (p. 610)

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Una critica ai trattati sull’educazione…� «I trattati sull’educazione ci offrono inutili e pedanteschi

sproloqui intorno ai chimerici doveri dei fanciulli e non ci dicono una parola sulla parte più importante e più difficile di tutta l’educazione, cioè sulla crisi che segna il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Se questo mio lavoro si rivelerà utile sotto qualche aspetto, saràsoprattutto perché mi sono occupato per esteso di questa parte essenziale, omessa da tutti gli altri, senza lasciarmi scoraggiare in questa impresa da false delicatezze, né spaventare da difficoltà di lingua» (p. 584)

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Elogio della virtù� «Ragazzo mio, non c’è felicità senza coraggio, né virtù

senza lotta. La parola “virtù” deriva da “forza”: la forza èil fondamento di ogni virtù. La virtù può appartenere soltanto a un essere debole per natura, ma forte per volontà; solo in ciò consiste il merito dell’uomo buono»(p. 627)

� «Chi è dunque l’uomo virtuoso? E’ colui che sa vincere i propri affetti; allora infatti obbedisce alla sua ragione, alla sua coscienza; compie il proprio dovere; si mantiene nell’ordine morale e a nessun patto se ne discosta […] Ora sii veramente libero: impara a diventare signore di te stesso, comanda al tuo cuore, o Emilio, e sarai virtuoso. Ecco dunque un altro tirocinio da compiere, ed è ancora più arduo del primo, poiché la natura ci libera dai mali che ci impone, o ci insegna a sopportarli, ma non ci dice nulla di quelli che derivano da noi […]» (p. 628)

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Il nuovo tirocinio di Emilio: allontanarsi da Sofia� «Se vuoi dunque vivere saggio e felice, non legare il tuo

cuore se non alla bellezza che non perisce: la tua condizione limiti i tuoi desideri, i tuoi doveri siano anteposti alle tue inclinazioni: estendi la legge della necessità alla sfera morale; impara a perdere quanto può esserti tolto; impara ad abbandonare ogni cosa quando la virtù la comanda, a collocarti al di sopra degli avvenimenti […]» (p. 630)

� «[Emilio] intuisce che, mostrandogli la necessità di esercitare la forza d’animo, voglio sottoporlo a questo duro tirocinio; e come un ferito che frema vedendo appressarsi il chirurgo, già crede di sentire sulla piaga la mano dolorosa, ma salutare, che le impedisce di incancrenirsi […] “Che cosa bisogna fare?”, chiede quasi tremando, senza il coraggio di alzare gli occhi. “Quello che si deve fare!” rispondo in tono deciso, “bisogna lasciare Sofia”» (pp. 630-631)

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L’educazione politica e il grand tour

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Giustificazione dell’educazione politica� «Aspirando alla condizione di sposo e di padre, ne avete

ben meditato i doveri? Diventando capo di famiglia, diventerete membro dello Stato. E che cosa significa essere membro dello Stato? Lo sapete? Avete studiato i vostri doveri di uomo, ma quelli di cittadino, li conoscete? Sapete che cosa siano il governo, le leggi, la patria? Sapete a che prezzo vi è permesso di vivere e per chi dovete morire? Voi vi illudete di aver appreso tutto e ancora non sapete niente. Prima di entrare nell’ordine civile, imparate a conoscerlo, imparate a capire quale posto, in seno ad esso, sia adatto per voi» (p. 633)

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Viaggiare per istruirsi� «L’abuso dei libri uccide la scienza. Credendo di sapere ciò che

abbiamo letto, ci riteniamo dispensati dall’imparare. Le troppe letture servono solo a creare dei presuntuosi ignoranti […] Tutti questi libri ci fanno dimenticare il libro del mondo o, se vi leggiamo ancora, ciascuno si limita alla propria pagina» (p. 636)

� «E’ per me una massima incontestabile che chiunque abbia visto un solo popolo non conosce gli uomini, ma solo le persone con cui ha vissuto. Ecco dunque un altro modo di porre la questione dei viaggi: èsufficiente per un uomo educato bene conoscere i suoi compatrioti o èimportante che conosca gli uomini in generale?» (pp. 637-638)

� «Per istruirsi, non basta percorrere i paesi: bisogna saper viaggiare. Per osservare, bisogna avere occhi e rivolgerli all’oggetto che si vuol conoscere […] Le cognizioni che si ricavano dai viaggi dipendono dallo scopo per cui vengono compiuti» (p. 638; 641)

� «Ma coloro che, dotati di un’indole buona e opportunamente coltivata da un’accorta educazione, viaggiano con il sincero proposito di istruirsi, tornano tutti migliori e più saggi di quando partirono. A questo modo viaggerà il mio Emilio […] I viaggi considerati come strumento educativo, debbono avere le loro [regole]» (p. 643)

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Lo scopo del grand tour di Emilio: promuovere la sua educazione politica� «Ora, dopo aver considerato se stesso nei suoi rapporti

fisici con gli altri esseri e nei suoi rapporti morali con gli altri uomini, gli resta da considerarsi nei suoi rapporti civili con i propri concittadini. A tale scopo occorre che cominci col conoscere la natura del governo in generale, quindi le varie forme di governo e, infine, il governo particolare sotto il quale è nato, per sapere se gli convenga viverci; infatti, per un diritto che nulla può abrogare, ogni uomo, diventando maggiorenne e padrone di sé, diventa altresì padrone di rinunciare al contratto che lo lega alla comunità, abbandonando il paese in cui essa è stabilita» (p. 643)

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I propositi del precettore Rousseau

� «Io dirò dunque ad Emilio: “Finora siete vissuto sotto la mia autorità, poiché non eravate in grado di governarvi da solo. Ma siete ormai prossimo all’età in cui la legge, concedendo di disporre dei vostri beni, vi rende padrone della vostra persona […] Ma prima di sposarvi, occorre sapere che genere di uomo volete essere, di che cosa volete occuparvi nella vostra vita, quali misure volete prendere per assicurare il pane a voi e alla vostra famiglia […]» (p. 644)

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Una precisazione…

� «[…] so bene che al ritorno dai suoi viaggi, cominciati e continuati con questo preciso interesse, se Emilio non è divenuto esperto di tutto ciò che riguarda il governo, i costumi pubblici, la scienza politica, vuol dire che manchiamo l’uno di intelligenza o l’altro di giudizio» (p. 647)

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Alcune difficoltà…

� «[…] bisogna conoscere ciò che dev’essere per ben giudicare ciò che è. La maggiore difficoltà nel far luce su così importanti problemi è interessare un privato a discuterli e a rispondere a questi duequesiti: che me ne importa? Che cosa posso farci? Abbiamo messo il nostro Emilio in grado di rispondere ad entrambi» (p. 647)

� «La seconda difficoltà deriva dai pregiudizi della fanciullezza, dalle massime di cui siamo stati nutriti durante la nostra educazione e, soprattutto, dalla parzialità degli autori i quali, parlando sempre della verità, di cui in effetti non si preoccupano minimamente, pensano soltanto al proprio interesse, di cui non parlano affatto» (p. 647)

� «[Emilio] sa il minimo indispensabile su ciò che è un governo: la sola cosa che gl’importi è trovare quello migliore» (p. 647)

� «resta una terza difficoltà […] in ricerche di questo genere, più che il grande ingegno, sono necessari un sincero amore della giustizia e un vero rispetto per la verità» (p. 648)

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Il metodo di indagine utilizzato…

� «Prima di iniziare le osservazioni, bisogna formulare le regole con cui vanno condotte, bisogna costruirsi una scala a cui riferire le misure che si prendono. I nostri principi di diritto pubblico costituiscono tale scala. Le misure sono le leggi politiche di ciascun paese» (p. 648)

� «In realtà sono convinto che in ricerche di questo genere, più che il grande ingegno, sono necessari un sincero amore della giustizia e un vero rispetto per la verità. Se dunque i problemi di natura politica possono essere affrontati obiettivamente, è questo a parer mio il momento opportuno, questo o mai più» (p. 648)

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Le province remote e l’essenza dei popoli� «E’ nelle province remote, dove minore è il movimento e

minori sono gli scambi, dove i forestieri passano di rado […] è qui che bisogna recarsi per studiare l’indole e i costumi di una nazione. Visitate, di passaggio, la capitale, ma poi andatevene lontano di lì per osservare il paese […] E’ in questi luoghi lontani e appartati che il popolo si caratterizza e si mostra qual è nella sua vera essenza; è qui che i buoni e cattivi effetti del governo si avvertono più nettamente, come all’estremità di un raggio più grande la misura degli archi è più precisa» (p. 662)

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Una dichiarazione di intenti…� «Supposto che si respinga il diritto della forza e si accetti come principio della

società il diritto di natura, vale a dire l’autorità paterna, esamineremo quali siano i limiti di tale autorità, quali i suoi fondamenti naturali, e se abbia altra ragion d’essere oltre il benessere del figlio, la sua debolezza e l’amore spontaneo del padre per lui; e vedremo altresì se il figlio, venuto meno il suo stato di debolezza e maturatasi la sua ragione, non diventi l’unico giudice naturale di ciò che più giova alla sua conservazione, e per conseguenza padrone di sé, indipendentemente da ogni altro uomo, persino dal proprio padre […]» (p. 649)

� «Supposto che i popoli si siano formati per libera scelta, distingueremo allora il diritto dal fatto e ci domanderemo, essendosi sottomessi ai propri fratelli, zii o genitori, non in quanto obbligati, ma spontaneamente, se questo tipo di società non debba sempre ritenersi come una forma di associazione libera e volontaria» (p. 649)

� «Ricercheremo se i capi del popolo, sotto qualunque nome siano eletti, possano mai essere, senza violare il patto sociale, altro che gli ufficiali del popolo, a cui esso ordina di far eseguire le leggi, e se tali capi non debbano rendergli conto della loro amministrazione e non siano essi stessi soggetti alle leggi che hanno l’incarico di far osservare» (p. 654)

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Il contratto sociale

� «Se dunque uno schiavo non può alienarsi senza alcuna riserva al suo padrone, come può un popolo alienarsi senza alcuna riserva al suo sovrano? E se lo schiavo resta giudice dell’osservanza del contratto da parte del padrone, come potrebbe il popolo non restar giudice dell’osservanza del contratto da parte del sovrano?» (p. 650)

� «Costretti così a tornare sui nostri passi, e considerando il significato del termine collettivo popolo, ricercheremo se non occorra, per costituire un popolo, un contratto, almeno tacito, anteriore a quello che supponiamo. Poiché per eleggersi un re il popolo è un popolo, che cos’è che l’ha reso tale se non il contratto sociale? Il contratto sociale è dunque la base di ogni società civile ed è dalla natura di questo atto che bisogna dedurre quella societàda esso costituita» (p. 650)

� «Ricercheremo quale sia il contenuto di questo contratto e se non si possa enunciarlo pressappoco con questa formula: “Ciascuno di noi mette in comune i suoi beni, la sua vita e tutto il suo potere, sotto la suprema direzione della volontà generale, e nel corpo comune accogliamo ogni membro come parte indivisibile del tutto”» (p. 650)

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Il “corpo politico”

� «[…] osserveremo che in luogo delle singole persone di ciascun contraente emerge da questo atto di associazione un corpo moralee collettivo, composto di tanti membri quanti sono i voti dell’assemblea. Questa persona pubblica, considerata in generale, assume il nome di “corpo politico”, il quale è chiamato dai suoi membri “Stato” quando è passivo, “sovrano” quando è attivo, “potenza” se messo a confronto con corpi politici simili ad esso. Per quanto concerne i membri, essi prendono collettivamente il nome di “popolo”, chiamandosi in particolare “cittadini”, in quanto membri della civitas o partecipi della sovranità, e “sudditi”, in quanto sottoposti a questa medesima sovranità» (p. 651)

� «[…] ogni individuo, poiché viene, per così dire, a stipulare il contratto con se stesso, si trova impegnato sotto un duplice rapporto, come partecipe della sovranità nei confronti dei privati, come membro dello Stato nei confronti del potere sovrano» (p. 651)

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La sovranità

� «[…] il patto sociale ha una natura particolare ed esclusivamente sua, in quanto il popolo stipula il contratto soltanto con se stesso, cioè il popolo, collettivamente, come sovrano con i privati come sudditi» (p. 652)

� «Gli atti del sovrano non possono essere che atti di volontà generale, cioè leggi […] il popolo […] ci appare come magistrato od esecutore della legge che, come sovrano, ha promulgato» (pp. 654-655)

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L’intreccio delle volontà

� «In una legislazione perfetta, la volontà particolare e individuale dev’essere quasi nulla, la volontà di corpo propria del governo dev’essere nettamente subordinata, così che la volontà generale e sovrana assurga a regola di tutte le altre. Viceversa, se si lascia libero corso all’ordine naturale, queste diverse volontà diventano piùattive man mano che si concentrano: la volontà generale sarà sempre la più debole, la volontà di corpo occuperàil secondo posto e la volontà particolare prevarrà su ogni altra, così che ciascuno verrà ad essere in primo luogo se stesso, poi magistrato e infine cittadino: gradazione direttamente opposta a quella che esige l’ordine sociale»(pp. 656-657)

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Le nozze con Sofia

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Il piacere e il matrimonio

� «Non è tanto il possesso quanto l’assoggettamento della sposa a produrre la sazietà, e infatti vediamo che la passione per un’amante dura molto più a lungo. Com’è stato possibile fare un dovere delle più tenere carezze e un diritto delle più dolci prove d’amore? E’ il reciproco desiderio che crea il diritto; la natura non ne conosce altri […] No, figli miei, nel matrimonio i cuori sono legati, ma i corpi non sono asserviti. Avete il dovere della fedeltà, non quello della condiscendenza. Ciascuno dei due non può appartenere che all’altro, ma deve appartenergli solo finché gli piace» (p. 675)

� «Forse voi avete visto nei miei consigli solo un’arte di misurare sapientemente i piaceri per renderli durevoli. O Sofia, essi avevano uno scopo diverso e più degno delle mie premure. Diventando vostro sposo, Emilio è diventato il vostro capo: tocca a voi obbedire e così la natura ha voluto. Però, quando la sposa rassomiglia a Sofia, è bene che l’uomo sia guidato da lei; anche questa è legge di natura» (p. 678)

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L’abdicazione del precettore…

� «Caro Emilio, un uomo ha bisogno per tutta la vita di consiglio e di guida. Io ho fatto del mio meglio per adempiere fino ad ora questo dovere verso di voi: qui finisce il mio lungo compito e comincia quello di un altro. Abdico oggi all’autorità che mi avete affidato ed ecco ormai il vostro precettore» (p. 679)

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Emilio precettore di suo figlio e l’educazione per tutta la vita…� «Dopo alcuni mesi, Emilio entra nella mia stanza e,

abbracciandomi, mi dice: “Caro maestro, congratulatevi col vostro figliolo; egli spera di avere ben presto l’onore di essere padre. Oh, quante cure saranno imposte al nostro zelo e quanto bisogno avremo di voi! Dio non voglia ch’io vi lasci educare anche il figlio dopo avere educato il padre. Dio non voglia che un dovere tanto sacro e tanto dolce sia adempiuto da altri che da me, anche se tale scelta del suo educatore dovesse essere per lui così felice come lo fu per me! Ma restate il maestro dei giovani maestri. Consigliateci, guidateci: saremo docili; ed io, finché vivrò, avrò bisogno di voi. Ne ho bisogno più che mai, ora che cominciano i miei compiti di uomo. Voi avete adempiuto i vostri; guidatemi, perché possa imitarvi; e riposatevi: è giunta l’ora di farlo”» (p. 680)